«Disciplinari perfetti? Vota Rossetti»
Anno 12 - N° 127 MARZO 2018
Colpo di scena al novantaduesimo minuto! L’Oltrepò Pavese della vite e del vino ha scelto di cambiare e di votare, unito, la riforma dei disciplinari proposta dal Consorzio. Meno vigneti in pianura, minori rese IGT, blindatura in zona per Pinot nero e Sangue di Giuda Doc, stop al vino Doc in damigiana e tante altre ...
20.000 copie in Oltrepò Pavese
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Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - 70% - LO/PV
Voghera: «Mi sarebbe dispiaciuto lasciare in un clima di incertezza l’Ascom»
CASTEGGIO «Candidarmi a sindaco? Sto bene all’opposizione»
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BRESSANA BOTTARONE Sportello Migranti: «Disponibili anche per i comuni limitrofi» «Non solo interventi economici, ma attivazione di percorsi mirati alla soluzione del problema e uno sportello arcobaleno per difendere il diritto... pagina 51
CASTELLETTO DI BRANDUZZO «Un motodromo è meglio di una discarica» Si prevede un’annata di grandi lavori nel comune di Castelletto di Branduzzo. La Giunta ha infatti chiesto e ottenuto dal Ministero dell’Economia... pagina 38 e 39
GODIASCO SALICE TERME
Importanti decisioni sono state prese in quel di Godiasco - Salice Terme, nell’ordine: cambiare le lampadine bruciate, potare gli alberi...
Varzi: «Io sindaco? è presto ma sarebbe un onore»
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PONTE NIZZA «Polemizzare sul bando aree interne è inutile e fuori luogo» Quando si parla di Aree Interne, il bando nazionale per finanziare luoghi svantaggiati, il sindaco di Ponte Nizza Tino Pernigotti non canta nel... pagina 45
BRALLO DI PREGOLA «Noi puntiamo tutto sul turismo» Un paese che vorrebbe tornare agli splendori degli anni 80 e per farlo intende puntare tutto sul turismo estivo. Brallo di Pregola... pagina 47
Mancano ancora dodici mesi al rinnovo del consiglio comunale di Varzi, ma quello di Giovanni Palli è uno dei nomi che girano per la successione a Gianfranco Alberti. Lui nicchia, anche se ammette che il ruolo di sindaco lo renderebbe “orgoglioso”, ma il consigliere di maggioranza... pagina 46
lonta aggiunge dunque questa nuova carica a quella di consigliere comunale (nelle fila di Forza Italia) e di consigliere alla Camera di Commercio di Pavia. Il suo nome era stato accostato ai vertici di Ascom fin dal 2011... pagine 27
«L’Oltrepò è terra di passaggio, non una destinazione turistica»
news
oltre
Il sindaco dichiara guerra agli... uccelli
Maria Cristina Palonta, 53 anni, è la nuova presidente di Ascom Voghera, l’associazione che riunisce oltre quattrocento commercianti della città iriense e della Valle Staffora. Titolare di uno storico negozio di calzature sito in Piazza Duomo, Pa-
Su tutti i giornali sportivi durante la settimana i giornalisti si sbizzarriscono nel pronosticare le formazioni o la percentuale di chi ha più probabilità o meno di giocare la partita della domenica, partita che disputano le varie squadre dei vari campionati. Arriva poi il momento in cui, circa un’ora prima del fischio d’inizio partita, l’allenatore deve fare le sue scelte e compilare la distinta con gli undici che andranno in campo, distinta che viene consegnata alla terna arbitrale. Quelli indicati dall’allenatore sono i calciatori che da lì a poco andranno in campo cercando di ottenere il miglior risultato possibile e sui quali i tifosi riversano le loro aspettative di vittoria. Così anche nella politica! La fase di allenamento, per i politici oltrepadani significa: cene, incontri più o meno riservati, aperitivi con i referenti di turno... pagina 3
il Periodico
Giuliana La Cognata classe 1968, storica commerciante di Casteggio, è stata eletta nel 2014 consigliere di minoranza nel suo comune...
OLTREPò PAVESE ELEZIONI I “TROMBATI” ED I “TROMBANTI”
Non si fa che parlare della necessità zione è Simone Scarani, direttore di valorizzare il territorio, di trova- dell’associazione nonché proprietare metodi e canali di comunicazione rio dell’Hotel Italia di Stradella. pagina 60 per raggiungere i turisti di tutto il mondo, per trasformare l’Oltrepò in una destinazione di vacanza. Eppure, a ben guardare, ciò che sta a sud della provincia di Pavia non solo riveste un ruolo marginale nell’economia turistica della zona, ma non ha nemmeno più un’Associazione Albergatori Oltrepò, che sebbene continui a esistere nominalmente, da qualche tempo ha smesso di operare, sconfortata dalla poca partecipazione degli stessi albergatori. A dipingerci un quadro più completo della situa-
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OLTREPò PAVESE - ELEZIONI I “TROMBATI” ED I “TROMBANTI” Su tutti i giornali sportivi durante la settimana i giornalisti si sbizzarriscono nel pronosticare le formazioni o la percentuale di chi ha più probabilità o meno di giocare la partita della domenica, partita che disputano le varie squadre dei vari campionati. Arriva poi il momento in cui, circa un’ora prima del fischio d’inizio partita, l’allenatore deve fare le sue scelte e compilare la distinta con gli undici che andranno in campo, distinta che viene consegnata alla terna arbitrale. Quelli indicati dall’allenatore sono i calciatori che da lì a poco andranno in campo cercando di ottenere il miglior risultato possibile e sui quali i tifosi riversano le loro aspettative di vittoria. Così anche nella politica! La fase di allenamento, per i politici oltrepadani significa: cene, incontri più o meno riservati, aperitivi con i referenti di turno, viaggi a Pavia dei vari capataz provinciali, viaggi a Milano dai boss politici... Il tutto per ottenere la candidatura. L’iter che va in scena si ripete da sempre e così è stato anche per questa tornata elettorale, per coloro che aspiravano ad un posto come candidato regionale o alle politiche. Il sogno è o era di sedere su uno scranno come consigliere regionale o come onorevole o senatore della Repubblica. Sogno che era entrato non nell’anticamera, come si suol dire, ma proprio nel cervello di molti politici, o considerati tali, oltrepadani. Un mese fa i vari allenatori dei partiti politici hanno depositato la distinta di chi giocherà, perché anche nei partiti, così come nelle squadre di calcio, a un certo punto c’è qualcuno che deve decidere chi entra in campo e chi sta in panchina, in parole povere chi è “trombato” e chi è “trombante”. Nelle settimane successive, le scelte degli allenatori politici sono state contestate. I “trombati”, seppur non tutti, e seppur con modi diversi, hanno espresso il loro disappunto per non essere stati scelti come titolari, in questo caso come candidati per contribuire alla vittoria della loro squadrapartito. C’è chi la cosa l’ha presa con filosofia, forte del detto “c’est la vie!” (così è la vita), c’è chi l’ha presa con amarezza macerandosi sul “con tutto quello che ho fatto io per il partito non meritavo di essere escluso”, c’è chi l’ha presa male al limite dell’isteria e nei giorni successivi così come fanno i bambini, quando gli si nega un gioco, si sono messi a pestare i piedi e a piangere, e qualcuno, così come fanno i calciatori lasciati a “marcire” troppe volte in panchina o in tribuna, ha ventilato l’idea di cambiare squadra-partito. Ai bambini si perdonano i capricci, son bambini... e anche la richiesta da parte di un calciatore di cambiare squadra è quasi sempre accettata, perché di bandiere nel calcio non ne esistono più. In politica però il pestare i piedi e il
frignare ed il voler cambiare squadra-partito è meno capibile: se uno è iscritto ad un partito, e ha sempre parteggiato per quel partito e quindi crede negli uomini e nelle idee di quello stesso partito, se non viene scelto… una volta che è “trombato”…. fa il diavolo a quattro. Lo fa più o meno in separata sede o più meno in pubblico o inizia a dire che il partito ha sbagliato o che l’allenatore non capisce niente e che sta valutando di cambiare partito. Beh… vorrebbe dire cambiare la propria ideologia, la propria fede politica o una parte di essa, diciamo che chi fa così è un saltimbanco della politica nel senso letterale del termine, cioè che salta proprio da un banco di un partito all’altro nella speranza, un giorno, di essere candidato e di riuscire a strappare il biglietto di sola andata per un seggio o per un consiglio regionale o per il senato o per il parlamento a Roma. Alle prossime elezioni, agli oltrepadani, dei trombati non importerà nulla, i trombati non giocano. Agli oltrepadani ora interesserà capire cosa promettono i trombanti, insomma coloro che sono in lista. Sarà il risultato delle urne a dire a quali promesse, ops scusate… programmi enunciati dai vari candidati in lizza gli oltrepadani hanno dimostrato di credere. I candidati facenti parte della “pattuglia Oltrepò” sono abbastanza numerosi sia
per le regionali sia per le politiche, se ne venisse eletto qualcuno sarebbe... forse... un’ottima cosa per la nostra terra. Gli ultimi politici oltrepadani eletti sono stati Giancarlo Abelli, Paolo Affronti e Luigi Fabbri, quindi se venisse eletto qualcuno dei “nostri”, di qualunque partito esso sia, sarebbe già qualche cosa. Ora c’è la ragionevole certezza che almeno uno/a oltrepadano/a sia eletto/a ad uno scranno romano, c’è anche la fondata speranza che qualche altro venga eletto per il consiglio regionale. Il 4 marzo si vota, è il momento della scelta! Tutti i candidati in cuor loro hanno la speranza di essere eletti, speranza umanamente capibile, uno mica partecipa ad una competizione, anche politica, se non è convinto di avere le idee, i numeri ed il consenso necessario per essere eletto. La speranza è l’ultima a morire! Detto nel caso specifico, calzante! Io non so cosa sceglieranno gli elettori oltrepadani, spero solo che chi sarà eletto non ripeta, per i prossimi 4 o 5 anni, le solite trite e ritrite frasi: “dobbiamo fare squadra per il rilancio dell’Oltrepò”, “dobbiamo batterci per costruire il ponte della Becca e sistemare gli altri ponti”, “dobbiamo essere tutti uniti per il rilancio del vino oltrepadano”, “dobbiamo fare un tavolo di regia per sistemare le strade”, “dobbiamo fare un tavolo rotondo per le frane”, “dob-
biamo fare un tavolo quadrato per la pulizia dei fossi e torrenti”… Spero che gli eletti la smettano di dire queste frasi vuote, perchè sono frasi un po’... come “vogliamo la pace nel mondo”. Belle, giuste, sacrosante, per carità, ma “datti da fare e fallo”. Spero che chi sarà eletto invece di dar aria alla bocca o perder tempo in proteste, istanze e interrogazioni porti dei risultati concreti, e solo quando ci sarà un risultato certo, concreto e non possibile, lo annunci e dica “questo è quanto ho fatto io concretamente”, e siamo certi che in quel momento gli oltrepadani gliene saranno grati e riconosceranno il valore di quanto ha fatto il politico di turno. In caso contrario diranno “i disan sempar i solit rob e po i fan mai nient” (dicono sempre le solite cose e non fanno mai niente). Cari “trombanti”, nel caso in cui verrete eletti vi faccio un in bocca al lupo. Nei prossimi cinque anni evitate di dire sempre le solite cose e portate almeno un risultato vero, così che l’Oltrepò possa rivolgervi un Grazie. Ai “trombati”, dico: fatevene una ragione, siate uomini e non bambini, vedrete che un posto in qualche consiglio di un ente statale-parastatale o cosa similare, ve lo daranno come contentino. Non piangete, non disperate... di Antonio La Trippa
I CANDIDATI OLTREPADANI AL CONSIGLIO REGIONALE DELLA LOMBARDIA
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«Riorganizzare, in sanità, non significa tagliare ma verificare» Giovanni Belloni pavese di nascita, ma oltrepadano d’adozione, ha svolto la sua attività di medico oltre che al Policlinico San Matteo e a Mortara, anche a Stradella dove è stato Primario del reparto di medicina interna. è stato per un lungo periodo presidente dell’ordine dei medici di Pavia e della Federazione degli Ordini dei Medici della Lombardia, attualmente svolge la sua attività professionale presso l’Hospice Vescovera. Candidato della lista civica a sostegno della presidenza di Giorgio Gori. Nel caso venisse eletto il problema salute e il problema assistenza medica è particolarmente sentito e anche di attualità in Oltrepò. Che si chiamino tagli, che sichiamino ottimizzazioni si stanno riducendo le guardie mediche e l’Oltrepò con i suoi presidi di Voghera, Stradella, Varzi e Broni è in bilico tra speranze di potenziamento, tagli e carenze di personale. Quale sarà concretamente il suo impegno in Regione per migliorare la situazione? «La continuità assistenziale deve essere garantita con sicurezza e appropriatezza della prestazioni. Le guardie mediche non dovranno essere ridotte. Gli ospedali risponderanno per gli interventi nella fase acuta della patologia e le strutture intermedie consentiranno di accudire il paziente al meglio sino alla dimissione. Il medico di famiglia sarà il garante organizzativo dei percorsi socio-sanitari. Riorganizzare, in sanità, non significa tagliare ma verificare che la domanda dei bisogni sia garantita da un numero adeguato di operatori». Il pericolo inceneritore di Retorbido sembra ormai quasi scongiurato, molti sono i siti di rifiuti speciali in Oltrepò che da un recente controllo risultano per la stragrande maggioranza non in regola. L’Oltrepò è anche uno dei fanalini di coda nella raccoltadifferenziata che alcuni Comuni stanno cercando di attuare tra mille difficoltà e proteste. Qual è il suo impegno per i siti rifiuti speciali e qual è la sua soluzione concretamente per migliorare ed ottimizzare la raccolta differenziata? «La vicenda Retorbido dimostra come, se un territorio reagisce compatto, sia possibile intervenire dando risposte concrete alle preoccupazioni dei cittadini. Per quanto riguarda il problema dei rifiuti sarà ne-
cessario rafforzare i controlli, che sono di competenza di Arpa. In questi anni gli uffici dell’agenzia di protezione per l’ambiente sono stati depotenziati, sarà quindi necessario riportarli in una condizione di lavoro tale da poter garantire attività di prevenzione e di pronto intervento. Poi ci vuole una cabina di regia che coinvolga l’Azienda di tutela della salute e le forze dell’ordine per poter prevenire ed evitare fenomeni come questo. Serve un piano di smaltimento dei rifiuti, in particolare quelli plastici, che sia coordinato dalla Regione. Serve un patto tra amministrazione pubblica e cittadini che consenta uno sgravio fiscale significativo laddove si adottino le misure ecologicamente più virtuose». Sempre più spesso in Oltrepò ci sono emergenze dovute ai “capricci” climatici. I sindaci oltrepadani sempre più a corto di risorse dopo ogni frana, temporale di forte intensità, e dopo ogni grande freddo invocano lo stato di emergenza. Alcuni dicono che emergenza non è ma mancanza di prevenzione. Quale sarà il suo impegno su questo tema? Cercare di inviare ulteriori risorse per affrontare le emergenze o inviare risorse solo nel caso in cui i sindaci reinvestano in prevenzione? «La lotta ai cambiamenti climatici e la tutela del territorio devono diventare non solo delle priorità settoriali ma una chiave di lettura locale per sostanziare una strategia di sviluppo sostenibile. Bisognerà essere al fianco degli enti locali nel contribuire a preparare e finanziare piani di adattamento ai cambiamenti climatici. Non possiamo permetterci un atteggiamento attendista su temi di cruciale importanza come il contrasto ai cambiamenti climatici ed il dissesto idrogeologico. I rischi che corriamo sono troppo grandi e non ha alcun senso pensare che basterà limitarsi a saper tamponare alcune emergenze al momento opportuno. Incrementare le risorse per la prevenzione sul dissesto idrogeologico, sostenute da un piano di coordinamento tra Regione e Enti Locali». L’agricoltura è una delle risorse principali dell’Oltrepò e la viticoltura la punta di diamante. Semplificando il concetto espresso dall’Assessore regionale Fava, di soldi in Oltrepò ne sono arrivati mol-
Giovanni Belloni ti e purtroppo in futuro ne arriveranno sempre meno causa un’eccessiva litigiosità tra i vari soggetti agricoli e vitivinicoli oltrepadani in campo. Qual è la sua strategia per far sì che l’Oltrepò sia meno litigioso alla luce del fatto che comunque ad oggi ogni confronto, ogni tavolo organizzato e ogni cabina di regia è fallita? Quale può essere il suo impegno per promuovere la sua terra? «In Oltrepò si produce più del 60% del vino lombardo, eppure solo il 33% finisce in bottiglia, il resto viene svenduto sfuso. Bisogna fare un salto di qualità. Fare squadra, puntare decisamente sulla qualità e tenere insieme vino, paesaggio e cultura. Bisogna puntare in alto e lavorare sul brand Oltrepò. Litigare non ha giovato al nostro sistema vitivinicolo. È necessario, con buona volontà, sedersi intorno al tavolo superando quei localismi che non hanno portato buoni risultati. Sono convinto che andando in Regione con proposte condivise sarà sicuramente più semplice reperire le risorse per raggiungere i migliori obiettivi». Turismo: Salice Terme era e purtroppo non lo è più, la capitale turistica dell’Oltrepò. Le Terme di Salice erano il polo attrattivo per attirare una grande parte di turisti, mal’Oltrepò è anche altro: castelli, borghi, enogastronomia, percorsi guidati… Soldi dalla regione e da altri entri ne sono arrivati molti e una parte sembrano essere a detta di molti, inve-
stiti in modo discutibile, un esempio su tutti i sentieri della Comunità Montana, un enorme numero di sentieri realizzati come si suol dire alla meno peggio. Qual è la sua idea di turismo in Oltrepò e secondo lei cosa manca in Oltrepò? «Innanzitutto bisogna contrastare il fenomeno del turismo “mordi e fuggi”, organizzare, integrare e comunicare l’offerta esperienziale. È necessario sviluppare delle competenze specifiche per migliorare l’accoglienza, rispetto al quale il nostro territorio non risulta più competitivo. L’approccio tradizionale al sistema turismo non regge più e lo dimostrano non solo i dati sconfortanti della nostra zona ma di anche altre zone del territorio lombardo. La soluzione è giocare di anticipo realizzando un sistema che tenga presente le diversità territoriali valorizzandone la straordinaria potenzialità. Le risorse disponibili non possono più essere messe a disposizione di un progetto che non tenga conto di un’idea più complessiva di approccio all’attrattività turistica locale. Senza dimenticarsi dell’enogastronomia, settore nel quale non siamo secondi a nessuno. Già questo mi sembra un punto di partenza». La parte alta dell’Oltrepò si sta spopolando sempre di più. La parte bassa invece ha problemi di lavoro e molto spesso quando c’è, lo stesso presenta delle problematiche a livello di condizioni e di retribuzione economica. Sono poche le aziende chefunzionano, molte in difficoltà, altre chiudono. Cosa fare contro lo spopolamento dell’alto Oltrepò e cosa fare per aiutare le aziende presenti sul territorio? «Purtroppo non solo la parte alta dell’Oltrepò si sta spopolando, il problema si estende a tutti i territori montani lombardi che rappresentano il 40% della regione Lombarda. Le risorse regionali assegnate al territorio montano nel corso degli ultimi anni sono state notevolmente ridotte e spesso utilizzate a sostegno di iniziative frammentarie. Anche in questo caso si tratta di percorrere un tragitto di condivisione di progettialità. La competenza e le conoscenze dei nostri amministratori non mancano. Fare rete attraverso una puntuale ricognizione del bisogno, non facendo mancare l’ascolto dei bisogni. Integrare tradizione e sviluppo».
I CANDIDATI OLTREPADANI AL CONSIGLIO REGIONALE DELLA LOMBARDIA
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«La raccolta differenziata è un traguardo da raggiungere ad ogni costo» Veronica Bianco, classe 1996, studentessa vogherese di Ingegneria Civile Ambientale all’Università di Pavia. Da sempre impegnata politicamente, tesserata ANPI, Legambiente e ARCI. Candidata di “Liberi Uguali” sostiema Onorio Rosati alla presidenza della Regione. Nel caso venisse eletta il problema salute e il problema assistenza medica è particolarmente sentito e anche di attualità in Oltrepò. Che si chiamino tagli, che sichiamino ottimizzazioni si stanno riducendo le guardie mediche e l’Oltrepò con i suoi presidi di Voghera, Stradella, Varzi e Broni è in bilico tra speranze di potenziamento, tagli e carenze di personale. Quale sarà concretamente il suo impegno in Regione per migliorare la situazione? «Negli ultimi anni il lavoro di politici e tecnici non ha avuto molte ricadute positive sul territorio. Oggi la situazione si è aggravata ulteriormente, perché lo Stato e le Regioni, con la scusa delle ottimizzazioni e del risparmio sono andati a toccare un argomento molto sensibile come quello del Presidio Sanitario, la cui sola presenza sul territorio tranquillizza la popolazione. Io sono molto favorevole a mantenere e rafforzare la qualità professionale dei Presìdi medici esistenti perché sono utilissimi per la popolazione locale. A parte le Urgenze che devono essere trattate “subito”, noi dobbiamo garantire alle persone che vivono lontane dal grande Ospedale la certezza che il dottore è presente sul territorio. Questo vale per tutti, ma soprattutto per i più indifesi come gli anziani. Fra le mie proposte ci sarebbe l’istituzione di un servizio di elisoccorso posteggiato nelle zone più montagnose. La qualità della vita comincia dalla salvaguardia della vita stessa». Il pericolo inceneritore di Retorbido sembra ormai quasi scongiurato, molti sono i siti di rifiuti speciali in Oltrepò che da un recente controllo risultano per la stragrande maggioranza non in regola. L’Oltrepò è anche uno dei fanalini di coda nella raccoltadifferenziata che alcuni Comuni stanno cercando di attuare tra mille difficoltà e proteste. Qual è il suo impegno per i siti rifiuti speciali e qual è la sua soluzione concretamente per migliorare ed ottimizzare la raccolta differenziata? «La raccolta differenziata è un traguardo da raggiungere ad ogni costo. Certamente è difficile modificare le abitudini dei Cittadini ma questo deve essere l’impegno dei Sindaci. Poiché la raccolta differenziata rientra negli obiettivi Nazionali e Regionali, proporrò di chiedere risorse aggiuntive per dotarsi delle attrezzature più adeguate per la riuscita del progetto. Il discorso rifiuti speciali è complesso, perché dentro questa categoria ci sta di tutto. Andrebbe affrontato caso per caso. Inoltre bisognerebbe commissionare una corretta indagine sugli inceneritori e sui termovalorizzatori. È una tematica complessa, purtroppo sottoposta a troppi scontri politici ed a troppe speculazioni tra presunti tecnici. Il mio impegno, visto che voglio laurearmi in ingegneria ambientale, sarà quello di approfondire la
questione in tutti i suoi risvolti e solo dopo ed a ragion veduta, proporre una soluzione». Sempre più spesso in Oltrepò ci sono emergenze dovute ai “capricci” climatici. I sindaci oltrepadani sempre più a corto di risorse dopo ogni frana, temporale di forte intensità, e dopo ogni grande freddo invocano lo stato di emergenza. Alcuni dicono che emergenza non è ma mancanza di prevenzione. Quale sarà il suo impegno su questo tema? Cercare di inviare ulteriori risorse per affrontare le emergenze o inviare risorse solo nel caso in cui i sindaci reinvestano in prevenzione? «La prevenzione delle frane e degli smottamenti rientra nei progetti della Protezione Civile. Una delle maggiori cause è il disboscamento selvaggio e la mancanza di canalizzazione delle acque piovane. È un problema economico e non di impossibile soluzione. La soluzione andrebbe posta in mano ai tecnici e non ai politici. Abbiamo un’ottima Università con ottimi tecnici, perché non la sfruttiamo? Partendo da un ottimo progetto esecutivo, si trovano più facilmente le risorse, che devono essere nazionali o Regionali e non certamente comunali». L’agricoltura è una delle risorse principali dell’Oltrepò e la viticoltura la punta di diamante. Semplificando il concetto espresso dall’Assessore regionale Fava, di soldi in Oltrepò ne sono arrivati molti e purtroppo in futuro ne arriveranno sempre meno causa un’eccessiva litigiosità tra i vari soggetti agricoli e vitivinicoli oltrepadani in campo. Qual è la sua strategia per far sì che l’Oltrepò sia meno litigioso alla luce del fatto che comunque ad oggi ogni confronto, ogni tavolo organizzato e ogni cabina di regia è fallita? Quale può essere il suo impegno per promuovere la sua terra? «Ho già avuto modo di dire che noi, nel Pavese, abbiamo due motori agricoli: il riso e la vite. Entrambi vanno profondamente rivisti. Il riso: qualificando la produzione e uscendo dalla palude del riso originario comune, che non rende agli agricoltori. L’Uva ed il vino dovrebbero essere l’altro asso nella manica. In alcuni casi andrebbe migliorata la qualità. è inoltre indispensabile la creazione di una Autority Provinciale dedicata al vino, che sia in grado di dare consigli tecnici utili, che gestisca i rapporti con l’estero, che suggerisca dei percorsi di estetica delle bottiglie e delle etichette e che sappia diventare la piattaforma della produzione vinicola Pavese. Una giusta presentazione del prodotto ed una comunicazione efficace sono certezza di successo. Io sono sicurissima che noi, nel Pavese, abbiamo le Professionalità per realizzare questo percorso. Ho avuto modo di parlare con alcuni enologi di grandi case vinicole; mi hanno descritto tutti i percorsi per raggiungere un vino di qualità. Dallo studio del sole, al controllo dello zuccherino
prima della vendemmia. Dal controllo del tannino allo studio dell’acidità. Nonché la differenza fra gusto e retrogusto. Il vino è un prodotto stupendo, antico e divino». Turismo: Salice Terme era e purtroppo non lo è più, la capitale turistica dell’Oltrepò. Le Terme di Salice erano il polo attrattivo per attirare una grande parte di turisti, mal’Oltrepò è anche altro: castelli, borghi, enogastronomia, percorsi guidati… Soldi dalla regione e da altri entri ne sono arrivati molti e una parte sembrano essere a detta di molti, investiti in modo discutibile, un esempio su tutti i sentieri della Comunità Montana, un enorme numero di sentieri realizzati come si suol dire alla meno peggio. Qual è la sua idea di turismo in Oltrepò e secondo lei cosa manca in Oltrepò? «Turismo: è vero, il Pavese ed il suo Oltrepo sono un coacervo di ricchezze ambientali, Paesaggistiche, architettoniche, religiose. Per queste ragioni ritengo sia necessario un Commissario ad acta per prendere in mano la situazione e mettere in evidenza tutte le bellezze di questo stupendo territorio, ricco di storia. Io studierei un percorso a tappe sul restauro dei siti antichi e sulla valorizzazione dei piccoli borghi della nostra provincia. Un simile progetto farebbe rifiorire il turismo. Facendo accordi con la Regione, istituirei degli incentivi per costruire una rete di acconglienza nelle località dal più alto potenziale turistico. Creando una rete ricettiva a basso prezzo, comprensiva non solo di “letti” ma anche osterie con piatti locali, prodotti della terra, birre, vini, salumi, noi potremmo portare milioni di turisti. Non abbiamo nulla da invidiare a Toscana o Veneto. Questo è un argomento che mi appassiona molto e mi ci butterei anima e
Veronica Bianco corpo. Conosco decine di giovani laureati in Beni Culturali che creerebbero volentieri una cooperativa fra loro con il fine di valorizzare il territorio». La parte alta dell’Oltrepò si sta spopolando sempre di più. La parte bassa invece ha problemi di lavoro e molto spesso quando c’è, lo stesso presenta delle problematiche a livello di condizioni e di retribuzione economica. Sono poche le aziende chefunzionano, molte in difficoltà, altre chiudono. Cosa fare contro lo spopolamento dell’alto Oltrepò e cosa fare per aiutare le aziende presenti sul territorio? «La risposta a questa domanda si svuota di contenuto nel momento in cui si riesce ad attuare quanto detto alla precedente».
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«Fornire ai sindaci risorse per affrontare le emergenze» Roberto Bonacina classe 1985, stradellino d’origine, i suoi nonni producevano bottoni e anche i tasti delle celeberrime fisarmoniche in quel di Stradella. Ora residente a Portalbera, Comune nel quale è capogruppo di maggioranza. Due lauree conseguite, una in Lingue l’altra in Economia e Relazioni Internazionali, da sempre attivo nel volontariato è dirigente regionale nel volontariato del sangue. Membro del Lions Club Stradella-Broni Host attualmente ne è il Presidente in carica. Candidato nella lista “Noi con l’Italia UDC” a sostegno del candidato Attilio Fontana. Nel caso venisse eletto il problema salute e il problema assistenza medica è particolarmente sentito e anche di attualità in Oltrepò. Che si chiamino tagli, che si chiamino ottimizzazioni si stanno riducendo le guardie mediche, l’Oltrepò con i suoi presidi di Voghera, Stradella, Varzi e Broni è in bilico tra speranze di potenziamento, tagli e carenze di personale. Quale sarà concretamente il suo impegno in Regione per migliorare la situazione? «È in corso una evoluzione della sanità che va verso il seguente scenario: pochi ospedali specializzati nelle emergenze e nelle cure complesse, attorniati da molti punti ospedalieri per le situazioni non gravi, e un ricorso sempre maggiore alle cure domestiche per necessità specifiche che possano essere affrontate così, anche per il maggior agio del paziente e della sua famiglia. Questo è lo scenario nella teoria, l’importante è che nella pratica ciò non venga utilizzato come scusa per tagliare indiscriminatamente a discapito delle esigenze e dei diritti dei cittadini. Non a caso, negli anni scorsi io sono stato uno dei cinque promotori del Comitato Ospedale Broni che ha raccolto più di quattromila firme perché l’ospedale Arnaboldi non venisse chiuso e anzi valorizzato per le cure poliambulatoriali, come centro di prossimità per il mesotelioma e come spazio per il volontariato in ambito sanitario e non solo». Il pericolo inceneritore Retorbido sembra ormai quasi scongiurato, molti sono i siti di rifiuti speciali in Oltrepò che da un recente controllo risultano per la stragrande maggioranza non in regola. L’Oltrepò è anche uno dei fanalini di coda nella raccolta differenziata che alcuni Comuni stanno cercando di attuare tra mille difficoltà e proteste. Qual è il suo impegno per i siti rifiuti speciali e qual è la sua soluzione concretamente per migliorare ed ottimizzare la raccolta differenziata? «Abbiamo la fortuna di essere un Paese molto avanzato nella conoscenza, nelle tecniche e nelle procedure di smaltimento dei rifiuti speciali. Già l’applicazione delle regole, e la vigilanza completa sulla loro applicazione, ci permetterebbe di vivere tranquilli e sicuri. Se ci sono logiche e procedure da Terra dei Fuochi, e purtroppo anche recentemente ne abbiamo avuto notizia, è necessario vigilare e reprimere questi comportamenti. In questo senso ho molta fiducia nei nostri concittadini. La raccolta differenziata è ormai qualcosa che appartie-
Roberto Bonacina ne alla nostra consapevolezza, mentre nella pratica su larga scala siamo ancora in qualche modo agli albori. Il primo passo che vorrò compiere in regione è raccogliere in un dossier le migliori prassi di raccolta già esistenti per studiare un metodo di applicazione il più possibile standard ed estendibile. Non vale la pena che ogni comunità cominci da zero a pensare alla raccolta differenziata quando qualcuno ha già fatto, e bene, prima di lei». Sempre più spesso in Oltrepò ci sono emergenze dovute ai “capricci” climatici, i sindaci oltrepadani sempre più a corto di risorse dopo ogni frana, temporale di forte intensità, e dopo ogni grande freddo invocano lo stato di emergenza. Alcuni dicono che emergenza non è, ma mancanza di prevenzione. Quale sarà il suo impegno su questo tema? Cercare di inviare ulteriori risorse per affrontare le emergenze o inviare risorse solo nel caso in cui i sindaci reinvestano in prevenzione? «Esiste uno stato di emergenza permanente perché mancano le risorse per attuare la manutenzione periodica del territorio. Procedure come la pulizia dei fossi o dei fondali, il controllo dei boschi, sono sempre state parte della cultura dei nostri territori, una cultura che è andata scemando con il diradarsi delle risorse economiche a disposizione e conseguentemente con la diminuzione delle figure addette. Dobbiamo fornire ai sindaci risorse per affrontare le emergenze destinandone al contempo altre da investire nel ritorno alla manutenzione periodica del territorio, altrimenti continueremo a vivere in questa emergenza permanente». L’agricoltura è una delle risorse principali dell’Oltrepò e la viticoltura la punta di diamante. Semplificando il concetto espresso dall’ Assessore regionale Fava, di soldi in Oltrepò ne sono arrivati molti e purtroppo in futuro ne arriveranno
sempre meno causa un’eccessiva litigiosità tra i vari soggetti agricoli e vitivinicoli oltrepadani in campo. Qual è la sua strategia per far sì che l’Oltrepò sia meno litigioso alla luce del fatto che comunque ad oggi ogni confronto, ogni tavolo organizzato e ogni cabina di regia è fallita? Quale può essere il suo impegno per promuovere la sua terra? «Ciascuna azienda agricola e vitivinicola, da quella grande a quella minuscola, porta con sé un patrimonio di cultura e tradizione che è giusto conservare e valorizzare. La nostra terra, in tal senso, è un libro vivente che ci parla ogni giorno. Coniugare queste specificità alle sfide del mercato globale, dove la concorrenza per i nostri prodotti è forte e strutturata, è una necessità che i produttori hanno ben presente e non è Regione Lombardia a dover dir loro cosa fare né come. La Regione può e deve mettere a disposizione strumenti e risorse affinché il marketing territoriale e il “brand Oltrepò” siano forti e attraenti in tutto il mondo, e come consigliere regionale il mio impegno andrà assolutamente in questo senso». Turismo: Salice Terme era e purtroppo non lo è più, la capitale turistica dell’Oltrepò. Le Terme di Salice erano il polo attrattivo per attirare una grande parte di turisti, ma l’Oltrepò è anche altro: castelli, borghi, enogastronomia, percorsi guidati… Soldi dalla regione e da altri entri ne sono arrivati molti e una parte sembrano essere a detta di molti, investiti in modo discutibile, un esempio su tutti i sentieri della Comunità Montana, un enorme numero di sentieri realizzati come si suol dire alla meno peggio. Qual è la sua idea di turismo in Oltrepò e secondo lei cosa manca in Oltrepò? «Innanzitutto, nei miei numerosi viaggi all’estero parlo di Oltrepò e scopro che è praticamente sconosciuto al grande pubblico. La prima cosa da fare – ci vorrà tem-
po e impegno da parte di tutti – è trovare la chiave di lettura con cui presentare nel mondo l’Oltrepò e la provincia di Pavia in modo chiaro, univoco, attraente. Ciò detto e ciò fatto, mi aspetto che avremo costruito un’immagine di noi adatta al turismo non di massa, culturale, enogastronomico, spirituale, naturalistico, e su ciò dobbiamo puntare. Penso, ad esempio, al cammino di San Colombano che attraversa in modo formidabile l’Oltrepò e il Pavese fino a Pavia. Mi impegnerei volentieri a favorire la creazione e la diffusione di app multilingue che permettano ai turisti di geolocalizzarsi e muoversi in libertà lungo il nostro territorio, scoprendolo nella loro lingua. Sono turisti che si organizzano da soli, in piccoli gruppi poco visibili, non certo come orde con le macchine fotografiche al collo, quindi le infrastrutture devono nascere a seguito dell’evidenza del loro passaggio, non come cattedrali nel deserto. Al decimo francese che si ferma al bar a chiedere informazioni, probabilmente il sindaco del paese X vorrà mettere i cartelli in francese e sarà la cosa giusta. Sicuramente non vale la pena di riempire l’Oltrepò di segnaletica in dieci lingue finché, con quelle dieci lingue, non creiamo un sito internet che ci rappresenti per qualunque potenziale turista che voglia connettersi dall’Australia, dal Canada o da Pechino e scoprire che esistiamo e che vogliamo che venga a visitarci». La parte alta dell’Oltrepò si sta spopolando sempre di più. La parte bassa invece ha problemi di lavoro e molto spesso quando c’è, lo stesso presenta delle problematiche a livello di condizioni di lavoro e di retribuzione economica. Sono poche le aziende che funzionano, molte in difficoltà, altre chiudono. Cosa fare contro lo spopolamento dell’alto Oltrepò e cosa fare per aiutare le aziende presenti sul territorio? «Io sono nato nel 1985 e vedo una percentuale in crescita di coetanei che torna ai mestieri legati all’agricoltura. Dico “torna” perché era il lavoro o l’ambiente dei nostri nonni, i genitori sono diventati cittadini per seguire prospettive di lavoro che allora c’erano e che hanno permesso un buon benessere diffuso, e ora in assenza di lavori d’ufficio noi torniamo a considerare come reale e interessante alternativa lavorare nei campi. Certo, le tecniche di oggi aiutano a fare l’agricoltore in modo sempre più tecnologico, senza trascurare l’impatto ambientale, ma certamente è grazie al DNA contadino che troviamo anche il piacere di lavorare la terra. E sappiamo che i nostri prodotti devono essere di qualità, nella fascia media e medio-bassa si troverà sempre un concorrente straniero che ti fa la guerra sul prezzo. Per ogni ragazzo e ragazza che vuol fare l’agricoltore rimanendo in Oltrepò, un altro ragazzo o ragazza potrebbe aprire la sua azienda come consulente per la vendita dei prodotti oltrepadani di qualità. Senza contare che, grazie alle tecnologie e alla connessione, oggigiorno ognuno di noi può essere un professionista di successo lavorando per e con aziende che si trovano a migliaia di chilometri di distanza».
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«L’Oltrepò ha bisogno di una programmazione di lungo respiro» Antonietta Bottini nata a Cornale il 4 aprile 1952. Ex direttrice di un centro di formazione professionale, ora pensionata. Politicamente attiva, prima nelle file del vecchio PCI poi in Rifondazione Comunista. Candidata di “Sinistra per la Lombardia”, Massimo Roberto Gatti Presidente Nel caso venisse eletta il problema salute ed il problema assistenza medica è particolarmente sentito e anche di attualità in Oltrepò. Che si chiamino tagli o che si chiamino ottimizzazioni si stanno riducendo le guardie mediche e l’Oltrepò con i suoi presidi di Voghera, Stradella, Varzi e Broni è in bilico tra speranze di potenziamento, tagli e carenze di personale. Quale sarà concretamente il suo impegno in Regione per migliorare la situazione? «Come precisato nel programma di Sinistra per la Lombardia, ci batteremo nel prossimo consiglio regionale per un servizio sanitario pubblico, universale e gratuito. Compito prioritario della Regione è la Prevenzione, a partire dalla prevenzione primaria nel territorio e negli ambienti di vita e di lavoro. Operare tagli alle strutture ospedaliere e ai presidi sanitari territoriali contrasta con il principio di prevenzione e di tutela della salute. Il servizio dei Medici di Famiglia e di Guardia Medica sono centrali al fine di assolvere gli obblighi in capo alla Regione. Ricordo, per inciso, che Regione Lombardia spende ogni anno oltre 19 miliardi alla voce ‘tutela della salute’. Ritengo che tutti quei soldi siano spesi malissimo. Il nostro primo impegno sarà quello di abrogare la delibera della giunta regionale che ha istituito i “gestori privati” per la presa in carico dei malati cronici. A seguire proponiamo di mettere mano ad una radicale revisione della riforma sanitaria lombarda. I soldi vanno utilizzati per il servizio sanitario pubblico, e non per finanziare centri privati». Il pericolo inceneritore di Retorbido sembra ormai quasi scongiurato, molti sono i siti di rifiuti speciali in Oltrepò che da un recente controllo risultano per la stragrande maggioranza non in regola. L’Oltrepò è anche uno dei fanalini di coda nella raccolta differenziata che alcuni Comuni stanno cercando di attuare tra mille difficoltà e proteste. Qual è il suo impegno per i siti rifiuti speciali e qual è la sua soluzione, concretamente, per migliorare ed ottimizzare la raccolta differenziata? «Per il ciclo dei rifiuti è necessario e urgente rispettare le priorità indicate dall’UE.Negli anni scorsi tutti i sacrifici ci sono stati imposti con pretesto che ‘ce lo chiede l’Europa’ (anche quando non era vero). In questo caso, invece, l’Europa ce lo chiede davvero e noi non adempiamo, anzi incorriamo pure in procedure di sanzione. Dobbiamo al più presto attivare meccanismi per : ridurre la quantità di rifiuti e scarti già dal momento della produzione e dell’impacchettamento, recuperare e riciclare estraendo prodotti e materie prime dopo la prima fase di raccolta differenziata, conferire ad incenerimen-
to solo residui e rifiuti speciali/pericolosi. Detto processo va favorito con un primo passo che noi riteniamo essenziale. Quello di eliminare la voce dei rifiuti dall’elenco delle fonti rinnovabili. Infatti è questa deleteria classificazione che dà origine a pressioni e appetiti per realizzare e ampliare inceneritori, chiamati termovalorizzatori, che oltre a inquinare e a ostacolare la raccolta differenziata, usufruiscono di incentivi per la produzione di energia. Un ciclo vizioso da bloccare al più presto».
zioni per una agricoltura ecologica di qualità, un recupero delle terre a colture tradizionali, un sostegno alla piccola agricoltura di montagna. Perciò bando a escavazioni, dighe, impianti e cemento che aggravano i problemi anziché risolverli». L’agricoltura è una delle risorse principali dell’Oltrepò e la viticoltura la punta di diamante. Semplificando il concetto espresso dall’Assessore regionale Fava, di soldi in Oltrepò ne sono arrivati molti e purtroppo in futuro ne arriveranno
Antonietta Bottini
Sempre più spesso in Oltrepò ci sono emergenze dovute ai “capricci” climatici. I sindaci oltrepadani sempre più a corto di risorse dopo ogni frana, temporale di forte intensità, e dopo ogni grande freddo invocano lo stato di emergenza. Alcuni dicono che emergenza non è ma mancanza di prevenzione. Quale sarà il suo impegno su questo tema? Cercare di inviare ulteriori risorse per affrontare le emergenze o inviare risorse solo nel caso in cui i sindaci reinvestano in prevenzione? «Anche in questo caso ritengo che i soldi spesi sono spesi male, senza una vera strategia di lungo respiro. Ma c’è di più, la Regione autorizza pure iniziative dannose per la stabilità dei versanti. Mi riferisco alle autorizzazioni per la ricerca, l’estrazione, lo stoccaggio del gas sui nostri territori. Pratiche per le quali proponiamo lo stop. Gli interventi da programmare a mio parere devono essere improntati a metodi di ingegneria naturalistica (quella adottata in Alto Adige) e al ripristino della tutela delle terre e delle acque ad opera della sapienza contadina (quella che aveva salvaguardato i nostri territori nei secoli scorsi). Quello che proponiamo (nell’ambito di una riforma dell’agricoltura) sono incentivi e facilita-
sempre meno causa un’eccessiva litigiosità tra i vari soggetti agricoli e vitivinicoli oltrepadani in campo. Qual è la sua strategia per far sì che l’Oltrepò sia meno litigioso alla luce del fatto che comunque ad oggi ogni confronto, ogni tavolo organizzato e ogni cabina di regia è fallita? Quale può essere il suo impegno per promuovere la sua terra? «L’Oltrepò ha bisogno di una programmazione di lungo respiro, con obiettivi chiari e condivisi, formulati sulla base di ampia e partecipata elaborazione, fatta coinvolgendo operatori e persone – donne e uomini – che nell’Oltrepo ci vivono. Se, finalmente, tutte-i insieme si decide che la vocazione da valorizzare è quella agricola, le decisioni e le pratiche devono essere conseguenti e coerenti: a favore di una agricoltura di qualità che recupera la sapienza della tradizione associata a nuove tecnologie, il rilancio dell’Istituto Gallini (altro che villette e supermercati nell’ex parco Baratta!), la realizzazione di una centrale altamente qualificata nel campo della ricerca legata all’agricoltura nel sito di Riccagioia, promozione della produzione biologica locale, stimoli al consumo di prodotti a filiera corta, accordi con negozi, banchi di mercato e supermercati per favorire la commercia-
lizzazione di prodotti locali, non solo mercatini domenicali. Penso che le Associazioni di agricoltori, insieme agli Enti Locali, debbano sostenere la cultura del consumo critico, ad esempio tramite incontri con gli operatori dell’alimentazione, i ristoratori, le famiglie, i medici, gli sportivi ecc». Turismo: Salice Terme era e purtroppo non lo è più, la capitale turistica dell’Oltrepò. Le Terme di Salice erano il polo attrattivo per attirare una grande parte di turisti, ma l’Oltrepò è anche altro: castelli, borghi, enogastronomia, percorsi guidati… Soldi dalla regione e da altri entri ne sono arrivati molti e una parte sembrano essere a detta di molti, investiti in modo discutibile, un esempio su tutti i sentieri della Comunità Montana, un enorme numero di sentieri realizzati come si suol dire alla meno peggio. Qual è la sua idea di turismo in Oltrepò e secondo lei cosa manca in Oltrepò? «Ritorno alla proposta circa un programma elaborato in forma partecipata e condivisa da operatori, Enti Locali e abitanti. Molta parte della mia risposta è già contenuta nella domanda. Abbiamo un territorio ricco di elementi e strutture da valorizzare in chiave turistica eco-compatibile. Manca una condivisione che coinvolga e accomuni tutte-i. è importante partire da una conoscenza del patrimonio di cui disponiamo. Ad esempio con una mappatura di siti, monumenti, sentieri, flora, fauna e quant’altro che sia oggetto di incontro con gli abitanti di tutti i comuni dell’Oltrepo, con singoli gruppi, con studenti e insegnanti. E da li far partire poi specifici progetti di accoglienza turistica rispettosa dei luoghi e della natura. Si tratta di un tipo di turismo differente da quello ‘mordi e fuggi’ e che non serve a favorire gli interesse di qualche particolare operatore. Si tratta tuttavia di un turismo che può rappresentare un ritorno economico dell’investimento che il territorio intende fare per tutelare e conservare la propria natura e la propria cultura». La parte alta dell’Oltrepò si sta spopolando sempre di più. La parte bassa invece ha problemi di lavoro e molto spesso quando c’è, lo stesso presenta delle problematiche a livello di condizioni e di retribuzione economica. Sono poche le aziende che funzionano, molte in difficoltà, altre chiudono. Cosa fare contro lo spopolamento dell’alto Oltrepò e cosa fare per aiutare le aziende presenti sul territorio? «I programmi suesposti, relativi allo sviluppo dell’agricoltura biologica, alla produzione di qualità, al consumo di prodotti a chilometro zero, allo sviluppo del turismo ecocompatibile, allo sviluppo dei centri di ricerca e formazione specializzati hanno automatiche positive ricadute anche sulla occupazione. Inoltre credo sia necessario un impegno della Regione per favorire la creazione di aziende agricole, specialmente se formate da giovani e giovani donne, che possano ringiovanire e rivitalizzare il settore primario e rilanciare l’economia oltrepadana».
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«Chiederò al mio Presidente di destinare fondi per la conoscenza» Paola Chiesa nata a Pavia nel 1979 e residente a Canevino è docente di Lettere e studiosa di storia militare, ha al suo attivo oltre venti pubblicazioni sulla memorialistica dei soldati lombardi nella Seconda Guerra Mondiale. Aderisce fin dalla sua fondazione al partito “Fratelli d’Italia” e dal novembre 2017 è Commissario di partito a Pavia e membro del Direttivo Provinciale. È ora candidata come capolista per la Camera dei Deputati nel Collegio Pavia Lodi e per la Regione Lombardia a sostegno di Attilio Fontana. Nel caso venisse eletta il problema salute e il problema assistenza medica è particolarmente sentito e anche di attualità in Oltrepò. Che si chiamino tagli, che si chiamino ottimizzazioni si stanno riducendo le guardie mediche, l’Oltrepò con i suoi presidi di Voghera, Stradella, Varzi e Broni è in bilico tra speranze di potenziamento, tagli e carenze di personale. Quale sarà concretamente il suo impegno in Regione per migliorare la situazione? «Difendo l’assistenza medica gratuita. Ammalarsi oggi è diventato un lusso. I piccoli ospedali, che da sempre mettono la persona al primo posto, andrebbero riqualificati ed incrementati. I continui tagli al personale non porteranno mai a delle prestazioni efficienti: il servizio non potrà essere sempre garantito e lavorando in condizioni di maggiore stress si potrebbe solo aumentare il rischio di errore». Il pericolo inceneritore Retorbido sembra ormai quasi scongiurato, molti sono i siti di rifiuti speciali in Oltrepò che da un recente controllo risultano per la stragrande maggioranza non in regola. L’Oltrepò è anche uno dei fanalini di coda nella raccolta differenziata che alcuni Comuni stanno cercando di attuare tra mille difficoltà e proteste. Qual è il suo impegno per i siti rifiuti speciali e qual è la sua soluzione concretamente per migliorare ed ottimizzare la raccolta diffe-
Paola Maria Chiesa renziata? «La Regione Lombardia dovrebbe vigilare costantemente per garantire la legalità di ogni smaltimento. Occorre inoltre una mappatura precisa per evitare quello è successo a Corteolona. L’ambiente va salvaguardato senza se e senza ma. La differenziata è indubbiamente necessaria e il cittadino deve sentirsi sempre più protagonista. Il servizio non può prescindere dall’efficienza e dalla rapidità». Sempre più spesso in Oltrepò ci sono emergenze dovute ai “capricci” climatici, i sindaci oltrepadani sempre più a corto di risorse dopo ogni frana, tempo-
rale di forte intensità, e dopo ogni grande freddo invocano lo stato di emergenza. Alcuni dicono che emergenza non è, ma mancanza di prevenzione. Quale sarà il suo impegno su questo tema? Cercare di inviare ulteriori risorse per affrontare le emergenze o inviare risorse solo nel caso in cui i sindaci reinvestano in prevenzione? «Aspettare che sia il pubblico ad affrontare ogni emergenza non credo sia possibile. Occorre rimettere in sicurezza il territorio attraverso l’uomo che, da buon imprenditore, curi la propria proprietà nella quale agisce economicamente. Questa è la prevenzione. Bisogna far sì che le imprese vitivinicole abbiano la giusta redditività perché è nella redditività che ci possono essere le risorse per mantenere il territorio. La Regione dovrebbe fare interventi mirati proprio in questa direzione. Per affrontare l’emergenza mi auguro che la trattativa con il governo post referendum porti a Milano, da Roma, ulteriori risorse e competenze». L’agricoltura è una delle risorse principali dell’Oltrepò e la viticoltura la punta di diamante. Semplificando il concetto espresso dall’ Assessore regionale Fava, di soldi in Oltrepò ne sono arrivati molti e purtroppo in futuro ne arriveranno sempre meno causa un’eccessiva litigiosità tra i vari soggetti agricoli e vitivinicoli oltrepadani in campo. Qual è la sua strategia per far sì che l’Oltrepò sia meno litigioso alla luce del fatto che comunque ad oggi ogni confronto, ogni tavolo organizzato e ogni cabina di regia è fallita? Quale può essere il suo impegno per promuovere la sua terra? «Tutti questi soldi io non li ho visti. Probabilmente l’Assessore Fava ha fatto arrivare risorse non chiedendo agli agricoltori del territorio obiettivi precisi perché a fronte di obiettivi precisi non ci puo’ essere litigiosita’. L’impegno passa prima di tutto attraverso l’analisi del problema. Dall’analisi del
problema occorre individuare un’opportuna terapia che non assecondi solo gli interessi di pochi. Prima di promuoverlo, l’Oltrepò va conosciuto e valorizzato». Turismo: Salice Terme era e purtroppo non lo è più, la capitale turistica dell’Oltrepò. Le Terme di Salice erano il polo attrattivo per attirare una grande parte di turisti, ma l’Oltrepò è anche altro: castelli, borghi, enogastronomia, percorsi guidati… Soldi dalla regione e da altri entri ne sono arrivati molti e una parte sembrano essere a detta di molti, investiti in modo discutibile, un esempio su tutti i sentieri della Comunità Montana, un enorme numero di sentieri realizzati come si suol dire alla meno peggio. Qual è la sua idea di turismo in Oltrepò e secondo lei cosa manca in Oltrepò? «Se sarò eletta chiederò al mio Presidente di destinare fondi per la conoscenza. Abbiamo tante eccellenze che andrebbero promosse anche attraverso operatori sul territorio. Impensabile però, a mio avviso, parlare di promozione del territorio e di turismo se prima non sistemiamo strade e ponti». La parte alta dell’Oltrepò si sta spopolando sempre di più. La parte bassa invece ha problemi di lavoro e molto spesso quando c’è, lo stesso presenta delle problematiche a livello di condizioni di lavoro e di retribuzione economica. Sono poche le aziende che funzionano, molte in difficoltà, altre chiudono. Cosa fare contro lo spopolamento dell’alto Oltrepò e cosa fare per aiutare le aziende presenti sul territorio? «La mia preoccupazione è che dopo l’abbandono della montagna ci sia l’abbandono della collina perché il prezzo basso delle uve svilisce chi ancora crede nella viticoltura oltrepadana. Farò del mio meglio per difendere la nostra terra, le nostre famiglie e il nostro lavoro: sostegno alla natalita’, stop all’accanimento fiscale, più poteri alle imprese e meno burocrazia».
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«Dobbiamo pensare a formare imprenditori con idee innovative» Claudio Nonna, 46 anni vogherese, lavora da oltre vent’anni nella distribuzione di prodotti finanziari, sempre per società quotate alla Borsa Valori italiana. Impegnato in diverse associazioni No Profit a carattere locale, è il candidato della lista “Parisi conFontana”. Nel caso venisse eletto il problema salute e il problema assistenza medica è particolarmente sentito e anche di attualità in Oltrepò. Che si chiamino tagli, che si chiamino ottimizzazioni si stanno riducendo le guardie mediche, l’Oltrepò con i suoi presidi di Voghera, Stradella, Varzi e Broni è in bilico tra speranze di potenziamento, tagli e carenze di personale. Quale sarà concretamente il suo impegno in Regione per migliorare la situazione? «Confermo l’impegno sottoscritto sabato 24 febbraio con l’associazione medici di famiglia della Lomellina (Amf #facciamounpatto) che è poi il programma della mia coalizione: A) rafforzare i presidi rappresentati dai medici di famiglia in due direzioni; aumento dei medici di famiglia e rafforzamento dei percorsi di formazione di specializzazione poiché mancano le nuove leve. Carenze che sono comuni sia il Lomellina che in Oltrepò, e proprio per questo non esito ad estendere il mio impegno anche in OltrePo. B) lavorare all’effettiva razionalizzazione delle risorse, soprattutto delle strutture immobiliari, dell’Asst per concentrare tutte le possibili risorse sui presidi ospedalieri maggiormente strategici sul territorio. Vi ricordo che solo in Oltrepò vi sono quattro ospedali dismessi ( psichiatrico e Neuro a Voghera, Broni, ed il vecchio ospedale di Stradella ) che abbiamo riconvertito almeno in parte in uffici per l’Asst che sicuramente non sono strategici e rappresentano dei grossi assorbitori di risorse. Nel mio programma questi immobili potrebbero rientrare nel fondo immobiliare che, insieme ad una banca del territorio, potrebbero essere le basi per far ripartire l’economia dell’Oltrepò». Il pericolo inceneritore Retorbido sembra ormai quasi scongiurato, molti sono i siti di rifiuti speciali in Oltrepò che da un recente controllo risultano per la stragrande maggioranza non in regola. L’Oltrepò è anche uno dei fanalini di coda nella raccolta differenziata che alcuni Comuni stanno cercando di attuare tra mille difficoltà e proteste. Qual è il suo impegno per i siti rifiuti speciali e qual è la sua soluzione concretamente per migliorare ed ottimizzare la raccolta differenziata? «Ho studiato con attenzione il progetto della Pirolisi di Retorbido e attraverso il mio Blog “Noise from Pavia” ho provato a mettere in luce le peculiarità del piano di intervento e mi creda: non è un inceneritore. Tanto è vero che sia i tecnici della regione che i super esperti chiamati a formare la commissione ad hoc non hanno eccepito nessun problema ambientale. Probabilmente il progetto è stato accantonato e considero questo evento una iattura, l’ennesima, per l’OltrePo che ci lascia due strascichi: lo smaltimento dell’amianto dell’area ex Valdata e trovare nuovi attori imprenditoriali pronti ad inve-
stire da noi. Detto questo il suo quesito si articola su due punti: A) Siti di rifiuti speciali; Lo smaltimento dei rifiuti è un tema sempre più scottante in provincia di Pavia con voci più o meno credibili di racket ed eco mafie in relazione ad alcuni degli incidenti dello scorso e di quest’anno. Vi sono leggi e regolamenti che consentono, se rispettati, di provvedere a smaltire i rifiuti nella più totale sicurezza e Regione Lombardia si è dotata da tempo di tali regolamenti e di strutture di vigilanza. Ritengo quindi che si debba smaltire i rifiuti e sia necessario capire se gli attuali organi di controllo siano sufficienti o si debbano rafforzare. Auspico che le forze dell’ordine facciano chiarezza su eventuali eventi dolosi soprattutto se fossimo in presenza di organizzazioni criminali. B) come aumentare la differenziata; Qui è solamente un problema culturale: si differenzia se si decide di farlo e la comunicazione di come e perché farlo in Oltrepò sono migliorabili. Penso ad un programma di educazione diffuso sia nella scuola primaria che quella secondaria per partire dai ragazzi e contemporaneamente agire sugli adulti nei vari luoghi di aggregazione: per esempio istituire dei banchetti dell’Asm nei vari mercati oltrepadani potrebbe incrementare l’informazione. Come consigliere mi batterò per diffondere nelle scuole la cultura della differenziata e vigilerò sul territorio ascoltando i cittadini pronto a recarmi nelle caserme dei carabinieri per eventuali segnalazioni». Sempre più spesso in Oltrepò ci sono emergenze dovute ai “capricci” climatici, i sindaci oltrepadano sempre più a corto di risorse dopo ogni frana, temporale di forte intensità, e dopo ogni grande freddo invocano lo stato di emergenza. Alcuni dicono che emergenza non è , ma mancanza di prevenzione. Quale sarà il suo impegno suquesto tema? Cercare di inviare ulteriori risorse per affrontare le emergenze o inviare risorse solo nel caso in cui i sindaci reinvestano in prevenzione? «Che in autunno piova e che in inverno nevichi in OltrePo non mi sembrano eventi climatici che si possano definire capricciosi. Per la verità sono per la terza via che è anche la parte più innovativa del mio programma: accorpare gli enti pubblici locali. Il modo più efficace di programmare è farlo in strutture amministrative con le risorse necessarie. Avere comuni di poche decine di anime che sono prive di vigile, hanno il segretario condiviso con altri 3/4 comuni e hanno il tecnico comunale una volta al mese non possono avere le capacità organizzative e tecniche per ipotizzare progetti di prevenzione. Accorpare significa trovare queste risorse razionalizzando le sovrapposizioni. Accorpare è anche conveniente poiché lo Stato ha stanziato risorse ad hoc che vengono erogate solo ai comuni che si uniscono. Chiaramente anche la regione può fare la sua parte per rafforzare la convenienza all’unione, penso ad opportuni programmi di aggregazione con possibili incentivi economici». L’agricoltura è una delle risorse principali dell’Oltrepò e la viticoltura la punta di diamante. Semplificando il concetto
espresso dall’ Assessore regionale Fava, di soldi in Oltrepò ne sono arrivati molti e purtroppo in futuro ne arriveranno sempre meno causa un’eccessiva litigiosità tra i vari soggetti agricoli e vitivinicoli oltrepadani in campo. Qual è la sua strategia per far sì che l’Oltrepò sia meno litigioso alla luce del fatto che comunque ad oggi ogni confronto, ogni tavolo organizzato e ogni cabina di regia è fallita? Quale può essere il suo impegno per promuovere la sua terra? «Nel mio programma mi impegno a riunire tutti gli operatori economici e politici dell’OltrePo per lavorare su un #PianoUnicoMarketingTerritoriale che ci consenta di lavorare sui due asset fondanti: vino e turismo. Il primo aspetto riguarda l’innovazione: nel solco della nostra tradizione secolare è necessario innestare quelle innovazioni di prodotto, processo e mercato per primeggiare anche in questo secolo. Per esempio aumentare il prodotto imbottigliato e cercare di venderlo alla GDO. Secondo punto integrazione: dando vita a strutture aggregative efficienti che ci consentano l’internazionalizzazione, nessuna azienda ha le dimensioni per affrontare da sola il mercato statunitense o quello del nord Europa per non parlare di quelli asiatici, ci andremo solo se troveremo una formula comune di export management. Terzo aspetto internazionalizzazione: per entrare e competere nel mercato internazionale e mondiale. Nel mio blog mi sono occupato molto del tema del vino ed ho più volte stigmatizzato la mancanza di visione strategica dell’imprenditoria vitivinicola ma la risposta non può essere solo politica. La risposta è soprattutto manageriale: per questo dobbiamo ipotizzare anche una banca del territorio, non tanto come erogatore di finanziamenti ma come advisor di progetti e soprattutto come incubatore di start up». Turismo: Salice Terme era e purtroppo non lo è più, la capitale turistica dell’Oltrepò. Le Terme di Salice erano il polo attrattivo per attirare una grande parte di turisti, ma l’Oltrepò è anche altro: castelli, borghi, enogastronomia, percorsi guidati… Soldi dalla regione e da altri entri ne sono arrivati molti e una parte sembrano essere a detta di molti, investiti in modo discutibile, un esempio su tutti i sentieri della Comunità Montana, un enorme numero di sentieri realizzati come si suol dire alla meno peggio. Qual è la sua idea di turismo in Oltrepò e secondo lei cosa manca in Oltrepò? «Manca il turismo. Ed il turismo manca perché manca sia un’offerta turistica incentrata sulle nostre eccellenze che le strutture ricettive per accogliere i turisti. Quanti posti letto abbiamo in Oltrepò? Quante notti all’anno ospitiamo turisti? Salice terme è l’esempio concreto del perché sia necessario accorpare gli enti pubblici locali: vi sono varie ragioni per cui il turismo termale italiano è in declino ma una peculiarità tutta oltrepadana è la mancanza del comune di Salice Terme. Ricordo che Salice è amministrativamente diviso tra i comuni di Godiasco e Rivanazzano Terme. Due enti locali che hanno governato lo sviluppo urbano della frazione in
Claudio Nonna maniera non organica se non contraddittoria ed ora non hanno la capacità di interloquire per il rilancio del polo turistico in generale e per la sopravvivenza delle terme in particolare. Nel mio programma indico queste tre I: 1. Interlocutore unico: Nascita del Comune di Salice Terme attraverso la fusione dei Comuni di Godiasco, Rivanazzano e Retorbido. Un solo soggetto in grado di valorizzare tutte le singole iniziative imprenditoriali nel turismo termale. 2. Inglese: Necessario incentivare la diffusione, l’uso e la comprensione della lingua Inglese per puntare al turismo extranazionale, soprattutto nord europeo. 3. Infrastrutture: Agevolare il raggiungimento delle mete in Oltrepò, investendo in nuove strade e ponti sul Po. Migliorare il collegamento con Milano». La parte alta dell’Oltrepò si sta spopolando sempre di più. La parte bassa invece ha problemi di lavoro e molto spesso quando c’è, lo stesso presenta delle problematiche a livello di condizioni di lavoro e di retribuzione economica. Sono poche le aziende che funzionano, molte in difficoltà, altre chiudono. Cosa fare contro lo spopolamento dell’alto Oltrepò e cosa fare per aiutare le aziende presenti sul territorio? «Sviluppare il turismo e raggiungere livelli di fatturato interessanti nel vino potrebbero invertire il trend di spopolamento dell’alta collina e per aiutare le industrie delle via Emilia: solo un rilancio economico garantirebbe quella ricchezza necessaria a rilanciare i consumi e gli investimenti anche da noi. L’Oltrepò ha notevoli GAP strutturali ed imprenditoriali nei confronti del resto della Lombardia. Non penso che le solite ricette ci porteranno a risultati diversi da quelli ottenuti: abbiamo ottenuto tonnellate di aiuti economici ma non abbiamo avuto successo. Dobbiamo pensare a formare imprenditori con idee innovative che siano in grado di invertire il trend del declino del nostro territorio, per questo in luogo di contributi pubblici (ormai molto difficili vista la situazione economica del nostro paese ) penso sia necessario inventare un soggetto nuovo e più imprenditoriale: una banca. Banca che non serve solo a finanziare ma ad assistere e consigliare le imprese nella loro crescita. Dove troviamo le risorse? Una banca come qualsiasi impresa può essere fatta da una pluralità di azionisti: ossia da noi oltrepadani. Se poi integriamo la dotazione della banca con un fondo immobiliare nato dal conferimento degli immobili non strategici dei comuni e degli ietti pubblici che insistono in questo territorio ( vedi i 4 ospedali...), potemmo anche avere le strutture su cui “fare impresa”».
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«Tutelare i presidi ospedalieri esistenti e potenziarli» Marco Oliva vive a Montesegale, Diplomato Dirigente di comunità, è regista teatrale e sindacalista. Arriva nel 2015 ad assumere un ruolo fondamentale nella protesta contro la realizzazione dell’inceneritore di pneumatici a Retorbido. Candidato di “Lombardia Progressista”, appoggia la candidatura di Gori. Nel caso venisse eletto il problema salute e il problema assistenza medica è particolarmente sentito e anche di attualità in Oltrepò. Che si chiamino tagli, che si chiamino ottimizzazioni, si stanno riducendo le guardie mediche e l’Oltrepò con i suoi presidi di Voghera, Stradella, Varzi e Broni è in bilico tra speranze di potenziamento, tagli e carenze di personale. Quale sarà concretamente il suo impegno in Regione per migliorare la situazione? «Togliere un presidio medico significherebbe creare un danno alla comunità di questo territorio. La sua morfologia, rende complessi gli spostamenti dei cittadini e, di conseguenza, allunga i tempi per raggiungere il presidio medico. L’accorpamento non è il modo per offrire un miglior servizio, anzi, le code nei pronto soccorso, come in quello di Voghera, dimostrano la necessità, invece, di creare ambulatori sul territorio aperti tutti i giorni: questo aspetto rientra nelle intenzioni di Gori. Non è più concepibile parlare di risparmi di spesa, quando vengono tagliati i servizi essenziali. Se si vuole contenere la spesa sanitaria, bisogna non far ammalare le persone. Annualmente, in media, ogni cittadino costa quasi 2500 euro alla sanità pubblica; è questa la spesa da ridurre ed è possibile solo attraverso la prevenzione e gli screening. Pensiamo solo all’incidenza dell’inquinamento sulla salute nella nostra provincia e nella nostra regione; è su questo che bisogna intervenire urgentemente. In Norvegia, per ridurre i costi della sanità, tra qualche anno non sarà più possibile circolare con auto a combustibile fossile. Questo ci fa pensare che la nostra politica, per come l’abbiamo conosciuta fino ad oggi, è sempre stata miope e non ha mai pensato che esistano le nuove generazioni, e che fare scelte virtuose offrirebbe un servizio migliore a noi ed eccellenze per i nostri figli. Il mio impegno, innanzitutto, sarà, quindi, di tutelare i presidi esistenti e potenziarli, affinché possano offrire un miglior servizio». Il pericolo inceneritore Retorbido sembra ormai quasi scongiurato, molti sono i siti di rifiuti speciali in Oltrepò che da un recente controllo risultano per la stragrande maggioranza non in regola. L’Oltrepò è anche uno dei fanalini di coda nella raccolta differenziata che alcuni Comuni stanno cercando di attuare tra mille difficoltà e proteste. Qual è il suo impegno per i siti rifiuti speciali e qual è la sua soluzione concretamente per migliorare ed ottimizzare la raccolta differenziata? «A Retorbido i cittadini hanno dato una grande lezione alla politica, su come si difende un bene comune. E penso che la comunità abbia sviluppato dei buoni anticorpi per respingere futuri speculatori e politici
affaristi. Per la questione rifiuti, ritengo che sia necessaria l’adesione di Regione Lombardia alla strategia “Rifiuti Zero”. Il concetto di economia circolare è intimamente connesso con quello di crescita sostenibile. Non è più una questione di sola educazione civica, ma necessità, anche per creare nuove opportunità di lavoro. Il riciclo dei rifiuti in Europa, nei prossimi 10 anni, prevede un incremento di 580.000 posti di lavoro. Dico questo, anche per rispondere agli osteggiatori della raccolta differenziata: oltre ad essere un obbligo europeo, riciclare fa bene alla salute, per il conseguente abbassamento delle emissioni prodotte dagli inceneritori nell’atmosfera. Un’economia circolare prevede, inoltre, un ulteriore vantaggio per i cittadini, i quali beneficerebbero della riduzione della TARI. A proposito di inquinamento atmosferico, il triplicamento dell’inceneritore di Corteolona voluto dalla giunta lombarda uscente, è un grande errore su molti aspetti, che comporterà anche l’importazione di immondizia da altre regioni nella nostra provincia. Continueremo ad opporci a questa decisione. La politica ambientale deve cambiare; tutta la provincia è più che satura di fanghi che provengono da altrove e da discariche speciali che non rispettano le norme di sicurezza. è stato necessario l’intervento del prefetto per avere un monitoraggio dei siti pericolosi della provincia, mentre l’iniziativa dev’essere della Regione, che deve attrezzare e dare risorse ad ARPA per verifiche ed ispezioni efficaci. Purtroppo, è ormai evidente la presenza, nei nostri territori, della grande criminalità negli affari di smaltimento dei rifiuti. Questo deve richiamare tutti ad un lavoro molto attento di maggior prevenzione: richiedendo al Governo maggiori investimenti per gli organi inquirenti sui reati ambientali, coinvolgendo la cittadinanza in osservatori consultivi della legalità, con la partecipazione di comitati e associazioni». Sempre più spesso in Oltrepò ci sono emergenze dovute ai “capricci” climatici, i sindaci oltrepadani sempre più a corto di risorse dopo ogni frana, temporale di forte intensità, e dopo ogni grande freddo invocano lo stato di emergenza. Alcuni dicono che emergenza non è, ma mancanza di prevenzione. Quale sarà il suo impegno su questo tema? Cercare di inviare ulteriori risorse per affrontare le emergenze o inviare risorse solo nel caso in cui i sindaci reinvestano in prevenzione? «La vera emergenza è quella di uscire da una “politica di emergenza”. Regione Lombardia, in questi anni, ha messo i sindaci nella condizione di dover elemosinare aiuti per riaprire strade franate e per ricollegare frazioni rimaste isolate. Il comportamento di Regione Lombardia è un’umiliazione per i cittadini. è palese che Regione Lombardia abbia avuto attenzioni differenti verso le province, e quella di Pavia è stata abbandonata: strade, ponti e treni, sono solo alcuni esempi da citare. La prevenzione è possibile farla con la creazione di un piano organico su tutto il territorio. Le caratteristiche geologiche e morfologiche sono ben cono-
sciute e non è possibile nascondersi dietro la scusa di improvvise e copiose piogge». L’agricoltura è una delle risorse principali dell’Oltrepò e la viticoltura la punta di diamante. Semplificando il concetto espresso dall’Assessore regionale Fava, di soldi in Oltrepò ne sono arrivati molti e purtroppo in futuro ne arriveranno sempre meno causa un’eccessiva litigiosità tra i vari soggetti agricoli e vitivinicoli oltrepadani in campo. Qual è la sua strategia per far sì che l’Oltrepò sia meno litigioso alla luce del fatto che comunque ad oggi ogni confronto, ogni tavolo organizzato e ogni cabina di regia è fallita? Quale può essere il suo impegno per promuovere la sua terra?
Marco Oliva «Uno dei miei obiettivi più importanti è proprio la valorizzazione e la promozione del territorio. Da anni si parla di creare il brand Oltrepò, ma io non vedo neppure un cartello di benvenuto quando si entra nel nostro territorio. Proviamo invidia della fortuna della Franciacorta, ma cogliamo poco dal loro esempio di coesione e promozione. Per promuovere il territorio si deve passare dal lavoro su una nuova cultura del territorio stesso; un lavoro capace anche di saper raccontare l’Oltrepò a chi lo conosce poco o per nulla. è cominciato da tempo, per iniziativa di agricoltori e allevatori, il recupero di colture tipiche e nuove del territorio. Questo è un concreto esempio di come contraddistinguersi, aspetto fondamentale per diventare un territorio di pregio ed unico. Io credo che si possa realmente creare un’economia di sussistenza con le ricchezze di cui dispone l’Oltrepò. Dei soldi accennati nella sua domanda, destinati a questo territorio, bisogna chiedere contezza di come siano stati investiti e quanti posti di lavoro abbia prodotto, perché di ricchezza qui non si è vista traccia. La litigiosità si può risolvere in due modi: superare una politica clientelare nella gestione del consenso elettorale della vecchia politica ed immaginare come vogliamo che siano questi luoghi tra 10 anni. Coinvolgiamo i nostri figli nel progettare il futuro dell’Oltrepò: loro, che viaggiano, sanno portare idee e contributi di valore». Turismo: Salice Terme era e purtroppo non lo è più, la capitale turistica dell’Oltrepò. Le Terme di Salice erano il polo attrattivo per attirare una grande parte di turisti, ma l’Oltrepò è anche altro: castelli, borghi, enogastronomia, percorsi guidati… Soldi dalla Regione e da altri entri ne sono arrivati molti e una parte sembrano essere a detta di molti, investiti in modo discutibile, un esempio su tutti i sentieri della Comunità Montana,
un enorme numero di sentieri realizzati come si suol dire alla meno peggio. Qual è la sua idea di turismo in Oltrepò e secondo lei cosa manca in Oltrepò? «Quello che non ha funzionato è stato il portare l’attenzione su un singolo interesse, le Terme, un castello, un sentiero. In questo modo non si va da nessuna parte. Ogni attività recettiva e turistica deve presentare, non solo se stessa, ma tutto ciò che è il territorio e quello che offre. Il marketing territoriale funziona quando include un’offerta articolata e non singola. Il turista predilige quei luoghi dove può seguire un itinerario di attrazioni e di interessi. Le faccio un esempio: promuovere le terme di Salice e di Rivanazzano significa promuovere anche la seggiovia del Pian del Poggio. Se io fossi un viaggiatore, potrei pensare di farmi un fine settimana lungo in Oltrepò andando alle terme, e poi, a mezz’ora di strada, decidere di andare a sciare; durante il viaggio potrei mangiare ed acquistare prodotti; nella bella stagione fare escursioni in mezzo alla natura, visitando il sito archeologico e naturalistico di Guardamonte, con i resti di un villaggio neolitico ed i fossili dell’era marina, e, a pochi passi, guardare il cielo dall’osservatorio di Cecima; se avessi bambini li porterei al parco avventura, al bosco Arcadia o a visitare un castello. Insomma, col mio esempio non voglio lasciare fuori nessuno, ma quando si parla di valorizzazione è questa mappa itinerante che va promossa. Quello che mi impressiona è il fatto che, il territorio oltrepadano sia ancora sconosciuto alla maggioranza dei milanesi. Io penso ad un turismo lento e di gusto: attraversare i luoghi rimanendo contaminati dall’esperienza dei luoghi stessi e dalle loro narrazioni, dei suoi sapori e colori che rappresentano la vera ricchezza dell’Oltrepò. La parte alta dell’Oltrepò si sta spopolando sempre di più. La parte bassa invece ha problemi di lavoro e molto spesso quando c’è, lo stesso presenta delle problematiche a livello di condizioni e di retribuzione economica. Sono poche le aziende che funzionano, molte in difficoltà, altre chiudono. Cosa fare contro lo spopolamento dell’alto Oltrepò e cosa fare per aiutare le aziende presenti sul territorio? «Il sostegno alle imprese ed alle aziende sono una priorità in tutto il paese, come anche le condizioni lavorative. Un esempio sotto gli occhi di tutti è il settore della logistica, ma non solo. Oltre a quanto già detto di utile ed opportuno alla nostra economia nelle precedenti risposte, nel nostro programma, proponiamo una serie di iniziative indirizzate al rilancio delle realtà rurali, con particolare attenzione alle aree più interne, per la peculiarità e le difficoltà che vivono, come la distanza da centri. A questo va aggiunto un sostegno alle politiche sociali, alle coppie e famiglie che decidono di trasferirsi in quei luoghi, affinché si possa arginare lo spopolamento delle zone rurali, collinari e montane. Qualcosa lo stanno facendo i piccoli comuni di loro iniziativa con le loro esigue risorse, come il comune di Montesegale».
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«Sono favorevole alla creazione dell’Assessorato alla montagna» Simona Panigazzi, 51 anni, agente immobiliare. Già consigliere comunale della città di Voghera e componente della direzione cittadina dell’UDC, il partito che l’ha candidata alla regione nella lista “Noi con l’Italia UDC” a sostegno del candidato Attilio Fontana. Ha ereditato dallo zio, il Senatore Luigi (Gigino) Panigazzi l’impegno politico. Nel caso venisse eletta il problema salute e il problema assistenza medica è particolarmente sentito e anche di attualità in Oltrepò. Che si chiamino tagli, che si chiamino ottimizzazioni si stanno riducendo le guardie mediche, l’Oltrepò con i suoi presidi di Voghera, Stradella, Varzi e Broni è in bilico tra speranze di potenziamento, tagli e carenze di personale. Quale sarà concretamente il suo impegno in Regione per migliorare la situazione? «Il tema “salute” con le lunghe liste di attesa per un esame clinico e con i tagli sulla sanità, giustamente preoccupa il cittadino. Ritengo che si debbanono concentrare le forze per mettere a punto un sistema che velocizzi e dimezzi le attese ospedaliere,rispondendo alla priorità di una società che invecchia; l’assistenza sanitaria infatti è un bene primario che va tutelato e difeso. Nelle competenze e negli intenti regionali questo problema sarà al centro dei miei sforzi unitamente ai presidi ospedalieri che sembrano sempre minacciati da un’incombente chiusura. I presidi non vanno chiusi, vanno bensì ottimizzati ovvero, faccio un esempio, l’ospedale di Varzi potrebbe accogliere anche un reparto per i malati terminali o per gli stati vegetativi, di cui la provincia potrebbe usufruire. Nel contempo si ricollocherebbero personale e struttura. Le riconversioni vanno sostenute in relazione alle esigenze della popolazione ma con la coerente programmazione anche del personale necessario, per non trovarsi, come avviene troppo di frequente, che reparti riconvertiti rimangano chiusi perche non si puo assumere la dotazione necessaria di infermieri. L’ospedale di Varzi unico presidio cui afferisce una valle con popolazione sparsa ed anziana beneficerebbe di una presenza di specialisti delle varie discipline che potrebbero meglio risolvere le problematiche di quel tipo di utenza. Per l’ospedale di Voghera occorre invece proseguire nell’opera di potenziamento della tecnologia e nel completamento del personale dirigenziale sanitario ed assistenziale per renderlo punto di riferimento dell’area Oltrepo e più competitivo rispetto ad altre strutture che oggi dimostrano in alcuni casi maggiore attrattiva. Con questi intendimenti se eletta in consiglio regionale, mi batterò». Il pericolo inceneritore Retorbido sembra ormai quasi scongiurato, molti sono i siti di rifiuti speciali in Oltrepò che da un recente controllo risultano per la stragrande maggioranza non in regola. L’Oltrepò è anche uno dei fanalini di coda nella raccolta differenziata che alcuni Comuni stanno cercando di attuare tra mille difficoltà e proteste. Qual è il suo impegno per i siti rifiuti speciali e qual
è la sua soluzione concretamente per migliorare ed ottimizzare la raccolta differenziata? «La brutta “faccenda” del mostro pirolisi sta per concludersi, con, nella migliore delle ipotesi, con un possibile strascico giudiziario promosso dalla società proponente l’impianto. Il nostro territorio accoglie discariche e siti di rifiuti speciali che vanno monitorati, messi in sicurezza e sicuramente sgombrati. Il mio impegno è un maggior controllo ed una ferma opposizione nel creare nuovi mostri, in questo territorio ci vivo con la mia famiglia e come tutti noi pretendo rispetto e valorizzazione. Propongo che i controlli siano minuziosi ed attenti ed affidati ad una “task force” regionale, viste le competenze dell’Agenzia Regionale per l’Ambiente. La differenziata è un tema “caldo”, che fa discutere, occorre sensibilizzare e responsabilizzare il cittadino alla differenziata, si deve fare di più e meglio affichè diventi un’abitudine e non più un dovere però non deve essere un pretesto per complicare la vita ai cittadini, sprecando risorse, che poi si traducono nell’aumento delle tariffe che i cittadini stessi si trovano
prevenzione mi sembra la strada più idonea. La Regione ha competenze sulla protezione civile che va potenziata soprattutto per quanto riguarda la sua attività di formazione e prevenzione dei rischi, quale ad esempio quello idrogeologico. Avere dei piani di Protezione Civile che prevedano una formazione adeguata permette molte volte di evitare le emergenze. Naturalmente bisogna fare salvi i casi straordinari per i quali, giustamente, le Amministrazioni chiedono di essere aiutate per fronteggiarli quali, ad esempio, il gelicidio recentemente avvenuto in Valle Staffora». L’agricoltura è una delle risorse principali dell’Oltrepò e la viticoltura la punta di diamante. Semplificando il concetto espresso dall’Assessore regionale Fava, di soldi in Oltrepò ne sono arrivati molti e purtroppo in futuro ne arriveranno sempre meno causa un’eccessiva litigiosità tra i vari soggetti agricoli e vitivinicoli oltrepadani in campo. Qual è la sua strategia per far sì che l’Oltrepò sia meno litigioso alla luce del fatto che comunque ad oggi ogni confronto, ogni tavolo organizzato e ogni cabina di regia è fallita?
Simona Panigazzi a pagare». Sempre più spesso in Oltrepò ci sono emergenze dovute ai “capricci” climatici, i sindaci oltrepadani sempre più a corto di risorse dopo ogni frana, temporale di forte intensità, e dopo ogni grande freddo invocano lo stato di emergenza. Alcuni dicono che emergenza non è, ma mancanza di prevenzione. Quale sarà il suo impegno su questo tema? Cercare di inviare ulteriori risorse per affrontare le emergenze o inviare risorse solo nel caso in cui i sindaci reinvestano in prevenzione? «Certamente il clima periodicamente muta sensibilmente e su questo non possiamo fare molto se non prevenire il disastro, pulendo fossi’ argini, boschi, insomma tutto ciò che l’uomo può fare per evitare e prevenire le calamità. A riguardo delle amministrazioni sicuramente lo stanziamento di fondi per la
Quale può essere il suo impegno per promuovere la sua terra? «La litigiosità ha radici nella diversità del suolo oltrepadano e quindi dei suoi prodotti, poi qualche amministratore contribuisce a complicare la situazione. A tal riguardo la regione prevede, o meglio il candidato presidente di centrodestra, Avv. Fontana, lo ha previsto nel suo programma, la creazione di un assessorato alla “montagna”. Credo possa essere la via giusta a metter ordine alle diversità anche di opinione. A riguardo dello sviluppo del mio territorio rispondo anche al punto 5 in una sola volta. Ritengo opportuno fare un programma dettagliato sulle risorse agricole, commerciali, artigianali e turistiche del mio territorio, su come e dove investire per rilanciare l’immagine. Ma come prima cosa vanno potenziate e nello specifico, risanate, le infrastrutture, veicolo primo di ogni sviluppo. Un piano di
ri-lancio dell’Oltrepò deve passare necessariamente per la viabilità, la visibilità delle eccellenze a livello non solo nazionale ma anche internazionale con un serio piano di marketing. Nei miei progetti anche l’uscita mensile su testate territoriali e nazionali di articoli che favoriscano la visibilità dei nostri prodotti e dei luoghi incantevoli che abbiamo, che favorirebbero inoltre un rialzo del valore immobiliare, ormai crollato ai minimi storici. Infine aggiungo l’impegno di incontrare mensilmente gli amministratori e i cittadini, ad esempio in Varzi per la Valle Staffora e a Voghera per il territorio per un confronto continuativo. Non accetto e non ritengo corretto promettere e poi scomparire dai territori dove si è stati votati. Per questo chiedo che il territorio dia un voto ad una persona del territorio e non ai soliti importati che poi spariscono». Turismo: Salice Terme era e purtroppo non lo è più, la capitale turistica dell’Oltrepò. Le Terme di Salice erano il polo attrattivo per attirare una grande parte di turisti, ma l’Oltrepò è anche altro: castelli, borghi, enogastronomia, percorsi guidati ecc. Soldi dalla regione e da altri entri ne sono arrivati molti e una parte sembrano essere a detta di molti, investiti in modo discutibile, un esempio su tutti i sentieri della Comunità Montana, un enorme numero di sentieri realizzati come si suol dire alla meno peggio. Qual è la sua idea di turismo in Oltrepò e secondo lei cosa manca in Oltrepò? «Ritengo che manchi un coordinamento complessivo. La crisi che riguarda Salice Terme, per la verità, investe parecchie località termali. Salice in particolare, con la privatizzazione dello stabilimento principale, sconta scelte ed errori che ne hanno pregiudicato la funzionalità. Bisogna pensare quindi a risolvere l’attuale situazione e pensare ad investimenti adeguati ai tempi». La parte alta dell’Oltrepò si sta spopolando sempre di più. La parte bassa invece ha problemi di lavoro e molto spesso quando c’è, lo stesso presenta delle problematiche a livello di condizioni di lavoro e di retribuzione economica. Sono poche le aziende che funzionano, molte in difficoltà, altre chiudono. Cosa fare contro lo spopolamento dell’alto Oltrepò e cosa fare per aiutare le aziende presenti sul territorio? «Quest’ultima domanda trova risposta anch’essa nelle due precedenti, la mancanza di un piano di sviluppo e protezione all’avanguardia del territorio ha creato povertà e conseguente abbandono dei paesi. Riconversione di rotta difficile e lenta, ma non impossibile. Incentivare e promuovere le aziende sfruttando al massimo la formazione professionale, adeguata alla nuova richiesta del mercato ed accedere ai contributi regionali ed europei. Un’intelligente uso di queste risorse sicuramente produrranno effetti positivi. L’azione attenta del consigliere regionale del territorio, in collaborazione con gli organismi e le istituzioni esistenti, potrà essere di stimolo per nuovi progetti di sviluppo».
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«Tre bypass, tre ponti nuovi, per ridare ossigeno» Amedeo Pietro Quaroni, imprenditore agricolo e sindaco di Montù Beccaria al suo terzo mandato. Fonda nel 1994 il club di “Forza Italia” ed oggi è per lo stesso partito, candidato al consiglio regionale. Nel caso venisse eletto il problema salute e il problema assistenza medica è particolarmente sentito e anche di attualità in Oltrepò. Che si chiamino tagli, che si chiamino ottimizzazioni, si stanno riducendo le guardie mediche e l’Oltrepò con i suoi presidi di Voghera, Stradella, Varzi e Broni è in bilico tra speranze di potenziamento, tagli e carenze di personale. Quale sarà concretamente il suo impegno in Regione per migliorare la situazione? «L’assistenza sanitaria è sicuramente uno dei problemi più sentiti dai cittadini. La salute è vista da tutti come il bene primario e va difesa e salvaguardata.. Credo che i tagli alle guardie mediche siano assolutamente da rivedere. In particolare credo che sia fondamentale potenziare i pronto soccorsi, specialmente nelle zone più lontane dai grandi Ospedali. Un pronto soccorso efficiente è la garanzia è una garanzia per il paziente in difficoltà ed è il luogo in cui nei momenti cruciali si può salvare o no la vita a un cittadino». Il pericolo inceneritore Retorbido sembra ormai quasi scongiurato, molti sono i siti di rifiuti speciali in Oltrepò che da un recente controllo risultano per la stragrande maggioranza non in regola. L’Oltrepò è anche uno dei fanalini di coda nella raccolta differenziata che alcuni Comuni stanno cercando di attuare tra mille difficoltà e proteste. Qual è il suo impegno per i siti rifiuti speciali e qual è la sua soluzione concretamente per migliorare ed ottimizzare la raccolta differenziata? «L’abbandono in cui versa la provincia di Pavia è sicuramente il motivo principale che porta alla fine a queste situazioni, che coinvolgono il degrado ambientale e la su-
perficialità nel contenere il fenomeno è sotto gli occhi di tutti. Io ritengo che andrà sicuramente potenziata la differenziazione dei rifiuti e quindi la loro riutilizzazione, ritengo che ogni territorio debba contribuire allo smaltimento dei propri rifiuti, ma ritengo grave che alcuni territori diventino la pattumiera di tutti gli altri solo per motivi di convenienza». Sempre più spesso in Oltrepò ci sono emergenze dovute ai “capricci” climatici, i sindaci oltrepadani sempre più a corto di risorse dopo ogni frana, temporale di forte intensità, e dopo ogni grande freddo invocano lo stato di emergenza. Alcuni dicono che emergenza non è, ma mancanza di prevenzione. Quale sarà il suo impegno su questo tema? Cercare di inviare ulteriori risorse per affrontare le emergenze o inviare risorse solo nel caso in cui i sindaci reinvestano in prevenzione? Sono sindaco da 13 anni, conosco bene il problema, purtroppo viviamo in uno Stato che da troppo tempo ha spesso lavorato in modo insufficiente sulle emergenze e mai sulla prevenzione. Purtroppo anche i cambiamenti climatici non aiutano, certo, ma bisogna ritornare a fare almeno la manutenzione del territorio: strade, canali, versanti,etc.etc. da troppo tempo non si fanno più neanche le cose più elementari ed è ora di cambiare rotta». L’agricoltura è una delle risorse principali dell’Oltrepò e la viticoltura la punta di diamante. Semplificando il concetto espresso dall’Assessore regionale Fava, di soldi in Oltrepò ne sono arrivati molti e purtroppo in futuro ne arriveranno sempre meno causa un’eccessiva litigiosità tra i vari soggetti agricoli e vitivinicoli oltrepadani in campo. Qual è la sua strategia per far sì che l’Oltrepò sia meno litigioso alla luce del fatto che comunque ad oggi ogni confronto, ogni tavolo organizzato e ogni cabina di regia è fallita?
Quale può essere il suo impegno per promuovere la sua terra? «Sono un sindaco, ma sono anche un imprenditore agricolo e un vitivinicoltorea dell’Oltrepò. Purtroppo e spesso abbiamo sempre demandato e delegato curatori e “santoni” della politica per risolvere i nostri problemi, io ho accettato di candidarmi proprio perché ritengo che sia ora che qualcuno di noi si faccia carico, sacrificandosi, dei nostri problemi. Qualcuno che come me li conosce dall’interno vivendoli ogni giorno. Un assessore della Regione non dovrebbe mai permettersi di denigrare gratuitamente un intero territorio della sua giurisdizione, dovrebbe invece sforzarsi di capire e aiutare nella risoluzione dei problemi, che non mancano». Turismo: Salice Terme era e purtroppo non lo è più, la capitale turistica dell’Oltrepò. Le Terme di Salice erano il polo attrattivo per attirare una grande parte di turisti, ma l’Oltrepò è anche altro: castelli, borghi, enogastronomia, percorsi guidati… Soldi dalla Regione e da altri entri ne sono arrivati molti e una parte sembrano essere a detta di molti, investiti in modo discutibile, un esempio su tutti i sentieri della Comunità Montana, un enorme numero di sentieri realizzati come si suol dire alla meno peggio. Qual è la sua idea di turismo in Oltrepò e secondo lei cosa manca in Oltrepò? «Per fare turismo occorrono prima di tutto le infrastrutture, io ho un azienda agricola ma anche da 17 anni un agriturismo e la prima cosa che chiede un turista è di arrivare da noi velocemente. Le strade e i ponti di collegamento sono a dir poco il primo enorme ostacolo a tutto questo. Poi certo il territorio e l’accoglienza devono essere ricettivi e di qualità... ma su quello credo che tanti giovani negli ultimi anni abbiano migliorato molto la qualità delle loro aziende e dei loro prodotti. Ne la Provincia ne la Regione ci hanno aiutati e io dico anche a causa dei no-
Amedeo Pietro Quaroni stri rappresentanti poco incisivi». La parte alta dell’Oltrepò si sta spopolando sempre di più. La parte bassa invece ha problemi di lavoro e molto spesso quando c’è, lo stesso presenta delle problematiche a livello di condizioni e di retribuzione economica. Sono poche le aziende che funzionano, molte in difficoltà, altre chiudono. Cosa fare contro lo spopolamento dell’alto Oltrepò e cosa fare per aiutare le aziende presenti sul territorio? «L’Oltrepò non va più visto come diviso e fatto di parti, l’Oltrepò ha una bellezza e una variegata vitalità che sicuramente va rimessa al centro di un progetto provinciale e regionale. Le varie zone di pianura, di collina e di montagna riusciranno a riprendersi se lo faranno insieme, non ci potrà mai essere un Oltrepò che migliora se l’altra parte soffre o addirittura muore. Incomicerei col pretendere un intervento a cuore aperto... Tre bypass, tre ponti nuovi, per ridare ossigeno al cuore dell’Italia, che guardando la cartina dell’italia, è proprio l’Oltrepò Pavese!».
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«Prima gli italiani, per noi non sarà soltanto uno slogan» Massimiliana Rivoltella, 22 anni è responsabile di sala presso una catena di ristoranti. Di Rivarolo, frazione nel Comune di Val di Nizza è alla sua prima esperienza politica. Candidata di “Casapound Italia” a sostegno della presidenza di Angela De Rosa Nel caso venisse eletta il problema salute e il problema assistenza medica è particolarmente sentito e anche di attualità in Oltrepò. Che si chiamino tagli, che si chiamino ottimizzazioni, si stanno riducendo le guardie mediche e l’Oltrepò con i suoi presidi di Voghera, Stradella, Varzi e Broni è in bilico tra speranze di potenziamento, tagli e carenze di personale. Quale sarà concretamente il suo impegno in Regione per migliorare la situazione? «La sanità pubblica italiana è sempre più vittima di un’aziendalizzazione selvaggia che vede strutture e personale come meri numeri da sacrificare in nome del profitto. In quest’ottica si inserisce l’intenzione di Ats di ridurre le sedi delle guardie mediche, il che vedrebbe centri come Casteggio e Varzi senza presidi medici idonei. CasaPound Italia è contro questa assurda logica e chiede, al posto di chiusure che danneggiano la comunità, che ci si dedichi all’ammodernamento e alla riqualificazione degli ospedali pubblici, attraverso la riconversione degli ingenti fondi pubblici utilizzati per sostenere organizzazioni inutili e parassitarie. Di conseguenza il mio impegno andrà in questa direzione: strenua difesa della sanità oltrepadana». Il pericolo inceneritore Retorbido sembra ormai quasi scongiurato, molti sono i siti di rifiuti speciali in Oltrepò che da un recente controllo risultano per la stragrande maggioranza non in regola. L’Oltrepò è anche uno dei fanalini di coda nella raccolta differenziata che alcuni Comuni stanno cercando di attuare tra mille difficoltà e proteste. Qual è il suo impegno per i siti rifiuti speciali e qual è la sua soluzione concretamente per migliorare ed ottimizzare la raccolta differenziata? «Il problema non è solo Retorbido, bisogna
evitare di fare come gli struzzi e mettere la testa sotto la sabbia. Quante discariche abusive ci sono, ancora, sparse per il nostro territorio? Senza dimenticare la questione dei fanghi e di tutto quello che viene versato nei terreni. Se eletta in Regione, chiederò una mappatura precisa e dettagliata di tutti i siti dove vengono versati i fanghi e altre sostanze come i compost, con relativa calendarizzazione obbligatoria, oltre che ad un aumento serrato della vigilanza sui siti di stoccaggio. Realizzeremo un coordinamento tra Forze dell’Ordine, Protezione Civile e Guardie Ecologiche. Per la differenziata vorrei che Regione Lombardia stimolasse i comuni dell’Oltrepò, attraverso degli sgravi per quei centri abitati che risulteranno essere tra i più virtuosi». Sempre più spesso in Oltrepò ci sono emergenze dovute ai “capricci” climatici, i sindaci oltrepadani sempre più a corto di risorse dopo ogni frana, temporale di forte intensità, e dopo ogni grande freddo invocano lo stato di emergenza. Alcuni dicono che emergenza non è, ma mancanza di prevenzione. Quale sarà il suo impegno su questo tema? Cercare di inviare ulteriori risorse per affrontare le emergenze o inviare risorse solo nel caso in cui i sindaci reinvestano in prevenzione? «Che il clima stia cambiando non è certo una novità, così come non è una novità la continua attesa che accada qualcosa di irreparabile, vedi frane, prima di intervenire. È purtroppo una caratteristica a livello nazionale, ma torniamo a noi e all’Oltrepò: Basta sprechi! Come consigliere regionale chiederò che vengano inviate risorse solo ed esclusivamente a quei comuni i cui sindaci investano nella prevenzione. Dobbiamo porci a difesa di quel sacro legame che c’è fra la terra ed il popolo che la abita». L’agricoltura è una delle risorse principali dell’Oltrepò e la viticoltura la punta di diamante. Semplificando il concetto espresso dall’Assessore regionale Fava, di soldi in Oltrepò ne sono arrivati molti e purtroppo in futuro ne arriveranno
Massimiliana Rivoltella sempre meno causa un’eccessiva litigiosità tra i vari soggetti agricoli e vitivinicoli oltrepadani in campo. Qual è la sua strategia per far sì che l’Oltrepò sia meno litigioso alla luce del fatto che comunque ad oggi ogni confronto, ogni tavolo organizzato e ogni cabina di regia è fallita? Quale può essere il suo impegno per promuovere la sua terra? «Partiamo dal presupposto che l’Oltrepò pavese non ha nulla da invidiare a zone come il Chianti o la Franciacorta. La nostra proposta è quella di creare un marchio vitivinicolo unico, inconfondibile e forte, capace di resistere alle sfide del mercato. In Regione, dunque, mi batterò in tal senso poiché il vino, con il suo indotto e la sua storia, rappresenta il sangue dell’Oltrepò». Turismo: Salice Terme era e purtroppo non lo è più, la capitale turistica dell’Oltrepò. Le Terme di Salice erano il polo attrattivo per attirare una grande parte di turisti, ma l’Oltrepò è anche altro: castelli, borghi, enogastronomia, percorsi guidati… Soldi dalla Regione e da altri entri ne sono arrivati molti e una parte sembrano essere a detta di molti, investiti in modo discutibile, un esempio su tutti i sentieri della Comunità Montana, un enorme numero di sentieri realizzati come si suol dire alla meno peggio. Qual
è la sua idea di turismo in Oltrepò e secondo lei cosa manca in Oltrepò? «In sostanza all’Oltrepò non manca proprio nulla, poiché la bontà dei suoi prodotti enogastronomici e la bellezza delle sue colline, con i suoi borghi antichi, sono sotto gli occhi di tutti. Manca però la capacità di mettere in mostra questa bellezza. Prendiamo la Val di Nizza, località dalla quale provengo: vi sono numerosissimi agriturismi che dovrebbero comparire in ogni guida turistica insieme al giustamente decantato Chianti toscano. Eppure non succede. Così come esistono numerose cantine dove rilassarsi bevendo del buon vino e ammirando incantevoli panorami. Bisognerebbe creare un ente che si occupi esclusivamente di promuovere la comunità oltrepadana, nella sua interezza, e non quell’insieme di attori pronti, solamente, a farsi una guerra senza quartiere. Guerra in cui a rimetterci è la nostra incantevole terra». La parte alta dell’Oltrepò si sta spopolando sempre di più. La parte bassa invece ha problemi di lavoro e molto spesso quando c’è, lo stesso presenta delle problematiche a livello di condizioni e di retribuzione economica. Sono poche le aziende che funzionano, molte in difficoltà, altre chiudono. Cosa fare contro lo spopolamento dell’alto Oltrepò e cosa fare per aiutare le aziende presenti sul territorio? «Secondo CasaPound Italia, Regione Lombardia deve garantire e difendere il sistema delle imprese tramite risorse mirate allo sviluppo tecnologico e a sostegno dell’eccellenza lombarda. Tra le eccellenze lombarde e pavesi, come già detto, abbiamo l’enogastronomia dell’Oltrepo. La Regione deve incentivare i giovani italiani ad avviare attività nella nostra provincia, in modo da eliminare la diaspora dei giovani oltrepadani verso il resto d’Italia e del mondo. Inoltre, come CasaPound, vogliamo penalizzare fortemente la scelta di quelle aziende che trasferiscono la produzione all’estero. Prima gli italiani per noi non sarà soltanto uno slogan da campagna elettorale».
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«Occorre attuare precise strategie tali da evitare infiltrazioni criminali» Carlo Torlasco, residente a Varzi, è stato dal 1992 al 2000 vicesindaco di Rocca Susella. Dal 2006 al 2014 membro del direttivo Provinciale e Regionale dell’ UDC. Responsabile di produzione di un’azienda metalmeccanica, è candidato nella lista “Obiettivo Lombardia per le Autonomie Gori Presidente”. Nel caso venisse eletto, il problema salute e il problema assistenza medica è particolarmente sentito e anche di attualità in Oltrepò. Che si chiamino tagli, che si chiamino ottimizzazioni, si stanno riducendo le guardie mediche; l’Oltrepò e i suoi presidi di Voghera, Stradella, Varzi e Broni è in bilico tra speranze di potenziamento, tagli e carenze di personale. Quale sarà concretamente il suo impegno in Regione per migliorare la situazione? «Il programma della nostra lista e ovviamente anche quello del candidato presidente Giorgio Gori sono molto chiari in proposito. La sanità lombarda, che pure vanta punte di eccellenza in vari settori, dovrà invece cambiare in modo radicale per quanto riguarda l’esistenza di alcuni piccoli presidi ospedalieri, soprattutto quelli situati in alta collina o in montagna. Il loro servizio è fondamentale: tali presidi - come quello di Varzi, ad esempio - dovranno essere potenziati e valorizzati così da costituire un punto di riferimento essenziale per tutti coloro che abitano nel territorio limitrofo». Il pericolo inceneritore a Retorbido sembra ormai quasi scongiurato; molti sono i siti di rifiuti speciali in Oltrepò che da un recente controllo risultano, per la stragrande maggioranza, non in regola. L’Oltrepò è anche uno dei fanalini di coda nella raccolta differenziata che alcuni Comuni stanno cercando di attuare tra mille difficoltà e proteste. Qual è il suo impegno per i siti rifiuti speciali e qual è la sua soluzione concretamente per migliorare e ottimizzare la raccolta differenziata? «La salvaguardia dell’ambiente è una nostra priorità. Pare che, proprio di recente, la società Tire (la stessa dell’impianto di pirolisi) sia risorta dalle ceneri presentandosi al Tar della Regione Lombardia con l’obiettivo di far dichiarare illegittima la legge regionale che aveva posto fine alla possibilità
Carlo Torlasco dell’insediamento di un inceneritore a Retorbido. Se mai dovesse essere necessario, noi ci schiereremo di nuovo a fianco degli oltrepadani, a difesa della qualità dell’ambiente. Quanto alla raccolta differenziata, proprio alcuni comuni del nostro territorio hanno dimostrato che, con un’adeguata progettazione, si ottiene la fattiva collaborazione dei cittadini e quindi è possibile raggiungere in breve tempo risultati ottimali al riguardo. Il capitolo dei rifiuti speciali costituisce un argomento piuttosto delicato. Tuttavia, come sostiene lo stesso Giorgio Gori, occorre attuare precise strategie tali da evitare infiltrazioni criminali nelle attività di raccolta e trattamento dei rifiuti industriali. E c’è un’altra emergenza che riguarda da vicino il nostro territorio: l’amianto. Bisogna predisporre un piano straordinario per la sua rimozione così da adeguarsi all’indicazione europea di rimozione entro il 2023, definendo nuovi incentivi appunto per la rimozione e rafforzando la vigilanza, i controlli e, infine, predisponendo pesanti sanzioni per le eventuali inadempienze». Sempre più spesso in Oltrepò ci sono emergenze dovute ai “capricci” climatici: i sindaci oltrepadani, sempre più a corto di risorse, dopo ogni frana, ogni temporale di forte intensità e avvento del grande freddo, invocano lo stato di emergenza. Alcuni dicono che emergenza non è, ma mancanza di prevenzione. Quale sarà il suo impegno su questo tema? Cercare di inviare ulteriori risorse per affrontare le emergenze o inviare risorse solo nel caso in cui i sindaci reinvestano in prevenzione?
«Non c’è alcun’altra lista che, come la nostra, abbia come principale obiettivo quello di ridare le autonomie ai piccoli comuni e alle comunità montane. Siamo favorevoli, infatti, a una nuova politica di valorizzazione e sviluppo, nell’ottica di una maggiore attenzione soprattutto verso l’alta collina e la montagna. Bisogna cioè rafforzare la presenza istituzionale sul territorio, e quindi quella dei Comuni e delle Comunità Montane, così da offrire nel miglior modo possibile tutti i servizi di cui ha bisogno la popolazione. Le risorse regionali sono state ridotte e spesso utilizzate a sostegno di iniziative frammentarie: la Regione si è presa gran parte delle deleghe e dei finanziamenti; pertanto anche le opere riguardanti la prevenzione non sono più state eseguite per mancanza di fondi. I comuni dovranno essere in grado di reinvestire risorse proprio per un’adeguata prevenzione che consenta, da un lato, di risparmiare soldi pubblici nel lungo periodo e, dall’altro, di evitare problemi seri alla popolazione». L’agricoltura è una delle risorse principali dell’Oltrepò e la viticoltura la punta di diamante. Semplificando il concetto espresso dall’assessore regionale Fava, di soldi in Oltrepò ne sono arrivati molti e purtroppo in futuro ne arriveranno sempre meno causa un’eccessiva litigiosità tra i vari soggetti agricoli e vitivinicoli oltrepadani in campo. Qual è la sua strategia per far sì che l’Oltrepò sia meno litigioso alla luce del fatto che comunque ad oggi ogni confronto, ogni tavolo organizzato e ogni cabina di regia è fallita? Quale può essere il suo impegno per promuovere la sua terra? «Non desidero certo entrare nel merito dei concetti espressi dall’assessore regionale Fava che, peraltro, mi risulta non sia neppure stato candidato dal suo partito. In ogni caso, non credo abbia ben compreso le dinamiche proprie dell’Oltrepò vitinicolo e dei vari consorzi di tutela. Credo che ogni problema potrà essere risolto con un progetti concreti tramite l’utilizzo delle risorse necessarie». Turismo: Salice Terme era, e purtroppo non lo è più, la capitale turistica dell’Oltrepò. Le Terme di Salice erano il polo attrattivo per attirare una grande parte di
turisti, ma l’Oltrepò è anche altro: castelli, borghi, enogastronomia, percorsi guidati… Soldi dalla regione e da altri entri ne sono arrivati molti e una parte sembra, a detta di molti, esssere stata investita in modo discutibile come, ad esempio, su tutti i sentieri della Comunità Montana: un enorme numero di sentieri realizzati, come si suol dire, alla meno peggio. Qual è la sua idea di turismo in Oltrepò e secondo lei cosa manca in Oltrepò? «Gli altri politici non accennano nemmeno al disastro delle Terme di Salice: sembra quasi che non sia un problema grave. Ciò nonostante, dicono che comunque a loro sta a cuore la rinascita dell’Oltrepò. Noi ci interesseremo senz’altro al rilancio dello stabilimento termale; un rilancio che potrebbe anche passare attraverso un interessamento diretto da parte della Regione. Una delle opportunità per il nostro territorio potrebbe essere rappresentata da interventi di politica economica orientati alla combinazione e all’integrazione strategica dei settori agricoltura, turismo e ristorazione, con una particolare attenzione verso la promozione dei prodotti di qualità». La parte alta dell’Oltrepò si sta spopolando sempre di più. La parte bassa invece ha problemi di lavoro e molto spesso, quando c’è, lo stesso presenta delle problematiche a livello di condizioni di lavoro e di retribuzione economica. Sono poche le aziende che funzionano: molte sono in difficoltà, altre chiudono. Cosa fare contro lo spopolamento dell’Alto Oltrepò e cosa fare per aiutare le aziende presenti sul territorio? «Anche in questo caso, possiamo fare riferimento al programma proposto da Giorgio Gori e agli sforzi che Regione Lombardia promuoverà a favore dell’occupazione, soprattutto quella giovanile, in special modo quella dei comuni collinari e montani. Innanzitutto, l’utilizzo delle risorse su obiettivi ben individuati, a partire da una visione territoriale dello sviluppo regionale, articolata in specifici macro-ambiti. Saranno date, cioè, risposte differenti a bisogni differenti. Valorizzazione del territorio, progetti, risorse e sviluppo turistico come leva di sviluppo economico: da qui si ripartirà. Anche in Oltrepò».
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«Fare tesoro delle realtà virtuose e valorizzarle» Francesca Turini, 39enne vogherese. Laureata in Giurisprudenza svolge la libera professione nel suo studio a Voghera. Vicepresidente e Consigliere Nazionale della sezione di Voghera dell’Associazione Italiana Giovani Avvocati (A.I.G.A). Candidata della lista civica a sostegno di Giorgio Gori come prosecuzione del suo impegno di cittadina attiva nella lista civica “Ghezzi Sindaco” e poi nell’associazione “Vogheraè”. Nel caso venisse eletta il problema salute e il problema assistenza medica è particolarmente sentito e anche di attualità in Oltrepò. Che si chiamino tagli, che si chiamino ottimizzazioni, si stanno riducendo le guardie mediche e l’Oltrepò con i suoi presidi di Voghera, Stradella, Varzi e Broni è in bilico tra speranze di potenziamento, tagli e carenze di personale. Quale sarà concretamente il suo impegno in Regione per migliorare la situazione? «Occorre portare in Regione le problematiche del nostro territorio affinchè vengano risolte con progetti a largo spettro che aiutino veramente tutti i cittadini ed occorre investire nel modo adeguato le somme ogni volta stanziate. Innanzitutto per migliorare la situazione non bisogna ridurre ma aumentare! Non si possono nascondere tagli dietro la parola ottimizzazione. A Voghera occorre aumentare il numero dei medici di guardia al fine di averne almeno tre ed aprire un ambulatorio più vicino alle esigenze dei cittadini, a Casteggio occorre mantenere l’ambulatorio (che già c’è) ed il medico che possa svolgere le visite esterne, a Broni occorre un ambulatorio con un medico e due medici per le visite esterne. Occorre realizzare, veramente, una rete capillare di presidi territoriali di assistenza. Le promesse e le aspettative del centro destra fatte in questi anni sono state disattese. Si tratta di servizi che i cittadini utilizzano molto e che devono essere protetti e potenziati al fine di evitare che questo tipo di assistenza diventi territorio esclusivo di imprenditori privati. La salute è un bene tutelato dalla nostra Costituzione e non può essere ad appannaggio solo di coloro che se lo possono permettere». Il pericolo inceneritore Retorbido sembra ormai quasi scongiurato, molti sono i siti di rifiuti speciali in Oltrepò che da un recente controllo risultano per la stragrande maggioranza non in regola. L’Oltrepò è anche uno dei fanalini di coda nella raccolta differenziata che alcuni Comuni stanno cercando di attuare tra mille difficoltà e proteste. Qual è il suo impegno per i siti rifiuti speciali e qual è la sua soluzione concretamente per migliorare ed ottimizzare la raccolta differenziata? «La questione inceneritore di Retorbido ha fatto sì che emergessero vari punti deboli della politica. Il nostro territorio si è mostrato facilmente aggredibile e senza protezione e la politica non è stata in grado di rendersi conto con anticipo che un impianto industriale come un inceneritore non si doveva nemmeno ipotizzare in un’area simile. I cittadini dell’Oltrepò si sono mobilitati, si sono costituiti nel Comitato No inceneri-
tore che grazie al suo fondamentale lavoro ha costretto la politica a rivedere una legge regionale che impedisse la realizzazione di un inceneritore. Per quanto riguarda i siti dei rifiuti speciali è importante che si attui una attività di censimento e monitoraggio delle aree suddette per evitare che vengano posti in essere comportamenti illeciti, ma che al contrario che gli stessi vengano trattati nel modo previsto dalle normative. Il tema della raccolta differenziata è un tema importante che vede la provincia di Pavia in pesante ritardo sui programmi che vengono dall’Europa. Non dimentichiamo però che alcune realtà vicine a noi come il comune di Codevilla ha svolto un lavoro encomiabile raggiungendo la percentuale dell’85% di raccolta differenziata. Questo significa che tutti i comuni possono farlo basta solo volerlo. Occorre elaborare progetti integrati in una strategia complessiva che coinvolga ricerca, formazione e attività produttive e soprattutto i cittadini. Questi ultimi devono essere accompagnati, informati ed aiutati in questa svolta ecologica che comporta, non solo benefici all’ambiente, alla salute, ma anche risvolti economici positivi con una riduzione della tassa dei rifiuti». Sempre più spesso in Oltrepò ci sono emergenze dovute ai “capricci” climatici, i sindaci oltrepadani sempre più a corto di risorse dopo ogni frana, temporale di forte intensità, e dopo ogni grande freddo invocano lo stato di emergenza. Alcuni dicono che emergenza non è, ma mancanza di prevenzione. Quale sarà il suo impegno su questo tema? Cercare di inviare ulteriori risorse per affrontare le emergenze o inviare risorse solo nel caso in cui i sindaci reinvestano in prevenzione? «L’Oltrepò è un territorio “fragile” caratterizzato da diverse zone ad “elevato rischio idrogeologico”. Pertanto è un tema complesso che deve essere affrontato con serietà ed urgenza in quanto dobbiamo fare i conti con l’aumento di intensità e frequenza delle precipitazioni e con il continuo consumo di suolo e l’intensa cementificazione che comporta l’impermealizzazione del terreno. Ritengo sia necessario investire nuove risorse per la messa in sicurezza del territorio sostenendo i comuni coinvolti. In primo luogo occorre investire in prevenzione attraverso il potenziamento dei sistemi di monitoraggio e allertamento per i rischi naturali. Occorre, pertanto, studiare gli scenari di rischio possibili, i meccanismi di innesco dei fenomeni franosi e le probabilità di accadimento degli stessi. In secondo luogo, è necessario elaborare dei progetti di pianificazione territoriale con l’individuazione di vincoli e limitazioni urbanistiche oltre allo studio di azioni strutturali e tecniche di mitigazione dei rischi. Non bisogna dimenticare la promozione della cultura della protezione civile aumentando la consapevolezza nei cittadini dei rischi e della necessità della sicurezza del proprio territorio». L’agricoltura è una delle risorse principali dell’Oltrepò e la viticoltura la punta di diamante. Semplificando il concetto espresso dall’Assessore regionale Fava,
Francesca Turini di soldi in Oltrepò ne sono arrivati molti e purtroppo in futuro ne arriveranno sempre meno causa un’eccessiva litigiosità tra i vari soggetti agricoli e vitivinicoli oltrepadani in campo. Qual è la sua strategia per far sì che l’Oltrepò sia meno litigioso alla luce del fatto che comunque ad oggi ogni confronto, ogni tavolo organizzato e ogni cabina di regia è fallita? Quale può essere il suo impegno per promuovere la sua terra? «Nonostante le notizie dei giornali comparse negli ultimi mesi, ritengo che esista un “altro Oltrepò”: progettuale e potenzialmente collaborativo che finora è rimasto nascosto. Esistono giovani aziende, spesso al femminile, che propongono un’agricoltura moderna e sostenibile ed aziende tradizionali che abbinano competenza e serietà ma sono state lasciate ai margini. Bisogna fare tesoro delle realtà virtuose e valorizzarle. Occorre, dopo aver ascoltato le esigenze delle diverse parti, creare una rete tra le diverse realtà e tra le aziende partendo anche dai giovani e dalle donne, dall’agricoltura a chilometri zero, dalle esperienze di agricoltura sociale e biologica e dai presidi slow food. E’ necessario porre fine alle rivalità gettando le basi per un unico distretto del vino ed investendo in un vero Marketing territoriale, con il solo scopo di far conoscere il nostro territorio e valorizzare le eccellenze gastronomiche e vitivinicole che spesso vengono apprezzate in fiere nazionali ed internazionali del settore». Turismo: Salice Terme era e purtroppo non lo è più, la capitale turistica dell’Oltrepò. Le Terme di Salice erano il polo attrattivo per attirare una grande parte di turisti, ma l’Oltrepò è anche altro: castelli, borghi, enogastronomia, percorsi guidati… Soldi dalla Regione e da altri entri ne sono arrivati molti e una parte sembrano essere a detta di molti, investiti in modo discutibile, un esempio su tutti i sentieri della Comunità Montana, un enorme numero di sentieri realizzati come si suol dire alla meno peggio. Qual è la sua idea di turismo in Oltrepò e secondo lei cosa manca in Oltrepò?
«L’Oltrepò è bello da un punto di vista paesaggistico con le colline che ci circondano e da un punto di vista artistico con chiese, castelli medievali, pievi e abbazie che sono il nostro tesoro. è quindi fondamentale la creazione di un marchio per il rilancio dell’immagine attraverso un’azione di marketing che possa far conoscere e pubblicizzare questa zona della Lombardia come merita. Il turismo, fatto di natura, arte e cibo, potrebbe aumentare se aumenta l’offerta di servizi e di iniziative per tutti coloro che decidono di scoprire questi luoghi. Il turismo può accrescere il benessere economico, sociale e sostenibile del territorio. Si possono valorizzare le esperienze già in atto: i castelli privati di Oramala e di Varzi e quello pubblico di Zavattarello costituiscono eccellenze. Abbiamo forti tradizioni, sagre che attraversano tutte le stagioni e vantiamo percorsi enogastronomici invidiabili che devono solo essere fatti conoscere. Ci sono la Green Way, l’impianto di Pian del Poggio, i sentieri della Via del Sale e molto altro. Naturalmente questo sviluppo non può essere avulso da una ristrutturazione delle infrastrutture di collegamento e da un potenziamento ed una valorizzazione delle strutture ricettive». La parte alta dell’Oltrepò si sta spopolando sempre di più. La parte bassa invece ha problemi di lavoro e molto spesso quando c’è, lo stesso presenta delle problematiche a livello di condizioni e di retribuzione economica. Sono poche le aziende che funzionano, molte in difficoltà, altre chiudono. Cosa fare contro lo spopolamento dell’alto Oltrepò e cosa fare per aiutare le aziende presenti sul territorio? «L’alto Oltrepò presenta caratteristiche paesaggistiche e climatiche ideali per un turismo estivo ed invernale per famiglie e non solo. Con un breve viaggio si può fuggire dal caldo estivo e dall’inquinamento. Anche in questo caso, è fondamentale il ripristino di una viabilità dignitosa che renda più agevolmente accessibili questi territori. Ci sono ottime realtà nell’ambito della ricettività: agriturismi, hotel con spazi benessere e centri sportivi. Bisogna potenziare l’imprenditorialità del settore attraverso politiche di sostegno. In alto Oltrepò ci sono aziende che producono miele, formaggio e frutta di alta qualità. Ci sono realtà giovani che vanno fatte conoscere ed aiutate magari con crediti agevolati e sgravi fiscali. Attraverso un rilancio dell’Oltrepò con un’operazione di Marketing territoriale consistente si possono creare posti di lavoro ed in un contesto in crescita tutte le aziende ne possono beneficiare. Credo che un territorio migliorato e valorizzato diventi agli occhi degli investitori più appetibile e meta per investimenti».
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«Occorre stanziare più risorse per potenziare il trasporto» Cristina Varesi è la candidata del “Partito Democratico” a sostegno di Giorgio Gori. Di Broni, è stata prima assessore ed ora è vicesindaco del suo Comune. Nel caso venisse eletta il problema salute ed il problema assistenza medica è particolarmente sentito e anche di attualità in Oltrepò. Che si chiamino tagli o che si chiamino ottimizzazioni si stanno riducendo le guardie mediche e l’Oltrepò con i suoi presidi di Voghera, Stradella, Varzi e Broni è in bilico tra speranze di potenziamento, tagli e carenze di personale. Quale sarà concretamente il suo impegno in Regione per migliorare la situazione? «Conosco bene la questione, visto l’impegno che come Amministrazione comunale di Broni abbiamo portato avanti negli anni scorsi per la riqualificazione del Presidio Ospedaliero Arnaboldi e il mantenimento di un adeguato livello qualitativo dei servizi offerti nei reparti per acuti situati nell’Ente Ospedaliero Broni-Stradella con sede a Stradella. Proprio dal successo che ha avuto quella iniziativa, quando in soli due mesi si sono raccolte oltre 4000 firme e 13 comuni del territorio hanno fatto propria una relativa delibera di Consiglio, credo che per migliorare la situazione del rischio di depotenziamento delle strutture della nostra provincia bisogna partire da quel modus operandi basato sulla collaborazione e sul “fare squadra” tra enti pubblici locali, vertici delle strutture sanitarie, rappresentanze sindacali del settore, mondo associazionistico locale e soprattutto i cittadini dei territori interessati». Il pericolo inceneritore di Retorbido sembra ormai quasi scongiurato, molti sono i siti di rifiuti speciali in Oltrepò che da un recente controllo risultano per la stragrande maggioranza non in regola. L’Oltrepò è anche uno dei fanalini di coda nella raccolta differenziata che alcuni Comuni stanno cercando di attuare tra mille difficoltà e proteste. Qual è il suo impegno per i siti rifiuti speciali e qual è la sua soluzione, concretamente, per migliorare ed ottimizzare la raccolta differenziata? «I siti debbono essere controllati e gestiti a regola d’arte nessuno può permettersi di non operare nel rispetto delle regole per la salute dei Cittadini. La raccolta differenziata è attiva dagli anni novanta, parliamo del porta a porta? Metodo forse più efficace? Forse, anche se bisogna fare i conti con la maggiorazione dei costi del servizio, a fronte nel corso degli anni di un’ottimizzazione della qualità del rifiuto. La mia idea da sempre è poter realizzare un impianto ad alta tecnologia come negli altri Paesi europei , e finalmente trasformare il rifiuto in risorsa!!!». Sempre più spesso in Oltrepò ci sono emergenze dovute ai “capricci” climatici. I sindaci oltrepadani sempre più a corto di risorse dopo ogni frana, temporale di forte intensità, e dopo ogni grande freddo invocano lo stato di emergenza. Alcuni dicono che emergenza non è ma
mancanza di prevenzione. Quale sarà il suo impegno su questo tema? Cercare di inviare ulteriori risorse per affrontare le emergenze o inviare risorse solo nel caso in cui i sindaci reinvestano in prevenzione?
duttori e le peculiarità ed unicità di quelli più piccoli, che rappresentano con uguale dignità e qualità il nostro territorio. Rispetto al passato si sono fatti negli ultimi anni dei passi in avanti in questa direzione, non dimentichiamoci che in Oltrepò, a Cassino,
Cristina Varesi «Non ha senso ragionare per emergenze, è un modello organizzativo che non mi appartiene. Come dicevano i nostri nonni che la sapevano lunga sempre “meglio prevenire che curare”. Occorre investire maggiormente nella prevenzione e nella protezione dell’ambiente, sia dal punto di vista del territorio collinare che per quanto riguarda la pulizia di fiumi e fossi; inoltre, occorre lavorare anche sul versante del risarcimento per eventuali calamità, prevedendo degli strumenti assicurativi e di rimborso veloci e senza burocrazia. Infine occorre rafforzare anche il sistema delle protezioni civili locali, che in casi di calamità svolgono un lavoro di fondamentale importanza per la tutela e la salvaguardia del territorio». L’agricoltura è una delle risorse principali dell’Oltrepò e la viticoltura la punta di diamante. Semplificando il concetto espresso dall’Assessore regionale Fava, di soldi in Oltrepò ne sono arrivati molti e purtroppo in futuro ne arriveranno sempre meno causa un’eccessiva litigiosità tra i vari soggetti agricoli e vitivinicoli oltrepadani in campo. Qual è la sua strategia per far sì che l’Oltrepò sia meno litigioso alla luce del fatto che comunque ad oggi ogni confronto, ogni tavolo organizzato e ogni cabina di regia è fallita? Quale può essere il suo impegno per promuovere la sua terra? «Sicuramente è necessario trovare un punto di incontro tra le esigenze dei grandi pro-
ha trovato sede l’Enoteca Regionale della Lombardia. Il mio impegno sarà quello di lavorare per favorire il dialogo non solo tra i consorzi di tutela, ma anche e soprattutto tra tutti i produttori, anche quelli più piccoli, per contribuire a dare vita ad un progetto ambizioso, una sorta di “Stati generali del vino dell’Oltrepò” in cui tutti i produttori possano trovare posto ed essere rappresentati, che contribuisca a fare di tutto l’Oltrepò un vero e proprio ‘brand’ facilmente riconoscibile ed esportabile all’estero.Riguardo alle risorse ricevute dalla Regione in questi anni dal nostro territorio, bisogna confrontarle con quanto dato e fatto per altri territori lombardi, come ad esempio la Franciacorta: allora credo che il sostegno all’Oltrepò debba essere semmai aumentato, non certo diminuito». Turismo: Salice Terme era e purtroppo non lo è più, la capitale turistica dell’Oltrepò. Le Terme di Salice erano il polo attrattivo per attirare una grande parte di turisti, ma l’Oltrepò è anche altro: castelli, borghi, enogastronomia, percorsi guidati… Soldi dalla regione e da altri entri ne sono arrivati molti e una parte sembrano essere a detta di molti, investiti in modo discutibile, un esempio su tutti i sentieri della Comunità Montana, un enorme numero di sentieri realizzati come si suol dire alla meno peggio. Qual è la sua idea di turismo in Oltrepò e secondo lei cosa manca in Oltrepò?
«Credo che quello che sia mancato in questi ultimi anni sia una cabina di regia valida in grado di gestire al meglio le risorse ricevute. Lo svuotamento di competenze e risorse della Provincia non ha certo aiutato, anzi Credo che, per migliorare la situazione, come sempre bisogna ripartire dai territori superando la logica miope dei campanilismi che tanto ha recato danno alla nostra terra. Occorre iniziare a ragionare, in ottica di promozione del territorio, non più sulla valorizzazione della singola eccellenza, di cui l’Oltrepò è ricco, ma trattare la somma di più eccellenze come un’unica, fondamentale risorsa da valorizzare. Bisogna collaborare tutti insieme, enti locali, associazioni di promozione, strutture attraverso ricettive attraverso un lavoro di squadra che punti a creare dei veri e propri “pacchetti turistici Oltrepò grazie anche alla proficua sinergia tra pubblico e privato il modello organizzativo dei Piani di zona, che conosco a fondo e che così bene funzionano in ambito sociale, potrebbero essere uno dei modelli di “gestione associata” esportabile anche per il turismo e la promozione del territorio». La parte alta dell’Oltrepò si sta spopolando sempre di più. La parte bassa invece ha problemi di lavoro e molto spesso quando c’è, lo stesso presenta delle problematiche a livello di condizioni e di retribuzione economica. Sono poche le aziende che funzionano, molte in difficoltà, altre chiudono. Cosa fare contro lo spopolamento dell’alto Oltrepò e cosa fare per aiutare le aziende presenti sul territorio? «Lo spopolamento è frutto anche di anni e anni di mancato investimento in infrastrutture e trasporti. Prima cosa va sistemata la rete viaria dell’Oltrepò, che specie in alta collina è in condizioni pessime; occorre che la Regione dia una mano, in termini di investimenti, alla Provincia che da sola non ce la può fare; in secondo luogo, occorre un nuovo ponte della Becca: la Regione deve essere in prima linea, a fianco della Provincia e dei Comuni del territorio, nel chiedere al Ministero delle Infrastrutture di stanziare al più presto i fondi necessari, è un’opera vitale per tutto l’Oltrepò. Terzo, occorre investire concretamente nei collegamenti ferroviari tra l’Oltrepò e Milano, Piacenza e Torino. Trenord e Trenitalia devono tornare ad investire in rete ferroviaria, convogli e servizi per i pendolari , invece che puntare sull’Alta velocità tra Milano e Genova, che trovo un’assurdità: quanti minuti si potranno mai risparmiare su un tragitto complessivo di un’ora e 30 minuti? Inoltre, occorre stanziare più risorse per potenziare il trasporto con i bus per i comuni dell’altra collina, aumentando il numero di corse ed estendo i percorsi anche a zone oggi poco servite. Infine, bisogna lavorare sodo per implementare la vocazione turistica del territorio, favorendo la sinergia tra pubblico e privato, perché se lasciato solo ed abbandonato, il nostro territorio non la forza, da solo, di ripartire».
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«Produrre opportunità d’impiego per i giovani» Cesarino Vercesi classe 1956 è nato e vissuto a San Damiano al Colle, Comune di cui è sindaco dal maggio 2013. Di professione artigiano, nel 2011 è stato candidato alle elezioni provinciali nel collegio di Stradella. Appoggia con la lista “Fratelli d’Italia” Attilio Fontana Presidente. Nel caso venisse eletto il problema salute ed il problema assistenza medica è particolarmente sentito e anche di attualità in Oltrepò. Che si chiamino tagli o che si chiamino ottimizzazioni si stanno riducendo le guardie mediche e l’Oltrepò con i suoi presidi di Voghera, Stradella, Varzi e Broni è in bilico tra speranze di potenziamento, tagli e carenze di personale. Quale sarà concretamente il suo impegno in Regione per migliorare la situazione? «Sono contrario al taglio delle guardie mediche che rappresentano per il nostro territorio così vasto, una risorsa importantissima. Per quanto riguarda i presidi ospedalieri gli stessi andrebbero potenziati». Il pericolo inceneritore di Retorbido sembra ormai quasi scongiurato, molti sono i siti di rifiuti speciali in Oltrepò che da un recente controllo risultano per la stragrande maggioranza non in regola. L’Oltrepò è anche uno dei fanalini di coda nella raccolta differenziata che alcuni Comuni stanno cercando di attuare tra mille difficoltà e proteste. Qual è il suo impegno per i siti rifiuti speciali e qual è la sua soluzione, concretamente, per migliorare ed ottimizzare la raccolta differenziata? «Maggior controllo sul territorio da parte delle Forze dell’Ordine e delle Polizie Locali ma soprattutto un’attiva vigilanza da parte di tutti quei cittadini che hanno a cuore questo problema, con segnalazioni tempestive. Monitoraggio continuo delle strutture abbandonate nelle quali possano potenzialmente venire stoccati grandi quantità di rifiuti pericolosi, al fine di evitare anche i disastri come quello avvenuto a Cor-
teolona ultimamente». Sempre più spesso in Oltrepò ci sono emergenze dovute ai “capricci” climatici. I sindaci oltrepadani sempre più a corto di risorse dopo ogni frana, temporale di forte intensità, e dopo ogni grande freddo invocano lo stato di emergenza. Alcuni dicono che emergenza non è ma mancanza di prevenzione. Quale sarà il suo impegno su questo tema? Cercare di inviare ulteriori risorse per affrontare le emergenze o inviare risorse solo nel caso in cui i sindaci reinvestano in prevenzione? «Il dissesto geologico dell’Oltrepò pavese, caratterizzato principalmente dal franamento delle massicciate stradali, è purtroppo un problema endemico che necessita primariamente di grande sostegno ecomico da parte degli Enti sovraordinati, in primis l’Amministrazione provinciale. è quindi un problema che va affrontato con un programma articolato e a lungo termine di recupero delle aree dissestate. Dagli ultimi interventi a difesa del suolo sono passati circa 30 anni e furono voluti dall’allora Assessore regionale Campagnoli. La mancata manutenzione e prevenzione è il problema principale: le sponde dei reticoli idirici ad esmpio, non adeguatamente ripuliti dalla vegetazione che si deposita negli alvei, è causa di periodici pericolosi straripamenti». L’agriocoltura è una delle risorse principali dell’Oltrepò e la viticoltura la punta di diamante. Semplificando il concetto espresso dall’Assessore regionale Fava, di soldi in Oltrepò ne sono arrivati molti e purtroppo in futuro ne arriveranno sempre meno causa un’eccessiva litigiosità tra i vari soggetti agricoli e vitivinicoli oltrepadani in campo. Qual è la sua strategia per far sì che l’Oltrepò sia meno litigioso alla luce del fatto che comunque ad oggi ogni confronto, ogni tavolo organizzato e ogni cabina di regia è fallita? Quale può essere il suo impegno per pro-
muovere la sua terra? «Il concetto espresso dall’Assessore regionale Fava è che di soldi in Oltrepò ne sono arrivati tanti ma sono purtroppo stati distribuiti male, inoltre ritengo che l’Assessore non abbia correttemente raffigurato i problemi della nostra zona nelle sedi adeguate. Aggiungo che risulta attivo un sur plus di associazioni agricole con conseguenti rivalità tra le stesse da cui deriva una grande dispersione delle risorse; necessita maggior coesione tra gli operatori del settore». Turismo: Salice Terme era e purtroppo non lo è più, la capitale turistica dell’Oltrepò. Le Terme di Salice erano il polo attrattivo per attirare una grande parte di turisti, ma l’Oltrepò è anche altro: castelli, borghi, enogastronomia, percorsi guidati… Soldi dalla regione e da altri entri ne sono arrivati molti e una parte sembrano essere a detta di molti, investiti in modo discutibile, un esempio su tutti i sentieri della Comunità Montana, un enorme numero di sentieri realizzati come si suol dire alla meno peggio. Qual è la sua idea di turismo in Oltrepò e secondo lei cosa manca in Oltrepò? «Su questo punto non posso che concordare pienamente e nulla da aggiungere a quanto da lei formulato in merito al declino di un gioiello dell’Oltrepò. Necessita sicuramente una diversa strategia politica e territoriale per rilanciare una realtà per noi indispensabile. In quanto ai fondi della Comunità Montana, è evidente che ciò che manca è una nuova e competente cabina di regia. Non meno importante il fatto che i ponti che ci collegano al nord sono praticamente intransitabili (ponte della Becca) dai mezzi pesanti e questo non concorre certo a favore del territorio: poco lavoro siginifica poco interesse cioè poco turismo. E soprassiedo sullo stato delle carreggiate delle arterie provinciali, valide per ospitare campionati di moto enduro, tale è il dissesto del fondo stradale».
Cesarino Vercesi La parte alta dell’Oltrepò si sta spopolando sempre di più. La parte bassa invece ha problemi di lavoro e molto spesso quando c’è, lo stesso presenta delle problematiche a livello di condizioni e di retribuzione economica. Sono poche le aziende che funzionano, molte in difficoltà, altre chiudono. Cosa fare contro lo spopolamento dell’alto Oltrepò e cosa fare per aiutare le aziende presenti sul territorio? «L’Oltrepò si sta spopolando anche a causa dell’assenza di sgravi fiscali da offrire a coloro che intendano ristrutturare le vecchie abitazioni, che qui abbondano, spesso circondate da terreni incolti e abbandonati che potrebbero tornare a nuova vita. Produrre opportunità di impiego per i giovani, perchè sono certo che molti lascerebbero le città per la quiete delle colline, ma il nostro mercato del lavoro offre davvero poco e necessita di una strategia a lungo termine, un rilancio programmatico ed investimenti mirati, a partire dal comparto vitivinicolo ma non solo».
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«È necessario intervenire per la definitiva abolizione dell’Irap» Simone Verni, classe 1975, vogherese trapiantato a Casteggio è il candidato del M5S per Dario Violi Presidente. Laurea in Scienze Politiche Comparate e Cultura Europea lavora nell’ambito assicurativo. Ha ricoperto il ruolo di segretario della Consulta dei Servizi Sociali e del Volontariato del Comune di Voghera. Nel caso venisse eletto il problema salute e il problema assistenza medica è particolarmente sentito e anche di attualità in Oltrepo. Che si chiamino tagli, che si chiamino ottimizzazioni si stanno riducendo le guardie mediche, l’Oltrepo con i suoi presidi di Voghera, Stradella, Varzi e Broni. Sono in bilico tra speranze di potenziamento, tagli e carenze di personale. Quale sarà concretamente il suo impegno in Regione per migliorare la situazione? «La salute deve essere alla base delle politiche di governo. Al centro deve esserci il cittadino e non le dinamiche del servizio: non deve essere il cittadino a doversi adeguare alle logiche di erogazione delle prestazioni, ma il contrario. Crediamo inoltre che le decisioni di tutti gli assessorati regionali dovranno preventivamente valutare gli effetti dei loro provvedimenti sulla salute dei cittadini e prevedere quindi politiche comuni. La prima voce di bilancio di regione Lombardia è proprio destinata alla Sanità, ma la classe politica che ha governato negli ultimi decenni non solo non ha saputo risolvere i problemi basilari (come i lunghi tempi di attesa), ha costantemente colpito la sanità pubblica a favore di una sanità privata e troppe volte è stata protagonista di scandali legati al malaffare. Noi intendiamo potenziare il settore pubblico della sanità, aumentando la sua proporzione rispetto al privato accreditato. È quindi necessario rivedere le regole di accreditamento delle strutture private, evitando sovrapposizioni e scomparsa di servizi già esistenti nel pubblico. È inoltre indispensabile incrementare controlli costanti per evitare qualsiasi tipo di infiltrazione e corruzione. Organizzazione della rete ospedaliera e integrazione dei servizi sul territorio, garantendo la possibilità di trovare risposte adeguate sia per patologie complesse, sia per patologie meno complesse che richiedono una risposta di prossimità. È quindi opportuno dare dignità sia ai grandi ospedali che alla capillare rete sanitaria territoriale, fornendo ad entrambi le risorse umane, gli strumentali e le risorse economiche necessarie a provvedere ad un servizio adeguato». Il pericolo inceneritore Retorbido sembra ormai quasi scongiurato, molti sono i siti di rifiuti speciali in Oltrepò che da un recente controllo risultano per la stragrande maggioranza non in regola. L’Oltrepò è anche uno dei fanalini di coda nella raccolta differenziata che alcuni Comuni stanno cercando di attuare tra mille difficoltà e proteste. Qual è il suo impegno per i siti rifiuti speciali e qual è la sua soluzione concretamente per migliorare ed ottimizzare la raccolta differenziata? «Relativamente al caso di Retorbido, che è stato bloccato grazie ai cittadini che hanno saputo ribellarsi e all’incalzante attività di Iolanda Nanni del M5S in Consiglio regio-
nale, per evitare in futuro casi analoghi occorre innanzitutto una maggiore attenzione delle Amministrazioni locali che potrebbero intervenire con opportune variazioni ai propri piani territoriali e poi l’introduzione obbligatoria del “debact public”, presente nel nostro programma elettorale, che impone la decisione condivisa con la cittadinanza. In Lombardia ci sono 13 impianti di cui 2 in provincia di Pavia che superano l’autosufficienza e ricevono rifiuti da altre Regioni. Come se non bastasse la Giunta Maroni ha autorizzato, per quanto di sua competenza, l’ampliamento dell’impianto di Corteolona, il cui iter autorizzativo è attualmente aperto in Provincia e la creazione di una nuova discarica di amianto a Ferrera. Senza contare che la maggioranza dei comuni Pavesi non è ancora stata in grado di rispettare la quota di differenziata. È evidente che manca la volontà politica, anzi è sempre più evidente che la reale volontà politica sia quella di creare ulteriori inceneritori e nuove discariche ed è proprio grazie a questa classe politica che la provincia di Pavia è diventata la pattumiera d’Italia. Il M5S ha sempre avuto tra i valori fondanti il rispetto dell’ambiente. Nell’ambito della gestione dei rifiuti l’obiettivo “Rifiuti Zero” sarà perseguito attraverso l’applicazione delle migliori pratiche disponibili e ciò consentirà di attuare il progressivo abbandono della pratica dell’incenerimento. È dimostrato che i cittadini dei Comuni che hanno saputo raggiungere e superare l’obiettivo del 65% di quota differenziata, debitamente informati e formati, non solo non si lamentano più, ma riconoscono gli enormi benefici che ne hanno avuto, sia dal punto di vista economico, che della qualità della vita».
Simone Verni Sempre più spesso in Oltrepò ci sono emergenze dovute ai “capricci” climatici, i sindaci dell’Oltrepò pavese sempre più a corto di risorse dopo ogni frana, temporale di forte intensità e dopo ogni grande freddo invocano lo stato di emergenza. Alcuni dicono che emergenza non è, ma mancanza di prevenzione. Quale sarà il suo impegno su questo tema? Cercare di inviare ulteriori risorse per affrontare le emergenze o inviare risorse solo nel caso in cui i sindaci reinvestano in prevenzione? «Vogliamo proteggere la Lombardia dai
rischi del dissesto idrogeologico. Poiché la prevenzione è l’unico modo per ridurre i rischi legati al dissesto idrogeologico, è necessario effettuare importanti investimenti per la messa in sicurezza del territorio. È necessario un cambiamento normativo anche a livello regionale, che segni una svolta radicale rispetto alle politiche che hanno fatto dell’acqua una merce. Per questi motivi intendiamo: affermare il riconoscimento del diritto all’acqua come diritto umano universale; salvaguardare le risorse idriche come bene comune pubblico indispensabile per tutte le specie viventi e per l’ecosistema; introdurre criteri per il finanziamento del diritto all’acqua e per un uso responsabile delle risorse; ridefinire gli ambiti territoriali ottimali non più per confini amministrativi ma per bacini e sub bacini idrografici». L’agricoltura è una delle risorse principali dell’Oltrepò e la viticoltura la punta di diamante. Semplificando il concetto espresso dall’ Assessore regionale Fava, di soldi in Oltrepò ne sono arrivati molti e purtroppo in futuro ne arriveranno sempre meno causa un’eccessiva litigiosità tra i vari soggetti agricoli e vitivinicoli d’Oltrepo in campo. Qual è la sua strategia per far sì che l’Oltrepò sia meno litigioso alla luce del fatto che comunque ad oggi ogni confronto, ogni tavolo organizzato e ogni cabina di regia è fallita? Quale può essere il suo impegno per promuovere la sua terra? «Vorrei ricordare, a proposito di scelte politiche sbagliate e di occasioni sprecate, ciò che la Giunta Maroni ha fatto a Riccagioia: il naufragio di un progetto che avrebbe potuto rilanciare e riqualificare il settore vitivinicolo dell’Oltrepo pavese e un enorme spreco di risorse pubbliche con l’abbandono nel 2013 di macchinari e strumentazione acquistati nel 2010 per una spesa di circa 10 milioni di euro. Molti sono gli ambiti che possono essere presi in considerazione, come ad esempio le tecniche gestionali, i mercati di acquisto, l’accesso alle innovazioni tecnologiche, la formazione e la riqualificazione professionale, la capacità di creare una rete e soprattutto la formazione di un marchio unico, condiviso da tutti i produttori, capace di caratterizzare in modo univoco il territorio e il comparto vitivinicolo, come è stato fatto col prodotto “prosecco”, ad esempio, o in zone come Langhe e Franciacorta. La politica deve saper farsi carico delle istanze del territorio e di un settore economico così rilevante mettendo in atto azioni puntuali orientate a implementare progetti aggregativi e di reale sostegno». Turismo: Salice Terme era e purtroppo non lo è più, la capitale turistica dell’Oltrepò. Le Terme di Salice erano il polo attrattivo per attirare una grande parte di turisti, ma l’Oltrepò è anche altro: castelli, borghi, enogastronomia, percorsi guidati… Soldi dalla regione e da altri entri ne sono arrivati molti e una parte sembrano essere a detta di molti, investiti in modo discutibile, un esempio su tutti i sentieri della Comunità Montana, un enorme numero di sentieri realizzati come si suol dire alla meno peggio. Qual
è la sua idea di turismo in Oltrepò e secondo lei cosa manca in Oltrepò? «Occorre stimolare la collaborazione, anche attraverso reti tra imprese e tra enti territoriali e tramite partenariati pubblico-privato. Occorrerà puntare di più su innovazione e digitalizzazione non solo delle imprese turistiche, ma anche dei servizi dalle stesse erogati all’utenza, sostenendo la formazione e la qualificazione professionale per ottenere un’integrazione tra impresa attrattiva e culturale. Per frenare lo spopolamento di aree della nostra regione meno conosciute ma con grandi potenzialità di sviluppo, favoriremo lo stanziamento di maggiori risorse a sostegno delle realtà più piccole, per metterle in condizioni di elevare la qualità della propria offerta per migliorare la qualità e l’accessibilità dei propri servizi e la creazione di circuiti turistici locali che includano la visita di località meno note insieme a luoghi più conosciuti della stessa area. Pertanto, sarà necessario adeguare la segnaletica in modo da rendere le località turistiche e i punti di interesse più facilmente raggiungibili, sia con i mezzi privati che pubblici, favorendo l’intermodalità turistica». La parte alta dell’Oltrepo si sta spopolando sempre di più. La parte bassa invece ha problemi di lavoro e molto spesso quando c’è, lo stesso presenta delle problematiche a livello di condizioni di lavoro e di retribuzione economica. Sono poche le aziende che funzionano, molte in difficoltà, altre chiudono. Cosa fare contro lo spopolamento dell’alto Oltrepo e cosa fare per aiutare le aziende presenti sul territorio? «In Lombardia le zone montuose ricoprono il 41% dell’intera superficie e negli ultimi anni i territori montani sono stati privati del 90% delle risorse destinate allo sviluppo. Per il M5S gli obiettivi prioritari sono l’istituzione di un Assessorato per la Montagna dotato di portafoglio e quindi di capacità d’investimento. Formazione specifica degli operatori del turismo per incentivare la capacità di attrazione turistica e la promozione del territorio, investimenti in agricoltura e allevamento caratteristici, lo sviluppo del telelavoro e infrastrutture intangibili come il digitale. Occorre un forte impegno e adeguati investimenti nei monitoraggi e nei controlli sul sistema di erogazione dei fondi per la formazione. Occorre introdurre regole chiare e precise per disciplinare le procedure e le condizioni per l’erogazione dei contributi e dei finanziamenti pubblici alle imprese presenti sul territorio regionale valevoli anche per quelle estere che, con stabilimenti insediati sul territorio regionale, beneficiano di contributi regionali e dovranno stipulare dei contratti di insediamento con cui si impegnano al mantenimento dell’unità produttiva e dei livelli occupazionali per un determinato periodo di tempo. Sostenere le nostre micro, piccole e medie imprese che innovano e che creano posti di lavoro, mettendole in rete e in condizioni di reggere la competizione sul mercato internazionale. È necessario intervenire per la definitiva abolizione dell’IRAP e semplificare il Rapporto con la Pubblica Amministrazioni».
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«Il turismo deve giocare la carta dell’enogastronomia» Pinuccia Verri, nata a Broni e residente a San Cipriano Po. Consigliere comunale e successivamente assessore ai servizi sociali e vicesindaco di San Cipriano Po dal 2006 al 2011. Responsabile del Dipartimento sicurezza immigrazione della provincia di Pavia è segretario “Lega Nord” della sezione di Broni dal 2015. Candidata a sostegno di Fontana Presidente. Nel caso venisse eletta il problema salute ed il problema assistenza medica è particolarmente sentito e anche di attualità in Oltrepò. Che si chiamino tagli o che si chiamino ottimizzazioni si stanno riducendo le guardie mediche e l’Oltrepò con i suoi presidi di Voghera, Stradella, Varzi e Broni è in bilico tra speranze di potenziamento, tagli e carenze di personale. Quale sarà concretamente il suo impegno in Regione per migliorare la situazione? «La legge 23 si sta piano piano applicando, con molta fatica ma i suoi contenuti sono stati recepiti dagli attori della riforma e specialmente dai medici di base che svolgono un egregio lavoro sul territorio. è vero la politica quando deve tagliare, usa il termine riorganizzazione.Questa non è la mia posizione. Ma non dobbiamo dimenticare,per i non addetti al lavoro che questi tagli, a volte dolorosi, fanno parte di una politica imposta dal centro sinistra che piano piano ha tolto alle regioni sempre più risorse e questo ha portato a certe situazione che sono sotto gli occhi di tutti. Carenze personale, liste d’attesa lunghissime, sanità privata che sta avendo la meglio su quella pubblica. Personalmente sono per una sana competizione tra pubblico e privato ma ad armi pari! La sanita pubblica soffre per la complessa burocratizzazione dell’apparato, basti pensare ai concorsi pubblici! Comunque sia la riorganizzazione delle guardie mediche in Oltrepò mi trova contraria, come sono invece favorevole al prest di Broni che a fatica sta prendendo corpo. Vorrei sinceramente un potenziamento di Voghera e Stradella che sono presidi centrali per l’Oltrepò.Varzi invece deve avere un’attenzione particolare trattandosi di un presidio di montagna. Ecco questi sono i miei impegni sulla sanità». Il pericolo inceneritore di Retorbido sembra ormai quasi scongiurato, mol-
ti sono i siti di rifiuti speciali in Oltrepò che da un recente controllo risultano per la stragrande maggioranza non in regola. L’Oltrepò è anche uno dei fanalini di coda nella raccolta differenziata che alcuni Comuni stanno cercando di attuare tra mille difficoltà e proteste. Qual è il suo impegno per i siti rifiuti speciali e qual è la sua soluzione, concretamente, per migliorare ed ottimizzare la raccolta differenziata? «L’Oltrepò è sempre stato considerato la discarica dei rifiuti speciali. Ricordo almeno 25 anni fa la discarica di Cervesina! Ora è il momento di dire basta! Una vera programmazione territoriale con particolare attenzione verso l’ambiente e la salute ed una partecipazione delle associazioni sono il cavallo vincente. Ascolto e responsabilità sono i due cardini che mi guidano da quando mi occupo di politica. Per quanto riguarda la raccolta differenziata, siamo in un territorio dove i vertici delle varie aziende operanti non hanno mai creduto nella differenziata. Ci vuole una cultura e se manca questa nei vertici di chi amministra si perdono preziosi anni. Il cittadino la conosce,anche in questo caso cultura,informazione sono i due cardini principali per iniziarla. Certo all’inizio sara difficile ma a regime ne beneficeranno tutti i cittadini e soprattutto il territorio». Sempre più spesso in Oltrepò ci sono emergenze dovute ai “capricci” climatici. I sindaci oltrepadani sempre più a corto di risorse dopo ogni frana, temporale di forte intensità, e dopo ogni grande freddo invocano lo stato di emergenza. Alcuni dicono che emergenza non è ma mancanza di prevenzione. Quale sarà il suo impegno su questo tema? Cercare di inviare ulteriori risorse per affrontare le emergenze o inviare risorse solo nel caso in cui i sindaci reinvestano in prevenzione? «Il nostro Oltrepò ha due particolarità: le colline e la montagna. Questo fa si che l’Oltrepò si presenti come un territorio variegato con tanti problemi. L’impegno a mio modo di vedere è coniugare la prevenzione con l’aiuto in caso di necessità emergenziale». L’agriocoltura è una delle risorse princi-
Pinuccia Verri pali dell’Oltrepò e la viticoltura la punta di diamante. Semplificando il concetto espresso dall’Assessore regionale Fava, di soldi in Oltrepò ne sono arrivati molti e purtroppo in futuro ne arriveranno sempre meno causa un’eccessiva litigiosità tra i vari soggetti agricoli e vitivinicoli oltrepadani in campo. Qual è la sua strategia per far sì che l’Oltrepò sia meno litigioso alla luce del fatto che comunque ad oggi ogni confronto, ogni tavolo organizzato e ogni cabina di regia è fallita? Quale può essere il suo impegno per promuovere la sua terra? «L’agricoltura è fattore trainante nell’economia dell’Oltrepò, non dimentichiamolo. Esiste una agricoltura di pianura, una di montagna ed una collinare. Certo è, che quella collinare e cioè la viticoltura fa da traino alla nostra economia. La recente firma dei disciplinari da parte di tutti gli attori è sicuramente un passo avanti ma non basta. Questo è solo l’inizio di una collaborazione che deve nascere tra gli attori del territorio. Non dimentichiamo la filiera agroalimentare che è soprattutto foriera di turismo. Una maggiore attenzione sicuramente a quegli imprenditori privati che dalle loro tasche escono quattrini che creano volano nell’economia. Ecco io penso che questi vadano aiutati senza se e senza ma. Come devono essere aiutati gli agricoltori di pianura e di montagna. Sono le sentinelle del territorio! Purtroppo negli ultimi anni sono stati messi da parte a causa di una eccessiva burocratizzazione regionale e ministeriale. Vedo nella prosssima Autonomia un passo
avanti per l’agricoltura in generale». Turismo: Salice Terme era e purtroppo non lo è più, la capitale turistica dell’Oltrepò. Le Terme di Salice erano il polo attrattivo per attirare una grande parte di turisti, ma l’Oltrepò è anche altro: castelli, borghi, enogastronomia, percorsi guidati… Soldi dalla regione e da altri entri ne sono arrivati molti e una parte sembrano essere a detta di molti, investiti in modo discutibile, un esempio su tutti i sentieri della Comunità Montana, un enorme numero di sentieri realizzati come si suol dire alla meno peggio. Qual è la sua idea di turismo in Oltrepò e secondo lei cosa manca in Oltrepò? «Abbiamo un territorio che non ha nulla da invidiare ad altre zone. Le bellezze sono lì da vedere. Il turismo è imprenditoria, è capacità di conoscere che cosa vogliono le persone. Con molta probabilità le Terme hanno sofferto di questa carenza senza dimenticare, un vecchio progetto sulle terme che avrebbe coinvolto la Fondazione San Matteo che poteva essere un volano per l’economia di Salice Terme. A mio parere le bellezze artistiche ci sono, il turismo deve giocare la carta dell’enogastronomia». La parte alta dell’Oltrepò si sta spopolando sempre di più. La parte bassa invece ha problemi di lavoro e molto spesso quando c’è, lo stesso presenta delle problematiche a livello di condizioni e di retribuzione economica. Sono poche le aziende che funzionano, molte in difficoltà, altre chiudono. Cosa fare contro lo spopolamento dell’alto Oltrepò e cosa fare per aiutare le aziende presenti sul territorio? «è un problema che investe tutte le zone di montagna ed in particolare il nostro Oltrepò. La denatalità è solo la conseguenza di mancate politiche familiari e lo spopolamento la carenza di una politica di aiuto a queste zone svantaggiate sotto tutti i punti di vista. La mappa delle aziende nella nostra terra ci dice che sono piccole e medie e cioè l’ossatura della nostra economia. Semplificazione, togliere tutti quegli obblighi a cui si devono attenere questi piccoli imprenditori, credito agevolato e perchè no creare una tax free shopping per questi imprenditori».
I CANDIDATI OLTREPADANI AL CONSIGLIO REGIONALE DELLA LOMBARDIA
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«Iniziare attuando un progetto di rilancio del patrimonio di Riccagioia» Giuseppe Villani nasce a Bressana Bottarone il 13 giugno 1949. Vive a Pinarolo Po, comune di cui è stato sindaco fino al 2009. Consigliere Regionale uscente, ruolo che ha ricoperto dal 2010 al 2013 anche come componente della Commissione Territorio e Mobilità e capogruppo della Commissione Ambiente e Protezione Civile; dal 2013 al 2018 ancora nella Commissione Ambiente e Protezione Civile oltre che in quella Agricoltura e come segretario della Commissione Speciale per il riordino delle Autonomie Locali. Candidato del “Partito Democratico” a sostegno di Giorgio Gori Nel caso venisse eletto il problema salute ed il problema assistenza medica è particolarmente sentito e anche di attualità in Oltrepò. Che si chiamino tagli o che si chiamino ottimizzazioni si stanno riducendo le guardie mediche e l’Oltrepò con i suoi presidi di Voghera, Stradella, Varzi e Broni è in bilico tra speranze di potenziamento, tagli e carenze di personale. Quale sarà concretamente il suo impegno in Regione per migliorare la situazione? «Questa situazione è emblematica e dimostra quanto il governo regionale di centro destra abbia fallito nell’affrontare problemi come quello della cura della persona. Per quanto i presidi sanitari in generale Regione ha fatto ingenti investimenti strutturali con costruzione di nuovi ospedali e ampliamento di quelli già esistenti. A ciò non è corrisposta né una programmazione dei servizi che integrasse l’offerta sanitaria, né è stato finanziato un piano assunzioni per rendere adeguati gli organici né sono state valorizzate le professionalità presenti. Il programma di Giorgio Gori prevede di individuare delle specificità per ciascun ospedale e un potenziamento in ragione della vocazione. Per la gestione dell’emergenza urgenza occorre senz’altro mettere ordine in una sovrapposizione di competenza che rende il servizio costoso e non ottimale. Oggi AREU si occupa dei trasporti primari urgenti, ASST gestisce i PS, ATS la guardia medica e la continuità assistenziale. Tre enti che spesso non coordinano i propri piani di organizzazione. Questa situazione va senza dubbio superata per avere un servizio migliore». Il pericolo inceneritore di Retorbido sembra ormai quasi scongiurato, molti sono i siti di rifiuti speciali in Oltrepò che da un recente controllo risultano per la stragrande maggioranza non in regola. L’Oltrepò è anche uno dei fanalini di coda nella raccolta differenziata che alcuni Comuni stanno cercando di attuare tra mille difficoltà e proteste. Qual è il suo impegno per i siti rifiuti speciali e qual è la sua soluzione, concretamente, per migliorare ed ottimizzare la raccolta differenziata? «Occorre certamente sostenere ed apprezzare l’iniziativa del Sign. Prefetto di Pavia che ha avviato un censimento dei siti di stoccaggio di rifiuti speciali e la contestuale verifica del rispetto dei limiti autorizzativi. Per tutto ciò è necessario rafforzare gli organici dell’ente Regionale deputato ai controlli cioè di ARPA. Nel frattempo è neces-
saria una norma regionale che consenta una moratoria per quanto nuove autorizzazioni. Il mancato avvio della raccolta differenziata è un serio problema che preclude ai cittadini vantaggi sia in termini di rispetto dell’ambiente che economici. Va affrontato favorendo il dialogo tra i comuni per una modalità omogenea e coordinata. Però è chiaro ed evidente come l’oltrepo sconti il ritardo della città di Voghera. Credo che il processo possa essere favorito anche attraverso la costituzione di una unica società pubblica partecipata che possa avere l’affidamento dai comuni dell’oltrepo pavese, percorso già proposto e tentato dalla scorsa amministrazione provinciale». Sempre più spesso in Oltrepò ci sono emergenze dovute ai “capricci” clima-
Giuseppe Villani tici. I sindaci oltrepadani sempre più a corto di risorse dopo ogni frana, temporale di forte intensità, e dopo ogni grande freddo invocano lo stato di emergenza. Alcuni dicono che emergenza non è ma mancanza di prevenzione. Quale sarà il suo impegno su questo tema? Cercare di inviare ulteriori risorse per affrontare le emergenze o inviare risorse solo nel caso in cui i sindaci reinvestano in prevenzione? «La parola d’ordine non può essere che “Programmazione”, azione mai messa in atto dai governi regionali di centro destra con i propri assessori competenti (territorio, protezione civile, agricoltura). è necessario istituire rapidamente un tavolo tecnico tra
gli assessorati regionali competenti, ERSAF. Provincia con l’obiettivo di mappare le criticità esistenti e stabilire dei criteri di priorità per gli interventi per la mitigazione del rischio. Vedo un ruolo determinante di ERSAF per la prevenzione attraverso l’attuazione di misure forestali che consentano la pulizia dei boschi e dei corsi d’acqua di competenza comunale e regionale. Con il quadro delle priorità e con un programma definito e condiviso si potranno anche coinvolgere i competenti Ministeri per la sottoscrizione e finanziamento di un accordo quadro. Certamente nelle azioni di prevenzione deve essere compresa l’applicazione da parte dei comuni del regolamento di polizia rurale, con una sensibilizzazione dei frontisti della rete viaria». L’agriocoltura è una delle risorse principali dell’Oltrepò e la viticoltura la punta di diamante. Semplificando il concetto espresso dall’Assessore regionale Fava, di soldi in Oltrepò ne sono arrivati molti e purtroppo in futuro ne arriveranno sempre meno causa un’eccessiva litigiosità tra i vari soggetti agricoli e vitivinicoli oltrepadani in campo. Qual è la sua strategia per far sì che l’Oltrepò sia meno litigioso alla luce del fatto che comunque ad oggi ogni confronto, ogni tavolo organizzato e ogni cabina di regia è fallita? Quale può essere il suo impegno per promuovere la sua terra? «Innanzitutto è da sottolineare come soldi ne siano arrivati in Oltrepò, ma soprattutto grazie alla attivazione di finanziamenti nazionali (aree interne SNAI) e di Fondazione Cariplo. Ricordo che il PSR 2014 – 2020 è ancora fermo in Regione Lombardia. Per quanto la litigiosità credo che negli ultimi mesi sia stato fatto un grande passo in avanti trovando una sintesi condivisa e unitaria sulla Presidenza della Fondazione Per lo Sviluppo dell’Oltrepò pavese, importante ente pubblico/privato che sta gestendo sia in modo diretto che in modo indiretto attraverso il Gal srl, di cui detiene la quota associativa maggiore. Partendo da qui si deve iniziare a cercare di attuare progetti di sviluppo condivisi sia per quanto la vitivinicoltura e il vino che per la valorizzazione delle altre tipicità come la DOP del salame di Varzi. Penso che un altro fallimento della gestione regionale del centro destra sia il Centro di Riccagioia. Ecco iniziare attuando un progetto di rilancio del patrimonio di Riccagioia con la realizzazione di un centro di ricerca in agricoltura collegato a Human Tecnopool dell’area Expo credo sia un esempio concreto di valorizzazione di tutto l’oltrepo pavese». Turismo: Salice Terme era e purtroppo non lo è più, la capitale turistica dell’Oltrepò. Le Terme di Salice erano il polo attrattivo per attirare una grande parte di turisti, ma l’Oltrepò è anche altro: castelli, borghi, enogastronomia, percorsi guidati… Soldi dalla regione e da altri entri ne sono arrivati molti e una parte sembrano essere a detta di molti, investiti in modo discutibile, un esempio su tutti i sentieri della Comunità Montana, un enorme numero di sentieri realizzati
come si suol dire alla meno peggio. Qual è la sua idea di turismo in Oltrepò e secondo lei cosa manca in Oltrepò? «Il termalismo, il paesaggio, la qualità e lo stile di vita, la cultura, la storia della resistenza al nazifascismo sono patrimoni delle nostre terre che possono costituire un forte attrattore turistico. Però anche in questo caso è indispensabile agire in rete e coordinati, non solo tra comuni e associazioni locali ma anche con il Capoluogo della nostra Regione e in tutto ciò la regione deve avere un ruolo determinante. Se è vero che dopo Expo 2015, la città di Milano ha avuto un incremento notevole delle presenze turistiche con una permanenza media nella città di almeno due notti, è necessario lavorare perché gli operatori turistici possano offrire nei propri pacchetti su Milano, un momento esperienziale “fuori porta” in Oltrepò pavese. In tal senso ottima è la proposta contenuta nel Programma di governo di Giorgio Gori di voler riattivare la società “Explora” uno strumento dimenticato e abbandonato dalla fine di Expo». La parte alta dell’Oltrepò si sta spopolando sempre di più. La parte bassa invece ha problemi di lavoro e molto spesso quando c’è, lo stesso presenta delle problematiche a livello di condizioni e di retribuzione economica. Sono poche le aziende che funzionano, molte in difficoltà, altre chiudono. Cosa fare contro lo spopolamento dell’alto Oltrepò e cosa fare per aiutare le aziende presenti sul territorio? «Una delle principali cause dello spopolamento in alto Oltrepo è senza dubbio l’assenza di opportunità di lavoro in loco e la difficoltà a raggiungere i poli produttivi che offrono occupazione. La ricetta è l’abbattimento di questo device. Se un tempo l’unica possibilità era quella di realizzare infrastrutture viarie adeguate, oggi la soluzione sta nella infrastrutturazione digitale del territorio fornendo la possibilità di comunicazioni digitali veloci, affidabili e sicure. Con la realizzazione di tali infrastrutture non sarebbe impensabile sia lo sviluppo di attività di telelavoro, che di localizzazione territoriale di uffici per la gestione amministrativa di gruppi imprenditoriali nelle aree dismesse da recuperare. In tal senso risulta essere inconcepibile la decisione di Regione Lombardia di posporre, in alto oltrepo, al 2019 le opere di digitalizzazione finanziate dal Governo Nazionale. Per quanto l’area collinare e pianeggiante non si può essere aprioristicamente contrari a una reindustrializzazione, purché sia coerente con un progetto di industria 4.0. Penso che debbano essere valorizzate le professionalità delle maestranze dell’industria manifatturiera che ha fatto la storia della Città di Voghera e dell’oltrepo, attraverso progetti di formazione puntuali, per offrire agli imprenditori operatori specializzati non reperibili altrove. Penso si debba lavorare per la realizzazione di un distretto manifatturiero per la realizzazione di prodotti di alta qualità, indirizzati anche ad un mercato internazionale, intendendo i termini di concorrenza non sul prezzo ma sulla qualità».
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MARZO 2018
Geremondia: «Nessun aumento delle tasse e Tari regolare»
Il bilancio passa l’esame del consiglio comunale di Voghera con una serie di novità fiscali. Movimento 5 Stelle e Federconsumatori avevano accusato Palazzo Gounela di aver applicato aliquote errate nel calcolo della tariffa sui rifiuti (Tari) costringendo i vogheresi a pagare più del dovuto. L’assessore al bilancio Gianfranco Geremondia respinge le critiche al mittente e spiega i termini di applicazione delle tariffe. Geremondia, partiamo dall’aspetto che più interessa i cittadini. Le tasse. Cosa cambierà per i contribuenti vogheresi col nuovo bilancio? Ci saranno aumenti? «No. Nessun aumento delle tasse. Anzi sono previste riduzioni ed agevolazioni ulteriori rispetto a quelle già in essere, come la riduzione dell’Imu per alcune tipologie di aree edificabili, attraverso una riduzione del valore venale in comune commercio, ed in particolare: 50% per le aree edificabili ad uso produttivo e 15% per le aree edificabili ad uso residenziale».
«Nessun errore nel calcolo della tariffa rifiuti. In arrivo uno sconto del 10% per i negozi del centro»
In giunta avete annunciato novità e aiuti fiscali ai commercianti. Di che cosa si tratta nello specifico? «Sarà ridotta del 10% della tassa sui rifiuti per le attività commerciali del centro storico con una superficie di vendita pari o inferiore a 100 mq e applicheremo riduzione del 50% dell’imposta sulla pubblicità per la pubblicità esposta nelle vetrine o comunque all’interno delle attività commerciali di vendita al dettaglio relativa esclusivamente ad iniziative organizzate, sostenute, patrocinate da associazioni di categoria. Inoltre è stata definita la procedura per accedere alla riduzione del 50% dell’aliquota Imu per le abitazioni affittate a canone agevolato in base all’accordo sottoscritto con le associazioni di categoria». Passiamo alle accuse che vi sono state rivolte. M5S e Federconsumatori sostengono che abbiate calcolato la Tari in modo errato e che, applicando la tariffa variabile alle pertinenze, i cittadini
abbiano versato soldi in più non dovuti. Questo errore c’è stato o no? «Nessun errore. Il Comune di Voghera ha, come altri comuni, correttamente, nell’ambito delle opzioni consentite, identificato come non domestiche i luoghi di deposito individuati catastalmente in modo autonomo. Pertanto nella determinazione della tariffa sulle autorimesse o gli altri simili luoghi di deposito identificati catastalmente in modo autonomo, il Comune di Voghera non ha applicato la quota variabile, intesa come importo commisurato al numero degli occupanti, ma ha applicato la tariffa delle autorimesse determinata, come per tutte le tariffe delle utenze non domestiche, da una quota fissa e una quota variabile, la quale è calcolata in base alle superfici e quindi indipendentemente dal numero degli occupanti. La previsione del vigente regolamento per l’applicazione della Tari del Comune di Voghera quindi si colloca in una fattispecie diversa rispetto a quella richiamata dalla interrogazione parlamentare e dalla circolare del Ministero, le quali si esprimono sul caso di applicazione della quota variabile abitativa autonomamente e ripetutamente per ogni pertinenza, in quanto la quota variabile non è stata assolutamente computata più volte in relazione a ciascuna utenza». Il PD ha chiesto una modifica al regolamento consigliando di considerare come “utenze domestiche” anche cantine e garage purché siano annessi all’abitazione. Perché secondo lei si tratta di una modifica sbagliata? «La modifica proposta dal PD non è di per sé sbagliata. Sono le conseguenze sui cittadini vogheresi che non sono coerenti con la nostra politica di contenimento della pressione tributaria». Intende dire che in questo modo si pagherebbe di più? «Alcune categorie di cittadini sì. Applicando i parametri indicati nel documento che il PD ha depositato in commissione bilancio sulla banca dati dell’Ente il risultato è sempre quello: le utenze domestiche con box pagherebbero uguale ad ora o poco meno, mentre quelle prive di box o quelle non domestiche, ossia negozi, bar, pizzerie, pagherebbero di più. Quella variazione avrebbe come unica conseguenza di introdurre un incremento di tassazione per le utenze domestiche senza box, o per le utenze non domestiche, ossia negozi, bar, orto frutta, ecc., o per entrambi a seconda dei parametri utilizzati. Dalle simulazioni effettuate ne rimarrebbero penalizzate in misura diversa o le utenze domestiche prive di box, o le utenze non domestiche o entrambe». La Corte dei Conti ha richiesto al Comune di rientrare di oltre 2 milioni di euro. Spese definite “pazze” o “per il superfluo”, se ne sono sentite tante.. Com’è la situazione? Chiariamo innanzitutto il
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Gianfranco Geremondia perché questo si è verificato... «Innanzitutto chiariamo che non si tratta di “spese pazze”, ma di spese non obbligatorie che comprendono anche oneri sostenuti per integrazione ed ampliamento delle iniziative a sostegno del diritto allo studio, della fragilità sociale, per manutenzioni aggiuntive di strade, verde ed edifici comunali e per la sicurezza, oltre alle iniziative nell’ambito del commercio, della promozione del territorio, della cultura e dello sport. Quindi tutte spese legittime ed utili a migliorare la vita cittadina. Il problema vero è che una quota dei nostri cittadini non versa al Comune quanto deve per imposte, tariffe e sanzioni Codice della Strada, e non solo per effettivi problemi economici. Così l’Ente si trova in una situazione di criticità di liquidità, che costituisce l’aspetto principale del rilievo della Corte dei Conti». Sta di fatto che questi 2 milioni dovranno saltare fuori in qualche modo…Se non saranno aumentate le tasse quali servizi si andranno a tagliare? «Nessun servizio sarà tagliato. Il piano di rientro approvato dal Consiglio Comunale prevede che la maggior quota sia recuperata sul bilancio 2017, destinando a tale obiettivo tutte le maggiori risorse che si sono realizzate, è stata fatta la rinegoziazione dei mutui Cassa Depositi e Prestiti e sono state razionalizzate tutte le possibili spese di funzionamento. Per il 2018 ed il 2019 sono previste le ulteriori quote per la
chiusura del rientro triennale, senza ridurre nessun servizio, senza aumento di tariffe per i servizi a domanda individuale, mantenendo le agevolazioni tariffarie e tributarie in essere ed anzi ne sono state introdotte ulteriori. L’obiettivo è stato raggiunto attraverso proporzionali riduzioni delle risorse assegnate ai diversi settori comunali, salvaguardando gli aspetti più rilevanti per il soddisfacimento delle attuali esigenze e bisogni della comunità ed un generale contenimento delle spese di funzionamento non obbligatorie». C’è da aspettarsi una” Sensia 2018” al risparmio? «Compatibilmente con le limitazioni ed i vincoli imposti dalla legge sarà all’altezza della situazione». La vittoria del contenzioso con il Ministero delle Finanze ha liberato, almeno in parte, il tesoretto da 800mila euro che era stato accantonato sotto la gestione commissariale. Quanti di questi soldi sono utilizzabili subito e in che modo saranno impiegati? «Per ora, in attesa di verificare l’impatto finanziario delle misure di riduzione dell’Imu per aree edifìcabili ed abitazioni locate a canone agevolato, abbiamo mantenuto il “tesoretto” da parte. Decideremo come impiegare quelle risorse nel corso dell’anno, valutando prima gli effetti delle manovre appena effettuate». di Christian Draghi
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MARZO 2018
Claudia Foppiani assistente sociale del SerD e la dottoressa Laura Arlandi
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il problema a sé stessi). «I dati provinciali – spiega Arlandi – dicono che nel 2016 si sono rivolti ai Servizi per le problematiche relative al Gioco d’azzardo 118 pazienti, di cui 45 erano nuovi pazienti. Nel primo semestre del 2017 si sono rivolti al Servizio 34 nuovi soggetti (29 maschi e 5 femmine) in una fascia d’età superiore ai 40 anni nel 76% dei casi». Alla base del trend che vede sempre più giovanissimi avvicinarsi al mondo di droga e alcol ci sono diversi fattori. «Innanzitutto va rilevato che non lo si fa quasi più per trasgredire spiega Claudia Foppiani, assistente sociale del SerD vogherese. Per i più ormai fumare o bere è percepito come un comportamento normale, è, in soldoni percepito come “quello che fanno tutti”. I primi contatti con cannabis e alcool si hanno intorno agli 11-13 anni e possono consolidarsi intorno ai 15. La famiglia è un fattore importante ma non determinante. I ragazzini – continua Foppiani – sono inseriti in svariati contesti sociali e anche le scuole oggi sono un possibile luogo a rischio, proprio per questo esistono pro-
I dati del SerD: «Droga “sdoganata” tra i giovanissimi» Si abbassa l’età media di chi si avvicina per la prima volta al consumo di droghe, cresce il numero degli abusatori di alcol e si diffonde sempre più la prassi della poliassunzione, ovvero l’utilizzo contemporaneo di più sostanze, con modelli individuali di consumo vanno da quello sperimentale a quello abituale fino all’abuso e alla dipendenza. I dati dell’osservatorio del SerD provinciale (Servizio Dipendenze dell’Asst) si riferiscono al primo semestre del 2017 e permettono una prima comparazione con il 2016. I numeri e le tendenze sono calcolati sul totale di chi si è rivolto al Centro per richiedere assistenza e non possono stimare ciò che accade al di fuori del suo controllo, ma sono comunque utili per tracciare un bilancio più che verosimile dello spettro delle dipendenze in Oltrepò. «Il SerD - spiega la dottoressa Laura Arlandi dell’unità operativa di Voghera, con sede in via Carlo Emanuele, proprio di fianco al pronto soccorso - è un Servizio territoriale di cura che si occupa di uso, abuso e dipendenza da sostanze psicotrope, legali o illegali, e di comportamenti patologici come il gioco d’azzardo. Oltre che della cura ci occupiamo di stabilire rapporti di rete con altri Servizi del territorio, compiere azioni di sensibilizzazione relativamente alla dipendenza, e attuare progetti di prevenzione al fine di “arrivare prima” della patologia». In tutta la Provincia i pazienti in cura nel 2016 erano 3.189. Nel primo semestre c’è stato un incremento del 10%, con 374 persone che si sono rivolte per la prima volta al Servizio. Il dato per Voghera parla di 487 pazienti
nel 2016 con 53 nuove unità (48 uomini e 5 donne) nella prima metà del 2017. «Rispetto al 2016 – spiega Arlandi – si è abbassata l’età media. I nostri pazienti vanno dai 15 ai 65 anni, ma se prima il 60% era concentrato nella fascia intermedia tra i 30 ai 49 anni, nel primo semestre 2017 la fascia più rappresentata è quella tra i 20 e i 40». Si incomincia ad utilizzare sostanze prima, ricorrendo nella maggior parte dei casi alla cannabis. «Si tratta della sostanza primaria per i ragazzi tra i 15 e i 19 anni - rileva la dottoressa Arnaldi - che arrivano da noi sia per accesso volontario, sia, molto più frequentemente, per invii da parte dell’Autorità Giudiziaria (come nel caso dei ritiri patente per guida in stato di ebbrezza ndr). è importante però notare che una percentuale comunque rilevante di soggetti ha richiesto un intervento poiché utilizzatore di eroina (16,7%) e cocaina (20%). L’alcol come sostanza primaria d’abuso risulta poco consistente in questa fascia d’età, ma non bisogna dimenticare che spesso accompagna l’uso delle altre sostanze». Se per i giovanissimi (8,3% dei pazienti totali) la “canna” tira più della bottiglia, non è così nel conteggio generale. L’uso di eroina continua ad interessare la maggior parte degli utenti in carico (45%), seguito da cocaina (22%) e da alcol (12%), ma nel 2017 tra i nuovi pazienti la percentuale dei dipendenti da alcol si è più che raddoppiata, salendo al 29%. Va però considerato che il dato può essere leggermente falsato dal conteggio degli invii imposti dell’autorità giudiziaria (persone che hanno ma-
gari perso la patente ma che non hanno necessariamente una vera dipendenza). In ascesa anche la percentuale delle droghe catalogate come “altro”, salita dal 15 al 20%. «Con “altro” - spiega Arlandi – si intendono le sostanze d’abuso sintetiche: MDMA, amfetamine. Poiché l’assunzione di tale sostanza è di solito complementare ad altre quali alcol e cannabinoidi, rappresentano la sostanza primaria d’abuso per un numero esiguo di pazienti». Capitolo a parte per il Gioco d’azzardo patologico, sempre più riconosciuto come una delle nuove dipendenze. La Provincia di Pavia è recentemente assunta agli onori della cronaca nazionale per essere il territorio con la più elevata densità di slot machine per abitante e per la più alta spesa pro capite impegnata per il gioco. Il numero delle persone che chiedono aiuto al SerD è in leggero aumento ma ancora non riflette in modo efficace la dimensione del problema reale (in tanti non sanno o non vogliono essere aiutati in quanto negano
getti importanti per educare e sviluppare un senso critico nei più giovani, per imparare a non lasciarsi trascinare dal “gruppo” verso comportamenti deleteri». Quello della legalizzazione delle droghe leggere è un tema che accende dibattito a molti livelli. Secondo Foppiani è però un problema secondario. «Servono innanzitutto educazione e senso critico. Bisogna che i ragazzi sviluppino una cultura relativa a questi fenomeni, dopodiché, quando c’è consapevolezza, legalizzare o meno è un fattore che non incide davvero sul consumo». Un mito da sfatare però c’è: «L’utilizzo di cannabis dà sì una dipendenza a livello neurobiologico – conclude la dottoressa Arlandi – ma non prelude come a volte si lascia intendere ad un’escalation verso droghe di altro tipo, mentre può riscontrarsi come elemento nel caso di poliassunzione». di Christian Draghi
«I primi contatti con cannabis e alcool si hanno intorno agli 11-13 anni»
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MARZO 2018
Oftal Diocesana - Lourdes: «Là dove il cuore sta bene» Oftal (opera federativa trasporto malati a Lourdes) è una realtà storica e ben consolidata nel territorio dell’Oltrepò Pavese. è un’associazione ecclesiale di carità mariana a favore dei sofferenti che organizza pellegrinaggi a Lourdes e in altri santuari. L’associazione si occupa dell’Ammalato prima e dopo il pellegrinaggio, soprattutto collaborando nella pastorale ordinaria di diocesi e parrocchie. Tutto questo grazie allo spirito di gratuità e di servizio di volontari, medici, infermieri, sacerdoti e religiosi. L’Oftal è nata in Piemonte negli anni ‘30 da un’intuizione di Monsignor Alessandro Rastelli, ed è oggi diffusa in particolare nel nord-ovest d’Italia e in Sardegna. Oltre 20.000 persone tra Ammalati, volontari, Pellegrini e Sacerdoti ogni anno partecipano ai pellegrinaggi presieduti dai Vescovi Diocesani. Le varie sezioni diocesane si occupano non solo dell’accompagnamento dei malati in pellegrinaggio, ma anche della loro assistenza quotidiana, nonché della formazione spirituale, umana e tecnica di dame e barellieri, in un ottica di carità che si volge alla persona ed alle sue necessità. Il vero responsabile di ogni Sezione Diocesana è il Vescovo, secondo le indicazioni che diede Monsignor Alessandro Rastelli. Negli anni ‘70 e ‘80, alla stazione di Voghera, la partenza del treno per Lourdes era un avvenimento e la “tradizione” del pellegrinaggio a Lourdes è ancora oggi molto sentita a Voghera e in Oltrepò. Ne parliamo con il responsabile tecnico dell’Oftal diocesana, il vogherese Giannantonio Pozzoli, a lui abbiamo chiesto di raccontarci questo vero e proprio viaggio della speranza.
in pullman. Ora contiamo 12 pullman più un aereo di supporto. Quando si viaggiava in treno arrivavamo ad essere in 900, oggi vuoi per motivi logistici, vuoi la crisi economica, un pellegrinaggio si compone di 500/550 persone. Sono comunque numeri importanti e devo dire che se ci confrontiamo a livello nazionale, il nostro è pellegrinaggio che non ha mai avuto un cedimento, che non ha mai subito una battuta d’arresto». Con il treno si portavano anche i barellati, vale a dire gli ammalati. Oggi che il treno non c’è più come vi siete organizzati per il trasporto dei malati a Lourdes? «Siamo stati la nave scuola in questa direzione, siamo partiti con una sperimentazione che oggi tutta l’Oftal sta seguendo, perché riteniamo che Lourdes è Lourdes se fai il pellegrinaggio con gli ammalati, senza gli ammalati è un pellegrinaggio più ascetico, più staccato dalla realtà vera. Abbiamo trovato dei pullman fabbricati in Belgio che sono attrezzati esattamente come i vagoni ambulanza del treno. Abbiamo dalle 8 alle 10 barelle per ogni pullman e grazie ad un’organizzazione perfetta riusciamo a portare la stessa tipologia di malati che portavamo con il treno. È un impegno non indifferente, molto più gravoso rispetto al treno: coordinare 11 pullman più 2 pullman ambulanze non è semplice». Quanti ammalati trasportate? «Sempre un centinaio, di barellati circa una quindicina». Le dame di carità ed i barellieri dell’Oltrepò pavese quanti sono? «Sono 150/200 in base alle iniziative o
«Tutti quelli che vanno a Lourdes vanno davanti alla grotta per portare lì i propri problemi, le proprie angosce e nel 99% dei casi li vedi tornare a casa più rasserenati» Pozzoli quante persone dell’Oltrepò e della diocesi di Tortona di cui l’Oltrepò fa parte, ogni anno vanno in pellegrinaggio a Lourdes e di che tipologia di persone si tratta? «Innanzitutto la cosa che maggiormente è cambiata rispetto agli anni ‘70 e ‘80 è che il treno non c’è più, sono cinque anni che è stato soppresso per volontà delle ferrovie dello Stato che hanno ridotto di molto l’uso dei trasporti a caratteri turistico religioso. Il treno è stato sostituito dai pullman e dall’aereo. Devo dire che per noi pellegrini dover rinunciare al treno è stato per certi versi traumatico ed è stata una grossa trasformazione, abbiamo dovuto rivedere la nostra organizzazione e per primi come Oftal, abbiamo fatto il convoglio
progetti che facciamo». Ci sono giovani che hanno dato una nuova linfa? «Siamo un pellegrinaggio diocesano che ha sempre avuto ed ha un altissimo numero di giovani, cosa molto apprezzata anche dal nostro Vescovo che ha proposto lo scorso anno una pastorale giovanile di tutta la diocesi proprio per portare sempre più giovani a Lourdes, c’è stato un grane contributo da parte della diocesi e dell’Oftal ed abbiamo portato 120 ragazzi come prima esperienza e di questi speriamo che almeno il 50% ritorni per il secondo viaggio. L’importante per noi è che ritornino dopo il primo viaggio». Quanto dura e quanto costa un pellegrinaggio per una dama o per un barelliere
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Giannantonio Pozzoli, responsabile tecnico dell’Oftal e per gli ammalati? «La durata varia, sperimentiamo spesso le partenze ed i ritorni cambiando giorni ed orari ma in genere un pellegrinaggio dura tre, quattro giorni che diventano cinque o sei considerando il viaggio. Per gli ammalati il viaggio è gratuito, il personale paga la propria quota nella quale è compresa la quota per portare gratuitamente gli ammalati. A seconda dell’albergo scelto il costo di un pellegrinaggio varia dai 250 ai 500 euro, dipende anche se aderiamo ai vari progetti finanziati dall’Oftal». Si va a Lourdes e si ritorna da Lourdes poi tutto potrebbe finire lì. Durante l’anno quali sono le attività che svolge l’Oftal in Oltrepò? «La nostra diocesi ha un’estensione territoriale ampia, da Novi Ligure fino a Stradella, pertanto non possiamo pretendere che l’Oftal sia una cosa unica. Stradella, Casteggio, Voghera e Tortona hanno ognuna iniziative partecipate dalle persone di quella zona e poi condivise. In Oltrepò abbiamo diverse iniziative, andiamo a trovare gli ammalati presenti nelle strutture, ad esempio gli ammalati del Don Gnocchi, ma la dispersione territoriale è talmente ampia che dobbiamo concentrarci nelle attività fatte nelle parrocchie, nelle strutture e nelle famiglie». Da quanti anni è che lei va a Lourdes? «La prima volta nel 1967, 1968 e sono andato per curiosità: avevo 18 anni e vedevo queste dame e questi barellieri che partivano con questo treno e affascinato ho voluto provare anche io. Sono oggi 40 anni di pellegrinaggio». Cos’è cambiato nella tipologia delle persone che andavano a Lourdes quarant’anni fa rispetto a quelli di oggi? «Alla base di tutto c’è sempre un fil rouge conduttore che unisce quelli di 40 anni fa a quelli di ora ed è la ricerca non tanto di una guarigione fisica ma la ricerca di un posto dove poter pregare e dove poter trovare una carica spirituale, per poi tornare a casa ed affrontare la vita. Le persone che vengono sono malati evidenti, ma ci sono
anche persone sane con problemi psicologici, sociali o familiari. Tutti quelli che vanno a Lourdes vanno davanti alla grotta per portare lì i propri problemi fisici o problemi psicologici, le proprie angosce e nel 99% dei casi li vedi tornare a casa più rasserenati». Tra le dame ed i barellieri oltrepadani sono rappresentate tutte le classi sociali? «Tutte le classi sociali sono rappresentate». Lei è uno dei responsabili dell’Oftal diocesana con “all’attivo” 40 anni a Lourdes… Qual è il suo sogno nel cassetto per l’Oftal diocesana? «Che possa trovare nella tradizione di tutti questi anni una continuità come c’è stata nei 70 anni di lavoro e sviluppo dell’Oftal e nei 60 di pellegrinaggio di Voghera, continuare con credibilità e con attenzione il pellegrinaggio come iniziò e portò avanti il dottor Cebrelli. Continuare l’opera che c’è stata fino ad oggi, accontentando le persone senza creare diaspore, tenendo unito un gruppo eterogeneo e che i giovani possano prendere il posto dei più anziani». Si dice che molti pellegrini hanno conosciuto l’anima gemella a Lourdes, è vero? «Lourdes è un posto dove, poiché il cuore sta bene è facile l’innamoramento, pensi che negli ultimi anni abbiamo fatto il pullman famiglia, che è il pullman di dame e barellieri che si sono conosciuti a Lourdes, si sono innamorati, sposati, hanno fatto dei figli e tornano a Lourdes con tutta la famiglia. Io stesso ho festeggiato quest’anno 35 anni di matrimonio con mia moglie che ho conosciuto a Lourdes. Questo per dire che Lourdes è un’esperienza positiva a 360 gradi, quindi il mio sogno è che l’Oftal possa continuare e dimostrare ai nostri pellegrini oltrepadani e non solo, che Lourdes, che noi abbiamo definito “Là dove il cuore sta bene” è veramente un luogo dove il cuore di tutti può star bene sempre». di Vittoria Pacci
VOGHERA Maria Cristina Palonta, 53 anni, è la nuova presidente di Ascom Voghera, l’associazione che riunisce oltre quattrocento commercianti della città iriense e della Valle Staffora. Titolare di uno storico negozio di calzature sito in Piazza Duomo, Palonta aggiunge dunque questa nuova carica a quella di consigliere comunale (nelle fila di Forza Italia) e di consigliere alla Camera di Commercio di Pavia. Il suo nome era stato accostato ai vertici di Ascom fin dal 2011. Resterà in carica fino al 2019, anno in cui si sarebbe dovuto concludere il mandato di Enrico Rissotti, presidente dimissionario. Del consiglio direttivo, oltre a Palonta, fanno parte Giorgio Bellentani, Massimiliano Ceci, Giuseppe Gioja, Maurizio Mottini e lo stesso Rissotti. Presidente, si tratta di una nomina improvvisa o se l’aspettava? «Qualcosa c’era nell’aria già da qualche mese. L’ex presidente Rissotti, prima di Natale, anzi a fine novembre, aveva chiesto di non continuare più questo impegno, per motivi personali, di lavoro e di famiglia. È rimasto comunque al lavoro fino al termine di gennaio, però ormai era giunto il momento di lasciare. Io ero già nel consiglio da anni, perché il nostro è un negozio storico, aperto nel 1979. Ho rilevato infatti il negozio che era stato dei miei genitori; e noi siamo sempre stati legati all’Ascom». Qualcuno, in particolare, ha fatto il suo nome? «Tutto il Consiglio ha deciso di chiedermelo, Rainelli e tutti i consiglieri, pensando che fossi una delle poche che potessero intraprendere questo nuovo avvio. Ho accettato. Poi si parla molto di quote rosa, che sono importanti anche per le associazioni. Mi era già stato proposto da tempo un ruolo più attivo. Conosco abbastanza bene la realtà dei commercianti vogheresi e anche i loro problemi di tutti i giorni, per cui mi sarebbe dispiaciuto lasciare in un clima di incertezza questa associazione, importante per la nostra città. Soprattutto in questo momento di crisi».
Cambio ai vertici dell’Associazione: Rissotti lascia l’incarico. Palonta alla guida dei commercianti Lei svolge anche il ruolo di consigliere comunale, nella maggioranza che supporta il sindaco Carlo Barbieri. Come pensa potrà svolgere il ruolo di raccordo che i suoi colleghi commercianti si aspettano, e che già in passato le hanno attribuito? «Conosco le problematiche della politica vogherese, oltre a quelle del mondo economico/commerciale. E poi conosco bene anche le persone che fanno parte dell’Amministrazione Comunale. Ormai sono al secondo mandato con Barbieri, per cui è abbastanza tempo che siamo insieme. La collaborazione sarà certamente facile». Cosa dicono, in Comune, di questo suo nuovo compito?
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«Dal Comune mi han detto che non ci sono incompatibilità e potevo benissimo intraprendere anche questo ruolo, che comunque è visto con attenzione, con interesse, da tutti. Il rapporto fra il Comune e i commercianti sarà sicuramente più facile. Partecipando alle varie riunioni di maggioranza e al Consiglio Comunale posso portare in prima linea le esigenze dei commercianti.» Il suo sarà un mandato breve, di transizione: la scadenza è fissata tra un anno. «Sì, anche perché non è stata un’elezione ma un subentro. Per cui un altro anno ci saranno nuove elezioni. Speriamo di trovare persone nuove che possono entrare nell’associazione e nel direttivo, che possano svolgere anche il ruolo di presidente. Persone nuove, giovani, che possano collaborare con tutti noi.» Non le chiedo, perché sarebbe prematuro, se ha già una mezza idea di ricandidarsi alla guida dell’associazione, il prossimo anno. Però le chiederei come le piacerebbe vedere la sua città al termine del prossimo mandato, quindi nel 2023. Per tracciare la linea che i commercianti
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Cristina Palonta, titolare di uno storico negozio in centro
a tutti di partecipare, perché ultimamente ho notato un po’ di lassismo. Forse perché si vede che non si può fare molto, di questi tempi. In tutto questo, poi, speriamo che non nascano ulteriori centri commerciali.» In occasione delle scorse elezioni regionali, il candidato Maroni, poi divenuto pre-
pomeriggio. Una misura nata per Natale, che poi è stata mantenuta anche per i saldi. I rapporti con il Comune sono sempre molto buoni. A parte nel periodo del commissariamento, che ci ha penalizzato. Abbiamo visto, l’anno precedente, come è stato il Natale…»
«Mi sarebbe dispiaciuto lasciare in un clima di incertezza l’Ascom» dovranno, o dovrebbero, seguire già dal prossimo periodo. «Vorrei vedere un Voghera molto più viva, più aperta al commercio. Vorrei che il centro della città sia vissuto di più, vorrei che le persone riscoprissero la bellezza di passeggiare per la città, molto meglio che nei centri commerciali. Ma preferirei vederla molto più viva adesso, non fra cinque anni». Qualche tentativo c’è stato da parte dell’Amministrazione Comunale… «Abbiamo istituito, grazie all’assessore Azzaretti, questi eventi del giovedì sera che hanno avuto grandi consensi. Da quando è nata questa iniziativa Voghera è stata molto più viva, e devo dire che c’è stata anche molta partecipazione da parte dei cittadini. Il mio negozio è sempre rimasto aperto, in tutti i giovedì sera che sono stati organizzati. Poi, andando a posizionare in vari punti di Voghera i vari mercatini, persone che suonano, orchestre, cantanti, è chiaro che la città rivive, ed è questo ciò che serve. Prendendo spunto da questo vorrei dire che se riuscissimo ad avere mezzi e possibilità per fare più spesso queste cose, per la città sarebbe un bene. Ci sarebbe per i cittadini un maggiore incentivo a far vivere la città». Quali saranno i suoi primissimi impegni da presidente? «Come abbiamo sempre fatto, cercheremo di tenere aperti i negozi durante la Domenica delle Palme. Poi, dato che è stata rinviata la festa di Carnevale a causa del maltempo, quando verrà recuperata potremmo magari coinvolgere anche i negozi del centro, così da aggiungere un contributo alla festa. Ma soprattutto vorrei fare in modo che ci sia più unione fra i commercianti; dare modo
sidente, aveva proposto una moratoria sulla realizzazione di nuovi centri commerciali; moratoria poi concretizzatasi. In questa campagna elettorale, invece, questo tema non è emerso con particolare forza. Cosa chiedereste, come commercianti, ai candidati alle prossime elezioni? «Chiederemmo proprio di non fare più nascere altri centri commerciali, mi riferisco a queste grandi distribuzioni, perché le città morirebbero definitivamente. Chiederei di darci una mano soprattutto in questo. E poi una maggiore attenzione alla mobilità, ai parcheggi, che sono sempre i soliti temi che interessano alle persone, oggi come in passato». Di recente alcuni parcometri cittadini richiedono di selezionare il proprio numero di targa, che viene stampato sullo scontrino e fa da deterrente per gli accattoni che, negli ultimi anni, popolavano parcheggi come quello di via Volturno o di piazza San Bovo. È certamente una novità; ma altre città hanno fatto un passo successivo, che è il pagamento della sosta via smartphone. Pensa si possa importare questo sistema anche a Voghera? «Tante persone, magari anziane, forse non ne troverebbero giovamento. Mentre, probabilmente, i giovani lo utilizzerebbero tranquillamente e con favore. Bisogna valutarlo, insieme a tutti i commercianti e alla Giunta. Voglio dire che negli ultimi anni l’Amministrazione Comunale si è sempre dimostrata molto attenta al tema parcheggi, ha sempre cercato di aiutarci. Con un’azione molto positiva si è reso possibile parcheggiare gratuitamente in città il sabato
Quanti iscritti enumera, attualmente, Ascom Voghera? «Sono circa 420 gli iscritti. Ma vorrei che partecipassero più commercianti, soprattutto quelli che lavorano fuori dal centro storico. Per esempio, se qualcuno, anche da altre zone della città, dovessero proporre di fare mercatini o altre iniziative, ne sarei ben contenta. Penso che sarebbe molto interessante. In via XX settembre, per esempio, è successo di chiudere la strada, in occasione degli eventi che si organizzavano il venerdì sera. Se dovessero chiedere un supporto a me, come presidente, sarei ben felice. Poi, essendo stata presidente di quartiere, sono molto sensibile anche ai problemi delle periferie». La sua passione per la politica, quindi, ha radici forti… «Io sono entrata in politica come Presidente del Quartiere Nord, quando era sindaco Torriani. Proponevamo diverse iniziative, oltre a curare i problemi più concreti dei cittadini: illuminazione, condizioni delle strade… Si realizzavano sempre belle serate, soprattutto d’estate, con la festa del quartiere. La parte periferica della città oggi è un po’ più vuota, forse anche perché i quartieri sono spariti». Se potesse fare un appello ai commercianti vogheresi in questo momento, cosa direbbe? «Chiederei di collaborare con la nostra associazione, tutti insieme, per poter creare nuove iniziative ed essere in sintonia sia con l’Amministrazione Comunale, sia con il Distretto del Commercio. L’unione in questo momento è molto importante, per andare avanti durante la crisi che stiamo vivendo». di Pier Luigi Feltri
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«La globalizzazione temo abbia portato ad una massificazione delirante» Quando penso alla parola eclettico, riferita all’Oltrepò, mi salta subito alla mente un nome: Gabriele “Lele” Baiardi. Pochi personaggi oltrepadani riescono a trasmettermi la stessa infaticabile energia creativa e quasi demiurgica, di Lele. Eclettismo non significa tuttologia, ma versatilità. “Lele” Baiardi non sa fare tutto e non riuscirà a fare tutto in modo sempre e comunque eccellente, ma possiede una mente eclettica, curiosa e sempre assetata di nuovi stimoli. “Lele” possiede doti umane e professionali, ha la capacità di individuare i problemi, ha la capacità di analizzare la vita politica, economica e sociale dell’Oltrepò senza indulgenze... per nessuno. Lei ha vissuto la vita notturna dell’Oltrepò pavese degli ultimi 35 anni. La vita notturna è un po’ lo specchio dei tempi: com’è cambiata la gente? Qual è stato l’escursus? «Ho conosciuto la cosiddetta vita notturna intorno ai 15 anni, agli inizi degli anni 80, frequentando di pari passo quella oltrepadana, dove vivevo, e quella milanese, dove studiavo, iniziando a lavorarci poco dopo. Tra le due realtà vi era un’enorme differenza, non a livello numerico, ma diciamo... a livello estetico. C’erano però in entrambe le situazioni molti locali, ed erano sempre pieni, perché avevamo la cultura della “grande compagnia”. Noi ragazzi, a differenza di oggi, appartenevamo a gruppi folti e ci producevamo in infiniti dialoghi ed in frequentazioni quotidiane di ore! Non avevamo internet, il web, ma, forse proprio per questo, avevamo maggior curiosità! Ed una solidarietà sociale che a metà degli anni 90 ho notato
è incominciata a sparire, lasciando il posto ad edonismo ed individualità. Senza volerlo, noi eravamo davvero social! La spesa pro-capite per divertirsi era identica ad oggi, a Milano un poco superiore in alcuni locali a-la-page. Però era proprio diversa l’atmosfera... Gli anni ‘80 infatti sono stati una fucina di innovazioni ed entusiasmi oserei dire quotidiani». Ha detto che Milano allora era superio-
acclamate del globo, che dichiarò di frequentare Milano almeno una volta al mese perché riteneva che fosse la più bella città del mondo, addirittura ancor più viva artisticamente di N.Y. ! L’Oltrepò non poteva ovviamente competere con queste realtà per una ragione geografica e di nomea internazionale...». Ritornando all’Oltrepò, qual’è secondo lei l’aspetto principale della clientela
Oltrepò Pavese: «Serve qualcuno non della zona che cerchi di “venderlo” perché noi oltrepadani da soli non ci riusciamo!» re a livello estetico, ci spieghi meglio... «C’era una “società nella società”, che oggi non esiste più, formata dai grandi stilisti della moda nascenti e le loro feste, da quelli che si sarebbero poi confermati come grandi gestori di attività d’intrattenimento e le loro feste: dai capitani d’industria e le loro feste, dai politici e le loro feste, dai nobili e le loro feste... che riuscivano ad attrarre una popolazione europea straordinaria! L’Appeal delle notti milanesi, fino al 1996-97, è stata assolutamente mondiale! Ricordo, ad esempio, una sera al Plastic la presenza di Boy George, voce dei Culture Club, in quegli anni tra le band pop più
della vita notturna che è cambiato dagli anni 80 ad oggi? «Gli anni ‘80 hanno lasciato una lunga coda: in Oltrepò ci si divertiva moltissimo ed in tantissimi, come numeri, ancor fino direi a 15 anni fa. Poi c’è stato, temo, l’avvento della generale e nazionale “paura del domani” negli imprenditori del settore, e molti hanno un po’ “tirato i remi in barca”, e la contemporanea “chiusura” su pc e smartphones dei clienti, non più così desiderosi di socializzazione fisica, almeno non più di 1 o 2 volte a settimana, ma molto social on-line su internet. Ed un cambio radicale di mentalità, dove tutto è diventato già visto, già scoperto, nulla di nuovo.
Vede, solo tramite il telefonino il mondo, talvolta, si pensa di “viverlo a distanza”: è una cosa che noto nei giovani, ed un po’ mi spaventa». A proposito: qual è la differenza tra il ventenne di vent’anni fa ed il ventenne attuale? «Domanda socio-filosofica! Difficile rispondere in poche parole. Sicuramente il ventenne degli anni ‘80, ed ancor fino alla fine dei ‘90, vedeva la vita in una prospettiva di realizzazione di sogni, nel vero senso! “L’immagina, puoi!” della pubblicità di George Clouney è assolutamente antitetico al momento odierno, ma sarebbe stato lo slogan perfetto di allora! Oggi credo si possano immaginare solo cose di “piccolo respiro”. Io all’epoca immaginavo esattamente l’opposto di ciò che ahimè sarebbe poi avvenuto: pensavo ad un sistema che ci avrebbe fatto “stare tutti bene”. Oggi è il contrario: pochi sogni, ma l’immaginifico diventa gigantesco quando si parla di schermi di pc, perché lì sì, i ragazzi si scatenano, ma vis-a-vis fuori dalle mura della stanzetta l’affrontano da singole realtà...». I giovani di ieri sono la forza lavoro e i dirigente di oggi. I sogni di questi ragazzi sono stati realizzati? «I sogni si sono infranti contro la sensazione d’insicurezza e la cura del proprio orticello! “L’orto personale” negli anni ‘80 non esisteva: esistevano praterie immense dove tutti correvamo... Poi è intervenuta la paura del futuro: le cose hanno iniziato a cambiare, spesso in male. Ad esempio, noi 30enni o giù di lì nel 1992, l’anno dell’enorme scandalo di Tangentopoli,
VOGHERA quando tutto sembrava dovesse “esser ripulito”, in realtà molto presto ci accorgemmo che questa “ripulitura” sociale, economica, concettuale, politica e filologica del mondo non avveniva, ma bensì stavamo vivendo un generale abbassamento di livello, e ciò non poteva certo portare ad un futuro di grandi risultati...». I ragazzi erano quindi molto diversi da quelli di oggi: quest’ultimi che figli avranno? «I ragazzi di oggi avranno, temo, figli “legati” ai vari redditi (di dignità, di cittadinanza, energetici, di ammodernamento tecnologico hardware e software, etc.) regalati dai futuri governi europei, all’assenza culturale, all’assenza di memoria storica ed al loro narcisismo ed individualismo. Che altro non è che l’opposto degli anni ‘80! La globalizzazione temo abbia portato ad una massificazione delirante...». Nella sua famiglia, fin da bambino, ha respirato politica. Suo padre è stato un politico di lungo corso della vita oltrepadana. L’Oltrepò in questo momento, si dice, non abbia politici di riferimento e di spessore: colpa anche dei politici di allora che non hanno saputo tramandare? «Non credo. Politici in Oltrepò oggi ce ne sono. Mi vengono al volo in mente due nomi su tutti: Giovanni Alpeggiani e Paolo Affronti. Due Signori, ancora all’opera, che della politica conoscono tutto, ma ritengo che anche loro, negli ultimi 20 anni, si siano scontrati ed abbiano dovuto adattarsi al grande cambiamento sociale ed umano avvenuto, anche in politica! Dal citato 1992 per 15 anni ad esempio, per farsi eleggere, bastava dire “Io non ho mai fatto politica!”. Meno male che questa cosa non è successa negli ospedali! Se per fare il Primario fosse bastato dire “Io non ho mai fatto il medico!”. Io ho molta passione, da sempre, per la storia: e quando ho sentito Mario Monti nel 2011 riprender il concetto di “eccesso di democrazia” contenuto nei documenti della Trilaterale degli anni ‘70, ho capito che forse ormai siamo ridotti a “carne da macello”, e poco possono anche i nostri politici... Mio padre, ed ancor più i politici rappresentanti l’Oltrepò in Provincia, Regione e Parlamento, sono state persone che tanto hanno fatto per il territorio certamente! Arrivati al disfacimento della prima repubblica, e la seconda non si è mai capito come fosse stata costruita e la prossima sarà forse la sesta ... La situazione contingente ha credo obbligato anche i politici successivi ad adattarsi. Nel caso di mio padre quasi a ricredersi: ricordo che, tanti anni fa, una sera a cena mi disse “Oggi non saprei veramente chi votare...”». L’Oltrepò negli anni 80 esprimeva a livello politico Azzaretti, Campagnoli, Panigazzi, Abelli, Affronti, Alpeggiani. Sarà pur vero che la politica è cambiata e i politici si sono dovuti adattare, ma non è possibile che siano stati i politici ad aver “innaffiato poco”, o è tutta colpa di chi c’è oggi? «Le ripeto: temo che se gli stessi da lei citati fossero nati con un ventennio di ritardo non sarebbero riusciti a realizzare le loro carriere così come son state. Ritengo ci sia
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Gabriele “Lele” Baiardi stato una radicale frattura a livello nazionale ed internazionale, un cambio di direttive globali. Forse anche d’ingerenze provenienti da altre parti, senza voler fare l’illuminista o il complottista, ma certamente la linea politica scelta è stata allargata al di là dei confini, e chi ha voluto reggere il potere ha dovuto rispettare direttive imposte da un disegno politico pre-ordinato e diverso, sconosciuto, mai citato ed illustrato. E sto parlando di tutti, indifferentemente». Oltrepò a livello socio-economico non è mai stata la punta di diamante del nord, anzi. Negli anni ‘80 c’era effervescenza economica, invece oggi c’è crisi. Colpa dei politici o degli imprenditori? «Colpa del cambio di mentalità generale e di una sinergia tra politici, imprenditori e territorio che, come il resto, si è ridotta ai minimi termini, cioè “si fa quel che si può”. Certamente come oltrepadani, anche a livello imprenditoriale e politico, tranne rari casi, ritengo che l’atteggiamento non aiuti; intendo il non fare sistema, ma preservare “la cosa mia”. è atteggiamento che non può portare a risultati di crescita e di rinnovamento. E temo che la mia sensazione non sia sbagliata, guardandomi intorno: mi sembra che tutto stia un po’ troppo deperendo nell’abbandono, anche le bellezze naturali...». Si è continuato e si continua a dire che L’Oltrepò ha tutto in regola per il successo: è facile da raggiungere, ha belle colline, buoni vini, buon salame, ottimi formaggi. Siamo il fuori porta di Milano, molto vicino a Torino, al centro del triangolo stradale… Cosa non funziona e non ha funzionato? Perché non siamo una zona appetibile, come ad esempio il Chianti o la zona di Alba? «Penso non abbia funzionato la percezio-
ne del suddetto cambiamento epocale. Da ragazzi, noi vedevamo il Carrefour, oggi Iper, come una cosa per famiglie e, mi passi il termine, per anziani! Non ci andavamo mai ! In questi anni, in virtù della gelateria, dell’aria condizionata, dei negozi di moda, dei bar, della tecnologia esposta, etc., i ragazzi e le famiglie d’estate non vanno in piscina ma... all’Iper! Qualcosa è sicuramente cambiato nella mentalità! Deve essere successo qualcosa, che non è vero non abbia funzionato: ha funzionato benissimo, ma in una nuova inattesa direzione! E forse anche a noi, adesso, serve un management, tecnico, abile, disilluso, non coinvolto emotivamente! Il mondo è così, ora: ci sono direttori stranieri nei nostri musei che hanno studiato la cultura dell’arte italiana e non hanno solo la capacità gestionale e finanziaria. Serve qualcuno non della zona, che la “testi” e cerchi di “venderla”, perché noi oltrepadani, evidentemente, da soli non ci riusciamo!». Per dire che si hanno ottimi prodotti bisogna tenere una qualità medio alta: in Oltrepò questa qualità alta c’è o ci sono delle eccezioni, delle locomotive che trainano vagoni che qualità alta non hanno? «A sensazione dettata dalla memoria, dato che siamo sempre stati citati come terra dalla buona gastronomia e dalla buona ospitalità, le risponderei che abbiamo una media produttiva valida! Questo ricordo sin da quand’ero ragazzo, intendo ricordo di aver sentito questi commenti... Oggi non saprei dirle con causa se la nostra qualità media sia ad un tale target ma, anche non dovesse essere tale, bisogna comunque fare sistema e cominciare a lavorarci! Quella è, a mio parere, la chiave per diventare frequentati come Alba, Barolo, Monferrato. I discorsi che sento sono però, ahimè, sempre futuri
e futuribili...». L’ Italia è in crisi, l’Oltrepò pure. Le colpe vanno condivise: anche gli organi d’informazione hanno le loro colpe. Secondo lei, noi media dove in questi anni abbiamo sbagliato nel fornire informazioni e nel rendere consapevoli? «La colpa primaria sta nell’asetticità della notizia. I giornalisti che chiamo tali, come Montanelli, Scalfari, Biagi, al di là di quello che veniva detto cercavano una “traduzione”, sempre nel rispetto dell’etica professionale e mai inficiata dal parere personale, che cercasse di dare un più ampio raggio di visuale del fatto, senza appunto rimanere asettici al commento. Il tal personaggio ha rilasciato questa dichiarazione: punto. Questa è segreteria, non informazione...». Purtroppo oggi viviamo in un momento dove fare il giornalista come lei intende è molto difficile, in Oltrepò al limite dell’impossibile. Come uscirne? «Se ci sono pubbliche figure che questa asetticità pretendono, uscirne è inventarsi un percorso diverso. Fate come fece in Tv Maurizio Costanzo a metà degli anni ‘90! Fece diventare la televisione iper-generalista, facendo diventare famose persone cosiddette “della strada”! Queste persone sono diventate famose come e talvolta più di altri personaggi all’epoca già noti! Fate un giornalismo quasi di leggera indagine, coinvolgete altre fonti vicine alla questione da rendere pubblica. Non è verità assoluta ciò che dice un personaggio pubblico: sentiamo cosa ne pensano i suoi alleati, i suoi detrattori, il suo panettiere e la sua pettinatrice! E dei suoi alleati e detrattori, ancora i rispettivi benzinai e baristi di fiducia...». di Nilo Combi
VOGHERA Emanuele Domenicali, classe 1956, nato a Iolanda di Savoia in provincia di Ferrara e cresciuto in provincia di Mantova, oltrepadano d’adozione dal 1982, anno in cui fu acquistato dalla Vogherese in C2, venduto dal Trento che militava in C1. A 19 ha debuttato in serie B nella Reggiana ed è stato un calciatore simbolo della “Voghe”, prima e dopo la “Voghe”. Ha giocato in tante squadre, poi a 31 anni un infortunio che l’ha portato ad appendere le scarpette al chiodo. Ha iniziato ad allenare a Rivanazzano e in un crescendo professionale-sportivo ha continuato a “girovagare” in lungo ed in largo per l’Italia, isole comprese, per migrare infine nella serie B belga al Royal Cercle Sportif Visé. In carriera diversi campionati vinti, 7… mica pochi. Il “Dom” come molti lo chiamano ha girato, giocato ed allenato...ma…è sempre ritornato in Oltrepò, a Voghera, la sua terra adottiva. Lei non è originario dell’Oltrepò, ha girato l’Italia in lungo e in largo come calciatore e come allenatore, ma è vogherese d’adozione. Perché ha scelto di fermarsi proprio a Voghera? «Il motivo principale è stato quello di essermi sposato a Voghera e sinceramente ho pensato di stabilirmi proprio qui perché comunque si viveva e si vive tranquillamente. Nonostante fossi sempre in giro quando volevo tornare a casa tornavo a Voghera! Infatti in tutti i posti in cui sono stato mi hanno sempre indicato come il tecnico di Voghera». Ha giocato in tante squadre e ne ha allenate altrettante, lei è un professionista che quando allena o gioca dà il 100%. Di tutte le squadre quale le è rimasta nel cuore? «Le direi Gela, è una città molto particolare. Conta circa 10 mila abitanti ed è una città caotica e il primo impatto è stato devastante. Ho visto Gela per la prima volta da avversario, ruderi di fianco a case bellissime, lo stabilimento petrolchimico portava tanto inquinamento e la gente viveva pensando a se stessa, ma nonostante questo ho scoperto che questa gente è molto calda e ti può dare molto sia dal punto di vista affettivo sia di rispetto, che io, in particolare, mi sono guadagnato sul campo portando la squadra ai play off. Il calore della gente di Gela per la prima volta in C1 non l’ ho mai visto da nessuna parte ed è stato bellissimo. Poi sono andato a Pisa, perché rappresentava un’importante opportunità professionale, il Gela ed i tifosi hanno fatto di tutto per trattenermi, anche il sindaco Crocetta, poi presidente della regione Sicilia, si è scomodato per convincermi a rimanere, è stato per me un grande attestato di stima». Da Gela a Voghera, città che attualmente conta due squadre, una in serie D e l’altra in prima categoria. I litigi e le discussioni della tifoseria divisa è segno che l’entusiasmo a Voghera sta forse scemando? «Sono arrivato a Voghera come calciatore nell’82 e al tempo era una società fortissima. Venivo dalla C1 e avevo addirittura la richiesta del Mantova con Boninsegna come direttore sportivo, ma alla fine ho scelto Voghera, benché sia originario di Mantova. Lo stadio era sempre pieno ogni domenica, la città viveva di “Voghe” e si respirava un’aria importante per i due anni
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«Il calcio è una cosa seria» che siamo arrivati vicini alla C1. Oggi ogni tanto vado a vedere l’Oltrepò Voghera in serie D: giorni fa, vorrei che le mie parole fossero comprese, non sto facendo critiche, mi sono seduto in tribuna e sono rimasto male perchè gli spalti erano freddi e ho visto una tifoseria vecchia, la stessa di quando ancora giocavo io. Qualcuno che imprecava per una palla sbagliata contro l’arbitro, poco entusiasmo, insomma. La fusione con Stradella non è mai stata ben accettata dalla tifoseria e dagli ultras. Gli Ultras sono dappertutto il pezzo forte del tifo, magari un tifo estremista, ma restano importanti per i calciatori. Il tifoso vogherese non ha riconosciuto questa come la “sua” squadra, infatti si è legato all’altra, quella che disputa il campionato di prima categoria». Il calcio in Oltrepò, fuori dai denti, è in crisi. Il Casteggio vivacchia, Voghera è spaccata in due, Stradella con Voghera, Broni vivacchia anche lei, Varzi al momento è “un’isola felice”. Cosa manca per rilanciare il calcio in Oltrepò? «Manca la programmazione, ci vogliono persone che sappiano fare calcio. Ci si inventa troppo facilmente dirigenti e direttori sportivi dall’oggi al domani, qualche presidente decide di vincere il campionato e avanti si parte, ma non funziona così. Se ad esempio Voghera la si vuole riportare allo splendore di una volta, ci vuole una società forte che abbia risorse o che le trovi, ci sono società professioniste che ci insegnano che non è necessario avere patrimoni incredibili, vedi il Cittadella. Ci vogliono le idee e società ben strutturate. Bisogna lavorare sui settori giovanili, sui giovani del territorio mettendo a disposizione allenatori e istruttori competenti, non puntare su gente che lo fa nel dopo lavoro in strutture fatiscenti con palloni sgonfi. Il calcio è una cosa seria! Il primo passo è la ristrutturazione del settore giovanile, poi della prima squadra. Prima facciamo crescere i nostri giovani per portarli dalle giovanili alla prima squadra, giovani che possano essere ceduti a squadre importanti, così tu società, entri in contatto e sei tenuto in considerazione da squadre di livello ed entri in un circolo sportivo ed economico virtuoso». Il mese scorso Fabio Barbieri ci ha detto che bisogna curare i settori giovanili con persone preparate. Se domani la Vogherese, per fare un esempio, la squadra più blasonata storicamente, decidesse di seguire la sua ricetta e investire nel settore giovanile dalla primavera fino ai pulcini, quale sarebbe a suo giudizio il budget necessario per avere una società al limite del professionismo affinché il settore giovanile sia polmone e risorsa per la società e per la prima squadra? «Faccio fatica a individuare una cifra. Quello che dico è che in un momento di crisi come questo, crisi anche calcistica, gli sponsor e i dirigenti di qualche anno fa non
ci sono più. Allo stesso tempo anche i costi sostenuti dalle società sono diminuiti, gli ingaggi sono diminuiti e di parecchio. Tante squadre sono fallite, la C2 infatti non esiste più perché le squadre non riuscivano a sopravvivere. Io sto allenando dopo quattro anni a casa, io stesso non posso più accettare proposte dalla Lega Pro e andare a 1000 km di distanza per guadagnare poco o niente o il minimo… Le società fanno quello che possono. Io ho accettato un invito dal
Emanuele Domenicali, il “Dom” della Voghe Derthona per il settore giovanile di serie D, 2004 giovanissimi, chiaro che non posso pretendere di guadagnare come quando allenavo in Belgio in serie B, ma con pochi soldi, tante idee e il supporto di persone competenti… ci si può riuscire nel fare un settore giovanile professionale. Purtroppo tante società dell’Oltrepò investono solo nella prima squadra, dovrebbe esserci più equilibrio tra gli investimenti per il settore giovanile e la prima squadra. Tutti vogliono fare gli allenatori ed i dirigenti del settore giovanile senza averne le capacità, ad esempio se un ragazzo butta per terra in malo modo il borsone… nessuno gli dice nulla. Lo sport è una scuola di vita, bisogna educare questi ragazzi». Pertanto in Oltrepò le squadre, a vari livelli, dovrebbero investire più budget nel settore giovanile in modo serio e organico. Ma il 50% di poco è sempre poco perché di soldi non ce ne sono. Non entrando nel merito del perché Voghera e Stradella si siano uniti, ma un motivo sicuramente è stato quello di unire le poche risorse. A causa dei campanilismi sembra che in Oltrepò non si possano unire le forze, per cui si vuole la moglie ubriaca e la botte piena, colpa dei dirigenti? Colpa dei tifosi? Colpa della politica? “Quesito difficile, tutte queste cose sono
vere, è la realtà e il campanilismo è dovuto alla storia. Facendo un discorso logico e di buon senso in alcune zone e alcune società l’hanno fatto, l’unione fa la forza, ad esempio l’Albinoleffe. Bisogna unire le forze ed anche la stessa politica deve prendere decisioni importanti per aiutare le persone che veramente hanno a cuore il calcio». “Unire le forze” non ha funzionato tra città diverse, ma nemmeno nella stessa città. C’è qualcosa che non funziona, un male oscuro, concretamente che fare? «Bisogna a un certo punto prendere delle decisioni drastiche. A Gela ad esempio, c’erano due squadre che hanno deciso di unirsi facendo qualcosa di positivo, perché o si fa così o salta tutto e i tifosi hanno capito questa azione di forza. Unire Casteggio, Broni, Stradella è difficile… una strada a Voghera potrebbe essere quella di unire le due squadre, ASD Voghera e Oltrepò Voghera in un’ unica società unica. La tifoseria penso sia possibile riconquistarla, la tifoseria si è schierata contro perché ci si è uniti con Stradella. Riunire ed unire le due squadre di Voghera sarebbe già un inizio». Lei è arrivato a Voghera in un società il cui presidente era Lavezzari e i vari dirigenti erano espressione del mondo imprenditoriale vogherese che andava a gonfie vele. Ora di soldi ce ne sono meno e gli imprenditori prima seguono la vita e la salvezza della loro azienda e poi, caso mai, investono nel calcio. All’orizzonte a Voghera non sembra compaia un imprenditore mecenate che voglia investire. Che fare? «I tempi degli imprenditori mecenati è sparito, anche nella serie A: il Berlusconi e il Moratti della situazione non esistono più. Ci vorrebbe un’idea e la volontà di incentivare qualcuno ad avvicinarsi al mondo del calcio che poi possa avere dei vantaggi o dei guadagni per la sua attività professionale o imprenditoriale, guadagni che siano alla luce del sole ovviamente. Chiaramente facendo le cose per bene e non con la mentalità del “arrivo e voglio vincere il campionato!”. Si potrebbero aiutare questi imprenditori facendo intervenire un azionariato popolare, come fanno le società spagnole ad esempio: ogni persona può contribuire e hanno dei rappresentanti che fanno parte del consiglio di amministrazione». In Oltrepò ciclicamente c’è una squadra guidata da un presidente che vuole vincere fin da subito, ma poi nel giro di 2 o 3 anni il fuoco si spegne e finisce tutto... «L’ho vissuto anch’io. Alla fine la persona che si impegna a fare calcio punta tutto sul risultato della prima squadra e investe su quello. Quando inizia ha delle idee e nel momento in cui vede che non raggiunge il risultato sperato molla tutto». Ci sono società di piccoli paesi dell’Oltrepò che disputano campionati dilettantistici di 1°, 2° e 3° categoria che pagano
VOGHERA i giocatori. In alcuni casi sotto la falsa voce dei rimborsi spese. Secondo lei è giusto dare un rimborso spese o peggio un rimborso spese gonfiato, poco o tanto, a calciatori che fondamentalmente giocano per divertimento? “Il calcio dalla categoria più bassa alla serie A è regolamentato da leggi, quindi per i dilettanti esiste un rimborso spese: paghi i soldi della benzina. Io penso che queste leggi dovrebbero essere rispettate e non soffocate dall’ambizione dei dirigenti di turno che pur di ottenere il risultato sperato sono disposti ad andare a prendere giocatori a destra e a sinistra e a pagare cifre diverse rispetto a quanto previsto dal regolamento. Questo è il punto: “Provo a vincere con tutti i mezzi che ho, non provo a costruire giocatori-calciatori del mio paese”. Se butti tutto spendendo e spandendo per vincere, dopo qualche anno il giochino finisce». E se dalla prima categoria in giù un presidente, visto che chi gioca è tutta gente che lo fa per passione e per divertimento, ribaltasse il concetto: “io ti do il campo, l’acqua calda e le divise e a te calciatore non faccio pagare niente per divertirti e non ti do nemmeno un rimborso spese, quindi se vuoi vieni e giochi gratis”. Se un presidente in Oltrepò facesse questo discorso, avrebbe possibilità di avere proseliti? «Idea innovativa che nessuno ha mai avuto. Il calcio è una passione e tanti hanno passione, la società deve mettere qualcuno che regoli questa cosa e un allenatore che l’accetti. Se da una parte, quelli che sono
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abituati a prendere due soldi non verrebbero a giocare, dall’altra i numerosi amici del calcetto, oltre a non pagare avrebbero inoltre l’opportunità di disputare la partita della domenica. Una cosa sana che ti fa sfogare…». Un’altra soluzione possibile è obbligare una società, fino a una determinata categoria, in promozione ad esempio, a schierare in campo solo giocatori provenienti dal proprio settore giovanile. In Oltrepò questo potrebbe funzionare? Si otterrebbe un duplice scopo: potenziare il settore giovanile e dare stimolo ai giovani? «Pienamente d’accordo. In Belgio avevo tanti stranieri e c’era l’obbligo della Federazione che nella distinta dei 18 giocatori imponeva che 6 fossero belgi. Sotto la serie B si può fare assolutamente, fortificando l’impegno nel settore giovanile delle società! Non puoi sapere se un ragazzo a 13 anni diventerà un professionista, ma allenandolo e facendolo giocare lo si fa innamorare di questo sport... Mal che vada gioca nella squadra del proprio paese». In questi mesi mi è capitato di parlare con alcuni dirigenti e responsabili tecnici di squadre di piccoli paesi dell’Oltrepò e quando ho chiesto loro cosa stava facendo la loro squadra, la risposta è stata “stiamo rinforzando la prima squadra per vincere”. Lei pensa che in Oltrepò vinceremo mai con questa mentalità? «Non vinceremo mai perchè è fine a se stessa. Puoi vincere un campionato e cosa cambia? L’anno dopo fai 20 km in più di trasferta e devi spendere più soldi per af-
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«Lavorare
sui giovani del territorio mettendo a disposizione allenatori e istruttori competenti, non puntare su gente che lo fa nel dopo lavoro in strutture fatiscenti con palloni sgonfi» frontare la categoria superiore, ma tu alle spalle che cos’hai? Quattro ragazzini che tirano calci in un campo di patate? L’anno dopo perdi, ti scappa la passione e ti ritiri. Il presidente che mette i soldi è il primo responsabile e l’allenatore, se frequenta i corsi federali, sa che la prima cosa è far crescere i ragazzi… il risultato viene di conseguenza. Oggi un allenatore delle giovanili ti risponde, prima di tutto, se ha perso o vinto, senza sapere che prima viene l’insegnamento e poi il risultato. I giocatori più bravi sono quelli orfani perché i genitori non rompono! ( ride ndr). Molti genitori pensano di avere in casa Messi o Ronaldo». L’allenatore più forte e che le ha insegnato di più? «Ho conosciuto a Trento in C1 Bruno Baveni, ex calciatore del Milan, devo dire che mi è piaciuto molto il modo di comunicare con i giocatori sia sotto l’aspetto tecnico che tattico, riusciva ad ottenere dai giocatori il massimo che potessero dare, un grande motivatore. Un giocatore avrebbe dato l’anima per questo allenatore». Una lunga carriera sia in Italia che all’estero, il giocatore più forte che abbia incontrato? «Bella domanda! Ne dico due: Fabio Barbieri che ho conosciuto alla fine della mia
carriera quando lui era un ragazzino e l’ho ritenuto sempre un giocatore “nato”. Ricordo di un’amichevole tra il Derthona e la Reggina quando il loro direttore sportivo mi chiese “Quel numero 8 lì quanti anni ha?” Barbieri aveva 28 anni all’epoca e mi rispose “Se fosse più giovane lo prendevo di sicuro”. Il secondo calciatore più forte l’ho allenato in Belgio, a mio giudizio un campione, greco di nascita e tedesco di adozione, Ioannis Masmanidis, un giocatore di alto livello, un trequartista che ha giocato anche in molte squadre della Bundesliga». Nella vogherese dei tempi d’oro, la grande voghe, tanti giocatori forti… chi era il suo compagno più forte? «Il centravanti, Lucchetti, qualità fisiche incredibili e calciava fortissimo... beccava spesso la porta». Tra tutti i giocatori dell’Oltrepò che ha avuto modo di vedere, su quale giocatore non avrebbe puntato e invece ha avuto una grande carriera? «Walter Curti di Voghera buona carriera nel Chievo in serie B, mancino, si vedeva che era bravo, ma gracilino e non mi sembrava uno molto “preso” dal calcio e invece no, ha fatto una grande carriera».
di Nicolò Tucci
LETTERE AL DIRETTORE
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Parcheggiatori abusivi: nessuno Differenziata: a volte andrebbe usato il buon senso fa rispettare il divieto, il Daspo Gentilissimo Direttore, Le scrivo per segnalare un fatto a mio avviso negativo. Da alcuni anni il Comune dove abito ha giustamente optato per la raccolta differenziata dei rifiuti. In questi mesi mi è capitato ogni tanto di riempire il bidone apposito (carta, plastica, ecc..) e talvolta metterci accanto una quantità analoga di materiale che per quel giorno non rientrava nel contenitore, pronta per essere raccolta, spesso è stato però raccolto solo ciò che era stato depositato nel contenitore senza che venisse prelevato anche il resto.
Più volte ho chiamato ASM e gli operatori con cui ho parlato mi hanno detto che avrebbero segnalato il caso, ma al momento nulla è cambiato e il disservizio è rimasto tale. Auspicherei solamente che si lavorasse col «buon senso» e visto che la «raccolta rifiuti» è un servizio lo si affrontasse in quanto tale, senza «fregarsene» se c’è «un passo in più da fare». Alberto Viola - Voghera
Quello sguardo fisso con l’auto lasciata sul marciapiede della via Emilia Egregio Direttore, Mi trovo ancora a «sfogarmi» sul giornale per quanto accaduto e per l’indifferenza di chi deve controllare: la settimana scorsa, verso le 17, 30 camminavo a piedi sul marciapiedi della via Emilia, in prossimità della chiesa, incontrando una grossa autovettura nera che occupava completamente il marciapiede, tanto che passavo a fatica io, immaginiamo una carrozzina di un disabile. Ho fatto notare educatamente alla signora che stava facendo salire il cagnolino in auto, che era parcheggiata sul marciapiede. Non ho avuto alcuna risposta verbale ma uno sguardo fisso negli occhi, non so se di stupore, sfida, o irrazionalità per vari secondi. Le ho ribadito: «Signora, DIRETTORE RESPONSABILE
Silvia Colombini direttore@ilperiodiconews.it / Tel. 0383-944916 Responsabile Commerciale
Mauro Colombini vendite@ilperiodiconews.it / 338-6751406 Direzione, redazione, amministrazione, grafica, marketing, pubblicità
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è inutile che mi guardi così, sta occupando l’intero marciapiede!». Risposta nulla: persiste lo sguardo fisso negli occhi, cui si possono dare varie interpretazioni... Mi chiedo ora se si tratti di una arroganza ormai consolidata che deve essere accettata o di cosa altro. Spero che la signora, sui settanta anni, non abbia nipotini che imparino da lei. Spero che la signora non si lamenti dei nostri politici che dovrà andare a votare. Le auguro di non trovare qualcuno più deciso e meno razionale di me, che anziché scendere dal marciapiede le cammini sull’auto, cosa che l’istinto farebbe fare anche a me.
a che serve?
Gentile Direttore, Sono una ragazza di 25 anni che oggi, come ormai tutti i pomeriggi da un mese a questa parte, ovvero da quando mio padre è ricoverato all’Ospedale di Voghera, mi sono ritrovata a parcheggiare l’auto nei posti liberi nella zona. Non mi capacito di come, scesa dalla macchina, mi sia trovata, dietro l’auto, due persone che con insistenza mi chiedevano del denaro. Sarebbe scorretto da parte mia pensare a priori che in seguito ad un mio rifiuto, i cosiddetti “parcheggiatori” possano per dispetto danneggiarmi la macchina, ma purtroppo è un’idea che mi sfiora. Sono sempre gruppetti di uomini, non dico
di temere per la mia incolumità, ma da sola e “presa d’assalto” il mio istinto mi spinge ad assecondare l’ingiusta richiesta. Mi chiedo, quindi, che senso abbia emettere delle ordinanze di Daspo se poi non c’è mai nessuno che controlla questi comportamenti? Torno a ripetere che ii luoghi in questione si trovano nel circondario dell’ospedale, zona molto frequentata, possibile non ci sia una volta che una volta che io abbia incontrato un qualcuno a cui potermi rivolgere nell’immediato? Cristina Schiavi - Casteggio
Genitori contro insegnanti: addio principi educativi Egregio Direttore, Quale insegnamento riceve un ragazzino preadolescente quando, a seguito di un rimprovero da parte di un insegnante, viene «difeso» con troppa foga da parte della famiglia: «Lo farò ancora, tanto non mi possono punire, anzi, puniremo noi». E gli altri alunni? La scuola attualmente ha perso il suo potere formativo, ma, nella maggior parte dei casi non è colpa della scuola. Mi rivolgo ai genitori che in gruppi social, criticano, sviliscono e denigrano l’operato degli in-
segnanti; ai genitori che ad un rimbrotto o ad un brutto voto ricevuto dal figlio/a, si scagliano acriticamente contro l’istituzione scolastica. E quando sarà il nostro rimprovero a non piacere ai nostri ragazzi? Quale sarà il trattamento che riceveremo? La scuola, com’è adesso, non ha senso di esistere. Chiudiamo le scuole. Alessandra Brega - Stradella
Carla Calvi - Broni
In Oltrepò asili nido gratuiti per contrastare il calo demografico Gentile direttore, a mio avviso è una vergogna che in Oltrepò non vi siano asili nido gratuiti per tutti. È da circa mezzo secolo che si è persa la capacità di ricambio generazionale, intesa come capacità di generare un numero di figli sufficiente a mantenere numericamente stabile la popolazione. I giovani in età riproduttiva nel frattempo si sono ridotti
del 70% nell’indifferenza totale delle istituzioni, che non sono mai state all’altezza del loro compito. Solo adesso qualcuno, in mezzo al coma generale, si sta rendendo conto che la situazione, anziché seria ma non grave, è grave, anzi tragica, ma non seria. È ora di svegliarsi. L’Oltrepò sta morendo ed è una vergogna che non si sia pensato di fornire gratuitamente un ser-
vizio essenziale, degli asili nido. Non si capisce perché, se la scuola dell’obbligo è gratuita, non debbano esserlo, a maggior ragione, gli asili nido”.
LETTERE AL DIRETTORE Questa pagina è a disposizione dei lettori per lettere, suggerimenti o per fornire il proprio contributo su argomenti riguardanti l’Oltrepò Scrivete una email a: direttore@ilperiodiconews.it Le lettere non devono superare le 3000 battute. Devono contenere nome, cognome, indirizzo e numero di telefono che ci permetteranno di riconoscere la veridicità del mittente Le lettere con oltre 3000 battute non verranno pubblicate
Valentina Colombi - Voghera
AR - CHI - NON - PIACE
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Voghera, la rotonda di viale Montebello
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Stradella, la rotonda di via Di Vittorio
Le rotonde del “terrore”: basterebbe del verde ben tenuto per evitare scelte imbarazzanti La parola “rotonda” un tempo ricordava quella dei furiosi, nel Manicomio di Voghera. Oggi si identificano con questo termine le rotatorie, che in furia mandano conducenti ed esteti. Il primo problema sorge perché purtroppo non molti hanno ancora capito come si affrontano: sì, “affrontano”, perché il vizio diffuso in Italia è quello di entrarci a “sensazione” e non con le dovute precedenze: è proprio per questo che i tamponamenti sono frequenti, basterebbe imparare il codice della strada e capire che sono state fatte proprio per evitare isole circolari spartitraffico e degli incroci tradizionali governati da semafori, molto più pericolosi. Oltre a ciò, però, va aggiunto anche il problema delle dimensioni: va bene, le strade non permettono grandi rotatorie, ma neanche dei cerchi sulla sabbia, perché, per chi non ha “braccio”, spesso diventano un puro e proprio esercizio di contorsionismo. Insomma: nelle piccole rotondine cittadine è sempre meglio entrare dopo un profondo respiro e con estrema prudenza. Quello che compete a questa rubrica però è l’estetica delle rotatorie. A parte qualche sponsor privato che mantiene le rotonde meglio del giardino di casa propria con il motto “adotta una rotonda”, spesso si presentano come un terrificante biglietto da visita di ingresso ad una località: non solo quelle lasciate a se stesse con sterpaglie ed erbacce alte, ma anche quelle studiate da professionisti. Ricordare quelle che colpiscono in modo più profondo il nostro sguardo mi sembra doveroso. Partiamo dalla Capitale dell’Oltrepò: Voghera. Senza decorazioni, ma con un elemento centrale quasi invisibile con una lieve simbologia fallica, è la rotatoria all’incrocio tra via Garibaldi e via XX Settembre: un video riprende un’autobus che svolta a fatica, le auto che tagliano la
rotonda senza neppure rallentare, i pedoni che rischiano di essere travolti anche a causa della totale assenza di illuminazione, ora però pare migliorata. In particolare a livello estetico, invece, merita la Rotonda detta “delle palle”, in zona Stazione/ Esselunga, proprio di fronte all’ “amato” Autoporto: costata pare 267mila euro, le è stata perfino dedicata una pagina Facebook (https://www.facebook.com/Questa-non%C3%A8-una-rotonda-E-una-porcheria-121482314556568/). Nonostante approfondite ricerche, non sono riuscita a trovare il nome dell’artista che abbia dato idea a questa decorazione urbana che potrebbe ricordare i resti di una valanga in segno di commemorazione (ma, ahimè, Voghera è proprio in pianura) o il tentativo disperato di stilizzare col cemento una Saint Honoré. Potrebbe anche essere il simbolo dell’orchite di fronte alla letargia cittadina o il simbolo della potenza degli attributi degli amministratori che l’hanno voluta, una sorte di elogio a se stessi. Qualsiasi sia la ragione, la Rotonda delle palle è sicuramente in vetta alla classifica degli orrori oltrepadani. Andando verso il piacentino, è d’obbligo soffermarsi ad osservare la rotonda di Casteggio all’incrocio fra via Emilia e via Coralli: un groviglio di ferro arrugginito non abbastanza orrendo comunque da essere in vetta alla classifica. Per trovare un degno secondo posto bisogna spingersi più in là, verso Broni e Stradella. Proprio a Stradella troviamo la rotonda “erbosa”: è indefinibile con quel manto verde sintetico. A prima vista sembra il dorso di un dinosauro nel tentativo di uscire dalla crosta terrestre, poi, informandomi, ho letto che si tratta di una rappresentazione astratta di due simboli chiave dell’Oltrepò pavese e di Stradella, ovvero le colline, i vigneti e il man-
tice di fisarmonica aperto: finanziata dal Rotary Club Oltrepò, con l’autorizzazione e il patrocinio del Comune di Stradella e della Provincia di Pavia, il progetto rileva pure la presenza di un professionista: l’architetto Walter Bosoni. Il nostro umile parere ci induce a pensare che un’aiuola con del verde vero e ben curato e comunque lo sponsor in vista, avrebbe dato sicuramente più consensi alla scelta fatta. L’iniziativa doveva inserirsi nella ormai antica battaglia culturale e turistica per la valorizzazione del patrimonio collinare: se queste sono state le prerogative di questa volontà l’Unesco ce lo scorderemo fino a quando sapremo dare un degno ingresso alle cittadine che rappresentano le terre dell’Oltrepò. Terzo ed ultimo posto, non come bruttura, ma per la sproporzione dell’opera d’arte rispetto alla grandezza della rotatoria è a Broni, in via De Gasperi. Riprodotta con una stampante tridimensionale, la scultura rappresenta un giovane studente, con i sogni, le difficoltà, le domande, di un qualsiasi coetaneo che
si affaccia alla vita. Inerente alla vicinanza del plesso scolastico “Paolo Baffi”, la scultura è stata realizzata da un vero e proprio team di giovani artisti, disegnatori ed artigiani: un lavoro di squadra e finanziatori privati che fanno solo onore ad iniziative del genere; questo però non esclude il fatto che le opere finanziate da sponsor debbano sempre e per forza essere discusse solo in positivo: mi sento di elogiare gli artisti nel loro lavoro e nelle capacità innegabili, ma non lo studio delle proporzioni dell’inserimento in quella piazza d’armi del povero Jeffrey che, così piccino, poco verrà notato nel caos di questo mondo così poco attento. Io lo ho visto e spero che questo ragazzo diventi la mascotte e il filo conduttore sempre più grande di un’immagine unica in questa terra così poco coordinata. Una terra che, ad oggi, dopo ormai dieci anni dalla rotonda con il bottiglione di La Versa, non sembra ancora aver trovato la strada giusta.
Broni, la rotonda di via De Gasperi
di Rachele Sogno
CYRANO DE BERGERAC
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«Disciplinari perfetti? Vota Rossetti»
Colpo di scena al novantaduesimo minuto! L’Oltrepò Pavese della vite e del vino ha scelto di cambiare e di votare, unito, la riforma dei disciplinari proposta dal Consorzio. Meno vigneti in pianura, minori rese IGT, blindatura in zona per Pinot nero e Sangue di Giuda Doc, stop al vino Doc in damigiana e tante altre cose che sembravano fantascienza nella terra dei cachi. Una terra sregolata che ha scelto di darsi regole, un buon inizio, con un Giorgi - il presidente di Terre d’Oltrepò e La Versa - che ha dimostrato in concreto che molto è cambiato e l’altro Giorgi - il capitano coraggioso di lanzanoviana memoria - che ripete a macchinetta le stesse frasi da anni. L’unico che crede alla sua buona fede è rimasto Bottiroli, il direttore del Consorzio, che vorrebbe rimettere insieme guelfi e ghibellini, bronesi e stradellini, grandi e piccolini. Chi vive sperando… Se un
Giorgi ha dato prova di “essere”, l’altro continua a dar prova di “apparire”. Appare quando c’è da posare con qualche star ma scompare, con un “sim salabim”, quando c’è da votare, da decidere anche a costo di scontentare qualcuno. Lui, che è certamente un signore, non vuole scontentare proprio nessuno perché non si sa mai. Non è un mago o forse sì, almeno a giudicare dai risultati a sei zeri che ottiene in un territorio in cui a tutti va male, male, male, male… se non malissimo. Ma facciamo un passo indietro: non basta che le cose cambino solo a Broni per mettere in sicurezza il territorio, già, perché i mediatori 4x4 sembrano essersi spostati verso altri lidi per avere la botte piena, la moglie ubriaca e tanta carta con cui divertirsi, facendo coriandoli di ogni politica di valorizzazione del territorio, della Doc, del Pinot nero o giù di lì.
Le ordinazioni, quelle serie, si raccolgono fuori dall’Oltrepò sventolando il solito cartello: “Vini migliori a prezzi da stock”. L’importante è far volume e picchiarci sopra percentuali da jackpot: il mediatore vince, l’agricoltore arranca, perde, si rifarà sempre alla prossima mano, almeno così dicono. Follia schiavista. Intanto, sul fronte dei piccoli produttori di lusso, l’altra novità del mese è quella della cantina dorata, tutta lusso e benessere, che ha scelto di specializzarsi. Si era già specializzata in passato, in un business finito male. Ora ci riprova e guarda lontano, pronta a sfidare i colossi franciacortini e della Champagne. In bocca al lupo (povero lupo)! L’ultimo rebus è il clima da fratelli coltelli che da sempre cova in Oltrepò: se fai sfuso sbagli, se fai bottiglie sbagli, se fai promozione sbagli; insomma vieni sempre crocifisso dagli sparlatori profes-
sionisti. è sempre più facile additare gli altri che guardarsi allo specchio, eppure farebbe bene a tanti. Rivolgo infine un saluto al re dei portali, il genio incompreso, l’uomo senza macchia e senza paura che dà il voto a tutti, commentando cose che nemmeno sembra capire del tutto, talvolta per conto proprio altre volte su ordine del boss del momento. Lascia stare, non attacca. Il futuro dipende dal fare squadra, dall’ascoltarsi, dal capirsi e dal condividere strategie, non dal ruggire dalla tastiera. I progetti sono belli quando sono attuabili e nell’interesse di tutti, non solo quando sono i tuoi in via esclusiva. Chi cala dall’alto dall’alto precipita, come Wile E. Coyote. Beep Beep! di Cyrano de Bergerac
LA “NOSTRA” CUCINA
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Cheap but chic: piatti golosi e d’immagine al costo massimo di 3 euro! alla famiglia iniziò a impastare e vendere frittelle. In Oltrepò Pavese, le frittelle di San Giuseppe sono chiamate “farsò” e nei secoli scorsi venivano preparate in occasione dei falò che si svolgevano a marzo per accogliere la primavera. La ricetta che vi consiglio viene da Torrazza Coste, si discosta da quella tradizionale ma dà un risultato molto gustoso, leggero e di sicuro effetto.
Come si preparano
Marzo è il mese che ci preannuncia la primavera e San Giuseppe, che cade il 19, è sempre stata una ricorrenza festeggiata nel nostro territorio con la preparazione delle frittelle! Il giorno della festa del papà, infatti, le vere protagoniste sono queste dolci prelibatezze. Una consuetudine che troviamo dal Piemonte fino all’alto Lazio e che ha origine dalle antichissime Liberalia romane, le celebrazioni che si svolgevano all’inizio della primavera in onore del Liber Pater, divinità pagana della fecondità: per ringraziare il dio della fine dell’inverno e dell’arrivo della nuova stagione, gli
antichi accendevano grossi fuochi e consumavano focaccine fritte impastate con acqua e farina di frumento. Con l’avvento del Cristianesimo questi festeggiamenti furono sostituiti da quelli per San Giuseppe e in diverse regioni d’Italia si continuò ad accendere falò e a mangiare frittelle. Alla figura del Santo protettore dei papà è legata anche una curiosa leggenda popolare, quella di San Giuseppe “frittellaro”: secondo la tradizione, dopo la fuga in Egitto con la Vergine Maria e il Bambino, il santo non poté più dedicarsi al suo mestiere di falegname, così per dare da vivere
In una ciotola mescoliamo bene con la frusta la farina con un po’ di latte e poi aggiungiamo a poco a poco tutto il latte. Incorporiamo le uova ,una alla volta, continuando a girare energicamente. A questo punto, aggiungiamo la buccia grattugiata del limone, il cucchiaio di zucchero e un pizzico di sale. Rivestiamo una tortiera con carta da forno ,versiamo l’impasto che deve raggiungere lo spessore di circa un centimetro e cuociamo in forno caldo statico a160° per circa 30 minuti. Lasciamo raffreddare il composto ottenuto. Prendiamo una padella inaderente di medie dimensioni a bordi alti e vi sciogliamo a fuoco lento lo strutto. Tagliamo a quadratini la nostra pasta e la friggiamo nello strutto caldo, pochi pezzi per volta. La difficoltà sta nella cottura perché le frittelle devono gonfiarsi e svuotarsi completamente. Si deve iniziare a fuoco dolce e quando la pasta si è gonfiata completamente, dobbiamo alzare la fiamma per far prendere
FRITTELLE DI SAN GIUSEPPE
Ingredienti per 6 persone: 300 g di farina mezzo litro di latte 6 uova intere buccia di un limone grattugiata 1 cucchiaio di zucchero un pizzico di sale mezzo chilo di strutto per friggere zucchero q.b.
colore. Scoliamo su carta assorbente e rotoliamo le nostre frittelle in abbondante zucchero. Le serviamo caldissime accompagnate da un buon bicchiere di vino Moscato dell’Oltrepò Pavese. di Gabriella Draghi
Gabriella Draghi
CASTELLETTO DI BRANDUZZO
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«Un motodromo è meglio di una discarica»
Si prevede un’annata di grandi lavori nel comune di Castelletto di Branduzzo. La Giunta ha infatti chiesto e ottenuto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze l’apertura degli spazi finanziari concernenti il patto di solidarietà nazionale verticale. In parole povere, sarà possibile utilizzare l’avanzo di amministrazione degli esercizi precedenti. Una possibilità che riguarda molti comuni dell’Oltrepò, ma che a Castelletto riguarda una cifra cospicua: 400mila euro. Abbiamo colto l’occasione per chiedere al Sindaco Antonino Lo Verso di trarre un bilancio dei suoi primi anni alla guida del comune, in vista della scadenza elettorale del prossimo anno. E, naturalmente, quali siano i lavori pubblici previsti per il prossimo periodo. La nostra chiacchierata inizia ricordando la madre di tutte le battaglie ambientaliste nell’Oltrepò: quella per liberare l’area ex Ecogomma, dove giacevano abbandonati 60mila tonnellate di pneumatici fuori uso. «Io nasco come sindaco non tanto perché volessi farlo in quanto tale, ma con l’obiettivo di liberare quell’area. Ci faceva davvero paura questa discarica, la più grande d’Europa, un problema non solo di Castelletto ma di tutto il territorio. Per questo mi è stato chiesto di candidarmi a sinda-
co, di fare una lista per cambiare qualcosa in questo paese». Sindaco, si aspettava di dover affrontare tutta questa fatica, e questa burocrazia, per poter lavorare a favore della cittadinanza? «Visto che il mio predecessore aveva governato per trentotto anni il paese era un po’ fermo. Con l’entrata del mio gruppo abbiamo trovato un paese bloccato in tutto, partendo dai fossi, che da più di trent’anni non venivano puliti, fino alla potatura degli alberi, per la quale abbiamo vissuto un momento tragico, perché non era approvata da una parte della cittadinanza. Dicevano che dove avrei tagliato non sarebbe più cresciuto niente». Devono averla presa per Attila… «Il campo sportivo è lì e tutti possono vedere come si sono riprese. Avevamo, sempre al campo sportivo, una tribuna fatiscente e con la copertura di amianto che si sfaldava. Naturalmente, siccome ci tengo alla salute dei miei e di tutti i cittadini, siamo arrivati a costruirne un’altra. È stata per me una grande soddisfazione essere riuscito, con pochi soldi, a sistemare quella zona». Quando le entrate sono poche, si tende spesso a tagliare gli investimenti poco evidenti, a favore di quelli più popolari.
E a farne le spese, purtroppo, sono spesso le manutenzioni. Succede o è successo così anche a Castelletto? «In questo paese di manutenzione ne veniva fatta poca. Mi sono, anzi, trovato un paese che faceva acqua da tutte le parti. Molti interventi erano fuori dal mio programma, che era fatto di tante cose importanti ma non poteva comprendere quei problemi che non si potevano vedere e che abbiamo dovuto affrontare strada facendo». Quali i risultati che le hanno dato maggiore soddisfazione? «Abbiamo realizzato un parco, che Castelletto non aveva: in questo ho trovato l’approvazione e la contentezza di parecchi cittadini. Avevamo l’oratorio chiuso da trent’anni: non c’era l’abitabilità perché non era raggiunto dall’acqua potabile. Ho fatto portare l’acqua potabile e abbiamo riaperto l’oratorio, grazie anche alla collaborazione di tante mamme che, anzi, devo ringraziare». Una delle politiche implementate a Castelletto che, in genere, è assente nei comuni di dimensioni analoghe, riguarda i servizi sanitari. Può parlarcene? «Mi sono da sempre adoperato per i servizi socio assistenziali. E oggi ci troviamo ad avere un ambulatorio con delle professio-
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nalità. Abbiamo due medici generici, fra l’altro uno specializzato in cardiologia, e dei specialisti: psicologa e nutrizionista. La mia intenzione è di aggiungerne ancora altre: sono in contatto con l’Ordine dei Medici per vedere se la nostra offerta può interessare a un cardiologo e a un urologo. Questo per dare maggiori servizi alla cittadinanza». Sul fronte del trasporto pubblico? «Mi è arrivato dalla Provincia l’elenco delle varie fermate. Questo riguardo la necessità di migliorare il trasporto pubblico, rivedendo i vari assetti. Al momento, però, non ho ancora modo di sbilanciarmi: è un progetto di cui vedremo, si spera, i frutti più avanti. Ci aspettiamo dei risultati. Purtroppo, come si sa, la Provincia si trova nelle stesse situazioni nostre. L’area rimane sempre molto vasta, ma non ci sono possibilità di gestirla». Vincoli di finanza pubblica sempre più stringenti. Per fortuna, quest’anno, arriva una boccata d’ossigeno per Castelletto… «Ho lottato parecchio per riuscire a portare avanti i nostri obiettivi, ma se guardassimo il programma di chi voleva ancora candidarsi a sindaco, dovremmo pensare che non si sarebbe potuto fare niente (per il proble-
CASTELLETTO DI BRANDUZZO ma del patto di stabilità). Io, invece, sono riuscito a fare parecchie cose a mio avviso, e questo non lo dico io ma lo dicono i cittadini, gli stessi che mi hanno convinto a candidarmi». Veniamo, allora, agli interventi in programma per questo 2018. Quali sorprese sta preparando per i suoi concittadini? «Il primo obiettivo è quello di potenziare la videosorveglianza. Per prevenire i furti, per moderare la velocità del traffico, per un controllo migliore del territorio. Poi, stiamo finendo di recuperare una struttura di case popolari, che era lasciata a sé stessa. Abbiamo realizzato un cappotto termico a tutto lo stabile, e ora stiamo creando una sala polivalente al pian terreno, perché questo paese non ha uno spazio coperto dove organizzare eventi». Altri lavori pubblici? «Vorremmo sistemare la palestra, che è priva di bagni e spogliatoi. Si pensa di ricavare dal vecchio ambulatorio, che si trova a poca distanza, proprio questi servizi. Grazie a questa idea avremo, finalmente, una vera palestra per la scuola». Una palestra priva di servizi igienici… ma nessuno aveva mai pensato prima alla soluzione che lei ora propone? «Mai nessuno. Se io le facessi fare un giro di questo paese, se le facessi vedere tutti lavori iniziati e mai finiti da più di trent’anni, e poi tutte le cose che in questi tre anni e mezzo sono cambiate, non ci crederebbe. Dovremo sistemare anche la bocciofila comunale, una parte della quale sta crollando». Ci sono state buone nuove sul fronte viabilità… «Abbiamo chiuso la vecchia strada che portava a Voghera: era diventata pericolosa. Abbiamo provveduto ad aprire, però, quella che va verso la stazione di Lungavilla. Con poco più di un quarto dei costi che avrebbe richiesto l’altra, e con l’approvazione di tanti cittadini che su questa via hanno modo di passeggiare, di correre. È stata apprezzata anche dai pendolari, che così possono raggiungere facilmente la stazione di Lungavilla, oltre a quella di Bottarone». Altri interventi? «C’è l’intenzione di installare due tutor su due strade provinciali che attraversano il paese, a Case Nuove e sulla strada fra Bastida e Valle Botta. Abbiamo provato a vedere anche altre soluzioni, come i semafori, tuttavia ho ricevuto pareri contrari. Serve, comunque, in qualche modo rallentare la velocità. I dossi che abbiamo messo in paese non si possono replicare sulla strada provinciale d’altra parte, perché ci sarebbe consentito di stendere solamente un manto appena superiore a quello normale. Sarebbe inutile». Nel 2017 avete pubblicato un nuovo bando per l’assegnazione degli spazi commerciali di via Mussini (ex Risto-Pub). Ci sono novità? «Ha partecipato a questo bando un soggetto, che ancora non è arrivato ad aprire. La previsione è quella di un bar/ristorante/paninoteca, qualcosa che possa avere il consenso dei cittadini. Qui abbiamo un bar, che però purtroppo la sera e la domenica pomeriggio è chiuso. Quindi se voglio prendere un caffè sono costretto a recarmi in un altro paese. D’altra parte anche i pro-
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prietari hanno diritto ad avere il giorno di riposo. Anzi, dobbiamo ringraziare che ci sia almeno questo esercizio». Fra le caratteristiche del suo territorio c’è la presenza, non trascurabile, delle cave di argilla. Alcune chiuse negli scorsi decenni; altre tuttora in funzione. Le sono pervenute, di recente, richieste di nuovi insediamenti, oppure proposte per il recupero di quelle dismesse? «Quello che fino ad oggi mi è stato chiesto è di proseguire i lavori nei siti già presenti, dove già sono in atto escavazioni, quindi da parte delle società esistenti, la Braas e la Branduzzo Laterizi. Balenava l’idea di coprire alcune cave dismesse con del materiale che sarebbe arrivato dalla Liguria. Ci sono stati degli incontri ma purtroppo non ho avuto sufficiente chiarezza. Penso che il dire sempre di no sia sbagliato. Un consenso o un diniego motivato per me è importante, questo su tutti gli argomenti. Però ci vogliono controlli e pene certe. A Castelletto qualcuno ha abbandonato la discarica di gomme più grande d’Europa e io non so più niente di chi ha lasciato questo disastro. Che fine ha fatto? Ha ricevuto una condanna? In Italia andiamo male perché o non facciamo controlli o li facciamo superficiali».
Antonino Lo Verso, sindaco dal 2014 Quello delle cave dismesse è, comunque, un problema che si ripresenterà. «Già in passato avevo lottato per il territorio, quando si voleva fare una discarica dove oggi c’è il motodromo. Anche se magari dà qualche problema per il rumore, penso sia sempre meglio di una discarica». Si definirebbe ambientalista? «Non sono un ambientalista, come gruppo politico. Però amo l’ambiente, e sono amareggiato perché non si cerca mai la giusta soluzione ai problemi. Lei mi deve spiegare perché le nostre gomme le hanno prese in Polonia o in Germania, dove grazie al riciclaggio si costruiscono i cruscotti delle Volkswagen; in Ucraina, dove le utilizzano per realizzare tappeti per impianti portivi. Noialtri non riusciamo mai a fare niente. Dodici anni fa ero all’opposizione in comune, ma ero favorevole al fatto alcune nostre strade siano state asfaltate con un catrame misto a gomme recuperate. Dopo dodici anni queste strade sono ancora intatte». C’è stato qualche cambiamento anche per quanto concerne la raccolta differenziata. «Ho cambiato società, mi sono avvicinato all’ASM di Voghera. Prima la raccolta era svolta dalla ditta Pizzamiglio di Siziano.
Abbiamo cambiato contenitori, ne abbiamo messi più di quanti erano prima, e poi abbiamo migliorato il servizio di rifiuti ingombranti, che prima era a carico del cittadino, il quale doveva pagare venti euro a pezzo per lo smaltimento, che veniva offerto una o due volte all’anno. Ora viene fatto sei volte all’anno ed è gratuito e a domicilio». Come si è arrivati a questo risultato? «Abbiamo siglato un contratto molto positivo con l’ASM, dopo aver cercato di metterla in competizione con la gestione precedente. Ora le cose funzionano bene e possiamo vedere anche meno rifiuti sparsi per i campi. Anche se c’è sempre qualcuno che tende sempre a deviare verso il malcostume…». Da cosa dipende questa incuria o, meglio, inciviltà di alcuni cittadini? «Certe politiche, a mio avviso, andrebbero portate avanti con più coordinamento: se si fa la raccolta porta a porta, dovremmo farla tutti. Se due comuni limitrofi pensano di andare in questa direzione, sarebbe opportuno valutare insieme agli altri del territorio come fare. Perché sono dell’idea che, soprattutto nel periodo estivo, molta gente, per non tenersi il rifiuto in casa, venga nei paesi vicini come il nostro e butti la spazzatura nei campi. Ci sono degli agricoltori che si lamentano perché, prima di iniziare i lavori di campagna, si trovano a raccogliere tutti questi rifiuti. Prima non accadeva». A proposito dell’unione di servizi con i comuni limitrofi… sembra che, ormai, vi siate lasciati alle spalle questa esperienza. «Avevamo concordato una convenzione per avere sul territorio la Polizia Locale, e così si doveva fare anche per la Ragioneria. Però purtroppo in questi paesi viviamo molto di campanilismo: venire qui da Casatisma sembrava essere un problema insormontabile. Noi siamo un paese e non una città come Pavia, Voghera o Casteggio, dove ci sono dirigenti e dipendenti per ogni settore. Si pensava che, mettendo insieme alcuni servizi, si potesse dare un maggior contributo alla popolazione, in tempi più brevi. Con riferimento ai Vigili, si pensava anche di poter organizzare un servizio su turnazione. Con un solo vigile è difficile organizzare uscite serali». Cosa non ha funzionato? «Villani (ex sindaco, ndr) aveva fatto questa convenzione con Casteggio, che però ne aveva anche altre attive con altri comuni. Ora, questi poveri vigili hanno diritto alle loro ferie e magari ne hanno di arretrate da smaltire, probabilmente lavorano anche per molte ore al giorno… come possono recuperare queste ore se devono seguire un territorio così ampio? Quando io chiamavo Casteggio perché avevo bisogno dei vigili, o non mi arrivavano, o arrivavano quando non c’era più bisogno di loro. La cosa non funzionava». Poi avete tentato con Bressana. «Quando è iniziata, questa collaborazione riguardava soltanto i paesi limitrofi. Siccome era già in corso una convenzione con Bastida e i vigili passavano sul nostro territorio per recarsi lì, abbiamo pensato di aderire anche noi. Poi hanno sono entrati anche Pinarolo e Cigognola, ed è andata a finire che i vigili erano sempre su a Cigognola. Capisce che quando avevo bisogno
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io, i vigili erano spesso abbastanza lontani. Una mattina si è ‘impantanata’ una signora con la sua automobile. I Carabinieri erano impegnati, allora ho chiamato i vigili, che però erano appena partiti per Cigognola. Siamo stati due ore io e questa signora sotto il sole a controllare che non succedessero guai».
Sui migranti: «Vi do la residenza nel momento in cui parlate Italiano e sapete leggere» Questo perché, per i vincoli di finanza pubblica, non le è consentito assumere un agente dedicato esclusivamente al suo comune. «Ci vorrebbe che noi sindaci collaborassimo e ci opponessimo a tutto questo. Ho i soldi e non posso assumere un vigile… e poi si parla di sicurezza. L’ho detto anche al nuovo Prefetto. Non si sta parlando di un’altalena in più o di un albero in più in piazza. Qui si parla di sicurezza. Se ci fossero più controlli non dico che cambierebbe il mondo, ma certamente qualcosa nel nostro piccolo sì». Lo scorso anno lei era balzato agli onori delle cronache durante le proteste in occasione dell’arrivo di un cospicuo numero di migranti sul suo territorio. Episodio che lei, peraltro, scoprì quasi per caso, dato che nessuna comunicazione ufficiale le era giunta dalla Prefettura. Possiamo ormai dire superata anche questa crisi? «Sì, direi che l’abbiamo superata. Mi si voleva obbligare a dare la residenza e le carte di identità a questi migranti: naturalmente mi sono rifiutato, andando anche contro la legge. All’ex prefetto dissi: mi porti davanti al giudice, se ritiene. Mi sono imposto. Agli ospiti della struttura, invece, ho detto: vi do la residenza nel momento in cui parlate Italiano e sapete leggere. Alcune persone mi dicevano: può utilizzare queste persone per le esigenze del Comune… ma se non parlano la nostra lingua, come posso metterli insieme al mio cantoniere? Come faccio a spiegargli cosa possono fare?». Come sono stati i rapporti, in questo anno? «Devo essere onesto: non mi stanno dando nessun problema particolare. Quando si rivoltarono e occuparono il ponte del Po fu perché erano abbandonati a loro stessi. A me dà fastidio se diventano carne da macello per speculatori. Ad oggi, comunque, c’è una nuova amministrazione che li gestisce e le cose vanno meglio. Il nostro è il comune che ne ha accolti il maggior numero: 88 immigrati. Io mi ero opposto non perché mi desse in qualche modo fastidio riceverli. Ma dovevamo e dobbiamo chiederci: a questa gente che futuro diamo?».
di Pier Luigi Feltri
RIVANAZZANO TERME
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«Nessuno
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tratta in campagna elettorale argomenti seri»
Luigi Fabbri, è stato sindaco di Rivanazzano Terme dal 1995 al 2004
La bagarre elettorale imperversa su tv, web e organi d’informazione in genere, ma anche nei bar, nei ristoranti e nelle piazze. Tutto il paese discute largamente di politica, in queste settimane. Una campagna elettorale certo non fatta di gentilezze e charme, ma piuttosto di urla e slogan. Abbiamo chiesto chiarimenti in generale ad un nostro conterraneo, che di politica ne sa e ne ha fatta molta nei decenni: Luigi Fabbri. Partiamo subito “a muso duro”: bagarre candidature delle scorse settimane... «Ho letto... Vede, purtroppo i partiti di oggi sono padronali, per cui non tengono assolutamente in conto le esigenze dei territori. I partiti, ed i partiti in forma cosiddetta “contendibile”, di una volta non esistono più. Il PD è un partito in mano ai Renziani, ed è sufficiente avere alcune caratteristiche, come essere stato boyscout o essere toscano, per essere scelti. Bosone è stato uno dei primi renziani ad esser “recuperato” e messo, ahimè per lui, nell’uninominale, dove sarà difficile possa riuscire, perché tutti i collegi uninominali del nord d’Italia saranno ad appannaggio del centro-destra. Anche il centro-destra ha scelto così, sia per le regionali sia per le politiche, se si esclude l’ex sindaco Cattaneo che doveva essere tutelato al punto tale da esser candidato sia all’uninominale
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sia al plurinominale, scelta questa fatta a livello centrale dalla segreteria regionale». Mi scusi, la interrompo: perché proteggere Cattaneo con due tipologie diverse di listino, uninominale e plurinominale? «Proprio per il motivo enunciato. Cattaneo aveva avuto la promessa da Berlusconi anni fa, una volta persa la poltrona di sindaco del comune di Pavia, che sarebbe stato comunque candidato. Quindi lui è rimasto lì, conscio del fatto che lo avrebbero comunque candidato: Berlusconi crede in lui come comunicatore». Lei crede che sia un buon comunicatore? «Devo dire di sì. è giovane, prima di tutto, ed è comunicativo, ma non lo dico solo per lui: oggi non è importante conoscere i problemi o saper trovare le soluzioni ai problemi, ma è importante essere assertivo! Tu vai in televisione, vai ad un dibattito, devi essere convincente. Siamo pieni di talk-show!». Quindi Giorgio Mastrota potrebbe essere uno straordinario premier? «Beh... lui è un venditore, è diverso...». Lei ha ancora ruoli attivi in politica? «Per adesso faccio il tecnico. Sono consigliere al Ministero del Lavoro per la Protezione Civile, facendo il mio mestiere che è il medico del lavoro...». Nulla all’interno di partiti?
«No, anche se mi è stato proposto. Ho fatto politica per anni, ho lavorato nel PSI dal ‘60. Credo nella formula partito, e non perché sono un uomo di una certa età, ma perché non conosco un altro metodo per selezionare una classe politica. Per cui, bisogna fare un percorso in politica, ed imparare a capire quali sono i problemi della società, ed utilizzare gli strumenti che ti consentono di trovare la soluzione a quei problemi. Devi capire se la soluzione che tu presenti al tuo partito è quella maggiormente condivisa, se è quella che puoi portare come istanza. Oggi questo non esiste più. Se sei convincente vieni scelto. Quindi la classe politica di oggi non è preparata! è bravissima nel dibattere, ove tutti gridano e urlano: però, quando è il momento». Rosanna Gariboldi il mese scorso ci ha detto “tutti pensano di essere colonnelli o generali, e di soldati non ce ne sono più”... «Ed è così! Una volta il soldato diventava caporale, sergente… se aveva qualità andava avanti... Oggi questo non è più possibile, ma anche per via delle leggi elettorali che sono state inventate. Una l’ho votata anch’io, ed ho la mia parte di colpa: quando votammo il Porcellum nel 2006...». C’era un’alternativa? «Votammo solo in maggioranza, il centro-
destra. Calderoli propose questa roba qui. A Berlusconi serviva perché così poteva garantire i suoi protetti. Serviva anche all’opposizione: allora c’era la Margherita, separata dai DS, che aveva il problema di tutelare i propri, di protetti. Loro non votarono: ci fu una sorta di silenzio-assenso. Così ci fu l’ascesa dei “piccoli leader”, che è poi stata la rovina, a quei tempi...». Tornando alle imminenti elezioni regionali, che previsione si è fatto sui possibili eletti? «Nella nostra provincia saranno eletti in due o tre: Ruggero Invernizzi, Giuseppe Villani, e credo un leghista. Potrebbe essere Mura, che conosco bene ed è persona equilibrata. Io sarei contento se ci fossero tre rappresentanti per la nostra provincia. A riguardo degli oltrepadani scarseggiamo: mi auguro che qualche candidato oltrepadano possa giocarsela... però... questa è la parte più fragile della provincia...». Cattaneo, Centinaio, Pesato... «Cattaneo sì. Spero che lavori bene! Pesato è in una posizione che non è certissima, ma glielo auguro! Beh, Centinaio... la Lega ha il vento in poppa! Credo che sarà eletto e farà ancora il capogruppo in Senato. Ha dato buona prova di sè. Bisognerebbe forse cominciare a sollecitare i parlamentari certi, parlo per le amministrazioni locali». Quanta ingerenza c’è dall’estero nelle scelte nazionali? «Dall’Europa moltissimo! Oltre il 65% delle leggi che vengono approvate da noi sono suggerite dall’Europa, attraverso le direttive che tu sei obbligato a incorporare per forza nel tuo corpus legislativo. Io non sono un complottista, ma esistono i poteri forti, perché negarlo. Il governo Berlusconi nel 2011 venne mandato a casa per la paura dello spread: arrivò Monti. Monti era l’espressione dei poteri forti, e Napolitano l’ambasciatore, il sacerdote ufficiante di questi poteri. La cosa che fa schifo è che uno come Monti pretese di essere nominato Senatore a vita due giorni prima di accettare l’incarico come Presidente del Consiglio! Nessun politico della Prima Repubblica avrebbe mai giocato in questo modo! Ogni volta che veniva in Aula ci diceva “L‘Europa ci dice questo” e nessuno si permetteva di obbiettare, perché eravamo ad un passo dal burrone. Io ero nel gruppo misto, e mi permisi di alzare la mano durante la discussione per il Fiscal Compact: dissi che non mi sembrava gran cosa. Venne la Fornero: “cosa fa, non vota? Deve votare. Il professor Monti ha detto che se non inseriamo questa cosa, ci bocciano a Bruxelles”. Quindi, con la paura abbiamo votato una serie di cose dettate dai poteri forti. Oggi la politica è debole. Ho fatto un esempio ai ragazzi del servizio civile a Roma, dove
BY TATO
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ho tenuto una conferenza. Ai miei tempi c’era il gelato “Camillino Eldorado”: la crema in mezzo era la politica, che quando c’è caldo si squaglia; il biscotto sopra è il rapporto che la politica ha con le grandi potenze internazionali, e la parte sotto, a livello locale, il rapporto che ha con la delinquenza. E la politica è in mezzo! Se la politica non è rappresa, ghiacciata, dura e resiste all’azione dei due biscotti schiaccianti, sicuramente non fa un buon servizio, ed ubbidisce ai poteri forti che si impongono, e scende a patti bestiali con la delinquenza, cosa che è accaduta spesso in questi anni». Nuovo Governo: la previsione nel futuro? «Nessuno in questo momento, tra chi sta facendo campagna elettorale, tratta di argomenti seri. Ne cito tre. Primo il problema meridionale: non sono mai stato della Lega, ma, come direbbe Bersani, abbiamo una mucca nel tinello, cioè viviamo con una mucca in casa e facciamo finta di niente! Esiste una parte del paese, che non “corre” come il nord, che è in preda alla delinquenza. C’è un sacco di gente per bene che deve per forza adattarsi per sopravvivere, e bisogna che lo Stato si interessi di questo! Ma non per carità cristiana: perché i dati del meridione fanno media con i nostri, che sono positivi, e quindi in Europa ci ritengono inaffidabili, gente non in grado di gestire un Paese!
Il secondo è il problema salariale: è inutile regalare gli 80€, il premio di cittadinanza, etc. Dovremmo domandarci perché il giornalista tedesco, il medico, l’operaio, guadagnano mediamente il 30% in più rispetto a noi! I sindacati non hanno fatto il loro dovere, da 25 anni a questa parte non hanno lottato per il salario! Hanno conservato le loro sacre chiappe sul cadreghino! Se noi avessimo un salario simile a quello degli altri paesi europei, i consumi ripartirebbero e non ci sarebbe bisogno di sovvenzioni e/o altre cose. Terza cosa: l’evasione fiscale . Un Paese come il nostro è un paese incivile a livello fiscale, e ciò impedisce di fare tante cose. La prima è ripristinare quello che era un “ascensore sociale”, cioè consentire al figlio di gente umile di poter far carriera!
Questo è un Paese arretrato, perché il figlio del medico fa il medico, il figlio del notaio fa il notaio, ed è difficile se nasci in una famiglia sventurata: hai 8 probabilità su 10 di essere anche tu uno sventurato. Questo non va bene. Questo fa di noi un Paese che si sta avvitando su se stesso, dove i più ricchi decollano, ed i più poveri continuano ad affossarsi. Questi sono i problemi della politica! Non i 5stelle che non hanno rimborsato o altre storielle! Anche i giornalisti hanno le loro colpe, perché dovrebbero stanare la gente e dire quali sono i problemi seri di questo paese. L’immigrazione non è il problema più importante. Tornando all’Europa, ci guardano come fossimo pezzenti: noi non abbiamo 27 amici, 26 con la brexit, ma abbiamo 26 soci. Se ad esempio viene deciso
Oltrepò Pavese - Elezioni: «Cattaneo sì. Pesato è in una posizione che non è certissima, ma glielo auguro! Beh, Centinaio... la Lega ha il vento in poppa».
che l’occupazione femminile dev’essere di quel livello, mi presento in riunione e tutti sono a posto tranne me: lei come mi guarderebbe, alla ventesima volta che ciò si ripete?!». Ritorniamo al nostro Oltrepò: succederà mai qualche “miracolo” che ci faccia assomigliare a… «Dobbiamo dirlo e dobbiamo farlo! Ci sono parecchi imprenditori capaci che fanno prodotti di punta: manca ancora quel pezzetto che ha fatto del Brut Bresciano, che non avevano idea manco di che cosa fosse il vino ma avevano capacità imprenditoriale, un successo. In trentanni, loro, han fatto Berlucchi, Cà del Bosco, etc. Fino ad allora i brut di successo erano quelli trentini. Hanno applicato le loro capacità imprenditoriali in un settore che non conoscevano, ed hanno traformato una piccola zona, la Franciacorta, grande come la nostra azienda Travaglino, nel Top! Noi facciamo cose stupende, ma qualcuno si deve interessare di queste cose: non si può lasciar la gente sola! Uno può avere anche una bella idea, ma poi, da solo... Devo anche aggiungere che, ahimè, noi in Oltrepò siamo abbastanza individualisti, la storia ce lo insegna: gli imprenditori ed i referenti politici del territorio si devono mettere insieme e fare sistema!». di Lele Baiardi
GODIASCO SALICE TERME
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Il sindaco dichiara guerra agli... uccelli
Importanti decisioni sono state prese in quel di Godiasco - Salice Terme, nell’ordine: cambiare le lampadine bruciate, potare gli alberi, sistemazione di alcuni tratti di marciapiede. Tutte decisioni notevoli e non da poco per migliorare la vita e l’immagine della località comunale. Con impegno e dedizione si è fatto sapere a più riprese, e lo si è fatto scrivere sui vari organi di informazione più e più volte che sempre le stesse lampadine, sempre gli stessi metri di marciapiede e sempre le stesse buche sono state o saranno “messe a posto”. Dopo aver letto le varie e plurime interviste del sindaco-geometra, i cittadini Godiasco-salicesi, pensando che la notizia fosse sempre diversa, hanno calcolato che sono state cambiate un totale di 6100 lampadine, 20 km di marciapiede e riparate buche per trasformare le strade di Salice in tavoli da biliardo. Va beh… Così non è! Qualche lampadina bruciata è stata cambiata, qualche metro di marciapiede è stato messo a posto e qualche buca riparata: molti diranno “Poco!”, assolutamente no! Rispetto a prima, onestamente, c’è un impegno cer-
tamente maggiore nel cercare di mantenere le due località di Godiasco e Salice, rispettivamente la “Capitale” e la frazione, al meglio. Quello che incomincia a far sganasciare delle risate è il ripetere in ogni occasione e il far scrivere in ogni posto possibile che le lampadine bruciate sono state cambiate, perché ora la gente comincia a dire ridendo: “l’uma capi che ian cambià i lampaden” (abbiamo capito che sono state cambiate le lampadine), idem per le buche, alcune, non tutte, riparate, ed idem per l’ordinanza potatura e fossi... Una curiosità... i lavori sono stati effettuati? I privati hanno dato seguito diligentemente all’ordinanza del sindaco-geometra e i controlli da parte degli uffici competenti sono in corso? Così tanto per curiosità, perchè le ordinanze sono una bella cosa, forse e non sempre, fare 4-5 interviste per ogni ordinanza ... e che ordinanze... mica pizze e fichi... fa sorridere la gente, ma se poi le ordinanze restano solo parole sulla carta, non c’è più da sorridere. Si vedrà se le ordinanze, soprattutto quella relativa alle potature ed alla pulizia dei fossi verranno
eseguite e messe in pratica. Certo la gente parla, sorride, e ride di questa voglia di far sapere e risapere del sindaco-geometra e lo fa per la strada, negli esercizi pubblici, nei bar. Chi frequenta i bar, i negozi, gli esercizi pubblici farà anche delle chiacchiere, ma sono le stesse persone che votano e sono le stesse persone che in quegli stessi posti erano corteggiate dai candidati e dagli eletti per farsi dare il voto. Ora queste persone, che frequentano bar e locali pubblici vengono liquidati con “chiacchiere da bar”? Va beh… anche a Godiasco-Salice Terme, così come in tutta Italia, chiunque è corteggiato per farsi dare il voto e poi, una volta che il voto si è ottenuto, viene liquidato. Certamente la notizia che ha più impressionato i Godiasco-salicesi, anche perché l’hanno letta e riletta… e riletta ancora una volta… su diversi organi di stampa, e dal clamore dato, tutti i godiasco-salicesi hanno capito l’importanza o meglio l’importantissima validità, soprattutto strategica, per il futuro del paese, della delibera emessa dal sindaco-geometra riguardo la lotta ai piccioni. Il sindaco-geometra non è il primo ad occu-
parsi di uccelli, ce n’erano stati altri prima di lui: forse il più famoso, anche se lo aveva fatto in modo diverso, era di Assisi, tal San Francesco. Pertanto il nostro sindaco è in buona compagnia! Quelli che se la passeranno forse peggio sono i piccioni, pochi a dire il vero, che maledetti loro, senza la ben che minima autorizzazione e in barba alle delibere del sindaco-geometra, espletano le loro funzioni corporali su alcune parti di Godiasco-Salice Terme. Dopo le pluri-pubblicizzate decisioni e delibere su lampadine, buche ed uccelli, si attende fiduciosi la realizzazione del parcheggio all’ingresso di Salice Terme, la pavimentazione si dice, verrà effettuata con le pagine di tutte le innumerevoli interviste che il geometra-sindaco ha desiderato fare per annunciare che, se il terreno verrà espropriato, se ci sono i fondi, se tutte le norme saranno rispettate, il parcheggio verrà realizzato. Sarebbe una bella cosa per risolvere un problema annoso, ma per ora, priorità alla lotta ai piccioni.... agli uccelli. di Nilo Combi
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«Potrei definire le campagne dell’Oltrepò come i luoghi della felicità» “La cena di Pitagora” è un’associazione vegana che ha sede in una bellissima cascina dei primi del novecento, parzialmente ristrutturata, nel centro di San Ponzo Semola, uno degli incantevoli borghi dell’Oltrepò Pavese. Quando si varca il portone si ha di fronte la tipica casa di campagna delle nostre colline con il pergolato affacciato su un giardino di erbe aromatiche e fiori e un grande cortile dove corrono liberi i due cani dei titolari Maria Tarditi e Davide Ranzini. La prima impressione che si ha è quella di essere accolti in famiglia e, nel salotto di casa davanti a un buon caffè, ci mettiamo a chiacchierare per sapere qualcosa di più sulla storia di questo progetto di vita e lavoro. Maria e Davide voi siete nati qui? Davide: «No, noi veniamo da Milano. I genitori di Maria sono però originari della zona e noi nei fine settimana e durante l’estate siamo sempre tornati in Oltrepò per stare in mezzo alla natura. Abbiamo sempre amato questi posti». Perché avete deciso di trasferirvi in campagna e creare il progetto di questa associazione? Maria: «Il mio sogno è sempre stato quello di tornare a vivere in Oltrepò, potrei definire queste campagne come i luoghi della felicità, dove ho trascorso la mia infanzia. Davide è proprio milanese, però ha amato subito questi posti frequentandoli con me. Abbiamo ristrutturato questa cascina e a febbraio di cinque anni fa ci siamo trasferiti definitivamente creando poi ,dopo alcuni mesi, l’associazione “La Cena di Pitagora”». Come mai avete scelto di diventare vegani? «Siamo diventati vegani per motivi etici e ci sta a cuore promuovere, attraverso l’associazione, la diffusione di questa alimentazione nel rispetto degli animali e dell’ambiente». Quali sono le attività della vostra associazione? «Le nostre attività comprendono la ristorazione nel fine settimana, da marzo a settembre conferenze su vari temi e una volta al mese laboratori artigianali di autoproduzione con esperti del settore. All’interno della cascina ospitiamo anche un bed&breakfast e una sala di circa 40 metri quadrati per i piccoli e medi gruppi che svolgono attività in linea con lo spirito dell’associazione, uno spazio ideale per ritiri di meditazione, yoga, seminari e convegni. Nel corso di questi anni si sono associate circa 2600 persone». Parliamo della ristorazione. La vostra è una cucina vegana e dietro ad ogni piatto c’è una grande ricerca e sperimentazione per quanto riguarda il gusto e la presentazione. Chi dei due si occupa della cucina? Maria: «Io mi occupo della cucina, Davide fa il pane. La mia è una passione da sem-
pre, nata in famiglia, ma quando siamo diventati vegani ho fatto diversi corsi perché in questo tipo di cucina bisogna saper ben utilizzare gli ingredienti che si hanno a disposizione per ottenere un piatto gustoso. Ogni fine settimana proponiamo un “menù gentile” fisso diverso che prevede la degustazione di quattro portate: un antipasto, un primo un secondo e un dolce. Come per le altre attività dell’associazione anche la degustazione del menù è riservata ai soci ma tutti possono associarsi versando una quota annuale di 5 euro. Ogni nostro menù comprende verdure di stagione, zuppe, lasagnette al forno, oppure risotti mantecati con frutta secca o erbe aromatiche e semi oleosi, polente, piatti a base di legumi con salsine appetitose accompagnati dal pane fatto in casa con farine di grani antichi macinati a pietra ed infine dolci di ogni tipo anche a base di frutta, come le frittelle di mele e uvetta che serviamo con il nostro “zabaione” . Produciamo anche i formaggi vegetali utilizzando la frutta secca e li serviamo con delle composte di frutta o dei chutney di frutta o verdura molto interessanti. Cerco di creare ogni piatto con una combinazione di ingredienti che esaltino il sapore e che lo rendano oltre che piacevole all’aspetto anche una vera e propria esperienza sensoriale». Utilizzate quindi i prodotti del territorio seguendo l’andamento delle stagioni, avete difficoltà a reperirli? «Abbiamo un piccolo orto e utilizziamo le verdure e la frutta del luogo quando la stagionalità ce lo permette. Ci riforniamo anche dagli orti sociali di Voghera e da un’azienda di Volpedo. Oltre ad utilizzare le erbe aromatiche del nostro giardino, raccogliamo poi alcune erbe e fiori edibili del luogo come ortiche, germogli del luppolo e fiori di sambuco. Anche le farine sono biologiche e macinate a pietra e provengono principalmente da Volpedo. Abbiamo un’attenzione particolare alle materie prime che utilizziamo che devono essere di grande qualità. Per quanto riguarda i vini, ci serviamo da alcuni produttori dell’Oltrepò e abbiamo un’azienda che produce anche una linea di ottimi vini vegani». I vostri clienti sono vegani a loro volta? «Il 90% dei nostri ospiti non sono né vegetariani né vegani, vengono a provare la nostra cucina e in genere tornano. Abbiamo un bel gruppo di associati della zona ma anche clienti delle regioni limitrofe. Noi non facciamo pubblicità, abbiamo una pagina facebook e un sito internet dal quale si possono ottenere tutte le informazioni sull’associazione e sulle sue attività e sulle quali pubblichiamo il nostro menù settimanale. La nostra poi è una
stri luoghi. Il nostro territorio ha tantissime potenzialità, peccato che a volte sembra non ci sia la volontà di valorizzarlo, non c’è molta cura per i sentieri e mancano spesso le indicazioni turistiche per escursioni interessanti». Siete soddisfatti del lavoro svolto in questi anni? «Sì, siamo molto soddisfatti, innanzitutto del nostro cambiamento di Maria Tarditi e Davide Ranzini de “La Cena di Pitagora” vita radicale, lontacucina molto salutare ed alternativa e quinno dai ritmi frenetici della città. Abbiamo di suscita curiosità e interesse». realizzato un sogno. Lavoriamo insieme, Da dove provengono i clienti del vostro lavoriamo molto ma abbiamo la possibilità bed&breakfast? di incontrare persone molto diverse e in«Il b&b è aperto da aprile a ottobre. Abteressanti. E poi nel corso degli anni tanti biamo molti clienti stranieri come tedeschi clienti sono diventati nostri amici e questo e norvegesi che vengono a visitare la zona ci gratifica molto». e tornano a trovarci. Spesso chi vive qui di Gabriella Draghi non si rende conto della bellezza dei no-
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«Polemizzare sul bando aree interne è inutile e fuori luogo» Quando si parla di Aree Interne, il bando nazionale per finanziare luoghi svantaggiati, il sindaco di Ponte Nizza Tino Pernigotti non canta nel coro dei “delusi”. Anzi, rimbrotta i colleghi che si sono lamentati nel vedere alcuni progetti bocciati e si gode il “sì” al piano di recupero dell’ex stazione della Voghera-Varzi nel cuore del paese e il maxi finanziamento regionale che gli permetterà di rimettere a nuovo le scuole. Sul gelicidio invita al “mea culpa”, sulle fusioni è categorico: «Sono il futuro». Sindaco, partiamo dalle buone notizie. Grazie ai fondi Aree Interne finanzierete un progetto importante… «Abbiamo proposto e ottenuto di recuperare l’intera area dell’ex stazione della ferrovia Voghera-Varzi che a breve sarà interessata anche dal transito della green-way per cui lo riteniamo un buon intervento, altrimenti non avremmo saputo come reperire le risorse per realizzarlo». Eppure Alcuni suoi colleghi hanno espresso pareri critici su questo bando, facendo notare come i numerosi vincoli burocratici impediscano di ottenere finanziamenti per progetti che possano essere davvero incisivi per lo sviluppo dell’economia in Valle Staffora. Lei che ne pensa? «Che ci siano delle priorità più importanti per il nostro territorio (vedi la condizione della rete viabilistica) è fuori discussione. Ma sapevamo prima di partecipare al bando di Aree interne quali fossero i settori a cui erano indirizzati i fondi per cui polemizzare a posteriori sulla destinazione delle risorse quando le priorità sono altre, mi sembra inopportuno e fuori tempo».
Partiamo dal gelicidio e i danni provocati. Com’è la situazione viabilistica nel Comune? «Attualmente le strade sono tutte libere e circolabili. Insiste ancora del materiale legnoso nelle cunette e nelle scarpate di alcune strade, ma presto verrà rimosso». Può quantificare il costo dei danni? «Bisogna distinguere la tipologia di danno. Il danno che hanno subito i nostri boschi è incalcolabile. Ci vorranno decenni per ripristinare un assetto naturale normale considerate le ferite che hanno riportato le piante. Per quanto riguarda il costo economico dovuto per il ripristino della viabilità, delle forniture di energia elettrica e collegamenti telefonici si stimano in parecchie decine di migliaia di euro». Lei è tra quelli che pensano che il gelicidio abbia causato danni ingenti perché evento eccezionale e che nulla si poteva fare, oppure è tra quelli che sostengono che è mancata prevenzione come pulizia di boschi, strade, fossi? «Sicuramente l’evento è stato di una eccezionalità tale che nessuna persona ne ricorda uno simile, per cui lascio immaginare la gravità. Non declino certamente ad altri la responsabilità di non aver fatto niente per prevenire e di conseguenza alleggerire l’entità dei danni provocati. Certi provvedimenti, seppur impopolari e politicamente autolesionisti per le amministrazioni in carica, vanni presi senza guardare in faccia a nessuno e un po’ di “mea culpa” dovremmo recitarlo anche noi». Un altro tema caldo sono le fusioni. Lei come la pensa in merito? «Le fusioni sono solo il modo di anticipare il futuro. Le fornisco due dati: solo nel
zi esattamente come prima. Ponte Nizza può utilizzare un operaio che da solo non aveva, e Cecima un vigile che da solo non aveva. Entrambi i Comuni possono utilizzare nuove risorse che premiano questo sforzo». Parliamo di opere pubbliche. Avete finalmente ottenuto i fondi che aspettavate per la scuola. Può illustrarci brevemente il progetto? «Il finanziamento di 220mila euro, concesso dalla Regione Lombardia, riguarda l’efficientamento energetico e Celestino Pernigotti, eletto sindaco di Ponte Nizza nel 2014 più precisamente i lavori di rimozione dell’attuale rivestimento ester2017 Ponte Nizza ha perso il 3% della pono, posa di cappotto termico sulle mura pepolazione residente. Rispetto a 30 anni fa rimetrali, coibentazione del tetto creando ne conta il 20% in meno. E il 15% della idonee pendenze con relative protezioni, popolazione oggi ha più di 80 anni. Non posizionamento delle scossaline e pluviali, siamo stati considerati area interna per insostituzione degli infissi e installazione di tervento di qualcuno, ma perché i dati lo scambiatori d’aria con recupero di calore». confermano. Mantenere un apparato amministrativo attuale sarà impossibile con Quali benefici ci saranno per la colleti trasferimenti che lo Stato continua a di- tività? Quali altri Comuni interesseranminuire, pertanto se non sarà una volontà no? degli amministratori sarà volontà imposta «Il risultato sarà sicuramente ottimo: gli alunni potranno seguire le lezioni in amdall’alto». Ponte Nizza è in unione con? Quali ser- bienti più sani e salubri. Vi sarà una dimivizi condividete e con quali benefici per nuzione delle immissioni con un notevole risparmio economico dovuto al minor conla comunità? «Ponte Nizza dalla fine del 2016 fa parte sumo di combustibile per riscaldamento. dell’ “Unione Terre dei Malaspina” con il Questi benefici riguardano gli alunni e i Comune di Cecima. E’ un’Unione comple- Comuni di Bagnaria, Cecima, Ponte Nizza ta perché tutti i servizi sono associati e i e Val di Nizza che si ripartono i costi di cittadini pur non percependo più di tanto gestione del plesso scolastico». la differenza, possono usufruire dei servidi Christian Draghi
VARZI Mancano ancora dodici mesi al rinnovo del consiglio comunale di Varzi, ma quello di Giovanni Palli è uno dei nomi che girano per la successione a Gianfranco Alberti. Lui nicchia, anche se ammette che il ruolo di sindaco lo renderebbe “orgoglioso”, ma il consigliere di maggioranza in quota alla Lega Nord, classe 1981 e membro del cda della Fondazione S.Germano sta perlomeno già “studiando” da primo cittadino. Palli, non può ancora decidere per Varzi, però del paese può tranquillamente parlare. Il Carnevale è alle spalle, la Pro Loco è sciolta. Come vede il futuro? Forse ancora più “sonnolento”? Quale deve o può essere il ruolo del Comune su questo fronte? «La Pro loco ha fatto un grandissimo lavoro, purtroppo l’improvvisa scomparsa del presidente Pagani ha portato il gruppo a chiudere 3 anni estremamente positivi. Ora dobbiamo innanzitutto investire sulla sicurezza perché mantenere contesti a bassa criminalità è una prerogativa del territorio spendibile sul piano turistico e dell’offerta lavorativa. È fondamentale puntare sulla peculiarità del territorio valorizzando i centri storici ed i prodotti tipici al fine di riportare l’interessi da parte dei turisti. Dobbiamo creare finalmente un vero e proprio marchio Oltrepo e valorizzarlo attraverso un’azione di marketing perché non abbiamo nulla da invidiare a nessuno. Varzi è il paese del volontariato, in tal senso stanno facendo un ottimo lavoro associazioni quali “A tutta Varzi”, “Varzi Viva”, “Arte e Musica”, “SOV” e “Mi Fido di Te”. Verso ognuna di queste associazioni il comune si è posto e dovrà porsi a supporto mettendo a disposizione risorse, spazi e strutture». Parla proprio da sindaco…le piacerebbe il ruolo? «è ancora presto per fare certe valutazioni. Certo che per ogni persona che fa un percorso politico come il mio, che ama il proprio territorio, sarebbe un onore fare il sindaco del proprio paese». Ha parlato di sicurezza. Troppo spesso da queste parti è un concetto che finisce per fare rima con “immigrazione”. La posizione della Lega sul tema è nota. In paese una colonia di immigrati risiede ormai da anni all’Hotel Corona. Lei nel 2015 dichiarò che “portarli a Varzi è stata una scelta sbagliata”. La pensa ancora così? «Anche oggi come allora la penso allo stesso modo. Non è una questione di antipatia verso questi poveretti che non hanno colpe, ma contesto fortemente la gestione del flusso migratorio che ha interessato l’Europa in questi ultimi anni. Non è possibile accogliere un numero così elevato di persone in un Paese che non può offrire un futuro neanche propri cittadini! Le sembra possibile un’integrazione quando abbiamo una disoccupazione giovanile che supera abbondantemente il 30%? Inoltre la distribuzione non è proporzionale e non tiene conto del numero degli abitanti.. l’esempio più clamoroso è Casa Matti dove ci sono 25 residenti e 25 immigrati. Infine la maggior parte di loro non ha le caratteristiche di rifugiato politico ma sono migranti economici». Quanti sono oggi? Come procede la loro
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«Io sindaco? è presto ma sarebbe un onore» integrazione? «Sono una trentina, il comune di Varzi ha intrapreso le iniziative percorribili per permettere loro di integrarsi: corsi di italiano e la possibilità di mettersi a disposizione della comunità attraverso lavori socialmente utili. Ripeto contestiamo il metodo non le persone». Lei è stato tra i più attivi sostenitori della campagna per salvare l’ospedale di Varzi ai tempi in cui si temeva per la sua chiusura e riuscì a portare Maroni in Valle Staffora. A distanza di ormai 4 anni come valuta la situazione del nosocomio? «Rispetto al 2015 sono cambiate molte cose. Prima di tutto l’ospedale non è più a rischio chiusura ed è anche stato in un certo senso potenziato, in linea con la riforma sociosanitaria voluta da regione Lombardia ed entrata in vigore nella seconda parte del 2016. L’ASST di Pavia ha dato vita ad una vera e propria rivoluzione che ha portato alla chiusura dell’ospedale di Broni, alla trasformazione del nosocomio di Casorate Primo in un centro dialisi con chiusura del pronto soccorso, alla chiusura notturna dei pronto soccorso di Mede e di Mortara. A Varzi invece è stato rinforzato il reparto di medicina che grazie all’attività di oncologia ha triplicato i numeri rispetto all’anno precedente... inoltre l’ATS ha dato parere positivo per la costituzione di 10 nuovi posti letto nel reparto di subacuti così come richiesto dall’ASST poche settimane fa. Ora ci aspettiamo assunzioni di nuovo personale per permettere ai dipendenti di poter lavorare nel miglior modo possibile. Direi che il trend è consolidato e positivo».
Giovanni Palli
Lei è anche membro del cda della S.Germano. Le strutture di assistenza per anziani in Valle Staffora stanno diventando oltre che necessarie l’unica fonte di occupazione in un territorio che
soffre lo spopolamento e non riesce a invertire la tendenza. Alla S.Germano quanti ospiti ci sono? è previsto un ampliamento? «La Fondazione San Germano è la realtà più importante della Valle Staffora, con 180 posti letto e circa 200 dipendenti. Con la riforma sociosanitaria strutture come la nostra diventeranno sempre più importanti sia per i servizi che offriranno agli utenti sia dal punto di vista occupazionale visto che ad occuparsi dei malati cronici, se questi lo vorranno, non sarà più il medico di famiglia ma uno dei “gestori” che avranno il compito di programmare i controlli e le visite necessarie per ciascuno dei suoi assistiti e offrire i servizi sanitari sulla base della patologia prevalente e delle linee guida regionali che stabiliscono di cosa ha bisogno ciascun cronico in termini di esami e controlli. Tra gli enti gestori, scelti da ATS, che potranno prendere in carico i circa 197.000 malati cronici della Provincia di Pavia c’è la Fondazione San Germano che grazie a questa “idoneità” ricevuta lo scorso ottobre ha già avuto un aumento del budget di 40.000 euro. È chiaro che con questa grandissima opportunità abbiamo pensato e studiato un ampliamento della struttura funzionale al ruolo da protagonista che vogliamo andare a ricoprire». Cosa ne pensa del bando Aree Interne? Una grande occasione di sviluppo oppure - come hanno lamentato alcuni sindaci - i progetti finanziabili lasciano il tempo che trovano? «Penso che il bando aree interne sia una grande occasione di sviluppo per poter accedere ad importanti risorse necessarie ad azioni che possano rilanciare la zona montana di cui facciamo parte. È chiaro che non si può distribuire un contentino a tutti perché in questo caso i quattrini messi a disposizione non solo non sono sufficienti ma sono anche poco utili al rilancio ed al ripopolamento della nostra area. Ho visto alcuni progetti molto interessanti. Ripeto è un’occasione irripetibile che dovrà essere sfruttata al meglio al fine di garantire progetti che siano sostenibili nel tempo per un vero rilancio della zona senza perdersi in biechi campanilismi da vecchia politica e iniziative prive di senso che sono destinate a finire ingloriosamente nel breve periodo». Uno dei problemi estivi più sentiti negli ultimi anni in Oltrepò montano è la siccità. Tempo fa si espresse a favore dei consorzi idrici locali e contro il passaggio della proprietà in mani private. Può spiegare il motivo per cui li ritiene tanto importanti? Cosa cambierebbe con una gestione privata rispetto alla situazione? «Certamente i consorzi non operano tutti nelle stesse condizioni e con la massima efficienza, però ve ne sono non pochi che mantengono in vita un servizio secolare
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con tanto impegno e spesso con lavoro volontario, contenendo le spese. Operando nell’ambito della legalità (si pagano canoni annuali di concessione e spese di depurazione) e garantendo controlli sulla potabilità dell’ acqua non capisco per quale motivo quei consorzi che sono autosufficienti riguardo ad approvvigionamento, manutenzione delle reti e gestione condivisa del servizio debbano consegnare il tutto a società estranee e distanti, con inevitabili aumenti dei costi.
Migranti: «La maggior parte di loro non ha le caratteristiche di rifugiato politico ma sono migranti economici» Queste realtà oggi operano nella piena legalità senza rubare niente a nessuno e con la ferma volontà di rimboccarsi le maniche come sempre e andare avanti. Questo è il punto di vista di chi è, come me, determinato a tenere viva la gestione comunitaria dei beni comuni come l’acqua». L’area ex Zincor attende bonifica da anni.. sa dirci qualcosa riguardo le tempistiche e il suo futuro? «Purtroppo i tempi per la bonifica dell’area Zincor si sono allungati notevolmente a causa della vicenda, ormai nota a tutti, che ha colpito l’Ilva che è proprietaria dell’area. Il comune di Varzi e la Provincia di Pavia hanno lavorato bene ed in sinergia percorrendo tutte le strade previste dalla legge per indurre la società Ilva ad intervenire per la bonifica dell’area. Nel 2016 sono state sostituite le coperture in amianto dei tetti più deteriorate e pericolose ed è stato installato un sistema di rilevazione permanente delle fibre di amianto e vetrose aereodisperse, i cui risultati sono sempre stati, per fortuna, negativi. Una volta completata la bonifica dei tetti si procederà alla verifica del sottosuolo ed alla bonifica dello stesso. Da amministratore e cittadino varzese mi auguro che tutto il procedimento sia portato a termine il prima possibile». di Christian Draghi
BRALLO DI PREGOLA
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«Noi puntiamo tutto sul turismo» Un paese che vorrebbe tornare agli splendori degli anni 80 e per farlo intende puntare tutto sul turismo estivo. Brallo di Pregola è impegnato nella lotta (impari) con lo spopolamento, ma deve fare i conti con serie problematiche, a cominciare dai danni causati dal gelicidio. Bisogna poi fare i conti con i vincoli che impediscono al Bando Aree Interne di finanziare progetti legati alla viabilità, la mancanza di uno sportello bancomat e la situazione critica della raccolta differenziata che stenta a decollare al punto che il paese è ultimo in Provincia per percentuale di rifiuto. Sono questi alcuni dei problemi con i quali deve confrontarsi quotidianamente il sindaco Christos Chlapanidas. Partiamo dalla situazione generale del paese nel post gelicidio. La viabilità è tornata alla normalità? Esistono ancora zone critiche? «Per quanto riguarda la viabilità tutte le strade comunali e provinciali risultano aperte e transitabili. Ci sono alcune criticità legate al gelicidio ed al dissesto idrogeologico che ci hanno portato nel mese di gennaio alla chiusura per qualche giorno e la successiva riapertura a senso unico alternato della provinciale Brallo-Cima Colletta. Fortunatamente nel nostro comune non abbiamo avuto emergenze ovvero persone in pericolo di vita. Per quanto riguarda l’energia elettrica ben 12 frazioni su 23 sono state al buio per qualche giorno ma l’Enel ha fatto del proprio meglio per limitare i disagi. Purtoppo da parte di alcuni cittadini (veramente pochi) ci sono state rimostranze in quanto chiedevano i miracoli. Purtroppo nè l’amministrazione nè i tecnici enel sono dotati di bacchetta magica».
Gelicidio: «Con il tecnico comunale abbiamo stimato un danno di circa 80 mila euro. Dalla Regione ne arriveranno solo 14 mila per la sistemazione delle strade e come al solito saremo in grande difficoltà»
Christos Chlapanidas Può stimare l’importo dei danni? «Con il tecnico comunale abbiamo stimato un danno di circa 80 mila euro. Dalla Regione ne arriveranno solo 14 mila per la sistemazione delle strade e come al solito saremo in grande difficoltà». In che modo si è adoprato per far fronte alla situazione? «Abbiamo predisposto due ordinanze dove vengono invitati i privati proprietari di terreni vicino alle strade o ai corsi d’acqua ad abbattere gli alberi che possono rappresentare un problema in caso di gelicidio. Trascorsi due mesi nel caso in cui nessuno provveda come comune interverremo cercando la collaborazione dei privati. Contiamo di ripulire tutte le strade provinciali e comunali dagli alberi e arbusti che possono rappresentare un pericolo in caso di gelicidio o altro fenomeno atmosferico intenso». Secondo lei danni così ingenti erano inevitabili data la natura eccezionale del fenomeno oppure è mancata la prevenzione? «La natura fa il suo corso. Avremmo forse potuto avere meno danni se si curassero di più le manutenzioni dei boschi e delle strade. L’abbandono del territorio porta a questo. L’agricoltura che nel passato vedeva i contadini contendersi anche l’erba delle scarpate ora non esiste più. Il risultato lo vediamo sotto i nostri occhi». La raccolta differenziata per voi è una nota dolente, in quanto nell’intera provincia il Comune è ultimo per la percentuale nel 2017. In che modo intende risolvere il problema? «Il 2018 sarà un anno di svolta per la dif-
ferenziata nel nostro comune: stiamo predisponendo un nuovo piano di raccolta per gli ingombranti che vedrà coinvolta tutta la popolazione: maggiore capillarità e frequenza durante l’anno. Inoltre per quanto riguarda carta e vetro le frazioni più popolate sono già dotate di campane e cassonetti che verranno ulteriormente potenziati». Parliamo di Aree Interne. Quali progetti vostri hanno ottenuto finanziamenti? «Specificatamente per il nostro comune saranno finanziati l’efficentamento energetico dell’edificio comunale in piazza al Brallo e il rifacimento dell’impianto di illuminazione pubblica. Questo secondo progetto sarà molto importante sia per la dimensione (abbiamo circa 350 punti luce in tutto il comune), sia per il risparmio che porterà negli anni futuri. Pensiamo di razionalizzare anche il posizionamento dei punti luce che dovrebbero prevedere le “paline intelligenti” ovvero dare anche la connettività internet». Alcuni suoi colleghi - tra i quali quello di “Unione” Donato Bertorelli - sono stati critici nei confronti di questo bando, affermando che non per limiti burocratici non si finanzino progetti che possono portare vero sviluppo e lavoro. Lei concorda? «Che dire: la delegazione del ministero di aree interne già dal primo incontro aveva stabilito che non ci sarebbero stati finanziamenti per la viabilità (critica in tutto il territorio) e non sarebbero stati finanziati progetti stile “catterdale nel deserto”. Solo cose che stessero in piedi con le loro gambe una volta terminati i finanziamenti. I comuni più disagiati (4 su 7 sono nella nostra unione)
malgrado abbiano fatto alzare il punteggio per il riconoscimento come aree interne non hanno ottenuto nulla di più». Recentemente la lista dei paesi fantasma si è allungata con l’inserimento di Cortevezzo. Ci sono progetti concreti per frenare lo spopolamento? «Aree interne con alcuni progetti sovracomunali conta di far riscoprire i nostri luoghi sia ai turisti sia a chi vorrà provare a cambiare stile di vita. I prossimi anni ci diranno se le azioni intraprese avranno i risultati attesi noi puntiamo tutto sul turismo». Brallo negli anni 80 era il centro turistico per eccellenza dell’Alta Valle Staffora. Negli anni il lento declino. Com’è stata la stagione scorsa e quali prospettive ci sono per l’estate 2018? Avete in cantiere progetti-opere per incentivare il turismo? «La stagione scorsa complice anche il gran caldo ha visto incrementare il turismo al Brallo. Inoltre le due spa ed i 2 nuovi ristoranti/bar aperti hanno dato un buon incentivo al turismo. Uno dei progetti sovracomunali che dovrebbe incentivare il cicloturismo vedrà un infopoint e una colonnina di ricarica per le bici elettriche al Brallo. Astrobrallo ed una collaborazione con il dipartimento di fisica dell’università hanno portato e porteranno anche quest’anno molti studenti ad apprezzare l’osservazione delle stelle in altura». Lo sportello bancomat in paese è poi stato aperto? «Purtroppo no. Abbiamo più volte tentato di coinvolgere sia poste italiane che altre banche: poste dice che a tendere verrà installato ma non sanno darci una tempistica. Le banche vedono uno sportello al Brallo come un potenziale rischio per i furti (due volte era stato fatto saltare lo sportello presente) ed inoltre non abbastanza “appetibile” visto la scarsità di popolazione». La tragica morte di Daniele Gatti ha suscitato critiche per via del malfunzionamento del defibrillatore. Come si è conclusa la vicenda? «La vicenda non è ancora chiusa. Essendo teleassistito il controllo di questo apparato è attivo 24 ore su 24. Si tratta di apparecchiature installate da AREU (Azienda Regionale Emergenza Urgenza). Alle farmacie o nei luoghi di installazione veniva chiesta la connessione alla rete elettrica e ADSL. Al Brallo ne abbiamo 2: uno a Pregola ed uno nel capoluogo. Per praticità per quest’ultimo si era optata l’installazione sotto il comune in quanto facilmente visibile e raggiungibile. Sono state formate due persone sull’uso ma la manutenzione è sempre stata in capo ad AREU: con la presenza dell’adsl il sistema è controllato da remoto. Purtroppo qualcosa non ha funzionato nella telegestione dell’apparato». di Christian Draghi
CASTEGGIO
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«Candidarmi a sindaco? Sto bene all’opposizione» Giuliana La Cognata, classe 1968, storica commerciante di Casteggio, è stata eletta nel 2014 consigliere di minoranza nel suo comune. Nel giro di un anno e mezzo ha creato un gruppo suo, il “Gruppo Pd”, dove è rappresentante del Partito Democratico, del quale dal 5 novembre del 2017 è diventata anche Segretario locale. Come consigliere comunale quindi è la sua prima esperienza. Come la valuta finora? «Bellissima. Sono stata e sto veramente bene, ho fatto tanto lavoro per la gente, sono stata sempre a disposizione e ho presentato tante interpellanze nei vari consigli comunali. Ho fatto anche tre petizioni con raccolte firme che sono andate molto bene». Cosa riguardavano queste petizioni? «La prima riguardava l’area della posta di Casteggio, che aveva un parcheggio assolutamente inagibile. Ho raccolto 420 firme: la petizione è andata a buon fine e il piazzale della posta dopo un po’ di tempo è stato messo a posto… dopo circa 30 anni! Per la seconda ho raccolto io personalmente 500 firme, che poi sono diventate 1200 grazie ad altre persone che le hanno raccolte, contro il cambio dell’area Venco, da zona verde a piano commerciale».
Anche questa è andata a buon fine? «Ancora non si sa bene, ma diciamo che è stato fatto un vincolo e siamo decisamente ottimisti». L’ultima petizione da lei fatta cosa riguarda? «è quella importantissima contro la chiusura della guardia medica a Casteggio. In questo caso sono state raccolte 1432 firme in venti giorni. Sono state consegnate, solo per conoscenza, al Presidente dei Sindaci della zona che è Antonio Riviezzi, primo cittadino di Broni. Questo fa diventare molto più forte la loro posizione, perché i sindaci si sono dimostrati contrari a questa chiusura (e a tutte le chiusure delle guardie mediche) e tutte queste firme raccolte in poco tempo hanno un grande significato. Una copia è stata anche consegnata alla Dottoressa Anna Pavan, che è il Presidente dell’Ats, la vecchia Asl. Adesso aspettiamo risposte». Per le prossime elezioni in città, pensa di potersi candidare per un ruolo da sindaco? «Devo chiedere alla mia famiglia: questi anni per me sono stati pesanti e mi hanno portato a fare tanto lavoro. Devo quindi chiedere a mio marito e ai nostri figli cosa vogliono che io faccia. Se la mia famiglia
mi darà l’ok vedremo. Ma non so se mi candiderò a Sindaco, questa è una scelta che deve fare il Partito, non io». A lei piacerebbe un ruolo del genere? «Non lo so, perché devo riconoscere una cosa molto importante: io sto bene all’opposizione. è stata una posizione importante e potrebbe anche andarmi bene così. Non penso a cose grandiose, penso solo, se posso, di andare avanti anche come adesso, nello stesso ruolo. Voglio continuare a lottare e portare la voce del popolo in consiglio comunale, come ho sempre fatto». I consigli comunali casteggiani si sono rivelati a volte molto tosti. «Diciamo forti. Ma ripeto, sono stata e sto così bene all’opposizione che non voglio proprio pensare a una posizione più alta. Questo del consigliere di minoranza è un ruolo che mi si addice. E poi è sempre una buona opposizione che fa tanto. Io sono contenta, sia di essere diventata consigliere che di essere d’aiuto per il mio popolo, la mia gente». Ci sono però stati momenti in cui maggioranza e opposizione si sono trovate completamente d’accordo? «Quella della guardia medica è una mia lotta personale, che è partita da me e ho portato una mozione in consiglio in cui chie-
Giuliana La Cognata, segretario del Pd di Casteggio
devo che tutti, maggioranza e minoranza, votassero contro la chiusura. Volevo che dimostrassimo che eravamo tutti concordi. E tutti hanno votato a favore della mia mozione, tutti davvero. Quella sera, inoltre, hanno votato all’unanimità anche un’altra mia mozione». Di cosa si trattava? «La panchina rossa, contro la violenza sulle donne. Ho chiesto, infatti, al Comune di installare una panchina rossa, per dimostrare che il nostro paese è contro il femminicidio. Ormai ne vengono messe parecchie in tutta Italia e ci tenevo che ci fosse anche da noi. Verrà messa probabilmente in piazza Dante».
di Elisa Ajelli
MONTALTO PAVESE
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«La D.O.C. per il Riesling è il modo migliore per promuoversi» Daniele Manini è consigliere di minoranza al Comune di Montalto, totalmete contrario al fare “opposizione” nel senso letterale del termine, la sua idea è quella di creare un clima positivo e collaborativo con il sindaco, fino alle prossime elezioni, in cui intende ancora candidarsi. Com’è il rapporto fra voi della minoranza e l’attuale sindaco di Montalto? «Il rapporto con la maggioranza è davvero ottimo, a mio avviso. Fin dal principio noi, come minoranza intendo, non facciamo opposizione: il nostro obbiettivo è fare proposizione, è antipolitico fare opposizione. Innanzitutto il nostro sindaco è stato deciso dai cittadini e io non voglio mettermi contro la loro decisione, bisogna invece collaborare per migliorare le scelte condivise». Montalto Pavese ha un buon indice turistico, sia grazie al buon vino che si produce, che grazie alla sua morfologia e alla bella Costa del Vento, come cerchereste voi di incentivarlo? «Io credo che la denominazione di origine controllata per il Riesling di Montalto, sia il modo migliore per promuovere il nostro territorio. Questo non vuol dire che io sia andato a seguito delle decisioni del sindaco Angelo Villani, ma sono stato io stesso promotore di questa iniziativa. Ci siamo trovati completamente d’accordo su questo argomento».
«Il problema principale di Montalto è la mancanza di abitanti» Lei personalmente si trova in accordo con la politica dell’attuale sindaco? Che cosa pensa delle sue iniziative? «Se mi chiede se sono d’accordo con il programma dell’attuale sindaco, è ovvio che la mia risposta è no: io avevo la mia proposta al momento delle lezioni e sono fedele alla mia linea, ma sicuramente non mi trovo neanche contro le sue idee. Ovviamente io non sono un supporter del programma di Villani, ma cerco sempre dei punti di contatto con la loro linea. Ad esempio abbiamo fatto una riunione riguardo all’ATECO Riesling di Montalto e ci siamo trovati completamente d’accordo. Sarà compito dei cittadini di Montalto prendere una decisione alle prossime elezioni. È chiaro che a volte il clima in fase di riunione, si trova ad essere anche duro, non sempre ci si trova d’accordo: in un ambiente di discussione è facile scontrarsi, basta sbagliare tono e o le parole scelte, ma in generale poi alla fine si riesce sempre a trovare ottimi accordi.
Ad esempio, in sede di decisioni in merito al nuovo serbatoio dell’acqua di cui vi ha parlato il sindaco nell’articolo precedente, io mi sono ritrovato completamente d’accordo e a totale supporto quindi dell’iniziativa, ma sono stato io poi a proporre invece il collocamento di una fontanella dell’acqua sulla piazzola del Belvedere, in maniera che i turisti e le persone che giungono a quel luogo possano usufruirne. Dello stesso argomento, il nuovo serbatoio, ad essere sincero non ne ho analizzato attentamente i costi che sono stati necessari, ma non penso sia importante quando si tratta dei nostri bilanci, poiché sono sempre risicati». Come è stato il procedimento di miglioramento delle opere di urbanizzazione (strade, luminarie, telecamere, marciapiedi etc. etc) nel corso del 2016-17? «Io non credo che sia stato fatto un granché da questa amministrazione, credo più che altro che le decisioni siano state prese da quella precedente, visto che l’unica cosa che si può fare infatti è quella di mantenere la strada intrapresa proprio dall’amministrazione precedente. Sono sicuro che un ulteriore aumento delle telecamere sul territorio, o il telesoccorso per gli anziani potrebbero essere ottime novità nel nostro paese e nel caso che Villani riuscisse a farle lo supporterei assolutamente, cercando di dare il mio contributo. La stessa restaurazione di Palazzo Cristina è un’idea della vecchia amministrazione che va sicuramente portata avanti, è uno degli aspetti più importanti del programma». Quale pensa sia, invece, il punto debole dell’amministrazione Villani? «Credo che sia la mancanza di dialogo con la popolazione. In un paese piccolo come il nostro è chiaro che la maniera più semplice per fare il bene della popolazione sia quella di creare un vero e proprio dialogo con il cittadino, in modo da sapere cosa sia realmente necessario fare e cosa invece sia trascurabile o comunque meno imminente. Si dovrebbero organizzare riunioni con la popolazione per poter discutere assieme delle varie iniziative da intraprendere». Quali saranno i punti di forza del vostro programma per candidarvi l’anno prossimo? «Io mi candiderò sicuramente l’anno prossimo e la mia linea non si distaccherà dalla strada intrapresa dalle amministrazioni precedenti, cercando solo di aggiungere qualcosa in più, di più importante. Sarebbe banale però dirle che il nostro unico interesse sia quello di aumentare l’indice turistico e valorizzare l’economia basata sui
prodotti della nostra zona: il problema principale di Montalto è la mancanza di abitanti, bisogna porre al primo posto l’esigenza di rendere più ospitale il nostro centro in modo che più persone e anche i giovani, pensino di venire ad abitare qui da noi. Inoltre un altro dei punti più importanti del nostro programma sarà quello di trovare collaborazione anche con l’altra minoranza presente a Montalto, infatti Daniele Manini, consigliere di minoranza alle scorse elezioni erano presenti tre liste; l’altro gruppo di rimane, a mio parere, una delle basi fonminoranza si è presentato autonomamen- damentali della politica e così anche in un te alle elezioni, ma credo che sarebbe una piccolo paese come il nostro». buona idea cercare di collaborare fra di noi di Elisabetta Gallarati per essere più efficaci. La collaborazione
BRESSANA BOTTARONE
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Sportello Migranti: «Disponibili anche per i comuni limitrofi» «Non solo interventi economici, ma attivazione di percorsi mirati alla soluzione del problema e uno sportello arcobaleno per difendere il diritto di tutti ad avere dei diritti.» Era questo uno dei punti del programma elettorale della lista Bressana Nuova, risultata vincente alle elezioni del 2014. E qualcosa, in effetti, è successo. Ce ne parla Giancarla Mangiarotti, Assessore alla Coesione Sociale. Assessore, a Bressana è disponibile uno sportello dedicato ai migranti. Quando nasce, e da quale esigenza? «Lo sportello è iniziato sabato 18 novembre 2015, giorno in cui si è svolto il primo incontro. Fin da quando ci siamo insediati, noi, come giunta, siamo stati attenti alle esigenze degli stranieri, e abbiamo cercato di andare incontro alle esigenze dei più deboli. Era già nel programma elettorale e poi si è riuscito a sviluppare anche grazie a Farhiya Mohamed Ibrahim, consigliere comunale di origine straniera». Chi se ne occupa? «C’è un operatore, Luca, che fa parte dell’associazione Amici della Mongolfiera. Per due sabati al mese Luca viene qui a Bressana. È un ragazzo giovane, è riuscito proprio a interagire bene con le persone che si rivolgono allo sportello, a entrare in sintonia, in empatia. Si tratta di un lavoro di volontariato. Il Comune comunque eroga comunque un contributo all’associazione». Questa associazione collabora anche in altre iniziative del Comune di Bressana… «Sì, l’associazione Amici della Mongolfiera partecipa alle nostre attività anche con altre persone: due che si occupano di gestire il servizio scuolabus e due per il prescuola, oltre all’autista. Tutti questi servizi sono frutto di una convenzione nata ormai lo scorso anno». Ci sono anche operatori residenti a nel vostro comune? «Sì, abbiamo l’aiuto della signora Ghazi Yamina. Viene anche lei ogni quindici giorni, e si occupa di tradurre dall’Arabo quando qualcuno non capisce bene l’Italiano, dato che è originaria dell’Algeria». Come ha preso il via questa ulteriore collaborazione? «È partita con la leva civica. Adesso è impegnata sia per questa collaborazione con Luca, sia nel gestire lo spazio per la distribuzione dei vestiti». Come si svolge questo servizio? «Abbiamo una stanza nell’ex distretto dell’ASL che viene attrezzato come un grande armadio a disposizione dei bisognosi. Ci sono quindi vestiti, sia per i bambini, sia per gli adulti. Chi ne ha bisogno può accedere al servizio ogni giovedì mattina dalle 9 alle 12.30. Adesso abbiamo anche attivato la distribuzione dei pasti.» Di cosa si tratta? «Già dallo scorso anno, quello che viene
avanzato intatto dalla mensa scolastica, ritorna alla cucina, e viene riconfezionato (secondo le norme dell’ASL). L’autista della cooperativa La rosa dei venti porta il cibo così preparato sempre presso l’ex Distretto, in una stanza dedicata alle associazioni. Questo servizio viene erogato tre giorni a settimana: lunedì, martedì e giovedì. Naturalmente abbiamo individuato famiglie che hanno necessità particolari, le abbiamo contattate e, a seconda di quello che arriva, giorno per giorno la signora Yamina effettua le divisioni. Così il cibo può essere distribuito e consumato poi a casa per la cena.» Un servizio impegnativo. «Prossimamente vedremo se riprendere anche una consegna a domicilio. L’anno scorso avevamo avuto anche la collaborazione dell’Auser per la consegna anche domiciliare dei pasti, rivolta a chi risiede più lontano dal punto di distribuzione.» Quali servizi vengono erogati dallo Sportello Migranti? «Vengono offerti servizi burocratici e amministrativi, che riguardano permessi di soggiorno, ricongiungimenti famigliari, cittadinanza e iscrizione alla carta di soggiorno.»
«Gli utenti sono in media otto al mese» In quali spazi? «Gli utenti vengono accolti nell’ufficio dei Servizi Sociali. Lo spazio deve essere abbastanza raccolto, con un po’ di tranquillità. L’ingresso è situato accanto a quello della biblioteca». Può fornire qualche numero circa gli accessi al servizio? «Sono circa otto persone al mese. D’estate il servizio viene sospeso per un paio di mesi, in corrispondenza delle ferie estive». Lo sportello si rivolge solo a quanti dimorano a Bressana? «Se qualcuno anche dei comuni limitrofi avesse bisogno l’operatore è disponibile. Non ci sono certamente problemi. A Bressana vivono diverse famiglie straniere; molte però sono qui da anni, si sono consolidate, e non hanno bisogno, diciamo, di aiuti particolari. Famiglie che hanno, magari, avuto accesso ad un mutuo per l’acquisto di una casa. Altri, invece, vivono situazioni più delicate e quindi richiedono qualche supporto». Quali situazioni di difficoltà si trovano a dover gestire gli operatori? «Come migranti mi viene in mente il gruppo di Castelletto, che è stato sistemato al Motel. Qualcuno di quei ragazzi è venuto
qui allo sportello a chiedere informazioni. Difficoltà particolari ci sono state anche in seguito alla chiusura della Log Service; disagi per molte famiglie straniere, che erano occupate in questa azienda. Si sta cercando comunque di trovare varie strade possibili per dare una qualifica alle persone che vivono situazioni di precarietà.» Un giudizio sulle attività? «Luca è una persona eccezionale, è disponibile sempre. L’abbiamo contattato molte volte anche telefonicamente, fuori dall’orario previsto: è sempre presente e sensibile. Fa un lavoro con il cuore. Un giudizio quindi molto positivo». Ci sono stati problemi particolari, connessi alla presenza di questo sportello? Polemiche, per esempio, da parte di quanti sono contrari all’accoglienza dei migranti. «No, non c’è stato nessun problema particolare. Forse perché cerchiamo di prendere tutto quello che facciamo con atteggiamento positivo». Quali altre attività si svolgono sotto l’ala del suo assessorato? «Abbiamo a disposizione dei Servizi Sociali un’automobile, che viene utilizzata per il trasporti di minori. È stato poi attivato un progetto importante in collaborazione con la Fondazione Le Vele: tre corsi di formazione. Siamo già partiti l’anno scorso con un corso di cucina, che ha visto l’adesione di quindici persone. Poi abbiamo avuto corso di manutenzione del verde, con una decina di persone. Adesso è in corso l’ultimo, che termina il 28 febbraio ed è quello di assistente famigliare, durato 160 ore». Che cosa riguarda quest’ultimo corso? «La Regione ha chiesto di istituire una sorta di ‘registro delle badanti’. Si sono prese carico di realizzarlo le Auser di Bressana, Lungavilla e Torricella. Vedendo i requisiti che erano richiesti per essere inseriti le badanti in questo registro, ci siamo resi conto che era necessario offrire la possibilità di conseguire un attestato di base. Questo registro, poi, verrà messo in rete e darà la possibilità alle famiglie di accedervi per individuare una serie di persone con una certa affidabilità. La partecipazione al corso è stata di 15 persone, metà delle quali provenienti da altri comuni. Anche persone italiane». Altri obiettivi della sua attività amministrativa? «La mia idea iniziale era che sul sociale bisogna fare rete. Fare rete vuol dire essere a contatto con le altre realtà presenti sul territorio, per esempio l’Auser, il parroco, che conosce le situazioni più problematiche, dato che molte persone, magari, arrivano a chiedere aiuto da lui prima che da noi. Ci deve essere un dialogo. Anche con il medico di base, che conosce certe problematiche. Quello che si sta portando avanti con convinzione è proprio il tenere
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Giancarla Mangiarotti i contatti, il collaborare e l’interagire. Con l’Auser, per esempio, al fine di riuscire ad assicurare sempre i trasporti che vengono richiesti, o con la loro vettura o con quella del comune». Una collaborazione che sicuramente coinvolge anche gli altri elementi della Giunta. Molti dei suoi interessi, immagino, coincideranno con quelli dell’Assessorato alla Cultura; in quanto la coesione sociale non può che passare, anche, per la condivisione di un substrato culturale ed esperienziale. «Si, certamente alcuni punti si sovrappongono. A Bottarone, nella ex scuola elementare è stato aperto questo ‘Centro civico’, dove vengono svolti alcuni laboratori. C’è una ludoteca, c’è un laboratorio di pittura, c’è un circolo dell’uncinetto. Nella sala delle associazioni, il mercoledì, in collaborazione con l’Auser, al pomeriggio si svolge un corso di cucito, dalle 14 alle 17. Sono tutte iniziative molto valide e che meritano il nostro supporto». Ormai lei lavora da quattro anni come assessore. Si aspettava che un comune, comunque relativamente piccolo come Bressana, riuscisse a mettere in campo questo numero di servizi? Quali aspetti negativi ha trovato in questa sua esperienza? Cosa migliorerebbe? «Io sono ex dipendente del Comune di Pavia, ho lavorato negli asili nido. Essendo dipende comunale vivi comunque una parte della vita dell’ente, con le riunioni, i contatti quotidiani con dipendenti e dirigenti comunali: hai già un sentore di quella che è la vita del comune. Se devo dire qualcosa di negativo, penso alla burocrazia, alle lentezze. Il rischio è che quando qualcuno ha un’idea, pensa un’iniziativa, con il tempo che serve per realizzarla si esaurisca la spinta iniziale. Però sono molto aperta ad ascoltare tutte le varie posizioni, da qualsiasi parte, qualsiasi suggerimento. L’obiettivo è migliorarsi, sempre». di Pier Luigi Feltri
VERRUA PO In molti apprezzano il piatto e continuo andamento dei paesaggi di pianura che sembrano perdersi all’orizzonte, i piccoli comuni che si affacciano sul Grande Fiume si somigliano tra loro eppure ogni luogo ha la sua tipicità. La fotografia di Verrua è sicuramente ornata da una cornice floreale. Un quadretto all’apparenza idilliaco, ma come le belle donne anche Verrua Po cerca di mascherare le zampe di gallina. A parlarci delle criticità che scuotono il piccolo comune oltrepadano è Rufo Salvi, rappresentante della minoranza, in disaccordo con il Sindaco Lazzari. Dopo quasi due anni di amministrazione Lazzari come valuta l’operato della Giunta? «L’operato dell’amministrazione è incompleto e poco professionale. Incompleto perché nel loro programma iniziale si sono focalizzati su punti di grande impatto ma inutili in realtà: un esempio su tutti l’installazione delle telecamere di videosorveglianza, uno specchietto per allodole in un Comune come il nostro, poiché il loro utilizzo è quello più che altro di “spaventare” più che di funzionare realmente. Sono stati spesi davvero molti soldi, 50mila euro circa e sono state installate subito nel primo anno». Oltre alla video sorveglianza quali sono i punti di maggior disaccordo con l’amministrazione? «Avevano promesso che avrebbero fatto tanto per i giovani, invece la maggior parte delle attività per i giovani sono ad opera delle varie associazioni private: va riconosciuto il merito di queste cose ai cittadini e non certamente al Comune». Scuole: ci spieghi cosa è successo esattamente... «Hanno creato un vero e proprio caso per quanto riguarda le scuole, infatti a Verrua Po ci sono sia la scuola elementare che la scuola media e fino all’anno scorso si trovavano in due edifici diversi. L’edificio della scuola media era piuttosto grande, mentre quello della scuola elementare aveva appena ricevuto un rinnovo dell’impianto di riscaldamento. Il problema è nato quando le cinque classi delle elementari sono state spostate nell’edificio delle scuole medie, senza poter però ospitare tutti gli alunni e alla fine ci si è ritrovati a dover unire le classi elementari/medie creando un enorme disordine in quanto le maestre non riuscivano a spiegare in maniera appropriata le lezioni. Il risultato è stato il trasferimento della maggior parte degli alunni in scuole di altri paesi vicini con la conseguenza che per l’anno prossimo non sarà più scontato il poter organizzare le classi delle elementari, per mancanza di iscrizioni. Questo spiega quello che intendevo per un’amministrazione “incompleta”. Questi interveti alla struttura sono costati più di 300mila euro, risultando una spesa completamente ingiustificata». Lei ha definito “poco professionale” l’operato del sindaco Lazzari. Perchè? «Le faccio un esempio concreto: è presente a Verrua un capannone di proprietà comunale affittato ad un imprenditore della nostra zona che lo utilizzava per l’ammasso del raccolto da smerciare poi nel tempo, pagando un canone di locazione al Comune pari a circa 20 mila euro annui.
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Questo significava avere comunque un’entrata in più nelle nostre casse comunali. L’attuale sindaco ha fatto valutare da un perito il valore del capannone e come succede in questi casi, la cifra che è risultata è stata molto alta e ha deciso di conseguenza di annullare il vecchio contratto con l’imprenditore e alzare il prezzo dell’affitto. Terre Padane, nota azienda in trattativa per l’affitto del capannone ha rifiutato il contratto visto l’aumento di prezzo rispetto a quello precedente. Tutt’ora il capannone è sfitto e non rende niente al Comune». Punti invece con i quali avete dialogato e costruito con la maggioranza? «Noi in consiglio comunale abbiamo sempre cercato di consigliare l’attuale amministrazione, non abbiamo mai ricercato la
Cosa si può fare di concreto in un paese come Verrua? «Quello che si può fare in un paese come il nostro, soprattutto nel sociale, comunque è molto poco. Se le persone vogliono fare, fanno, ma se non hanno voglia purtroppo non faranno. Noi abbiamo la fortuna di avere presenti nel territorio associazioni che hanno voglia di fare e che infatti ottengono ottimi risultati. Ci sono persone inoltre, che hanno bisogno di aiuto, persone povere o persone che hanno disabilità e che quindi necessitano di quei fondi che da sempre vengono tenuti da parte per gli interventi sociali. In questa amministrazione invece sono stati aumentati gli affitti in mano al comune per far fronte alla mancanza di fondi necessari per il sociale. Pri-
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Rufo Salvi, consigliere di minoranza
«Non è da escludere di arrivare prima alle elezioni» contrapposizione a tutti i costi. Nonostante questo non siamo quasi mai riusciti a trovare un accordo con loro, il sindaco è sempre andato avanti per la sua strada. Gli unici punti su cui ci siamo trovati d’accordo riguardano le decisioni più banali, che sono poi alla fine il 90% delle discussioni che si affrontano e che sono quelle di ordinaria amministrazione; per quanto riguarda le decisioni che invece sottintendono lampi di individualismo, non ci siamo mai trovati d’accordo. Purtroppo i debiti del loro mandato dovranno essere pagati da quelli che verranno poi». Lei è stato Assessore della giunta Ferrari, sconfitta alle elezioni del 2016. Cosa potevate fare di più e di meglio? «A noi era stato contestato l’immobilismo nel prendere decisioni come quelle prese dall’attuale sindaco. Noi non abbiamo fatto poco: non abbiamo aumentato le tasse, le aliquote erano al minimo di legge; eravamo riusciti ad asfaltare le strade; non avevamo acceso altri mutui. Noi ora aspettiamo il bilancio per vedere a che punto verranno aumentate le tasse.
«Una delle cose che più mi rattrista è vedere i ragazzini di Verrua Po che non hanno un parco giochi o un giardino in cui giocare» Il bilancio comunale è una coperta corta, non si può promettere un sacco di cose che non si possono mantenere. Noi abbiamo la sensazione che il bilancio, che verrà rivelato fra qualche mese, sarà testimone dei nostri dubbi.
ma c’erano, ora sono stati spesi per altro. Una delle cose che più mi rattrista è vedere i ragazzini di Verrua Po che non hanno un parco giochi o un giardino, in cui giocare. Si ritrovano nella piazza davanti al Comune e diverso hanno solo le telecamere sopra la testa». Le prossime elezioni sono ancora lontane, si voterà infatti nel 2021, ma spesso nei piccoli comuni “ci si porta avanti con i lavori” . Si sta già delineando un nuovo possibile scenario? «Le prossime elezioni sono lontane è vero ma non è da escludere, nel caso si delinei il peggiore degli scenari, di arrivare prima alle elezioni. Sono successe cose piuttosto gravi come ho già detto e che ho spiegato e non è detto che anche all’interno della maggioranza stessa, ci siano persone che hanno ormai anche loro forti dubbi sul sindaco e che vogliano ribaltare la situazione». Suo nonno il Dottor Giuseppe Rezzani è stato Presidente della Provincia di Pavia e molto attivo politicamente nel partito socialista. Si può dire che lei la politica ce l’ha nel sangue? «Giuseppe Rezzani, ex presidente della Provincia di Pavia, è morto quando avevo 10 anni. Era un uomo molto ben voluto, aveva rapporti con persone di qualsiasi estrazione sociale. Sicuramente sono stato ispirato dalle sue idee e dalla sua attività politica, non vuol dire che io voglia ripercorrere la sua strada, ma sicuramente sono rimasto influenzato dalla sua figura. Un grande uomo, dalla grande influenza e dalle grandi capacità, che ha fatto cose che a distanza di anni sembrano ancora notevoli… ma erano altri tempi, è difficile pensare di poter seguire le sue orme». Verrua era molto conosciuta per la produzione di crisantemi, con molte aziende sul territorio vocate a questo tipo di coltura. Oggi di aziende che coltivano crisantemi ne sono rimaste ben poche, forse una o due. Secondo lei è una situazione irreversibile oppure ci sono ancora delle strade che la politica può
percorrere per portare agli antichi splendori una coltivazione di nicchia soprattutto ora che l’agricoltura è in crisi? «Per quanto riguarda la produzione di crisantemi, la nostra generazione ha ormai completamente abbandonato l’attività. Rimane comunque un territorio di imprenditori agricoli, anche piccoli e anche se forse ormai, vista la stretta dei contributi europei, fanno fatica ad arrivare a una parità di bilancio. Ci sono anche investitori più grandi anche nella produzione agricola e ci sono invece aziende di altro respiro, come piccole industrie. Le tipicità si sono perdute, ma l’economia è ancora attiva». Verrua Po si trova in una posizione strategica per la vicinanza con Pavia, Broni e Casteggio. Esistono però anche delle problematiche legate alla viabilità, vedi il Ponte della Becca. Tutto sommato la popolazione è rimasta piuttosto stabile negli ultimi decenni senza picchi di spopolamento. Ci possono essere delle strategie per attirare ed invogliare le persone a restare e o a trasferirsi a Verrua Po? «Alcune famiglie si trasferiscono ancora qui per la comodità di collegamento con Pavia e Milano, visto soprattutto che comunque Verrua rimane al di fuori delle arterie principali più trafficate e che quindi risulta rimanere un paese tutto sommato tranquillo. Nel nostro programma passato avevamo dato il via al piano TGT del governo che permetteva l’ampliamento di alcune abitazioni già esistenti e in molti hanno colto la possibilità; non è sicuramente una scelta appariscente rispetto ad altre che ha preso l’attuale sindaco, ma adesso molte persone stanno costruendo dove gli avevamo dato il permesso anni fa. È importante cercare anche di mantenere il nostro un paese di campagna, non vogliamo certo che diventi il dormitorio di quelli che lavorano in città: bisogna poter vivere bene in un paese tranquillo, pagando poche tasse». di Elisabetta Gallarati
CASANOVA LONATI
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«L’impegno nel volontariato per ricordare mia moglie» Stefano Lucato è sindaco dal 2014 di Casanova Lonati, piccolo paese nella pianura dell’Oltrepò, abitato da 460 anime. Soddisfatto del suo operato, è riuscito in questi anni a dedicarsi attivamente al volontariato con l’associazione che ha creato in ricordo della moglie prematuramente scomparsa e che si occupa tra l’altro di raccolta fondi per bambini leucemici. «Facendo il sindaco ho imparato tante cose, si riesce a capire bene come funziona la macchina amministrativa, come funziona la nostra Italia». Casanova che paese è? «è un paese tranquillo per fortuna. C’è lavoro grazie al cielo, e ci sono belle aziende, sia di artigianato dove si producono oggetti di precisione, che la nostra Lab Analysis, che è il nostro orgoglio e che dà lavoro a più di trecento persone». Nel 2018 sono previsti lavori in paese? «Abbiamo ultimato prima di Natale il rifacimento delle videocamere. Abbiamo sostituito quelle che avevamo che ormai erano superate e abbiamo installato prodotti più potenti che ci permettono di vigilare attentamente anche sull’abbandono dei rifiuti. Per l’anno nuovo, invece, stiamo valutando dei lavoretti in comune, perché dobbiamo sistemare alcune cose all’in-
terno dell’edificio che lo ospita, poi dobbiamo lavorare su viabilità e marciapiedi. Dovremo mettere in sicurezza alcuni punti e fare un po’ di manutenzione in generale. Altri grossi interventi per ora non possiamo farne per questioni legate al bilancio. Lo sforzo principale è quello di tenere in ordine le manutenzioni». Lei è anche Presidente della onlus “A.P.E. Cristina”. Ci spiega questa associazione? «è nata per ricordare mia moglie Cristina, che non c’è più. Avevamo intenzione di fare questa associazione insieme. Nasce dalla volontà di mia moglie di aiutare gli altri, in modo particolare i bambini, quindi noi facciamo attività in appoggio all’associazione Agal (Associazione genitori e amici del bambino leucemico): raccogliamo fondi e facciamo volontariato per aiutare queste famiglie che hanno necessità. Ape Cristina è nata da cinque anni e noi come associazione ci siamo messi all’opera facendo manifestazioni e facendo conoscere la necessità di aiutare gli altri. Ci siamo incrociati con Agal e abbiamo sviluppato con loro delle attività da fare. Poi nel corso di questi anni abbiamo incontrato altre persone e altre associazioni, come per esempio ‘Gli scappati di casa’, con
Stefano Lucato sindaco di Casanova Lonati
cui facciamo manifestazioni su più zone, anche nel piacentino oltre che sul nostro territorio». Avete un obiettivo? «Quest’anno è quello di acquistare il pullmino nuovo per Agal. è un obiettivo che abbiamo insieme all’associazione Scappati di Casa». Riuscite a raccogliere fondi sufficienti? «Sì, è un lavoro fatto con la collabora-
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zione di tante associazioni, di tanti amici. Perché il principio è quello di non essere solo un’associazione, ma di coordinarsi e di mettersi insieme a più persone per raggiungere importanti obiettivi. Da soli non potremmo farcela a fare così tanto. Se invece si collabora con altri è tutto più semplice e si ha un risultato positivo. Penso che nei prossimi mesi dovremmo raggiungere l’obiettivo del pullmino…». è una grande soddisfazione per lei, per il significato che questa associazione rappresenta… «Questa associazione è riuscita a sensibilizzare così tante persone e così tanti amici da portare avanti il messaggio di solidarietà che si era prefissata…è una cosa importantissima. Al raduno che è stato fatto al San Matteo di Pavia, il giorno della Befana e in altre occasioni, sono arrivati dei camionisti dalla Svizzera con uno scatolone pieno di cioccolato svizzero, oppure camionisti con pacchi pieni di giochi…sono gesti che fanno riflettere e che fanno capire che stiamo facendo la cosa giusta. Ci riempie di orgoglio e di soddisfazione. Quando un bimbo ti guarda e sorride penso che sia il miglior grazie che possa esistere». di Elisa Ajelli
SANTA GIULETTA
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Ex Vinal, la bonifica entro il 2019 La bonifica della ex Vinal sarà la priorità dell’amministrazione comunale di Santa Giuletta per l’anno in corso. Regione Lombardia ha messo a disposizione un importante finanziamento che supera i 2 milioni e 200mila euro da impiegare per la bonifica dell’area, che saranno erogati solo dopo che i lavori saranno stati affidati. Il tempo utile per venire a capo dell’appalto scade nel 2019. Per il sindaco Simona Dacarro e tutti i cittadini un sospiro di sollievo, ma è anche l’inizio di una corsa contro il tempo. Sindaco, sarà una corsa difficile o il traguardo è di quelli agevoli? «Considerando i nuovi criteri e le procedure per il finanziamento degli interventi previsti dall’art.17 bis della l.r.26/03 abbiamo tempo nel biennio 2018 e 2019 per far partire la macchina burocratica. La Regione ci invierà i fondi man mano che le opere procederanno e saranno rendicontate. Noi confidiamo di affidare l’appalto entro l’anno e di poter iniziare i lavori al più tardi nel 2019». Come vi state muovendo? «C’è un progetto d’intervento prevede la rimozione delle lastre in cemento-amianto, bonifica e lavaggio dei serbatoi, rimozione e smaltimento dei rifiuti sparsi all’interno dello stabilimento e verifiche ambientali in corso d’opera». Cambiando argomento. Si è appena chiuso il 2017, cosa ha portato l’anno al suo Comune? «L’opera più importante realizzata è stata la strada vicinale che dal passaggio a livello di Santa Giuletta porta fino al confine col Comune di Redavalle. Opera necessaria in seguito alla chiusura del passaggio a livello di Manzo, contemporaneamente sono stati sistemati alcuni fossi in zona. Nell’ultimo trimestre dell’anno, grazie a variazioni di bilancio positive, siamo riusciti poi ad intervenire sistemando alcuni tratti di strade particolarmente rovinati». Quali opere sono in programma per l’anno in corso? «Riusciremo quest’anno a fare un primo intervento importante nell’edificio scolastico. Abbiamo inserito a bilancio la sostituzione della vecchia caldaia che ultimamente ha causato un po’ di problemi. è necessario ed è anche un bel segnale per il nostro plesso scolastico che concentra in un unico luogo le scuole primaria di primo e secondo grado, la secondaria e la grande palestra utilizzata da varie scuole e da più associazioni sportive durante quasi tutto l’anno. In quanto a ristrutturazioni meritano un cenno i lavori svolti da rete ferroviaria italiana per la riqualificazione della stazione ferroviaria. con l’inaugurazione il 12 gennaio del sottopassaggio pedonale per l’attraversamento dei binari. A breve dovrebbe aprire anche l’accesso verso
via Melegazza consentendo ai cittadini di giungere in paese senza passare dal passaggio a livello. Dopo tante informazioni raccolte e colloqui con varie società siamo quasi al via anche per la riqualificazione della pubblica illuminazione a led che ingloba anche telecamere per videosorveglianza. Non voglio illudere, anche in questo caso le procedure sono abbastanza lunghe e complesse, ma la direzione è questa». Il suo Comune è sempre piuttosto vivace in quanto ad eventi promossi da varie associazioni locali.. «Sono veramente contenta, direi orgogliosa, di tutte le associazione presenti sul territorio che con impegno organizzano manifestazioni ed eventi culturali, interessanti, divertenti e/o svolgono attività socialmente utili, ad esempio la biblioteca con varie presentazioni di libri e attività nelle scuole, che non si dimentica mai della vocazione enologica del nostro bellissimo Oltrepò Pavese collaborando con vinum narrantes. Poi c’è il museo delle bambole: quest’anno sarà la proloco ad organizzare la mostra mercato della bambola e del giocattolo a maggio oltre a tutte le altre manifestazioni che aveva già in programma; la polifonica san colombano col festival musicale; l’Avis che proseguendo l’importante compito di raccolta sangue festeggia quest’anno il 35°anniversario di fondazione della sezione; auser, caritas, oratorio San Colombano e le associazioni storiche: alpini, combattenti e reduci, Anpi. A proposito di storia abbiamo ricordato nel 2017 due centenari legati a Santa Giuletta: commemorazione del granatiere agostino setti, medaglia d’oro al valore militare della grande guerra nel centenario della morte quirino cristiani : creatore del primo lungometraggio animato “el apostol” 1917-2017 apprendiamo inoltre un commovente fatto storico: il milite ignoto di Giovi-Arezzo, diciannovenne ucciso nel ’44 dalla guardia nazionale repubblicana, in seguito ad una lunga ricerca e grazie alla prova del dna fortemente voluta dalla nipote daniela, è stato riconosciuto come Pietro (pierino) Montagna di Santa Giuletta. A breve i resti verranno portati nel cimiero della frazione Castello». Si parla spesso della necessità di arrivare alla fusione dei comuni più piccoli, lei cosa ne pensa? «Penso che oggi varie comunità siano mature per unioni stabili ed in qualche caso anche per fusioni. Le sinergie portano a razionalizzare ed economizzare in alcuni settori e alcuni costi , liberando risorse da dedicare alla cura del territorio e ai bisogni dei cittadini. quindi sono propensa ad unioni ed anche a fusioni…ma ideate e gestite con la volontà e la delicatezza di
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Il sindaco di Santa Giuletta Simona Dacarro
rispettare quei borghi, quei territori, che motivazioni storiche hanno fatto resistere fino a oggi come piccoli o piccolissimi co-
muni. questa amministrazione sta valutando la possibilità di aderire ad una unione». di Giacomo Lorenzo Botteri
BRONI
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«Gli eventi sono fumo negli occhi, il paese sta morendo» Il gruppo di minoranza “Broni in Testa” torna all’attacco della giunta comunale guidata da Antonio Riviezzi e lo fa proprio alla vigilia di una delle manifestazioni previste per il secondo weekend di marzo, “Cioccovillage”. A parlare è il consigliere Giusy Vinzoni. «Siamo contenti che ci siano eventi che animano un po’ il paese e fanno divertire la popolazione, ma non prendiamo in giro nessuno facendo credere che in questo modo di stanno risollevando le sorti di Broni». D’accordo Vinzoni, però in dialetto si dice anche che “piutòst che nient l’è mei piutòst”… «Il punto è: non siamo contrari alle manifestazioni, anzi, ben vengano. Ma non accetto che si voglia far credere alla gente che con questi eventi si risolva un problema quando la questione è molto più profonda. Oggi non abbiamo sostanzialmente niente, inutile girarci intorno. Sicuramente è causa della crisi economica globale, ma la realtà è che Broni sta morendo e non basteranno quattro eventi per risolvere questo problema».
«Si mettono le fotografie amarcord per mascherare un paese senza vita e questo è molto triste»
Che cosa ci vuole secondo voi? «Per rilanciare commercio e turismo serve un paese più pulito, più vivo. La via Emilia è bellissima ma l’assessore ha fatto il conto dei negozi chiusi? Si mettono le fotografie amarcord per mascherare un paese senza vita e questo è molto triste. Per far tornare la gente a vivere qui non basta un evento questo è certo. Serve un paese vivo, dove i negozi sono aperti e non tappezzati da tristi foto che ritraggono un paese nostalgico, che non esiste più e che vive ricordando i bei vecchi tempi». Eppure basta muoversi un po’ verso Stradella per trovare più vita. Proseguendo sulla via dei motti verrebbe da dire che “l’erba del vicino è sempre più verde”… «Il paragone con Stradella mi rattrista in quanto madre, perché i ragazzi lì vanno e il paese brulica di gente. Il perché questa differenza è una domanda che dovrebbero farsi quelli che amministrano Broni, riflettendo e magari prendendo spunto». Negli ultimi tempi diversi fatti di cronaca hanno visto Broni protagonista. Come vede la questione sicurezza? «A Broni sono aumentati i furti e gli episodi legati alla droga. Quello che succede a Broni è indice di degrado, ma non succede solo da noi. Certo scorrendo la cronaca si legge di un soggetto trovato con la pistola in auto ricercato per una serie di furti, un sedicenne bronese segnalato a Pavia per detenzione di stupefacenti, il campetto di basket adiacente al liceo distrutto dai vandali. Si è addirittura parlanto di una sorta di “drogamarket” tra Broni e Redavalle. Il degrado fa parte della quotidianità perchè più il paese si impoverisce più le situazioni borderline aumentano. Va però anche detto che in queste situazioni il Comune può fare poco, sono problemi che investono soprat-
tutto l’ambiente famigliare e un contesto difficile per la politica. Quello che il Comune deve fare è dare ai ragazzi qualcosa da fare, idee propositive e innovative. Non basta qualche evento ogni tanto. Serve una politica più diretta ai giovani». Cosa intende con politica per i giovani? «Progetti rivolti a loro, per dare un’alternativa alla noia e alla strada. Faccio un esempio: tempo fa un artigiano voleva aprire a Broni un laboratorio per insegnare l’arte del lavoro del legno ai ragazzi. Una piccola cosa, ma che andrebbe nella direzione giusta. Mi risulta che il progetto sia stato proposto all’Amministrazione ma non abbia avuto seguito». Parliamo della rotonda vicino alle nuove scuole elementari distrutta dai vandali. Cosa ne pensate del progetto dell’Amministrazione legato ad essa? «Il progetto era realizzare una costruzione fatta di Lego con in alto un personaggio che è diventato personaggio di un fumetto realizzato da ragazzi di Broni. Purtroppo questa rotonda è stata distrutta dai vandali. è una bella cosa che sia stata ricostruita ed è giusto che si dia spazio ai giovani che hanno idee. Quello che sappiamo è che il personaggio diventerà protagonista di un fumetto che sarà distribuito a Broni, anche se noi della minoranza di questo sappiamo ancora poco». L’istituzione dell’Università dei Sapori per la giunta è sempre stato motivo di orgoglio. Come sta andando questo progetto? «Per noi è stata una spesa esagerata. Il Comune ha approntato questa struttura con tutto ciò che servirà per i corsi e l’ha data Università per 9 anni, di cui 6 però a titolo gratuito. Riguardo al suo funzionamento rispondo che anche noi vorremmo sapere di più: è nata? I corsi sono iniziati?
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Giusy Vinzoni, consigliere di minoranza di “Broni in Testa”
quanti sono gli iscritti? Vorrei capire se la macchina è entrata in funzione, visto che era stata sbandierata come la soluzione per rendere Broni nuovamente attrattiva. La minoranza non viene mai aggiornata. Quando abbiamo domande il sindaco ci dice di rivolgerci agli uffici preposti, ma noi crediamo che il luogo per il dibattito debba essere pubblico. A Broni invece lo strumento del consiglio comunale viene decisamente sottoutilizzato. Ci sono interpellanze da noi presentate ferme da ottobre e mai discusse. Che senso ha? Perché secondo voi? Si tratta di una scelta politica, non ho altra risposta». di Elisa Ajelli
Codice di autoregolamentazione per la pubblicità elettorale per le Elezioni Regionali e Politiche del 4 marzo 2018 Ai sensi e per gli effetti della L. 22/2/2000 n. 28 così come modificata dalla L.6/11/2003 n. 313, del D.M. 8/4/04 e delle successive delibere dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ( Delibera n. 1/18/CONS e Delibera Delibera n. 2/18/CONS)per il mensile IL PERIODICO NEWS, per il portale onlineE www.ilperiodiconews.it ; e per la pagina Facebook https://www.facebook.com/ilperiodiconews/ Documento redatto ai sensi della legge 22 febbraio 2000 n. 28 e s.m.i. e dell’art. 20 della deliberazione n. 84/06/csp dell’autorità per le garanzie nelle comunicazioni, pubblicata sulla gazzetta ufficiale della repubblica italiana n. 87 del 13 aprile 2006. Thor Press S.r.l.s intende pubblicare sulla testata Il Periodico News e sul sito web www.ilperiodiconews.it messaggi elettorali a pagamento in occasione delle elezioni amministrative che si terranno il 5 Giugno 2016. Tali messaggi riporteranno la dicitura “Pubblicità elettorale” e il nome del committente per il candidato. Tutto ciò nell’ambito della legge che regolamenta la vendita degli spazi pubblicitari per propaganda elettorale nel rispetto delle Delibere adottate dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni della Repubblica Italiana. 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STRADELLA
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«La nostra Protezione Civile è un nucleo operativo d’eccellenza» La Protezione civile di Stradella sta diventando un nucleo operativo di vera eccellenza, a supporto delle attiuvità dei vigili e attiva nelle scuole dove insegna prevenzione e gestione delle emergenze. Nell’Oltrepò che frana (o gela) una realtà sempre più necessaria. Ne è convinto Franco Provini, consigliere comunale a Stradella fin dagli anni Novanta e assessore dal 2009 per Protezione Civile, rapporti con Promoltrepò, lavoro, sviluppo economico e categorie produttive. «Stiamo andando benissimo e siamo circa 30 persone, un buon numero. Ultimamente abbiamo approvato il nuovo regolamento ed è diventata ufficialmente ‘Protezione Civile del comune di Stradella’. Il Presidente è Giampaolo Opizzi, poi ci sono i coordinatori Paolo Chiolini e Fabio Provenzano e la segretaria MariaAssunta Perotti». Nell’ultimo periodo state facendo molte attività… «Stiamo prendendo tutti i patentini per poter essere operativi su tutte le situazioni di disagio che si possono creare nella nostra città…I nostri volontari poi fanno attività e partecipano a tutte le esercitazioni che servono per poter essere presenti ed efficaci sul territorio. Sono sempre presenti alla manifestazioni perché con le ultime disposizioni di sicurezza loro devono appoggiarsi ai vigili e ai carabinieri. Non possono naturalmente fare viabilità ma sono di supporto alle forze dell’ordine. Il comune li ha attrezzati con le divise specifiche per la protezione civile e li ha dotati anche di computer e video con cui possono interagire e comunicare direttamente con Provincia e Regione. Poi abbiamo comprato un’ulteriore macchina (oltre a quella per gli spostamenti che avevamo già) per intervenire in situazioni particolari e abbiamo trovato un posto dove possono mettere tutti i mezzi e le varie attrezzature, come le pompe». Durante l’ultimo gelicidio un po’ di tempo fa, che ha messo in ginocchio l’Oltrepò, come si è mossa la Protezione Civile? «Il team della Protezione ha assistito e dato una grande mano ai vigili. Il lavoro svolto è stato davvero importantissimo». State anche facendo attività nelle scuole giusto? «Sì, stiamo facendo questa iniziativa soprattutto a Ragioneria, all’Istituto Faravelli (e poi anche in altre scuole): mostriamo ai giovani studenti quando e come si interviene nelle varie situazioni di disagio, facciamo una vera e propria “scuola” per essere presenti per i cittadini. Per esempio, se ci sono da spostare persone in un contesto di disagio, la Protezione insegna come muoversi senza creare casini, seguendo le impostazioni dettate appunto dai membri della Protezione».
I giovani sono attenti alle dinamiche della Protezione Civile? «Direi proprio di sì e ci seguono con molto interesse». Lei è membro da tantissimi anni di Promoltrepò, la Proloco stradellina, ed è anche assessore in questo campo. «Abbiamo fatto recentemente l’assemblea ed è stata riconfermata Presidente Marisa Covini. Siamo sempre molto attivi come proloco». Il Carnevale quest’anno purtroppo non è riuscito come gli altri anni, a causa del freddo gelido. «Esattamente. Però la Proloco non lavora solo il giorno di Carnevale. C’è un lungo lavoro dietro, che parte molti mesi prima! Lavoriamo sia prima delle manifestazioni, che dopo, per mettere via tutte le attrezzature utilizzate». C’è già in mente qualcosa per questo 2018? «Faremo a breve le prime riunioni per definire tutti gli eventi. Sicuramente parleremo del caffè concerto, che è una manifestazione che dura ormai da tanti anni a Stradella. Stiamo poi preparando una ‘festa di primavera’, insieme a Valversa: di questo se ne può parlare ancora poco, proprio perché stiamo valutando un po’ di cose. E poi ancora, chiaramente, Vinuva». Per Vinuva ci saranno cambiamenti? «L’Assessore Franca Poggi, che si occupa direttamente della questione, sicuramente avrà in mente qualche cambiamento. Perché se non si cambia tutti gli anni qualcosa non va bene, bisogna dare sempre un tocco di novità. Infatti noi, ogni anno, abbiamo fatto e inserito nuove attività per dare la possibilità alla gente di vedere sempre qualcosa di nuovo». Per quanto riguarda invece lo sviluppo economico, cosa ci può dire? «Noi siamo in contatto, ad esempio, con tutte le realtà, le cantine, le associazioni agricole, soprattutto sul ‘progetto lavoro’ che sto organizzando io personalmente, con il comune. Stiamo facendo con le scuole, sia del Faravelli, che con l’Istituto Santa Chiara, dei bandi dove i ragazzi presentano dei progetti rivolti al nostro territorio, che devono essere sostenibili economicamente e alla fine di aprile verranno decisi i vincitori con dei premi. Per esempio, la manifestazione che si terrà in primavera, vedrà in campo l’associazione Valversa che, insieme ai comuni e alle proloco, farà un grande evento qui da noi per la prima volta (perché siamo città di riferimento), dove saranno messi in evidenza sia i prodotti del vino, che sono la nostra eccellenza, sia i prodotti tipici della zona». Lavoro, tasto dolente... «Mah… purtroppo come in tante altre realtà d’Italia, non possiamo dire che vada
Franco Provini assessore del comune di Stradella
Lavoro: «Stiamo anche preparando un sondaggio, come assessorato, per vedere cosa chiedono e vorrebbero gli imprenditori nel futuro» bene. Il lavoro è un po’ calmo. Ci sono le logistiche, si sta lavorando anche su di loro per vedere se è possibile inserire, soprattutto tramite le scuole, dei nostri ragazzi. Stiamo anche preparando un sondaggio, a livello nazionale, come assessorato, per vedere cosa chiedono e vorrebbero gli imprenditori nel futuro. Vogliamo sapere se nel nostro territorio c’è bisogno di medici o di meccanici. Questo per far sì che l’orientamento delle scuole indirizzi i ragazzi per il futuro». Come Comune avete realizzato “un progetto lavoro”, in che cosa consiste? «è il terzo anno che lo facciamo. Abbiamo portato a contatto gli imprenditori con le scuole, abbiamo fatto tempo fa il progetto ‘Il cantiere delle idee’, dove gli imprenditori sono venuti nelle scuole della nostra città a parlare ai ragazzi e a spiegare loro di che cosa avevano bisogno. Hanno insegnato loro cosa significhi lavorare in
un’azienda, hanno spiegato come si compila un curriculum vitae… su questa base i ragazzi stanno appunto preparando dei progetti, che poi saranno valutati insieme con le imprese, con la Camera di Commercio e con il Comune». Lei è Assessore da tanti anni. Secondo lei Stradella è molto cambiata nel tempo? «Se giriamo per le città vicine, Castel San Giovanni, Broni, Casteggio, dopo le dieci di sera non troviamo più nessuno. Noi invece qui abbiamo sempre gente, soprattutto nel fine settimana. Questo perché? Perché abbiamo creato le situazioni giuste e gli imprenditori hanno creato dei bei locali. Qui da noi c’è sempre qualche cosa, qualche manifestazione: siamo stati bravi a creare tutto questo negli anni». di Elisa Ajelli
STRADELLA Uomini che trascorrono l’intera giornata tra i fili d’erba, zolle scure di terriccio e l’irrinunciabile pezzo di pane preparato giorni prima dalle donne di casa: questa è la fotografia più realistica della tradizione contadina italiana e l’origine anche dell’usanza culinaria di preparare il pane ,più buono se consumato dopo qualche tempo. A questa storia da dover rinnovare e tramandare appartiene anche il miccone stradellino, pane bianco di pasta dura prodotto in pezzature di circa un kg con farina di grano tenero, acqua, lievito naturale e sale, che ha dovuto negli anni rispondere all’esigenza di fragranza in un clima umido del territorio. Una lunga diatriba ha visto Broni e Stradella contrapposte per aggiudicarsi la “paternità” del miccone, finchè nel Luglio 2012 la commissione De.Co ha confutato ogni dubbio: “la denominazione e logo, che costituiscono il marchio di identificazione del prodotto in questione, sono di proprietà del comune di Stradella. è vietato dunque qualunque uso generico del marchio che possa far supporre che altri prodotti siano oggetto di tutela da parte del marchio De.Co”.
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«L’impasto ottenuto viene passato nel laminatoio per essere poi spezzato e lavorato a mano…fino a quando non assume la forma caratteristica del miccone di Stradella. A questo punto, occorre una ulteriore lievitazione di un’ora su appositi telai». Ci dica qualcosa anche sulla cottura… «Prima di procedere alla cottura viene effettuata, con apposito taglierino, un’incisione su tutta la lunghezza del pane. Solo a questo punto si può provvedere alla cottura che, per ottenere un prodotto di qualità e di fragranza, deve avvenire in forno a gas metano per quindici minuti a temperatura di circa 260/270°. Quindi, una volta che il colore della doratura inizia a formarsi, continua la cottura per circa un’ora a forno spento. Trascorso questo tempo, negli ultimi quindici minuti viene riportato alla temperatura di prima per ultimare la cottura». Il miccone di Stradella è veramente famoso… «è il simbolo dei fornai e al miccone va il merito dell’entrata del comune di Stradella nell’albo d’oro del pane italiano. Da pane tipico locale, come connubio perfetto per
Giacomo Civardi, tra i “custodi” dei segreti del Miccone di Stradella
cali, come Vinuva per esempio. Il miccone nelle manifestazioni è quello che va di più e viene sempre presentato. Poi diversi ristoranti e agriturismi della zona l’hanno
inserito come pane ufficiale nei loro menu e si riforniscono da noi».
«Il Miccone, orgoglio di Stradella, resta al passo con i tempi» Abbiamo chiesto a Giacomo Civardi, dell’omonimo panificio stradellino, qual è il segreto di questo famoso miccone. «Con l’intento di ottenere un pane con minor percentuale di umidità, il segreto di questo pane risiede nella lavorazione dell’impasto, che deve essere asciutto, ossia contenere solo il 40% circa di acqua. L’impasto, molto faticoso da lavorare, deve essere maneggiato a lungo e lasciato lievitare una prima volta, quindi lavorato ancora. Dall’impasto vengono ricavate, in seguito, delle forme tondeggianti che sono incise trasversalmente sulla parte superiore e lasciate lievitare ancora per diverse ore». Come avviene la preparazione? «Nell’impastatrice si aggiunge al quantitativo di farina di tipo “0” o “00”, una misura d’acqua pari al 50% del peso della farina stessa e l’1% di lievito di birra e lasciare amalgamare gli ingredienti per circa dieci minuti. Il prodotto che si ottiene, denominato “biga”, viene estratto dall’impastatrice ad una temperatura di 23/24° e lasciato riposare per circa 12/15 ore. Successivamente la biga viene reintrodotta nell’impastatrice per essere nuovamente lavorata per dieci minuti circa con l’aggiunta di altra acqua, circa il 30% di farina e un altro 2% di lievito sempre al rispetto al peso della biga: il prodotto ottenuto rimane con una temperatura finita di 27/28°. A seguito si lascia riposare il secondo impasto per un’ora e mezza circa a 28/32°, dopodiché la si lavora ancora una volta con l’impastatrice per venti minuti, aggiungendo acqua, quasi il 2% di sale e il 20% di farina rispetto al peso dell’impasto di base, mantenendo una temperatura finita di 27/28°». E poi come viene lavorato?
gustare i prodotti della cucina locale, come i salumi stagionati e dolci, si è poi diffuso rapidamente in tutta la Provincia di Pavia, fino a diventare il pane più famoso dell’Oltrepò e modello per tante simili pezzature di pane in Lombardia e anche in altre regioni italiane». Il vostro è un panificio storico. Da quanto siete aperti? «Più di cinquant’anni. Io ci sono da circa vent’anni, anche se mi occupo principalmente dei dolci e la produzione del pane è ancora in mano a mio zio». Il modo di vendere il pane è cambiato negli anni? «Sì, i tempi sono cambiati. Il miccone pesa un kg più o meno ed essendo un pane che dura per più giorni se ne compra meno. Adesso nella vendita giornaliera del pane, su 80 kg venduti, ci sono dieci micche. Si vende in quantità più grosse se ci sono feste e quindi questo pane va abbinato ai salumi». Sono cambiate le abitudini secondo lei? «Sì, la gente mangia meno pane e le pezzature grosse non le prendono più. Si preferiscono panini piccoli oppure il miccone, ma in formato piccolo da quattro etti». Viene gente da fuori a prendere il vostro pane? «Sì sì…qualche milanese e qualcuno che è in zona e si ricorda che questa è la patria della micca! Quindi un po’ di gente da fuori arriva, ma sempre nel fine settimana». In che modo il miccone viene varolizzato nel territorio? «Partecipiamo alle manifestazioni lo-
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di Elisa Ajelli
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«La qualità viaggia in rete, il futuro del commercio è l’online» Manuela Fiore, titolare di “Organica”
Tra le tante botteghe storiche che animano il centro di Stradella, Manuela Fiore, ha voluto proporre il concetto di e-commerce abbinato a prodotti di alta qualità e rigorosamente locali. Nasce cos’ “Organica”. Organica è il nome del negozio situato nel centro di Stradella, ma anche il nome del sito internet attraverso il quale è possibile effettuare ordinazioni online. Come funziona quest’ultimo aspetto che è poi la vostra principale attività? «Sì, l’attività principale è online, con la possibilità di ordinare anche tramite mail o telefono. I nostri clienti ricevono a casa ogni settimana una scatola - un box - di frutta e verdura biologica prodotta da aziende agricole locali a cui possono aggiungere prodotti come pasta, uova, formaggi, confetture... Tutto prodotto da piccole aziende della zona. Il nostro obiettivo è quello di portare a casa una spesa il più completa possibile per la famiglia privilegiando la qualità delle materie prime e la ricerca di prodotti d’eccellenza delle nostre zone d’origine laddove è possibile farlo». Consegnate solo nel territorio di Stradella? «Consegniamo in tutta la provincia e Pavia città dal lunedì al sabato. Il negozio fa
«Sono le aziende a proporre il meglio, non il cliente a scegliere» da base per la raccolta e lo smistamento dei prodotti da consegnare e offre la possibilità, a chi desidera ancora fare spesa personalmente, di venire ad acquistare i nostri prodotti nel punto vendita». Da dove è partita l’idea di creare un’attività così innovativa? «Alla base sta un principio che sovverte i canoni classici della spesa, vale a dire: sono le aziende agricole a proporre ciò che producono e non i clienti a scegliere liberamente, questo inverte totalmente la dinamica di domanda e offerta a cui siamo
abituati ma è l’unico iter che permette di accedere a un cibo buono, sano, raccolto al momento giusto e con i giusti tempi. Proprio per questo motivo seguiamo pedissequamente la stagionalità dei prodotti con un’offerta che può apparire limitata agli occhi di un consumatore poco consapevole. L’altro principio alla base è la tracciabilità dei prodotti: per tutto ciò che consegniamo è indicata l’azienda agricola produttrice e la filiera di produzione. Inoltre crediamo che lo sviluppo del settore agricolo, a cui tanti giovani si stanno avvicinando, come mezzo per creare lavoro e sviluppare l’economia locale vada assolutamente sostenuto. In questo modo possiamo aiutare a crescere il tessuto economico e imprenditoriale di un territorio come il nostro». All’interno del suo negozio si possono trovare solo prodotti locali o anche altri tipi di alimentari? «Gli unici prodotti non locali sono quelli appartenenti alla dieta macrobiotica, che nasce in Giappone ma oggi molto diffusa anche in Occidente e molto richiesta dalla mia clientela. Per il resto, dove non abbiamo la possibilità di avere un prodotto locale, privilegiamo in senso assoluto le eccellenze italiane. Tutti i ragionamenti che stanno dietro all’inserimento di una nuova referenza all’interno del nostro paniere partono sempre dalla qualità e tracciabilità dei prodotti». Il cliente che decide di acquistare on line cosa deve fare, quali sono i passaggi? «Tramite il sito si può acquistare il “box” contenente i prodotti: ci sono diverse possibilità di contenuto e dimensione, dopodichè si riceve una mail di conferma e insieme concordiamo giorno e orario di consegna e la modalità di pagamento. Diamo la possibilità di abbonarsi al servizio oppure fare la spesa solo quando si desidera. Molti clienti invece sono usi ordinare tramite WhatsUp o telefonando quindi offriamo con grande piacere anche queste possibilità». Attività virtuale e attività reale. Quali sono le differenze maggiori? «Il negozio è nato più come magazzino per la logistica ma vista la buona risposta della clientela per ora permette ancora di fare la spesa dei nostri prodotti dal martedì al sabato. Nel punto vendita organizziamo anche incontri con i produttori, piccole conferenze e serate su vari argomenti, dall’agricoltura all’alimentazione. L’obiettivo di Organica, da qui a 3 anni, è quello di diventare un’attività gestita quasi unicamente tramite piattaforma online». Quali sono i prodotti preferiti dalla sua clientela? «La mia clientela ama i sapori genuini, dalle conserve ai succhi di frutta ai legumi, ma in assoluto la frutta e la verdura:
una volta che la provano non la lasciano più! Spero che ai nostri clienti passi in modo chiaro l’attenzione che profondo nella scelta dei prodotti che poi loro trovano a tavola e la grande ricerca che sta alle spalle della nostra offerta. Solo per frutta e verdura, per garantire freschezza e stagionalità, ci rivolgiamo a più di 6 diverse aziende agricole». Quali sono le aziende locali con le quali lavora? «Le aziende sono tutte a dimensione famigliare, tutte gestite da giovani, che praticano agricoltura biologica, biodinamica o lotta integrata. Abbiamo anche piccole attività che praticano agricoltura naturale o permacultura non certificate biologico. Lo stesso discorso vale per la frutta e la verdura. L’unico punto comune è la qualità della materia prima». Che caratteristiche devono avere le aziende agricole per essere offerte nel suo negozio? «Noi abbiamo con le aziende agricole un rapporto diretto, amiamo visitare le aziende periodicamente per conoscere le modalità di lavoro e le fasi della produzione. Devono essere piccole aziende a gestione famigliare, praticare un’agricoltura rispettosa della salute e dell’ambiente. Facciamo del rapporto personale e dello scambio di idee una parte integrante della partnership lavorativa».
genze della vita quotidiana delle persone che non è più quella di 50 anni fa: dobbiamo guardare avanti puntando ad un futuro sostenibile. Come dicevo prima dobbiamo ritornare padroni delle nostre decisioni, soprattutto da un punto di vista alimentare. La proposta della GDO non segue nessuna regola qualitativa o di stagionalità, hanno raggiunto lo scopo di dis-educare le persone. Il nostro obiettivo è contrario, vogliamo portare conoscenza e informazioni affinché ognuno possa scegliere in maniera oggettiva». Le “botteghe” sono senza dubbio una risorsa importante per Stradella, cene sono diverse e molte delle quali storiche. Non crede che il servizio che lei propone stia sovrastando la possibilità di servire in maniera “reale” il cliente in un negozio portando alla scomparsa delle botteghe? «Credo che il commercio stia andando già da tempo in quella direzione, in tutti i settori. Il mercato premierà le aziende che offriranno un miglior rapporto servizio-qualità-prezzo. Anche i negozi locali dovranno attrezzarsi per operare sul web anche se lavorano localmente perché da “global” a “glocal “ il modello di business è identico nonostante il target di mercato sia differente». Ci sono novità in arrivo nel suo negozio?
Un’attività così nuova a cui sicuramente la popolazione di un piccolo paese non era abituata, sarà stata una novità per tutti: come ha risposto la popolazione stradellina? «Hanno risposto benissimo, ma io non ho mai avuto dubbi in merito! Nel settore alimentare in tanti auspicano a un ritorno ai tempi passati, beh noi siamo i primi a sostenere il ritorno al cibo vero e genuino ma guardando avanti! In tutti i settori ci vuole progresso per rispondere alle esi-
«Le idee di Organica stanno per prendere anche nuove strade. Tra pochissimo, con l’inizio della primavera, inizieremo a consegnare su prenotazione delle ottime insalate di stagione e degli estratti per una pausa pranzo veloce, buona e salutare. Servizio pensato per tutti coloro che in settimana pranzano fuori casa, inizialmente sarà servito solo il comune di Stradella e limitrofi, poi speriamo di arrivare oltre!». di Elisabetta Gallarati
STRADELLA
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«L’Oltrepò è terra di passaggio, non una destinazione turistica»
Simone Scarani, proprietario dell’Hotel Italia di Stradella Non si fa che parlare della necessità di valorizzare il territorio, di trovare metodi e canali di comunicazione per raggiungere i turisti di tutto il mondo, per trasformare l’Oltrepò in una destinazione di vacanza. Eppure, a ben guardare, ciò che sta a sud della provincia di Pavia non solo riveste un ruolo marginale nell’economia turistica della zona, ma non ha nemmeno più un’Associazione Albergatori Oltrepò, che sebbene continui a esistere nominalmente, da qualche tempo ha smesso di operare, sconfortata dalla poca partecipazione degli stessi albergatori. A dipingerci un quadro più completo della situazione è Simone Scarani, direttore dell’associazione nonché proprietario dell’Hotel Italia di Stradella. Cominciamo l’intervista fornendo un po’ di dati riguardo al turismo della nostra zona. Come siamo messi? «I dati che consulto di solito sono dell’Istat, e al momento arrivano fino al 2016 (il 2017 non è ancora disponibile). Ovviamente sono divisi per provincia, dunque non è possibile nel dettaglio riferirsi solo all’Oltrepò, possiamo però analizzare la situazione dell’intera zona di Pavia e provare a tirare qualche somma. Nel 2016 in provincia di Pavia nei circa 100 alberghi presenti si sono registrati circa 250 mila arrivi, che corrispondono a 500 mila presenze dal momento che mediamente chi soggiorna in provincia di Pavia lo fa per due notti. Non è un dato particolarmente brillante, anzi: siamo tra i fanalini di coda della Lombardia, e se ci aggiungiamo che
buona parte di queste presenze si concentra su Pavia, ci rendiamo conto che all’Oltrepo’ rimangono davvero delle briciole». Che tipo di turista viene in Oltrepo? «Dal dato relativo alla permanenza riusciamo ad evincere anche questo. Chi sta solo due notti in provincia di Pavia difficilmente è qui per un weekend. Più probabilmente viene per lavoro (e sta un paio di giorni per sbrigare i suoi affari) oppure è qui di passaggio, e si ferma prima di proseguire il suo itinerario». I numeri sono in crescita o in diminuzione? «Da questo punto di vista va un po’ meglio: nel 2007 c’è stata una decisa flessione che è proseguita fino al 2015, l’anno di Expo, quando siamo finalmente risaliti fino a tornare alle 260 mila presenze del 2006. Il dato positivo è che nel 2016 la situazione non è precipitata nuovamente ma è riuscita a rimanere stazionaria, dimostrando che l’effetto Expo non era stato così incisivo o che la sua eco non si era ancora conclusa nel 2016. Lo scopriremo con i dati del 2017». E l’argomento numeri lo abbiamo esaurito. Torniamo invece alla questione dell’associazione degli albergatori che non esiste più. Cosa è successo? «Ufficialmente esiste ancora, praticamente ha smesso di funzionare. Di fatto l’associazione è nata qualche anno fa per un’esigenza espressa dalla fascia degli operatori oltrepadani, i quali avrebbero voluto ottenere maggiore visibilità raggiungendo
un’unione più solida fra loro. Per qualche tempo i suoi membri (circa una ventina) sono rimasti propositivi e attivi, ma a un certo punto la partecipazione è calata drasticamente. Non sto dando la colpa a nessuno, sia chiaro: il mestiere di albergatore si svolge 24 ore su 24, ed è difficile trovare tempo per dedicarsi alle attività associative». E quindi ora? A chi fate riferimento? «Ecco, questo è il problema. Non che manchino le associazioni, assolutamente: da un lato c’è la Federalberghi, l’associazione di categoria ufficiale, e dall’altra ci sono tutta una serie di altre realtà più o meno piccole che operano sul territorio e che radunano diversi operatori turistici, non solo gli alberghi. Ne fanno parte agriturismi, cantine, gruppi che organizzano attività in zona e via discorrendo. Il fatto è che si tratta di una realtà molto frammentaria, che fatica ad agire con incisività». Perché il turismo in questa zona non decolla? In cosa sbagliamo? «Intanto sbagliamo a pensare che l’Oltrepò sia una destinazione turistica. è inutile che continuiamo a illuderci che il turista straniero venga in Italia per vedere le nostre colline, viene per vedere Venezia, e Roma,
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Milano e Firenze. Da qui, semmai, ci passa: abbiamo la fortuna di essere collocati in un punto strategico, se riuscissimo a sfruttarlo potremmo incrementare significativamente le presenze. Insomma dovremo pensare nazionale, capendo quali traiettorie potremmo riuscire a intercettare: il chilometro zero, le produzioni locali vanno benissimo, ma sarebbe il caso di guardare anche oltre». Tante strutture fanno anche molta fatica a rinnovarsi, la sensazione è che siano rimaste uguali a come erano tanti anni fa… «Questo è vero, ma c’è da considerare il fatto che i costi di una ristrutturazione totale sono elevati, e che non tutti gli alberghi (specialmente quelli già in crisi) possono permettersela. Anche con gli aiuti finanziari, anche con i bandi europei, rimane una spesa molto grande e tante strutture sono troppo in difficoltà per poter pensare di affrontarla. Basta pensare a quanti alberghi hanno accettato di ospitare i rifugiati: sapevano che sarebbe stato un deterrente per la loro clientela, ma hanno scelto comunque questa soluzione per evitare di chiudere» di Serena Simula
SANTA MARIA DELLA VERSA Vinoffroad, il maxi raduno di fuoristrada in Oltrepò, è uno degli appuntamenti ormai imperdibili organizzati nella Valle Versa. Dal 2009 ad oggi questa manifestazione si è consolidata, richiamando ogni anno sempre più appassionati e turisti da ogni parte d’Italia e non solo... grazie all’impegno organizzativo della Pro Loco di Santa Maria e del Club Fuoristrada anche quest’anno tra aprile e giugno sarà possibile partecipare all’evento e scoprire le bellezze paesaggistiche ed enogastronomiche dell’Oltrepò Pavese. Enrico Giorgi, da quest’anno Presidente della Pro Loco di Santa Maria, ci ha raccontato cosa c’è “dietro” all’organizzazione di questo evento. Giorgi da dove nasce Vinoffroad? «Vinoffroad nasce nel 2009 su iniziativa della Pro Loco di Santa Maria della Versa in collaborazione con “Fuoristrada Club Lomazzo”. L’idea è stata quella di unire la passione per il fuoristrada al nostro territorio. La prima edizione ha avuto un grande successo, così abbiamo riproposto l’evento negli anni successivi, arricchendolo di volta in volta di nuovi spunti». Come si sta evolvendo l’evento negli anni? «La manifestazione fin dall’inizio ha coinvolto le realtà produttive locali, tra cui agriturismi e B&B, che accolgono i partecipanti con degustazioni di prodotti tipici e specialità del nostro territorio. Nel corso degli anni il successo di Vinoffroad è cresciuto sempre più, soprattutto tra gli appassionati di fuoristrada, sino a diventare un appuntamento fisso per moltissimi equipaggi provenienti da tutta Italia e anche dalla vicina Svizzera; per questo motivo, nel 2017 è stato deciso di registrare il marchio Vinoffroad! Inoltre, da quest’anno la Pro Loco di Santa Maria della Versa si avvale anche della collaborazione del vicino e competente “Club Fuoristrada 4x4 Pavia». Dunque è una manifestazione che attira. Di che numeri stiamo parlando? «Alla prima edizione hanno partecipato 50 equipaggi, ma numericamente possiamo dire almeno il doppio di persone, perché molti avevano con sé la famiglia. Nel corso delle varie edizioni si sono raddoppiati. Picco massimo di partecipanti nel 2016
Enrico Giorgi
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Turismo e morori, connubbio vincente in Oltrepò con ben 280 iscrizioni per le due date!». Giorgi due date perchè sono due eventi differenti? «In realtà sì, sono due eventi differenti, poiché prevedono due percorsi differenti; il percorso Family è un percorso fuoristrada di una cinquantina di km, modalità easy, adatto alle famiglie (fattibile con i SUV); esso prevede partenza e arrivo a S. Maria della Versa e, durante il percorso, prevede soste enogastronomiche in aziende agrituristiche e vitivinicole locali. Il percorso Adventure, invece, è un percorso fuoristrada di un centinaio di km circa, modalità hard (sono richieste auto attrezzate di accessori tecnici, perché il percorso presenta delle difficoltà). Il punto di partenza varia di anno in anno, mentre l’arrivo termina sempre a S. Maria della Versa...anche in questo caso è previsto un pranzo o sosta in una delle località toccate dal giro). Questo è un percorso adatto agli amanti del fuoristrada “puro”, che comprende, oltre ai territori collinari, anche la possibilità di ammirare lo splendore delle nostre montagne attraversando tutti i Comuni dell’Oltrepo Orientale». Giorgi quali difficoltà dovete maggiormente affrontare per la realizzazione di Vinoffroad? «L’organizzazione è lunga e fortunatamente i compiti vengono suddivisi...si comincia con la scelta delle date, per poi passare all’ideazione dei due tracciati:
uno soft (Family) e uno hard (Adventure); successivamente occorrono i sopralluoghi, finalizzati a verificare la reale fattibilità, e richiesta ai comuni interessati dei permessi necessari al transito. Una volta ottenuti i vari permessi si procede con la pubblicità e l’organizzazione vera e propria. Quest’anno è stato molto più difficile trovare le strade a causa del gelicidio verificatosi durante l’inverso, che ha messo in ginocchio il nostro territorio». Chi collabora sul territorio per darvi una mano? «Il grosso del lavoro, com’è giusto che sia, è svolto dalle due realtà organizzative, ovvero la Pro Loco di S. Maria della Versa e dal Club Fuoristrada. Altro merito va alle amministrazioni comunali che si fanno in quattro, facendosi carico della burocrazia legata ai permessi, e credono con noi nella manifestazione agevolandola, ma anche alle aziende locali e alle associazioni (anche un più distanti), che si mettono a disposizione per accogliere al meglio i partecipanti». Quali ostacoli burocratici dovete affrontare per la realizzazione di questo evento? «Diciamo che ostacoli burocratici ce ne sono tanti e sono tutti legati al percorso sterrato, e a volte anche alla location, in quanto nelle zone di montagna ci sono molti vincoli che impediscono il passaggio nei boschi e sui sentieri , anche se tracciati
sulle mappe...». La strada per il rilancio turistico dell’Oltrepo che appare su certi versi inflazionato, può essere il connubio natura, motori e cibo...secondo lei, questa è l’unica strada percorribile per il rilancio turistico del territorio? «Il connubio tra motori ed enogastronomia contornato dalla bellezza della nostra natura è senza dubbio un punto di forza per il rilancio del nostro territorio e i numeri lo possono confermare! Comunque l’unione dei vari eventi, anche se piccoli e non solo enogastronomici, fatti con passione e che mettono al centro una particolarità del territorio, secondo me sono essenziali per il rilancio dell’Oltrepo Pavese. Noi ci crediamo davvero!». Giorgi quando è prevista l’edizione Vinoffroad 2018? «L’edizione 2018 è prevista nei giorni 22/04 Adventure e 10/06 Family, tutte le informazioni si possono trovare sul nostro sito e sulla pagina Facebook». Come Pro Loco avete richieste particolari relativamente all’organizzazione dell’evento? «In realtà no, siamo un bel gruppo... tuttavia, una mano per organizzare è sempre utile, così come gli sponsor sono sempre ben accetti...». di Silvia Cipriano
MONTECALVO VERSIGGIA
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Museo del Cavatappi: «Un’idea davvero vincente nata da Gianfranco Vitali» mo portando avanti quest’anno e che verrà pronta giusto giusto per l’estate». I pezzi contenuti nel Museo sono davvero molti. «Sono circa 200 di varie epoche e di varie nazionalità. Abbiamo, infatti, anche cavatappi stranieri». L’idea di questo Museo risale agli anni Sessanta con Giancarlo Vitali, ora Presidente della Fondazione Comunitaria di Pavia. «L’idea è nata da Vitali, da una sua intuizione…voleva abbinare il fatto che la nostra sia una zona vinicola con il cavatappi, attrezzo per eccellenza per aprire il vino. Un’idea davvero vincente nel senso che ha portato turismo in zona e il nostro oltretutto è l’unico museo pubblico esistente in Italia di questo genere. Ne esistono altri ma sono privati». è stato importante avere il Presidente Vitali come cittadino? «Sicuramente, anche perché la Fondazione Comunitaria ci dà una grandissima mano a organizzare il concerto che facciamo tutti gli anni: senza l’aiuto della Fondazione non riusciremmo, e non saremmo arrivati a organizzare trent’anni di concerMarco Torti, è al suo primo mandato come sindaco di Montecalvo Versiggia
Il piccolo comune di Montecalvo Versiggia vanta l’unico museo pubblico, in Italia, dedicato al Cavatappi, nato negli anni sessanta grazie all’intuizione del presidente Fondazione Comunitaria di Pavia, Giancarlo Vitali. Il primo cittadino Marco Torti ha appena compiuto la ristrutturazione del Museo e ci parla di un possibile ampliamento più orientato alla divulgazione del vino e dell’uva nella zona. Sindaco lei è alla sua prima esperienza come primo cittadino, come la valuta? «Direi abbastanza bene. è un paese non facilissimo da gestire, diciamo che ci sono tutti i problemi dei piccoli Comuni: scarsità di risorse, superficie molto ampia da gestire, solite cose che penso abbiano anche i miei colleghi della zona». Voi siete in Unione con altri Comuni? «Sì, con Golferenzo e Volpara e questo ci aiuta, perché abbiamo certe funzioni che sono fatte insieme». Che cosa in particolare? «C’è la gestione del segretario, dell’ufficio tecnico, la parte contabile e i vantaggi ci sono». In generale Montecalvo è un paese tranquillo? «Sì, abbastanza. è un paese con una popolazione abbastanza anziana e non abbiamo quasi più giovani. Abbiamo poi un certo numero di persone che arrivano da altri stati, ma si sono integrate bene e lavorano quasi tutti nei campi e nel settore comunque agricolo. Non danno assolutamente problemi».
Nel suo paese è molto famoso il Museo del Cavatappi. «Certo, abbiamo tra l’altro appena compiuto una ristrutturazione del Museo, perché erano uscite delle crepe, in parte dovute alla siccità e in parte allo smottamento, essendo il nostro un comune collinare dove può capitare che ogni tanto ceda un pezzo di terreno. Abbiamo, quindi, provveduto a fare i lavori: li abbiamo proprio appena conclusi e siamo pronti a riaprire il Museo rimesso a nuovo!». Il Museo è stato chiuso per molto tempo? «No, perché comunque noi nel periodo invernale lo teniamo chiuso e apriamo da giugno a settembre. Abbiamo quindi approfittato della chiusura invernale per fare i lavori». Quanti visitatori conta il museo? «Molti sono concentrati nel fine settimana, quindi sabato e domenica. Durante la settimana il Museo rimane chiuso e viene aperto solo su richiesta. Capita, infatti, che ci siano richieste di visite di comitive o di aziende vinicole locali che magari vuol far visitare il Museo ai propri clienti. Arrivano comunque visitatori anche da fuori, anche perché il Museo è collocato nella parte alta, vicina alla Chiesa parrocchiale e al Castello ed è una bella zona panoramica, che si presta anche a passeggiate. Quindi chi arriva può visitare il Museo del Cavatappi, farsi una camminata in mezzo agli alberi. Preso faremo anche dei sentieri da percorrere a piedi: è un’iniziativa che stia-
ti sinfonici che facciamo sulla piazza della Chiesa. Questo concerto, che tradizionalmente si fa l’ultima settimana di agosto, porta circa 600/700 persone. Finora ha avuto davvero un grande successo». Prima parlava dei sentieri ‘naturalistici’ che intendete fare. Avete in progetto anche altri lavori? «Dal punto di vista tecnico, oltre alla ristrutturazione del Museo, abbiamo sistemato un pezzo di cimitero, che aveva bisogno di un po’ di manutenzione, poi abbiamo provveduto ad asfaltare delle strade, abbiamo appena concluso la riqualificazione dei lampioni e siamo passati a quelli a Led e a breve appalteremo un progetto di riqualificazione energetica del Municipio. Stiamo infine ristrutturando il primo piano del palazzo municipale per fare un centro, sempre legato al Museo del Cavatappi, ma orientato di più alla divulgazione del vino e dell’uva della nostra zona, che è il Pinot nero. Nonostante quindi le finanze scarse, siamo riusciti a fare qualcosa per il nostro paese». di Elisa Ajelli
COSTUME E SOCIETà Da cento anni mantengono vivo lo scoutismo in Oltrepò, insegnano ai ragazzi a cavarsela nelle situazioni più imprevedibili, ma anche a stare bene in gruppo, ad amare la vita all’aria aperta. Sono gli scout di Voghera, gruppo che fa riferimento alla parrocchia di San Rocco e che annovera ben 63 scout di ogni età, distribuiti all’interno delle diverse sezioni. A raccontarci qualcosa di più sull’attività svolta dal gruppo è il capo Reparto Luca Manto, 45 anni, ingegnere, che insieme agli altri membri della “Comunità dei Capi” gestisce l’organizzazione del gruppo. Luca, cominciamo a spiegare cosa vuol dire essere uno scout e perché si sceglie di diventarlo. «è molto difficile raccontare lo scoutismo a parole, spiegare perché a distanza di 110 anni dalla sua fondazione è ancora un movimento di grande successo mentre altre modalità di aggregazione giovanile come gli oratori faticano molto. Lo Scoutismo è un percorso di crescita adatto a bambini e bambine, ragazzi e ragazze, dagli 8 ai 21 anni. Si caratterizza per l’autoeducazione, l’esperienza e l’interdipendenza tra pensiero e azione, la vita di Gruppo e la dimensione comunitaria, la coeducazio-
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al 1988, quando ufficialmente il gruppo ritrova stabilità e assume l’assetto attuale (vengono ammesse le ragazze e successivamente viene aperto il branco dei Lupetti). Dal momento che quest’anno ricorrono i 30 anni del nostro gruppo e i 100 anni dello scoutismo a Voghera stiamo preparando per maggio un’attività aperta a tutti, in cui per un fine settimana anche chi non è scout può partecipare alle nostra attività tipiche». Quanti ragazzi ne fanno parte? «Oggi il gruppo si presenta composto da 63 censiti tra adulti e ragazzi. Il branco Kerguelen ha 27 lupetti, il Reparto “Giaro” 18 esploratori e il Clan/Noviziato Monte Lesima 6 ragazzi, mentre la Comunità Capi è composta da 12 adulti tra cui l’Assistente Ecclesiastico. In questo momento, comunque, siamo in fase di crescita». Come funziona un gruppo scout a livello organizzativo? «La Comunità Capi, di età compresa tra i 22 e i 65 anni, redige il progetto educativo di gruppo, condivide la responsabilità educative, esprime i capi delle varie branche in cui sono divisi i ragazzi a seconda dell’età. Le tre unità sono autonome nello svolgimento delle attività, pur avendo un filo
Luca Manto, capo reparto della “Comunità dei Capi” nostro sito c’è il modulo per la richiesta di iscrizione online ma ci si può contattare anche via mail o telefonicamente. Per i più piccoli può esserci un po’ di lista di attesa, mentre per i più grandicelli normalmente
non ci sono problemi. L’anno scout inizia a ottobre e le attività si svolgono con cadenza regolare fino a giugno. D’estate ci sono i campi estivi». di Serena Simula
«Scout Voghera, cent’anni e non sentirli» ne, la vita all’aperto, il gioco, il servizio, la fraternità internazionale. Si basa sull’ ”imparare facendo” attraverso autentiche esperienze di protagonismo, e consente ai ragazzi di intraprendere questo percorso insieme ad altri della loro età: dagli 8 agli 11 anni sono Lupetti e Coccinelle, dagli 11 ai 16 Esploratori e Guide, dai 17 ai 20 anni Rover e Scolte» Cosa insegna lo scoutismo ai ragazzi e perché lo consigliereste ai bambini? «La base della proposta educativa scout pensata dal fondatore Baden-Powell si basa su quattro punti: formazione del carattere, salute e forza fisica, abilità manuale e servizio del prossimo. Portando avanti parallelamente questi quattro obiettivi si aiutano i ragazzi a sviluppare una personalità armoniosa e positiva, a renderli capaci di fare scelte e di prendersi delle responsabilità, nonché di scoprire cosa si vuole diventare. Lo scout sviluppa una serie di virtù quali lealtà, fiducia in se stessi, coraggio, ottimismo, rispetto dei diritti, autodisciplina. E poi si impara a conoscere il proprio corpo e i suoi limiti, a instaurare una relazione creativa con le cose e a valorizzare quello che si ha, ma anche e soprattutto ad amare gli altri». Quando nasce lo scoutismo a Voghera? «Gli scout sono presenti a Voghera dal 1918. Un primo nucleo è nato presso l’oratorio dei Padri Barnabiti, e si è sciolto nel 1927, causa decreto fascista che formalmente fa confluire tutte le associazioni giovanili nei Balilla. Nel giugno del 1945 si riparte, questa volta con sede nell’oratorio di San Rocco. Ci sono alti e bassi fino
conduttore comune nel metodo scout e nel progetto educativo di gruppo. Il Branco, per esempio, educa i Lupetti attraverso il gioco e il racconto del libro della Giungla, scritto con fini pedagogici da Kipling su richiesta di Baden Powell, e accompagna i bambini nella loro crescita, esemplificando i comportamenti positivi e negativi che vengono attribuiti ai personaggi della storia. Gli esploratori e le guide del Reparto crescono e imparano con attività che hanno come strumento l’”avventura”, mentre i Rover e le Scolte del Clan vivono una esperienza più matura, che usa come strumenti la Strada (intesa come un’ esperienza di vita povera ed ascetica, di disponibilità al cambiamento, di impegno a costruire se stesso con pazienza e fatica), la Comunità (In concreto atteggiamento di disponibilità all’incontro con gli altri, alla condivisione di gioie e sofferenze, di speranze e progetti) e il Servizio (che diviene modo normale di relazione con i fratelli)». Come si entra a farne parte? «Proponiamo ai bambini e ai ragazzi di venire a provare l’esperienza scout, non serve un’attrezzatura particolare poi, se si trovano bene, possono chiedere di fare la Promessa, con la quale si impegnano a fare del proprio meglio, ad aiutare gli altri ad osservare la legge scout e ricevono il fazzolettone con i colori del nostro gruppo ed entrano effettivamente a farne parte. Accettiamo bambini e ragazzi dagli 8 anni in su, sul
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MUSICA
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Accademia del Ridotto un’eccellenza stradellina Arrivano da ogni parte del mondo per studiare con i più grandi maestri della musica classica contemporanea. Arrivano in Italia, ma non solo a Roma o a Milano, ma anche in Oltrepò, nella poco turistica Stradella, dove da poco meno di un anno esiste un’accademia musicale di perfezionamento che si rivolge ai musicisti già formati, che vogliono concludere in bellezza il loro percorso di studi prima di affrontare ufficialmente la carriera sui palcoscenici di tutto il mondo. A dare loro questa possibilità è l’Accademia del Ridotto, fondata dall’associazione Tetracordo in collaborazione con il comune di Stradella all’interno del Teatro Sociale e diretta dall’infaticabile Livio Bollani, che abbiamo intervistato per spiegarci come funziona questa piccola ma eccellente realtà del nostro territorio. Livio, innanzitutto che cos’è esattamente l’Accademia del Ridotto? «L’Accademia del Ridotto è al momento un progetto dell’associazione culturale Tetracordo di Stradella che si sviluppa con la fondamentale collaborazione dell’amministrazione comunale di Stradella. Si tratta di un’accademia di alto perfezionamento musicale che propone dei corsi annuali a livello accademico e post-accademico all’interno del ridotto del Teatro Sociale, vale a dire
nel foyer dei palchi del teatro stradellino». Ha detto “al momento”: sta per cambiare qualcosa? «Sì e no. In questo momento l’Accademia del Ridotto è di fatto un’istituzione privata, ma dalla sua nascita è in programma un piano di sviluppo quinquennale che prevede già dalla prossima estate la costituzione di un ente autonomo di gestione (che sarà la Fondazione Accademia del Ridotto) e l’adozione di piani di studio conformi a quelli dei conservatori. L’obiettivo è quello di dotarsi di una struttura tale da poter ottenere il riconoscimento dei trienni accademici di primo livello e dei master di secondo livello, vale a dire rimanere un’accademia privata ma poter rilasciare dei titoli di studio ufficiali». Un progetto ambizioso. Come ve la state cavando? «Per la verità molto meglio di quanto non ci aspettassimo. Il piano originario era quello di riuscire a raggiungere i quindici iscritti al primo anno, e in realtà ne abbiamo quasi cinquanta, vale a dire che abbiamo il triplo degli iscritti rispetto a quanto avevamo preventivato. Il che significa non solo che abbiamo superato tutte le aspettative, ma anche che la scuola è riuscita da subito ad autofinanziarsi grazie alle rette pagate dagli
allievi e alla gratuità dello spazio concessoci dal comune». Attualmente che corsi proponete agli studenti? «Quattro corsi di pianoforte, due corsi di canto, un corso di violino, un corso di fisarmonica e un corso di flauto. A rendere i nostri corsi particolarmente ambiti, però, è la qualità dei docenti, musicisti di fama planetaria come Andrzej Jasinski, Aquiles Delle Vigne, Roberto Cappello e Guido Scano, o come il direttore d’orchestra Filippo Arlia e i cantanti Nicola Martinucci, Giacomo Prestia e Gabriella Stimola. Sono i loro nomi ad attirare studenti da ogni parte d’Italia e del mondo, a farli arrivare qui dall’Austria e dalla Germania ma anche dal Brasile, dalla Cina, dal Giappone e dalla Corea del Sud. Alcuni di loro si sono trasferiti qui da noi per studiare, altri preferiscono viaggiare: c’è chi, quattro o cinque volte all’anno, si fa trasvolate oceaniche per venire a Stradella, arrivando da luoghi lontani come Singapore o São Paulo». Un bell’impegno per loro ma una grande soddisfazione per voi. «Assolutamente sì. Tanti di questi ragazzi sono già in carriera (c’è chi ha già suonato alla Carnegie Hall e chi ha già cantato alla Scala), altri stanno iniziando adesso ad affacciarsi su importanti palcoscenici internazionali e vengono proprio da noi a Stradella per completare la loro formazione, per avvicinarsi il più possibile alla perfezione. Questo rende noi molto orgogliosi, ma dovrebbe gratificare anche il nostro territorio, che acquisisce così un indotto tutto nuovo». Nel senso?
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Livio Bollani «Nel senso che questi ragazzi quando vengono qui devono comunque mangiare e dormire da qualche parte, e se gli avanza un po’ di tempo possono visitare la zona e scoprire le bellezze dell’Oltrepò. Era un obiettivo collaterale al nostro progetto ed è stato già raggiunto». Peraltro c’è anche una grossa novità che bolle in pentola. «Esatto. Dal 12 marzo al 1 aprile si svolgerà proprio qui al Teatro Sociale il “Festival del Ridotto”, rassegna che si compone di un concorso internazionale, di alcune masterclass e soprattutto di un calendario fitto di concerti che culminerà con una inedita Messa di Pasqua composta insieme a una classe del conservatorio di Lamezia Terme. Sarà un evento particolarissimo perché vedrà suonare un vero e proprio pezzo da museo custodito nel museo della fisarmonica di Stradella: la fisarmonica liturgica, unica al mondo».
di Serena Simula
ARTE & CULTURA
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Attore, clown, pedagogo Il vogherese Max Pilla si racconta
Animatore, attore, clown, ideatore e organizzatore di eventi sempre con particolare attenzione al mondo dei bambini. Massimo “Max” Pilla, vogherese classe 1976, negli anni è diventato un punto di riferimento per chi volesse organizzare particolari manifestazioni artistiche. Prima tra i fondatori dei “Fuori Posto”, associazione culturale molto attiva in Oltrepò nel biennio 2013-2015, poi della M&M Entertainment. Oggi si è preso una pausa per approfondire gli studi di pedagogia (in cui già possiede una laurea) e per preparare un progetto editoriale che prevede uno studio sul corpo nel metodo Stanislavskij, che andranno ad arricchire un curriculum già piuttosto lungo. Teatro, cabaret, clowneria... Come è inziata la sua storia artistica? «Tutto è cominciato al Liceo Classico di Voghera, nel 1993, con l’Anfitrione di Plauto. Fu la mia insegnante di latino e greco dell’epoca a convincermi a interpretare la parte di Sosia, il servo del generale tebano Anfitrione. Io accettai per gioco questa parte “sdrammatica”: sia comica, perché il personaggio era svarionato, sgraziato, ridicolo, sia drammatica perché, ad un certo punto, Sosia si incasina con la sua identità. A curare la regia era l’attore Bruno Cavanna. Poi, nel tempo: vari stage di teatro a Pavia, a Milano al CTA con Nicoletta Ramorino, il corso per volontari clown…Marguerite Yourcenar ha scritto che il vero luogo natio è quello in cui per la prima volta si posa uno sguardo consapevole su se stessi: ecco, per anni ho provato questa sensazione proprio facendo teatro». è stato difficile trovare il modo di esprimersi partendo da una realtà come Voghera? Che giudizio ha maturato sul panorama artistico locale? La sensazione è che non manchino tanto i talenti quanto le occasioni per esprimerli... «Voghera mi ha permesso di conoscere diversi professionisti con alcuni dei quali è nata anche una solida amicizia: Giorgio Macellari, peraltro mio editore, Giuliano Ferrari, l’attore Fabio Zerba. Con loro mi sono spesso confrontato su questioni relative alla tecnica, alla messinscena, al rapporto con il pubblico e ciò mi ha permesso di migliorare e di partire dalla mia città per realizzare eventi anche fuori dalla Provincia di Pavia o dalla Lombardia. In questo senso, per me, Voghera è stata un trampolino di lancio. Tuttavia, concordo che Voghera non manca di talenti autoctoni ma, forse, concede loro poche possibilità e pochi spazi per esprimersi appieno. In base alle mie esperienze personali, ciò che mi perplime è l’essere riuscito a realizzare altrove e in tempi più rapidi alcuni progetti che ritenevo di qualità e che, magari, avevo ideato e inizialmente proposto proprio “in casa”».
Massimo “Max” Pilla
Può fare qualche esempio concreto? «Penso all’Inventafiaba: laboratorio ludico e creativo costruito su consolidate teorie letterarie e pedagogiche. L’Inventafiaba è stato teoricamente messo a punto a Voghera ma la prima occasione concreta per sperimentarlo fu, nel 2015, al Centro Estivo di Menconico, alla Pernice Rossa. Da quell’esperienza si arrivò poi, a inizio 2016, con il patrocinio del Comune di Menconico e con Primula Editore, alla pubblicazione di I Racconti della Pernice che non è solo un libro di storie per bambini ma anche ideate da bambini, ossia dai 60 “piccoli autori” del Grest. Addirittura, nell’agosto 2016, una sua copia fu donata a Papa Francesco da una delegazione guidata dal Sindaco di Menconico, Donato Bertorelli. Inoltre, fra il 2016 e il 2017, l’Inventafiaba ha fatto parte del progetto Famiglie al Futuro, finanziato dalla Regione Piemonte, in un tour in varie Scuole dell’Infanzia. Ringrazio tutte le persone
con cui ho collaborato». Nel suo lavoro ha collaborato con diverse amministrazioni ed enti istituzionali. Come si è trovato nella sua città? «Non sempre a Voghera sono riuscito a realizzare tutto quello che avrei voluto e che poi ho concretizzato altrove. Ma mi assumo anche le mie responsabilità: può essere che io per primo abbia presentato ai miei committenti dei progetti magari non appetibili in quel momento o che non li abbia illustrati in modo convincente e persuasivo. Tuttavia, fra il 2013 e il 2017, prima con i Fuori Posto poi con la M&M, è anche un dato di fatto la realizzazione di diversi eventi di successo con il supporto istituzionale dell’Assessorato alla Cultura o della Consulta del Volontariato di Voghera o in collaborazione con privati e altre associazioni locali». Ha citato i “Fuori Posto” e poi la “M&M Entertainment” con cui ha continuato a organizzare eventi, soprattutto rivolti ai
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bambini. Cosa hanno significato queste esperienze e come mai sono finite? «I Fuori Posto, nati da un’idea della pittrice Valeria D’Agostino – con cui abbiamo dato poi vita anche al progetto di animazione dei MaVà – e fondati con il cantante Simone Meisina, e la M&M, creata nel 2015 con Maurizio Ghiozzi e Raffaele Giuria, sono state per me due esperienze straordinarie che hanno significato l’incontro di artisti di diverse età, provenienti da ambiti e da esperienze differenti, capaci di fare rete con le istituzioni e con altre associazioni e di realizzare eventi che hanno sempre avuto un buon riscontro di pubblico (lo dimostrano le immagini sulle pagine Facebook ancora attive). Il successo di questi progetti, soprattutto nel caso dei F.P., ha coinciso con la capacità di diffondere un entusiasmo tale da coinvolgere spesso collaboratori e simpatizzanti esterni: a intendere che, nonostante il gioco delle differenze, l’incontro e il confronto con “l’altro-da-sé” possono significare un’opportunità di crescita personale e arricchire relazioni e contesti. Poi, come spesso capita, le priorità della vita di ciascuno dei componenti hanno preso il sopravvento sugli obiettivi associativi». Quali sono le difficoltà principali che si incontrano nell’organizzare eventi culturali in questa zona? Rispetto ad altre realtà cosa manca qui e come si potrebbe migliorare? «Ripeto un’idea generale di diversi colleghi con cui mi sono confrontato: innanzitutto, mancano gli spazi. Poi, alla singola associazione culturale possono anche mancare le risorse economiche per far fronte a tutte le spese (materiali, costumi, Siae, service audio e luci, affitto di una eventuale location, ecc... ecc...). A volte, di fronte al preventivo dei costi, non si comincia nemmeno ad organizzare l’evento. Un’ipotesi di soluzione potrebbe consistere, come dimostra l’esperienza dei F.P. o della M&M, nell’estendere il progetto ad altri gruppi, facendo così rete, ammortizzando le spese e potenziando le risorse sia economiche sia creative. Tutto sta ad accettare di congiungere gli sforzi con altre realtà associative, di aprirsi e non di chiudersi a riccio». Riguardo agli spazi, non avete chiesto aiuto al Comune? «Abbiamo chiesto in diverse occasioni e l’unica che ci venne incontro fu Marina Azzaretti che ci offrì una location, per altro elegante, in via Emilia. Sarebbe stata anche ideale come sede ma, purtroppo, per il numero dei nostri componenti e per i progetti socializzanti e di richiamo di pubblico che aspiravamo a realizzare, avevamo bisogno di location più ampie e non troppo in centro città». di Christian Draghi
ARTE & CULTURA
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Torrazza Coste: «Mancava una proposta culturale alternativa, ecco perché siamo qui» Da ormai quattro anni i locali dello storico ex “Cinemà” di Torrazza Coste sono la casa dell’associazione culturale “Pocapaglia”, nata nel 2014 per iniziativa di cinque famiglie torrazzesi che hanno raccolto la sfida di creare un polo culturale che gravitasse intorno a quei locali, ristrutturati e in ottime condizioni, ma senza destinazione d’uso. Negli anni l’associazione ha messo in fila concerti underground, corsi di ballo, incontri per collezionisti di chitarre, degustazioni di prodotti artigianali, giocoleria, corsi per ragazzi e molto altro. A raccontare questa avventura è il vicepresidente e socio fondatore Stefano Conca Bonizzoni. Come nasce il progetto “Pocapaglia”? «Nasce dalla voglia di ridare senso e prendersi cura di un luogo in cui molti di noi erano cresciuti essendo stato il punto di ritrovo per molte generazioni. Era stato ristrutturato grazie a un finanziamento della comunità europea ma non veniva più in alcun modo utilizzato. Ci siamo chiesti cosa servisse di più al paese e ci siamo risposti che si trattava di offrire un luogo dove accedere alla cultura di ogni tipo, che fosse musicale, teatrale, laboratori per bambini, corsi di inglese o di giocoleria». E avete fatto tutto da soli o il Comune vi ha aiutato? «Abbiamo iniziato senza alcun finanziamento o aiuto da parte del Comune, ma pagando un regolare affitto e gli allacci alle forniture energetiche e relative spese».
«Ci siamo chiesti cosa servisse di più al paese e ci siamo risposti che si trattava di offrire un luogo dove accedere alla cultura di ogni tipo, che fosse musicale, teatrale, laboratori per bambini, corsi di inglese o di giocoleria»
Che tipo di attività svolgete? «Abbiamo iniziato con i concerti. Contest musicali per band giovanili per arrivare poi a inserire laboratori per ragazzi il pomeriggio. Le cose che hanno più funzionato sono stati il laboratorio di giocoleria, che abbiamo portato avanti per tre anni con spettacoli molto interessanti e il tango, che ancora adesso funziona e che proponiamo il giovedì una volta al mese. Poi c’è il folk, con la valorizzazione della musica tradi-
Stefano Conca Bonizzoni, vicepresidente e socio fondatore dell’associazione “Pocapaglia” zionale del nostro territorio, quindi delle 4 provincie. A questo proposito in collaborazione con CTM musica e Downtown Studio di Pavia abbiamo inventato una formula di scambio culturale in cui a un gruppo folkloristico locale si abbina, un sabato al mese, un gruppo che proviene da tutt’altra realtà. Abbiamo combinato incontri tra musicisti tradizionali dell’Appennino e Bretoni ad esempio e attraverso iniziative di questo tipo siamo riusciti a farci conoscere anche oltre i confini». In quanti siete? «I soci sono in tutto una cinquantina, dei quali 15 sono quelli che danno anche una mano pratica nell’organizzazione e realizzazione di eventi. Non sono pochi per una realtà come la nostra, dato che in questo modo riusciamo a dividerci i compiti». Come mai un circolo e non un locale vero e proprio? Quali sono i vantaggi? «Un locale avrebbe come logica principale il profitto e saremmo vincolati a un certo modo di proporre le cose, perché logicamente bisogna tirarci fuori uno stipendio. Oggi la musica e la cultura non tirano, o perlomeno dalle nostre parti fanno molta fatica. L’esempio classico sono i concerti, che in giro sono sempre meno e attirano sempre un ristretto numero di persone. C’è
troppa omologazione in giro, locali molto simili tutti concentrati in pochi luoghi, con la stessa musica di sottofondo. Una logica che non ci appartiene. Noi nel nostro microcosmo cerchiamo di fare qualcosa di diverso, qualcosa che ci piace e che riteniamo meritevole a prescindere dal tornaconto economico e questo ci è permesso perché non avendo un locale vero e proprio non dobbiamo trarne un profitto». Gli svantaggi? «Pochi soldi a disposizione, non c’è un investimento privato e chi ci lavora lo fa da volontario senza percepire un euro, per cui ha un tempo ed energie limitate da giocarsi nel progetto…Poi potrei dire il fatto che la nostra offerta di prodotti, cibo e bevande è estremamente limitata: abbiamo in pratica esclusivamente birre, vini e salumi locali e in una piccola selezione. Tutto rigorosamente a km0. Per noi è una buona cosa, si intenda, ma di sicuro il pubblico “medio” è abituato ad un’altra offerta e questo può essere per noi un limite nell’essere attrattivi». Quali sono le difficoltà principali che avete incontrato in questi anni? «Direi riuscire a costruire un pubblico che possa apprezzare e partecipare a una proposta culturale diversa. Siamo un’associa-
zione e quindi offriamo un servizio molto diverso da quello di un locale tradizionale: dai tempi più lunghi di attesa alla scelta ridotta per cibo e bevande, come detto. Questo a volte penalizza perché è ancora molto radicata l’abitudine a muoversi in posti diversi, come pub o ristoranti». Cosa ne pensa del panorama artistico in Oltrepò? «Che è una scena ricchissima di talenti, dalla musica al teatro al cinema. Abbiamo delle risorse incredibili ma il problema è che in zona mancano posti dove esprimersi e, soprattutto, manca un pubblico curioso». Come si entra a far parte del “Pocapaglia”? è necessario tesserarsi? «Non siamo un circolo arci quindi non è necessario tesserarsi. Siamo un’associazione culturale che può essere sostenuta con una donazione, in cambio della quale riconosciamo una tessera. L’aiuto più prezioso è la partecipazione attiva, tra la presenza agli eventi, il supporto al bancone o in altre situazioni pratiche». Obiettivo per il futuro? «Principalmente direi: resistere. Poi stiamo valutando, come associazione, di spostarci anche in altri luoghi». di Christian Draghi
SPORT La vasca di Cigognola è un circolo di pesca presente in uno dei più famosi laghi artificiali dell’Oltrepò dove si pratica la cosiddetta pesca sportiva. Il responsabile, il giovane Gianluca Magistro, è consigliere ormai da qualche anno di questo circolo, il cui presidente è Massimo Quaglini. Conosciuta in tutta Italia e pubblicizzata già a livello nazionale su sky e su altri canali televisivi, La Vasca di Cigognola ospita un’insolità varietà di pesci ed è visitata ogni giorno da pescatori di tutte le età. Gianluca da dove nasce la sua passione per la pesca sportiva? Come mai così giovane ha deciso di prendere in mano questo tipo di attività? «Sono sempre stato affascinato dalla pesca fin da bambino, grazie a mio nonno che mi portava con lui a pescare, oltre che dal famosissimo cartone animato “SanPei” e un po’ così è nata la mia passione per la pesca. Un giorno sono passato davanti a questo bellissimo laghetto in cui si praticava la pesca e ho deciso di iscrivermi quindi, insieme ai vecchi soci del circolo: è dal 2014 che sono socio ordinario. Col tempo, i vecchi soci, si sono accorti che ciò che necessitava il circolo era l’attenzione e la voglia di fare di un giovan, e così mi hanno dato in mano la gestione del laghetto e la sua sponsorizzazione tramite i più svariati metodi (social network, media, ...). Ciò che faccio per il laghetto lo faccio quindi per passione, nella vita io sono consulente di marketing aziendale ed ex imprenditore». Che cosa differenzia la Vasca di Cignola dalle altre vasche dell’Oltrepò Pavese? Che tipi di pesci si trovano nelle acqua del lago? «Di sicuro il laghetto di Cigognola è unico nel suo genere, nella zona. Infatti, il lago è nato a suo tempo come una diga per irrigare i campi e ha quindi questa doppia funzionalità, inoltre è la grande varietà di fauna ittica che lo rende unico: a differenza dei cosiddetti “carpo dromi”, dove spesso i pesci tendono ad ammalarsi, qui da noi prendiamo alcune precauzioni per cui riescono a mantenersi in salute. Basta vedere le foto di face book e instagram per accorgersi della salute e bellezza dei nostri esemplari. I pesci che sono presenti, oltre alla Carpa (il più facile da trovare) sono la Tinca, lo Storione, il Pescegatto, il Boccalone e il Luccio; abbiamo poi anche altre varietà meno famose ma non mi dilungo troppo nell’elencarle. Punto importante è che la pesca nel nostro laghetto è solo “catch&release”, da noi il pesce non viene ucciso». Che tipo di clientela giunge qui da per praticare la pesca? Di che età? Sono persone del posto o giungono anche da altre parti dell’Oltrepò? «Nella nostra vasca giunge ogni tipo di pescatore, dal principiante al professionista: dai bambini accompagnati dai nonni o dal papà, al ragazzo e all’uomo adulto. Vengono qui anche personalità piuttosto importanti del mondo della pesca, come il campione di pesca feeder, Angelo de Pascalis. Se si parla di provenienza invece devo dire che la maggior parte della nostra clientela viene da Torino e Milano, dalla città diciamo, mentre se si parla della nostra zona si tratta più che altro di alcuni affezionati che vengono da sempre e con continuità».
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Gianluca Magistro, responsabile del circolo La Vasca di Cigognola
Cigognola: «La pesca nel nostro laghetto è solo “catch&release”» Ci sono dei mesi particolari per praticare la pesca o è un’attività che si può svolgere in tutte le stagioni? «La pesca da noi si può praticare tutto l’anno, in quanto i pesci sono sempre attivi, anche se con l’arrivo della primavera il numero di catture aumenta solitamente, grazie al risveglio primaverile che capita ai pesci». In cosa consiste la pesca sportiva? Quali sono le particolarità di questa disciplina? Esistono delle competizioni regolari in cui cimentarsi? «La pesca sportiva in Italia è differenziata da varie tecniche, le più importanti che si praticano da noi sono: la tecnica del “feeder fishing”, che di fatto è una pesca statica a fondo caratterizzata dall’uso di un piombo pasturatore; la pesca a “spinning”, che è una pesca dinamica e sempre in movimento con l’utilizzo di esche artificiali, mirata alla cattura dei pesci predatori, quali Black Bass e Lucci. L’unica cosa che accumuna
queste tecniche, come tutte le altre pratiche alla nostra vasca, sono la cura e il rispetto verso il pesce pescato che viene fotografato e rilasciato nel più breve tempo possibile. Esistono competizioni di vario genere ma alla vasca noi organizziamo pochissime gare all’anno, proprio per salvaguardare la nostra fauna». Com’è strutturata la gestione di un lago artificiale? Da che enti è regolamentata e secondo quali canoni bisogna organizzarla? «In Italia le attività di pesca vengono gestite dalla FIPSAS, ma il nostro, essendo un laghetto privato, viene gestito in maniera differente». Quali sono le difficoltà o gli impegni maggiori che subentrano nella gestione di un’attività del genere? «La gestione di un bacino idrico non è un impegno indifferente, in quanto bisogna mantenere degli standard elevati di puli-
zia dell’acqua e delle rive. Infatti abbiamo posizionato due ossigenatori per migliorare la qualità dell’acqua e renderla sempre pulita. Per la pulizia delle rive utilizziamo decespugliatori e trattori taglia erba». Si sono verificati problemi di sicurezza e atti di vandalismo nel corso degli anni alla struttura? In che modo si possono scongiurare eventuali furti e danni a una struttura all’aperto e pertanto particolarmente esposta? «Sì, nei primi tempi abbiamo subito qualche furto, ma da quando il Comune e il suo sindaco Marco Fabio Muselli, hanno installato diverse telecamere per tutto il territorio comunale, non abbiamo più incontrato questo problema. Il lago è anche difeso da quattro cattivissime oche giganti che prontamente liberiamo durante la notte e il giorno di chiusura del lago». di Elisabetta Gallarati
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Prove generali di C.I.R. in Val Merula per Canzian e Nicelli
La quinta edizione del Rally Ronde Val Merula ha visto impegnati in una uscita test due piloti oltrepadani: Riccardo Canzian e Davide Nicelli che hanno approfittato della gara ligure quale banco di prova in vista della quarantunesima edizione del Rally Il Ciocco e Valle del Serchio, gara di apertura del Campionato Italiano Rally e prima delle otto in programma per questa nuova stagione tricolore 2018 che li vedrà entrambi impegnati nel Trofeo Renault. Al termine della competizione ligure a raccogliere i migliori frutti é stato Riccardo Canzian per la prima volta navigato dal friulano Andrea Prizzon. è stata la prima partecipazione a una ronde per il pilota di Broni, ottima per testare molte soluzioni in vista del campionato… Non gli si poteva chiedere di più, ne a lui, ne al naviga e tanto meno al mezzo marchiato Renault Gima gommato Michelin. Chiudere una gara in cui non hanno assunto rischi eccessivi, orientata principalmente, oltre ad affinare il feeling tra l’equipaggio al primo impegno ufficiale, a lavorare sugli pneumatici, ottenendo il quattordicesimo posto assoluto, primo di R3T e secondo nelle due Ruote Motrici il 5° Rally Ronde Val Merula, per l’equipaggio pavese-friulano é un risultato che non fa altro che confermarne il potenziale. Sono stati bravi a gestire la gara in ottica campionato, senza rischi e con l’obbiettivo di testare durante le prove delle soluzioni con le gomme che senz’altro torneranno sicuramente utili nelle prossime gare! Venendo alla gara in sè, la prima prova speciale che per tutti è stata condizionata dall’asfalto bagnato dalle piogge del giorno precedente, ha comunque visto Canzian-Prinzon prendere il comando della R3T, mentre sul passaggio successivo, pur sbagliando la scelta di gomme, hanno chiuso con il secondo tempo di classe mantenendo comunque il comando della stessa. Nelle rimanenti due prove speciali, intervenendo lievemente nell’assetto e con una giusta gommatura hanno centrato l’obbiettivo! Un buon esordio! Per nulla soddisfatto del suo 38° posto assoluto e 4° di classe, é Davide Nicelli portacolori della Superba Rally Team, anch’esso in gara con la Clio R3T by Gima. Per lo stradellino si trattava di un test importante in vista di una stagione oramai alle porte. «Ho affrontato questa gara con l’obiettivo di fare chilometri conoscendo al meglio la macchina, con la possibilità di provare di - dice Nicelli purtroppo, un po’ la prima prova sul bagnato, ma era così per tutti, un po’ un problema elettrico nella terza prova, ci ha penalizzati non potendo più rimanere concentrati solo sulla guida ma dovendo tenere sotto controllo il problema emerso. Un vero peccato, ma ci sta, sono le corse. A quel punto, l’importante era finire la gara. Sinceramente, l’unica cosa che mi rammarica è che, prova dopo prova, personalmente sono migliorato
Davide Nicelli
ma i tempi dei top driver nella mia categoria non li ho mai visti se non da lontano e questo non va bene in vista di un campio-
nato italiano. Ora qualche giorno per capire cosa non ha funzionato, cosa fare e come posso dimostrare al meglio il mio valore. Grazie comunque al mio navigatore Matteo Nobili, prima gara insieme». Non sapiamo se dovuto al non esaltante risultato ottenuto in Val Merula, ma qualche ora dopo la gara, Davide Nicelli ha comunicato che il suo programma nel C.I.R. 2018 subirà un mutamento. Come preannunciato, non sarà al via della serie tricolore nel Trofeo Renault, ma il driver stradellino farà rotta sul Trofeo Peugeot che affronterà al volante della 208 della casa del leone. Per la cronaca, la gara ligure che ha visto 94 equipaggi al via é stata vinta da Simone Miele e Luca Beltrame su Citroën DS3. Un trionfo il loro ottenuto grazie ad una condotta di gara regolare e alla vittoria di due delle quattro
prove speciali in programma, ognuna della lunghezza di 10,5 chilometri. Al secondo posto si sono classificati Giuseppe Dipalma e “Cobra”, su Skoda Fabia, distanziati di 3″40. Sul terzo gradino sul podio sono saliti Alessandro Gino e Marco Ravera, su Ford Fiesta, staccati di 17”40. Ultima nota, la presenza in gara dell’equipaggio portacolori della scuderia Efferre Motorsport di Romagnose composto da Davide Melioli, navigato da Davide Morando sulla Peugeot 106, classificatosi al 52° posto assoluto. Purtroppo solo una scelta azzardata di gomme sul primo tratto non ha permesso all’equipaggio Efferre di poter lottare per il podio di classe relegandolo al 5° posto , in una classe molto affollata. di Piero Ventura
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Al via la stagione motoristica in Oltrepò Come da tradizione, il mese di marzo segna ufficialmente l’inizio della stagione motoristica in Oltrepò, protagonisti gli impianti permanenti, ovvero: il Kartodromo 7 Laghi a Castelletto di Branduzzo, il Circuito Tazio Nuvolari di Cervesina e il moto-autodromo di Castelletto di Branduzzo, scelti come sedi dei primi “ruggiti” stagionali. Ad aprire le danze il 3 e 4 marzo é il “7 Laghi” con la disputa del Tok Cup – Rok Festival riservata ai kart delle categorie Mini Rok, Junior Rok, Senior Rok, Rok Expert, Super Rok e Shifert Rok. Il kartodromo sarà ancora protagonista il 24-25 marzo con una giornata a due ruote, in cui il Mully racing organizza la Dodici Pollici Italian Cup, il campionato per le ruote da 12, gare totalmente dedicate a pitbike, minimotard e minigp, categorie per consentire a tutti, amotari ed agonisti, case ufficiali e semplici privati di trovare il loro spazio ed essere competitivi, regolamenti mirati a permettere di competere ad armi pari spendendo il giusto, costi ridotti per essere un campionato di facile accesso e per dare la possibilità a tutti di realizzare il sogno di correre in moto. In pista scenderanno: MiniGP, Minimotard, Honda Remoto, Pitbike S3: Pitbike S2 Under/Over; Pitbike S1 Under/Over e Pitbike GP Elite. Il momento clou del mese é però datato sabato 10 e domenica 11 con il Motors Rally Show organizzato da Aci Pavia in programma al moto-autodromo di Ca-
Piero Longhi a Castelletto nel 2016
stelletto di Branduzzo e valido per Rally Show Cup 2018, patrocinata della “Manufacture Française des Pneumatiques Michelin”, nel quadro dell’attività sportiva prevista per l’anno in corso, destinata ai clienti sportivi Michelin che partecipano ai rally su circuito. Ai conduttori iscritti alla Michelin Rally Show Cup 2018 verranno riconosciuti premi in denaro, messi a disposizione e pagati dalla Bellotto Spa, in base alle condizioni previste nel regolamento. Sei le prove speciali in programma (tre nella giornata di sabato e tre alla domenica). La gara prenderà il via sabato 10 marzo alle 17,40 con i concorrenti che dovranno affrontare due delle tre prove in programma alla luce dei fari. Completamente all’opposto sarà lo scenario del giorno successivo quando gli equipaggi in gara si affronteranno con la luce del matti-
no ad illuminare la pista. La fine della manifestazione con l’arrivo sotto la bandiera a scacchi deò primo concorrente é prevista per le ore 13,45 di domenica 11 Marzo. Al Tazio Nuvolari Circuit di Cervesina, invece, con la Collaborazione del Vetran Car Club Carducci di Casteggio sabato 24 marzo andrà in scena: “300 Cilindri al Nuvolari” giornata in pista riservata a vetture Porsche classiche costruite sino al 1992 e auto auto classiche sportive di altre Marche costruite entro il 1988. A queste, si aggiungeranno auto sportive moderne ad invito (a discrezione dell’Organizzatore). Le iscrizioni rimarranno aperte sino al 15 Marzo. L’evento é basato su tre turni di guida in programma nel pomeriggio di sabato 24 dalle 15,00 alle 18,00.
di Piero Ventura
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Stradella, l’ombelico del mondo rallystico pavese
Com’é ormai risaputo, il prossimo 9 giugno con il rally Valleversa, Stradella tornerà ad essere l’ombelico del mondo rallystico pavese come un tempo andato. Infatti la capitale della fisarmonica, oltre essere stata per un quarto di secolo prima e unica sede della Scuderia Alberto Alberti, ha ospitato il BRT (Brambilla Rally Team) negli anni ‘70 e River Team negli anni ‘80, oltre aver dato i natali nel 1976 al Rally Coppa Colline Oltrepo, nel 1986 al Rally Città di Stradella, nel 1993 al Rally dei Vigneti e altro ancora. Ma Stradella, vanta anche un piccolo primato, quello di essere stata la prima sede di un rally non organizzato dall’Automobile Club Provinciale, ma da un gruppo privato. Ricordiamo quei momenti. Era la fine del 1985, quando, dopo aver dimostrato attraverso l’organizzazione di alcuni slalom di essere in possesso delle carte in regola per operare a livello promozionale e organizzativo; all‘interno della Scuderia Alberto Alberti si decide di affrontare il grande passo: l’organizzazione di un rally. Nel 1986, nell’area pavese, l’automobilismo sportivo è presente con due manifestazioni primarie: il Rally delle 4 Regioni, che si ripresenta in calendario, dopo un anno di pausa, con la validità di Campionato Italiano ed il Rally Colline dell’Oltrepo valido
per il Trofeo Rally Nazionali. Entrambi questi appuntamenti sono frutto dell’impegno organizzativo dell’Automobile Club Pavia dove, il presidente Siropietro Quaroni, attraverso enormi sacrifici, tiene in piedi una tradizione agonistica delle 4 ruote che pochi altri organizzatori in Italia possono vantare. Ma l’Automobile Club di Pavia, non può e non vuole ignorare una realtà sempre più dilagante sul suolo nazionale, cioè, l’affacciarsi sulla scena agonistica di nuovi organizzatori che operano in modo indipendente fuori del preposto ente. E’ l’inizio dell’abbandono da parte degli Auto Club Italiani del settore sportivo, che in passato li ha sempre visti organizzare in prima persona. Con il rally 4 Regioni che in quel 1986, come nel “lago dei cigni” di Tchaikovsky, danzerà per l’ultima volta e il Colline Oltrepo che vedrà ancora tre primavere prima del definitivo declino, in piazza Guicciardi, sede dell’Autoclub Provinciale, si guarda inizialmente con simpatia a questi “avventurieri” stradellini intenzionati a dare un volto nuovo e dinamico al rallysmo locale. In Aci (già intenzionato a chiudere il 4 Regioni) la nuova proposta giunta dalla Scuderia Alberti, presieduta da Gianenrico Gorini, suona come un po’ come un tocca-
sana, utile a distogliere l’attenzione dall’ormai imminente addio al “mito” dei rally. Nel frangente, l’automobile Club di Pavia sta vicino all’Alberto Alberti e quando questa si presenta con il proposito di dare vita al Rally Città di Stradella, l’ente pavese si assume l’impegno di accompagnare i neonati organizzatori nei loro primi passi sulla scena del teatro rallystico. Il 6 aprile 1986, la gara stradellina apre la stagione agonistica in provincia di Pavia. Si presenta a pubblico e concorrenti come un evento scorrevole, impegnativo e combattuto, tanto che per assegnare la vittoria del primo Rally Città di Stradella iscritto a calendario come rally di seconda serie, si è dovuto ricorrere alla discriminante in base ai tempi fatti segnare sulle prime due prove speciali. Dopo una gara combattutissima, l’esito dell’ultima delle dieci prove speciali in programma ha capovolto completamente la situazione di classifica creatasi in precedenza. I forlivesi Pelloni-Casari con la Fiat 130 Abarth che fino a quel momento si trovavano al comando con un secondo sui vogheresi Fiori-Tizzoni con l’Opel Ascona 400 e con due secondi sugli spezzini Sassi-Tosi con la Golf GT 1600, vengono raggiunti in testa dai due equipaggi con i quali avevano battagliato per tutta la durata della gara. La
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discriminante da ragione ai vogheresi, così Fiori-Tizzoni in gara con i colori del Rally Club Oltrepo sono i primi ad iscrivere il proprio nome nell’albo d’oro di una gara che da subito entra nel cuore degli appassionati e che attraverso numerose migliorie e mutamenti di definizione rimarrà sulla scena agonistica per quasi cinque lustri. Un lasso di tempo notevole nonostante dapprima lo stesso Aci Pavia, sentitosi surclassato da questa nuova realtà organizzativa, e poi, la Federazione stessa, infastidita dal fatto che nei primi anni del nuovo millennio gli organizzatori mettessero in palio un montepremi in denaro e promuovessero eventi collaterali atti a portare miriadi di persone a vivere l’avvenimento, cercassero in tutti i modi di mettere il bastone tra le ruote a questa realtà. Terminata l’epopea della Scuderia Alberto Alberti, in provincia sono stati parecchi gli organizzatori che hanno tentato l’avventura senza però ottenere ne grandi successi ne particolare affetto. Dopo un lungo periodo di calma piatta, grazie all’avvento di veri appassionati ai vertici Aci Pavia, ecco che l’automobilismo in provincia é ripartito grazie allo stesso ente che lo fece ripartire alla fine degli anni Sessanta. Non sarà che la storia si ripete? di Piero Ventura
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Scorzoletta: un’attesa lunga 40 anni, Giorgio Verri si racconta
C’é un vecchio luogo comune in cui si dice che le cose buone arrivano per chi sa aspettare. Pensiamo che questo calzi a pennello per Giorgio Verri, apparso tre anni fa sulla scena agonistica del rallysmo storico. Ingegnere 63enne, nativo della frazione Scorzoletta di Pietra de Giorgi, fin da studente Giorgio é animato da una fortissima passione per il mondo dei rally. Un mondo, che seppure in quella fetta di terra natia gli era alquanto vicino, a dividerlo dal raggiungerlo c’erano però parecchie condizioni meritevoli di priorità: lo studio, il lavoro, la famiglia. Sopperito con ordine e abnegazione agli impegni, ecco che Giorgio si attiva per realizzare un sogno posto nel cassetto anni prima e mai affrontato in precedenza: correre i rally. Nonostante siano trascorsi parecchi anni, da dove arriva tutta questa passione e questa voglia di misurarsi con se stesso e con gli altri sui campi di gara? «La passione per questo sport mi è nata negli anni ’70 attraverso il fascino che il Rally 4 Regioni e il Valli Piacentine sapevano trasmettere, due gare molto vicine a casa, spettacolari e di grande risonanza. Se poi teniamo conto del fatto che Prof. Siropietro Quaroni, da tutti riconosciuto come il papà del 4 Regioni, è stato il mio insegnante all’ITIS di Pavia; come dicono gli inglesi…. “it’s self explanatory”, il tutto non necessita di spiegazioni. A quei tempi avevo un sogno nel cassetto: partecipare al rally delle 4 Regioni con una A112 Abarth. Erano gli anni del trofeo delle “scorpioncine” tanto veloci e tanto ammirate specialmente dai giovani. Era un sogno purtroppo per me irrealizzabile, in quanto non c’erano le possibilità economiche. Pertanto, dapprima, mi sono dovuto accontentare di seguire i rally come semplice spettatore, e poi, per poterlo fare più da vicino, ho svolto il ruolo di Commissario di percorso. Un compito che mi coinvolgeva e anche se in piccola parte, mi rendeva protagonista dell’evento». Come ben sapiamo, le famiglie rappresentano una notevole risorsa per la diffusione dello sport: se è vero che, attraverso la scuola, la maggior parte dei minori può incontrare l’attività sportiva, sono i genitori che permettono a molti ragazzi di proseguirla con il loro fondamentale contributo. Ancora meglio é quando l’interno nucleo familiare si dedica con passione alla medesima attività sportiva. Accade che, qualche anno fa, nella loro piccola officina privata di Scorzoletta, Giorgio, con la collaborazione del figlio Marco (oggi 27enne esperto meccanico), una briosa “scorpioncina” inizia a prendere sembianze corsaiole. è l’inizio della realizzazione del sogno che Giorgio ha custodito per anni chiuso nel cassetto. è un lavoro certosino che lo stesso Giorgio porta avanti sotto lo sguardo compiaciuto della moglie Luisa (da sem-
Marco e Giorgio Verri pre appassionatissima di rally) con l’aiuto, oltre del figlio Marco, anche di Aldo Verdi per quanto inerente ai lamierati e carrozzeria e del motorista Mario Venturini, famosissimo, tra l’altro, per aver reso invincibili negli anni ottanta le Fiat Ritmo del River Team. Così, alla fine del 2014, la bella “scorpioncina”, ovvero la A112 Abarth 70 HP Gruppo 2, é pronta in bella mostra nella piccola rimessa a Scorzoletta, lì a farsi ammirare e a pavoneggiarsi nella sua lucente livrea nero-rossa come la vogliono le migliori tradizioni sportive. Il 14 marzo 2015 giunge il giorno della verità, il giorno del grande debutto per tutti: il debutto della macchina in gara, il debutto di Giorgio in veste di pilota, il debutto di Marco come navigatore del padre e quello di Luisa, come prima tifosa, nonché responsabile del sostento fisico e morale dell’equipaggio impegnato nella competizione. L’Occasione é la sesta edizione della Ronde delle Miniere, un rally che si snoda su tratti memorabili dei colli piacentini. Un rally che termina con Giorgio e Marco Verri e la piccola “scorpioncina” sul secondo gradino del podio di classe tra le vetture storiche. Da quel giorno inizia per Giorgio e il figlio Marco una piccola e piacevole attività agonistica in campo rallystico che li ha visti al via in in otto gare di cui sei portate a termine salendo sul podio. Si costituisce così un equiaggio “padre-figlio”, certamente non raro nell’ambito rallystico, ma che genera sempre alcune curiosità, ad esempio: Com’é dividere l’abitacolo con il pro-
prio figlio? Quali sono le sensazioni e le attenzioni? «Quando sali in macchina – dice Giorgio – e alla partenza, il navigatore, riceve la tabella di marcia, allora entri in un’altra dimensione, non esiste più il rapporto padre-figlio, ognuno entra nel proprio ruolo:quello del pilota e quello del navigatore. L’obiettivo è fare bene e se possibile, raggiungere il risultato. Quando poi la gara termina, indipendentemente dal risultato finale ottenuto, allora ci si scambiano le reciproche opinioni evidenziando a vicenda pregi e difetti, ma poi, la conclusione a cui si giunge è sempre la stessa: l’importante
«Vorrei tanto che i regolamenti e le normative sportive e tecniche fossero meno “draconiane” in modo da favorire e non penalizzare la partecipazione delle storiche ai rally»
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è divertirsi!». Perché ha scelto di correre nelle storiche? «Perché hanno un fascino particolare. Riportano sui campi di gara il vero spirito con cui è nato il rally». Otto gare non sono molte, ma é comunque una piccola ma importante storia agonistica che senza dubbio porta già con sé ricordi belli e brutti. Qual é la gara che fin’ora le ha lasciato il ricordo più bello? «Il più bello – dice Giorgio – é senza dubbio il Rally 4 Regioni del 2015, per due ragioni, la prima, perché finalmente, dopo 40 anni, sono riuscito a realizzare un sogno. La seconda, per il piazzamento: terzi di classe e l’unico A112 giunto al traguardo su 4 partiti». E il più brutto? «Anche in questo caso – racconta Giorgio – é il Rally 4 Regioni, però dell’edizione 2017. Bellissima gara, ci si stava divertendo un mondo. Occupavamo la seconda posizione di classe ed eravamo in piena rimonta, qualdo all’inizio del secondo giro, sulla Pozolgroppo, siamo stati costretti al ritiro». Ha già stilato programmi per il 2018? «Ancora no. Purtroppo i nuovi regolamenti hanno penalizzato parecchio le auto storiche, infatti non possono più partecipare nè alle Ronde nè ai rally Day e questo per noi “privatini” che non possiamo imbastire la nostra stagione esclusivamente su grandi eventi, é alquanto negativo, ci sentiamo trascurati. L’unica regione che offre ancora qualche possibilità è il Piemonte, detto questo, vedremo di pianificare qualcosa più avanti nella stagione». Hai un sogno in campo rallystico? «Sì. Più che un sogno é un desiderio; vorrei tanto che i regolamenti e le normative sportive e tecniche che gestiscono questo sport, fossero meno “draconiane” in modo da favorire e non penalizzare la partecipazione delle storiche ai rally». Siamo in chiusura della nostra chiacchierata, ritiene doveroso ringraziare qulacuno? «Certamente, vorrei ringraziare anzitutto mia moglie Luisa e mio figlio Marco per i bei momenti di vita e di sport che mi regalano. Poi, ovviamente, tutti coloro che con il loro lavoro, con i loro consigli e con il loro supporto, anche solo morale, hanno reso possibile che si avverasse questo mio sogno. Un grazie particolarmente grande va a quattro personaggi che ritengo speciali: Aldo Verdi, mago delle lamiere; Mario Venturini, genio dei motori, Angelo Lanati, maestro della meccanica e in fine, ma non ultimo, al carissimo amico Giuseppe Fiori, presidente della nostra scuderia Piloti Oltrepo, sempre attento ai suoi “ragazzi”».
di Piero Ventura
FANTAPERIODICO
il Periodico News
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Terremoto in vetta: Winking Broni Team è primo, Fantaforanza fuori dal podio Per Niccolò Milanesi la colomba è arrivata in anticipo e l’ha portato ad approdare al primo posto. Il fantallenatore dei Wiking Broni Team aveva già avuto il fausto presagio dalla stella cometa, infatti a dicembre dichiarava: “Spero di sorpassarlo il prima possibile”. A scontare il volere delle stelle è stato il Tia FC che capitombola al secondo posto… poco male, peccato per il primato! I Parpajon di Matteo Travini sentono il rombo delle cannonate di Manuel Cobianchi avvicinarsi a minacciare il terzo posto. Anche la Portalberese ringrazia il fantallenatore del D.A. Mara Villa! Chiara Caniatti, la quota rosa del podio, questo mese scivola al sesto posto, si vocifera a causa dei tacch…etti! Il mister Giovanni Bruni, dei jb#1, esce dal tunnel e la luce della top 20 quasi lo acceca, ma non si abbatte e scambia due parole con il fantallenatore del POLENTONE100 Fabio Decontardi che, malgrado qualche acciacco, rientra tra i primi 20. Per il resto della classifica c’è chi scende e c’è chi sale, misto sabbia per non slittare,guadagnano posizioni il Team Hollewood di Riccardo Chiodi e Hellas Torrazza di Stefano Pugliano. Scendono in graduatoria il Drughese di Alessandro Piacentini , il dominik di Simone Domenichetti e Gli Asteriscati di Gianluca Gatti. Gli equilibri non vengono intaccati, più di tanto, ma mancano ancora molte giornate alla fine del campionato. Rimanete sintonizzati con i canali de Il Periodico News per saperne di più e “quatev su”! di Sandro Alberti Classifica del Fantaperiodico al 28 di Febbraio