Storia di una danza, di Gabriella Sanapo

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Storia di una danza di Gabriella Sanapo

Illustrazione di copertina di Vincenzo Sanapo


La storia che sto per raccontarvi, cari bambini, è una storia di quelle che non si sentono tutti i giorni. Siete comodi? Bene... iniziamo. C'era una volta, una giovane e... Come dite, bambini? Ma no, non fate quelle smorfie! Non c'è nessuna giovane e bella principessa in questa storia. Lo so, lo so.. .Voi di storie ne conoscete tante e quasi tutte iniziano con la solita formula! Ma ve l'ho detto, stavolta è speciale. Allora... ricominciamo. C'era una volta una giovane e leggiadra ape che si chiamava... Mauro! Sì bambini, ho detto proprio Mauro! Basta interrompere, su! Ho una certa età ormai, perdo il filo facilmente. Dicevamo... Mauro era un ape maschio, un fuco, ed era proprio un gran curiosone! Gli piaceva tanto volare, di qua e di là, sentire il vento attraversargli i peletti, scoprire tante cose nuove e vedere sempre dei posti diversi. Immaginate quanto possa essere lunga una giornata per un fuco! Volano così velocemente da essere quasi invisibili. Bzz bzz bzzzz! Ronzando ronzando, macinano chilometri e chilometri in pochissimo tempo. Se voli così velocemente, sono tanti i posti che puoi vedere, e Mauro ne aveva visti davvero tantissimi! Anzi...era anche un po' annoiato, perché credeva di conoscerli tutti. Un po' come voi, che conoscete tante storie e credevate di conoscere anche questa! Quello che ancora non vi ho detto è che Mauro era nato in un posto meraviglioso della Terra, il Salento. Un posto alla fine di tutto. Un posto piccolino per noi, che ci crediamo grandi ma troppo spesso riusciamo ad essere solo alti e grossi. Per un fuco invece, che non è né alto né grosso, un posto apparentemente piccolino può diventare immenso. Nei giorni di primavera, al primo tepore, Mauro usciva dal suo alveare, andando alla ricerca di nuove avventure. Lungo la strada incontrava tutti i suoi amici fiori: "Bzz bzzz! Buongiorno signor Papavero! Hai tutti i petali stropicciati!" diceva divertito. "Buongiorno gran burlone! - rispondeva il fiore dalla chioma infuocata - Non preoccuparti, il vento mi darà una bella pettinata!"; e ancora: "Bzzz bzzz! Buongiorno signora Camomilla! Devo scappare, ma passerò presto a trovarti" - "Sempre di fretta! - esclamava la signora Camomilla odorosa - Dovresti rilassarti un po'!" - e così con ogni fiore o insetto che incontrava. Bisogna dire che Mauro, anche se era un po' birichino, sapeva farsi amare da tutti. Sì...proprio da tutti, e presto si sarebbe fatto amare anche da lei. Ma no, bambini! Ancora?! Non c'è nessuna principessa, ve lo prometto! Ora vi dirò cosa successe.


Fu un bel giorno di vento e Mauro, come al solito, uscì con l'intenzione di bighellonare con i suoi amici fiori e gli altri insetti. Decise di spingersi fino al mare, perché lungo le coste rocciose era facile trovare delle collinette popolate da erbe aromatiche e da tanti fiori odorosi e colorati. Anche quella volta il fuco, un po' presuntuoso, pensò che sì, era tutto bello, ma in fondo già visto e rivisto! Fino a che il suo straordinario istinto scovò nella macchia una strana, fluttuante creatura. Si avvicinò pian piano, credette di vedere delle ali, un po' bianche e anche verdi... "Che stranezza" pensò. Quando fu abbastanza vicino, notò che ce n'erano altre di creature simili, tutte impegnate nella stessa danza, però nessuna di loro era bella quanto lei! Mauro si fece coraggio e le rivolse la parola per primo, dicendo: "Come sei bella... ma che colori strani hai! Non avevo mai visto prima una farfalla come te. E come voli leggera... sei proprio brava! Io me ne intendo di volo, sai?" la creatura provò a fingere timidezza, in realtà era consapevole del suo fascino e poi le piaceva dire sempre quello che pensava, senza indugi! Rispose: "Sei molto gentile, ma io non sono una farfalla, non so volare. Sono un fiore e danzo nel vento. Sono un'orchidea spontanea, o almeno è così che mi chiamano i bipedi. A me farebbe piacere se mi chiamassi Ophrys". Il fuco, ancora un po' stordito, quasi balbettò: "bz-zz bz-zz mo-molto piacere Ophrys. Io sono un fuco, ma tu puoi chiamarmi Mauro". Quel giorno l'ape scoprì che, proprio quando credi di conoscerlo, il Salento ti sorprende. Rimasero tutto il giorno a parlare anche se, per la verità, l'unico a parlare era Mauro, Ophrys era un fiore misterioso e affascinante, di poche parole, quelle necessarie. Mauro le raccontò del suo alveare, delle sue compagne operaie, abili lavoratrici e a suo avviso anche un poco severe, poiché spesso gli rimproveravano di stare troppo tempo fuori a trastullarsi. Ma lui si giustificava dicendo che la sua non era una perdita di tempo, che fare amicizia con tanti fiori era importante per trovare gustoso nettare e farne del miele di alta qualità. Così le raccontò dei suoi amici papaveri e della camomilla, della salvia e del timo, del finocchietto selvatico e del tarassaco. Ophrys rimase affascinata dalle sue storie, ma anche lei ebbe qualcosa da raccontare. La sua famiglia era altrettanto numerosa, aveva decine e decine di cugine, fiori della sua stessa specie. Ogni giorno, da lassù, poteva vedere il mare e qualche volta capitava che i bipedi risalissero la collina per ammirare la sua bellezza. Parlarono per molte ore e non si resero conto del tempo che passava. Il sole invase la seconda metà del cielo e Mauro salutò Ophrys: "Devo andare, la giornata è ancora lunga e vorrei tanto rimanere qui, ma al mio alveare hanno bisogno di me. Mi aspetta una bella ramanzina da parte della mia regina! Tornerò domani mattina a trovarti...promettimi che ci sarai" "Ci sarò - disse Ophrys - e tu portami atre storie, ti prego. Insieme a te mi sembra di vivere mille volte" e, mentre parlò, i suoi petali divennero un po' rosa per l'imbarazzo. Mauro ebbe il batticuore


sentendo quelle parole, gli si rizzarono tutti i peli del dorso! "Tornerò" le rispose, e si lasciarono con questa solenne promessa. Ophrys, ancora emozionata, guardò Mauro allontanarsi in volo, ma dopo qualche minuto la distrasse un rumore che le era familiare. TAP TAP "Sono passi di bipede" disse alle sue cugine, "sfoggiate tutta la vostra bellezza, ragazze! A loro non interessa che questo". Così fecero e Ophrys era davvero bellissima alla luce del sole calante. Ma ahimè, la sua bellezza quel giorno le fu fatale. I "bipedi" erano due ragazzi innamorati, arrivati fin sulla collinetta per godere del panorama. Si sedettero nell'erba accanto a Ophrys e le altre, teneramente abbracciati. Tuttavia quella calma apparente ebbe presto fine: il ragazzo allungò la mano e...strap! Colse un fiore per la sua amata. Sì miei cari bambini...era proprio lei, la più bella. L'intenzione del ragazzo non fu cattiva, badate bene. Lui non si rese conto di aver strappato alla terra un fiore più unico che raro, dunque prezioso. Ophrys provò, con le ultime forze rimaste a chiamare il suo Mauro, a chiedergli aiuto, ma lui era già troppo lontano per poterla sentire... Il sole svanì all'orizzonte e quella fu una notte più fredda del solito. Il giorno seguente Mauro si svegliò molto presto e uscì dall'alveare che ancora era buio. Non aveva chiuso occhio, era troppo impaziente di rivedere Ophrys! Tutto l'alveare aveva notato la sua inquietudine, erano abituati a vederlo distratto ed eccitato, ma non lo avevano mai visto così coinvolto e pensieroso. I suoi movimenti non passarono inosservati e la regina ordinò alle operaie di seguire Mauro e scoprire dove andasse così presto. Volò più veloce del solito e raggiunse la collinetta in un battibaleno. Quando arrivò e non vide Ophrys, il colpo fu troppo duro. Gli aveva promesso che sarebbe rimasta lì ad aspettarlo e invece non c'era! La cercò in lungo e in largo ma non la trovò, poi finalmente si decise a chiedere alle sue cugine dove fosse andata, ma stranamente nessuno gli rispose. Successe una cosa insolita quella notte. Le cugine di Ophrys piansero tanto per averla persa e il vento freddo gelò le loro lacrime. Mauro tornò lucido per un momento e si accorse che neanche loro danzavano più...erano diventate tanti piccoli scrigni di ghiaccio, immobili. Proprio in quell'istante arrivò l'intero sciame d'api del suo alveare. Le sue compagne si ritrovarono di fronte a un mare di petali e cristalli, tanto lucidi da potersi specchiare, però non riconobbero la loro immagine, poiché non avevano mai visto uno specchio prima di allora! Videro solo tante piccole creature che gli somigliavano: stessi colori, stessi peletti, stesse antenne. "Saranno colleghe di un altro alveare" pensarono. Si avvicinarono per vederle meglio... si


avvicinarono ancora e ancora... forse un po’ troppo! Si posarono sui cristalli e ahimè, le loro zampette rimasero attaccate al ghiaccio. "Mauro! Mauro, aiutaci!" urlarono, ma Mauro era troppo triste e debole per fare qualcosa. Ebbe solo la forza di bisbigliare poche parole: "Lasciate fare a madre natura disse - lei ha sempre ragione. Qualcuno si è creduto più saggio di lei, strappando alla terra un fiore così raro e ora la mia preziosa Ophrys non c'è più. Il mio amore è così forte che basterà a sé stesso, ma l'amore per la natura non funziona così. Dev'essere coltivato, altrimenti inaridisce. Abbiate cura di loro come avrei fatto io". Mauro volò via con le prime luci del sole e non fece più ritorno. Il calore del giorno sciolse la brina e con essa anche le lacrime delle orchidee. Le api furono finalmente libere, ma non vollero più abbandonare i loro fiori. Erano così graziosi! Rimasero lì a proteggerli, proprio come gli aveva insegnato il loro amico. Vissero fra i loro petali divenendo tutt'uno con essi, come ad assumere il ruolo di eterne custodi di un raro tesoro. Ancora oggi, cari bambini, tanti fuchi come Mauro si lasciano incantare dalla danza nel vento di questi fiori incantevoli, che noi "bipedi" conosciamo con il nome di Ophrys apifera.


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