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POLITICALLY CORRECT
di Giulia Agresti
Secondo l’Enciclopedia Treccani, l’espressione angloamericana politically correct viene definita come ‘un orientamento ideologico e culturale di estremo rispetto verso tutti, nel quale cioè si evita ogni potenziale offesa verso determinate categorie di persone. Secondo tale orientamento, le opinioni che si esprimono devono apparire esenti, nella forma linguistica e nella sostanza, da pregiudizi razziali, etnici, religiosi, di genere, di età, di orientamento sessuale o relativi a disabilità fisiche o psichiche della persona’. L’idea di cambiare parole considerate offensive per alcune categorie nasce negli Usa nella prima metà del 1900: i generi di musica più popolari, Hillbilly (‘capra di montagna’ in riferimento a montanari poco raffinati) e Race music (musica della razza’), irrispettose nei confronti di tutti gli hillbillies che si erano sacrificati nella Seconda Guerra Mondiale e nei confronti degli Africani Americani, furono cambiate in Country and western e Rhythm and blues. Presto il politically correct, promosso da pensatori francesi quali Foucault o Derrida, si diffuse in tutti i paesi anglofoni diventando la bandiera della sinistra radicale e di tutte le minoranze. A ciò si affiancarono subito le ridicolizzazioni da parte della destra inglese che stampò dei veri e propri libri con nuovi vocaboli da usare: al posto di ‘fat’ (‘grasso’) ‘horizontally challenged’ (‘diversamente orizzontale’), al posto di ‘short’ (‘basso’) ‘vertically challenged’ (‘diversamente verticale’). Dobbiamo alla teoria del politicamente corretto l’abolizione di vari termini offensivi, quali ‘negro’ per indicare le persone di colore, ‘beduino’ per le persone rozze ed ‘ebreo’ per le persone tirchie. Oltre a ciò in nome della political correctness sono stati apposti cambiamenti nell’ambito dell’orientamento sessuale: a ‘gay’, termine generale che indicava con disprezzo tutta la comunità LGBTQ+, si sono affiancate espressioni precise per diversificare ogni tipo di orientamento sessuale; e in quello economico: i paesi ‘del terzo mondo’ sono ora denominati ‘in via di sviluppo’. Sebbene l’ideologia di fondo del politically correct possa essere apprezzabile e condivisibile, al giorno d’oggi questa espressione ha assunto uno scopo totalmente diverso da quello per cui è nata. Le nuove denominazioni attribuite alle minoranze infatti spesso sono viste come segni di un’ipocrisia linguistica dietro la quale si cela più che altro il disinteresse della società. Per di più alcune espressioni vengono rifiutate da parte dei diretti interessati in quando adottate senza che essi fossero prima interpellati. Inoltre oggigiorno con la scusa del politicamente corretto numerose testate giornalistiche o fonti mediatiche tendono a servirsi di eufemismi per nascondere verità sgradevoli. Si preferisce dunque ‘danni collaterali’ a ‘stragi civili’, ‘neutralizzare il nemico’ a ‘uccisione di massa’ e ‘guerra preventiva’ a ‘aggressione militare’. Infine, viene spesso portato agli estremi quando invece non servirebbe, ad esempio a gennaio del 2021 il Democratico Emanuel Cleaver ha finito la sua preghiera con ‘Amen and Awomen’ in nome della parità dei sessi, ignorando che la parola ‘Amen’ deriva dal verbo aramaico ‘ aman’ che significa ‘essere fermo e stabile’ e quindi non è minimamente collegato al genere.
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