L’andante Appunti di viaggio che scartano da mete quotidiane, lasciando a vista itinerari d’arte e musica 2008
dicembre 2007
Supplemento al numero odierno de
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• l’andante
IN QUESTO NUMERO
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l’ours è galup di Luciano Del Sette
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in fila sulla via istmica di Angelo Mastrandrea
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L’ARTE è PERICOLOSA di Arianna Di Genova
11
I VIAGGI PERDUTI di Luciano Del Sette
14·15
LA danza d’amore di Geraldina Colotti
D
in rockbus di Flaviano De Luca
12·13
direttore responsabile Sandro Medici
Nel tempo
FRANCESCO PATERNÒ
a mesi, chi scrive è bersagliato da vaghi ordini di cose da comprare in previsione di un viaggio negli Stati Uniti. Chitarre elettriche Gibson Les Paul, i-Pod nani e ballerine, jeans e così via. Tutto colpa del dollaro che è sceso a livelli subprime mentre l’euro è diventato divisa fortissima. Quel che si dice acquisti intelligenti, insomma, poi alla dogana si vedrà. Chi scrive però non ha trovato nemmeno uno straccio di volo disponibile per scoprire questa nuova America, per cui gli ordini resteranno inevasi. Il viaggio del cambio è uno dei paradossi di fine 2007 ed è uno dei viaggi che non vi racconteremo su questo supplemento (lo avrete già letto praticamente ovunque). Abbiamo scelto al-
tri itinerari di viandanti, di volta in volta affidandoli a una sorta di Babbo Natale che nel suo sacco li mescola e li reinventa per le nostre pagine. Dai luoghi agli appuntamenti, dal “cimitero inglese” di Roma dove riposano Gregory Corso e Antonio Gramsci alla misteriosa via Istmica, direzione Magna Grecia, fino a occasioni d’arte 2008 in viaggio tra il Moma e il Brasile dell’architetto Oscar Niemeyer, o in musica, come i migliori festival europei dalla Svezia alla Costa Azzurra passando naturalmente per l’Italia. Poi c’è un capitolo a parte, sono i viaggi perduti. Perduti per colpa di una guerra, di una devastazione, di uno tsunami, viaggi che in teoria non si possono più fare perché lì dove un tempo si spalancavano o si socchiudevano gli occhi di fronte ai resti di una civiltà, oggi ti sparano. Viaggi perduti da far raccontare a scrittori, a gente che sappia rimandarci indietro un tempo e una storia. E siccome si fa un po’ di letteratura, troverete anche segnalazioni di libri che vale la pena sbirciare, magari insieme a una danza dell’amore che viene dal Mozambico. Pagine da tenere strette, perché sappiate che su questo piano, internet non vi aiuterà. Cliccate la parola ‘viaggio’ o ‘viaggiare’ su un motore di ricerca e vedrete che l’unica risposta sarà una sfilza di proposte low cost, prenotazioni alberghiere e così via. Solo Wikipedia suggerirà intriganti viaggi nel tempo, ma nessun volo è disponibile. Sembra quasi l’America... buona lettura!
direttori Mariuccia Ciotta, Gabriele Polo supplemento a cura di Francesco Paternò progetto grafico e impaginazione ab&c grafica e multimedia Tel. 06.68308613 studio@ab-c.it immagine di copertina di Laura Federici
concessionaria esclusiva di pubblicità Poster Pubblicità srl Via A. Bargoni, 8 00153 Roma Tel. 06.68896911 Fax 06.68308332 stampa Sigraf srl Via Redipuglia 77 Treviglio [BG] chiuso in redazione: 12 dicembre 2007
In queste cartine troverete una sola strada. Quella per salvare il pianeta. IN EDICOLA A 8 �
(OLTRE AL COSTO DEL GIORNALE)
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Le parole delle feste abbinate ad altrettanti itinerari in Italia.
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uando una parola perde nel tempo il suo significato originale, e quindi il suo valore autentico, diviene «desemantizzata». Sono infinite le parole, nella nostra lingua, che rientrano in questa categoria. Anche quelle che riguardano le feste di fine anno. Prima per colpa degli scintillii commerciali delle vetrine, dei cenoni proposti a prezzi assurdi dai ristoranti, dell’inutilità di tanti regali. Adesso nei salari «corti» e nella poca voglia di far festa dettata dalla realtà di ogni giorno. Il viaggio è stato, per lungo tempo, uno dei «regali di Natale» principe, a patto che fosse il più esotico ed esclusivo possibile. Forse, a prezzi però stracciati, quest’anno sarà di nuovo così. Tutti a casa quelli che un viaggio invernale non se lo possono permettere? Noi rispondiamo di no, proponendovi di abbinare le parole delle feste ad altrettanti itinerari in Italia. È un piccolo modo per ridare valore al piacere di guardare un presepe e una vetrina addobbata, di sedersi a tavola e di camminare in mezzo alle luci, di cercare il silenzio o stare in mezzo alla gente. È, insieme, un omaggio alla nostra penisola, raccontata come un Babbo Natale che nel suo sacco nasconde preziosissimi regali. A voi scegliere quale aprire.
Lazio Albero di Natale a Roma Li ha messi in musica Ottorino Respighi, con una composizione, I pini di Roma, omaggio alla loro eleganza e alla perfezione delle scenografie naturali di cui sono protagonisti in tanti luoghi della città. Slanciati, la chioma dalla sagoma inconfondibile, i pini marittimi seguono il corso delle Mura
Un modo per guardare una vetrina addobbata e non fuggire
LUCIANO DEL SETTE
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Aureliane dalla Piramide alle Terme di Caracalla lungo viale Giotto, guardano dall’alto piazza del Popolo, gettano ombra e magia sull’Appia Antica, partecipano da protagonisti all’universo verde dei parchi, da Villa Ada a Villa Borghese. Teneteli d’occhio, vi porteranno dove il turismo facile non arriva. Un esempio su tutti è Viale Giotto, appunto, dalle cui scalinate si sale alla piazza con la meravigliosa chiesa di San Saba e le piccole case popolari degli anni ’30 del secolo scorso. Sempre da quelle parti, dietro la Piramide e Porta San Paolo, i pini vegliano le tombe del cimitero acattolico, il cosiddetto «cimitero degli inglesi», dove riposano Gregory Corso, Antonio Gramsci, Bruno Pontecorvo, i poeti Shelley e Keats: Spoon River nata quando il Papa faceva seppellire i non cattolici fuori dalle mura. Se poi nostalgia vi coglie per l’abete tradizionale, quest’anno Roma ne ha allestiti tre: uno di 22 metri davanti al Colosseo, e altri due al Pincio e al Campidoglio, di poco più bassi.
Toscana (Lu) Babbo Natale a Pietrasanta Stanchi dell’omaccione barbuto e biancorosso vestito? Allora puntate su questa cittadina in provincia di Lucca. I degni sostituti di Babbo Natale sono le statue corpulente che Fernando Botero ha regalato a Pietrasanta e che troneggiano (è il caso di dir-
di
lo) in vari angoli. Accanto a loro, altre sculture, regalo di Moore, Pomodoro, Cascella, Nivola, Folon, Mitoraj (davanti al suo Centauro si rimane incantati). Perché tanta generosità? Le cave di marmo di Pietrasanta sono famose da secoli per la loro qualità. Qui Michelangelo scelse i blocchi da cui nacquero la Pietà, il Mosè e i Prigioni. E qui anche i grandi scultori di oggi hanno trovato la «loro» materia prima e impiantato i loro laboratori. È bellissima Pietrasanta, con la piazza dove il duomo stupisce tanto è grande rispetto al luogo dove è stato costruito, scandita da edifici antichi, bar e ristoranti garbati, e chiusa dal chiostro di Sant’Agostino, oggi Museo dei Bozzetti. Poi, in una manciata di metri, vie e vicoli, sui quali affacciano negozi a rivelare che Pietrasanta un po’ di moda lo è divenuta. Ma senza dimenticarsi. Il rito dell’osteria, dove approdavano gli scalpellini per bagnare la gola arsa dalla polvere del marmo, continua, appena più in punta di forchetta. Però il sapore del cibo e del vino rimangono quelli. Per esempio all’Osteria La giudea di via Barsanti 52. Indimenticabili la zuppa di farro e la pasta tordellata.
Campania (Bn) Cin cin a Sant’Agata dei Goti Una meraviglia, Sant’Agata, già al primo sguardo dal ponte, appena fuori dall’abitato: case disposte come il profilo di una nave, il torrente Martorano sotto, il verde denso intorno. Al disegno medioevale del paese, strade linde e fiori ai davanzali delle case, si accostano le cupole delle chiese, tonde e
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to, cui Faenza aggiunge il Museo delle ceramiche tra i più importanti del mondo, gli artigiani maestri in tale arte, la pinacoteca. Luci. Che nella loro semplicità mettono in ombra le vetrine della ricca provincia.
policrome come quelle delle moschee. Cancellate alcune strutture barocche, nella chiesa dell’Annunziata sono emersi affreschi trecenteschi ispirati alla Commedia di Dante. Stesso recupero per San Menna, grazie a un intervento che ha fatto emergere due file di colonne romaniche una diversa dall’altra, e un pavimento cosmatesco. Piazza del mercato, Castello e Trieste sono in realtà un’unica piazza dal perimetro irregolare. Reperti romani un po’ovunque in forma di cippi sepolcrali, iscrizioni, colonne, e di un’epigrafe funeraria del primo secolo sulla piazzetta al termine di via Diaz. La dedicarono Marco Petronio Suave e Sestilia Lucrezia al figlio Marco Petronio Laico, morto a poco più di un anno. Si, ma il cin cin? Lo farete all’agriturismo della famiglia Mustilli, produttrice di una strepitosa Falanghina, nel centrale Palazzo Rainone. Sei stanze doppie, mobili d’epoca, sale e saloni, di cui uno riservato alla prima colazione. Il ristorante propone un menu del territorio. In via dei Fiori 20, 0823/717433, www.mustilli. com, la doppia 80 euro con prima colazione, un pasto 25 euro.
Emilia Romagna (Ra) Luci a Faenza In una della patrie della ceramica italiana ci siamo trovati appena un mese fa. Le luci di Natale erano già accese e abbracciavano una «doppia piazza», poiché piazza della Libertà e del Popolo appaiono una cosa sola. Era mezzanotte, e la nebbia faticava ad imporsi alle migliaia di punti luminosi che sottolineavano i portici, il palazzo del Podestà e il Palazzo Municipale, ingresso alla Corte Molinella con il teatro Masini. Altre luci sulla cattedrale, piccola San Petronio, con la scalinata a precederla e, come San Petronio a Bologna, la facciata del ’400 lasciata nuda, senza la nobiltà del rivestimento. Accanto, ancora luci riflesse nella fontana seicentesca del Paganelli. Un concerto luminoso privo di retorica, un richiamo sincero alla festa come rito da consumare tra chiacchiere e saluti, auguri e robusti pranzi di vigilia e fine anno. Un incanto inaspetta-
Piemonte (To) Panettone a Pinerolo Galup, in piemontese, significa goloso. Ed è con questo nome che, 85 anni fa, nasceva a Pinerolo il panettone piemontese. Pietro Ferrua, padre del «goloso», lo creò nel forno di mattoni all’angolo di via del Duomo con via del Pino, dandogli una forma bassa e una glassatura di nocciole. Sarà questa la scia profumata che seguirete non solo per far vostro il Galup, ma anche per scoprire la città che fu capitale dei Principi d’Acaja. Guida rapida a Pinerolo. Innanzitutto piazza Vittorio Veneto, un tempo piazza d’armi: a sinistra il Teatro Sociale, al centro il Palazzo Orfengo, e a destra il Palazzo Vittone. La Cattedrale risale al IX secolo, ed è la regina di una serie di chiese, tra cui spiccano per meriti artistici le medioevali San Maurizio e San Domenico con il campanile a bifore e trifore. Altri palazzi di antica memoria: la Casa del Senato e il Palazzo dei d’Acaja con affreschi del ’400 e ’500. Per tornare alla piazza: qui troverete pasticcerie, negozi d’epoca, passeggio festivo in un’atmosfera serafica. Per restare in tema di golosità: a Torre Pellice, «capitale» dei Valdesi a poca distanza da Pinerolo, Walter Eynard, maestro della cucina italiana con il suo ristorante Flipot, ha aperto la Crota ’dl Ours (cantina dell’orso) in via della Repubblica 8 (0121/953539). Piatti regionali, salumi e formaggi, pane e grissini fatti in casa come i dolci, vini eccellenti. Il tutto per 25/30 euro, Anche l’Ours è galup.
Sicilia (Pa) Presepe a Petraia Sottana Superato il Cozzo Boageri, tra boschi di querce secolari, Petralia Sottana esce all’improvviso. «Pitralia, presepiu di muntagna», recita una canzone popolare dedicata a ’o craparu pitralisi (il pastore di Petralia), e quell’immagine diventa reale qui, dove si respirano l’aria e le tradizioni della Sicilia interna. Petraia Sottana fu parte integrante di Petralia Soprana: la distinzione tra le due Petralie si incontra nei documenti del XIV secolo, quando il paese era un borgo intorno al castello. Greci, romani, bizantini, arabi, normanni, Angioini, Aragonesi hanno lasciato tracce profonde in un impianto medioevale. Lungo il corso intitolato al barone Paolo Agliata, ecco i vicoli a serpentina del quartiere di Pusterna, i palazzotti patrizi del ’600 e del ’700 in pietra, i campanili, i portali, le edicole sacre sulle case addossate le une alle altre. E le ventuno chiese romaniche e barocche, tra cui la Santissima Trinità alla Badia, annessa all’ex convento delle Domenicane, con un polittico in marmo, di Giandomenico Gagini,1543, alto dieci metri, che si articola in ventitre bassorilievi. Presepe laico, Petraia, nel quale entrare e fermarsi a contemplare l’ennesimo angolo di un’isola ancora più affascinante nel freddo dell’inverno. Primo gennaio nella vostra città Sarà un viaggio breve. Vi chiuderete alle spalle la porta di casa e rientrerete, a farla grossa, tre ore dopo. Ma un viaggio così, nella vostra città, non potrete farlo in nessun altro giorno dell’anno. Vi alzerete verso le dieci del mattino, esauriti i postumi del brindisi al 2008. Quelli, tanti, che hanno fatto ben più tardi di voi, avranno guadagnato il loro letto. Deciderete, prima di uscire, quale itinerario scegliere, cercandone uno che per voi abbia un significato particolare. Oppure vi affiderete all’istinto, stimolati dall’aria fredda appena oltre il portone. Poi vi metterete in cammino in una città vuota come non l’avete mai vista. Camminerete con lentezza, e troverete il tempo, finalmente, di guardare. Scoprirete così palazzi e case, piazze e vie, che usciranno dall’anonimato nel quale li relega da sempre la necessaria fret-
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Storie di luoghi dalle Alpi a Capo Passero raccontate da un Babbo Natale Che nel suo sacco cela preziosi e inediti regali ta quotidiana. E sarà lo stesso per il verde invernale di un giardino, per la lunghezza di un ponte che misurerete con passo finalmente calmo, per un vicolo che non avete mai neppure notato. Non ci saranno negozi, edicole, cinema, ristoranti aperti. La vostra città, il primo gennaio, sarà davvero se stessa per un giorno. Deciderete, a un certo punto, di fermarvi e di cercare una panchina dove sedervi per riordinare i pensieri. E se qualcuno passerà da lì, gli rivolgerete il sorriso e il saluto che da sempre sono il codice mai scritto di ogni viaggiatore.
Valle d’Aosta San Silvestro ad Aosta Caro San Silvestro, non avertene a male se chi deciderà di fare di Aosta la meta di una piccola vacanza, ti preferirà Sant’Orso. Non puoi avertene a male in quanto santo, e perché Sant’Orso, nella piazzetta che ne porta il nome, è il gioiello della città, con la collegiata, il campanile, la cripta, il chiostro e il priorato rinascimentale. L’area faceva parte di una necropoli dove, agli inizi del V secolo, sorse un complesso paleocristiano. Fu il vescovo Anselmo, tra il X e l’XI secolo, a costruire la chiesa. Dell’epoca rimangono la cripta e gli affreschi. Bellissimi gli stalli gotici del coro, XV secolo, e il mosaico del XII. L’incanto più grande è il chiostro, terminato nel 1133 e costituito da 37 colonne in marmo. I capitelli rappresentano scene bibliche, favole, motivi ornamentali, episodi della vita di Sant’Orso. Ma Aosta è anche romana: l’arco di Augusto, l’imponente cerchia muraria, il teatro, il museo archeologico. Via Sant’Anselmo e via de Tillier snocciolano negozi di vini e di specialità gastronomiche valdostane, acquisti quasi inevitabili. Detto questo, caro San Silvestro, non rinunceremo a celebrarti al circolo Arci L’espace populaire, in via Mochet 7, 349/7897228, ambiente piacevole come la gente che lo conduce. Il cenone avrà sapori valligiani, seguiranno musica e brindisi. Il tutto a prezzi molto ragionevoli, cui aggiungere 10 euro per la tessera.
Marche (Pu) Silenzio a Mercatello sul Metauro Prima di tutto la piazza del Comune, con la pieve collegiata il palazzo comunale e palazzo Gasperini a disegnarne la scenografia. Sotto i portici si respira aria di paese: il bar, le bacheche «d’epoca» per la propaganda politica (una porta ancora il simbolo del PSI, con falce e martello e sul fondo il Sol dell’Avvenire), il barbiere, i vecchietti seduti a chiacchierare. Sempre sulla piazza, il Monte di Pietà, anno 1516, sede della Pro Loco. Poi l’orgoglio cittadino: la chiesa duecentesca di San Francesco, con il convento affacciato su un prato e la facciata in pietra segnata da un portale a colonnine e pilastri e un affresco quattrocentesco nella lunetta. L’interno ospita l’arco gotico dell’abside, il mausoleo di Bartolomeo Brancaleoni, XIV secolo, affreschi del ’400 e ’500, un Cristo Crocifisso di Giovanni da Rimini del 1315. Sull’altare, un polittico del 1325. Nei dintorni, una natura ancora allo stato brado, piccoli paesi da non perdere e il posto giusto per assaporare il silenzio: Ca’Gnoni. Rita e Giorgio hanno ridato vita a un borgo rurale del 1546. Dieci stanze confortevoli, bagni con piastrelle di vetri policromi, una sala da pranzo conviviale (cucina squisita), camini, tanti angoli dove rifugiarsi a leggere un libro, a bere un bicchiere in compagnia, a pensare. Località Ca’Gnoni, 0722/89592, mezza pensione 70 euro a persona.
galup
viaggiar bene
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www.stradeanas.it
NUOVA A3 SALERNO-REGGIO CALABRIA.
L’AUTOSTRADA PIÙ SICURA PER LO SVILUPPO. Lavoriamo per l’Italia in movimento. Il programma ANAS di ammodernamento della rete autostradale del sud Italia attiva risorse, tecnologia, ingegneria, uomini e lavoro per rilanciare lo sviluppo economico e sociale, con una rete di collegamento più sicura. Potenziando la spina dorsale della mobilità italiana il sud si avvicina al nord e l’Italia all’Europa, si garantiscono fluidità di movimento, vicinanza tra le città, crescita e futuro. La sfida più importante di oggi riguarda la nuova A3 Salerno-Reggio Calabria. Nel tratto tra Gioia Tauro e Reggio Calabria si compie uno sforzo straordinario. 50 chilometri di impegno senza precedenti: 48 viadotti, 24 gallerie, per garantire lo sviluppo e la modernità di tutto il Paese. Un miliardo 699 milioni di euro di investimenti, 1800 occupati oggi e 3000 occupati a regime, sono i numeri di un impegno straordinario. Questo intervento ha un impatto considerevole su chi vive nel territorio. Per limitare i disagi ANAS mette a disposizione tutte le informazioni su mobilità, sicurezza, ricadute economiche e occupazionali. Sul sito www.stradeanas.it potete consultare la guida ai lavori e le condizioni del traffico.
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uando non tutte le strade portavano a Roma, l’unico coast to coast possibile cominciava laddove circa tremila anni dopo sbarcheranno gli «alleati» e il sottufficiale inglese Norman Lewis si vedrà offrire del vino e si chiederà stupito «ma come, questi non dovevano essere tutti fascisti?». Scalava montagne e attraversava valli, dal Tirreno allo Ionio. Da Posidonia a Sibari, le due capitali della Magna Grecia. Ripercorrere oggi la Via Istmica, una delle più importanti dell’età preromana, è un’impresa perfino più affascinante. Perché nel frattempo alle meraviglie della natura, tra grotte e fiumi carsici che improvvisamente sbucano dal sottosuolo per poi risotterrarsi, si sono aggiunte quelle della storia dell’uomo. Borghi abbandonati, chiese rupestri che hanno fatto propri vecchi culti pagani e grotte bizantine, echi delle rivolte spartachiste e leggende del brigantaggio. In una delle poche zone d’Italia tuttora incontaminate e dove la vita mantiene un ritmo ancora legato al ciclo della terra e alla transumanza. È un viaggio che richiede un certo impegno, una buona bussola per non smarrirsi e diversi giorni di tempo. Perché la Via Istmica non compare su nessuna mappa stradale ma solo nelle indicazioni che il Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano stanno predisponendo. E perché non sempre coincide con il percorso delle già tortuose stradine che affrontano le asperità cilentane. Il progetto di recupero per il momento arriva fino ai limiti del Parco, e il viaggio si conclude alla Certosa di Padula. La seconda parte sarebbe non meno affascinante: la Basilicata, il Pollino e uno spicchio di Calabria, ma in mancanza di mappe bisogna affidarsi alla Salerno-Reggio Calabria e a una strada statale. La nostra guida si chiama Ernesto Alfano, è un architetto del parco ed è il curatore del progetto di recupero di una delle strade più antiche del mondo. «Era il collegamento più veloce tra le due città della Magna Grecia», spiega, «e oggi non è completamente percorribile in auto poiché alcuni tratti sono ormai dei sentieri e altri sono andati completamente perduti. La nostra idea è quella di ricostruire un tracciato non dissimile dalla via originaria e di creare così un itinerario culturale e ambientale». L’antica Posidonia ha nel frattempo cambiato nome in Paestum e poi in Capaccio, ma la zona archeologica con i templi testimonia dei fasti di un tempo. Poi ci si addentra in una delle zone più sconosciute d’Italia. Già dopo pochi chilometri la Via Istmica non è più percorribile in auto per un lungo tratto, finché non incrocia una strada comunale e più avanti finisce su una strada secondaria. Sarà così per l’intero
percorso, tra valichi di montagna e discese a valle. Superata Capaccio Vecchia, distrutta nel 1248 da Federico II che voleva strapparla ai baroni ribelli che vi si erano arroccati dopo aver ordito una vera e propria rivolta contro la politica fiscale del re, sulla prima vetta si incontra un santuario. Uno dei tanti che si possono incrociare sulle cime dell’intero sud Italia, se non fosse per una particolarità che la rende unica. la Madonna venerata ha in mano un melograno. «È il simbolo della fecondità, e testimonia il fatto che è stato costruito laddove esisteva un tempio pagano», spiega Alfano. In questo caso si tratta dell’Hera Argiva, che la leggenda locale vuole costruito da Giasone, capo della spedizione degli Argonauti. Di leggenda in leggenda, arriviamo agevolmente a Roccadaspide. È un paesino arroccato attorno a uno sperone roccioso. I suoi abitanti si professano discendenti di Spartaco, lo «schiavo che sfidò l’Impero romano». La diceria potrebbe non essere così peregrina, visto che gli spartachisti furono definitivamente sconfitti nella piana del Sele, a non molta distanza da qui, e la leggenda vuole che i superstiti avessero fondato Roccadaspide, appunto, e Giungano. Siamo attorno al 70 avanti Cristo, ma da queste parti diversi riferimenti all’accaduto fanno apparire l’episodio come dell’altro ieri. Man mano che ci si addentra nel Cilento più profondo la strada si fa più tortuosa. Sul monte Pruno i pastori sono gli unici abitanti, e qualcuno racconta ancora le storie dei briganti. Come Catello Barbato che era l’amante segreto della moglie di un signorotto locale e per questo era preso in giro dalle comari del paese che al suo passaggio si davano colpetti fra loro e sorridevano. Finché un giorno non tirò fuori dalla giacca un’ascia e tagliò la testa alla prima che gli capitò a tiro, fuggì in montagna e visse da fuggiasco per un decennio prima di essere catturato. Storie vere e leggende, come quella della donna con i piedi di porco che appariva per strada ai viandanti che osavano avventurarsi di notte lungo le strade buie per trascinarli in fondo a un burrone. E storie dell’emigrazione, come quella di Pietro Troccoli che con altri due compagni decise di tornarsene in Italia dall’Uruguay e lo fece costruendosi un’imbarcazione che resistette alle onde dell’oceano e ancora oggi resiste alle insidie del tempo osservando
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Angelo Mastrandrea
Itinerario di un certo impegno, buona bussola per non smarrirsi e diversi giorni di tempo. Perché è un luogo che non compare su nessuna mappa stradale ma solo nelle indicazioni che il Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano stanno predisponendo
In fila
il mare da una grotta di Marina di Camerota. Ma è a Sacco Vecchia e più ancora a Roscigno che si ha l’impressione più netta del tempo che qui scorre più lento che altrove. Il paese è stato abbandonato agli inizi del ‘900 per via delle continue frane, e da allora si è come cristallizzato, come se l’ultimo degli abitanti avesse sbattuto la porta solo ieri. Ed è per questo che qualcuno l’ha definito la «Pompei del XX secolo». Attraversato il duro passo del Corticato e avvistata qualche lontra se si è fortunati, lo scenario cambia decisamente. Teggiano si trova su una collina affacciata sul Vallo di Diano, che è interamente pianeggiante e molto più urbanizzato. La parte più esotica del viaggio è agli sgoccioli, ma il borgo medievale e il castello che ospitò nel 1495 la «congiura dei baroni» meritano ancora la fatica di una visita. Così come il battistero paleocristiano di Consilinum, l’unico d’Europa interamente immerso in una sorgente d’acqua che Cassiodoro definì «così trasparente che potresti ritenere vuota la vasca». Attorno vi sorgeva una cittadina probabilmente distrutta dai saraceni e di cui oggi non restano tracce. Ultima tappa alla Certosa di Padula, che è già famosa di per sé e non merita ulteriori spiegazioni. Qui la Via Istmica si interrompe, almeno per il momento, e non resta che tornare verso il mare. Questa volta seguendo la via, meno antica, che percorse Carlo Pisacane per far ribellare le popolazioni meridionali. E che fu sconfitto proprio qui a Padula, non dai contadini come vuole la leggenda ma dai Borboni mandati dalla vicina base di Sala Consilina. Dunque, una visita all’Ossario dei trecento, sotto la chiesa davanti alla quale i corpi furono ammucchiati, il primo luglio 1857. Poi via verso Sapri, dove Pisacane era sbarcato e verso dove tentava di ripiegare dopo la disfatta. E dove non arrivò mai. Il cippo che ricorda la sua uccisione è a un angolo di strada alle porte di Sanza, quasi fosse stato un incidente stradale a stroncargli la vita. Anche qui, la leggenda vuole che a sparare sia stato un pastore dalla mira particolarmente precisa, ma solo dopo che Pisacane gli aveva tirato contro un colpo di fucile che gli aveva trapassato il cappello senza però ucciderlo. Anche in questo caso, bisogna fidarsi della memoria orale. E accontentarsi di un viaggio che, partito all’insegna di Spartaco e concluso con Carlo Pisacane, senza saperlo è andato alle origini del socialismo.
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concerti
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er cominciare bene un viaggio nell’annata sonora, l’appuntamento fondamentale arriva subito con l’Eurosonic. Per tre giorni, dal 10 al 12 gennaio 2008, Groningen, nel nord dei Paesi Bassi, sarà la capitale della musica live europea, con 15.000 visitatori previsti, 250 nuove band provenienti da 23 paesi che si esibiscono su 30 palchi e 2000 professionisti del settore musicale olandese e internazionale. Il Noorderslag Weekend è il modo migliore per venire a contatto con i protagonisti principali della scena musicale live europea e una grande occasione per vedere dal vivo i migliori giovani talenti musicali europei. Durante il festival, in “De Oosterpoort”, avrà luogo il Noorderslag Seminar riservato a professionisti del settore musicale. Il Noorderslag Weekend è frequentato da rappresentanti di oltre 50 festival europei e professionisti di oltre 30 stazioni radiofoniche europee, diventando così la migliore piattaforma per creare nuovi contatti, rinfrescare quelli esistenti o avviare trattative con personaggi importanti della scena musicale live europea. Quest’anno obiettivo puntato sulla scena rock svedese e infatti saranno gli I’m from Barcelona ad aprire lo Sweden Focus che presenterà una dozzina d’artisti scandinavi. Anche le nuove leve della musica italiana (negli anni passati si sono esibiti i Subsonica, quest’anno sono attesi i Rosencratz, vincitori del concorso Mei-Myspace) avranno modo di esibirsi davanti a una platea giovanile nordeuropea, in gran parte formata da studenti, rockers sfegatati, musicisti e addetti ai lavori. Ancora, nel mese di gennaio, sarà il momento della Cote d’Azur, per la 42esima edizione del Midem, il più grande mercato della musica mondiale, che si terrà a Cannes, dal 27 al 31 gennaio. Nei colorati e rumorosi stand del Palais des festivals si ritroveranno editori, produttori e artisti che presenteranno le novità del 2008. Nazione d’onore la Cina che organizzerà l’Opening party all’hotel Martinez, il personaggio dell’anno premiato sarà Peter Gabriel e farà un concerto anche l’angloindiano Nitin Sawhney. Occhi e orecchie
sparsi
in
g ruppi
assolutamente
Flaviano De Luca
Se viaggiare è un po’ ascoltare. ecco i principali appuntamenti musicali già fissati nell’agenda 2008 in giro per l’Europa. Con l’offerta di un’organizzazione che eventualmente vi ci porta
da
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aperte per il MidemNet, la sezione dedicata alle nuove tecnologie, con interventi e tavole rotonde animate da Jean Bernard Levy, presidente del colosso mediatico francese Vivendi, con Tero Ojanpera, direttore tecnico della Nokia che parlerà del portale Ovi dove confluiranno musica, giochi, video e mappe per telefonini e il rivoluzionario smanettone danese trentenne Janus Friis, cofondatore di Kazaa (musica), Skype (telefonia) e Joost (televisione), gran teorico delle piattaforme peer-topeer, disegnerà la visione globale di nuovi modelli di consumo. Per gli amanti del concerto singolo, da segnare subito sul taccuino i due concerti degli Smashing Pumpkins (2 febbraio a Milano e il giorno dopo a Bologna), i Cure (il 29 febbraio a Roma, il 2 marzo a Milano), James Blunt (il 2 aprile a Milano), Van Morrison (il 10 e 11 aprile), Radiohead (17 e 18 giugno all’Arena di Milano). Chi si ricorderà del killer in attesa sul fondo dell’oceano e del progressive inglese anni ‘70, accorrerà all’esibizione unica dei Van Der Graaf Generator, di nuovo in Italia, per promuovere il nuovo album live Real Time per un’unica data all’interno del Festival Chitarra & Oltre di Rosignano Marittimo (LI), il 29 marzo, al teatro Solvay (biglietto 23 euro + prevendita, Barley Arts). Li vedremo esibirsi sul palco con la seguente formazione: Peter Hammill (alla voce, chitarra e pianoforte), Hugh Banton (alle tastiere, basso e chitarra), Guy Evans (alla batteria) e David Jackson (ai fiati). Poi c’è l’evento molto atteso del ritorno di Bruce Springsteen, a
perdere
San Siro dopo cinque anni, organizzato dalla Barley Arts di Claudio Trotta, il 25 giugno 2008. Sul palco, con Bruce (voce e chitarra), ci saranno gli storici componenti della E-Street Band: Roy Bittan, tastiere; Clarence Clemons, sassofono e percussioni; Nils Lofgren, chitarre; Gary Tallent, basso; Steve Van Zandt, chitarra; Max Weinberg, batteria; Soozie Tyrrell violino e cori, Patti Scialfa, assente in alcune date europee del 2007 e con la speranza di rivedere alle tastiere anche Danny Federici, al momento sostituito da Charlie Giordano. D’estate dovrebbe riempire di nuovo gli stadi Vasco Rossi, autentico recordman dei concerti live nel nostro paese (il più affollato fu quello gratuito a Catanzaro Lido il 25 settembre del 2004, davanti a 500 mila persone) ma in attesa di sapere date e luoghi, ci si può consolare col doppio dvd Vasco@Olimpico 07, già disco di platino (oltre 100 mila copie vendute in prenotazione), dedicato ai due eccezionali “sold out “ dell’Olimpico. Registrato tra il 27 e il 28 giugno 2007, realizzato da SwanFilmEurope, il primo contiene tutto il concerto (con brani da Sally a Gli spari sopra, da Stupido hotel a Rewind fino al bis di Albachiara) e principalmente la registrazione del clima di esaltazione collettiva mentre il secondo dei contenuti molto speciali, tra i quali l’Ipod video di tutto il concerto. Infine una segnalazione al passo coi tempi, la società Rockerbus (www.rockerbus.com) specializzata nell’organizzare pullman per i concerti dalle principali città del nord e del centro Italia. L’ha ideata un percussionista Manuel Sessarego per andare a vedere i suoi musicisti preferiti e adesso per andare dietro organizzati alle rockstar più amate. A richiesta vengono forniti gli orari, le fermate e i costi per «inseguire» i concerti imperdibili. Altrimenti bisogna consultare il sito www. liveconcert.com o meglio la sua versione italiana, www.liveconcert.it, gestito dal mensile Music Club, un giornale gratuito di segnalazioni e recensioni che da 17 anni racconta la scena indipendente, il rock eversivo, la lounge e l’etnomusic, grazie soprattutto alla passione di Luciano Massetti, grande appassionato musicale e girovago della penisola.
In rockbus c’è posto in carrozza
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C/C POSTALE N. 708016 INTESTATO A IL MANIFESTO COOP ED. ARL VIA TOMACELLI, 146-00186-ROMA. INDICARE NELLA CAUSALE IL TIPO DI ABBONAMENTO ED INVIARE COPIA DEL BOLLETTINO DI CONTO CORRENTE VIA FAX AL NUMERO 06.39762130. BANCA POPOLARE ETICA-AGENZIA DI ROMA - ABI 05018 CAB 03200 C/C 111200. CHI SI ABBONA CON IL BONIFICO BANCARIO DEVE ASSOLUTAMENTE INDICARE NELLA CAUSALE: NOME, COGNOME, INTESTATARIO DELL’ABBONAMENTO, INDIRIZZO COMPLETO, TIPO DI ABBONAMENTO ED INVIARE UN FAX DI CONFERMA AL NUMERO 06.39762130. PER ABBONAMENTI CON CARTA DI CREDITO: TELEFONARE A 06/68719691 O INVIARE FAX A 06/68719689. DAL LUNEDÌ AL VENERDÌ DALLE 10:00 ALLE 18:00. È ANCHE POSSIBILE EFFETTUARE IL PAGAMENTO CON CARTA DI CREDITO ON LINE VISITANDO IL SITO WWW.ILMANIFESTO.IT PER INFORMAZIONI SU ABBONAMENTI E TARIFFE: E-MAIL: ABBONAMENTI@ILMANIFESTO.IT O VISITARE IL SITO WWW.ILMANIFESTO.IT.
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LA VERA SINISTRA ESISTE SOLO SULLA CARTA.
mostre
E
cco un (breve) giro del mondo, cavalcando gli eventi culturali più disparati; dalle mostre alle celebrazioni di grandi personaggi, il 2008 si annuncia come un anno intenso, dove chi ama viaggiare (o lo fa per lavoro) non avrà difficoltà a sentirsi a casa ovunque.
Brasile, omaggio ai centenari Dopo il samba «eletto» a patrimonio nazionale, l’architetto ormai centenario Oscar Niemeyer è stato nominato dal presidente brasiliano Lula come «uomo dell’anno» e il 2008 sarà interamente dedicato a lui. Niemeyer, in fondo, si è conquistato l’ambito titolo: nonostante l’età, lavora ancora oggi 12 ore dalle 9 del mattino alle 9 di sera nel suo studio davanti alla spiaggia di Copacabana e quando viene intervistato dice sempre di sentirsi solo sessant’anni sulle spalle. Il ministero della cultura, guidato dal musicista Gilberto Gil, ha deciso di salvaguardare come monumenti nazionali ventiquattro opere del grande architetto. Inoltre, Niemeyer è stato incaricato da Lula di «rivedere» anche il Palazzo del Planalto, a Brasilia, sede della presidenza della repubblica, che venne disegnato all’architetto carioca ai tempi della fondazione della nuova capitale, nel 1960. Liverpool regina La capitale europea della cultura nell’anno che verrà sarà Liverpool. Largo quindi ai Beatles, cui diede i natali e alle collezioni di arte della città. In un percorso che vedrà celebrazioni canore del gruppo musicale che fece la storia del rock, si può inserire senz’altro una visita alla Tate che inaugura la nuova stagione, a febbraio, con Niki de Saint Falle per poi proseguire sulle ali della decadenza di Gustave Klimt. Prima però, fino al 13 gennaio si può visitare la mostra dei finalisti del Turner Prize, il prestigioso premio che mette sul piedistallo l’autore britannico del momento (con 25mila sterline). Quest’anno è toccato a Mark Wallinger e alla sua installazione contro la guerra in Iraq. Si chiama «State Britain» ed è la replica della protesta pacifista di Brian Haw avvenuta nel 2001, in Parliament Square. In realtà, in mostra, non c’è la complessa opera sit-in ma si vede Wallinger travestito da orso che gironzola, in perfetta solitudine. alla scoperta della National Gallery di Berlino.
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Dalla fessura che si apre sul pavimento della modern Tate londinese al Moma che è sempre il Moma di New York. Passando per le Scuderie del Quirinale e il nostro Ottocento, con un occhio a Liverpool capitale di cultura
ARIANNA DI GENOVA
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dicembre, infatti, il gallerista Larry Gagosian - che ha sedi a New York e a Londra (le ultime due le ha aperte nel 2000 e nel 2004) è sbarcato a Roma con il suo nuovo spazio (via Francesco Crispi), che qualcuno ha già ribattezzato il Beaubourg italiano. Settecentocinquanta metri quadrati che, per l’inaugurazione, saranno «riempiti» dai graffi e i colori espressionisti di Cy Twombly (79 anni, porterà alcune enormi tele da Lexington), artista che fa da anello di congiunzione fra Stati uniti e Italia. Gagosian, di origine armena, è uno dei mercanti più potenti del mondo: cominciò tanti anni fa vendendo manifesti sulle spiagge californiane, adesso gestisce le star dell’arte rendendole tutte agnellini.
Centenari e più Fra le ricorrenze italiane, ne possiamo segnalare almeno due che rotoleranno lungo tutto il 2008: i centocinquanta anni dalla nascita di Giacomo Puccini e i cinquecento che ci separano dal genio architettonico di Andrea Palladio. Per celebrare quest’ultimo, ci sarà tutto un fiorire di eventi (per maggiori notizie, si può visitare il sito http://www.palladio2008.info/html) ma la cosa più semplice da fare è avviarsi verso Vicenza e dedicarsi a un bell’itinerario fra le splendide ville palladiane. Per gli appassionati di musica classica, ci sarà invece Puccini a rallegrare i mesi dell’anno nuovo. A Puccini, nato a Lucca da una famiglia di musicisti da generazioni, poi trasferitosi a Milano, verrà dedicato un fitto calendario di eventi da un Comitato nazionale di recente costituzione. La maratona musicale prevede diversi appuntamenti, fra i quali l’inaugurazione del nuovo Teatro intorno al quale si svilupperà un parco culturale dove si celebrerà l’artista, la sua musica e la sua storia sulle rive del lago di Massaciuccoli.
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Milano, invece, risponde a Roma prima con il Futurismo a Palazzo Reale, poi con l’arte delle donne (da Sofonisba Anguissola alle contemporanee, fino a marzo) per chiudere l’anno con una imperdibile rassegna su George Seurat, padre del pointillisme, scomparso a soli 32 anni dopo aver scardinato la «volatilità» della luce impressionista attraverso studi scientifici che frazionavano il colore e le sue iridescenze. Ultimo quadro, lasciato incompiuto prima della morte, «Il circo», una festosa rappresentazione che esaltava la figura della starlette di allora, la cavallerizza-acrobata.
Ludica New York È il momento del Moma. Fino a febbraio, la mostra da non perdere è quella dedicata ad Alexander Calder. Lui, paladino dei Mobiles o Stabiles, sculture che andavano contro ogni preconcetta idea di fissità, sia fossero libere nell’aria sia ancorate saldamente a terra, è il personaggio giusto, il «Cicerone» appropriato per far avvicinare all’arte contemporanea i bambini. Inoltre, è stato un grande fan dei giochi circensi e al Metropolitan c’è il suo Circus, un tendone in miniatura, corredato di tutti gli artisti, pronti a fare i loro strabilianti numeri azionati dall’artista stesso (quand’era in vita, lo faceva per divertire gli amici). A testimoniare quei momenti ludici, di spettacolini faida-te resta un documentario spagnolo degli anni Sessanta girato da Carlos Vilardebo: venti minuti di pura poesia.
Se l’arte
L’arte pericolosa A chi deciderà di visitare Londra, un consiglio: alla Modern Tate c’è un’opera della colombiana Doris Salcedo (fino ad aprile) che spacca il pavimento del museo con una larga fessura, come fosse una cesura della terra dovuta a una scossa sismica. Vale al pena di andare a vederla «live». È un’immagine forte, rappresenta le tante incomprensioni del mondo, le divisioni interne, il razzismo, le guerre che vedono schierarsi in opposte fazioni i medesimi esseri umani. Però più di un visitatore ci è caduto dentro, o ha inciampato guardando altrove tanto che la Tate si è dovuta porre il problema della sicurezza. Quindi, attenzione a dove si mettono i piedi. Basta tenere gli occhi bassi e riflettere sulla metafora dell’artista che, da sempre, lavora intorno a temi politici.
Super-mostre L’Ottocento tutto insieme, come non si era mai visto: è il progetto di mostra che approderà alle Scuderie del Quirinale a Roma, a partire da febbraio. Circa 100 capolavori racconteranno l’Italia del Risorgimento, quella romantica e i primi sentori di un linguaggio che uscisse dalle strettezze dell’Accademia. Appiani, Palagi, Hayez e i rappresentanti della Scuola Romantica a Milano, i Macchiaioli come Fattori, Lega, Signorini a Firenze, i vedutisti della Scuola di Posillipo e Morelli a Napoli, faranno confrontare il visitatore con un’altra idea di bello, più movimentata e meno asettica, meglio rispondende alle esigenze dell’uomo moderno e borghese. Fra le opere, il Bacio di Francesco Hayez, Canto di uno stornello di Silvestro Lega, i ritratti di Giovanni Fattori, ma anche il Quarto Stato di Pellizza da Volpedo.
è pericolosa. Gli appuntamenti del 2008 Made in Usa a Roma Anche la capitale respira un po’ di «American dream». Dal 15
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LUCIANO DEL SETTE
n altra parte di questo speciale si parla del viaggio come di un rito che per lungo tempo ha accompagnato le festività di fine anno. Viaggi sulle medie e lunghe distanze per fuggire, una manciata di giorni, dal freddo, dalla routine, dalle urgenze della vita quotidiana. Fino alla metà degli anni ’80 del secolo scorso, sembrava che potessimo andare (a seconda dello spirito di avventura e della capacità delle tasche) pressoché ovunque. Poi, molti luoghi del mondo sono stati progressivamente cancellati o resi inaccessibili da eventi in diverso modo tragici: le guerre, il fanatismo, il terrorismo, i genocidi, le guerre grandi come l’Iraq o circoscritte ma altrettanto terribili come la Bosnia, le catastrofi naturali, l’indifferenza del Primo Mondo… A questi viaggi perduti, il Manifesto ha dedicato un cofanetto (cd + dvd + libro) uscito alla fine di settembre, prima in edicola e oggi in vendita, a 13 euro, nelle migliori librerie. Tredici viaggi raccontati con parole e suoni da attori e musicisti nel cd, e per immagini attraverso materiali tratti da reportage «sul campo» nel dvd. Tredici luoghi come altrettanti simboli, che riguardano tanti Paesi del mondo. Un Armenia invito a non dimenticare, a mantenere alte l’attenzione e la sensibilità, a spiegare alle generazioni più giovani (figli, nipoti, alunni) quello che troppo spesso non si sa, o si arriva a sapere nel modo sbagliato, di un pianeta ferito molto sovente a morte. Troppo tardi Queste due pagine riportano i testi di cinque brani scritti da (di Giovanni Papotto, con la voce cinque grandi attori per il nostro lavoro. Potrebbe essere, il cofadi Maria Paiato) netto dei Viaggi perduti, un regalo da fare a se stessi o a chi ci è caro per partecipare al rito delle feste in maniera differente. Cioè era una volta una faconsapevole che, per milioni di persone, la parola festa non ha miglia che non ripiù, da tempo, alcun significato. usciva mai a stare ferma. Nessuno sapeva davvero perché e da quando era cominciato il viaggio. Certo c’erano delle storie che si raccontavano, di un antenato e di un’offesa di tanti anni prima a un re e di una condanna. Ma ormai di quel re e del suo regno non restavano che le rovine di un castello che forse gli era appartenuto. La loro vita non era poi tanto diversa da quella di tutti gli altri. I grandi lavoravano, i bambini giocavano e via via che crescevano studiavano. Come tutti. Ma come nessun altro sapevano costruire cose, utili o solo belle. Erano i più bravi costruttori di cose! La loro fama si era sparsa un po’ ovunque e quando arrivavano erano sempre ben accolti. In qualche paese avevano persino offerto loro una casa o una terra dove costruirne una, pur di convincerli a restare e così fabbricare i loro begli oggetti solo lì. Ma nessuno riuscì mai a fermarli. Per quanto tempo sarebbero rimasti in un posto nessuno poteva dirlo. E a dire il vero nemmeno loro sapevano perché un certo giorno era fatto per stare e un altro per raccogliere le loro poche belle cose e partire. Avevano sempre vissuto così. Sempre partivano e sempre restavano insieme. Era un gioco, tra loro, intuire quando sarebbe avvenuta la partenza. Un’euforia, prima vaga, poi sempre più forte, alla fine urgente, riempiva i loro cuori quasi all’unisono, misteriosamente. Allora bastava un’occhiata, una battuta che solo loro potevano capire, un mezzo sorriso…» Aspetta, prendi anche questa e mettila insieme alle altre. Un altro fantasma senza nome. Anche qui, troppo tardi.
I senza patria
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Afghanistan, dai fianchi dell’Hindukush rotola polvere mentre i più bravi costruttori di case sono gli armeni senza patria...
«
I viaggi
... e due uomini di Bosnia corrono a perdifiato,
mentre a un altro hanno messo l’embargo sull’anima, e un altro ancora è senza pugni...
perduti
Rocco De Rosa, con Alibi, ha cantato «I senza patria»
sognando di riviverli
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Afghanistan
Il fanatismo Caro Khaled (di Marco Baliani)
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aro Khaled, dalla nicchia vuota dove abitava il dio straniero continua ad uscire una polvere dorata, a folate, come stesse ancora esplodendo, come ci fosse ancora un’invisibile dinamite che sbriciola instancabile le ultime pietre, una polvere che subito si mescola a quella gialla, stopposa che rotola giù dai fianchi dell’Hindukush e che da sempre batte sulle nostre facce e ci vela gli occhi. Quell’alba, quando li sentimmo arrivare, avevamo fatto appena in tempo a nasconderci, acquattati dietro i massi in lontananza, sulla destra, era marzo e il freddo tagliava nitido i profili delle cose. Ci stringemmo le mani, avevamo solo dieci anni, ma i nostri occhi avevano già visto molto. I Taleban si muovevano in fretta, come se qualcuno li inseguisse, si gridavano ordini l’un l’altro, stringevano nelle braccia candelotti di dinamite, urlavano versetti del corano a squarciagola, con gli occhi spalancati, come inebriati da qualcosa che solo loro vedevano. «Dove passa il giusto scompare l’errore!», gridavano, srotolando le micce e accumulando esplosivo ai piedi della statua. Ma chi stabilisce dove stanno gli errori? Chi sono i giusti? Chi decide contro cosa puntare il dito della fede? Nei giorni successivi all’esplosione si respirava solo polvere di Buddha. «Forse siamo diventati tutti più santi» ha detto mio nonno, ridendo con le gengive di fuori. E poi ha aggiunto, con uno sguardo perso nel vuoto della valle, «Dopo questo, tutto sarà possibile». Aveva ragione. Il 9 settembre hanno fatto esplodere il comandante Massoud, l’11 le torri americane. Poi l’ebbrezza dell’annullamento si è propagata come un’epidemia, giovani come me hanno cominciato a farsi scoppiare nei mercati, nelle piazze, nelle metropolitane, cercando di portarsi nella morte quanta più gente possibile attorno a loro, come gomme che cancellano l’errore su un foglio, gomme umane che cancellano la vita. E gli errori ormai crescono di numero e di qualità giorno dopo giorno. Prima l’Occidente e gli infedeli, poi anche i fedeli che sbagliano, i fedeli che peccano, i fedeli che pensano gli stessi pensieri. Purché si faccia vuoto e non resti nulla. Forse questo volevano i nostri fratelli carnefici, far diventare tutto il mondo un gran vuoto, un nulla, in cui far vivere solitario e irraggiungibile il Dio invisibile della loro, della nostra, fede. Addio, tuo Hassan
Francesco Bruno, con Sakrala, ha cantato «il Fanatismo»
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Le guerre «minori»
La guerra totale
Due uomini corrono a perdifiato (di Fabrizio Gifuni)
L’infedele (di Mariella Lo Sardo)
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o perso la fede. Un giorno non mi hanno assolto, tutto qui. Un no a bassa voce da dietro la grata e sei fuori dalla comunità. Mi hanno messo l’embargo sull’anima. Lasciamo stare, va. Manco avessi ucciso qualcuno. Manco avessi armi di distruzione di massa nascoste in cantina. Da allora ho perso la pace, la dignità, mi sento in guerra con tutti. Le amiche in blocco mi si schierano contro, le santarelline, le volenterose. Un giorno stanno dalla tua parte e l’altro ti colpiscono a tradimento. Magari poi si scusano e dicono che è stato uno sbaglio, ma intanto ti hanno distrutto. E poi mio figlio dice che non so cosa sia il fuoco amico! Dice anche che non ho idea di che cosa sia la guerra, che io mi lamento per niente, che lì manca tutto, l’acqua, la luce, il cibo, i farmaci, il lavoro... sì, dico io, va bene, hai ragione, però... almeno loro la fede ce l’hanno, no? Hanno il petrolio, lui dice. Sì, il petrolio e la fede, la fede! Ah, ma io non mi arrendo. Ci vado lo stesso, ogni tanto, mi comunico e via. Voglio proprio vedere chi me lo impedisce. Qualcuno mi ha detto che sono una ladra... io sto solo rubando qualcosa che è mio! Lasciamo stare, va, certe cose mica si possono dire così, sono bombe. Ci credo che le mie amiche mi guardavano a bocca aperta: io sono la pecora nera, io sono l’infedele. Mio figlio mi ha detto che lì, dove c’è la guerra, raccomandano di tenere la bocca aperta per evitare che l’onda d’urto dei bombardamenti faccia esplodere i timpani. Me li immagino: soldati, civili, uomini, donne, amici, nemici, tutti a bocca aperta, ma non sono davanti a un tramonto: lo fanno per salvarsi la pelle, e con l’orrore negli occhi. Ecco: le mie amiche avevano quello sguardo lì. In fondo anche loro si proteggevano i timpani. Soprattutto quando ho detto che ritornare all’ovile e fare finta di niente non basterà a farmi ritrovare la fede.
ue uomini corrono a perdifiato, trascinando pesanti taniche d’acqua. Tutt’intorno strade divelte, palazzi sventrati, macerie fumanti. Nell’aria sospesa, qua e là, un grido d’allarme. L’uomo che sembra più anziano ha i capelli bianchi, arruffati dal vento. Inciampa, cade. Ma poi si rialza e riprende la corsa. Durante due soste, per riprendere fiato, confida all’altro che ha passato mesi e mesi chiuso in un laboratorio, nel tentativo di risolvere la formula di una vecchia sostanza chimica. E che i suoni delle sostanze che sgocciolavano sembravano, a tratti, la musica di una misteriosa canzone. Poi è scoppiata la guerra; e da allora si è dedicato solo a proteggere la cinemateca della città, di cui è direttore. «Che ne resti la memoria..», dice. E con occhi spauriti di bambino, conclude: «... Ma adesso che senso potrebbe avere qualsiasi cosa, in mezzo a tutto questo massacro ?» Mine antiuomo, cluster bombs, cecchini fantasma - chirurgia dell’orrore. In quella voce affannata c’è la furia bestiale dell’uomo sull’uomo che, attraversati i suoi occhi, per canali segreti, si è fatta suono. Agonia di parola. Radiografia vocale di un paesaggio straziato. Poi, in un lampo d’improvvisa ironia, mormora: «In questa città la migliore amica degli uomini è la nebbia. Manca la visibilità, i tiratori sono costretti a fare una pausa. Qui i giorni di nebbia sono giorni di festa.» I due, stremati, riprendono, infine, la corsa. Li vediamo, di spalle, correre verso un ponte e attraversarlo. Ma prima di averlo passato completamente una voce, da un altoparlante, gli intima di fermarsi…«Stop !!» L’uomo giusto – narra una leggenda turca – raggiunge l’Altrove passando su una passerella più sottile di un capello e più affilata di un rasoio. Un arco celeste, purissimo. Il giorno dopo i nostri uomini sono ancora vivi. Via da Mostar. Diretti a Spalato; da lì a Zagabria. In aereo raggiungono Skopje, in pullman Florìna. In una stanza d’albergo, l’uomo che sembra più anziano ripensa ai suoi film «Una sequenza ininterrotta contro la cultura della morte». È notte adesso e vorrebbe dormire. Il suo cuore è stanco, troppa guerra negli occhi. Ma, mentre si addormenta, si domanda se correre, trascinando pesi, fra le macerie di una città, sia una pena infernale adeguata per un attore. E con un sorriso beffardo, Gian Maria Volontà varca il suo ponte verso l’Ignoto. Quelle girate a Mostar, il giorno prima, sono le sue ultime immagini.
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Ralph Towner, con Wake, ha cantato «la Guerra totale»
Birmania
Le dittature Slogan per una dittatura (di Massimo Zamboni)
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tutto scritto negli sterpi: l’oppressione è un istante che stacca la carne dalle ossa. È il potere dell’azione gelida, furtiva e folle con i diseguali. È scritto: un uomo senza pugni è un sindacato scalzo. C’è un cane sdraiato a terra; gonfio. I denti all’infuori, di un colore e un ghigno spaventevoli. Più spaventoso ancora, poi che contraddice la tendenza umana a rapportarsi, è che se ne stia buttato lì dove tutti passano, a marcire mentre lo scorrono e lo scavalcano indifferenti. Non è tanto l’indolenza di questi passanti che fa male da vedere, quanto il loro aver dovuto espellere ogni possibile reciprocità dalla vita. Nessuno sta agli altri. Una volta scavalcato, il cane scompare a ognuno di loro, nè mai più ci sarà. Nessuno ritiene di spostarlo, di scansarlo dalla camminata della gente. Arrivano fin lì, girano attorno; e si prosegue. Sarà così domani, così è stato ieri, e oggi e sempre, sotto dittatura. Non per fatica, che alla fatica questi sono intimi, ma per il peso immane di concepirsi assieme. Ci fosse uno, anche uno soltanto che solleva il cane e lo mette a lato, io vi dico che quell’uno sarebbe da abbracciare e da seguire, perchè in lui la vita batte con violenza e con calore. Il terrore della piazza – l’agorafobia – si insinua come malessere profondo nei dittatori. E benché il potere vero del dittatore stia nel sopravvivere più dei suoi schiavi, la piazza deserta deve apparire terribile osservata da una balconata imperiale. Un urlo. Un colpo d’avvertimento. Un colpo mirato. La piazza si alza come una creatura viva; si solleva, vivace e umorale. Nessuno può tramortirla o demoralizzarla a lungo, e sopravviverle. Come si passi ai sassi, quando, nessuno potrebbe dirlo. Ed è un passaggio naturale. Imprevedibile, quando.
Javier Girotto, con Solo, ha cantato «le Dittature»
Ginevra Di Marco, con Madre severa, ha cantato «le Guerre Minori»
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La danza d’a geraldina colotti
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n viaggio in Mozambico in compagnia della scrittrice Paulina Chiziane, portavoce dell’associazione di donne Nafeza, che abbiamo incontrato a Roma in occasione degli Stati generali della Cooperazione. Un viaggio al ritmo del niketche, la danza che le donne macua eseguono «davanti agli occhi del mondo subito dopo l’iniziazione». Paulina, prima donna mozambicana a scrivere un romanzo nel 1990, ha dato il titolo di questa danza d’amore al suo ultimo libro tradotto in Italia dalla casa editrice La nuova Frontiera nel 2006, Niketche, una storia di poligamia. Il romanzo racconta, con molta ironia, la riscossa emotiva e sociale delle mogli di Tony, stufe di azzuffarsi fra loro. In che misura il tema del romanzo corrisponde alla realtà sociale mozambicana?
La storia si basa su un problema reale. In Mozambico, la costituzione stabilisce l’uguaglianza tra uomini e donne e proibisce ufficialmente la poligamia, ma molte donne sono analfabete, non conoscono o non sanno servirsi della legge. La poligamia è anche una piaga sociale ed economica perché contribuisce a diffondere l’aids e fa aumentare il numero degli orfani. Oggi il 12% della popolazione è portatrice del virus dell’Hiv. La percentuale più alta si
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registra però nel sud del paese, le più colpite sono le donne. Il sud è cattolico ma, nonostante anche la chiesa proibisca la poligamia, lì il maschio è signore assoluto e, come racconto nel romanzo, anche la donna si prende le sue rivincite sessuali, la promiscuità senza prevenzione moltiplica i rischi di contagio. In un contesto del genere, la campagna della chiesa cattolica contro il preservativo ha avuto effetti disastrosi, e spostare l’accento sulla questione della fedeltà come sta facendo ora non migliorerà le cose. Invece nel nord islamico del Mozambico, dove la poligamia non è proibita dalla religione, gli indici di diffusione del virus sono più bassi. Come mai?
L’islam si è adattato al contesto mozambicano, tradizionalmente matriarcale. Nel nord, le donne islamizzate hanno un forte potere economico. Quando si sposano, è l’uomo che si trasferisce a casa della donna, è lui che comincia a lavorare per lei, prepara il campo, coltiva e quando la moglie si trova un amante che gradisce di più, lo caccia da casa. Forse, dove la poligamia è più rigida e regolata dalle donne è più facile circoscrivere l’aids? La libertà delle donne, comunque, dovrebbe dare significato a tutte le relazioni umane, non assumere il segno di un’altra oppressione.
«Davanti agli occhi del mondo», viaggio in Mozambico tra letteratura e organizzazioni umanitarie in compagnia della scrittrice Paulina Chiziane
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Ma dove vai in bicicletta, per duemila chilometri Da Ediciclo editore, tre viaggi per viandanti in bicicletta allergici ai percorsi tracciati. Si parte con il volume di Emilio Rigatti, Italia fuorirotta. Nel 2003, per quasi 2.000 km, da solo o insieme al figlio dodicenne, l’autore pedala da Venezia a Reggio Calabria alla scoperta della «Penisola del tesoro»: l’altra Italia dei borghi e dei sentieri dove l’incanto dei silenzi incontra l’imprevisto e l’avventura. E sono corse a perdifiato per sfuggire a un branco di cani, o carte aperte sul pavimento di una pensione dopo che un estraneo ti ha offerto la cena. L’auto serve ad arrivare, la bici ad andare, la tartaruga vince su Achille. Il «viaggiatore che narra diventa pure lui parte della fiaba» e le storie che incontra sulla strada gli paiono persino frammenti «di futuri possibili».
Grizzly, laghetti e foreste boreali nel libro di Sandra Segato Nella terra degli orsi, che racconta 1.600 km di esplorazione a pedali tra Canada e Alaska. Migliaia di chilometri «nelle gambe, negli occhi, nella testa e nell’anima» perché, sul fedele destriero a due ruote c’è tutto il tempo di osservare, pensare e imparare, «tutti i sensi sono catturati dal paesaggio».
ni e lussuosi del paese, ma per le strade aumentano gli orfani senza futuro. Come mai? Vicino a casa mia c’è una bambina di 10 anni, i cui genitori stanno morendo di aids. Io e la madre abbiamo cercato dappertutto cibo e assistenza, ma senza esito. Eppure, ci sono organizzazioni dell’Onu, del dipartimento degli esteri, degli interni, associazioni internazionali umanitarie, ma se le comunità non ne traggono vantaggio, a chi vanno i soldi? Probabilmente a quelle élite che il primo di giugno, giorno della festa internazionale del bambino, distribuiscono una maglietta perché poi tutto resti come prima. Le organizzazioni sociali accentuano sempre più il loro carattere di imprese a scapito dell’intervento sociale. I movimenti di base, gli intellettuali, anziché tacere e stare a guardare dovrebbero mobilitarsi.
Da allora, in Mozambico c’è il multipartitismo, cosa resta del socialismo d’antan?
E ancora, storie di ciclismo equatoriale nel volume di Marco Pastonesi, La corsa più pazza del mondo, con prefazione di Gianni Mura. Il Tour du Faso del 2006 – 108 corridori di 18 squadre, 15 paesi e 3 continenti, 11 tappe in 12 giorni, 1281 km su piste improbabili e nugoli di zanzare - raccontato attraverso brevi storie e ritratti. «A dire la verità, ci sarebbe gente anche più forte di me,
ma non ha la bici – dice Jéremie, che si è preparato al Tour del Burkina Faso macinando chilometri per settimane. Ad accompagnare la più grande manifestazione sportiva del paese, c’è un popolo in movimento: «famiglie su motorini, tribù su camion, villaggi su pullman…». L’occhio del cronista registra le tappe di un ciclismo «altro»: una «grande festa dell’anima», tutt’altra musica dal ciclismo dopato che si vede in Europa… Il volume Il naufragio della Querina, a cura di Paolo Nelli e con prefazione di Claire Judde de Larivière (Nutrimenti), propone invece un viaggio del passato: un viaggio per mare, iniziato nell’aprile del 1431 e raccontato allora da tre sopravvissuti, Pietro Querini, Nicolò Michiele, Cristofalo Fioravante. Querini, veneziano di nobili origini, parte da Creta con la Querina, diretto nelle Fiandre, una rotta commerciale piuttosto rodata allora. Ma i venti contrari decidono altrimenti. La nave si frantuma e dei sessantotto uomini dell’equipaggio ne rimangono solo undici: undici naufraghi che, per nove mesi restano sulle scialuppe in balia delle onde, finché approdano
su un isolotto in Norvegia. Vi resteranno per un altro mese, poi verranno salvati da alcuni pescatori. Un documento storico e un classico racconto di mare che, riscritto in italiano moderno, restituisce al lettore le emozioni di allora. Apre molte porte del viaggio, ma su un altro registro, il poderoso libro con cd rom accluso, Il laboratorio di immagine e scrittura creativa, di Mery Tortolini e Annio Gioacchino Stasi (Ibiskos editrice Risolo). Una ricerca decennale sul pensiero rappresentativo, frutto di una sperimentazione originale fra immagine e scrittura. La storia, le storie, si dipanano e s’intrecciano per rivoli e frontiere, ai confini del romanzo, del teatro o della pittura e invitano il lettore a uno scarto d’intuizione e d’inventiva.
’amore Qual è lo scopo di questo suo viaggio in Italia?
Sono portavoce dell’associazione mozambicana Nafeza, Nucleo delle associazioni femminili della Zambesia, la regione in cui interveniamo. Ci occupiamo di diritti delle donne. Nafesa ha tre grandi finanziatori, il fondo per la popolazione dell’Onu, l’agenzia per lo sviluppo del Canada e un’associazione cristiana svedese che si chiama Diaconia. Con Raffaella Chiodo dell’Arci abbiamo messo in campo un progetto di comunicazione sociale. l’Italia mette a disposizione mezzi tecnici e conoscenze per alcuni giornalisti mozambicani delle radio comunitarie o dei giornali, che lavorano come volontari nelle zone rurali, ma non hanno un’adeguata formazione. Da noi la radio trasmette in 18 lingue nazionali, ma i giornalisti non sanno come fare un archivio dei programmi, come riutilizzarli. Non vogliamo soldi, ma la possibilità di potenziare le nostre risorse umane. Nel 2000, il giornalista Carlos Cardoso è stato ucciso mentre conduceva un’inchiesta sul dirottamento dei fondi internazionali da parte di funzionari corrotti del Frelimo. Qual è la sua opinione?
Non ho elementi specifici, posso solo guardarmi intorno. Nel mio paese, ci sono moltissime organizzazioni umanitarie che si occupano di lotta all’aids. Hanno le macchine migliori, i migliori condizionatori, gli uffici più moder-
La Cooperazione ha anche un volto neocoloniale?
Siamo un paese indipendente, ma quando c’è qualche grande disastro, insieme alla cooperazione internazionale sbarcano anche interessi poco chiari, «salvatori» che impongono una relazione di superiorità. Durante i 16 anni della cosiddetta guerra civile (chiamata così, nonostante i ribelli della Renamo fossero guidati da interessi esterni al paese), abbiamo visto all’opera quel tipo di cooperazione neocoloniale: c’era chi vendeva armi alla Renamo e cibo al Fronte di liberazione mozambicano, e chi forniva armi al Frelimo e cibo alla Renamo. Come valuta il ruolo dell’Italia?
Durante la lotta di liberazione dal Portogallo, che si è conclusa con la vittoria del Frelimo nel 1975, c’è stato un grande movimento di solidarietà. E l’Italia ha avuto poi un importante ruolo di mediazione anche per far cessare la guerra civile. Molti mozambicani non sanno niente dell’Italia, ma sanno che Roma è la città dove, nel ’92, abbiamo firmato una pace che dura ancora.
Io non ho avuto una militanza politica, ma resto affezionata a una certa idea di socialismo. Quando, nel ’75, sono andata a Cuba, sono rimasta molto colpita dal fatto che per le strade non ci fossero persone che chiedevano l’elemosina e so che è ancora così. Da noi, il progetto socialista è entrato in crisi con l’intensificazione della guerra civile, che ha distrutto tutto: istituzioni, vite, infrastrutture. Dopo l’accordo di pace bisognava tornare alla normalità e così non si parlava più di socialismo. Al suo posto, subentrò un capitalismo selvaggio, la nostra società diventò più violenta. Noi stessi ci siamo persi, non abbiamo più capito chi eravamo e dove stavamo andando. Molti medici e paramedici scelsero le cliniche private, anzi arrivarono ad aprirle all’interno degli ospedali pubblici. Un malato mozambicano povero che si rivolgeva alla struttura pubblica moriva perché nessuno lo curava. L’attuale governo ha chiuso tutte le cliniche private che lavoravano negli ospedali pubblici. Ha intensificato i controlli sugli orari del personale medico e paramedico per evitare che timbrino il cartellino e poi vadano a lavorare nel privato. Oggi qualunque cittadino mozambicano ha diritto a un medico e a un infermiere in un ospedale pubblico, sono elementi di base di un sogno socialista che forse anche da noi è ancora vivo.
Il viaggio di Carla, invece, comincia in un mese qualsiasi del 1997: «un giorno come un altro nella memoria di molti», ma non per lei… Quel giorno, Carla
prende il treno che la porta lontano dal suo ragazzo, un tossico che sta morendo di aids. Parte per onorare una promessa…Carla è la protagonista di Camden Town, romanzo d’esordio della giornalista Diana Letizia, edito da Round Robin. Un romanzo introspettivo, che racconta un viaggio iniziatico verso un presente incerto e mette al centro la solidarietà femminile. Il ricavato, andrà a uno dei paesi più poveri del pianeta, il Malawi, attraverso la onlus www.lineamissione.com E per finire, Oltre le parole, il primo romanzo di Luca Giachi, edito dalla nuova casa editrice Hacca. Giachi racconta il viaggio di due giovani in una Roma sudaticcia e senza prospettive. Tutto prende avvio da un episodio surreale: una cinquecento gialla – anno di fabbrica 1977 - piomba dal cielo davanti a una ragazza e a un obiettore che svolge il servizio civile presso la Polizia municipale. Dentro l’auto accartocciata, alcune lettere adolescenziali riportano in scena sentimenti forti di trent’anni prima e tessono la trama di un romanzo avvincente e ben costruito. (ge. co.)
governo, il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale. Da noi, la legge di riforma agraria, approvata nel 2000, dice che la terra è dello stato, ma intanto arrivano le multinazionali. La gente è tranquilla perché pensa che la terra sia dello stato, poi un giorno si sveglia e scopre che c’è una multinazionale cinese che ha comprato tutto per mettere un’industria agroalimentare su quella terra. È un problema che si va estendendo solo ora. La legge sull’ambiente regolamenta il taglio degli alberi, eppure, senza nessuna logica arrivano imprese cinesi e tagliano tutto senza criterio, senza che si sappia niente, senza compenso per le popolazioni. Non si sa neanche quale impresa sia venuta lì: vengono, tagliano e se ne vanno. E per la pesca è lo stesso: spuntano imprese pirate, devastano e nessuno le può perseguire. Adesso, sorgeranno altri problemi legati alla costruzione del ponte sullo Zambesi. L’arrivo dei cantieri e degli operai che vengono da fuori, produrrà l’aumento di scambi sessuali e la diffusione dell’aids. Bisognerà intensificare il lavoro di prevenzione.
Le cifre rivelano però una realtà allarmante: meno della metà della popolazione ha accesso ai servizi sanitari di base, 2 bambini su 5 soffrono di malnutrizione, e sono gli organismi internazionali come l’Unesco a portare avanti l’alfabetizzazione in Mozambico.
A volte le strutture ci sono, ma manca il personale qualificato per farle funzionare. Non sono un’economista, mi limito a osservare, e come tutti ho l’impressione di avere un governo sopra il
l’andante •
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