Oltrepò Pavese: le fondazioni e i mille rivoli, Storia di una terra d’imprenditori dimenticati
Anno 12 - N° 128 APRILE 2018
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CASTEGGIO «Attività che aprono e chiudono, Casteggio città da turnover»
Voghera - Lo psicologo in Parlamento: «Il M5S Terme di Salice: vi sorprenderà anche alle prossime comunali» perchè sarà dura venderle...
pagina 34 e 35
BRESSANA BOTTARONE Bressart, il “ponte culturale” che collega il territorio
In una primavera che stenta a mostrare il suo volto più solare, a Bressana Bottarone si stanno vivendo settimane molto calde sotto il... pagina 36 e 37
VARZI La Pro Loco in mano al conte Odetti «Varzi paese depresso? Non scherziamo». Dopo avere riaperto il Castello Malaspina di cui è proprietario, il conte Enrico Odetti di Marcorengo... pagina 31
CODEVILLA
Quello di Codevilla è diventato un vero e proprio caso, anche politico, che chiama in causa tutte le amministrazioni comunali...
6.525 euro mensili: il costo della politica per i rivanazzanesi
pagina 23
PONTE NIZZA Il terzo classificato a Masterchef 2018: Alberto Menino è stato il più agguerrito, il più tenace, il più originale tra i concorrenti dell’ultima edizione di Masterchef. Dando sempre il massimo... pagina 29
ROMAGNESE La frana di Casale: «Nessun pericolo per gli abitanti» «Nessun pericolo per le persone e le case ma, se così fosse, le famiglie verrebbero immediatamente evacuate in maniera cautelativa ... pagina 33
Partiamo dai numeri, che per definizione sono oggettivi. Ogni anno i cittadini di Rivanazzano Terme, spendono 30.119,76 euro per pagare l’indennità mensile al loro sindaco. La cifra andrebbe poi moltiplicata per cinque, perché un’amministrazione dura in carica... pagina 25
alla Camera dei Deputati dove continua il suo impegno sui temi più svariati, dalla cultura all’ambiente. Lo abbiamo intervistato per capire non solo chi è, ma anche come la pensa riguardo alla situazione politica attuale. pagina 9
news
oltre
Quando il rifiuto fa la differenza
è stata una sorpresa un po’ per tutti, ma non per lui, che nelle sue possibilità di arrivare in Parlamento ci ha creduto fin da subito. Cristian Romaniello, vogherese, 29 anni, è stato eletto nella compagine dei Cinque Stelle in seguito ai risultati delle ultime elezioni, e ora siede
Voi comprereste una casa all’asta vincolata da un contratto d’affitto e quindi occupata da un inquilino per diversi anni? Una casa con i garage già affittati ad altri inquilini per diversi anni e nel giardino della quale ci può entrare chiunque, perché ad uso pubblico? Pochi forse nessuno comprerebbe questa casa, magari anche da ristrutturare, con questi vincoli. Ecco, questa è la situazione delle Terme di Salice! Il commissario Nannone, indicato dal Tribunale per gestire il fallimento delle Terme, ha un arduo compito, cioè quello di vendere una casa già affittata con un giardino ad uso pubblico. Come si è giunti a questa situazione? Il fallimento delle Terme è frutto di scelte scellerate e della manifesta incapacità di chi ha gestito le Terme ed il suo futuro, che in parte è anche il futuro di Salice... pagina 4 e 5
il Periodico
La crisi in questi anni è dilagante e capita di vedere attività commerciali che chiudono i battenti per sempre. Quando succede ai...
Da “sindaco più amato d’Italia” a Onorevole di Forza Italia al Parlamento: Alessandro Cattaneo Nonostante i massacranti impegni di consultazione di queste febbrili giornate romane, con grande disponibilità il neo eletto onorevole Alessandro Cattaneo ha accettato di rilasciare un’intervista al nostro giornale: dai concetti dell’alta politica alle tematiche care all’Oltrepò Pavese, smorzando anche alcuni toni polemici che ne avevano caratterizzato la campagna elettorale. pagina 16 e 17
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CYRANO DE BERGERAC
il Periodico News
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Oltrepò Pavese: le fondazioni e i mille rivoli Storia di una terra d’imprenditori dimenticati Il mondo del vino d’Oltrepò si prepara a Vinitaly pensando alle tante opportunità perdute, comprese quelle delle molte fondazioni sfondate che per il territorio potrebbero fare molto eppure finanziano sempre, sul solito binario morto, iniziative che lasciano il tempo che trovano. Finiti i soldi finito l’amore. Se altri territori sono bravi a progettare dal basso e a introitare fondi strategici per l’economia, creando qualcosa che resta, in Oltrepò arrivato il denaro i problemi anziché risolversi s’ingigantiscono. Fabrizio Guerrini, storico cronista del territorio, nei giorni scorsi sulla sua bacheca Facebook, chissà perché non sulla sua Provincia Pavese vista la profondità della riflessione, ha rivolto una lettera aperta a Cinzia Montagna, giornalista e scrittrice, attenta conoscitrice della storia e delle virtù d’Oltrepò. Rileggiamola insieme: «Cara Cinzia Montagna, si torna a ragionare in
questi mesi su come raccontare l’Oltrepo Pavese oltre il vino o incluso il vino. Ti scrivo questa lettera fresco di uscita del mio romanzetto storico (ho paura a usare certe categorie per il mio 1848). Cosa che arriva da lontano (ero giovane e carico di speranze letterarie quando buttai nella memoria del pc la prima bozza) e che ora ho rispolverato per aiutare (nel mio piccolissimo...) un progetto che mi sta a cuore: quello di aiutare le famiglie con adulti autistici. Con mia sorpresa, i miei figli che lo hanno letto (non mancando di aiutarmi a correggere caterve di sviste) mi hanno detto che si capisce quanto mi stia a cuore la terra dove sono nato. Un po’ mi sono commosso anche perchè è una prospettiva che i miei pargoli adulti capiscono solo in parte (mia figlia Federica ogni tanto si concede vezzi dialettali). Poi ho pensato a te. Ai tuoi promessi sposi che dal lecchese si spostarono sulle nostre colline.
Alla strega di Broni che adesso, grazie a te, fa un po’ meno paura e tanta nostalgia di riscoprire il nostro passato. Al frate con tanto di pennuto da cortile al fianco (leggeremo...). Insomma ho pensato a chi come e te, ogni tanto (o più spesso di ogni tanto) racconta le terre dove è nato. Con questa lunga premessa condivido con te (che so molto sensibile sul tema) questa considerazione: in una terra, l’Oltrepò, fatta di campanili (con desinenza - ismi) troppo spesso anche i narratori locali si sono cimentati alla stregua di quei vignaioli che, quando fanno un buon vino, credono di aver fatto il vino più buono di tutti gli altri. Non sapendo che, dall’esterno, si capirà solo che l’Oltrepò è un posto dove uno che fa un vino buono pensa di aver inventato il vino buono. è ora di andare oltre. Vignaioli, scrittori, operatori. è ora di decidere che tutto quanto di buono nasce qui deve essere comunicato all’ester-
no. Facendo squadra, trovando insieme i canali giusti. A quel punto si capirà come il vero problema non sia farsi insegnare dall’esterno come si racconta un territorio, ma come un territorio possa comunicare all’esterno le energie buone o ottime che in esso fioriscono. Ciao, Fabrizio (inguaribile butunon)». Ecco, in questa lettera c’è tutto. I vignaioli, però, non sono colpevoli di come la pessima politica locale spende i fondi locali, regionali ed europei. Tutto cambierà quando anziché prendere finanziamenti per spenderli nell’autoreferenzialità a norma di legge, si otterranno fondi per finanziare un programma territoriale che coinvolga, oltre al pubblico, anche i privati. Chi ha un’attività in Oltrepò si sente solo, inascoltato e abbandonato al proprio destino. di Cyrano de Bergerac
LA TRIPPA
il Periodico News
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Terme di Salice: perchè sarà dura venderle... Voi comprereste una casa all’asta vincolata da un contratto d’affitto e quindi occupata da un inquilino per diversi anni? Una casa con i garage già affittati ad altri inquilini per diversi anni e nel giardino della quale ci può entrare chiunque, perché ad uso pubblico? Pochi forse nessuno comprerebbe questa casa, magari anche da ristrutturare, con questi vincoli. Ecco, questa è la situazione delle Terme di Salice! Il commissario Nannone, indicato dal Tribunale per gestire il fallimento delle Terme, ha un arduo compito, cioè quello di vendere una casa già affittata con un giardino ad uso pubblico. Come si è giunti a questa situazione? Il fallimento delle Terme è frutto di scelte scellerate e della manifesta incapacità di chi ha gestito le Terme ed il suo futuro, che in parte è anche il futuro di Salice, in questi ultimi dieci anni. Val la pena ripercorrere le tappe della vicenda: Anno 2004: nel mese di settembre viene “dimesso” l’amministratore unico delle Terme, Maurizio Somensini, il quale aveva previsto una perdita, in quell’anno, riconfermata a Settembre, pari a 300 mila euro. Ottobre 2004: arriva il nuovo amministratore e dopo aver licenziato il direttore commerciale Liberali, con la motivazione “guadagna troppo”, direttore commerciale che aveva portato dal 1996 al 2004 da 6 mila a 24 mila i clienti delle Terme, inizia una nuova strategia commerciale che prevede la cancellazione delle oltre 600 convenzioni con enti privati e pubblicci, associazioni, etc, etc… Il passivo in soli tre mesi, da ottobre a dicembre, da 300 mila euro esplode a 1 milione e 800 mila euro! Anno 2005: il proprietario delle Terme, il Comune di Godiasco, gridandolo ai 4 venti, dà la colpa della “situazione” al contratto con la Juventus, una scusa ad effetto che fa presa sulla gente. Alla luce dei fatti di allora e di quello che è avvenuto oggi e documenti alla mano possiamo parlare di fatto di… una menzogna eclatante! Anno 2006: le Terme vengono “finalmente” vendute dal Comune di Godiasco, guidato dal sindaco Deantoni, per un importo che a qualcuno sembra irrisorio e con clausole contrattuali che a qualcuno sembrano ridicole, al gruppo Camuzzi (poi fallito dopo pochi anni). Polemiche poche e a tanti ma non a tutti, la soluzione sembra la panacea di tutti i mali. Qualche giornale locale scriveva che la vendita delle Terme sembrava avere lati non “chiari”. Proprio in questi giorni Ettore Filippi, ex vicesindaco di Pavia, scrive, e quindi è responsabile di quanto scritto, un commento su un social pubblico: “Pensate che tutto
LE POPRIETÀ DELLE TERME DI SALICE S.R.L. (società fallita) 1. Palazzo uffici e reception; 2. Piscina Termale 3. Stabilimenti termali; 4. “Caffe Bagni” 5. Officina, centrale termica e lavanderia; 6. Piscina “Il Lido”; 7. Discoteca “Club House” 8. Discoteca “Naki Beach”; 9. Dancing “La Buca” 10. Bar “Il Boccio”; 11. Campi da tennis del parco 12. Strutture e palazzine ex serra del parco 13. Parco delle Terme di Salice; 14. Grand Hotel Terme (in disuso); 15. Nuovo Hotel Terme (in disuso) 16. Parco - giardini del Nuovo Hotel Terme 17. Palazzina ex-custode 18. Cascina “La Galbicella” ex maneggio (in disuso) 19. Chiesetta “Santa Maria Nascente” - Le proprietà elencate dal numero 1 al numero 12 sono state affittate ad altre società. - La proprietà elencata al numero 13 è gravata da servitù perpetua ad uso pubblico a favore del comune di Salice Terme. - Le proprietà elencate dal numero 14 al numero 18 sono chiuse ed in disuso. - La proprietà elencata al numero 19 è Chiesa consacrata ed in uso alla parrocchia di Salice Terme. parte (la vendita delle Terme ndr) da una ladrata… - scrive Filippi- con l’allora sindaco di Godiasco in cambio di un appalto fasullo che sarebbe costato al San Matteo (Policlinico di Pavia ndr) 14 milioni di euro...”. Anno 2008: per il gruppo Camuzzi inizia la crisi e cede le Terme alla Afin della famiglia Fabiani. Anche in questo caso gli annunci trionfalistici sui programmi futuri delle Terme non destano perplessità. I debiti, o presunti tali, che il gruppo Camuzzi aveva riappianato aumentano. La Afin cambia amministratori e direttori a gettito continuo in un numero superiore agli allenatori cambiati dal presidente Zamparini del Palermo. Anno 2013: i Fabiani gettano la spugna e cedono le Terme ad un imprenditore vogherese, Elio Rosada. Molti restano perplessi, la domanda ricorrente era: “Come farà a pagarle?” Infatti non le paga, i debiti delle Terme aumentano e rimangono a Fabiani, nel contempo altre aziende di Rosada falliscono. Anno 2015: i Fabiani ritornano in pos-
sesso delle Terme e le rivendono ad una società romana che non sembra avere mai gestito impianti di questo tipo e non sembra avere neanche i capitali per ripianare il debito ormai giunto a livelli di 7- 8 milioni di euro Negli anni 2015, 2016 e 2017: la società romana “proprietaria delle Terme” con annunci più o meno trionfalistici e con il tacito assenso della politica comunale, affitta e rinnova affitti di tutto quanto è affittabile, ivi compreso lo stabilimento e le attività termali ed anche il “Caffe Bagni”, quest’ultimo viene dato in affitto ad una società di Roma che ha, curiosamente, come amministratore unico, una dipendente delle Terme ed attuale vicesindaco di Godiasco, ammesso e non concesso che non si sia nel frattempo verificato un cambio di nomina non ancora registrato nel database della CCIAA. Inoltre chi gestisce le Terme non paga o paga in ritardo gli stipendi dei dipendenti, viene tagliato il gas e all’interno delle Terme vengono effettuati furti con curiosa frequenza. Sul finire del 2017 cala il sipa-
rio: una tragedia di cui si poteva intuire il finale. Il debito arriva a 10 milioni d’euro e le Terme di Salice srl falliscono. Riportiamo nella pagina a fianco il grafico della situazione attuale di comando e di proprietà delle Terme. C’è poco da aggiungere. Cos’altro dire? Alcune cose però bisognerebbe dirle : - Al Dottor Nannone, commissario liquidatore della società: guardare bene i conti, guardare bene i bilanci ed i vari contratti di vendita, e qualche contratto d’affitto negli anni stipulati e la regolarità degli stessi al fine di stabilire chi ha sbagliato e chi ci ha guadagnato, quindi chi deve e quanto deve rimborsare. - All’attuale geometra - sindaco di Godiasco che dire… si è già occupato delle Terme, a partire dal 2004, come membro dell’amministrazione guidata dal sindaco Deantoni e di altre amministrazione successive e attuali, amministrazioni che hanno portato a questo disastro… A lui bisognerebbe dire di non cercare di far aprire quest’anno le Terme da società riconducibili all’attuale proprietà o a società che hanno gestito le Terme in questi anni, perché errare è umano perseverare… In realtà gli dico : “Lasa stà, l’è no il to mastè, par fa andà be i teram, t’è samò fai fen trop!” (Lascia stare, non è il tuo mestiere, per far andare bene le Terme, hai già fatto fin troppo!). - Agli organi competenti – magistratura – bisognerebbe far notare che quanto successo alle Terme già dal 2004, doveva essere “attenzionato”! Oggi a maggior ragione l’intervento della magistratura forse potrebbe aiutare il Dottor Nannone nel suo compito, fare chiarezza e risalire a chi ha sbagliato, perché è palese che qualcuno ha sbagliato. Cercare di far pagare, soprattutto economicamente, chi ha sbagliato nella vendita delle Terme. Il voler aprir le Terme oggi a tutti i costi, con chiunque, è una grande sciocchezza, bisogna sperare che il commissario liquidatore Nannone trovi qualcuno che le compri, che le riammoderni e che le rifaccia ripartire. Certo è triste che quella che era la prima azienda turistica dell’Oltrepò pavese… abbia fatto questa fine. Nessuno chiederà scusa per gli errori commessi, nessuno dirà ho sbagliato le valutazione o se politico dirà ho sbagliato a votare le decisioni che venivano prese per le Terme. Speriamo almeno che “certa gente” non parli e non si occupi più del problema Terme. Le Terme di Salice e Salice Terme sono già stati “messi a posto” in questi anni, basta ed avanza. di Antonio La Trippa
LA TRIPPA
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VOGHERA
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«Slot machine? Dal Comune nessuna azione concreta per contrastarle» «L’Amministrazione Barbieri da una parte fa campagne no slot e dice di combattere il gioco d’azzardo, dall’altra non prende contromisure concrete per contrastare il proliferare delle sale da gioco». L’affondo è del consigliere leghista Pierfelice Albini, e arriva proprio mentre negli ultimi giorni Voghera è percorsa da un camion vela che pubblicizza e promuove l’ apertura imminente di una nuova maxi sala giochi in città. «Una contraddizione grottesca e inaccettabile, considerato che la nostra città è già in testa alle classifiche per via del primato di macchinette per numero di abitanti». Albini, perché secondo lei questa situazione? «Questo accade perchè l’attuale Amministrazione guidata da Carlo Barbieri non ha sostenuto la richiesta fatta dalla Lega in consiglio comunale, di regolamentare il gioco d’azzardo nella nostra città». In che modo? «La richiesta della Lega era rivolta a pro-
durre un regolamento comunale che includesse le linee guida della Legge Regionale n. 8/2013 sulle norme per la prevenzione e il trattamento del gioco d’azzardo patologico. Linee che prevedono di limitare il numero delle sale gioco sul territorio comunale in diversi modi». Quali sarebbero le contromisure che avete chiesto? «Il limite di orario di accensione delle slot machine in fasce orarie ben precise, la Lega proponeva per salvaguardare la fascia più delicata per gli studenti questo orario: 09.00-12.00 e 16.00-21.00. Far poi rispettare la distanza di cinquecento metri da luoghi sensibili come istituti scolastici di ogni ordine e grado, luoghi di culto, impianti sportivi, ospedali, luoghi di aggregazione giovanili e oratori. In questo modo la maggior parte delle macchinette in città sarebbe diventata fuori legge. Ma anche corsi di formazione obbligatoria per i gestori delle sale da gioco e dei locali ove sono installate le apparecchiature per il gioco
Pierfelice Albini, consigliere comunale Lega Nord con il segretario Elena Lucchini
d’azzardo, il divieto di promuovere e pubblicizzare le sale gioco e controlli serrati e sanzioni per chi non rispetta le regole. Istituire uno specifico numero verde regionale per le segnalazioni e le richieste di aiuto, i cui riferimenti devono essere affissi su ogni apparecchio per il gioco d’azzardo lecito e nei locali con offerta del gioco». Il sindaco come ha risposto alla vostra richiesta? «Il Sindaco Barbieri ci è sembrato molto attendista come sempre. Aspetta che il Prefetto proponga a tutti i Comuni pavesi un regolamento steso e votato dal Consiglio Comunale di Pavia. Per noi è come dire che a Voghera non siamo in grado di scriverne uno nostro. Uno smacco per sindaco, giunta, maggioranza tutta».
«L’assessore Azzaretti, con delega a scuola e commercio, da una parte fa incontri nelle scuole, dall’altra rilascia licenze alle sale gioco»
Il regolamento pavese non vi piace? «Non è questo il punto. La bozza di regolamento, scritta e votata dal consiglio comunale di Pavia sarà proposta dal Prefetto a tutti i comuni pavesi. L’ assessore alla partita ha risposto ad una nostra interpellanza dicendo che se verrà applicato da tutti i comuni si eviterà che i giocatori ludopatici vogheresi vadano a giocare in comuni limitrofi dove non è applicato il Regolamento, peccato che il fatto che il Prefetto lo proponga non obblighi ad applicarlo. Lo
ha detto lo stesso Simone Feder psicologo e presidente dell’associazione no slot al Tea Break in Prefettura». Tuttavia riconoscerà che l’impegno sul fronte della prevenzione, anche a livello economico, del comune attraverso gli assessorati al commercio e ai servizi sociali non sia stato indifferente… «Io invece vedo delle grosse incongruenze e paradossi». Sarebbero? «Ne vedo un paio molto evidenti. Una è che i due progetti da 30mila euro, “ Voghera no slot” e “A che gioco giochiamo”, finanziati da Regione Lombardia a due assessori, Simona Virgilio e Marina Azzaretti, per contrastare il gioco d’azzardo secondo noi avevano altre finalità. L’ assessore alla famiglia Virgilio dovrebbe aprire uno sportello di sostegno per il Gap (Gioco di Azzardo Patologico ndr) che attualmente è inesistente. E spesso troviamo componenti delle famiglie di ludopatici ai servizi sociali per chiedere sostegno su buoni affitto, buoni spesa, buoni gas dal momento che rimangono in difficoltà economiche». L’altra incongruenza? «L’assessore Azzaretti ha deleghe alla cultura, alla scuola e al commercio: mentre da una parte coinvolge gli studenti in incontri dove spiega i danni causati dal gioco d’azzardo, dall’ altra rilascia le licenze per aprire le sale gioco». Le licenze però devono essere rilasciate per legge… I regolamenti ad hoc però si potevano varare. Nel frattempo hanno aperto e apriranno nuove mega-sale gioco, mentrese si fosse applicato un Regolamento a luglio dell’anno scorso quando lo abbiamo richiesto noi della Lega, questo si sarebbe evitato». di Christian Draghi
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«Non penso ad un’entrata in maggioranza della Lega... al di là dei “pruriti” di qualcuno» Abbiamo intervistato oggi due personaggi rappresentativi dell’Udc, volti ben noti alla politica vogherese. Personaggi comunque, come si suol dire, “sempre sul pezzo”. Rispondono alle nostre domande: l’assessore Gianfranco Geremondia e l’Onorevole Paolo Affronti. Gianfranco Geremondia risponde alle domande di pertinenza del suo assessorato: bilancio e finanze, sport, farmacie comunali e personale. Mentre Paolo Affronti, nella sua qualità di responsabile politico, ma comunque sempre ben informato sui programmi amministrativi della città e dell’Oltrepo, sui temi strettamente politici, con un inevitabile accenno ai problemi dell’ASM di cui è stato vice presidente. Geremondia in questi 15 mesi da assessore del comune di Voghera qual è stata l’iniziativa da lei voluta o il compito a lei assegnato che le ha dato soddisfazioni? «Non mi limito solo ad un tema - L’approvazione del bilancio preventivo in tempi brevi pur con tutte le difficoltà che gli adempimenti impongono. Voglio puntualizzare in particolare l’adeguamento del fondo che deve essere costituito a garanzia dei debiti di dubbia esigibilità. Questo dà tranquillità anche per il futuro ai conti del nostro comune. C’è poi la sentenza favorevole del consiglio di stato per quanto riguarda le tariffe a suo tempo deliberate e questa sentenza mette a tacere le insistenti critiche arrivate dall’opposizione per il ritardo di qualche giorno della presentazione delle nuove tariffe approvate secondo alcuni, con ingiustificato ritardo (termine 31/07 approvate con giustificazioni relative al momento elettorale – ballottaggio e costituzione della nuova giunta 08/08). Per quanto riguarda lo sport l’intervento
Paolo Affronti
Gianfranco Geremondia
Farmacie comunali abbiamo evitato la vendita. Affideremo con opportune garanzie di un progetto credibile, la gestione alla nostra municipalizzata». Di contro quali progetti che avrebbe voluto contribuire a portare avanti e per cui oggi non vede prospettive concrete? «Per tutti la ristrutturazione della ex caserma di cavalleria che rimane un progetto accantonato per cui occorrono ancora idee, progetti concreti, finanziamenti e decisioni conseguenti». Sulla decisione parcheggi a tempo nell’area ex mercato ortofrutticolo, accolta con commenti negativi sui social, qual è il suo parere? «Non ho approvato la proposta perché non ero presente in giunta, in ogni caso non sono d’accordo sul far pagare all’utenza quello che prima era un parcheggio gratuito contraddistinto da strisce bianche. Si
comunque garanzia di un certo numero di posti per libero parcheggio nelle vicinanze della stazione ferroviaria. Questo sarà un punto che ci vedrà fortemente impegnati. Per quanto concerne infine la richiesta del ripristino del senso unico sulla via Emilia seconda parte, sollecitata con firme dai residenti, premesso che la sede stradale sopporta sia il doppio senso che il parcheggio laterale, non si vede il perché di tale richiesta. Occorre considerare che se si dovesse raccogliere firme tra gli utenti della farmacia comunale, i dipendenti ed i visitatori dell’ospedale, non ci vorrebbe molto a sovvertire l’indicazione dei firmatari che richiedono il senso unico». Voghera città della casalinga è citata ormai come punta dell’iceberg della “ludopatia” italiana. «Per limitare il fenomeno abbiamo dato mandato agli uffici di redigere un regolamento che limita l’utilizzo delle macchinette che non possono essere disseminate in ogni locale e a pioggia su tutto il terreno comunale. Per quanto riguarda la “ludopatia” massima collaborazione coi bravi medici dell’ASST che si occupano di curare i soggetti vittime di quello che è una “dipendenza” dei giorni nostri. L’UDC, il nostro partito è da sempre impegnato anche in Parlamento per combattere questo fenomeno che sta diventando sempre più un allarme sociale anche nel nostro territorio». Affronti alle ultime elezioni politiche nazionali la Lega si è presentata con il centro destra, così come in molte parti d’Italia la Lega governa con il centro destra. A Voghera invece è all’opposizione. Lei pensa che nei prossimi mesi questa situazione possa cambiare e anche a Voghera la Lega potrebbe passare dall’opposizione alla maggioranza con Barbieri? Lei pensa comunque che
«Si evidenzia la necessità che un’azienda così importante ASM Holding, non può essere gestita da un amministratore unico e da un direttore, unico dirigente, che ricopre la quasi totalità dei ruoli» più importante è quello sul campo giovani. Da parecchi anni non si effettuava nessun intervento ed oggi grazie alla nostra tempestività nell’aver colto un’opportunità regionale del cofinanziamento delle opere necessarie abbiamo provveduto al “restyling” in tempi brevi. Oggi, per noi, il campo giovani è un fiore all’occhiello, il migliore impianto del genere in provincia.
poteva realizzare un parcheggio ad ore ma a titolo gratuito. Per quanto riguarda altre estensioni di parcheggi a pagamento, ribadisco la posizione del mio partito rappresentata più volte in sede di maggioranza. Attenzione ai problemi dei pendolari non solo nei programmi elettorali. L’Udc ha proposto tariffe agevolate per l’utilizzo dell’autoporto da parte dei lavoratori pendolari e
questo nuovo ruolo della Lega assunto dopo queste elezioni politiche possa in qualche modo influire e sminuire il ruolo dell’Udc alle prossime elezioni comunali? «Non penso ad un’entrata in maggioranza della Lega. Al di la dell’ultima presa di posizione nel ballottaggio ove l’aiuto della Lega è stato più formale che sostanziale. In consiglio comunale la Lega, nei fatti, è sempre stata all’opposizione della giunta Barbieri e quindi il patto di maggioranza non la riguarda. Recenti voti negativi, su problemi importanti, testimoniano che non si intende appoggiare questa giunta. E questo, al di là dei “pruriti” di qualcuno. Il futuro e le prossime scadenze verranno valutate quando ce ne sarà l’occasione. Ogni elezione comunque è un capitolo a se stante. I risultati delle elezioni politiche vedono prevalere il consenso di opinione e l’esposizione mediatica data dalle tv ai partiti maggiori che si traducono in risultati conseguenti. Per le elezioni comunali la storia è diversa. Il contatto, la conoscenza e la credibilità dei candidati con i cittadini fa la differenza. Questo dimostrano i dati costanti del passato. Amministrare una comunità locale implica la conoscenza delle problematiche e la capacità dei candidati è valutata anche in base all’esperienza e alla determinazione che si dimostra per risolverle». Così come alle elezioni comunali anche a quelle regionali, con la candidatura di Simona Panigazzi, l’UDC ha ottenuto un consenso elettorale alto rispetto alla media nazionale. Qual è il segreto dell’Udc vogherese per ottenere questi risultati? «Sia ben chiaro il risultato comunque non ci soddisfa pienamente ma il fatto che una nostra candidata, Simona Panigazzi, sia risultata prima come numero di consensi personali raccolti in città alle ultime regionali, testimonia il “feeling” della candidata con la città e la consistenza di un gruppo, l’Udc, (dove militano anche molti giovani con incarichi di responsabilità) sempre presente ed attento ai problemi della città al di la del ruolo di maggioranza o di opposizione». Infine una domanda sulle recenti polemiche sollevate dall’opposizione ma anche da ex dipendenti su ASM vendita e servizi e sulla Holding. «Sarò telegrafico. Si evidenzia la necessità che un’azienda così importante ASM Holding, non può essere gestita da un amministratore unico e da un direttore, unico dirigente, che ricopre la quasi totalità dei ruoli. Auspichiamo al più presto che un consiglio d’amministrazione sostituisca l’amministratore unico». di Vittoria Pacci
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Pronto Soccorso, accessi in aumento «Troppe le cure non urgenti» Con Roberto Gallotti, 72 anni, ex funzionario Asl, ora Azienda Socio-Sanitaria Territoriale, consigliere comunale del PD a Voghera e responsabile delle politiche sanitarie per il Pd voghererse, facciamo il punto sulla situazione in città ed in particolare a Voghera dove, specie al Pronto Soccorso vengono spesso denunciati problemi. Qual è lo stato della riforma sanitaria votata dal centro destra due anni e mezzo fa? «La Riforma Sanitaria della Lombardia puntava sostanzialmente su due obiettivi: la riorganizzazione delle strutture sanitarie con l’integrazione socio-sanitaria ed il nuovo modello di presa in carico della cronicità. Si allungano i tempi di applicazione, a dirlo è anche un recente monitoraggio della Regione. La riorganizzazione ha ancora delle forti zone d’ombra, perché l’integrazione sociosanitaria non è ancora una realtà. La riforma sta infatti procedendo a pezzettini, con continui ritardi e improvvise frenate e a farne le spese sono come sempre i lombardi. Molti gli elementi non ancora andati a regime e le priorità su cui occorrerebbe investire al più presto, dal piano sociosanitario integrato, all’Osservatorio Epidemiologico sino alla definizione del piano delle attività effettiva dell’Agenzia di controllo. Temo fortemente che l’evoluzione del sistema sociosanitario voluta dal centro destra stia portando ad un indebolimento (anziché ad un potenziamento) dei servizi territoriali e anche ad un indebolimento del servizio pubblico. E questa è un’involuzione molto grave e che può pesare pesantemente sulla pratica attuazione della riforma». Ed il nuovo modello di presa in carico della cronicità? «Uno degli obiettivi della riforma della sanità lombarda voluta da Maroni era il passaggio dalla “cura” al “prendersi cura”, una parola d’ordine, quella che prevede la presa in carico. Un principio, dunque, condiviso, ma purtroppo la pratica talvolta è una cosa ben diversa. La Regione Lombardia ha modificato le modalità di assistenza sanitaria ai portatori di patologie croniche, come i malati oncologici, i diabetici, i cardiopatici e via di seguito. Il malato compirà la scelta della struttura a cui si affiderà per almeno un anno e questa gli organizzerà visite, esami e cure senza più prenotazioni e lunghe liste d’attesa. Almeno così sarebbe nelle intenzioni, perché questa modalità reggerebbe bene su un sistema che può contare su ospedali e presìdi ad hoc, indirizzati alla cura a media e bassa intensità e distribuiti sul territorio. Che sono previsti dalla riforma ma ancora non ci sono. Regione Lombardia sa bene che per realizzare appieno la presa in carico dei pazienti cronici dovrebbe essere completata la tra-
sformazione delle aziende ospedaliere nelle nuove aziende Asst, e dovrebbero essere in funzione i presidi ospedalieri territoriali (POT) e i presidi socio sanitari territoriali (PRESST). Purtroppo non è così, perché l’attuazione della riforma del 2015 ancora è al palo anche per la lentezza della Regione che, di fatto, impedisce lo sviluppo della rete territoriale, indispensabile per dare esecuzione al progetto. Insomma, un conto sono i principi, un altro è la pratica». Un tema molto importante ed a cui i cittadini sono molto sensibili è quello dei tempi di attesa per visite od esami che spesso sono inaccessibili… «La realtà è che la Giunta di centrodestra ha brillato in questi anni per il disinteresse per il controllo dei tempi di attesa e il risultato è che sempre più cittadini che hanno bisogno una visita o un esame ambulatoriale devono aprire il portafoglio o attendere mesi: in moltissimi casi infatti il cittadino che vuole controlli adeguati è evidente che deve rivolgersi a strutture private a pagamento. Va garantito a tutti il diritto alla salute e il primo modo per garantirlo è poter accedere subito alle cure che servono». In molti Ospedali, ivi compreso quello di Voghera, molte donne si presentano per partorire secondo la procedura del parto indolore ma questo il più delle volte non è possibile, perché? Molte scelgono ad esempio l’ospedale di Stradella dove la peridurale è garantita h24. «La Regione si impegna a promuovere la diffusione dei parti senza dolore, con epidurale. Dal 2014 la Regione prevede che se gli ospedali raggiungono l’obiettivo di un terzo dei parti con epidurale ricevono un incentivo di 400 euro a procedura. In questo modo però si sostengono solo le strutture che già sono in linea con i parametri regionali, come per esempio la Mangiagalli dove i parti indolori sono il 65%, il Buzzi dove sono il 45,6 % e il San Matteo di Pavia dove sono il 48,7%. Tutti gli altri, che già possono contare su risorse limitate, non sono messi nelle condizioni di aumentare gli interventi con epidurale. Per questo la Regione dovrebbe prevedere risorse in grado di garantire incentivi per ogni parto con epidurale anche per le strutture che non superano la media regionale. Questo per promuovere la diffusione di questa pratica in modo omogeneo in tutti i punti nascita. Assicurare la presenza di un anestesista 24 ore su 24 è , inoltre, requisito indispensabile per tenere aperti i punti nascita con meno di 500 parti l’anno come richiedono diversi territori». Passando in modo più specifico all’Ospedale di Voghera quali sono le problematiche di maggior rilievo presenti in questa struttura? «L’Ospedale di Voghera soffre principalmente di carenza di personale, carenza che
Roberto Gallotti, responsabile politiche sanitarie del PD tocca in maniera più o meno sensibile quasi tutti i reparti, con realtà molto importanti come la Chirurgia e la Orto/Traumatologia, in cui tale carenza ha portato alla diminuzione dei posti-letto, cosa che, se non fermata porterebbe ad un depotenziamento dei reparti stessi. Un discorso a parte merita il Pronto Soccorso che, a parte la carenza di personale, soffre di problemi strettamente legati alla Riforma Sanitaria, infatti le cure non urgenti prestate nel Pronto Soccorso, ossia quelle identificate con i codici bianchi e verdi, non sono affatto diminuite rispetto al passato anche per effetto dell’ampliamento dell’utenza che va dalla Lomellina ad una parte della Provincia di Alessandria: confrontando i dati dei primi mesi del 2016 con quelli del 2015 non solo non registriamo nessuna riduzione del ricorso al pronto soccorso, ma addirittura un lieve aumento. E le prestazioni per nulla o poco urgenti ivi gestite sono ancora molto numerose».
socio-sanitarie, solo così si potrà liberare il Pronto Soccorso di interventi che possono tranquillamente essere svolti da altre strutture». Quali prospettive per l’Ospedale vogherese? «Il nostro Ospedale, come del resto tutti quelli della Regione Lombardia avranno sicuramente importanti benefici da una maggiore territorialità dell’intervento sanitario, con la formazione dei Presidi Sanitari Territoriali che dovranno garantire prestazioni ambulatoriali e diagnostiche semplici. Purtroppo a differenza di altre Regioni, la Lombardia è notevolmente in ritardo rispetto a strumenti di cui, sulla carta, si è già dotata. Rispetto alla propria organizzazione interna ed al funzionamento dei vari Reparti, si ha l’impressione di un Ospedale funzionante a due velocità, alcuni positivi altri lasciati andare senza alcun intervento migliorativo, restando con la speranza in futuro di una maggiore attenzione da parte
«Ancora un anno per avere la nuova sede, ma difficilmente risolverà i problemi di fondo» Qual è la risposta alle esigenze del Pronto Soccorso? «La risposta sta nella Riforma Sanitaria che in pratica non ha trovato fino ad ora una pratica attuazione, tante chiacchiere, tanti buoni propositi ma la pratica è rimasta sulla carta. A Voghera si sta ultimando la nuova sede del Pronto Soccorso,( anche se ci vorrà ancora almeno un anno) impegno lodevole di risorse che temo non possa risolvere i problemi di fondo. Occorre dare più servizi territoriali e realizzare l’integrazione tra sanità e prestazioni
della Direzione Generale». Il quadro delineato da Roberto Gallotti non è certamente dei più rassicuranti. è evidente che lunghe attese per poter usufruire di un esame portano spesso i cittadini ad usufruire di altre strutture pubbliche o convenzionate anche fuori Regione (vedasi la sede di Alessandria o del policlinico di Monza) ed a volte li costringono addirittura a pagare privatamente l’esame, come se già i ticket, non bastassero. di Giacomo Lorenzo Botteri
VOGHERA è stata una sorpresa un po’ per tutti, ma non per lui, che nelle sue possibilità di arrivare in Parlamento ci ha creduto fin da subito. Cristian Romaniello, vogherese, 29 anni, è stato eletto nella compagine dei Cinque Stelle in seguito ai risultati delle ultime elezioni, e ora siede alla Camera dei Deputati dove continua il suo impegno sui temi più svariati, dalla cultura all’ambiente. Lo abbiamo intervistato per capire non solo chi è, ma anche come la pensa riguardo alla situazione politica attuale.
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za politica seria, propositiva ed inclusiva, che non tratta le altre forze politiche con lo stesso atteggiamento di chiusura ed esclusione con cui siamo stati trattati nel 2013. Le elezioni comunali, poi, esprimono dinamiche molto diverse dal voto per l’elezione del Parlamento. Ma sono fiducioso per il futuro, perché i vogheresi ci vedono attivi e interessati ai problemi delle persone e del territorio. Sono certo che a Voghera il 2020 presenterà uno scenario politico diverso da quello del 2015, e che il MoVi-
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ottimo traguardo nel collegio Lombardia 4-01, sarei stato contento di avere in Parlamento una persona che rappresenta come nessun altro questo territorio. Quanto al come l’ho saputo, è stato la notte stessa del 5 marzo. Stavo seguendo sul sito del Ministero dell’interno gli aggiornamenti delle preferenze per i candidati regionali. Mentre aggiornavo la pagina, ho aperto Facebook e sulla home ho notato che un altro candidato dei nostri aveva postato uno screenshot del sito dello stesso Mi-
parlerà nelle prossime settimane. Cinque anni fa il PD (che prese meno voti di noi, ma arrivò primo perché aveva altre 10 liste che componevano la coalizione “Italia. Bene comune”) ci escluse dalle presidenze delle Camere, nonostante i nostri 45000 voti in più. Questa volta, li abbiamo quasi doppiati, ed ancora maggiore è lo stacco con la Lega, Forza Italia e le altre liste. Noi non abbiamo usato il loro stesso metodo. Abbiamo il senso delle istituzioni e abbiamo dialogato con tutte le forze politiche in
nistero dell’interno, nella sezione dedicata alle elezioni politiche del suo collegio. Lui risultava eletto. Così tornai sul sito del Ministero, aprii la pagina della mia circoscrizione e vidi che il M5S aveva ottenuto 2 seggi. Pensai: “Bene, è passata Iolanda qui, e Alberto Zolezzi nell’altro collegio della circoscrizione Lomabrdia 4”. Allora cliccai sul nome del M5S per leggere l’esito, e vidi che dopo il nome di Iolanda Nanni c’era il mio, ed era contrassegnato dal flag “eletto”. Sono andato a svegliare Sara, stando attento a non svegliare nostro figlio. Lei era più felice di me, e poco dopo abbiamo finito per svegliare anche il piccolo Lorenzo». Com’è stato l’impatto con Roma e con il meccanismo politico nazionale. Che impressione ha avuto? Come cambierà la sua vita ora? «Roma è meravigliosa e questa volta siamo davvero tanti. Ho avuto l’impressione di far parte di una legione di persone perbene, oneste e competenti. Certo, noi al primo mandato (come ovvio) abbiamo molto da imparare, ma ci sono gli eletti al secondo mandato che sono molto disponibili, aperti e semplici. L’ingresso al Parlamento è stato entusiasmante. Non so ancora come cambierà la mia vita, quel che so è che vivrò questo impegno col massimo dell’intensità e non mi risparmierò». Parliamo della situazione attuale. Il post-voto è stato quanto mai confuso, pur di governare vi è toccato scendere a patti con gente che fino a qualche tempo fa mandavate affanculo (letteralmente, con il buon vecchio Vaffaday). Com’è l’atmosfera all’interno del gruppo? Pensano tutti che si debba accettare il male minore? Si punta a proseguire così o a portare a casa una nuova legge elettorale, a sistemare due cose urgenti e poi a rivotare? «è un errore dire che “pur di governare ci è toccato scendere a patti con gente [...]”. Prima di tutto perché noi non abbiamo mai fatto nulla “pur di governare”. Siamo sempre andati alle elezioni da soli contro lenzuola di liste che sostenevano i vecchi partiti (ad ogni livello), cosa che dimostra che non abbiamo intenzione di svendere i nostri valori “pur di governare”. Secondo, ad oggi non si è ancora giocata la partita per il Governo e non vi è alcun Governo, se ne
campo per l’attribuzione delle presidenze delle Camere ma il PD si è sottratto ad ogni confronto. Il governo, invece, è un’altra storia, che adesso si trova nelle mani del Presidente della Repubblica che sono certo che saprà gestire al meglio la situazione e naturalmente sarei felice se decidesse di dare a Luigi Di Maio l’incarico di formare un governo. Credo anche che non sia impossibile ottenere una maggioranza, perché le nostre proposte sono basate sulla qualità della vita delle persone, e tutti dovrebbero esserne interessati. Salvini si è trovato a dichiarare che aveva sempre pensato che il reddito di cittadinanza fosse una misura assistenzialista, e che adesso ha capito che non la è. Infatti, il nostro progetto prevede investimenti ad alto moltiplicatore occupazionale, una ristrutturazione dei centri per l’impiego e un reddito per coloro che si formano per aiutare il Paese a crescere (e che il lavoro lo cercano davvero). Ora, il programma è scritto da anni, se solo adesso qualcuno è pronto a “comprendere” davvero il nostro progetto per il Paese, ben venga il sostegno». E veniamo al suo ruolo in Parlamento: di cosa si occuperà, quali sono i temi che le stanno più a cuore e di cui vorrebbe occuparsi? «Mi occuperò del bene del Paese, in ogni circostanza. Ogni giorno mi chiederò se avrò fatto del mio meglio. I temi su cui vorrei lavorare sono diversi: da una parte la cultura, visto che mi sono occupato di ricerca scientifica fino a ieri. Sicuramente sul territorio mi occuperò di ambiente, che è il problema più grande che abbiamo, dalle emissioni all’inquinamento, dall’utilizzo dei fanghi industriali in agricoltura alla gestione dei rifiuti, dai fenomeni di “autocombustione” (permettete l’ironia) che si sono moltiplicati negli ultimi anni alle politiche di incenerimento (per dirigere il futuro verso la strategia rifiuti zero e oltre). Abbiamo soluzioni a portata di mano per tutti questi problemi, ma abbiamo bisogno del supporto dei cittadini e di una classe politica locale meno superficiale. In passato mi sono interessato di gioco d’azzardo patologico (altra piaga della nostra provincia) e mi piacerebbe lavorare per limitare questo fenomeno».
Lo psicologo in Parlamento: «Il M5S vi sorprenderà anche alle prossime comunali»
Cominciamo da lei: Cristian Romaniello chi è, cosa fa, come si è avvicinato alla politica e al Movimento. «Sono uno psicologo e attualmente sto (o, meglio, stavo) svolgendo un Dottorato di Ricerca in Psicologia, Neuroscienze e Statistica medica presso il Department of Brain and Behavioral Sciences dell’Università di Pavia. Nella vita mi occupavo, quindi, di ricerca scientifica in Psicologia e Neuroscienze Cognitive. Dal 2012 e fino al 2016 ho svolto l’attività di giornalista, speaker e autore radiofonico presso alcune radio locali, sono anche giornalista e dal 2008 faccio parte della Croce Rossa Italiana come soccorritore e autista volontario (ma attualmente sono in aspettativa). Oggi sono il compagno di una donna straordinaria, Sara, e il padre felice del nostro bambino di 2 anni, Lorenzo Massimo. Quanto al mio interesse per la politica, fin dall’adolescenza mi sono occupato di temi sociali, come il commercio equo e solidale, l’alimentazione sostenibile, la tutela dell’ambiente, la lotta alla povertà e la libera informazione. Nonostante la vicinanza a questi temi non mi sono mai avvicinato ad alcun partito perché non mi sono mai sentito rappresentato da nessuno di essi. Nel 2009, però, è nato il nostro MoVimento 5 Stelle e mi sono messo in contatto con il gruppo cittadino di Voghera, sostenendolo durante la campagna elettorale per le comunali del 2010. Sono entrato a far parte del MoVimento 5 Stelle nel 2012, e nel 2015 sono anche stato candidato per la carica di Consigliere Comunale alle elezioni comunali». A questo proposito in quelle elezioni il Movimento andò maluccio. Cos’è cambiato in così poco tempo per lei e per gli elettori, a cosa attribuisce quell’insuccesso sul territorio vogherese e a cosa invece l’ottimo riscontro avuto in quest’ultima tornata elettorale? «In tre anni è cambiato molto. La Lombardia è una regione dove altre forze politiche sono radicate da molto tempo e hanno creato sistemi di potere attraverso i quali mantengono una gestione dei flussi di voto tipica della vecchia politica. Nonostante ciò, superare il 20% è un risultato di spessore, che dimostra quanto la mentalità dei cittadini della nostra regione stia cambiando. Questi cittadini hanno scelto una for-
Cristian Romaniello mento 5 Stelle vi sorprenderà ancora. Per quanto riguarda me, nel 2015 non fu un fallimento, perché mi misi a disposizione del Movimento 5 Stelle di Voghera senza cercare di emergere in alcun modo (non feci neppure i santini). Stavo per laurearmi, ero molto concentrato sulla ricerca che stavo conducendo e sapevo che il tempo libero potevo dedicarlo al gruppo, ma non anche alla mia candidatura personale. Per le parlamentarie, invece, ho dovuto esprimere solo me stesso all’interno del MoVimento. Gli attivisti hanno scelto il mio profilo da attivista, da professionista e le mie intenzioni. Io ho solo fatto del mio meglio, ed è stata un’esperienza bellissima». E così arriviamo alla nomina a parlamentare. Che effetto le ha fatto? Se lo aspettava? Come lo ha saputo? «L’elezione al Parlamento è stata una grande emozione. In realtà ero tra i pochi a credere di avere possibilità concrete. Ero anche uno dei pochi ad aver studiato la legge elettorale e sapevo come dovevano andare le cose perché potessi essere eletto. Non era facile, ma lo scenario era aperto. Nonostante ciò, la mia capolista era Iolanda Nanni, e se non avessimo raggiunto questo
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Droga e giovanissimi, il “training” nelle scuole per dire no Prevenzione e formazione per aiutare i ragazzi a non scivolare nel mondo delle dipendenze. Il progetto “Like Skills Training” (letteralmente traducibile come “allenamento ad abilità di vita”) da 10 anni è operativo nelle scuole medie d’Oltrepò e Provincia, promosso da una iniziativa di Regione Lombardia attuata sul territorio dal Dipartimento Prevenzione dell’Ats (ex Asl) in sinergia con il Serd, il Servizio Dipendenze. è sempre più forte la convinzione, tra gli addetti ai lavori, che sia necessario attuare una decisa campagna di prevenzione a cominciare dagli anni della scuola media, dove le statistiche indicano i primi contatti con il mondo di droga e alcool. Secondo i dati più recenti del Serd il primo consumo di cannabis e alcool si ha intorno agli 11-13 anni e può consolidarsi intorno ai 15.
«Il progetto Life Skills insegna ai ragazzi come gestire situazioni a rischio» «I motivi per cui si comincia sono cambiati rispetto al passato. Il “movente” non è più la trasgressione dato che per i più ormai fumare o bere è percepito come un comportamento normale, in pratica “quello che fanno tutti”». Spiegano gli esperti del Serd. La famiglia resta sì un luogo importante, ma non più determinante, poiché i giovani sono inseriti nei contesti sociali più svariati e sotto l’influenza di numerosi input. In questo senso, in una società sempre più “social” ma che allo stesso tempo spinge
all’individualismo, diventa fondamentale per i più giovani formare un senso critico e sviluppare tutti quelle abilità (“skills”, appunto) necessari a non lasciarsi trascinare verso comportamenti deleteri. è qui che entra in gioco il progetto Life Skills Training. Ne parla Silvia Maggi, infermiera del Dipartimento di Prevenzione, che dal 1980 si occupa di promozione della salute ed è referente per l’Ats pavese di molti progetti indirizzati alle scuole. «Il Life Skills Training (LST) è un programma che è nato negli Stati Uniti negli anni 1985/1986 per la prevenzione dell’uso e abuso di sostanze, validato scientificamente e dimostratosi in grado di ridurre a lungo termine il rischio di uso di alcol, tabacco, droghe e comportamenti violenti. Nel 2008 Regione Lombardia ha acquisito i diritti all’uso e adattato alla realtà italiana. Con le colleghe del Serd – spiega Maggi - lavoriamo su alcuni progetti regionali e su un progetto locale per promuovere comportamenti salutari in adolescenza che trattano anche la problematica dei comportamenti a rischio». Il Life Skills Training si rivolge agli studenti delle scuole media e mira ad aumentare nei soggetti le capacità di gestione delle sfide quotidiane oltre a migliorare le relazioni all’interno della classe. Le lezioni si svolgono come un vero e proprio training e a condurle sono gli insegnanti stessi, «formati da operatori socio sanitari a loro volta formati in Regione Lombardia» spiega sempre Maggi. Una o due ore a settimana, con l’insegnante che agisce «come facilitatore dell’apprendimento attraverso l’utilizzo di una metodologia interattiva che comprende
Silvia Maggi, infermiera del Dipartimento di Prevenzione brainstorming, lavori di gruppo, simulazioni comportamentali. «Il training si basa sull’incremento e rinforzo delle abilità di vita, in particolare di alcune capacità cognitive come prendere decisioni, risolvere problemi, emotive come la gestione dell’ansia e della rabbia e sociali: abilità comunicative, assertività e resistenza alla pressione dei pari. Il metodo – spiega Maggi - è quello dell’imitazione, facendo pratica, di comportamenti salutari. Per fare un esempio: “cosa può fare un ragazzo, invitato ad una festa, se altri ragazzi gli offrono alcol o fumo?” In classe i ragazzi proveranno, attraverso delle simulazioni comportamentali, a rispondere in maniera assertiva». In Oltrepò è stato provato con importanti risultati alle scuole medie Plana e Pascoli di Voghera e in quelle di Casei Gerola, Casteggio, Torrazza Coste, Rivanazzano, Godiasco, Varzi, Ponte Nizza e Zavattarello.
La scuola oggi è o no un luogo a rischio? «Direi che il problema non è la scuola ma il contrario. I ragazzi più a rischio sono quelli che non frequentano la scuola. La scuola è l’ambiente educativo per eccellenza, sia perché i ragazzi vi trascorrono la maggior parte del tempo, sia perché possono trovare figure adulte di riferimento e programmi educativi mirati. «Il rischio - conclude Maggi - è insito nell’adolescenza, i ragazzi devono sperimentare per poter crescere e formare la propria personalità. La scuola e la famiglia insieme, devono riuscire ad attrezzare il ragazzo a sapersi difendere; ecco perché è importante esercitarsi nelle abilità, a sapere le conseguenze a cui si va incontro, a trovare soluzioni in caso di difficoltà, a sapere eludere o dire di no in situazioni pericolose senza perdere la relazione con i pari». di Christian Draghi
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«La nostra è sempre stata una famiglia un po’ insolita, colta e votata all’altruismo»
Una famiglia radicata al proprio territorio, ma anche cosmopolita e aperta, con il filo conduttore dell’altruismo e della generosità che lega fra loro i suoi membri. Stiamo parlando degli Anselmi, vogheresi doc che da generazioni si distinguono in città per i loro meriti culturali e soprattutto umani, per la loro attività a sostegno degli altri e per tanti riconoscimenti collezionati per i motivi più disparati. A cominciare dal bisnonno maestro elementare, passando per il nonno capitano di marina e per il papà amatissimo dottore, le sorelle Laura detta “Luli” e Susanna Anselmi ci hanno aperto il libro dei ricordi familiari, per omaggiare i grandi uomini da cui tanto hanno imparato. La vostra è una famiglia particolare, di cui nelle ultime generazioni hanno fatto parte tre grandi uomini. Il bisnonno Francesco, il nonno Alfredo e il papà Giulio Cesare. «Sì, la nostra è sempre stata una famiglia un po’ insolita, colta anche in un’epoca in cui la cultura non era alla portata di tutti, e votata all’altruismo. Gli uomini Anselmi, a parte il nonno Alfredo che era militare in marina, sono sempre stati insegnanti o medici, due professioni che in modi diversi si occupano del prossimo. E c’è sempre stata anche una vena artistica in casa, un certo feeling con la scrittura. Abbiamo avuto delle zie poetesse, e lo stesso papà scriveva dei versi bellissimi».
navale di Livorno, diventando finalmente capitano nel 1923. Fu poi destinato alla difesa marittima di Pola dal 1923 al 1933 e successivamente dal 1935 al 1936 e ancora nel 1939 e dal 1940 al 1943. Come si evince dalle date, affrontò in servizio ben tre guerre: la campagna d’Abissinia e i due conflitti mondiali». A bordo di navi che hanno letteralmente fatto la storia. «Sì, è stato capitano dell’Amerigo Vespucci, della Giulio Cesare (nostro padre si chiamava così in onore della nave, perché all’epoca della sua nascita era imbarcato proprio su quella corazzata), sull’Italia, sulla Terribile, sulla Garibaldi, l’elenco è lunghissimo. E durante il servizio ha ottenuto decine di riconoscimenti, tra cui la Medaglia Commemorativa per l’opera di soccorso prestata a Messina nei luoghi devastati dal terremoto del 28 dicembre 1908. Una curiosità, questa, che come spiegheremo dopo lo accomuna a nostro padre». Voi il nonno non lo avete conosciuto, è scomparso nel 1952. Cosa vi raccontava di lui vostro padre? «Era un tipo duro, d’altri tempi, sempre in divisa, ma non così severo come voleva far credere. Papà raccontava sempre della sua infanzia a Pola, in Croazia, della vita trascorsa in mare insieme a lui, e quando si arrabbiava con noi tirava fuori gli insegnamenti paterni, ci diceva “E adesso mi
«Nonno Alfredo è stato capitano dell’Amerigo Vespucci, della Giulio Cesare (nostro padre si chiamava così in onore della nave, perché all’epoca della sua nascita era imbarcato proprio su quella corazzata), sull’Italia, sulla Terribile, sulla Garibaldi, l’elenco è lunghissimo» Il personaggio più curioso del vostro albero genealogico è senza dubbio il nonno Alfredo, a cui peraltro è stata dedicata da poco una messa solenne alla chiesa dei frati. Hanno partecipato tante autorità militari, la Marina lo ricorda ancora con molto affetto. «Il nonno era senz’altro un tipo formidabile. Nato il 22 marzo 1875 a Palata, in provincia di Campobasso, dove il bisnonno era stato trasferito dopo l’Unità d’Italia per la campagna di alfabetizzazione della popolazione, si arruolò in marina a soli sedici anni. Partì nel 1891 come semplice cannoniere e frequentò poi l’Accademia
date del lei e rispondete signorsì signore!”. Non doveva essere facilissimo essere figli del nonno Alfredo, aveva dei metodi un po’ particolari. Per insegnargli a nuotare lo fece gettare legato in mare: “o impari o affoghi”, gli disse. L’idea ci terrorizzava quando eravamo piccole, ma mio padre imparò eccome, si lanciava dai ponti delle navi, e l’amore per il mare non lo ha mai abbandonato». Deve aver viaggiato moltissimo… «Oh sì. Ha girato il mondo. A casa abbiamo ancora cartoline d’epoca che giunsero qui da ogni angolo del pianeta. C’è una cartolina di Nagasaki precedente allo
Laura “Luli” Anselmi con la sorella Susanna ed il papà Giulio Cesare sgancio dell’atomica, e poi ci sono statue e oggetti di ogni tipo, collezionati in anni e anni di servizio». E ora veniamo al papà Giulio Cesare, scomparso nel 2013. Chirurgo e urologo, è stato a lungo primario di chirurgia all’ospedale di Voghera. Lo conosceva tutta la città. «Lo conoscevano e lo amavano tutti, soprattutto i suoi pazienti. Nonostante in famiglia fosse un po’ tradizione fare i dottori, per lui la medicina era davvero una vocazione, e svolgeva la professione con autentica passione. Talmente tanta che a noi non è mai venuto in mente di proseguire le sue orme: ci rendevamo conto che la dedizione era una componente fondamentale per fare il medico, che non era un mestiere che si potesse fare solo per far contenti i genitori. E lui per questo non ha mai insistito». Che tipo era? «Simpaticissimo, un vero spasso. In reparto, se qualcuno era sconfortato, lui si inventava mille scherzi per tirarlo su di morale, e agli anziani preoccupati cercava di spiegare le operazioni in dialetto (che peraltro, non essendo cresciuto qui, non parlava troppo bene). E poi era molto buono, si affezionava sinceramente ai suoi pazienti. Ricordo una bimba dell’orfanotrofio che non parlava con nessuno se non con lui. Dopo averla conosciuta venne a casa e ci chiese quali erano i nostri giochi preferiti, li prese e glieli regalò. Noi ci rimanemmo malissimo, ma lui non volle sentire ragioni: disse che quella bambina non aveva mai avuto nulla, e che si meritava il più bello dei nostri giochi, non qualcosa che avevamo scartato».
Come il nonno, anche il papà ottenne un riconoscimento importante… «Sì, nel 1996 è stato nominato Commendatore della Repubblica. Non sappiamo chi abbia segnalato il suo nome, ma chiunque sia stato probabilmente lo fece per ringraziare papà del suo impegno nel soccorrere i feriti del disastro ferroviario di Voghera, avvenuto nel 1962. Papà aveva 35 anni allora, era un medico giovane, ma in quel carnaio riuscì a mantenere i nervi saldi più di tanti altri medici più navigati. Amputò gambe e braccia, lavorò per ore e ore incessantemente. Era un grande uomo e un grande medico, e manca tanto a tutti coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo». di Serena Simula
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Le sementi d’Oltrepò al top del mercato
Da anni si parla di Oltrepò industriale quasi solo per annunciare l’ennesima chiusura di un’attività produttiva a causa della crisi. A Torremenapace invece, nel nord dell’hinterland vogherese, resiste e prospera un’azienda che ha saputo ritagliarsi negli anni un posto da leader nella commercializzazione di sementi per agricoltura: Apsovsementi, fondata nel 1967, ha investito su territorio e ricerca e oggi raccoglie i frutti del proprio lavoro. Con un fatturato che supera i 20 milioni di euro è una cosiddetta azienda integrata con attività di ricerca, produzione e commercializzazione. Crea nuove sementi all’avanguardia e le vende. Rappresenta circa il 10% delle sementi di cereali vendute in Italia e nonostante negli anni si sia internazionalizzata con una recente apertura al mercato argentino, Apsov continua a produrre circa il 50% della materia prima in territorio oltrepadano. Carlo Invernizzi dal 1995 ne è amministratore delegato.
«Apsov ha sconfitto la crisi investendo sulla ricerca. Oggi l’azienda di Torremenapace serve il 10% del mercato italiano» Invernizzi, il comparto dell’agricoltura è uno dei più colpiti dalla crisi. Voi invece godete di ottima salute. Come avete fatto? «Come si dice in gergo siamo un’azienda adeguatamente capitalizzata, che produce reddito e che grazie allo spirito imprenditoriale dei suoi azionisti non ha mai distribuito alcun dividendo: noi reinvestiamo i nostri utili nell’attività, con spirito di servizio e di cooperazione. è un’eredità da cui non ci separiamo. Ne abbiamo fatto uno slogan, “serving agricolture”, ma è di fatto la nostra natura: siamo un’azienda di agricoltori al servizio della agricoltura. Il settore primario sta vivendo in Italia e nel mondo un periodo di forte crisi, dovuto a produzioni record di tutte le principali commodity agricole (cereali, latte, ecc). Da un lato un’offerta abbondante garantisce alla popolazione mondiale (che ha
recentemente superato i 7,5 miliardi di persone) un accesso migliore ad alimenti anche molto economici, dall’altro costringe moltissimi contadini a produrre sotto costo o con margini troppo bassi». Ci dà qualche numero sulla vostra produzione? «Le sementi vengono prodotte da aziende agricole selezionate su oltre 6.000 ettari di terreno. Nel 2017 abbiamo superato le 24.000 tonnellate di sementi vendute, il nostro record assoluto. Circa il 50% di questo volume proviene dalle province di Alessandria e Pavia ed oltre il 90% delle nostre vendite è rappresentato da prodotto made in Italy». Come detto non vi limitate a produrre e commercializzare. Avete investito anche molto sulla ricerca… «Esatto ed è sicuramente stato un elemento distintivo di Apsov. I programmi di miglioramento genetico sono cominciati negli anni ’70 e al mio arrivo in azienda nel ’95 è stato dato nuovo impulso al settore. Oggi il comparto della ricerca impiega stabilmente 6 persone e vanta diverse collaborazioni con università e istituti di ricerca italiani e stranieri». Che risultati ha portato? «L’attività di miglioramento genetico porta alla creazione di nuove varietà di cereali a paglia come il frumento tenero (con cui si produce la farina per il pane) e il frumento duro (con cui si produce la semola per la pasta). Dall’uso di queste nuove cultivar percepiamo royalties dai diritti di brevetto. Non disdegniamo di occuparci di produzione “speciali” come il farro, l’avena e il cece. Le varietà di nostra costituzione tengono testa a prodotti di blasonate multinazionali, siamo presenti in circa 20 paesi stranieri tra cui giganti agricoli come gli Stati Uniti, Russia e Francia. Da quest’anno la nostra varietà Rebelde, da cui è possibile ottenere farina adatta a prodotti di lunga lievitazione come il panettone è diventata la varietà di frumento tenero più venduta in Italia». Come mai avete scelto di restare in Oltrepò mentre quasi tutte le realtà cercano di fuggire verso altri lidi o dislocarsi in altri contesti economici? «La visione dei soci che hanno fondato la cooperativa nel 1967 si basava sul fatto che l’ambiente dell’Oltrepò fosse molto vocato alla produzione di sementi, da qui deriva anche il nostro nome: Associazione Produttori Sementi Oltrepò Vogherese. Oggi è ancora così, la presenza sui mercati esteri ci permette di aprirci al mondo, di cogliere opportunità e d’introdurre tecnologie innovative. La possibilità di valutare i nostri prodotti in ambienti molto diversi ci permette di migliorarne l’impiego anche sul mercato italiano. L’ennesima declinazione di “think global and act local”». Quante persone lavorano per Apsov?
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Carlo Invernizzi, Amministratore Delegato della Apsovsementi Oltrepadani o di varia provenienza? «Oggi il nostro gruppo di aziende, compresa la sede di Grosseto, conta su quasi 50 collaboratori, tra agenti e dipendenti. A Voghera nella grande maggioranza siamo dalla zona, io sono nato a Tortona ma ho sempre vissuto a Voghera. Ovviamente impieghiamo anche persone di altre regioni e nazionalità». Come avete affrontato la crisi? «La crisi ha colpito duramente molti settori dell’economia, tuttavia il comparto agricolo è aciclico per definizione, inoltre abbiamo l’abitudine ad operare in un ambiente fortemente competitivo e con bassa marginalità. Come dicevo all’inizio, oggi uno dei problemi dell’agricoltura è la globalizzazione che ha favorito un eccesso di domanda portando i prezzi di mercato ad essere più bassi dei costi di produzione italiani. Se questo permette a molte più persone nel mondo di avere accesso agli alimenti, rischia però di distruggere il settore della produzione primaria in molti pa-
esi. Un esempio su tutti viene dalla Cina: come per altri settori riesce ad esportare a prezzi molto competitivi servendosi però di lavoro minorile, dell’assenza di regole sull’impego di prodotti chimici e della sicurezza sul lavoro. Un alimento prodotto in Cina non può essere in alcun modo paragonato ad uno prodotto in Italia o in Comunità. Tutti noi siamo anche consumatori e dovremmo preferire prodotti di origine italiana ed europea». Negli ultimi anni moltissime industrie in Oltrepò hanno chiuso i battenti. Da imprenditore come valuta la situazione industriale di questo territorio? Definirla fallimentare le sembra troppo? «Forse il fatto di non essere riusciti a creare dei distretti con un forte specializzazione ha reso il nostro tessuto industriale meno consistente e competitivo rispetto ad altre zone d’Italia. Ovviamente ci sono delle eccezioni, in generale non parlerei di fallimento ma di occasioni perdute». di Christian Draghi
VOGHERA
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I Musti: padre e figlio contro... sportivamente Quella del figlio d’arte Matteo Musti, classe 1975 di Voghera, che è stato uno dei top driver dell’Oltrepò Pavese degli ultimi 20 anni, è solo una delle tante storie di chi eredita il mestiere di pilota da rally da un padre rallysta, Filippo Musti classe 1951 di Santa Maria della Versa ma da anni residente a Voghera. Sono vicende non sempre, sportivamente, a lieto fine, dove spesso il figlio supera il babbo, ma ancor più frequentemente viene schiacciato senza rimedio dai risultati sportivi del papà. Perché portare un cognome pesante con stile e grinta nello sport è un obbligo. Non una facoltà. Nella famiglia Musti le imprese sportive del padre Filippo, ricadono sui figli, ma anche su nonni, mogli, sorelle e nipoti. Vi sentite più di Santa Maria o di Voghera? Filippo: «Più di Santa Maria perchè ci sono nato anche rallisticamente parlando infatti nella nostra officina di Santa Maria insieme a mio padre ho iniziato a preparare le macchine da Rally e quando al paese si provava la macchina, avevamo l’appoggio e il consenso di tutta la popolazione. C’era uno spirito diverso, spirito che a Voghera ho riscontrato meno». Matteo: «Mi sento più di Voghera, però un 30% di me è di Santa Maria perchè la mia passione nasce nell’officina di mio nonno; anche le mie prime amicizie rallistiche nascono lì e a Stradella, perché la mia prima scuderia, l’Alberto Alberti era appunto di Stradella. Passavo gran parte delle mie vacanze estive e i weekend a Santa Maria della Versa… ho imparato a guidare nelle “caregge di Santa”». Una grande passione: i rally. La sua prima gara? Filippo: «Il Rally 4 Regioni, avevo vent’anni ed era il 1972. Insieme al compianto Luciano Botto con una Fiat 127: ci siamo ritirati per una rottura del supporto del motore». Matte: «Colline dell’Oltrepò nel 1994 con la Peugeot 106 insieme a Giuseppe Fiori. Ero primo di classe fino all’ultima prova, poi un banco di nebbia e purtroppo ho perso 50 secondi a Castellaro». La prima volta che ha preso in mano il volante… per correre ovviamente? Filippo: «Appena patentato ho preso “in prestito” la macchina di mia mamma, e sono andato a fare una gincana, gare antesignane dei Rally, organizzata dal Professor Quaroni, mio insegnante di ginnastica. Mi ricordo che aveva partecipato anche un pilota di F1 a quella gara! Ovviamente mia madre ne era all’oscuro… mio padre uscendo dal cinema di Stradella ha visto tutto, ma il giorno dopo non ha detto nulla!». Matteo: «La prima gara è stata con il kart a dieci anni a Nizza Monferrato, si chiamava Mini Kart nella 60 e ho fatto primo di categoria! Ho corso agonisticamente con i kart fino ai 18 anni, poi ho proseguito con
le macchine. Gli ultimi 4 anni ero un pilota ufficiale di telai Tony kart e motori BCR». Chi le ha trasmesso la passione per questo sport? Filippo: «Non c’è stata una persona in particolare, sicuramente la passione per i motori e per la meccanica è nata in me per via dell’officina di mio padre, avendo l’officina sotto casa ero sempre lì, studio permettendo, con gli operai... non con me padar parchè am mandeva via (non con mio papà perché mi mandava via). I fratelli Achilli, dell’Achilli Motors, prima di andare a Milano lavoravano da me. Da allora è stata una corsa quotidiana! prendevo “in prestito” le macchine dalla piazzola dell’officina, le chiavi si lasciavano dentro all’epoca, e mi infilavo in una stradina lì vicino… ogni tanto uscivo di strada e gli operai, non mio padre, mi venivano a recuperare». Matteo: «Non me ne sono reso conto, mi sono trovato in questo mondo. Crescendo in officina con il nonno e con il papa, ma soprattutto con le macchine». Suo padre, sua madre, erano felici quando avete iniziato a correre oppure vi hanno ostacolato? Filippo: «Non mi hanno mai detto che erano contenti, ma non mi hanno mai ostacolato. Per il diploma mio papà mi ha comprato una macchina da corsa, l’abbiamo prepara insieme e da quel momento abbiamo iniziato. Era favorevole». Matteo: «La mamma era contraria, da quello che potevo vedere. Il primo passo l’ha mosso mia zia insieme a mio nonno che di nascosto mi hanno comprato tuta, casco e kart che abbiamo ritirato in gran segreto, poi mio padre se lo è trovato in officina. Le prime volte in pista sono state con papà». La prima volta che ha visto suo figlio/suo padre correre che cosa ha provato? Filippo: «Essendo un pilota conosco i rischi e all’inizio ho cercato di persuaderlo, gli ho proposto di dedicarsi al ciclismo, alla corsa coi cavalli... etc etc, non c’è stato nulla da fare. La prima volta che ha gareggiato c’era preoccupazione, paura non direi. Ho avuto davvero paura a Parma dove con il kart è volato oltre le balle di paglia che fungevano da protezione, erano presenti degli amici vogheresi che non avevano il coraggio di andare a vedere se si era fatto male. Una volta nelle gare con il kart non c’erano tutte le protezioni di adesso e sicuramente ero più spaventato dal kart ad alti livelli». Matteo: «Non ho mai pensato al pericolo perchè ero troppo piccolo. Ricordo grande emozione perché passava papà e speravo sempre che vincesse». La gara che ha nel cuore? Filippo: «Rally 4 Regioni con la Fiat 131 Abart, nell’82 0 83, noni assoluti. Ho pagato 5 minuti nella seconda prova perchè avevo forato una gomma e siamo precipitati in fondo al tabellone, penultimi. Una gara che non dimenticherò mai. Ancora mi doman-
do che cosa sarebbe successo se non avessi pagato quei 5 minuti, probabilmente avrei arrivato davanti a qualche pilota ufficiale». Matteo: «Ho tanti bei ricordi, le vittorie e le gare di casa. Mi è rimasta impressa la Targa Florio, era il 17 novembre del 2013, come tutti gli sportivi sono un po’ superstizioso, mi son detto “qui esplode la macchina”… invece ho vinto il campionato». La macchina che sente più sua? Filippo: «Ho sempre pensato che la macchina migliore che io abbia mai guidato fosse la fiat 131 Abart. Una sera a cena con Toni Fassina, si stava parlando di macchine e io avevo timore di dire quale fosse la mia macchina preferita, non volevo “ciapà dal luc” (essere deriso), invece ho avuto la conferma, anche da lui, che realmente era la macchina giusta, fatta per correre, la fuori classe!». Matteo: «Tutte le macchine, mi sono tolto lo sfizio di usare le macchine più belle e ogni macchina aveva il suo perché. I miei momenti più belli sono legati alla Peugeut 206 wrc, per me era un obbiettivo arrivare ad usare macchine da campionato del mondo e appena ci sono salito sopra sono riuscito a portarla al limite, a raggiungere i risultati migliori e a far parte dei piloti che primeggiavano all’ora» La miglior qualità che riconosce a suo figlio/suo padre in veste di pilota? Filippo: «Sicuramente riesce a mantenere il controllo, grazie alla calma e alla freddezza, in qualsiasi situazione e la tecnica di guida e di gestione che lui ha rispetto a me. Io sono un autodidatta, mentre lui si è formato con i kart e sicuramente da un punto di vista velocistico» Matteo: «La sua voglia di vincere, la sua aggressività agonistica verso gli avversari. La grinta nella guida e nell’ affrontare la corsa». Il difetto? Filippo: «Non lo dico io, ma i tifosi: se avesse la cattiveria agonistica che avevo io sarebbe un campione completo» Matteo: «Se lui avesse avuto un po’ più di calma, come ho io, avrebbe ottenuto più successi». In un’ipotetica gara Filippo, degli anni d’oro, contro Matteo... chi condurrebbe? Filippo: «Sarebbe stato davanti lui perchè da un punto di vista velocistico, con la scuola che ha avuto, ha un tipo di guida che noi ai nostri tempi non avevamo. Noi ci siamo formati su gare a distanza, forse su di un rally lungo potevo stare davanti io». Matteo: «Indubbiamente io, per tanti fattori ad esempio la preparazione mia lui non l’aveva, era maggiormente concentrato sulla meccanica della macchina». Filippo, a detta del figlio, grande grinta ma poco sangue freddo; Matteo, a detta del padre, il contrario. Ultima prova speciale di un rally uno contro l’altro chi vince? Filippo: «Sicuramente potrei vincere io se
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Matteo e Filippo Musti la dea bendata ci mette una pezza. Sarei andato oltre i limiti, già all’ assistenza avrei iniziato a demotivarlo con i trucchi del mestiere». Matteo: «La calma mi dà concentrazione e determinazione e non ho bisogno della dea bendata per vincere contro mio padre». Avete corso nei rally moderni e nei rally storici, quale vi ha dato più emozione e quale più soddisfazione? Filippo: «L’emozione era una cosa che non mi apparteneva più, la gara era diventata una routine, dopo aver partecipato alle prime competizioni. Quando sono salito sulle macchine moderne di allora, l’irruenza era diversa, le cinture della Fiat 131 mi tiravano, con la delta sembrava di essere sui binari. Con le moderne dei miei tempi toglievo i guanti di nascosto perchè non sentivo il volante a causa del servosterzo, non si faceva più la stessa fatica a livello fisico di una volta. Mi sono emozionato per il rally storico perché è stato un ritorno dopo 25 anni». Matteo: «Più soddisfazione nei rally storici con una macchina preparata da me, l’emozione è sempre stata scontata per gli storici. L’ebrezza di guidare macchine con cui una volta correvano i grandi campioni... La differenza che ho provato tra guidare macchine storiche e moderne è che con la 306 scendendo dal Penice ero in 7° e cercavo l’8°, in una prova analoga con il Porsche avevo paura in 5°». Quando ha avuto più paura per se stesso? Filippo: «Ho avuto la fortuna di fare solo piccoli incidenti. In Cecoslovacchia avevo una Opel Ascona, in una discesa mi sono mancati i freni, ho temuto di andare addosso alla gente». Matteo: «Ho avuto paura al 4 Regioni del 2016, dopo la corsa, non mi sono accorto subito di essermi rotto le costole». Oltrepò terra di rallisti, oggi la manifestazione principe è il Rally 4 Regioni Storico. Può essere la manifestazione giusta per rinverdire la passione e portare nuovi appassionati? Filippo: «Il Rally 4 Regioni con la formula che porta a partecipare piloti stranieri e macchine di un certo livello può ritornare ad essere una bella manifestazione, ma per attirare un maggior numero di persone do-
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vrebbe avere una serie di eventi collaterali». Matteo: «Sì perchè ho visto in queste edizioni tantissima gente tornare a vedere i rally, gente che ultimamente aveva perso questa passione, ho visto entusiasmo nel vedere macchine di un certo livello». In Oltrepò ritiene sia necessario incrementare o potenziare i rally moderni o i rally storici per creare un maggior interesse nella gente? Filippo: «Penso che si debbano incrementare i rally storici abbinati ai rally moderni, non lo dico io bensì gli organizzatori, c’è più gente a vedere lo storico che il moderno. Quando è nato il 4 Regioni era una gara per vetture moderne, ma le macchine erano completamente diverse, c’era più emozione perchè meno standardizzate di quelle di oggi sia nel rumore che nella forma, oggi quando in un rally vedi una macchina non si capisce che macchina sia. Le macchine storiche nel tempo non sono lontane dalle macchine moderne, ad esempio Tagliani, con una vettura moderna, che vince la prova di Castellaro e dà 5 secondi a mio figlio con un Porsche storica…». Matteo: «È scontato che chi faccia storico dica storico, o chi faccia moderno dica moderno. Io sono sempre stato considerato nella mia zona un punto di riferimento sia per ragazzi giovani che per appassionati. Nei momenti bui del rallysmo oltrepadano io sono stato il fautore della nascita di nuo-
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ve scuderie, per me il territorio ha bisogno di tutte che siano storiche o moderne non ha importanza, più si corre più la gente si appassiona». Abbiamo intervistato altri padri e figli, c’è chi dice di incrementare i rally storici chi i moderni, ma con che risorse? L’Oltrepò ha le risorse economiche per aumentare di rally organizzati? Filippo: «Credo che questa sia una domanda al contrario: Per me i rally sono una risorsa per questo territorio che purtroppo non ha più niente a livello di manifestazioni sportive. La gente dovrebbe chiedersi quanti soldi porta un rally, bisognerebbe valorizzare manifestazioni che portano tanta gente, anche straniera. Le risorse ci sarebbero è il territorio che non ha capito che i rally non sono un costo, ma un opportunità. Non è semplice divertimento per pochi eletti, tanta gente vive di rally, prima di contestare alcuni piccoli difetti... bisogna riflettere su questo non contestare per il puro divertimento di rompere...». Matteo: «Questa volta la penso come lui, bisogna valorizzare di più questi eventi, siamo conosciuti in tutto il mondo per le nostre strade piloti stranieri mi parlavano di Rocca Susella, siamo famosi. Sui libri di storia si parla di Montecarlo, Sanremo e del 4 Regioni, sarebbe un peccato buttare questa opportunità e questo patrimonio storico». Ogni sport vive di derby, il momento più
campanilistico di ogni sport, anche i rally non sfuggono a queste regole. Chi è o chi è stato il tuo antagonista principale? Filippo: «Non ho avuto un derby, ma tanti derby. Il tuo principale nemico è il tuo compagno di squadra, premesso questo certamente: Ghezzi, Scattolon, Codognelli. Rivalità e amicizia, l’esempio più eclatante è che io e un mio avversario storico Alessandro Ghezzi oggi stiamo preparando una macchina da gara insieme». Matteo: «Brega e Tagliani, quando c’era il rally di casa eravamo noi tre. Li ho sempre considerati per diverse caratteristiche degli avversari forti e alla pari». Si avvicinano le elezioni del nuovo presidente ACI. Chiunque esso sia, che cosa chiederebbe? Filippo: «Ho lottato per cacciare presidenti che non pensavano alla parte agonistica perchè non ne avevano capito l’importanza. Al presidente nuovo chiederei di continuare come il presidente attuale per far crescere e riportare in alto i rally in Oltrepò. Premesso questo mi auguro che continui il lavoro il presidente attuale». Matteo: «Dopo anni bui e dopo Quaroni abbiamo visto una gran ripresa di ACI nel settore sportivo e non solo. Bisognerebbe continuare su questa strada crescendo e migliorando». Molti piloti chiedono che vengano organizzato dal prossimo presidente ACI un campionato sociale con premi in danaro
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per premiare piloti vincenti, voi siete favorevoli o contrari? È una strada percorribile? Filippo: «Potrebbe essere percorribile se la mentalità della gente, dell’imprenditoria locale capisse una volta per tutte che i rally sono una grande risorse per il territorio e quindi mettessero risorse economiche a disposizione». Matteo: «Sicuramente potrebbe essere un modo di aiutare i ragazzi meritevoli per continuare a crescere. ACI già lo fa non con premi in denaro, ma organizzando gare per i piloti del territorio in questo modo da la possibilità di gareggiare, sicuramente un aiuto anche se in modo indiretto». Organizzare i rally non è facile perchè la macchina organizzativa è imponente e costosa che coinvolge tantissima gente. Quali sono i problemi che si riscontrano in Oltrepò a livello organizzativo? Filippo: «Alcuni sindaci che sono sempre sui giornali a lamentarsi per l’abbandono del territorio dovrebbero incentivare i rally affinchè si disputino nel loro territorio comunale perchè sono volano economico. I Sindaci dovrebbero collaborare con l’organizzazione invece di lamentarsi per il rumore, non è il sindaco che fa un favore all’organizzazione, ma il contrario». Matteo: «Trovare le strade giuste dopo gli ultimi anni a causa del dissesto idrologico molte strade non sono più usufruibili».
di Vittoria Pacci
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POLITICA
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Da “sindaco più amato d’Italia” a Onorevole di Forza Italia al Parlamento: Alessandro Cattaneo
Alessandro Cattaneo
Nonostante i massacranti impegni di consultazione di queste febbrili giornate romane, con grande disponibilità il neo eletto onorevole Alessandro Cattaneo ha accettato di rilasciare un’intervista al nostro giornale: dai concetti dell’alta politica alle tematiche care all’Oltrepò Pavese, smorzando anche alcuni toni polemici che ne avevano caratterizzato la campagna elettorale. Cattaneo, da neo-eletto alla Camera dei Deputati che sensazione ha provato varcando la soglia del celeberrimo “Transatlantico”, il Palazzo di Montecitorio? «Ho pensato prima di tutto al percorso fatto fino ad ora, al significato della politica fatta con passione, alle serate in consiglio di quartiere, ai consigli comunali, alle battaglie vinte così come a quelle perse, sempre mettendoci cuore, passione e tutto l’impegno possibile. E ho pensato alla responsabilità che ci attende». Quando era sindaco di Pavia, premiato quale “sindaco più amato d’Italia”, il Dottor Silvio Berlusconi ebbe per lei parole d’elogio importanti: questa vicinanza umana e professionale continua? Ritiene che il Presidente potrà per lei
avere in serbo un importante incarico, politico e/o governativo-ministeriale? «Sì, è un rapporto di cui sono onorato. Mi sono affacciato alla politica da ragazzino, proprio mentre il Presidente Berlusconi dava vita a Forza Italia, il movimento che ho sempre rappresentato in tutto il mio percorso. Avere la possibilità di confrontarci, di ascoltare i suoi consigli è un grande privilegio, sa come trasmettere passione e carica tutti i giorni. Quanto al resto, non credo che il Presidente in questo momento abbia in testa questo o quell’incarico, bensì il futuro dell’Italia con il valore che può portare il Centrodestra di cui è ancora motore indiscusso». A quale ruolo, sia all’interno del partito sia nel prossimo governo, lei mira? «Ai ruoli non si mira, ci si mette a disposizione in base alle proprie capacità e si prova a portare il proprio valore in un progetto, che sia di partito o di governo. Personalmente sono molto legato al territorio, alla città di Pavia, alla provincia di Pavia e ai cittadini che ci hanno supportati in campagna elettorale. In Forza Italia abbiamo fatto un ottimo lavoro in occasione del Referendum costituzionale e del Referendum sull’autonomia proprio lavoran-
do tra la gente e tra la gente abbiamo il compito di rilanciare il nostro messaggio politico di Centrodestra: la politica si fa partendo da qui». In queste settimane di bagarre romana sulle svariate ipotesi di premierato, ritiene possibile ci possa essere un’indicazione diversa dai, mi passi il termine, “soliti” Di Maio e/o Salvini? Potrebbe essere il prossimo Presidente del Consiglio dei Ministri, magari, un nome meno conosciuto ai più? «L’importante è che abbia capacità e autorevolezza per guidare il Paese in una fase molto difficile sotto tutti i punti di vista. In tutto ciò, ovviamente, il Centrodestra che è maggioranza in Italia deve assumere un ruolo guida di primo piano con le relative responsabilità». Il nostro giornale è radicato profondamente in Oltrepò, territorio del quale si occupa tout court da un decennio. è un territorio problematico, nonostante le molteplici possibilità d’eccellenza riconosciute, da molti considerato in continuo degrado. Qual è la sua opinione in merito? «Amo l’Oltrepò, terra meravigliosa che deve sprigionare in tutto e per tutto enor-
mi potenzialità. Servono visione e concretezza: da una parte le infrastrutture, perché oggi più che mai sono base fondamentale per un salto di qualità. E poi dobbiamo fare una sintesi vincente tra le numerosissime eccellenze che caratterizzano l’Oltrepò, mettendo tutti nelle condizioni di competere con territori che nulla hanno da invidiarci». Sempre a detta di molti, i problemi più rilevanti attualmente sono la fatiscenza di strade ed infrastrutture, i ponti in primis e, tra questi quello della Becca, e la mancanza di “sistema” nel legame imprenditoria-politica. Si “spenderà” l’Onorevole Cattaneo nel tentativo di creare appunto questo “sistema” e, cosa che personalmente considero fondamentale, nell’inserimento nella prossima Finanziaria di una contribuzione nazionale al ripristino delle suddette infrastrutture? «Ribadisco, infrastrutture e lavoro devono essere le stelle polari di chi ha a cuore lo sviluppo del nostro territorio. Rappresentare Pavia e la provincia di Pavia significa essere sindacalisti di questi cittadini e riuscire a tradurre concretamente ogni esigenza. Le infrastrutture efficienti sono il
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POLITICA contesto necessario così come il ‘sistema’ impresa, politica e territorio, altrimenti è difficile crescere e competere. Non sono solito fare promesse mirabolanti, ma prometto sempre il massimo dell’impegno nell’interesse del territorio: questo farò e di tutto questo renderò conto quotidianamente ai cittadini dell’Oltrepò e della provincia di Pavia. Il tema ponte della Becca va affrontato e risolto». Nel numero dello scorso Febbraio, nell’intervista alla Signora Rosanna Gariboldi, che ha per lei avuto parole di grande stima, la stessa ci ha suggerito di nuovo l’idea, in quanto possibilmente vincente, di riproporre il progetto dell’autostrada Broni - Mortara: è un percorso legislativo a suo parere percorribile? E se sì, andrebbe a valorizzare il nostro territorio? «Rosanna Gariboldi è una persona speciale con doti di sensibilità umana e conoscenza politica rare e preziose. Sono onorato della sua stima. Quanto al tema autostrada più che altro è una sfida che non possiamo più rimandare, in un Paese – mi riferisco all’Italia – che a furia di no è rimasto indietro. Anche in questo è fondamentale creare le condizioni affinché ogni energia positiva riesca a diventare realtà. Questo significa guardare al futuro e l’Autostrada Broni-Mortara è un progetto che guarda in quella direzione». A differenza delle belle parole della Gariboldi, una parte politica dell’ Oltrepò, a seguito dell’incarico a lei affidato come Coordinatore Provinciale
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del Partito, in sostituzione del Sindaco di Voghera Carlo Barbieri a poche settimane dalla kermesse elettorale, si è immediatamente rivelata a lei ostile, o quantomeno non simpatizzante. Lei aveva comunque la certezza della Candidatura nell’Uninominale, quindi la cosa non ha poi comunque sortito, ritengo, un rischio rilevante sulla sua successiva elezione: come considera questo “passaggio” quasi disgregativo dell’unità di Partito a livello oltrepadano e, in caso lo ritenesse forse dannoso per il Partito, come pensa di recuperare, sul territorio, questo consenso eroso? «Per quanto mi riguarda in Oltrepò durante la campagna elettorale ho incontra-
to tantissimi amici con cui ho condiviso e condividerò questo nuovo percorso. Credo che a volte alcune logiche della politica si avvitino un po’ su se stesse, nel rispetto ovviamente di ogni istanza che il territorio propone. Condividere e decidere, questo credo che sia fare politica: non ho mai chiuso alcuna porta e ho sempre fatto politica per proporre, per costruire, per aggregare: l’ottimo risultato di Forza Italia nel quadro della Lombardia, percentuale più alta di tutte le province, credo sia stato la miglior risposta a qualsiasi polemica». Le Terme di Salice sono state per tanti anni la principale società turistica dell’intero Oltrepò, volano di tante strutture alberghiere, ristorative e di
«Amo l’Oltrepò, terra meravigliosa che deve sprigionare in tutto e per tutto enormi potenzialità. Servono visione e concretezza: da una parte le infrastrutture, perché oggi più che mai sono base fondamentale per un salto di qualità»
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divertissement della zona. Quindi, un importantissimo motore dell’imprenditoria di settore. Privatizzate nel 2006, oggi sono ahimè fallite. In questo decennio di progressivo, diciamo, ridimensionamento, perdita d’appeal come suddetto motore esteso a 360 gradi, e diversi “passaggi di mano”, i tanti detrattori della decisione di privatizzazione hanno additato la politica oltrepadana, o meglio la sua assenza alla partita, quale principale colpevole dell’attuale situazione creatasi. Ma, essendo state appunto privatizzate, come avrebbe potuto la politica inserirsi nella progettualità gestionale? Quali sarebbero potute essere le soluzioni differenti? Ritiene di poter ipotizzare un intervento della Pubblica Amministrazione ora? «Da liberale non sono mai stato avvezzo al puntare il dito sempre e solo verso la politica, la politica deve più che altro eliminare ostacoli e creare le migliori condizioni con le quali le eccellenze del territorio possano nascere, crescere, affermarsi. Credo inoltre che, proprio per tutto ciò che dicevamo poco fa, lo sviluppo dell’Oltrepò non debba essere attenzionato a compartimenti stagni, bensì a ‘sistema’. La sfida è proprio questa: dare al nostro territorio non una politica che salvi a posteriori, bensì una politica che crei preventivamente le migliori condizioni di sviluppo». di Lele Baiardi
COLDIRETTI PAVIA
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«Troppi cinghiali e ungulati, si tuteli l’Alto Oltrepò»
«Trasparenza nell’etichettatura dei prodotti e lotta a cinghiali e ungulati che hanno devastato le colture in Oltrepò, causando danni per 2 milioni e mezzo di euro dal 2004 oggi». Saranno queste le priorità del nuovo presidente di Coldiretti Pavia, Stefano Greppi. Risicoltore lomellino, l’imprenditore agricolo 45enne è stato eletto il 17 marzo scorso dall’Assemblea Provinciale, cui hanno partecipato tutti i presidenti di sezione. Greppi succede a Wilma Pirola, che per 4 anni aveva guidato quella che, con quasi 5mila iscritti in tutta la provincia, è la principale organizzazione agricola professionale del territorio. Il nuovo Presidente di Coldiretti Pavia, che coltiva 200 ettari di riso in Lomellina, a Rosasco, vanta una lunga esperienza nelle file dell’Organizzazione agricola: oltre ad aver fatto parte dell’uscente consiglio della Federazione provinciale di Pavia, è stato anche delegato regionale di Coldiretti Giovani Impresa Lombardia dal 2001 al 2005, ricoprendo in precedenza la carica di delegato provinciale.
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anza diretta tra produttori e consumatori alla ricerca della genuinità, della qualità e della sicurezza del cibo. Dall’agosto del 1945 ad oggi Coldiretti Pavia ha portato alta la bandiera dell’agricoltura pavese, che deve trovare nell’alleanza tra Oltrepò, Lomellina e Pavese la forza per affrontare i momenti di crisi». In campagna elettorale Coldiretti aveva proposto un assessorato regionale al cibo. Può spiegarci qual è per voi l’importanza di questa struttura? «La proposta di Coldiretti di istituire un assessorato regionale al cibo è già stata accolta dal presidente Fontana, che l’ha realizzato nella sua giunta appena insediata. Per la prima volta in Italia, infatti, l’assessorato all’agricoltura diventa anche assessorato all’alimentazione, e quindi al cibo e ai sistemi verdi. La Lombardia in questo modo fa da apripista in un percorso che auspichiamo possa essere seguito anche dal resto del Paese. L’agricoltura, infatti, diventa l’anello trainante di tutto il comparto agroalimentare: le deleghe affidate a
«Tra colture devastate e incidenti, dal 2004 ad oggi gli animali selvatici hanno causato danni per 2 milioni e mezzo di euro» Il neo eletto Presidente della Coldiretti Pavia, Stefano Greppi
Presidente Greppi, che impronta intende dare alla sua gestione? «Innanzi tutto voglio ringraziare il Presidente Pirola per il contributo fondamentale che ha saputo dare a Coldiretti Pavia, un grande lavoro a cui intendo dare continuità, e tutti quelli che mi hanno votato. La forza di Coldiretti sta nel rinnovarsi sempre facendo tesoro del passato, concentrandosi sul presente e tenendo sempre uno sguardo al futuro. Ci aspettano sfide importanti, a partire da quella sull’etichettatura che è la madre di tutte le battaglie. Ma sono certo che, con l’impegno e la collaborazione di tutti, continueremo a ottenere risultati altrettanto importanti, lavorando sempre per garantire il giusto reddito alle aziende agricole del nostro territorio, dall’Oltrepò alla Lomellina al Pavese. Per continuare ad ottenere grandi risultati c’è bisogno dell’aiuto di tutti. Grazie al grande e costante lavoro della Coldiretti, infatti, oggi godiamo di grande autorevolezza, che fa della nostra organizzazione la protagonista ogni volta che la società civile parla di agricoltura, ambiente, cibo e territorio. Un successo che si sintetizza anche attraverso i mercati di Campagna Amica, in un’alle-
Fabio Rolfi avranno un ruolo centrale per i prossimi anni, perché non coinvolgono anche le relazioni con le industrie, i rapporti con la GDO, il comparto florovivaistico e i sistemi verdi, senza dimenticare i Consorzi di Bonifica e la gestione delle acque. Una scelta strategica importante per il progresso dell’intera Lombardia e anche della provincia di Pavia: colgo questa occasione per augurare buon lavoro a tutta la nuova squadra guidata dal Presidente Fontana. Una squadra di cui fa parte anche Silvia Piani, nuovo assessore alla Famiglia che è pavese di origine e a cui vanno i complimenti miei personali e di tutta la Federazione provinciale». Quali sono le priorità di Coldiretti per l’Oltrepò? «Oggi una globalizzazione scorretta e certi accordi di libero scambio come il Ceta e il Mercosur guardano soltanto al prezzo e alla quantità. Noi invece dobbiamo lavorare per la distintività e la qualità dei nostri prodotti. E questi obiettivi si possono raggiungere portando avanti la battaglia sull’etichettatura e la trasparenza, e lavorando anche su una nuova politica industriale di filiera. Noi produciamo cibo
e vino di qualità e quindi valorizziamo anche la salubrità dell’ambiente, la salute dei cittadini e la sostenibilità ambientale e sociale. Per questo, insieme al nuovo Consiglio appena eletto, continueremo a lavorare con grande attenzione per tutto il territorio pavese e in particolare per le aree più svantaggiate a partire dall’alto Oltrepò, dove è decisamente importante intervenire anche per la gestione della fauna selvatica, dai cinghiali ai caprioli e senza dimenticare i lupi. Sempre più spesso, infatti, gli animali selvatici distruggono i raccolti agricoli e causano incidenti stradali per un totale di danni stimato in quasi 100 milioni di euro in tutta Italia, senza contare i casi in cui ci sono state purtroppo anche vittime. Non è quindi più soltanto una questione di risarcimenti, ma è diventato un fatto di sicurezza delle persone: una situazione che va affrontata con la dovuta decisione. Secondo un’elaborazione di Coldiretti su dati regionali, infatti, il conto totale dei danni in Lombardia negli ultimi 12 anni ha ormai superato i 17 milioni di euro, di cui 13 milioni per assalti ai campi e 4 milioni per schianti automobilistici. E si tratta di numeri prudenziali, perché
sempre più spesso gli agricoltori esausti non presentano neppure più le denunce». Può quantificare economicamente il danno causato dagli animali selvatici alle colture oltrepadane? «A livello provinciale il totale dei danni dal 2004 a oggi, fra agricoltura e incidenti stradali, si avvicina ai due milioni e mezzo di euro: un conto davvero troppo salato e che non riguarda più soltanto l’agricoltura ma l’intera collettività. La presenza dei cinghiali nelle campagne e sulle strade di tutto l’Oltrepò, infatti, è ormai un rischio concreto per tutti, agricoltori e cittadini, anche a causa dei numerosi incidenti stradali che questi animali provocano praticamente ogni giorno. Negli ultimi dieci anni il numero dei cinghiali presenti in Italia è quasi raddoppiato, secondo le stime della Coldiretti a livello nazionale. Anche nella nostra provincia il problema è serio: denunciamo da tempo come la sicurezza nelle aree rurali e periurbane sia in pericolo per il loro proliferare. La situazione si fa ogni giorno più grave: è necessario intervenire con strumenti legislativi che diano la possibilità di difendersi». di Christian Draghi
LETTERE AL DIRETTORE
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Voghera: «Ma la differenziata viene controllata in fase di raccolta?»
Gentilissimo Direttore, Egregio Direttore, La raccolta differenziata dei rifiuti è un obiettivo voluto e perseguito da decenni. Premesso che culturalmente non siamo ancora meticolosamente bravi a differenziare i rifiuti. Lo si nota in tutti gli ambienti pubblici e privati laddove sono presenti i contenitori di raccolta, che il cittadino smaltisce un po’ come gli pare. Vero anche che in molti siti pubblici (compresi i privati che erogano un servizio pubblico), non si mettono ancora capillarmente a disposizione i contenitori per la raccolta differenziata almeno per le materie princi-
pali: carta, lattine, indifferenziato, plastica. La non ancora raggiunta cultura meticolosa nella differenziazione dei rifiuti ora si sposta al domicilio dell’utenza e all’operato degli addetti alla raccolta delle società appaltate. Un esempio constatato in prima persona: nel mio Comune di residenza (Voghera), in questi mesi gli operatori in fase di raccolta del «porta a porta» non verificano più nei contenitori e nei sacchi se il materiale ivi conferito è idoneo per il recupero. Raccolgono e nulla più. Ho effettuato una sperimentazione per qualche settimana conferendo nei vari contenitori
e sacchi rifiuti non correttamente differenziati (carta in plastica, indifferenziato in plastica, lattina in plastica). Il giorno preposto al ritiro tutto veniva caricato sui mezzi della società incaricata. Le cause: mezzi e personale ridotti? Tempistica di stazionamento mezzi di raccolta che intralcia il traffico locale? Perché non effettuare la raccolta notturna? Tempi ridotti, traffico assente e un servizio che integra una prevenzione all’abbandono dei rifiuti notturni. Poniamo che la filiera di conferimento agli impianti preveda una selezione sui nastri ove viene effettuata una selezione del
Stradella: «Mi ha danneggiato l’auto e se ne è andato» Egregio Direttore, mi chiamo Cinzia e sono una vostra lettrice. Normalmente sono una persona piuttosto riservata che non sente molto la necessità di esternare al mondo intero i propri sentimenti, ma in questo caso rabbia e delusione hanno la meglio. A seguito di quanto mi è accaduto vorrei, tramite il suo giornale, diffondere un messaggio, sia all’autore del danno, sia in generale di principio e civiltà. Grazie per l’attenzione. Questo il testo del messaggio che vorrei leggesse “l’altro autista”:
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«Mi rivolgo all’autista del “probabile” furgone Ducato che mercoledì 4 Aprile 2018 tra le 16.30 e le 16.45 ha urtato la mia auto, una Lancia Y, in sosta nel parcheggio davanti al condominio in Via Partigiani a Stradella, ovviamente senza lasciarmi alcun biglietto di recapito. Volendo pensare, caro autista, che non te ne sei accorto, sappi che è successo. Ma visto il danno che hai procurato alla mia auto, parafango e paraurti ammaccati e fanale rotto, nutro seri dubbi. Non lo sai che noi automobilisti abbiamo l’obbligo di essere assicurati per la responsabilità civile proprio per queste occasio-
ni? Capisco che poi le assicurazioni aumentano… però esistono anche delle garanzie aggiuntive (es. “bonus protetto”) che ti consentono, almeno per una volta, di non fare il “coniglio” e di comportarti come una persona civile. Magari l’assicurazione non ce l’hai e questo sarebbe anche peggio perché, pensaci, se investi una persona cosa fai? Oltre ai soldi ci sono anche l’etica e la dignità delle persone. Il mondo non è dei furbi, ma degli intelligenti!» Cinzia - Stradella
Voghera - Passeggeri del treno VogheraPavia-Milano, figli di un dio minore Gentile direttore, Passeggeri del treno Voghera-Pavia-Milano, figli di un dio minore. La foto dell’On. Fico che arriva in Frecciarossa più metrò al Parlamento, non può non ricordarne un’altra: i passeggeri pendolari dell’Oltrepò perennemente in ritardo su carrozze fatiscenti. Ecco, se il sig. Fico utilizzasse i servizi dei nostri treni oltrepadani, la Camera aprirebbe le sessioni costantemente in ritardo. Ma i cittadini, oltre che di fronte
alla legge, non dovrebbero essere uguali anche di fronte ai ritardi dei treni? Perché i Frecciarossa spaccano il minuto e i regionali «veloci» accumulano le mezz’orette di ritardo? Vede On. Fico, Lei e tutti i parlamentari «Grillini» non rinunciate all’emolumento, se ne siete capaci, come dite, lavorate meglio degli «altri» e fate arrivare i treni in orario. Marco Calabrese - Voghera
LETTERE AL DIRETTORE Questa pagina è a disposizione dei lettori per lettere, suggerimenti o per fornire il proprio contributo su argomenti riguardanti l’Oltrepò Scrivete una email a: direttore@ilperiodiconews.it Le lettere non devono superare le 3000 battute. Devono contenere nome, cognome, indirizzo e numero di telefono che ci permetteranno di riconoscere la veridicità del mittente Le lettere con oltre 3000 battute non verranno pubblicate
materiale riciclabile e il resto rimosso per incenerimento o discarica. Ma il principio del corretto comportamento civico e del controllo dell’Amministrazione comunale sulle società incaricate, sugli operatori è andato letteralmente perduto. D’accordo i plurimi inviti all’educazione civica e al rispetto delle regole, ma se questi stentano a ritornare in pista, qualche invito speciale servirà. Uno spirito e un modello organizzativo diverso forse apporterebbero qualche risultato in più. Grazia Tagliani - Voghera
Godiasco-Salice Terme: «Non più tollerabili i cani liberi nel parco» Gentile Direttore, da anni soprattutto il fine settimana mi reco a Salice Terme con mio marito e qualche volta con i miei nipotini, per mangiare un buon gelato e passeggiare nel parco. Ormai da mesi mi trovo a riscontrare un grave problema di cui nemmeno le forze dell’ordine, evidentemente, riescono a trovare una soluzione. Nel parco vi sono sempre numerosi cani sciolti, sia di taglia piccola che grande e quando chiedo cortesemente di legare il cane, mi viene risposto in malo modo, e spesso mi vedo costretta a litigare con l’ignoranza di alcuni padroni che pretendono di avere anche ragione. Ho anche io un cane che tengo sempre legato, anche a me piacerebbe lasciarlo libero di correre, ma sono pienamente cosciente dei rischi in cui incorrerei. Il parco di Salice nelle giornate di sole oltre che ai cani sciolti vi sono anche bambini e anziani, ma nonostante questo delle forze dell’ordine nessuna traccia, evidentemente sono impegnate a fare cose ben più importanti e non possono fare qualche giretto nel parco per costatare di persona i tanti visitatori con il cane sciolto. Io mi chiedo, dobbiamo aspettare la tragedia? Un cane sciolto spesso nel vedere un altro cane gli corre incontro, ma se l’altro cane è legato può scattare la rissa, un cane sciolto può far cadere bambini o anziani, anche se vuole semplicemente giocare!! Io amo gli animali ma non tollero più questa situazione dettata dall’ignoranza e dalla superficialità di molte persone e dall’assenza di controlli. Fausta Colombi - Casteggio
PANCARANA Sempre piu’ spesso si parla di ritorno alla terra da parte dei giovani, un fenomeno in espansione sancito anche dai dati Istat che riportano, già da qualche anno, un incremento nel numero di occupati in agricoltura e in particolare degli under 35. Abbiamo intervistato Tommaso Maiola, un ragazzo giovanissimo, diplomato lo scorso anno all’Istituto Tecnico Agrario “Gallini” di Voghera, che ha scelto di fare dell’agricoltura la sua professione a Pancarana, piccolo comune dell’Oltrepò Pavese. Maiola, dopo il diploma ha deciso di non continuare gli studi all’Università ma di fare l’agricoltore, ci spiega il perchè di questa sua scelta? «Mio papà Aurelio ha un’azienda agricola a conduzione familiare in località Cascina Bonesca qui a Pancarana e io, dall’età di sette anni, ho continuamente collaborato con lui anche mentre andavo a scuola perchè sono sempre stato appassionato di lavoro nei campi, sono praticamente cresciuto sul trattore. Ho scelto l’Istituto Agrario proprio seguendo questa mia passione e al termine degli studi ho deciso di dedicarmi totalmente all’attività agricola». Che cosa produce nella sua azienda? «Abbiamo una superficie coltivabile di circa 170 ettari qui sulle rive del Po. Produciamo principalmente cereali, foraggio, erba medica e poi in una parte dell’azienda coltiviamo anche colture orticole a pieno campo come patate, cipolle, pomodori da industria e zucche». A chi vendete i vostri prodotti? «Li vendiamo principalmente a commercianti che li lavorano e li rivendono alla grande distribuzione. La maggior parte della nostra produzione è cerealicola e foraggera perchè, negli ultimi anni, il settore orticolo ha subito una crisi data fondamentalmente dal mercato estero».
«A livello teorico la scuola mi ha dato una buona preparazione, a livello pratico è un po’ mancato il contatto diretto con le problematiche dell’agricoltura» Ci può spiegare meglio? «I prodotti del mercato estero sono più competitivi a causa del loro prezzo basso anche se, secondo me, la qualità non è sempre all’altezza dei nostri prodotti. La grande distribuzione non dà molta importanza alla qualità e al prodotto a km zero, preferisce risparmiare per poter incrementare i guadagni».
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Da che cosa dipende la qualità di un suo prodotto agricolo? «Innanzitutto la qualità dipende in gran parte dal clima che non sempre è clemente con noi agricoltori. Veniamo da un’annata 2017 abbastanza complicata dal punto di vista produttivo con pochissime piogge durante l’estate e conseguenti abbondanti irrigazioni e trattamenti per gli agenti patogeni che intaccano le colture. Quindi la perfetta qualità del prodotto è stata un po’ compromessa. Ritengo anche che se un agricoltore sa far bene il proprio lavoro utilizzando sementi di prima qualità può riuscire ad ottenere buoni risultati». Non c’è stato negli ultimi anni un ritorno all’utilizzo di sementi di specie antiche? «Il progresso ha portato a lasciare queste varietà nel dimenticatoio perchè non permettevano di fare grandi produzioni. Si ritorna ora a produrre cereali provenienti da specie antiche di qualità superiore».
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Tommaso Maiola, giovane agricoltore di Pancarana
«Sono praticamente cresciuto sul trattore» Tornando a parlare di prodotti a km zero, voi fate anche la vendita diretta? «No, perchè facendo grandi quantità è molto difficile. Mi piacerebbe un domani allargare lo spettro delle colture dal punto di vista orticolo ed iniziare così un percorso di vendita diretta». Ha provato a sperimentare nuove coltivazioni? «Sì, abbiamo cercato di produrre anche alcuni prodotti di nicchia richiesti anche dalla ristorazione come le patate rosa e viola, la zucca berrettina e il cece che è stato introdotto da pochi anni nella nostra zona e che è sempre più richiesto». Il lavoro dell’agricoltore è quindi molto impegnativo anche se è ora coadiuvato dalla tecnologia moderna? «C’è una leggenda che dice che l’agricoltore lavora solo sei mesi all’anno, ma non è proprio così. Per sei mesi all’anno lavoriamo nei campi anche 18 ore al giorno soprattutto in un’azienda come la nostra dove facciamo molte colture, dal foraggio fino alle cipolle. Negli altri mesi però bisogna preparare il terreno, seminare, concimare e poi ovviamente, se si hanno macchinari, bisogna fare manutenzione». Si lavora quindi molto ma i risultati sono soddisfacenti dal punto di vista economico? «Direi non molto soddisfacenti visti gli ultimi eventi climatici e i prezzi a cui dobbiamo vendere i nostri prodotti a causa della concorrenza estera. Noi giovani avremmo bisogno di attingere con maggiori facilitazioni ai contributi della Comunità Europea dedicati al settore agricolo e vorremmo che i prodotti italiani di qualità vengano sostenuti soprattutto all’interno del nostro paese». La scuola le ha dato sufficienti compe-
tenze per svolgere al meglio il suo lavoro o si aspettava di più? «A livello teorico la scuola mi ha dato una buona preparazione, a livello pratico è un po’ mancato il contatto diretto con le problematiche dell’agricoltura. Io sono stato fortunato perchè, grazie all’azienda, ho avuto la possibilità di fare praticamente un’alternanza scuola - lavoro a casa, ma molti miei compagni hanno avuto una pre-
parazione si può dire solo teorica». Che cosa si augura per il futuro? «Mi aspetto che il settore agricolo possa avere un futuro migliore sia dal punto di vista economico che da quello della considerazione sociale. Produciamo ciò che mangiamo quindi dobbiamo fare bene il nostro lavoro e abbiamo bisogno di più raccordo tra produzione e consumo». di Gabriella Draghi
CODEVILLA
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«L’Oltrepò è adatto a un turismo slow, sicuramente non di massa» Volo di Rondine è una associazione culturale naturalistica che si occupa di ricerca su fauna, flora e geologia dell’Oltrepò Pavese, interessandosi alla cultura dell’Appennino Settentrionale, con l’obiettivo di promuovere e valorizzare il territorio. L’associazione ha sede a Codevilla, ma in realtà come precisa la Presidente dell’Associazione Vera Pianetta, «La nostra sede opertativa sono i boschi dell’Oltrepò». Pianetta quando è nata l’associazione Volo di Rondine? «L’associazione è nata nell’aprile 2016, ma in realtà era da anni che collaboravo con quelli che poi sono diventati soci dell’associazione. Ci siamo decisi a rendere queste nostre collaborazioni un po’ più ufficiali e abbiamo fondato Volo di Rondine». La caratteristica che vi accomuna? «Sicuramente la passione per la parte naturalistica del territorio dell’Oltrepò. Siamo innamorati di questo posto». Lei di che cosa si occupa abitualmente? «Sono naturalista. è un lavoro diciamo stagionale perché faccio educazione ambientale con attività soprattutto nelle scuole. Nei mesi di marzo, aprile, maggio e d’estate con i turisti. Per compensare questo, collaboro da tanti anni con l’associazione Adolescere, perché appunto sono pratica anche nel campo dell’educazione in attività con bambini e ragazzi».
Ci sono tante caratteristiche importanti, peculiari e affascinanti nel nostro Oltrepò, però sono spesso poche conosciute». Qual è il vostro obiettivo? «è proprio raccontare la nostra passione, le nostre ricerche. Questa cosa logicamente si collega anche ad altri aspetti, oltre che alla natura. Penso alla storia, alle tradizioni, all’agricoltura, ai prodotti tipici. Infatti da quando siamo un’associazione abbiamo cercato di collaborare anche con altre piccole realtà già esistenti con cui condividere anche gli eventi. Per esempio quando andiamo a fare una passeggiata naturalistica vogliamo sì far vedere un particolare della natura, ma cerchiamo di collegarlo anche ad altre cose del territorio, in modo da creare collaborazioni con chi c’è già». Quali sono le vostre attività principali? «Escursioni dedicate all’osservazione naturalistica. Non si tratta di trekking, sono passeggiate tranquille in cui cerchiamo di stimolare l’osservazione. Di solito sono camminate “tematiche”, per esempio sulle tracce di impronte di animali, o sulle erbe, o sugli alberi…in questi casi si fanno delle soste durante la passeggiata, si fa ricerca. Diventa così anche più gradito per chi fa queste camminate, perché si scoprono cose nuove pur magari vivendo in questo territorio. Le persone a volte sono meravigliate da alcune scoperte e ci dicono che non avrebbero mai saputo certe cose se non ci
«Si dice che nel nostro territorio non c’è nulla da fare, ma una persona potrebbe tranquillamente organizzare quindici giorni di vacanza qui, facendo tutto il tempo cose diverse, tra passeggiate, castelli…» Volo di rondine come nasce? «Io facevo appunto educazione ambientale e visite guidate. Durante questi anni di attività ho conosciuto persone che avevano il mio stesso interesse per l’Oltrepò e la natura e quindi abbiamo iniziato a lavorare insieme. Il Volo nasce quindi proprio dalla passione per gli aspetti naturalistici del nostro territorio». Quanti siete? «Siamo in cinque soci fondatori, quasi tutti naturalisti. Siamo una decina di soci attivi, a seconda di chi ha più tempo e chi un po’ meno. Poi ci sono anche gli educatori. Facciamo principalmente ricerca naturalistica, ci piace cercare informazioni sul nostro territorio, sulla fauna e sulla flora, ma ci piace anche un altro aspetto, ossia quello di raccontarlo per valorizzare il territorio.
fosse stato qualcuno a fargliele notare. è un modo per creare dello star bene in natura, per creare un contatto con il posto in cui ci si trova. La gente è anche invogliata a ritornare». A queste vostre escursioni partecipano molte persone? «Non abbiamo mai un numero troppo alto di partecipanti, anche perché cerchiamo di mettere un limite, perché essendo fatte come esplorazioni, cerchiamo di tenere poche persone, di solito non più di 25/30. Se no diventa meno piacevole e noi invece preferiamo dare qualità». Come età dei partecipanti? «Varia molto. La maggior parte diciamo che sono di un’età media, tra i 40 e i 60 anni. Poi ci sono anche tante famiglie con bambini».
Vera Pianetta, naturalista e presidente dell’associazione Volo di Rondine
Voi collaborate anche con l’Osservatorio di Cà del Monte. In questi casi come sono organizzate le vostre attività? «Ci sono diverse attività. Per esempio poche settimane fa abbiamo fatto un’attività in notturna a “tema lupo”, che è un animale che stiamo studiando. Le persone vengono divise in gruppi e si parte per la passeggiata notturna: durante questa vengono fatte soste per ascoltare i vari rumori della natura e intanto si danno i dettagli. Dopo la passeggiata, viene fatta l’osservazione del cielo attraverso il telescopio». Un’escursione che si ricorda in modo particolare in questi anni? «Sono parecchie. Diciamo che variano sempre molto i temi ed alcune escursioni sono anche dedicate ai bambini, con anche attività sottoforma di giochi… queste sono molto belle. Poi ne ricordo anche un’altra, sul tema degli alberi, fatta nel parco di Valverde: questa mi era piaciuta per il tipo di persone presenti, che si erano fatte molto coinvolgere». Fate anche laboratori. Avete quindi un posto fisso dove lavorare? «Non abbiamo una vera e propria sede, ma abbiamo in uso un capanno del comune di Bagnaria, che è il rifugio Guardamonte. è un posto per l’accoglienza e un punto di ritrovo. Per quanto riguarda invece i laboratori per bimbi e ragazzi, li facciamo spesso itineranti, quindi dove ce lo chiedono. Se le scuole non possono “muoversi” andiamo noi direttamente da loro, magari nel parco della scuola. I laboratori aperti al pubblico, invece, di solito li facciamo in collaborazione con altre associazioni, come ad esempio le biblioteche». Avete nuovi progetti in mente?
«Per l’estate ne stiamo preparando uno nuovo, con un gruppo che si chiama Teatri della Psiche, di cui fanno parte professionisti di vario genere…teatro terapeutico, musicoterapia, pet therapy: si tratta di un progetto per prevenire il disagio negli adolescenti. Lo faremo d’estate, itinerante in Oltrepò… proponendo attività a questi ragazzi, presi troppo spesso solo da internet e dai telefoni. I bambini di solito sono più propositivi, quando invece i ragazzi iniziano il periodo dell’adolescenza, tendono ad appiattirsi, a meno che non abbiano una passione. Vogliamo quindi sfruttare il nostro territorio, la sua bellezza e il fatto di stare bene nella natura con le sue caratteristiche culturali, come stimolo per provare a spostare un po’ gli interessi di questi giovani. Il progetto vorremmo chiamarlo “Real connection”, contro la connessione solamente di internet». L’Oltrepò ha un turismo diciamo più in crisi rispetto ad altre zone. Secondo lei un turismo legato alla natura può rilanciare questo territorio? «Secondo noi sì. Un turismo slow, che adesso una buona fetta di gente sceglie. E l’Oltrepò è proprio adatto a questo tipo di turismo. Sicuramente non di massa, quello no: ma per la gente che ricerca il benessere e un turismo più culturale, che passi attraverso la natura, allora sì. Si dice che nel nostro territorio non c’è nulla da fare, ma una persona potrebbe tranquillamente organizzare quindici giorni di vacanza qui, facendo tutto il tempo cose diverse, tra passeggiate, castelli e altre cose di cui parlavo anche prima…». di Elisa Ajelli
CODEVILLA
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Quando il rifiuto fa la differenza Quello di Codevilla è diventato un vero e proprio caso, anche politico, che chiama in causa tutte le amministrazioni comunali dell’Oltrepò Pavese, e non solo. A gennaio l’amministrazione guidata da Roberto Pastormerlo ha inaugurato un sistema di raccolta differenziata porta a porta che, grazie al coinvolgimento della popolazione, ha raggiunto fin da subito risultati superiori a qualunque aspettativa. Sindaco, ci racconti cosa sta succedendo a Codevilla. «Dal 1° gennaio abbiamo eliminato tutti i cassonetti che erano presenti sul nostro territorio, ad esclusione delle campane per la raccolta del vetro e dei contenitori per il verde. Tutti gli altri rifiuti vengono raccolti porta a porta. Ogni giorno i cittadini depositano nei pressi delle proprie abitazioni il rifiuto per il quale è programmata la raccolta, che viene recuperato dagli operatori di ASM. La raccolta differenziata, nel primo mese, ha raggiunto una percentuale dell’85%. Un risultato anche superiore alle nostre aspettative.» Un risultato incredibile. Vi aspettate di mantenerlo? «Ci aspettiamo di mantenerlo nel corso di tutto l’anno e di riuscire a coinvolgere anche quella parte di popolazione che è stata, finora, un po’ restia ad adeguarsi». Comunque la popolazione reagito in maniera egregia… «La popolazione ha reagito benissimo. Qualche piccolo disservizio c’è stato, ma sono in corso gli aggiustamenti necessari. Ci stiamo attivando per offrire anche il ritiro degli oli da cucina esausti, in modo tale che chi debba smaltire oli da frittura, o anche gli avanzi dello scatolame (pensiamo alla scatoletta di tonno), possa venire in comune e consegnarlo direttamente in un contenitore adibito a questo utilizzo». In che modo si può compiere un passo ancora successivo e migliorare ulteriormente questo risultato? «Per esempio, occorre creare la consapevolezza che i comportamenti individuali vanno modificati. Già a partire dall’acquisto dei prodotti bisogna pensare che ci sarà un rifiuto, inevitabilmente, che verrà prodotto. La scelta dei beni da acquistare deve essere quindi mirata anche a quelli che sono caratterizzati da una minore quantità di imballaggio». Ci sono altri rifiuti ‘particolari’ che avete previsto di differenziare? «In corso d’opera ci siamo resi conto che occorre intercettare davvero le più svariate tipologie di rifiuti. Fra questi, per esempio, i pannolini e i pannoloni, per i quali abbiamo attivato un secondo ritiro settimanale a carico del comune. Per quanto riguarda i pannolini dei bambini, è stato approvato in Consiglio Comunale una mozione del gruppo ‘Risposta Civica’ grazie alla quale il Comune darà un contributo a quelle fa-
miglie che ne faranno richiesta per l’utilizzo di pannolini ecologici e lavabili». Avete avuto modo di raccogliere commenti da parte degli amministratori dei comuni circostanti in merito all’attuazione di queste politiche? «Non ci sono state segnalazioni di nessun tipo fatte dalle altre amministrazioni. Al contempo sappiamo che ci sono diversi comuni del circondario che stanno partendo, comunque, con l’idea di modificare il tipo di raccolta». A questo proposito, lei e il consigliere Marco Pietro Dapiaggi, fra i più convinti sostenitori del nuovo metodo di raccolta, siete stati invitati, di recente, a portare la vostra testimonianza in altri comuni in Oltrepò… «Siamo stati invitati dai sindaci dell’Unione dei Comuni di Cecima e Ponte Nizza a rappresentare la nostra esperienza, ovvero quanto abbiamo vissuto noi nei primi mesi della raccolta. La gente ci ha ascoltato con interesse, perché comunque è una tematica, in questo momento, sentita da molti». Quella per la raccolta differenziata, peraltro, non è stata l’unica battaglia in tema ambientale condotta dal Comune di Codevilla in questi anni… «La nostra consapevolezza è aumentata, certamente, in concomitanza con la vicenda della pirolisi a Retorbido. Tutta l’Amministrazione si è dimostrata sensibile alle tematiche ambientali e, anche in seguito a questa esperienza, Codevilla ha aderito al Protocollo di intesa Ambiente e territorio di cui fanno parte circa settanta comuni della provincia di Pavia, il cui presidente è Enrico Berneri, sindaco di Monticelli Pavese. Inoltre partecipiamo attivamente alla diatriba che oppone Regione Lombardia e parecchi comuni delle province di Pavia e di Lodi riguardo allo spargimento dei fanghi». Da cosa nasce la necessità di cambiare radicalmente in modo in cui avviene lo smaltimento dei rifiuti? «I rifiuti che, malauguratamente, finiscono agli inceneritori o alle discariche devono essere ridotti per una evidente questione di salute pubblica. Peraltro, entro il 2020 tutte le amministrazioni comunali dovranno raggiungere, come stabilito dall’Unione Europea, una percentuale di raccolta differenziata pari o superiore al 65%, altrimenti incorreranno in sanzioni. L’obiettivo da porsi deve essere la differenziazione totale dei rifiuti». Eppure, qualche amministratore del nostro territorio, aveva dichiarato che ‘rifiuti zero’ è solo un modo di dire. Non è così? «Nel 2016, come Comune, abbiamo aderito a Zero Waste, l’associazione fondata da Rossano Ercolini. Ci si pone come obiettivo di arrivare quanto meno il più vicino possibile all’eliminazione totale della fra-
Roberto Pastormerlo, sindaco di Codevilla
zione indifferenziata. Alcuni comuni sono arrivati anche a raggiungere il 95 per cento di raccolta differenziata. A questo proposito, di recente abbiamo inaugurato l’Osservatorio Rifiuti Zero, proprio per tenere monitorate le attività di raccolta e suggerire eventuali iniziative o correzioni al nostro operato». Chi fa parte dell’Osservatorio? «Ne fanno parte l’Assessore all’Ambiente Cinzia Balza, i consiglieri di maggioranza - Pierangela Antoninetti - e minoranza - Marco Pietro Dapiaggi -, un dirigente di ASM, il dottor Urbano Milano, Vera Pianetta in rappresentanza dell’associazione Volo di Rondine, Sara Vacchi per il Comitato Valorizziamo e Rispettiamo il Territorio, il geologo Alberto Maccabruni e il biologo Girolamo D’Agostino». Facciamo ora un po’ di storia. L’adozione di politiche per l’implementazione della raccolta differenziata, a Codevilla, non è nata nel 2018. C’è stato un percorso di avvicinamento… «Abbiamo iniziato a parlarne a fine 2016, proponendo alcuni incontri alla popolazione. Il primo passo concreto è stato l’avvio della raccolta porta a porta di carta e plastica il 24 aprile 2017. Dopo un periodo di rodaggio con queste due tipologie di rifiuto, premiati anche dai primi risultati, si è deciso, in collaborazione con ASM, di partire con la raccolta porta a porta di tutte le frazioni». Come sono state le risposte di ASM alle richieste dell’Amministrazione Comunale? «ASM si è rivelata molto collaborativa e propositiva. Insieme all’Amministrazione sono stati stabiliti tutti i dettagli della programmazione, con i giorni di ritiro per tutto il 2018. Anche da un punto di vista tecnico i funzionari si sono dimostrati molto competenti e ci sono venuti incontro in tutte le nostre esigenze». Per aiutare la popolazione ad abituarsi
al nuovo sistema di raccolta è stato realizzato anche un calendario… «Si tratta in realtà di un ‘eco-calendario’, realizzato in collaborazione con la Casa del Giovane di Pavia, per unire da una parte la nostra vena ecologica e dall’altra un’utilità anche sociale. Il calendario, con dei simboli colorati, indica per ogni giorno il prodotto che verrà raccolto dall’operatore di ASM. In questo modo il cittadino ha a disposizione un promemoria puntuale e facile da consultare». Ci sono anche altri mezzi con i quali i cittadini vengono informati degli adempimenti a loro carico? «Tramite SMS o WhatsApp a tutti gli utenti che ci hanno lasciato il numero di cellulare, inviamo un messaggio, il giorno prima della raccolta, con l’indicazione dell’orario in cui passeranno gli operatori e la tipologia di materiale da conferire». Si parla già addirittura di una riduzione sulle bollette della TARI che verranno consegnate nei prossimi mesi… «Il costo che il Comune sostiene per lo smaltimento deve essere coperto integralmente dagli introiti della TARI. Ottenendo una riduzione della percentuale di indifferenziato, e quindi un risparmio per le casse del Comune, abbiamo potuto ridurre la tassa dei rifiuti per il 2018 per una percentuale media del 15% per tutte le utenze domestiche. Questo grazie ai risultati ottenuti nel 2017 e nei primi mesi del 2018; e, quindi, alla massiva collaborazione da parte della popolazione». Facciamo un esempio pratico. Quanto costa smaltire il rifiuto non differenziato? «Smaltire una tonnellata di indifferenziato costa circa 10 euro. Lo scorso anno mediamente producevamo 36mila chilogrammi di raccolta indifferenziata. Nei mesi di gennaio e febbraio ne abbiamo conferiti, in media, 9mila chilogrammi». Si sente di dare qualche consiglio ai suoi colleghi sindaci, che magari fino a questo momento hanno pensato di rimanere fermi su posizioni più ‘conservatrici’ in tema di raccolta differenziata? «Il consiglio che mi sento di dare è quello di iniziare a parlare con la popolazione e di sensibilizzarla sulla raccolta; e piano piano di pensare a come arrivare ad un servizio di raccolta come il nostro, che, al contrario di altri, abbiamo visto essere funzionale». Come pensa si evolverà, nei prossimi anni, questo percorso che, tutto sommato, è stato appena avviato? «Nei prossimi anni l’obiettivo sarà quello di arrivare alla tariffazione puntuale, con la quale ogni persona pagherà per i rifiuti effettivamente prodotti. Questo potrebbe essere un ulteriore incentivo a rendere più efficace la raccolta differenziata». di Pier Luigi Feltri
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«Spero di aver lasciato un bel ricordo a Rivanazzano Terme» Dopo tanti anni Carla Balestrero, vogherese, «nata il 5 marzo come Lucio Battisti» - ci tiene a sottolineare - ha ceduto la propria attività di tabaccheria e ricevitoria in piazza Cornaggia a Rivanazzano. Per tutti era ed è “La Carla, la tabachera ad la Riva”. Sempre un sorriso, sempre una gentilezza, sempre moderata e mai spropositata, riusciva a capire se doveva e poteva conversare oppure tacere. Probabilmente la Signora Carla è così di suo, ma se ci fosse un modo per imparare l’arte del commercio, lei sarebbe l’insegnante perfetta. Carla Balestrero in realtà dietro ad un bancone ci è andata fin dall’età di 13 anni quando da ragazzina aiutava i genitori che gestivano il Bar Roma di fronte alla stazione ferroviaria di Voghera. L’abbiamo incontrata al ritorno da una meritata vacanza al caldo. Carla come è iniziata l’avventura rivanazzanese? «Sono arrivata a Rivanazzano nel settem-
«L’anno della Juventus a Salice, Pessotto veniva a comprare giochi per i suoi bambini, Chiellini voleva un bagno schiuma alla pera... » bre del 2003. Mio marito era andato da poco in pensione cedendo la sua attività di commercio di materiale elettrico (io avevo sempre lavorato con lui seguendo la parte amministrativo-contabile). Avendo sempre lavorato insieme avevamo deciso, visto che io per motivi anagrafici non godevo di pensione, di acquistare la tabaccheria in piazza a Rivanazzano Terme. L’idea mi era piaciuta da subito: Rivanazzano era ed è un bellissimo paese, con bella gente, vivo e festaiolo soprattutto nella bella stagione. Ho iniziato così la mia nuova avventura, stavolta come imprenditrice». Una decisione molto importante, si cambiava vita... «Non le sto a dire, senza fare un discorso sulla condizione femminile, la mia grande soddisfazione, unita ad un po’ di paura, dovevo per forza farcela: il lavoro mi piaceva molto come pure il contatto con i clienti che sarebbero diventati negli anni anche amici ed amiche e poi avevo il sostegno morale e materiale di mio marito anche lui
contentissimo della nostra nuova vita». Dalle sue parole si percepisce una sensazione positiva verso Rivanazzano «Assolutamente sì, è un paese vivo. Feste di primavera, fiere di San Martino, mercatini di Natale, nella bella stagione i mercatini vintage del martedì sera, le feste estive al parco Brugnatelli con attrazioni di musica e folclore... tutte iniziative che portano vivacità a Rivanazzano e spunti per le mie vetrine sempre “sorridenti”, nonchè lavoro per tutti i negozi. Devo dire ho scelto il paese giusto e sono stata fortunata in questo». La sua ricevitoria è balzata anche alla cronaca per una grossa vincita al Superenalotto. «Sì ed arriviamo all’indimenticabile 2006. Lo posso definire l’anno più soddisfacente e nello stesso tempo il più brutto della mia vita. Il 9 marzo nella mia ricevitoria veniva fatto un mitico 5+1 al Superenalotto da 763mila euro. Non ho mai saputo chi fosse il fortunato vincitore che con una schedina da un euro aveva fatto quel colpaccio. Essendo da poco nel settore forse non avevo capito al momento l’importanza di quella vincita che è stata un volano per l’attività dei giochi». Perchè è stato anche l’anno più brutto? «Perchè in quell’anno mio marito aveva cominciato a non stare bene ed il 26 Agosto se ne era andato per sempre lasciando me e mia figlia in un dolore immenso. Un neo s’era insinuato nella nostra vita e l’aveva distrutta in un anno. Per reazione mi sono gettata nel lavoro: il giorno dopo il funerale senza nemmeno sapere dov’ero in quei giorni ma a denti stretti e con l’aiuto di mia figlia ho reagito e mi sono fatta violenza ma ho continuato ad andare in tabaccheria. Non avrei potuto deludere ne i miei clienti che mi sono stati vicini ne mio marito che aveva voluto per me questa opportunità». Tutti ricordano la figura di suo marito e l’impegno che lei ha poi profuso per mandare avanti l’attività, poi sono arrivati momenti più belli però … «La mia vita era cambiata ma nel 2008 mi offriva una bellissima novità: il 20 marzo diventavo nonna di un bellissimo maschietto, Giovanni, una grandissima gioia ed un grande rimpianto di non poter condividerlo con mio marito, un uomo buono generoso di grande personalità e signorilità. Gli anni poi si sono susseguiti velocemente il lavoro, la gente, le varie attività mi hanno tenuto viva e dato tante soddisfazioni». Qual è il momento che ricorda con maggior entusiasmo? «L’anno della Juventus a Salice, Pessotto veniva a comprare giochi per i suoi bambini, Chiellini voleva un bagno schiuma alla pera e il dottore della squadra mandava a giocare al lotto. Tifosi che arrivavano a frotte per le partite di allenamento, quante macchine fotografiche usa e getta ho venduto!!
2006 - Carla Balestrero nella sua tabaccheria, vinti 763mila euro Non dimentichiamo neanche i mitici tornei di calcetto che si svolgevano a fine estate. Marco Poggi oggi sindaco, il primo anno per convincermi a fare la squadra si era occupato lui della parte tecnico sportiva e mi aveva dato l’opportunità di avere una squadra di ragazzi bravissimi come Edo, Cesare, Filippo, Alberto, e tanti altri, campioni di fair play (hanno vinto anche una coppa per questo e tanta altre)». Mi pare si possa dire che c’era un rapporto idilliaco con la comunità ed il paese. «E come dimenticare i buoni rapporti instaurati nel corso del tempo con i colleghi commercianti: il mitico Gian dell’edicola, rivale nei tornei di calcetto ma amico sempre, Betty ora assessore al commercio sempre pronta ad ascoltarmi a a condividere idee e progetti. Paolo Salvadeo sempre sorridente anche se da lui andavo in orari impossibili, Michela, Maurizio, Marina, Diletta, Davide, Barbara e tutti gli altri(se no potrei scrivere un libro). E mi consenta di ricordare anche le mie ragazze che avuto in questi anni:la grande Pier che mi e stata vicino nel momento piu nero, amante delle previsioni e dei calcoli per il gioco del lotto, la Terry,ormai mamma di due gemelle,la Eleonora sempre sorridente e maga delle mie vetrine,la Luana che ha imparato cosi bene da fare ora la tabaccaia a Voghera,la Milena che ora e’ rimasta in tabaccheria a dimostrazione di quanto ha appreso».
Lei aveva anche incarichi di categoria «Sì, prestavo il mio impegno nella attività sindacale in seno alla Federazione italiana tabaccai dove ho ricoperto fino al mese di dicembre la carica di consigliere e precedentemente anche rappresentate provinciale dei totoricevitori dove ho lasciato tanti amici e tanti ricordi di bei viaggi e manifestazioni». Perchè la decisione di cedere e porre fine a questa attività che le dava tante soddisfazioni? «Se non fosse capitata l’occasione avrei continuato ancora a lavorare ma a casa mi hanno fatto riflettere che purtroppo gli anni passano e neanche io con gli anni non diventerò piu giovane e così ho preso anche un po’ a malincuore, la decisione di lasciare la mia bellissima tabaccheria, tutti i miei carissimi clienti, tutti i miei carissimi ricordi. Spero solo di aver lasciato un bel ricordo a Rivanazzano Terme dove io ho lasciato il mio cuore». Progetti per il futuro? «Certamente farò la nonna e qualche viaggetto, il primo già fatto. Ringraziamo Carla Balestrero che con il suo racconto ci ha reso un quadro di vita rivanazzenese che neanche un narratore storico sarebbe riuscito a fare meglio, e non so se a Rivanazzano esista l’istituto della cittadinanza onoraria ma io, se fossi un amministratore, un pensierino ce lo farei».
di Giacomo Lorenzo Botteri
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6.525 euro mensili, il costo dell’indennità del sindaco e della giunta per i rivanazzanesi
Deliberazione del Consiglio Comunale di Rivanazzano Terme dell’11 gennaio 2018
Partiamo dai numeri, che per definizione sono oggettivi. Ogni anno i cittadini di Rivanazzano Terme, spendono 30.119,76 euro per pagare l’indennità mensile al loro sindaco. La cifra andrebbe poi moltiplicata per cinque, perché un’amministrazione dura in carica un quinquennio. In totale dunque, alla fine di ogni mandato, gli elettori spendono oltre 150mila euro, per l’indennità del primo cittadino. Fare il sindaco è un mestiere ma allo stesso tempo è abbastanza rischioso. Specialmente nelle grandi comunità, dove il sindaco rischia di inimicarsi intere categorie sociali. Non è mai semplice gestire il funzionamento di una città, chiaramente in un paese come Rivanazzano Terme, i rischi diminuiscono in modo considerevole. L’indennità è in base anche all’impegno necessario ed al rischio connesso, ad esempio il sindaco di Milano, Giuseppe
Sala, guadagna circa 9.000 euro al mese governando una città di 1,5 milioni di abitanti. Chi si butta sulla carriera politica per vocazione e per spirito civico è sicuramente più avvantaggiato rispetto a chi lo fa soltanto per la visibilità e per lo stipendio che, comunque, è molto più basso di quello di tanti altri professionisti privati. La politica è indubbiamente un settore in cui girano molti soldi, soprattutto ai gradi alti. Non tutti però possono permettersi di sedere in Parlamento. Ci sono altri mestieri di responsabilità politica ben più legati al territorio e alla gente della propria comunità: uno di questi, forse il più rappresentativo, è il mestiere di sindaco. In Italia la legislazione prevede che il sindaco rimanga in carica cinque anni, al netto di possibili indagini o di crolli della giunta che portano ad elezioni comunali anticipate. Nel 1999 è stata approvata la legge Bassanini che regola gli stipendi dei
sindaci in base all’ampiezza del comune che amministrano. Nei comuni fino a 3000 abitanti il sindaco difficilmente guadagna più di 1500 euro al mese, a fronte di un collega che amministra un comune sotto i mille abitanti, percependo per questo servizio uno stipendio inferiore ai 1300 euro. I numeri crescono via via che le città si fanno più grandi. A Rivanazzano Terme, il sindaco Poggi si dedica anima e corpo al compimento del suo mandato nei migliori dei modi, e non avendo il dono dell’ubiquità, ha dovuto in parte trascurare la sua attività professionale, che portava avanti con successo da anni. Per questo motivo gli è riconosciuto l’attuale stipendio, deciso e confermato, in ossequio alle norme e leggi vigenti. Dall’11 gennaio, con deliberazione della giunta comunale che ha determinato l’indennità di funzione mensile del sindaco
Poggi e dei componenti della giunta comunale per il l’anno 2018, la giunta comunale costerà ai cittadini rivanazzanesi un importo totale all’anno di 78.311,4 che se moltiplicata per il quinquennio di durata del mandato ha un importo totale di 391.557 euro. E allora nessuno scandalo per le indennità, tutto nella massima trasparenza e secondo le leggi vigenti, ecco perché pubblichiamo le cifre relative al comune di Rivanazzano Terme. Non esiste modo migliore che informare i cittadini - elettori. Poggi fin dal primo giorno di mandato ha proseguito e sta proseguendo il buon lavoro del suo predecessore Ferrari che ha portato Rivanazzano ad essere uno dei comuni meglio gestiti dell’Oltrepò. Siamo fiduciosi, pertanto, che i soldi spesi per lui e la sua giunta siano giudicati congrui e ben spesi dai rivanazzanesi. di Monica Canestri
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Una buona notizia per Salice: L’Associazione Operatori Turistici continua la sua attività Dopo la brutta notizia del fallimento delle Terme a Salice è arrivata anche una buona notizia: l’Associazione Operatori Turistici continua la sua attività. Certo è che il peso della brutta notizia è superiore a quello della buona notizia, ma il fatto che l’associazione continui la propria attività non è un fatto da sottovalutare. Oggi più che mai Salice Terme ha bisogno che i gestori degli esercizi pubblici, insieme agli operatori turistici in modo compatto, lavorino non solo per salvare il salvabile, ma anche per porre le prime pietre per una possibile e futura rinascita della località. L’Associazione ha eletto una nuova presidentessa, Simona Merli. Nel consiglio è stata rinominata anche l’ex presidentessa Paola Maggi, un buon segno che significa, al di là della normale dialettica che deve contraddistinguere ogni associazione, che l’intento è quello di proseguire e lavorare compatti. Durante il suo mandato Paola Maggi ha profuso impegno, ha investito tempo e con grande dedizione ha organizzato manifestazioni. Come sempre avviene in questi casi, oltre agli elogi, sono arrivate le cri-
tiche: c’è sempre qualcuno che dice “Si sarebbe potuto far meglio!” Questo effettivamente è vero, peccato che chi normalmente lo dice non fa mai nulla. La nuova presidentessa Simona Merli, come facente parte dell’Associazione Operatori Turistici, negli scorsi anni si è impegnata in maniera lodevole. Ora il suo compito si amplia ed oltre ad organizzare eventi dovrà coordinare e condividere anche le idee degli altri, nell’intento di avere a Salice sempre più manifestazioni affinché arrivino sempre un numero maggiore di turisti, visitatori e quindi clienti. Non sarà un compito facile, il più difficile sarà quello di far capire a tutti i vari membri dell’Associazione che organizzare manifestazioni ed eventi costa. In qualche modo i vari associati dovranno contribuire e non in maniera simbolica, perché se le risorse sono simboliche le manifestazioni lo saranno di conseguenza. Per essere chiar : se tutti i vari operatori non ci mettono un po’ di soldi, pur con tutta la volontà possibile, la nuova presidentessa non potrà che organizzare manifestazioni di scarsa importanza. A Simona Merli, così come a chi l’ha pre-
Simona Merlì è la nuova presidentessa dell’Associazione Operatori Turistici ceduta, la grinta e le capacità non mancano certamente, speriamo solo che non capiti anche a lei di ritornare a casa sconsolata dicendo “Ho chiesto 100 euro per le luminarie natalizie e solo pochi esercenti me li hanno dati”. Speriamo che questo non avvenga più, perché se questo dovesse accadere ho la ragionevole certezza che dopo un po’ anche a Simona Merli scapperà la voglia di dedicarsi, rimettendoci tempo e magari anche
denaro, al suo paese. Il compito possibile, in base alla situazione attuale e alle risorse, che con logica speranza l’Associazione può raccogliere, non sarà quello di organizzare grandi eventi, ma sarà piuttosto quello di organizzare tanti medi e piccoli eventi, affinché, chiunque pensi di venire a Salice dica a se stesso: “Ci vado perché certamente avranno organizzato qualcosa!”. di Vittoria Pacci
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Il Parco ora è pulito Le Terme... “ripulite” Qualsiasi persona di buon senso, o meglio, qualsiasi persona normale, per fare entrare un ospite in casa sua non butta giù il muro, ma apre semplicemente la porta. A metà degli anni ’70 alle Terme di Salice al contrario la dirigenza, fortemente politicizzata, con una decisione che neanche negli angoli più sperduti dell’Unione Sovietica era mai stata presa, decise che la recinzione e le varie cancellate in ferro di delimitazione del Parco delle Terme di Salice dovevano essere abbattute per far entrare la gente. Certo! Qualsiasi persona normale direbbe perché toglierle? Sarebbe bastato aprire i cancelli, come in qualsiasi casa. Così non avvenne! Nel 1999 l’allora direttore commerciale delle Terme, Liberali, consigliò al presidente Somensini di cintare il parco con rete metallica e di mettere dei cancelli automatici temporizzati che si aprivano al mattino e si chiudevano per la notte. Somensini accolse l’idea, sia per delimitare la proprietà delle Terme, come fanno tutte le famiglie con il loro giardino, sia per cercare di limitare i vandalismi di cui era vittima il parco nelle ore notturne che costavano prima molte lire, successivamente molti euro alle Terme che si occupavano allora, della manutenzione e della pulizia del proprio parco. Tutti parlano e molti straparlano dicendo: “Il Parco di Salice Terme”, ma la realtà è un’altra: il Parco è delle Terme di Salice, ora una società fallita, purtroppo. Come purtroppo una sciagurata dirigenza delle Terme, anche alla luce della situazione attuale, nel 2012 cedeva l’uso perpetuo del parco ad uso ed ingresso pubblico. Mi domando e dico: “Ma quale proprietario di una bella casa cede il proprio giardino, all’interno del quale ci sono tutte le sue proprietà, ad uso pubblico? Ve lo dico io… nessuno!”. Il bislacco accordo tra Terme e Comune, ora che le Terme sono fallite, prevede, praticamente, in questi mesi di interregno, che sia, volente o nolente, il Comune ad occuparsi della manutenzione del Parco fino a quando non subentrerà un nuovo proprietario. Non è neanche il caso di dire per fortuna che c’è il Comune ad occuparsene, perchè se così non fosse e non ci fosse l’accordo sciagurato, se ne occuperebbe il commissario che provvederebbe alla pulizia e ordinaria manutenzione con i soldi degli affitti dei vari esercizi pubblici di proprietà delle Terme situati all’interno del Parco. Nei mesi scorsi ho sentito più e più volte dire: “Speriamo lo puliscano, speriamo taglino l’erba, speriamo facciano manutenzione ordinaria, speriamo potino le piante, speriamo venga debellata la processiona-
ria, speriamo… speriamo… speriamo…”. Quest’ansia dei salicesi è fuor di dubbio dovuta alla tanta gente che viene a Salice anche per fare una passeggiata nel Parco! L’attuale giunta comunale ha dichiarato che farà ciò che è nelle sue possibilità per mantenere pulito il Parco. Effettivamente in queste settimane è stata fatta la manutenzione ordinaria e per alcuni aspetti straordinaria ed anche la pulizia post-invernale del parco da parte di un’azienda locale che deve essere elogiata perché ha fatto un eccellente lavoro. Così come va elogiata l’amministrazione comunale che ha deciso di incaricare questa azienda, perchè il lavoro è stato eseguito non come se fosse il parco di qualcun altro, ma come se fosse il giardino di casa propria. Pertanto con particolare attenzione e amore. Non riesco invece a capire questo pseudo piagnisteo e questo pseudo allarmismo su “Come faremo a tenere pulito il parco?”. Veramente c’è scritto nell’accordo Comune - Terme del 2013 dove e come trovare le risorse: infatti in base allo sciagurato accordo, alcuni locali ed alcuni esercizi pubblici, situati all’interno del parco delle Terme e di proprietà delle Terme stesse, devono versare il loro affitto al Comune. Nello specifico, salvo errori o diversa interpretazione, parliamo di: piscina “Il Lido”, la discoteca “Naki Beach”, il dancing “La Buca” e il bar “Il Boccio”. Inoltre il comune incassa anche gli affitti del
“Minigolf” e del “Parco Avventura”, situati nella pineta adiacente ad esso. Si parla di una cifra intorno ai 70 mila euro, cifra incassata dal Comune (prossimamente saremo molto più precisi perché chiederemo al Comune di conoscere gli importi esatti). 70 mila euro sono tanti, sono pochi… le opinioni sono contrastanti! A noi non sembrano ne pochi ne tanti e dopo aver sentito vari esperti e società che si occupano di giardinaggio, ci sembrano sufficienti per mantenere il Parco pulito e più che dignitoso in attesa che il fallimento delle Terme sia risolto e che i nuovi proprietari possano mettere in atto un’eventuale manutenzione straordinaria. Non c’è da piangere, da allarmarsi e da sperare nella dea bendata, basta utilizzare i soldi degli affitti e dare l’incarico, come è stato fatto, ad un’azienda dotata di buon senso e capacità professionale. Sicuramente non bisogna ergersi ad eroi o salvatori del Parco di Salice Terme… ops, scusate del Parco delle Terme di Salice. Terme di Salice che per decenni si sono occupate a proprie spese, ingenti spese, della pulizia e della manutenzione del parco, che per decenni, così come oggi, è stato aperto al pubblico e quindi ad uso e consumo di tutti i clienti e di tutti gli esercizi pubblici di Salice, non solo ai clienti delle Terme o a quelli degli esercizi pubblici situati all’interno del Parco di proprietà delle Terme e dati in affitto. Quando il commissario Nannone, incari-
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cato dal Tribunale, sbroglierà la matassa del fallimento delle Terme e nell’eventualità qualcuno volesse acquistarle, siamo con ragionevole certezza certi che questo qualcuno per prima cosa, tramite un legale, tenterà, ed importanti giuristi concordano nel dire con buone possibilità di successo, di annullare lo sciagurato accordo Comune - Terme. A quel punto il Parco ritornerà ad essere ad uso esclusivo delle Terme stesse. Siamo pronti a scommettere che sempre il nuovo proprietario, se mai ci sarà, rimetterà in funzione i cancelli automatici che si apriranno e chiuderanno alla tal ora e si potrebbe così, come è stato fino a metà degli anni sessanta, reintrodurre un biglietto a chi non è cliente delle Terme o non è cliente degli esercizi pubblici di proprietà delle Terme, situati all’interno del Parco stesso, affinchè i visitatori, che non sono clienti termali o di società sub affittuarie, paghino un biglietto e con i ricavi di questi biglietti magari il nuovo proprietario, potrà investirli nella manutenzione del parco. Ci stiamo spingendo oltre... ma poi mica tanto oltre... se ne riparlerà quando e se qualcuno acquisterà le Terme. Per ora tutti possono godersi il Parco pulito e ripulito ops… il Parco è pulito, sono le Terme ad esser state ripulite! I soldi per fare questo ci sono, chiaramente senza atteggiarsi ad eroi! di Nilo Combi
PONTE NIZZA è stato il più agguerrito, il più tenace, il più originale tra i concorrenti dell’ultima edizione di Masterchef. Dando sempre il massimo a ogni prova, sfidando prima di tutto se stesso e poi gli altri concorrenti, Alberto Menino (24 anni, tortonese) è riuscito ad arrivare al terzo posto, vedendosi sfuggire per un pelo l’occasione della finale, disputata invece dall’ucraina Cateryna e dal marchigiano Simone, che ha poi vinto il programma. Uscito di scena con una discreta dose di rabbia e qualche recriminazione, Alberto ha superato tutti gli ostacoli previsti dalla trasmissione senza nessun attimo di cedimento, battendosi sempre con la massima concentrazione e distinguendosi nel gruppo per creatività e preparazione tecnica. Da qualche settimana è tornato a casa e soprattutto all’azienda di famiglia a Ponte Nizza (dove insieme al padre gestisce un negozio di prodotti tipici e dove è stato festeggiato anche dal sindaco Tino Pernigotti, che gli ha consegnato una targa ricordo) per raccogliere le idee e vagliare i progetti a cui dedicarsi nei prossimi mesi. Innamorato dell’Oltrepò, sta considerando quale sia la strada migliore da intraprendere adesso, coltivando il sogno, prima o poi, di aprire un proprio ristorante a due passi da casa. Alberto, passata l’arrabbiatura? «Assolutamente no! Scherzi a parte sì, mi è passata, anche se il rimpianto di non aver vinto o comunque di non essere andato in finale è rimasto. La conclusione ha lasciato un po’ di amaro in bocca ma l’esperienza in sè è stata indescrivibile, in tv si vede una minima parte di quello che accade, non si capiscono bene le dinamiche e i tempi. Esserci dentro però è totalmente diverso, ti metti alla prova come non hai mai fatto prima, e in poco tempo cresci enormemente, sia dal punto di vista della cucina che dal punto di vista caratteriale». Sta dicendo che si è calmato? «Sembra incredibile ma sì, mi sono tranquillizzato un po’. Ho un carattere vivace, molto forte, e spesso mi capita di rispondere male soprattutto alle critiche che mi vengono mosse. In questo caso, invece, credo di essermi controllato bene, di aver accettato con maturità gli appunti che mi sono stati fatti di volta in volta e di essere migliorato anche da questo punto di vista». La sensazione, in effetti, è che i giudici alla fine abbiano premiato un po’ la simpatia. «Più che la simpatia direi forse la storia, il contorno dei concorrenti. Io non ho alcun dramma alle spalle, fortunatamente sono un ragazzo normale con una famiglia normale, e forse è sembrato che non avessi abbastanza da raccontare. Però questo era un talent show, non un reality show, ed era giusto che fossero premiati il talento e le capacità piuttosto che la storia personale». Di certo non le hanno reso le cose facili. Su nove mistery box è arrivato tra i migliori sei volte, eppure non le hanno mai concesso la vittoria. Sembrava quasi fatto apposta, forse per spronarla a fare ancora meglio? «O forse per farmi arrabbiare! L’ho trovato un atteggiamento un po’ fastidioso da parte dei giudici, ho avuto la sensazione che conoscendo il mio carattere volessero proprio farmi saltare i nervi, forse anche per
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attirarmi le antipatie degli altri concorrenti. Indipendentemente da questo, però, io ho sempre lottato e gareggiato contro me stesso, degli altri mi è sempre importato poco. Il mio avversario sono sempre stato io, quello che mi interessava era mettermi alla prova di volta in volta, non superare gli altri. Esattamente come quando sono a casa e nel frigo non c’è niente: la sfida è creare qualcosa di buono con quello che ho, inventarmi un piatto dal nulla». E fra Cateryna e Simone chi avrebbe fatto vincere? «Cateryna, sicuramente. Ho sempre detto che se fossi andato in finale con Cateryna o se mi avesse sbattuto fuori lei lo avrei accettato più di buon grado. La sua cucina è molto più simile alla mia, in alcune prove ha rischiato molto di più rispetto a Simone, senza per questo voler togliere qualcosa a lui. Nell’ambito della cucina tradizionale è molto bravo, solo che dal mio punto di vista è meno innovativo di altri. Cioè, anche io parto spesso da ingredienti e piatti tradizionali ma cerco sempre di portarli nel 2018, di svecchiarli e renderli più interes-
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Alberto Menino, terzo classificato di Masterchef 2018
«Mancano da queste parti i ristoranti raffinati» santi. Lui è forse più legato al passato, e inevitabilmente ha azzardato meno durante tutto il percorso». Le chiedo un’ultima cosa su Masterchef poi andiamo oltre: l’amore per lo chef Barbieri, che ha sempre detto di ammirare molto, era corrisposto o meno? «Televisivamente è sembrato di no, hanno utilizzato in maniera funzionale al programma un siparietto simpatico che si è venuto a creare, in cui sembrava che non approvasse troppo il mio lavoro o la mia ammirazione nei suoi confronti. In realtà, in quei pochi secondi che abbiamo avuto di tanto in tanto per scambiare qualche parola coi giudici si è sempre mostrato molto aperto e disponibile, anzi gli è scappato anche qualche complimento. Mi ha detto che lo stupivo sempre ogni volta che passava davanti alla mia postazione, e questo mi ha davvero gratificato». Cosa sta facendo adesso? «Sto organizzando un po’ di eventi e mi sto guardando intorno per cercare di capire quali dovranno essere le mie prossime mosse. Nel frattempo ho registrato un paio di puntate su AliceTv (una andrà in onda il 13 aprile) in cui ho cucinato due piatti per il pubblico, ma per il momento non ho ancora nessun altro progetto ufficialmente avviato». Masterchef apre davvero delle porte? «Diciamo che devi essere bravo tu ad aprire quelle giuste. Di proposte ne sono arrivate parecchie ma tante non erano vicine alla mia idea di cucina, così qualcosa mi sono cercato da solo. D’altronde niente arriva dal cielo, bisogna cercarsi le proprie opportunità e mettercela tutta per farle fruttare».
Che progetti ha per il futuro? «In questo momento il mio progetto ideale è questo: lavorare per un paio d’anni in cucine rinomate, studiare, fare stage e maturare un po’ di esperienza osservando i grandi chef. Poi, quando la mia ragazza avrà finito l’università, prendermi un po’ di tempo (magari sei mesi, magari di più) per viaggiare con lei, scoprire posti e sapori diversi, aggiungendo agli ingredienti che già conosco quelli che provengono dai paesi più lontani. E poi, ovviamente, tornare a casa per aprire un mio ristorante». Qui in Oltrepò? «Sì, qui in zona, vicino a casa. Io sto bene dove sono nato, non ho la smania di affermarmi a Londra, a New York o in chissà quale grande città. Mi piace la quiete, mi piacciono i nostri paesaggi e i nostri ingredienti, non sento il bisogno di spostarmi. Anzi, il mio sogno è proprio quello di rimanere dove sono, e di valorizzare con il mio lavoro un territorio poco sfruttato e poco conosciuto. So che qui non c’è molto da fare (per non dire che non c’è proprio niente) ma vorrei dare il mio contributo per aiutare questo territorio a crescere». Ha detto diverse volte di sentirsi più oltrepadano che piemontese... «Al nord siamo tutti abbastanza chiusi, ci facciamo tutti i fatti nostri, ma il lombardo ho la sensazione che sia un po’ più aperto del piemontese. Penso a una città come Milano, così cosmopolita e piena di vita, e mi ci sento più affine. Ma penso anche alle colline dove lavoro tutti i giorni, alla mia nonna che vive qui, e mi rendo conto di avere un legame più forte con questa zona rispetto al tortonese. Con questo non voglio nulla togliere alla città dove vivo,
che si trova in una posizione strategica e che mi consente in un’ora di essere in Liguria, in Lombardia e in Emilia Romagna. Una risorsa non da poco dal punto di vista culinario, perchè mi ha consentito di conoscere bene i sapori di tre regioni invece che di una sola». E a proposito di Oltrepò, parliamo un po’ della ristorazione. La sensazione è che ci siano ottime potenzialità ma poco sfruttate, è d’accordo? «In questa zona si predilige la formula dell’agriturismo o dell’osteria, posti in cui mangi tanto e bene, per carità, ma da cui esci scoppiando. Questo è un peccato perchè come giustamente diceva anche lei le potenzialità ci sono eccome, ma le si sfrutta poco e il livello rimane sempre lo stesso. Mancano da queste parti i ristoranti raffinati, dove l’idea di cucina sia più originale, i posti dove se mangi dall’antipasto al dolce esci sazio ma non strapieno. Però sono fiducioso che un locale del genere potrebbe funzionare anche qui: la gente c’è e si sta abituando a una cucina di maggiore qualità, dunque non vedo perchè non provarci». Come lo immagina il suo ristorante? «Un posto piccolo, elegante, con venticinque o trenta coperti al massimo. Ai miei clienti proporrei i prodotti della tradizione locale rielaborandoli attraverso un’idea di cucina giovane e creativa. Userei tecniche particolari e poco gettonate, servirei piatti che richiamano sapori noti senza mai essere banali. Vorrei stupire chi assaggia i miei piatti senza disorientarlo, attingere al passato per creare qualcosa che parli un linguaggio fresco e contemporaneo». di Serena Simula
VARZI Lo hanno battezzato “maggiordomo rurale” ed è un progetto che mira in qualche modo a “servire”, come in effetti un maggiordomo farebbe, i territori disagiati dell’Alto Oltrepò. Supporto agli anziani e alle famiglie per sbrigare le commissioni quotidiane, aiuto ai genitori per il doposcuola dei figli, babysitting e grest estivi per ragazzi, un tentativo di arginare l’emorragia dello spopolamento che sta desertificando un’area troppo pesantemente condizionata dalla mancanza di servizi e infrastrutture. Si tratta di uno dei progetti finanziati dal bando di Fondazione Cariplo “Attiv-Aree”, oggi portato avanti da 20 partner pubblici e privati. A renderlo operativo, ormai dal giugno del 2017, la cooperativa sociale La Sveglia di Varzi, Onlus che dal 2010 opera sul territorio. «Sentivamo l’esigenza di creare un’attività che da una parte fornisse lavoro agli abitanti tutelando gli stessi nei loro diritti di lavoratori, dall’altra supportasse il territorio con una serie di servizi integrativi volti a coprire le esigenze» spiega la direttrice della cooperativa Valeria Colombi. Dopo circa otto mesi di attività qual è il bilancio? «Considerando che il nostro obbiettivo era relativo all’occupazione lavorativa possiamo dire che oggi lo abbiamo raggiunto, dal 2010 grazie principalmente alla Fondazione San Germano di Varzi, forniamo lavoro a circa ottanta persone, grazie invece al progetto “Attiv-Aree”, abbiamo potuto incrementare di 40 posti l’occupazione lavorativa». Com’è nata l’idea del “maggiordomo rurale”? «Nel 2017 abbiamo avuto la grande opportunità di partecipare al bando di Fondazione Cariplo, il programma intersettoriale AttivAree che ha finanziato il progetto “Oltrepò biodiverso, la natura che accoglie” e che vede come ente capofila La Fondazione Per lo sviluppo dell’Oltrepo Pavese che comprende, insieme alla nostra Cooperativa, altri 19 partner pubblici e privati dell’Oltrepò Pavese. L’intenzione era aiutare il territorio fornendo una serie di servizi che andassero ad integrare il welfare locale. Tutto il
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Programma progettato da Fondazione Per lo sviluppo dell’Oltrepo Pavese è volto al recupero e alla promozione del territorio, alla valorizzazione della biodiversità e al tentativo di marginare il fenomeno dello spopolamento rendendo il territorio sempre più attrattivo. La nostra azione all’interno del progetto, che si chiama “Maggiordomo rurale”, ha proprio come obiettivo il supporto agli abitanti, in particolar modo alle famiglie e ai soggetti svantaggiati, con una serie di servizi mirati e ben organizzati attraverso diversi servizi». Quali ad esempio? «Il doposcuola (che comprende corsi di inglese, attività sportive e culturali) in tutti i comuni aderenti al programma, organizzazione di GREST estivi volti alla valorizzazione e alla promozione del territorio, assistenza domiciliare, servizio di baby sitter e il famoso maggiordomo rurale che si muove sul territorio al servizio alle famiglie per la gestione dei tempi della loro quotidianità». Parliamo di questa figura. Come agisce? «Il Maggiordomo Rurale infatti è un moderno factotum che aiuta le famiglie e gli anziani nel disbrigo delle faccende quotidiane. Si occupa di ritiro e consegna spesa, ritiro di ricette mediche, prenotazione
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Valeria Colombi, direttrice della Cooperativa La Sveglia
il Grest, la scorsa estate a Santa Margherita Staffora erano presenti 19 bambini in 6 settimane. Il gruppo più corposo di fruitori sono però gli alunni delle scuole materne elementari e medie con il doposcuola. Più di 150 in un territorio vasto, che va da Varzi a Santa Maria della Versa». Come si accede al servizio? «è molto semplice, è sufficiente telefonare al numero verde 800193883, le Coordinatrici
verdi che magari qualche cittadino anziano non riesce più a sbrigare da solo, il costo è di 3 euro per la chiamata più 7 euro orari». Abbiamo detto che il servizio è partito nel giugno 2017. Fino a quando resterà attivo? «La data prevista è il luglio 2019» Quante persone sono impiegate in questo progetto? «I maggiordomi veri e propri sono due,
«Con il “maggiordomo rurale” lavoro e servizi in tutta la valle» esami e visite, pagamento bollette, ritiro pacchi e corrispondenza, ritiro e consegna farmici, ritiro e consegna lavanderia, attività di sistemazione della legnaia, piccola manutenzione del verde, accompagnamento alunni doposcuola, e tanto altro». Quante persone usufruiscono del servizio? «Del maggiordomo rurale ad oggi 14 persone, mentre dell’assistenza domiciliare ne usufruiscono in 18. Per quanto riguarda
prendono la chiamata e organizzano il servizio richiesto». Ha un costo? «Sì, ma grazie al cofinanziamento di Fondazione Cariplo, è davvero accessibile e contenuto: si tratta di 3 euro per le commissioni varie come ad esempio spesa, lavanderia, prenotazione esami, ritiro farmaci, mentre se si richiede un servizio personalizzato, come può essere la sistemazione della legnaia o la manutenzione di aree
persone regolarmente inserite nel personale della Cooperativa La Sveglia che hanno una forte predisposizione verso i rapporti umani, verso le persone svantaggiate e sempre un sorriso in volto. Se consideriamo invece il progetto complessivo con tutti i servizi connessi siamo riusciti ad incrementare il personale e a fornire lavoro a ulteriori circa quaranta persone». di Christian Draghi
VARZI
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La Pro Loco in mano al conte Odetti «Il brand Varzitaly per esportare il paese» «Varzi paese depresso? Non scherziamo». Dopo avere riaperto il Castello Malaspina di cui è proprietario, il conte Enrico Odetti di Marcorengo lancia il brand “Varzitaly” e si prende la Pro Loco varzese, che dopo la scomparsa del presidente Giorgio Pagani sembrava avviata sul viale del tramonto. «è la mia nuova sfida, io sono fatto così, mi piace l’azione e sono un ottimista» spiega Odetti, ormai a tutti gli effetti varzese d’adozione. Dal 2015, da quando è stato completato il restauro del castello di famiglia, il suo impegno per trasformarlo in un polo culturale ed enogastronomico che potesse fungere da volano per la promozione turistica dell’intero territorio è stato costante. L’obiettivo adesso è uscire dalle mura, rilanciando l’intero paese. Una sfida ambiziosa, conte Odetti. “Varzitaly” è la sua prima mossa? Di che cosa si tratta esattamente? «è probabilmente uno degli approdi naturali della mia volontà di esportare il più possibile il nome di Varzi. Quando giro per l’Italia e all’estero, raccontando del Castello come realtà che vuole essere al centro di un progetto di valorizzazione territoriale, oltre a riportare la storia della mia famiglia, diretta discendente dei Malaspina, mi ritrovo sempre a parlare di vino e salame che, come ben sappiamo, continua in barba alle critiche a fare un’ottima pubblicità al borgo medievale di Varzi. Così, strizzando l’occhio al brand che ha saputo valorizzare le eccellenze enogastronomiche italiane, ho voluto battezzare uno spazio della mia struttura “Varzitaly” pensandolo proprio come una vetrina che potesse incrementare la visibilità delle specialità oltrepadane». Funzionerà come uno shop o come un marchio? «Entrambi, possibilmente. La vetrina fissa dove poter trovare il “VarzItaly” sarà all’interno del caffè letterario che si sta per inaugurare nei locali del Castello, internamente a quello che era un antico ricovero per gli attrezzi. Qui, in un’epoca in cui il
turismo si fa sempre più esperienziale, si cercherà di offrire ben più di un semplice souvenir, ma di offrire un ricordo che abbracci i cinque sensi, che una volta giunti a casa, riporti la mente e il cuore alle terre d’Oltrepò». Del brand invece che dice? «è un marchio in fase di registrazione con cui il Castello Malaspina di Varzi seleziona e promuove il meglio dell’Oltrepò Pavese, dai prodotti del territorio a quelli della creatività e dell’ingegno dei suoi abitanti. Eccellenze da valorizzare e far conoscere anche oltre i confini nazionali, attraverso le fiere cui il Castello partecipa. Il “debutto in società” Varzitaly l’ha già fatto a “Fa’ la cosa giusta!”, fiera del consumo critico e degli stili di vita sostenibili, il 23 e 25 marzo a FieraMilanoCity, dove il Castello si è presentato come punto ristoro con una proposta di street food legata alla tradizione».
«Varzi depressa? Stare in tangenziale a Milano è deprimente, qui paesaggi mozzafiato ed eccellenze in tavola» Un nuovo brand, promozione del territorio... Gira voce, c’è chi dice si già ufficiale, che lei sarà il nuovo presidente della Pro Loco di Varzi, un’associazione che con la morte di Giorgio Pagani era vicina al definitivo scioglimento… «Confermo. Qualche tempo fa, parlando con il sindaco Alberti, è uscito fuori che la Pro Loco stava scomparendo, essendosi sfilacciata dopo la scomparsa di Pagani. Così mi sono offerto io di prendermene carico, dato che considero l’associazionismo il futuro dell’Italia, non solo del paese di Varzi». Lei organizza diversi eventi culturali ed enogastronomici al Castello e quindi una certa esperienza l’ha acquisita, ma gui-
dare una Pro Loco significa confrontarsi con il pubblico e non solo con il privato. Si sente l’uomo giusto al posto giusto? «Diciamo che l’esperienza con il Castello mi ha insegnato molto e quello che finora ho fatto qui vorrei provare a farlo fuori dalle mura, con il paese. Ho organizzato molti eventi che, anziché svolgersi all’interno del Castello, potrebbero tranquillamente essere ambientati in piazza e per le vie del centro. I contatti di certo non mi mancano e a Varzi io riconosco tutte le potenzialità per tornare grande». Una delle difficoltà più grandi lamentate dal suo predecessore e il suo team era stata la mancanza di collaboratori e la risposta diciamo “tiepida” da parte della cittadinanza alle iniziative proposte. Questi aspetti non la spaventano? «Io non voglio pensare in negativo, anzi non ne posso più di questa paura del futuro generalizzata. Posso dire che esco, sono in giro, parlo con la gente, di Varzi e da fuori. Tanti mi hanno espresso solidarietà e anche dato disponibilità per collaborare a fronte di un mio impegno. E’ abbastanza per volerci provare, con umiltà e con il sorriso sulle labbra». Insomma, lei alla storia della Valle Staffora come area depressa non crede… «Deprimente per me è stare per anni due ore al giorno in tangenziale a Milano, qui quando mi sveglio vedo dei paesaggi fantastici. Posso assicurare che la qualità della vita qui è tutta un’altra cosa e moltissimi milanesi la pensano come me. Poi per anni ho girato l’Italia vendendo materiale elettrico, mangiavo e bevevo fuori per lavoro due volte al giorno e so che questo territorio ha delle eccellenze assolute». Da quale di queste si dovrebbe partire? «Dal salame più che dal vino, perché è la principale tipicità di Varzi». Una tipicità che recentemente è stata criticata per la sua qualità… «Secondo me manca un controllo più forte da parte del consorzio, e una logica imprenditoriale diversa, che punti a valorizzare la qualità. Dovrebbe essere un prodotto di nicchia e a costo più elevato».
Enrico Odetti di Marcorengo Manca persino una fiera che lo rappresenti. Se ne parla da tanto manessuno si fa avanti per organizzarla. Ci proverà lei? «Sicuramente è uno degli obiettivi per cui mi metterò in gioco con più forza». Che Pro Loco sarà quella guidata da lei? «Ci sarà un nuovo direttivo ancora da definire, ma lo spirito per me è quello di aggregare tutti, partendo dalle tante associazioni che già esistono e operano a Varzi, di cui la Pro Loco dovrebbe fare da sorta di cappello». C’è un evento imminente targato Pro Loco che è la fiera del primo maggio, probabilmente l’appuntamento più importante per Varzi insieme alla festa medioevale. A che punto sono i preparativi dato che i tempi sono stretti? «Per quello non dovrebbero esserci problemi, avremo comunque l’aiuto del Comune per questo evento. Il mio obiettivo è realizzarne molti di più, ma per questo bisogna prima creare il terreno, a cominciare dal trovare collaboratori e volontari che abbiano voglia di dare una mano, capendo che una Pro Loco che funziona è un’associazione che porta gente, e quindi lavoro, in paese. Il mio primo obiettivo sarà presentare ai varzesi la nostra proposta con una festa in piazza, magari una classica raviolata, da offrire ai nostri concittadini. L’obiettivo è unire, non dividere». di Christian Draghi
BRALLO DI PREGOLA Nell’economia locale della Comunità Montana dell’Oltrepò Pavese, soprattutto grazie all’impegno di allevatori motivati e attenti al recupero della tradizione agro-alimentare di genuinità e di naturalità del nostro territorio, la produzione di formaggio biologico seppure non in grande quantità, occupa un posto di rilievo. Il latte da cui si ricavano gli ottimi formaggi è prodotto da bovini selezionati, allevati con una alimentazione sana e genuina basata sul pascolo e su fieno e cereali di ottima qualità. Il ciclo biologico è assicurato dalla rotazione delle colture per l’alimentazione e la sicurezza del prodotto è garantita dalle metodiche di lavorazione, stagionatura, conservazione. Giorgio Tornari e sua moglie Daniela sono i titolari della piccola società cooperativa agricola Cima Colletta che dal 1989 in località Lagone al Passo del Brallo allevano vacche e trasformano tutto il loro latte in yogurt e formaggi. Abbiamo visitato il caseificio per fare alcune domande sulla produzione dei formaggi tipici di questi luoghi, in particolare la Molana. La vostra azienda è nata come allevamento di vacche da latte e solo in un secondo momento avete deciso di produrre formaggi, com’è sorta questa esigenza? «La crisi del mercato agricolo e del latte in particolare, la concorrenza delle grandi stalle di pianura hanno fatto si che, dopo pochi anni, iniziassimo un nuovo percorso motivato dalla ferma volontà di non abbandonare la montagna e l’allevamento di qualità.
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La Molana, formaggio tipico delle nostre montagne
particolarità? «La molana è un tipo di caciotta che produciamo solo nel periodo invernale perché necessita di una lavorazione della cagliata a temperature molto basse. Viene chiamata così per via della tenerezza della sua pasta, molle anche se abbastanza compatta come i formaggi a breve stagionatura. Presenta una pezzatura piuttosto ridotta, forma bassa e rotonda del diametro di 20
a lavorare con noi e ci aiuta con i mercati e le consegne. Oltre al nostro spaccio vendiamo i nostri prodotti anche nei mercati Campagna Amica, la domenica a Voghera in piazza Duomo e al sabato a Pavia. Riforniamo anche qualche negozio perché il cliente quando assaggia i nostri prodotti di qualità torna a richiederli». Non avete pensato di spostare il caseificio giù in valle per agevolare il vostro
facciamo grandi produzioni. Il problema è che siamo rimasti in pochi, ci sentiamo un po’ abbandonati anche dalle istituzioni. I produttori che decidono di rimanere in queste zone dovrebbero essere più tenuti in considerazione. Il Passo del Brallo era un tempo una zona turistica molto frequentata. Ora ci sembra che tutto sia un po’ lasciato andare. Tutti si lamentano ma nessuno fa niente per cercare di recuperare
«Servirebbero dei progetti della Comunità Montana per valorizzare le produttività locali» Abbiamo così deciso di ridurre il numero di vacche in produzione e lavorare direttamente in azienda il latte per recuperare i formaggi della tradizione. Il nostro latte è di ottima qualità perché l’alimentazione del bestiame è interamente costituita da prodotti della nostra azienda che dispone di circa 80 ettari di prato stabile da sfalcio e circa 50 ettari di coltivi abbandonati riconvertiti a pascolo. Le nostre vacche rimangono al pascolo praticamente per l’intero anno ed ogni capo è munto due volte al giorno». Quali formaggi avete iniziato a produrre? «Abbiamo iniziato a fare il formaggio per cercare di riportare in vita le caciotte che facevano in casa le nostre nonne e poi abbiamo iniziato a recuperare altri formaggi come il nisso e la molana. Utilizzando solo il nostro latte è possibile che i formaggi finiscano troppo presto. Inoltre, Cima Colletta ha correttamente scelto di mantenere le stagionalità tradizionali delle diverse produzioni per cui la Molana è disponibile solo durante l’inverno». Parliamo della molana, il formaggio tipico di questa montagna. Quali sono le
centimetri e peso variabile fra 600 g e 1 kg. Viene ottenuta dalla lavorazione del latte intero vaccino con l’aggiunta di fermenti lattici e sale. Ha sapore dolce e delicato con intensità che si accentua a mano a mano che si completa il processo di maturazione che va dai 15 ai 40 giorni. è ideale come formaggio da tavola e abbinato alla polenta». Quali altri formaggi produce il vostro caseificio? «Abbiamo le caciotte sempre di latte vaccino intero prodotte con lavorazione termizzata che sono a pasta morbida e dal sapore delicato e le caciotte aromatizzate con le erbe locali come ginepro, timo, origano, aglio e poi anche peperoncino. Abbiamo due tipi di formaggio stagionato, il lagone a pasta abbastanza morbida e saporita e lo scaglia che viene prodotto con latte crudo essendo poi stagionato per molti mesi. Infine il primo sale che è un formaggio fresco dal gusto molto delicato, la ricotta e lo yogurt». Vendete i vostri prodotti solo qui nel vostro spaccio aziendale a più di mille metri d’altitudine? «Da qualche anno nostra figlia ha iniziato
lavoro di vendita e consegna? «Noi siamo nati qui e siamo molto legati al nostro territorio, vogliamo seguire da vicino il nostro allevamento, intendiamo mantenere la qualità dei nostri formaggi, non
queste bellissime montagne. Servirebbero dei progetti della Comunità Montana per incentivare il turismo e valorizzare le produttività locali». di Gabriella Draghi
«Noi siamo nati qui e siamo molto legati al nostro territorio... Il problema è che siamo rimasti in pochi, ci sentiamo un po’ abbandonati anche dalle istituzioni»
ROMAGNESE
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La frana di Casale: «Nessun pericolo per gli abitanti» «Nessun pericolo per le persone e le case ma, se così fosse, le famiglie verrebbero immediatamente evacuate in maniera cautelativa in luoghi sicuri”. Il vicesindaco di Romagnese Ada Risi interviene per tranquillizzare la popolazione dopo che la frana nella frazione Casale dovuto alle piogge abbondanti delle scorse settimane aveva generato allarme. Risi si può dire che la situazione è sotto controllo? «I tecnici della Protezione Civile, gli stessi tecnici dell’ UTR, intervenuti nell’immediatezza di questo nuovo evento atmosferico, sono concordi nel ritenere che non sussistano motivi di allarme, tale da mettere in pericolo, le persone e le case della frazione. La situazione è monitorata costantemente e interverremmo subito qualora si manifestasse un qualunque rischio».
Sono previsti interventi? «Naturalmente siamo al lavoro, per andare ad eseguire tutti gli ulteriori accertamenti e azioni che si renderanno necessarie per rallentare l’evoluzione della frana e mettere in sicurezza il versante». Recentemente siete entrati in Unione con Brallo, Menconico e Santa Margherita Staffora. è stato fatta solamente per poter disporre dei fondi del bando Aree Interne o risponde ad altre logiche? «La scelta di unirci con gli altri comuni montani deriva principalmente da considerazioni di merito e di metodo, dalla ubicazione geografico-naturalistica, dalla similitudine del modello di accoglienza turistica (proprio nel territorio alto, abbiamo il maggior numero di attività ricettive) e nella possibilità di crescita. Scelta maturata nel tempo e non da ora.
«Verrà riqualificato il Giardino Botanico Alpino di Pietra Corva, il museo etnografico, ci saranno investimenti importanti sulle vie storiche, sull’illuminazione pubblica e la sicurezza» Il dissesto idrogeologico però in quella zona rappresenta un problema annoso. Avete eseguito controlli o indagini per capirne la natura? «Si tratta di un fenomeno franoso classificato come “scivolamento, colata e fenomeno complesso”, riattivato a seguito del congiunto scioglimento rapido della neve in concomitanza a precipitazioni abbondanti, già segnalato e già oggetto di lavori di messa in sicurezza negli scorsi anni. Nel 2016, a seguito di un periodo di forti piogge, si era notato un certo movimento, ed era quindi stata fatta una richiesta di intervento agli organi competenti. Da allora, abbiamo continuato a segnalare e ad eseguire tutte le verifiche necessarie».
Anche i comuni che non sono andati in Unione usufruiranno dei fondi destinati da Aree Interne. Quello che però avevamo sottoscritto in fase di candidatura al progetto andava nella direzione di creare le unioni, proprio per rispondere al meglio a quei criteri progettuali. Per questo si è assistito a quella che è sembrata una accelerazione, mi permetto però di sottolineare che è stata una scelta precisa e un voler mantenere fede a impegni presi ai tavoli istituzionali». Riguardo al Bando Aree Interne c’è chi ha un po’ polemizzato, come il sindaco di Menconico Bertorelli, sostenendo che il bando non finanzia i progetti che possono portare un vero sviluppo. Lei con-
corda? «A tutti noi sarebbe piaciuto veder finanziato il proprio singolo progetto, ma Aree Interne ha chiesto una cosa diversa, di pensare in “grande”, per il bene di tutta la comunità, prescindendo dal singolo comune. Le considerazioni del sindaco Bertorelli sono corrette solo se riferite a quello che era il suo desiderio iniziale. La sfida invece è proprio quella di cambiare passo e in questo tutte le amministrazioni locali stanno dando prova di volere davvero un cambiamento radicale». Voi per quali progetti avete ottenuto finanziamento? «I progetti che si andranno a realizzare non sono solo nostri, sono progetti d’area e la vera novità riguarda la ricaduta sul territorio vasto. Comunque, nel perimetro di Romagnese, verrà riqualificato il Giardino Botanico Alpino di Pietra Corva, il museo etnografico, ci saranno investimenti importanti sulle vie storiche, sull’illuminazione pubblica e la sicurezza». E la Casa Albergo? Esistono concrete prospettive di recupero? Com’è la situazione oggi? «La situazione, inutile negarlo, è estremamente complessa. Stiamo lavorando congiuntamente con tutti gli enti coinvolti. La risoluzione di tutte le problematiche, prevede un iter complesso, dato però l’interesse dimostrato anche da alcune realtà private, siamo fiduciosi di poter dare una destinazione d’uso alla struttura». La frazione Casa Matti è salita all’onore delle cronache perché la comunità di migranti che ospita è più numerosa dei cittadini residenti. Quanti sono oggi i profughi e come procede la loro integrazione? «Effettivamente, quando sono arrivati i migranti, si è creato un certo sconcerto, anche in considerazione del loro numero, in rapporto al numero di abitanti della frazione. Il loro numero è determinato dalla Prefettura, sulla base della capienza della struttu-
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Ada Risi, vicesindaco dal 2014 ra ospitante. Comunque sono diminuiti nei numeri, anche grazie al minor numero di sbarchi. L’integrazione richiesta per legge è invece garantita dalla cooperativa Finis Terrae, frequentano corsi d’italiano, sono seguiti per le pratiche burocratiche e aiutati nell’iter psicologico». Il Comune ha trovato loro un impiego di qualche tipo? «Da parte nostra, si è avviato un progetto che vede alcuni di loro impegnati come volontari, nel museo civico, partecipano attivamente alle visite e si occupano dell’accoglienza delle scolaresche e dei visitatori. La ASD Romagnese calcio ne ha integrati alcuni, che giocano con i nostri ragazzi, con ottimi risultati». Com’è la situazione delle casse comunali? Si era parlato di un disavanzo, circa 80mila euro da recuperare.... «Siamo soddisfatti di quanto abbiamo operato sino ad’ora per risanare le nostre casse, e riteniamo di arrivare al pareggio di bilancio entro la fine del nostro mandato, come peraltro previsto dalle normative in materia di bilancio, vigenti». di Christian Draghi
CASTEGGIO
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«Attività che aprono e chiudono, Casteggio città da turnover» La crisi in questi anni è dilagante e capita di vedere attività commerciali che chiudono i battenti per sempre. Quando succede ai negozi storici la malinconia rischia di prendere il sopravvento. Quali sono a Casteggio le attività che resistono e quali invece non riescono a stare al passo con i tempi? Abbiamo intervistato l’assessore al commercio Lorenzo Vigo, il presidente dell’Ascom casteggiana Paolo Covre e le titolari di nuove attività da poco aperte in città. Vigo è vero che quattro negozi storici hanno chiuso recentemente? «Sì, è vero. Negozi storici che hanno chiuso perché i proprietari hanno raggiunto una certa età, i figli non hanno continuato l’attività e nessuno li ha rilevati». Quindi una decisione non dettata dalla crisi economica. «No, assolutamente. Credo anzi che fossero negozi con il loro buon giro di clientela, proprio perché storici». Hanno aperto nuove attività a Casteggio? «Sì. Il fatto è che Casteggio vede spesso turnover sui negozi, perché, commercial-
mente parlando, è una piazza molto appetibile. Finchè si parla di negozi storici che cedono il passo ad altre attività direi che è anche fisiologico. Quando invece c’è grande turnover di negozi che si pensa possano
«Casteggio è sempre una piazza appetibile, ma il periodo è difficile anche da noi» far presa sul pubblico e invece chiudono prima del tempo, ecco questo non è un gran segnale positivo». Cosa ci dice della situazione economica questo grande turnover? «Ci dice due cose. Primo che Casteggio è sempre una grande piazza interessante per il commercio e questa è una cosa positiva e significa che la gente vuole aprire attività qui. Seconda cosa è che le difficoltà restano. A me piacerebbe non avere nessuna apertura, ma anche nessuna chiusura:
questo vorrebbe dire che i negozi aprono e stanno aperti, funzionano, il commercio gira. Le difficoltà nel commercio ci sono anche da noi, questo penso sia una situazione generale in Italia». Le dinamiche commerciali stanno cambiando? «Inevitabilmente sì. La trasformazione va di pari passo con i tempi. Se prima c’era il grande spettro della grande distribuzione, che sembrava ammazzasse le piccole attività, adesso c’è il mondo del commercio online. Addirittura non serve neanche più litigare per i piani regolatori, per aprire i supermercati o cose di questo tipo perché si compra online, direttamente dalla fabbrica di produzione. Non sembra, ma se si guardano i dati oggi l’e-commerce sta prendendo delle dimensioni che rischiano di annullare il commercio locale quasi totalmente. Per questo ritengo che sia sempre più importante fare delle scelte commerciali che guardino su mercati particolari e di settore. Mettersi a fare la lotta con colossi come Amazon per prodotti che si possono acquistare in rete diventa difficile come sostenibilità sul lungo periodo. Se parliamo di prodotti alimentari di qua-
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Lorenzo Vigo
lità, di artigianato, allora si può trovare un mercato anche di lusso o comunque economicamente remunerativo, parlo di prodotti che non si comprano online. è un cambio di passo che si dovrà fare e che avverrà fisiologicamente anche con le nuove generazioni di commercianti». A Casteggio quali sono, a suo giudizio, le attività che funzionano maggiormente? «Sicuramente ci sono ancora dei baluardi
CASTEGGIO per quanto riguarda l’abbigliamento: in questo settore ci sono attività che hanno ancora decisamente una buona clientela. Inoltre c’è il settore alimentare che ha un buon seguito e le agenzie di viaggio e altri servizi come i bar. Questi ovviamente hanno una dimensione differente dal negozio di vicinato classico e anche questi possono avere alti e bassi, ma di sicuro l’uscire in compagnia a bere qualcosa non lo si fa online! Quindi il mercato in questo caso è diverso e anche loro possono fare da traino per portare persone a Casteggio». Paolo Covre, presidente dell’Associazione Commercianti casteggiana, ci fornisce alcuni dati sul commercio locale. «Nel 2017 a Casteggio ci sono state trenta aperture, venti chiusure e nove sub ingressi. Questo vuol dire che se conteggiamo tra queste venti chiusure le nove subentrate direi che sono state undici effettivamente su trenta. Questi sono i dati statistici. Sul discorso del commercio posso dire che Casteggio è un comune di piccole dimensioni (a confronto, per esempio, di Stradella e Broni) e funziona. Funziona in proporzione alla situazione di crisi che c’è in questo periodo storico e che ha colpito tutta la fascia dell’Oltrepò e la Provincia di Pavia. La volontà di aprire e investire c’è da parte di molti, questo è un auspicio a pensare che tutto il commercio possa riprendere piede. Il mercato, poi, rimane sempre un veicolo importante per tutto il commercio a sede fissa: le due giornate settimanali di mercato sono, quindi, decisamente importanti anche per tutti i negozi della città». Come vede il futuro? «La prospettiva è rosea rispetto agli anni 2014 e 2015 che sono stati effettivamente di crisi profonda. C’è un auspicio alla positività, viste le nuove aperture e viste le iniziative che si stanno programmando con comune e Proloco per portare gente a Casteggio». La panetteria Vai di Piazza Cavour, la macelleria equina di Sandro Bozzi, la profumeria Lucy di via Emilia sono alcuni dei negozi storici di Casteggio che hanno
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Paolo Covre
cessato l’attività. Come già detto dal Presidente Covre, per qualcuno che chiude c’è qualcuno che, per fortuna, apre. Tocca quindi a persone giovani, ambiziose e volenterose cercare di rendere il commercio casteggiano ancora appetibile. In particolare, ci sono due ragazze, Katiuscia e Francesca che da un anno esatto lavorano con entusiasmo in città grazie alla decisione di aprire due negozi che si sono rivelati essere di grande successo. Katiuscia Zaccaria è la titolare di Newballoon store, un negozio di gadget e palloncini colorati per ogni occasione che ha aperto da circa un anno. Come è nata l’idea di aprire questo negozio? E perché proprio a Casteggio? «Ho voluto provarci, bisogna rischiare. Trovare lavoro in questi ultimi tempi non è per niente facile e quindi ho fatto la pazzia di aprire. Da quando sono mamma mi è nata un po’ questa idea tutta colorata! Qui in zona non c’era niente di tutto ciò e quindi ho tentato». Come vanno gli affari? «Per ora stanno andando bene. Faccio palloncini e decorazioni varie. Mi sto anche ingrandendo perché ho aggiunto articoli da regalo e qualche gadget originale e particolare. Casteggio mi piace molto come città e si sta bene». Francesca Pesci, fotografa e titolare dell’omonimo negozio, ha aperto la sua
attività esattamente un anno fa. Lei ha soli 24 anni. Cosa l’ha spinta ad aprire un’attività? «è una passione che ho fin da piccola, tramandata da mio nonno. Ho frequentato la scuola di grafico pubblicitario con l’idea di proseguire la carriera da fotografa. Finite le superiori ho iniziato l’Accademia Biennale di Fotografia a Milano: questa scuola mi ha aperto il ventaglio di tutti i generi fotografici e mi ha insegnato di tutto, davvero. Poi sono arrivate le collaborazioni con fotografi locali e la fiera sposi di Pavia. Alla fine ho poi preso la decisione di aprire uno spazio tutto mio, dove poter far vedere i miei lavori e lavorare, nel mio studio ho infatti anche la sala pose dove posso ritrarre bambini, famiglie, ragazze che vogliono un book fotografico…tutti insomma». Una particolarità del servizio che offre? «Ho anche la sala trucco. Farò infatti dei servizi di maternità e offrirò il trucco».
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Francesca Pesci
Katiuscia Zaccaria Lei non vive a Casteggio, cosa l’ha por- scelta migliore. Casteggio prende poi antata qui? che tanta gente dalle colline». «Io sono di Borgo Priolo. La scelta era Come valuta questa sua esperienza dopo tra Casteggio e Pavia, ma poi ho scelto di un anno? aprire qui perché ha più disponibilità di «Bene! Vorrei continuare la mia carriera parcheggio e poi è vicino all’autostrada e come fotografa matrimonialista e di ritratquindi facilmente raggiungibile. Avendo ti, che sono le due categorie che più mi inclienti che arrivano anche da Milano, da teressa portare avanti». Alessandria, da Torino mi è sembrata la di Elisa Ajelli
BRESSANA BOTTARONE
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Bressart, il “ponte culturale” che collega il territorio In una primavera che stenta a mostrare il suo volto più solare, a Bressana Bottarone si stanno vivendo settimane molto calde sotto il profilo culturale. Il municipio, e la sua Sala Polivalente, sono un cantiere in fermento, e la sindaca Maria Teresa Torretta, con il suo staff, ha inaugurato una stagione di eventi di alto profilo. In particolare, dal 3 al 6 maggio si terrà il festival ‘Bressart’. A muoverne le leve in sala macchine c’è l’assessore alla Cultura, Gianfranco Ursino. Ormai manca poco: fra meno di un mese si terrà la nuova edizione di Bressart, una grande festa non solo per il vostro paese ma per tutto l’Oltrepò. Da quali obiettivi siete stati mossi? «La preparazione possiamo benissimo dire sia partita già nel momento in cui si è conclusa l’edizione dello scorso anno. Dati gli ottimi riscontri, ci siamo detti che Bressart poteva diventare un appuntamento fisso per l’Oltrepò, dove c’è fame di cultura. I nostri paesi hanno voglia di queste cose. Perché non pensare di offrire anche qui alcuni dei momenti culturali tipici delle grandi città, che ne sono ormai sature? Abbiamo visto che certe proposte danno dei risultati anche quando vengono portate in provincia. E data la posizione geografica di Bressana, posizione di passaggio, anche per la presenza del ponte fra Pavese ed Oltrepò, l’idea sarebbe quella di creare qui un centro culturale. Con tanto dispendio di energie, più che di risorse economiche». Bressana si candida, dunque, a diventare la capitale della cultura in Oltrepò. «Il titolo che abbiamo voluto dare alla manifestazione è ‘Bressart - Di là del fiume e tra gli alberi’, che riprende una frase di Hemingway, per trasmettere l’idea di questo festival che vorrebbe fare da ponte anche verso i territori circostanti. Avremo anche alcuni curatori di mostre di livello nazionale per non dire internazionale. Faccio l’esempio di Roberto Mutti, che segue la parte del festival dedicata alla fotografia. Come pittura ci sarà anche la collaborazione con un professore dell’Accademia di Brera, che coordinerà un’estemporanea». Facciamo un esempio concreto di questo ‘ponte’ metaforico verso il territorio circostante. Ci sono già concretizzazioni? «L’idea è quella di gettare le basi per una rete continua di momenti culturali che tengano alto il livello complessivo delle manifestazioni del territorio. Quest’anno abbiamo iniziato ad allargarci ad altre realtà a noi vicine: ci sarà un’iniziativa a Bastida, ma abbiamo iniziato a lavorare anche con il comune di Stradella, che ci ha messo a disposizione del materiale sulla figura
di Agostino Depretis. Non è secondario che questa iniziativa abbia ottenuto anche il patrocinio della Provincia e della Regione. È comunque un percorso che, abbiamo visto, bisogna portare avanti nel tempo.» Quali saranno le tematiche proposte al pubblico? «Il festival avrà come tema conduttore la memoria, intesa anche come trasformazione del territorio. Partendo da diversi punti di vista, con diversi spunti. Il festival deve essere sinonimo di partecipazione, quindi ci saranno momenti che cercheranno di coinvolgere la popolazione, come del resto è accaduto già lo scorso anno. Diverse performance artistiche saranno svolte nelle vie del paese, all’interno degli esercizi commerciali, al mercato. Sono questi i luoghi del festival, assieme al quartier generale, la Sala Polivalente. Non si svolgerà quindi soltanto al chiuso, ma entrerà nel vivere quotidiano delle persone di Bressana. Un festival diffuso».
laboratori dedicati ai bambini, per far capire loro che possono partecipare in prima persona anche utilizzando, e non subendo, questi mezzi. Le persone saranno dotate di iPad e cuffie e potranno intraprendere percorsi audiovisivi che le porteranno indietro nel tempo, passeggiando per le vie del paese, e rivivendo le proprie tradizioni storiche e culturali.» Chi si occupa della realizzazione del festival? «La direzione artistica è curata dai ragazzi dell’associazione Acquasumarte, che si sono insediati a Bressana da alcuni anni, e hanno ormai qui la loro sede operativa. Anche sull’onda del successo dello scorso anno, hanno deciso di aprire qui uno spazio per artisti, la Casa di Amleto. Di cosa si tratta? «La Casa di Amleto è luogo dove ci sono già iniziative in corso e che è dotato di una foresteria, che artisti provenienti da ogni dove possono utilizzare per sviluppare
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zata come cinema, e prima ancora come sala da ballo: era un po’ il fulcro della vita del paese. Mi sono preso come impegno, fin dall’inizio, di avviare un percorso per rimetterla a nuovo. Questo percorso è stato avviato sotto il punto di vista strutturale ed impiantistico. Ma per poter attingere a dei contributi, necessari per poter rendere sempre più idonea la sala ad accogliere manifestazioni, bisogna dimostrare che il progetto funziona.» In che modo? «Lo scorso anno abbiamo visto, per esempio, che il festival e la collaborazione con Acquasumarte funzionano. Così è stato deciso di stipulare una convenzione con fra l’Amministrazione Comunale e questa associazione per un loro utilizzo, non esclusivo, della Sala Polivalente. Questo consentirà di provare ad attingere a risorse pubbliche e private per rimetterla a nuovo. In alcuni casi, infatti, possono partecipare ai bandi di finanziamento solo i soggetti
Gianfranco Ursino, assessore alla cultura del Comune di Bressana Bottarone Un intero paese in festa, quindi. «L’idea è quella di arrivare alla popolazione attraverso i luoghi abituali che frequentano: il fiorista, il bar, la pasticceria, il parrucchiere… tutti quelli che sono disponibili ad accogliere le performance artistiche. Quindi ci sarà un ritorno anche per gli esercizi commerciali». Come pensate di coinvolgere il pubblico? «Non voglio anticipare molto, per non rovinare la sorpresa a chi parteciperà. Ma posso dire che ci sarà un certo utilizzo di quelli che sono i mezzi di comunicazione che oggigiorno tutti quanti abbiamo e usiamo passivamente. Saranno oggetto di
le loro performance artistiche. In questo modo c’è la possibilità di ottenere un ritorno anche per il nostro paese: la compagnia che viene a Bressana per una settimana a provare la sua opera può offrirla anche al nostro pubblico. Questa è la logica delle case per artisti, che danno l’occasione anche per allargare gli orizzonti culturali. Anche in questo caso la Sala Polivalente può diventare il cuore pulsante». Sala Polivalente che, di recente, è stata oggetto di lavori di riqualificazione, con la messa a norma di alcuni impianti. Ma i lavori non possono dirsi conclusi… «Per quasi un secolo è stata il centro pulsante di Bressana. In passato veniva utiliz-
privati. Bisogna pensare in grande, ci sono tutte le carte in regola per poterlo fare. E non bisogna lasciare alcuna strada intentata». Qual è il primo appuntamento in programma? «Il 15 aprile ci sarà un momento aperto con la cittadinanza, una sorta di prefestival, dove racconteremo i nostri programmi, ma soprattutto ascolteremo le persone, in maniera tale da perfezionare, nel limite del possibile, il programma stesso. Ma soprattutto chiederemo una partecipazione attiva alle proposte del festival, secondo le disponibilità di ognuno. Abbiamo già attivato, invece, i rapporti con le attività
BRESSANA BOTTARONE commerciali». Bressart non è l’unico evento culturale di ampio respiro in questa primavera di Bressana. Si è da poco conclusa un’altra importante manifestazione: Penne d’Oltrepò. Come è andata? «Si è appena conclusa la quarta edizione. È stato un crescendo, grazie soprattutto a rete che si è creata in questi anni, e all’impegno dei bibliotecari. Ma non si può pensare di andare avanti da soli, bisogna cercare di fare rete, grazie all’aiuto di case editrici, librerie e autori giornalisti. Abbiamo visto che, in effetti, c’è una grande disponibilità a fare lavoro di squadra. Una mentalità che la cultura ha e che forse manca in altri settori dell’industria territoriale». Come reagisce Bressana a questo fermento culturale? «In questi anni ho avuto modo di vedere che ci sono tante persone del paese che hanno, dal punto di vista artistico, molto da dire. Abbiamo fatto in modo di dare tutto quello che potevamo, sia come spazi, sia come risorse economiche. Possono forse alzare i toni della polemica quei mille euro investiti in un evento come Penne d’Oltrepò, che però ha dato un ritorno per tutto il paese e per l’Oltrepò, visti anche i numeri non trascurabili di persone che hanno partecipato». Parliamo di queste realtà artistiche presenti a Bressana. Qualche esempio? «C’è stato gruppo di quaranta persone che ha messo in scena un bellissimo musical, portato, fra l’altro, anche sul palcosceni-
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co del teatro Fraschini. Penso poi alle ex scuole di Bottarone, che prima erano utilizzate solo da pochi intimi, e oggi invece sono diventate un Centro Civico, un luogo della cittadinanza dove socializzare, creare aggregazione, in una località dove non ci sono attività commerciali, non c’è un bar. Ora ci sono una ludoteca, un circolo dell’uncinetto, un gruppo di fotografia, vengono offerti corsi di pittura per ragazzi. E soprattutto c’è un neonato gruppo, gli Amici di Bottarone, che sono già una realtà per il paese e non solo per la frazione, con le loro iniziative in campo artistico, culturale e sociale». Strutture che tornano a vivere… «Questi luoghi possono anche essere affittati per organizzare eventi privati: con una cifra simbolica i cittadini possono avere un locale con giardino per festeggiare il compleanno con i propri figli. È inutile tenere chiuse queste strutture. L’area feste è un altro esempio. Non è più l’area feste della Pro Loco come era intesa in precedenza. È a disposizione della Pro Loco in primis, ma è di tutta la popolazione e a disposizione di tutti. C’è stato chi ha organizzato anche la festa per la Prima Comunione dei propri ragazzi. Basta venire a prenotarla». Fra le sue deleghe, come assessore, c’è anche quella all’associazionismo. Quali sono i rapporti con la Pro Loco? «Alla Pro Loco bisognerebbe fare un monumento. E in questi anni di amministrazione non ha ricevuto un euro a fondo perduto. Tutto il contributo che il comune dà nell’ambito della convenzione in atto con
la Pro Loco è dedicato allo svolgimento di manifestazioni che vedono il Comune come parte attiva. Tutto quello che viene speso per realizzare questi eventi viene rendicontato e non ci sono sprechi: se vengono stanziati 7mila euro per la festa del paese, nel corso degli anni abbiamo visto che la spesa, alla fine, è spesso inferiore. Ma il rischio imprenditoriale è sempre tutto a carico della Pro Loco, che comunque in questi anni ha saputo rigenerarsi. I bilanci sono esposti a disposizione di tutti». Parliamo anche della biblioteca. Un servizio che viene offerto alla cittadinanza grazie alla collaborazione con una cooperativa. «È un investimento che abbiamo fatto, anche grazie alla possibilità di usufruire della Leva Civica Regionale e alla collaborazione della cooperativa Contatto. Non avendo la possibilità di avere una persona a disposizione abbiamo intrapreso questa strada. È interessante vedere come in que-
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sti anni siano cresciuti i numeri dei prestiti, delle iscrizioni. C’è stato anche un grosso contributo negli ultimi tre anni da parte di un consolidato gruppo di lettura, che ha aiutato a organizzare anche Penne d’Oltrepò. L’apoteosi è stato l’invito a due scrittori di chiara fama come Ben Pastor e Mino Milani». Vengono rivolte iniziative anche ai ragazzi… «Da qualche mese è attivo un gruppo che, guidato da persone adulte, sta ideando e realizzando un gioco di società per partecipare al Premio Archimede, che si svolgerà a maggio a Venezia. È un gruppo aperto: anche il ragazzo di passaggio può portare un contributo. È importante che ci sia interazione fra i bambini. Il concorso è solo uno spunto per poter consentire a questi ragazzi di aprire le loro menti, di essere parte attiva e non passiva, di proporre uno stimolo creativo». di Pierluigi Feltri
«Alla Pro Loco bisognerebbe fare un monumento. E in questi anni di amministrazione non ha ricevuto un euro a fondo perduto»
VERRUA PO
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«La mia amministrazione è totalmente trasparente»
Lo scorso mese abbiamo intervistato il consigliere di minoranza Rufo Salvi del comune di Verrua Po, il quale ha criticato fortemente l’operato dell’attuale amministrazione. Il Sindaco Lazzari si è prontamente messo a disposizione per chiarire alcuni punti e difendere il suo operato e quello della giunta comunale. Sindaco Lazzari, il consigliere di minoranza Salvi ha definito il suo operato “incompleto e poco professionale”, cosa vorrebbe dire al riguardo? «La filosofia del nostro gruppo è ben rappresentata dal nome che abbiamo scelto nella campagna elettorale: “Insieme per il cambiamento”, queste due parole rappresentano la sintesi del nostro programma: insieme stiamo lavorando per raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissi e tutti quelli che ci poniamo giorno per giorno, considerando le esigenze della comunità e ponendo molta attenzione ai bisogni dei cittadini. Sono convinto che stiamo dimostrando il nostro impegno con i fatti, in soli 20 mesi dal nostro insediamento abbiamo realizzato tanti progetti, soprattutto in confronto alle precedenti amministrazioni». Per quanto riguarda il tema videosorveglianza, punto del vostro programma elettorale definito da Rufo “di grande impatto, ma inutile in relatà...”. Il consigliere di minoranza afferma inoltre “... uno specchietto per allodole... il loro utilizzo è più che altro quello di “spaventare” più che di funzionare realmente” «Non credo sia uno strumento inutile, anzi... ne va della sicurezza dei miei cittadini! Inoltre, ci tengo a precisare che nell’anno è stato realizzato il primo step per il posizionamento di 14 telecamere nei punti sensibili del territorio comuna-
le impegnando la somma pari a € 16.470. Successivamente il progetto sarà implementato con ulteriori installazioni alle vie d’accesso al paese». La minoranza vi accusa di una spesa, a loro dire ingiustificata, per quanto riguarda la ristrutturazione del plesso
«Il parcogiochi verrà realizzato entro il termine del nostro mandato» scolastico. «Non è corretto parlare di “sperpero”, poiché in ragione delle nuove normative sempre più restrittive in materia di sicurezza nelle scuole e delle relative imposizioni dettate dal Ministero (comunicazione del Dicembre 2016 e successiva del 2017), considerata l’età e lo stato dell’edificio della scuola elementare e l’impossibilità di mettere a norma anche le scuole medie, per l’Amministrazione è stata una scelta obbligata la decisione di spostare le Scuole Elementari e quindi ristrutturare un solo edificio al fine di non privare il paese di un servizio irrinunciabile. Inoltre, è inesatto parlare di mancanza di aule nella nuova struttura perché il progetto ha previsto spazi sufficienti al corretto svolgimento delle attività scolastiche e per i quali non è nostra competenza entrare nel merito della gestione». Sulla questione del capannone di proprietà comunale rimasto sfitto, cosa ci dice a riguardo? «Sono disponibile a chiarire tutti i pun-
ti delle “accuse” rivolte dal Signor Salvi, poichè la mia Amministrazione è totalmente trasparente e, ci tengo a precisare che, qualora la minoranza o i cittadini stessi volessero verificare le mie parole, tutta la documentazione relativa a quanto sopra relazionato è disponibile presso gli uffici comunali. Tornando al discorso del capannone sfitto, il precedente locatario, che pagava un canone di affitto di circa € 16.000, ha inviato una lettera di cessazione di attività il 31.12.2016. Verificata l’impossibilità di procedere a una nuova locazione a partire dal 1 gennaio 2017 per TerrePadane, vista la mancanza di requisiti di destinazione di PGT (la destinazione era “servizi pubblici”), si è proceduto alla variante dello strumento territoriale che consentisse l’affitto anche a soggetti privati per scopi artigianali/commerciali. Il valore di locazione inserito nel bando per l’assegnazione dell’immobile era suffragato da una perizia precedente del 20.06.2003 al prot. 2221 (pari a € 32.321,14 annui) e da nuove indagini di mercato effettuate sul territorio». Per la minoranza la maggior parte delle attività per i giovani sono ad opera di associazioni private. Come risponde e che progetti avete effettivamente in cantiere? «Come dicevo prima, in 20 mesi abbiamo concretizzato molti progetti, la realizzazione del parco giochi è un progetto previsto nei nostri programmi e verrà realizzato entro il termine del nostro mandato». I fondi destinati per il sociale sono stati spesi per altre cose? «Le affermazioni del Signor Salvi dovrebbero essere suffragate da spiegazioni più chiare per darmi la possibilità di poter con-
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Il sindaco Pierangelo Lazzari
trobattere». Sono previsti aumenti delle tasse a carico dei cittadini del comune di Verrua? «Il bilancio di previsione è stato approvato dal Consiglio Comunale in data 23/03/2018 e non sono stati previsti aumenti delle tasse». La prossima tornata elettorale è prevista per il 2021. Lei pensa di ripresentarsi? «La mia priorità in questo momento è lavorare bene nel quotidiano e sinceramente il 2021 mi sembra lontano, preferisco confrontarmi con il presente». è possibile accordarsi e cooperare con la minoranza in modo da ottenere risultati migliori? «La nostra disponibilità nei confronti della minoranza è totale; auspichiamo un confronto costruttivo nell’interesse dei nostri cittadini». di Silvia Cipriano
ALBAREDO ARNABOLDI
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Preda: «Succede sempre qualcosa, anche in un paese di 250 persone» La realtà dell’Oltrepò Pavese è fatta anche di molti piccoli comuni che, nonostante le difficoltà di bilancio che caratterizzano i nostri tempi, lottano ogni giorno in trincea per assicurare ai cittadini quei servizi che, troppo spesso, vengono dati per scontati, ma che richiedono uno sforzo enorme. Sforzo che viene mantenuto da amministratori che svolgono un vero e proprio servizio di volontariato, spesso senza esitare ad aprire anche il proprio portafogli, quando c’è necessità, oppure a svolgere in prima persona servizi che, in altri tempi, erano i dipendenti comunali ad assicurare. In questa trincea lavorano a pieno ritmo gli amministratori di Albaredo Arnaboldi, comune di circa duecentocinquanta anime, affacciato lungo i margini del fiume Po. La stragrande maggioranza dei servizi viene assicurata grazie all’Unione intrapresa con il vicinissimo comune di Campospinoso. Ma il sindaco, Francesco Preda, mantiene un ruolo di guida importantissimo per la sua comunità. Ogni giorno passa diverse ore a disposizione dei suoi cittadini in Municipio, ed è proprio lì che lo abbiamo incontrato. Sindaco Preda, ci racconti la realtà di questa Unione, che secondo alcuni è una delle poche a funzionare nel nostro Oltrepò. «Si tratta di una delle prime unioni che hanno visto la luce nel nostro territorio, ormai sono circa quindici anni che è nata. Io sto per terminare la seconda legislatura come Sindaco (si andrà a elezioni il prossimo anno, ndr), ma ero già prima in amministrazione comunale e ho vissuto tutto questo passaggio». Avete intravisto, e siete stati fra i primi a farlo, la necessità di prendere questa strada per poter mantenere un livello di servizi accettabile per i vostri cittadini. Ma perché non addivenire ad una fusione compiuta? «Lo abbiamo pensato in tempi non sospetti. La prima volta che mi sono candidato con una lista, vent’anni fa, ho perso le elezioni proprio perché ero partito con l’idea di una fusione, e sono stato castigato. Per il momento questa ipotesi è accantonata, per varie ragioni. Non è solo una questione di campanilismo». Nonostante le difficoltà, voi cercate comunque di portare avanti anche iniziative volte a migliorare l’integrazione fra i cittadini, il mantenimento di un minimo di socialità, anche intercomunale. In quale misura considera l’integrazione un aspetto rilevante? Quali iniziative vengono intraprese? «Le dirò che qui ci sono stati molti nuovi insediamenti, nel corso degli anni; è arrivata molta gente da fuori che purtroppo non partecipa molto alle attività dei comuni. Quindi è un aspetto certamente da continuare a migliorare. Una volta all’an-
no organizziamo una bella festa patronale, la terza domenica di settembre, che festeggiamo insieme a Campospinoso. Abbiamo una struttura coperta presso il nostro campo sportivo, dove in quei giorni mettiamo in piedi un servizio di ristorazione. Questo ci permette di avere qualche fondo per poter mandare avanti il centro sportivo. Un centro dove c’è spazio per tutti, indipendentemente dalla condizione economica. E questo grazie anche alla festa». Nonostante la passione e la voglia di fare, certamente ci saranno alcuni cittadini non soddisfatti dai servizi erogati. Quali sono le richieste che le vengono poste più di frequente? «I cittadini di Albaredo sono persone eccezionali, perché non hanno pretese assurde. Ci chiedono poche cose, richieste di buonsenso, che possono essere quella di tenere un po’ in ordine il paese, di dare decoro e pulizia al cimitero. Certo, a volte non riusciamo ad accontentare tutti, per via della mancanza di fondi. Le quote a disposizione per il verde sono poche, ma nonostante le difficoltà ci impegniamo, anche in prima persona e con la collaborazione di alcuni ragazzi e degli agricoltori del paese, ad accontentare il più possibile i nostri concittadini». Molto del suo tempo sarà dedicato, oltre all’impegno attivo di cui abbiamo appena parlato, anche a svolgere un ruolo di guida, a fungere da punto di riferimento per le esigenze quotidiane, anche private, delle persone. Può parlarci di questo aspetto? «Certamente esiste anche questo fattore. Molte persone vengono in Comune a chiedere se riusciamo a fare qualcosa per i piccoli o grandi problemi che hanno nella vita quotidiana. Per esempio, con riferimento alle ludopatie. Non ci sono molte macchinette sul nostro territorio, però ci sono persone con problemi di questo genere, e un sindaco può essere visto anche come punto di riferimento, o meglio dire di ascolto. Non ho molti poteri in merito, però posso ascoltare e dare qualche consiglio. Quando lavoravo a Broni, come comandante della Polizia Locale, il mio ufficio era diventato un po’ il punto di raccolta di queste situazioni che oggi sono molto numerose. E quindi, purtroppo, ho maturato una certa esperienza». Molti anziani, in particolare, abituati ad un’idea di Sindaco che purtroppo i tempi moderni hanno fatto venir meno, si rivolgeranno a lei per le più svariate esigenze… «Per qualsiasi cosa una persona abbia bisogno dalla Prefettura, dalla Provincia, o da qualche altro ente, viene qui a chiedere informazioni. Il telefono squilla sempre; basta passare in Municipio una mattinata per rendersi conto che succede sempre qualcosa, anche in un paese di 250 perso-
ne. Anche questi sono i nostri compiti. La popolazione è anche un po’ anziana, e io sono qui tutti i giorni anche per loro». Su quali forze può contare per portare avanti il Comune? «Abbiamo un dipendente, che funge sia da impiegato che da vigile urbano. È l’unica nostra risorsa. Quando è a casa per le ferie o per altre necessità, viene a darci una mano un dipendente del Comune di Campospinoso».
blema, data anche l’esigua disponibilità di bilancio… «Per evitare di ritrovarci grossi rifiuti sull’argine del Po, cosa successa in passato, e per dare un servizio ai nostri cittadini, per tre giorni, ogni mese, mettiamo a disposizione uno scarrabile per la raccolta dei rifiuti ingombranti. Lo ritroviamo sempre stracolmo di rifiuti che arrivano da ogni dove. Siamo tutto sommato contenti che ci sia questa possibilità, perché ci evita
Francesco Preda, sindaco di Albaredo Arnaboldi Chi altri collabora con lei? «Devo dire che il mio gruppo in Consiglio Comunale è composto da persone che dedicano veramente il loro tempo al Comune, e sono sempre presenti in tutte le situazioni. Molti sono disponibili anche a svolgere funzioni che non competerebbero loro». Qual è il suo rapporto con il gruppo di minoranza? «Sono tutti ottimi ragazzi, che hanno fatto una lista più che altro per dare una mano dall’interno al nostro comune. Sono ragazzi che collaborano, disponibili, che quando serve un aiuto si rimboccano le maniche in prima persona. Ho sempre avuto la loro presenza in questi dieci anni e devo veramente ringraziarli. Un’opposizione che definirei costruttiva e che è da elogiare». Se la maggior parte delle funzioni viene assolta dall’Unione con Campospinoso, ci saranno pur tuttavia alcuni problemi che invece si fermano al primo livello, quello comunale, e quindi lei si troverà a dover gestire in prima persona. Può farci un esempio? «Abbiamo la Statale, che è un deposito di rifiuti. Con il voler obbligare le persone, anziché invitarle, a svolgere la raccolta differenziata, alcuni finiscono per adottare, del tutto ingiustificatamente, dei comportamenti incivili. Siamo in una posizione di passaggio, e ci ritroviamo dentro e fuori dai nostri bidoni, nonché lungo le strade, molta spazzatura che arriva anche da Pavia e Stradella». Dal vostro punto di vista c’è poco che potete fare per sopperire a questo pro-
di dover andare a recuperare rifiuti nei luoghi più dispersi e quindi di dover sostenere costi ulteriori. Tuttavia siamo stati costretti a rimuoverlo nelle ore serali e notturne, perché è capitato di ritrovarci a dover gestire dei rifiuti speciali, come l’eternit, che comportano costi sensibili per lo smaltimento». Proprio per la vostra posizione di passaggio, siete spettatori privilegiati delle vicende che riguardano il Ponte della Becca. Che idea si è fatto del continuo rimpallo di responsabilità fra i vari enti e del ritardo terribile con il quale, forse presto, si arriverà ad una soluzione definitiva? «È una bella cosa pensare al nuovo ponte della Becca, ma con le strade che lo circondano si creerebbero dei problemi enormi nel caso in cui riprenda, anche in questa zona, un grosso traffico veicolare. Considerando anche il grande sviluppo nel settore delle logistiche che sta interessando il nostro territorio, un nuovo ponte o comunque un ponte pienamente operativo non può non essere supportato da un miglioramento sensibile della viabilità ordinaria, che altrimenti arriverebbe al collasso. Questo è quello che ci aspettiamo.» Qualche anno fa, in un’intervista, lei fu definito il ‘sindaco-cuoco’, citando il suo impegno in prima persona ai fornelli, in occasione delle feste di paese. Dicono lei sia molto bravo. Confermiamo la definizione? «Certamente. Sono più bravo a fare il cuoco che a fare il sindaco!». di Pierluigi Feltri
BRONI
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Villa Nuova Italia, nuovi fondi per il recupero Christian Troni, 33 anni, perito agrario, è tra i fondatori dell’associazione Amici del teatro Carbonetti. è legato al mondo del volontariato, facendo parte, da una decina d’anni, della Compagnia dialettale dell’Oratorio ed è assessore comunale a Broni dal 2016. Prima di tutto un inquadramento sulla sua carriera politica. Quando ha iniziato e perchè? «Il forte legame con Broni e la volontà di poter dare il mio personale contributo per migliorare la nostra città, nonchè un rapporto di stima ed amicizia con Antonio Riviezzi, mi ha spinto a mettermi in gioco in prima persona. Nel 2016 mi sono candidato con l’unico scopo di mettermi al servizio di quello che mi sta più a cuore, la città dove sono nato e dove ho sempre vissuto. Ho aderito con entusiasmo al percorso di Unione Civica, dedicandomi con umiltà ed impegno in campagna elettorale ad incontrare tantissimi cittadini nei quartieri, nelle frazioni, al mercato, nei negozi, ovunque, per ascoltarne le richieste ed individuare insieme le soluzioni migliori». Lei è al primo mandato come assessore: come reputa questa esperienza finora? «L’esperienza è sicuramente positiva e caratterizzata da forte entusiasmo. Superata una fase iniziale di assestamento, che personalmente mi è servita per comprendere appieno il funzionamento della macchina amministrativa, ho iniziato con impegno e passione a lavorare per il bene della Città in piena sintonia con il resto della squadra di Unione civica e degli uffici comunali. Aggiungo che, anche dal punto di vista personale, il fatto di ricoprire un ruolo amministrativo così importante rappresenta ogni giorno una crescita continua e mi regala quotidianamente stimoli e motivazioni a dare il massimo e a svolgere il mio ruolo con serietà, responsabilità e dedizione».
Nel nuovo piano opere pubbliche è previsto un ampliamento del parcheggio in Piazza Italia
Christian Troni, assessore lavori pubblici e servizi manutentivi, edilizia privata, urbanistica e organizzazione eventi
Cosa secondo lei è importante per Broni e per il territorio Oltrepò? «I problemi, le difficoltà e le sfide che il territorio deve affrontare si possono superare solamente tramite una forte coesione e sinergia tra i vari attori della vita sociale, gli enti locali e le associazioni di categoria, facendo “gioco di squadra” ed abbandonando la miope logica dei campanilismi. Per quanto riguarda Broni, negli ultimi anni la nostra città, nonostante le difficoltà del difficile contesto economico, ha cambiato volto, è ripartita. Adesso stiamo lavorando per rafforzare questo rilancio facendo fare alla nostra città il salto di qualità che ogni giorno di più la sta facendo diventare più semplice per chi vuole investire e creare lavoro, più interessante e tecnologica per i giovani, più accogliente per famiglie ed anziani, più interessante per residenti e turisti, più vicina a chi gestisce un’attività e più sicura per tutti. Per quanto motivo, tra le altre cose ci si sta concentrando molto sul piano delle
manutenzioni e delle riqualificazioni in modo da rispondere a necessità ed esigenze espresse dai cittadini e sul recupero del patrimonio comunale. Un’altra importante voce da non sottovalutare è la realizzazione di eventi di qualità che possano attirare il maggior numero di persone possibili su tutto il territorio. A tal proposito, per quanto riguarda l’Oltrepò, il rilancio del turismo culturale, ambientale, enogastronomico passa inevitabilmente anche dal miglioramento della rete infrastrutturale». Quali sono i lavori che farete a breve per la vostra città? «Con l’arrivo della bella stagione sono in partenza una serie di interventi di sistemazione di strade e marciapiedi e di riqualificazione di opere pubbliche che necessitano di manutenzione. Sono previsti lavori per tutti e due i cimiteri comunali. Per quello del capoluogo sono previsti la costruzione di nuovi loculi, la pavimentazione dei marciapiedi, la pitturazione della Cappella Carbonetti e un nuovo collegamento perdonale con i loculi di nuova
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costruzione. Inoltre è prevista la tinteggiatura del soffitto dei corridoi, il risanamento e la tinteggiatura delle facciate esterne dell’alloggio del custode, la manutenzione del bagno per il pubblico e del ponticello pedonale di fronte al cimitero. L’investimento complessivo previsto per questi interventi ammontano a 131.000 euro. Per quanto riguarda invece il cimitero di Cassino Po, saranno costruiti 20 nuovi loculi. Inoltre per tutti e due i cimiteri continueranno i lavori di rimozione di parti d’amianto presenti nelle strutture. Tra gli interventi finanziati, anche il potenziamento dell’impianto di illuminazione pubblica con nuovi punti luce per 25.000 euro, mentre per il rifacimento del cancello e del muro di recinzione della caserma dei Vigili del Fuoco con relativo nuovo accesso alla futura rotatoria di via Circonvallazione e la posa di porte blindate, a protezione della strumentazione in dotazione, verranno investiti 56.000 euro. Avete previsto spese anche per le scuole? «Per quanto riguarda quelle si procederà all’acquisto di arredi per il nuovo edificio in fase di completamento del polo scolastico Paolo Baffi (120.000 euro) e si eseguiranno dei lavori presso la Scuola Media Ferrini per una spesa di 51.000 euro. Poi, oltre alle scuole, anche quest’anno verranno effettuati dei lavori di manutenzione reticolo idrico minore per 6.000 euro mentre si investiranno 36.600 euro per i lavori di copertura ex avviamento. Infine, 15.000 euro saranno stanziati per la messa a norma dell’archivio del Palazzo Municipale. Continuano poi le asfaltature e manutenzione di strade e marciapiedi in tutta la città per un valore di 130.000 euro. Infine, già stanziate a bilancio ci sono risorse per interventi alla caserma dei Carabinieri e il rifacimento dell’impianto d’illuminazione dei giardini di Villa Nuova Italia». Nell’ultimo consiglio comunale è stata approvata la modifica al piano delle opere pubbliche: ci può spiegare nel dettaglio? «Il Programma triennale delle opere pubbliche è il documento che contiene tutti gli interventi, di valore superiore ai 100.000 euro, che l’Amministrazione intende programmare nel triennio 2018- 2020. In aggiunta a quelli inseriti, ossia la riqualificazione di Villa Nuova Italia e il recupero della ex caserma di via Cavour, in Consiglio comunale abbiamo approvato l’inserimento di altri 3 interventi ed abbiamo aumentato il finanziamento previsto per Villa Nuova Italia. I nuovi progetti inseriti riguardano, in primis, i lavori per l’aggiornamento dei certificati anti incendio della scuola per l’infanzia “Andersen” di via Eseguiti per un importo totale di 123.000 mila euro, dei quali 23.746 finanziati con contributo
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Villa Nuova Italia, previsto progetto di riqualificazione per 320mila euro
regionale ed il resto a carico del Comune. La seconda opera pubblica inserita consiste nella messa in sicurezza e nei lavori di consolidamento di Palazzo Arienti, sede comunale, per investimento complessivo del valore di un milione e 215.000 euro, da finanziarsi per 1.160.000 euro per mezzo di contributo statale ed il resto con risorse comunali. Il terzo ed ultimo progetto consiste nell’ampliamento e nella riqualificazione del parcheggio di piazza Italia, con il rifacimento del relativo arredo urbano, per un importo complessivo di 450 mila euro che
verrà finanziato con i proventi degli oneri di urbanizzazione derivanti da convenzioni urbanistiche. Per quanto riguarda invece la riqualificazione di ‘Villa Nuova Italia’, progetto già inserito nel piano, il Consiglio ha approvato una variazione dell’importo previsto necessario per i lavori portandolo a 320.000 euro, finanziati per 250.000 con proventi derivanti da oneri di urbanizzazione da convenzioni urbanistiche e per i restanti 70.000 euro con oneri derivanti da monetizzazioni». Le strade del nostro territorio sono ri-
dotte a un colabrodo e i cittadini si lamentano per i tanti danni avuti ai propri mezzi: cosa può fare il Comune? Cosa può dire ai suoi cittadini? «La manutenzione di strade e marciapiedi è un punto cardine del mio Assessorato e del mandato di governo di Unione Civica. Oltre alle risorse già stanziate ed a cui si faceva riferimento in precedenza, tra il 2016 e il 2017 sono stati investiti più di 200mila euro per le asfaltature, risolvendo molte delle criticità riguardanti il manto stradale di proprietà comunale. A breve, non appena il tempo lo consentirà, saranno programmati nuovi interventi sia in città che nelle frazioni. Tra i punti più problematici c’è via San Saluto, che ricordo essere della Provincia e per la quale stiamo lavorando per poterne rilevare la proprietà. Altro punto critico è il tratto urbano dell’ex statale 10 che a breve sarà interessato da lavori di messa in sicurezza. Infine la zona di Strada Pavese, che potrà essere sistemata solo dopo il rifacimento del sistema fognario a carico di Pavia Acque in programma nel breve termine». La minoranza ha sollevato perplessità in merito alla variazione del piano delle opere pubbliche. Cosa si sente di dire in merito? «Personalmente sono convinto che debbano essere i fatti a parlare, non i proclami. Quando gli interventi saranno ultimati, saranno i cittadini ad esprimere o meno il proprio gradimento. Come sottolineato in Consiglio Comuna-
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le, l’aumento di finanziamento per Villa Nuova Italia permetterà, oltre che al rifacimento della copertura, anche il recupero delle cornici e degli intonaci esterni; approfittando delle impalcature già predisposte, consentendo un generale risparmio economico e accelerando le operazioni del cantieri. Queste operazioni saranno possibili a seguito della cessione gratuita delle struttura al Comune da parte del Demanio a seguito della presentazione del piano di valorizzazione. Terminati i cantieri della nuova scuola e palestra in via De Gasperi, ci sarà il trasferimento degli studenti di Via Emilia e delle associazioni occupanti la palestra di Piazza Italia. Si procederà poi con l’abbattimento della vecchia palestra, ampliando il parcheggio, creando una nuova piazza con il suo relativo arredo urbano nell’ottica di progettualità urbanistica complessiva che va nella direzione di riqualificare la zona est di Broni. Si tratta di interventi richiesti dalla maggioranza dei cittadini, anche da chi, nell’ultima tornata elettorale, non ha scelto Unione Civica. Per questo motivo, francamente, mi risulta incomprensibile criticare a prescindere interventi ed opere che mirano a migliorare la nostra città: se la minoranza avesse davvero a cuore il bene della nostra città, almeno su queste proposte dovrebbe esprimersi favorevolmente, o perlomeno suggerirne eventuali migliorie». di Elisa Ajelli
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«Dalla minoranza critiche infondate che danneggiano il paese»
Il sindaco Antonio Riviezzi La risposta dell’amministrazione comunale di Broni alle dichiarazioni della consigliera di minoranza Giusy Vinzoni, non si fa attendere. Il Sindaco Antonio Riviezzi, l’assessore all’istruzione, commercio e turismo Mariarosa Estini e il capogruppo di maggioranza Ernesto Bongiorni, punto per punto ribattono alle affermazioni della minoranza che a loro dire usa sempre più spesso “Toni livorosi, al limite della diffamazione”. Sindaco Riviezzi, l’intervista rilasciata dalla consigliera del Gruppo “Broni in Testa” l’ha colpita per la durezza di alcune affermazioni. «A giugno saranno due anni che l’attuale Consiglio comunale si è insediato; per i primi mesi, qualche dichiarazione fuori luogo e soprattutto non surrogata dalla certezza data dagli atti amministrativi, da parte di consiglieri al primo mandato, si poteva giustificare con l’inesperienza amministrativa, ma adesso non è più tollerabile. Toni sempre livorosi, al limite della diffamazione, contro tutto e tutti a prescindere; mai un complimento alla nostra città e ai suoi abitanti, enfasi solo sui difetti e su quello che manca e non su quello che c’è, oltre ad affermazioni pesanti ed inaccettabili come “Broni sta morendo”. Mi chiedo se la consigliera Vinzoni voglia davvero bene alla nostra città e abbia a cuore il suo futuro oppure la debba “sopportare” perché ci abita». A cosa si riferisce in particolare? «L’elenco sarebbe lungo, ma preme soffermarmi in questo contesto sul fatto le dichiarazioni rilasciate sullo scorso numero di marzo dipingano una realtà distorta che fortunatamente non esiste. Affermazioni del tipo “A Broni sono aumentati i furti e gli episodi legati alla droga” e “il degrado fa parte della quotidianità” non sono solo false, ma sono pericolose perché possono contribuire a creare inutili allarmismi ed un irreparabile danno d’immagine alla Città. Anche in questo caso, così come in altre occasioni, prima di parlare sarebbe il caso di informarsi; i fenomeni di spaccio citati non riguardano il nostro Comune, e soprattutto i dati emersi nell’ultimo tavolo provinciale sulla Sicurezza, a cui hanno presenziato Prefetto, Questore e i rappresentanti delle Forze dell’Ordine, confermano che fortunatamente, anche a Broni, il trend della microcriminalità sita facendo segnare una diminuzione rispetto al passato. Quanto al contrasto delle situazioni di de-
grado, il lavoro portato avanti in questi anni dai Servizi sociali del Comune e del Piano di zona, con la preziosa collaborazione delle numerose Associazioni di volontariato locale, lodato da più parti, è sotto gli occhi di tutti. I casi sono due: o la consigliera Giusy Vinzoni non vive a Broni e non conosce la nostra realtà, oppure utilizza strumentalmente notizie riguardanti altri Comuni per fini propagandistici, finendo per danneggiare l’immagine della città e fomentare un clima di paura che fortunatamente non esiste. Anche perché, in questi primi due anni abbiamo lavorato molto per la sicurezza dei cittadini, con il potenziamento della videosorveglianza, il servizio di vigilanza notturno, un agente in più, un nuovo mezzo in dotazione alla Polizia locale, il nuovo impianto di illuminazione pubblica e la convenzione con il Comune di Cigognola per la gestione associata del servizio di Polizia Comunale che garantirà maggiore presenza sul territorio degli agenti, e continueremo anche farlo anche nei prossimi anni. Ricordo che il procurato allarme è un reato penale, e soprattutto che dichiarazioni pubbliche di questo tipo possono creare anche danni economici alle attività della Città e ai suoi abitanti». Ci spieghi meglio… «Continuare ad incensare la vivacità di Stradella a scapito di Broni sicuramente non aiuta i titolari degli esercizi pubblici di Broni, che pure si stanno dando da fare per rilanciare la vocazione turistica e di accoglienza della città. Ripetere che il paese è morto, non incentiva i turisti del fine settimana a fare tappa anche dalla nostra città quando vengono in Oltrepò, e certo non dà una mano ai commercianti locali. Senza contare anche che il valore del mercato immobiliare e delle case può risentire del clima negativo e dell’immagine distorta che si dà di una città. Sono convinto che chi ha responsabilità istituzionali debba sempre difendere l’immagine della propria città che rappresenta, e non denigrarla pubblicamente ad ogni occasione».
L’assessore Mariarosa Estini Una delle critiche mosse dalla minoranza riguarda anche l’inconsistenza degli eventi organizzati. Assessore Estini, cosa si sente di replicare in merito?
«Da anni l’Amministrazione comunale sta lavorando con grandi sforzi per far sì che Broni si affranchi dal proprio doloroso passato e torni ad essere la città del sole e della vite. Un cambiamento di immagine così radicale non è semplice da far passare, fa parte di un percorso lungo e complesso che ha numerose tappe. Il Teatro, l’Enoteca regionale, la nuova scuola Paolo Baffi, il nuovo polo culturale, la riqualificazione del quartiere ‘la Fracia’, a cui si uniranno il restauro di Villa Nuova Italia, la riqualificazione di Piazza Italia, dell’ex avviamento ed il Parco di Recoaro, sono tutti interventi che vanno in questa direzione, unitamente al programma annuale degli eventi che, nonostante le difficoltà economiche e i continui tagli agli enti locali, cerchiamo ogni anno di organizzare al meglio inserendo anche qualche novità». A quale iniziative si riferisce? «Rispetto alla natura degli eventi in programma non entrerò nel merito di una loro valutazione perché si tratterebbe di un’opinione soggettiva. Mi limito a sottolineare due aspetti: in primis il fatto che l’elenco delle proposte si arricchisce sempre più anno dopo anno, tenendo presente che, sia dal punto di vista economico che organizzativo, deve essere alla portata di un Comune come il nostro che non raggiunge i 10.000 abitanti. Si tratta di iniziative finalizzate a rilanciare il commercio locale ed il turismo, specialmente quello del fine settimana, cercando di invogliare il maggior numero possibile di persone a visitare il nostro territorio e le eccellenze di cui è ricco; da ‘Cioccovillage’ al ‘Mercatino di Forti dei Marmi’, dai tradizionali appuntamenti del ‘Broni By night’ e della ‘Festa dell’Uva’ a quelli più recenti, come gli artisti di strada a cura della Nuovo Pro Loco Broni, lo ‘Street food’ e la novità del raduno di ‘Harley Davidson’, senza dimenticarci della settimana del gemellaggio e della grossa sorpresa a cui stiamo lavorando per Natale: sono solo alcune delle proposte in programma, in grado di soddisfare una gamma varietà di interessi e di gusti. In secondo luogo, vorrei sottolineare come la realizzazione della maggior parte degli eventi in programma è a costo zero per le casse e non grava sui cittadini, grazie alla generosità degli sponsor privati della città e del territorio, ed alla disponibilità delle Associazioni locali: a tutti va il più sentito ringraziamento e riconoscenza da parte dell’Amministrazione comunale». E rispetto al fatto che si farebbe poco per i giovani, cosa si sente di rispondere? «Riguardo ai giovani, ricordo che sono proprio uno dei punti focale del programma di governo di Unione Civica. Anche in questo caso, preferisco siano i fatti a parlare. Il cineforum per i ragazzi giunto alla seconda edizione, le iniziative contro il cyber bullismo, la festa dello sport, la rassegna
teatrale di domenica pensata e dedicata ai giovani, le iniziative in collaborazione con gli autori del fumetto ‘Weirdoings’ e il grande successo di aver permesso a circa 300 ragazzi entusiasti di confrontarsi con i loro beniamini del web: penso siano risultati che si commentino da soli. Certo, non bisogna accontentarsi, ma il successo riscosso deve rappresentare uno stimolo per fare ancora di più e meglio: abbiamo tante idee e progetti per i giovani che realizzeremo prossimamente».
Il capogruppo Ettore Bongiorni Bongiorni, in qualità di capogruppo di Unione civica, come valuta l’apporto della minoranza ai lavori del Consiglio Comunale in questi primi due anni? «Questa è una domanda che va rivolta ai cittadini che all’ultima tornata elettorale li ha scelti. A mio avviso, credo che gli elettori che hanno dato loro fiducia si aspettassero di più in termini propositivi per la nostra città. Nella logica dei ruoli istituzionali, ci può stare che l’opposizione svolga un ruolo di voce critica dell’azione di governo e funga da stimolo per proporre progetti e migliorare quelli proposti dalla maggioranza. Purtroppo a Broni non è così: dopo quasi due anni nessuna proposta, nessun progetto, solo critiche ideologiche, aggravate dal fatto che alcune volte sono state mosse senza documentarsi rispetto ai relativi atti e documenti amministrativi. Il Gruppo di ‘Broni in Testa’ è arrivato addirittura a criticare le scelte dell’Amministrazione volte a favorire lo sviluppo economico e ad incentivare l’occupazione o l’installazione dei nuovi cestini dei rifiuti, in sostituzione di quelli ormai vecchi e logori: si tratta obiettivamente di critiche senza motivazione e soprattutto contro gli interessi dei cittadini. Certo, è sicuramente più semplice e comporta meno impegno intellettuale criticare invece che fare proposte costruttive; però, in questo caso, farlo senza una finalità positiva, si finisce solo con danneggiare e pregiudicare, senza motivazioni plausibili, l’impegno di chi, con fatica, cerca quotidianamente di garantire un futuro luminoso per la nostra amata Città e per tutti i cittadini di Broni» di Elisa Ajelli
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Consulta Giovani: «La politica qui non c’entra nulla, l’associazione è apolitica» è partita l’avventura della Consulta Giovani a Broni. Un gruppo di una decina di ragazzi, che si pone l’obiettivo di coinvolgere i propri coetanei in una serie di eventi. La Consulta organizzerà concerti, manifestazioni, dibattiti, momenti di riflessione, coinvolgendo anche i ragazzi delle scuole cittadine e potranno partecipare i giovani con un’età tra i 18 e i 30 anni. La Presidente della Consulta è Gaia Achilli. A lei abbiamo chiesto una panoramica di questa associazione. Partiamo con qualche curiosità su di lei. Cosa fa nella vita? «Ho 22 anni e dopo essermi laureata, lo scorso settembre, in scienze biologiche, sto frequentando il corso di laurea specialistica in bioanalisi che fa sempre parte della facoltà di biologia. Inoltre da alcuni anni a questa parte, svolgo il servizio di maschera teatrale». Come è nata la voglia di intraprendere questa esperienza? «è nata dalla volontà mia e del resto del gruppo di poter dar spazio alle nostre idee e collaborare attivamente a favore del territorio soprattutto per quanto riguarda la creazione di eventi diretti ai ragazzi. Tutto noi della Consulta condividiamo questo pensiero». Come si sente ad essere il presidente della Consulta? «Innanzitutto ci tengo a sottolineare che noi siamo tutti sullo stesso piano e che la parola di ognuno di noi vale come quella degli altri, senza nessuna distinzione. D’altro canto sono molto contenta della fiducia che il resto del gruppo ha riposto nei miei confronti». Quando e come è nata la Consulta? «L’idea della consulta è nata lo scorso aprile, durante un incontro con la consigliera per le politiche giovanili Laura Ursini Casalena ed il Sindaco Antonio Riviezzi. Da una parte c’era la nostra voglia di poter esprimere i nostri pensieri mentre dall’altra la voglia di realizzare un’iniziativa apposta per i ragazzi. Da quell’incontro è nato il Cinema Stellare, la rassegna cinematografica estiva, che ha avuto molto successo l’anno scorso. Considerato l’ottima riuscita dell’evento abbiamo deciso di proseguire il nostro cammino fondando questa nuova associazione in modo da poter coinvolgere il maggior numero di nostri coetanei». In quanti siete? «Il primo nucleo, i soci fondatori per intenderci è formato da otto persone, però tramite incontri con i ragazzi e gli eventi che stiamo organizzando il gruppo si sta già allargando e spero possa continuare a farlo in futuro». Ci sono compiti precisi tra di voi? «Si noi soci fondatori rappresentiamo quella che è il direttivo e ognuno di noi ha un compito in base alle proprie caratteri-
Il gruppo della Consulta Giovani di Broni
stiche. Riccardo Pazzola è vicepresidente e si occupa dei canali social come Facebbok e Instrgram, Chiara Verdi Brusati è il tesoriere e si occupa quindi delle finanze dell’Associazione, Edoardo Depaoli è il portavoce addetto alle relazione esterne, Alice Daccaro si occupa dei rapporti con le Associazioni culturali, Vittoria Cavanna dei rapporti con le Associazioni di volontariato, Federico Perinetti si occupa di ambiente e rapporti con le scuole, infine c’è Alice Tacconi che in quanto segretario dell’Associazione si occupa del corretto mantenimento dei verbali. Al gruppo si sono poi aggiunte Giulia Brega, che si occupa delle grafiche e della realizzazione delle locandine, e Valentina Gramegna che sta seguendo l’organizzazione del concorso fotografico».
«Abbiamo notato un sentimento di fiducia verso i giovani che di questi tempi non è poco»
Siete un’associazione che condivide la stessa idea politica oppure l’aspetto politico non c’entra nulla? «No, la politica qui non c’entra nulla, l’associazione è apolitica e nei nostri discorsi non rientra nessuna retorica di tipo politico. A noi interessa lavorare per Broni e per il territorio dando spazio a una “voce giovane”». Quali sono secondo voi i bisogni più impellenti per Broni? «Diciamo che al nostro gruppo, come già detto, interessa promuovere cultura e territorio e tutti noi, condividiamo l’idea che i giovani debbano avere più spazio. Una cosa che ci sentiamo di promuovere inoltre è la collaborazione fra associazioni ed enti. Solo con la sinergia e la collaborazione di più persone e associazioni possiamo migliorare il territorio». Quali sono gli aspetti positivi da valorizzare? «Un aspetto da valorizzare è che l’Amministrazione ha colto le nostri istanze, sostenendo questo progetto, dandoci anche la possibilità di realizzare i nostri eventi. Abbiamo notato un sentimento di fiducia verso i giovani che di questi tempi non è
poco. Un’altra cosa molto positiva è stato vedere una risposta molto positiva da parte dei nostri coetanei quando abbiamo realizzato il cinema all’aperto. È la stata la nostra prima scommessa e siamo riusciti ad ottenere un ottimo risultato. Questo ci ha dato la forza e la consapevolezza che i ragazzi come noi possono e devono avere spazio per realizzare i propri progetti». E cosa si dovrebbe invece cambiare? «Da un punto di vista giovanile, dovrebbe cambiare la comunicazione verso i ragazzi e migliorare la collaborazione fra le diverse associazioni. Per questo cerchiamo sempre di creare eventi in collaborazione con le realtà già esistenti. Un esempio è il concorso fotografico che faremo con il circolo fotografico Oltrepo’». Cosa vorreste fare per il territorio Oltrepò? «Promuoverlo il più possibile. Il nostro è un territorio da scoprire e valorizzare e questo molte volte, soprattutto in passato non è stato fatto. La nostra idea è quindi di farlo apprezzare e conoscere a quanti più giovani possibili». di Elisa Ajelli
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Gli organi di Broni in Giappone e in America
Da Broni alla conquista del mercato mondiale: è la storia della ditta Pedrazzi, specializzata in restauro, manutenzione e costruzione di organi da Chiesa. L’attività è nata più di cinquant’anni fa, grazie all’intraprendenza di Pierbartolomeo Pedrazzi, che si è dedicato ad una passione e l’ha trasformata poi in un lavoro vero e proprio. Negli ultimi decenni, precisamente dal 1993, la ditta è passata completamente nelle mani del figlio Lorenzo, da sempre valido collaboratore nell’azienda di famiglia. Lorenzo, ha avuto sempre questa passione fin da bambino? «Diciamo di sì. Sono stato istruito in famiglia, fin da piccolo, ad apprezzare questo genere di strumenti. Poi ho anche studiato per fare questo lavoro e ad un certo punto ho abbandonato gli studi universitari per dedicarmi completamente a questo tipo di attività». Ultimamente avete realizzato un grande progetto… «Sì, abbiamo costruito il nuovo organo per la Cattedrale di Asuncion, in Paraguay. Uno strumento di 1600 canne, con due tastiere di sessantuno note e una pedaliera di trentadue note». Come sono arrivati a voi? «Posso dire che ci conoscevano, perché abbiamo avuto un contatto un paio d’anni fa. Noi poi abbiamo presentato una nostra proposta e alla fine hanno scelto noi. Credo che sia stato una specie di passaparola, visto che noi lavoriamo in questo ambiente da tanto tempo, abbiamo già fatto lavori in centro America e la nostra qualità è riconosciuta». Ci può raccontare di questi altri lavori in America? «In particolare abbiamo fatto lavori in Repubblica Dominicana: abbiamo costruito il nuovo organo per la Cattedrale di Santiago de Los Caballeros, abbiamo restaurato l’organo del Santuario del Sagrado Corazon di Moca. Abbiamo anche fatto qualche piccolo strumento per monasteri di clausura, sempre nell’area del nord dell’isola di Santiago. Abbiamo quindi lavorato parecchio in Centro America. Questa volta invece è stata la prima nel Sud in Paraguay. Siamo stati contattati anche per il Perù, ma non siamo ancora andati». Avete lavorato anche in altre parti del mondo? «A Tokyo, in Giappone. All’estero possiamo vantare queste collaborazioni». L’avventura estera è partita tanti anni fa? «Il primo lavoro all’estero è del 1995/1996 in Giappone. Poi abbiamo fatto nel 2001 la Repubblica Dominicana e abbiamo continuato. Non sono tantissimi i lavori all’estero ma sono di un certo livello. Avercene di lavori così...!».
Sarà sicuramente un motivo d’orgoglio essere conosciuti nel mondo… «Magari nel mondo no, ma diciamo che qualcuno in più ci conosce!» Lei ha sempre seguito direttamente tutti questi lavori? «Essendo il titolare dal 93 sì. Ho sempre collaborato con l’aiuto di mio papà e con gli altri collaboratori presenti in ditta. Da quando mio papà è mancato, porto avanti io tutto».
«Le attività a tradizione famigliare sono cose che si hanno nel sangue. Cresci in bottega, vedi lavorare i vecchi, anche se sei piccolo vedi cosa fanno, ti sembra di esserci sempre stato dentro. Magari qualcuno prende strade diverse, anche io all’inizio pensavo di fare l’avvocato, poi mi sono trovato a scegliere quest’altra professione. Ed è andata bene così. Al giorno d’oggi, forse, è difficile che i giovani scelgano di portare avanti certe attività di fa-
Lorenzo Pedrazzi, la sua famiglia costruisce organi da più di 50 anni
Lei è titolare dal 1993, l’esperienza estera è partita due anni dopo: si può dire che è merito suo. «Si vede che ho portato fortuna! Il primo lavoro in assoluto è stato quello in Giappone. Mi ricordo che l’ho vissuto con la mentalità di un “ragazzo”». Una bella responsabilità.
miglia, che non sono così tecnologiche… anche se devo dire che io un po’ di tecnologia la utilizzo comunque, è inevitabile. Vedo che i ragazzi che studiano vogliono fare attività inerenti all’elettronica, all’informatica, al web. Qui per certi aspetti siamo invece ancora legati ad una tradizione musicale, ma molto artigianale. Si lavora
La ditta Pedrazzi ha appena costruito il maxi organo per la Cattedrale di Asuncion in Paraguay
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ancora come una volta». Senza dimenticare l’innovazione immagino… «Certo, abbiamo organi che suonano quasi “da soli”: abbiamo dei sistemi di automazione, dove si può far suonare l’organo, sempre con le canne, ma senza l’organista, quindi attraverso apparecchi elettronici. Ci sono quindi gli apparecchi classici, di quelli con i fili che collegano la tastiera con le canne e poi ci sono gli organi, sempre con le canne, ma che hanno valvole elettriche o centraline elettroniche. Si cerca di tenersi sempre un pochino aggiornati». I vostri organi sono di diverse misure? «Diciamo che è come confezionare un abito. Si fa sempre su misura. Non abbiamo modelli standard, per quanto riguarda i modelli nuovi naturalmente. Quando invece dobbiamo fare un lavoro di restauro bisogna mantenere le fisionomie e le caratteristiche dell’organo già esistente e, se si riesce, valorizzarle e riportarle alla forma migliore. Per quanto riguarda gli strumenti nuovi, dobbiamo adattarli allo spazio che si ha a disposizione, all’ambiente. Poi bisogna valutare la dimensione, soprattutto fonica, se utilizzare poche o tante canne, che tipo di canne… Se la Chiesa è piccola, ovviamente bisogna costruire un organo proporzionato…» I costi di questi strumenti come sono? «Il materiale è abbastanza pregiato, perché utilizziamo legnami di ottima qualità e metalli che arrivano dalle migliori fonderie. Senza dimenticare le parti meccanica ed elettronica. Quindi gli organi a canne hanno un costo abbastanza elevato. Potrei dire un range di prezzo, ma è abbastanza relativo. Un organo nuovo piccolino può costare come una bella macchina, un organo nuovo grande come un appartamento. Poi bisogna considerare che ci vuole anche molto tempo a costruire questi strumenti, a volte anche un anno e mezzo». Tornando alle zone in cui fate i lavori, in Italia come lavorate? «Abbiamo degli organi nostri in Sicilia, in Veneto, abbiamo fatto restauri in Sardegna. Poi abbiamo costruito l’organo della Chiesa dell’Università Bocconi a Milano. Abbiamo lavorato anche a Roma, a Pisa, in Puglia. Lavoriamo dove ci chiamano». E nel nostro territorio? «Lavoriamo molto in Oltrepò. In ordine cronologico l’ultimo lavoro fatto è stato il restauro dell’organo Serassi della Chiesa di Sant’Andrea a Castana nel 2016». Progetti a breve termine? «Ne abbiamo due che stiamo seguendo e vedremo se andranno a buon fine. Uno è quello del Perù che dicevo prima, l’altro è nella Repubblica Dominicana, però stavolta nella capitale, Santo Domingo». di Elisa Ajelli
PIETRA DE’ GIORGI
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Volontariato: «Aiuto fondamentale in un piccolo paese come il nostro»
Gianmaria Testori Gianmaria Testori è il sindaco di Pietra de Giorgi, un paese dell’alta collina dell’Oltrepò Pavese che testimonia come il volontariato sia diventato indispensabile alla vita di un piccolo Comune. Progetti ed iniziative che coinvolgono grandi e piccini e che ha portato quest’anno alla premiazione di cittadini che hanno partecipato e contribuito, senza alcuna retribuzione, alla vita del paese. Recentemente sono state consegnate le beneremenze civiche che ha visto come protagonisti il mondo del volontariato. Quanto è importante in un piccolo comune la presenza di queste persone e che servizi garantiscono? «Siamo riusciti a far crescere un gran numero di gruppi volontari. A parte il gruppo della Proloco che è presente da molti anni e lavora sempre bene, l’anno scorso abbiamo fondato la protezione civile di Pietra de Giorgi, che svolge sempre moltissime attività anche di genere diverso da quello che ci si aspetta: ad esempio oggi stanno svolgendo delle attività ludiche con i bambini qui nel nostro “cantinone” comunale. Inoltre durante i disastri causati dal terremoto al sud Italia molti volontari della nostra protezione civile sono partiti per aiutare. Abbiamo una biblioteca comunale con molti volontari che si occupano di eventi culturali. Proprio questa estate inaugureremo la nuova sede della biblioteca e della protezione civile, in un edificio che abbiamo restaurato appositamente. La novità dell’anno scorso è stata però l’Auser, che rientra nel progetto “Attivaree” promosso della fondazione Cariplo e questa iniziativa è stata molto utile per la popolazione. Infine abbiamo raggruppato un piccolo gruppi di ragazzi e adulti, che sono in grado di svolgere piccoli lavori come imbiancare, tagliare le siepi ecc, per eseguire dei lavori nella case degli abitanti di Pietra, ricevendo un piccolo rimborso spese. Non si tratta di grandi cifre, ma è un modo semplice per guadagnare qualche soldo in più e fare qualcosa di utile per la società. E quindi appunto, visto che con i gruppi volontari abbiamo avuto molta soddisfazione, proprio quest’anno abbiamo premiato con delle beneremenze molti dei volontari che hanno partecipato con le varie attività». Un’altra iniziativa del Comune è stata l’istituzione del Consiglio dei ragazzi. Un modo per coinvolgere ed avvicinare i ragazzi alla vita del paese. Funziona? In che modo concretamente avviene la loro partecipazione? «Tutto è partito con il rifacimento del parco
giochi, per cui abbiamo indetto una votazione con i bambini, che si sono scelti praticamente i giochi del parco: loro votando hanno ricevuto i giochi che desideravano e noi in questo modo abbiamo portato avanti questo coinvolgimento con questo consiglio dei ragazzi. Del consiglio fanno parte sia bambini residenti che quelli non residenti proprio nel comune, ma che comunque frequentano la nostra scuola: ogni classe ha un rappresentante che raccoglie tutte le idee dei compagni e ce le riporta. In questo modo i bambini vengono coinvolti in un meccanismo anche interessante e che li avvicina un po’ al mondo degli adulti». La riapertura delle scuole in questi ultimi anni è certamente un buon segno per il paese... «Negli anni novanta sono state chiuse e non c’era più nessuna scuola; siamo partiti nel 2011 con l’aprire la scuola materna statale, nel 2012 abbiamo aperto la scuola elementare che era nata come una sezione staccata di Santa Maria della Versa che poi in seguito è partita in autonomia con un bel numero di classi, poi nel 2014 siamo partiti con l’asilo nido che, a mio avviso, è un servizio molto importante per le famiglie. La mia idea era quella di creare un percorso che partisse dai più piccoli per arrivare alla scuola elementare, in modo che i bambini avessero la possibilità di continuare a frequentare le prime scuole sempre qui nel loro paese. Proprio qualche anno fa era uscito un rapporto di Legambiente che testimoniava che i bambini del nostro comune erano fra quelli che passavano più tempo sui mezzi pubblici per recarsi a scuola; proprio per questo penso sia importante che non sia più così, ma che possano uscire di casa e avere la loro scuola, senza dover recarsi in altri paesi e città. Inoltre le nostre scuole sono tutte munite di lavagna multimediale, neanche in città tutte le classi la posseggono; noi abbiamo cercato di recuperare il più possibile i contributi da investire nei nostri servizi. Sempre riguardo la scuola e che fa parte del progetto “Attivare” istituito dalla regione, abbiamo organizzato dei dopo scuola per i bambini che hanno genitori che lavorano e che non possono tenerli a casa da soli al pomeriggio. I bambini possono rimanere nella scuola svolgendo i compiti e attività ricreative». Quali sono le problematiche maggiori del comune e in che modo si potrebbero risolvere tali problemi «I nostri problemi sono quelli un po’ di tutti i comuni delle nostre dimensioni. Il problema maggiore è quello economico, infatti non abbiamo la possibilità di fare grossi investimenti come quello che può essere la viabilità. Il nostro comune conta solo 900 abitanti e abbiamo più di 20 km di strade comunali. Noi non abbiamo attività commerciali e industriali che possano partecipare alla contribuzione ma dobbiamo fare
tutto da soli cercando di far pareggiare il bilancio; l’anno scorso siamo riusciti a investire circa 20000 euro nella viabilità, ma si tratta solo di rattoppi sulle strade peggiori, non si riesce a fare grossi lavori. Lo stato continua a tagliare, anzi di quello che abbiamo continua a prendere, anche con l’Imu. Ci rimane davvero poco». Aziende, attività e produzioni locali, in che modo riuscite a preservarle e a valorizzarle? «Per la maggior parte noi possediamo aziende agricole, soprattutto vitivinicole. Noi cerchiamo ogni anno di organizzare eventi e manifestazioni a promozione dei nostri prodotti: nel 2017 abbiamo invitato molte aziende a organizzazione di una serata di abbinamento di cinque vini a cinque risotti, assieme a Pro Loco e altre associazioni. Verso fine maggio di quest’anno ve-
«Prevista la realizzazione di sei “mini alloggi” per portatori di handicap, che verranno consegnati a tutti quei bambini che sono in cura presso il reparto di Oncomatologia Pedriatica del San Matteo» dremo di ripetere la stessa serata. A mio avviso la promozione dei nostri vini però, dovrebbe essere gestita dall’Oltrepò e le sue associazioni di agricoltori che dovrebbero promuovere loro stessi i prodotti delle loro eccellenze; noi come comune cerchiamo di fare quel che possiamo». Ci sono stati avvenimenti importanti nel 2017 per quanto riguarda la restaurazione e la rivalorizzazione di zone ed edifici? «Una cosa molto bella e molto importante è partita l’anno scorso sempre con il progetto Attivare e dovrebbero iniziare a breve i lavori di ristrutturazione. Il recupero dell’ex asilo parrocchiale di Pietra de Giorgi, per la realizzazione di sei “mini alloggi” tutti a norma per portatori di handicap, che verranno consegnati a tutti quei bambini che sono in cura pressoil reparto di Oncomatologia Pedriatica del San Matteo. Si tratta di famiglie che hanno bambini in cura presso l’ospedale di Pavia e che vengono anche da molto lontano: la struttura verrà gestita dall’Agal, un’associazione di Pavia che sul pavese ha già gestito altre strutture come quella verrà realizzata qui da noi. Si tratta di aiutare concretamente persone che non hanno possibilità di pagare un albergo per restare nelle vicinanze di Pavia da cui noi non siamo così lontani e l’Auser si occuperà del trasporto con mezzi poi per raggiungere
l’ospedale. La gara d’appalto è stata fatta, adesso siamo in corso di stipula del contratto e potranno iniziare finalmente i lavori!». A Pietra de Giorgi è presente un edificio adibito a mostre e fiere, il “Cantinone” in che modo verrà sfruttato? «Il nostro “Cantinone” viene utilizzato da anni per innumerevoli attività culturali e di vario genere. L’anno passato le manifestazioni e i gruppi culturali che l’anno sfruttato sono state innumerevoli e anche quest’anno varrà la stesso discorso». Pietra de Giorgi è in unione di comuni con i paesi limitrofi? «Noi siamo in unione di comuni con Pietra de Giorgi e Lirio. Siamo assolutamente favorevoli all’unione fra comuni, non alla fusione però, che è un discorso molto diverso e non dico di essere totalmente contrario,ma in caso si pensasse di attuarla realmente dovrebbe essere ragionata molto attentamente». Pietra de Giorgi conta circa 800 abitanti in lieve calo rispetto all’ultimo decennio. Chi resta, chi va e chi torna e perché? «La nostra popolazione è piuttosto stabile tutto sommato. Nel 2016 abbiamo registrato il primo anno in cui le nascite hanno pareggiato le morti e non avveniva da molto tempo. Diciamo che in generale la nostra popolazione non ha registrato un grave calo, si registrano degli alti e bassi anche a causa dei molti stranieri che vengono qui a lavorare e prendono casa nel nostro comune e dopo qualche anno se ne vanno in altri paesi, questo è l’unico movimento migratorio che registriamo». Sindaco è di recente attuazione da parte della prefettura la mappatura dei siti “inquinanti” e definiti a rischio. Pietra de’ Giorgi stando alle ultime notizie è uno di quei 5 Comuni dell’Oltrepò insieme a Casanova Lonati, Cecima, Fortunago e Godiasco che non ha ancora risposto alla prefettura. Ci sono aggiornamenti in merito? «Noi la lista l’abbiamo inviata. Non sappiamo perché non sia visibile ma ad ogni modo non abbiamo rilevato alcun sito inquinante e quindi è totalmente negativa. Pietra de Giorgi è un paese piccolo e tenuto molto sotto controllo e quindi è difficile che si verifichino queste situazioni». Esistono nel Comune di Pietra de’ Giorgi siti a rischio? «Questo purtroppo sì. Il nostro territorio collinare è proprio soggetto a questi eventi: proprio poco tempo fa è crollata una parte della strada verso Quarti, a causa della continua pioggia dei giorni passati. Fortunatamente la Regione dovrebbe risolvere in maniera piuttosto veloce il problema assieme ai tecnici. Spesso si sentono lamentele riguardo ai tempi di risoluzione di questi episodi, ma credo che la nostra strada verrà messa a posto a breve». di Elisabetta Gallarati
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Il Teatro Sociale di Voghera Ne parlano tutti, ma in pochi lo conoscono Si capisce quanto fosse animato e importante il Teatro Sociale di Voghera leggendo il saggio “I Teatri di Voghera” (1901) di Alessandro Maragliano, vogherese, meglio conosciuto dai suoi concittadini dell’epoca come Lissandren dra Roussela: fu pittore, giornalista, linguista e poeta dialettale e si dedicò con passione alla cultura locale. Negli anni venti del 1800 la città di Voghera sentì il bisogno di un teatro consono alla propria realtà. Abbandonato un primo progetto datato 1821 dell’ingenere Gian Battista Petrino, l’incarico viene affidato all’architetto Giacomo Moraglia: dopo alcuni anni di controversie per il definitivo posizionamento del nuovo teatro, finalmente nel 1837 venne deliberato di costruirlo nell’area posta tra la Via Emilia e la Piazza del Duomo, a fianco del nuovo Palazzo Civico, anch’esso da costruirsi contemporaneamente. L’architetto Moraglia, non potendo più proseguire la sua opera a Voghera a causa dei numerosissimi impegni presi nel frattempo, dovette ritirarsi dall’incarico e nominare suo successore il torinese Gioacchino Dell’Isola, il quale aveva già realizzato, sempre per il Comune di Voghera, il progetto del nuovo Ospedale. L’inaugurazione avvenne la sera del 19 aprile 1845 con la rappresentazione dell’opera “I Lombardi alla prima crociata” di Giuseppe Verdi. Per tutta la seconda metà del 1800 il Teatro Sociale continuò la sua attività ininterrottamente, fornendo al suo folto pubblico spettacoli interessantissimi, soprattutto musicali. Il Teatro ha ospitato il ventenne Arturo Toscanini come direttore dell’Aida nel 1889. La sala teatrale, presenta un triplice ordine di palchi, con sovrastante loggione e platea. Il piano di platea era originariamente mobile e molto inclinato, e in occasione delle esibizioni di danza era rialzato a livello. Le decorazioni della sala a rilievi dorati sono in legno e cartapesta, come pure le membrature attorno ai cassettoni del proscenio, molto simili a quello del Teatro alla Scala di Milano. I palchi, 62 in totale, sono disposti su tre ordini: 18 palchi nel primo ordine, 18 nel secondo e 20 nel terzo, a cui si aggiunge una coppia di palchi di proscenio. Nel 1877 fu creato il corridoio d’accesso al teatro (sottopassaggio d’orchestra), fino a poco tempo fa in uso alla Libreria del Teatro e nel 1902 venne collocato, posteriormente alla realizzazione del palcoscenico, il grande organo costruito da Angelo Cornetti di Milano. Nel 1903. Nel 1903, stesso anno in cui fu inaugurata la lapide in pietra rosa con medaglione posta sulla facciata raffigurante Giuseppe Verdi, il teatro fu chiuso al pubblico perché dichiarato inagibile, nonostante le precedenti numerose ristrutturazioni. Nel
L’interno del Teatro 1909 il Municipio, a seguito di una vertenza della Società dei Palchettisti, perse la presidenza della Società del Teatro, che diventò elettiva tra i soci. Negli anni tra le due guerre si alternarono periodi di funzionamento della struttura a periodi di chiusura. Furono eseguiti vari lavori di modifica, e nel 1954 l’assemblea dei palchettisti del teatro deliberò una trasformazione radicale della sala con eliminazione dei palchi allo scopo di accrescere il numero dei posti a sedere, ma fortunatamente non riuscì a portare ad attuazione il progetto a causa dell’intervento del Ministero della Pubblica Istruzione. Il monumento infatti era sottoposto al vincolo e il Ministero ribadì il principio del mantenimento della struttura alle sue originarie linee architettoniche interne ed esterne: il 22 novembre del 1955 riconosce il Teatro di interesse storico e procede all’imposizione del vincolo indiretto sull’intero complesso. Adibito definitivamente ad uso cinematografico dal 1947 circa, il teatro cadde in un percorso di degrado: l’ultimo spettacolo in scena, lo «Schweyck» di Bertold Brecht, si svolse con una deroga della prefettura e i vigili del fuoco di guardia a pochi metri dagli attori. Era la sera del 15 aprile 1986, nessuno all’epoca poteva immaginare che la chiusura del teatro Sociale di Voghera per ragioni di sicurezza, sarebbe durata trent’anni.
Dopo duecento anni i Vogheresi hanno richiesto a gran voce un Teatro. Raccolta firme, associazioni, articoli di giornale, diatribe politiche, post sui social hanno occupato gli ultimi trent’anni di storia. Il Comune di Voghera, attraverso ASM Voghera Spa, è riuscito dopo decenni ad acquisire la maggioranza dei palchi della “Società del Teatro” solo nel 2014. Nella imminente estate il progetto di recupero e adeguamento funzionale del Sociale avrà inizio. L’importo totale dei lavori è 3.053.272 euro+Iva (due arrivati dal “tesoretto” Esselunga e più di un milione dalla Fondazione Cariplo) di cui 250mila euro saranno investiti per gli arredi. Il progetto prevede il recupero del teatro, della platea, del primo, secondo e terzo ordine per un totale di 340 posti. Si partirà, si spera, con ricche stagioni teatrali ed eventi culturali: un’intenzione del Comune è quella di creare un’associazione che possa sviluppare programmazioni che vedranno uniti il castello di Voghera ed il teatro per un polo artistico culturale, cosa di cui la nostra città necessita ormai da troppo tempo: si spera che se ne faccia buon uso, soprattutto da parte dei cittadini che tanto lo hanno voluto e che, dopo aver ottenuto finalmente la possibilità di poter realizzare questo sogno, non si sono risparmiati di criticare la spesa come “secondaria” rispetto ad altre esigenze. C’è sempre questa mentalità distruttiva in questa città:
prima si chiede, poco si fa e quando si fa, si critica. Siamo sicuri che la passione per il teatro e il palco in generale sia ancora viva come lo era fino a trent’anni fa in questa città? Siamo sicuri che il livello culturale non si sia abbassato notevolmente? No. Allora quando si sventolava la bandiera della lotta per la riapertura, cari Vogheresi, a che cosa stavate pensando? A una stanza o ad un teatro gioiello lombardo in totale stato di degrado? Cerchiamo di distruggere quella mentalità criticona di poco rispetto e, almeno nella cultura, di essere uniti e propositivi. Buona visione. di Rachele Sogno
L’esterno del Teatro
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«I ragazzi di oggi faticano a rispettare le regole»
Anna Bobba è dal 2015 la dirigente scolastica dell’Istituto comprensivo Depretis di Stradella. I plessi dell’Istituto interessano non solo il comune di Stradella, ma anche quelli di Arena Po e Portalbera, dalla scuola dell’infanzia fino alle classi della secondaria di primo gado: 45 classi tra primaria e secondaria, 10 sezioni scuola infanzia per un totale di 1297 alunni. Anna Bobba è al suo primo incarico come dirigente, anche se può vantare una lunga esperienza pregressa come insegnate di Lingue, anche per i detenuti in carcere. Ci confessa la sua grande passione per la musica che cerca di trasmettere ai suoi ragazzi attraverso progetti didattici, supportata da docenti che hanno voglia di fare e di innovare. Riveste un ruolo importante e per certi aspetti delicato. Perché questa scelta? «È un compito impegnativo. È stata per me non solo una scelta lavorativa, ma anche di vita che tuttora mi appassiona. Mi piacerebbe potermi dedicare di più ad alcuni aspetti della mia professione, ad esempio all’aspetto educativo e in parte ci sto riuscendo, ormai siamo diventati sulla carta dei grandi burocrati. Sicuramente non mi do per vinta, forse anche per la lunga esperienza che ho alle spalle». Come si trova a Stradella, al suo primo incarico? «Ho la fortuna di lavorare in un ambiente sereno grazie anche ad una segreteria collaborativa e ad un ottimo Direttore dei servizi generali amministrativi. Affronto il mio lavoro con entusiasmo e ho la motivazione necessaria per creare un vero comprensivo che non sia solo sulla carta. Mi piace pensare che il fine del mio lavoro sia creare continuità, un unicum che comprenda tutte le classi dall’infanzia alla secondaria di primo grado». L’Istituto comprensivo di Stradella comprende anche i plessi di Arena Po’ e di Portalbera, qual è il suo rapporto con le amministrazioni comunali? «Direi di ottima collaborazione e sicuramente attenzione e ascolto, da non dare per scontato al giorno d’oggi. Il rapporto con questi enti è molto buono, poi naturalmente fanno quello che possono». Lei ha sempre insegnato, effettivamente gli studenti sono cambiati? «A differenza di quando ho iniziato a insegnare, purtroppo, ho avuto modo di vedere che gli studenti sono molto meno rispettosi delle regole, che è uno dei fondamenti su cui si basa l’educazione e la base da cui partire per diventare un buon cittadino. Non dovrebbe esserci discontinuità tra dentro e fuori le mura scolastiche. Stiamo lavorando affinchè questo messaggio venga recepito dai ragazzi. È una lotta quotidiana, ma iniziamo a vedere dei risultati. A me non piace tanto usare l’espressione
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Anna Bobba, dirigente scolastica dell’Istituto comprensivo Depretis di Stradella, Portalbera e Arena Po
“una volta”, perché il mondo cambia e bisogna sapersi adattare, quarant’anni fa forse era più facile trattare con i ragazzi perché avevano un’educazione che imponeva loro il rispetto per gli adulti in genere. Oggi è più difficile, ma ci stiamo lavorando». Anche i docenti sono cambiati? «Per quanto riguarda i docenti giovani, in questi tre anni di collaborazioni, devo dire di aver avuto esperienze positive. Gente preparata, che ha voglia di fare e innovare. Sono molto contenta perché lavorano bene e sono molto motivati».
Questo è anche un periodo in cui tante famiglie versano in una condizione di difficoltà, sia economica che sociale. Cosa ci può dire in merito? «C’è un alto numero di famiglie in difficoltà economica: la situazione sociale è abbastanza critica». Per lei il superamento delle barriere etniche e sociali è un punto importante per la scuola dell’oggi? «Direi che è fondamentale. La nostra cultura nasce dalla fusione di molte culture, non ce lo dobbiamo dimenticare. La nostra qualità nasce dalla fusione, non dall’unici-
Il 28% degli alunni ha origini straniere «Superare le barriere etniche e sociali è fondamentale» Al giorno d’oggi molti sono gli studenti stranieri, quanti ne conta il suo istituto in percentuale? «Se parliamo di stranieri di origine parliamo di una percentuale alta, circa il 28%». Studenti decisamente più integrati rispetto a qualche anno fa… «Assolutamente. Anche perché essendoci una percentuale così alta, è inevitabile».
tà come cultura separata. Facciamo quindi un po’ di attività che vanno al di là della didattica, che rimane comunque importantissima. Cerchiamo di fare attività che permettano di includere tutti, anche coloro che non hanno un buon rendimento: se messi su un palcoscenico e responsabilizzati, abbiamo visto che si sentono valorizzati e questo è importante, anche per
recuperarli scolasticamente. Abbiamo tanti esempi di ragazzini che facevano “tribulare” che si sono ripresi anche grazie a queste attività della scuola e alla passione dei docenti». Lei è un’appassionata di musica, passione che ha saputo trasmettere ai suoi studenti. «È vero, ho la passione della musica e delle lingue. Cerco di trasmettere queste mie passioni, per esempio da quest’anno a scuola abbiamo anche il coro, un momento associativo: la musica abbatte ogni barriera! Faremo uno spettacolo finale al palazzetto di Stradella: forse non è il luogo ideale, ma iniziamo da qui e speriamo un giorno di poterlo fare in Teatro». Lei ha insegnato lingue anche in carcere: ci racconti questa sua importante esperienza. «Un periodo molto positivo. Ho insegnato in varie scuole della Provincia e il fatto di cambiare è stato molto positivo per ampliare i miei orizzonti, per non sedermi su quello che si è soliti dare per scontato. Restare troppo tempo in una scuola secondo me non dovrebbe essere permesso perché ci si abitua troppo. Il lavoro in carcere è stato molto costruttivo e impegnativo, ma mi ha arricchita. Ci sono stata un po’ di tempo circa dieci anni, un periodo corretto considerando la tensione data non dal lavoro in sé, ma dal luogo e dalle situazioni particolari con cui entri in contatto. Devo dire di aver lavorato bene perché ho incontrato grande collaborazione e ho lasciato in tutta serenità». di Elisa Ajelli
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«Salviamo le persone dai debiti che non potranno mai pagare» Un’ancora di salvezza per chi è sommerso dai debiti, la proverbiale luce in fondo al tunnel. Protezione Sociale, associazione nata nel 2016 che ha recentemente aperto una sede in via Mazzini a Stradella, mira a diventare un punto di riferimento nella nebbia della burocrazia italiana, un canale informativo per far conoscere ai cittadini in grave difficoltà economica a causa dei debiti tutte le opportunità che la legge offre per uscire dalla crisi. «Nel 2012 il governo Monti ha varato la legge sul sovraindebitamento, altresì conosciuta come legge “salva suicidi”, che in Europa esisteva già da anni» spiega il vice presidente Antonio Loria. L’Italia è stato il penultimo paese europeo ad approvarla, «il fatto è che troppo poche persone lo sanno ed il nostro obiettivo come associazione è innanzitutto informare i cittadini di quello che è un loro diritto». Infatti, se è vero che società come Spa e Srl possono fallire, esistono categorie che non possono accedere a questa procedura e stralciare il proprio debito. La legge 3/2012 cambia le cose.
La legge “salva suicidi” dà il diritto di “fallire” anche alle persone fisiche. «Unica condizione è rispondere al requisito di meritevolezza» Chi può avvalersene? «Una persona fisica, un libero professionista, il piccolo imprenditore, le start up innovative o anche azienda individuale o agricola» continua Loria. «Unica condizione è rispondere al requisito di meritevolezza. Il soggetto indebitato non deve cioè aver contratto il debito con dolo, come nel caso in cui il soggetto abbia contratto debiti superiori a quelle che erano le sue possibilità economiche in quel determinato momento. Ne ha diritto invece chi ad esempio non può far fronte ai propri debiti perché ha perso il lavoro». I debiti di gioco sono un caso delicato. «Chi li ha contratti per imprudenza non ha meritevolezza, ma altri possono acquisirla attraverso un percorso riabilitativo terapico, dimostrando la volontà di collaborare
Antonio Loria, vice presidente associazione “Protezione Sociale” e Giovanni D’Errico responsabile della sezione provinciale
con chi cura il suo percorso». Come si finisce nei guai fino al collo? Le casistiche sono molteplici. «Si possono contrarre debiti per svariate ragioni. Ad esempio c’è chi si impegna il quinto dello stipendio per farvi fronte e, accorgendosi che non basta, si rivolge ad altre finanziarie e così via, aggiungendo debito su debito innescando così una spirale che porta ad essere schiavi della propria situazione e a non poter più condurre un’esistenza decorosa neppure se ci si è messa tutta la buona volontà. Ed è qui che Protezione Sociale entra in gioco, proponendo una conciliazione proprio basandosi sulla legge 3/2012» continua Loria. L’associazione, che come spiega il suo vice presidente «ha ricevuto anche critiche da chi ci accusa di aiutare la gente a non pagare», non decide chi abbia diritto di accedere alla legge o meno. Chi decide, alla fine, è un tribunale. «Noi siamo un tramite per arrivare all’organismo di composizione della crisi, sorta di sostituto della figura del curatore fallimentare, che è l’ente preposto ad ana-
lizzare le domande e a valutare chi può accedervi. L’associazione fa consulenza e ascolto, che è la prima fase. Chi arriva da noi solitamente è in ginocchio. Persone depresse, che non dormono la notte e non hanno più vita sociale, vessate e messe costantemente sotto pressione dai creditori che possono essere la banca, il recupero crediti o altri ancora e sono arrivati ad una situazione di esasperazione insostenibile. Il nostro primo compito è dar loro supporto innanzitutto morale e, nel caso, anche aiuto psicologico». Una volta ammessi all’organismo di composizione, quanto dura la procedura per “liberarsi” del proprio fardello? «La fase iniziale – spiega Loria – dura circa sei mesi, tempo necessario per ottenere l’omologazione del piano di rientro dal giudice. Dopodiché si aprono più strade, a seconda che il soggetto sia una semplice persona fisica o che abbia partita iva. Di solito le procedure più complesse possono durare 4 anni, ma alla fine del percorso, una volta stralciato il debito ad esempio attraverso la liquidazione di un patrimo-
nio, si viene riabilitati a tutti gli effetti e la “fedina” torna pulita indipendentemente dall’entità del debito». Non è importante a quanto ammontasse il debito e quale cifra sia stata liquidata. Il concetto è che, una volta pagato il massimo che fosse possibile pagare secondo le possibilità, la persona deve essere lasciata in pace. In Oltrepò ad oggi sono una decina i soggetti seguiti da Protezione Sociale. «Ma la lista d’attesa è ampia e si allunga rapidamente» spiega il responsabile della sezione provinciale Giovanni D’Errico. La casistica in Oltrepò è varia. «C’è chi ha perso il lavoro, chi è separato o divorziato e non riesce a sostenere le spese, piccole imprese dove uno dei due soci non collabora più e l’altro non riesce più ad andare avanti, genitori che avevano firmato fideiussioni per offrire un futuro ai figli ed ora sono aggrediti dai creditori». L’ascolto e la prima assistenza sono gratuite. di Christian Draghi
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La Lega lancia la sfida: «Siamo il primo partito, ora cambiamo gli equilibri» Il partito della Lega ha ottenuto un enorme successo alle ultime elezioni nazionali. Un boom di voti anche nei comuni oltrepadani, a partire da Stradella. Andrea Scagni, classe 1971 è dal 2015 il Segretario della Lega Nord Stradella Valle Versa e commenta con molta soddisfazione i risultati ottenuti. «Come Lega siamo ovunque il primo partito. A Stradella abbiamo superato il Pd». Un risultato importante, se si tiene conto che la sinistra governa da moltissimo tempo nella città stradellina. «Finalmente dopo tantissimo tempo siamo noi il primo partito. L’anno prossimo ci saranno le elezioni comunali e questo risultato potrebbe cambiare molti equilibri anche in vista di quell’appuntamento. Un po’ per la situazione di degrado che c’è a Stradella, che è abbastanza percepibile anche da chi non ci vive. La città è ancora appetibile perché ci sono tanti locali e negozi, ma negli ultimi anni ha perso molto: un po’ per la gente che ci gira e un po’ per il centro che non è curato. Stradella necessita di un rispolvero». Si trova d’accordo con alcuni esponenti della minoranza che sostengono che Stradella sia una città degradata? «Sì, è un degrado più che altro del benessere, legato alla qualità della vita. Si vede troppo spesso gente in giro che chiede la carità… qui non si potrebbe fare, c’è un divieto esplicito eppure si fa. Sono cose non belle da vedere, specialmente nei giorni di mercato quando c’è più circolazione di persone. Poi c’è un degrado legato a strade e decoro urbano. Gli amministratori prendono spunto solo dalle segnalazioni che i cittadini fanno sulla pagina Facebook, questo non è ammissibile. Tu amministra-
Elezioni 2019: «Come Lega faremo una lista e vogliamo coinvolgere persone anche tra i comuni cittadini»
tore devi avere sotto controllo la città al cento per cento! Le segnalazioni dei cittadini vanno benissimo, ma è impensabile che gli amministratori vadano dietro solo a queste cose. Non funziona così, la segnalazione deve essere una cosa eccezionale. C’è qualcosa che non quadra». Come Lega cosa avete intenzione di fare? «Faremo una campagna, cercando di coinvolgere più gente possibile, per dare un’alternativa all’attuale amministrazione». In effetti alle prossime elezioni manca poco più di un anno. «Non manca moltissimo. Come Lega faremo una lista e vogliamo coinvolgere persone anche tra i comuni cittadini. Principalmente però sarà una struttura dove ci saranno determinate condizioni e determinati principi cardine del nostro movimento politico. Ma della campagna elettorale al momento non ne parliamo».
Quanti siete al momento? «Tra militanti e sostenitori siamo un centinaio. Oltre a Stradella copriamo altri quindici comuni, che vanno dalla bassa come Arena Po e Portalbera, fino alle colline di Santa Maria della Versa e Volpara. Quest’anno avremo due appuntamenti importanti con le elezioni comunali a Bosnasco e San Damiano al Colle: come Lega puntiamo a presentare una lista anche lì. Ho già avuto contatti e valuteremo». A Stradella volete proprio “prendere il potere”? «Sebbene in città organizzino molte manifestazioni, alcune tra l’altro ben riuscite e pregevoli, Stradella non è mai stata così in basso come adesso. Non bastano le feste. Ci vogliono idee nuove». Qual è secondo lei la ricetta per Stradella? «Abbandonare i vecchi schemi, i vecchi favoritismi, le varie parentopoli che ci sono. Cercare di guardare avanti, portare gente nuova, con buone idee e facce pulite». Il fatto di avere più voce in capitolo lo percepisce anche dai cittadini stessi? «Certo. Lo capiamo molto bene dai contatti che abbiamo quando facciamo i classici gazebo: incontriamo persone che ci chiedono cosa facciamo, che ci sottopongono questioni… prima non succedeva. Anni fa quando ci vedevano nei gazebo si allontanavano, adesso ci incontrano volentieri». Il fatto di avere esponenti del vostro partito a Roma, può servire per il territorio Oltrepò che sembra troppo spesso dimenticato? «Quest’anno a Roma, come Provincia di Pavia, abbiamo diverse persone, forse non ce ne sono mai state così tante: abbiamo due onorevoli e un senatore. E poi abbia-
Andrea Scagni, segretario Lega nord Stradella Valle Versa
mo un assessore e un consigliere in regione. Sono fattori importantissimi. Se mettiamo sul piatto questi pesi, è il momento in cui si possono congiungere determinate condizioni, anche per Stradella stessa. Se il nostro territorio ha un contatto diretto e stretto con Milano e Roma, possono cambiare tante cose, tanti equilibri. Possiamo non essere più l’ultima città, dobbiamo cercare di sfruttare certe situazioni. Anche altre forze politiche, comunque, hanno esponenti nelle due città e quindi bisogna cercare di valorizzare quello che abbiamo». di Elisa Ajelli
CANNETO PAVESE
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«L’Ecomuseo dovrà essere adeguato alle nuove tecnologie» Non tutti sanno che in Oltrepò Pavese esistono quattro Ecomusei. Nati in seguito alla definizione che Regione Lombardia ne ha dato con la legge n.13/2007, raccolgono una modalità innovativa (di derivazione francese) di vedere il territorio come sistema integrato di tradizioni, paesaggi, monumenti, prodotti tipici, ponendosi, fra gli altri, obiettivi di ricerca scientifica e di valorizzazione del patrimonio esistente. A Canneto Pavese è situato il fulcro di uno di questi ecomusei, che ha trovato un nuovo centro strategico presso la Casa della Cultura recentemente inaugurata dalla locale amministrazione comunale. Abbiamo posto alla sindaca Francesca Panizzari alcune domande sull’ente di sua competenza e, in generale, sul ruolo che queste realtà possono svolgere al servizio dei territori. Quando è stato fondato il vostro ecomuseo, e con quali finalità? «L’Ecomuseo della Vite e del Vino dell’Oltrepò Pavese Orientale è stato istituito nel 2008 dall’Unione di Comuni Lombarda Prima Collina (Canneto Pavese, Castana e Montescano). Successivamente vi hanno aderito i Comuni di Broni e Cigognola, al fine di valorizzare il patrimonio ambientale e culturale dei luoghi ed il coinvolgimento e la partecipazione attiva della popolazione, in quanto l’Ecomuseo rappresenta l’espressione della cultura di un territorio ed ha come principale riferimento la comunità locale, la predisposizione di percorsi turistici e culturali, l’organizzazione di iniziative culturali ed educative tese al recupero ed alla promozione del patrimonio storico, culturale, naturalistico e linguistico. Si è dotato di un coordinatore (il dottor Paolo Losio) e di un Comitato Tecnico Scientifico». Quali sono state le attività principali in questi anni? «È stato realizzato il sito internet con un link dedicato sul sito dei Comuni che lo compongono e materiale promozionale di presentazione del territorio ecomuseale. Nel 2015 si è dato corso al programma di eventi ‘Le eccellenze pavesi nella cornice dell’Ecomuseo dell’Oltrepò Orientale’, un insieme di iniziative pensate per il periodo di Expo, con la partecipazione del Paniere Pavese e di Experienza Pavese. Nel Comune di Canneto Pavese è stata effettuata la ricerca sui toponimi dei vigneti antichi, da parte di alcuni studenti, ed è stata redatta la relativa mappa del territorio comunale. È in corso di realizzazione anche in altri Comuni dell’Ecomuseo». Altre attività? «Nel 2016 sono stati realizzati incontri con la popolazione per raccogliere testimonianze di chi lavorò e lavora tra i vigneti e nelle cantine, tramandando la memoria. Sono stati intervistati alcuni abitanti dei comuni facenti parte dell’Ecomuseo che hanno condiviso i loro ricordi,
le fotografie di famiglia, facendo rivivere le tecniche tradizionali ed i mestieri legati alla gestione del vigneto, la vendemmia e la produzione del vino. Con il materiale raccolto e le interviste è stato realizzato un DVD. Sono stati realizzati dei pannelli narranti itineranti bilingue (italiano-inglese) con QR code dai quali è possibile accedere a foto d’epoca e notizie sulle tradizioni vitivinicole, sono stati esposti nei diversi eventi dedicati al territorio ed all’enogastronomia che si sono svolti nei Comuni dell’Ecomuseo». C’è poi un ruolo di “contenitore” o di “cappello” per dare visibilità ad eventi prodotti da altri soggetti… «L’attività dell’Ecomuseo è consistita anche nel partecipare e/o patrocinare iniziative di promozione della cultura, delle tradizioni e del paesaggio del territorio ecomuseale, quali: letture di poesie o di testi letterari in genere, proiezione di audiovisivi sui temi di EXPO, sostegno alle sagre enogastronomiche e di promozione vitivinicola, organizzazione di concerti musicali a tema (musica sacra medioevale)». Alcuni scettici sostengono che taluni ecomusei siano nati con il solo scopo di ottenere finanziamenti regionali, per poi cadere nel dimenticatoio; analogamente a quanto accaduto con molti dei quasi coevi ‘distretti del commercio’. Lei crede, in ragione della sua esperienza, che si tratti invece di uno strumento utile al territorio? «Non è così, i finanziamenti regionali per gli ecomusei sono legati a bandi regionali ed europei, e per ora abbiamo potuto partecipare ad un solo bando in partenariato con l’Ecomuseo dell’Appennino Lombardo ‘Il Grano in Erba’. Finanziamenti regionali espressamente dedicati agli ecomusei tutt’ora non ne esistono. Comunque per mantenere il riconoscimento regionale di Ecomuseo è necessario sottostare alle verifiche obbligatorie regionali, partecipare ai periodici incontri della Consulta regionale in cui ci si confronta con gli altri ecomusei lombardi e generare eventi dedicati. I Distretti del Commercio sono tutt’altra cosa, hanno scopi e finalità totalmente diversi». Quali, allora, le finalità peculiari? «L’Ecomuseo, come ho detto prima, vuole valorizzare il territorio nel suo insieme in collaborazione con la popolazione e le attività economiche del territorio, conservarlo e renderlo gradevole ai visitatori con lo scopo di poterli trattenere per un breve o lungo soggiorno in un ambiente di tranquillità, verde e relax tra i tanti sentieri immersi nei vigneti, fare conoscere la nostra storia e le nostre tradizioni enogastronomiche e l’eccellenza dei nostri vini». Una recente indagine da parte della
Francesca Panizzari, sindaco di Canneto Pavese
Regione ha individuato alcune criticità alle quali il vostro ecomuseo dovrà far fronte entro sei mesi. La principale è l’assenza di una sede adeguata. Forse la Casa della Cultura, di recente inaugurata, è una risposta anche a questa necessità? «Alcune criticità rilevate sono eccessivamente restrittive e discutibili. Come avevamo a suo tempo evidenziato anche nel questionario di autovalutazione, la precedente sede presso il Municipio di Canneto, era provvisoria in attesa della ristrutturazione della Casa della Cultura e del Vino, dove ora l’Ecomuseo ha uno spazio dedicato». Gli altri comuni che fanno parte dell’Ecomuseo (Castana, Montescano, Broni e Cigognola) come collaborano nelle attività? Intervengono anche finanziariamente? «L’Unione di Comuni Prima Collina (Canneto Pavese, Castana e Montescano) funge da capofila e collabora con i Comuni di Broni e Cigognola, ogni comune ha nel proprio bilancio una somma dedicata ai progetti relativi all’Ecomuseo stesso». Fra i problemi emersi nel rapporto regionale, risulta che il 70% degli ecomusei incontra difficoltà a far partecipare attivamente i cittadini, aspetto che invece doveva essere fondamentale per questi istituti. Perché secondo lei questo strumento non è stato, finora, compreso appieno? È una difficoltà che riscontra anche con riferimento alle altre proposte del Comune? «La maggior parte del territorio del nostro Ecomuseo comprende comuni a bassa densità demografica, dove la popolazione e i volontari disponibili partecipano e sono
coinvolti nelle diverse attività organizzate dalle associazioni socio-culturali esistenti sul territorio, comprese le scuole, e lavorano tutti in sinergia per il territorio, anche per l’Ecomuseo, con la collaborazione delle Amministrazioni locali. È pertanto difficile separare la progettualità e l’attività specifica dell’Ecomuseo con l’utilizzo di volontari esclusivamente dedicati, dalle attività delle altre associazioni che sono tutte, ognuna per le proprie finalità, orientate alla conservazione, salvaguardia, recupero e valorizzazione del patrimonio materiale e immateriale esistente, nella prospettiva dello sviluppo sostenibile. Infatti sulle locandine dei vari eventi svolti sul territorio è sempre riportato il logo dell’Ecomuseo». Negli ultimi mesi si è parlato, a livello regionale, di riformare questi enti, e di giungere alla definizione di un ‘Ecomuseo 2.0’. Da un punto di vista politico, pensa ci sia qualcosa da cambiare? «Per un futuro sostenibile e per maggiori opportunità di valorizzazione delle eccellenze del territorio nel suo insieme anche l’Ecomuseo dovrà sicuramente essere adeguato alle nuove tecnologie, per portare un forte valore aggiunto ad un prodotto complesso come un intero territorio da raccontare in tutte le sue peculiarità. Per fare questo sui nostri territori è necessario potenziare la banda larga. Il Decreto legge recentemente approvato per i Piccolo Comuni lo prevede, la nota più dolente sarà la tempistica attuativa. Da parte nostra c’è grande volontà e disponibilità di stare al passo con i tempi per costruire progetti territoriali innovativi». di Pierluigi Feltri
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«Territorio molto vasto, servono più giovani per la protezione civile» L’avvocato Anna Zucconi, oltre a svolgere la sua professione a Broni, ricopre il ruolo di tesoriera dell’associazione AIGA di Voghera, fa parte dell’associazione Biblioteca Comunale di Santa Maria della Versa ed è la coordinatrice del gruppo protezione civile di Santa Maria della Versa con un vasto territorio di competenza cheZucconi in questa intervista ci illustrerà, in particolar modo, come si svolge il lavoro di questo gruppo di volontari sul territorio oltrepavese. Zucconi lei è diventata da poco coordinatrice della protezione civile di Santa Maria della Versa. Come è successo? «Diciamo per caso, cioè quando il fondatore del gruppo e direttore, Roberto Bernini, ha dato le dimissioni, io sono subentrata al suo posto: un po’ penso, per la mia professione d’avvocato e un po’ per la mia passione per questa associazione, devo essere sembrata subito la persona più indicata per ricoprire il ruolo. Non ci vogliono grandi doti per ricoprire questo ruolo, ma un minimo di dimestichezza con la burocrazia non fa male diciamo». Prima di esserne la coordinatrice, faceva parte del gruppo come membro attivo? «Sì, io facevo già parte del gruppo come membro volontario attivo dal 2012/2013 e poi successivamente, quando si è presentata l’occasione, hanno pensato di propormi come coordinatrice». Che territorio ricopre la protezione civile di Santa Maria? Il nostro ambito territoriale è quello di Santa Maria della Versa (e tutte le sue frazioni) e il comune di Rovescala con cui abbiamo stipulato una convenzione poiché appunto non era coperto ancora dalla protezione civile». Chi fa parte della squadra? Sono tutte persone dell’Oltrepò orientale? «I volontari sono quasi tutti di Santa Maria della Versa, solo uno è proveniente da Rovescala». Quali sono le maggiori occupazioni? «Noi attualmente abbiamo optato per eseguire dei controlli periodici sul territorio: nei territori limitrofi ai corsi d’acqua, controllare che il letto del fiume sia sgombro, che non ci siano ostacoli al percorso del fiume soprattutto quando il livello dell’acqua aumenta per evitare che avvengano straripamenti. Anche le piante pericolanti, soprattutto e spesso proprio su segnalazioni da parte dei cittadini sono uno dei pericoli maggiori nel nostro territorio: non è solo di spettanza del comune, ma più in generale anche dei privati e delle varie proprietà che spesso tralasciano la potatura delle piante e a volte diventa nostro compito segnalare quando ci sono alberi a rischio di caduta che necessitano quindi di venire tagliati».
Anna Zucconi, è la nuova coordinatrice del gruppo protezione civile di Santa Maria della Versa
Ci sono state emergenze nell’arco del 2017 e in questi primi mesi del 2018? «Non sono avvenute grandi emergenze per fortuna. Il 25 febbraio di quest’anno durante la nevicata ci sono state delle raffiche di vento molto forti ed è crollato uno dei pali del telefono e in quel caso siamo intervenuti chiamando i vari organi che si occupano di queste problematiche e di conseguenza la telecom. Diciamo che noi comunque lavoriamo molto sulla prevenzione delle emergenze, quindi con controlli periodici del territorio cerchiamo di intervenire per tempo prima che si verifichino i problemi».
Ci sono delle problematiche che risultano dalla gestione di un gruppo come il vostro? «La nostra protezione civile ha sempre bisogno di volontari. Nel nostro gruppo ci sono pochi ragazzi giovani purtroppo e bisognerebbe organizzare più attività come “La giornata del volontario”, con piccole esercitazioni e dimostrazioni da parte dei nostri volontari per far vedere come è poi un po’ l’attività che facciamo. Si stava pensando con l’altro gruppo dell’Alta Valle Versa, di organizzare attività di dimostrazione e di avvicinamento per cercare di pubblicizzare un po’ ciò che facciamo
e che siamo». Quali sono le attività di pubblicità e di promozione che operate per il vostro gruppo? In che modo si cerca di lavorare sul gruppo per mantenerlo saldo e sempre attivo? «A volte penso che la popolazione non sappia realmente quello che facciamo e che quindi non possa interessarsi a noi. Il 13 maggio ci sarà la marcia a Santa Maria e anche noi daremo il nostro contributo, come alla “corsa ciclistica dei colli rovescalesi” e come il 5 maggio saremo in piazza per Telethon a vendere i biscotti del cuore; si tratta spesso di attività di volontariato ma è giusto che noi della protezione civile ci interessiamo anche a questo. Anche la nostra pagina facebook contribuisce a farci un po’ di pubblicità. Un cosa importante che facciamo è quella di eseguire dei corsi di specializzazione, come quello per la guida dei mezzi 4x4, partecipiamo spesso a questi corsi per rimanere sempre aggiornati. Un altro aspetto molto importante è quello di lavorare anche assieme agli altri gruppi, come avviene ad esempio nei corsi di aggiornamento, proprio per creare dei contatti e conoscere le persone che potresti incontrare poi in quegli, ovviamente scongiurati, momenti di emergenza che si possono verificare. Cerchiamo sempre di trovarci coi nostri colleghi di Pietra de Giorgi, Varzi ecc e di organizzare attività, anche per stimolare i vari volontari e cercare di mantenere vivo il gruppo, parlare e discutere». Lei oltre che la coordinatrice della protezione civile è un avvocato e membro dell’Aiga, Associazione giovani Avvocati nel ruolo di tesoriere. Quali sono le principali finalità dell’Aiga? «Io faccio parte del direttivo dell’associazione dell’Aiga di Voghera e ne sono il tesoriere. Purtroppo sono al limite d’età per poter fare questa attività, si può appunto farne parte fino al quarantacinquesimo anno d’età e l’anno prossimo dovrò abbandonare purtroppo. Ci occupiamo di fare politica forense, incontrandoci con i direttivi delle varie regioni per discutere delle varie problematiche che interessano i giovani avvocati. Cerchiamo di organizzare corsi di formazione che specializzino i vari giovani avvocati per poter impegnarsi in un settore specifico in maniera consona, senza sapere poco di tutto, ma possedendo delle conoscenze specifiche. Al giorno d’oggi siamo moltissimi noi avvocati, ci sono tantissimi giovani e non si tratta più di quella che era la professione una volta, ma cerchiamo comunque di dare una mano a questi giovani che escono fuori dalle università senza sapere bene come funziona poi la vera attività (sia dal punto di vista della fiscalità che quello che con-
SANTA MARIA DELLA VERSA cerne il lavoro vero e proprio) perché magari non provengono da famiglie in cui ci sono già avvocati. A livello locale, durante l’anno organizziamo una decina di corsi di aggiornamento, circa uno al mese, dove si affrontano vari argomenti come il diritto penale, quello di deontologia, il corso sul condominio e la sua legislazione. Inoltre il nostro presidente di sezione, Valeria Chioda, fa parte della giunta nazionale e per noi è anche un motivo di vanto». Lei è anche impegnata politicamente nel Comune di Santa Maria della versa dove riveste il ruolo di consigliere di minoranza. Come giudica quest’ultima sua esperienza? «Ho imparato molto come amministrazione di minoranza. Molte volte non ero d’accordo con la maggioranza e ho sempre espresso le mie opinioni, ma in generale questa prima esperienza come amministratrice di minoranza mi ha dato molto su cui lavorare: arrivavo a questa attività completamente scevra in materia e devo dire che non è per niente semplice avere a che fare con la burocrazia dell’amministrazione comunale, è chiaro che avere certe conoscenze aiuta molto. In generale non ho mai amato fare opposizione in maniera “ignorante”, è chiaro che ci sono stati momenti di scontro in cui non ho condiviso le idee altrui, ma si è sempre cercato di venirsi incontro e trovare la giusta soluzione alle cose. Ho sempre cercato di collaborare per quel che potevo, anche
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se sono sempre stata molto schietta parlando coi diretti interessati riguardo alle problematiche». I commercianti di Santa maria della Versa hanno espresso diverse volte la loro preoccupazione per il futuro del paese. Lei che risposta si sente di dare ai suoi concittadini?
qualcosa di concreto per promuovere i negozi di paese, soprattutto in un momento in cui si sta venendo schiacciati dalla concorrenza dei supermercati. Al giorno d’oggi una persona che lavora fa fatica a comprare i prodotti in un negozio, quando ha comodità di trovare tutto ciò che le serve in un supermercato aperto
«Sono una persona impegnata in molteplici progetti. Proprio per questo motivo, non ho ancora deciso se ricandidarmi l’anno prossimo» «Io in alcune occasioni ho riferito che alcuni aiuti potevano essere destinati ai commercianti, ma non si è mai neanche parlato seriamente dell’argomento. Credo che sia l’intera vallata ad essere un po’ morta in generale, dal punto di vista delle botteghe e dei negozi, ma non credo che il problema sia sorto ora con l’attuale amministrazione, ma che sia il risultato anche di quelle passate: bisognerebbe fare
fino alle nove di sera; sono molteplici le problematiche che accompagnano questo argomento: sarebbe ovviamente bello vedere di nuovo in voga i nostri prodotti e le nostre tipicità, vedere di nuovo il vecchio camioncino che effettua le consegne a domicilio dei piccoli negozi, ma non so se questo sia ancora possibile. Il discorso è complesso e andrebbe fatto in sinergia fra commercianti, amministra-
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zione comunale e anche le associazioni di categoria, credo che sia indispensabile la collaborazione per il raggiungimento di una soluzione concreta». Punto vendita a Santa Maria della versa, da poco riaperto. La sua opinione in merito «Sì ho visto che ha riaperto il Wine Point della cantina “La Versa”, anche se non ho presenziato all’inaugurazione. Personalmente non ho mai rilasciato dichiarazioni riguardo all’attività della cantina sociale. Ovviamente auguro alla nuova gestione di lavorare bene e di far rifiorire un po’ il nome della cantina, perché ne trarrebbero beneficio un po’ tutti. È giusto che il punto vendita sia stato spostato, che sia tornato qua, ma non so se riesca a lavorare, sicuramente glielo auguro». L’anno prossimo a santa maria della Versa si voterà. Ha intenzione di ricandidarsi? «Non lo so assolutamente. Sono una persona impegnata in molteplici progetti, sia nella mia attività professionale, che come coordinatrice della protezione civile e nella biblioteca comunale di Santa Maria: proprio la nostra biblioteca opera sul territorio con numerose iniziative culturali e artistiche. Proprio per questi motivi, non ho ancora deciso se ricandidarmi l’anno prossimo». di Elisabetta Gallarati
OLTREPò AL VOTO
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Tre i comuni dell’Oltrepò alle urne Bosnasco, Mezzanino, San Damiano al Colle Il Ministero dell’Interno ha fissato per il prossimo 10 giugno la tornata elettorale che interesserà, fra gli altri, tre comuni dell’Oltrepò orientale: Bosnasco, Mezzanino e San Damiano al Colle. Il primo vede attualmente alla guida Flavio Vercesi, in sella dal 1991 (con una breve pausa nella quale aveva svolto, comunque, il ruolo di vice sindaco). Nella scorsa tornata erano presenti in lizza ben quattro liste, ma lo storico primo cittadino era riuscito a sbaragliare la concorrenza, ottenendo un risultato plebiscitario: il 96,75% di preferenze, davvero più unico che raro. Il panorama che sembra delinearsi per il prossimo giugno è meno frammentato. Oltre al sindaco uscente, dovrebbe presentarsi un solo altro candidato: Maurizio Calchi, esponente della Pro Loco del paese. Alle elezioni del 2013 era presente anche una lista di Identità Oltrepò, che vedeva come candidato sindaco il segretario del movimento, Roberto Pisani, che questa volta supporterà Vercesi. «È stata la conseguenza di una buona collaborazione, seria, che c’è stata in questi anni», fa sapere Vercesi.
Roberto Pisani
«Pisani si è sempre comportato con estrema correttezza, facendo un’opposizione costruttiva e impegnativa. Così abbiamo ritenuto, al di là della politica, di proseguire insieme. Non si tratta di un accordo per avere più voti, ma proprio di una collaborazione, di una collaborazione reciproca». Sul nuovo gruppo che si propone come alternativa, Vercesi commenta: «Ne so poco, da quello che sento si candiderà Maurizio Calchi. Ho letto sulla stampa che è un esponente della Pro Loco, ed è vero, ma non vorrei passasse il discorso che ci sia spaccatura fra l’associazione ed il Comune perché non è assolutamente vero: c’è stata sempre un’ottima sintonia e sicuramente continuerà». Si sente di mandare comunque un messaggio di tranquillità al suo elettorato? «Direi di sì, naturalmente c’è massimo rispetto per chi si presenterà». Roberto Pisani, raggiunto telefonicamente, conferma la stima reciproca espressa dal sindaco uscente: «Come Identità Ol-
Flavio Vercesi Sindaco Di Bosnasco
Gianluigi Zoppetti sindaco di Mezzanino
Cesarino Vercesi sindaco di San Damiano al Colle
trepò appoggiamo Flavio Vercesi. Un comune piccolo non può fare grosse cose, però sono stati messi in sicurezza il cimitero e il municipio, e per tutti i cinque anni non sono state aumentate le tasse comunali. Alla fine, quando un comune arriva alla fine del mandato avanzando soldi e facendo le opere, significa che è stato amministrato bene. Ho vissuto dall’interno del Consiglio Comunale questi cinque anni, alla fine dei quali ho parlato con Flavio e con i consiglieri di maggioranza, ed è stata presa questa decisione». Come si muoverà Identità Oltrepò negli altri comuni al voto? «Stiamo valutando. L’intenzione è quella di fare qualcosa insieme agli altri componenti di Centrodestra. San Damiano è già, di fatto, vicina alle nostre posizioni. Ne parlerò con Cesarino Vercesi e vedremo. A Mezzanino la partita è aperta, e c’è in ballo il progetto del nuovo Ponte della Becca. È una situazione interessante». Possiamo dire, comunque, che il movimento continui a dire la sua, anche nei piccoli comuni. «Identità Oltrepò c’è. Noi ci siamo. È chiaro che quando si parla di partecipazione elettorale, direttamente o indirettamente, essendo un movimento oltrepadano ci mettiamo in gioco». Anche Gianluigi Zoppetti, sindaco uscente di Mezzanino, ha intenzione di ripresentare una lista. «Innanzitutto mi ricandido per una continuazione dell’operato dell’Amministrazione Comunale da me rappresentata, pur avendo dovuto fare i conti con un periodo, durato tre anni, nel quale ha operato il ‘Patto di Stabilità’, che non ha permesso di attuare il programma. Durante gli ultimi due anni del mandato è cambiata la Legge di Stabilità, con l’adozione del pareggio di bilancio, che ha permesso ai comuni virtuosi di poter realizzare delle opere.»
Si parla già della composizione della lista? «La lista è rinnovata per via del fatto che, nel frattempo, la legge è cambiata. Oggi è fissato in dieci il numero dei consiglieri, mentre nel 2013 erano sei. La mia sarà una lista civica, che anteporrà gli interessi del paese a quelli partitici, e sarà formata al 55% da donne.» Riguardo a quello che sarà il tema caldo della prossima campagna elettorale, il Ponte della Becca, Zoppetti dichiara: «Il sottoscritto è uno degli artefici del movimento creato per la realizzazione del nuovo ponte della Becca. Dopo anni durante i quali il dibattito e lo scambio di lettere è avvenuto tra ‘gli addetti ai lavori’, nel 2016 ho deciso di portare il dibattito tra le altre istituzioni, le associazioni di categoria, quelle del no profit, i media e i cittadini. Il tutto è iniziato con un documento condiviso tra i due Consigli Comunali di Mezzanino e Linarolo, esteso poi a trentadue sindaci, le cui popolazioni gravitano attorno al ponte della Becca. Il 16 gennaio 2017, in una assemblea pubblica, si è costituito il G.D.L.P. (Gruppo Di Lavoro Permanente per il nuovo Ponte della Becca)». Quali sono le iniziative prodotte, fino a questo momento, dal Gruppo di lavoro? «Il G.D.L.P. ha messo in campo due manifestazioni. La prima l’11 febbraio 2017, al frontale del Ponte, e la seconda, che è stata denominata ‘La Marcia sul Ponte’ e si è svolta l’11 marzo 2017. In questa occasione si è chiesto alla Regione il finanziamento dello studio di fattibilità del nuovo ponte e al Governo un tavolo tecnico per definire un percorso per la realizzazione.» Quali risultati sono stati ottenuti? «Il 29 giugno 2017, in rappresentanza del G.D.L.P., sono stato udito dalla V Commissione Regionale e in ottobre 2017 la
Giunta Regionale ha finanziato lo studio di fattibilità indispensabile per avviare l’iter per la realizzazione del nuovo ponte. Il 9 gennaio 2018, insieme al Sindaco di Linarolo e a quello di Pavia, e con il Presidente della Provincia, sono stato invitato al tavolo tecnico tenutosi presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, alla presenza del Vice Ministro Mancini, dei dirigenti dell’ANAS e a quelli di Strade e Autostrade. In quella sede si è tracciata una road map per la realizzazione del nuovo ponte della Becca.» L’elenco degli impegni che Zoppetti ha mantenuto in questi cinque anni di mandato è lungo ed eterogeneo: oltre ai cospicui interventi in materia di viabilità, la lista comprende, per esempio, la videosorveglianza, l’illuminazione pubblica a led, la nuova palestra e la variante al PGT. Il sindaco uscente punta a ripartire da questi elementi per continuare la sua avventura in sella allo scranno più alto di Mezzanino. A San Damiano al Colle la situazione è più incerta rispetto agli altri due comuni al voto. Non ha ancora sciolto la riserva, ma dovrebbe ripresentarsi, l’attuale sindaco Cesarino Vercesi, il quale è stato di recente candidato anche alle elezioni regionali nelle file di Fratelli D’Italia, a supporto del candidato vincente Attilio Fontana. Vercesi è stato, in passato, anche vice-coordinatore provinciale di Futuro e Liberà per l’Italia. Anche l’attuale gruppo di minoranza si mantiene, per il momento, su posizioni attendiste. «Non abbiamo ancora nessuna proposta in merito», dichiara Emanuela Sforza, all’opposizione negli ultimi cinque anni ma già capogruppo di maggioranza negli anni precedenti. «Non sappiamo nemmeno se si ripresenterà ancora la lista vincente dell’attuale sindaco Vercesi». di Pierluigi Feltri
LA “NOSTRA” CUCINA
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Cheap but chic: piatti golosi e d’immagine al costo massimo di 3 euro! Forte e delicata, dal sapore inconfondibile con un retrogusto dolce: è l’ortica, una pianta povera e ricchissima di qualità salutari. Verde smagliante di clorofilla, minerali (moltissimo ferro, ma anche rame e zinco), l’ortica contiene una serie di nutrienti e proprietà medicinali, efficaci in particolare su fegato, milza e sangue. Esercita infatti un’azione disintossicante, diuretica e alcalinizzante, cioè favorisce l’eliminazione dei residui acidi dall’organismo. Perfetta, dunque, per rinnovare il nostro organismo dopo la stagione invernale. Ma quando si raccoglie, l’ortica? E soprattutto: come? Beh, la stagione giusta è proprio la primavera, prima che i suoi fusti s’induriscano. Il mese migliore è Aprile, quando i principi attivi che contiene sono al massimo della loro potenza. Sappiamo che gli antichi greci, che ne erano ghiotti, usavano infatti coglierla prima dell’arrivo delle rondini… Certo, bisogna raccoglierla armati di guanti di gomma o da giardiniere, tagliando le cimette e le foglie sottostanti più tenere. Bisogna utilizzare i guanti anche per maneggiarla durante le fasi di lavaggio e pulizia. Se però viene lasciata in ammollo qualche ora, l’ortica perderà il suo potere urticante. Utilizziamo questa pianta così comune nelle nostre campagne in abbinamento alla carota per cucinare un saporitissimo risotto che renderemo molto “chic” decorandolo con alcune profumatissime violette, primi fiori di primavera. Come si prepara In una pentola portiamo ad ebollizione un litro e mezzo d’acqua con un cucchiaio di sale grosso. Sbollentiamo le ortiche per un paio di minuti, le scoliamo e conserviamo l’acqua che ci servirà per cuocere il nostro risotto. Cuociamo in un pentolino con acqua e sale la carota pulita e tagliata a fette e la conserviamo nella sua acqua. In una padellina inaderente versiamo un cucchiaio d’olio e soffriggiamo lo scalogno tagliato a fettine sottili. Aggiungiamo le ortiche sbollentate e lasciamo insaporire.
RISOTTO ALLE ORTICHE CON CREMA DI CAROTA Ingredienti per 2 persone:
200 g di riso vialone nano o carnaroli un mazzetto di ortiche 1 carota 1 piccolo scalogno 3 cucchiai di parmigiano reggiano grattugiato la buccia grattugiata di mezzo limone 2 aghi di rosmarino qualche cucchiaio di olio extravergine d’oliva acqua e sale per guarnire: alcune violette 1 cucchiaio di granella di pistacchi Versiamo il composto nel bicchiere del minipimer ,aggiungiamo qualche cucchiaio d’acqua di cottura delle ortiche ,due cucchiai d’olio e frulliamo. Versiamo la crema ottenuta in una coppetta e teniamo in caldo. Dopo averlo sciacquato, versiamo ora nel bicchiere le carote cotte con due cucchiai della loro acqua, la buccia grattugiata del limone e il rosmarino e frulliamo, ottenendo così una crema che verseremo in un’altra coppetta e terremo in caldo. Passiamo ora alla preparazione del risotto. Scaldiamo bene un tegame sul fuoco, versiamo il riso e lo facciamo tostare senza l’aggiunta di nulla. Aggiungiamo due mestoli di acqua di cottura dell’ortica calda e cuociamo il nostro risotto per 15 minuti,
aggiungendo di volta in volta l’acqua. Otterremo un riso molto cremoso “all’onda” che mantechiamo mescolando bene con tre cucchiai di parmigiano grattugiato. Al termine dell’operazione, copriamo con un coperchio e lasciamo riposare 2 minuti. Siamo ora pronti per l’impiattamento. Adagiamo il nostro risotto su di un piatto piano, spianandolo bene, versiamo a spirale con un cucchiaio prima la crema di ortica e poi quella di carote. Decoriamo con qualche violetta e spolverizziamo con la granella di pistacchio. Buon appetito!! You Tube Channel “Cheap but chic”. Facebook page “Tutte le tentazioni” di Gabriella Draghi
Gabriella Draghi
OLTREPò PAVESE
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Ripulisce da sola l’Oltrepò dai rifiuti «Menefreghismo e maleducazione il vero problema» Claudia Francione nata a Broni, cresciuta a Manzo frazione di Santa Giuletta, dove è rimasta sino all’età di 23 anni, poi trasferitasi a Pavia dove tuttora vive, è una “volontaria” che si occupa – quando le è possibile – di ripulire l’Oltrepò dai rifiuti. Claudia cosa la ha spinta a questa iniziativa? «Ultimamente Pavia, la sua provincia e l’Oltrepò Pavese, sono diventati la “pattumiera” della Lombardia. Io giro diverse province della regione, ma un degrado simile lo vedo solo qui... A volte sono costretta a guidare evitando di guardare il paesaggio, perché vedo solo bottiglie di vetro, lattine, plastica, tutte cose che non hanno a che fare con la natura!». Per questa sua iniziativa, ha creato un gruppo di volontari? «Avevo creato una chat di volontari, dove postavo le foto e condividevo lo scempio dei rifiuti... ma non ha prodotto grandi risultati, perchè un’iniziativa del genere è molto impegnativa! Tuttavia, non demordo... chiunque fosse interessato e disponibile può contattarmi attraverso la mia pagina Facebook». Claudia come si svolge una sua giornata di “raccolta”? «È semplicissimo... per pulire ci si arma di guanti e sacchetti e di tutto il necessario, poi di volta in volta si cambia zona». Nella sua iniziativa è sostenuta da qualche ente? «No, non mi sostiene nessun ente, istituzione o associazione. A tale proposito, proprio a queste rivolgo il mio appello per sostenere questa iniziativa! Lo scorso gennaio ho pulito un pezzo di
Claudia Franchione bosco dove passano bambini, adulti e cani con padroni... sono stata intervistata da un’altra testata giornalistica, ma oltre a quest’episodio sembra non interessare niente a nessuno... è una vergogna!». Claudia una volta ripulita una zona, per quanto tempo rimane pulita? «I posti che puliamo non rimangono mai puliti a lungo...». Riesce a coinvolgere gli abitanti delle varie zone? «Direi proprio di no. Rimango sempre di più stupita del fatto che le persone possano riuscire a vivere in mezzo a questo degrado... personalmente non ce la faccio più. Ormai da anni abito a Pavia e qui in città c’è una app che si chiama “ioamopavia”, che funziona molto bene: essa consente di conferire ogni tipologia di rifiuto, controllare il calendario della raccolta porta a
porta, trovare i centri di raccolta più vicini, prenotare il ritiro di rifiuti ingombranti e tanti altri servizi ancora... sono convinta che, nel 2018 ogni Comune - più o meno grande - debba organizzarsi e creare una app del genere... ma forse non è mancanza di strumenti, forse è vera e propria inciviltà!». Claudia nelle giornate di “raccolta”, come smaltisce i rifiuti? «Semplicemente li raccogliamo e questi vengono prontamente buttati nei vari cassonetti che incontriamo... quelli ingombranti li segnaliamo al numero verde». Generalmente che tipo di rifiuti trova? «Purtroppo troviamo tantissimi pneumatici...». Vorrebbe segnalare una zona che in particolare necessita di maggiore pulizia? «A mio parere la tangenziale nord e le varie uscite da Pavia, ma anche la strada statale che congiunge Pavia con Casteggio e Voghera è inguardabile! Come ho già detto però, tutta la provincia è diventata un immondezzaio ed è un fatto molto grave. Immaginate il turista che percorre queste strade, sulle quali vengono pubblicizzati prodotti come salumi e vini, e appena al di sotto di questi cartelloni pubblicitari e lungo tutto il tratto stradale si trovano rifiuti e detriti di ogni genere...Io mi vergogno, soprattutto se penso che solo 20 anni fa la nostra zona era stata soprannominata “la piccola Svizzera”». Qual è il suo obiettivo? «L’obiettivo sarebbe quello di rendere il territorio pulito come un tempo. Spesso leggiamo sui giornali che la Provincia di Pavia è seconda per inquinamento e malattie alla tristemente famosa “terra dei
«Avevo creato una chat di volontari, dove postavo le foto e condividevo lo scempio dei rifiuti... ma non ha prodotto grandi risultati, perchè un’iniziativa del genere è molto impegnativa!» fuochi”. Fa molto male ed è inaccettabile». L’Oltrepò Pavese è un luogo ricco di bellezze paesaggistiche... come potremmo conservarlo? «A mio parere, la conservazione del territorio avviene attraverso tre fattori: non sporcare, punire chi sporca, pulire. E qui una nota di disappunto va anche a chi dovrebbe farlo: le istituzioni!». Secondo lei, di chi è la colpa di tutto ciò? «Ho notato che il fattore scatenante è il menefreghismo generale (qualcuno pulirà), ma soprattutto la maleducazione! A scuola non si insegna più “educazione civica”, quindi cosa pretendiamo per il futuro...». Non si tratta solo di rifiuti, ma anche di aria irrespirabile... nell’ultimo anno tanti sono stati gli “incidenti” che hanno inquinato l’aria. Come si potrebbe evitare? «Ognuno di noi dovrebbe fare la sua parte, in primis le Istituzioni! Non vogliamo morire di cancro per colpa degli altri...». di Silvia Cipriano
MUSICA
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Erosound: un progetto oltrepadano che spera di sbarcare in Russia
La tribute band “ Erosound”
Paolo Gaudino, frontman della “EroSound”, si racconta insieme ai musicisti della sua tribute band nata nel 2016 tra le terre dell’Oltrepò Pavese, composta da: Riccardo Calatroni (Batteria), Mirco Degrandis (Basso), Emanuela Torriani (Cori), Mattia Goggi (Chiatarra) e Mirco Taurino (Piano). Band dallo spirito “nazionalista”, ripropongono per lo più i successi di Eros Ramazzotti, ma anche dal profilo internazionale, infatti vantano esperienze musicali all’estero. Tra i loro programmi futuri? la “conquista” della Russia! Il nome della vostra tribute band è “EroSound”, spiegateci meglio? Paolo: «Abbiamo scelto questo nome per differenziarci da tutte le altre tribute band che sono solite utilizzare i titoli delle canzoni degli artisti a cui si ispirano. Ci è sembrato un nome semplice, ma allo stes-
so tempo molto efficace e di facile impatto per il pubblico che ci segue». È chiaro che il vostro artista di riferimento sia EroS Ramazzotti. Mattia: «Naturalmente ci ispiriamo al grande ed unico Eros Ramazzotti! Ci teniamo a specificare “unico” perché l’intento della nostra band è solo quello di omaggiare tutti i suoi più grandi successi, forti del fatto che il nostro cantante Paolo Gaudino è molto simile a lui, soprattutto per la vocalità stessa dell’artista. Se provaste ad ascoltare Paolo ad occhi chiusi, non vi accorgereste neppure della differenza!». Come nasce il vostro gruppo? Emanuela: «La forte somiglianza vocale di Paolo a quella di Eros Ramazzotti ci ha portato, qualche anno fa, a pensare di creare questa tribute band con l’obiettivo di omaggiare il grande Eros.
Ci tengo a sottolineare anche che Paolo, sin da piccolo, è sempre stato un grande estimatore di questo artista... tutto è accaduto in maniera spontanea, in modo del tutto naturale!». Mirco Degrandis, Paolo ed Emanuela non sono originari d’Oltrepo. Come vi siete conosciuti? Mirco Degrandis: «Paolo insieme all’aiuto della sua corista professionista Emanuela, per alcune ragioni, ha deciso di cercare i musicisti, che avrebbero potuto sposare questo progetto, proprio in Oltrepo! Emanuela da anni è insegnante di canto in queste bellissime zone e anche Paolo spesso si è esibito in Oltrepò, dove è sempre stato accolto con grande ospitalità. Possiamo sicuramente dire che la EroSound è “nata” e si è “consolidata” in Oltrepo Pavese!». Dove vi esibite solitamente e chi è il vo-
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stro pubblico? Emanuela: «il nostro è uno spettacolo adatto ad un vasto pubblico, che sia naturalmente amante della musica italiana. Ci esibiamo soprattutto nel periodo invernale in molti locali della Lombardia, del Piemonte e limitrofi. Nella stagione estiva invece siamo presenti a molte Sagre, Piazze e Festival, un po’ in tutta Italia. Abbiamo suonato anche in Sicilia e in Sardegna allo splendido Forte Village e a Perdasdefogu, bellissima esperienza nell’entroterra». La vostra musica è apprezzata non solo in Oltrepò, infatti avete un riscontro positivo anche all’estero. Fin dove vi siete spinti? Paolo: «Sì, abbiamo avuto alcune esperienze in Olanda al Wolsberg Tribute Party, Malta per il Beland Music Festival e persino a Milwaukee (USA) in occasione dell’Italian Festival». Avete già ottenuto qualche riconoscimento? Emanuela: «Paolo nel 2013 è stato ospite per la trasmissione Televisiva “Quelli che il calcio” al fianco della grande Artista Italiana Giorgia ed insieme hanno interpretato il brano “Inevitabile”». Quali sono i vostri programmi futuri? «Sinceramente ci auguriamo di poter sbarcare anche in Russia, dove la musica Italiana, soprattutto quella di Eros Ramazzotti, è molto apprezzata...». Non avete mai pensato di realizzare qualcosa di “vostro” e abbandonare il tributo ad Eros? Riccardo: «No, semplicemente perché questa band è nata per omaggiare il grande Eros e soprattutto perché EroSound è un progetto curato nel dettaglio che richiede quindi molto tempo e dedizione per seguire tutti gli aspetti che gli gravitano attorno (pubblicitario, scenico, organizzativo, etc.)» di Silvia Cipriano
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“Quelli del 13”: da Via Bellocchio al palcoscenico del Teatro San Rocco Chi ha avuto modo di frequentare un corso di teatro sa quanto questa attività sia diversa da tutte le altre. Il teatro infatti è in grado di arricchire la parte più profonda di una persona e far provare delle emozioni intense. Il teatro ha anche una funzione terapeutica utile a qualsiasi età per incrementare l’autostima, per superare la timidezza, aiutare la socializzazione e la comunicazione. A Voghera da un paio d’anni è nata la compagnia teatrale dell’oratorio San Giovanni Bosco formata da ragazzi per avvicinare i giovanissimi al teatro. Abbiamo intervistato Davide Tirro studente della facoltà di Medicina e coordinatore, oltre che attore, di questa nuova compagnia Vogherese. Avete chiamato la vostra compagnia teatrale “Quelli del 13”, come mai questa denominazione? «Il nome è uscito quasi per caso in quanto il numero 13 è il numero civico della Via Bellocchio dove ha sede l’oratorio San Giovanni Bosco che tutti noi abbiamo sempre frequentato. Abbiamo pensato un po’ e poi abbiamo deciso di chiamarci così “Quelli del 13”». Com’è nato il progetto della compagnia teatrale? «A Voghera c’è stata ad un certo punto l’unificazione degli Oratori delle quattro parrocchie per dare maggiori possibilità di incontro ai ragazzi e si è cosi’ creato l’oratorio interparrocchiale. Il progetto è nato come progetto per i ragazzi del post cresima. C’era l’esigenza di continuare a far interagire i ragazzi anche dopo la fine del loro percorso di catechismo e un’educatrice, Serena, ha avuto l’idea di coinvolgere i giovanissimi nella preparazione di uno spettacolo teatrale. All’inizio siamo partiti così, un po’ titubanti. Nessuno di noi aveva mai avuto un’esperienza di teatro se non a scuola in qualche recita. Abbiamo letto un po’ di copioni e abbiamo scelto di rappresentare il testo sulla libertà dal titolo “Liberi, liberi” scritto da Don Tonino Lasconi, un parroco abruzzese, mettendolo in scena con l’aiuto degli animatori e dei sacerdoti dell’oratorio. L’esperienza ci è piaciuta molto ed è così abbiamo deciso di continuare». La vostra compagnia è composta da studenti, delle varie scuole vogheresi, e da universitari. «Sì, ci sono due studenti dell’Università di Pavia che siamo io e Alessia Giglio. Poi abbiamo due studentesse dell’Istituto Agrario Gallini che sono Francesca Ferrari e Elena Casaschi, Francesco De Salvo, Grazia Fossati e Caterina Marchesi del Liceo Galilei, Luca Ticola, Mattia Mascagni e Riccardo Contegni del ITIS Maserati e Lorenzo Gatto dell’Istituto Maragliano». Il vostro vero e proprio debutto teatrale è avvenuto l’anno scorso con una commedia, quale? «Abbiamo provato a sperimentare qual-
La Compagnia teatrale “Quelli del 13” cosa di nuovo e abbiamo portato in scena un testo di Franco Roberto dal titolo “La bugia va in vacanza” che ha avuto un buon successo nelle due rappresentazioni che abbiamo fatto al Teatro San Rocco. Qust’anno poi abbiamo provato a cimentarci un po’ in campo internazionale con l’autore Inglese Derek Benfield e il suo testo del 1965 dal titolo “Non sparate sul postino”, una commedia». Operate in autonomia anche per l’assegnazione dei ruoli? «Sì, dopo aver scelto insieme il copione,ci troviamo per leggerlo e decidiamo insieme a chi di noi affidare i vari ruoli, seguendo le predisposizioni per i vari personaggi». Curate anche le scenografie e i costumi? Certamente. I costumi sono tutti nostri, cerchiamo gli abiti adatti in famiglia o dagli amici che gentilmente li mettono a disposizione. Per le scenografie ,dobbiamo ringraziare la Compagnia Teatrale di Voghera “Fuori di copione” che ci ha prestato alcune scenografie che abbiamo poi arricchito con mobili e suppellettili nostri». Un’esperienza molto bella e impegnativa che sicuramente è stata importante per la vostra crescita affettiva e culturale. Che influenza ha avuto su di voi? «Personalmente questa esperienza mi ha dato prima di tutto la possibilità di lavorare con persone che non conoscevo e di creare
una grande amicizia tra di noi. Fare teatro non è una cosa banale,riuscire a far interagire e legare dei ragazzi dai 13 ai 17 anni è un’esperienza che dà veramente molto dal punto di vista dei rapporti personali. Mi ha anche insegnato che ci sono molti giovani in giro con la voglia di fare e ascoltando tutti si possono raggiungere risultati veramente interessanti». Quali sono stati, per dei ragazzi come voi, i problemi nell’affrontare un pubblico salendo sul palcoscenico? «Inizialmente noi tutti avevamo un po’ timore di sbagliare le battute o gli ingressi in scena, poi però aiuta molto il fatto di avere il pubblico al buio ed essere concentrati su quello che si deve dire nelle varie scene. Certo è che prima di uscire dalla quinta, tiriamo un respiro profondo e poi ci caliamo nel personaggio dimenticando tutto il resto. Abbiamo a volte discorsi piuttosto lunghi da memorizzare e dobbiamo fare anche prove impegnative. Una cosa non indifferente sono poi i movimenti sul palco perchè i tempi di ingresso in scena sono molto importanti. Per ottimizzarli abbiamo avuto l’aiuto di alcuni attori della Compagnia “Fuori di copione”». Che feedback avete avuto dall’ultima commedia portata in scena? «Certamente molto positivo. La comme-
dia è frizzante, esilarante, un’apoteosi degli equivoci. Noi ci siamo divertiti molto a portarla in scena, ma anche il pubblico ha risposto molto bene. Per pubblicizzarla ci siamo serviti di una pagina Facebook e Instagram e facendo volantinaggio per la città e siamo molto soddisfatti della partecipazione». Quindi in un periodo in cui i giovani sono sempre più legati ai social e ad Internet e’ molto positivo che ci siano ragazzi come voi che si dedicano a un progetto teatrale mirato. C’è voluto molto impegno e partecipazione? «Non è stato facile però ci siamo messi in gioco, abbiamo provato, ci abbiamo creduto e via via ci siamo sempre più appassionati al nostro progetto. Direi che bisognerebbe dare più opportunità ai giovani di mettersi in gioco perchè queste sono esperienze positive che aiutano nella crescita personale e danno molte soddisfazioni». Avete progetti per il futuro? «Ci piacerebbe portare questa ultima commedia anche in qualche altro teatro della zona, magari in autunno. Ora ci sono gli impegni scolastici, la maturità per alcuni, gli esami universitari per altri, però far conoscere il nostro lavoro ad altri giovani sarebbe molto interessante e stimolante». di Gabriella Draghi
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«Sono di Varzi. Odio questo posto ed è per questo che non l’ho mai lasciato»
L’arte è la forma che assumono talento ed idee. Elena Villetti, ceramista varzese, ci confessa che anche una buona comapgnia e uno spazio accogliente ed ospitale giocano la loro parte nella creazione artistica. La maggior parte delle opere esposte a “Spazio Lena” di Varzi rappresentano piante grasse, piante “eterne” che non necessitano di essere innaffiate e che ricordano l’immortalità a cui vengono affidate le opere d’arte. Che cosa è “Spazio Lena”? «è uno spazio che ha per me un forte valore affettivo. E’ stato nel secolo scorso un’osteria gestita dai miei antenati e con questo abito ha resistito come e fino a quando ha potuto attraverso le due guerre. Poi è divenuto una bottega di tessuti e stoffe curato da mia zia Lena che ne ha fatto il suo negozio, la sua casa, la sua vita. Il nome che connota lo spazio è quello di mia zia Lena. Oggi è uno spazio espositivo d’arte in tutte le sue forme. è un luogo accogliente, ospitale con forte caratterizzazione femminile nel quale mi supportano e sopportano Sissi, Manuela, Francesca, Silvia e Simona. Accoglie artisti del territorio e non, purché abbiano qualcosa di artistico da comunicare». Che cosa faceva prima di “Spazio Lena”? «Non lo ricordo. Un giorno ero al telefono con la pediatra e dovendo dire il nome di mia figlia, dopo un momento di amnesia, ho guardato mia figlia e le ho chiesto: “Come ti chiami?”. Lei mi ha risposto: “Sabina Mamma!”. Ho potuto così continuare la conversazione telefonica. Comunque, sicuramente ho fatto qualcosa». Nella home page del suo sito si legge: “Sono di Varzi. Odio questo posto ed è per questo che non l’ho mai lasciato. Faccio cose… Vedo gente… Cresco figli… E nel frattempo impasto terra”. Una frase di forte impatto emozionale. Mi spiegherebbe meglio? «Come si dice: l’odio e l’amore sono il rovescio della stessa medaglia. Ho provato a lasciare Varzi. Ho seguito il padre dei miei figli a Parigi, ma dopo otto mesi rieccomi nostalgica della piccola dimensione che solo un paese come Varzi ti può offrire ed è quella che mi fa stare meglio. L’odio arriva proprio dalle potenzialità, inespresse, che può esprimere questo piccolo luogo. Bisognerebbe sviluppare un discorso socio-politico. Esprimerei questa idea citando le parole che Francesca ha usato durante uno degli eventi di Spazio Lena dedicato alle persone che abitano questo territorio per storia o per scelta. “Ovunque le bellezze si realizzano, i talenti si spendono, le virtù si sviluppano. Il mondo è tutto attorno a noi ed è popolato da persone che vivono e lavorano con onestà, con creatività, con generosità e con molti altri accenti che ne denotano l’impe-
Elena Villetti, ceramista varzese gno e la ricchezza. Ci sono luoghi geograficamente svantaggiati che fanno fiorire progetti di rara lungimiranza politica anche se per pochi abitanti; piccoli spazi in borghi altrettanto piccini in cui l’Arte e la Bellezza sono palpabili come in poche altre realtà, ma che non gridano egocentricamente la loro presenza; scuole dove l’avanguardia pedagogica è silenziosamente parte della quotidianità didattica che rifiutano di farsi sponsorizzare da guru mediatici; agricoltori che tengono di più alla bontà dei loro prodotti che alla quantità di pezzi venduti; artigiani che curano le materie prime con le quali lavorano; scrittori straordinari senza editori, editori di valore ignorati dagli scrittori di fama; artisti musicisti eccezionali ed eclettici senza pubblicitari che investano su di
loro; talenti neppur tanto nascosti ad ogni angolo di strada e di vita. La verità non è che essi non hanno la visibilità che meriterebbero, ma che siamo noi ad aver distorto il concetto di visibilità. Visibile non è ciò che un impersonale “mondo” mette sotto i riflettori tanto potenti da accecarci. Visibile è ciò che noi sappiamo vedere. Insegnamoci a guardare, insegnamoci a vedere». Lei lavora l’argilla. Come è nata questa passione. Fa tutto da sola? «Il seme è stata l’amicizia con uno scultore, credo. Probabilmente invece è colpa della natura che mi ha dotata di due mani enormi e sgraziate. Non lavoro mai da sola perché, come detto precedentemente, Spazio Lena è un punto di riferimento per molte persone. Mentre lavoro ho sempre
buona compagnia, ma, le mie creazioni sono frutto delle mie idee e della mia arte». Ho visto che crea molti oggetti, ma soprattutto piante grasse. Perchè? «Le piante grasse sono nate da un’esigenza pratica. La zia Lena aveva un bellissimo e verdeggiante terrazzo pieno di fiori e piante. Io lo stavo facendo morire e capendo di non aver ereditato il pollice verde di mia zia, non mi restava che creare piante eterne che non necessitassero di essere annaffiate. Alla stessa domanda rivoltami da Philippe Daverio ho risposto: “Vivo a Varzi. Amo le piante. Amo mio marito.Mio marito è grasso. Amo le piante grasse”». Quali artisti hanno esposto a “Spazio Lena”. «Oliviero Masi, Adelaide Cardia, Adriano Semprini, Tobia Fasoli, Mascia Premoli,
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La pianta grassa, opera di Elena Villetti Mauro Bellucci, Sergio Marchesini, Greta Penacca, Simona Cazzulo». Ha tenuto anche altre iniziative? «Abbiamo effettuato tra le altre cose, presentazioni di libri, performance teatrali e
incontri di reciproca conoscenza con gli ospiti, rifugiati, di Varzi». Deve essere bello per una madre poter creare e avere vicino i propri figli. Lei è sempre stata “controcorrente”: ad oggi
cosa crede che sia importante trasmettere ai figli. I suoi figli hanno la sua stessa indole artistica? «Ho potuto veder crescere i miei figli senza la necessità di dover timbrare un cartellino.
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Loro saranno le donne e gli uomini di domani. I figli assorbono innanzitutto il comportamento dei genitori ai quali va richiesta una coerenza altrimenti impossibile da pretendere. Ringrazio chi mi ha permesso di non dover timbrare il cartellino e di non avermi sostenuta, ma almeno non ostacolata, nel mio delirio creativo e incapacità di vivere in conformità ad una realtà che ho sempre fatto fatica a comprendere. Grazie a Rosi e Giacomo che ancora mi aiutano. I miei figli vivono nel silenzio e nella natura di Praglasso, un piccolissimo borgo di Varzi posto sulle pendici del monte Calenzone. Presto se ne andranno, ma spero che abbiano assimilato il piacere di una vita semplice. Sono entrambi adolescenti e spero siano pronti a capire per cosa sono venuti al mondo». Varzi partecipa o sono più persone che vengono da fuori? «Varzi partecipa, ma sono più partecipi le persone che vengono da altri luoghi». Ha progetti per il futuro? «Futuro? Difficile rispondere. La parola futuro non fa quasi mai parte del mio vocabolario. Sono totalmente incapace di pensare al futuro, anche se in realtà ho pensato a come mi piacerebbe affrontare la mia morte: una sorta di progetto futuro. Per ora accumulo idee e cerco il tempo per realizzarle e dargli una forma. Le idee mi perseguitano e mi nutrono e se mi ci fai pensare, si ho tanti progetti per il futuro». di Monica Chiesa
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«Siamo uno dei circoli con più iscritti... struttura magnifica e attrezzature di livello»
I ragazzi del Circolo Fotografico Oltrepò di Broni una realtà nata nel lontano 1981 Il Circolo Fotografico Oltrepò, più comunemente noto come CFO, nasce nel lontano 1981 grazie a Girolamo Baldi e Raffaello Colombi, due appassionati di fotografia, con l’intento di divulgare la passione per questa forma d’arte. Gli associati si ritrovano ogni giovedì sera presso il polo culturale di viale Matteotti a Broni, per condividere e confrontare le reciproche conoscenze fotografiche, per sperimentare nuove tecniche e discutere le nuove idee. «Io ci sono da circa 13 anni» spiega Luca Tres, vicepresidente, che ci apre le porte del circolo e ci racconta tutti i segreti. Inizialmente al momento della sua fondazione quali erano le finalità del circolo? «All’inizio era quello di condividere una passione fotografica. Negli anni il Circolo ha fatto poi diversi concorsi di fotografia anche a livello nazionale. Momentaneamente il discorso dei concorsi è stato un po’ accantonato, perché porta via molto tempo… è abbastanza complesso allestire un concorso fotografico». Attualmente cosa fate in più e di diverso? «Il circolo si occupa di educare allo sguardo. Quindi, la parte principale è sempre la condivisione delle foto e della passione fotografica, ma in più vengono dati anche gli strumenti come il corso di fotografia e soprattutto un laboratorio fotografico permanente per tutte le persone che finiscono il corso, un post corso insomma. Un
open-lab che segue i ragazzi e le persone all’educazione dello sguardo». Il laboratorio fotografico in che modo viene utilizzato? «Sostanzialmente un 50% è teoria fotografica, con la ricerca sui fotografi affermati e i loro lavori, e un altro 50% è la sperimentazione fotografica soprattutto in sala pose e in esterni. Vengono fatte giornate e serate dedicate con scatti fotografici e conseguente sviluppo delle foto e stampa in loco. Stiamo parlando naturalmente di digitale. E infine l’utilizzo della nostra sala pose, che è attrezzata con macchinari professionali e viene usata principalmente per questo laboratorio». Durante i corsi base cosa insegnate? «I corsi sono base e vengono sviluppati in otto lezioni più due workshop fotografici: uno sempre in sala pose con una modella, quindi ritratto fotografico, l’altro in esterna. Di solito si segue un percorso di street photography… ossia la fotografia di strada, tutto ciò che è generato da foto di strada. Tendenzialmente facciamo questo workshop di strada a Milano, magari ai Navigli. Si fotografa tutto ciò che ci circonda: dall’architettura, alle persone, a situazioni un po’ particolari che possono accadere in strada durante il workshop». Quanti iscritti contate ai corsi? Sono tutti dell’Oltrepò? «Mediamente ci sono dodici alunni. Non è male come numero e diamo anche un accesso privilegiato ai minorenni… se ven-
gono a fare il corso gli facciamo pagare una quota ridotta. Qualche tesserato fuori provincia c’è… ma diciamo che il nostro territorio va da Voghera a Castel San Giovanni». Nel corso degli anni il circolo ha avuto un calo o un aumento di interesse e quindi di iscritti? «Devo dire che al nostro circolo la media degli iscritti è sempre stata costante se non addirittura in aumento. Adesso tra soci permanenti e nuovi iscritti dati dai corsi siamo nell’ordine di una settantina di persone. Siamo uno dei circoli con più iscritti, forse anche perché abbiamo una struttura che ci ospita che è davvero magnifica e le attrezzature sono di livello. Forse anche per la passione delle persone che fanno parte del Circolo!». Una grande cosa avere una bella struttura a disposizione. «Noi abbiamo la possibilità di usare i nostri locali sette giorni su sette, 24 ore su 24. Altri circoli fotografici hanno il canonico giorno di assegnazione della sala e più di tanto quindi non possono offrire come servizio. Può sembrare una banalità, ma il fatto che il nostro circolo sia sempre aperto è assolutamente un punto a favore. Noi nel mese di marzo avremo il giovedì sera che è la serata dedicata agli iscritti del circolo, il mercoledì è dedicata ai corsi e il lunedì è dedicata al laboratorio di fotografia permanente. Tre giorni su cinque siamo operativi. Alla domenica, poi, si formano spes-
so i gruppi di fotografia che vanno fuori a sperimentare quello che hanno appreso durante le lezioni della settimana». Se il Circolo dovesse organizzare una mostra fotografica che più rappresenti il territorio Oltrepò, su cosa la fareste? «Il paesaggio oltrepadano offre davvero moltissimi spunti. Banalmente potremmo dire il discorso delle cantine e tutta la filiera produttiva del vino. Potremmo poi pensare al settore gastronomico, sulle capacità che ha l’Oltrepò di fornire piatti interessanti. Io personalmente, avendo viaggiato parecchio in Italia, trovo molte similitudini tra l’Oltrepò e le Marche per esempio… quindi fotografare il territorio nelle vallate interne, nelle zone agricole e affascinanti. E poi ancora penso a quanti castelli ci sono nel nostro territorio! Infine un ultimo spunto potrebbe arrivare dal “riprendere” come l’uomo ha modificato il territorio in prossimità del grande fiume, opere costruttive e opere agricole…». Le uscite che organizzate per strada, le “street photography”, perché non organizzarle qui? «Qualcosa in realtà facciamo, ma sono organizzate in tempi più brevi perché ovviamente sono posti raggiungibili più in fretta, quindi dalla sera al giorno dopo… Una cosa che manca per il nostro territorio è che non abbiamo mai fatto vera e propria ricerca: si potrebbe partire da un discorso così di ricerca del territorio e poi partire per qualche “gita”». di Elisa Ajelli
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Il Club Alpino Italiano sezione di Voghera, al centro la neo eletta Presidente Silvia Cobianchi
1928-2018 «L’amore per la montagna è una passione che non si spegne mai» Il Club Alpino Italiano sezione di Voghera viene fondato nel lontano 1928 da Franco Baravalle, con l’intento di radunare appassionati della montagna. Con il passare degli anni, il gruppo si amplia, arrivando a contare oggi 360 soci. Silvia Cobianchi, è la nuova Presidente del Club, iscritta da oltre 14 anni, nella sua attività di Presidente è affiancata da numerosi collaboratori, tra i quali ricordiamo: Natalino Luchelli (Vicepresidente), Lorenza Cotroneo (Tesoriera) e i Consiglieri Elena Scupelli, Daniela Rolandi, Enrico Lombardo, Francesco Faccini (socio da 36 anni). Cobianchi, sono passati 90 anni da quel lontano 1928, anno della fondazione della sezione vogherese del Club Alpino Italiano. A chi si deve la nascita e la longevità della vostra associazione? «Franco Baravalle è stato il fondatore del CAI, anche se in realtà il Club è nato dalle fondamenta dell’Unione Ginnastica Vogherese. All’inizio contava 75 soci, che nel 1929 sono aumentati a 280... fino ad arrivare ai giorni nostri. Attualmente ne conta 360. La longevità è dovuta al tipo di attività che facciamo, perchè l’amore per la montagna è una passione che non si spegne mai, nemmeno con il passare degli anni». Siete partiti come un gruppo di amici e appassionati. Oggi contate circa 360
soci. A che cosa è dovuto principalmente questo incremento? «L’incremento è dovuto alle attività che vengono svolte, che vanno dalla gita più semplice alle attività un po’ più complesse, ad esempio l’alpinismo, le vie ferrate etc... Ai soci viene offerta una quantità di alternative molto diverse le une dalle altre, riuscendo così ad attrarre gli appassionati della montagna. Inoltre, per permettere una valutazione di gradimento, possono partecipare alle attività anche i non Soci, previa assicurazione. Dopo la seconda partecipazione, vi è l’obbligo di iscrizione al Club». La vostra associazione è di Voghera ma avete iscritti e simpatizzanti anche in altre parti dell’Oltrepò Pavese? «Gli iscritti non sono tutti di Voghera, più della metà arrivano dalla Provincia. Ad esempio da Broni, Varzi, Pavia, Tortona, Godiasco». Quali sono le principali attività che proponete? Visionando il vostro sito ci sono davvero tantissime tipologie di escursionismo che vanno dal trekking alla ciaspolata, dal cicloescursionismo alla speleologia…. Ci racconti. «A seconda degli interessi personali dei vari soci, abbiamo chi è appassionato di bicicletta, chi di escursionismo, chi di vie
ferrate... potrei raccontare una quantità infinita di episodi avvenuti. Sicuramente, la nostra soddisfazione sta nell’essere riusciti ad avvicinare anche delle persone estranee a questa disciplina, che sono arrivate a fare delle attività importanti. A seconda del tipo di attività c’è una preparazione precisa che inizia nei mesi di febbraio/marzo, arrivando, nell’arco dell’anno, a un livello avanzato, che permette di scalare delle vette di 4000 metri. Va da sé, che la preparazione fisica sia un fattore non trascurabile». Le vostre attività in Oltrepò dove si svolgono principalmente? Quali sono i luoghi oltrepadani che maggiormente si prestano? «Geralmente nel territorio collinare, in particolare nella Valle Staffora e Trebbia, al Monte Lesima, Chiappo e Giarolo». è necessario essere esperti e ben allenati, o anche per chi si avvicina per la prima volta al mondo dell’alpinismo, mettete a disposizione degli istruttori e/o affiancate delle guide? «Assolutamente sì. Ci sono degli accompagnatori adegutamente preparati all’attività che seguono. Ad esempio Natalino, uno dei nostri soci, è specializzato nell’escursionismo. All’interno del CAI, seguiamo dei corsi finalizzati alla preparazione della figura della guida, arrivando
anche ad imparare a risolvere alcuni problemi che si possono presentare durante le varie escursioni. La preparazione base, solitamente, viene raggiunta nell’arco di sette/otto escursioni. Quantificare è difficile, la predisposizione individuale è legata anche alla preparazione fisica e all’età della persona». Quote rosa della vostra associazione? «Più o meno siamo al 50%. Il concetto di quote rosa è relativo alla politica. Noi siamo un’associazione composta da amanti della montagna e la quantità di donne che fanno parte del CAI si può già intuire dalla composizione del Consiglio». Bambini? «Assolutamente Sì. Della preparazione dei bambini si occupa Natalino. Abbiamo circa 80 soci giovani, compresi nella fascia 0-18 anni». Dal suo punto di vista, in Oltrepò ci sono dei margini di miglioramento e di ampliamento nel settore dell’escursionismo? «Sono stati segnati molti sentieri, la Comunità Montana ha creato dei percorsi ufficiali che si possono trovare sul sito. Per quanto riguarda il miglioramento, assolutamente sì. Penso che tutto possa essere ampliato e migliorato». di Federica Croce
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Il gruppo del’associazione Movimento Ac
Movimento Acqua Casteggio: «Ai ragazzi servono gli esempi di eroi positivi» «Non vogliamo soltanto insegnare uno sport, ma anche dei valori fondamentali nella vita». L’associazione Movimento Acqua, che da quasi 5 anni gestisce il centro sportivo di Casteggio, ha iniziato una serie di incontri presso la piscina comunale di Casteggio tra i bambini dei corsi di nuoto e campioni dello sport o personaggi di spicco del mondo del nuoto. Primo ospite degli incontri organizzati dall’istruttore Matteo Mutti è stato il vogherese Andrea Sasha Bartolo, classe 1994 e già campione del mondo nella staffetta ai mondiali di nuoto per salvamento di Breslavia del 2017. «è inutile parlare di educazione, di speranza nelle generazioni future se non si mettono a disposizione dei ragazzi degli “eroi” positivi – spiega Mutti - perché i giovani oggi non hanno bisogno di maestri, hanno bisogno di esempi. Il valore di testimonianze così importanti è infinito perché danno concretezza alle parole». E l’esempio che i piccoli frequentatori del corso di nuoto si sono travati di fronte è quello di un ragazzo diventato uomo in fretta, riuscendo attraverso impegno e sacrificio a coniugare aspetti ludici e professionali della vita. A soli 24 anni Bartolo,
iscritto allo Swimming Club Alessandria, ha infatti partecipato agli scorsi mondiali di nuoto per salvamento a Breslavia, in Polonia, ottenendo la medaglia d’oro nella staffetta mista 4x50, oltre ad altri piazzamenti degni di nota in altre specialità. Ha però dimostrato la medesima precocità e predisposizione al successo anche al di fuori del mondo dello sport. Bartolo non si è dedicato unicamente al nuoto, bensì è riuscito con profitto a coniugare l’attività fisica con lo studio, portando a termine un percorso di studi in Scienze politiche. Il campione è anche un imprenditore affermato, avendo creato una società che si occupa di intermediazione immobiliare. Per i bambini dei corsi di nuoto agonistico e pre agonistico di Casteggio l’incontro con lui è stata un’opportunità di apprezzare un personaggio che sta avendo successo nello sport di cui sono appassionati, ma anche per capire le motivazioni e i valori che gli hanno permesso di raggiungere certi risultati da giovanissimo. «In un’epoca fatta di immagini e realtà virtuale nella quale risulta difficile ed un po’ confuso individuare punti fermi in grado di ispirare le nuove generazioni in maniera sana e costruttiva, si è sentito il
bisogno di regalare qualcosa di tangibile ai bambini dei corsi di nuoto agonistico e pre-agonistico della Piscina comunale di Casteggio: un esempio di vita concreto e positivo, un modello di comportamento a cui aspirare, non rappresentato dal solito blogger, dalla velina, dal rapper o dallo Youtuber a cui le nuove generazioni sembrano oramai ispirarsi» spiega l’organizzatore dell’evento. «Spesso per trovare la giusta motivazione e lo slancio necessario per compiere un’impresa servono le parole adeguate. Poche e semplici parole dette al momento giusto hanno un grande potere persuasivo, in grado di stimolare ad andare avanti». Bartolo si è dedicato prima di tutto ai bambini, ma ha anche risposto alle domande del pubblico, parlando dei suoi risultati sportivi ma anche degli altri ambiti della vita quotidiana, dagli allenamenti allo studio, dagli impegni quotidiani al lavoro. L’ncontro è stato solo il primo di una serie. «Verranno altri personaggi di spicco del mondo del nuoto – annuncia Mutti - nonchè con professionisti, tra cui una nutrizionista, un motivatore sportivo e una psicologa che terrà una lezione di training autogeno».
Il gruppo di piccoli nuotatori della piscina comunale di Casteggio, partito da uno sparuto numero di praticanti, è diventato una realtà consolidata e in costante crescita. La società Movimento Acqua offre ai ragazzi la possibilità di disporre gratuitamente di tutto l’equipaggiamento sportivo e del materiale da allenamento, «un’opportunità rara nel panorama delle piscine della zona». Nell’ anno sportivo 2017/2018 si è raggiunta quota 900 iscritti con il trend delle iscrizioni in aumento. La società impiega circa 20 collaboratori sportivi e svolge attività a diversi livelli: corsi di nuoto per bambini e ragazzi, acquaticità neonatale, acquafitness, corsi per gestanti, possibilità di riabilitazione in acqua, corsi privati e corsi di nuoto per adulti. Per quanto riguarda le attività a terra c’è sala pesi, vari corsi di fitness, yoga, pilates, corsi di arti marziali, basket, pattinaggio artistico a rotelle, tennis, pallavolo, danza classica, moderna, hip hop, ballo liscio e latino americano. di Christian Draghi
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Il Presidente del Gatteo Club Stradella Gabriele Mingon con il papà Ugo
A Stradella s’ingrassano ingranaggi d’epoca e si rispolvera la cultura contadina Il Gruppo Amatori Trattori d’Epoca Oltrepò è un’associazione senza fini di lucro fondata a Orzoni, piccola frazione del Comune di Stradella nel 1998 da un gruppo di amici appassionati di trattori e macchine agricole di una volta, con l’obiettivo di valorizzarli, restaurarli e conservarli, al fine di far conoscere questi fondamentali strumenti del lavoro agricolo, parte integrante delle tradizioni e della cultura contadina. Sono trascorsi vent’anni dalla sua nascita ed il Gatteo Club ha visto costantemente aumentare i propri soci ed il proprio parco macchine: non solo trattori, ma anche trebbiatrici, pressaforaggi e mietilega, vent’anni di un attento lavoro di rispolvero di vecchi trattori abbandonati nei campi, nei cortili o nelle tante cascine ormai in disuso, memoria storica di un Oltrepò a forte vocazione agricola. Gabriele Mingon è il Presidente di questa Associazione. Mingon, il Gatteo Club Stradella è nato ufficialmente nel 1998. Come si è arrivati a dare una veste legale ad un gruppo di appassionati? «Già alla fine degli anni ‘80 alcuni appassionati videro dei trattori vecchi nelle cascine e si misero in moto per riportarli alla luce. Con il tempo sempre più persone si appassionarono a questi mezzi. Fu così che nel 1998 si decise di creare un gruppo, nato in frazione Orzoni a Stradella». Di cosa vi occupate esattamente? «Ci occupiamo di far rivivere le antiche tra-
“Taiabata” del Gatteo Club dizioni contadine alle nuove generazioni. Riaccendere i trattori d’epoca, le trebbiatrici... è un modo per non dimenticare la vita di campagna e gli insegnamenti della cultura contadina». Da quante persone è composto il club? Anche tra le nuove generazioni ci sono appassionati di trattori d’epoca? «Il Direttivo è composto oltre che dal sottoscritto, da Maurizio Papavero (Vicepresidente), da Ugo Mingon (tesoriere), da Stefano Vercesi (segretario) e da Giampiero Vercesi (Presidente Onorario). Ora il Club è composto da una quarantina di soci e tra questi c’è qualche ragazzo nuovo, anche se i giovani sono una minoranza».
Solo trattori o altri attrezzi agricoli? «Il gruppo possiede un centinaio di trattori e anche degli attrezzi agricoli, tipo carri, aratri, trebbiatrici d’epoca. Anche macchine per pigiare l’uva e tutto ciò che serviva al lavoro agricolo e che si è riusciti a recuperare». Quali sono i mezzi di maggior valore e prestigio e perché? «Lo sono un po’ tutti, per il fatto che ognuno restaura un trattore che diventa “suo” ed unico nel suo genere. La valutazione viene fatta in modo approssimativo». Tenere funzionante un trattore d’epoca è un lavoro molto impegnativo? «Si tratta di un lavoro molto impegnativo,
oltre al restauro devono essere costantemente puliti, ingrassati e coperti per non subire l’umidità». I collezionisti in genere non vendono, ma nel caso, esiste un mercato per questa tipologia di trattori? Quanto possono valere? «Esiste un mercato, ma non c’è un valore specifico come nel caso dei trattori nuovi. Dipende da quanti trattori sono stati costruiti, e quanti sono ancora in circolazione». Quali sono gli eventi o le manifestazioni a cui partecipate? «Il gruppo partecipa con entusiasmo a tutte quelle manifestazioni organizzate dalle Pro Loco e dai Comuni dell’Oltrepò Pavese. Con i trattori d’epoca in possesso dei soci fondatori sono state organizzate le prime mostre e sfilate, favorendo così gli incontri fra gli appassionati. Di fatto si è contribuito a creare un nuovo ramo di collezionismo che ora può contare su decine di appassionati nella nostra zona». Girate per le diverse fiere e sagre dell’Oltrepò Pavese. Non vi è mai capitato di trovare ostacoli burocratici alle vostre esposizioni o semplicemente lamentele legate ad esempio al rumore? «Per ora non abbiamo incontrato alcun ostacolo burocratico. Ci sono state delle lamentele per il rumore, il fumo e le macchie d’olio, perchè si tratta di mezzi d’epoca. Comunque, abbiamo un’assicurazione che, nel caso di danni di rilievo, tutela il gruppo». di Federica Croce
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Rally Vigneti Monferrini: gara sfortunata per i portacolori della Scuderia Piloti Oltrepò
La Clio di Massimo Brega navigato da Claudio Biglieri A Canelli a bordo della Renault Clio Super 1.6, l’equipaggio della Eurospeed composto da Ezio Grasso e Luca Beltrame si é aggiudicato il 1° Rally Vigneti Monferrini imponendosi il cinque delle sei prove speciali in programma. Chiudono al secondo posto Matteo Giordano e Manuela Siragusa, su una Peugeot 208 della WRT, terzi Dario Bigazzi e Francesca Rovetta, su Renault Clio Williams. Quarto posto per lo sfortunato equipaggio del team organizzatore, il VM Motor Team, Roberto Iemmola e Matteo Angiulli, su Fiat Punto Super 1.6, autori di un testacoda nell’ultima prova speciale quando erano al secondo posto. Quinti Iceman ed
Alessandra Avanzi, su Renault Clio Super 1.6 della Media Rally e Promotion. Sesto posto per Diego Donato e Luca Culasso, su Renault Clio Super 1.6 del VM Motor Team, settimi Fabio Becuti ed Igino Diamanti, su Peugeot 106 del VM Motor Team, ottavi i compagni di team Marco Petracca e Stefano Bosco, su un’altra Peugeot 106 E6, chiudono la top ten Marco e Federica Scaglione (Meteco Corse) noni con la Renault Clio Williams e Giancarlo Morra e Maurizio Grimaldi, decimi su Renault Clio R3C della Turismotors. Bersagliati dalla sfortuna invece i portacolori della Scuderia Piloti Oltrepò, Massimo Brega e Claudio Biglieri in gara con la Clio
Williams, finiti in ventisettesima posizione assoluta per un guasto meccanico. «Dopo 14 anni siamo risaliti sulla Clio gr. A – dice Claudio Biglieri - Due PS per riprenderci un attimo le misure (7° tempo assoluto sulla prima e 6° tempo sulla seconda), mentre sulla terza abbiamo provato a spingere. Purtroppo su questa PS abbiamo rotto un semiasse, e percorso la successiva sempre con il semiasse rotto, perdendo oltre due minuti. Riparata la vettura abbiamo completato l’ultimo giro di PS come allenamento, senza più ovviamente velleità di classifica, ma segnando due ottimi terzi tempi assoluti sulle prove 5 e 6”». Anche quest’anno all’interno del Rally era
in programma il Trofeo 600 per un Sorriso che è stato vinto da Gianluca Pavone e Tiziana Bianco, della scuderia Meteco Corse. In questo trofeo, con più di 20 Fiat 600 al via, era presente anche l’equipaggio portacolori della Scuderia EfferreMotorsport di Romagnese composto da Florenc Caushi e Mattia Domenichella. Dopo un ottimo avvio, ed una gara in crescendo, sulla terza prova speciale, anche sulla vettura dell’equipaggio oltrepadano, si è rotto il semiasse costringendolo all’abbandono.
di Piero Ventura
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Rally del Pizzocchero, “indigesto” per gli Equipaggi oltrepadani Il primo nome nell’albo d’oro del Rally del Pizzocchero è quello dell’equipaggio composto da Luca Tosini e Roberto Peroglio, duo camuno-bresciano della New Turbomark che sulla Renault Clio R3C curata nell’officina di casa, ha vinto per un soffio la gara valtellinese organizzata dalla Promo Sport Racing. Il rallyday svoltosi oggi, domenica 25 marzo, é vissuto sull’entusiasmante duello tra Andra Perego e lo stesso Tosini che non si sono risparmiati con colpi e contro-colpi degni di un match tennistico. Alla fine Tosini è riuscito a prevalere per solo tre decimi di secondo: un battito di ciglia. Il podio é completato da AsnaghiCastelli, equipaggio lariano del Pini Racing su Renault Clio R3C. Guardando ai pavesi, troviamo al13° posto assoluto e 4° di classe Pierluigi Sangermani e Lorenzo Paganini, su Mitsubishi Lancer Evo IX con i colori della Scuderia Efferre Motorsport, protagonisti di una gara travagliata dall’ini zio alla fine: «Già sulla prima speciale, in un taglio, è scoppiato l’ammortizzatore anteriore – dice Sangermani – abbiamo fatto le prime 4 prove in questa situazione, una gara purtroppo stregata. Dopo lo abbiamo sostituito con uno da terra, irrigidendo la macchina per controbilanciare il set up».
Al 58° posto assoluto troviamo il secondo equipaggio della scuderia di Romagnese, quello composto da Andrea “Tigo” Salviotti e Fabio Vasta, sulla Fiat Punto Abarth Racing Start, per loro una bellissima gara e molti complimenti ricevuti, solo la classifica è bugiarda per una penalizzazione di 2’ dovuta ad un’interruzione di una prova, relativa confusione ed un tempo orario segnato e mai corretto. Resta la vittoria di classe ed il rammarico del podio mancato in Racing Start Plus.“Tigo” Salviotti: «Rispetto alla gara in pista, dove l’auto ha debuttato, questa gara è stata decisamente migliore. Ora iniziamo a capire la vettura e dova migliorarla e lo abbiamo fatto in parte. Nonostante i 2’ di penalità ho deciso di proseguire la gara e continuare sia lo sviluppo che il divertimento del poter correre.La vettura della Forniauto non ha avuto alcun problema e sta dando tante soddisfazioni, avendo usato la Mini devo dire che non c’è molta differenza di prestazioni nonostante l’Abarth sia 1.4. Ora ho voglia di fare la gara di casa il Rally 4 Regioni, tornando su una storica». Andrea “Tigo” Salviotti e Fabio Vasta, sulla Fiat Punto Abarth Racing Start
di Piero Ventura
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Rally del Ciocco: buone prestazioni di Canzian, bene la Gallotti Paolo Andreucci, Anna Andreussi e la Peugeot trionfano nel 41. Rally del Ciocco. I campioni in carica e la vettura della casa del leone rampante hanno preso il comando dalla terza prova speciale e lo hanno mantenuto fino al traguardo vincendo il Rally del Ciocco per l’ottava volta. Al secondo posto assoluto ha chiuso l’equipaggio formato da Andrea Crugnola e Danilo Fappani con la Fiesta R5 di Ford Racing. Crugnola ha ottenuto questo prestigioso risultato mantenendo un ritmo elevato che gli ha consentito di realizzare il miglior tempo anche in quattro speciali. Dietro i primi due, i migliori sono poi stati Simone Campedelli e Tania Canton sulla Ford Fiesta R5 di Orange1 Racing portata in gara dalla Vieffecorse. Nei Trofei Renault c’é stato un rientro in grande stile di Ivan Ferrarotti nel Clio R3 Top. Il pilota emiliano, con alle spalle già due titoli nel trofeo nonché due titoli tricolore Produzione, appena rientrato ha mostrato che il feeling con la Clio R3T è immutato. Affiancato da Giovanni Agnese è infatti andato a siglare il primo successo della stagione al 41° Rally Il Ciocco e Valle del Serchio, gara inaugurale della stagione 2018 del Campionato Italiano Rally. Al termine della due giorni toscana, Ferrarotti ha preceduto Gianluca Tosi con Alessandro Del Barba, su Clio R3C, e l’equipaggio finlandese composto da Emil Lindholm e Mikael Korhonen. Rallentato da una foratura nella PS11, Riccardo Canzian ha visto sfumare la possibilità di lottare per la vittoria mentre si trovava al comando davanti a Ferrarotti nella classifica generale, chiudendo invece al quarto posto. «è stata una gara che ci lascia l’amaro in bocca per il risultato finale – dice Canzian – C’é stato il prologo, la ps1 “Forte dei Marmi” con una bellissima cornice di pubblico per rompere il ghiaccio! L’indomani si parte all’alba e il meteo è dalla nostra..! Da subito con Ferrarrotti ci si battaglia sul filo dei decimi... dopo 10 ps e 1 ora e 9 minuti di gara siamo in vantaggio di solo 1 secondo e 4 decimi... La ps 11 Tereglio molto insidiosa per i tagli non ci perdona, dopo 4km foriamo in uno dei tanti taglia che si sono formati e siamo costretti a cambiare la gomma in prova… Qui finisce la corsa al primato...! Le ultime ps le facciamo in totale sicurezza per portare a casa i punti del trofeo..Un grazie speciale va a tutte le persone che ci hanno seguito, e gli sponsor che rendono possibile tutto ciò… Ci riproveremo al Sanremo più agguerriti di sempre». Nel Campionato Italiano Junior, la gara d’esordio della “rivanazzanese” Silvia Gallotti anche in questa stagione al fianco del piacentino Andrea Mazzocchi, è già di quelle da incorniciare. Il duo piacentinopavese che gareggiava con una Peugeot 208 R2B della Vieffecorse, ha stupito tutti per velocità e costanza in una gara molto
L’Equipaggio Canzian-Pizzon, rallentati da una foratura
Nel Campionato Italiano Junior, la gara d’esordio della “rivanazzanese” Silvia Gallotti avvincente resa ancor più affascinante dalla lunghezza di un percorso tutto da affrontare in una tappa sola. Partito accorto nel succoso spettacolo a Forte dei Marmi, l’equipaggio ha iniziato la giornata di sabato con il miglior tempo di categoria confermandosi sempre - ad eccezione dell’ultima prova, nei primi tre gradini del podio. Presentatosi al via dell’ultima speciale di gara con
un margine di solo 4” di ritardo dal leader Ciuffi, Mazzocchi ha provato ad affondare il colpo decisivo ma un testacoda all’inversione di metà prova ha fatto perdere tempo prezioso suggerendo all’equipaggio di tenere per il resto della Ps una condotta più parsimoniosa; al traguardo il duo della Leonessa Corse ha festeggiato la seconda posizione di classe, di Junior e di Trofeo Peuge-
ot Top. Un primo mattoncino per un 2018 positivo è stato posato. Ora, già a partire da Sanremo, si dovrà proseguire in questa direzione. Sfortuna invece per Davide Nicelli e Matteo Nobili costretti ad uscire di scena per il cedimento del propulsore della loro Peugeot 208 dopo 11 prove speciali, in cui stavano prendendo confidenza con il mezzo. di Piero Ventura
RALLY 4 REGIONI: 9/12 MAGGIO 2018
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è primavera, è tempo di ripartire “è primavera é tempo di partire. Dopo la terra della Sardegna ecco i veloci asfalti del 4 Regioni” si diceva un tempo quando terminato l’impegno in terra sarda, l’intera carovana del rally si trasferivano in Oltrepo e i protagonisti della gara che si va oggi a rievocare portavano nomi altisonanti quali: Munari, Ballestrieri, Paganelli, Darniche, Beguin, Andruet, Bettega e Biasion, tanto per citarne alcuni. Ora i nuovi organizzatori sono nuovamente pronti a partire con altrettanti nomi importanti del rallysmo storico. Si procede quindi a grandi passi verso il Rally 4 Regioni International Historic Classic, in programma dal 9 al 12 maggio, secondo appuntamento motoristico 2018 messo in scena da Aci Pavia presieduto da Marino Scabini che per l’occasione, come lo scorso anno, si avvale della stretta collaborazione con la YL Rally Event a cui fa capo l’ex campione europeo rally Yves Loubet. Non mancherà il Rally 4 Regioni storico, valido per il TRZ in programma l’11 e 12 maggio e la Regolarità Sport a chiudere la carovana. Le novità di quest’anno sono più d’una. Quella più eclatante é rappresentata dall’inserimento del Circuito di Cecima da compiere 2 volte e mezzo da correre in un suggestivo scenario notturno. Altra novità é la partenza della gara, che si effettuerà dall’Iper Montebello, pur rimanendo Salice Terme il fulcro nevralgico dell’intera manifestazione in cui si effettueranno le verifiche sportive e tecniche, la partenza del Rally Storico valido per il TRZ e l’arrivo finale. Nuovo per i protagonisti del TRZ anche il percorso della tappa di sabato 12, completamente inedita per loro. Ma andiamo per ordine. La gara scatta mercoledì 9 maggio con il prologo per i partecipanti all’International Historic che prevede 2 passaggi sulla Pozzol Groppo (il primo alle 18 e il secondo alle 20) per un totale di 9 km. Il Giovedì, per i concorrenti dell’Historic sono previste 5 prove speciali: La rocca Susella da ripetere tre volte per complessivi 65 chilometri e due passaggi sulla Oramala per un totale di 21,300 Km. Giornata intensa quella di venerdì in cui per l’Historic sono in programma due passaggi sulla Castellaro per complessivi 23,500 km e tre passaggi a Cecima. I primi due sul tracciato corto di 7,750 km cad. ed il terzo, in notturna, sul circuito, come detto, da ripetere due volte e mezzo per un totale di 20 km circa. Su questa prova all’ International Historic si accoderanno i concorrenti dello “storico” nazionale. Sabato 12 maggio, ultimo giorno di gara, “tutti assieme appassionatamete” International e TRZ affronteranno due volte la prova del Penice per complessivi 19,600 km; due volte quella di Peco-
rara per un totale di 20,500 km e infine, la Golferenzo Pometo con il primo dei due passaggi di 13,100 km alle ore 11,32 e il secondo alle 15,57 che incoronerà il vincitore. Al Rally International Historic Classic sono già giunte importanti adesioni tra cui quelle di equipaggi francesi, belgi, spagnoli e argentini. Si sta infiammando anche ciò che sarà la lotta per il primato femminile, in cui tra le iscritte figurano calibri da novanta quali Isabella Bignardi, Luisa Zumelli e la transalpina Chatherine Desbrueres a cui ben presto se ne aggiungeranno altre. Anche i piloti oltrepadani
non sono rimasti immuni al richiamo del grande appuntamento. Tra i primi a dare la loro adesione vi sono Claudio Covini e Andrea Brega con la Lancia Rally 037. Confermata la presenza di Alessandro Ghezzi e Agostino Benenti i quali porteranno in gara la Porsche 911 approntata dalla vogherese Ova Corse a cui fa capo Filippo Musti. Per stare in casa Musti, anche Matteo, vincitore della passata edizione, ha confermato la sua presenza con la 6 cilindri di Stoccarda, non svelando al momento il nome di chi gli leggerà le note. Pure Andera “Tigo” Salviotti con l’insepa-
rabile Invernizzi alle note, sarà nuovamente della partita con la scattante A112 Abarth preparata da Madama. Insomma, c’é molta carne al fuoco anche in provincia e nei prossimi giorni avremo un quadro più completo di cosa ci proporranno queste giornate di gara. Per quanto riguarda il Rally Storico valido per il TRZ, le iscrizioni si sono appena aperte. Ciò che possiamo anticipare é che c’é molto fermento anche attorno a questa competizione. di Piero Ventura
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Il 4 Regioni svela i segreti all’Enoteca Regionale di Broni Avrà luogo venerdì 20 aprile presso l’Enoteca Regionale della Lombardia a Broni la presentazione Ufficiale del Rally 4 Regioni 2018 in programma dal 9 al 12 maggio prossimo. Gli appassionati potranno scoprire quindi tutti i segreti dell’attesissima manifestazione e i primi nomi dei più importanti protagonisti. Nel corso della serata si svolgerà anche l’annuale premiazione dei campioni so-
ciali Aci Pavia 2017. Tra i piloti rally sarà interessante conoscere chi la spunterà tra Giacomo Scattolon, Fabio Azzaretti e Davide Nicelli. Curiosità anche per i gradini del podio dei navigatori in cui Silvia Gallotti e Claudia Spagnolo se la dovranno vedere con l’esperto Paolo Zanini. Stesso discorso tra i piloti e navigatori dei rally storici in cui Ermanno Sordi, Daniele Ruggeri, Tigo Salviotti, Claudia Musti,
Giorgio Invernizzi e Martina Marzi si giocano i gradini del podio nelle rispettive specialità. Verranno premiati anche i migliori specialisti dello Slalom, della Salita e del Cross Country. Infine, un momento altrettanto importante della serata sarà la presentazione del libro: “Lancia Rally, nome in codice 037” di Sergio Limone e Luca Gastaldi. di Piero Ventura
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Lo spettacolo naturale offerto dal nostro Oltrepo si sa, affascina sempre. Se poi ogni tanto l’uomo ci mette un po’ del suo estro, il risultato non può che essere straordinariamente seducente. Durante il Rally 4 Regioni International Historic Classic, le persone che nella serata della secondo giorno di gara si apposteranno sulla prova speciale di Cecima, potranno godere di un incredibile spettacolo che l’organizzazione manderà in scena in questa edizione della gara pavese, un disegno motoristico denominato: “La notte di Cecima”. Due giri e mezzo del mitico circuito “inventato” nel 1981 da Siropietro Quaroni, allora patron del 4 Regioni, sarà senza dubbio uno spettacolo nello spettacolo. Questa nuova immagine è il risultato dell’unione tra amministratori e organizzatori che hanno a cuore la celebrazione del territorio e di uno dei rally tra i più famosi. Sarà una notte di musica roboante prodotta dai numerosi 6 cilindri di Stoccarda, a cui faranno eco altrettanti Cosworth uniti alle sinfonie di casa Lancia, Fiat, Abarth, Opel e altri preziosi strumenti musicali da rally. Sarà come scrivere una nuova storia sportiva affascinante il cui inchiostro è la luce dei Carello Megaluxe o Cibie allo iodio che fendendo il buio della notte regaleranno visioni indimenticabili. C’è qualcosa di magico nel mondo dei rally, qualcosa di impalpabile che lo rende simile ed allo stesso tempo diverso dalle altre corse. Tante volte ci accade che partendo da casa in una fredda e piovosa mattinata alla volta del rally del momento, ci si chiede una sola cosa: “Perchè amare i rally”? Ebbene, di risposte ce ne sarebbero parecchie: Anzitutto perché il rally è un’ Avventura, sia per le vetture che si confrontano nella natura stessa, sia per il pubblico che deve camminare talvolta a lungo per raggiungere il tracciato. Il rally é Cuore, come quello dei piloti che affrontano qualsiasi ostacolo come fossero cavalieri impavidi. Il rally é Amore, come quello dei fan e della “gente comune”, che
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La Porsche 911 di Ghezzi-Benenti
“La notte di Cecima” non si cura del caldo, della pioggia, della polvere e delle camminate per raggiungere un luogo migliore, magari in mezzo al nulla, per raggiungere la postazione migliore in cui godersi la prova speciale. C’è Poesia nel vedere una vettura arrivare e sfrecciare via in un baleno. La senti arrivare da lontano, poi, eccola, ti appare su una stradina che sembra uscita da un racconto di boschi fatati. è un punto colorato che si avvicina alla velocità del fulmine e sembra che nulla potrà fermarla, mentre
tra i fan c’é chi prepara la macchina fotografica, chi il cellulare, chi semplicemente osserva e chi applaude. Ognuno è pronto ad immortalare l’attimo, anche solo nei propri ricordi e quasi senza accorgersi é investito dalla scarica di sassolini lanciati dai pneumatici e dalla polvere che lo copre. Alcuni già commentano se il passaggio è stato più o meno veloce. E come accade nelle cose che piacciono, si inizia a contare il tempo che non passa mai prima di vedere la vettura successiva... “La not-
te di Cecima”, uno spettacolo a cui non si può mancare per più di una ragione. Una perché rappresenta la fusione tra i partecipanti all’International Historic Classic, per i quali la prove di Cecima in notturna rappresenta la “speciale” numero 18, ed i concorrenti del 4 Regioni Storico, valido per il Trofeo Rally di Zona che si accodano ad essi in ciò che per loro rappresenta il prologo della loro avventura rallystica.
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Era il 1971... dopo 47 anni il Rally 4 Regioni non smette di appassionare Nato nel lontano 1971 da un gruppo di appassionati dell’ACI Pavia, abilmente capitanati da Benedetto Pelliccioni e da Siropietro Quaroni, il Rally 4 Regioni è diventato un segno indelebile nel panorama rallistico italiano e internazionale. Pochi ricorderanno infatti che nel 1976 il Rally 4 Regioni era riserva per il campionato mondiale. Siropietro Quaroni sportivo, lungimirante e carismatico, riuscì con questa gara ad introdurre innovazioni pionieristiche in questa specialità: basti ricordare le “ronde”, introdotte nel 1976 e nel 1981, il “circuito di Cecima”. Il 4 Regioni, che nelle prime edizioni partiva da Pavia, ha poi trovato la sua collocazione ideale al parco di Rivanazzano Salice Terme. Restando sempre fedele al suo nome, il Rally 4 Regioni, si snodava per le strade di Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia Romagna con un percorso mai inferiore al 1000 km (ad eccezione dell’edizione del 1986), arrivando a misurare anche 1656 km nella prima edizione del 1971. Le prove speciali del 4 Regioni sono sempre state caratterizzate da curve mozzafiato e meravigliosi tornanti. Come non citare le prove di Rocca Susella, Oramala, Castellaro, Penice, Cerro, Pometo, Pradovera e tante altre ancora; strade su cui le macchine sfrecciavano immerse in splendidi e colorati territori. Oltre che per il Campionato Italiano Rally, dal 1975 il 4 Regioni è diventato valido anche per il Campionato Europeo Conduttori vedendo iscritti da diverse nazioni eu-
ropee. Insieme ai grandi vincitori italiani come Paganelli- Russo, Ballestrieri-Maiga, Munari-Mannucci, Carello-Perissinot, Bettega- Perissinot, “Lucky” BattistolliPenariol, Biasion-Siviero, Vudafieri-Pirollo e Ormezzano-Mello, non possiamo dimenticare Lampinen-Davenport, Darniche-Mahé, Beguin-Lenne e Andruet-Emanuelli. Come non citare poi i locali che si sono succeduti nelle varie edizioni e che spesso hanno dato filo da torcere ai ben più blaso-
nati concorrenti nazionali: primo tra tutti l’indimenticato Alberto Alberti e per citarne alcuni altri, Vistarini, Raimondi, Brambilla, Mosconi, Tarditi, Rossi, Codognelli, Rancati, Musti, Fiori, Scattolon, Contardi, Buscone, Ghezzi e Masnata. Il Rally 4 Regioni è sempre stato caratterizzato da percorsi lunghi, impegnativi e che mettevano a dura prova vetture ed equipaggi: il 1972 vide 122 iscritti, 101 partiti e solo 26 arrivati. Ciononostante, il fascino esercitato da questo rally ha sem-
pre ammaliato molti piloti avendo sempre un ottimo numero di iscritti come i 203 del 1979 e addirittura 224 iscritti nell’edizione 1974. Oltre ai già citati vincitori, il Rally 4 Regioni ha visto sulla propria pedana di partenza equipaggi di fama europea e italiana che hanno contribuito a rendere grande l’immagine di questo indimenticabile rally. di Nicolò Tucci
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Giorno 1: Giovedì 10 Maggio 2018
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Giorno 2: Venerdì 11 Maggio 2018
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Giorno 3: Sabato 12 Maggio 2018
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APRILE 2018
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Grande salto di Fantaforanza e Rombo di tuono, i “Vichinghi” ritornano in testa I Vikinghi, originari della Norvegia, residenti a Broni e guidati da Milanesi non si schiodano dal primo posto, ma iniziano ad accusare il mal di testa geografico! I D.A. Mara – Villa subiscono le borsettate della fantallenatrice Chiara Caniatti che li fa scostare un po’ più in là, al quinto posto. Restano fuori dalla porta di palazzo “Topten” la Drughese e il Real Oltrepo che si avvicendano tra l’undicesimo e il dodicesimo posto. Si fa notare Rombo di Tuono, alias Domenico Piras, che entra a far parte della top venti... il figlio Kristian lo saluta dal settimo posto e fa gridare a Leonardo di Caprio, giocatore in prestito al Montalfeo dal Team Hollywood: “Prova a prendermi!”. Chiude al ventesimo posto Polentone 100 che pare abbia deciso di firmare il contratto d’affitto! Continuate a sperare che la strada è ancora lunga, ma neanche più di tanto… Insomma rimanete sul pezzo con “Il Periodico news”.
di Sandro Alberti La classifica aggiornata al 31 marzo