Il Periodico News - OTTOBRE 2021 N°168

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Oltrepò: un’altra vendemmia è passata eppure ingrassano sempre gli stessi

DICEMBRE OTTOBRE 2021 2020

di Cyrano de Bergerac

RIVANAZZANO stradella: Andrea TERME:frustagli INTERVISTA a romano ferrari

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«Trend positivo per il commercio: 20 aperture di nuove attività commerciali, a fronte di sole 4 o 5 chiusure» VARZI

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«Studia Mariacristina , la terra è bassa e dura da lavorare» COLLI VERDI

RIVANAZZANO CASTEGGIO: Lorenzo TERME: vigo INTERVISTA a romano ferrari

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Nasce “Cantiere Casteggio”: un progetto con circa 600mila euro di investimenti sul territorio

BAZARDI

Il giro di valzer degli assessori non ci convince, la musica è finita»

GIUGLIANO

«Puntiamo a un agente ogni mille abitanti»

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A tre anni dalla fusione «Ritengo che i benefici superino di gran lunga le criticità» SANTA MARIA DELLA VERSA

Pagine 22 e 23

una chiacchierata con Mariuccia Casella “diversamente giovane” PIZZALE

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L’idea di Andrea Astolfi: una birra dedicata a Voghera e al suo famoso peperone verrua po

Pagine 20 e 21

elezioni del sindaco: boiocchi sfida lazzari

Si vendono alcolici ai minori, non solo a Salice Terme ma in tanti locali dell’Oltrepò Lungavilla, «Quando la sindaca mi ha chiesto di candidarmi... a mezz’ora dalla chiamata avevo già accettato»

Negli anni ‘70 e ‘80 i politici dell’Oltrepò si facevano “anche” i fatti loro, oggi “solo” i fatti loro

di Antonio La Trippa

Editore



ANTONIO LA TRIPPA

OTTOBRE 2021

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Negli anni ‘70 e ‘80 i politici dell’Oltrepò si facevano “anche” i fatti loro, oggi “solo” i fatti loro In Oltrepò e non solo a Voghera, sono molte settimane che molti politici s’insultano, si deridono, si azzuffano, chattano, esternano, pubblicano, etc. etc. etc. Spesso, troppo spesso e lo fanno in modo becero, che neanche nei peggiori bar di Caracas… Questo è il frutto di chi è stato scelto dai “vertici”, anche se parlare di “vertici” - visto il livello dei partiti - fa già ridere. Parliamo della sommità del nulla. Il politico “nostrano” è una via di mezzo tra notabilato locale e scelta di partito. Devo dire altresì che a me fanno certamente più ridere alcuni politici che si vogliono dare un tocco di classe e usano buone maniere, ecco... li trovo i più pateticamente pietosi. Purtroppo la maggior parte dei politici locali ha scelto la politica come “mestiere”, per avere un posto al sole. Basta vedere l’enormità di selfie che postano sui vari social… Tolti da lì non saprebbero dove andare e soprattutto ritornerebbero a fare quello che hanno sempre fatto... Rispettabili ma mediocri lavori da mezze tacche o imboscati e politicamente

protetti in incarichi che - documenti alla mano - già facevano emergere i loro limiti. Molti non hanno completato gli studi, non è una colpa, i motivi sono innumerevoli e magari tutti validissimi, ma un minimo di preparazione è necessaria, non hanno né arte né parte e questo lo si sapeva anche prima. Altro scoglio: una buona parte dei vertici locali è cresciuta al riparo della politica, non è stata scelta per la competenza o l’esperienza, ma per la fedeltà o lealtà; un’altra parte è invecchiata ed ora non è più all’altezza; un’altra parte ancora vede il vuoto che sta sopra di essa, il vuoto della politica, e invece di fare il proprio lavoro, si mette a far politica. La classe politica locale non è umile ed invece lo dovrebbe essere, non dovrebbe avere la presunzione di avere la soluzione che la distingue dagli altri perché da ciò nasce la pretesa della superiorità rispetto all’altra parte. L’umiltà, non a parole, ma quella vera, è una caratteristica delle classi politiche forti che cercano le soluzioni attraverso le condivisioni e non alzando la bandiera di una

pretesa superiorità morale e conoscitiva . Negli anni ‘70 e ‘80 c’era - volente o nolente - una classe politica di buon livello. Molti politici di quell’epoca, avevano in comune una buona dedizione al bene comune, una volontà di farlo più forte e qui qualcuno obietterà che i politici di allora si facevano anche e comunque i fatti loro. Ed è vero, ma la differenza tra oggi e un tempo è che allora si facevano “anche” i fatti loro, oggi “solo” i fatti loro. Avevano anche una buona preparazione culturale e una capacità di governo maturata in anni di opposizione e di esperienza nel partito e nelle amministrazioni. Nell’attuale panorama oltrepadano invece, ci sono molte persone che hanno come unico merito quello di portare voti oppure essere fedeli scudieri del “caporale politico” del momento. Alcuni politici, anche locali - e le loro scelte politiche per i vari candidati lo dimostrano - evidenza dei fatti alla mano - sostengono che tutti sono uguali e perciò anche gli ignoranti e gli incapaci possono essere eletti in Comune, in Provincia, in

Regione ed anche sedere in Parlamento. In realtà in Oltrepò Pavese servirebbero politici con mente aperta, ampia cultura ed esperienza di vita, di comando, di responsabilità. Più in generale l’Oltrepò sconta un grave problema di selezione della classe politica. Alla base c’è sicuramente un problema di formazione e selezione. Una selezione che di certo non può essere appaltata alla giustizia e alla magistratura. In Oltrepò è un continuo sporgersi denunce a vicenda da parte dei vari politici e pseudo tali… Purtroppo e sempre di più l’opinione del popolo, di coloro che votano, è spesso dominata da convinzioni irrazionali ma, voi elettori - non tutti certamente e non solo voi e non senza nessuna connivenza e non senza la complicità di diversi organi di stampa opportunisti e pavidi - ricordatevi che li avete votati! Non ci sono scuse, purtroppo per l’Oltrepò... perché è qui che viviamo. di Antonio La Trippa


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LETTERE AL DIRETTORE

OTTOBRE 2021

Questione cinghiali: «Bisognerà pur trovare una soluzione» Gentile Direttore, si chiederà perché dovrebbe soffermarsi a leggere e addirittura prendere in considerazione l’ennesima lettera di allarme per la «questione cinghiali». Una questione trita e ritrita, un argomento ormai «bruciato», ma è per questo, direttore, che anche io mi permetto di inviarle l’ennesima lettera. Una lettera che non può più limitarsi ad essere un grido d’allarme ma deve essere, mio malgrado, uno sfogo dato dalla presa di coscienza che la situazione cinghiali è, fuori da ogni ipocrisia, sfuggita di mano. Uno sfogo che non è un puntare il dito contro alcuno, non servirebbe a granché, ma piuttosto un voler dar voce ad una situazione che per essere risolta ha probabilmente bisogno di più teste (com’è d’altra parte di ogni problema). Perché, appunto, per l’ennesima volta sono a sottolineare la trita e ritrita «questione» cinghiali senza che se ne veda soluzione alcuna. Vivo in una piccola realtà dell’Oltrepò Pavese inserita nella Comunità Montana, un paese collinare dove le scorribande dell’ormai infelicemente famoso ungulato non lasciano certo il segno economicamente parlando, le nostre campagne non portano alcunché all’economia su larga scala, ma addirittura non ne portano all’economia locale, eppure la presenza sempre più numerosa del suinide sta limitando fortemente il nostro vivere. L’aumentare vertiginoso dei capi, e il loro avvicinarsi sempre più all’abitato ed ai boschi limitrofi alle cascine, sta creando un vero e proprio allarme in gran

parte, sia detto, giustificato: ormai la maggior parte dei terreni non è più fruibile da parte dei proprietari e l’aggirarsi dell’animale nelle zone boschive limita molto i movimenti di ciascuno, sia esso abitante o semplice avventore. Lettere, telefonate, e poi la snervante attesa di una qualche battuta di caccia che, siamo sinceri, non porta mai ad alcun che. Da una antropizzazione del territorio, che va detto, sarebbe errata e deturperebbe l’ambiente (ma di cui non c’è alcun rischio dato il continuo spopolamento delle zone montane e isolate come la nostra) si rischia di passare ad un totale asservimento dell’ambiente all’animale. Bisognerà pur trovare una soluzione. Certo siamo consapevoli che non potrà essere, come richiesto da molti, l’abbattimento di tutti i capi, cosa pressoché impossibile al punto in cui stiamo, e che probabilmente l’unica alternativa sarà data dalla convivenza dell’uomo con il selvaggio antagonista. Ma il rispetto di qualsiasi specie animale non può prescindere dalla sua integrazione con le esigenze antropiche, invece di questo passo i cinghiali li troveremo anche sul sagrato della chiesa! Numerosi capi andranno abbattuti, con buona pace degli animalisti. La speranza è che le potenziali soluzioni non ci vengano, per l’ennesima volta, calate dall’alto, ma vengano concordate con i soggetti competenti, non ultimi appunto i cacciatori. Ecco, noi attendiamo ma... che si faccia presto, che è già troppo tardi! Lettera Firmata Ponte Nizza

«L’unico pericolo sociale è l’ignoranza» Alla cortese attenzione del Direttore, l’estate è terminata, l’attività scolastica ha ripreso a pieno regime, e già sentiamo di chiusure, di classi in quarantena e strutture che consigliano la DAD. Nel frattempo: stadi aperti, comizi elettorali selvaggi, sia a destra che a sinistra (per una volta la par condicio sembra funzioni) e libertà di scelta ai cordiali “no vax” sul vaccinarsi o meno per lavorare. In tutto questo l’unico luogo che non ha avuto nessun alleggerimento per quanto riguarda le procedure è l’ambiente scolastico. Quindi, se in una classe, con insegnanti e personale scolastico vaccinati si scopre un caso di Covid, tutta la classe è in quarantena fiduciaria per 10 giorni. Quarantena che non viene nemmeno più riconosciuta dall’ Inps, quindi è a carico dei genitori. Ora mi domando: perché il figlio vaccinato di genitori vaccinati deve avere lo stesso trattamento di chi ha deciso di non vaccinarsi perché “viola la sua libertà personale” oppure perché teme “i metalli pesanti” o il “5G”? è riconosciuto a livello

mondiale l’efficacia dei vaccini? Sì, allora vogliamo anche riconoscere a chi ha seguito la via della conoscenza, un trattamento privilegiato? Oppure vogliamo fare in modo che il prossimo anno al momento del richiamo vaccinale molte persone rispondano picche perché “tanto cosa cambia se non lo faccio?”. Quindi io dico, tu alunno sei vaccinato e i tuoi genitori sono vaccinati? Quarantena ridotta e poi rientro in comunità. Mi sembra un diritto che i milioni di assennati in Italia si meritano, come riconoscenza per aver seguito la ragione in un momento storico in cui è più facile ascoltare la pancia. In più prima di procede con le vaccinazioni per i bambini di 5 anni, cosa che mi aspetto accadrà a breve, si obblighino gli over 50, più soggetti a rischio di forma grave, a vaccinarsi. Allora prenderò in considerazione la vaccinazione per mia figlia di 5 anni. Basta con la tolleranza, perchè come diceva Victor Hugo: “l’unico pericolo sociale è l’ignoranza”. Carla Abelli - Voghera

Traffico, «Molto più tempo fermo, motore acceso, di quanto trascorra in movimento» Alla Cortese attenzione del Direttore, le scrivo per aprire un tavolo di discussione, argomento il traffico, o come si direbbe oggi, la mobilità. Mi auguro che altri come me si siano accorti che da questa settimana il muoversi nell’intorno della nostra città è un’impresa, una fatica, un costo! Il traffico mi sembra più caotico e lento di quanto avessi memoria. Certamente l’anno di Covid ed i mesi estivi mi avevano abituato bene, lavoro a Pavia, ed abitando a Voghera devo percorrere un tragitto di rispetto, che fino a qualche giorno fa riuscivo a percorrere in tempi onesti (30-40 minuti), da questa settimana andare e tornare richiede almeno oltre un’ora! Ma l’aspetto ridicolo è che sto

fermo, motore acceso, soprattutto in zona San Martino Siccomario, molto più tempo di quanto trascorra in movimento. Le cause? Ognuno avrà le sue... Credo solo che le varie amministrazioni dovrebbero adoperarsi, e come spesso accade quando parliamo di cose pubbliche, in ritardo, per come arginare il problema. Sì, perché, a mio avviso, una conseguenza di tutto questo è l’incredibile aumento dell’inquinamento e la crescita della spesa della famiglia per muoversi (con un litro, se sto fermo consumo per non fare strada!). Mi auguro che qualcuno in alto comunque inizi a fare delle analisi, e magari a prendere anche decisioni. Antonio Cazzola - Voghera

«Minacciata per una mera questione di viabilità» Egregio Direttore, in questi tempi dove non si apre un telegiornale senza parlare di omicidi e violenze sulle donne ritengo opportuno segnalare quanto mi è accaduto la settimana scorsa alle ore 18.30 circa nel parcheggio della stazione di Voghera. La realtà non smette di stupire: può capitare nel medesimo giorno di essere aggredite verbalmente da un uomo e difese da un altro, accortosi della situazione. Ma veniamo ai fatti: mi sono recata in stazione per prendere mia figlia. La giornata è stata a dir poco rovinata da un personaggio (definirlo uomo mi sembrerebbe troppo) che mentre facevo retromarcia, cautamente, per uscire dallo spazio del parcheggio, giungendo con una velocità forse eccessiva, non solo pretendeva di avere ragione ma proferiva minacce fisiche nei confronti miei e di tutta la mia famiglia (non avendo mai visto né conosciuto il soggetto mi domando come potesse conoscere la mia famiglia, ma tant’è... ). Tale personaggio scendeva inol-

tre dalla vettura e si avvicinava alla mia con fare e modi, oltre che parole, minacciose. Un uomo (in questo caso uso il termine non a caso) interveniva in favore mio e di mia figlia sedicenne, segnalando al personaggio che avevo ragione e di darsi una calmata. Poiché purtroppo il soggetto continuava ad inveire e sembrava francamente in stato psichico alterato, con l’aiuto dell’uomo che lo tratteneva parlando, potevo andarmene con mia figlia, continuando tuttavia per parecchi minuti a controllare lo specchietto retrovisore nel timore di essere seguita. Mia figlia è rimasta molto spaventata e turbata per tutta la sera. Vorrei ringraziare pubblicamente l’uomo che è intervenuto e non si è girato dall’altra parte e rilevare con rammarico come per una mera questione di viabilità, ed avendo peraltro torto, una persona di sesso maschile (ripeto non un uomo) si possa permettere di minacciare una donna in auto con la propria figlia. Lettera Firmata - Voghera

LETTERE AL DIRETTORE

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CYRANO DE BERGERAC

OTTOBRE 2021

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Oltrepò: un’altra vendemmia è passata eppure ingrassano sempre gli stessi Quando si parla di Oltrepò del vino mi piace ascoltare l’ennesima predica della politica. Stavolta si parla di taglio delle rese delle uve e dei vini a indicazione geografica tipica. Un passo avanti che andava bene, forse, un decennio fa ma che adesso è un po’ come la montagna che partorisce il topolino o come il pastore che chiude la stalla quando i buoi sono scappati. La Lega si bea comunque del risultato da campionato dell’oratorio, una roba che procurerà più beghe che altro ai produttori di sola uva. A parlare è l’ex ministro Gian Marco Centinaio: “Bene il provvedimento approvato da Regione Lombardia e il lavoro che sta portando avanti l’assessore Rolfi. Si tratta - continua - di una misura in linea con quanto è stato concordato insieme alle associazioni di categoria e con il mondo vitivinicolo dell’Oltrepò durante gli incontri che avevo promosso prima dell’estate e che proseguiranno subito dopo la fine della vendemmia”. Così il sottosegretario alle Politiche agricole alimentari e forestali, il senatore Gian Marco Centinaio, commenta l’ok alla delibera regionale con cui si prevede di regolamentare la raccolta delle uve provenienti da vitigni di Pinot nero e di Pinot grigio idonei a produrre IGT Provincia di Pavia, mediante la riduzione di resa massima di uva per ettaro. “Il taglio delle rese – prosegue il sottosegretario – rappresenta il primo passo per il rilancio dell’Oltrepò. Un territorio con un grandissimo potenziale, anche per quanto riguarda l’enoturismo. Continuiamo a lavorare insieme per la sua valorizzazione e per il suo rilancio reputazionale”, conclude Centinaio. Ha ragione l’esponente leghista, si tratta di un altro passo verso il baratro, avallato da chi non sa cosa sia il marketing e il posizionamento di mercato. Invece di partire dalla valorizzazione strategica del Metodo Classico DOCG e dei vini DOC più emblematici dell’Oltrepò si parte al contrario. Togli reddito senza crearne di nuovo. Complimentoni. Intanto l’Oltrepò si innamora degli ennesimi Tre Bicchieri rotti: mai come quest’anno i vini premiati con il massimo riconoscimento dalla guida delle guide italiane sanno di torto. Troppi i produttori di qualità presenti nella ristorazione che conta ignorati in finale. Si preferisce premiare i piccolini, quelli che il vino non ce l’anno e che non arrivano poi così lontano con le loro referenze (con poche eccezioni). Invece di un grande progetto territoriale per aiutare le piccole e medie imprese a rendere più capillare la loro distribuzione il Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese continua a puntare su feste nelle tenute locali e missioni estere per i pochi produttori di filiera capaci di un’esportazione significativa. Chi deve fare i conti con scarse capacità

finanziarie (le missioni bisogna comunque cofinanziarle) e con prezzi delle uve indegni della storia e della forza qualitativa della viticoltura oltrepadana di collina si consolerà vedendo i soliti “selfie chic” delle aziende con il doppio cognome o dei Paperoni del vino locale. Dei piccoli che vogliono diventare grandi si curano in pochi e così le aziende vanno in crisi o passano di mano. Un’altra vendemmia è passata, eppure in Oltrepò ingrassano e si

fanno belli sempre gli stessi. Senza parlare della comunicazione tutta incentrata sulle varietà e non sulle identità. Le altre zone di produzione, in particolare quelle lombarde e piemontesi, se la ridono. I numeri e le idee che esprime l’Oltrepò Pavese non impensieriscono nessuno. La punta della piramide di qualità vitivinicola oltrepadana resta fragile, esile e quasi inesistente nelle carte nazionali (comprese quelle degli stellati). Intanto però si voglio-

no conquistare Milano e il mondo? Come? Regalando uva e vino tra sconti merce e low cost? Armando il Cantinone e gli imbottigliatori sodali? Brindate al futuro che volete e che vi siete cercati, io mi bevo un superlativo Farfalla Dosaggio Zero a Milano, al mio tavolo stellato, alla facciazza di chi non sa premiare chi merita. di Cyrano De Bergerac


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voghera

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«Il giro di valzer degli assessori non ci convince, la musica è finita» Riconfermata Segretaria del Circolo Pd di Voghera dopo “la delusione” elettorale di settembre alle elezioni comunali dove il Pd ha raggiunto il 7,3% dei voti guadagnando un solo seggio, Alessandra Bazardi ci rimette la faccia. Con lei una lunga “chiacchierata” sui temi caldi della città Bazardi, com’è oggi “lo stato di salute” del Pd cittadino dopo la delusione elettorale alle amministrative comunali? «La politica è fluida. Non si vince mai e non si perde mai per sempre. A distanza di un anno vedo un PD più compatto all’interno e aperto al dialogo con le altre forze politiche e civiche, si è rinnovato, ha recuperato pezzi e rapporti interrotti, vuole confrontarsi con associazioni e sindacati, ascoltare le esigenze della gente, lavorare nell’oggi pianificando il domani. Le elezioni amministrative sono state un pesante e doloroso spartiacque che ci ha obbligati a ripensare al nostro modo di rapportarci con la città, anche se è tipico della sinistra essere in continua discussione, quasi un congresso e una campagna elettorale perenne. Da quando sono segretario (dicembre 2015) il PD ha vissuto stagioni appassionanti ma anche tormentate, ha cambiato pelle più volte. A livello locale abbiamo seguito le evoluzioni e portato avanti le linee guida del partito nazionale, abbiamo affrontato battaglie legali e un ballottaggio “bis”, vissuto scissioni e nascite di altri partiti, ricercato nuove alleanze per ampliare il campo progressista, con cambi di rotta e dolorosi addii. Non è stato facile mantenere la barra dritta e alto il livello di interesse all’interno del circolo, ma soprattutto non sempre il lavoro ha pagato. Però io amo le sfide e lavorare in squadra. Per me il partito viene prima di tutto e di tutti. Quando si fa parte di una comunità occorre essere a disposizione e non il contrario se si vuole raggiungere un obiettivo comune, ambizioso e che porta lontano. Che poi è quello che conta. Il tempo ci ha dato un po’ ragione, alla luce di quanto successo a livello nazionale con la nascita del governo di larghe intese, ma soprattutto dopo le note e tristi vicende che hanno coinvolto la Lega e portato Voghera sulle prime pagine della cronaca nazionale. L’alleanza che vedeva il PD in coalizione con Nicola Affronti candidato sindaco, alleanza su cui è stata fatta una battaglia politica, umana, mediatica, personale, nasceva nell’epoca post-Covid come “patto programmatico per la città”, era un modo per unire alle competenze amministrative dei moderati la novità di metodo di lavoro e programmatica del centro sinistra, per rilanciare Voghera portandola fuori dal tunnel della pandemia e della crisi economica. Ma nasceva soprattutto dalla paura di una pericolosa svolta a destra, una destra so-

«Paola Garlaschelli, appare quasi “la sindaca dello schermo” per usare un linguaggio dantesco a lei caro»

Alessandra Bazardi segretario cittadino del Pd

vranista che ha poco in comune con i valori dei moderati e progressisti e con Voghera. E di cui siamo oggi testimoni nelle parole e nei fatti. Sono convinta che molti elettori del centrodestra, chi ha supportato al ballottaggio la Garlaschelli o semplicemente chi si è tirato fuori dalla partita consentendole di vincere abbia un grosso rimorso e senso di colpa nei confronti della città.» Lei è stata riconfermata segretario cittadino a febbraio di quest’anno. Tra i suoi obbiettivi, “coinvolgere il maggior numero di iscritti e di aprirsi a esterni, esperti, tecnici o semplicemente cittadini che hanno voglia di impegnarsi per Voghera”. Ad oggi quanti iscritti contate e in che modo state coinvolgendo i cittadini a voi “vicini”? «Dopo le elezioni mi sono messa a disposizione del partito e durante l’assemblea degli iscritti è stato votato un documento strategico programmatico molto ambizioso che prevedeva significativi cambiamenti e una serie di azioni da pianificare nel tempo, ma che sostanzialmente mi rinnovava la fiducia. L’obiettivo è esattamente questo: coinvolgere i nostri iscritti in iniziative che li facciano sentire parte attiva di una comunità e avvicinare al partito persone anche in una modalità civica. In questo il progetto delle Agorà democratiche - lanciato dal segretario Enrico Letta - che vogliono stimolare discussioni, temi, progetti locali e di rilevanza nazionale ci aiuta molto e ci fa capire che siamo in perfetta linea col nazionale. Il tesseramento 2021 è partito a metà anno ed è ancora aperto. Oltre ai rinnovi stiamo avendo adesioni di nuove persone. L’anno scorso abbiamo chiuso con oltre 100 iscritti, speriamo di mantenere e superare

la quota. Ma soprattutto speriamo che il PD attiri i giovani.» Altra novità da lei annunciata, la creazione di commissioni tematiche, vale a dire gruppi di lavoro volti a presidiare i temi importanti (in coerenza col programma elettorale Pd) per essere sempre più incisivi a livello politico e in consiglio comunale e aprirsi all’esterno riallacciando rapporti con i vari ambiti del tessuto sociale. Quali sono gli sviluppi concreti di questo progetto? «Diciamo che Voghera ancora una volta è stata apripista. Le commissioni, le nostre piccole Agorà, sono proprio piazze di discussione, confronto, lavoro collettivo, che mettono a confronto iscritti al PD ed esterni, si riuniscono in modo autonomo, ma strutturato, hanno l’obiettivo di presidiare i temi prioritari per il PD (sanità, ambiente, scuola, lavoro, diritti, welfare), coltivare il rapporto con le associazioni e i sindacati, monitorare i problemi della città (quartieri), ma anche progettare e allargare allargare il campo di azione nell’ambito della cultura, comunicazione, tempo libero, sport o della formazione dei futuri dirigenti politici. Alcuni progetti si sono già concretizzati, ne cito uno su tutti: la commissione sanità ha lavorato in sinergia con il PD provinciale e regionale per le proposte sulla Riforma della Legge 23 della Sanità Lombarda.» Sede del circolo: avete trovato un’ubicazione e i fondi necessari? «Il tesseramento, la Festa dell’Unità e una sottoscrizione tra gli iscritti e simpatizzanti hanno permesso di trovare i fondi per la sede e per riprendere quando sarà possibile l’attività politica tra la gente a pieno ritmo. Proprio in questi giorni sto visionando alcuni locali da sottoporre al direttivo. Vor-

remmo che la nuova sede oltre a essere un luogo di riunioni diventasse la “Casa dei Vogheresi”, dove i cittadini entrano per parlare di politica e dei problemi della città. Non nascondo che mi piacerebbe dar vita a una “grande casa comune della sinistra”, una sorta di “hub”, di laboratorio politico, culturale, sociale, uno spazio multifunzionante, condiviso dalle forze politiche e civiche del mondo progressista. Sarebbe un bellissimo messaggio… Ma capisco che al momento sia un progetto difficilmente realizzabile perché ognuno di noi ha un proprio spazio e un percorso che sta portando avanti. In ogni caso noi ci siamo!» Quest’anno dopo lo stop forzato per l’emergenza sanitaria, siete riusciti ad organizzare la festa simbolo del partito, la Festa dell’Unità a Rivanazzano Terme. Soddisfatti? «Soddisfattissimi! Vedere tanti volontari che mi hanno dato fiducia e seguìto in questa “pazzia” è stato emozionante: la squadra PD, a testa bassa, ha lavorato con entusiasmo e competenza per portare a casa il risultato. Diciamo la verità, era una scommessa ambiziosa e molto rischiosa. Per alcune notti non ho dormito! Abbiamo organizzato tutto in pochissimo tempo, la possibilità di dover annullare all’ultimo o di perdere soldi era alta proprio perché ad agosto la situazione pandemica era ancora in bilico e la questione green pass una grossa incognita. C’era la concreta possibilità, il rischio che la festa fosse in tono minore, invece la gente ha risposto alla grande, ha apprezzato cibo, dibattiti, musica e atmosfera. Fare la festa quest’anno era però fondamentale: al di là degli aspetti economici occorreva lanciare un messaggio politico: il PD c’è. Ed è stata proprio la festa all’insegna dell’unità, dell’inclusione, della rinascita della Sinistra. Oltre ai nostri rappresentanti istituzionali e a persone della società civile e del sindacato, che operano sul territorio, abbiamo aperto alle altre forze invitando ai dibattiti protagonisti della vita politica del territorio. Sono molto orgogliosa che “persone che fanno parte della storia di Voghera” come Vittorio Emiliani, Ambrogio Arbasino, gli ex sindaci Carlo Scotti, Paolo Affronti e Alberto Gatti abbiano accettato il nostro invito di partecipare a un dibattito che par-


VOGHERA lava della Voghera di ieri e di oggi e che il consigliere civico Giorgio Barbarini abbia portato il suo contributo al dibattito sulla sanità. Bravi anche i Giovani Democratici che hanno dato vita a un confronto tra amministratori e figure istituzionali sul tema del territorio. Come sempre grazie all’amministrazione di Rivanazzano per la disponibilità e al segretario PD Stefano Alberici che ha lavorato in sinergia trasformando la festa in un momento di condivisione su temi comuni. Questa è la strada per il futuro, una collaborazione coordinata tra circoli su tutto il territorio.» Il Pd alle amministrative del settembre 2020, con Ilaria Balduzzi, si è guadagnato un posto in consiglio comunale. Come giudica l’operato della consigliera Balduzzi? «Ilaria Balduzzi svolge molto bene il suo ruolo di consigliera di opposizione, non è sicuro una voce silente, quello che deve dire lo dice con precisione, competenza e passione. Anche nell’ultimo consiglio comunale ha portato avanti la linea politica del PD: impegnarsi per una città che abbia alla base principi quali la democrazia, la trasparenza, l’inclusione, la visione futura, la progettualità e il dialogo (spesso devo dire carente con questa amministrazione). Ho molto apprezzato l’idea di fare squadra nell’ambito della coalizione pur mantenendo la piena autonomia e di volersi confrontare con tutte le forze dell’opposizione come promotrice di una azione corale dell’opposizione consiliare. Noi siamo il PD, questo è il nostro ruolo.» Veniamo ai giorni nostri. Il giorno dopo i fatti tragici di Piazza Meardi lei ha dichiarato: “Io resto stupefatta dalla serenità di Paola Garlaschelli”. La pensa ancora così? «Purtroppo sì. Serenità, dettata dalla lontananza dalla città e dalla mancata percezione di quello che sta succedendo. Basterebbe parlare con la gente per capire il livello di preoccupazione e insoddisfazione o almeno guardare le persone negli occhi per vedere lo sbigottimento che stanno vivendo. Lo dico con dispiacere perché a perderci è proprio lei, Paola Garlaschelli,

OTTOBRE 2021

«Sono convinta che chi ha supportato al ballottaggio la Garlaschelli o semplicemente chi si è tirato fuori dalla partita consentendole di vincere abbia un grosso rimorso e senso di colpa nei confronti della città» che appare quasi “la sindaca dello schermo”, per usare un linguaggio dantesco a lei caro. Io non avrei ascoltato nessuno, mi sarei fatta carico di rappresentare la città: avrei incontrato subito i parenti del ragazzo ucciso, avrei risposto alle domande dei giornalisti, a costo di mostrarmi sensibile e fragile, poi avrei preso subito le distanze dall’assessore e le necessarie decisioni. Ne sarebbe uscita bene e avrebbe conquistato i cittadini. Invece nulla, Massimo Adriatici si è dimesso lui, una settimana dopo, a seguito della convalida degli arresti domiciliari, e lei ne ha preso atto. Con serenità.» Tutti ne parlano sia a livello locale che a livello nazionale, ci riferiamo ovviamente alle conversazioni, poi rese pubbliche, tra il sindaco Garlaschelli e alcuni assessori della Giunta, all’interno di una chat, riguardante i migranti. Sulla questione si è mosso anche Pd nazionale, con Alan Ferrari che ritiene doverose e necessarie le dimissioni della sindaca di Voghera. Lei come rappresentante del Pd locale quali azioni intende mettere in campo difronte a questa situazione? «Il Pd si è mosso a tutti i livelli - locale, provinciale, regionale e nazionale - come un vero partito deve fare in queste situazioni. Dopo le dure prese di posizione e il presidio di luglio sulla sicurezza in Piazza Duomo, sono state messe in campo numerose azioni politiche, istituzionali, civiche. I nostri istituzionali sono stati ricevuti dal prefetto, a cui hanno manifestato preoccupazione, hanno costantemente informato i vertici nazionali del partito. Tutto il PD ha vissuto quotidianamente quanto stava suc-

cedendo a Voghera. È inaccettabile per noi democratici per cui il concetto di sicurezza parte dalla inclusione e assistenza e non dalla repressione assistere a tutto ciò. Di fronte a una simile delegittimazione e svilimento delle istituzioni l’unica soluzione è chiedere scusa ai cittadini, in particolare alla comunità marocchina, e rassegnare le dimissioni. Che ruolo delle istituzioni emerge dalle parole della chat? Inadeguatezza, incapacità, mancanza di serietà. La città ha un problema serio e invece di risolverlo si perde tempo con risatine e battute. La chat della giunta diventa un club in cui ci si esprime in tono snob che sfiora quasi il razzismo. Scherzare e schernire persone con problemi o semplicemente di etnie diverse non è accettabile, figuriamoci se a farlo sono quelle figure istituzionali che alla soluzione dei problemi dovrebbero lavorare con professionalità in nome della comunità che li ha eletti. Ho intenzione di convocare presto un tavolo allargato di tutte le forze moderate e progressiste che hanno a cuore il bene della città per pensare, insieme, a organizzare qualche azione congiunta: sarebbe bello ascoltare i cittadini, aprire un microfono “virtuale” alla città perché in questo momento i Vogheresi hanno voglia e bisogno di rassicurazioni e di essere ascoltati.» Dopo Massimo Adriatici, via anche Francesca Miracca, assessore al Commercio. Di quest’ultima scelta della Giunta di “allontanare” la Miracca, cosa ne pensa? «Il Pd è lontano anni luce da simili comportamenti e modalità di espressione. Ma

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se la motivazione - come è scritto nella notifica di revoca delle deleghe - sono le frasi pronunciate da Francesca Miracca nel suo locale, che sono state riportate, ma mai dichiarate alla stampa, e se la sindaca non approva - e su questo concordo - il modo di esprimersi su determinati argomenti che riguardano i più fragili e le diverse etnie, allora mi chiedo come possa ritenere meno gravi le frasi scritte da lei e dall’assessore Gabba che incitano a sparare, anche se in una chat privata. Perché altrettanto gravi e potenzialmente pericolose. Ma di sicuro togliendo le deleghe all’assessore ai lavori pubblici dovrebbe toglierle a se stessa, forse in questo sta la differenza.» Le new entry dell’amministrazione Garlaschelli sono Carlo Fugini che guiderà l’ecologia, l’ambiente e la Cultura, Maria Cristina Malvicini che si occuperà di Commercio, Turismo, Suap, Promozione territorio e prodotti tipici, Eventi enogastronomici, Fiere e Mercati e William Tura, neo assessore alla sicurezza. Cosa ne pensa di questo rimpasto? «Chiamiamolo rimpastrocchio. Lacunoso, nei tempi e nei contenuti. È la conferma che questa amministrazione non riesce, non può, non ce la fa ad andare avanti. Lentezza, macchinosità e divisioni interne stanno logorando la giunta. Altroché “il fare concreto”. Dopo mesi di esposizione mediatica, una indagine per presunta corruzione elettorale, un assessore agli arresti domiciliari per l’uccisione del povero Youns El Boussettaoui, invece di rispondere immediatamente con un cambio di passo deciso e veloce, l’estate “insicura” di Voghera è trascorsa tra transenne fiorite e selfie per i dossi in Strada Valle, in attesa di trovare gli equilibri di maggioranza. E quando sembrava si fossero trovati abbiamo scoperto che ci sono molti scontenti, ma soprattutto che la coperta è corta e sempre della Lega: l’assessorato alla sicurezza è part time con urbanistica e territorio. Il giro di valzer degli assessori non ci convince, la musica è finita.»

di Silvia Colombini



VOGHERA

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Sicurezza a Voghera: «Puntiamo a un agente ogni mille abitanti» Pur in un quadro politico molto frammentato, Fratelli d’Italia ormai da diversi mesi rappresenta il primo partito nelle intenzioni di voto a livello nazionale, potendo contare ormai stabilmente su oltre il 20% degli italiani a proprio supporto. Passando al livello locale, a Voghera lo scorso anno il partito di Giorgia Meloni era riuscito a mettere insieme 1.259 voti; risultando essere il terzo partito della coalizione risultata vittoriosa, e a breve distanza da Forza Italia, movimento che aveva pur sempre espresso il sindaco cittadino della città nei precedenti venti anni. Un anno fa, tuttavia, il dato nazionale era più basso di un non trascurabile 5%; dunque è lecito ipotizzare che anche a livello locale, se si votasse domani, il “traino” derivato dalle posizioni espresse in Parlamento garantirebbe agli esponenti locali un piazzamento di sicuro ancora più distinto. Dunque, la creatura nata nel 2012 dalla scommessa di Ignazio La Russa, Giorgia Meloni e Guido Crosetto, sta diventando definitivamente adulta; anche grazie a una struttura locale molto coesa, che ricalca quella dei partiti tradizionali: molto concreta e poco “liquida”. Il segretario cittadino, Vincenzo Giugliano, guida la sezione dal 2014; anno nel quale, peraltro, la stessa Giorgia Meloni è diventata presidente del partito nazionale. Come disse il grande Totò: “Saranno coincidenze che coincidono. Ma una coincidenza oggi, una coincidenza domani...” Fratelli d’Italia vive un momento fortunato a livello nazionale, soprattutto conseguentemente alle posizioni di opposizione volute da Giorgia Meloni in relazione alle politiche del Governo in carica. Qual è il “polso” a livello locale? «Fratelli d’Italia sta crescendo a livello nazionale non solo per le posizioni assunte dal partito che si trova contrapposto al Governo nazionale, ma soprattutto per la coerenza e la serietà e trasparenza che ha dimostrato in questi anni. Anche a livello locale i nostri elettori hanno premiato queste caratteristiche, specie in un momento storico che di certezze ne ha poche.» Durante la sua segreteria, e in particolare negli ultimissimi anni, Fratelli d’Italia ha condotto un’ottima “campagna acquisti”, per usare una metafora calcistica. O, per dirla meglio: è riuscita ad attrarre numerosi politici di comprovata esperienza all’interno delle proprie fila. Penso a Federico Taverna, ora assessore, e a Marco Sartori, suo vice. Ma anche, durante la passata legislatura, a Cristina Palonta, allora consigliera comunale. Che cosa hanno portato, di concreto, questi - e gli altri - nuovi ingressi nel partito?

Vincenzo Giugliano, segretario cittadino di Fratelli d’Italia

«Occorre senso di responsabilità da parte di tutti i partiti politici, affinché sia garantito alla città il miglior governo da parte della coalizione che ha vinto le elezioni» «Ogni esperienza di un soggetto che fa politica finisce inevitabilmente per arricchire gli altri. Amo confrontarmi seriamente e accetto i suggerimenti che persone di esperienza mi sottopongono. Il confronto propositivo ha contribuito a far crescere il partito a livello cittadino.» Negli ultimi mesi la Giunta Garlaschelli è stata, purtroppo, scossa da alcuni ben noti avvenimenti di cronaca nera e giudiziaria. Fratelli d’Italia ha deciso convintamente di continuare ad assicurare la fiducia alla sindaca. Considerando la sua lunga esperienza politica, pensa che i momenti più bui siano superati? L’amministrazione può finalmente ricominciare a lavorare concretamente sui problemi della città? «L’Amministrazione non può ma deve continuare nel percorso già segnato per far crescere la nostra città. Come già detto alla stampa, occorre senso di responsabilità da parte di tutti i partiti politici, affinché sia garantito alla città il miglior governo da parte della coalizione che ha vinto le elezioni. La minoranza, pertanto, deve fare un’opposizione sana senza strumentalizzazioni. Fratelli d’Italia ha ottenuto molti consensi e fa parte della Giunta che vuole amministrare con serietà ed efficien-

za la città di Voghera.» Alla vigilia del rimpasto di giunta (poi attuato), nei corridoi di Palazzo Gounela si spifferava anche di una sua possibile investitura come Assessore; ruolo peraltro già da lei ricoperto in passato. Se dovesse servire un suo coinvolgimento più diretto, sarebbe disposto a tornare in sella? «Si sono fatti diversi nomi nei corridoi di Palazzo Gounela circa chi avesse dovuto ricoprire l’incarico di Assessore alla sicurezza. Per rispondere apertamente alla sua domanda, le dico che essendo uomo di squadra mi metto sempre a disposizione del sindaco e delle forze politiche che guidano la città.» Lei ha svolto il ruolo di assessore alla sicurezza per ben otto anni, fino al 2012, quando per motivi mai del tutto chiariti la delega le fu ritirata dall’allora sindaco Barbieri. Secondo alcuni, la situazione della sicurezza in città è molto peggiorata in questi nove anni, certo non soltanto per fattori “autoctoni”. Secondo lei è davvero così o a essere mutata in peggio è soltanto la sicurezza “percepita”, come ribattono taluni altri? «Sicuramente negli ultimi anni la sicurezza è peggiorata in città. Ad onor del vero spes-

so, però, mancano le risorse e gli strumenti perché tutto funzioni meglio; ciò impatta anche sulla percezione del cittadino sulla carenza di sicurezza.» Cosa serve alla città per fare un passo in avanti sul tema della sicurezza? «Di fatto ho già risposto: più risorse a livello di organico e maggiori pattuglie che presidino il territorio; poi, soprattutto, leggi più chiare e severe nei confronti dei trasgressori. Al momento posso già esprimere parole di soddisfazione per le sei assunzioni riferite al settore Polizia Locale che verranno finalizzate a gennaio. Bene anche per l’assunzione ormai imminente del nuovo comandante, il quale riceverà le linee guida dell’Amministrazione in materia di sicurezza; ma questi sono solo i primi passi, in quanto con questi ingressi l’organico raggiungerà il numero di 29 unità, ma per raggiungere il rapporto di un agente ogni 1000 abitanti bisogna ancora puntare a crescere. Ci impegneremo a raggiungere in breve tempo il numero sufficiente per poter organizzare bene la sicurezza della città. Con questo numero si riuscirà a garantire un miglior presidio sul territorio.» Fratelli d’Italia, occorre ricordarlo, è presente in giunta con un assessore di primissimo piano, vale a dire Federico Taverna alle Politiche Sociali, della Casa e del Lavoro. Come partito, come supportate l’attività del vostro assessore in queste tematiche? «Abbiamo massima fiducia nell’operato di Taverna, con cui ci confrontiamo quotidianamente. Il periodo storico che viviamo è tale per cui le differenze sociali si amplificano e la necessità di sostegno e tutela delle fasce deboli deve essere una priorità. È per questo che il confronto tra l’assessore Taverna e il direttivo cittadino è continuo, perché per il nostro partito il tema del sociale ha sempre rappresentato una sfida. Personalmente posso aggiungere che sono soddisfatto di ciò che il nostro assessore Taverna ha fino ad ora svolto.» Diversamente da molti dei suoi “colleghi”, lei non ama essere molto appariscente sui social networks. Li considera comunque un’opportunità a livello politico, oppure pensa che il dibattito sia poco produttivo, in un luogo forse troppo deregolamentato? «Mi rendo conto che i social rappresentino un momento di visibilità politica. Ritengo tuttavia che la politica debba essere fatta tra la gente nelle strade, ascoltando gli umori ed i consigli delle persone, guardandosi negli occhi. Questo, per ora, i social non riescono a farlo.» di Pier Luigi Feltri



ELEZIONI PROVINCIALI

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«Un grandissimo errore se le segreterie dei partiti portassero lo scontro politico all’interno del prossimo consiglio provinciale» Finalmente ci siamo: dopo svariati rinvii, e dopo non meno di 60 giorni dalle prossime elezioni comunali che si terranno il 3 ottobre in alcuni comuni, nel prossimo mese di dicembre si dovrebbe finalmente giungere al rinnovo Consiglio Provinciale. La data delle votazioni non è ancora ufficiale, ma potrebbe trattarsi del 18 dicembre. Va quindi a concludersi l’era di Vittorio Poma, prolungatasi oltre la naturale scadenza a causa della pandemia. Per l’ente provinciale, ormai da diversi anni, non è più prevista l’elezione diretta da parte dei cittadini; sono invece gli amministratori comunali (sindaci e consiglieri del territorio provinciale) ad esercitare il voto. In queste elezioni “di secondo livello”, i voti degli amministratori sono “ponderati”: ossia, il voto del singolo elettore viene rivaluto secondo un indice che assegna un “peso” maggiore in relazione alla località rappresentata. Questo principio serve per garantire una rappresentanza, almeno sulla carta, che sia indicativa del numero di abitanti delle varie località. Facciamo un esempio. I comuni di Broni e Varzi, i quali contano circa 9.500 abitanti il primo e poco più di 3.000 il secondo, dispongono entrambi di 12 consiglieri comunali, oltre al sindaco, così come è stabilito dalla Legge. La ponderazione dei voti permette di assegnare un valore maggiore all’espressione degli amministratori bronesi, che pur essendo in numero pari ai varzesi, rappresentano un bacino di cittadini maggiore e saranno dunque un po’ più “importanti” ai fini dell’elezione. In una provincia come quella di Pavia, tradizionalmente suddivisa in tre aree (Pavese, Lomellina, Oltrepò), il rischio di questa modalità di voto è che venga meno la rappresentatività territoriale di quelle zone (pensiamo alla fascia montana) priva di grandi centri urbani e dunque di “peso”. Durante le elezioni del 2018, tuttavia, anche i piccoli comuni sono riusciti a far sentire la propria voce. Per esempio, durante quella tornata fu eletto, fra gli altri, Paolo Gramigna, il quale aveva raccolto ben 97 voti fra i consiglieri dei piccoli comuni (fu il più votato nella prima fascia demografica), sommati ovviamente ad altre preferenze giuntegli dalle località maggiori. Gramigna (che ricopre anche la carica di consigliere presso il comune di Bagnaria), come i suoi colleghi, si trova ora a fine mandato. Nell’attesa che i partiti “scoprano le carte” in vista dell’ormai imminente momento elettorale, lo abbiamo incontrato per tracciare insieme a lui un bilancio di questi ultimi anni, così difficili per l’ente provinciale, ma anche ricchi di sfide che – occorre dirlo – in molti casi sono state raccolte adeguatamente.

«Se oggi abbiamo la greenway realizzata, l’area ILVA di Varzi bonificata, le risorse da spendere per i progetti “aree interne” lo si deve anche al lavoro dell’Amministrazione Provinciale» Giova forse anche ricordare che, diversamente da tutte le altre cariche elettive, quelle di presidente e di consigliere provinciale non danno luogo ad alcuna forma di emolumento. In parole povere: è un servizio esercitato a titolo gratuito. Gramigna da otto anni lei è amministratore provinciale, prima con il ruolo da Assessore, poi con quello di Consigliere, passando per la riforma Del Rio. Come si è evoluto in questi anni il ruolo dell’Ente provincia? «La legge Delrio, approvata dal Parlamento Nazionale nel 2013 e incompiuta a seguito dell’esito referendario di modifica costituzionale del 2014, ha avuto luci e ombre. Gli aspetti negativi senza dubbio hanno riguardato i prelievi forzosi annuali a favore dello Stato centrale, che per la nostra provincia sono stati nell’ordine di oltre 150 milioni di euro ed hanno inevitabilmente condizionato la possibilità di investimenti strutturali e manutentivi su scuole e strade.» Ci sarà anche stato qualcosa di positivo... «Per quanto gli aspetti positivi, l’idea di creare un ente sovracomunale non legiferante, con compiti di coordinamento delle autonomie locali, eletto dagli amministratori, quindi luogo di sintesi amministrativa più che politica, sarebbe stata da perseguire compiutamente. Così come la creazione di ambiti provinciali omogenei all’interno dei quali organizzare l’erogazione dei servizi. Soprattutto quelli tra il 2013 ed il 2016 sono stati anni molto difficili, durante i quali si è comunque lavorato e tenuto duro per il territorio. Se oggi abbiamo la greenway realizzata, l’area ILVA di Varzi bonificata, le risorse da spendere per i progetti “aree interne” lo si deve anche al lavoro politico ed amministrativo iniziato in quegli anni dall’Amministrazione Provinciale.» Le critiche in questi anni non hanno risparmiato l’Amministrazione provinciale, soprattutto per la manutenzione stradale. Le giudica pretestuose ed infondate? «Tante volte anche io come amministra-

tore provinciale mi sono trovato in una situazione di rabbia e sconforto difronte alla impossibilità di avere le necessarie risorse. Quindi posso comprendere le proteste anche vibranti di tanti cittadini. Vorrei però riportare la memoria all’autunno del 2014, quando a causa di eventi climatici avversi, nell’Oltrepò occidentale contemporaneamente vi fu la prima frana di Nivione, la frana sulla S.P. 461 del Penice in comune di Cecima, si danneggiarono due piloni del ponte di Salice Terme, franò un tratto di greenway sempre in prossimità di Salice Terme e vi fu un cedimento strutturale del ponte sul Po di Bastida. Una contemporaneità di eventi che avrebbe potuto incidere per anni negativamente sull’economia del territorio. Ebbene la Provincia, attraverso un lavoro politico amministrativo che coinvolse anche la Regione e lo Stato, riuscì a trovare le necessarie risorse e a ripristinare in soli tre mesi le importanti infrastrutture viabilistiche che si erano interrotte. Un lavoro duro che ricordo con grande orgoglio, portato a termine da una grande squadra di amministratori e di tecnici.» Anche il tema del ciclo idrico integrato in questi anni ha coinvolto la provincia. In che modo? «Quello dell’affidamento del contratto di gestione del ciclo idrico integrato da parte della provincia a Pavia Acque società pubblica consortile è stata una delle scelte vincenti della Amministrazione Provinciale. Non solo si è rivendicato il controllo pubblico sull’utilizzo di un bene pubblico come l’acqua, ma si sono create le condizioni perché partissero gli investimenti per la manutenzione delle reti, indispensabili per la continuità del servizio. La tariffa unica adottata dalla Provincia nel 2016, che prevedeva aumenti “contenuti” ha consentito di dare avvio ad ingenti lavori di manutenzione su reti idriche e di depurazione, inimmaginabili se si fosse scelta la strada della privatizzazione. Ricordo puntualmente la discussione del Consiglio Provinciale del 2016 quando venne messa in discussione la delibera sulla nuova tariffa unica; ricordo gli striscioni esposti

Paolo Gramigna, consigliere provinciale e consigliere comunale a Bagnaria

da alcuni militanti della Lega che contestavano quella decisione esclusivamente per pretestuose posizioni politiche. I fatti hanno loro dato torto. Anche quella fu una scelta di coraggio oltre che di competenza amministrativa.» Alla vigilia delle elezioni per il rinnovo del Presidente della Provincia e del Consiglio Provinciale previste nel prossimo mese di dicembre, che cosa si augura? «Mi auguro che la prossima Amministrazione Provinciale tenda a rafforzare un metodo di lavoro basato sul coinvolgimento delle autonomie locali nelle decisioni e nel supporto amministrativo. Esempio su tutti particolarmente calzante in un momento come questo di grande disponibilità di risorse comunitarie, l’attuazione della convenzione SEAV per la formazione di personale adeguato alla progettazione europea. Un dialogo sino ad oggi portato avanti sulla base della conoscenza dei problemi e sulla autorevolezza data dalla competenza per proporre soluzioni. In tal senso, riallacciandomi allo spirito “buono” della riforma Delrio, mi auguro che in un ente di secondo livello come è oggi la provincia, permanga una logica di gestione condivisa, piuttosto che di contrapposizione politica il più delle volte pretestuosa in quel contesto, in ragione delle funzioni fondamentali e delegate dell’Ente. Manutenere una strada o costruire una scuola sono proposte che non possono che incontrare trasversalmente il consenso. In tal senso sarebbe un grandissimo errore se le segreterie dei partiti pensassero di portare lo scontro politico all’interno del prossimo consiglio provinciale con l’esclusivo obiettivo di accrescere o mantenere un consenso ideologico di parte nella società. Un errore fatale che costerebbe ai nostri territori danni irreversibili.» di Pier Luigi Feltri


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PIZZALE

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L’idea di Andrea Astolfi: una birra dedicata a Voghera e al suo peperone Andrea Astolfi del birrificio di Porana, piccola frazione del Comune di Pizzale, ha recentemente presentato ai consumatori e agli appassionati di birra la sua ultima invenzione: una birra dedicata a Voghera e al suo famoso peperone che da qualche anno, grazie all’Istituto Tecnico Agrario “Carlo Gallini” e all’associazione “PepeVo” viene di nuovo coltivato dagli agricoltori della zona. Un progetto condiviso e portato avanti con Moreno Baggini, già vicedirettore della Caritas diocesana di Tortona, molto noto a Voghera per l’impegno civico, infatti con il progetto degli Orti Sociali si occupa di riabilitazione di persone fragili attraverso il lavoro agricolo. Astolfi come è nato il suo birrificio? «Sono sempre stato appassionato dalle birre, per questo sperimentavo in piccolo, provando a crearne nel mio garage per me e gli amici e nel 2015, quando l’azienda per la quale lavoravo ha vacillato, ho deciso di commissionare le mie ricette a produttori esterni. In un primo momento non ero io a preparare le mie birre e infatti non ero mai del tutto soddisfatto delle aziende con le quali collaboravo perché avevamo due modalità diverse di intendere il lavoro: le mie sono birre che richiedono una lavorazione complessa passo dopo passo e non tutti erano disposti a seguire le mie direttive. Per questo nel 2019 ho iniziato con i primi investimenti per diventare io stesso produttore e, a seguito dei permessi necessari arrivati nel febbraio 2019, sono riuscito a far partire la mia attività. Ora che oltre alle mie birre produco anche Beerfirm (ovvero birre per terzi) lascio, con un preventivo a seconda delle ricette, completa libertà ai birrai che si rivolgono a me per evitare loro la mia stessa esperienza». Da quando produce lei stesso le sue birre cosa è cambiato? «È cambiato molto, appena partito mi sono dovuto fermare a causa del Covid e dato che tutti i locali erano chiusi, ho deciso di sperimentare per rendere uniche le mie birre: attualmente ne produco 14 tipologie, tutte realizzate in un anno, e avendo a disposizione un mio impianto, seppur piccolo, posso intervenire in qualsiasi momento, dalla cotta alla fermentazione. Sono tutte birre molto particolari in quanto in pochi fanno prodotti simili. Per chi non fosse del mestiere potrebbe non sapere che ci sono molti rischi a produrre birre con l’aggiunta di frutta o verdura… soprattutto nella fase di fermentazione si rischia di perdere tutto a causa di un batterio». Come gestisce questi rischi? «Ho un impianto che mi permette di pastorizzare frutta e verdura ma il rischio di veder contaminato e di perdere tutto rimane, seppur in minima parte. È una scelta che ho preso e voglio continuare in questa direzione. Un altro problema che riscontro

Andrea Astolfi, professione mastro birraio

è la quantità esigua rispetto a quella di partenza in quanto i vegetali assorbono molto liquido durante le trasfusioni ma una volta terminato il lavoro il risultato è ottimo!». Che verdure unisce alle sue birre? E quali sono le particolarità che apporta il peperone di Voghera? «Produco birra con la zucca berrettina di Lungavilla, lampone, mirtilli, mele renette, fiori di sambuco-menta, fave di cacao- caffè e peperoncino, cannella e spezie natalizie… non mi faccio mancare nulla! Per quanto concerne il peperone di Voghera è un vegetale che cede molte delle proprie qualità organolettiche che lo contraddistinguono e che lo rendono unico nel suo genere: ha un sapore deciso e una leggera piccantezza, ed è proprio quello che sono riuscito a trasferire alla mia birra! Riuscendo a rendendola ottima come aperitivo. Si può dire che sia una bevanda leggera e profumata che si può abbinare a stuzzichini, uova sode, acciughe e tanto altro». La vostra nuova birra vedrà la collaborazione degli Orti Sociali. In che modo? «Questa collaborazione mi ha ripagato tantissimo sia a livello lavorativo che personale. Tutto è incominciato quando ho contattato Moreno Baggini degli Orti Sociali, che ai tempi non conoscevo, raccontandogli di come volessi utilizzare il peperone vogherese, lui è uno dei pochi agricoltori che se ne occupa, per produrre una birra pensata per la mia città. Abbiamo iniziato una collaborazione armoniosa da cui è uscita una birra straordinaria…voglio continuare su questa linea e anche ingrandire la produzione, sono sicuro che verrà sempre più apprezzata». di Riccardo Valle


LUNGAVILLA

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«Quando la sindaca mi ha chiesto di candidarmi, a mezz’ora dalla chiamata avevo già accettato» Riccardo Buscaglia, 23 anni, dal 2019 assessore comunale di Lungavilla. Un giovane studente di medicina dell’Università di Pavia interessato alla “cosa pubblica” fin dai tempi del liceo classico “fin da bambino ero interessato alle lotte per i diritti civili o altri temi di attualità e crescendo si è sempre più consolidata in me questa consapevolezza”. Grande la motivazione e forte la volontà di aiutare i propri concittadini, gli abbiamo chiesto quali siano i progetti realizzati in questi due anni. Dal 2019, nonostante la sua giovane età, è assessore al Bilancio e Lavori Pubblici nel Comune di Lungavilla, si presenti ai nostri lettori «Ho 23 anni e sono studente di medicina presso l’università di Pavia, a molti risulta “strano” che mi interessi anche di amministrazione, ma in realtà entrambi i miei “impegni” hanno in comune il volersi mettere in gioco per aiutare le persone. Anche senza avere un bacchetta magica cerco, per ogni esigenza, di offrire un punto di ascolto per le problematiche più disparate per poi trovare delle soluzioni. Nel 2019 mi sono candidato non appena mi è stata data questa possibilità anche se già in ambito liceale, al Galilei di Voghera, mi ero avvicinato alla politica. È una tendenza che ho sempre sentito in me… fin da bambino ero interessato a lotte per i diritti civili o altri temi di attualità e crescendo si è sempre più consolidata in me questa consapevolezza. Quando la sindaca mi ha chiesto di candidarmi nonostante non avessi particolari conoscenze amministrative gli insegnamenti impartiti dal Liceo Classico riguardo l’antica Grecia, la Polis e il buon governare, mi hanno dato la motivazione necessaria per iniziare: dopo

Riccardo Buscaglia, assessore al Bilancio e Lavori Pubblici

mezz’ora dalla chiamata avevo già accettato. Nella mia campagna elettorale mi sono soffermato a lungo nel raccontare quanto volessi restituire alla mia città, infatti considero il mio carattere forgiato in positivo da Lungavilla». Nel suo ruolo di Assessore quali progetti ha proposto e realizzato? «Una volta eletto, con grande riscontro, mi sono sentito quasi messo alla prova in quanto in questi cinque anni dovrò dimostrare di non aver sprecato questa occasione, soprattutto per chi ha riconosciuto la mia motivazione pur senza esperienza. Ogni giorno cerco quindi di ripagare la fiducia di chi mi ha votato. I primi due anni sono stati molto particolari: le nomine si sono svolte a giugno e tra luglio e agosto non abbiamo realizzato moltissimo in quanto nei mesi estivi i bandi sono fermi. Da settembre quindi abbiamo scelto di portare a termine le iniziative che la precedente giunta aveva varato. Da subito ho

cercato di portare all’interno dell’amministrazione la linfa della gioventù per far si che il comune fosse realmente vicino a tutti: per esempio portando sui social una informazione chiara e continua sul nostro operato e abbiamo creato le dirette dei consigli comunali, cosa che si è resa utile nei periodi in cui non potevamo accettare pubblico. Per quanto riguarda invece l’ambito in cui sono stato eletto ho cercato di incanalare tutti i contributi regionali, nazionali ed europei per il miglioramento delle strade, la realizzazione di aree pedonali e ciclabili (cosa alla quale tengo molto), mi sono speso per il miglioramento della mobilia, delle strutture e la creazione di nuovi laboratori nelle nostre scuole oltre che l’efficientamento energetico ovvero il migliorare gli impianti di luce e gas per inquinare e consumare meno». Ci sono stati altri progetti che hanno avuto il suo supporto? «Da gennaio 2020 con i vari lockdown ci siamo dovuti concentrare sul fronteggiare, a livello di amministrazione comunale, il Covid. Prima di esso ho collaborato alla realizzazione della giornata di Halloween che ha sempre attirato giovani visitatori da tutti i comuni limitrofi e per questo ho coinvolto varie associazioni nella realizzazione di questa festa. Siamo arrivati ad avere 200 bambini presenti (un grande numero per una cittadina) coinvolgendo le pizzerie locali, purtroppo con le limitazioni dovute al Covid-19 non è stato possibile ma il mio intento era quello di riportare in auge il famoso carnevale di Lungavilla che negli anni ‘90 vedeva anche trasmissioni su di esso. La situazione pandemica ci ha portato a doverci interessare a interventi

fuori dall’ordinario, ho cercato di impegnarmi al massimo: sintetizzavo tramite pagine social i dpcm, le regole da seguire e riguardo le decisioni del sindaco, abbiamo introdotto una tessera che consentiva di monitorare gli accessi al supermercato locale onde evitare che continuasse ad essere usato come un “parco giochi” in maniera tale da non creare assembramenti. Infine siamo stati tra i primi comuni a creare e distribuire spese solidali ed una volta terminati i soldi, destinati ad esso, abbiamo aperto un fondo per raccoglierne altri ed aiutare chi ne aveva bisogno. Nel mentre non ho mai dimenticato gli interventi che più sento di voler realizzare». Nei prossimi anni quindi su cosa si vorrebbe concentrare, cosa le sta più a cuore? «Per il futuro ho tante aspettative e voglio ricominciare, man mano che la situazione torna alla normalità, partendo dai progetti lasciati in sospeso. Da idee piccole, ad esempio i giardinetti destinati ai cani per dare uno spazio a loro e ai padroni, fino a progetti più impegnativi quali uno spazio di aggregazione polivalente sia per il periodo scolastico che per l’estate e tanti altri lavori destinati ad eliminare barriere architettoniche fino al miglioramento delle nostre fognature in collaborazione con Pavia Acque. L’ambito al quale tengo di più però rimane quello degli interventi riguardo la modernizzazione delle strutture, l’ecosostenibilità nonché l’utilizzo di finanziamenti per l’abbattimento delle barriere architettoniche e la rigenerazione urbana del paese». di Riccardo Valle


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GODIASCO SALICE TERME

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Si vendono alcolici ai minori, non solo a Salice Terme ma in tanti locali dell’Oltrepò Quando ho letto questa lettera giunta in redazione sono rimasto colpito. Penso che oltre le leggi, ci sia un obbligo morale: la salute dei ragazzi prima di tutto. Avendo però esperienza di locali pubblici ed avendo amici e conoscenti che gestiscono bar, so che non è così semplice come a dirsi. Riporto la lettera arrivata in redazione a firma di una ragazzina quattordicenne: “Come ogni fine settimana ci ritroviamo, con il solito gruppo di amici, a Salice Terme. Quel sabato in particolare si festeggiava in un bar del paese il compleanno di uno del gruppo. Al tavolo tutti mi dicevano – anche se io non ho potuto verificarlo perché non ho bevuto – quanto fossero buoni i cocktail… Solo un piccolo problema: parliamo di cocktail alcolici serviti senza che nessuno controllasse che fossimo maggiorenni oppure no. E quasi nessuno lo era, me compresa, che pur avendo avuto la possibilità di bere ho deciso di non farlo. Mia scelta esattamente come quella di chi, minorenne decide di bere, esagerando ed ubriacandosi fino a perdere i sensi, vero, ma… nessun locale che si rispetti dovrebbe vendere alcolici a minorenni per arricchirsi. Tralasciando la questione morale, la sorella quindicenne di un’amica con cui ero si è sentita molto male dopo aver bevuto ogni sorta di shortino. è stata chiamata l’ambulanza e ha passato la notte in ospedale. Purtroppo scene di questo tipo sono all’ordine del giorno, non passa week end in cui non sento dire che Tizio, Caio, oppure l’amico o l’amica di Tizio o Caio sono finiti al Pronto Soccorso. In me rimane un gran spavento, ho visto gli effetti dell’alcol che, se somministrato a una ragazzina di 14 anni che magari pesa 45 kg , possono essere devastanti!”. Che dire… C’è da immaginare che l’attività di questo locale, del quale non conosciamo il nome, non avendolo specificato la ragazza che ci ha inviato la lettera firmata e che da noi contattata ha preferito non dirlo, continuerà anche nei prossimi week-end, durante i quali molti ragazzini dell’Oltrepò sono a casa da scuola e si radunano proprio a Salice Terme, anche se il fenomeno tocca molti esercizi pubblici dell’Oltrepò, anche quelli dei piccoli paesini. Perché è proprio questo il dato più preoccupante. Non stiamo parlando del bar di periferia ma di esercizi di primo livello, tra i più frequentati in Oltrepò che continuano imperterriti a somministrare alcolici a minorenni. Dunque le problematiche nella fattispecie sono tre: o non li distinguono, oppure hanno troppo lavoro per chiedere loro i documenti, oppure se ne fregano. La risposta più comune dei gestori è: «Non sono un pubblico ufficiale che può controllare i documenti di tutti i clienti. Servirebbero interventi educativi» oppure «Non è facile far rispettare la regola: se ad esem-

pio arriva alla cassa un diciassettenne che ordina due birre, e una è per l´amico che magari ha solo quindici anni, non possiamo farci niente». Al netto delle varie difficolta, scuse, colpe dei genitori, degli esercenti e delle forze dell’ordine etc. etc. etc. la situazione non sta migliorando, anzi. L’abuso di alcol nei giovanissimi è diventato un fenomeno sociale e i pubblici esercizi, essendo oggi i maggiori punti di aggregazione e di ritrovo, sono i luoghi dove si verifica principalmente il fenomeno. Forse il legislatore dovrebbe intervenire sulle normative vigenti aggiungendo la sanzione per il consumo da parte dei minori e introducendo sanzioni anche ai loro genitori se i figli ne abusano. La piaga è grande. Recenti statistiche evidenziano che nel nostro Paese circa il 40% degli adolescenti beve regolarmente vino, il 50% beve birra, il 22,4% beve liquori e il 13,3% (ma tale percentuale sale al 18% nel Sud Italia) afferma di essersi ubriacato almeno una volta. Il filo del ragionamento è questo: i protocolli d’intesa con Ministero, Prefetture e Comuni, gli accordi con le forze dell’ordine, le campagne di sensibilizzazione «non sono sufficienti». E in effetti i numeri parlano chiaro: in Italia i consumatori “a rischio” (cioè quelli che bevono dagli 11 ai 18 anni) sono quasi due milioni – oltre il 45% dei maschi, il 37% delle femmine –, e oltre il 20% delle intossicazioni da alcol che arrivano nei Pronto Soccorso riguardano ragazzini addirittura al di sotto dei 14 anni. Ecco perché occorre chiamare in causa le famiglie, i genitori: responsabilità in pieno, senza se e senza ma, che si traduce nella sanzione non solo dei gestori dei locali in cui si sorprendano minori che consumano alcolici. Oggi le leggi vigenti indicano che la pratica di vendere alcoli ai minorenni non solo è illecita, ma costituisce addirittura reato. La legge italiana, infatti, vieta la vendita di alcolici ai minorenni. Il codice penale punisce con l’arresto fino a un anno l’esercente di un’attività

commerciale (bar, pub, pizzeria, ristorante, ecc.) che somministra, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, bevande alcooliche a un minore degli anni sedici, o a persona che appaia affetta da malattia di mente, o che si trovi in evidenti condizioni di deficienza psichica a causa di un’altra infermità. La stessa pena si applica a chi vende alcolici attraverso distributori automatici che non consentano la rilevazione dei dati anagrafici dell’utilizzatore mediante sistemi di lettura ottica dei documenti, a meno che non sia presente sul posto personale incaricato di effettuare il controllo dei suddetti dati. La condanna comporta altresì la sospensione dall’esercizio. Il codice penale, pertanto, punisce con l’arresto la vendita di alcolici a minori di sedici anni quando avviene in pubblico o in luogo aperto al pubblico (cioè in luogo ove chiunque può entrare, rispettando alcune condizioni: ad esempio, il cinema è un luogo aperto al pubblico perché, pagando il biglietto, tutti possono entrare). Lo stesso divieto vale per la vendita a coloro che, seppur maggiorenni, sono affetti da vizio di mente, cioè sono, in maniera evidente, incapaci di intendere e di volere. La norma riguarda solamente colui che vende le bevande, non l’assuntore: pertanto, il minorenne che compra alcolici non rischia niente. E per i minorenni che abbiano compiuto i sedici anni? Per la fascia non ricompresa nella norma sopra esposta (cioè tra i sedici e i diciotto anni) la legge italiana ha previsto una mera sanzione amministrativa, consistente nel pagamento di una pena pecuniaria da 250 a 1000 euro . Quindi, il quadro completo è questo: Vendita di alcolici a minori di sedici anni: arresto fino ad un anno; Vendita di alcolici ai minori di diciotto anni: sanzione pecuniaria da 250 a 1000 euro; Il minorenne non rischia alcuna pena. La condotta reiterata dell’esercente dell’attività commerciale può far incorrere nella sanzione amministrativa pecuniaria da

1.000 a 25.000 euro con la sospensione dell’attività per tre mesi. Il Ministero dello Sviluppo economico, con una risoluzione di qualche anno fa , ha definitivamente chiarito che la legge italiana non vieta soltanto la vendita, ma anche la somministrazione sul posto di bevande alcoliche. In altre parole, commette illecito non soltanto chi vende la bottiglia di vino o la lattina di birra al minorenne, ma anche chi somministra la bevanda direttamente, ad esempio spillandola dalla botte. Secondo la Corte di Cassazione, commette il reato di somministrazione di alcolici a minori chi fornisce queste bevande limitandosi a prendere atto della risposta del minore sul superamento dell’età consentita. In parole povere, il barista non deve limitarsi a chiedere l’età dell’avventore, dovendo invece verificare effettivamente i suoi dati anagrafici. A tal proposito, la Corte ha stabilito che il barista non solo può, ma deve tassativamente chiedere i documenti prima di servire alcol se i suoi clienti sono presumibilmente minorenni. Sempre la Suprema Corte ha ricordato che il fatto che nel bar vi siano cartelli indicanti il divieto di erogazione di bevande alcoliche a minori , non esonera da responsabilità il gestore che abbia comunque somministrato alcol ai minorenni. Questa è la situazione, minorenni che bevono, genitori che non controllano, ed è difficile giudicare un genitore, perché educare dei figli in modo “normale” è impresa ardua, gestori e baristi che per “qualche dollaro in più” servono alcool a chiunque, ma anche in questo caso, bisogna comprendere che dopo il lungo periodo di lockdown , i bar economicamente sono in ginocchio, e non certamente questa è una scusante, ma a volte la necessità economica serve a capire alcune azioni, e le forze dell’ordine, che controllano ma controllano evidentemente poco, e forse anche male, perché è ovvio che se in un bar si presentano con la macchina d’ordinanza, in divisa, il bar ha tutto il tempo di fermare la vendita di alcolici ai minori e dire che si sono ubriacati portandoli da casa. Forse varrebbe la pena di controllare questi bar con uomini in borghese per identificare i gestori ed i baristi che servono alcool ai minorenni. Per poi consegnarli alla legge, non chiedendo pene esemplari, che ritengo un’affermazione sciocca, c’è una legge, bella o brutta essa sia, applichiamo quella. Però controllare, identificare e consegnare chi trasgredisce alla legge, quello va fatto….altrimenti è tutto inutile, e si continua a parlare a vuoto senza nulla risolvere. di Nilo Combi *FOTO DI REPERTORIO CON AUTORIZZAZIONE ALL’USO GIORNALISTICO


CASTEGGIO

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“Cantiere Casteggio”: un progetto con circa 600 mila euro di investimenti sul territorio

Un paese che cresce, che non si ferma nonostante la grave emergenza. Casteggio prova a dimenticare il brutto periodo, un comune che guarda al futuro e che continua a lavorare: Così Casteggio si prepara a grandi opere, parola di Lorenzo Vigo. Sindaco, ci può fare un bilancio del 2021 sino ad ora? «Il bilancio, nonostante le difficoltà evidenti, è positivo. è un bilancio positivo in realtà degli ultimi anni. Soprattutto per quanto riguarda le spese di investimento. Un percorso che, a dire la verità, abbiamo iniziato prima del covid, a partire dal 2019, mettendo a punto un sistema di ricerca di fondi di finanziamenti, progettazione, domande di contributo. Abbiamo iniziato nel 2019, come dicevo, e abbiamo proseguito per il 2020, nonostante il periodo critico». Quali i risultati? «I risultati si sono avuti: ci sono circa 4 milioni di euro che siamo riusciti a recuperare per completare le opere. Una su tutte il finanziamento del rifacimento del Riazzolo, da circa 2 milioni e 300 mila euro, finanziato al 100% dal Ministero degli Interni. E poi ancora una serie di finanziamenti per rifare gli asfalti, i marciapiedi, la realizzazione del nuovo Viale Giulietti (quello che porta alla stazione). Abbiamo recuperato fondi per eliminare l’amianto e rifare il parco della Certosa, che andremo a realizzare nel prossimo futuro. Molti soldi li abbiamo recuperati, altri li avevamo in avanzo dal nostro bilancio comunale, tant’è che in questi ultimi mesi abbiamo messo in piedi una nuova iniziativa, che abbiamo chiamato “Cantiere Casteggio”». Di che cosa si tratta? «è un progetto con circa 600 mila euro di investimenti sul territorio, utili per strade e marciapiedi, per la pulizia dei monumenti, nuovi lampioni, nuove telecamere, sistemazione della fontana cittadina, un percorso di analisi energetica sulle scuole. Tutti interventi che sono necessari per tenere in piedi una cittadina oggi, dopo quello che è capitato in questi due anni, dove le manutenzioni e le attenzioni sono inevitabilmente calate. Speriamo che sia un modo per ripartire. Noi possiamo dire di essere orgogliosi di poter mettere in campo una cifra veramente considerevole anche per fare piccole manutenzioni che forse spesso sono state dimenticate». Finora cosa è stato realizzato? «Le prime opere che abbiamo fatto sono state quelle di difesa del suolo. Le abbiamo sempre ritenute e riteniamo ancora che siano le più importanti, vista anche l’alluvione del 2019. Sono stati fatti circa 500 mila euro di lavori tra il Torrente

«Siamo stati premiati come comune che si è prodigato per l’edizione del rally Quattro Regioni 2019» Coppa, il Rile e il Riazzolo: pulizia, difesa spondale, un intervento su una frana che c’era vicino alla zona Crotesi. Interventi, dunque, di difesa e sicurezza del territorio. Il tutto, insieme ad un continuo monitoraggio delle forze dell’ordine, dei vigili e del settore ambiente, per la realizzazione dei fossi e la gestione delle acque meteoriche dei campi agricoli. Non è un tema semplice e non era mai stato affrontato in modo così importante. Abbiamo fatto anche tanti incontri con agronomi per la sistemazione dei campi dei privati. E poi ancora un primo giro di lavori di asfaltatura che hanno riguardato tratti già interessati in passato da lavori e che necessitavano di sistemazioni. Abbiamo sistemato il riscaldamento della Certosa e infine la realizzazione del controviale Giulietti, che è in fase di ultimazione, che abbiamo deciso di trasformare in pedonale, anche nell’ottica di riacquistare il possesso da parte dei cittadini delle zone della nostra città. A breve in questo tratto verranno installati gli arredi e le illuminazioni e poi avremo finalmente riqualificato una parte importante della città». Per la scuola? «Anche qui sono stati fatti molti interventi nel periodo covid, per cercare di sostenere sia dal punto di vista strutturale nel senso che servivano investimenti per banchi, divisori e quant’altro e dal punto di vista della spesa corrente per la gestione del personale durante il periodo più duro». E poi l’opera più importante come diceva prima… «Sì, l’opera per noi adesso più importante è la ritombinatura del Torrente Riazzolo. In queste settimane sono stati fatti primi lavori di carotaggio della strada e di quel-

Lorenzo Vigo

Ritombinatura del Torrente Riazzolo, «Sembrava impossibile, ma con costanza ci siamo riusciti» lo che dovrà essere il percorso del torrente. Spero per la fine dell’anno di avere un progetto esecutivo, andare ad appalto e con la bella stagione poter iniziare i lavori. Sarà un cantiere epocale per Casteggio: cambierà completamente la situazione del quartiere che così tanto è stato colpito negli anni dall’esondazione del torrente. Una situazione purtroppo dovuta a scelte urbanistiche di decenni passati che fondamentalmente hanno intrappolato il torrente all’interno delle case costringendolo in una piccola tubatura sotterranea. Adesso verrà liberato e inserito in una grande tubatura sotterranea: avrà così grosso respiro. Il rischio non sarà mai, purtroppo, azzerato, ma andremo ad impattare e ridurre notevolmente il pericolo di esondazioni in quella zona. è una promessa che avevamo fatto ai cittadini di quel quartiere, per riuscire a salvare le loro case e le loro vite e ce l’abbiamo fatta. Sembrava un progetto impossibile,

ma con costanza, progettazione e ricerca di fondi ci siamo riusciti e andremo fino in fondo». Nelle scorse settimane avete ricevuto un premio speciale. Ci può spiegare di che cosa si tratta? «è stata una bellissima sorpresa che ha fatto Marino Scabini, presidente dell’Aci, al nostro comune. Siamo stati premiati come “comune che si è prodigato per l’edizione del rally Quattro Regioni 2019”. Ci eravamo appena insediati e ci era stata proposta la possibilità di ospitare il rally in paese. Avevamo subito aderito all’iniziativa con grande passione, passando sopra a qualche polemica che avevo ritenuto sterile, ma determinati per portare un evento del genere in Casteggio. Questa determinazione e questa voglia sono state premiate dall’Aci e io sono veramente molto orgoglioso di questo premio». di Elisa Ajelli



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«Trend positivo per il commercio: 20 aperture di nuove attività commerciali, a fronte di sole 4 o 5 chiusure» Nonostante in Lombardia si siano somministrate più di quindici milioni di dosi, alle quali si va ad aggiungere l’istituzione del green pass, l’emergenza sanitaria impone ancora delle limitazioni non indifferenti, che sicuramente hanno influenzato la programmazione di eventi, manifestazioni e sagre, obbligando gli organizzatori a rivederne la formula e, in alcuni casi, all’annullamento o al rinvio in tempi migliori. Lasciata ormai alle spalle la stagione estiva, Stradella si appresta ad affrontare i prossimi mesi con un calendario ricco di eventi. Ne abbiamo parlato con Andrea Frustagli, assessore stradellino con deleghe al commercio, attività produttive, promozione del territorio, lavoro e sport, il quale ci ha illustrato, inoltre, le ultime novità sportive che vedranno coinvolgere la città. Frustagli, ad inizio settembre, con una nota stampa unificata, le Amministrazioni di Stradella, Broni e Casteggio hanno informato della sospensione delle rispettive feste. Stradella ha dovuto così rinunciare, per il secondo anno consecutivo, alla storica Vinuva. «È stata una decisione sofferta, ma non si poteva fare altrimenti. Vinuva è una manifestazione che deve essere programmata ed organizzata con ampio anticipo, prima dell’inizio dell’estate. Già a maggio eravamo in una situazione diversa, e non era ben chiaro cosa ci sarebbe aspettato a settembre. Non potendo prevedere l’andamento della situazione pandemica, in accordo con le altre amministrazioni di Broni e Casteggio, si è deciso di annullare i principali eventi in calendario, onde evitare spiacevoli inconvenienti ed inutili rischi». Alcuni hanno fatto notare che, sebbene il Vinuva sia stato annullato, si è deciso di organizzare lo “Street food” che, anche in questo caso, prevede somministrazione di cibi e bevande. Come mai si è dato il via libera a questo evento? «Sono due eventi totalmente diversi, già dal tipo di organizzazione. Lo “Street food”, che si terrà i primi tre giorni di ottobre, è solo somministrazione a cui viene abbinato un mercato. Abbiamo previsto tutte le misure di sicurezza imposte dalla normativa vigente, transennando la zona e lasciando solo alcuni varchi d’ingresso dove verrà richiesto il green pass. Vinuva, invece, è uno spettacolo con somministrazione, in cui era prevista la chiusura di diverse strade della città: si tratta di una manifestazione abbastanza corposa, nella quale sarebbe stato difficile riuscire a transennare l’intera area e convogliare le persone in pochi accessi autorizzati. In sostituzione, si è optato, grazie soprattutto alla Pro Loco, ad organizzare una “mini festa” di due giorni del “Settembre Stradellino” in piscina, in cui si è fatta somministrazione abbinata ad uno spettacolo live. Ma questo evento si è organizzato in spazi

ben delimitate, che ben si prestavano per un controllo degli accessi». Invece, per il secondo anno, torna il mercato con “Gli ambulanti di Forte dei Marmi”, che si terrà ad inizio mese in Piazza Trieste. «Lo scorso anno è stato un grande successo e ci era stato chiesto di poter organizzare una doppia data, in primavera ed in autunno ma, vista la situazione che stavamo vivendo nei primi mesi di quest’anno, si è deciso di optare per un’unica data autunnale». Eppure, qualche commerciante del centro sembrava non particolarmente entusiasta della scorsa edizione… «Che ben se ne dica, tanti esercenti hanno incassato parecchio quel giorno, in un sabato dove solitamente non c’è mai stato un grande lavoro: non lo dico io, ma mi è stato confermato da loro stessi. E non stiamo parlando solo di bar o ristoranti, ma anche di negozi di abbigliamento, che si sono visti arrivare nuovi clienti proprio grazie a questo “nuovo” mercato, che ha fatto da cassa di risonanza. Chi vende la qualità e sa esporre bene nelle vetrine il proprio prodotto, che è comunque differente da quello proposto nel mercatino, può avere l’occasione di vedersi arrivare nuovi potenziali clienti in negozio». Ci sono altri eventi in programma per il prossimo autunno? «Sempre ad ottobre ci sarà la tappa stradellina di “Tre capitali per tre valli”, manifestazione del Distretto del Commercio organizzato in collaborazione con i comuni di Broni e Casteggio. Alle ore 10 e alle ore 18 ci saranno le visite guidate nei luoghi storici della città, con partenza in Piazza Vittorio Veneto, mentre nell’ultimo tratto di Via Trento verranno allestiti i banchetti di prodotti locali. E poi, per quattro lunedì, ci sarà “Sportiva”….». Parliamo proprio di “Sportiva”, una manifestazione la cui prima edizione doveva svolgersi nella primavera del 2020 ma, per i motivi che ben sappiamo, è stata rinviata. Un format che, paradossalmente, non ha mai visto la luce nella sua idea originale, e che è stato riadattato a teatro per poterne garantire lo svolgimento. Qual era la sua idea originale pre-pandemia? «“Sportiva” è nata nel gennaio del 2020, con l’idea di sostituire la “Primavera dello Sport”. Questo perché ritengo che, per dare risalto alle attività sportive, bisogna dare l’occasione alle diverse discipline di potersi esibire di fronte ad un vasto pubblico. Insieme all’amministrazione, abbiamo deciso di organizzare questa manifestazione al Palazzetto dello Sport, con tre giorni dedicati alle dimostrazioni di ogni singola disciplina, con tanto di villaggio sportivo, musica e somministrazione. Purtroppo, ci siamo dovuti fermare a febbraio, ma eravamo già partiti alla grande.

Per non sprecare quanto fatto, ci siamo “inventati” un’inaugurazione virtuale, con una diretta streaming davanti al Palazzetto dello Sport, in cui abbiamo presentato ogni singola società sportiva stradellina». Cosa ci aspetteremo, invece da “Sportiva a teatro”? «Quest’anno, non potendo ancora sviluppare la manifestazione nelle suo format originale, ho deciso di rielaborarla, portandola a teatro. Quando ho presentato questa idea in consiglio comunale, alcuni consiglieri di minoranza sono balzati dai banchi, chiedendosi cosa potesse fare Frustagli a teatro. A queste perplessità ho risposto con i fatti. “Sportiva a teatro” sarà organizzata in quattro serate differenti e si tratterà di un “talk show”, nel quale verranno coinvolte anche le associazioni sportive e gli sportivi stradellini, che verranno premiati. Si inizierà lunedì 4 ottobre, con Patrizio Oliva, mentre nei lunedì seguenti vedremo sul palco del Teatro Sociale altri campioni dello sport, tra cui Francesco Moser, Dino Meneghin, Renzo Bariviera e Giacomo Agostini. La prenotazione è obbligatoria, fino ad esaurimento posti, ed è previsto l’ingresso ad offerta: il ricavato di ogni singola serata verrà distribuito a quattro diverse associazioni benefiche». Torniamo a parlare di commercio e del malcontento, su diverse tematiche, di alcuni appartenenti alla categoria. Cosa si sente di rispondere? «Rispondo con una provocazione: se i problemi sono le quasi 20 aperture di nuove attività commerciali, dal primo gennaio 2021, a fronte di sole quattro o cinque chiusure… Il trend è assolutamente positivo, in controtendenza rispetto ad altri comuni limitrofi. Come assessorato abbiamo messo a disposizione un fondo di trentamila euro per incentivare l’apertura di nuove attività sul territorio comunale: ad ogni soggetto avente i requisiti, spettano mille euro di contributo». E perché secondo lei c’è questa controtendenza rispetto ad altre zone? «Volevo inoltre rendere merito ai bar e ai ristoranti della città, che sono l’anima e il volano del nostro commercio. Abbiamo i locali migliori della zona, perché sanno fare il loro mestiere nel modo migliore. È anche grazie a loro che si riesce a portare nuova gente e a mantenere vivo l’interesse sulla città. In secondo luogo, bisogna far notare che Stradella ha una conformazio-

Andrea Frustagli ne unica nel suo genere: un anello di strade tutte a senso unico, che compongono la tanto famosa “vasca”. Questo permette alle persone di poter circolare in modo continuo, dando una naturale maggiore visibilità alle attività del centro». A proposito di bar: alcuni gestori vicini a Piazza Trieste si sono lamentati per il protrarsi dei lavori per la costruzione nuova area pedonale e del disagio causato nei giorni di mercato, in quanto costretti a togliere tavolini e dehor per far spazio alle bancarelle che sarebbero posizionate dove ora sorge il cantiere. Benché il cantiere sia di competenza di un altro assessorato, la problematica si riflette anche su quello del commercio. Come risponde a questa polemica? «Non scendo nei particolari del cantiere, in quanto di competenza di un altro assessorato, ma so per certo che devono essere terminati entro il 30 novembre, come indicato nel bando per i contributi regionali. Per quanto riguarda il mio assessorato, ci terrei a ricordare che le sedie e i tavolini supplementari al di fuori dei bar sono ancora a titolo gratuito fino a fine anno, e disposti su spazi ulteriori che il comune ha dato a disposizione delle attività per poter garantire una maggior capienza». Prima ha citato la Pro Loco di Stradella: come sono i rapporti tra il suo assessorato e l’associazione? «I rapporti con la Promoltrepò sono buonissimi. Proprio un anno e mezzo fa l’associazione si è rinnovata, e ci tengo a ringraziare tutti i volontari e la loro presidente, Elena Valizia, per il lavoro che hanno svolto nei mesi precedenti. Si è creato un gruppo molto giovane e attivo, anche se la forza lavoro è sempre più in diminuzione: per questo ritengo che sia necessario l’apporto di nuove leve. Detto questo, vorrei precisare che la politica deve rimanere fuori dalle associazioni di volontariato». di Manuele Riccardi



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Il primo approccio di Don Daniele all’Apos di Stradella Per anni Don Cristiano Orezzi ha partecipato con grande motivazione e contribuito a rendere ciò che è oggi l’Apos di Stradella. Dopo il suo trasferimento, in molti si aspettano la stessa partecipazione anche da parte del nuovo Don, ed è per questa ragione che abbiamo deciso di intervistare Don Daniele Lottari che oltre ad averci parlato della sua storia personale si è mostrato entusiasta nel cominciare un rapporto proficuo con il club calcistico. Don Daniele come ha intrapreso questo percorso spirituale? «Ho sempre vissuto a Voghera e pastoralmente ho fatto servizio nelle vicinanze prima di essere ordinato a Stradella. Il mio ovviamente è un percorso che si inserisce in una esperienza di vita: ho studiato, lavorato e sono laureato in Scienze Naturali e c’era sempre in me una sensazione... come se avessi fame senza riuscire a saziarmi… indagando nel tempo ho scoperto che altro non era che fame di un’esperienza umana differente dalle altre, di fede». Come è stato il suo arrivo a Stradella? «Sono fisso a Stradella da giugno in quanto prima ho fatto il mio ingresso in questa parrocchia come diacono nel frattempo ho

Apos Stradella «Ritengo che per i giovani sia un’opportunità veramente grande, specialmente dal punto di vista educativo» terminato il seminario. Lavoravo spesso nei dintorni e quindi conoscevo già questa città come piena di vita, l’Apos l’ho sempre conosciuto anche se non approfonditamente, perché molto rinomato». Don Cristiano è stato sempre molto presente e nel vivo della squadra, quindi in molti si aspettano lo stesso livello di partecipazione, qual è stato il suo approccio con l’Apos? «Essendo arrivato da poco ho dovuto inserirmi prima di tutto nella realtà più ampia della parrocchia di cui l’Apos è una delle parti che la compongono, ad ora direi che il mio livello di partecipazione è scarso ma l’intento è di arrivare ad una partecipazio-

ne a tempo pieno. Ritengo che per i giovani sia una opportunità veramente grande, specialmente dal punto di vista educativo essendo un’associazione calcistica che fa riferimento all’oratorio». Questa per lei è una nuova esperienza oppure è da sempre un fan dello sport in generale, calcio a parte. «Sono sempre stato sportivo, ma quasi mai legato particolarmente al calcio, seguo la serie A ma senza troppo trasporto. Così immerso è quindi una nuova avventura che voglio affrontare nel miglior mio modo possibile. Con il presidente e gli allenatori il rapporto è appena iniziato e con la messa di avviamento di stagione al campo a San Zeno avrò modo di continuare e nel mentre attendo il calendario degli allenamenti che sarà lo spazio che riuscirò a frequentare con maggiore frequenza. Saranno tutte occasioni per conoscere le squadre anche se con alcune c’è già un rapporto come ad esempio con i classe duemilaotto, che costituiscono il gruppo dei chierichetti, oppure tanti juniores che sono tra quelli che maggiormente gravitano nel mondo dell’oratorio. Il legame per ora riguarda principalmente l’oratorio, ma ripeto ci

Don Daniele Lottari

sono tantissime buone premesse per svolgere un buon lavoro anche se per ora preferisco valutare la situazione, essendo io molto riflessivo, prima di proporre nuove idee». di Riccardo Valle


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verrua po: ElezionE del sindaco

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Boiocchi: «Siamo un gruppo di dieci persone con la testa sulle spalle e i piedi per terra» I circa milletrecento abitanti di Verrua Po saranno chiamati a votare il rinnovo del consiglio comunale. A sfidare il sindaco uscente Lazzari alle prossime amministrative sarà un suo ex alleato, Filippo Boiocchi, imprenditore agricolo, precedentemente consigliere di maggioranza, ha deciso di scendere in prima persona con la lista “Orientiamo Verrua”, proponendosi alla guida del suo paese, con la finalità di rivedere le spese amministrative e superare le difficoltà finanziarie. Boiocchi ci presenti la squadra che scenderà al suo fianco alle elezioni del 3 e 4 ottobre «Un gruppo di dieci persone con la testa sulle spalle e i piedi per terra, età media 51 anni, di cui alcuni già con esperienza amministrativa pregressa, tutti con un’ottima conoscenza di Verrua in tutti i suoi aspetti, decisi ad agire tutti insieme per il bene comune del paese e dei suoi cittadini. Un gruppo di persone di cui ho grandissima fiducia». Quali sono le motivazioni che l’hanno spinta a metterci la faccia, per la prima volta, in prima persona? «Il confronto democratico è il sale del-

Filippo Boiocchi

la democrazia: in base a questo principio insieme ad alcune persone ho formato una lista di candidati consiglieri che si presentano alle prossime elezioni comunali del 3-4 ottobre in modo tale che i cittadini, democraticamente, con il loro voto, potranno scegliere chi tra i due gruppi avrà il compito di amministrare».

Come mai da consigliere di maggioranza a fianco del sindaco uscente Lazzari oggi si trova a “scontrarsi” con lui. Quali sono le motivazioni o le divergenze che l’hanno portata “dall’altra parte”? «Ritengo che trasparenza e condivisione debbano essere alla base dei rapporti tra il sindaco, la sua Giunta e tutti i consiglieri, non solo alcuni di essi. Penso che questi valori debbano essere alla base dell’azione di un’amministrazione. Direi che questi aspetti sono stati totalmente disattesi». Qual è il “cavallo di battaglia” del vostro programma elettorale? «Un “cavallo di battaglia” impegnativo: lavorare per superare le difficoltà finanziarie e utilizzare in modo razionale ed efficiente tutti contributi statali e regionali che verranno assegnati al nostro Comune senza i quali non si riuscirebbe a concretizzare nulla». Quali sono le iniziative concrete che intende mettere in atto “il giorno dopo” in caso di una sua elezione a Primo cittadino? «Cominceremo sicuramente a lavorare per capire dove agire per diminuire spese e consulenze in vista del bilancio del

nuovo anno, ormai alle porte. Inizieremo a collaborare con tutte le associazioni presenti in paese, dalla pro loco, alla consulta e all’Auser, quest’ultima importantissima per il lavoro continuo a favore di anziani e persone in difficoltà». Verrua Po è un piccolo comune. A suo giudizio la partita si giocherà sui programmi elettorali o sulle persone? «Sicuramente sulle persone. Siamo un paese di 1250 abitanti ci si conosce tutti: per questo conteranno di più le persone, la loro serietà e voglia di fare». Cosa chiedono e cosa si aspettano oggi gli abitanti di Verrua dal loro futuro sindaco? «Sicuramente si aspettano un sindaco che amministri con serietà, impegno, trasparenza e condivisione». Cosa le fa pensare di essere il sindaco giusto per Verrua e perché non lo è il suo “avversario”? «Saranno i cittadini con il loro voto a stabilire se sono o non sono il sindaco giusto per Verrua , non voglio giudicare nessuno». di Manuele Riccardi


verrua po: ELEZIONE DEL SINDACO

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Lazzari: «La nostra ambizione è far sì che i nostri figli scelgano di restare» Pierangelo Lazzari, direttore di ufficio postale e attuale sindaco uscente, cercherà di riottenere la fiducia dei suoi cittadini per poter amministrare il comune nei prossimi cinque anni. Alla guida della lista civica “Insieme per Verrua”, pone al centro della sua campagna elettorale progetti legati soprattutto alla sicurezza del paese e delle strade, all’assistenza alle persone fragili e alle tematiche agricole, principale attività economica del paese. Lazzari ci presenti la squadra che scenderà al suo fianco alle elezioni del 3 e 4 ottobre «La squadra “Insieme per Verrua” che si presenta alle elezioni è costituita sia da candidati con un’esperienza amministrativa alle spalle, sia da volti nuovi e giovani, tutti accomunati dalla stessa passione: il bene comune. Le nostre proposte sono il frutto dell’esperienza acquisita in questi cinque anni e del continuo confronto con i Verruesi: un progetto che abbiamo redatto insieme, nato proprio dall’ascolto dei Cittadini e dai loro bisogni. I candidati con un’esperienza già acquisita: Belliero Marco, Calvi Maurizio, Casale Gianluca, Gamba Marco; i volti nuovi: Salomone Mario e Ponzone Alberto; e i giovani: Donnetta Alessandro, Montis Claudia, Piontini Veronica, Kaur Ramanpreet (meglio conosciuta come Jenny)». Quali sono le motivazioni che l’hanno spinta a rimetterci la faccia nuovamente? «Ho riflettuto molto e a lungo prima di decidere la mia nuova candidatura a sindaco, non lo nascondo. Amministrare la cosa pubblica impegnandosi come sindaco

richiede tempo, studio, conoscenza, visione, programmazione e forza costanti. Molte persone mi hanno spronato a dare nuovamente la disponibilità, ma, soprattutto, mi ha convinto la squadra che costituisce questa nuova lista, una squadra di persone valide e motivate, che mi hanno chiesto di mettere a disposizione l’esperienza maturata in questi cinque per portare a termine i progetti in corso e per realizzare/concretizzare proposte che tengano primariamente conto delle esigenze e dei bisogni dei cittadini che abitano il nostro paese». Il suo avversario politico sarà Boiocchi, che è stato al suo fianco in questi anni di amministrazione. Quali sono le motivazioni o le divergenze che oggi hanno portato a scontrarvi politicamente? «Questa è una domanda da porre al mio antagonista. I candidati miei avversari sono tutte persone che rispetto moltissimo, ma “dalla nostra” abbiamo cinque anni di esperienza alle spalle che ci hanno permesso di affinare la capacità di ascolto, di entrare nelle problematiche locali, di trovare modalità di risposta, nonché risposte il più possibile vicine alle reali esigenze, di pensare ogni azione e ogni decisione con il solo obiettivo del bene di tutta la comunità». Qual è il “cavallo di battaglia” del vostro programma elettorale? «Nel nostro programma sono contenuti diversi punti. Direi che tutti potrebbero essere “cavalli di battaglia”, dall’asfaltatura e segnaletica delle strade all’assunzione di un vigile, dall’installazione di nuovi punti luce alla costruzione di nuovi loculi e poi la ristrutturazione del Cimitero, così come

Pierangelo Lazzari

il rafforzamento della sicurezza stradale, l’assistenza alle persone fragili, il monitoraggio e la pulizia periodica dei canali, l’attenzione alle tematiche legate al mondo degli agricoltori, il potenziamento del sistema di videosorveglianza ai varchi. La nostra ambizione è far sì che i nostri figli scelgano di restare». Quali sono le iniziative concrete che intende mettere in atto “il giorno dopo” in caso di una sua elezione a Primo cittadino? «Il giorno dopo prenderà il via la pianificazione di tutti i progetti del nostro programma. Intendiamo lavorare da subito affinché tutti i Verruesi si sentano parte di una comunità che non dimentica le esigenze di nessuno rispondendo ai meno giova-

ni, che chiedono tranquillità e sicurezza, e ai più giovani, che hanno diritto a vivere in un paese che offra loro svago e opportunità per sviluppare le proprie aspirazioni, senza dimenticare il sostegno alle attività produttive e il rispetto per l’ambiente». Verrua Po è un piccolo comune. A suo giudizio la partita si giocherà sui programmi elettorali o sulle persone? «I Cittadini di Verrua hanno avuto la possibilità di verificare nei cinque anni passati le “cose” che sono state fatte. Sono in grado di valutare sia i programmi che le persone». Cosa chiedono e cosa si aspettano oggi gli abitanti di Verrua dal loro futuro sindaco? «Il Sindaco di un piccolo paese deve essere un amministratore in senso stretto e molto concreto. Una persona che sa e vuole ascoltare le persone e risolvere i problemi. Deve ricercare un contatto continuo con le persone per parlare di cose concrete ed è quello che farò, insieme alla squadra: sono pronto al confronto, al contributo di idee e,come nel passato, agirò con trasparenza in tutti gli atti amministrativi, sarò sempre presente e a disposizione dei Cittadini». Cosa le fa pensare di essere il sindaco giusto per Verrua e perché non lo è il suo “avversario”? «In questa campagna elettorale ho proposto il nostro programma, con la consapevolezza di ciò che è stato prospettato, forte anche dell’esperienza dei cinque anni trascorsi. “Insieme per Verrua” porterà avanti tutti i progetti in modo concreto». di Manuele Riccardi


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C’ERA UNA VOLTA L’oLTREPò...

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Santa Maria della Versa, Mariuccia Casella “diversamente giovane” di Giuliano Cereghini La cassetta delle lettere aperta distrattamente: pubblicità, solite utenze e, una strana lettera quadrata con l’indirizzo riportato in bella grafia. L’apro con noncuranza e leggo: “Egregio dott. Giuliano, chi le scrive è una persona che ha compiuto 92 anni, da tempo volevo dirle che io leggo sempre Il Periodico ed i suoi racconti che mi portano indietro negli anni, mi fanno rivivere e ricordare un passato semplice, povero ma sereno. Oggi leggendo il racconto dell’Alpino mi sono commossa tanto, e malgrado il cambiamento della nostra società, ancora ci sono persone che sanno amare il prossimo”. Sospendo la lettura incredulo. La lettera proviene da Santa Maria Della Versa, è firmata Mariuccia e non riporta mittente. Novantadue anni? Mi sembra impossibile pensare a una signora così lucida e con un italiano così colto e retto da una scrittura chiara, ordinata e precisa come solo chi ha frequentato scuole che prevedevano e premiavano la bella calligrafia. “Io sono nata qui ed ho imparato ad amare la mia terra, l’Oltrepò non lo cambierei con altri posti, peccato che un angolo così bello d’Italia non sia valorizzato”. Rifletto un attimo sospendendo la lettura: questa signora anziana sulla carta ma estremamente giovane nel cuore e nei pensieri, dovrebbe tenere conferenze ai giovani sulla semplicità, sull’amore per la propria terra e sulla commozione di fronte ad un gesto d’amore, quale è stata la serenata con la fisarmonica dell’Alpino Stefano alla moglie ricoverata in ospedale in tempo di Covid.

Mariuccia Casella, 92 anni

“Dott. Giuliano la prego di scusare il modo un po’ sbilenco di scrivere e continui a far conoscere il mondo di quando le persone aiutavano chi era in difficoltà. Di nuovo le chiedo di scusarmi se mi sono permessa, ma quando vedrà l’Alpino gli dica che il suo amore e la sua bontà, mi hanno fatto piangere. Distinti saluti. Mariuccia” Termino la lettura commosso a mia volta dalle parole semplici, profonde e vere della signora Mariuccia, ripromettendomi di rintracciarne l’indirizzo per rispondere al suo nobile scritto. Telefono ad un amico di Santa Maria della Versa, il geometra Antonio Ghelfi, signore di nome e di fatto che, dopo aver riflettuto pochi attimi, mi dice ridendo, che conosce bene la signora. Prima ancora che mi detti l’indirizzo, gli chiedo di poterla incontrarla per conse-

gnarle a mano la lettera di risposta che ho già preparato. Un pomeriggio di una splendida giornata di un settembre che sembra alleata a chi raccoglie i grappoli turgidi delle uve d’Oltrepò, accompagnato dal geometra Ghelfi, raggiungo in via Begoglio, una grande casa a due piani in periferia della cittadina famosa nel mondo per lo spumante e la grappa. Sulla porta appare una donnina minuta, leggera e ordinata con un sorriso che accoglie. Ci invita in casa, offre il caffè che rimandiamo a dopo la chiacchierata. Mi parli della sua famiglia Signora Mariuccia. Piccolina, minuta con i capelli bianchi ben raccolti, mi guarda con due occhietti furbi e mobili che mal si adeguano a quella calma. Con una voce piana e ben impostata inizia: «Sono cresciuta in una famiglia numerosa. Mamma Giuseppina è morta giovanissima, aveva 33 anni, lasciando vedovo papà Ugo Casella, elettricista, con tre figli, me, Lucia ed Ettore che ad 89 anni ancora lavora come elettricista. Una famiglia di artigiani, ma papà era anche dipendente della Edison». Dalla sua lettera mi pare di capire che lei rimpiange quei tempi, magari grami, ma ricchi di un’umanità oggi difficile da riscontrare. «Rimpiango quel mondo povero ma buono, vero. Sono cresciuta con una nonna e una zia sarta. Dopo tre anni di scuola di avviamento a Broni, ho cominciato a lavorare come sarta e, ancor oggi, qualcuno frequenta la mia casa per piccoli lavoretti che mi diverto a fare: chi ha bisogno una cerniera, una fodera o un risvoltino ancora viene e dalla sarta Mariuccia. Avevo im-

parato dalla zia con la quale ho lavorato in una bottega per oltre sessant’anni dopo aver frequentato una scuola di taglio a Voghera». Nel leggere la sua lettera avevo pensato più ad una maestra in pensione che ad una sarta, mi spighi come riesce a non sbagliare i congiuntivi tanto ostici a giovani studenti e non... «Quando andavo a scuola ero molto brava in italiano, prendevo otto o nove nei temi. Dopo il matrimonio con Benito Ghelfi insegnante, ho continuato a lavorare e a leggere moltissimo, passione che tento con scarsi risultati, di trasmettere alla mia adorata unica nipote. Per anni mio marito è stato presidente dei Coltivatori Diretti e, fidandosi di me, in qualche occasione mi inviava a Pavia in vece sua. Chiaramente in corriera; andavo, sbrigavo il mio ufficio e tornavo». Cosa le manca di quel mondo? «Mi manca il cameratismo, l’affetto tra le persone e quell’impulso a dare una mano a chi ha bisogno. Come le dicevo eseguo gratuitamente piccoli interventi sartoriali per il piacere di aiutare, per un grazie o un sorriso». Lei ha vissuto periodi veramente tragici della storia d’Italia, cosa ricorda di quegli anni? «Anni veramente tragici, ho dovuto interrompere gli studi con tanto dispiacere, mi consolavo leggendo, leggendo molto. Giovani sbandati, pericoli, cattiverie. A volte in casa arrivavano uomini terrorizzati, con mia zia li consolavamo, passavamo ore e ore con loro. A volte mi consegnavano messaggi da recapitare ad altri e, per tale ragione, ritengo di essere stata anche staffetta partigiana».


C’ERA UNA VOLTA L’oLTREPò... Come vede il futuro dopo la pandemia? «Le dico la verità, io non ho paura, ma sono preoccupata per i giovani e...». Si interrompe, stava per dire per gli anziani, non per lei! 92 anni e mezzo precisa. D’altra parte, Mariuccia non è vecchia, è diversamente giovane. Nel cuore, nella mente, nei piccoli gesti delle mani, negli occhi buoni che di tanto in tanto guizzano indagatori su cose e uomini che le sono prossimi. Grande amabile signora d’altri tempi che ascolteresti per ore e ore senza rimpiangere il tempo che con lei non è scandito dagli orologi, è dettato dal suo sentire buono, dalla sua prosa fluente e piana e da un paio d’occhietti furbi e indagatori. Spengo il registratore, due foto con Mariuccia Casella e Antonio Ghelfi e la signora ne approfitta per offrirci un caffè, nel servizio buono, “ancora un regalo di nozze” dice. Prima di congedarci, mi racconta di fatti accaduti in tempo di guerra e di cui va fiera: «A quel tempo i militari in guerra scrivevano alle mogli, alle mamme o alle fidanzate ma, alcuni di quei ragazzi non avevano nessuno. Per questa ragione alcune ragazze scrivevano a questi soldati e venivano definite ‘madrine di guerra’. A me è capitato un giovane meridionale, un pochino scapestrato che in gioventù era stato espulso da tutte le scuole del regno per aver tirato in faccia alla maestra il calamaio. Era però un bravo ragazzo, solo e al fronte; scrivendogli, mi sembrava di alleviargli un pochino la pena di quegli anni».

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Ci congediamo mentre lei è impaziente di leggere la lettera che le ho consegnato all’inizio della nostra chiacchierata. Che dire di una donna di 92 anni e mezzo, lucida come una ventenne, entusiasta di una vita vissuta tra gioie e tribolazioni, ma vissuta in modo vero? Che dire di una memoria portentosa che riporta all’oggi fatti e persone di tantissimi anni or sono? Che dire di una donna innamorata della sua terra e di gesti d’amore che gli uomini sanno mettere in campo in momenti tragici? Non ho le parole giuste per ringraziarla, vorrei abbracciarla ma non oso, la lascio promettendole di rivederla magari portandole qualche copia del suo amato Periodico. Si congeda parlando per la prima volta in dialetto «chisà si dirän i me vsën quänd im vädrän in säl giurnal?». (Chissà cosa diranno i miei vicini quando vedranno la mia foto sul giornale?). Ci saluta e rientra in casa curiosa di leggere la lettera di risposta alla sua che gli ho consegnato prima dell’intervista. Curiosamente penso che, prima ancora di vederla o di parlarle, da quelle poche righe che mi aveva inviato, mi sembrava di conoscerla. “Carissima Mariuccia, signora nella vita e, soprattutto, nell’animo. L’animo buono dei principi della zolla, come amava definire i figli della terra il grande giornalista Gianni Brera, Gioanbrerafucarlo dei miei anni giovanili. La devo ringraziare dal più profondo del cuore per le nobili parole che mi ha indirizzato dopo aver letto un mio articolo sul

Periodico. Da come scrive e per quello che scrive, non dimostra i 92 anni che confessa anzi, i contenuti profondi e la prosa scorrevole, sembrano nascere dalla mente di una ragazzina e il tratto grafico da quello usato dagli impiegati comunali che trascrivevano a penna, con pennino e inchiostro, i documenti anagrafici loro affidati. D’altra parte, lei è un eccellente esempio dei figli di inizio secolo di questo magico Oltrepo dai boschi smeraldini e dai vigneti multicolori. Nell’esplosione dei furiosi temporali di primavera, l’acqua scrosciante bagna i fiori nuovi e i giovani virgulti delle viti segnando l’aria di profumi antichi e colori laccati dalla ruvida carezza. Ecco, lei la immagino così: un donnino figlia della magia del tempo passato che faceva premio a difficoltà, tempi grami, fatiche e dolori, sfociando come un ruscello in piena, nell’umanità sincera di una vita improntata al rispetto, alla comprensione umana e alla cultura. A quella vera, fatta di letture e di esperienze, di gioie e traversie, di albe e di tramonti. Cara Signora, lei si scusa per “il suo modo un po’ sbilenco di scrivere”, in realtà la sua grafia curata, chiara e ben leggibile è gradevolissima e di facile comprensione. Vorrei saperla imitare ma preferisco risponderle con questo freddo mezzo per evitare figure. Dopo averla rassicurata sul messaggio che trasmetterò volentieri al mio amico alpino Stefano, le voglio ancora dire che la sua lettera, la sua umanità e i suoi ringraziamenti per i miei scritti e per il giornale, sono il premio più bello

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«Chisà si dirän i me vsën quänd im vädrän in säl giurnal?». (Chissà cosa diranno i miei vicini quando vedranno la mia foto sul giornale?) alle mie umili fatiche letterarie e la soddisfazione di aver sfiorato l’animo buono di una grande donna. Scrivo da tanti anni ma nessuno era mai riuscito a toccare le corde del mio essere e rendermi orgoglioso di raccontare l’Oltrepò e la sua gente. Raccontare sì, come a noi raccontavano le favole, ricorda? “C’era una volta.....”. Ecco Signora mia, la mia rubrica su Il Periodico da oltre quattro anni, si intitola proprio così “C’era una volta... l’Oltrepò”. Non conosco il suo indirizzo e quindi, un giorno di questi splendidi di un autunno magico, come magico è il nostro Oltrepò, sarò costretto a scendere a Santa Maria della Versa e a consegnarle personalmente la presente lettera. Nel frattempo, l’abbraccio caramente. Cereghini Giuliano”.



COLLI VERDI

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A tre anni dalla fusione, il sindaco: «Ritengo che i benefici superino di gran lunga le criticità» Il 1° gennaio 2019 è stato istituito il comune di Colli Verdi mediante la fusione dei comuni di Canevino, Ruino e Valverde. Semplificazione amministrativa e contributi straordinari statali erogati per dieci anni successivi alla costituzione del comune nato da fusione, nonché il raggiungimento di un buon livello di welfare, sono tra i vantaggi e gli obbiettivi della fusione. A tre anni dalla sua costituzione, parliamo con il sindaco di Colli Verdi, Sergio Lodigiani, per capire se la fusione è stata una scelta lungimirante. Sindaco, a 3 anni dalla nascita del Comune di Colli Verdi, ritiene che la fusione abbia portato solo benefici? «Sarebbe sciocco parlare solo di benefici, difficoltà ce ne sono state e ce ne saranno ancora. Il progetto di riunire tre Comuni, piccoli ma con caratteristiche e peculiarità diverse, è stata una grande scommessa, in cui ho sempre fortemente creduto, ma non mi sono mai illuso che non ci sarebbero state difficoltà legate soprattutto al “campanilismo” che caratterizza le nostre realtà. Tuttavia ritengo che i benefici superino di gran lunga le criticità». C’è un rovescio della medaglia, vale a dire, aspetti negativi legati alla fusione? «L’aspetto negativo che ci viene spesso contestato da una parte della popolazione è la chiusura dei precedenti Comuni di Canevino, ma soprattutto di Valverde. La nostra attenzione resta sempre alta sui bisogni di tutta la popolazione, ma gli uffici periferici hanno subìto una inevitabile riduzione dei tempi di apertura al pubblico nelle sedi decentrate. Tuttavia abbiamo istituito i Municipi per supportare e segnalare all’Amministrazione i bisogni locali delle singole realtà che compongono il nuovo Comune. I nostri Responsabili, inoltre, si rendono disponibili ad incontrare gli utenti anche nelle sedi decentrate per il disbrigo delle pratiche relative al proprio ufficio». I comuni nati da fusione riceveranno fondi per i primi dieci anni “di vita”. Quanti soldi pubblici riceverà il comune di Colli Verdi dal 2019 al 2029? «La normativa in vigore prevede che la contribuzione statale venga attribuita in dieci annualità con una percentuale calcolata su una base fissa. Nei primi 2 anni abbiamo ricevuto l’intera somma pari a 385mila euro». I contributi sino ad ora arrivati e quelli che arriveranno che destinazione d’uso hanno? Siete vincolati o in base alle esigenze del Comune, la Giunta può decidere di spenderli come meglio crede? «Ci sono contributi che possono finanziare spese correnti e altri che finanziano investimenti, acquisiti anche indirettamente. Ad esempio: alcuni contributi ministeriali o regionali hanno una “corsia preferenziale” per i Comuni fusi, ovvero la fusione dà diritto ad un punteggio maggiore rispetto

alla domanda presentata dal singolo Comune o da un Ente in forma associata. Il contributo Fusione è di natura corrente e senza vincolo di destinazione. La sua utilizzazione per eseguire opere pubbliche è possibile dall’anno successivo quando i risparmi gestionali si trasformano in avanzo di amministrazione». Un effetto della fusione che “preoccupava” soprattutto i Comuni “spogliati” della propria sede municipale era la perdita di identità nonché il timore di una sorta di campanilismo. Oggi lei crede che Canevino e Valverde vivano di questa paura? «Come ho già detto, purtroppo questa paura esiste e sta a noi, in qualità di Amministratori, dimostrare quotidianamente che i confini si possono superare. Credo sia normale che ci siano state resistenze al progetto di fusione per paura di una perdita di identità, ma le tradizioni e il legame con il territorio vive in noi e si tramanda alle future generazioni. Non si è attuato un annullamento, ma un’integrazione che già da anni si stava consolidando con l’Unione dei Comuni, Ente sovracomunale composto dai tre Comuni poi oggetto di fusione. L’Amministrazione Comunale sta realizzando opere pubbliche in tutte le Frazioni Comunali, senza privilegiare alcun territorio». La sede municipale si trova a Pometo nell’ex Comune di Ruino, dove lei, sindaco e la sua squadra vi trovate fisicamente. Come riesce a conoscere e capire le esigenze o i bisogni di chi vive a Canevino o Valverde? Come ha dovuto in questo senso modificare il suo ruolo di sindaco? «Il mio modo di “essere sindaco” non è poi così mutato. Sono sempre stato presente tra la gente, ascolto quotidianamente i loro bisogni. Il territorio di Colli Verdi non è così ampio da non conoscere la gente di Canevino o di Valverde. Per fortuna le nostre realtà erano fortemente note anche prima della fusione. Inoltre l’Unione dei Comuni costituita nel 2009 ha insegnato ai Sindaci dei tre Comuni l’esistenza di un “Noi” ovvero di un progetto d’insieme che ha agevolato i meccanismi della fusione». Con il processo di fusione al di là dei contributi, che male non fanno, la macchina burocratica si è davvero snellita? In che modo? «Diciamo che per alcuni uffici ha snellito gli adempimenti, che prima si facevano per i tre Comuni e per L’Unione di Comuni; il personale ha avuto modo di specializzarsi ulteriormente, focalizzandosi puntualmente sui propri servizi e quindi rispondendo meglio alle esigenze dell’utenza». I servizi sono più efficienti e meglio coordinati? «Certamente gli Uffici sono più efficienti la costituzione di una unica Banca Dati

Sergio Lodigiani

per i Demografici, i Tributi, e per l’Ufficio Tecnico ha snellito gli adempimenti che erano triplicati o addirittura quadruplicati. Di contro la maggiore disponibilità finanziaria fa sì che si adottino un maggior numero di atti amministrativi e anche i lavori pubblici sono aumentati con il coinvolgimento di tutte le strutture presenti». Tra i luoghi di interesse turistico e culturale nel suo Comune vi sono il Castello di Torre degli Alberi e il Castello di Verde. Sono previste opere per renderli attrattivi? «Colli Verdi conta sul proprio territorio 3 castelli. Il Castello di Torre degli Alberi e quello di Montuberchielli sono di proprietà privata. Il Castello di Verde, di proprietà Comunale insieme all’annesso parco, è sicuramente un luogo interessante ad attrattivo, che va giustamente valorizzato. è in corso un intervento di messa in sicurezza e recupero funzionale del Castello di Verde, finalizzato anche all’accessibilità e fruibilità dell’area storica con particolare attenzione a popolazione fragile. L’emergenza sanitaria ha penalizzato il nostro territorio, come tutto il resto del mondo. Come la precedente Amministrazione, stiamo portando avanti la manutenzione e i progetti di sviluppo realizzati in convenzione con ERSAF per mantenere il PLIS (Parco Locale di Interesse Sovracomunale) sempre pulito ed efficiente». Ristoranti, agriturismi, aziende agricole e vitivinicole sono il cuore pulsante dell’economia locale. Il Covid avrà messo a dura prova tutte queste attività. Come sono state “aiutate”? «Purtroppo tutti abbiamo risentito di questo isolamento forzato, anche moralmente; le attività hanno avuto anche una penalizzazione economica, alcune molto più di altre. Come Amministrazione abbiamo provveduto nei mesi scorsi a ripartire ad alcune Imprese i fondi pervenuti dallo Stato, sia

sotto forma di integrazione per il mancato reddito da chiusura COVID che per spese di investimento, integrandoli, ove possibile, con risorse provenienti dal nostro bilancio e cercando di raggiungere una platea ampia. Abbiamo anche deliberato percentuali di esenzione dalla TARI per le utenze non domestiche, nell’anno 2020 pari al 25% dell’intera tariffa (andando quindi oltre quanto previsto dalla normativa statale) e nell’anno 2021 prevedendo riduzioni dal 30% al 85% dell’intera tariffa, a seconda del periodo di chiusura obbligatoria. Inoltre abbiamo previsto di emettere gli avvisi di pagamento alla fine del mese di novembre, dopo un periodo di ripresa parziale delle attività». Tre anni fa il tema fusione era senza dubbio un tema caldo, anche la vicina Zavattarello all’epoca sembrava voler intraprendere la strada della fusione. Oggi se ne parla molto meno, anzi non se ne parla proprio. Perché secondo lei? Cosa è cambiato? «Questa è una domanda alla quale dovrebbe rispondere l’Amministrazione del Comune di Zavattarello. Dal nostro punto di vista la fusione è un processo complesso, che presuppone la volontà di tracciare un nuovo percorso insieme, non esistono assolutismi o prevaricazioni, ma la volontà di intraprendere un cammino comune. Anche l’aspetto economico è allettante, questo è indubbio, ma se la motivazione è solo quella non si va da nessuna parte. è come un matrimonio che si basa solo sull’interesse economico. Ciò che più conta in una fusione è una comune identità di pensiero che, come già ribadito, crea il pensiero del “noi” inteso come l’insieme di un’unica Comunità». di Silvia Colombini



LETTURE

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Draghi racconta il senso di essere campoferrini, medassinesi, oriolesi e... della “Tur” Viviamo un’epoca nella quale appare sempre più sfumato il senso della comunità, così fondamentale per la sussistenza delle generazioni che ci hanno preceduti. È dunque importante che la memoria delle tradizioni e del vissuto popolare, già tramandati a parole o rimasti troppo a lungo chiusi negli armadi dei più disparati archivi, venga codificato, interpretato, raccontato. Questo il senso di “Saluti dalle frazioni di Voghera” (Primula Editore, 128 pp.), un volume dato alle stampe da Fabio Draghi, storico locale fra i più apprezzati e autore di numerose pubblicazioni sul passato dei nostri luoghi e delle nostre genti. Di notevole interesse, oltre alla storia delle quattro frazioni iriensi (Campoferro, Medassino, Oriolo, Torremenapace), è l’apparato fotografico raccolto dal ricercatore. Nella pubblicazione è possibile apprezzare sia le riproduzioni di cartoline d’epoca, sia immagini fornite delle famiglie dei paesi in questione - finora inedite. Un lavoro di ricerca storica, insomma, ma anche uno spaccato della vita popolare di queste località. Campoferro, Medassino, Oriolo, Torremenapace rappresentano parte integrante del tessuto vogherese, ma allo stesso tempo sono località dotate di una loro ben delineata identità. Sotto tutti i punti di vista: storico, sociologico, topografico. Con questo lavoro lei, in qualche modo, racconta le peculiarità intrinseche di luoghi che tutti noi dovremmo imparare a conoscere meglio e ad apprezzare. Vuole spiegarci meglio l’approccio che l’ha portata a pubblicarlo? Quali motivazioni l’hanno spinta ad approfondire queste tematiche? «Queste quattro frazioni, le uniche previste dallo Statuto comunale, sono sempre state considerate una mera estensione periferica di Voghera. In realtà sono entità vere e proprie, hanno una propria autonomia territoriale. Non sono quartieri, ma paesi: non a caso ognuna di loro ha una propria parrocchia, le cui radici affondano nei secoli passati. Oggi forse il senso di appartenenza si è un pochino perso nelle nuove generazioni, ma lo spirito di comunità è comunque rimasto tramandato dagli anziani. In passato la vita frazionale si svolgeva in una piccola cerchia con rapporti umani più genuini rispetto a quelli della città. Era giusto che qualcuno raccontasse la storia di Campoferro, Medassino, Oriolo e Torremenapace. Finora erano state solamente accennate in altre pubblicazioni. La conservazione della memoria anche di questi luoghi sta alla base del mio lavoro.» In quali sezioni è articolato questo volume? «Il libro è articolato in quattro capitoli, ognuno dedicato ad ogni singola frazione,

in rigoroso ordine alfabetico. La storia dei luoghi, dalle origini ai nostri giorni, apre ogni singola sezione. In questa parte sono inserite immagini tratte dalle cartoline d’epoca. Al termine di ogni capitolo un portfolio raccoglie altre fotografie frazionali: processioni, manifestazioni, feste dei coscritti, foto di classe, cerimonie religiose e civili, momenti famigliari, di cascine, attività produttive, ecc… Oltre ad una mia introduzione che contestualizza il lavoro, il saggio riporta una prefazione della dottoressa Stocchi, direttrice dell’Archivio Storico Civico.» Ci anticipi una storia o un aneddoto fra quelli che la colpiscono di più, fra quelli riportati nel volume... «Preferisco lasciare il piacere della lettura agli appassionati di storia locale o a chi vorrà approfondire la conoscenza di questi luoghi, leggendo il saggio. Nessun alone di mistero, intendiamoci, ma penso che solo l’apparato iconografico a corredo del lavoro ne renda piacevole la visione.» La sua è una spiegazione comprensibile. Ci racconti allora come si è svolta, concretamente, la ricerca che ha portato a questa pubblicazione. È stato complesso andare a individuare tutte le fonti e le immagini utilizzate? «Sono partito dalla lettura dei testi che accennano alle frazioni di Voghera, da quelli di Alessandro Maragliano a quelli di Fabrizio Bernini, passando per quelli di Falciola, Marchini, De Angelis Cappabianca, ecc… Alla ricerca di notizie ho poi sfogliato il maggior settimanale locale, il Giornale di Voghera, dagli anni Venti a fine Novecento. L’Archivio storico civico e gli archivi parrocchiali sono la fonte primaria per una ricerca di questo tipo. Voglio precisare che non ho la presunzione di aver fatto un testo esaustivo e completo, ma il mio lavoro spero possa servire da spunto e da base per nuove e future ricerche storiche.» Dove è possibile reperire il volume? Sono previste presentazioni in pubblico? «L’editore sta pianificando alcune presentazioni prima nelle singole frazioni, successivamente presso la Biblioteca civica Ricottiana in città. Il libro è già in distribuzione nelle librerie ed edicole della città.» Lei ha modo, per inclinazione personale ma anche per ragioni professionali, di vivere molto intensamente il territorio vogherese. Secondo la sua opinione, come si rapportano oggi questi luoghi della periferia nei confronti del nucleo cittadino? Ancora oggi essi possono mantenere una sorta di “indipendenza” e soprattutto di attrattività nei confronti di nuovi abitanti? «In questi ultimi anni la vita nei singoli paesi e i loro rapporti con la città di Vo-

Fabio Draghi, storico locale e autore di numerose pubblicazioni sul passato dei nostri luoghi e delle nostre genti

ghera sono mutati, sia in termini di convivenza civica, sia di sviluppo economico e sociale. Si pensi solo a Medassino, l’unica delle quattro frazioni che ormai è stata assorbita dal tessuto urbano nell’espansione ovest di Voghera. Queste entità territoriali sono un bene comune da valorizzare per le differenze che ne caratterizzano l’unicità. Esprimono e sviluppano esigenze e aspirazioni diverse dalla città di Voghera. Identità e adesione sono beni comuni immateriali, oggi fragili, nei territori di frazione. Proprio per questo penso che occorra definire un processo partecipativo per non perdere definitivamente il senso di essere campoferrini, medassinesi, oriolesi e... della “Tur”(rende meglio in dialetto).» Sappiamo che lei è un autore molto prolifico. Ha già qualche altro lavoro in cantiere per i prossimi mesi?

«Sono uno storico appassionato e da alcuni anni mi piace fare ricerca sul territorio per valorizzare il patrimonio storico e artistico. Al momento tra i tanti progetti in itinere stiamo concludendo un lavoro sulla Caserma di cavalleria di Voghera con il professor Chierico di Pavia.» Altri hanno preso parte alla realizzazione di questo libro? «Sì, l’opera è realizzata anche in collaborazione con l’associazioneSpazio 53 Visual Imaging e il fotografo Guido Colla. Tuttavia senza la disponibilità di privati cittadini, che hanno messo a disposizione le loro fotografie, il volumetto non sarebbe stato realizzato. A tutti loro va il mio personale ringraziamento.» di Pier Luigi Feltri



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Varzi: «Studia Mariacristina perché la terra è bassa e dura da lavorare, così mi diceva mio padre» Mariacristina Gazzotti oggi è una maestra elementare in pensione che vive a Varzi. Nacque in tempi molto difficili, nel 1942 durante la seconda guerra mondiale, in un paesello di montagna ad un’altitudine di 768 metri nel comune di Varzi, a Santa Cristina, da una famiglia di origini contadine. Ha vissuto la sua infanzia e poi l’adolescenza, in mezzo alla tranquillità della natura, in un’ottica serena e gioiosa per ogni cosa “buona” le potesse capitare, anche se il mondo intero era in subbuglio. Per ricordare quel lontano periodo felice della sua vita, ha scritto e pubblicato due libri che hanno riscosso un buon successo. Siamo andati a trovarla nella sua casa di Varzi per conoscere meglio la sua storia Gazzotti, c’è un motivo particolare per cui i suoi genitori l’hanno chiamata Mariacristina? «Fu mio padre a scegliere il mio nome, Maria e poi Cristina per onorare il paese natio, in quanto, Santa Cristina era la santa protettrice di questo paesino sperduto sui monti». Lei ha scritto due libri, il primo pubblicato nel 2014 e il secondo nel 2019, che raccontano storie di vita vissuta proprio nell’Oltrepò Pavese. Quali sono state le motivazioni che l’hanno spinta a prendere carta e penna e a raccontare un po’ di sé? «Voglio fare una premessa: non sono una scrittrice professionista, scrivo per pura passione. È stato il forte desiderio di far conoscere i valori, le usanze, le abitudini di un tempo ormai passato che sicuramente i giovani oggi non conoscono. Per esempio, ai miei tempi, alla nonna non si dava

Mariacristina Gazzotti, con la nipote Ottavia

del “tu”, non era permessa tale confidenza, quando ci si rivolgeva ai nonni, in segno di rispetto si dava del “voi”. Tante piccole usanze quotidiane che sembrano così lontane ma meritano di essere ricordate. Ecco che il primo libro si intitola “Album di famiglia”, improntato sui ricordi della mia infanzia». Quanti racconti compongono questo libro? «Sono in tutto trenta. Parlano di me, dei miei familiari, del paese natio, degli animali che avevamo, dei nostri amici. Anche se a qualcuno sembrerà strano, quando parlo di povertà, non sono triste ma serena. Non avevamo niente, un dato di fatto per l’epoca in cui eravamo ma ci bastava poco per essere felici, eravamo semplici e come tali riuscivamo a trovare un lato positivo nella vita di tutti i giorni.

Mentre scrivevo questo libro, dalla mia penna, sono uscite emozioni, ricordi indelebili di avvenimenti speciali e di affetti straordinari incancellabili nel tempo. Sono stata una bambina povera ma felice. Vado fiera della mia infanzia perché sono cresciuta in una famiglia unita dall’amore, che ha contribuito alla mia sicurezza emotiva nonostante i tempi bui». A chi ha dedicato questo suo primo libro e quale è stata la risposta del pubblico? «L’ho dedicato a mio marito, ai miei figli, ai miei nipoti affinché sappiano, conoscano la vita della mamma e della nonna, poi, agli amici e ai miei coetanei perché ricordino quei bei tempi passati insieme. La risposta del pubblico è stata più che positiva. Molti mi hanno contattata per dirmi che si sono riconosciuti, si sono ritrovati attraverso le pagine di questo libro. È stato un vero successo tanto che alcune librerie a Pavia lo hanno esposto in vetrina, dandogli il risalto che a mio avviso meritava». Perché lasciò il suo paese? «Mio padre mi diceva spesso: “studia Mariacristina perché la terra è bassa e dura da lavorare”. Così studiai fino a diventare maestra elementare. Ricordo ancora la scuola dove insegnai per la prima volta, a Bralello nel comune di Brallo di Pregola e poiché non ero ancora di ruolo, al termine dell’anno scolastico fui ricompensata con la somma di centomila lire…». Il suo secondo libro si intitola “Non c’è posto più lontano da qui”, perché? «Perché è ispirato da una storia veramente accaduta. La protagonista che ho conosciuto e stimato dal profondo del cuore, morta pochi anni fa quasi centenaria, era nativa dell’Oltrepò Pavese. Ho cambiato

Maestra elementare in pensione oggi scrittrice per passione «È stato il forte desiderio di far conoscere i valori, le usanze e le abitudini di un tempo a dar vita al mio primo libro» i nomi e romanzato la storia per renderla interessante ai lettori. Ho ambientato il romanzo in un piccolo paesino collinare, nel lontano 1940, quando la guerra e la miseria camminavano insieme. Per la protagonista si aggiunge un trauma emotivo non indifferente: il rifiuto. Il suo primo amore l’abbandonerà a se stessa in attesa di un figlio che metterà al mondo e crescerà da sola. A quei tempi un figlio illegittimo era una vergogna. Da sola la protagonista ha proseguito un lungo percorso, faticoso, durato tutta la sua vita. Una storia autentica. Le posso dire che effettivamente i miei due libri sono totalmente differenti l’uno dall’altro». Ci può dire quali progetti ha in mente per il futuro? «Continuerò a scrivere. Sto pensando a nuove storie da raccontare. Sicuramente tra qualche tempo ci sarà un nuovo libro... non aggiungo altro, vi lascio la curiosità in attesa che esca». di Stefania Marchetti


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ARTE & CULTURA

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Una “Casa della Cultura” per far conoscere Montescano e l’Oltrepò

Abbiamo intervistato le sorelle Eleonora Violo e Elisabetta Violo durante una giornata organizzata dall’associazione culturale “La Casa della Cultura” nella quale vari artigiani hanno esposto le loro creazioni al pubblico. Oltre che con l’associazione culturale possono richiamare turisti anche grazie al loro Bed and Breakfast. Abbiamo voluto capire come vogliono valorizzare Montescano. Come mai avete scelto di aprire un Bed and Breakfast a Montescano? «È stato inaugurato l’anno scorso nel mese di settembre, l’idea è nata quasi per gioco in quanto nella zona non ci sono strutture di questo tipo: il signor Pedrazzini avendo a disposizione questa casa, che era disabitata da anni, ci ha chiesto di renderla nuovamente viva, voleva che fosse vissuta. I lavori sono partiti da fine 2019 fino appunto alla sua inaugurazione. Oltre ai classici lavori di restauro la casa è stata abbellita con dipinti, diversi per ogni stanza e luogo comune». Vicino al B&B c’è anche la sede della “Casa della Cultura”.Cos’è esattamente? «Si, essendo pittrice ho voluto dare un’ impronta colorata e naturale ad ogni stanza. Anche il centro culturale è nato da una idea di Antonio Pedrazzini, ma qualche mese prima rispetto ai lavori di restauro. Come per il B&B il nostro scopo è di far scoprire a nuovi visitatori Montescano, che riteniamo essere un paese molto bello. Organizziamo esposizioni di artigiani di ogni tipo: dalla scultura in legno, a quadri tridimensionali fino a gioielli creati a mano o borse e vestiti. Notiamo una

«La sindaca Enrica Brega, che cito perché è stata essenziale, ci ha appoggiato e spronato, tant’è che abbiamo deciso di coinvolgere anche il Comune per i prossimi eventi»

buona partecipazione e la nostra idea è di continuare ad organizzare eventi anche in inverno, magari in anticipo rispetto alle festività in maniera tale da dare la possibilità anche ai creatori, avendo a disposizione più tempo rispetto a quanto si usa fare, di consegnare le opere a più interessati possibili per i regali di natale e cosi via. Vogliamo che Montescano abbia un qualcosa in più: puntando sulle famiglie con bambini o su chi ama scoprire le no-

stre colline andando in bicicletta oltre che avere uno spazio per le idee creative». Secondo voi che effetto benefico trarrà Montescano dalle vostre iniziative? «Oltre al turismo di famiglia stiamo cercando di puntare anche ad un target di giovani lavoratori o provenienti da grandi città che, avendo la possibilità di lavorare a distanza, scelgono di trascorrere la loro giornata in un ambiente a contatto con la natura e il verde. Vien da sé che il nostro,

essendo un territorio che a livello di cibo, vino e locali, ha molto da offrire e i visitatori si spostano da un comune all’altro portando un beneficio diffuso e generale. Qui c’è pace e tranquillità, basta impegnarsi per far conoscere l’Oltrepò e Montescano». Avete avuto appoggio dall’amministrazione comunale? «La sindaca Enrica Brega, che cito perché è stata essenziale, ci ha appoggiato e spronato, tant’è che abbiamo deciso di coinvolgere anche il comune per i prossimi eventi. C’è una buona sinergia e infatti presto parteciperanno anche le aziende enogatronomiche». di Riccardo Valle


ARTE & CULTURA

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«Soddisfatta anche a livello personale in quanto vedo spesso bambini che si fermano a giocare» Valeria D’Agostino è una artista vogherese, ritrattista per la precisione, che ha recentemente abbellito la GreenWay vogherese con vari dipinti pensati principalmente per i più piccoli. Il suo intervento è stato molto apprezzato, abbiamo deciso di intervistarla per scoprire di più riguardo la sua arte ed il suo ultimo progetto per il quale ha impiegato vari mesi di lavoro. Come è nata la sua passione per l’arte? «Fin da bambina amavo dipingere e disegnare, dedicavo molto tempo a queste mie passioni. A livello famigliare, mio padre ha sempre amato scolpire il legno mentre mia madre era una restauratrice… da loro siamo nati noi: io dipingo, un mio fratello è uno scrittore e l’altro anche lui scultore che usa il filo di ferro per le sue opere. Inizialmente era un passatempo ma dal 2013, quando ho perso il mio lavoro principale, ho deciso di reinventarmi: ho iniziato a ritrarre e spargendosi la voce ho lavorato su commissione. Nel frattempo con l’aiuto di amici e di mio marito abbiamo aperto una associazione a Voghera dal nome “Fuori Posto” e tramite eventi in locali o in piazze cercavamo di promuovere l’arte in ogni forma: da esposizioni di quadri, a foto, fino alla pittura o scultura dal vivo. Essendo io presidente dell’associazione ho incominciato ad espormi e prendere piede. Non ho mai voluto limitarmi, per questo ho seguito corsi di trucco e sperimentato con il bodypainting sia per i bambini sia “illustrando” le pance delle donne in dolce attesa. Anche nel mondo dell’illustrazione per bambini ho illustrato quattro libri negli ultimi anni. Da una passione si è trasformato in una

«A Codevilla abbiamo la fortuna di avere un sindaco fantastico! Anche molto creativo e l’idea è partita proprio da lui»

Valeria D’Agostino durante la realizzazione del parco giochi orizzontale lungo la Greenway di Codevilla

parte essenziale della mia vita». Da cosa ha avuto origine l’idea di dipingere la Greenway? «A Codevilla abbiamo la fortuna di avere un sindaco fantastico! Anche molto creativo e l’idea è partita proprio da lui: mi sono arrivati dei suoi messaggi in cui mi spiegava ciò a cui aveva pensato. Siamo diventati lui la mente ed io il braccio. Da fine maggio a fine giugno siamo stati all’opera per terminare in tempo rispetto alla inaugurazione. È stata una esperienza nuova per me andando a dipingere su qualsiasi tipo di superficie: per pitturare sull’asfalto mi sono dovuta informare su

quali vernici fossero adatte o meno infatti. Durante il mio lavoro, ero transennata per segnalare la mia presenza ai ciclisti, ho conosciuto molte persone che incuriosite mi chiedevano informazioni o faceva video e foto». Quali sono state le reazioni della cittadinanza? «I feedback sono stati molto positivi. Abitando nelle vicinanze oltre che professionalmente sono molto soddisfatta anche a livello personale in quanto vedo spesso bambini che si fermano a giocare o adulti che facendo jogging usano le postazioni per saltelli.

È un punto in cui si crea aggregazione per qualunque età dato che sono stati inseriti anche attrezzi fissi da palestra, dopo tutto il tempo che ho passato sotto il sole posso ritenermi soddisfatta». Dopo questa esperienza ha in cantiere progetti simili? «È stato un lavoro formativo per scoprire nuove tecniche e nuovi lati del mio lavoro. Rispetto anche solo ai ritratti che spesso faccio in momenti in cui sono sola, il lavorare in mezzo a persone che non conoscevo è un qualcosa che mi da molte più energie. Di sicuro se qualcuno che sia una amministrazione comunale o un privato vorrà ridare vita a strade o luoghi simili sarò in prima linea per propormi. Da allora ho ricevuto molte richieste, ma essendo un lavoro molto meticoloso sono proposte che non capitano cosi spesso». di Riccardo Valle


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SPORT

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«L’ambizione è sempre la stessa, quella di arrivare a giocarci la promozione» Una bella storia di sport iniziata per caso, in un giorno qualunque, grazie ad un’amicizia. è nata così, quattro anni fa, la società di calcio Viqueria. Per capire meglio la nascita e lo sviluppo di questa realtà locale abbiamo chiacchierato con il direttore generale Umberto Baggini, con il presidente Alessandro Guarrata e con il mister Marco Cremonesi. Direttore, lei che è presente fin dal primo giorno, ci può raccontare la nascita di questa società? «Eravamo in un bar di Voghera, tra amici. Uno di questi ha espresso il desiderio, visto che aveva giocato per molto tempo a calcio, di poter fare l’allenatore di una squadra. Si trattava di Marco Cremonesi, nostro attuale mister: un ‘ragazzo’ di ormai 50 anni che ha giocato nelle squadre dilettantistiche della zona, in eccellenza e promozione, e ha una certa esperienza nel settore. Siamo così partiti quattro anni per questa avventura!». Perché avete scelto questo nome? «Viqueria è il vecchio nome in latino di Voghera. L’abbiamo scelto per differenziarci dalla Vogherese, la squadra già esistente della città. Noi della Viqueria, staff e giocatori, siamo tutti di Voghera e dei paesi limitrofi. Una bella soddisfazione». Com’è stato il rodaggio del primo anno? «Grazie ad alcuni sponsor e amici che ci hanno accompagnato in quest’avventura, siamo riusciti ad essere promossi dalla terza alla seconda categoria. Il nostro sogno, a quel punto, è stato di giocare al Parisi, il mitico stadio della nostra città. Poi è arrivato il secondo anno… ma è arrivato anche il Covid. Eravamo in terza posizione, ad un passo dalla promozione, quando hanno fermato tutto. Anche l’anno scorso, dopo sole tre partite, è stato sospeso tutto…». Quest’anno, invece, come procede? «La grande notizia di quest’anno è che siamo riusciti a giocare al Parisi! Grazie ad amicizie e all’amministrazione comunale di Voghera, finalmente il nostro sogno si è avverato! Finalmente abbiamo il nostro pubblico!». Prima di arrivare allo stadio Parisi, dove si disputavano le partite? «Sul campo di Rivanazzano Terme, di Bastida Pancarana e su quello del Nord Voghera. Quest’ultimo un campo di ripiego che non permetteva un buon gioco». Dopo aver realizzato questo sogno, qual è il prossimo? «Naturalmente quello di salire di categoria! Abbiamo presentato la squadra: un gruppo di 27 giocatori, inserendo, rispetto alla vecchia rosa, qualche ragazzo nettamente da categoria, quindi siamo speranzosi di riuscire ad ottenere ottimi risultati

Viqueria: da sx Piero Sala (Vice Presidente), Piero Lugano (partner pubblicitario), Umberto Baggini (Direttore Generale), Alessandro Guarrata (Presidente) e Marco Cremonesi (Mister)

e di raggiungere il nostro obiettivo». Lei è il direttore generale. Di che cosa si occupa esattamente? «Sono un po’ un tuttofare. Faccio dal postino al segretario: sono in pensione e posso permettermelo. Il direttore generale tratta i giocatori, tratta gli stipendi e la logistica, per poi relazionare tutto al presidente». Insomma… una squadra nata da poco, ma con già successi alle spalle e tanta voglia di crescere ancora: avete costruito molto in poco tempo. «C’è una cosa che ci fa onore: l’unico campionato a cui abbiamo partecipato ci ha permesso la promozione. Gli altri campionati sono stati sospesi causa covid. Molto probabilmente, se avessimo potuto disputare tutti i campionati, il nostro sogno della promozione si sarebbe realizzato prima!». Mister Cremonesi, con lei possiamo parlare della squadra e dei giocatori. Ci spiega come è cresciuta questa rosa? «Abbiamo iniziato quattro anni fa da zero. Abbiamo preso ragazzi disponibili a venire da noi e a sposare quello che era un progetto, un sogno di alcuni amici. Il primo anno abbiamo partecipato alla

Coppa Lombardia arrivando ai quarti di finale e poi siamo arrivati ai playoff vincendo la semifinale e la finale e siamo saliti subito di categoria. L’anno successivo, mantenendo sempre gli stessi ragazzi e aggiungendo solo un paio di acquisti nuovi, siamo partiti con ambizioni ma poche aspettative, essendo neopromossi. Invece le cose si stavano mettendo bene, considerando che eravamo terzi in classifica quando a febbraio 2020 hanno stoppato tutto per il Covid. Eravamo ad un punto dalla seconda, quindi in piena zona promozione, e lanciati per fare un altro bel salto». La vostra ambizione è salire di categoria… «Certo. Ma andando avanti come abbiamo sempre fatto, cioè divertendoci noi per primi. E cercando di avere un buon seguito, perché anche ‘fuori’ la gente che ci segue si deve divertire. In queste categorie, non essendoci tradizioni centenarie, come può essere per squadre di serie maggiori, conta tanto anche il divertimento. Se chi viene a seguirci vede una squadra che gioca bene e si diverte, sicuramente passa un buon pomeriggio!». Il Campionato è appena iniziato e due partite per fare pronostici sono poche.

Le sue sensazioni? «Siamo partiti con uno 0 a 0 in casa. Poi è arrivata una sconfitta purtroppo. La prossima la giocheremo in casa e cercheremo assolutamente di vincere, sempre attraverso il bel gioco. Abbiamo una rosa con tantissimi giovani: in queste categorie c’è l’obbligo di avere tre giovani e noi ne abbiamo una decina. Una cosa buona per il futuro, visto che sono giovani che stanno crescendo con noi. Poi abbiamo fatto qualche innesto, decisamente di ‘spessore’ per la categoria. L’ambizione è sempre la stessa, quella di arrivare a giocarci la promozione. Ci sono due modi per arrivarci: una è vincere il campionato e l’altra è quella di arrivare ai playoff». Lei è mister da quattro anni, da quando è iniziata l’avventura del Viqueria. Nessun cedimento o strappo con la socirtà. Qual è il segreto? «Innanzitutto è veramente un motivo di orgoglio per me essere ancora su questa panchina. Vuol dire che io sto bene con loro e loro stanno bene con me. Una nota di merito, poi, la vorrei fare alla società e non è una sviolinata: in queste categorie si fa in fretta a perdere l’entusiasmo quando le cose non vanno bene, ma in questi


SPORT anni ho notato che tutte le persone della dirigenza quando ti danno la fiducia poi la mantengono. Non è un risultato negativo che rompe gli equilibri. Questa è una cosa che ti permette di stare sereno e di lavorare bene». Alessandro Guarrata, milanese di origine, ma da anni residente a Rivanazzano Terme, dopo un’esperienza con la Rivanazzanese, è subentrato a Ivan Rota alla presidenza della società. Presidente cosa ci può raccontare di questa bella realtà? «Ho abbracciato questo progetto grazie all’entusiasmo che lo circonda. La carica positiva che c’è, la voglia di mettersi in gioco, la voglia di fare: tutti elementi e indicazioni morali ed etiche che mi sono sempre piaciute e che ho trovato confacenti con la mia idea di sport. è stato un matrimonio molto facile da realizzare e gestire. Sono entrato al Viqueria un anno dopo la sua fondazione come vicepresidente e poi sono diventato il presidente l’anno successivo. Un amore a prima vista insomma! Anche nei confronti dei ragazzi abbiamo speso sempre parole positive. Abbiamo sempre detto che il Viqueria deve essere inteso sì come un contesto competitivo come è quello di un campionato, ma anche come un ambiente familiare. I ragazzi non devono avere problemi a dirci le loro mancanze, ad avere un dialogo aperto: cerchiamo così di avere ampia serenità. Il calcio deve rimanere sempre un divertimento in primis.

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La rosa della società calcistica Viqueria

Poi è chiaro che l’agonismo ne fa parte, come in ogni attività sportiva: ‘l’importante è partecipare’ non è una frase che mi piace molto! Però, in confronto ad ambienti in cui questo viene esasperato, si può dire che nel nostro caso l’agonismo c’è e lo facciamo anche vedere, ma cercando di mantenerlo nell’ottica del divertimento e del rispetto dell’avversario e della dirigenza. Diamo le regole del buon padre di famiglia, insomma». Un aspetto molto importante, anche per i tanti giovani che avete in squadra.

«Diciamo che facciamo la nostra parte. Abbiamo davvero dei bravi ragazzi in rosa: pur vivendo nella loro giovinezza, come è giusto che sia e come abbiamo fatto tutti noi, è una bella gioventù e non può che farci piacere questa cosa. Sono giovani che studiano o lavorano, una gioventù sana. Io sono stato ragazzino negli anni di piombo, un adolescente cresciuto a Milano, con tutti i pro e contro di una grande città, quindi ho un’ampia visione del mondo giovanile. Ed è per questo che mi fa piacere vedere come sono i nostri ragazzi.

Per esempio, quando non sono in allenamento, non vederli sempre con la testa abbassata sul cellulare… è una ‘vittoria’ enorme! Non hanno il divieto di usare gli smartphone, è proprio che non ne sentono la necessità quando sono insieme. Un gruppo di ragazzi che piano piano hanno fatto amicizia, che si frequentano anche fuori dal campo. Un risultato davvero eccezionale». di Elisa Ajelli


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storie di rally: Mario perduca racconta

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Un Buscone alla Nuvolari Quando, a inizio settembre, ho informato la redazione de Il Periodico che l’articolo che stavo preparando avrebbe avuto protagonista per il terzo numero consecutivo ancora Giorgio Buscone, il direttore, con fare garbato ma risoluto mi ha fatto presente che forse sto cominciando ad annoiare i lettori con storie del millennio scorso. Perché non parli piuttosto dei Busco Bros e della loro brillante Sei Giorni? In primis perché delle due ruote so ben poco, in secondo luogo ritengo che il resoconto del Trofeo Terra 1991 meriti di essere portato a termine. In fondo fino ad oggi è stata l’unica volta in cui un pilota pavese é riuscito a fregiarsi di uno dei due titoli nazionali secondi solo al Campionato Italiano Rallies. Ero rimasto alla conclusione del rally di Corleone. In una calda mattinata di inizio agosto in volo verso Milano abbiamo il tempo di fare quattro divertenti chiacchiere con Ermanno “Ciccio” Dionisio, pilota del team Mazda Italia che ha vinto la classifica di gruppo N, come tanti altri sorpreso dal nostro risultato e ancor di più dalla sicurezza con cui abbiamo condotto la gara. E un’altra sicurezza sta crescendo, quella nei nostri mezzi. Intanto una certezza. Grazie all’intesa verbale con lo sponsor ora abbiamo la conferma che saremo al via delle altre tre gare di campionato. Pur rimanendo coi piedi per terra, consci di essere sempre degli outsiders, pur tuttavia ci sentiamo un po’ meno vittime sacrificali. O forse queste erano le mie personali sensazioni in quanto il mio pilota non era mai uscito dal suo limbo di smisurato ottimismo. La gara ha detto che Giorgio va forte veramente e che ha instaurato un ottimo feeling con la Delta anche se si lamenta insistentemente delle reazioni del differenziale posteriore. Ma non mi faccio trarre in inganno riguardando i tempi. Il nostro rivale ha gareggiato con un mezzo troppo inferiore al nostro per poter fare dei confronti realistici. Dal rally di Sassari avrà ancora a disposizione la sua solita vettura e gli equilibri cambieranno ancora. Come in tutte le vicende umane sono convinto che la fortuna giocherà un ruolo decisivo. Mi consola il fatto che nostra Delta 16V è superiore alla 8V rivale, anche se il divario è minimo. Però confrontando i due pacchetti pilota + navigatore + macchina + esperienza + pneumatici + team mi preoccupo. Per noi tutte le gare sono nuove, non conosciamo un metro delle prove speciali. Sappiamo di avere a disposizione un jolly, il rally di Mantova che si disputerà in ottobre su stradine di campagna pianeggianti che vista la stagione speriamo di trovare viscide, terreno ideale per un pilota di estrazione agricola. Ma prima andiamo a

1991: l’Equipaggio Giorgio Buscone - Mario Perduca si aggiudica il Trofeo Terra

Sassari. Il fatto di essere in testa alla classifica parziale, pur in coabitazione, stimola Giorgio a impegnarsi in modo inaspettato nelle ricognizioni durante le quali mi piace ricordare un divertente episodio. A un distributore, per perdere il minor tempo possibile, mentre Giorgio resta al posto di guida io scendo per dare la banconota dovuta al benzinaio che sta erogando il carburante. Costui, neanche avesse visto un mostro, fa un salto indietro e con fare minaccioso dice: “si tenga i suoi soldi, mi pagherà a cose fatte. Dalla fretta che avete immagino siate qui per il rally, ormai vi riconosco, siete un pericolo pubblico. L’anno scorso due vostri colleghi hanno fatto la stessa cosa, sembravano indemoniati, mi hanno pagato in anticipo e poi sono risaliti e dopo un minuto si sono dimenticati di me e sono ripartiti sgommando col risultato di strappare il tubo della colonnina. Per cui lei adesso non risale ma sta qui vicino a me e solo quando avrò finito mi pagherà”. Non fa una grinza. La gara si preannuncia complicata per via di un violento acquazzone che rende il fondo molto scivoloso, ma le carte vengono rimescolate subito. Al termine della prima prova effettiva-

mente disputata Del Zoppo si ritira per guai meccanici. A questo punto dobbiamo semplicemente arrivare al traguardo per prendere il largo in classifica. Non importa se P.G. Deila e Vanni Pasquali ci arriveranno davanti, il terzo posto in questa situazione è manna. E infatti andiamo piano, ma veramente piano, forse troppo piano, tanto da indisporre anche la Delta che si ribella e nell’ottava prova, offesa, ci lascia a piedi, ufficialmente a causa della rottura del differenziale centrale. Abbiamo restituito alla concorrenza il regalo di Adria, adesso siamo a pari in tutto e per tutto. Finalmente arriva il momento del rally di Mantova. L’organizzatore ha previsto ricognizioni regolamentate, solo tre passaggi su ciascuna delle cinque speciali in programma da effettuarsi nella giornata di venerdì sotto il controllo dei commissari con tanto di tabella di marcia su cui annotare i passaggi fatti. Ma si atterranno tutti alle regole? Ne dubitiamo, anche perché il percorso che avrebbe dovuto essere top secret fino alla data stabilita è ormai diventato il segreto di Pulcinella. Questa incertezza in breve si trasforma in un alibi con noi stessi, per cui una settimana prima della gara una anonima Opel Vectra si

aggira per tutto il giorno nelle campagne mantovane con a bordo due loschi figuri. Nella seconda speciale troviamo una lunghissima curva a sinistra in discesa che costeggia all’interno un campo coltivato ad erba. Giorgio inchioda, scende e mi invita a prendere il volante, lui risalirà più avanti. Incuriosito lo osservo mentre entra nell’erba piuttosto alta tastando la consistenza del terreno. Infine, trovato il passo per rientrare sulla strada, si sofferma per fotografare mentalmente alcuni riferimenti e risale in macchina visibilmente soddisfatto della geniale porcata. “Dovrai avvisarmi due curve prima che stiamo arrivando al grande taglio. Se non troveremo spettatori in traiettoria vedrai che spettacolo”. In gara poi tutto come da copione, entra deciso nell’erba e nonostante la visibilità limitata e giù il piede, la linea da seguire l’aveva ben chiara in testa. Il delicato rientro sulla strada è perfetto. A fine prova arriva il responso del cronometro, abbiamo distaccato Gianni di 15 secondi. La terza speciale ci regala, dopo un temporale, le condizioni del fondo sterrato che il tipo alla mia sinistra predilige: il fango. Se sulla terra in genere è molto veloce, in


storie di rally: Mario perduca racconta queste condizioni si esalta in quanto ha una straordinaria capacità di far galleggiare la macchina lasciandola correre. In una zona pianeggiante il lungo rettilineo che abbiamo imboccato termina con una curva a destra ad angolo retto e lì vediamo da lontano la sagoma gialla della Delta Husky ferma, presumibilmente con le ruote nel fosso. Giorgio non ci pensa un attimo ed entra nel campo tagliandolo in diagonale. è fatta, la classifica ci vede in testa alla gara con più di un minuto di vantaggio sul diretto rivale. Le rimanenti sette prove sono una formalità, cerchiamo di non prenderci nessun rischio pur vincendone altre due. Sul palco d’arrivo riceviamo i complimenti di Giorgio Faletti. Ci portiamo a casa anche il trofeo Nuvolari assegnato all’equipaggio vincitore del maggior numero di speciali. Non ci par vero, a una gara dal termine del trofeo siamo in testa al campionato in solitaria. Santa Luce è lontana. Peccato manchi ancora il rally di San Marino, il più difficile della serie, 294 km di prove speciali distribuiti su due tappe. Per entrambi è la prima partecipazione mentre Del Zoppo lo ha disputato altre volte. E ancora, l’elenco iscritti fa paura, è un vero e proprio parterre de roi. Ercolani, Grossi, Pianezzola, Deila, Colbrelli, Filipovic, Ferjancz oltre ai soliti noti. La nota dolente è che la fidata Delta Stylcar che ormai non ha più segreti non sarà disponibile. Avremo pur sempre una Delta 16V ma non performante come l’altra. Come si dice, nubi oscure

si addensano all’orizzonte. L’inizio della gara è ancora peggiore di quanto si potesse temere. A metà della seconda prova si stacca il paracoppa che va a incastrarsi in una sospensione. Il gatto Buscone si infila sotto la macchina, armeggia un po’ a mani nude ponendo rimedio al danno, poi risale senza fare nessun commento. A fine prova sbotta sfoggiando un turpiloquio da antologia. Il giochetto ci è costato due minuti di distacco, troppi, praticamente la possibilità di giocarcela. Da lì in avanti Giorgio continua sì a guidare come un forsennato, ma il sacro furore agonistico se ne è andato. Del Zoppo, da pilota di grande talento ed esperienza qual è, sa che non possiamo più raggiungerlo. Se ci aggiungiamo anche una foratura prima e un’innocua uscita di strada poi, il quadro del disastro è completo. Con questo stato d’animo vivacchiamo fino alla partenza della ps 17, poi ne mancheranno solo quattro e la nostra via crucis sarà finita. Le partenze di questa speciale, che inizia con una ripida salita, sono state momentaneamente sospese perché, ci dice un commissario, una vettura è ferma in prova e deve essere spostata. Chiedo a un ragazzo se sappia chi sia il pilota ritirato. “Pare che sia la numero 1”. Lui. Ma subito Giorgio con fare sconsolato scuote la testa e mi indica una macchia bianca che si intravede a poca distanza da noi in linea d’aria. E la delta gr. N di Giba Bertolini che si è ritirato poco dopo lo start. Mai una gioia,

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Giorgio Buscone

Mario Perduca

anche se della categoria “la sportività questa sconosciuta”. Mentre il cronometrista scandisce i cinque secondi che mancano al via un pensiero fugace, il fatto che sia fermo Bertolini non esclude necessariamente che quel ragazzo possa avere ragione. Dopo pochi chilometri due sagome gialle in mezzo alla strada, sono Andrea e Gianni la cui gestualità è inequivocabile: “potete rallentare, avete vinto”. Nella loro vettura aveva ceduto una sospensione. Da lì in poi ricordo solo che Giorgio alle assistenze

abbracciava chiunque gli venisse a tiro, amico o sconosciuto che fosse, e ancora che alla partenza della ps. 18 rilasciò la frizione in modo criminale rompendo un giunto. Ma ormai non importava più niente, anche se ci fossimo ritirati la classifica finale del trofeo non sarebbe cambiata. Avevamo vinto.

Di Mario Perduca



MOTORI: Rally storici

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Bene Domenico Mombelli e Marco Leoncini al San Martino di Castrozza Sotto l’ombra delle pale, la leggenda corre dal lontano 1964. Una storia fatta di eroi, macchine e autentica mitologia. Dagli albori del rally fino ai giorni d’oggi, prodigi della tecnica a quattro ruote fanno sognare generazioni di appassionati, vigili testimoni di un glorioso e rombante passato fatto di emozioni. Il Rallye San Martino 2021 ha richiamato al via ben 44 concorrenti nell’ Historique, numero cospicuo che gratifica la San Martino Corse in una straordinaria fine estate con alberghi e residence pieni in ogni ordine di posti, risultato magnifico per la coda turistica garantita dalle sfide a suon di controsterzi. Dunque, un’impennata d’iscritti per l’Historique da allargare i cuori agli appassionati del buon rombo antico. L’atmosfera che si è respirato in questa gara è quella giusta, da compagnoni quali sono gli interpreti dell’Historique Rallye, già contenti al solo fatto di esserci dove un tempo sfrecciavano i vari Cavallari, Munari, Maglioli, Cella, Taufer ecc. Nell’appuntamento trentino, in cui i “giovani” fanno la gara dei “vecchi”, tra sorrisi e pacche sulle spalle prima di accendere i motori e partire verso il Manghen, i colori pavesi sono stati rappresentati da Domenico Mombelli e Marco Leoncini in gara con la Ford Escort RS Cosworth MKI e dalla vogherese Claudia Musti che ha letto le note a Dino Tolfo sulla mitica Lancia Stratos. Per questi ultimi la gara non ha riservato grandi soddisfazioni in quanto, un

L’Equipaggio Mombelli - Leoncini guasto meccanico li ha messi fuori gioco già nelle battute iniziali. Ben differente è stata l’evoluzione della competizione per Domenico Mombelli e Marco Leoncini in gara con una vettura performante per la lotta di categoria ma penalizzata nella battaglia che si scatena nella classifica assoluta in cui vi sono impegnate vetture più moderne e dalle grandi potenze. Per i portacolori della Efferre di Romagnese la gara trentina è stata una lunga rimonta che dalla trentesima posizione occupata nelle fasi iniziali, li ha visti risalire sino al 21° posto assoluto, un risultato che ha permesso loro di ottenere una meritata vittoria nel 2° raggruppamento riservato alle vetture Turismo Competizione, fino a

2000 cc. La prestazione fornita da Mombelli-Leoncini è doppiamente da sottolineare perché fornita su asfalto, un fondo dal quale mancavano dal Rally 4 Regioni 2018, dopo di che hanno sempre calcato gli sterrati del campionato italiano terra. Detto dei rappresentanti i colori pavesi, al termine di una intensa giornata di gara c’è stato il sigillo bis di Paolo e Giulio Nodari con una Subaru Legacy Sedan del 4° Raggruppamento, una vettura che chiamarla storica è un po’ anacronistico in quanto la sua epopea sportiva ha preso il via in seno al Subaru World Rally Team, nel 1990 e durata fino al 1993. In quel periodo, la vettura ottenne una vittoria e cinque podi nel Campionato Mondiale Rally e vinse an-

che tre titoli consecutivi nel British Rally Championship guidata da Colin McRae e Richard Burns. I Nodari si sono imposti in 1:05’52’’9, aggiudicandosi anche il Trofeo Aci Vicenza cui si deve all’iniziativa di Rudy Dal Pozzo. Secondo posto come nella passata edizione per Tiziano Nerobutto e Franco Battisti su Opel Ascona 400 del 3° Raggruppamento, a 25’’2 dopo aver vinto la prova d’apertura sul Manghen in 15’06’’1 che è valso loro il Trofeo “La Sportiva”, messo in palio per gli equipaggi del 1°/2°/3° Raggruppamento, riservati a vetture costruite sino al 1981, con qualche ruga in più ma ancora tanta grinta sotto al cofano. Terza piazza a 56’’4 ottenuta da Pierluigi Zanetti e Carlo Vezzaro su Ford Sierra Cosworth del 4° Raggruppamento. di Piero Ventura

Claudia Musti

MOTORI: RALLY VALTELLINA

La Efferre Motosport guadagna la finale di coppa Italia con Nussio-Ghisoni Dopo 64 edizioni dominate da piloti italiani, la Coppa del Rally Valtellina esce dai confini per approdare in Repubblica Ceca; esattamente a Mlada Boleslav, città nota in ambito automobilistico sportivo per essere il quartier generale di Skoda Motorsport. Proprio su una vettura della Casa Ceca, una Fabia R5 Evo, il trentenne Filip Mares coadiuvato alle note da Radovan Bucha, ha dominato la scena valtellinese imponendosi in cinque prove delle sei prove in programma. Sotto la bandiera a scacchi di una gara, vissuta tra pioggia e strade davvero impegnative, il vantaggio finale del duo è stato di 25”7 sui locali Marco GianesiniSabrina Fay e di 1’14”9 sul sempreverde

lariano Marco Silva navigato da Vitali, anch’essi su Skoda. Da segnalare inoltre l’ottavo posto assoluto e primo di classe e leader del gruppo A per Nicolas Cianfanelli e Jacopo Innocenti su Renault Clio S1600. Che dire poi di Manuel Bracchi e Nicola Doglio? I due valtellinesi hanno fatto fuoco e fiamme con la piccola Peugeot 106 A6 volando letteralmente sugli asfalti di casa e ancora una volta protagonisti di categoria! Il locale Cambiaghi, vincitore della R3C, ha chiuso 12° su Clio, il camuno Farea, al debutto su 208 R2C ha vinto la classe finendo 13° mentre Trinca Colonel e Gini hanno completato rispettivamente 17° e 18° nonché primo e secondo di N2

a testimonianza di come questo “Coppa” fosse ottimale per chi era dotato di tanto piede destro. Prova incisiva anche per l’elvetico Max Nussio con alle note sulla Clio RS la vogherese Susy Ghisoni, che nel rally valtellinese riescono ad imporsi nell’impegnativa classe N3 che è valsa loro un’ottima ventesima posizione assoluta, nonché il terzo posto di Gruppo N. Grazie alla vittoria di classe, l’equipaggio portacolori della Scuderia Efferre Motorsport di Romagnese, si è accaparrato la qualificazione alla finale di Coppa Italia in programma i prossimi 30 e 31 Ottobre a Modena nel il rally omonimo. La vogherese Susy Ghisoni

di Piero Ventura


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motori: AUTO D’EPOCA

Ottobre 2021

Bentornato Rally “4 Regioni Anciennes” Vent’anni dopo la sua ultima edizione, in occasione del cinquantennale della nascita del Rally 4 Regioni, é tornato sulla scena il “4 Regioni Anciennes”, appuntamento per vetture d’epoca organizzato dal Veteran Car Club Carducci di Voghera, sodalizio di cultura dell’automobilismo storico sul territorio che per l’occasione, ha festeggiato i 40 anni della fondazione. L’appuntamento, grazie anche ad un accordo raggiunto con il presidente di Aci Pavia, Marino Scabini, ha segnato il ritorno di una classica per auto storiche e d’epoca che si è snodata su tratti di strada che hanno interessato tra le altre località motoristicamente famose, anche le celebri Cecima, Rocca Susella, Pozzolgroppo e la mitica “Nazzano”, un po’ dimenticata dai rally di questi ultimi anni. Ne è uscito un grande evento che proprio come il rally di cui ha voluto ricordare il nome, ha fatto centro al primo impatto, esattamente come accadde 50 anni fa, quando la prima edizione del rally 4 Regioni, lasciò tutti a bocca aperta. All’epoca fu la sua durezza, la sua tecnicità, il fascino dei luoghi attraversati a sbalordire stampa, critica, esperti, organizzatori, ma soprattutto piloti e pubblico. Oggi è stato, l’ottimo lavoro profuso dagli uomini del Veteran Car Clun Carducci, l’organizzazione, l’accoglienza, l’aspetto tecnico, il rispetto dei concorrenti, ai quali è stato riservato una piacevole ospitalità e ad ognuno di loro un prezioso ricordo della manifestazione e infine, l’aperitivo, il convivio e la cerimonia di premiazione ospitati presso Palazzo Bellisomi, una villa storica di fine ‘700 situata a Montebello della Battaglia, luogo ideale per ospitare eventi importanti dallo stile unico e originale. Molte le adesioni, tanto da superare il tetto massimo inizialmente fissato dagli organizzatori in cinquanta unità. Oltre agli specialisti del pressostato, c’è stata la simpatica presenza di personaggi proveniente dal mondo dei rally come Matteo Nobili, Tigo Salviotti, Antonio Madama, Paolo Burgazzoli, Nicola Trovato, Carlo Verri, Amos Curati, Carlo Cima, Susy Ghisoni, Giorgia Pertosa, Marco Bellinzona, Giuseppe Sboarina, Marco Poggi, Tino Spinetta, Maurizio Berisonzi ecc. Ben 54 gli equipaggi al via, di cui, 46, hanno portato le loro “vecchiette”, alcune ansimanti, fino al traguardo. Tre le graduatorie previste: Generale, Top e Gentleman. Nella graduatoria finale assoluta i più abili si sono mostrati: Malucelli – Bernuzzi Lancia Beta Montecarlo; Fontana – Pietropaolo A 112 Abarth e Rancati – Ercolani Fiat 850 Coupe che hanno occupato il podio nell’ordine. Nella categoria Top, c’è stato un podio tutto oltrepadano in cui i vogheresi Rancati - Ercolani su Fiat 850 Coupè del 1966 hanno preceduto Fronti – Ruggeri su A 112 Abarth del 1976 e Crosignani - Crosignani A 112 Abarth del 1974. Oltrepadana anche la vittoria nella categoria Gentleman in cui a prevalere sono

hanno vinto tutti. Hanno vinto gli organizzatori, bravi e attenti, ha vinto la scelta del percorso, tecnico, impegnativo e ricco di storia, hanno vinto i concorrenti. Ha vinto lo sport. 4 REGIONI ANCIENNES CLASSIFICHE

Podio Top: da sx Guerrini, Doriano e Cecilia Crusignani, Fronti, Ruggeri, Rancati, Ercolani, Sboarina e Lamagni stati Viola - Mussi Volkswagen Golf GTI del 1982 davanti a Bartolo - Zucchelle Fiat 127 Sport del 1989 e Barbieri - Marsiglia Fiat 600 del 1964. La graduatoria riservata alle dame ha visto imporsi Betelegni - Nobili su Renault Clio 1,8 del 1992, davanti a Cuticchia - Rispoli su Fiat 500 del 1975. Nel panorama italiano dell’automobilismo regolaristico per auto storiche, il Rally 4 regioni Anciennes occupò un ruolo di assoluto rilievo. Nato nel 1984 da una stretta collaborazione tra Siropietro Quaroni presidente dell’Automobile Club Pavia, i vertici del Veteran Car Club Carducci di Voghera, Tartari e Giovanni Defilippi (papà della celebre conduttrice televisiva Maria) e l’innovatore Paolo Borghi, fin dalla sua prima edizione seppe accendere l’interesse di tutti gli sportivi del “volante d’epoca” di Pavia e delle province vicine. Fu subito un successo. Forse grazie ai suoi paesaggi, forse per il suo percorso altamente tecnico e impegnativo, forse per il nome ricco di tanto blasone e per quei richiami alle imprese dei grandi piloti o forse per quel tocco di raffinata accoglienza e mondanità che così bene seppe fondersi con gli elementi sportivi, romantici e sentimentali o più semplicemente per la sapiente miscela di tutto ciò, che i partecipanti, a fine gara, si ripromettevano di tornare all’edizione successiva. Non fu difficile rimanere coinvolti dalla seduzione dell’ambiente, dalla pace, dalla tranquillità dell’elegante parco delle Terme di Salice, dall’emozione, dai colori delle colline battute dal sole, dalle meraviglie naturali del percorso che agirono sul concorrente come un incentivo a inseguire una bellezza che mutava, si arricchiva e si rinnovava ad ogni curva. Organizzato inizialmente con una frequenza biennale, Paolo Borghi, grande intuitore, proprio come lo è stato il suo maestro Siropietro Quaroni per quanto ha riguardato il rally maggiore, strada facendo, portò alcune importanti innovazioni. Presi i giusti contatti inserì il Rally 4 Regioni Anciennes nel più

bel campionato di regolarità con manifestazioni di prestigio quali la Coppa Dolomiti a Cortina, la Coppa Appennino ad Arezzo, il Trofeo Nuvolari a Mantova ecc, in cui a misurarsi furono i grandi specialisti italiani e stranieri del cronometro, a bordo di splendide auto, molte con un passato agonistico rilevante. Furono in molti a convertirsi alla regolarità (una disciplina in cui i concorrenti sono chiamati a percorrere tratti di strada, più o meno lunghi, in un tempo prestabilito. Non un centesimo di secondo di più, non un centesimo di secondo di meno). Proprio come il rally di ispirazione, anche i “4 Regioni Anciennes” visse i suoi tempi di iniziazione, in cui regnò tanto entusiasmo e un poco di improvvisazione, ma che ben presto il tutto fu affinato, lasciando spazio ad un prodotto altamente tecnico, che sotto la guida di Paolo Borghi (dal 1988 alla presidenza del VCCC fino al 1996) e dei suoi più stretti collaboratori, progredì sulla spinta innovativa tanto da raggiungere un alto traguardo qualitativo. Dal successivo incontro tra VCCC e le Terme di Salice con alla dirigenza commerciale Pier Liberali, il 4 Regioni Anciennes aggiunse un’altra perla alla sua già ricca collana, infatti, alla bellezza delle località attraversate e alla tecnicità della gara, si aggiunse quel tocco di mondanità che la fiorente Salice dell’epoca e le sue Terme rinomate, seppero proporre rendendo la piccola località termale un vero punto d’incontro tra tutti gli amanti delle discipline motoristiche. Oltre agli specialisti nazionali, alla gara salicese aderirono anche concorrenti provenienti da Francia, Austria, Germania e Svizzera. Grazie all’attuale dirigenza del VCC con alla presidenza Andrea Guerrini e ai suoi stretti collaboratori guidati da Giuseppe Sboarina e Umberto Lamagni e la vicinanza, come un tempo fu quella di Quaroni, del presidente di Aci Pavia Scabini, oggi gli appassionati possono quindi dire, bentornato 4 Regioni Anciennes con la tua edizione fluida ed elegante in cui

Generale: 1° Malucelli – Bernuzzi Lancia Beta Montecarlo; 2° Fontana – Pietropaolo A 112 Abarth; 3° Rancati – ErcolaniFiat 850 Coup: 4°° Politi – Ruggeri Innocenti Mini Cooper; 5° Ercolani – ErcolaniA 112 Abarth 6° Celadin – Bono Lancia Fulvia; 7° Fronti – Ruggeri A 112 Abarth; 8° Crosignani – Crosignani A 112 Abarth; 9° Formento Fiat 127; 10° Forelli – Cleoncini A 112; 11° Cavanna – Curone Alfa Romeo; 12° Viola – Mussi Volkswagen Golf GTI; 13° Negrini – Taschin Renault R5; 14° Giorgi – Malaspina MG; 15° Bartolo – Zucchelle Fiat 127 Sport; 16° Caccialanza – Pavesi Toyota Celica; 17° Barbieri – Marsiglia Fiat 600; 18° Verri – Ventura Fiat 124 Spider; 19° Brignoli – Calissano Fiat X 1/9; 20° Moscato – Moscato Mercedes Benz 500. Seguono altri 26 classificati. Classifica Top VCCC: 1° Rancati – Ercolani Fiat 850 Coupè 1966; 2° Fronti – Ruggeri A 112 Abarth 1976; 3° Crosignani – Crosignani A 112 Abarth 1974; 4° Forelli – Cleoncini A 112 1986; 5° Cavanna – Curone Alfa Romeo 75 1987; 6° 18 Negrini – Taschin Renault R5 1986; 7° Giorgi – Malaspina MG A 1957; 8° Verri – Ventura Fiat 124 Spider 1970; 9° Brignoli – Calissano Fiat X 1/9 1981; 10° Barbieri – Gazzaniga Renault Alpine A110 1971; 11° Bellan – Maga Triumph Spitfire 1978; 12° Perelli – Roveda Fiat 124 spider 1970; 13° Faggionato – Laureat BMW Z3 1997. Classifica Gentleman VCCC: 1° Viola – Mussi Volkswagen Golf GTI 1982; 2° Bartolo – Zucchelle Fiat 127 Sport 1989; 3° Barbieri – Marsiglia Fiat 600 1964; 4° Moscato – Moscato Mercedes Benz 500 1986; 5° Bertelegni – Nonna Fiat 600 1967; 6° Betelegni – Nobili Renault Clio 1,8 1992; 7° Vernetti – Kalaia Lancia Delta Integraale 1990; 8° Lamagni – Lamagni FIAT 1100/103 1961; 9 Bellinzona – Ghia Fiat X 1/9 1973; 10° Spalla – Lombardi Porsche Boxter 1999; 11° Minuzzo - Bernini Porsche 3000 1981; 12°Ferrari – Viola Fiat X 1/9 1976; 13° Rossi – Borzini Porsche 911 Carrera 1983; 14° Salviotti – Ghisoni Mini Myfair 1990; 15 Ghia – Ghia Renault Clio 16 V 1992; 16° Assale – Lagomarsini Mercedes Benz SLK 1999; 17° Madama –Sturla Fiat 500 1971; 18° Trovato – Pertosa Fiat 124 Abarth 1975; 19° Cuticchia – Rispoli Fiat 500 1975; 20° Nenna – Santi Mini Myfair 1990; 21° Marzolla – Garlaschelli Alfa Romeo 156 1998; 22° Del Vago – Maggi Porsche Carrera 1978. Graduatoria Dame: 1° Betelegni – Nobili Renault Clio 1,8 1992; 2° Cuticchia – Rispoli Fiat 500 1975. di Piero Ventura


MOTORI: auto d’epoca

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Zavattarello: a ottobre va in scena “La Ronde del Castello” Non si è ancora spento il successo ottenuto dal 4 Regioni Anciennes svolto l’11 settembre scorso che il Veteran Car Club Carducci di Voghera è già sulla rampa di lancio pronto a mandare in orbita un nuovo evento nel mondo delle auto d’epoca. è fissato infatti per il prossimo 24 ottobre un appuntamento tutto nuovo che fa onore alla bellezza dei luoghi che lo ospita. È una vallata sospesa nel tempo, dove la storia si legge ovunque, nel paesaggio agrario modellato dall’uomo come nei castelli, nelle antiche pievi ed abbazie. Lì sorge Zavattarello, piccolo ed incantevole borgo dell’Oltrepò pavese, situato nell’Alta Val Tidone e dominato dal Castello Dal Verme. Immerso nella natura incontaminata, ha un fascino tutto speciale e tra le sue vie si respira un’atmosfera magica e fuori dal tempo. Il piccolo centro, che fa parte del circuito dei Borghi più belli d’Italia, porta con se una tradizione militare molto antica, come racconta anche il castello del celebre capitano di ventura Jacopo Dal Verme, le cui mura e le torri testimoniano che era un luogo strategicamente importante per lo Stato Vermesco e strategicamente importante lo è anche per il VCCC che ha trovato in Zavattarello la location ideale per dare concretezza al nuovo progetto: “La Ronde del Castello” in onore all’imponente rocca che sovrasta il borgo antico abbarbicato alla collina. Un nuovo appuntamento quindi con le vetture d’epoca e la loro magia, voluto dai vertici del VCCC guidati da Andrea Guerrini e dai suoi stretti collaboratori quali: Giuseppe Sboarina, Umberto Lamagni, Fulvio Negrini, Carlo Verri, Stefano Spalla, Alberto Vistarini, Stefano Tona e i ragazzi del team Torri. L’evento si svilupperà su di un circuito di 22 chilometri da ripetere 4 volte; due in un senso e due in quello opposto, per un totale di 88 chilometri. Saranno invece due i blocchi di rilevamento per ogni giro, collocati nelle prossimità delle frazioni di Tovazza e Perducco, per circa quaranta rilievi totali. Dunque, nel quarto fine settimana di ottobre, nell’alta Val Tidone, dove l’Appennino digrada verso il Po e le pietre millenarie son incastonate in un ambiente tra i più suggestivi dell’Oltrepò Pavese, si vivrà un nuovo appuntamento importante per vetture che raccontano la storia dell’automobile. di Piero Ventura

MOTORI: auto STORICHE

Raduno “Munari - Mannucci 14” in Oltrepò

Voluto da Ariella Mannucci e Flavia Munari, consorti di Mario Mannucci e Sandro Munari, un’accoppiata Lancia indimentica-

bile e plurititolata nel campo rallystico degli anni ruggenti della specialità, si è tenuto presso il Castello di San Gaudenzio a Cervesina un importante raduno di bellissime auto Lancia e ospiti famosi. Il nome del raduno: “MunariMannucci 14”, porta alla memoria la stupenda e avventurosa vittoria ottenuta dai due al Rally di Montecarlo nel 1972 al volante della Lancia Fulvia HF n° 14 appunto. Star della giornata, Cesare Fiorio, artefice dei tanti successi in Casa Lancia, poi, urizio Verini, pilota dell’epoca, però di Casa Fiat e coorganizzatore dell’evento, Maria Grazia Facetti, figlia del notissimo pilota e preparatore Carlo e tantissimi altri ancora. Di peso anche i giornalisti di settore pre-

senti quali, Carlo Cavicchi, Stefano Cossetti, Claudia Peroni, Maria Leitner e altri ancora. Tra le vetture presenti, oltre alle ammirate Lancia Fulvia Coupè, e la Fulvia Barchetta portata al debutto nella Targa Florio del 1969, vi era la regina dei rally, la Lancia Stratos e ancora le Beta, le Delta e via fino agli anni ’50 e ’60 con la Appia, la Flavia e la Fulvia 2C. I partecipanti, dopo aver percorso alcuni giri di pista nel vicino autodromo dedicato a Tazio Nuvolari, nel pomeriggio, ripercorrendo alcune Prove Speciali storiche del Rally 4 Regioni, hanno raggiunto Fortunago dove il raduno si è concluso con le vetture esposte dinnanzi al suo bellissimo anfiteatro che domina l’abitato. Li é stata premiata la migliore Fulvia in allestimento “Montecarlo n.14.” Poi, tutti a La cena dallo chef Danilo Nembrini. di Piero Ventura


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OTTOBRE 2021

Cheap but chic: PIATTI GOLOSI E D’IMMAGINE CON I PRODOTTI DELL’OLTREPò

“Batarò”, antica merenda di campagna di Gabriella Draghi Come ho più volte sottolineato, la cucina dell’Oltrepò Pavese risente moltissimo delle contaminazioni delle altre regioni grazie al suo territorio che si incunea tra Piemonte, Liguria ed Emilia Romagna. E la ricetta di questo mese nasce proprio al confine dell’Oltrepò con l’Emilia Romagna ed in particolare con la Val Tidone: “IL BATARO”. Ho mangiato questa specialità antica per la prima volta durante una festa a Montecalvo Versiggia e vi confesso che non ne conoscevo l’esistenza, pur essendo diffusa nella zona di Stradella. Il batarò ha il profumo del tempo passato, dei ricordi del territorio. Di che cosa si tratta? è un panino particolare che un tempo veniva realizzato con gli avanzi della pasta del pane per preparare la merenda per i bambini. In passato ogni famiglia contadina cuoceva il pane nel forno a legna almeno una volta alla settimana e per i bambini era un momento di festa perché potevano gustare il batarò che veniva preparato anche in versione dolce con l’aggiunta di un po’ di zucchero. Vi dirò che quando me lo hanno proposto farcito con gorgonzola e pancetta, ero un po’ scettica ma dato il primo morso, non ho saputo più resistere, una prelibatezza! Mi sono subito informata sulla ricetta e me ne sono arrivate alcune con quantità di ingredienti leggermente diverse anche perché, ancora oggi, ogni famiglia continua a tramandare la propria. Vi propongo quella che segue che ho sperimentato nel forno elettrico e che mi ha dato risultati, non come con il forno a legna, ma direi notevoli.

BATARò CON PANCETTA E GORGONZOLA Ingredienti per 4 persone: 500 g di farina 0 80 g di farina di mais 1 cucchiaio d’olio extravergine d’oliva 18 g di lievito di birra sale q.b. 370 ml di acqua tiepida per farcire: 150 g di pancetta a fette sottili 150 g di gorgonzola cremoso

Come si prepara: Facciamo sciogliere il lievito in 100 ml di acqua tiepida (tolta dai 350 ml necessari complessivi) in una tazza. Mettiamo ora sul piano di lavoro le farine a fontana, creiamo uno spazio al centro ed uniamo il lievito sciolto, l’olio, l’acqua tiepida rimasta. Cominciamo ora ad impastare e, dopo poco, uniamo il sale e lavoriamo bene l’impasto per almeno 10/15 minuti fino a che diventa omogeneo e liscio. Trasferiamo ora l’impasto in una ciotola leggermente oliata e lo lasciamo riposare per circa un’ora e mezza in un luogo tiepido coperto da un canovaccio. A questo punto dividiamo l’impasto

in bocconi dandogli una forma schiacciata e abbastanza allungata dello spessore di circa 1 cm al massimo. Adagiamo questa specie di foccaccine sulla placca del forno ricoperta di carta forno e le facciamo riposare per un’altra ora. (Per chi, invece, ha la fortuna di avere il forno a legna dopo la prima ora di lievitazione può cuocere i batarò direttamente. Trascorso il tempo necessario, cospargiamo con un poco di farina e cuociamo in forno preriscaldato a 250° per circa 8/10 minuti. Per gustarli al meglio, tagliamo orizzontalmente i nostri batarò quando sono ancora caldi, li spalmiamo con il gorgonzola cre-

moso e vi adagiamo qualche fetta di pancetta. In alternativa possono essere farciti con altri salumi e formaggi o in versione dolce con la crema alle nocciole. Vi consiglio però di provarli con pancetta e gorgonzola, sarete estremamente soddisfatti! You Tube Channel & Facebook page “Cheap but chic”.



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