10 minute read

MEGA UTILE

di Gemma Berti, Allegra Niccoli, Elena Casati, Giulia Bolognese e Maria Vittoria D’Annunzio

Vi state chiedendo a cosa serva ciò che studiate e ancora non siete riusciti a darvi una risposta? Non sapete che cosa fare dopo il liceo? Non vi preoccupate! Siamo cinque ragazze pronte ad aiutarvi! Ogni mese intervistiamo degli ex-studenti del Dante o dell’Alberti, che, con le loro risposte, potranno aiutarvi a porre fine ai vostri interrogativi. Per questo mese abbiamo intervistato Niccolò Magazzini, un ragazzo di 22 anni che ha frequentato il Liceo Musicale Dante.

Advertisement

“Ciao Niccolò, di che cosa ti occupi adesso?” “Continuo a portare avanti la mia passione: la musica. In particolare, lavoro cercando di crearmi un futuro da batterista, progetto molto complicato e delicato, per il modo in cui viene vissuta l’arte della società di oggi. Insomma, sto inseguendo un sogno piuttosto instabile, poiché sarebbe più semplice diplomarsi al Conservatorio, per poi cercare un’occupazione nella scuola pubblica, ma il mio obiettivo è un altro: insegnare, come già sto facendo, e soprattutto suonare con altri artisti.”

“Adesso dunque sei un insegnante?” “Sì, insegno, da quando ero in quarta liceo, in delle scuole di musica comunali private a Montespertoli, San Casciano in Val di Pesa e la scuola Lizard al Galluzzo.”

“Riguardo ai progetti con altri artisti invece?” “Il discorso è un po’ più complesso e probabilmente deve ancora concretizzarsi nella mia vita. Ho però già fatto un’esperienza importante, collaborando come musicista al Jova Beach Party. Facendo parte dell’orchestra di percussioni di stampo brasiliano del senese Bãndao, ho suonato per il Rockin’ 1000, supergruppo di musicisti volontari, dove ho incontrato il bassista di Jovanotti. Insomma, grazie ad un serie di incontri casuali ho poi potuto suonare per Jovanotti!”

“Come ti sei trovato al liceo?” “Ad ora, gli anni del liceo restano i più belli della mia vita, con un

particolare riferimento alla prima. Il liceo è impegnativo ma, essendo stato occupato in diversi i progetti, non gli ho mai dedicato tutte le mie energie. Resto tutt’oggi particolarmente affezionato all’ambiente: noi ragazzi del musicale eravamo tutti molto uniti, poiché il nostro indirizzo era stato inserito solo da qualche anno all’interno dell’Istituto quando ho iniziato il liceo. Io, in particolare, ero molto legato ai miei compagni di classe e ai ragazzi più grandi di me di un anno, insomma, ho avuto due classi! Per quanto riguarda i professori, tra alti e bassi c’è chi un segno positivo me lo ha lasciato. Con uno di loro in particolare, io e dei miei compagni abbiamo creato l’orchestra di percussioni Pulsar, che ho diretto per diversi anni; proprio questa posizione mi faceva sentire sulla pelle la fiducia che riponevano in me molte persone, tra studenti e insegnanti, all’interno della scuola ed ha fatto emergere una parte di me, probabilmente la migliore, che neanche conoscevo e della quale ora vado molto fiero.”

“Hai qualche ricordo che più di tutti ti lega al Dante?” “La cosa che meglio ricordo è l’atmosfera ‘frizzante’ che si creava nelle settimane che precedevano una festa, era come se fosse finalmente arrivato il momento della resa dei conti. Però non potrò mai dimenticare tutti i pomeriggi passati in piazza a trascorrere il tempo con gli amici giocando, chiacchierando e divertendosi…”

“Rifaresti il Dante?” “Sì, assolutamente. Mi piacerebbe molto rivivere quegli splendidi anni!”

“Hai qualche consiglio da dare ai ragazzi che quest’anno si trovano a scegliere che cosa fare dopo il liceo?” “Sicuramente per chi vuole proseguire con la musica, essendo questo un ambiente estremamente complicato, la decisione e la sicurezza devono essere tante. L’indecisione in questo ambito procura, purtroppo, solo molta frustrazione.”

INTERVISTA A PIETRO BARTOLO

di Francesca Oriti

Giovedì 22 aprile la redazione de I’Giornalino è stata invitata ad un incontro con l’europarlamentare del Partito Democratico Pietro Bartolo. L’argomento centrale dell’incontro è stata l’immigrazione, in particolare l’esperienza del dottor Bartolo a Lampedusa e la visita di una delegazione europea in Croazia in merito alla violenza subita dai migranti sulla rotta balcanica. Più che una rigida intervista, è stato un monologo a cuore aperto che ci ha trascinati in una realtà di grande dolore impossibile da ignorare non solo in quanto saremo i politici di domani, ma anche e soprattutto in quanto esseri umani. “ Per parlare di qualsiasi altra esperienza di rotte migratorie parto sempre da ciò che ho visto e vissuto a Lampedusa perché é la realtà che conosco meglio e che mi ha lasciato un segno profondissimo. Quando ho iniziato a fare il medico a Lampedusa ho capito subito che le persone in arrivo sull’isola, dopo aver sofferto il dolore della guerra o la fame nella loro patria, non hanno bisogno solo di assistenza sanitaria, ma soprattutto di raccontare la loro storia. Rimangono impresse nella memoria i racconti di donne che si sono estraniate dal loro corpo, più di una volta infatti mi sono aspettato di sentirmi raccontare le violenze perpetrate dai trafficanti di esseri umani come il più grave tormento del viaggio, invece spesso mi è stato detto che come meccanismo di difesa si trasforma il corpo in qualcosa di esterno a sé perché altrimenti il dolore sarebbe insostenibile. Si tende troppo spesso a ridurre i migranti a numeri, a percentuali, ma ogni essere umano porta dentro di sé una dignità che nessuno dovrebbe avere il diritto di annullare. Dopo anni di servizio sull’isola in cui sono nato più volte mi sono detto che avrei lasciato perdere tutto, che mi sarei allontanato da un tale orrore, non riuscivo più a reggere il record di ispezioni cadaveriche di fronte a cui mi trovavo tutti i giorni. Sono rari i casi in cui si può davvero fare qualcosa, la maggior parte delle volte purtroppo ciò che resta è dichiarare la morte di uomini, donne e bambini. E’ un’azione tremenda, ma è anche il più grande atto di rispetto che si possa offrire a queste persone di cui altrimenti non rimarrebbe alcun ricordo. Ho sofferto enormemente quando mi sono trovato ad esaminare il corpo di un bambino che non solo non era sopravvissuto a un viaggio che gli avrebbe dovuto dare un futuro, ma che era stato chiuso in un sacco della spazzatura. Dopo aver visto un’atrocità del genere sono tornato a casa in lacrime, ho vomitato e ho deciso che non sarei più tornato laggiù per finire l’esame, ma poi arrivò mia moglie a spiegarmi, o meglio a ricordarmi, l’importanza del mio doloroso compito. Certe cose non si dimenticano mai, si può solo sperare che vengano controbilanciate da storie di speranza, come quella di una bambina arrivata da sola, che mise da parte la paura e la stanchezza del viaggio per ritrovare a tutti i costi la madre partita per l’Europa tanto tempo prima. Quando mi raccontò la sua storia mi misi subito in contatto con conoscenze in Italia e in Europa e in pochi giorni rintracciammo la mamma, ma prima di poterla finalmente incontrare passarono mesi e mesi: ci fu infatti un processo burocratico lunghissimo e davvero ridicolo di fronte alla sofferenza di queste due

giovani donne. Tuttavia alla fine madre e figlia si sono riabbracciate e ancora oggi sono in contatto telefonico con loro, la bambina non ha mai smesso di chiamarmi papà. Questa è la più grande soddisfazione del mio lavoro. Infatti, sebbene nella vostra città qualcuno abbia proposto di rappresentarmi come un superuomo e sebbene io abbia percorso il tappeto rosso di Hollywood, non sono un eroe, sono solo un uomo che fa il suo lavoro e che ha tentennamenti come tutti gli altri, ma alla fine della giornata capisce che ha un compito che non può essere ignorato o tralasciato. Ho percepito questa responsabilità con forza maggiore nel momento in cui sono stato eletto al Parlamento Europeo. Dovete sapere che purtroppo l’Europa finanzia l’esternalizzazione delle frontiere, infatti usa per difendere i confini le truppe di Frontex, che dovrebbero essere funzionali esclusivamente nella lotta contro il terrorismo. Sono noti a tutti inoltre i rapporti con la Guardia Costiera libica, che viene regolarmente avvertita affinché intervenga per riportare indietro le imbarcazioni che tentano di raggiungere l’Europa. Tuttavia io ed altri delegati appartenenti ai partiti europei di sinistra abbiamo deciso di recarci nei Balcani per rappresentare un’Europa che è interessata ad accertarsi che non si perpetrino violenze ai suoi confini. Per analizzare la situazione attuale nei paesi balcanici è necessario chiarire un importantissimo passaggio legislativo e non trascurare nessun anello della rotta balcanica. Dovete sapere che in base alla Convenzione di Ginevra del 1951 un migrante non può essere respinto verso un Paese in cui la propria vita o libertà potrebbero essere seriamente minacciate. Purtroppo però le autorità italiane hanno mostrato disobbedienza totale verso tale principio, infatti hanno spesso rimandato indietro i migranti arrivati dalla Slovenia a Trieste, che costituisce l’ultima tappa del viaggio. Prima di arrivare a Trieste tuttavia i migranti attraversano i Paesi balcanici, dove seppur non vengono rimandati indietro, subiscono violenze che vanno contro il diritto di ogni uomo e di ogni donna alla salute e alla sicurezza. La regione teatro di simili atrocità è quella di Una-Sana, tra Bosnia e Croazia ed è lì che ci siamo recati all’inizio di quest’anno. Quando ci siamo avvicinati ai campi nascosti nella foresta di Bonja le guardie croate si sono schierate come a combattere in un corpo a corpo pur di non farci vedere nulla. Hanno opposto resistenza a noi in quanto autorità europee, dichiarando il falso, come ad esempio che non fossero stati avvertiti del nostro arrivo, atto gravissimo a cui è seguito un atteggiamento alquanto ambiguo da parte di varie autorità diplomatiche. Dunque abbiamo potuto osservare ciò che sta succedendo solo da un altipiano che dà una buona visuale sulla foresta e ciò che abbiamo visto mi ha segnato profondamente. Tra i boschi si trova il campo di Lipa che, quando ci siamo recati lì, si trovava sotto una tormenta di neve. Con una simile bufera tra le tende si poteva distinguere una fila di uomini e donne in fila a piedi nudi davanti a una tenda dove al massimo avrebbero ricevuto un pezzo di pane. Quando la neve smetteva di cadere non erano pochi i cadaveri che si scorgevano di fronte alle tende circostanti. Abbiamo chiesto immediatamente ragione di una situazione del genere, ma perfino le istituzioni europee se ne sono lavate le mani, rispondendoci che le richieste d’asilo non vengono accettate in quanto si tratta di migranti economici. Tale distinzione, tra chi scappa dalla guerra e chi scappa dalla fame, è assolutamente inumana, specialmente se pensiamo che spesso noi italiani siamo stati classificati come migranti economici nei paesi del Nord Europa e in America, ma siamo andati ad arricchire quei paesi stimolando l’apparato industriale. Questa è una delle dimostrazioni di quanto sia inutile e controproducente incentrare il dibattito politico sull’immigrazione, quando invece dovremmo riflettere ad esempio sull’emigrazione. Gli immigrati anzi migliorano la nostra società che ha bisogno di elementi giovani in quanto l’Italia sta diventando sempre più vecchia, sia per il calo demografico che per il fenomeno dei cervelli in fuga. E quando politicanti di turno che non capiscono il senso della Politica con la P maiuscola, che è di servizio alla comunità, diffondono voci e false dicerie sui migranti ricordate che la pelle non è altro che un vestito, ciò che dobbiamo tenere presente di ciascun essere umano è la sua dignità.

NOLI

di Sofia Vadalà

Noli in provincia di Savona, in Liguria, conta 2614 abitanti ed è collocata sulla Riviera di Ponente che dà sul mare. Risale addirittura all’epoca romana, divenendo base bizantina successivamente assediata e distrutta da parte dei Longobardi, una popolazione di origine germanica. Per via della vicinanza al mare a seguito della disgregazione dell’impero carolingio, dopo essere stata nuovamente presa d’assalto, divenne una città marinara con un’importante flotta navale che le permise di prendere parte alla Prima Crociata (che terminò con la conquista di Gerusalemme nel 1099). Nel corso della sua storia si trovò a combattere contro grandi città, come Pisa, per la supremazia sul Mar Tirreno e si schierò dalla parte della Lega Lombarda durante il periodo di lotta per le investiture. Nel centro storico di Noli possiamo trovare la Cattedrale di San Pietro e l’Oratorio di Sant’Anna, antichi e stupendi edifici ad oggi visitabili. Cioè che più può attirare un italiano a visitare questa città è la vicinanza al mare: la città infatti è collocata all’interno di una insenatura, meta quindi vicina e perfetta per trascorrere delle vacanze in totale relax sulla spiaggia ligure.

This article is from: