8 minute read
I MIGLIORI 10 FILM DEL 2019
I MIGLIORI DIECI FILM DEL 2019
di Maddalena Grillo
Advertisement
Il 2019 è stato un anno davvero interessante per il mondo del cinema, infatti diversi esponenti di questo mondo meraviglioso lo hanno scelto per dar luce alle proprie opere. Stilare una lista di dieci film non è stato facile, sono state numerose le correzioni e gli spostamenti di classifica che ho effettuato nello scrivere questo articolo. Ovviamente questa è una classifica amatoriale dettata in buona parte dal gusto personale e, come sempre quando si parla di arte, il tutto contiene molta soggettività. Detto ciò iniziamo subito a vedere le posizioni rimanenti.
6. Once Upon a Time in Hollywood, Quentin Tarantino
Avete presente l’espressione “buona la prima”? Ecco, questo non è il caso in cui usarla. Appena uscita dalla sala, lo sconforto che questo film mi aveva provocato è stato tale da ingiuriare tutta la filmografia di Tarantino, salvando solo Le Iene e Pulp Fiction. Non era ciò che mi aspettavo da grande fan di questo regista, lo avevo trovato farraginoso, lento, come se di proposito non volesse mai entrare nel vivo dell’azione. Poi, mesi dopo, ho deciso di guardarlo una seconda volta. Illuminazione. Mi sono resa conto di aver fatto completamente cilecca. Una volta che le aspettative si sono esaurite, ci si rende conto di avere danti un grande film. I personaggi ci sono più familiari, abbiamo già avuto un contatto con la realtà nella quale Tarantino sceglie di proiettarci per più di tre ore. Nel film abbiamo un’accurata ricerca di quella che è stata la Hollywood degli anni ’60, a partire dalle musiche, passando per i costumi, il trucco, la scenografia e addirittura oggetti che sono appartenuti realmente ai personaggi esistiti rappresentati. Ma più di tutto, quella che ci arriva per davvero, è un’aria frizzante e gioiosa, esuberante, che sa di passato e di nostalgia, come quando si parla di un amore svanito. Perché effettivamente è questo che Tarantino sceglie di fare: rendere giustizia al suo più grande amore, vale a dire il cinema, nella sua età d’oro. Inoltre non sono neanche da criticare i cambi che l’autore sceglie di fare ai fatti di cronaca realmente esistiti, infatti questa è la rielaborazione assolutamente dettata dal desiderio di un uomo che avrebbe voluto, sperato, che determinate ingiustizie non fossero mai accadute. Ovviamente il tutto è condito con la speciale salsaTarantino, che comporta risse, violenza, vocaboli scurrili e tanto, tanto, sangue.
5. Midsommar, Ari Aster
Chiunque, sentendo la parola horror , si figura nella mente ambientazioni lugubri, esseri mostruosi, forze sovrannaturali, rumori tetri, vicende orrende, buio. Ecco, dimenticate tutto. Midsommar è un horror, ma girato sotto il sole di mezza estate, in Finlandia, durante giornate che presentano sì e no tre ore di luce. La nostra protagonista si ritrova a dover affrontare una vacanza studio subito dopo un fatto tragico che avviene all’inizio del film. Elemento caratteristico è la luce che abbaglia ogni cosa. Si ha proprio l’impressione di essere sotto un sole cocente, che stordisce. La storia è per altro ambientata all’interno di una comunità autoctona, che ha tradizioni particolari, un dialetto parlato solo dagli abitanti del luogo e credenze millenarie, legate alla terra e agli astri. La vicenda viene raccontata lentamente, non abbiamo fin da subito le sensazioni tipiche dei film di questo genere, come la paura o l’angoscia. Infatti queste emozioni entrano nello spettatore lentamente, lavorano all’interno di chi guarda per poi colpire alla fine. Midsommar è un vero horror, cosa che purtroppo è sempre più difficile trovare, poiché ultimamente questa tipologia di film è soggetta più di altre a cadute di stile e banalizzazioni. In conclusione la pellicola può davvero essere definita unica nel suo genere, da vedere assolutamente.
Il titolo originale del film è J’accuse. In effetti siamo davanti ad una ferrata accusa, che si protrae fino agli ultimi attimi del girato. Francia, 1894. Il generale Dreyfus, capitano dell’esercito francese, viene esiliato sull’Isola del Diavolo per aver passato informazioni interne a delle potenze straniere. Un anno dopo, l’ufficiale Picquart, che in passato era stato il superiore dello stesso Dreyfus, si trova a dover fare luce per proprio conto sull’intera vicenda, poiché sospetta che il processo dell’ex generale sia stato sommario e in qualche modo corrotto. Si apre così una fitta indagine che scava fino ai meandri più bui dello stato francese dell’epoca, portando a galla verità che avrebbero dovuto restare nell’ombra. Polanski decide di realizzare, tramite una vicenda realmente accaduta, un film estremamente politico e di attualità, sebbene ambientato alla fine del diciannovesimo secolo. J’accuse, titolo dell’editoriale di Émile Zola, che prese parte attivamente alla vicenda e che nello scritto denunciava tutte le irregolarità del processo Dreyfus, sembra anche il grido con il quale Polanski si rivolge alla società odierna, un qualche modo per scuotere la coscienza comune. La regia è spettacolare, il filo del racconto è chiaro, pulito, il ritmo incalzante e mai monotono. Una cosa davvero particolare è il senso di claustrofobia e di chiusura conferito alla pellicola. Infatti la maggior parte delle scene è stata girata in ambienti chiusi, con poca luce e addirittura le riprese in esterna sono state sempre accompagnate da un cielo nuvoloso e scuro, circostanze che non mettono a proprio agio lo spettatore e che aiutano a comprendere il tipo di ambiente nel quale il protagonista deve indagare.
3. Joker, Todd Philliphs
Ho già scritto di questo film, perché più che un film è stato un vero e proprio evento. Uscita dalla sala ero letteralmente innamorata del girato di Todd Phillips. Questo riesce infatti a farci entrare nella malattia mentale del personaggio. I dialoghi sono molto profondi e fanno riflettere su cosa sia la giustizia sociale, su cosa sia il pregiudizio verso chi non è uguale a noi, verso chi soffre e attraverso la violenza sfoga il proprio malessere poiché non ha nessun altro mezzo a disposizione. Si parla della bolla nella quale spesso i media ci fanno vivere, pilotando a volte l’opinione generale a favore del miglior offerente, e di come in certi casi il pazzo sia più umano della persona considerata sana. Joker usa un personaggio dei fumetti per trattare di questi temi importanti, facendoci conoscere realtà molto spesso messe da parte. L’ambientazione è cupa, la città di Gotham cade sempre di più nel degrado, un ambiente nel quale il più forte prevarica sul più debole. Ambientazione in forte contrasto con la musica scelta, vi sono numerosi brani di Frank Sinatra ad esempio, che, se non allegri, sono senz’altro in grado di trasmettere serenità. Ma l’aspetto che lascia senza fiato è l’interpretazione fuori da ogni schema di Joaquin Phoenix, un attore in grado di immedesimarsi perfettamente, con il corpo e lo spirito, in un carattere complessissimo e pieno di sfaccettature.
A Martin Scorsese non si può far altro che associare titoli come Quei bravi ragazzi o Casinò, la cosa certa è che in ogni caso il gangster movie sia pane per i suoi denti. Anche con questo film Scorsese non si smentisce, portando sullo schermo un film che ha un sapore molto malinconico per essere uno dei suoi caratteristici girati sulla mafia italoamericana. Dopo aver ingaggiato attori del calibro di Al Pacino, Robert De Niro e Joe Pesci, il regista ha rappresentato la vera storia di un uomo legato alla mafia e al politico Jimmy Hoffa, la cui morte rimane tutt’oggi avvolta nel mistero. Un cast stellare di questo livello non poteva che lasciare soddisfatti delle varie performance e così è stato. Il film dura tre ore e mezza, ci sono momenti di grande azione ed altri più introspettivi, ma certamente la durata, particolarmente lunga, non rappresenta un problema e il filo della storia scorre senza problemi. Il protagonista è in costante trasformazione, sempre combattuto tra l’amore pe la famiglia e l’onore dell’ambiente malavitoso. Un film davvero mozzafiato che fa anche un sapiente uso della tecnologia in ambito cinematografico, visto che i volti degli attori principali sono stati ringiovaniti digitalmente, non andando però a lederne la grande espressività.
3. Parasite, Bong Joon-ho
Primo film sudcoreano a vincere la Palma d’oro a Cannes, primo film sudcoreano a vincere un Golden Globe come miglior film straniero, primo film sudcoreano ad essere nominato agli Oscar per il miglior film e per il miglior film straniero. Bong Joon-ho con questo film tira uno schiaffo morale a tutto l’occidente. Era da tempo che non vedevo un film talmente tanto ben fatto da lasciare senza parole. Per parlare di Parasite non so neanche da dove iniziare: dall’ottima recitazione di tutti, e dico tutti, gli attori? Dalla loro formidabile espressività? Dalla trama totalmente inaspettata e da tutti i suoi risvolti? Dalla regia magistrale con la quale il film è stato diretto? Dalle inquadrature e dalla fotografia spettacolari, che si rifanno quasi al modo di girare anime? No, partirò dalla tematica trattata: la disuguaglianza sociale. La storia in realtà è molto semplice, si tratta di due famiglie, una molto povera, costretta a vivere in un seminterrato, e una più che benestante, che dispone di ogni genere di lusso. Poco alla volta, tramite degli stratagemmi, la famiglia meno fortunata riesce ad ottenere incarichi di lavoro presso l’altra, che ignara di tutto è ben contenta di accettarla. Lo spettatore è sottoposto ad un continuo cambio di registro, prima commedia, poi film drammatico, e ancora momenti molto crudi ed altri che sfiorano l’horror. La fotografia è davvero spettacolare e caratteristica. Ogni aspetto di questo capolavoro è stato curato nei minimi dettagli, alcune inquadrature nel film mettono in evidenza anche solo un’espressione di uno dei personaggi. Parasite è un grande disegno nel quale tutte le linee si ricongiungono in un solo punto per poi ridividersi e non incontrarsi più. Invito alla visione di questo film più che di qualunque altro, a mio avviso si tratta di uno dei migliori film non solo del 2019, ma del decennio. Concludo con la frase che più mi ha colpito dell’intero film: “Nei momenti di difficoltà della vita, il miglior piano è non avere un piano”.