Il Periodico News - AGOSTO 2021 N°166

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Tragedia di Voghera: “parola turna indrè”

Anno 15 14 - N° 160 166 DICEMBRE AGOSTO 2021 2020

di Antonio La Trippa

RIVANAZZANO VOGHERA: AURELIO TERME: tORRIANI INTERVISTA a romano ferrari

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«Dopo 10 anni di amministrazione Barbieri, serve una buona politica di confronto» DON GIANLUCA VERNETTI

Pagine 12 e 13

«Non mi piace l’appellativo “Chef”, cuoco è più che sufficiente» SANTA MARGHERITA STAFFORA

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parabola dell’Apollo 13, «Alla Nasa non serviva più, io l’ho portata qui» STORIE DI RALLY

DI MARIO PERDUCA

Giorgio Buscone: «Carrozzieri? No grazie»

Paginapagina 15 17

«Vigo ha fatto bene la sua parte, il massimo rispetto»

«Forse il vero sindaco di Voghera è un’altra donna, e non Paola Garlaschelli»

«Diventare Vescovo? Assolutamente no, mancano i preti, non i Vescovi» godiasco salice terme

RIVANAZZANO CASTEGGIO: GIULIANA TERME: INTERVISTA LA COGNATAa romano ferrari

Cantina di Canneto

La politica vitivinicola dell’Oltrepò Pavese continua a fare acqua (non vino) da tutte le parti di Cyrano De Bergerac

«Penso sia la volta buona per il rilancio di Riccagioia, o almeno me lo auguro»

Editore



ANTONIO LA TRIPPA

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Tragedia di Voghera: “parola turna indrè” Si potrebbero scrivere fiumi di parole che però - purtroppo - sono già state ampiamente scritte. Quanto successo a Voghera con la morte di Youns El Bossettaoui è una tragedia, non ci sarebbe stato null’altro da aggiungere, ma ahimè così non è andata. Ciò che più mi ha colpito è stata la tempestività dei commenti, commenti che con la stessa tempestività, ma non abbastanza per non essere captati dall’occhio attento del web, sono stati poi completamente ribaltati nel loro senso logico. Quasi tutti i più assidui frequentatori dei social e quasi tutti i politici locali e non, hanno commentato subito, appena dopo, durante e alcuni rilasciano dichiarazioni ufficiali ancora oggi, su quella che rimane una tragedia. Molti, anzi troppi, sono partiti con commenti a spron battuto per poi, quando il quadro della tragedia si è un pò più delineato – o sarebbe meglio dire quando hanno capito quale onda sarebbe stata meglio cavalcare – li hanno modificati, chi in peggio, chi in meglio, in base alla propria appartenenza politica o in base alla propria ideologia politica. Quaraquaqua che a parte inverse, per altre situazioni più o meno simili, in Lombardia ed in altre parti d’Italia, hanno commentato in modo diametralmente opposto. Commenti disdicevoli – stiamo parlando di una tragedia – sono usciti da lingue biforcute per poi essere ritrattati e alla fine tutti, anche chi ha acceso il fuoco con dichiarazioni fuori dal comune buon senso, ora invoca la calma. Personaggi patetici che per la loro fazione del momento diventano faziosi, andrebbero compatiti, invece parlano e vorrebbero pontificare. Personaggi patetici!

Forse val la pena per i cittadini oltrepadani di buon senso fare una cernita delle persone con cui si decide di andare a prendere un caffè e soprattutto ricordarsi, nel momento del voto di questi personaggi patetici che non avranno vergogna di ricandidarsi chi per l’ennesima volta chi per la prima. Per capire chi sono basta rileggere i loro commenti e le loro dichiarazioni. di Antonio La Trippa


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LETTERE AL DIRETTORE

AGOSTO 2021

Operatori sanitari, «Una beffa per chi si vaccina» Gentile Direttore, sono un’infermiera e lavoro ormai da trent’anni nell’ospedale di Voghera. Dunque, non sono più giovanissima. In questi giorni assisto, non senza sgomento e tristezza, al dibattito sul personale sanitario che non si è vaccinato contro il Covid-19 e che non lo vuole proprio fare. Non è questa la sede per entrare nel merito dell’obbligo morale, prima ancora che professionale, da parte di chi fa il mio lavoro, di proteggere se stesso e gli altri. E non è questa la sede per iniziare una discussione sulla sicurezza e l’utilità dei vaccini, anche perché credo che di fronte al fanatismo nessun ragionamento regga. Quello che mi preme dire, invece, è la modalità di applicazione della legge sull’obbligo vaccinale per il personale sanitario, a mio giudizio una beffa. Per chi non si vaccina, è prevista una sospensione dal servizio fino a fine anno, ov-

viamente senza stipendio, oppure lo spostamento ad altre mansioni che non prevedono contatti con gli assistiti. Questa ultima modalità, almeno in base a quanto dichiarato da chi è ai vertici della sanità regionale, sembra essere quella più probabile. Allora io, che sono vaccinata da gennaio, continuo ad essere infermiera in reparto, con turni di giorno e di notte, spesso massacranti. E la mia collega, invece, viene spostata in qualche ufficio in cui, senza competenze specifiche, altro non farà che attendere beatamente senza turni e notturni la fine dell’anno, per tornare poi in corsia. Intanto io, e noi tutti, continueremo a curare i malati con senso di responsabilità, coprendo anche i turni e i carichi di lavoro di chi non si è vaccinato e si «riposa» con altre improvvisate mansioni. Vi sembra giusto? Lettera Firmata - Voghera

LETTERE AL DIRETTORE

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Altro che panchine e sorrisi: siamo in mano a baby gang Alla Cortese attenzione del Direttore, bisogna rallegrarsi se ai nostri giorni esistono ancora persone che vivono fuori dalla realtà, immaginando un loro mondo, con sorrisi e fiori, ma che purtroppo è solo nelle loro fantasie. Beati loro! Torniamo alla realtà, dove sia in centro sia in periferia, nelle piazze come nelle vie, il territorio vogherese è completamente nelle mani di baby gang, delinquenti vari e spacciatori 24 ore per 7 giorni, essendo che lo Stato è di fatto impotente a garantire la sicurezza e la magistratura impegnata a scarcerare. Per due venerdì sono andata a Salice Terme intor-

no a mezzanotte, non a notte inoltrata, per prendere mia figlia sedicenne ed ho assistito a scene da far west all’esterno di uno dei più noti locali del parco. Sono arrivate auto dei Carabinieri e Polizia, ma non hanno potuto far più di tanto, essendo la maggioranza dei coinvolti minorenni. Tanto vale imporre, Covid o non Covid, un coprifuoco permanente e diradare il più possibile tempi e spazi della nostra socialità per sentirci infine più sicuri ma, temo, anche più soli. Altro che fiori e panchine. Marisa Alberti - Voghera

Troppe buche sulle strade, ho nostalgia degli antichi Romani Egregio Direttore, mi piacerebbe vivere al tempo dei Romani. Costruzioni belle, grandi, resistenti. Strade diritte, lunghe e senza buche. Tutte le volte che percorro le nostre vie mi chiedo chi siano i responsabili di tutte queste inefficienze, di tutte queste buche, di tutti questi avvallamenti. Mi domando se i politici che percorrono le nostre carreggiate conoscono il codice della strada. Mi interrogo sul come sia possibile vivere in un Oltrepò bello come il nostro e avere arterie sotto sopra, sia da nord a sud che da est a ovest. Che si parta da Stradella e si arrivi fino a Voghera è evidente l’incapacità di Provincia e Comuni in tema di manutenzione della viabilità. In questo periodo, a peggiorar le cose, sono presenti in ogni dove, lavori di escavazione per l’installazione di vari impianti. Non so se sono cantieri per posizionamenti elettrici, idraulici o connessioni internet. Fatto sta che in ogni angolo ci sono rotture stradali che successivamente vengono rattoppate alla meno peggio creando così buche, av-

vallamenti e pericolosità. È inutile fare un elenco delle vie, è sufficiente uscire di casa. Abitando a Casteggio, posso prendere ad esempio la strada che porta a Voghera, che dopo la chiusura parziale di vari mesi, ora presenta una percorribilità non degna. Un insieme continuo di buche e avvallamenti che creano un danno sociale non indifferente. Non parliamo poi della sicurezza. Il codice della strada prevede una serie di obblighi, ma su tantissimi tratti di strada sono inesistenti. Mi chiedo se sia corretto che chi utilizza il suolo pubblico lo debba lasciare in quello stato. Chi paga i danni di tanto scempio? Quando vedo certe distorsioni, capisco il motivo per cui, dall’avvento della tecnologia computerizzata, il quoziente d’intelligenza umano sia diminuito. Bravi gli antichi Romani che sono riusciti a costruire bellissime strade, sbaragliando in competenza, l’ingegneria moderna. di Claudio Nascimbene - Casteggio


CYRANO DE BERGERAC

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Cantina di Canneto: la politica vitivinicola dell’Oltrepò Pavese continua a fare acqua (non vino) da tutte le parti La vicenda in cui si dibatte da mesi la Cantina sociale di Canneto Pavese è l’emblema di un profondo e irrisolvibile malessere che affligge un settore e con esso 150 soci viticoltori che si apprestano a una vendemmia 2021 in bilico, con tanti soldi in arretrato che forse non arriveranno più. Gli incontri che si sono svolti nel corso dell’ultima settimana di luglio e nei primi giorni di agosto con i soggetti interessati alla gestione della cooperativa oltrepadana, infatti, non sono stati sufficienti a concludere la trattativa in maniera positiva. Mentre andiamo in stampa si tratta con i vertici di un grosso gruppo vitivinicolo di fuori regione, che dovrebbero rivelare i loro piani e la loro volontà o meno di avviare una partnership con Canneto. La Cantina di Canneto, che ora sembra il Titanic che affonda, aveva cercato nei giorni scorsi una collaborazione con Torrevilla che sulle prime, per bocca del suo presidente Massimo Barbieri, aveva annunciato che non c’erano le condizioni per la collaborazione. L’unica speranza per far ripartire la trattativa con questo soggetto interno al territorio è quella di mettere sul tavolo le garanzie commerciali che Torrevilla vorrebbe per riuscire a vendere il vino ritirato da Canneto. Si è detto che a giocare contro è anche il tempo, visto che ormai la vendemmia è alle porte e, se non si riuscirà a organizzare i conferimenti delle uve, i soci non sapranno dove portare il raccolto. In tutta questa vicenda il Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese e l’assessorato Agricoltura di Regione Lombardia sembrano, nel percepito e nel pratico, forza assente. Sembra quasi che nella terra del monopolio di Terre d’Oltrepò, alla politica importi

poco la storia e l’identità di una cantina che ha sempre rappresentato un’alternativa per i viticoltori di una vasta e vocata porzione di territorio vitivinicolo oltrepadano. La Cantina di Canneto, da sola, dovrà anche affrontare una gravosa crisi finanziaria: oltre a ritirare il vino sfuso in giacenza, per far posto ai mosti della vendemmia 2021, il partner dovrebbe garantire l’acquisto delle uve 2021 per dare garanzie ai soci, molti dei quali devono ancora ricevere i pagamenti dei conferimenti arretrati di due o più vendemmie. La speranza dei vertici della cantina è di

riuscire a chiudere la questione in pochi giorni, in modo da riuscire ad informare i soci dello sviluppo delle trattative. I numeri colpiscono: circa 40mila quintali di uve da conferire, per un valore di 2 milioni di euro, inoltre la cooperativa ha i serbatoi ancora pieni di vino sfuso e circa 6 milioni di debiti verso i soci conferitori: 5 milioni della vendemmia 2019, che saranno pagati in 5 anni a partire da marzo 2022 e 800mila ancora da pagare per la vendemmia 2020. In questi ultimi mesi, comunque, la cantina ha continuato a lavorare e dal 2 luglio è partito un importante contratto in Norve-

gia, con il posizionamento di una Barbera Igt su oltre 200 scaffali di punti vendita del Paese scandinavo. L’azienda prova ad andare avanti ma dal mondo politico e vitivinicolo locale il silenzio è assordante, in barba al principio della sussidiarietà che dovrebbe ispirare la cooperazione e del prestare aiuto a un territorio ferito che dovrebbe guidare le scelte politiche. “Le solite lobby”, dicono nei bar di Santa Maria della Versa. di Cyrano de Bergerac



VOGHERA

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«La città, dopo 10 anni di amministrazione Barbieri, ha bisogno di tornare a una buona politica di confronto» Aurelio Torriani, conosciutissimo medico di famiglia della cittadina iriense, a partire dagli anni ‘80 inizia, con passione, un percorso politico che lo porterà dal 2000 al 2010 a ricoprire il ruolo di Primo Cittadino vogherese per due tornate amministrative. Dieci anni di governance della città da molti ricordati come vincenti e innovativi. Avversario “in casa” Forza Italia del successore Barbieri, disfida che culminerà con una quasi scissione partitica alle Amministrative 2015, è tornato a ricoprire importanti incarichi all’interno della Giunta Garlaschelli. è assessore al Bilancio, Tributi, Economato e Osservatorio Sanità e Covid Torriani lei è l’attuale assessore al Bilancio del Comune di Voghera. Come ha trovato “i conti” del Comune al momento della sua nomina? «In equilibrio malgrado le difficoltà». Quali sono state le maggiori criticità che si è trovato ad affrontare? «Minori entrate, quindi minori possibilità di distribuire, come avremmo voluto, ristori agli operatori dei settori maggiormente colpiti dalla crisi economica e alle famiglie». Quali sono le azioni e/o soluzioni più significative messe in campo? «Il contesto finanziario che ha caratterizzato l’inizio del nostro mandato è stato determinato dall’emergenza sanitaria che ha causato effetti negativi sull’economia del Comune e dell’intera comunità vogherese. È stato necessario salvaguardare gli equilibri di bilancio del Comune come strumento per attuare le politiche sociali di sostegno economico alle famiglie e alle piccole e micro-imprese della nostra città. Le risorse trasferite dallo Stato e dalla Regione per fronteggiare l’emergenza sanitaria ed economica sono state gestite con visione sia di breve periodo sia valutando gli scenari che presumibilmente si sarebbero manifestati a più lungo termine. Abbiamo dovuto monitorare le minori entrate per attuare manovre di compensazione con i trasferimenti erariali e sono state razionalizzate le spese indispensabili. Il Bilancio è stato, e continua a essere, gestito con un’attenta e costante monitorizzazione secondo la nostra programmazione e secondo i flussi di entrata e di spesa, garantendo equilibrio finanziario e pagamenti puntuali ai fornitori alle scadenze stabilite come supporto alle attività imprenditoriali in questo momento così difficile per l’economia. Da inizio mandato sono state prese contromisure di sostegno sociale ed economico per la nostra collettività, che si possono così riassumere: da novembre sono stati stanziati fondi per buoni alimentari e distribuzione generi alimentari, attraverso

la Caritas, per 211mila euro. Abbiamo ridotto del 50℅ i canoni di concessione impianti alle società sportive ed erogato contributi pari a 30mila euro alle famiglie a basso reddito per l’acquisto di strumenti informatici necessari per la didattica a distanza. Abbiamo istituito un fondo di 100mila euro destinato alle micro-imprese che hanno subito una riduzione del fatturato durante la pandemia». Tasse. Previsti aumenti o diminuzioni? «Da inizio 2021 abbiamo previsto interventi per agevolazioni della tassa rifiuti del 15℅, 25℅, 45℅ e 60 ℅ della parte variabile per le utenze non domestiche che stanno subendo effetti negatiAurelio Torriani, assessore al Bilancio, Tributi, Economato vi a seguito dei prove Osservatorio Sanità e Covid vedimenti governativi Il Comune di Voghera è, dal suo punto di di chiusura o di limitazioni delle attività vista, una macchina che funziona bene? produttive per il contenimento diffusione«Il comune di Voghera, anche grazie ai Covid. Inoltre abbiamo previsto agevolasuoi dirigenti e dipendenti, è una macchizioni per la tassa rifiuti 2021 riducendo na che lavora bene. Per quanto riguarda i del 40℅ la parte variabile alle famiglie già Servizi Finanziari, sono diretti in modo enbeneficiarie del bonus sociale per energia comiabile dalla dottoressa Filippi, e ciò mi elettrica, gas e acqua, e per tutti quelli lascia assolutamente tranquillo». che acquisiranno i requisiti del bonus per Lei ha un assessorato “nuovo” figlio dell’anno 2021 (disoccupati e cassa integrala pandemia, definito “Osservatorio Sati), nonché per i nuclei familiari diversi nità e Covid”. Ci spiega in che cosa condai precedenti con ISEE non superiore ai siste esattamente e qual è il suo ruolo? 10mila euro. «La delega all’Osservatorio Sanità e Covid Abbiamo destinato 263mila euro come dell’Ottobre 2020 era dai più considerata buono spesa straordinario per famiglie in una grossa rogna. Ma con il mio lavoro di difficoltà economica e contributi straordicostruzione dei rapporti con ATS - nella nari, pari a 25mila euro, a sostegno delle figura della Dottoressa Azzi e con ASST, società sportive. E un’ulteriore riduzione, con il Dottor Gozzini, con il mondo del vosempre a favore delle società sportive, del lontariato (Protezione Civile, CRI, MMG, 75℅ per i canoni di concessione impianti Auser, Rotary e Lyons) e soprattutto con sportivi comunali. Abbiamo istituito un la mia insistenza nell’identificazione fondo di ulteriori 150mila euro a favore dell’hub vaccinale presso il centro Auser, di micro-imprese del territorio che hanno è stato possibile far un buon lavoro, oggi subito riduzioni del fatturato causa pandeil centro vaccinale di via Cignoli è divenmia». tato un centro di riferimento per migliaia Il Comune di Voghera ha messo in vendi persone di tutto il territorio, un fiore dita numerosi immobili di proprietà. all’occhiello per la città di Voghera e una Come sta andando e, soprattutto, quale dimostrazione di grande collaborazione». ritorno economico vi aspettate? Com’è oggi la situazione in città da un «Con il programma delle alienazioni mespunto di vista di contagi? so in atto dall’assessore all’urbanistica «La macchina delle vaccinazioni proceTura ci aspettiamo di rimettere in positide al ritmo di circa 900 dosi inoculate al vo l’aspetto delle entrate. Già a oggi sono giorno, di conseguenza migliora in città la state venduti 8 lotti su 10 del PIP di via situazione dei contagi». Nenni».

Che Forza Italia ha trovato a un anno dal suo rientro nel partito? La mancanza di figure politiche di un certo peso si è fatta sentire? «La città, dopo 10 anni di amministrazione Barbieri, sente la necessità di tornare alla governance dei partiti, a una buona politica di confronto tra i partiti stessi e a una dialettica interna che non potrà fare altro che portare buoni frutti. Basta con i governi di gruppi di potere! La città ha bisogno di buona Politica con la P maiuscola». Lei è stato sindaco per due legislature, ha fatto parte della minoranza e oggi della maggioranza. Ha visto e vissuto la città in ogni sua sfacettatura. Come e dove è cambiata maggiormente Voghera in questi 20 anni? «Come è cambiata Voghera in questi 20 anni basta fare un confronto tra i miei 10 anni durante i quali Voghera era veramente capitale dell’Oltrepò con la realizzazione di importanti infrastrutture, per citane alcune: la Centrale Energia Elettrica, l’ASP Pezzani, l’Università di Scienze Motorie con il Centro di Medicina dello Sport, il PalaOltrepo, il Centro culturale attrezzato (Castello, piazza Castello, via Cavour, piazza Duomo, Teatro Sociale con progetto definitivo pronto, Centro Anfass per disabili di Medassino, via Emilia completamente rifatta, ASM trasformata da azienda municipale in società Multiservizi sovra regionale con molti asset, etc. etc. etc. Il confronto con i 10 anni successivi dove è sparita la buona Politica sarebbe impietoso». Da medico in pensione è stato richiamato come volontario per svolgere la mansione di medico di base al Brallo, che ne era sprovvisto. La carenza dei medici di base rimane un grosso problema in Oltrepò. Cosa si sta facendo in tal senso? «Quando ho accettato di fare il medico di base al Brallo, su richiesta di ATS, l’ho fatto sì per volontariato, ma anche per sottolineare la drammatica situazione degli ambiti carenti (paesi, ma anche città ormai senza medici) frutto di una politica miope e di un carico di lavoro, soprattutto burocratico, che ha trasformato il gratificante lavoro del medico di famiglia in un impegno gravoso. Abbiamo bisogno di una riforma razionale del lavoro del medico di famiglia, trasformandolo in una piccola equipe, con personale sanitario e amministrativo, lasciando libero il medico di curare il paziente».

di Silvia Colombini


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voghera

AGOSTO 2021

«Forse il vero sindaco di Voghera è un’altra donna, e non Paola Garlaschelli» Le ultime settimane, a partire dal tragico evento di Piazza Meardi, hanno segnato profondamente la città di Voghera. Il dibattito politico è stato rovente e divisivo: c’è chi ha minimizzato l’accaduto, e chi ha cercato di trarne vantaggio. Alla fine in molti hanno sentito la necessità di proferire la propria opinione. Onestamente, per la maggior parte dei casi se ne sarebbe potuto benissimo fare a meno. Ma nel tempo dei social chiunque, indipendentemente dalla bontà o meno delle proprie idee, si sente un oracolo. È risaputo. Tanto più chi barcolla abitualmente sulla linea sottile dell’analfabetismo funzionale. Purtroppo gli eventi tragici acuiscono – lo abbiamo visto – i deliri di questi soloni. Ma ci sono anche esponenti autorevoli nella politica cittadina, e fra costoro c’è senza dubbio Ilaria Balduzzi, capogruppo del Partito Democratico. La quale, come prevedibile, dal suo punto di vista non le ha certo mandate a dire alla sindaca Garlaschelli durante l’ultimo Consiglio Comunale. Nel gioco delle parti fra maggioranza e minoranza Balduzzi si è anzi collocata su una “direzione ostinata e contraria” (si rilegga al proposito “Smisurata preghiera” di Fabrizio De André) che altre forze politiche hanno soltanto accarezzato o magari pensato addirittura di scavalcare. Nel consiglio comunale andato in scena dopo la sparatoria di Piazza Meardi lei ha parlato di “totale fallimento” dell’amministrazione Garlaschelli. Perché? «Come ho ribadito in Consiglio Comunale, questo fatto tragico di cronaca, che ha anche risvolti amministrativi e politici, ha fatto emergere il totale fallimento di questa amministrazione. Si è detto che l’assessore Adriatici tanto ha fatto per la città... Cosa? Gli immigrati bivaccavano in Piazza San Bovo: sono state tolte le panchine, ma non è stata risolta la situazione. Una singola clochard mendicava sotto i portici del Duomo: le è stato impedito di farlo con un DASPO, e lei si è spostata in via Emilia. Con questi interventi, negli ultimi mesi la sensazione di sicurezza percepita in città non è affatto migliorata. Anzi: è peggiorata, anche per via della crisi che ha portato con sé la pandemia». Non solo a Voghera. «Questo ha colpito tutte le città in tutto il mondo, certo; ma forse ci si doveva e ci si deve interrogare su quale sia il reale grado di pericolosità di Voghera rispetto ad altre città dotate delle stesse dimensioni e caratteristiche. Scopriremmo che magari qui non è quel Bronx che appare oggi, e che se fossero seguiti e protetti adeguatamente quei dieci - facciamo venti - casi di persone in difficoltà (magari anche malate, come in questo caso), la situazione perce-

Ilaria Balduzzi

pita potrebbe migliorare notevolmente. Allora arriviamo al punto: il fallimento non è solo quello dell’assessore alla sicurezza, ma riguarda certamente anche altre componenti.» Mi faccia qualche esempio. «Pensiamo alle politiche sociali e sanitarie. L’assessore ai servizi sociali Federico Taverna conosceva Youns? Cosa ha fatto in questi mesi affinché non accadesse tutto ciò che è accaduto, togliendo dall’impaccio il proprio collega di giunta che si è sentito investito direttamente della responsabilità di assicurare la giustizia in città? Cosa ha fatto per rendere efficaci i TSO a cui Youns è stato sottoposto e perché le cure potessero costituire per lui una via d’uscita? E soprattutto: in generale cosa ha fatto per sostenere, anche economicamente, le forze del volontariato, essenziali nel loro operare sociale? E per assicurare “alloggio” a chi oggi, suo malgrado, vive o dorme per strada? E per implementare i servizi sociali così da far fronte a situazioni di malattia, disagio e povertà ma anche alle nuove difficoltà emergenti, createsi a seguito della crisi economica, psicologica e sociale post pandemia? Veniamo poi all’assessora indagata per voto di scambio, Francesca Miracca.» Qual è il suo punto di vista in merito alla vicenda giudiziaria che la vede coinvolta? «Siamo tutti garantisti e fiduciosi nell’operato della giustizia, però due assessori indagati per reati gravi riguardanti la persona e la Pubblica Amministrazione nel giro di nove mesi (e magari non è finita qui) mi sembrano oggettivamente un po’ troppo. Si può pensare che sia sfortuna, ma dietro ci sono decisioni precise: l’appartenenza, sarà casuale, allo stesso partito politico, la Lega; oppure l’incapacità

di alzare la testa verso decisioni prese da altri ed altrove. Dalla sindaca, in risposta a tutto quanto accaduto, soltanto il silenzio. Nessun ritiro delle deleghe. Nessuna dimissione, nemmeno fino al chiarimento dei fatti. Non è tranquillizzante che chi sia indagato per voto di scambio gestisca i bandi e l’assegnazione di contributi economici alle attività produttive e commerciali post-Covid. Soprattutto ci si aspetterebbe che se, nonostante tutto, si continui ad esercitare il proprio ruolo pubblico, lo si faccia con onorabilità e dignità e magari un pochino sottotono finché non si chiariscano i fatti. E invece cosa succede? Che, sebbene nell’esercizio della propria attività professionale di locandiera, l’assessora venga colta nel proferire parole che inneggiano alla violenza armata e alla guerra civile, alla vigilia di una giornata dove di tutto c’era bisogno fuorché di agitare animi e folle. Parole smentite dalla diretta interessata. Tuttavia, ad oggi, mi risulta che il giornalista non sia querelato. E la sindaca? Si dissocia non dalle parole fuori luogo pronunciate dalla sua assessora ma da quanto riportato su “Il Foglio”.» Torniamo al merito della sua affermazione circa il “fallimento” di questa amministrazione... «Se a tutto quanto detto finora si aggiungono fatti senz’altro minori ma comunque indicativi di un certo modo arrogante e autoritario ma non autorevole di fare politica (penso alla manifestazione non autorizzata di FDI all’interno del Comune, alla modifica della viabilità in Piazza Duomo non comunicata, alla mobilità volontaria del Comandante dopo 20 anni di onorata carriera, agli incidenti istituzionali nella convocazione del Tavolo per l’Ordine e la Sicurezza, alla dichiarazione parziale dei redditi della Sindaca ai fini della trasparenza, allo

spegnimento di microfoni della minoranza durante lo svolgimento a distanza del Consiglio, alla mancata adesione alla Task Force della Questura sulla parità di genere, alle dichiarazioni dell’assessore ai Lavori Pubblici irrispettose dei cittadini - per carità, bazzecole al confronto di quanto successo poi) si comprende il totale fallimento di questa amministrazione.» Cosa dovrebbe fare secondo lei Paola Garlaschelli? «Il mio punto di vista e quello del PD è che la sindaca, seppur supportata da esponenti politici anche di alto livello che minimizzano la situazione e la rincuorano, dovrebbe prendere atto del totale fallimento personale e politico e dimettersi unitamente alla sua Giunta. Meglio tornare alle urne, sebbene non sia trascorso nemmeno un anno dalle elezioni: i fatti accaduti sono gravissimi, tali da giustificare altrettanto gravi decisioni e provvedimenti, se si ha cuore il bene della città.» Fra le minoranze in consiglio comunale si fatica spesso a registrare unità di vedute. Non ha fatto eccezione la gestione del caso Adriatici. C’è chi ha richiesto le dimissioni della giunta, chi ha proposto di allargare la compagine di governo, chi si è mostrato un po’ più cauto. Insomma, un caos. Se davvero la sindaca in un attimo di sconforto avesse deciso di dimettersi, dall’altra parte non ci sarebbe stata un’alternativa. Cosa si sente di dire al proposito? «Questa è un’amministrazione che, al di là di considerazioni molto personalistiche e anche egoiste delle varie parti politiche sull’essere pronti o meno ad affrontare nuove elezioni, è un’amministrazione che ha fallito. Quindi, deve andare a casa. Gli altri ex sindaci (che peraltro io e la mia parte politica abbiamo sempre criticato, essendone stati all’opposizione) non erano mai arrivati così in basso. Mi verrebbe da dire che chiunque saprebbe fare meglio di ora. Ostinatamente si cerca di difendere questa amministrazione che ormai di difese non ne ha più. Lo dico anche con un pochino di dispiacere, perché dalla prima donna sindaca di Voghera mi sarei aspettata molto di più. Soprattutto dal punto di vista delle relazioni con la città, in termini di trasparenza e in termini di umanità, nel campo del sociale. Probabilmente perché il vero sindaco di Voghera è un’altra donna, e non Paola Garlaschelli. Non dico queste cose per interesse personale (visto che questa vicenda mi ha così profondamente segnato tanto da spingermi a fare attente valutazioni circa il ruolo di amministratore pubblico), né per interesse del PD di cui faccio parte e che non è certo la forza politica di maggioranza in città.


VOGHERA Lo dico perché è giusto che i vogheresi giudichino l’originale anziché la copia, perché la copia mal consigliata ha fallito e perché dopo questa gestione fallimentare serve un rilancio economico, sociale, solidale e sicuro della città.» E gli altri membri della Giunta? Mi sintetizzi il suo punto di vista generale. «In linea generale manca a questa amministrazione – ma in particolare alla giunta, che ne è il braccio esecutivo – la capacità di condivisione. Ho sentito spesso parlare assessori di provvedimenti attribuendone la responsabilità ad altri assessori. Per esempio, a proposito della chiusura di piazza Duomo, qualcuno ha affermato: “È stata un’iniziativa di Adriatici”. Ma tutti i provvedimenti che escono dalla Giunta dovrebbero essere ampiamente condivisi da tutti i membri. Quello che secondo me emerge a neanche un anno di distanza dall’insediamento è che non si è riusciti a creare questo carattere di condivisione. Ecco perché la richiesta di dimissioni della sindaca. Non ha saputo gestire questi assessori che in molti casi non si sono dimostrati all’altezza e sembrano agire in maniera scoordinata e anche un po’ personale.» Lei non è mai stata tenera nei confronti della Giunta iriense; attaccandola - dobbiamo dirlo - su temi concreti e non per partito preso. Per esempio: la chiusura del Ponte Rosso. So che lei ha seguito quasi quotidianamente i lavori... «È vero, ho seguito quotidianamente già prima dell’inizio dei lavori la vicenda, grazie allo strumento dell’interpellanza e stimolando l’amministrazione sul tema, anche se è servito a poco. A maggior ragione ho continuato ad occuparmi di questo intervento soprattutto con l’evolversi della situazione. Peraltro è stato annunciato che i lavori finiranno con alcuni giorni di anticipo; questa mattina (giovedì per chi legge) tuttavia sono passata lì davanti ed erano ancora in corso di esecuzione. In ogni caso, l’anticipo sulla fine dei lavori sembrerebbe essere stata resa possibile

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non da un merito dell’assessore ai lavori pubblici, ma di altri assessori diversi da quello alla partita. Sta di fatto che anche in questo caso la gestione della sicurezza, che inizialmente era ancora in carico all’assessore Adriatici, non è stata all’altezza della situazione. Ancora stamattina sono rimasta imbottigliata in una fila di persone che doveva girare da Strada Grippina verso Voghera e io sono stata l’unica a seguire il percorso obbligato verso la rotonda, mentre tutti hanno aspettato (magari anche molto tempo) per poter girare a sinistra, in barba ai divieti e causando code. I divieti, comunque, non sono molto chiari: dovevano essere forse installate indicazioni migliori, oltre a delle barriere che impedissero di intraprendere percorsi diversi da quello previsto verso la rotatoria. Al di là del fatto che questo percorso obbligato verso la rotonda è stato un palliativo: sarebbe stato più opportuno pensare ad una mini-rotatoria provvisoria all’uscita della Strada Grippina. Anche in questo caso, comunque, la gestione della vicenda è stata veramente scoordinata. Penso anche ai tempi dell’appalto (dall’aggiudicazione allo svolgimento dei lavori). Non è pensabile che un nodo così importante della viabilità cittadina rimanga prima limitato e poi bloccato per mesi. Anche se si tratta di mesi estivi, stiamo parlando comunque di un periodo molto lungo. Un’altra considerazione riguarda i risarcimenti che erano stati promessi alle attività economiche situate oltre il Ponte Rosso in considerazione del disagio subito; ad oggi ancora nulla è stato non solo fatto, ma nemmeno comunicato circa le modalità di attuazione di questo intervento, che quindi non sappiamo se rimarrà soltanto una promessa o se verrà realizzato.» Fra gli altri temi che lei ha messo sul tavolo di recente c’è la mancata partecipazione del Comune di Voghera ai Progetti Emblematici Maggiori di Fondazione Cariplo, che in passato erano stati forieri di finanziamenti importanti per la città (ricordiamo il Teatro Sociale, in corso di

ultimazione). Un treno perso? «Sicuramente un treno perso. Questa amministrazione, e in particolare la sindaca, si va tanto vantando di una certa capacità di progettazione che però al momento non è supportata da prove tangibili. Alla prova dei fatti mi sembra che non si stiano gettando grandi speranze nel futuro. Penso anche a tutti i finanziamenti che il PNRR potrebbe portare (seppure in maniera minore) anche ai comuni: il fatto di non aver saputo consolidare una capacità di progettazione sugli “emblematici”, che ormai sono progetti conosciuti da tempo (soprattutto nella nostra area), non fa ben sperare per le opportunità che potrebbe portare il futuro. Bisognerebbe vedere se manca la capacità di progettazione o se, ancor più grave, mancano le idee.» La carica di assessore alla sicurezza al momento è vacante, avendo la sindaca avocato a sé le funzioni in precedenza assolte da Adriatici. A quale identikit dovrebbe rispondere la figura del suo erede? «Probabilmente anche su questo abbiamo idee e – oserei dire, in questo caso – ideali ben diversi. L’assessore precedente era stato scelto per le sue qualità, ed era stato anche “pubblicizzato” per la sua fama di “sceriffo”, che poi si è tristemente realizzata. Quello che pensiamo io e la forza politica cui appartengo è che sia necessaria un’integrazione fra la sicurezza e il sociale: un giusto amalgama fra il dovuto rispetto delle regole (e ci mancherebbe: siamo in uno Stato di Diritto, e le leggi esistono perché siano rispettate), e nel contempo un’attenzione alle situazioni di disagio. Non si deve arrivare all’uso della coercizione per garantire il rispetto delle regole: ci devono essere operazioni preventive che evitino l’insorgenza di situazioni estreme. Se si arriva alla necessità coercitiva, significa che è fallito il progetto sociale.» Sempre a proposito di sicurezza, quali sono le sue proposte per la città? «Come proposte per la sicurezza e il so-

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Caso Adriatici: «Il totale fallimento di questa amministrazione» ciale senz’altro bisogna incentivare la sinergia fra le forze dell’ordine, che non va intesa come “qualcuno dà gli ordini e altri li eseguono”. Deve essere realizzata una collaborazione effettiva, ciascuno nei propri ambiti di presidio del territorio. Magari anche approfittando di tutta questa attenzione che Voghera ha avuto in questo periodo dall’opinione pubblica per richiedere (come è stato fatto dal consigliere regionale Villani attraverso un’interrogazione) maggiori risorse per la sicurezza della città. È necessario portare questa richiesta anche a un livello nazionale, cioè in Parlamento. Questo non vuole significare che Voghera abbia problemi di sicurezza peggiori di altre città delle nostre dimensioni o di altre città della provincia di Pavia. Però sicuramente è nelle situazioni di emergenza (e in questo caso di lutto, purtroppo) che a volte nascono soluzioni altrimenti insperabili. Mi riferisco anche a una maggiore collaborazione fra le parti in causa; un messaggio che, poi, è quello lanciato anche dai parroci di Voghera nei giorni successivi ai fatti di Piazza Meardi. Una maggiore collaborazione di tutti, delle forze sociali e volontaristiche presenti numerosissime in città, al fine di non arrivare a soluzioni drastiche o addirittura a tragedie come in questo caso, ma prevenire il disagio e “curarlo”.» di Pier Luigi Feltri


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TORRAZZA COSTE

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«Penso sia la volta buona per il rilancio di Riccagioia, o almeno me lo auguro» A Torrazza Coste è periodo di importanti investimenti. Interventi che potremmo definire di portata “storica” per il comune oltrepadano, a cominciare dallo spostamento del municipio nella splendida cornice di Villa Lodi Alessi; oppure dalla sistemazione della “Strada degli Orridi”, da molti anni soggetta a un pericoloso dissesto idrogeologico e interessata da un progetto costato diverse centinaia di migliaia di euro. Nell’incontro che abbiamo avuto con il sindaco Ermanno Pruzzi, tuttavia, il primo argomento all’ordine del giorno è stata la recente svolta relativa al centro di Riccagioia, attesa da tempo da tutto il territorio. La nuova pagina per lo storico centro dell’Oltrepò Pavese racconta di un polo di eccellenza per l’agricoltura 5.0, ossia per la progettazione di quello che sarà il settore primario dei prossimi anni. Il progetto, che prende il nome di “Riccagioia Agri 5.0”, è oggetto di un ampio partenariato pubblico-privato (con l’Ente Regionale per i Servizi all’Agricoltura e alle Foreste a fare da capofila), e può contare sul sostegno scientifico dell’Università degli Studi di Milano e dell’Istituto Tecnico Agrario Carlo Gallini di Voghera. Entrambe le istituzioni, negli scorsi anni, avevano peraltro utilizzato la struttura di Torrazza Coste per allocare alcuni dei loro corsi. Insomma: Regione Lombardia punta sull’agricoltura per far rifiorire il proprio territorio nel periodo post-pandemico. Quella relativa a Riccagioia è una notizia che immagino abbiate accolto con grande soddisfazione a Torrazza Coste. Sindaco Pruzzi, vuole parlarcene? «Riccagioia dovrebbe diventare un importante centro di ricerca legato al settore agricolo, con il compito di creare e offrire alle aziende agricole modelli innovativi, nuove tecnologie, il tutto legato ai principi dell’ecologia. Il centro sarà gestito da una fondazione costituita da E.R.S.A.F. e da imprese private. Parliamo di aziende di importanza nazionale e anche oltre, grandi marchi come Bayer, Tim, Olivetti e altri. Quindi guardiamo al futuro con ottimismo. Penso sia la volta buona per il rilancio di Riccagioia, o almeno me lo auguro. Diventerà un centro importante non solo a livello locale ma anche regionale e nazionale, da quello che si dice. Ne beneficerà sicuramente tutto il comparto agricolo, ma non solo.» Parliamo dei lavori pubblici che sta mettendo in campo la sua Amministrazione. Iniziamo dalla strada per gli Orridi di Sant’Antonino, interessata da un grave dissesto idrogeologico. Una storia, quella di questo intervento, iniziata diversi anni fa – e che finalmente sta vedendo la conclusione. Per chi non lo sapesse, ricordiamo che la strada degli Orridi, oltre a rappresentare un punto di pas-

Ermanno Pruzzi, sindaco di Torrazza Coste al suo terzo mandato

saggio importante verso le frazioni collinari, rappresenta anche una grande attrazione sotto il profilo paesaggistico e naturalistico. Ma soprattutto è l’esemplificazione palese di un territorio estremamente fragile: la terra che frana e porta con sé una strada che, per molti, è quella di casa. «Sì, confermo che stanno proseguendo proprio in questo periodo i lavori sulla strada di Marcellino (dal nome del monte sul quale si inerpica il percorso, ndr). Una strada che congiunge il capoluogo a cinque nostre frazioni: Sant’Antonio, Nebbiolo, Trebbio, Colombara e Mogliazza. Sistemare questa strada era fondamentale per coloro che abitano nelle frazioni, ma può servire anche per rendere più attrattive le nostre colline. Non dimentichiamo che in queste frazioni abitano anche diverse famiglie giovani, con bambini. Scegliere di vivere in un piccolo paese è una scelta ammirevole, ma comporta per tutte queste famiglie la necessità di doversi spostare facilmente. Bisogna assicurare loro questa possibilità. Senza una viabilità adeguata, purtroppo, le frazioni muoiono. E noi dobbiamo fare quanto possibile per impedirlo.» Questo lavoro era in progetto da molti anni, ma gli ingenti costi paventati lo avevano finora rimandato. Per un comune delle dimensioni di Torrazza Coste è impossibile immaginare di risolvere un problema di questa caratura con risorse interne. Dove avete trovato le risorse per questo intervento? «L’intervento è stato possibile grazie a un finanziamento di 835mila euro a fondo perduto che ci è giunto dal Ministero dell’Ambiente. I lavori prevedono la sistemazione di un tratto di strada antistante all’orrido; si interverrà con palificazioni profonde circa 8 metri ad un metro di di-

stanza uno dall’altro per circa cento metri. Inoltre su quel tratto sono stati eseguiti anche diversi terrazzamenti per gestire gli smottamenti. Sembra con riferimento al dissesto idrogeologico del territorio, si interverrà a breve anche sulla frana presso la frazione Barisonzo. Inizieranno i lavori a settembre. Anche qui con un contributo della Regione Lombardia e una parte finanziata dal nostro comune.» Proseguiamo con gli interventi su Villa Lodi Alessi, un immobile storico che è stato prima ottenuto e poi ristrutturato dal Comune di Torrazza per farne la propria sede istituzionale. «Finalmente siamo arrivati alla conclusione. Sarà pronta entro fine anno la villa Lodi Alessi che ospiterà la nuova sede del Comune. Il palazzo è stato completamente ristrutturato. Oltre agli uffici comunali sarà disponibile un ampio salone in cui si potranno svolgere congressi, conferenze ed altro. Il giardino antistante verrà sistemato con una donazione che ci è stata fatta da una famiglia di Torrazza Coste. Quello posteriore verrà sistemato a sua volta con risorse interne e verrà utilizzato per lo svolgimento di iniziative culturali, manifestazioni e si potranno anche celebrare matrimoni civili.» Anche il cimitero non è stato esente da alcuni interventi... «È stata terminata proprio in questi giorni la costruzione di 40 loculi e di 40 ossari presso il cimitero del capoluogo. Tutto questo grazie a finanziamenti regionali e a risorse comunali.» E per quanto riguarda le scuole? «Abbiamo ultimato la realizzazione di un parco giochi inclusivo presso la scuola materna grazie ad un contributo regionale. Ci sono una serie di nuovi giochi che possono essere utilizzati anche da bambini di-

versamente abili; qualcosa che a Torrazza mancava. In questo modo abbiamo anche valorizzato uno spazio afferente alla nostra scuola precedentemente non utilizzato. Per un ulteriore risparmio energetico verrà inserito un impianto fotovoltaico presso la scuola materna grazie alle risorse della Finanziaria 2020. Entro settembre verrà sistemata anche la facciata della scuola elementare, per la quale dobbiamo seguire le disposizioni della Soprintendenza. Anche qui abbiamo un contributo da parte dello Stato.» E le scuole medie? «Di un impianto fotovoltaico verrà dotata anche la scuola media grazie al Bando AXEL di Regione Lombardia. Inoltre abbiamo realizzato una nuova aula nell’edificio della scuola media, in seguito alle direttive conseguenti al Covid per il distanziamento. Abbiamo costruito anche un nuovo bagno antistante l’aula e si è potenziato l’impianto di riscaldamento. In questo caso l’intervento è stato possibile grazie in parte a un finanziamento GAL e in parte a fondi del Comune.» Ma l’attenzione alle scuole non riguarda soltanto gli interventi edilizi... «Da settembre per il primo anno verrà introdotto il servizio post-scuola, fino alle ore 18. Attualmente hanno aderito al servizio 8 famiglie. Il comune pagherà una parte dei costi. Ma voglio ricordare anche - e mi fa particolarmente piacere - la collaborazione del negozio Toys Center del centro commerciale Voghera Est, con il quale è stato avviato il progetto “Scuola solidale”. I clienti possono offrire del materiale didattico per le nostre scuole, che il negozio raccoglie e ci fa pervenire. Li devo ringraziare.» È in corso anche un altro lavoro finanziato con risorse del GAL... «È in fase di appalto l’area di promozione turistica che sorgerà davanti alla palestra comunale. Verrà costruita una struttura che servirà per manifestazioni legate alla promozione del territorio. Una struttura dove si ricaverà anche una cucina, grazie a un finanziamento del GAL. Stiamo valutando il modo migliore per procedere.» Investimenti in sicurezza, invece? «Stanno terminando le procedure per l’inserimento di nuove telecamere su tutto il territorio comunale, che presto verranno concluse. Abbiamo sottoscritto una convenzione con ASM per realizzare questo intervento. Innanzi tutto verranno dotati di una nuova videosorveglianza gli ingressi del paese, via Emilia, via Voghera, via Schizzola, la rotatoria di via Castellaro, il centro di Pragate, l’area davanti alle scuole. Sempre con ASM abbiamo sostituito le vecchie lampade dell’illuminazione pubblica con quelle a led.»


TORRAZZA COSTE

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474mila euro di contributi, Torrazza Coste si rifà il look» Sicurezza fa rima con viabilità... cosa bolle in pentola? «Entro fine anno verrà sistemato un dosso su un tratto di strada comunale di via Castellaro. Nel giro di qualche mese procederemo anche con il rifacimento della segnaletica verticale e orizzontale su parte del territorio. Poi si è intervenuti sulla pulizia dei fossi su parte del territorio comunale. Un intervento secondo noi importante, relativo al reticolo idrico minore. Siamo intervenuti sul Fosso Saltagatto, sul Rio delle Rose e una parte del Rio Fossone, che scende dagli Orridi. Anche questo grazie a un finanziamento di Regione Lombardia.» Parliamo delle aree ludiche e ricreative. «Sono stati installati i nuovi giochi nei parchi pubblici, nelle località Cadè, in via Riccagioia e nella frazione Pragate. Inoltre inizieranno quanto prima i lavori per la sistemazione del campetto di calcetto di via Castellaro. Verrà effettuato il rifacimento del fondo in sintetico, verrà potenziata l’illuminazione, ma ci saranno anche altri piccoli interventi di manutenzione straordinaria.

Questo grazie a un finanziamento regionale e a un intervento da parte del comune.» A proposito: la vecchia palestra scolastica? «Verrà trasformata l’ex palestra comunale in un locale mensa al servizio della scuola materna e della scuola primaria. Questo grazie a un contributo del GAL e a una compartecipazione del Comune di Torrazza Coste.» Sindaco, lei bazzica in comune da 35 anni, più o meno; gli ultimi 12 dei quali con il ruolo di primo cittadino. Avrà, come tutti gli amministratori, vissuto molti anni di “vacche magre”; ma da qualche tempo molti comuni – e il suo ne è un fulgido esempio – sembrano aver ripreso a correre sul tema degli investimenti. È da quando ci siamo seduti qui alla sua scrivania e abbiamo iniziato questa chiacchierata che mi sta facendo l’elenco di tutti i finanziamenti che ha ottenuto, grazie ai quali sono stati avviati numerosi cantieri. Sono davvero tanti. Come spiega questo vento positivo relativamente alla sua comunità locale? «Abbiamo dedicato una particolare atten-

zione al reperimento delle risorse, e abbiamo istituito un’apposita funzione per seguire il tema. È l’assessore Claudia Berutti a seguire in prima persona tutti questi finanziamenti. Devo dire che lei si è impegnata molto su questo fronte e la ringrazio. Del resto ottenere risorse non è facile. Richiede una gran mole di lavoro. Bisogna espedire tutte le procedure, bussare alle porte della regione o di altri enti; solo grazie a questo lavoro noi abbiamo in cantiere 12 interventi oggetto di finanziamenti esterni. Facendo un calcolo sommario e lasciando fuori gli 835mila euro relativi agli Orridi che avevamo richiesto già anni fa, la somma dei contributi ottenuti recentemente ammonta a ben 474mila euro. Un dato che parla da solo.» Chiudiamo con un pensiero sul periodo della pandemia. Qualche giorno fa avete organizzato un evento per ringraziare tutti quelli che si sono impegnati per aiutare gli altri in questo anno disgraziato. «Purtroppo anche nel nostro comune durante il periodo della pandemia si sono verificati diversi decessi, fra i quali quello del nostro parroco, don Giacomo Buscaglia. È stato un anno molto duro, ma devo dire che la solidarietà dimostrata durante questo periodo è stata notevole. Aziende, associazioni, cittadini ed amministratori comunali, ognuno nei rispettivi ruoli, si sono impegnati per aiutare le famiglie torrazzesi, in modo particolare quelle più bisognose. La scorsa settimana, con una cerimonia presso la nostra sala Nerina Bolognesi, come Amministrazione abbiamo consegnato un attestato ed abbiamo offerto un pranzo a tutti

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Il sindaco Pruzzi premia le associazioni che si sono impegnate durante il Covid

coloro che si sono impegnati, 31 persone.» L’emergenza però non è ancora finita... come prosegue il vostro impegno? «Manteniamo sempre la dovuta attenzione nei confronti delle famiglie bisognose. Grazie alla collaborazione e all’impegno di Voghera Oltrepò Solidale vengono distribuiti periodicamente pacchi contenenti generi alimentari. Si è avviata recentemente una collaborazione con la Croce Rossa (Comitato di Voghera) per il progetto “Il tempo della gentilezza”, grazie al quel vengono distribuiti buoni pasto, sempre alle famiglie bisognose. Anche noi come Amministrazione Comunale offriamo degli aiuti una tantum a nuclei famigliari che hanno particolarmente bisogno, e su richiesta diamo la possibilità di rateizzare quelle che sono le bollette inevase di competenza comunale.» di Pier Luigi Feltri


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GODIASCO SALICE TERME

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«Non mi piace l’appellativo “Chef”, cuoco è più che sufficiente» Lontani dai riflettori danno il massimo per regalare gioia attraverso un buon piatto e non per ricevere una buona recensione, non per le stelle o per un ritorno economico ma semplicemente per passione e amore altrui. “Si cucina sempre pensando a qualcuno” recita un aforisma ed effettivamente è proprio così perché è questo il segreto di un lavoro che richiede grande professionalità. Cuochi che fanno i cuochi: non scalano montagne per raccogliere un germoglio, non sperimentano le cucine di tutto il mondo per carpirne i segreti, ma regalano attimi di felicità senza aspettarsi nulla in cambio. Uno di questi cuochi - che non ama definirsi chef - è Piero Comerio. Originario di Volpedo è il responsabile di “PRONTO”, il Centro Cottura di Concordia Società Cooperativa Sociale, con sede a Rivanazzano Terme. Da sempre la Cooperativa per la quale lavora, nata nel 1996, persegue l’obiettivo di attivare gestioni di servizi socio - sanitari ed assistenziali integrati, residenziali e territoriali, definendo un modello organizzativo omogeneo per tutte le iniziative gestite, ma, nel contempo, flessibile ed adattabile alle esigenze delle singole realtà operative. Il Centro Cottura si propone di essere presenza attiva e significativa sul territorio, attraverso una risposta mirata inerente a preparazione, confezionamento e veicolazione dei pasti, garantendo al cliente un servizio altamente qualitativo, operando a favore delle realtà socio-sanitario-assistenziali, ma anche di quelle comunitarie, educative, scolastiche, domiciliari e commerciali. Quindi: ristorazione collettiva, pasti da asporto, consegne a domicilio, catering, coffe breaks per eventi formativi, e chi più ne ha più ne metta! Insomma... tanto gusto e qualità... con un’attenzione in più al sociale! Comerio quando ha deciso di fare il cuoco? «Mi è sempre piaciuto “pasticciare” tra i fornelli! Anche a militare, svolto nell’arma dei Carabinieri, quando era il mio turno di cucina me lo raddoppiavano sempre, rispetto ad altri colleghi... evidentemente me la cavavo già. Poi è stato facile coniugare una passione con l’esigenza di lavorare». Ha alle spalle un percorso formativo? «No, ho iniziato appunto per l’esigenza di lavorare. Un mio vicino di casa, il Rag. Carcano, che ricordo con affetto ed è mancato un anno fa, gestiva mense a Milano. Ho iniziato allestendo e pulendo linee di self service. Per questo non mi piace l’appellativo “Chef”, cuoco è più che sufficiente».

Piero Comerio cuoco responsabile di “PRONTO”, il Centro Cottura di Concordia Società Cooperativa Sociale

Come è giunto a fare il cuoco in una RSA? «Un conoscente comune ad amici gestiva una RSA, e quando ha avuto bisogno di un cuoco mi ha cercato... ed eccomi qua, lo faccio dal 1993!». Quali esperienze ha fatto prima di approdare al suo attuale impiego? «Prima del 1993 ho lavorato presso alcune mense aziendali e in un bar a Milano, poi come pizzaiolo in un Centro Commerciale. Dal 1993 cucino per Residenze Sanitarie. Attualmente, oltre alla nostra RSA Villa Serena, il nostro “fiore all’occhiello”, gestita da noi di Cooperativa Concordia, forniamo servizio anche ad altre residenze che ci hanno scelto per la fornitura dei pasti. Dal 2012 in avanti, abbiamo iniziato a servire asili, scuole, privati, aziende, centri estivi... e non ci siamo più fermati!». Ha definito la struttura di Salice Terme, Villa Serena, “un fiore all’occhiello” «Assolutamente sì, Villa Serena ha ben 87 posti letto (e a tavola!). Siamo molto attenti a tutte le esigenze dei nostri ospiti, per questo cerchiamo di creare per loro un ambiente familiare, su misura, controllato e sicuro, in cui però non manchino i momenti di socializzazione, svago e divertimento... Ma non solo!!! Anche il palato vuole la sua parte!!! Come si organizza la cucina per una RSA? Immagino ci siano tanti tipi di esigenze diverse, come si riesce a con-

ciliarle? «La base di partenza è quella di seguire le buone norme per una corretta alimentazione, per questo ci affidiamo alle linee guida dei dipartimenti preposti dell’ATS, che sono un ottimo strumento su cui lavorare. Si parte da un menù settimanale che deve essere equilibrato e deve contenere tutti i nutrienti essenziali. Non mi piace lavorare su menù di 4 settimane a rotazione, preferisco confezionare menù settimanali per seguire le opportunità del mercato e soprattutto della stagionalità dei prodotti. Ci sono poi da predisporre e gestire diete speciali. Oltre a cucinare poi ci sono tante altre attività da seguire: le operazioni di sanificazione dei locali ed attrezzature, l’aggiornamento dei colleghi, i turni di lavoro, le normative da rispettare, una su tutte le linee guida del sistema HACCP e negli ultimi anni, le procedure della nostra certificazione di Qualità». Per quante persone cucina in media ogni giorno? «Ad oggi abbiamo una media di quasi 600 pasti al giorno, con picchi più alti tra lunedì e venerdi per via di scuole, asili e in estate di Centri estivi, che si aggiungono a quelli delle RSA». “Cibo da ospedale” è diventata una frase per indicare un piatto che non ci piace o che è stato fatto con scarsa cura. Cosa si sente di rispondere a questo “luogo comune”? «Anche se per cucina ospedaliera si inten-

de spesso anche quella di RSA o case di cura, non mi piace paragonarla a quella puramente ospedaliera nel senso effettivo del luogo, cioè dell’ospedale. Credo ci siano molte differenze. In un ospedale le esigenze di salute sono prevalenti al 100% o quasi, il soggiorno dei degenti è limitato nel tempo, va da qualche giorno a qualche settimana, quindi l’alimentazione è mirata ad un periodo ed a una patologia specifica del momento, non ci si deve preoccupare fondamentalmente di soddisfare i palati. Nel mio caso, in RSA è vero che la cura dell’ospite passa anche attraverso l’alimentazione, ma spesso alcuni ospiti non hanno problematiche particolari legate all’alimentazione, se non quella di attenersi ad un corretto regime alimentare, quindi hanno sicuramente voglia di una concessione, ma soprattutto vogliono che l’alimentazione di tutti i giorni, oltre che sana, sia gradevole. In RSA il pasto è anche un momento di aggregazione, deve essere quindi un momento piacevole sotto molti aspetti, senza dimenticare che purtroppo quello della RSA è l’ultimo ristorante che frequentano, per questo la responsabilità di farli star bene è enorme. La ristorazione scolastica e quella residenziale sono spesso criticate, a volte a ragione, questo mondo è una giungla, c’è sempre qualcuno che cerca scorciatoie, ma la vivo quotidianamente da ormai 30 anni, ho imparato quali difficoltà si incontrano. Noi, con un singolo pasto prodotto, dobbiamo soddisfare almeno 4 clienti…». In che senso 4 clienti? «Eh sì, proprio 4. Il primo è il nostro “economo” o il nostro “datore di lavoro”, quello che ha in mano il sacchetto delle monetine da spendere e non sono mai molte. Con quelle deve pensare a tutti suoi dipendenti, a tutti i suoi clienti, a tutte le infinite spese che ci sono in un’attività e per questo chiede anche a noi attenzione. Non ci chiede di non spendere, ci chiede di spendere bene, il giusto, di non sprecare, ci chiede buon senso. Il secondo è chi si occupa della salute dei nostri clienti, piccoli o grandi che siano, questa persona ci chiede di pensare ad un’alimentazione sana, corretta, equilibrata. Il nostro non è il pasto col quale ci si toglie una voglia o ci si concede l’eccezione, ma deve essere il pasto di tutti i giorni quello di una corretta educazione alimentare. Il terzo cliente è il “parente”, il genitore dei piccoli degli asili e delle scuole o il figlio degli ospiti delle Residenze Sanitarie. Sono i responsabili di queste categorie, vogliono il meglio per loro, dall’istruzione fino alle cure ricevute.


godiasco salice terme Si interessano e si preoccupano dell’alimentazione dei propri cari e probabilmente le prime domande che fanno a loro sono: “hai mangiato? cosa hai mangiato? hai mangiato bene?”. Da sempre l’attenzione per l’alimentazione è al centro della cura della persona. E poi infine ma non per ultimo ,il quarto cliente, il più importante, il consumatore del pasto, una bella responsabilità, non crede ? Certamente, è lui che alla fine deve essere soddisfatto, è lui che ci dirà se abbiamo fatto bene o no il nostro lavoro. E’ lui che dirà al famigliare “sai, in questo posto si mangia bene!”. In un ristorante se non ti trovi bene puoi sempre non tornarci più, ma in una scuola un bambino ci deve mangiare forse 200 pasti all’anno per 6, 7 o 8 anni…e non ha scelta. In una Residenza Sanitaria l’Ospite consuma tutti i pasti della settimana, del mese, dell’anno e spesso sono gli ultimi della sua vita. Per tutti loro il pasto non è più solo una necessità ma diventa un momento di svago, aggregazione, convivialità. Noi dobbiamo contribuire, con il nostro impegno, a renderlo unico. Cucinando per loro siamo responsabili di un pezzetto della loro felicità». Ritiene stimolante cucinare in questo contesto? «Molto! In un ristorante l’unico scopo è di far mangiare bene un cliente che si vuole togliere qualche sfizio, non è insegnare la corretta alimentazione... anzi, per assurdo è proprio il contrario: è il luogo della concessione, dell’eccezione e dello strappo alla regola, il luogo dove ci si concede qualche caloria in più che “tanto domani la smaltiamo in palestra”. In RSA invece l’alimentazione è importantissima ed i clienti da accontentare con un pasto sono molti: Ospiti, Parenti, Direttore sanitario, Economo... per questo trovare la giusta ricetta, in tutti i sensi, è difficile, ma stimolante: una sfida continua». Gli chef, si sa, sono dei creativi, riesce a dare sfogo alla sua fantasia in cucina oppure non c’è margine di “iniziative personali”? «Per quello che dicevo prima, incentivare iniziative personali e liberare la fantasia diventa importante, ogni singolo pasto è importantissimo per chi lo consuma. I nostri clienti, spesso non per scelta, di-

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pendono da noi, anche per il pasto, sono nelle nostre mani, si fidano di noi. Avere la loro fiducia è una responsabilità che va onorata». Gli chef stellati negli ultimi anni sono diventati sempre più famosi grazie anche ai media, si dà loro troppa importanza o è giusto così? «Personalmente, ammiro i grandi cuochi, gli Chef stellati, a volte un po’ patinati, quelli che ormai abbiamo imparato a conoscere in tv. Spesso sono attaccati e criticati in modo secondo me ingiusto, ma si sa, quando la volpe non arriva all’uva, dice che è acerba. Fanno un lavoro molto diverso dal nostro, sì, anche loro cucinano, ma lo fanno per intrattenimento, per convivialità, per far conoscere ai “golosi” prodotti dei quali ignoreremmo anche l’esistenza ma soprattutto lo fanno per passione ed amore verso il loro lavoro. Ci avvicinano a tecniche di cucina nuove, a piatti innovativi a volte estremi, a riscoperti piatti antichi o, come si dice oggi, rivisitati. Con un loro pranzo o cena probabilmente si vive una piccola esperienza, un breve viaggio nell’immenso mondo dei profumi e dei sapori. Non si fermano mai, sempre alla ricerca di qualcosa di unico per stupirci. Sono come i grandi compositori che con una manciata di note musicali e scarabocchiando in modo a noi incomprensibile uno spartito musicale ottengono migliaia di melodie, diverse tra loro nei ritmi, nei suoni, nelle emozioni che trasmettono. Oppure come i grandi pittori che, indossato il camice che racconta tutta una vita e afferrata la tavolozza imbrattata di colori, prendono a pennellate una povera tela bianca trasformandola in un capolavoro senza tempo con mille colori e mille sfumature per raccontarci chissà quale storia. Anche i grandi Chef sono artisti, alchimisti, fabbricanti di emozioni attraverso il cibo e come per le melodie e i dipinti anche le loro opere a qualcuno piacciono ad altri meno, ma l’impegno ed il tempo che dedicano al loro lavoro deve essere sempre rispettato». Come ha detto prima, per fare il suo lavoro ci vuole passione e dedizione anche perché è molto faticoso, non dobbiamo dimenticare i sacrifici e i ritmi di lavoro serrati di una cucina che fornisce così

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Piero Comerio, da 30 anni cucina per Residenze Sanitarie, oggi serve 600 pasti al giorno tanti pasti a diverse realtà, che insegnamenti le ha dato questa professione nel corso degli anni? «Nel nostro Centro Cottura non siamo Chef stellati e a dire il vero neppure Chef, non abbiamo formazioni professionali. Una scuola però l’abbiamo frequentata, si chiama “Rimboccati le maniche”. Abbiamo avuto un paio di insegnanti, uno il Professor Gavetta, l’altro la Professoressa Esperienza. Il primo, il Professor Tanta Gavetta, ci ha introdotto nel suo mondo, quello del lavoro, ci ha insegnato le basi, ci ha insegnato il sacrificio, ci ha insegnato a sudare. Ha insegnato l’importanza del suo mondo, ci ha detto che la nostra vita l’avremmo passata per buona parte in esso. Ci ha spiegato che non esistono lavori importanti o meno importanti, tutti contribuiscono alla vita di ciascuno di noi, sono fondamentali l’uno per l’altro e tutti si sostengono a vicenda. La Professoressa Molta Esperienza invece ci ha affiancati silenziosamente e ha fatto crescere in noi, giorno dopo giorno, la padronanza, la pratica, la competenza. Ci ha insegnato a come conoscere i nostri clienti, a capire le loro esigenze, i loro gusti. Ha contribuito a far crescere in noi la consapevolezza nelle nostre capacità e la passione per il nostro lavoro. Ci ha insegnato i valori, ci ha insegnato a conoscere e rispettare i nostri limiti. Ci ha ripetuto spesso che: “amare quello che si fa, è il segreto per farlo bene e non sentirne il peso». Sbaglieremmo però a credere che questa scuola abbia un’ultima lezione, pensare un bel giorno di aver capito ed imparato tutto sarebbe un fallimento, professionale ed umano, sarebbe la vittoria della

presunzione, una professoressa subdola e ignorante che non vogliamo incontrare. Parafrasando il nostro ambito, dobbiamo avere sempre fame, fame di imparare cose nuove, di sperimentare, di crescere, dobbiamo essere insaziabili golosi di conoscenza». Qual è il segreto di un buon piatto? «Un buon piatto non lo si ottiene solo sapendo cucinare, ma sapendosi organizzare al meglio, non sottovalutando nessun aspetto, rispettando clienti e colleghi, rispettando le mille normative e gli organi di controllo, mettendoci sempre il desiderio di far felice qualcuno, mettendoci entusiasmo, lavorando sempre a testa alta senza paura di essere in prima linea». Attraverso la cucina, quindi, lei, il cuoco, entra in sintonia con chi gusta i suoi piatti, fornisce attenzione e affetto e se il cibo è apprezzato otterrà grande soddisfazione… «Penso che il nostro lavoro sia “molto difficile”, ma se guardiamo negli occhi uno ad uno i nostri clienti non dobbiamo vedere solo un numero, ma una Persona che ha un nome, una Persona con la sua umanità, la sua dignità e la sua sensibilità e che nel momento del pasto ha bisogno di noi, è nelle nostre mani e si fida. Deve sapere che per noi è un onore essere al suo servizio, dobbiamo comunicargli rispetto attraverso il piatto preparato per lui e se lo percepirà vorrà dire che abbiamo fatto bene il nostro lavoro… forse così ci perdonerà qualche pasta asciutta un po’ scotta ed insipida … ed è qui che il nostro lavoro “molto difficile” diventerà un po’ più semplice !». di Silvia Colombini



SANTA MARGHERITA STAFFORA

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Riscoprire la propria identità con l’etnobotanica L’etnobotanica è una disciplina che studia le tradizioni e gli usi popolari legati alle specie vegetali nei diversi settori, dalle piante per uso medicinale, cosmetico, veterinario, fino alle piante spontanee per usi alimentari. Si dice che, attraverso l’etnobotanica, si può scoprire la propria identità, ma in che modo? A tale proposito il Dott. Lorenzo Colombo e la Dott.ssa Fabrizia Milani, ricercatori presso il laboratorio di Biologia Vegetale del dipartimento di Scienze Farmaceutiche dell’Università di Milano, si trovano ospiti nel comune di Santa Margherita di Staffora e ne abbiamo approfittato per rivolgere loro alcune domande su questa disciplina. Intanto perché avete scelto questo territorio per i vostri studi? «Stiamo collaborando ad un progetto molto importante, il nostro gruppo di lavoro è molto variegato in quanto è composto da erboristi, farmacisti, nutrizionisti, naturalisti, botanici e biologi che a turnazione saranno presenti sul territorio. Il nostro tutor è la professoressa Gelsomina Fico. È stato scelto l’Oltrepò Pavese per studiare durante i mesi estivi l’utilizzo tradizionale delle piante da parte della popolazione. Collaboriamo con varie associazioni come l’Ecomuseo, Novacana, Celit e Fondazione Cariplo». Quali strumenti utilizzate? «Uno è l’erbario, il classico strumento utilizzato da chi conduce studi di botanica. Un metodo per fissare nel tempo un campione vegetale rilevato sul territorio Per esempio, faremo una classifica degli erbari e delle piante che troveremo in tutta la zona».

La produzione di olio di iperico e di lavanda effettuata dai bambini di Santa Margherita Staffora

Siete a buon punto con il lavoro svolto all’interno di questo comune? «Diciamo che siamo nella fase preliminare, quindi ci stiamo occupando di raccogliere tutti i dati possibili». In che modo vi siete attivati per raccogliere le informazioni necessarie? «Parlando molto con le persone. Ascoltiamo attentamente la gente che ci racconta come utilizza le piante, lo facciamo senza preconcetti nei loro confronti, non importa l’età o il grado di studio, intervistiamo una grande varietà di persone. È stato bellissimo ad esempio ascoltare i bambini».

Perché i bambini? «Ci hanno piacevolmente sorpresi e dobbiamo dire che è un indice positivo il fatto che conoscano le piante. Hanno tantissima voglia di raccontare e imparare, sono molto ricettivi. Una cosa che abbiamo fatto con loro, per esempio è la produzione dell’olio di iperico e di lavanda. In base alla loro risposta possiamo accertare se le tradizioni vengono tramandate e se un certo utilizzo continuerà nel futuro». Seguite degli schemi precisi quando intervistate le persone? «No, assolutamente. In alcuni casi seguire schemi rigidi potrebbe essere controproducente. È molto bello parlare con tutti mettendo ognuno a proprio agio, e quando facciamo chiacchierate con piccoli gruppi, le informazioni che otteniamo sono meravigliose. Insieme le persone ricordano meglio, gli anziani poi sono uno scrigno di immenso valore». Dopo il comune di Santa Margherita Staffora proseguirete il viaggio in altri sette comuni, quale sarà l’obiettivo finale dopo tanto lavoro? «Recuperare tutte le informazioni possibili sugli utilizzi tradizionali dei vegetali e affinché non vadano perse, trascriverle in modo che si trasformino in pubblicazioni scientifiche. Tramandarle solo oralmente, come è stato fatto fino ad ora è un rischio, prima o poi si perderanno informazioni preziose». Prevedete la possibilità che il vostro lavoro venga utilizzato come materiale didattico? «Per le scuole non lo sappiamo ma, una

Il progetto dell’Università di Milano, «Recuperare le informazioni sugli utilizzi tradizionali dei vegetali e affinché non vadano perse, trascriverle in modo che si trasformino in pubblicazioni scientifiche» cosa è sicura, tutto quello che verrà scritto, verrà restituito alla popolazione. Le associazioni locali con cui collaboriamo si occupano del lato sociale delle usanze, noi ci occupiamo del lato scientifico. L’etnobotanica è una scienza multidisciplinare, entrano in gioco molte figure professionali. Restituendo questi dati raccolti, valorizziamo il territorio. Per esempio ci sono culture tipiche, che, se riportate in vita, possono dare un aiuto all’economia. Possiamo concludere che l’etnobotanica parte con la chiacchierata per arrivare fino alla scienza, con dati che tornano arricchiti e provati scientificamente alla popolazione che continuerà le proprie tradizioni». di Stefania Marchetti



casteggio

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«Vigo ha fatto bene la sua parte, il massimo rispetto» Giuliana La Cognata non bisogno di troppe presentazioni, nota al mondo della politica locale dove da 7 anni siede tra i banchi dell’opposizione, conosciutissima ambulante in diverse piazze dell’Oltrepò dove da 5 generazioni propone frutta e verdura di qualità, tanto che la sua azienda di produzione di verdure tipicamente siciliane si è guadagnata il riconoscimento di Eccellenza Italiana, ma anche scrittrice e mamma impegnata di 4 Figli. Una chiacchierata tra un cliente e l’altro, sempre con il sorriso e la cordialità che la contraddistinguono. La Cognata lei siede tra i banchi dell’opposizione qui a Casteggio dal 2014, 5 anni di amministrazione Callegari ed ora dal 2019 con Lorenzo Vigo sindaco. Qual è la sua opinione sull’attuale sindaco? «Oggi, in un momento così difficile per il nostro paese non mi sento di muovere critiche nei confronti del sindaco Vigo che a mio giudizio ha fatto bene la sua parte, fare il sindaco in periodo di pandemia è difficile per cui da parte mia massimo rispetto». Uno dei compiti dell’opposizione è quello di evidenziare le criticità dell’amministrazione. Quali sono a suo giudizio “le cose” che proprio non vanno a Casteggio? «Le strade sono in senso assoluto l’annoso problema di questo Comune e dell’Oltrepò in generale, in particolar modo per quanto riguarda la nostra città i marciapiedi versano in condizioni vergognose, basta passare davanti alla scuola materna per rendersi conto della trascuratezza, in quel tratto passano bambini spesso accompagnati dai nonni ed io temo che un giorno o l’altro succeda che qualcuno si faccia male». Lei già più di un anno fa aveva presentato un’interpellanza per sottolineare l’emergenza legata alla mancanza di medici di base, la situazione è ora cambiata? «Vorrei poterle dire di sì, invece la situazione si è ulteriormente aggravata ed in modo oramai insostenibile, nel mese di settembre è previsto l’insediamento di due medici di base, per cui confido che ATS faccia fede a quanto detto. Quella della carenza o assenza oserei dire dei medici di base non è però l’unica problematica riscontrata. Anche la nostra Croce Rossa si è trovata a fare i conti con la carenza di personale, infatti delle 3 persone previste – come da protocollo – che operano all’interno di un’ambulanza, ne sono a disposizione solo 2 in quanto una è stata richiamata da Ats per coprire altri incarichi in altra sede». Tema sicurezza: bivacchi, schiamazzi,

degrado, sono diverse le situazioni che in alcuni quartieri della città stanno esasperando i residenti. Lei come minoranza ha “fatto un giro” tra la gente? Quali sono a suo giudizio gli interventi che il Comune dovrebbe fare per arginare il problema? «La situazione non è solo limitata a Casteggio, leggo di tante situazioni simili in altrettanti Comuni oltrepadani, quindi devo dire che è difficile arginare un problema sociale così largamente diffuso. Personalmente cercherei un dialogo seppur difficile e là dove impossibile avvertirei le Forze dell’Ordine e darei precise disposizioni per multare chi non rispetta le regole. Le regole ci sono, non dobbiamo inventarci nulla ma è necessario farle rispettare multando. Credo che dopo la prima, la seconda o la terza multa possa passare la voglia di non rispettare le regole». Lei è anche una nota commerciante di Casteggio e non solo. La sua categoria certamente è stata una delle più colpite nell’era Covid. C’è stato , secondo il suo punto di vista, un aiuto adeguato da parte dell’amministrazione comunale per voi commercianti? «Non sta nei compiti e nei doveri dell’amministrazione comunale aiutarci, i ristori per le categorie previste arrivano da Roma, così come la decisione – a mio giudizio errata – di sospendere le attività dei mercati in periodo di pandemia. Secondo me è stato un grave errore in quanto non avendo a disposizione il mercato – che ricordiamo si svolge all’aperto e quindi con minor pericolo di diffusione del virus – le persone si sono riversate nei supermercati creando code e sovraffollamenti e mettendo maggiormente a rischio la propria salute e quella altrui. Sospendere i mercati è stata una scelta scellerata e irrispettosa, tant’è che dopo poco tempo il mercato dei generi alimentari è stato ripristinato. Per quel che mi riguarda, quindi io ho sempre lavorato ma per tanti colleghi operanti in settori diversi dall’alimentare è stata una catastrofe». Lei che oltre i banchi dell’opposizione vive la piazza, quali sono i malcontenti maggiori lamentati dai casteggiani ? «Oggi il casteggiano non si lamenta, abbiamo vissuto e stiamo vivendo un periodo particolare di forte stress emotivo dove non ci interessa – io per prima – “fare le pulci”, abbiamo altri pensieri ed altri timori per la testa». Parlando sempre di piazza, il mercato di Casteggio ha una tradizione secolare e attira da sempre molti visitatori, è ancora così oppure ha assistito negli anni ad un graduale declino? «Tiene botta assolutamente considerando anche e sempre il momento che stiamo vi-

Giuliana La Cognata

vendo, dove di “normale” c’è ben poco. Il mercato di Casteggio rimane intramontabile e sempre di grande appeal in quanto è un mercato di qualità, dove si trovano prodotti alimentari e non, di prima scelta». La sua azienda ha da poco ottenuto il riconoscimento di Eccellenza Italiana, una bella soddisfazione «Assolutamente sì, un riconoscimento giusto frutto del duro lavoro che portiamo avanti oramai da 5 generazioni. Non siamo “solo” ambulanti ma anche produttori di verdure tipicamente siciliane che coltiviamo qui a Casteggio. Mio padre ebbe l’idea di portare le colture tipiche della Sicilia al nord e devo dire che è stata un’idea vincente. Da noi si trovano produzioni uniche quali ad esempio il tenerone, in Sicilia considerato una vera e propria medicina che con il suo sapore dolce ha conquistato anche il palato di chi siciliano non è. Ci siamo distinti per la qualità di ciò che produciamo e vendiamo, solo prodotti italiani ad esclusione di banane e pompelmi». Nei suoi progetti come candidato sindaco nell’ultima tornata elettorale, parlava di un ripristino della Fiera dei Vini che purtroppo Casteggio “ha perso”. La ritiene oggi un’idea attuabile? «Rimane il mio sogno più ambito quello di far rivivere la Fiera dei Vini, convinta che sia fondamentale per il nostro territorio e per ridare slancio al comparto vitivinicolo che in questi ultimi anni è stato “massacrato”». Intanto è “saltata” anche la Notte Bianca… La ritiene una scelta giusta? «Trovo inutile in questo momento organizzare feste e incentivare assembramenti. Concordo con la scelta dell’amministra-

zione di non metterla in scena. Ci sarà tempo». A Casteggio scarseggia l’acqua. Si parla di un guasto alla rete idrica per cui lei aveva mosso un’interpellanza. Che risposte ha ottenuto? «Nell’interpellanza presentata a suo tempo avevo specificavo che la rete idrica di Casteggio è piena di falle con una grande dispersione di acqua. Va rifatta totalmente, oggi più che mai visto che, con l’aggiornamento e l’allineamento delle quote, Casteggio si è ritrova con un pesante aumento dei costi per il consumo di acqua». Tornando a questioni più, diciamo, politiche, nell’ultimo consiglio comunale si è discusso sulla risoluzione del contenzioso che il Comune ha ormai da diversi anni con la ditta costruttrice riguardante il complesso di via Montebello. Qual è la sua posizione sull’intera vicenda? «Ottima scelta da parte del sindaco di risolvere il contenzioso e finalmente utilizzare la struttura per creare un polo che a Casteggio serviva davvero». Nella sua vita fatta di mille impegni si è dedicata anche alla scrittura. Coltiva ancora questa passione? «Assolutamente sì, durante la mia degenza in ospedale ho messo nero su bianco la mia esperienza legata al Covid, con ricordi della mia infanzia ed dei miei genitori. Questi pensieri diventeranno molto probabilmente un libro, ma solo quando tutto questo – intendo l’emergenza sanitaria – sarà solo un brutto ricordo, temo per il momento che non sia purtroppo finita». di Silvia Colombini


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STRADELLA

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«Garantire tempi precisi e lavori di ottima qualità per dare una città più bella e fruibile ai cittadini» A Stradella l’amministrazione ha avviato importanti lavori pubblici che riguardano principalmente le strade, l’acquedotto, il Rondò e la basilica di San Marcello in Montalino. Il sindaco, Alessandro Cantù, si dice soddisfatto dell’andamento degli sforzi messi in atto nel mese di agosto, per creare il minor disagio possibile, tanto che i lavori stanno procedendo nei tempi previsti ed in alcuni casi più celermente. Sindaco su quali opere pubbliche avete deciso di concentrare le attenzioni? «Sostituzione del porfido ammalorato da tempo in Via Marconi, rifacimento della tubazione dell’acquedotto da parte di Pavia Acque, sostituzione della copertura di San Marcello in Montalino e rifacimento del Rondò sono le opere iniziate nei primi giorni di agosto e che stanno proseguendo in questo mese. Ove si necessita la chiusura delle strade è stato scelto il mese di agosto proprio per causare il minor disagio possibile in quanto è un periodo in cui transitano meno persone». In base a quali elementi è stata data la priorità ad alcuni lavori piuttosto che ad altri?

Alessandro Cantù

«Si tratta di lavori tutti importanti che riguardano ambiti diversi: viabilità, decoro della città, servizi per i cittadini, patrimonio culturale.” I lavori stanno avvenendo come avevate programmato? «Garantire tempi precisi e lavori di ottima qualità vuol dire dare ai cittadini una città

più bella e ben fruibile. Grazie a tutti coloro che stanno lavorando per far sì che tutto possa essere eseguito a regola d’arte e in alcuni casi in anticipo». Il nuovo volto del Rondò, punto centrale di Stradella, in base a cosa è stato ripensato? «L’intervento in questa area è molto importante perché va ad ampliare una zona pedonale con una nuova parte completamente piastrellata in porfido e il suo disegno vuole richiamare una fisarmonica, se vista dall’alto, proprio per ricordare che ci troviamo nelle immediate vicinanze della sede della storica fabbrica Dallapè. Inoltre andando a diminuire il traffico riducendo il passaggio ad un solo senso di marcia garantirà maggiore sicurezza e un minor numero di incidenti». Anche la Basilica di San Marcello è oggetto di un importante opera di restyling «La Basilica, spesso rinominata semplicemente “chiesa di Montalino” verrà sottoposta a diverse opere di ristrutturazione. è stato scelto l’attuale periodo in quanto non erano previsti riti nuziali e grazie all’opera del Comune, di parte della cittadinanza attraverso donazioni e della

generosità della Fondazione Cariplo, sarà possibile renderla di nuovo agibile, riqualificando quella che è una struttura di importanza storica che viene sempre più richiesta come luogo in cui poter celebrare matrimoni. Grazie ai fondi raccolti che ammontano a circa quaranta mila euro si provvederà a rimuovere graffiti che in anni e anni si sono accumulati sulle pareti e impermeabilizzare il manto sottostante alle tegole ormai non più in grado di respingere l’acqua piovana. Verrano inoltre aggiustati il campanile ed alcune vetrate che a loro volta erano state vittima di atti vandalici». Nei prossimi mesi su cosa pensa di intervenire l’amministrazione? «Sono tanti gli interventi che stiamo facendo a Stradella e ne abbiamo altri ancora da iniziare, principalmente riguardo ai marciapiedi, e naturalmente ci impegneremo ad asfaltare le strade che più lo necessitano, il tutto nell’ottica di una maggiore vivibilità della città».

di Riccardo Valle


iNTERVISTA A DON GIANLUCA VERNETTI

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«Diventare Vescovo?Assolutamente no, mancano i preti, non i Vescovi» Verso la fine di novembre dello scorso anno, il vescovo di Tortona, Mons. Vittorio Viola ha avvitato una rivoluzione tra le parrocchie della Diocesi di Tortona: un vero e proprio “rimpasto”, come si direbbe in gergo politico. Il 31 gennaio la comunità parrocchiale di Stradella ha accolto il suo nuovo arciprete, Don Gianluca Vernetti, salutando Mons. Pietro Lanati e Don Cristiano Orezzi (trasferito a Voghera). Classe 1968, originario di Zavattarello, è stato ordinato sacerdote dal 1992. Dopo un’esperienza a Broni, nel 2001 si trasferisce alla Pastorale Giovanile di Tortona. Nel 2006 viene nominato arciprete della parrocchia di San Germano Vescovo in Varzi, dove rimane per circa quattordici anni. Nella Parrocchia dei Santi Nabore e Felice è tutt’ora coadiuvato da Don Daniele Lottari. Don Gianluca, come si è avvicinato al mondo ecclesiastico? Come ha ricevuto la cosiddetta “chiamata”? «Faccio parte ancora della vecchia generazione: durante le medie ho frequentato i “Campi Vocazionali” e a quattordici anni sono entrato in Seminario, dove ho capito di avere una certa sensibilità e di provare un certo fascino verso il Signore. È proprio nel cammino del Seminario che si riesce a realizzare veramente se quello che si prova è una vocazione. Successivamente ho frequentato teologia per poi diventare Parroco a ventiquattro anni». A fine novembre 2020, nel bel mezzo del secondo lockdown, arriva l’ufficialità della sua nomina a Parroco di Stradella. Inizialmente i varzesi non hanno preso bene questa notizia… Si aspettava questo suo trasferimento, oppure è stato qualcosa di improvviso? «Il Vescovo aveva già avviato questa “rivoluzione” molto prima: con la pandemia i tempi si sono allungati, ma poi è venuto il momento di renderli noti alla comunità, quindi non è stato un qualcosa di inaspettato. Ritengo che il Vescovo abbia comunque gestito bene questa nuova impostazione della Diocesi: in questo modo ha cercato di portare i parroci più giovani nelle principali parrocchie. È stata una scelta pastorale molto ardita, che non era mai stata fatta prima e che guarda al futuro impegnando le forze più giovani nelle parrocchie più grandi». Ha lasciato Varzi, e altre dodici parrocchie, dopo quattordici anni: quali sono state le sue più grandi soddisfazioni? «A Varzi e a Ponte Nizza abbiamo investito moltissimo negli oratori, dove si radunano parecchi ragazzi sia per la catechesi, sia per la parte educativa. Le risposte sono sempre state positive, sia dai giovani che dalle famiglie: sono state grandi soddisfazioni. Sia da parte mia che da parte loro c’è stata sofferenza per questo distaccamento,

ma fa parte della nostra natura essere noi parroci inviati dove la Chiesa ritiene ci sia più bisogno e, da parte della comunità, accogliere i sacerdoti che il Signore mette sul cammino della vita. Sono stato per quattordici anni a Varzi, un paese di più di tremila anime, che dopo tutto quel tempo è diventato per me come una famiglia. Stradella, invece, è una città, quattro volte più grande e per questo sarà più difficile conoscere da vicino tutte le persone che compongono la comunità». Ha qualche rimpianto? «Rimpianti, ma nel senso buono. L’unione che si era creata con la comunità è stata molto forte, quindi c’è il dispiacere di non essere accanto ai ragazzi nel loro cammino di crescita: non passa settimana senza che qualcuno non scenda da Varzi per venirmi a trovare…». Sono passati più di sei mesi dal suo insediamento, un tempo abbastanza utile per ambientarsi. Quali sono le sue considerazioni riguardo questa sua nuova avventura? «A causa di questi limiti imposti dalla pandemia, si è fatta molta fatica a poter conoscere la comunità stradellina, soprattutto nei primi mesi dell’anno. Ci sono difficoltà che prima non si verificavano, come l’impossibilità di fare visita ai ricoverati o di poter celebrare la messa nelle case di riposo. Insieme a Don Daniele abbiamo organizzato un mese di grest all’Oratorio, con un centinaio di ragazzi al giorno, e questo ci ha permesso di poter conoscere i giovani e le loro famiglie. In un contesto normale, in sei mesi, avrei potuto conoscere molta più gente: invece, purtroppo, siamo stati molto limitati nell’approccio… La considerazione più evidente che al momento posso fare riguarda le famiglie bisognose: a Varzi si potevano contare sulle dita di una mano, mentre qui a Stradella, sicuramente complice il bacino d’utenza, il tasso di povertà è più elevato. Questo lo si nota vedendo il grande lavoro che svolge il nostro centro caritativo parrocchiale “Il pane quotidiano”». A Stradella raccoglie, inoltre, l’eredità di Don Cristiano, trasferito a Voghera, che è stato per anni l’anima e motore dell’Apos e dell’Oratorio. Quali sono i suoi progetti a tal proposito? «Per quanto riguarda la parrocchia sono molto fortunato perché oltre a Don Daniele, prete novello dallo scorso 6 giugno, c’è ancora Don Pietro, che ci dà una mano e garantisce una certa continuità con il lavoro svolto in precedenza. Per quanto riguarda l’ortatorio, a Stradella ci sono molti più ragazzi rispetto a dove mi trovavo. Cercheremo di inserirci nel mondo della scuola per poterli conoscere meglio e poter camminare insieme. Don Cristiano aveva impostato un bel lavoro con

Don Gianluca Vernetti, arciprete di Varzi per 14 anni, oggi a Stradella

gli educatori e gli animatori, creando una parte destinata alla cucina e un salone polifunzionale destinato al doposcuola inaugurato un mese fa e dedicato a Benedetta Ragni, ragazza purtroppo scomparsa per malattia. Ad ottobre, mi piacerebbe proseguire con il “progetto doposcuola” pensato da Don Cristiano, per riuscire a seguire i ragazzi nelle ore di studio pomeridiane. Don Daniele, invece, sta seguendo il settore calcistico ed ha assunto la presidenza dell’Apos, che ad oggi conta più di trecentocinquanta iscritti». Il “disagio giovanile” negli ultimi anni è in continuo aumento: come pensa di poter limitare questo fenomeno? Sicuramente il periodo storico che stiamo vivendo non aiuterà di certo… «Sono stato direttore della Pastorale Giovanile Diocesana dal 2001, ma sono quarant’anni che sento parlare di “disagio giovanile”, non è una novità degli ultimi anni. Dove ci sono i giovani purtroppo c’è anche disagio: questo perché hanno una forza di crescita che li porta spesso a fare esperienze non positive. Io credo negli insegnamenti di Don Bosco, il quale era convinto che per poter affrontare queste problematiche giovanili bisogna vivere insieme ai ragazzi e garantire a loro un supporto spirituale». Parlando più in generale, questo anno e mezzo di pandemia quali ripercussioni ha avuto sui fedeli e sul mondo ecclesiastico? «La prima impressione la si ha direttamente in Chiesa, dato che il numero dei fedeli

che partecipano alla messa si è dimezzato, o forse anche di più. Ora c’è una sorta di ripresa, ma non si è tornati ancora alla normalità. Questo lo si nota soprattutto nelle persone anziane, che hanno abbandonato le loro abitudini, uscendo di meno e limitando al minimo i rapporti sociali e generando così una forte sofferenza interiore». Quali sono i suoi progetti e le sue idee per la sua nuova parrocchia? «Appena si tornerà alla normalità prenderemo atto della situazione e vedremo quali progetti poter portare avanti. Sicuramente qui, come altrove, bisognerà guardare al cammino della formazione, specialmente nella catechesi: è un ambito pastorale che andrebbe rivisto, per migliorare sia la partecipazione che l’apprendimento. Azione Cattolica, il gruppo di rosario perpetuo e le varie associazioni sono pienamente funzionanti, ma andranno seguite nella formazione. Inoltre, abbiamo già programmato i corsi di preparazione al matrimonio». Lei è originario di Zavattarello. Pensa che un giorno potrà ritornarvi e finire lì la sua carriera? «Spero di ritornarci prima, perché un parroco quando è a fine carriera vuol dire che è stato chiamato dal Creatore (risata)». Concludendo, è nelle sue ambizioni diventare Vescovo? «Assolutamente no, perché ritendo di non averne le qualità. Mancano i preti, ma i Vescovi non mancano…». di Manuele Riccardi



canneto pavese

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«L’Oltrepò è la risposta giusta per vivere nella natura, senza allontanarsi troppo dalla città» Paola Neglia è un maestro Feng Shui e da circa una ventina d’anni vive a Canneto Pavese. Si tratta di una disciplina molto difficile da imparare, ma soprattutto da spiegare. Ha origine nelle corti imperiali cinesi ed insegna alle persone come saper riconoscere i propri spazi e vivere al meglio la propria abitazione o il luogo di lavoro, che a loro volta sono lo specchio della propria personalità. Abbiamo chiesto a Paola di spiegarci al meglio questa disciplina, come apprenderla e come saperla applicare nella vita di tutti i giorni. Paola, quando ha preso la decisione trasferirsi in Oltrepò Pavese? «Io e mio marito abitavamo in Toscana, quindi eravamo abituati a vivere in un territorio bello circondato dalle colline. Stavamo cercando casa a Milano, dove mio marito lavorava, fino a quando ci siamo imbattuti nell’Oltrepò Pavese. Mi sono innamorata subito di questo territorio e abbiamo deciso di trasferirci a Canneto Pavese, in una casa che era abbandonata da ormai più di cinquant’anni e che tutt’ora stiamo ancora sistemando. Noi non conoscevamo minimamente l’Oltrepò, è stata la casa a sceglierci. Adoro il fatto che l’Oltrepò Pavese non è ancora stato contaminato: si possono percorrere chilometri in mezzo alle vigne e non tra le fabbriche. Inoltre, la collina di Canneto Pavese è ben collegata per chi, come noi, deve viaggiare per lavoro verso Milano». Come ha conosciuto il Feng Shui? «Sono nata e cresciuta in Colombia, da madre colombiana e padre italiano. In Sudamerica ho studiato per diventare stilista di abbigliamento. Avendo passaporto italiano mi sono trasferita in Italia per frequentare un master in stilismo di moda. Al mio ritorno in Colombia ho scoperto che in molti avevano iniziato a praticare lo Feng Shui e questo mi ha incuriosito parecchio. Mi ha colpito molto il concetto secondo il quale il posto in cui vivi ha un’influenza su quello che sei e quello che fai: per questo ho iniziato a leggere diversi libri su questo argomento». Essenzialmente, di che cosa si tratta? La si può definire un’arte? «Il Feng Shui è più una disciplina orientale che include anche l’arte. Fa parte di quei saperi custoditi dai maestri cinesi al servizio delle corti imperiali. Il maestro Feng Shui era il braccio destro dell’imperatore e conosceva l’astrologia, la medicina ed era la persona incaricata per decidere dove costruire la città, perché il benessere del popolo derivava, appunto, dalle scelte dell’imperatore. Per questo il maestro doveva garantire che i posti scelti dove costruire le strutture fossero utili a tutta la popolazione e, più nel personale, doveva accertarsi del benessere dell’imperatore».

Come ha appreso questa disciplina? «Inizialmente ho provato a impararla leggendo tantissimi libri, ma per capirla al meglio bisogna avere una conoscenza più profonda che non si può trovare sulla carta. I libri tendono ad essere dei manuali, dove tutti siamo uguali e non guardano al singolo caso della persona. Ho proseguito lo studio frequentando la scuola di un maestro cinese che a sua volta aveva avuto il compito dal suo di portare il Feng Shui in occidente, con l’idea di ripulirlo da tutte le contaminazioni. La difficoltà sta nel fatto che esistono tanti stili quanti maestri, non vi è un’unica versione. Il mio maestro proviene da un villaggio cinese dove i suoi predecessori hanno lavorato per più di seicento anni al servizio della corte imperiale, per tanto conosce tanti stili differenti». Quindi lei pratica questo stile “autentico”? «Noi lo chiamiamo “autentico” per indicare che è uno stile con grandi studi, che si basa su principi verificabili e non sulle superstizioni. C’è tantissima confusione in giro… Ultimamente è diventato molto di moda e quindi è stato contaminato da diversi fattori esterni, come la superstizione. Questa contaminazione è accaduta non solo in occidente, ma anche in Cina. In realtà il Feng Shui non si dovrebbe nemmeno vedere, ma andrebbe applicato in base alle proprie esigenze personali, non sul significato che gli è stato dato. Un rimedio non si vede esternamente, ma lo dovrebbe sapere solo la persona che lo ha attuato. Il Feng Shui che pratico io si basa tantissimo sul Taoismo, che studia tutti i fenomeni naturali e spiega all’uomo come deve comportarsi in merito». In che anni è arrivato il Feng Shui in occidente? «È arrivato nel momento in cui oriente e occidente si sono incontrati, all’incirca negli anni ’60». Per praticare il Feng Shui ha dovuto imparare anche il cinese? «Certo, perché certi saperi vengono tramandati con i caratteri cinesi, e quindi bisogna dargli la giusta interpretazione. Il cinese ha la capacità di saper riassumere un concetto in un solo carattere». Lei è un maestro Feng Shui: oggi com’è cambiata questa figura soprattutto se esercitata nel mondo occidentale? «In passato il maestro sceglieva un po’ per tutti, cercando di garantire il benessere alla collettività. Oggi, invece, esercita cercando di migliorare la vita della persona singola o del singolo nucleo famigliare. L’idea è quella di far utilizzare al meglio i propri talenti e i propri spazi. Ci tengo molto a precisare che non è una magia, perché per migliorare la vita di una persona non basta applicare il Feng Shui: saprà

migliorarla solo se sarà in grado di leggere tutti i messaggi inviati dalla casa». Quindi lei si occupa anche di fare consulenza per gli architetti? «Se una persona sta progettando la casa da zero, è possibile. Altrimenti il Feng Shui è un grande strumento da applicare per chi vive già nella sua casa e si sente bloccato in qualche aspetto della propria vita. Non si tratta solo di arredamento, anche se in realtà si effettuano spostamenti di mobili oppure si scelgono i colori delle pareti. Non necessariamente una persona deve trovare la casa più bella, ma quella che ha più risonanza con la propria personalità». Poter applicare questa Paola Neglia, maestro di Feng Shui, disciplina dipende anun’antica arte geomantica taoista della Cina che dalle capacità ecobiente e come si relaziona con le persone. nomiche del soggetto interessato? C’è un’informazione per ogni grado di «Il Feng Shui, se applicato in modo cormisura e serve per verificare lo spazio e retto, non interviene sulla struttura della il tempo. La carta energetica indica, invecasa. Si può fare tantissimo anche senza ce, le energie presenti in un determinato fare investimenti, basta capire dov’è il giorno o periodo di tempo e ci permette di blocco. È un concetto difficile da spiegare. comprendere meglio come siamo fatti, per Faccio un esempio, il più basilare: ci cosa siamo predisposti come lavoro, attisono persone che hanno perso fiducia in vità, relazioni con gli altri e quali saranno sé stessi e tengono sempre chiuse le tende le migliori forze e direzioni cardinali per di casa. Quindi un’osservazione potrebbe ognuno. Si calcola seguendo i principi del essere quella di aprirle, perché questo può Tao, la ciclicità dei movimenti energetici influire molto sulla persona, senza incored i bilanciamenti Yin e Yang». rere a investimenti. Una casa molto lumiQuesta disciplina, se ben praticata, nosa aiuta a stare bene, molto cupa aiuta a quali risultati può dare nel nostro terchiudersi in sé stessi e influisce negativaritorio? mente sullo stato d’animo». «Sono vent’anni che vivo in Oltrepò, ma a Feng Shui si può praticare anche per gli dire il vero lavoro molto più facilmente su uffici, o solo per le abitazioni? Milano, dove c’è una mentalità più aper«Certamente, perché aiuta a lavorare meta. Con il lockdown, però, molti milanesi glio. Un ufficio più grande riesce a dare si sono spinti verso il nostro territorio. Io maggior sicurezza ed autorità ad un diripenso che l’Oltrepò sia la risposta giusta gente, quindi bisogna saper organizzare per vivere nella natura, senza allontanarsi gli spazi. Un errore frequente viene fatto troppo dalla città: questo è il suo punto di nelle aziende familiari, dove il capo non si forza, e aiuta sicuramente per il benessere prende i giusti spazi». della persona. I cinesi sono, di base, una Quali sono gli strumenti che lei utilizza società agricola, che è sempre stata attenta per le proprie consulenze? ai segnali della natura. Per questo io trovo «Sostanzialmente utilizzo due strumenmolte affinità con l’Oltrepò Pavese, dove ti essenziali: la bussola Lo Pan e la carta gli agricoltori sanno leggere la natura e energetica. sanno come dover agire». La bussola Lo Pan è “il computer” di un maestro o consulente Feng Shui, dove sono inserite tutte le informazioni di Manuele Riccardi dell’energia, di come si muove nell’am-


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Cheap but chic: PIATTI GOLOSI E D’IMMAGINE CON I PRODOTTI DELL’OLTREPò

Pesche al forno, dolce tipico delle nostre nonne per il giorno di Ferragosto di Gabriella Draghi PESCHE RIPIENE AL FORNO Con l’arrivo dell’estate finalmente un arcobaleno di colori riempie le nostre tavole, ricco di importanti nutrienti benefici per la nostra salute. Tra i frutti tipici, buoni e salutari, troviamo la pesca che appartiene alla famiglia delle Rosacee ed ha origini molto antiche che risalgono a più di 4000 anni fa in Cina, dove era ritenuta simbolo di longevità e immortalità. Ad oggi vi sono più di 3000 varietà coltivate in tutto il mondo. Particolarmente ricca d’acqua, la pesca possiede ottime proprietà idratanti e dissetanti, ideali per la stagione estiva. Aiuta infatti a mantenere l’equilibrio idrico-salino e a ripristinare le perdite dovute al caldo o all’attività fisica. Possedendo poche calorie, la pesca può essere inserita in qualsiasi piano alimentare. Particolarmente adatta come “spezza fame”, rappresenta un delizioso spuntino energetico grazie al contenuto di zuccheri naturali. Non bisogna però eccedere, poiché consumare tre pesche di media grandezza (150 g) equivale all’ingestione di circa 30 g di zucchero. Contiene molta fibra, solubile e insolubile, che esplica azioni benefiche sulla regolarità intestinale e sullo stato di salute generale. Inoltre mangiare una pesca al giorno significa fornire all’organismo circa il 15 % del fabbisogno giornaliero di vitamina C e di betacarotene, indispensabili per la fortificazione delle ossa. L’Oltrepò pavese per la sua configurazione a cuneo che si insinua tra l’Emilia Romagna, la Liguria e il Piemonte, risente molto delle contaminazioni culinarie delle

Ingredienti per 6 persone: 6 pesche sode, non troppo mature 70 g di amaretti 1 cucchiaio di cacao amaro 40 g zucchero grezzo di canna 20 g mandorle spellate 1 bicchierino di vino marsala burro q.b.

regioni di confine e, nel caso delle pesche, la coltivazione nelle zone limitrofe delle famose pesche di Volpedo ha fatto sì che si diffondesse fin dai tempi dei nostri nonni una ricetta tipica piemontese che condividerò con voi questo mese, sicura che vi farà fare un’ottima figura a tavola con i vostri cari: “le pesche ripiene al forno”. La storia di questa ricetta è interessante, e certamente legata ai ritmi tradizionali della campagna. Sappiamo infatti che le pesche al forno venivano preparate nel giorno di Ferragosto, quando le nonne le portavano nei grandi pranzi che si tenevano negli orti e nelle vigne, ed ogni famiglia aveva una ricetta segreta, che veniva tramandata di nonna in madre e di madre in figlia. è un dolce gustoso e leggero, molto adatto

come dessert ma anche come merenda alternativa. Un’idea in più potrebbe essere quella di servire le nostre pesche con una palla di gelato alla crema. Come si preparano: Iniziamo lavando e asciugando accuratamente le pesche perché le utilizzeremo con la buccia. Mettiamo gli amaretti nel mixer insieme alle mandorle e frulliamo il tutto fino ad ottenere una polvere non troppo fine che trasferiremo in una ciotola. Tagliamo le pesche a metà rimuovendo il nocciolo e parte della polpa che aggiungiamo al composto precedentemente ottenuto, schiacciandola bene con una forchetta. Uniamo ora gradualmente il cacao in polvere e lo zucchero di canna, amalgamando con un cucchiaio in modo da ottenere un

composto il più omogeneo possibile. Prendiamo le pesche tagliate, farciamo ogni metà con il composto e livelliamo con il dorso di un cucchiaio. Imburriamo una pirofila e disponiamo le pesche con l’incavo rivolto verso l’alto, cercando di non lasciare spazio tra l’una e l’altra. Spolverizziamo con dello zucchero di canna e bagnamo con il vino marsala. Cuociamo in forno preriscaldato a 200° C per circa 30 minuti, bagnando di tanto in tanto con il fondo di cottura. Togliamo le nostre pesche dal forno e le facciamo raffreddare. Buon ferragosto! You Tube Channel & Facebook page “Cheap but chic”


C’ERA UNA VOLTA L’OLTREPò

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La serenata dell’Alpino Stefano di Giuliano Cereghini Platone, filosofo e scrittore greco, duemila quattrocento anni or sono, affermava che “la memoria appartiene all’anima, se finisce la memoria finisce l’uomo”. Il dilagare dell’effimero di una vita volta all’apparire più che all’essere, spesso ci prende per mano e oscura la mente: non abbiamo più memorie o peggio viviamo l’indifferenza che, a ben vedere, è la peggiore delle condizioni, peggio della cattiveria che è mossa da impulsi malvagi, ma sentimenti, cattivi ma veri. Riflettevo su queste grandi verità scorrendo le immagini televisive e leggendo sui quotidiani, una vicenda che ha commosso tante persone. è raro che programmi televisivi o articoli di giornali turbino gli animi di persone ormai votate a diete veloci, lavori alienanti o cure spasmodiche di bimbi felici di giocare con una pallina o una macchinina con tre ruote, piuttosto che frequentare palestre, piscine, campi da golf o sale da ballo tanto care a mamme e nonne. è raro dicevamo, ma a volte succede: l’Italia tutta si è commossa alle immagini di un vecchio alpino che nei giardinetti dell’Ospedale di Castel San Giovanni, non potendo visitare i ricoverati, suonava e cantava una serenata alla moglie ricoverata. Non poteva vederla, anzi non l’avrebbe più rivista, ma voleva a modo suo, testimoniarle il suo amore. Rivivere le note che per molti anni della loro vita, quasi cinquanta, erano state guida e allegria; voleva ricordare, voleva il primato della memoria contro una sciagurata condizione umana che gli impediva di stringere una mano, magari in silenzio, ma sentire e trasmettere il calore che questa maledetta pandemia ci ha interdetto. Si chiamava e si chiama Stefano Bozzini è nato a Vigulzone in Provincia di Piacenza, Val Nure precisa. Quarto di sette figli, già alla nascita “autore” di un gesto che cambiò la vita al padre. Questi richiamato militare nel 1938, ottenne una licenza per la nascita del figlio il giorno di Natale del 1939. Lo battezzano il giorno dopo chiamandolo appunto, Stefano e il giorno seguente Babbo rientrò disciplinarmente al reggimento. Dopo poco tempo lesse in bacheca che i militari coniugati con quattro figli potevano chiedere di essere esentati dal servizio. Esonero immediato e rientro in Val Nure tra la gioia di parenti, amici, moglie e figli. Stefano da bambino amava la musica e la fisarmonica ma pochi erano i momenti in cui poteva ascoltarla. Uno dei primi che ricorda, è lui che lo racconta: «Di tanto in tanto arrivava in paese uno strano personaggio detto Basulôn, su un camioncino cäl féva un disàstär äd fum. Vendeva affettati, formaggi, frutta e verdura e mentre la moglie serviva i clienti, lui suonava la fisarmonica per attirarne altri». Sorrideva mentre mi regalava queste immagini che sentivo vicine quasi le

vedessi. «E intant che Baslôn al sunéva io mi incantavo a guardarlo - continua - ho cominciato sessanta anni fa e ancora mi diverto. Allora con una piccola fisarmonica interpretavo canzoni dei tempi andati e nuovi spartiti che procuravo inforcando il mio Mòtom per recarmi a Piacenza». Mi guarda compiacendosi della sua arte e della perseveranza nella sua passione. Gli chiedo come è diventato alpino, lui sembra assorto in ricordi che vincono con fatica il tempo. «Nel 1961 fui chiamato al CAR di Bassano del Grappa per poi passare ad Udine quale Alpino del Genio Pionieri, certi botti con tritolo! fino a 3 Kg per carica, ma con la tecnica per non farsi del male». Poi l’orgoglio d’essere Alpino (scritto con la lettera maiuscola), le adunate, i pranzi le bisbocce accompagnate sempre dalla fedele fisarmonica. Il matrimonio con Carla e la nascita di tre figli ormai grandi. La malattia della moglie in un periodo maledetto dove al dolore per l’infera, si assommava l’impossibilità di starle vicino, stringerele la mano e rendere una buona parola alla compagna di una vita. Memoria, memorie di una vita. Memorie che stemperano un dolore ancora presente. La sua vicenda aveva commosso l’Italia e non solo: persone da tutto il mondo avevano inviato un pensiero, un ricordo e spesso, un ringraziamento a questo timido e riservato signore che ho avuto la fortuna di incontrare a Stradella, nella mitica sede degli alpini retta con maestria dall’amico Roberto, capogruppo della Sezione. Nell’estate del 2020, usciti dalla prima grande tornata pandemica, decidemmo con Roberto, di offrire ai Sanitari dell’Ospedale di Stradella, magistralmente guidati dal Prof. Giovanni Ferrari, una cena di ringraziamento per i loro sacrifici e la loro dedizione durante i durissimi mesi che ci eravamo messo alle spalle. Era stata apprezzata e, contrariamente a qualcuno a cui la memoria non appartiene all’anima, come diceva il saggio filosofo citato, noi abbiamo memoria, noi abbiamo pensato di riproporre un’altra cena con i soliti convitati, nella solita sede degli alpini di Stradella. Durante i preparativi l’anfitrione Roberto, mi raccontò che il 24 giugno avrebbe assistito alla premiazione a Castel San Giovanni di un suo amico, l’alpino Stefano che aveva commosso il mondo con quella famosa serenata suonata con la fisarmonica e cantata indossando il suo cappello con la piuma nera. La cena era prevista per il giorno 25 giugno e mi parve logico invitare l’alpino Stefano, nella casa degli alpini a festeggiare e ringraziare i medici per quanto avevano fatto nel secondo tremendo anno di pandemia. Alle diciassette a Stradella con il mio fido Domenico Petruzza, amico e collaboratore; intento a preparare con tre alpini convocati da Roberto, tavolo, cucina, vini e manicaretti, sento il capogruppo della Sezione di Stradella annunciare una sorpresa. Dopo qualche istante si staglia sulla soglia di

L’Alpino Stefano con Giuliano Cereghini e le dottoresse Ester Galanti e Rossana Scabrosetti

casa la figura minuta di un vecchio alpino con il cappello d’ordinanza sormontato da una smisurata penna nera. Lo riconosco, lo saluto complimentandomi per il gesto d’amore che aveva compiuto e per la gigantesca penna nera infilata nel cappello da alpino. Mi squadra schernendosi senza commentare l’avventura musicale che per molti è stata un gigantesco gesto d’amore. Mi precisa però, che la lunga penna nera serviva e serve ad aumentare la sua breve statura. Gli ricordo una vecchia canzone degli alpini che recita: “bersagliere ha cento penne, ma l’alpin ne ha una sola; un po’ più lunga, un po’ più mora, sol l’alpin la può portar”. Sorride e mi guarda quasi ad indagare le mie virtù culinarie. Basso di statura ma con l’orgoglio della sua penna nera e due occhi dolci e penetranti. La sua fisarmonica poi, l’accarezza come si può solo con una cosa amata. La sfila dal fodero lucido, inforca i due spallacci neri e, dopo aver accarezzato le placche madreperlacee che rivestono lo strumento, sfiora con le dita i tasti neri e bianchi ricercando assorto la giusta tonalità. I bassi che accompagnano e il ritmo antico delle note che magicamente nascono dall’arcano mistero che lega l’uomo alla musica e gli uomini più semplici e veri alla fisarmonica. Per qualche istante il balletto frenetico delle dita minute dell’uomo sulla tastiera dello strumento, attirano gli sguardi degli astanti ma d’improvviso, le note che nascono dal cuore di questo grande uomo, ti rapiscono invadendoti l’anima e la mente: di ricordi, emozioni, momenti indimenticabili e persone indimenticate. L’artista sembra vivere un mondo magico fatto di note e d’armonie ma, d’un tratto, un luccichio, un velo di commozione negli occhi dell’uomo. Termina la suonata, mi avvicino e gli sussurro piano: “i ricordi sono a volte bestiacce che ti morsicano lo stomaco ma la memoria è ciò che differenzia gli uomini in due categorie: quelli veri da quelli fasulli”. Mi sorride nascondendo gli occhi e la commozione nelle falde di un fazzoletto a quadri e roselline. All’arrivo dei medici e infermieri iniziamo una cenetta sincera: salame e coppa lasciati per mesi a meditare nelle storiche cantine dell’alto Oltrepò,

un risottino al limone, un robusto risotto ai porcini, cinghialino con le olive, arrosto di vitello in salsa salmistrata, un tocchetto di bitto dei pascoli alti della Valtellina, frutta e caffé. Qualche bottiglia di riesling, pinot rosato e rosso Oltrepò in onore degli alpini. Qualche piattino vegetariano per le dott.sse che non gradiscono la carne ma con la soddisfazione di aver convinto una bionda cultrice dell’insalata ad assaggiare il salame e di aver coinvolto le dott. sse Rossana Scabrosetti ed Ester Galanti in un coro a squarcia gola sulle note di una vecchia canzone “Quelle stradette che tu mi fai fare”, accompagnati dalla magia di Stefano e della sua scintillante fisarmonica. (A contrasto di eventuali smentite da parte degli interessati, sono pronto a fornire documentazioni fotografiche e filmati). La serata si conclude con una mazurca suonata dal magico alpino Stefano e ballata dal cuoco e dalla bionda dott.ssa Susan che ha dimostrato alle italiane presenti, quale sia l’amore per la musica e per il ballo delle donne tedesche. Al termine della serata, stilliamo il menù del prossimo autunnale incontro culinario, (previsti pizzoccheri valtellinesi, funghi trifolati e arrosto, Gulasch ungherese di capriolo o daino e dolci di stagione). Naturalmente ci siamo ripromessi di avere sempre tra di noi l’anima buona di un vecchio alpino con la fisarmonica; ha commosso il mondo con un gesto d’amore che resterà negli occhi e nella mente di chi ha visto le immagini riportate dai media e nel cuore di chi ha stretto la mano e guardato nei profondi occhi buoni l’amico alpino Stefano Bozzini, campione di memorie, umanità e nobili sentimenti. Vorrei chiudere con questa immagine ma non posso. Sorridendo il vecchio guerriero mi ferma ed aggiunge: «Sabät pasà sè spusà Lucia, l’ultima dei miei tre figli. Prima l’ho cumpagnà a l’altar e all’uscita della chiesa, msò mis a sunà sul sagrato mentre i bambini ballavano e i parenti gettavano il riso augurale». Grande Stefano, grande uomo, Alpino, marito e padre. Grande memoria d’amore da cui i giovani dovrebbero trarre il meglio ricordando un gesto scolpito in un tramonto infuocato.



CURIOSITà

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Parabola dell’Apollo 13, «Alla Nasa non serviva più, io l’ho portata qui» L’universo è sempre stato al centro della curiosità umana, la materia e l’energia, i pianeti, le stelle, le galassie e il contenuto dello spazio intergalattico sono fonti di studi continui da parte dell’uomo. Non c’è da stupirsi che molte persone associno i radiotelescopi alla ricerca della vita nell’Universo. Alcuni film di fantascienza hanno sicuramente contribuito a influenzare in questo senso l’immaginario collettivo. Peraltro: i radiotelescopi sono utilizzati anche nell’ambito dell’astrobiologia, la vasta branca interdisciplinare che si occupa di valutare quanto l’Universo sia un luogo “ospitale” per la vita – e, magari, dove sia più plausibile andare a cercarla. Certo, la descrizione di queste grandi antenne che viene fornita sul grande schermo, e di come gli astronomi le impieghino per studiare i corpi celesti, è spesso ingannevole. Ma di che cosa si occupa la radioastronomia? L’astrofisica moderna si fonda sullo studio del cielo in tutte le bande dello spettro elettromagnetico tra le quali solo la cosiddetta “finestra visibile” corrisponde a frequenze osservabili con i nostri occhi o con i classici telescopi ottici. La radioastronomia è il settore dedicato all’indagine dell’Universo tramite la sua osservazione nelle onde radio, che sono onde elettromagnetiche a bassa frequenza e bassa energia emesse da numerosi corpi celesti spesso non osservabili in altre bande spettrali. I dati ottenuti dai radiotelescopi consentono di ottenere informazioni sulla morfologia, la composizione chimica, la dinamica e l’evoluzione di una vasta categoria di oggetti. A Prelle di Santa Margherita di Staffora, si può ammirare il Radio Osservatorio Astronomico denominato Giordano Bruno, ideato, realizzato e gestito completamente dall’astrofisico Franco Cappiello presidente della società aerospaziale BFC dell’Università degli studi di Pavia. Siamo andati a trovarlo e davanti a telescopi, cupole e parabole che ci hanno non poco sbalordito, ci ha raccontato come e quando e perché l’idea di installare un Radio osservatorio astronomico in Oltrepò Pavese. Intanto ci può spiegare la differenza tra osservatorio astronomico e radio osservatorio astronomico? «L’osservatorio astronomico è dotato di telescopi usati appunto per osservare le stelle. Sono strumenti ottici che sostituiscono l’occhio umano che, non è sufficientemente sensibile per coprire le grandi distanze. Il telescopio è in grado di raccogliere molta più luce. Quello che noi vediamo arriva da una distanza spropositata, per cui abbiamo bisogno di raccogliere grandi quantità di luce con strumenti adeguati per studiare, fenomeni stupefacenti.

Santa Margherita Staffora «è uno dei pochi cieli puliti d’Italia»

Franco Cappiello presidente della società aerospaziale BFC dell’Università degli studi di Pavia Alcuni vengono mostrati attraverso i documentari di astronomia. Grazie agli strumenti ottici siamo in grado di raccogliere luce in grandi quantità in uno spettro di frequenze superiore al nostro occhio, e come ci insegna la fisica, le frequenze sono molto più ampie rispetto alla misura in cui noi le percepiamo». Quale strumento ha realizzato per raggiungere il suo scopo? «Un’antenna molto particolare proprio per raccogliere tutto lo spettro delle frequenze che non vediamo ad occhio nudo. Radio telescopi molto potenti, che raccolgono tutto ciò che sfugge al comune telescopio. Solo così siamo in grado di ottenere da tutte le frequenze, ulteriori informazioni estremamente importanti». Cosa ha ottenuto grazie al radio telescopio? «La storia completa di un fenomeno celeste. Faccio un esempio: mentre grazie alle foto noi possiamo vedere la bellezza esteriore di un fenomeno o l’immagine di un evento, con il radio telescopio siamo in grado di vedere oltre, addirittura cosa sta succedendo in un determinato punto del cosmo». Perché ha chiamato il suo Radio osservatorio astronomico Giordano Bruno? «Perché come ci insegna la storia, Giordano Bruno era uno studioso che non si accontentava delle apparenze. In ogni situazione dell’epoca, prestava la massima attenzione ad ogni dettaglio pur di capire tutto ciò che lo circondava». Di quanti e quali strumenti è dotato questo centro? «Quattro telescopi importanti e un radiotelescopio. Ci sono diversi strumenti che non sono ancora completamente installati. praticamente sono tre anni da quando ho

cominciato a lavorare per la realizzazione di tutto questo, fortuna vuole che ho alcuni amici che vengono ad aiutarmi quando sono liberi da impegni». Perché ha scelto proprio questo posto nel comune di Santa Margherita di Staffora? «Perché è uno dei pochi cieli puliti d’ Italia. In questo punto siamo in una conca, per cui le montagne circostanti mi schermano le luci delle grandi città come Milano, Genova, Piacenza, Voghera e Tortona. Praticamente questa è un’oasi, in gergo tecnico, chi fa astronomia si stupisce, possiamo vedere da qui la ventiduesima magnitudine, possiamo vedere stelle ad una distanza inimmaginabile. Presto questa struttura sarà completata e

verrà pubblicizzata in tutto il mondo». È vero che la parabola installata qui ha una storia molto particolare? Ce la può raccontare? «Per me questa parabola è molto speciale e le spiego il perché. Mi trovavo in Texas proprio dove la stavano smantellando, ormai non serviva più ma io l’ho voluta perché quella parabola è stata la prima a ricevere il messaggio dall’Apollo 13. Proprio così, il primo messaggio inoltrato dall’Apollo 13 e che ha ispirato il cinema con la famosa frase: “Houston abbiamo un problema” Alla Nasa non serviva più, nessuno la voleva, io l’ho portata qui e ne sono felice». di Stefania Marchetti

Il Radio osservatorio Astronomico Giordano Bruno di Prelle, nel Comune di Santa Margherita Staffora



MUSICA

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«Ho fatto scoprire al mio pubblico dei bellissimi luoghi come il ponte della Becca» Il cantante e showman Pago, pseudonimo di Pacifico Settembre, che ha vinto nel 2020 la decima edizione di “Tale e Quale Show”, negli anni novanta ha deciso di lasciare la sua terra natale ovvero la Sardegna per trasferirsi in Oltrepò: nonostante i climi e gli stili vita completamente diversi non ha dubbi, per lui è stato amore a prima vista con questo luogo che lo ha ispirato, senza mai smettere, a livello artistico. Buongiorno Pago, grazie per averci dedicato del tempo, come sta trascorrendo le vacanze? «Bene, mi trovo con mio figlio a Cagliari e fortunatamente è un periodo davvero bello. Da poco ho anche potuto riprendere con gli spettacoli dal vivo e sono davvero felice della cosa». Come sono stati questi mesi lontani dal palcoscenico per lei? «In realtà, a differenza di molti miei colleghi, ero lontano dal palcoscenico già da prima dei vari lockdown e restrizioni in quanto ero molto impegnato a livello televisivo; con la televisione mi sono fermato solamente per pochi mesi, quelli iniziali, ma per me la musica è vita ed è il mio lavoro da oltre venti anni per questo se sto troppo tempo senza performare sento mancare una parte importante di me. Quando salgo sul palco sono Pago non più Pacifico Settembre ed è quello che amo fare, dopo tanto tempo le sensazioni che provo non sono cambiate se mai amplificate… ma essendo questo un periodo ancora complicato, mi spiace vedere tra il pubblico - che nonostante tutte le accortezze, sicurezze e distanze - certe persone che non riescono comunque a godersi del tutto il momento

Pacifico Settembre, in arte Pago, vincitore 2020 di “Tale e Quale Show”

per paura che il divertimento possa essere fonte di rischio». Parlando della terra nella quale ha scelto di vivere, è fonte di ispirazione quando inizia a scrivere una nuova canzone? «L’Oltrepò mi ha dato tanto: sono arrivato negli anni ‘90 ed ho subito amato anche il clima per non parlare delle colline e dei vigneti, addirittura trovo affascinante anche la nebbiolina che per me è poetica e l’inverno è il mio periodo più produttivo anche se detto da un sardo può sembrare strano da sentire, se c’è qualcosa che invece non sopporto proprio sono le zanzare. L’Oltrepo è una terra magica che merita

di essere riscoperta… il mio percorso musicale è partito qui suonando in varie serate nel locale Insonnia che si trovava a Pavia, partecipando ad eventi di intrattenimento non solo con altri cantanti ma anche con comici che ora calcano i palchi di tutta Italia: a fronte dei più bei ricordi che ho che riguardano quei momenti posso affermare che questa terra merita di essere riscoperta partendo dalle bollicine, dal cibo fino alla sua capacità di intrattenere». Il suo ultimo singolo vanta un videoclip girato proprio in Oltrepò. «Per la buona riuscita di questo videoclip voglio innanzitutto ringraziare Andrea Ba-

riani Giardini che ha fornito la location e il sindaco di Mezzanino Adriano Piras il quale è uno dei primi sindaci sardi al di fuori dell’isola. Grazie alle location e ai permessi per fare riprese sul Ticino ho fatto scoprire al mio pubblico dei bellissimi luoghi come il ponte della Becca. In moltissimi sono rimasti stupefatti e mi hanno chiesto di condividere il nome e la posizione di quelle zone in modo da poterle visitare, infatti ho pubblicato sui miei social parti del backstage. Per me è stata una grandissima soddisfazione perché ormai mi considero non più solo sardo ma anche dell’Oltrepò Pavese per questo avevo anche aperto un locale chiamato Agua a Broni». Tornando invece a parlare della sua musica, cosa ci dobbiamo aspettare a livello artistico nei prossimi mesi? «Per prima cosa dato che sono tra i vincitori di “Tale e Quale Show”, parteciperò alla prossima edizione di “Tale e Quale Torneo” con Carlo Conti realizzata per beneficenza e per quanto riguarda il lato musicale della mia carriera posso anticiparvi che verso metà settembre uscirà il mio nuovo singolo “Soli nel sole” ma l’iniziativa di cui vado più fiero è il mio tour per teatri che partirà in autunno, sperando che nuove chiusure o restrizioni non impediscano la cosa. Sarò accompagnato da una band con vari momenti non solo musicali ma anche di recitazione nei quali racconterò la storia di noi artisti che viviamo facendo musica, il nome dello spettacolo sarà “Il protagonista». di Riccardo Valle



SPORT

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«Promuovere i pattini per lo spostamento in città, come è già accaduto per il monopattino» La “Roller Dream” è una scuola di pattinaggio artistico, fondata a Pavia nel 2002, attualmente con sede presso il Centro Sportivo di Casteggio e molto attiva sul territorio oltrepadano. In diversi anni la società sportiva ha saputo aggiudicarsi diversi titoli provinciali, regionali e nazionali, sia a livello promozionale che a federale. Abbiamo intervistato Paolo Ottazzi, direttore sportivo della “Roller Dream” e responsabile regionale del settore pattinaggio dell’UISP (Unione Italiana Sport Per tutti), il quale ci ha raccontato quali sono le attività che vedono coinvolte la società sportiva e le difficoltà affrontate in questi anni di pandemia. Paolo, da quanto tempo è nel mondo del pattinaggio artistico? «Sono allenatore di pattinaggio artistico da trentacinque anni. Nel 2002 abbiamo aperto la “Roller Dream”, società che inizialmente aveva sede a Pavia, dove era l’unica scuola di pattinaggio, e dal 2004 abbiamo iniziato ad espanderci anche in Oltrepò Pavese, aprendo varie sezioni sportive». Dove sono le vostre sedi? «Attualmente abbiamo sedi a Pavia, Casteggio, Stradella, Broni e Voghera, dove da settembre inizieremo i corsi presso la Polisportiva Vogherese. Con le nostre sezioni riusciamo a coprire tutto l’Oltrepò e siamo all’avanguardia per quanto riguarda il nostro settore sportivo. Complessivamente abbiamo circa duecento atleti tesserati». In cosa concerne la vostra attività sportiva? «Ci occupiamo del pattinaggio a rotelle, nello specifico nel pattinaggio artistico. Inoltre svolgiamo, seppur in minor parte, il freestyle con pattini in linea. In tutti questi anni abbiamo sviluppato diverse discipline, soprattutto riguardanti i bambini. Lavoriamo principalmente con i giovani, partendo da un’età di quattro anni fino ad arrivare ai sedici, ma svogliamo anche corsi per adulti. Siamo affiliati alla FISR (Federazione Italiana Sport Rotellistici) e all’UISP (Unione Italiana Sport per Tutti). Da dodici anni al Centro Sportivo di Casteggio organizziamo il “Roller Meeting”, un raduno formativo a livello nazionale, all’interno del quale organizziamo un torneo. Inoltre, collaboriamo attivamente con il CONI Provinciale, dato che siamo Centro di Avviamento allo Sport. Abbiamo sempre partecipato come federazione allo “Sport Exhibition”, evento annuale organizzato dal CONI a Pavia o Vigevano, per promuovere le attività sportive provinciali». Com’è composto il vostro staff tecnico? «La nostra società ha nove allenatori,

Paolo Ottazzi direttore sportivo della Roller Dream di Casteggio con Simone Boscain, Campione Regionale FISR 2021 Categoria Divisione Nazionale D

suddivisi sui corsi delle varie sezioni, un coreografo e un preparatore sportivo a Casteggio». La “Roller Dream” in questi anni ha ottenuto diversi successi in ambito nazionale e regionale. Quali sono stati i migliori risultati ottenuti? «È difficile poterli elencare tutti, visto il grande numero di categorie e specialità. Come FISR, tra i nostri atleti abbiamo il campione regionale nella categoria “divisione nazionale” e una campionessa regionale nella specialità “obbligatori”. L’UISP è un ente di promozione sportiva che svolge diverse attività sia a livello regionale che nazionale: tra i tanti titoli, quest’anno un nostro atleta ha vinto il campionato regionale federale nella “specialità libero”, mentre nella “quartetto gruppi folk” il “Dream Quartet” è diventato campione nazionale della “fase 2”, che si è svolta a Vigevano a giugno. Negli anni, nelle diverse categorie dell’UISP abbiamo raggiunto diversi primi posti in altrettante categorie e specialità». Con una pandemia in corso, come avete affrontato queste ultime due stagioni agonistiche? «Gli ultimi due anni sono stati molto difficili: con la pandemia abbiamo potuto solamente proseguire con l’attività agonistica, per poterci allenare per le gare. È stato un periodo brutto e siamo riusciti a svolgere la prima gara aperta ai genitori e al pubblico solamente nel mese di luglio, occasione nella quale tutti hanno avuto la possibilità di potersi rincontrare dopo diverso tempo.

Negli ultimi due anni, le sezioni di Broni e Stradella sono rimaste ferme, perché non era possibile accedere agli impianti. Per questo motivo abbiamo inoltrato i ragazzi verso Casteggio, dove si potevano svolgere gli allenamenti». Come avviene l’approccio a questo sport? «Collaboriamo con le amministrazioni comunali e le scuole. Il periodo estivo, invece, è dedicato maggiormente alla promozione, grazie ai centri estivi sul territorio. Anche se, per la maggiore, ci si avvicina a questo sport grazie alla pubblicità fatta dai soci. Prima di effettuare le prime interpretazioni, occorre almeno un anno di allenamenti. I corsi per i giovani vanno dai quattro ai sedici-diciotto anni». Come sono divisi i gruppi? «Per quanto concerne i gruppi, sono suddivisi in “avviamento”, cioè i bambini alle prime armi; “preagonismo”, nella quale si svolgono attività di avvicinamento alle gare; “agonismo”, diviso in due gruppi in base all’età». Chi vuole diventare agonista quante ore di allenamento deve sostenere settimanalmente? «Dalle tre ore settimanali, per l’avviamento, fino ad arrivare alle dieci ore per l’agonistica, passando da circa sei ore settimanali per il preagonismo. Il pattinaggio è uno sport difficile, in cui non basta l’attività sportiva ma interviene anche la coreografia, l’interpretazione e la mimica. Come per gli altri sport, tutti possono avvicinarsi a questa disciplina. Certamente, più si au-

menta di livello, più sarà avvantaggiato chi è fisicamente predisposto. Poi si arriva all’età di diciotto-venti anni, quando per motivi di studio e di lavoro inizia ad essere più impegnativo allenarsi. Abbiamo anche degli atleti adulti, che partecipano alle gare di pattinaggio freestyle nella categoria “master”, che va oltre i trent’anni». La vostra società è impegnata in altri progetti al di fuori del contesto sportivo? «Con UISP stiamo portando avanti un progetto per la promozione dei pattini come strumento di mobilità utile per lo spostamento in città, un po’ come è già accaduto per il monopattino». Certamente questa situazione di emergenza si protrarrà ancora per alcuni mesi. Cosa si aspetta dalla prossima stagione sportiva? «Il nostro obiettivo è quello di poter ritornare a svolgere le attività al 100%, a differenza dell’attuale 50%. Il lockdown ha influito sia a livello qualitativo, in quanto gli atleti si sono allenati molto meno, che a livello economico, dato che i costi delle sezioni sono rimasti invariati. Speriamo, a settembre, di poter registrare nuove adesioni. Noi teniamo parecchio alla salute dei nostri ragazzi e, per quanto concerne le normative anti-Covid, facciamo tutto quello che è possibile per allenarci in piena tranquillità e sicurezza». di Manuele Riccardi


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Giorgio Buscone: «Carrozzieri? No grazie» La prima edizione del rally di Monza fu disputata a dicembre 1978 in due freddissime giornate, la seconda delle quali vide l’autodromo imbiancato da una subdola quanto inattesa coltre di neve ghiacciata. La Ford Escort RS su cui leggevo le note a Giampiero Torlaschi aveva il numero 55. La RAI mise in onda la diretta delle prime cinquanta macchine che partivano in ordine inverso alla numerazione per tenere viva l’attenzione del pubblico. La prova, della lunghezza di pochi chilometri, partiva su di un tratto in pavé della pista vecchia, ormai in disuso, per poi percorrere alcune stradine sterrate. Molti piloti in attesa del proprio minuto facevano da spettatori interessati. Noi ci trovammo fianco a fianco nientemeno che con Marku Alen che guidava la Stratos Pirelli n.1. Mancavano pochi minuti all’orario di partenza del primo concorrente e aspettavamo di veder transitare la vettura apripista, quando si cominciò ad udire non un rombo ma un fastidioso ronzio che si avvicinava lentamente in senso contrario alla direzione di marcia. Alla fine tra lo stupore generale spuntò un Ciao Piaggio guidato da un ragazzino infreddolito con la mano sinistra in tasca e la destra sulla manopola del gas che salutava con vistosi cenni del capo gli spettatori sbigottiti ricevendone in cambio indicibili insulti. Questo fu il modo con cui Giorgio Buscone, per pochi intimi “il nanu”, si presentò alla ribalta del rallysmo che conta. Salto temporale di due anni e altra pista. Ottobre 1980, a Imola si disputa una prova di quella fantastica e irripetibile manifestazione che è stato il Giro d’Italia. In prima fila nello schieramento di partenza la Beta Montecarlo di Gilles Villeneuve. A pochi minuti dallo start tutti i meccanici escono mentre resta il direttore sportivo Lancia Daniele Audetto che parla col fenomeno canadese. Di fianco, braccia conserte, il solito ragazzino che guarda ora l’uno ora l’altro e annuisce. Certo Audetto avrà pensato che fosse un amico del pilota o anche un parente considerando la statura, e viceversa. Sta di fatto che nessuno ha niente da eccepire e quando a pochi istanti dalla partenza il ds esce di pista, il nostro lo segue a ruota e prima di dover dare spiegazioni si eclissa. Chi non conosce Giorgio ha tutto il diritto di cominciare a pensare che faccia tosta e intraprendenza non gli facciano difetto. Non altrettanto brillante era stato tre mesi prima l’esordio agonistico nello slalom di Pallavicino a bordo di una poco rombante Fiat 500. Corsa strana, di altri tempi, improponibile oggi. Il concorrente pagava la tassa d’iscrizione di diecimila lire e disputava una manche, poi se non contento della propria prestazione cacciava un altro deca e faceva un

L’Equipaggio Giorgio Buscone - Mario Perduca al Rally Oltrepò del 1997

altro passaggio. Per inciso quella gara vide anche l’esordio di un altro ragazzo di cui avrò modo di parlare in futuro. Purtroppo Giorgio, in lotta per il successo di classe, all’ultimo tornantone la mise su di un fianco sotto gli sguardi attoniti e disgustati di Giuliano Facetti e Giovanni Alberti. A Marzo 1988, per la prima vota insieme, disputiamo il rally Città di Stradella con una Manta gr.A che resiste solo una prova, ma che prova! L’anno successivo partecipa in coppia con Raffaele Caliro al trofeo Uno Turbo e alterna prestazioni ottime ad altre meno esaltanti, finché a fine agosto mi propone di fargli da secondo al rally di Piancavallo. Mi piacerebbe, ma causa impegni di lavoro non riesco a trovare il tempo per le ricognizioni e si sa quanto provino i trofeisti. Serafico obietta che non importa, farà qualche passaggio con il Lele aggiustando le note passategli da un altro amico, basta che io arrivi per le verifiche. Senonché il Lele sta male solo al pensiero di leggere in macchina e così si scambiano di posto, Lele guida e Giorgio si autolegge le note, le ascolta e le corregge. Approccio molto professionale alla gara considerando il fatto che poi resta solo il Sanremo e l’ambizione è di finire sul podio del trofeo. Al via della gara mi ritrovo a non conoscere un solo metro né dei trasferimenti né tantomeno delle speciali, avendo da leggere note scritte da un altro naviga e corrette da

due piloti. Non mi è più capitato niente di simile. L’inizio della prima speciale è quasi fantozziano, io a raccomandargli prudenza e lui a darmi retta, in poche parole lenti, almeno per i primi chilometri, poi quando gli chiamo “100 allo spiazzo S3K” si ridesta e mi conferma “questa la ricordo!” e infatti dritti nel campo sottostante, ma senza danni e riesce subito a trovare il passo per rientrare in strada. Da lì in avanti l’affiatamento migliora, anzi si consolida e finiamo la gara in sesta posizione, piazzamento assolutamente insperabile vista la competitività dei partecipanti. Tralasciando i fatti polverosi del 1991 salto a Maggio ’94 verifiche a Rivanazzano Terme del rally Oltrepò. I troppi sponsor che si propongono per supportarci fanno sì che per non scontentare nessuno non partecipiamo, ma andiamo a curiosare. Qui si impone un inciso universalmente valido. Se un navigatore si aspetta di ricevere una qualsiasi gratificazione da parte del proprio driver è un povero illuso. Il punto nove del decalogo del pilota recita: il navigatore non influisce in positivo sul risultato, il migliore è quello che fa meno danni. Che fa la differenza è chi guida, poi in ordine di importanza viene la macchina, poi le gomme, poi l’assistenza, poi la fortuna benevola o avversa che sia e poi poi poi il trasportato. Questo il pilota pensiero da tutti condiviso e sfido chiunque a soste-

nere il contrario. E Giorgio è un pilota. Ma Belzebù non fa i coperchi. Le condizioni meteo sono un disastro, cielo plumbeo, a tratti piove, ma quel che è peggio in alto c’è una densa foschia che non promette niente di buono per la gara che si svolgerà per intero col buio. Un caro amico che corre saltuariamente e qui è iscritto con una Ford Escort Cosworth, visibilmente preoccupato per la franchigia, fa a Giorgio una proposta originale “sali tu al mio posto, mi fido di te più che di me stesso, ti do una tuta uguale alla mia, io faccio solo la partenza, i riordini e il parco assistenza, tu non ti togli mai il casco e alla fine risalgo io per la pedana d’arrivo”. Nel frattempo mi allontano di poco per salutare un amico ma tenendo l’orecchio teso, non vorrei mai che accetti, sento la risposta detta a mezza bocca “si può fare, ma solo con il mio navigatore”. Ecco, questo è stato il riconoscimento più eclatante ricevuto in trentacinque anni di (poco) onorata carriera. Fortunatamente non se ne fece nulla. Altra edizione del rally, anno 1996, stessa sede, stesso clima schifoso, tutto il giorno acqua, verso sera smette di piovere e il generale dubbio amletico è: intermedie o pioggia? Indovinala grillo. La nostra bellissima Delta Autosport dell’amico Flavio Davisod ha il numero 7. Davanti a noi la Toyota Celica del Team Grifone pilotata da Alessandro Ghezzi. Il patron stesso del


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Giorgio Buscone, classe 1960

team, Fabrizio Tabaton, si prende la briga di andare a controllare le condizioni della prova di apertura, la classica Oramala, appena prima della partenza del rally. Il suo responso è categorico, farà montare le rain, troppi rivoli che attraversano la strada nella prima metà, esposta a nord. Avrei giurato che bastian contrario Buscone, venutone a conoscenza, avrebbe optato per le gomme intermedie. E infatti ascoltando il suo ragionamento all’inizio mi convinco di averci visto bene “niente pioggia, in salita anche se troviamo acqua stiamo attenti a non far danni, ma dal castello fino a Varzi è un versante sempre ventilato, la strada sarà asciutta e lì ce la giochiamo”, che non mi aspettavo era la conclusione “con le SLICK!!!”. Ammetto di essere rimasto basito anche se cercai di darmi un contegno mentre mentivo sapendo di mentire quando risposi “sono d’accordo”. E invece ebbe ragione lui, vincemmo la prova con più di dieci secondi di vantaggio. Già, la prima prova. Qui Giorgio era insuperabile, ha sempre dato subito tutto, subito concentrato e determinato. Di un pilota si può dire in modo generico bravo, pericoloso, bravissimo, fermo, fonte di reddito per i carroz-

zieri, ospite d’onore a “Chi l’ha visto?” e altre amenità simili. Ma andando più nei dettagli a mio parere la sua dote migliore di guida è la sensibilità, per cui grande controllo del mezzo, la macchina gli può scappare ma la riprende, sempre lucido e presente. Non ho mai capito come faccia ma è così. Fosse per lui i carrozzieri del motor sport lavorerebbero solo in fase di preparazione della scocca. E poi la capacità di improvvisare, di fare fronte a situazioni impreviste, a condizioni inaspettate, Improvvisatore anche dialettico. Durante una cena di fine anno della scuderia, ad un giornalista che gli chiedeva i programmi per l’imminente stagione formulando così la domanda “quest’anno cosa fai?” non volendo scoprire le proprie carte rispose a sua volta con una domanda “e tu cosa fai?” “beh, io scrivo” “vorrà dire che io leggo”. La sua gara singola capolavoro è stata sicuramente il rally della Lana 1987 disputato in coppia con Caliro su Mazda 323 4WD sulla distanza di 1242 km totali di cui 407 di speciali divise in tre tappe. Dopo una prima notte incolore su asfalto, appena mette le ruote sullo sterrato cambia registro iniziando a risalire posizioni in classifica fino a concludere in settima posizione nella generale e secondo di N6 dietro solamente a Cunico su Lancia Delta 4WD, vettura ben più performante, tenendo dietro uno stuolo di Delta. In alcune prove veloci in pianura mise dietro addirittura alcune Delta gr.A. L’entusiasmo per il risultato fu però mitigato dal fatto che il piazzamento restò sub judice per il reclamo presentato da un concorrente battuto con la seguente incredibile motivazione: se la vettura fosse stata regolare non avrebbe potuto essere più veloce di macchine tanto più prestazionali. Mai sentito niente di più campato in aria. A distanza di mesi venne riconosciuta la conformità della Mazda, confermata la classifica e finalmente consegnata la coppa del settimo. Giusto per la cronaca sul terzo gradino del

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Rally Oltrepò Pavese 1997

podio salì quel Gianni Del Zoppo che tanta rilevanza avrebbe avuto qualche anno dopo nelle nostre vicende terraiole. Meno esaltante fu il 4 Regioni del 1983 cui partecipò con la vettura che usava tutti i giorni, una 127 poco più che stradale, in coppia con Lucilla, per gli amici la Cia, allora morosa e che poi sarebbe diventata sua moglie. La scarsa affidabilità del mezzo gli fece presagire “vedrai che mi lascerà a piedi nel punto più lontano del percorso”. Detto fatto, la macchina si spense nella prova di Ottone e non volle più saperne di andare in moto. Ma la dinastia continua. Al recente 4 Regioni ha fatto il debutto in gara il figlio Paolo alla guida di una Hunday R5, vettura molto impegnativa per un esordiente. Oltre a mettere in mostra un gran piede (i cromosomi conteranno pur qualcosa), ha dimostrato di avere anche tanta testa. Davvero bravo. Papà Giorgio venne informato di questo progetto solo alcuni giorni prima della gara e non la prese molto bene, preoccupato per la consistente franchigia e an-

cor di più spaventato dal fatto che potesse succedere qualcosa al ragazzo. Per tutta la gara ha stressato tutti con lo stesso ritornello “speriamo non accada niente, speriamo non si faccia male”. Verso la fine della gara, rinfrancato, si è fatto convincere dal Lele ad andare a vedere la penultima prova nella curva dove al primo giro Paolo era incappato in un testacoda. Complice anche il fatto che il rally volgesse al termine il Busconcino non se l’è sentita, giustamente, di replicare lo sbaglio della mattina e ha alzato il piede. Di colpo le preoccupazioni paterne si sono dileguate e dalla bocca di senior è uscito solo un energico DAI!!!!! E fra poco si disputerà la Sei Giorni Internazionale di enduro che vedrà al via il team Busco Bros composto oltre che da Paolo dai fratelli Francesco e Riccardo. In bocca al lupo, ragazzi, di certo avrete tanti tifosi. Tre, un po’ stagionati, sono garantiti. di Mario Perduca



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Rally Internazionale 4 Regioni storico Bis di Riccardo Canzian con la Porsche Il rally 4 Regioni 2021, edizione del 50°, è stato ormai messo in archivio da tempo e con esso anche la vittoria del driver di Broni Riccardo Canzian, ma l’eco di questa manifestazione non si è del tutto spenta. Nei bar, gli appassionati ne parlano ancora, ognuno con le sue tesi, ognuno con i se e con i ma, ma tutti concordi nel dire che nonostante i vincoli posti dal protocollo Covid 19 ed il pochissimo tempo in cui è stato organizzato, ne è uscito un bel fine settimana motoristico. Il Rally 4 Regioni è dunque tornato e nonostante i regolamenti in vigore ne penalizzino il chilometraggio, ha mantenuto fede alla sua fama di gara dura, difficile per uomini e mezzi, ma tremendamente affascinante come poche gare sanno esserlo. Una gara pronta a tornare nell’olimpo dei rally come un tempo, come si addice a chi ha contribuito a costruire la storia delle gare su strada, con prove speciali solcate da rinomati campioni nazionali ed internazionali che sono tornate a fare quella selezione che tanto ha contribuito alla fama del 4 Regioni. Organizzata da Milano Rally Show con il Patronato ed il Comitato d’Onore di Regione Lombardia, la gara ha preso ufficialmente il via venerdì 2 luglio con i protagonisti del Rally 4 Regioni Storico, ed ha visto 37 concorrenti ai nastri di partenza pronti a sfidarsi sulle sette prove speciali in programma nei due giorni di gara. In coda allo “storico” si sono esibiti i protagonisti del rally moderno impegnati su 6 prove speciali e quelli della Regolarità sport con 5 prove da disputare. Allo start della prima giornata di gara non si presentava al via la rara Mitsubishi Galant VR4 di Andrea Botti e Ruggero Tedeschi in ritardo di preparazione e con gravi problemi meccanici emersi durante lo shakedown. La serata vedeva un primo tentativo di allungo da parte Riccardo Canzian con alle note Andrea Prizzon, che si aggiudicavano le prime due prove speciali (due passaggi sulla Pozzol Groppo) con la loro Porsche 911 SC. Dietro di loro era già battaglia tra il tre volte vincitore Matteo Musti, secondo ma alle prese con alcuni problemi di potenza alla sua Porsche 911 RS e Salvatore Riolo con la Subaru Legacy che chiudeva il venerdì di gara in terza posizione assoluta. Leggermente più attardato il plurititolato “Lucky”, quarto, che pagava un ritardo di 9”6 patito soprattutto sulla prima prova a causa dello spegnimento della sua Lancia Delta Integrale in fase di partenza. Si andava così a dormire con le prime 20 posizioni della classifica assoluta così distribuite: 1 Canzian Riccardo/Prizzon Andrea Errerossa ASD Porsche SC; 2 Musti Matteo /Musti Claudia Scuderia Piloti Oltrepò Porsche 911 RS a 01,8; 3 Riolo Salvatore/Marin

vano avviando allo start, successivamente toccava a Matteo Musti ed alla sorella Claudia alzare bandiera bianca a causa della rottura di un condotto dell’olio del motore che metteva fine alla corsa della sua Porsche 911 RS. Canzian ne approfittava per allungare suL’Equipaggio Canzian - Prizzon (foto di Lavagnini) gli avversari vincenMaurizio CST Sport Subaru Legacy a 02,1; do anche questa prova, seguito da Lucky in 4 Lucky/Cazzaro Luigi Team Bassano SSD rimonta, ora secondo e da Ghezzi. Lancia Delta Integrale a 09,6; 5 Noberasco La quinta speciale era una copia della Gabriele/Ferrara Michele Team Bassano precedente, anche se la lotta per la terza SSD BMW M3 a 19,3; 6 Sordi Ermanno/ posizione tra Ghezzi e Noberasco si staBarone Maurizio Team Bassano Porsche va sempre più infiammando. Nemmeno il 911 SCRS a 24,1; 7 Ghezzi Alessandro/ tempo di riordinare la classifica che ecco il Benenti Agostino Scuderia Piloti Oltrepò 4 Regioni pronto a ricordare a tutti la sua Porsche 911 RS a25,6; 8 Covini Giusep- fama di gara imprevedibile: il penultimo pe C./Ciuffi Paolo Lancia 037 River Team tratto cronometrato vedeva l’abbandono di 31,2; 9 Valente Edoardo/Revenu Jeanne F. Lucky e Luigi Cazzaro mentre erano saldaTeam Bassano Lancia Rally 037 a 32,1; 10 mente in seconda posizione assoluta a cauDelladio Lorenzo/Zambiasi Lucia Man- sa di un problema all’idroguida della loro ghen Team Porsche 911 Carrera RS a 32,4; Lancia Delta Integrale. Grande amarezza 11 Corallo Rosario/Bosco Stefano Lancia per il campione Veneto che vanta 10 parteDelta Piave Rally a 41,6; 12 Rossi Sandro/ cipazioni al 4 Regioni, 1975-78-79-80,81, Trivellato Christian New Racing Team For 82 vinto- 83, 84 e 2012 nello storico giunto Genova Renault 5 GT Turbo 5 GT Turbo a secondo. 45,2; 13 Cassinelli Matteo/Albertazzi FaNel frattempo, Noberasco rispolverava tutbio Scuderia Piloti Oltrepò BMW 320i a ta la sua classe ritornando il mitico “Ode46,6; 14 Persani Claudio/Dagradi Andrea on”, andando a vincere la prova speciale Scuderia Piloti Oltrepò Peugeot 205 GTI a davanti a Canzian e Ghezzi portandosi così 52,1; 15 Rossi Maurizio/Genovese Giorgio in seconda posizione assoluta, replicando Scuderia del Grifone Alfa Romeo GTV6 a poi anche sull’ultimo tratto cronometrato 54,4; 16 Bignardi Isabella/Civardi Clauseguito da Ghezzi e Canzian. dio Porsche 911 SC a 57,6; 17 Canzian La classifica finale assoluta del Rally 4 Alberto/Guglieri Debora Errerossa ASD Regioni Storico vedeva così salire sul graOpel Kadett GTE a 01:01,3; 18 Ferrari Rodino più alto del podio in viale del Parco berto/Desole Tiziana La Superba Fiat 127 a Salice Terme il pilota di Broni Riccardo a 01:06,6; 19 Bellinzona Marco/Achino Canzian navigato dal friulano Andrea PrizMarta Rally Club Oltrepò Opel Corsa GSI zon su Porsche 911 SC del 1971, alla sua a 06:48,1 01:12,2; 20 Maroni Stefano/Parseconda vittoria assoluta al 4 Regioni in telli Emilio Rally Club Oltrepò Opel Ka- versione storica dopo quella conseguita nel dett GSI a 01:16,5. 2016 sempre con la stessa vettura: «Sono La seconda giornata di gara si apriva con felicissimo di questo risultato – esordiva il un cambio al vertice della classifica quan- vincitore – è andato tutto bene, la gara è do Musti, navigato dalla sorella Claudia, stata dura ma veramente bella, sono felice con un affondo si rendeva imprendibile anche di aver vinto con i colori della scuper gli avversari con la sua Porsche by Ova deria di famiglia la Errerossa». Corse, al volante della quale si aggiudicava Seconda posizione assoluta a 1’06”7 per il la prima prova di giornata, con un distacco veterano Gabriele Noberasco con alle note di 9” su Canzian, portandosi in testa alla Michele Ferrara su BMW M3: «Mi sono digara davanti allo stesso Canzian e Riolo, vertito – esclamava un entusiasta “Odeon” mentre si ferma Isabella Bignardi con il al traguardo – erano 38 anni che mancavo motore della sua Porsche che esala l’ulti- da questa gara e vincere la Rocca Susella mo respiro. a 65 primavere ha un sapore particolare, è Il colpo di scena che cambiava il volto alla stata dura ma siamo felici del risultato, il 4 gara arrivava però subito dopo, sul quarto Regioni e le sue prove sono sempre belle». tratto cronometrato, quando prima Riolo Noberasco ha alle spalle 4 partecipazioni con Maurizio Marin non entravano nem- al 4 Regioni: 1978, 1981 e 1983 in cui si è meno in speciale a causa del motore amritirato e 1982 dove con la Fiat 131 Abarth mutolito della loro Subaru mentre si sta- ha chiuso al 6° posto assoluto.

Terza posizione assoluta per il coetaneo di Noberasco, il vogherese Alessandro Ghezzi affiancato da Agostino Benenti su Porsche 911 RS a 1’16”5: «Che gara! Ci siamo veramente divertiti anche se è stata dura, difficile come sempre lo sono state queste prove, però siamo soddisfatti del nostro risultato anche perché era un anno che non correvo». Soddisfazione arrivava anche del quarto classificato, in vogherese Ermanno Sordi navigato da Maurizio Barone su Porsche 911 SC RS a 2’17”1: «Questa è una delle gare più difficili in assoluto, in grado di mettere a dura prova sia la vettura che il pilota. Per quanto mi riguarda posso ritenermi più che soddisfatto del mio risultato». Quinti assoluti si classificavano i bravissimi oltrepadani Matteo Cassinelli e Fabio Albertazzi su BMW 320i a 4’09”1. Completavano nell’ordine la top ten assoluta: 6° Valente Edoard- Revenu Jeanne F. Key Sport Enginnering Lancia Rally 037 Team Bassano a 04:32,5: 7° Volpino FrancoAbesano Simona BMW M3 Alma Racing a 05:59,5; 8° Bellinzona Marco-Achino Marta Opel Corsa GSI Rally Club Oltrepo’ a 06:30,9: 9° Persani Claudio-Dagradi Andrea Peugeot 205 GTI Scuderia Piloti Oltrepò a 06:46,1; 10° Torlasco MaurizioTarlasco Marco Opel Kadett GTE Team Bassano. Scorrendo le classifiche di Raggruppamento e di classe degli oltrepadani troviamo vincitori del 2° Raggruppamento e della classe 4 oltre 2000 Alessandro Ghezzi e Agostino Benenti con la Porsche 911 Ova Corse. Il 3° Raggruppamento è andato al vincitore assoluto Riccardo Canzian il quale si aggiudica anche la vittoria di categoria. Vittoria in classe 1/2000 per Gabriele e Martina Faravelli con l’Opel Kadett GT/E davanti all’Alfa Romeo GTV di Luca e Stefano Albera. In classe 2/1150 successo di Daniele Ruggeri e Martina Marzi con la Fiat 127 Sport con Salviotti-Invernizzi (A112 Abarth) costretti al ritiro. CassinelliAlbertazzi si aggiudicano invece la classe 2/2000 con la Bmw 320i per i colori della Scuderia Piloti Oltrepò. La vittoria nel 4° Raggruppamento e nella classe J2-A oltre 2000 va invece al ligure Gabriele Noberasco con la Bmw M3 davanti al vogherese Ermanno Sordi con la Porsche 911 SCRS vincitori della Classe J1 oltre 1600. In classe J2-A 1600 successo per Marco Bellinzona e Marta Achinio con l’Opel Corsa per i colori del Rally Club Oltrepò. Nella classe J2 A-2000, vittoria di Persani- Dagradi su Peugeot 205 GTI (Scuderia piloti Oltrepò) davanti a Maroni-Partelli su Olpel Kadett GSi (Rally Club Oltrepò). Scuderia Piloti Oltrepò a 04:09,1.

di Piero Ventura


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motori

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Il vogherese Scattolon si aggiudica il Rally 4 Regioni riservato alle vetture moderne C’è stata grande attesa anche per il Rally 4 Regioni, gara nazionale riservata alle auto moderne che ha visto ai nastri di partenza 83 equipaggi consacrando vincitore Giacomo Scattolon che iscrive il proprio nome dell’albo d’oro succedendo a “Totò” Riolo trionfatore nell’edizione del 2019. Pronti via ed è subito Scattolon. Come da pronostico, il pilota vogherese, fresco vincitore del rally della Lanterna, detta subito il passo. Alle sue spalle si scatena la caccia al leader guidata da Massimo Brega (per il quale gli anni pare non passino mai) e Paolo Zanini, un equipaggio che rappresenta una vera istituzione del rallysmo non solo locale. Scattolon, con alle note sulla Polo, Giovanni Bernacchini (altro nome importante) già nella prima giornata di gara impone il miglior ritmo sulle prime due brevi prove speciali in programma (la Pozzol Groppo da percorrere due volte), seguiti a livello di prestazione nell’ordine da Brega a 1,6 e Paccagnella a 2”, entrambi su Skoda Fabia Rally2 EVO R5. Quarti sono Marco Gianesini/Marco Bergonzi New Star Skoda Fabia R R5 a 4,0; 5° Michele Tagliani/ Michela Picchetti Skoda Fabia R R5 a 4,5; 6° Marco Silva/Giovanni Pina P.A. Racing Skoda Fabia R R5 a 5,3 e 7° Pietro Tronconi/Camilla Carini Scuderia Piloti Oltrepò Skoda Fabia R R5 a 6,7. L’indomani Scattolon imprimeva un ritmo ancor più elevato alla gara, andando alla fine a scrivere un monologo che l’ha visto aggiudicarsi tutte e sei le prove speciali in programma nella gara, senza lasciare mai spazio ai pur validi avversari. Avvincente però nel frattempo la battaglia alle sue spalle per i restanti gradini del podio, con protagonisti sempre Brega e Paccagnella, questo fino sull’ultima prova speciale quando Paccagnella prendendo un avvallamento della strada vedeva la sua Skoda effettuare uno spettacolare doppio testacoda, fortunatamente senza conseguenza e che gli permetteva di ripartire lasciando però sul posto secondi preziosissimi per il risultato finale. La classifica finale del Rally 4 Regioni vedeva così salire sul gradino più alto del podio il vogherese Giacomo Scattolon – alla sua seconda vittoria assoluta nelle ultime due gare disputate – navigato dall’esperto Giovanni Bernacchini su Volkswagen Polo R5: «Sono molto contento del risultato, per noi è molto importante perché siamo venuti qui per effettuare soprattutto dei test di set-up sulla vettura in previsione anche della nostra partecipazione al Rally di Roma Capitale. Devo dire che abbiamo lavorato bene. La gara è stata molto difficile, con strade che non perdonavano il minimo errore, e la vettura si è ottimamente comportata». Chiudevano in seconda posizione assoluta

Il Podio a 1’02”3 l’altro equipaggio di casa dato tra i favoriti composto da Massimo Brega affiancato da Paolo Zanini su Skoda Fabia Rally2 EVO R5 (tra l’altro vincitori del Trofeo Per sempreConte), soddisfatto del risultato finale: «Salire sul podio nella gara di casa ha sempre un sapore particolare – spiegava al traguardo – nonostante abbiamo perso quasi 45” sulle prime prove di questa mattina per alcune noie meccaniche sono contento del risultato, anche perché era la prima gara che disputavo con la versione Rally 2 EVO della Fabia». Terza posizione finale per i lariani Marco Silva e Giovanni Pina a 1’27”3 su Skoda Fabia Rally2 Evo, anch’essi grandi conoscitori delle strade oltrepadane sulle quali hanno brillato all’epoca del Beta Rally Oltrepò: «Questo risultato dimostra che non bisogna mai arrendersi, dopo il testacoda che avevamo patito sulla prima prova speciale di oggi che ci ha fatto retrocedere in settima posizione assoluta, abbiamo ugualmente cercato di dare sempre il massimo, siamo molto contenti di questo risultato, la gara è stata molto difficile, ma ci siamo divertiti». Dopo l’inconveniente patito sull’ultima prova speciale, per Marco Paccagnella e Matteo Orio è arrivata una quarta posizione a 1’37”6 dal sapore dolce amaro dopo aver visto sfumare il podio quasi alla fine con la loro Skoda Fabia Rally2 Evo R5, ma anche felici di essere usciti indenni dal doppio testacoda che li ha visti protagonisti. Grande soddisfazione anche per il quinto classificato Marco Depau affiancato da Corrado Bonato, che ha chiuso a 1’39”5 la sua prima gara con la Volkswagen Polo R5 dopo due anni e mezzo di lontananza dalle corse. Da sottolineare l’ottima prestazione di Davide Nicelli con Tiziano Pieri: per la

prima volta in gara con la Peugeot 208 Rally4 il pilota di Stradella ha chiuso la gara al sesto posto assoluto, primo tra le due ruote motrici dimostrando di possedere un grande potenziale. Ottimo ottavo assoluto Ronny Di Stefano che al debutto su una R5 (per lui una Skoda Fabia) insieme alla fidanzata Gloria Santini ha realizzato un sogno: il meccanico dell’Erreffe, vestita la tuta da pilota, si è tolto lo sfizio di siglare tempi di rilievo! Subito dietro, in nona posizione, si è classificato il “dottore” Michele Tagliani, su Skoda Fabia. Insieme a Michela Picchetti, il driver originario del Brallo ha disputato un’ottima corsa macchiata però da un testacoda che gli ha fatto perdere parecchio tempo e posizioni in classifica. Una uscita di strada nella serata di venerdì ha posto fine anticipata alla corsa di Vittorio Belumé e Riccardo Filippini su Skoda Fabia. CLASSI Iniziamo dal Gruppo N in cui c’è stato il successo dei portacolori della Scuderia di Casa Efferre Motorsport grazie a Max Nussio e Martina “McKenzy” Macsenti a bordo di una Clio. In N2, invece, per un solo secondo e 6 decimi vincono Cordani Filippo-Padovani Matteo Peugeot 106 N davanti a Compagnoni Andrea-Maggi Paolo Peugeot 106 Rallye per i colori della Efferre. Subito fuori invece Chiapparoli Riccardo e Albertazzi Alessandro con la Citroen Saxo VTS Efferre. In N3 primo e secondo posto per la Scuderia Efferre di Romagnese grazie a: Nussio Massimiliano Macsenti Martina Renault Clio Rs e Castelli Gianluigi Venturini Ennio Renault Clio William a 01:49: 3° Voltan Moreno Corollo Raffaele Renault Clio RS VM Motor Team a 02.37,7: 4° Todeschini Davide Pola Daniel Renault Clio RS 2.0 Bluthunder Racing a 03:21,7: 5° Avogadri Fabiano Bariani Luigi Renault

Clio RS VM Motor Team a 04:01,8; 6° Fabris Fabrizio Spagnolo Claudia Renault Clio 16V a 04:57,1; 7° Maruca Nicolino Naliato Santino Renault Clio Rally Club Oltrepò a 07:46,3. Poca fortuna invece per Claudio Castelli e Niciolino Crevani fermi alla quarta PS. In N4 per 10” a vincere sono Bonifacino Lorenzo Daldini Gea Mitsubishi Lancer Evolution IX Alma Racing davanti a Sangermani Pierluigi Paganin Lorenzo Mitsubishi Lancer Evolution X Efferre. Non vanno invece oltre la PS 2 Daglia Marco Malvermi Debora Mitsubishi Lancer EVO9 Rally Club Oltrepò. In A5, vittoria netta per gli oltrepadani Causchi Florenc Lavagnini Ivan con la MG ZR Efferre. In A7, vince l’esperienza dell’intramontabile Giovanni Castelli navigato da Mattia Domenichella con la Clio. Tra le Super 1600 gli oltrepadani conquistano il secondo posto con Barberis Mattia Giordano ed il terzo con Lorenzo Martinotti entrambi su Clio. In R2B, netta affermazione di Simone e Roberto Fugazza davanti a Muscia, Notarbartolo, Tiramani e Mazzocchi. Positivo, anche se non fortunato, il debutto del motonauta pavese Alberto Huober costretto ad alzare bandiera bianca sulla PS3. In R2C, prova superba per il giovane stradellino Davide Nicelli navigato dal biellese Tiziano Pieri, i quali, con la Peugeot 208 rally 4 del team Scacco Matto, ottengono il primo posto tra le R2C, primi tra le due ruote motrici, e sesti assoluti in una top ten fatta di sole R5. Nicelli ha fatto il vuoto, infatti, alle sue spalle a poco meno di 2 minuti si è classificato Flavio Brega su di una vettura gemella e a oltre 4 minuti Federico Raffetti su di una 208 Gt. La top five della Classe R5, rispecchia quella della classifica assoluta con Scattolon davanti a Brega, Silva, Paccagnella e Depau. Tra gli oltrepadani, oltre Scattolon e Brega troviamo al 6° posto Davide Maggi, all’8° Michele Tagliani, al 9° Pietro Tronconi, all’11° il debuttante vogherese Paolo Buscone, figlio d’arte, al 12° posto Susy Ghisoni alle note di Luison e al 13°, i rientranti Michele Caldaralo e Federica Tronconi. Nella Racing Start, la classe RS1.4 va a Michele ed Enrico Giorgi con la Fiat Panda per la Scuderia Piloti Oltrepo. La classe RS1.6 va invece agli oltrepadani della Cremona Corse, Paolo Burgazzoli e Giorgia Pertosa con la Citroen V2VTS. Nella Racing Start Plus gli oltrepadani li troviamo al 3° posto della RS1.6 RossiGiammarino (Opel Corsa) e nella classe RSTB 1.6 in cui Michele Lucchini e Martina Bertelenghi hanno chiuso al 2° posto con la Mini Cooper S. di Piero Ventura


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Il Rally 4 Regioni di Regolarità Sport, è andato al pilota di Broni Claudio Celadin In coda al Rally Storico e Moderno, interessante come sempre anche la gara riservata alla Regolarità Sport con al via 25 vetture che hanno fatto la storia dei rally. Anche in questa categoria molto serrata è stata la battaglia, soprattutto per le prime tre posizioni, dove al termine ad avere la meglio è stato il pilota di Broni Claudio Celadin con alle note Daniele Bono di Pometo su Lancia Fulvia Coupé Montecarlo, molto soddisfatto del risultato ottenuto dopo due anni di lontananza dalle competizioni. Seconda posizione a solo una penalità di distacco a riprova dell’avvincente lotta anche in questa gara si piazzavano i lariani Luca Monti con Daniele Barbieri su Peugeot 304, con il pilota non troppo soddisfatto a causa di un paio di errori commessi sui due passaggi della Rocca Susella. Terza piazza per Marco Varosio e Giancarlo Graziani felici di aver conquistato il podio finale in una gara dotata di un percorso molto difficile anche per i protagonisti della Sport. Veniamo alla cronaca. Sulla PS1 a Pozzol Groppo i migliori sono Varosio Marco/Graziani Giancarlo Scuderia del Grifone Lancia Beta Montecarlo; davanti a Bordi Ubaldo/Bardelli Alberto Piacenza Corse Lancia Fulvia HF Zagato a 2,00 penalità; 3° Celadin Claudio/ Bono Daniele Piacenza Corse Lancia Fulvia Coupè Montecarlo a 4,00 p.; 4 Monti Luca/Barbieri Daniele Peugeot 304 a 5,00p.; 5° Raimondi Elio/Rizzola Davide Lancia Fulvia Coupè a 13,00p; 6° Bossi Luigi Martino/Mura Roberto Nord Jolly rally Team Autobianchi A112 Abarth a 20,00p; 7° Gregorelli Domenico/Grego-

relli Barbara Paviarally Opel Manta GT a 37.00p; 8° Barilli Giuseppe/Zanoni Daniele Piacenza Corse Lancia Fulvia Coupè a 37,00; 9°Bianchi Gianvittorio/Virginio Bracchi Porsche 911 SC a 65,00p; 10° Verri Carlo/Negrini Fulvio Paviarally Fiat 125 S a 70,00p, mentre leggermente attardato è Rossetta con alcuni problemi sulla Fulvia. Sul primo passaggio della Oramala, seconda prova in programma, il migliore è Monti, davanti a Verri, Cortemiglia con la Porsche, Celadin e Varosio. Dopo 2 prove la classifica generale vede al comando: Monti Luca/Barbieri Daniele Peugeot 304; 2° Celadin Claudio/Bono Daniele Piacenza Corse Lancia Fulvia Coupè Montecarlo; 3° Varosio Marco/ Graziani Giancarlo Scuderia del Grifone Lancia Beta Montecarlo; 4° Raimondi Elio/Rizzola Davide Lancia Fulvia Coupè; 5° Bordi Ubaldo/Bardelli Alberto Piacenza Corse Lancia Fulvia HF Zagato; 6° Gregorelli Domenico/Gregorelli Barbara Paviarally Opel Manta GT; 7° Verri Carlo/Negrini Fulvio Paviarally Fiat 125 S; 8° Bianchi Gianvittorio/Virginio Bracchi Porsche 911; 9° Rossetta Roberto/Degliantoni Alberto Paviarally Lancia Fulvia e Barilli. Dopo la Rocca Susella, terza delle 5 prove in programma, Monti mantiene il comando; Varosio supera Celadin portandosi in seconda posizione, Raimondi è 4°; Bordi 5° e Gregorelli 6°, Bianchi 7°, Rossetta, che ha risolto i problemi in assistenza é in recupero ed è 8° quindi Verri 9° e Perelli Natalino/Roveda Giuseppe Paviarally Lancia Fulvia HF che agguantano la top ten. Sul secondo passaggio a Oramala,

tranne Celadin che si porta in seconda posizione a 3 penalità da Monti, le altre rimangono immutate. Tutto si gioca sul secondo e ultimo passaggio della “Rocca” dove Celadin e Perelli fanno segnare una sola penalità, mentre Monti ne fa segnare 5 perdendo la gara per un solo punto. Top ten assoluta: 1° Celadin Claudio Bono Daniele Lancia Fulvia Coupè Montecarlo Piacenza Corse; 2° Monti Luca Barbieri Daniele Peugeot 304 a 1,00; 3° Varosio Marco Graziani Giancarlo Lancia Beta Montecarlo Scuderia del Grifone a 13,00 4° Raimondi Elio Rizzola Davide Lancia Fulvia Coupè a 66,00 5° Bordi Ubaldo Bardelli Alberto Lancia Fulvia HF Zagato Piacenza Corse a 85,00; 6° Bianchi Gianvittorio Virginio Bracchi Porsche 911 SC a 97,00; 7°Gregorelli Domenico Gregorelli Batbara Paviarally Opel Manta GT a 121,00; 8° Rossetta Roberto Degliantoni Alberto Paviarally Lancia Fulvia Coupè a 136,00; 9° Verri Carlo Negrini Fulvio Paviarally Fiat 125 S a 239,00; 10° Perelli Natalino Roveda Giuseppe Paviarally Lancia Fulvia Coupè 1.6 HF a 281,00, stoicamente al traguardo nonostante un brutto botto sulla “Rocca”. Nelle divisioni, ecco i risultati degli oltrepadani: Nell’ottava Divisione; 4° posto per Nicelli-Pizzochero Opel Kadett GT/E Scuderia Piloti Oltrepo, Nella quinta Divisione vittoria vogherese con Elio Raimondi e Davide Rizzola con la Fulvia Coupè, mentre sempre con una Fulvia Coupè by Paviarally, l’equipaggio di Zavattarello Natalino Perelli e Beppe Roveda salgono sul terzo gradino del podio. Tutto oltrepadano invece il podio nella Divisione 4

L’Equipaggio Celadin - Bono

con Celadin-Bono (Fulvia Coupè Piacenza Corse), Rossetta-Degliantoni (Fulvia Coupè Paviarally) e Verri-Negrini (Fiat 125 S Paviarally) nell’ordine. di Piero Ventura



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A settembre torna il 4 Regioni Anciennes, un fiore all’occhiello da 19 anni rimato chiuso in un cassetto In occasione del 50° anniversario della nascita del Rally 4 Regioni, anche gli appassionati legati alla Regolarità classica vogliono onorare il “grande Rally” con una manifestazione che in parte percorrerà strade e luoghi rimasti nella memoria storica dei cultori dell’automobilismo del tempo che fu. A promuovere l’evento è il Veteran Car Club Carducci di Voghera che per l’occasione, festeggia i 40 anni dalla nascita, ha rispolverato un fiore all’occhiello da 19 anni rimato chiuso in un cassetto: “il 4 Regioni Anciennes”. Nel panorama italiano dell’automobilismo regolaristico per auto storiche, il Rally 4 regioni Anciennes occupò un ruolo di assoluto rilievo. Nato nel 1984 da una stretta collaborazione tra Siropietro Quaroni presidente dell’Automobile Club Pavia, i vertici del Veteran Car Club Carducci di Voghera, ebbe fin da subito un grande successo. Forse grazie ai suoi paesaggi, forse per il suo percorso altamente tecnico e impegnativo, forse per il nome ricco di tanto blasone e per quei richiami alle imprese dei grandi piloti o forse per quel tocco di raffinata accoglienza e mondanità che così bene seppe fondersi con gli elementi sportivi, romantici e sentimentali o più semplicemente per la sapien-

te miscela di tutto ciò, che i partecipanti, a fine gara, si ripromisero di tornare all’edizione successiva. Non fu difficile rimanere coinvolti dalla seduzione dell’ambiente, dalla pace, dalla tranquillità dell’elegante parco delle Terme di Salice, dall’emozione, dai colori delle colline battute dal sole, dalle meraviglie naturali del percorso che agirono sul concorrente come un incentivo a inseguire una bellezza che mutava, si arricchiva e si rinnovava ad ogni curva. Organizzato inizialmente con una frequenza biennale, l’allora deus ex machina della manifestazione Paolo Borghi, grande intuitore, proprio come il suo maestro Quaroni per quanto riguardò il rally maggiore, strada facendo, portò alcune importanti innovazioni, tra cui, ciò che si poté allora definire “la prima gara a media”, inserita come cuscinetto a termine della maratona automobilistica e la pubblicazione delle classifiche finali. Il 4 Regioni Anciennes visse sino al 2002 passando da un successo all’altro con regolaristi di spessore giunti a Salice da ogni parte d’Italia e dall’estero: Svizzera, Francia e Germania comprese. Ora coraggiosamente, il Consiglio direttivo del VCCC con a capo Andrea Guerrini, ha deciso di riproporre quella manifesta-

Regolaristi pavesi a Montecalvo zione ripartendo da zero con l’obiettivo di dare ai propri affiliati ed agli appassionati che vorranno essere della partita, un prodotto di qualità destinato a migliorarsi anno dopo anno. L’evento è in programma per sabato 11 settembre, mentre le iscrizioni, da regolarizzare presso la segreteria del Veteran Car Club Carducci (VCCC) di Voghera, sono aperte da mercoledì 4 agosto. Si tratta di un percorso turistico alla riscoperta di strade e zone che hanno fatto la

storia del motorismo internazionale. Luoghi come Salice Terme, Nazzano, Pozzol Groppo, Cecima, Rocca Susella ecc. PROGRAMMA: venerdi 10/09 dalle 18.00 alle 20.00 pre-accoglienza facoltativa presso la sede del Club in piazza Duomo 70 a Voghera. Sabato 11 settembre dalle 8.30 Accoglienza partecipanti e distribuzione road-bok, gadget e breefing itinerario. La partenza da Piazza Duomo è prevista per le ore 10.00. Un rinfresco è previsto per le ore 13.00 circa. Ripartenza alle ore 14.00. Arrivo attorno alle ore 18.00 presso una bellissima dimora, in prima collina con una vista magnifica sulla pianura. Aperitivo cena e premiazioni. Quote a contributo della manifestazione: SOCI VCC Carducci: Partecipanti 2 PERSONE € 120,00; SIMPATIZZANTI: Partecipanti 2 PERSONE € 150 ,00. Accompagnatore in più € 50,00. La quota comprende: – Rinfresco – Cena – Materiale promozionale. Termine Iscrizioni martedì 07 settembre. Iscrizioni tetto massimo 40 auto Partecipanti. La manifestazione rispetterà le direttive anti Covid-19. di Piero Ventura

Al Via il torneo sociale del Veteran Car Club Carducci di Voghera Con i primi due raduni della stagione, é iniziato il torneo sociale per i regolaristi del Veteran Car Club Carducci di Voghera. Il primo è andato in scena lo scorso mese di giugno presso la pista 7 Laghi di Castelletto di Branduzzo in cui, rispettando il protocollo Covid, una ventina di partecipanti si sono dati appuntamento al volante delle loro vetture d’epoca che hanno caratterizzato la mobilità individuale dagli anni ’70 fino alla metà degli anni ’80. Dalle piccole Fiat 500 alle 127, dalle Volks Wagen maggiolino, alle Renault R5, dalle sportive Alfa Romeo GT, alle Lancia Fulvia Coupè fino alla Fiat X1/9 e le Porsche 911. Non sono mancate le scattanti Autobianchi A112 sostituite a metà degli anni ottanta dalle Autobianchi Ypsilon 10, denominata in alcuni mercati esteri Lancia Y10, un’autovettura utilitaria prodotta dal 1985 al 1995, quale ultimo modello a fregiarsi del marchio Autobianchi. Ed è stata proprio una “Y10”, quella di CantariniRossini ad aggiudicarsi la palma del successo davanti a Fronti-Ruggeri (A112),

Causo-Causo (Lancia Fulvia), CuroneCristina (A112), Crosignani-Crosignani (A112), Negrini-Taschin (Renault R5), Pegoraro-Signorelli (VW Golf), VerriVentura (Fiat 500), Bartolo Zucchena (Fiat 127), Pierluigi Ruggeri (VW Maggiolino), Bellinzona-Moscato (Fiat X1/9), RancatiErcolani (MG F), Barbieri-Marsaglia (Fiat 600), Minuzzo-Bernini (Porsche 911S), Zago-Minotti (Opel Manta) e ancora: Formento (Fiat 127, Menoni (Fiat X1/9), Rampini (A112) e Tona (Citroen 2C). Il tutto si è concluso nella massima allegria con un succulento convivio presso un ristorante della zona, in cui non sono mancate specialità locali e non, durante il quale partecipanti hanno avuto modo di scambiare le proprie impressioni – tutte positive – condite con alcuni divertenti sfottò. Il secondo appuntamento si è svolto nel mese di luglio a Mezzana Rabattone con il raduno denominato 2° Giro della Bassa Lomellina e del Siccomario, svoltosi su di un bellissimo percorso ricavato tra verdi distese e argini del Ticino che ha fatto

Malucelli, la Triumph TR3 di Mattioli, la MG F di Rancati, la Mercedes 190E di Pisoni, l’Opel Kadett GT/E di Torti, l’Alfa Romeo Giulia di Lombardi, la Citroen DS, la famosa “squalo” di Manzoni, la Fiat 1100 di Lamagni, le intramontabili Fiat 124 sport spider di Panzarasa e Verri ecc. Al termine il Cecilia e Oriano Crosignani simbolo del primatappa anche nel capoluogo con un giro pato è andato a Malucelli-Bernuzzi i quali noramico della città millenaria e squisita hanno preceduto Rancati-Ercolani, Causososta al Raggio di Sole nel vecchio BorCauso, Crosignani-Crosignani e Frontigo Ticino, per uno spuntino veloce. InteRuggeri a completare la top five. Un vero ressanti le vetture presenti iniziando dalla peccato, che il post-gara non abbia raccolLancia Delta Integrale di Arleghi e la A112 to il gradimento di tutti. Abarth di Bossi entrambe in configurazione rally. Ammiratissima la Ferrari di MiDi Piero Ventura notti-Zago, la Lancia Beta Montecarlo di


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Rally di Salsomaggiore Terme, bilancio positivo per gli oltrepadani Il 4° Rally di Salsomaggiore Terme per vetture moderne parla ancora emiliano: dopo i successi nelle due scorse edizioni di Antonio Rusce, questa volta a firmare il successo assoluto nella corsa organizzata dalla Media Rally Promotion e dalla SalsoRally&Promotion, è stato il reggiano Roberto Vellani in coppia con Silvia Maletti a bordo di una Skoda Fabia R5 Evo del team MS Munaretto. Mentre per i colori oltrepadani viene archiviata positivamente la trasferta emiliana. In lotta per le posizioni alte della classifica assoluta troviamo Pietro Tronconi e Martina Marzi con la Skoda Fabia R5 per i colori della Media Rally e Promotion i quali chiudono al 17° posto assoluto, mentre al 21° troviamo Mattia Giordano Barberis con Mattioda sulla Clio Super 1600 con la quale ottengono il terzo posto di classe. Soddisfazioni anche a Romagnese in casa EfferreMotorsport che, tranne Fugazza-Fugazza fermi nel finale, ha visto tutti i suoi equipaggi al via, tagliare onorevolmente il traguardo. In 53° posizione assoluta la squadra oltrepadana piazza Max Nussio e Martina Macsenti, su Renault Clio N3, i quali, dopo avere patito problemi al cambio, sono stati

costretti ad una impegnativa rimonta che li ha portati sul podio con un secondo posto di classe e gruppo N. 63° assoluti Pier Sangermani e Lorenzo Paganin, su Mitsubishi Lancer R4, i quali, nonostante un inconveniente ad un semiasse hanno concluso la gara in testa alla classifica di classe. Al 79° posto assoluto e 6° in N2 troviamo Andrea Compagnoni con Paolo Maggi sulla Peugeot 106 n2 della V Sport. Quindi, all’81° posto assoluto si sono collocati Andrea “Tigo” Salviotti e Susy Ghisoni sulla Grande Punto Abarth RS Plus. Il duo oltrepadano ha raggiunto l’obiettivo prefissato che era quello di vincere la classe e puntare alla finale di Modena. Ciliegina sulla torta per il duo Tigo e Susy, oltre alla vittoria di classe è arrivata anche la vittoria di gruppo. Scorrendo la classifica degli oltrepadani troviamo al 117è posto assoluto e secondi in classe RS1.4, Giorgi-Giorgi con la Fiat Panda 100hp nei colori della Scuderia Piloti Oltrepo, mentre Paolo Burgazzoli e Giorgia Pertosa con la Citroen C2, chiudono la gara al vertice della classe RS1.6. Nel Rally di Salsomaggiore riservato alle vetture Storiche, c’è stata a vittoria al fotofinish per Carmine Alfano e Roberto Spa-

Andrea “Tigo” Salviotti e Susy Ghisoni sulla Grande Punto Abarth RS Plus (Diessephoto)

gnoli con la Porsche 911 SC del team Guagliardo: alla fine il vantaggio sui secondi, Lusenti-Romei (Porsche 911), è stato davvero esiguo: solo 0”4. Terzi e bravi a metter dietro vetture più potenti Alessandro Bottazzi ed Ilaria Magnani su Opel Corsa Gsi. Tanta amarezza invece per i portacolori della Scuderia piloti Oltrepò Alessando Grezzi e Agostino Benenti con la Porsche

RALLY DELLA mARCA

di Piero Ventura

RALLY ROMA CAPITALE

Nicelli primeggia tra le Clio nel Trofeo Renault

Un week end di sole, caldo, motori e soddisfazioni al Rally della Marca per il pilota stradellino Davide Nicelli, navigato da Tiziano Pieri. Dopo un’ottima prestazione al 4 Regioni di solo una settimana prima, anche al rally trevigiano Nicelli è riuscito ad imporsi tra le Clio confermandosi sempre più leader del trofeo Renault e primo tra le R1. L’equipaggio era seguito dal team HK gommati Michelin e supportati dalla Sport e Comunicazione. «è stato un fine settimana nuovamente positivo per noi, pur non essendo partiti benissimo accusando qualche secondo di troppo nelle prime prove – ha detto Nicelli

by Ova Corse tolti dalla lotta per la vittoria da una foratura. Per loro c’è stato il 4° posto assoluto e primo di classe. L’altra Porsche della vogherese Ova Corse in gara con i colori S.P.O. è stata portata onorevolmente all’8° posto assoluto e sul terzo gradino del podio di classe da Beniamino Lo Presti e Claudio Biglieri. Sempre tra gli oltrepadani, da segnalare il 22° posto assoluto e primo di classe per Giorgio e Marco Verri con la Fiat Uno 70S ed il 26° assoluto e secondo di classe per Marta Achino e Elena Bertolli con la Fiat Uno 70. La 3° edizione del Rally Salsomaggiore Classic dedicato alle vetture di Regolarità Sport, è andata ad Andrea Giacoppo e Nicola Randon su Lancia Fulvia HF 1.6 con un totale di 22 punti. Staccati Leonardo Fabbri e Simone Sartore a bordo della Volvo 144S (43 pen.) tallonati da Giacomo Turri e Natascia Biancolin su Fiat 128 (48 pen.). Mentre, Gabriele Lovazzano e Sara Prazzoli su A112 Abarth hanno concluso in 13° posizione assoluta e terzi di Divisione 6.

– Poi, dalla terza prova ho iniziato a trovare il giusto feeling con la macchina e il fondo molto scivoloso staccando tempi interessanti. Nelle ultime prove ho poi semplicemente gestito mantenendo la testa del trofeo e tra le R1. è stata una vittoria importantissima in ottica campionato che ci permettere di allungare sugli avversari. Siamo ovviamente contenti del lavoro svolto e dei risultati ottenuti, ma la strada è ancora lunga quindi bisogna mollare ma se vogliamo concretizzare tutto quello fatto sinora».

di Piero Ventura

Gara “tribolata” per i piloti oltrepadani

Scattolon sulla VW Polo R5, 3 forature lo portano in 11° posizione Il Rally Roma Capitale, quinta prova del Campionato Italiano Rally, corso dal 23 al 25 luglio, è ormai alle spalle e si é mostrato una gara tribolata per gli oltrepadani. Sugli asfalti laziali il vogherese Giacomo Scattolon, navigato da Giovanni Bernacchini, con il quale ha trionfato al recente Rally 4 Regioni, stava-

no mostrando di essere altamente competitivi sulla VW Polo R5, ma ben tre forature hanno condizionato pesantemente la loro prestazione conclusa con la piazza numero undici della graduatoria finale. Valutando gli esigui distacchi con gli equipaggi arrivati davanti, il duo dell’Erreffe avrebbe potuto ambire alla Top5 dell’assoluta. Anche il piacentino Andrea Mazzocchi con la rivazzanese Silvia Gallotti, in gara con la Skoda Fabia R5 affidatagli dal team M33 non hanno brillato eccessivamente concludendo la gara in 23° posizione assoluta. Consapevoli che sarebbe stata una gara estremamente impegnativa, per loro giungere al traguardo è stato estremamente importante. Mazzocchi-Gallotti non si sono lasciati affliggere dai problemi che hanno incontrato sapendo che questa è una stagione in cui è importante imparare. Nella classifica assoluta, in mezzo ai suddetti equipaggi, c’è in sedicesima posizione il co-driver di Broni Daniele Mangiarotti che ha letto le note al driver siciliano Pollara sulla Skoda Fabia R5.

di Piero Ventura


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All’Auditorium di Fortunago si premiano i campioni del volante di ACI Pavia Nei primi giorni del prossimo mese di settembre – la data esatta verrà resa nota a breve – saranno marmi, scalinate con luci incastonate come gioielli, lampadari a cascata, torri in pietra, poltrone di velluto e un palcoscenico tanto grande da fare invidia a quello della Scala, ad ospitare le premiazioni dei campioni del volante di Aci Pavia distintisi nelle stagioni 2019 e 2020. Premiazioni che nell’ambito della ricorrenza del 50° anniversario della nascita del Rally 4 Regioni, si terranno per la prima volta presso la struttura del teatro-auditorium dell’Accademia a Fortunago, uno dei Borghi più belli d’Italia. Perché la scelta di Fortunago? – lo abbiamo chiesto a Marino Scabini, presidente dell’Automobile Club Pavia, promotore dell’evento. «Le ragioni per cui la nostra scelta è caduta su Fortunago, sono molteplici – afferma Marino Scabini – Anzitutto, la lodevole ed entusiasta disponibilità riscontrata in Pier Achille Lanfranchi, sindaco del centro oltrepadano che ha aperto le porte alla concretizzazione della la nostra iniziativa. Poi, trovandoci in piena celebrazione del 50° della nascita del Rally 4 Regioni, dopo le tre manifestazioni agonistiche del mese di Luglio: 4 Regioni storico, moderno e di regolarità sport, proposti dalla struttura a cui fa capo Beniamino Lo Presti,

abbiamo voluto premiare i nostri campioni in un luogo, Fortunago appunto, che più di ogni altro, è stato da sempre nel cuore della suddetta manifestazione fino dai primi anni ‘70. Inoltre, è il luogo ideale per onorare una grande novità per noi, concessaci dalla sede centrale romana di Aci Sport, ovvero, quella di includere nel nostro evento di settembre la premiazione dei piloti vincitori di titoli nazionali, tra cui figurano Silvia Gallotti campionessa italiana rally junior 2020, Domenico Mombelli e Marco Leoncini, vincitori del Trofeo tricolore Rally Terra storici 2° raggruppamento, Andrea Salviotti e Susy Ghisoni vincitori di Coppa Italia Rally seconda Zona classe RS 1.6 Plus e molti altri ancora. Non ultima, la volontà di far conoscere a chi ancora non lo conoscesse, il borgo di Fortunago appunto, rifugio ideale per ritrovare emozioni che si credevano perdute, e al suo stupendo Teatro-Auditorium». Inutile nasconderlo, c’è molta curiosità attorno alla premiazione dei protagonisti di queste due ultime stagioni agonistiche martoriate dal Covid. La voglia di conoscere i nomi dei vincitori dei molteplici campionati ACI, è cocente e si prevede l’intervento di un cospicuo numero di appassionati. La storia del Campionato Aci Pavia parte da

lontano, esattamente dal 1938, anno in cui il titolo di campione del Reale Automobile Club d’Italia (R.A.C.I.) associati di Pavia fu assegnato a termine di una gara velocistica disputata su tre giri del circuito StradellaCanneto-Broni-Stradella in cui a vincere fu Ezio Berné di Montù Beccaria al volante di un’Alfa Romeo 1750 appartenuta a Tazio Nuvolari. I venti di guerra che soffiarono sull’Europa l’anno successivo, suggerì agli organizzatori di soprassedere. La guerra, la ricostruzione e il dimenticatoio in cui le scarsa attenzione poste all’evento dalle nuove presidenze e dai consigli direttivi dell’ente, poco sensibili all’attività sportiva, ne cancellarono il ricordo. A riprendere la tradizione fu più di 40 più tardi Siropietro Quaroni, (presidente Aci Pavia e principale ideatore del Rally 4 Regioni). Il primo campione sociale della nuova era fu Cino Bernini. D’allora fino ai giorni nostri, nonostante qualche contrattempo, la tradizione continuò ininterrottamente. Nel corso degli anni i regolamenti cambiarono, tant’è che per incompatibilità di raffronto tra le varie specialità, dal 2014 scomparve la figura del campione assoluto, premiando con il titolo di campione Aci esclusivamente vincitori delle varie categorie: piloti rally moderni, navigatori rally mo-

Marino Scabini presidente Automobil Club Pavia derni, altrettanto per i rally storici, esordienti, femminile, velocità in pista, in salita, slalom, regolarità ecc. Importante innovazione é stata la creazione del premio “Sportivo dell’anno” il cui vincitore non esce da una classifica ma, viene nominato dalla Commissione Sportiva Aci Pavia – non necessariamente dev’essere un pilota o un navigatore – può essere nominata anche una persona non praticante l’attività automobilistica, ma che si sia distinta nell’ambito globale del motorsport. di Piero Ventura




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