“Mors tua, vita mea”: l’Oltrepò del vino, la Prima Repubblica e i teatranti del SUV
Anno 12 - N° 126 FEBBRAIO 2018
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In Oltrepò c’è fermento. Si gioca a “C’è Un Posto Per Te”, la rielaborazione del programma firmato Defilippi. Il vaticinio del mese, rubato a un tavolo del Ristorante Prato Gaio, dice che se il grande big... pagina 15
in Oltrepò Pavese
Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - 70% - LO/PV
LUNGO IL PO «è ancora più che mai assolutamente necessario un nuovo ponte»
pagina 43
BRESSANA BOTTARONE «L’autovelox verrà tolto a maggio, ormai ha ottenuto il suo risultato» Nel corso del 2018 sul territorio comunale di Bressana Bottarone verranno investiti diversi milioni di euro, fra lavori già definiti... pagina 41
MONTALTO PAVESE «Vorremmo ottenere una denominazione vinicola per il riesling italico» Montalto Pavese per la sua posizione dominante le prime colline sopra Casteggio, per la sua produzione di vino, per il bel castello...
TERME DI SALICE: C’È DA STUPIRSI, MA IL SINDACO-GEOMETRA NON FACCIA L’OFFESO Le Terme di Salice vanno verso il concordato preventivo o verso il fallimento: lo deciderà il tribunale. In alcuni film, dopo cinque minuti si intuisce già il finale... generalmente non sono bei film. La storia degli ultimi dieci-dodici anni delle terme è stata, per alcuni, un film dal finale prevedibile. Particolarmente, negli ultimi cinque o sei anni, nubi sempre più nere hanno oscurato il cielo delle terme salicesi... la cosa che lascia stupiti è che molti, probabilmente anche chi per motivi politici e/o istituzionali avrebbe dovuto, non hanno guardato le previsioni meteo inerenti alle Terme di Salice, previsioni che se analizzate con un minimo di occhio critico prevedevano tempesta, con onde sempre più alte e burrascose per le acque salsobromojodiche e sulfuree di Salice Terme. Non bisogna essere dei geni in economia o gestione aziendale... pagina 3
il Periodico
Fra gli ultimi atti del Governo uscente, è finalmente arrivato uno fra i più attesi dall’Oltrepò Pavese: il finanziamento per la messa...
«La politica: da tangentopoli a stipendiopoli»
che vengano fatte delle liste ad personam solo ed unicamente nell’interesse di persone e non nell’interesse di un partito o di un’area politica; e se ben ricordo, in una campagna elettorale, la coscienza di chi dirige i partiti si applica... pagine 17
Alessandro Meisina, ha gestito e gestisce, una delle strutture ludico-sportive, più grandi, se non la più grande, ed importanti di tutto l’Oltrepò...
La mini centrale attiva nel Comune di Varzi
Casteggio: «Sicurezza: adesso pare e sottolineo pare, che le acque si siano un po’ calmate»
pagina 40
GODIASCO SALICE TERME
pagina 30 e 31
RIVANAZZANO TERME «Il mercatino poteva fare la differenza, spostandolo...» Vincenzo Bina è il titolare dell’omonima notissima attività in Rivanazzano Terme, aperta nel 1979. Inizialmente l’azienda era gestita dai genitori... pagina 28
VAL DI NIZZA «Il nostro Comune non è un costo per lo Stato ma una risorsa» Bando Aree Interne, Fusioni tra piccoli comuni e il futuro di un paese martoriato del gelicidio di dicembre. Il sindaco Franco Campetti... pagina 35
Produrre energia elettrica sfruttando l’acqua dello Staffora. Mentre nei mesi scorsi si dibatteva di un maxi progetto da 90 milioni di euro per la creazione di bacini di accumulo lungo l’alveo del torrente, qualcuno da ormai due anni e con un investimento decisamente inferiore (circa 1 milione) ha già cominciato una mini produzione nel comune di Varzi... pagina 37
«Sembra esserci una situazione più tranquilla in questo momento. Questo è quello che ci sembra. Poi bisogna dire che le forze dell’ordine svolgono i loro controlli e non abbiamo i dati ufficiali di tutto quello che viene fatto e controllato per motivi naturalmente di sicurezza. Sappiamo che ci sono stati controlli e che alcune azioni hanno avuto esiti positivi e l’assessore Guerci si è confrontata con loro ultimamente per capire giorno per giorno, settimana per settimana, quello che può servire alle forze dell’ordine per incrementare queste azioni. Dal punto di vista della sorveglianza privata che abbiamo attivato e abbiamo confermato nel
oltre
Rilancio turistico di Salice Terme «Viaggiando s’impara»
«Assolutamente non l’ho presa bene perché ho capito che ci sono alcuni partiti che hanno adottato un metodo scientifico per scegliere i loro candidati: in presenza di neuroni, vengono scartati a priori! E poi perché mi è difficile digerire
news
bilancio discusso nell’ultimo consiglio comunale: andremo quindi a dare un supporto alla forze dell’ordine. Poi abbiamo incrementato anche la videosorveglianza». pagina 39
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LA TRIPPA
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FEBBRAIO 2018
TERME DI SALICE : C’È DA STUPIRSI, MA IL SINDACO-GEOMETRA NON FACCIA L’OFFESO Le Terme di Salice vanno verso il concordato preventivo o verso il fallimento: lo deciderà il tribunale. In alcuni film, dopo cinque minuti si intuisce già il finale... generalmente non sono bei film. La storia degli ultimi dieci-dodici anni delle terme è stata, per alcuni, un film dal finale prevedibile. Particolarmente, negli ultimi cinque o sei anni, nubi sempre più nere hanno oscurato il cielo delle terme salicesi... la cosa che lascia stupiti è che molti, probabilmente anche chi per motivi politici e/o istituzionali avrebbe dovuto, non hanno guardato le previsioni meteo inerenti alle Terme di Salice, previsioni che se analizzate con un minimo di occhio critico prevedevano tempesta, con onde sempre più alte e burrascose per le acque salsobromojodiche e sulfuree di Salice Terme. Non bisogna essere dei geni in economia o gestione aziendale per capire! Ad esempio, capire che quando nel gennaio 2005 i nuovi vertici delle terme salicesi hanno deciso di cancellare oltre 600 convenzioni con enti e associazioni, convenzioni che portavano tanti clienti, parliamo di oltre 24.000 persone, convenzioni cancellate perchè secondo i nuovi “illuminati” vertici quelle convenzioni portavano clienti non sufficientemente remunerativi, di clienti se ne sarebbero persi, e persi tanti! Ed infatti oggi i clienti sono, o meglio erano, circa un terzo, e le terme sono chiuse: gli “illuminati” nuovi manager non avevano capito, e nessuno del vecchio staff, per piaggeria o forse perché neanche loro avevano capito, si è alzato ed ha detto “ma sa siv dre a fa” ( ma cosa state facendo)?! Tutti cercano chi porta i clienti e noi cancelliamo le convezioni?! Non bisogna essere dei geni per capire che una società, da oltre dieci anni senza dirigenti adeguati alla luce dei risultati ottenuti e dei fatti odierni, non può funzionare; in qualsiasi lavoro, oggi più di ieri, bisogna conoscere la materia e sapere ciò che si fa. Purtroppo oggi per molta gente c’è l’abitudine di passare davanti ad una pizzeria e dire: “il pizzaiolo sta sbagliando tutto, la pizza bisognerebbe farla in un altro modo!” e se gli chiedi “Ma tu che lavoro fai?” quello dopo aver dato la sua ricetta infallibile sul come far la pizza, ti risponde “L’elettricista”. Succede qualche volta che un elettricista sappia fare la pizza meglio del pizzaiolo, ma è un’eccezione, un’eccezione che conferma la regola. La realtà oggi dimostra che alle Terme di Salice di eccezioni non ce ne sono state: i dirigenti succedutisi negli ultimi dodici anni erano degli elettricisti che volevano fare i pizzaioli, come si dice da noi in Oltrepo: “Ieran e ien no bon!” (Non erano e non sono capaci!). C’è da stupirsi che chi di dovere non abbia detto nulla quando nel 2005, documenti alla mano, è stato presentato il passivo previsto di circa 300mila euro, preparato a Settembre dal vecchio presidente Maurizio Somensini; ed in soli tre mesi,
miracolosamente, da e con i nuovi manager, il passivo è aumentato di 6 volte tanto! Un miracolo al contrario avvenuto in soli tre mesi, da Ottobre a Dicembre! Sì, c’è da stupirsi del miracoloso balzo in avanti del passivo! C’è da stupirsi quando, nel Febbraio 2006, una quota delle azioni delle Terme é stata venduta o svenduta al Gruppo Camuzzi, dopo che per mesi chi doveva vendere, chi doveva portare a casa il massimo dei soldi, ha detto e fatto scrivere che le terme stavano fallendo e quindi qualsiasi prezzo andava bene, l’importante era trovare qualcuno! Ed infatti hanno trovato l’acquirente amico e ben conosciuto, il Gruppo Camuzzi! C’è da stupirsi che chi di dovere non abbia detto nulla, quando i maghi-manager-politici di turno hanno detto, nel 2004, e molti hanno creduto e qualcuno magari dice e crede ancora oggi, che il problema delle terme era nato con i costi del ritiro della Juventus: si, c’è proprio da stupirsi, perché documenti e intese scritte alla mano, quel ritiro alle Terme non doveva costare nulla, come quello successivo del 2005. C’è da stupirsi che chi di dovere non abbia detto nulla se nel Gennaio 2007, dopo aver rassicurato che di debiti non ce n’erano più, il gruppo Camuzzi, alla chetichella, se ne è andato ed è subentrato il Gruppo Fabiani, che ha presentato piani di sviluppo che neanche la Walt Disney a Dysneyland ha mai avuto il coraggio di enunciare! C’è da stupirsi che chi di dovere non abbia detto nulla quando il Gruppo Fabiani, nel 2013, ha ceduto le Terme al vogherese Elio Rosada, quando in molti in Oltrepò si chiedevano “ma Rosada come farà a pagarle?!” Ed infatti non le ha pagate... C’è da stupirsi che chi di dovere non abbia detto nulla quando nel 2015 il Gruppo Fabiani, dopo essere rientrato in possesso delle terme visto che Rosada non aveva pagato, ha annunciato la cessione delle terme salicesi ad una società romana, società del resto mai sentita nel settore termale. C’è da stupirsi che chi di dovere non ab-
bia detto nulla quando, nel 2016, questa società romana nomina un altro aggiunto amministratore, tal Accroglianò, che dopo che questo giornale ha riportato notizie di cronaca sulla sua travagliata carriera, così scrivevano i giornali italiani, lo stesso in fretta , e magari anche con un pochino di furia, si è dimesso. C’è da stupirsi che chi di dovere non abbia detto nulla quando, nel 2016 , quello che qualcuno ha definito “patron” , termine che a livello imprenditoriale non esiste, tal Dionisi, ha annunciato al mondo salicese Ripianeremo i debiti fatti dalle ultime gestioni di questi ultimi anni e ripartiremo…. alla grande. C’è da stupirsi che chi di dovere non si sia informato, tramite tutti i canali legali ed istituzionali, sulla consistenza e volontà d’investire risorse economiche nelle Terme di Salice da parte di questa società romana: c’è da stupirsi che a nessuno sia venuto il dubbio, un dubbio semplice : “Ma se questi hanno così tanti soldi perché non pagano gli stipendi e non pagano il gas?” C’è da stupirsi che la dirigenza, o per meglio dire la pseudo-dirigenza locale delle Terme non abbia radunato i colleghi ed abbia detto “questi ci stanno raccontando balle”: eppure i segnali c’erano tutti, ma proprio tutti. Il sindaco- geometra di Salice Terme, Fabio Riva, si dice e fa scrivere di essere preoccupato per la situazione delle terme ed offeso perchè il “patron” non gli ha risposto al telefono: beh, se ne faccia una ragione; a Roma sono abituati a parlare con ministri e sottosegretari, ed i romani trattano i sindaci allo stesso livello degli uscieri, a dir il vero non solo a Roma ma questa è un’altra storia… Certamente il buon sindaco-geometra sarà pur preoccupato ed offeso , ma non può dire oggi che non conosce e non conosceva la situazione, e che Lui non c’era. C’era Lui nel consiglio comunale godiaschese, guidato dal sindaco De Antoni, quando venne deciso che il buon Somen-
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sini non era capace e che il direttore commerciale di allora guadagnava troppo e bisognava mandarli via. C’era Lui nel consiglio comunale godiaschese quando venne raccontato, nel senso proprio di raccontare, tipo una favola, che il passivo del 2004 era passato in soli tre mesi da 300 mila euro ad un milione ed ottocento mila. C’era Lui nel consiglio comunale godiaschese quando venne raccontato, nel senso proprio di raccontare, tipo una favola, che il problema delle Terme era causato dal contratto Juventus . C’era Lui nel consiglio comunale godiaschese quando venne raccontato che bisognava trovare un’acquirente per le terme, urgentemente e quasi a qualsiasi prezzo. C’era Lui nel consiglio comunale godiaschese quando venne deciso di vendere …, si fa per dire, le terme al gruppo Camuzzi, che poi, e mica tanto poi, fallì. C’era Lui nel consiglio comunale godiaschese, guidato questa volta dalla sindachessa Corbi, quando il Gruppo Fabiani diceva che voleva fare un grande lago termale nel…. parco di Salice... C’era Lui, non nel consiglio comunale godiaschese perché si era preso una pausa di riflessione politica, qualcuno dice per prepararsi a diventar sindaco, cosa ai tempi da Lui smentita, ma poi… regolarmente avvenuta... ma c’era lui, dicevamo, in quel momento di “riflessione” politica, nel veder accogliere con grandi enunciazioni dalla sindachessa Corbi l’arrivo di Rosada come nuovo proprietario delle terme e veder successivamente firmare, l’opinabile e per opinione personale sciagurato, contratto comune-terme per l’utilizzo del parco delle Terme. C’era Lui quest’estate, questa volta come sindaco, a ringraziare la magnifica collaborazione ottenuta dal “patron” delle terme Dionisi per la manifestazione cinofila... a proposito: ma li, intendo per quella manifestazione, le terme dovevano pagare una parte importante dei costi; hanno poi pagato? Ha mica pagato qualcun altro Così... semplice curiosità. Purtroppo, per le terme, così è andata la storia. Purtroppo i dipendenti stanno aspettando gli stipendi arretrati. Sarà concordato, sarà fallimento, riapriranno? Io sono pessimista. Al sindaco-geometra ripeto di non offendersi: a Roma, come suddetto, non danno importanza alle cariche sotto una determinata soglia; o sei ministro o sottosegretario, e quindi ti salutano e ti rispondono al telefono, oppure, se sei solo sindaco, ti rispondono quando e se vogliono. Dico anche di non affannarsi a trovar un gestore per aprire quest’anno le terme: perché se mai arriverà qualcuno, e visti i precedenti si corre il rischio di cader dalla padella alla brace, così com’è strutturata l’impiantistica, la logistica, la tipologia e la metodologia delle terapie erogate alle Terme di Salice per ogni cliente che arriva... si rischia di perdere dei soldi! Così come hanno fatto le gestioni miracolose degli ultimi anni, fino ad accumulare un passivo di circa 10milioni di euro. Sindaco-geometra non si offenda, e non si stupisca: forse era meglio offendersi, e/o stupirsi, ma soprattutto opporsi… prima! di Antonio La Trippa
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FEBBRAIO 2018
«15 persone impegnate negli Orti Sociali»
Gli “Orti Sociali” di Voghera non sono più soltanto un luogo di lavoro e produzione: a partire dal 27 gennaio scorso in via Negrotto Cambiaso, nel cuore del quartiere Ponte Rosso, ha aperto i battenti la “Bottega d’j urtlan”, in dialetto locale “bottega degli ortolani”. Si venderanno frutta e verdura coltivate negli Orti, ma anche una vasta gamma di prodotti esclusivamente made in Oltrepò, tutto rigorosamente bio e a chilometro zero. Uno dei principali promotori dell’iniziativa è l’ex esponente di punta della Caritas ed ex assessore comunale Moreno Baggini, responsabile del progetto Orti Sociali. Baggini, come è nata l’idea di creare questa nuova bottega? «Il progetto sull’agricoltura sociale, iniziato nel 2014 con lo scopo di reinserire nella società soggetti deboli attraverso il rapporto con la campagna, è in continua espansione e abbiamo colto la chance di creare ancora maggiori opportunità per i soggetti coinvolti, arricchendo per così dire la nostra piccola filiera». Da chi è gestita la bottega e chi ci lavora? «La gestione è affidata alla Cooperativa sociale 381, appartenente alla rete Agricoltura Sociale Lombardia, e si occuperà della parte organizzativa e amministrativa. Lo spazio ci è stato concesso gratuitamente in comodato d’uso da un benefattore locale che ha voluto fare questo regalo consentendo anche di avere a disposizione un luogo di ritrovo e condivisione destinato alle realtà del territorio impegnate nell’agricoltura locale. Ci lavorano dipendenti della cooperativa ma anche persone provenienti dagli orti sociali che avranno
così ulteriori possibilità di reinserimento, in particolar modo da quando sarà attivato il servizio di consegna a domicilio». Che tipo di prodotti si vendono? «Svariati: pane fatto con grani antichi, formaggi e salumi della Valle Staffora, verdura e frutta biologiche, miele, vino, confetture e tanto altro. Tutti prodotti locali a chilometro zero e che rispettano la stagionalità». Non solo prodotti coltivati dagli Orti dunque... «Ci saranno sia prodotti provenienti dall’agricoltura sociale della provincia di Pavia, sia prodotti provenienti dalla rete di aziende agricole aderenti a Coldiretti e Campagna Amica. Un modello agricolo che prediliga la fertilità dei suoli, la presenza di persone nelle campagne e la tutela della biodiversità. Al centro del progetto poi, come detto, abbiamo l’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati che verranno anche coinvolti in attività di consegna a domicilio. Ci sarà il contatto diretto con il cliente ed è prevista la possibilità di acquisti on line». Solitamente questo tipo di negozi sono spesso “esclusivi” e vendono sì prodotti di qualità ma a prezzi piuttosto alti, non accessibili a tutti. Sarà così anche per la vostra bottega? «I nostri prezzi saranno concorrenziali, perché pur avendo lo stesso regime fiscale di ogni altro negozio, noi ci forniamo direttamente dai produttori e tagliamo ogni costo di ricarico dovuto agli intermediari. Chiaramente i nostri prodotti, come pasta fatta in casa con farine locali, non potranno fare concorrenza a quelli industriali, ma offriremo alta qualità a prezzi accessibili».
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Moreno Baggini, responsabile del progetto Orti Sociali
A chi farete concorrenza a Voghera? «Credo a nessuno, dato che una realtà simile, così legata all’esclusività del territorio, non esiste. Poi nella zona Ponte Rosso non c’era nessuna bottega prima di questa. è stata anche la popolazione di quel rione a spingere approvando l’iniziativa». Parliamo degli Orti Sociali. Un progetto in espansione ha detto. Che tipologia di persone ci lavorano? «Soggetti deboli, per il 60% con disabilità mentali di vario tipo, altri hanno invece disabilità fisiche o motorie. Una piccola percentuale proviene dal mondo delle dipendenze. Non solo droga, anche alcool o gioco d’azzardo patologico, un fronte in espansione purtroppo. Tutte regolarmente retribuite». Quante persone sono state impiegate nell’ultimo anno? «Una quindicina». Come si inizia a lavorare negli “Orti”?
«I soggetti sono individuati e mandati da noi da enti intermediari. Per capirsi, non si viene a chiedere lavoro direttamente da noi. Questo perché i casi che gestiamo sono particolari, riguardano persone con tare fisiche o psichiche, non semplici disoccupati o in stato di povertà. Chi inizia un percorso negli Orti lo fa seguendo un programma personalizzato con obiettivi precisi». Quante persone riescono ad essere recuperate completamente? «Il 40% circa, entro un anno, ottiene un reinserimento sociale e lavorativo effettivo grazie alle competenze acquisite con noi. C’è anche chi, dopo soli sei mesi, è diventato talmente bravo nella coltivazione delle zucche da provare ad aprire una propria piccola produzione». di Christian Draghi
VOGHERA
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FEBBRAIO 2018
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«Un percorso folle, disegnato male e senza coraggio politico» 2 chilometri e 700 metri costati circa 360 mila euro, di cui il 70 per cento finanziato dalla Regione Lombardia e la restante parte dal Comune di Voghera
Luca Uttini
«Un percorso folle, roba che se lo sapessero a Bruxelles chiederebbero indietro i fondi concessi per realizzarlo». Quando si parla della nuova pista ciclabile che dovrebbe collegare il rione di Medassino alla stazione di Voghera Luca Uttini usa la sciabola e non il fioretto. è lo storico portavoce dei residenti del quartiere, cui quei 2 chilometri e 700 metri costati circa 360 mila euro, di cui il 70 per cento finanziato dalla Regione Lombardia e la restante parte dal Comune di Voghera, sono rimasti un po’ di traverso. Non per l’opera in sé quanto per il modo in cui è stata realizzata. «Piutòst che nient l’è mei piutost» (piuttosto che niente è meglio piuttosto ndr) chiarisce Uttini con un’espressione dialettale colorita, «ma i lavori sono stati progettati senza criterio dai tecnici e senza coraggio da parte della politica». La nuova ciclabile, pressoché pronta a tutti gli effetti, già utilizzabile ma con inaugurazione ufficiale in calendario a primavera, rientra nel più ampio progetto chiamato Metro Minuto che mira a potenziare l’ecosostenibilità dei trasporti incentivando l’uso della bici a scapito dell’auto. Il Comune, col sostegno dei finanziamenti regionali, realizzerà una decina di chilometri di piste ciclabili per collegare le arterie principali del centro, nel tentativo non solo di snellire il traffico, ma anche di immettere nuova linfa nella Greenway, la pista ciclabile nel verde che dalla stazione iriense conduce verso la Valle Staffora. La pista di Medassino incomincia a pochi passi dallo storico bar Cavallino, prosegue in via XXVII marzo e lì, da piazza Meardi, porta lungo via Don Minzoni e così in stazione. Uttini, cosa esattamente non vi piace di questo percorso? «Già il concetto generale per noi è sbagliato. Innanzitutto chi vuole andare in bici da Medassino alla stazione sceglie il percorso più breve, passando cioè per via Papa Giovanni e non per via Don Minzoni, percorrendo una strada che tra l’altro passa davanti all’ingresso di un supermercato.
Già questo dimostra che, o non si conosce bene Voghera, oppure sono state fatte scelte dettate da altri motivi Che tipo di motivi secondo lei? «Beh, ad esempio direi la volontà di non eliminare posti auto per non diventare impopolari, soprattutto sotto elezioni. Questa pista ciclabile ha un percorso che costringe ad attraversamenti scriteriati e anche pericolosi, per ciclisti e automobilisti, dovuti al fatto che non si è avuto il coraggio di fare le cose come andavano fatte. Se si vuole fare una ciclabile la si faccia seriamente, prendendo come esempio la Germania, sacrificando quindi anche dei posti auto, visto che l’obiettivo è diminuirne l’uso Nello specifico, dove vede incongruenze o tratti pericolosi lungo il percorso? «Basta fare il giro partendo da Medassino. Innanzitutto la via Lomellina ha la possibilità di avere una pista ciclabile naturale su entrambi i lati, non c’era da inventarsi nulla. Loro hanno disegnato delle strisce arancioni su un controviale con un folle attraversamento ciclabile di fronte all’ingresso dell’officina grandi riparazioni delle Ferrovie, nel punto più pericoloso di via Lomellina, con la strada che devia verso il supercarcere, un bar che fa angolo ma, soprattutto, in cima alla salita che compie chi proviene dal sottopassaggio, quindi con una visibilità limitata Nel sottopassaggio però c’è il limite di velocità ai 30 all’ora… «Sì, vorrei vedere chi lo rispetta, tenendo conto che oltretutto è segnalato dipingendolo sull’asfalto in un luogo dove non è praticamente visibile La pista poi prosegue lungo corso XXVII marzo… «Sì, fino a interrompersi contro il gazebo del bar Bon Bon, dove il ciclista deve attraversare ad un altro incrocio pericoloso perché c’è la Posta, per proseguire poi sul lato della strada opposto, quindi contromano. Qui c’è l’errore della politica, perché la pista avrebbe dovuto proseguire
diritta fino a piazza Meardi, rinunciando a una decina di posti macchina che tra l’altro non servono visto che la Caserma con il suo ampio parcheggio è a due passi. Una scelta impopolare nell’immediato, ma che tra pochi mesi sarebbe stata tranquillamente digerita Nessuno vi ha chiesto un parere o ha consultato in qualche modo la cittadinanza prima di creare il progetto?
«Il problema è sempre lo stesso. Da quando non esistono più i consigli di circoscrizione dei Quartieri non c’è un confronto né un dialogo tra cittadini e politica. Se questo progetto fosse stato portato a discussione in Quartiere così come è stato realizzato sarebbe stato sicuramente bocciato». di Christian Draghi
La pista ciclabile collega Medassino con la stazione ferroviaria di Voghera
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Confindustria: «Oltrepò Pavese, serve un brand unico»
Sullo scorso numero, Il Periodico ha dedicato un’intervista al leader dei Cobas pavesi, Marco Villani; espressione di quella che sembrerebbe una rinascita del movimento operaio, rimasto sopito per lunghi anni. Questa volta, invece, sentiamo il punto di vista degli imprenditori circa la situazione del nostro territorio. Lo facciamo attraverso una fra le voci più autorevoli: quella di Marco Salvadeo, vicepresidente di Confindustria Pavia, titolare delle deleghe all’Oltrepò Pavese e al capitale umano. Salvadeo, trentotto anni, si occupa di gestione delle risorse umane, riorganizzazione aziendale, rilancio e sviluppo di business. Il suo “braccio armato” nella realizzazione di questi interessi è OpportunITy, l’azienda da lui fondata nel 2015. È attivo anche nel volontariato, come Presidente dell’Associazione Nazionale Carabinieri di Voghera. Salvadeo, da qualche settimana si è concluso il suo mandato come Presidente dei Giovani Imprenditori. Si sente di tracciare un bilancio del suo periodo alla guida? «Questi quattro anni sono stati di crescita e formazione per il sottoscritto. Da un lato ho potuto conoscere le varie realtà di Confindustria, partendo dal gruppo dei giovani, che ne è un po’ l’anima ribelle seppure costruttivamente. Dall’altro, ho conosciuto tanti imprenditori uniti da un fattore comune: la voglia di fare, di credere ancora in questo paese nonostante le tante difficoltà. Con i cinquanta membri abbiamo portato avanti tanti progetti, fra cui quello sull’alternanza scuola-lavoro, avviato prima ancora che fosse promulgata la legge 107/2015». Vuole spiegare qualcosa di più preciso su questo progetto? «Abbiamo coinvolto 120 studenti a livello provinciale, che sono andati a lavorare in circa 60 aziende per un progetto di alternanza fra scuola e lavoro durato sette
settimane. La Fondazione Comunitaria ha dato accesso anche ad una piccola borsa di studio, e quindi è stato possibile dare un valore al lavoro fatto da questi studenti. La collaborazione ha coinvolto anche altri soggetti, come la Regione, le associazioni di categoria, con l’obiettivo principale di dare un senso a queste esperienze; di dare un messaggio agli studenti: se fatta con criterio e buon senso, l’alternanza può essere un modo per entrare in maniera concreta nel mondo del lavoro». Lei resta comunque referente per l’Oltrepò dell’organizzazione. Quali sono i temi sulla sua scrivania? «Abbiamo sul tavolo la proposta di istituire un corso di formazione per tecnici meccatronici su Voghera. Ci sono aziende specializzate in autoriparazione che chiedono fortemente questa preparazione specializzata. Ma già dallo scorso anno siamo partiti, grazie all’Istituto Calvi a Voghera, con un corso per formare esperti in materie plastiche. Un corso nato ascoltando le esigenze delle imprese sul territorio, perché alcune importanti aziende - come Piber Group e Termoplastica Pavese, solo per citarne due - hanno bisogno di tecnici con una conoscenza di base delle materie plastiche. Siccome è un periodo caldo per spingere sulla formazione di qualità, abbiamo deciso di dare ascolto a queste richieste». Nel suo ruolo lei avrà avuto e ha modo di visitare e conoscere le varie realtà imprenditoriali del nostro territorio. Quali sono, in questo momento, i punti di forza (o di debolezza) che stanno emergendo dopo i passati anni di crisi? «Prima di tutto la voglia degli imprenditori, e dei loro collaboratori, di credere nel territorio e nell’intero sistema. Nonostante tutto. Apro una parentesi: le infrastrutture fisiche sono totalmente carenti, quelle digitali sono del tutto assenti, il sistema politico si è dimostrato poco attento alle
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«Le infrastrutture fisiche sono totalmente carenti, quelle digitali sono del tutto assenti, il sistema politico si è dimostrato poco attento alle esigenze delle imprese, e poi si sono viste incursioni di pseudo imprenditori che magari non avevano l’etica come driver principale del loro business» esigenze delle imprese, e poi si sono viste incursioni di pseudo imprenditori che magari non avevano l’etica come driver principale del loro business. Queste cose potrebbero scoraggiare chiunque a fare impresa sul nostro territorio. Ma un po’ per necessità, un po’ per proseguire quanto iniziato magari dai loro padri, questi imprenditori vanno avanti con orgoglio». Spesso dimostrando una visione e una progettualità che lasciano davvero ben sperare per gli anni a venire… «Abbiamo aziende come la Brambati, giusto per fare un esempio, che sta registrando importanti record di fatturato. Perché i clienti, evidentemente, credono negli impianti Brambati. Ma se ti trovi in un’isola, come è questo territorio, fai fatica a trovare figure specializzate da inserire in azienda, e fanno fatica anche ad arrivare le infrastrutture adeguate. Nelle aree ricche di questo tipo di situazioni imprenditoriali - e quindi di industrie - è più facile emergere, perché maggiori sono le possibilità. Qui tutto è più difficile: basti pensare che, per trasportare su gomma della merce verso Pavia, l’unico ponte disponibile è quello
dell’autostrada». Quello delle infrastrutture è, senza dubbio, il tasto più dolente per chi investe in Oltrepò. Su alcune istanze, in particolare, Confindustria non ha mancato di esprimere il suo apprezzamento. Per esempio l’autostrada Broni-Mortara, attualmente in stand-by… «Credo che infrastrutture efficienti, che diano la possibilità al traffico veloce di collegare punti vari dello stesso territorio, siano una necessità fondamentale per il concetto di sviluppo. Se noi riusciamo a distinguere traffico lento da traffico veloce, e quindi a spostare il traffico veloce su una bretella, come può essere la Broni-Mortara-Stroppiana, riusciamo a decongestionare le nostre strade provinciali da un lato, e dall’altro a creare nuovi punti di sviluppo industriale e imprenditoriale, che vengono a crearsi a ridosso dei caselli, piuttosto che del tracciato di questa strada. Possiamo osservare che ad ogni uscita autostradale si sviluppa un piccolo polo industriale o commerciale. Pensiamo a Serravalle, a Stradella o a Piacenza».
VOGHERA Un altro progetto che sembra caduto nel dimenticatoio, e sul quale gli industriali avevano espresso un parere fortemente positivo, è il prolungamento della tangenziale di Voghera verso Rivanazzano o Retorbido. Un’idea da rilanciare? «Credo che prima si debba sistemare l’attuale tangenziale, e quindi evitare che i crateri attualmente presenti creino ulteriori danni ai mezzi leggeri o pesanti che passano di lì. Il completamento della tangenziale magari non è una priorità, ma penso comunque sia necessaria per sviluppare le connessioni con l’interno dell’Oltrepò Pavese, con la Valle Staffora in particolare, e per cercare di dare rilancio a quella struttura strategica che è l’aeroporto di Rivanazzano. In passato c’erano state fiammate in questo senso; ora non se ne parla più. Io credo che potenziare la tangenziale e sviluppare l’aeroporto potrebbe dare un rilancio all’Oltrepò. Tuttavia, non senza un progetto globale, che punti anche a sviluppare il brand Oltrepò Pavese. Un brand unico che sia riconosciuto per le tante specificità di questo territorio». Nell’Oltrepò orientale sembra risvegliarsi un clima di lotta da parte dei lavoratori che non vedevamo da molti anni, in particolare nel settore delle logistiche. Addirittura, alcuni giorni fa, c’è stata una carica della polizia a San Cipriano per disperdere i manifestanti. Lei crede si tratti di casi dettati da situazioni isolate, o che questo movimento sia destinato a crescere e a coinvolgere, magari, altri settori nel nostro territorio? «Premesso che non conosco bene il settore perché sono poche le logistiche associate a Confindustria Pavia, bisogna osservare come alcune aziende, in particolare del settore e-commerce che è quello emerso negli ultimi anni, siano più attente alla gestione del personale, a volte anche molto attente; mentre, in altri casi, potrebbe essere che nei subappalti della gestione operativa si siano create situazioni poco chiare - come la vicenda degli stipendi in valuta rumena - e quindi degli scompigli. Quello che penso, tuttavia, è che siano casi isolati». Gli investimenti di questo comparto, nel nostro territorio, sono stati notevoli e parrebbero destinati a continuare… «Sono favorevole a che i big del settore, come Amazon, Zalando, Yoox, vengano ad investire nella provincia di Pavia, perché comunque generano del valore aggiunto. Ogni 100 euro di investimenti effettuati nel comparto logistico si attivano 237 euro di reddito nel sistema economico nazionale. Ce lo dice una ricerca di Assologistica. Il mercato nazionale delle logistiche vale più di 80 miliardi di euro e si sta sviluppando sempre di più, grazie al traino determinato dall’e-commerce. Non possiamo quindi far finta che non stia succedendo nulla e sottovalutare questo mercato, che porta un valore aggiunto a tutto l’ecosistema». Un altro problema molto sentito dal territorio è quello del recupero delle aree industriali dismesse. La più grande è quella dell’ex zuccherificio di Casei Ge-
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Marco Salvadeo, vicepresidente di Confindustria Pavia titolare della delega all’Oltrepò Pavese
rola, per il quale resta un progetto ufficiale per la trasformazione in centrale bioelettrica; ma di cui si è parlato anche in relazione a una maxi-logistica. Quale ruolo intendono giocare gli industriali pavesi in questa e in queste partite? Semplici spettatori o parte, in qualche misura, attiva? «Gli industriali pavesi hanno firmato alcune settimane fa un protocollo urgente con il Prefetto per programmare la mappatura di tutte questa aree industriali dismesse. L’obiettivo è quello di prevenire situazioni spiacevoli come quella accaduta a Genzone, dove un ex capannone industriale era stato trasformato in un deposito con finalità poco chiare e si è sviluppato un incendio pericoloso. Noi ci siamo mossi subito, il giorno dopo questo evento, per fare la nostra parte. Il successo o l’insuccesso, nel recupero delle aree dismesse, avviene, in primo luogo, grazie ad un gioco di squadra con le istituzioni». Quelle stesse istituzioni che dovrebbero occuparsi delle infrastrutture… «Se le infrastrutture vengono rese efficienti e quindi il territorio è attrattivo, le aree dismesse possono essere interessanti per chi vuole investire. Si potrebbe prevedere un piano di recupero, di concerto con le istituzioni, per alcune aree strategiche, da riqualificare con la compartecipazione di un finanziamento pubblico». Non tutti sanno che aderiscono a Confindustria anche realtà non propriamente “industriali” nel senso comunemente affidato al termine, come alcune
grandi società vitivinicole del nostro territorio. Qual è il senso di questa presenza all’interno della Confederazione? «Se guardiamo l’azienda vitivinicola non come singola realtà, ma come tassello dell’intera filiera di trasformazione agroalimentare, allora ha senso che venga inserita all’interno di Confindustria. Chi fornisce materiali e mezzi meccanici per la lavorazione terra e per la raccolta del prodotto, sono imprese di Confindustria. Chi fornisce le attrezzature per l’imbottigliamento, per il lavaggio, chi fabbrica le vasche, sono aziende di Confindustria. Chi trasporta le merci, sono sempre membri di Confindustria». Una visione interessante... «L’approfondimento di questo punto di vista è stato un progetto della presidenza Cazzani: invece di raggruppare le aziende per tipologia di produzione, le abbiamo mappate per filiera. Quindi, della filiera dell’agrifood fanno parte anche le aziende che si occupano di produzione. Molti che sono partiti come piccoli artigiani stanno diventano aziende industriali; una società agricola, se si trasforma, può riuscire ad entrare sul mercato mondiale, e non rimanere un piccolo gioiello circoscritto al territorio. Quindi il senso di questa presenza è ricevere un boost alla crescita». Fra gli aderenti storici troviamo anche le Terme di Salice. Come commenta la situazione attuale? Servirebbe un miracolo, forse che piovesse dal cielo una sorta di “guaritore” dotato di poteri so-
prannaturali, o l’Oltrepò ha le forze per potercela fare con le sue gambe? «Non credo ai pifferai magici, alle persone che arrivano dal nulla con la soluzione in tasca cercando di ribaltare le sorti, delle Terme in questo caso. Credo invece in un concreto gioco di squadra che responsabilizzi tutto il territorio con un progetto comune. Proporremo ai candidati delle imminenti elezioni politiche e regionali un documento con le idee di Confindustria per il rilancio del territorio. Una delle cose che diciamo in questo documento è che dobbiamo incominciare a ragionare su progetti concreti, e quindi a coinvolgere di più anche una delle realtà più importanti del territorio, che è l’Università di Pavia, la quale ci può fornire dei professionisti che lavorano già su queste cose». A cosa pensa, in particolare? «Ci si deve presentare, riguardo alle Terme, con una proposta che coinvolga tutti i soggetti potenzialmente interessati. Quindi l’Università, con il settore health; tutto il polo della sanità pavese; i big player, locali e non, del settore turistico; le istituzioni (il Comune di Godiasco ma anche quello di Voghera, come capoluogo del territorio), e gli imprenditori locali che potrebbero essere interessati a diversificare. Con un progetto comune nel quale tutti credono e al quale sono vincolati, allora ci può essere la possibilità di far rinascere lo splendore delle Terme di Salice». di Pier Luigi Feltri
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FEBBRAIO 2018
«Macchè ripresa, mattone sempre in crisi»
Il mattone resta in crisi. Checché se ne dica, a sentire gli immobiliaristi in Oltrepò il mercato case è ben lontano dalla ripresa. Se quasi tutti confermano che il numero di abitazioni vendute è leggermente salito nel 2017 rispetto al passato, è altresì vero che le ragioni di questo trend non sono da attribuirsi ad un aumento delle disponibilità economiche dei compratori, bensì al netto crollo dei prezzi di vendita. Rispetto agli anni che hanno preceduto la crisi del 2008, il valore degli immobili si è deprezzato del 50, ma in alcuni casi anche del 60 o 70%. Logico che un così drastico calo abbia solleticato gli appetiti di qualche compratore in cerca dell’affare, o, più comprensibilmente, abbia adeguato le richieste dei venditori alla realtà di un mercato livellato al ribasso. A Voghera “tirano” gli appartamenti degli anni 60-70, ma perché sul mercato a prezzi da svendita. A completare il quadro che parla di un Oltrepò sempre meno attrattivo, il fatto che chi cerca casa nel vogherese sia quasi esclusivamente un cliente locale. Dal milanese arriva tutt’al più un tiepido interesse per qualche casetta in collina. La fase “fuga dalla città”, che qualche anno fa aveva lasciato ben sperare in una ripresa del mercato dovuto a un incremento degli acquirenti “da fuori”, non ha portato in terra oltrepadana più persone di quanto abbia fatto Expo 2015. Scendendo nel dettaglio, il mercato della casa in Voghera città sembra essere ormai totalmente in balìa dell’offerta. «Non è più possibile parlare di prezzi standard, soprattutto per quanto riguarda l’usato» avvertono dall’agenzia Scupelli e Lazzati. «Ogni compravendita ha una storia a sé stante e va trattata e ragionata attentamente perché possa andare
a buon fine. Se una volta si poteva stabilire un prezzo al metro quadro, oggi bisogna fare un conteggio globale dei costi e scegliere un prezzo di vendita al netto di tutte le spese in ballo per chi compra. Ristrutturazioni da fare, eventuali spese condominiali, classe energetica, tutto concorre a ribassare sensibilmente i prezzi». Insomma, il coltello dalla parte del manico lo tiene chi compra. Per un proprietario che desidera vendere con urgenza l’unica strada percorribile sembra essere il ribasso del prezzo. «I più svantaggiati sono gli immobili degli anni ‘60 o ‘70, anche in zona centrale, che negli ultimi anni sono scesi del 50-60%, con un trend in continua diminuzione». Tanto per capirsi, un trilocale da 100 metri quadrati senza box auto oggi viene via a 50mila euro. «Chi, anche solo due anni fa, è riuscito a piazzarlo per 80mila, può davvero essere contento» confermano dall’agenzia immobiliare. «Possiamo dire che, nella situazione attuale, sarebbe il momento giusto per comprare» spiega Massimo Scrivani di San Marco Immobiliare. «Ma l’offerta è smisurata e la richiesta poca. Si vendono i trilocali o i quadrilocali degli anni 60-70, ma soltanto perché sono quelli per cui si ottengono dei prezzi davvero ribassati. Nel secondo semestre del 2017 abbiamo fatto qualche vendita in più, ma le difficoltà restano le stesse: gli accessi ai mutui richiedono sempre molte garanzie e ai giovani serve l’aiuto dei genitori». Un nuovo trend sembra essere quello di trasformare l’affitto di casa in mutuo. «Sono sempre di più gli inquilini che lo richiedono» conferma Scrivani. Leggermente migliore la situazione a Broni, Stradella o Casteggio. «Lì si vende qualcosina
in più poiché i prezzi sono più bassi del 10 o 15% rispetto al vogherese, e si va diminuendo man mano che ci si avvicina ai paesini. A Broni centro, ad esempio, si possono trovare appartamenti di 30 o 40 anni fa in vendita tra i 400 e i 600 euro al metro quadro. In pratica i prezzi sono tornati quelli di quando c’erano le lire. Se un appartamento che valeva 70 milioni nella prima fase dell’euro veniva valutato 70mila, oggi ha un valore di mercato di
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Terme, «addirittura più caro rispetto a Salice – spiega sempre Rossi - visto che per un appartamento anni 80 si arriva a pagare sui 1.000 euro al metro quadrato. In questo caso però il prezzo riescono a farlo ancora i venditori dato che la richiesta in quella zona è maggiore». Chi non ha soldi o non ottiene il mutuo continua a scegliere l’affitto, che a Voghera fa ancora la parte del leone, con prezzi che restano gli stessi di qualche anno fa, stabili nella media tra i
«C’è una certa richiesta per Varzi e Zavattarello, soprattutto da parte di clienti dal milanese. Paradossalmente i costi lì sono più alti che a Voghera, visto che a Zavattarello un appartamento di 100metri quadrati può costare sui 70mila euro» 35mila euro». Il nuovo invece sembrerebbe avere una tenuta migliore, anche se la tendenza si conferma orientata al ribasso. Tranne alcune eccezioni. «Il nuovo esce alcune volte a 1.800 al metro quadrato, prezzi ancora altissimi per Voghera. Qui però il costruttore è avvantaggiato perché di solito vende già sulla carta» spiega Michela Rossi di Immobiliare Oltrepò. Fatte le debite proporzioni, il mercato sembra più vivo nelle zone collinari e pre montane. «C’è una certa richiesta per Varzi e Zavattarello, soprattutto da parte di clienti dal milanese. Paradossalmente i costi lì sono più alti che a Voghera, visto che a Zavattarello un appartamento di 100metri quadrati può costare sui 70mila euro». Se parliamo di valore degli immobili, un altro paese che sembra non conoscere crisi è Rivanazzano
tre e i 400 euro. Bloccato invece il mercato commerciale e quello della seconda casa. Nel primo caso perché manca il lavoro, nel secondo pesano le tasse elevate. Tirando le somme, si può dire che possedere un immobile oggi non equivale più al lingotto d’oro in cassaforte. Le case si vendono e comprano a poco rispetto al passato, ma attenzione a cercare “l’affare”: chi ha bisogno di una abitazione oggi ha maggiori possibilità di trovarla a prezzi accessibili, ma chi volesse comprare nella speranza di lasciare un valore per il futuro può restare deluso. Su questo pressoché tutti gli immobiliaristi sono concordi: il mattone non è più un investimento e se la ripresa negli anni più neri della crisi era vista come un fattore fisiologico, oggi resta un grande punto di domanda. di Christian Draghi
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Il cambiamento arriva dai droni più economici, veloci e precisi
Da un po’ di tempo non è più solo l’esercito o il campo del turismo ad utilizzare i video dall’alto per riprese aeree a scopi bellici o a fini promozionali. Il fenomeno della “narrazione dall’alto” tocca i brand più innovativi e importanti di ogni ambito e gli APR (Aeromobili a Pilotaggio Remoto), comunemente denominati “DRONI”, si stanno imponendo come strumenti di lavoro nelle attività più disparate. Sono “velivoli innovativi, ad alto contenuto tecnologico e a zero impatto ambientale”, che pilotati da terra tramite un radiocomando da personale specializzato, si librano nell’aria offrendo un supporto aereo fantastico e rivoluzionario. Le immagini aeree raccolte tramite aeromobili tradizionali (elicotteri, piccoli aerei, dirigibili) hanno sempre rappresentato un’importante base informativa per molti professionisti, Enti e Organizzazioni attive nei più svariati settori incaricati a valutare operazioni e interventi da effettuare; oggi, troppo spesso, i budget limitati, i tempi d’intervento ristretti e a volte le condizioni atmosferiche, non rendono possibile l’acquisizione di tali dati. Con i droni invece tutto è possibile. Chi ci racconta queste cose è Mauro Moroni cittadino vogherese dalla nascita che ha studiato e vissuto a Voghera fino al 1997 quando si è trasferito in provincia di Milano dove ha abitato fino a poco tempo fa. Ha sempre avuto nel cuore i luoghi della sua infanzia e adolescenza ed oggi è tornato con questa novità innovativa per aiutarci a “salvare” il nostro territorio da tutti i conflitti che lo affiggono. Moroni come è nata l’idea di fare una società di servizi con i droni? «Sfogliando una rivista ho trovato un articolo che parlava di lotta alle zanzare con i droni e mi si è aperto un mondo dove il drone rientrava in innumerevoli situazioni andando a colmare le lacune nei più svariati settori. Mi sono interessato su come accedere a questo mondo ed ho scoperto che bisognava fare dei corsi per diventare pilota e così ho preso due attestati, uno per le operazioni non critiche ed uno per quelle critiche. Alla scuola per droni ho conosciuto Nemio Cardace, imprenditore nel settore abbigliamento e pelletteria col quale ho subito legato ed è nata un’amicizia basata sull’interesse per gli APR (aeromobili a Pilotaggio Remoto). Appena ha sentito le idee che espresso in merito a ciò che era mia intenzione operare sul mio territorio mi ha chiesto di collaborare al progetto. Oggi abbiamo fondato la Drone Aereal Shots che opera in provincia di Pavia e di Milano fino alle porte di Torino e ci avvaliamo di operatori specializzati per i nostri servizi. Abbiamo stretto un patto con due geometri per operazioni relative alla fotogrammetria, alla termografia, ai rilievi e alle ispezioni in aziende, industrie e parchi fotovoltaici, mentre per il discorso dell’agricoltura e della viticoltura ci siamo appoggiati alle conoscenze ed i principi
scientifici di agronomi e ingegneri». Ci vuoi spiegare meglio il significato di operazioni critiche e non critiche? «Partiamo dal presupposto che per utilizzare un drone a scopo non ludico, quindi a livello professionale bisogna certificarsi presso ENAC (Ente nazionale aviazione civile) che è l’organo che regolamenta gli spazi aerei in Italia. Per far questo è necessario fare dei corsi come dicevo che portano l’individuo a conoscere in modo approfondito la materia aeronautica in quanto un drone appartiene alla categoria degli aeromodelli. Esistono i cosidetti scenari che stabiliscono, in base all’attestato conseguito, dove un pilota può operare con tutte le regole e le limitazioni dettate dalle regole Enac e dette operazioni sono definite non critiche se eseguite in campagna, per esempio per l’agricoltura, oppure critiche se eseguite in contesti cittadini o ambienti di lavoro». Ma allora non tutti possono utilizzare un drone? «Se si tratta di droni giocattolo fino a 300 grammi che si acquistano tranquillamente nei centri commerciali le limitazioni riguardano solo sorvoli con presenza di persone purchè non assembrate con velocità massima di 60 km/h e a 500 mt. di altezza ma possono essere utilizzati da chiunque senza alcun attestazione. In presenza di aeroporti questi velivoli possono volare al massimo a 200 mt di distanza e a 70 mt di altezza, mentre in zone proibite come le carceri o il Vaticano non possono nemmeno alzarsi. Sopra i 300 grammi è d’obbligo avere un attestato di pilota, un drone registrato presso Enac ed un’assicurazione pena l’arresto e multe salatissime. Sono diverse le persone denunciate in questi ultimi giorni con multe che vanno da 30.000 a 50/60.000 euro. Le Forze dell’Ordine sono istruite riguardo l’uso e l’abuso dei droni. Con questi aeromobili si può volare fino a 150 mt. d’altezza e a 500 mt. di distanza con il drone “a vista”, mentre in zone dove sono presenti aeroporti l’altezza è ribassata a 70 mt. e la distanza fino a 200 mt». Passiamo all’utilità di questi velivoli. Come e dove vengono impiegati? «Nel mio immaginario ho pensato al mio territorio, l’Oltrepò e la Provincia di Pavia, un vasto territorio ricco di numerose casistiche in cui le problematiche sono innumerevoli. Dai ponti disastrati, agli incendi, agli smottamenti e frane, alle esondazioni, le discariche abusive ma anche il riordino forestale, l’agricoltura, la viticoltura, i frutteti. Con le apposite apparecchiature di cui vengono muniti, come fotocamere, videocamere, termocamere, ma anche recipienti per lo spargimento di fertilizzanti o diserbanti, diventano uno strumento potente per le più diversificate operazioni». Quindi ogni settore potrebbe adottare un drone per vedere risolto un problema o una miglioria?
«Esattamente. I vantaggi sono oramai noti e appurati: notevole rapidità d’azione e raggio d’azione elevato nelle operazioni, precisione assoluta nel calcolo di dati e informazioni, immagini e video ad altissima risoluzione, sensibile riduzione dei costi e in ultimo ma non per importanza azzeramento dei rischi per il personale. ma per rispondere alla domanda precedente vi faccio una carrellata degli impieghi per singolo settore. Gli ambiti di utilizzo prevedono analisi ambientali a supporto dei Piani di Assetto del Territorio, Piani di riordino forestale, Piani di Protezione Civile Comunali, oltre ad una serie di casistiche che interessano la Polizia di Stato, la Polizia Locale, i Vigili del Fuoco, i Carabinieri Forestali, la Polizia Ecozoofila». In Oltrepò come possono essere impegnati i droni? «Svariati ambiti, ad esempio nel controllo del territorio con attività di vigilanza, pattugliamento, prevenzione e sicurezza; per il pronto intervento e immediato soccorso in caso di incidenti, incendi, ricerca di dispersi o animali in caso di calamità naturali; monitoraggio e gestione di situazioni critiche come calamità di varia natura (mappatura di aree con esondazioni, frane, smottamenti, terremoti, con sorvolo delle zone interessate); monitoraggio fauna selvatica, ripopolamento, riordino forestale; indagini e ispezioni per reati ambientali, abusivismo, discariche, ricerca amianto, inquinamento; verifiche e sopralluoghi a ponti, sopraelevate, viadotti, parchi, giardini; verifiche in impianti industriali (sopralluoghi, ispezioni su macchinari e impianti, ciminiere, etc.); cartografia, topografia, fotogrammetria, realizzazione di cartografie del suolo; oltre all’impiego per verifiche a cantieri (inizio e avanzamento lavori, etc), abusivismo edilizio; verifica dei confini a fini legali o civili, per registri catastali, mappe topografiche e urbanistiche; progettazione strade, piste ciclabili, percorsi salute o a carattere turistico, piste da sci, da enduro; analisi dei terreni in agricoltura e viticoltura (rilievi su campi e vitigni per realizzare mappe di vigore delle coltivazioni; spargimento di antiparassitari o prodotti fertilizzanti); ripresa di immagini e video a fini scientifici, documentativi o promozionali (settore immobiliare); collaborazione nella realizzazione di progetti a grande impatto sociale». Nel settore edilizio, per esempio, quali sono le caratteristiche peculiari? «Le loro applicazioni in ambito edile, tecnico, industriale, logistico sono molteplici e in grado di migliorare in maniera decisiva la qualità dei lavori a partire dalla fase di progettazione perché consente di rilevare sia l’area di intervento che avere visione del progetto strutturato e valutarne l’impatto paesaggistico, sia i vari stati di avanzamento dei lavori, dalle ispezioni, alle indagini per la ricerca di guasti o la quan-
tificazione di danni, il tutto in tempo reale permettendo valutazioni e interventi immediati. Da qualsiasi angolazione e altezza e con le fotocamere e videocamere digitali montati su di essi restituiscono video ed immagini ad alta risoluzione per lavori di fotogrammetria, topografia, cartografia, termografia, etc. Rappresentano una delle poche innovazioni tecnologiche emerse nel mondo dell’edilizia in questi anni di crisi profonda. Promettono vantaggi per milioni di euro in questo settore oltre ad abbattere quei rischi eccessivi a cui di solito vanno incontro gli addetti ai lavori e sono l’unica alternativa praticabile al problema di raccogliere dati 2D e 3D dall’alto, preziosi per risolvere rapidamente problemi progettuali e costruttivi, diventando un punto di forza nelle costruzioni di grandi dimensioni. C’è poi la fotogrammetria che è un po’ il fiore all’occhiello di un drone. La fotogrammetria è la tecnica di ricostruzione digitale di un territorio o di un edificio partendo dalle fotografie scattate dall’alto e rielaborate da uno specifico software in grado di realizzare cartografie anche tridimensionali. Questa tecnologia è la naturale prosecuzione ed implementazione del rilievo topografico tradizionale, integrato con un moderno mezzo di indagine in grado di produrre ortofoto e modello digitale di un soggetto. Il sistema è particolarmente efficace quando si tratta di caratterizzare e monitorare aree vaste, luoghi difficilmente accessibili, e gli ambiti riguardano principalmente la geologia, l’idrografia, l’archeologia e non ultima l’edilizia». C’è anche un interesse per il settore immobiliare immagino? «Il mercato degli immobili in Italia è in lenta ripresa e bisognerà attendere parecchio affinchè si possa tornare a livelli decenti. Per spingere un po’ sull’acceleratore e proporre ad un pubblico sempre più vasto ed esigente i propri prodotti, privati, piccole società e agenzie immobiliari che devono promuovere immobili stanno sempre più puntando sul “visual story telling dall’alto” per mostrare un bene e il contesto ove questo si trovi e pubblicizzarlo. Oggi non basta più una foto normale. Un video effettuato da angolazioni e punti di vista insoliti che magari sappia anche trasmettere un senso di vertigine restituisce emozioni percettive più forti di quelle derivanti da una rappresentazione statica. È dimostrato che un video con tali caratteristiche ha un tempo medio di visione più lungo del 30% rispetto all’osservazione di un video comune». Si è accennato all’agricoltura, alla viticoltura, ma cosa si può fare in questo settore? «Qui bisogna aprire una grossa parentesi perché sicuramente la dronotica in questi settori sarà il futuro. Da un po’ di tempo anche nell’agricoltura il fenomeno dei droni ha fatto la sua apparizione e sta ot-
VOGHERA tenendo risultati meravigliosi come risulta dal loro impiego negli Istituti Agrari e nelle Università da parte di agronomi e docenti. L’utilità di questi nuovi strumenti serve a fissare nuove regole per fare un’efficace ed efficiente mappatura di aree agricole al fine di “non sfruttare” ma valorizzare e far crescere al meglio una coltivazione. La prima cosa da fare è pianificare gli obiettivi: stabilire il perimetro esatto dell’area da mappare, quindi definire quali sono le principali cose che si vogliono rilevare con la mappatura (come aree da irrigare, dove intervenire con cure biologiche o diserbanti, in quali zone potrebbe essere utile variare la tipologia di raccolto, dove combattere la piralide, ecc). Per fare questo è necessario conoscere il terreno da mappare e quindi stendere un piano di azione con il coltivatore dell’appezzamento e affidarsi alla conoscenza che ha delle sue piantagioni, per capire quali sono stati i principali problemi del raccolto negli ultimi dieci anni. Strumenti moderni per il risparmio e l’efficienza che agronomi e agricoltori di ultima generazione già conoscono sono le tecnologie che aiutano l’agricoltura definita di precisione, come i nuovi spandiconcime o i sistemi idrici a rateo variabile ed i droni coi quali ora si possono anche mappare i propri appezzamenti e definire le necessità degli stessi». Si chiama agricoltura di precisione e viene sviluppata con l’utilizzo di droni ma in che modo? «È una strategia gestionale dell’agricoltura che si basa sul fatto che la tipologia del terreno, la sua composizione, l’illuminazione e il microclima variano nelle diverse aree di un campo e non sono facilmente osservabili. Questi elementi, uniti ai fattori climatici dipendenti dalla stagione, determinano spesso una notevole variabilità delle condizioni fisiologiche delle piante. La Drone Aereal Shots è l’azienda che offre servizi nel settore dell’agricoltura e della viticoltura, tramite un sistema di monitoraggio ambientale con telerilevamento a bassa quota, effettuato con l’ausilio di droni muniti di sensori multispettrali (riflettono la radiazione incidente di un oggetto), e mira all’esecuzione di interventi agronomici per comprendere le reali condizioni delle piante in modo da poter effettuare scelte con la massima tempestività e precisione, al fine di migliorare la qualità e la quantità del raccolto. Il metodo prevede che il drone catturi in brevissimo tempo numerose immagini multispettrali, calibrate a seconda delle condizioni di luce, con le quali vengono elaborate delle mappe di riflettenza georiferite. La riflettanza delle foglie nelle varie bande dello spettro elettromagnetico corrisponde a determinate informazioni sullo stato fisiologico delle piante. Rapportando queste bande tramite delle relazioni algebriche, chiamate “indici di vegetazione”, é possibile ottenere moltissime informazioni sullo stato di salute della coltura. Analizzando i dati aerei catturati dal drone e unendoli ai campionamenti tradizionali, si ricevono informazioni dettagliate sulla situazione (stress biotici e abiotici, zone impoverite, etc.) e si stabilisce con precisione come intervenire in modo mirato nelle singole zone riducendo l’impatto ambientale e i costi di gestione.
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Tutte le mappe e le indicazioni che vengono fornite con il servizio possono essere facilmente visualizzate sul proprio computer o su smartphone tramite un’applicazione specifica e aggiornate ad ogni nuovo intervento e possono essere utilizzate direttamente sui mezzi con tecnologia a rateo variabile (VRT) per intervenire in modo puntuale e totalmente automatico». Quali sono i risultati che si possono ottenere con questa metodica? E perché i droni riescono a dare questi risultati? «A differenza di satelliti, aerei o elicotteri, con i Droni spariscono i disturbi causati dal filtro prodotto dall’atmosfera e i problemi legati alla bassa risoluzione a terra che produce pixel in cui la commistione di vegetazione, terreno e ombre falsa il dato e riduce l’efficacia e la veridicità delle analisi. L’elevata flessibilità e la capacità di intervenire rapidamente dei mezzi a pilotaggio remoto, le caratteristiche di funzionamento e il loro sistema di acquisizione delle immagini, pongono rimedio alle carenze di altre attrezzature. Lavorare con la dronotica consente di avere sul proprio pc una mappa in 3D dell’area del campo da studiare e attraverso spettri fotogrammetrici le aree con anomalie e, da un anno all’altro, con un semplice ‘sorvolo’ è possibile ripetere velocemente l’esperimento e rilevare i cambiamenti in periodi circoscritti». Però anche per la viticoltura ci sono novità? «Si, anche la viticoltura si conferma uno degli ambiti potenzialmente più interessanti dove i droni sono visti come gli strumenti più economici, veloci, flessibili, precisi e personalizzabili. Uno degli aspetti fondamentali che caratterizza la viticoltura moderna, e l’agricoltura in generale, è la sostenibilità, ossia la realizzazione di una attenta gestione agronomica che miri alla riduzione degli impatti ambientali, al contenimento dei costi e al mantenimento di un’elevata qualità del prodotto. Per raggiungere questi obiettivi e migliorare in maniera evidente la qualità produttiva vitivinicola la ricerca ha sviluppato nuove metodologie e strumenti conoscitivi in grado di caratterizzare in modo dettagliato lo stato vegetativo della pianta e il suo specifico ambiente di sviluppo. Le sperimentazioni hanno portato ad individuare quali sensori ottici e termici utilizzare, grazie ai quali è possibile analizzare piante e terreni, individuando in modo puntuale e bloccando sul nascere le malattie della vite. Le ultime novità nel settore “viticolo”, il docente Francesco Marinello del Tesaf dell’Università di Padova, ha messo al primo posto i droni in agricoltura tra le tecnologie che cambieranno il futuro. Con sensori applicati ai droni, attraverso gli infrarossi, è possibile effettuare un’analisi minuziosa definita telerilevamento che potrà individuare lo stato di salute della singola foglia di un vigneto». In sostanza il telerilevamento trasmette informazioni utili al viticoltore per capire se il suo vigneto è stressato? «Le informazioni ottenute tramite questa analisi consentono di realizzare mappe tematiche georeferenziate, che distinguono le aree omogenee in termini di un dato parametro, come ad esempio la vigoria vegetativa delle piante. I dati rilevati consento-
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Mauro Moroni, fondatore della “Drone Aereal Shots” no, inoltre, di descrivere il comportamento delle piante per mezzo del calcolo di indici vegetazionali quali ad esempio il noto NDVI (Normalized Difference Vegetation Index), che sfrutta la diversa risposta della copertura vegetale alle bande spettrali del visibile (rosso) e del vicino infrarosso, in stretta relazione con lo stato di salute della vegetazione, intesa come biomassa e area fogliare, e ai processi biochimici ad essa correlati. Si tratta, in sintesi, di uno metodo di rilevamento bilanciato su diversi parametri, quindi in grado di rispondere a diverse domande. Peronospora, oidio, botrite, saranno così fermate prima che possano rovinare la coltivazione, ma sarà possibile anche analizzare lo “stress idrico” della pianta. Al momento il sorvolo con i droni è usato come strumento di marketing e promozione delle aziende agricole e vinicole, attraverso la realizzazione di fotografie e video e nelle zone del pavese sono veramente pochi gli agricoltori a conoscenza di questa tecnologia». Ma quali sono i vantaggi nella viticoltura? «Il sistema di telerilevamento basandosi sull’impiego di satelliti e aerei offre da una parte il vantaggio di coprire grandi porzioni di territorio, ma dall’altra ha una bassa risoluzione a terra del dato che limita l’utilizzo dei dati raccolti, non permettendo un’efficace distinzione tra filare e interfilare. A questi aspetti limitanti vanno aggiunti i costi elevati delle immagini acquistate e l’impossibilità di effettuare un monitoraggio personalizzato e continuo a causa delle tempistiche obbligate di passaggio dei satelliti e il rischio di eventuale copertura nuvolosa. Con un drone si può improvvisare: si è meno soggetti alla copertura nuvolosa perché lo alzo quando voglio e non mi devo preoccupare di aver prenotato l’aereo che all’improvviso non può volare. Posso raggiungere comunque altezze considerevoli ed avere fotografie e video di ottima risoluzione evitando di pagare oltre l’aereo il fotografo. Avrò un lavoro in molto meno tempo e ad un costo stimato di almeno il 30% in meno. Parlando di una mappatura di un vigneto». Quali altri settori ci interessano? «Beh, quelli dove sicuramente la mia mente è andata in quel famoso momento in cui mi sono messo a fantasticare e cioè al territorio, al monitoraggio ambientale, la mappatura di un terreno, la ricerca di discariche abusive, di amianto o ethernit, sorvoli per verificare i letti dei fiumi, verificare lo stato
di degrado dei nostri ponti sul Po soprattutto che si stanno piano piano sgretolando. Altro punto dolente sottolineato dal signor Prefetto e dai presenti che conoscono bene le problematiche del territorio. Per riuscire a salvare il nostro paese è necessario passarlo palmo a palmo cercando di impegnare meno energie possibili e contenendo al massimo i costi. Ebbene ancora una volta il drone viene in nostro aiuto. Bisogna mappare il territorio, ma non è una cosa semplice. Servono conoscenze e mezzi opportuni, e anche i giusti tempi e il calcolo degli imprevisti. La mappatura del territorio è un’attività che richiede precisione, ingegno e responsabilità, proprio perchè è di grande importanza per l’urbanistica, per la tutela del patrimonio culturale e ambientale e tantissime altre ragioni. Ogni innovazione nella tecnica di mappatura è un’innovazione al servizio della collettività anche se ancora molti Enti e Aziende continuano a mappare con i mezzi tradizionali che richiedono ore e ore di presenza sul posto, strumenti estremamente costosi, tarature lente e non sempre precisissime». Quali sono i vostri interlocutori in questo momento? «Principalmente sono i dirigenti di Pubbliche amministrazioni, Comuni, Enti, la Regione Lombardia che proprio recentemente ha curato un evento a Milano dove ha presentato le soluzioni adottate assieme ad Arpa (Azienda regionale Protezione ambiente) la Protezione Civile di Veneto, Trentino, Piemonte e L’università di Torino per monitorare l’arco alpino e sopperire a tutte le problematiche legate allo spostamento di montagne, ghiacciai, etc. tramite l’utilizzo di droni. Non ultimo il convegno “tutela dell’ambiente” promosso dal Prefetto di Pavia dove ha chiesto l’intervento di droni per il monitoraggio del pavese». Ma se un cittadino volesse conseguire il brevetto ? Non avete pensato ad una scuola? «Stiamo valutando una collaborazione con l’aeroporto di Rivanazzano Terme per creare una scuola per effettuare corsi formativi per diventare piloti professionisti nel rispetto delle normative Enac. Trattasi di corsi di pochi giorni in cui la formazione passa attraverso lezioni teorico - pratiche fino al conseguimento di un attestato col quale il neo pilota potrà sviluppare le conoscenze necessarie per operare in sicurezza». di Giacomo Lorenzo Botteri
VOGHERA
il Periodico News
FEBBRAIO 2018
«Sono partita dalle basi: oggi ho il mio spazio»
Arriva al luogo del nostro appuntamento con un’informale tuta da ginnastica ed un parka in contrasto colore, con aria allegra e contagiosa allegria, e subito incomincia a parlare di mille argomenti! Si chiama Camilla Sordi, classe 19... (a lei non interessa molto, ma noi, in omaggio alla sua bellezza...), ha conseguito il diploma di maturità presso l’Istituto Gallini di Voghera, perché l’idea di partenza era diventare veterinaria o biologa marina... Ma, dopo un breve periodo da studentessa universitaria, ha deciso di prendersi del tempo per riflettere, un cosiddetto anno sabbatico. La pausa dagli studi la avvicina al mondo del lavoro, come lei stessa dice «L’anno sabbatico ha finito col tramutarsi in lavoro, soldi ed indipendenza». Non ha sempre lavorato presso l’azienda di famiglia? «No. A diciannove anni ho iniziato a lavorare come dipendente in un negozio d’abbigliamento a Voghera, in Via Emilia, e solo in seguito ho iniziato a lavorare con papà: avevo circa ventiquattro anni. Ma ero giovane e, dopo 2 anni, mi sono allontanata dall’azienda, per poi ritornare, con mentalità più adulta, e prendermi i miei spazi. Dal 2011 sono assunta e lavoro con continuità nell’azienda Sordi». Quali sono stati i suoi primi passi all’interno dell’azienda di famiglia? «L’azienda è stata fondata dal nonno Luigi, poi passata a mio padre ed a mio zio. I primi anni, sono partita dalle basi: mi sono occupata dei pezzi di ricambio e dei componenti degli orologi, sia come codifica, per file aziendali, sia vendita dei singoli pezzi ai nostri clienti. Noi elaboriamo orologi, li produciamo ed infine li assembliamo: nel caso in cui il cliente abbia bisogno qualche pezzo di ricambio, ordina a noi, in qualità di produttori. Più avanti, ho iniziato ad occuparmi delle riparazioni, e quindi ha prendere contatti con i clienti, sia Italia sia Estero: il cliente ci spedisce l’orologio e noi effettuiamo la riparazione. Mi occupavo anche dell’assistenza sul venduto, facevo il canonico costumer care service». Voi collaborate con aziende importanti del settore, in qualità di produttori e di distributori... «Sì, esatto. Noi proponiamo modelli e poi ci occupiamo, se approvati dal Cliente, della realizzazione e della distribuzione. Mondia invece è la collezione firmata dalla nostra azienda, che viene disegnata e venduta dalla Sordi S.p.A. Distribuzione a livello mondiale. Sì, la nostra azienda partecipa ed ha partecipato a fiere in tutto il mondo, dalla più rappresentativa, quella di Basilea, ad Hong Kong, Las Vegas...». Tornando a lei, in che modo la sua carriera si sposa con il marchio firmato dalla vostra azienda? «Mio padre un giorno mi ha proposto di concentrarmi su un qualcosa di simile al
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Camilla Sordi, diplomata all’Istituto Gallini di Voghera, “da grande” voleva fare la biologa marina o la veterinaria gioiello, ma sempre restando all’interno dei canoni dell’orologeria, allo scopo di incentivare il nostro marchio e il nostro brand. Da lì, grazie al designer Gianluca Gabbani, abbiamo iniziato a ideare prodotti fashion e femminili, non troppo costosi e che non necessariamente avessero le classiche componenti degli orologi, ma che fossero riconducibili più in generale al concept di tempo e movimento... un gioiello che ricordasse l’importanza del tempo passato con la persona cara, un regalo tangibile dal significato emozionale». Un po’ come fermare il ricordo nel tempo… «Perfetto!».
Quindi l’intera linea è affidata a lei? «A Gianluca è stata affidata la parte creativa, mentre io ed un mio collega, Giancarlo, ci occupiamo dello sviluppo e della realizzazione, parte importante perché tra il disegno e la realizzazione c’è un processo molto complesso da affrontare. Ad esempio, c’è un modello di orologio un po’ aggressivo, con riferimenti all’orologio da taschino, ed innovativo allo stesso tempo, al quale stiamo lavorando da un anno e mezzo, appunto per la difficoltà nella realizzazione... per ottenere un prodotto impeccabile». Il settore ne risente molto delle vendite online?
«Moltissimo! A tal punto da essere costretti a dover creare un sito nostro per poter vendere online e non rimanere tagliati fuori! I negozi, in piccoli centri come Voghera, sono stati completamente sostituiti dai centri commerciali, oppure, vedendo tra i miei amici, se vuoi fare “shopping”, facilmente ti sposti nelle grandi città. Purtroppo a mio giudizio il prodotto di nicchia, la qualità, il pezzo unico, non sono più così ricercati: si seguono mode e brand! Però, dato che nella storia c’è sempre stato una specie di ritorno al passato, il prodotto di nicchia secondo me tornerà forte del concetto di qualità». di Lele Baiardi
LETTERE AL DIRETTORE
il Periodico News
Un candidato oltrepadano «vale l’altro» Gentilissimo Direttore, Se è vero che fra i candidati uno vale l’altro siamo intrappolati nel declino del nostro Oltrepò e anche del nostro Paese. Tra pochi giorni dovremo andare a votare un rinnovato Parlamento nazionale ed un rinnovato consiglio regionale, con una «riadeguata» al proporzionale, legge elettorale. Chi è stato messo in lista? I nuovi eletti saranno bravissime e degnissime persone più oneste e meno presuntuose e litigiose, più colte e competenti degli attuali decaduti, sapranno anche lavorare in squadra
per produrre leggi efficaci a governare con successo l’Oltrepò in declino? I «pochi» cittadini più attenti a come è stata gestita la «cosa» pubblica fino a oggi sanno che i nostri politici, anche quelli votati da noi oltrepadani, discutevano, emendavano, ridiscutevano e riemendavano litigiosamente o stancamente per tre/quattro giorni alla settimana e finalmente approvavano dopo uno, due o tre anni una legge che avrebbe dovuto regolamentare un difetto o risolvere un problema che ormai aveva assunto altro aspetto o era sorpassato da eventi
sopravvenuti? Sanno che andavano veloci solo le leggi sui privilegi della «casta»? Ebbene, purtroppo a votare tra pochi giorni andranno anche i «molti» cittadini dell’Oltrepò che non sanno. La ripresa della nostra terra dipenderà dai nostri giovani che pare non ambiscano farsi coinvolgere nella competitività politica con le persone di modello culturale superato che manovrano le liste elettorali, forse i nostri politici dovrebbero dare risposte cambiare linguaggio per parlare ai nostri disaffezionati giovani. Devono dare
Progetto sul tartufo: «per fortuna, che non sarà finanziato»
Egregio Direttore, nel numero di gennaio scorso del mensile da lei diretto il Sindaco di Menconico lamenta la non approvazione del progetto sul tartufo da lui presentato nell’ambito del progamma Aree Interne (meglio noto cone S.N.A.I.). Bisogna riconoscere che questo prezioso fungo ipogeo è sempre stato un suo “pallino”. Già verso la fine del secolo scorso, nel secondo dei tre quinquenni successivi durante i quali ricoprì la carica di primo cittadino, vi investì una ingente quantità di denaro pubblico con risultati a dir poco deludenti. Di fronte a casa sua esiste tuttora il laboratorio di lavorazione con targa G.A.M (Giovani Agricoltori Menconico) chiuso da anni, a significare il misero fallimento del progetto. Ora vuole DIRETTORE RESPONSABILE
Silvia Colombini direttore@ilperiodiconews.it / Tel. 0383-944916 Responsabile Commerciale
Mauro Colombini vendite@ilperiodiconews.it / 338-6751406 Direzione, redazione, amministrazione, grafica, marketing, pubblicità
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riprovarci ma gli hanno detto, per fortuna, che non sarà finanziato. Staremo a vedere se un altro Ente erogatore di finanziamenti pubblici si lascerà coinvolgere. Sull’adesione all’Unione denominata “Terre Alto Oltrepò” respinta la prima volta dal Consiglio comunale, il vicesindaco dichiarò pubblicamente che era contrario perché includeva anche Romagnese, non c’è stato quindi alcun fraintendimento. Alla successiva votazione il vicesindaco votò a favore senza motivare davanti al Consiglio il cambiamento di giudizio. Già il fatto di affermare che si è stati obbligati ad aderire all’istituto dell’Unione per non perdere finanziamenti, la dice lunga sul convincimento con il quale si dovrebbe perseguire questo progetto. Se a ciò si
aggiunge la dichiarazione rilasciata dal nostro Sindaco che sarà una Unione “leggera”, abbiamo la certezza di una operazione di facciata che non porterà ad alcun concreto e misurabile vantaggio: ogni sindaco continuerà a difendere strenuamente il proprio fortino-municipio e non si faranno i risparmi sensibili che l’istituto Unione dovrebbe invece favorire. Aggiungo infine che la formula “Unione” è stata pensata solo per i piccoli Comuni: Varzi supera i tremila abitanti e non è assolutamente coinvolto. Non capisco perché venga tirato in ballo, forse per confondere le idee agli sprovveduti? Alessandro Callegari - Menconico
Politici trombati dell’Oltrepò: stipendi più bassi e stop ai privilegi. Ressa eliminata Gentile direttore, in Oltrepò, molti si sono lamentati perchè non li hanno messi in lista, non importa quale e per quale partito, sono convinto molti volevano “comunque” andare in lista con la speranza di essere eletti, regione, camera o senato, poco importa, il desiderio
era andare in lista. Aboliamo i privilegi portiamo gli stipendi a 1.500 euro mensili lordi spese comprese e faremo fatica a trovare qualche appassionato alla politica ed alla poltrona. Ressa eliminata. Aldo Maggi - Casteggio
LETTERE AL DIRETTORE Questa pagina è a disposizione dei lettori per lettere, suggerimenti o per fornire il proprio contributo su argomenti riguardanti l’Oltrepò Scrivete una email a: direttore@ilperiodiconews.it Le lettere non devono superare le 3000 battute. Devono contenere nome, cognome, indirizzo e numero di telefono che ci permetteranno di riconoscere la veridicità del mittente Le lettere con oltre 3000 battute non verranno pubblicate
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risposte e speranze, non scritte in un politichese che nulla dice e nessuno capisce. Quali riforme prioritarie coerenti, tempestive, possibili e concrete propongono gli attuali candidati in lista? Nessuna risposta, solo affermazioni di circostanza simili per tutti. Purtroppo è vero che un candidato vale l’altro. Sono io troppo pessimista sul nostro declino? Giovanni Rovati - Broni
Lasciati soli ad assistere due persone anziane Direttore, So che non dirò niente di nuovo, perché tanti si trovano nella nostra stessa situazione, ma volevo condividere la «solitudine» in cui ci siamo ritrovati da qualche mese. Ad agosto, a poche settimane l’uno dall’altra, i miei suoceri (90 anni lui e 87 lei) si sono ammalati e, dopo una vita vissuta in completa autonomia, sono passati ad avere bisogno di una costante e continua assistenza. Ci siamo attivati, figli e nuore insieme: abbiamo contattato 2 persone per aiutare mia suocera nella gestione della casa, abbiamo procurato un letto ospedaliero per mio suocero, comprato il materasso antidecubito, affittato una carrozzina e comprato tutto quello che serviva per la cura e l’igiene di mio suocero ormai allettato. Lasciati soli ad assistere due persone anzianeMa non bastava: abbiamo imparato a mettere flebo e cambiare cateteri, somministrare terapie e misurare la pressione. Nel frattempo inoltravamo domande a decine e decine di case di riposo, contattavamo medici di base, assistenti sociali, inoltravamo domande per la cura e l’igiene domiciliare. Beh... a distanza di mesi nulla è cambiato, nulla ci è stato dato, nessun aiuto è arrivato... solo pagando (e non poco!) abbiamo trovato un posto per mio suocero in una casa di riposo dove ha ricevuto le cure che merita ma nel quale, dato il costo, non lo potremo lasciare a lungo. Ci resta solo l’amarezza di vedere due persone che hanno lavorato una vita e pagato le tasse che dovevano, spegnersi lentamente assistiti solo dalla nostra poca competenza ma dal nostro tanto amore. Lettera Firmata - Voghera
AR-CHI-PIACE Quando si è saputo anni fa che il Cinema Roma, in pieno centro storico vogherese, sarebbe stato abbattuto per fare spazio ad un nuovo complesso edilizio residenziale/ commerciale, non si può negare che a molti vogheresi tremarono le gambe. Il motivo non fu solo una sorta di conservatorismo dei nostalgici e degli storici, ma soprattutto il terrore, come spesso accadde in città, di trovarsi l’ennesima stonatura edilizia. Diciamolo chiaramente: la città di Voghera non ha mai spiccato per grandi opere di ristrutturazione conservativa o per nuovi edifici che si integrassero in modo degno nel centro storico. A parte gli scempi degli anni Sessanta e Settanta che hanno deturpato aree della città per costruire palazzi orrendi (via Verdi ne è l’esempio), gli orrori sono proseguiti anche successivamente: palazzi in stile monegasco, in “stile” ibrido senza criteri architettonici, mix di forme baroccheggianti abbinate a richiami rinascimentali o addirittura a forme geometriche moderne. A volte basta optare per la semplicità e guardarsi attorno per azzeccare un progetto e una realizzazione: gli edifici che sono sorti in angolo fra via De Pretis e via Garello sono l’esempio di un’ottima realizzazione lussuosa e moderna dentro una scatola che si integra perfettamente col contesto. Forme, modanature e colori di facciata perfetti, finiture di pregio. Bello il nuovo centro estetico al piano stradale, di ottima mano l’interior design, così come di altrettanta piacevolezza è il piccolo negozio di fiori nell’androne di accesso al complesso. Certo. Nel centro storico ci sono ad oggi vincoli ben precisi da rispettare, ma non si creda che gli occhi vigilanti siano sempre ben attenti. Poco più in là, sempre in via De Pretis in angolo con via Emilia, un edificio rientrante nelle brutture cittadine degli anni della speculazione edilizia più devastante, è stato ristrutturato e bisogna ammettere che l’impatto venendo da Piazza Meardi ora è molto gradevole: l’aspetto moderno dell’edificio è stato valorizzato e non appare più tristemente stantìo. La stessa cosa vale per il così detto “Pirellino”, il primo “grattacielo” di Voghera progettato da Giò Ponti nel lontano 1952, non un “palazzo qualsiasi” così come lo definisce il sito stesso: interamente ristrutturato con i più moderni criteri dell’architettura moderna ed i canoni del risparmio energetico è diventato un palazzo moderno ed esclusivo. Proseguendo il nostro giro in città troviamo un’altra bella ristrutturazione: un palazzo anni Cinquanta in corso Fratelli Rosselli alla fine del Parco Gallini. L’edificio, pur essendo di quegli anni, aveva una organizzazione condominiale all’avanguardia: al piano interrato vi erano le lavanderie, lo scarico rifiuti direttamente dai piani delle abitazioni, le finiture degli spazi comuni erano in marmo e tutto era curato nel minimo dettaglio. Oggi la palazzina ha subito un restauro radicale che, pur mantenendo la struttura, ha svecchiato completamente quell’angolo triste e il risultato è davvero sorprendente. Di grande impatto nel contesto urbano anche le ville che si affacciano in via Don Minzoni fino all’altezza del Liceo classico. I recuperi spesso sono più onerosi delle costruzioni ex novo: ciò non toglie allora che, seppur
il Periodico News
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Miglioramenti in corso
Voghera si sta vestendo di nuovo a malincuore, un vecchio edificio storico possa essere sostituito con uno nuovo. In via Cernaia anni fa fu demolita una meravigliosa villa di fine Ottocento: al suo posto sorse una palazzina di buon gusto estetico che, della vecchia struttura, tenne solo il secolare Cedro del Libano, simbolo di quella deliziosa zona. Si spera che il mercato immobiliare si muova e riparta in positivo non a macchia d’olio, ma cercando, dove possibile, di rivalutare
zone oggi in stato di abbandono: non è difficile immaginare come possa essere bello l’ex edificio Pezzani in via Don Minzoni in veste residenziale o commerciale o culturale, così come l’ex macello in Viale del Lavoro, l’ex area Ufficio delle Dogane di Voghera in via Isonzo, l’ex Hotel Giardino di fronte alla Stazione, l’ex Caserma Scalo di via dei Mille, l’ex sede Uffici Regione in via Marx, l’ex Caserma Zanardi, l’ex Manicomio e avanti con un lunghissimo elenco.
Aspettiamo ora il grande restauro vogherese: Il Teatro Sociale che risorgerà nel 2020. Il 6 Febbraio è stato presentato il progetto alla Sala Zonca e pare sia in mano a professionisti di spicco. Ci si aspetta tanto. Ci si aspetta che la cultura architettonica a Voghera prosegua di questo passo fino a poter dire che la città ha ripreso finalmente vesti che ne esaltino non solo il centro, ma anche i quartieri circostanti. di Rachele Sogno
Redering delle nuove costruzioni di Via Garello realizzate da Matti Costruzioni
CYRANO DE BERGERAC
il Periodico News
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“Mors tua, vita mea”: l’Oltrepò del vino, la Prima Repubblica e i teatranti del SUV
In Oltrepò c’è fermento. Si gioca a “C’è Un Posto Per Te”, la rielaborazione del programma firmato Maria Defilippi. Il vaticinio del mese, rubato a un tavolo del Ristorante Prato Gaio, dice che se il grande big della Prima Repubblica del vino deciderà di aprire la busta, superata la cottarella, troverà ad attenderlo o la direzione generale di La Versa o la presidenza del Consorzio Tutela Vini. Se a contendergli il trono ci fosse però anche il Briatore casteggiano, tutto casa e Chiesa, bisognerebbe rifare i conti. Che caos! Rossetti è sempre più all’angolo, insieme alla sua democrazia. Lorsignori non s’illudano, però, il popolo dei forconi, per i quali qualcosa conta se è “tanto” o “subito”, avrà sempre la sola ed unica regia nel dietro le quinte. Gente che sventrerebbe denominazioni
come Barolo o Champagne in pochi anni, facendoli anche IGT e in taglio prezzo perenne per vuotare le cantine, senza pensieri o fascette, continua a invocare stregonerie per il rilancio di un territorio in cui nulla è sufficiente, perché tutto parte dalla pancia e non dalla testa. Ai posteri l’ardua sentenza, comunque, perché ci sono altri movimenti da segnalare. Mentre la primadonna termina la nuova cantina, per fare sempre più bottiglie di lusso e sempre meno sfuso che evapora con poco margine, il re del Pinot nero spumante d’élite, che non sa più a chi dare la delega e chiede l’aiuto del pubblico, si sta organizzando per salire sul carro del vincitore. Niente di nuovo sotto il sole. Tutto come prima, perché l’Oltrepò fa impallidire la Sicilia del Gattopardo, che al confronto sembra una terra progressista e riformista.
Guardate chi ha fatto successo in Oltrepò: più cavalli hanno le loro auto nuove fiammanti, più asini hanno contribuito a farle acquistare loro con il sudore della fronte e tanta fiducia mal riposta. In Oltrepò prima della vendemmia c’è sempre la crisi del prezzo delle uve, dopo la vendemmia il vino non si vende più sul mercato ed è un sacrificio comprare, quasi una missione da servizi sociali pugliesi. Chi avrebbe gli strumenti per spezzare le catene cosa fa? Si organizza? No. Resta schiavo. In Oltrepò ci sono i baroni del “fugno” ben organizzato, i teatranti del SUV, i migliori allievi di Mario Merola, ma anche i grandi Gatsby di facciata che hanno un retrobottega da far impallidire Goldfinger. Nelle boutique di lusso di Milano e nelle concessionarie tedesche una volta ogni due anni ci sono sempre solo loro... i soliti
noti. Quelli che la loro fetta se la spartiscono sempre, scopando le briciole sotto al tappeto alle spalle dei creduloni, ai quali basta avere in pasto l’ennesimo agnello sacrificale. Sempre colpa di uno. Invece è di tutti o, perlomeno, di molti, nascosti a sussurrarsi idiozie al telefono. C’è sempre chi sta meglio degli altri, però. Infatti a Canneto, repubblica autonoma, si brinda a Bolgheri e Bordeaux, come se bastasse assaggiarli insieme al Buttafuoco per rendere top un vino rosso con un bel nome che al supermarket trovi anche frizzantino da prezzo. Ognuno ha il suo scopo: c’è chi vuol veder vincere l’Oltrepò e chi vedere gli altri fallire. Pieno di ciechi desiderosi di essere re, nel regno degli orbi. Il finale è sempre lo stesso: Nebbiolo in val padana! di Cyrano de Bergerac
POLITICA
il Periodico News
FEBBRAIO 2018
«La politica: da tangentopoli a stipendiopoli» Alla luce dei fatti accaduti nelle ultime settimane, abbiamo cercato di capire di più. Stiamo parlando del panorama politico che riguarda la nostra terra in occasioni delle prossime elezioni politiche e regionali del 4 Marzo. E per far ciò, abbiamo contattato il Giovanni Alpeggiani, personalità di spicco della gestione politica oltrepadana da decenni. è successo quel che è successo… si sa… Come si sa che lei non l’ha presa proprio benissimo… «Assolutamente non l’ho presa bene perché ho capito che ci sono alcuni partiti che hanno adottato un metodo scientifico per scegliere i loro candidati: in presenza di neuroni, vengono scartati a priori! E poi perché mi è difficile digerire che vengano fatte delle liste ad personam solo ed unicamente nell’interesse di persone e non nell’interesse di un partito o di un’area politica; e se ben ricordo, in una campagna elettorale, la coscienza di chi dirige i partiti si applica nel scegliere i candidati che possano portare maggior consenso al partito stesso! Qui invece abbiamo assistito solo a capricci di singoli, coordinati dal segretario regionale...». Amedeo Quaroni è il candidato di Forza Italia alle regionali. Quaroni è sindaco di Montù Beccaria, una piccola realtà oltrepadana, e questo sindaco non è mai stato tra i più “gettonati…” quindi perché la sua candidatura? «Scelta molto chiara, fatta per soddisfare il capriccio di Maria Stella Gelmini: è stata fatta una lista inesistente! Deve esserci il vincitore ancora prima di stampare i santini. La lista di Forza Italia alle regionali non ha alcun senso politico». Chi sarà il vincitore? «Il vincitore sarà colui per cui hanno costituito la lista, Ruggero Invernizzi. Gli altri, tutti insieme, non superano i voti per entrare nella pro-loco...». Da Casteggio al Brallo, per citare un paese a lei caro, non abbiamo rappresentanti politici... «Non è solo ed unicamente una questione geografica. Posso capire se si evita di mandare il Comune di Voghera al voto, ma non potrò mai capire come uno come Romano Ferrari, che solo al suo paese prende 800 preferenze, non possa essere candidato alle regionali! Non è un problema geografico, ripeto, ma siamo di fronte ad un piano specifico per prendere il minor numero di voti possibili per non disturbare alcune manovre personali...». Da tutto quello che è successo nelle passate settimane, si evince che il tandem di decisionalità e di governo all’interno del partito è diventato Maria Stella Gelmini e Alessandro Cattaneo. Questo tandem esisteva già? «Cosa abbia deciso Cattaneo, al di là della
sua candidatura, in provincia di Pavia non è dato sapersi... e mi auguro non abbia deciso niente perché, se fosse anche frutto del suo sacco, porterebbe a casa la patente di incompetente politico. Cattaneo, una volta a posto, ha assistito solo alle crocefissioni». La sua candidatura è stata scelta dal partito: perché dunque la Gelmini ha scelto Alessandro Cattaneo? «La Gelmini ha fatto questa scelta perchè in questi tempi la politica è solo l’occasione per il proprio “io”. Siamo passati da tangentopoli a stipendiopoli! Fare politica per lo stipendio. Segnali forti di politica in provincia nessuno li ha visti ultimamente...». Rocca , segretario di Forza Italia a Voghera, ha richiesto ufficialmente di stare tutti uniti… «Un Segretario di partito fa il suo e fa appello al voto al partito, io che sono uomo libero e non iscritto al partito faccio appello alle mie convinzioni. Qualcuno mi richiederà di fare un’analisi politica e io darò lo indicazioni diverse da Forza Italia». Lei ha dichiarato che il suo voto per la camera dei deputati andrà al Movimento 5 stelle. Perché? «Più che al movimento 5 Stelle il mio voto andrà ad una persona che sta facendo una battaglia per la vita e di conseguenza si terrà legata a se stessa i propri ideali». Tra tutti gli altri candidati oltrepadani chi consiglierebbe di votare? «Al Senato Centinaio, perchè apprezzo il fatto che il capogruppo leghista in Senato scenda da Palazzo Madama e si metta in campo! E non s’infili tra gli imboscati. Segnalo inoltre anche la presenza di Vittorio Pesato nel proporzionale». Tasto dolens: Voghera. Si dava per scontato un anno fa che Carlo Barbieri avesse la nomination per le regionali. Adesso qual è la posizione di Barbieri? «Ora Carlo continuerà a fare il sindaco e cercherà di capire se in Forza Italia la valutazione continua ad essere che i trombati sono da premiare e chi prende i voti è carne da macello». Esiste un’eventualità che propongano a Carlo Barbieri un incarico all’interno del consiglio regionale? «Sicuramente no, non è candidato e deve portare a termine il suo mandato di sindaco». Dal 5 Marzo con un consiglio regionale composto da persone poco rappresentative del territorio almeno per la parte ovest dell’Oltrepò, quale sarà lo scenario? «Il risultato delle regionali è scontato: verrà eletto Peppe Villani, che sarà l’unico rappresentante oltrepadano, anche se in Oltrepò c’è candidata Paola Chiesa che potrebbe avere un exploit e portare molti
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Giovanni Alpeggiani, personalità di spicco della politica oltrepadana
consensi. So che è molto ben considerata nel suo partito…lei…pertanto potrebbe avere anche incarichi diversi in regione. Poi c’è la Lega che comunque in Oltrepò è molto presente». Saremo dimenticati da Dio e degli uomini a livello regionale? «Probabilmente no, ad esempio se verrà eletto Mura si occuperà certamente anche di noi oltrepadani ma è sempre un dover bussare ad altre porte. Come Forza Italia non ci sarà alcun canale, non mi risulta che le “Figurine Panini” possano fare i consiglieri regionali...». Da esperto di politica come sarà la definizione finale di tutto questo gioco elettorale a livello nazionale? «Lo scenario sarà il solito, salvo clamorose affermazioni dei 5 stelle, che però non credo raggiungano il quorum richiesto dal governo salvo appunto clamorose affermazioni: il giorno dopo sarà la solita “pizza all’italiana”... Ci sarà la necessita di dare un governo al paese e, adducendo la responsabilità al momento economico, poli-
tico etc etc, dopo una macedonia iniziale, logica vuole che se Renzi e Berlusconi decideranno di apparentarsi lo potranno fare solo in un caso: fare un unico partito». Chi prenderà più voti alle politiche? «Sulla carta il centro-destra». Chi governerà la Lombardia? «Ho visto sui giornali questo Fontana e se la lega ha, come penso che abbia in regione Lombardia in modo particolare, un numero di consensi molto elevato, dovrebbe consentire a Fontana di fare il presidente della regione, anche perché l’Election Day lo favorisce: verranno consegnate 3 schede nelle urne elettorali e, chi voterà, voterà “tutto uguale”!». Se ci dovesse essere una brutta figura a livello partitico di Forza Italia, con una “modesta” raccolta voti in Lombardia, la Gelmini potrebbe tremare? «Non credo.. la storia di questi giorni insegna che chi perde è avvantaggiato, pertanto a lei... doppio ministero!». di Lele Baiardi
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FEBBRAIO 2018
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Bosone: «Io promesse ne ho poche, sono una persona seria» Daniele Bosone, di Torre d’Isola, candidato al Senato per il PD. Questione Ponte della Becca e ponti dell’Oltrepò: di chi è la responsabilità di quello che è successo e sta succedendo? Ha in mente una proposta per la soluzione di questo problema? «La soluzione è già avviata. L’accordo recentemente firmato fra Comuni interessati, Provincia, Regione e Ministero prevede un percorso bene preciso dove Regione finanzia il progetto e lo stato attraverso ANAS interviene nella realizzazione. L’idea di un nuovo ponte data l’inadeguatezza di quello attuale fu posta quando approvai nel 2012 la prima fattibilità e poi mi spesi molto con regione e Governo per la sua realizzazione. Un percorso lungo e accidentato che però ha portato al recente accordo. Ora bisogna vegliare perché l’accordo proceda e il nuovo Ponte venga realizzato. Non poco… date le premesse. Sugli altro ponti sul Po anche pavesi il Decreto Fiscale di Dicembre 2017 del Governo Gentiloni ha messo a disposizione parecchi milioni di euro che sono già nelle disponibilità della Provincia». Il vino: una delle componenti più importanti dell’economia oltrepadana, un mondo in crisi ma dalle grandi potenzialità. La sua ricetta per risolvere i problemi esistenti e rilanciare questo motore dell’economia?
«Aumentare sempre di più la qualità che già esiste, aumentare il vino da etichetta (più imbottigliamento), stop alla svendita del nostro vino come sfuso che provoca da tempo deprezzamento anche del terreno oltre che dell’uva. Ma non siamo anche qui all’anno zero. è stato creato un Distretto di Qualità di tipo commerciale che riunisce molte etichette di qualità e fa massa critica, abbiamo fatto l’Enoteca Regionale con il grande impegno del Comune di Broni oltre che di Provincia e Regione, si sono cerati itinerari turistici del vino per coniugare sempre di più il vino al suo territorio. La Cantina di Broni ha avviato un processo di miglioramento e sono in discussione i nuovi disciplinari. Su queste grandi questioni però non bisogna dividersi o fare barricate né da parte della politica né da parte degli imprenditori. Solo uniti si vince». La prima proposta in favore dell’Oltrepò una volta entrato al Senato? «Oltre a seguire settimana per settimana la questione ponti (e chi mi conosce sa che poi lo faccio davvero), tutelare i nostri vini e il nostro territorio. Qui ci metto anche il dissesto idrogeologico per il quale qualcosa si è fatto ma serve di più». In Oltrepò c’è un grande dibattito sul tema e sul problema dei migranti. Concretamente qual è la sua soluzione? «Mi pare che il dibattito sia in tutta Europa. Quindi il problema non può essere ri-
solto né a livello locale né solo Nazionale. Importantissimo è fare quello che l’attuale Governo sta cercando di fare. Cioè bloccare e regolare i flussi migratori dai paesi d’origine. Poi per chi arriva la selezione di chi resta e chi viene immediatamente espulso deve essere rigidissima. E per chi resta i controlli anche sul rispetto delle nostre regole deve essere severissimo e quindi la legge Bossi-Fini , quella che regola i flussi migratori, non è più adeguata , va cambiata subito e vanno riviste le quote di distribuzione in ambito Europeo». Strade: sono uno dei nodi critici più avvertiti dagli oltrepadani, la situazione è al collasso e soldi sembrano non essercene. Qual è se venisse eletto la sua soluzione per risolvere il problema? «La situazione infrastrutturale è al collasso con problemi di sicurezza e anche di danni all’economia. Per me che ho subito i tagli dello Stato come Presidente della Provincia trovandomi con il cerino in mano la ricetta è semplice; se ne devono occupare ancora le Province ma bisogna restituire loro i soldi per fare il loro mestiere. Punto. Altre cose sono inutili e più costose. E intanto le buche da sole non si riparano». In ogni campagna elettorale tutti i candidati hanno programmi e fanno tante promesse. Con una sola frase perché un cittadino dell’Oltrepò dovrebbe votare per lei?
Daniele Bosone «Io promesse ne ho poche, sono una persona seria e conosco bene i limiti della politica e dell’amministrazione centrale e periferica. Però ci sono sempre, amo il mio territorio, ci metto la faccia, la mia esperienza, la mia serietà, le mie idee e l’impegno ad un lavoro comune come ho già fatto in passato e spero che, almeno in piccola parte, mi venga riconosciuto».
Cafarchio: «Chiudere tutti i centri d’accoglienza» Lorenzo Cafarchio, vogherese, candidato alla Camera dei Deputati per CasaPound Italia Pavia. Questione Ponte della Becca e ponti dell’Oltrepò: di chi è la responsabilità di quello che è successo e sta succedendo? Ha in mente una proposta per la soluzione di questo problema? «Strade e ponti sono di competenza provinciale. A fine gennaio sono stati stanziati, da parte del Governo, 10 milioni di euro per interventi di consolidamento dei ponti della Becca, di Pieve Porto Morone e della Gerola. Il decreto ministeriale prevede la progettazione e la realizzazione degli appalti entro 12 mesi. Restiamo, come ogni singolo cittadino oltrepadano, sbigottiti davanti a questa situazione che si trascina da decenni. L’unica soluzione è mettere in pratica le promesse mai mantenute». Il vino: una delle componenti più importanti dell’economia oltrepadana, un mondo in crisi ma dalle grandi potenzialità. La sua ricetta per risolvere i problemi esistenti e rilanciare questo motore dell’economia? «Il vino è il sangue dell’Oltrepò. Ho avuto il privilegio di studiare all’Agraria a Voghera, ma è chiaro, ormai da tempo, la mancanza di una progettualità inerente alla viticultura oltrepadana. Le nubi sul caso La Versa parlano chiaro. Inoltre
l’Università del Vino di Riccagioia è in stato di, sostanziale, abbandono. Serve la volontà di creare un marchio viticolo unico ed inconfondibile, come hanno fatto in altre realtà italiane, e portare sul territorio la Facoltà di Scienze Agrarie». La prima proposta in favore dell’Oltrepò una volta entrato alla Camera? «Voghera ed il suo territorio attiguo hanno subito una flessione spaventosa in termini di lavoro. Sono le battaglie sociali a dover essere veicolate in Parlamento. Per questo motivo, come CasaPound, ci batteremo per dare un futuro ai giovani oltrepadani, senza la necessità di doverli veder emigrare». In Oltrepò c’è un grande dibattito sul tema e sul problema dei migranti. Concretamente qual è la sua soluzione? «Chiudere tutti i centri d’accoglienza e dirottare le risorse impiegate nel criminale business dell’accoglienza per migliorare la pubblica istruzione, l’edilizia scolastica, i servizi sociali destinati alla prima infanzia e per agevolare i diversamente abili e gli anziani». Strade: sono uno dei nodi critici più avvertiti dagli oltrepadani, la situazione è al collasso e soldi sembrano non essercene. Qual è se venisse eletto la sua soluzione per risolvere il problema? «Torniamo al capitolo ponti. I fondi ci
Lorenzo Cafarchio
sono, ma vengono sperperati malamente. Manca la volontà politica di intervenire davanti ad una delle tematiche di maggior rilievo non soltanto in Oltrepò, ma all’interno dell’intera provincia di Pavia. La soluzione? Utilizzare il danaro pubblico con risolutezza». In ogni campagna elettorale tutti i can-
didati hanno programmi e fanno tante promesse. Con una sola frase perché un cittadino dell’Oltrepò dovrebbe votare per lei? «L’Oltrepò necessità di combattenti pronti a tutto per difenderlo, non di padroni e padrini».
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FEBBRAIO 2017
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Draghi: «I migranti in Oltrepò non sono un problema» Martina Draghi di Broni, candidata al proporzionale alla Camera dei Deputati per Liberi e Uguali. Questione Ponte della Becca e dell’Oltrepò: di chi è la responsabilità di quello che è successo e sta succedendo? ha in mente una proposta per la soluzione di questo problema? «La questione “ponti” e delle infrastrutture in generale è una questione di primaria importanza per la nostra provincia soprattutto per l’Oltrepò pavese che soffre da tempo sotto il punto di vista della manutenzione delle strade e principalmente dei ponti che insistono su queste strade. Da più di vent’anni non c’è un piano serio di investimenti pubblici sulle infrastrutture di questa provincia e il risultato lo vediamo tutti i giorni. Come si risolve il problema? Investimenti pubblici per la riqualificazione dei ponti principali e la costruzione del nuovo Ponte della Becca, non mi pare ci sia altra soluzione». Il vino: una delle componenti più importanti dell’economia oltre padana, un mondo in crisi ma dalle grandi potenzialità. La sua ricetta per risolvere i problemi esistenti e rilanciare questo motore dell’economia? «La risposta è molto semplice: puntare sulla qualità del prodotto. Oggi ci sono molte aziende in Oltrepò che fanno vini di qualità ma non siamo ancora riusciti a legare la qualità del prodotto alla tipicità del territorio. Come spesso mi è capitato di dire pubblicamente dentro una bottiglia di vino ci sta la storia e la tipicità del territorio oltre che la passione e la fatica dei nostri produttori; le istituzioni e gli addetti ai lavori dovrebbero quindi fare sistema per riuscire a valorizzare i nostri luoghi lavorando su più fronti: la promozione territoriale, la tutela dell’ambiente, la cura per la bellezza
del paesaggio oltre che ovviamente investimenti pubblici per affrontare il dissesto idrogeologico con progetti seri di sistemazione dei versanti collinari e di una corretta regimazione delle acque». In Oltrepò c’è un grande dibattito sul tema e sul problema dei migranti. Concretamente qual è la sua soluzione? «Non mi pare che in Oltrepò i migranti siano un problema, anche nei centri di accoglienza con le presenze più numerose non mi risulta che ci siano state situazioni pericolose che abbiano creato problemi di ordine pubblico. Pensare di fermare l’immigrazione costruendo muri è come fermare il vento con le mani, queste persone scappano da situazioni di guerra, di fame, condizioni di vita terribili e se sono disposti ad affrontare un viaggio che li espone ai rischi di morte e tortura significa che non hanno alternative. C’è una considerazione molto banale che ognuno di noi dovrebbe fare quando si parla di migranti: avere la fortuna di essere nati nella parte più ricca e benestante del mondo non è un merito come, viceversa, avere la sfortuna di nascere nella parte più povera del mondo non è una colpa; da sempre la storia ci racconta di migrazioni da paesi poveri a paesi ricchi e così sarà anche per i prossimi decenni: la soluzione è affrontare la questione non in emergenza come stiamo facendo, ma, insieme al resto d’Europa, con politiche di accoglienza diffusa e allo stesso tempo rafforzare le politiche di cooperazione e solidarietà internazionale per migliorare le condizioni di vita nel resto del mondo. Resta il tema evidente che la Bossi-Fini sia una legge pessima perché non permette ai migranti di mettersi in regola se non dopo tempi lunghissimi e quindi di fatto favorisce l’illegalità». Strade: sono uno dei nodi critici più av-
Martina Draghi vertiti dagli oltrepadani, la situazione è al collasso e soldi sembrano non essercene. Qual è se venisse eletto la sua soluzione per risolvere il problema? «Per quanto riguarda la manutenzione delle strade, è evidente che la responsabilità di questa situazione è principalmente da ascriversi alla legge Delrio che ha tolto alle province le risorse per la manutenzione e messo in crisi un intero sistema economico. la regione dal canto suo ha preferito fare investimenti nella zona più a nord dimenticandosi di tutto il sud Lombardia. Un piano di investimenti pubblici per la riqualificazione delle strade : non c’è bisogno di nuove autostrade, bisogna migliorare e mantenere la viabilità esistente: non si può pensare di promuovere e valorizzare un territorio se non è percorribile! È necessario inoltre potenziare le reti ferroviarie soprattutto quelle locali per migliorare la
qualità della vita di centinaia di lavoratori che ogni giorno si spostano verso Milano». In ogni campagna elettorale tutti i candidati hanno programmi e fanno promesse. Con una sola frase perché un cittadino dell’Oltrepò dovrebbe votare per lei? «Io mi candido per la camera dei deputati per liberi e uguali con grasso perché’ credo che in questo paese sia necessario ricostruire la casa della sinistra; nei primi punti del nostro programma noi mettiamo il superamento delle disuguaglianze, la dignità del lavoro, la sanità e l’istruzione pubblica per tutti, la tutela dell’ambiente e un grande piano verde per passare dall’economia lineare a quella circolare e raggiungere l’obiettivo rifiuti zero: se i cittadini dell’Oltrepò pavese condividono questi obiettivi allora sono certa che voteranno per liberi e uguali».
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FEBBRAIO 2018
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Ferrari: «Vino, si devono valorizzare i piccoli produttori» Alan Ferrari, di Pavia, candidato al proporzionale al Senato per il PD. Questione Ponte della Becca e ponti dell’Oltrepò: di chi è la responsabilità di quello che è successo e sta succedendo? Ha in mente una proposta per la soluzione di questo problema? «La soluzione c’è già ed è stata trovata proprio pochi giorni fa. C’è già uno studio di fattibilità in corso e, completato questo, Anas provvederà al Progetto esecutivo. I fondi sono già stanziati e disponibili e provengono dall’accordo strategico tra Governo, Province, Comuni, Anas e Regione. Dispiace che un problema come questo potesse essere già risolto due anni fa. Nel 2015, infatti il Governo ha chiesto a Regione Lombardia di dividere al 50% gli oneri degli interventi, in pratica 35 milioni a testa. Per due anni la Regione – nonostante i solleciti - ha rifiutato di sedersi al tavolo. Ora e solo ora che il Governo si è caricato l’onere di ogni impegno finanziario, siamo a chiudere il problema in pochi giorni. Diciamo che i cittadini e i territori non sono sono stati posti dalla Regione in cima alle loro priorità». Il vino: una delle componenti più importanti dell’economia oltrepadana, un mondo in crisi ma dalle grandi potenzialità. La sua ricetta per risolvere i problemi esistenti e rilanciare questo motore dell’economia?
«Non esiste una ricetta, una “formula magica”; esiste invece un modus operandi che può davvero rappresentare una svolta. Il vino, nell’Oltrepò, va inteso come un comparto economico a tutto campo e va letto in chiave strategica. Si devono creare delle sinergie strette e privilegiate tra il mondo della cooperazione e quello della produzione. Si devono valorizzare i piccoli produttori che sono capaci di realizzare bottiglie di valore assoluto con criteri etici e qualitativi superiori, rispettosi dell’ambiente e dell’ecosistema. Le nostre quattro grandi cantine faranno da traino sui mercati nazionali e internazionali e con esse si deve generare una “reputazione” a tutto campo sul nostro vino. In questo settore, la qualità “vale” e, pertanto, “va messa a valore». La prima proposta in favore dell’Oltrepò una volta entrato al Senato? «Seguo il criterio delle priorità oggettive: ricerca sistematica e organica di fondi e un piano di breve, medio e lungo periodo per affrontare le criticità idrogeologiche di dissesto. Il territorio è dove viviamo, dove lavoriamo, è la nostra ricchezza. Pertanto va messo in sicurezza, va curato e reso fruibile con una viabilità coerente alle necessità di vita e di lavoro». In Oltrepò c’è un grande dibattito sul tema e sul problema dei migranti. Concretamente qual è la sua soluzione? «Il problema va letto in chiave nazionale e,
soprattutto, europea. Come Italia, nel suo complesso, dobbiamo chiedere con forza all’Unione di farsi carico di una quota di solidarietà maggiore. I dati del 2017 hanno fortunatamente dimostrato che le azioni del Governo hanno dato dei risultati: i flussi migratori sono diminuiti per la prima volta dal 2014, quando è iniziato il drammatico esodo attraverso il Mediterraneo. Gli aiuti vanno quindi concentrati nei paesi di origine ed è lì che dobbiamo creare le condizioni per non generare morte e sofferenza a causa di questi flussi migratori. Però, dobbiamo essere orgogliosi del nostro senso civile e della nostra capacità di accogliere, valori tipici di una nazione Civile e moderna. A livello locale, vorrei solo che gli accordi stabiliti da Anci sulle “quote per abitante” non venissero disattese e che tutti i comuni si mostrassero equamente generosi». Strade: sono uno dei nodi critici più avvertiti dagli oltrepadani, la situazione è al collasso e soldi sembrano non essercene. Qual è se venisse eletto la sua soluzione per risolvere il problema? «Nella Legge di Bilancio appena approvata sono stati destinati 100 milioni al problema “strade”. E’ una quota da dividersi tra le province italiane ed è palese che sia insufficiente. La mia proposta, però, è l’introduzione di un “indice di priorita” che rappresenti le peculiarità della rete viaria dei singoli territori. Per intenderci, la rete
Alan Ferrari stradale di un’area in pianura è meno sollecitata e più resistente nel tempo di quella dell’Oltrepò. Pertanto, l’importanza di una rete viaria efficiente è maggiore per il nostro territorio. Senza considerare che gli scambi commerciali sono quasi totalmente su ruote». In ogni campagna elettorale tutti i candidati hanno programmi e fanno tante promesse. Con una sola frase perché un cittadino dell’Oltrepò dovrebbe votare per lei? «Perché io, con tutto il gruppo parlamentare PD, lavoriamo e lavoreremo per l’occupazione e il rilancio economico. Crediamo che la ripresa delle piccole aziende, delle ditte artigianali, dell’impresa in generale, passi per la riduzione del cuneo fiscale, ovvero attuando politiche di sgravio e quindi di incentivazione per chi assume a tempo indeterminato».
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FEBBRAIO 2018
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Galloni: «Migranti, non ci sono soluzioni miracolistiche» Daniela Galloni, di Voghera, candidata alla Camera dei Deputati per Noi Con L’Italia. Questione Ponte della Becca e ponti dell’Oltrepò: di chi è la responsabilità di quello che è successo e sta succedendo? Ha in mente una proposta per la soluzione di questo problema? «Non ci sono da ricercare responsabilità, c’è oggi solo da procedere in fretta considerati gli stanziamenti concessi dallo stato alla provincia di Pavia (12 milioni di euro). Non posso a questo proposito dimenticare le sollecitazioni dell’allora presidente Bosone e di Cattaneo rivolte all’allora ministro Lupi che oggi guida in Lombardia il raggruppamento di Centro “Noi per l’Italia - UDC” alle prossime elezioni politiche in diversi collegi elettorali. Interessamento poi proseguito con impegno dal presidente Poma con l’ausilio di tutte le forze politiche provinciali. Gli stanziamenti pervenuti fanno sì che si possa guardare al futuro con più fiducia. Occorre però sveltire l’iter burocratico per iniziare al più presto i lavori. Regione Lombardia può fare molto per tenere monitorata la situazione e dare soluzioni ad una situazione difficile che ha già avuto dalla giunta Maroni le prime risposte con la progettazione di un nuovo ponte per la Becca e con stanziamenti consistenti (quattro milioni) per il consolidamento del ponte sul Po alla Gerola. Per il ponte di Bressana la situazione appare meno critica. Io però suggerirei alla provincia una maggiore attenzione anche per i ponti minori, dico di non dimenticare quello che collega Voghera - Oriolo a Pizzale che in passato ha creato non pochi problemi anche per gli argini». Il vino: una delle componenti più importanti dell’economia oltrepadana, un mondo in crisi ma dalle grandi potenzialità. La sua ricetta per risolvere i problemi esistenti e rilanciare questo motore
dell’economia? «Sul vino occorre fare squadra tra le varie aziende che operano in Oltrepò con prodotti di qualità .Occorre organizzare una rete di commercializzazione dei nostri prodotti e organizzarci per le esportazioni in stretta collaborazione con le agenzie competenti in capo al Ministero delle politiche agricole». La prima proposta in favore dell’Oltrepò una volta entrato alla Camera? «Niente sogni nel cassetto. Occorre acclimatarsi prima e poi verificare le reali possibilità. Inserirsi con progetti fattibili e proporre emendamenti alle leggi in discussione che diano l’opportunità e concrete prospettive per inserire provvedimenti a favore del nostro Oltrepò». In Oltrepò c’è un grande dibattito sul tema e sul problema dei migranti. Concretamente qual è la sua soluzione? «Non ci sono soluzioni miracolistiche .Si può però snellire ogni procedura per verificare chi ha diritto di asilo e chi è solo un clandestino. Snellire ogni procedura per impiegare in lavori socialmente utili coloro che devono rimanere ,non si pensi ad un tipo di sfruttamento ma a dimostrare che con onore si possono guadagnare le spese di soggiorno e usufruire di piccoli compensi. Io penso che anche questi ospiti si possano sentire gratificati dal fatto di non essere più considerati nulla facenti .Corsi di italiano e di cultura generale serviranno a far capire il modo di comportarsi e a rispettare la cultura del paese in cui soggiornano e si vogliono integrare. Impedire poi ai privati proprietari di appartamenti di offrire la disponibilità di locazione, se non in particolari casi. Nei condomini gli ospiti sono poco controllabili e comunque spesso creano difficoltà di convivenza con gli altri condomini. Infine ritengo che ogni città debba
Daniela Galloni avere numeri contingentati e impedimento perentorio agli ospiti di fare accattonaggio». Strade: sono uno dei nodi critici più avvertiti dagli oltrepadani, la situazione è al collasso e soldi sembrano non essercene. Qual è se venisse eletto la sua soluzione per risolvere il problema? «Il discorso è lungo. Le strade passate dall’ANAS alla regione Lombardia e poi alla provincia di Pavia non hanno registrato trasferimenti di fondi adeguati per la manutenzione e la situazione è ben presto precipitata .Oggi si attende l’operatività di una società mista ANAS - Regione Lombardia il cui avvio subisce ritardi. Auguriamoci che il nuovo presidente (io dico Fontana ) con l’ausilio anche degli eletti in regione di “Noi per l’Italia - UDC” possa sveltire l’iter. È certo che ulteriori ritardi rischiano di far diventare insostenibile una situazione oggi veramente difficile». In ogni campagna elettorale tutti i candidati hanno programmi e fanno tante
promesse. Con una sola frase perché un cittadino dell’Oltrepò dovrebbe votare per lei? «Un cittadino dovrebbe votare Noi con L’Italia con lo scudo crociato dell’UDC perché il nostro programma si basa sulla concretezza ed offre proposte serie e realizzabili. Io non sono per fare tanti giri di parole ,nel settore della sanità ove professionalmente oggi opero mi impegnerò perché non manchi nei provvedimenti legislativi che si andranno ad assumere l’attenzione alla persona ammalata deve essere al centro delle nostre attenzioni. bisogna garantire ammodernamento delle strutture e delle attrezzature scientifiche e soprattutto anche contribuire con le regioni alla corretta attribuzione di personale ospedaliero rispetto alle esigenze del paziente .Occorre far sì che non si seguano meri criteri di razionalizzazione economica, tenendo conto che oggi il personale addetto all’assistenza ospedaliera troppo spesso lavora in situazioni di grande difficoltà».
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FEBBRAIO 2018
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Grossi: «Il mondo del volontariato non va lasciato solo» Silvia Grossi, pavese, candidata alla Camera dei Deputati per il PD. Questione Ponte della Becca e ponti dell’Oltrepò: di chi è la responsabilità di quello che è successo e sta succedendo? Ha in mente una proposta per la soluzione di questo problema? «Prendiamo ad esempio il Ponte della Becca. La responsabilità è dovuta al fatto che per decenni si è fatto circolare su un ponte che, non dimentichiamolo, ha 106 anni di esistenza, i bisonti della strada da 400 quintali in entrambi in sensi di marcia su una carreggiata progettata per far transitare carri, cavalli e mezzi da 40 quintali al massimo. Sotto scorre il fiume ed i vapori acquei hanno certamente ammalorato la struttura. L’attuale condizione innegabilmente crea problemi non solo di ordine strutturale e viabilistico ma anche socioeconomico, in quanto determina l’abbandono del territorio da parte delle imprese e svaluta gli immobili presenti nei dintorni. I dieci milioni di euro finora spesi sono serviti alla messa in sicurezza ma la soluzione è senza dubbio il nuovo Ponte. Grazie alla manifestazione pubblica dello scorso anno e all’impegno dei consiglieri regionali e dei parlamentari si è ottenuto un importante finanziamento dello studio di fattibilità, che vedrà la luce entro il prossimo giugno
e che è fondamentale per l’inizio dell’iter. A Roma si è, inoltre, riconosciuto lo stato di emergenza della struttura e della strada provinciale». Il vino: una delle componenti più importanti dell’economia oltrepadana, un mondo in crisi ma dalle grandi potenzialità. La sua ricetta per risolvere i problemi esistenti e rilanciare questo motore dell’economia? «Il nostro è un territorio che si articola su diverse proposte vitivinicole e la bontà del prodotto proveniente dai nostri territori è fuori discussione. Il problema resta quello di unire tutti per commercializzare al meglio e diventare competitivi sul mercato nazionale. La soluzione non può essere che quella di cooperare attorno al concetto di identità culturale legata al vino. Va fatto un lavoro di riconoscimento dell’importanza di identificazione del nostro territorio e della nostra cultura tradizionale attorno alla produzione enologica». La prima proposta in favore dell’Oltrepò una volta entrato alla Camera? «Maggiore sostegno ai Comuni per attuare le progettualità relative al welfare e formule per incrementare gli aiuti all’associazionismo rivolto al sociale. Il mondo delle associazioni di volontariato sul nostro territorio è ampio ed incisivo ed è spesso la
spina dorsale delle nostre comunità. Non va lasciato solo». In Oltrepò c’è un grande dibattito sul tema e sul problema dei migranti. Concretamente qual è la sua soluzione? «La Legge si chiama ancora Bossi Fini, non dobbiamo dimenticarlo mai. E va cambiata, perché sta all’origine del problema. Così come va rivisto il Trattato di Dublino, per il quale si sta lottando in Europa. La soluzione concreta resta l’accoglienza diffusa, la sola che possa garantire al contempo sia la sicurezza dei nostri territori che la garanzia di rispetto dei diritti umani di chi viene accolto. Avere persone in mezzo alla strada, non accolte, invece non può che determinare un problema sociale diffuso. E questo credo sia innegabile. Chi parla di invasione, oggi, lo fa strumentalizzando a scopi politici ed elettorali una situazione attuale nella quale si registra un calo di arrivi e di inserimenti. Nei centri di accoglienza i numeri degli ingressi sono notevolmente diminuiti e questa è la realtà». Strade: sono uno dei nodi critici più avvertiti dagli oltrepadani, la situazione è al collasso e soldi sembrano non essercene. Qual è se venisse eletto la sua soluzione per risolvere il problema? «Sono appena arrivati da Regione Lom-
bardia i finanziamenti richiesti dalla nostra amministrazione provinciale per attuare interventi prioritari sulle strade ed una manutenzione più accurata. Certamente occorrerebbe che le Province avessero in tasca maggiori risorse». In ogni campagna elettorale tutti i candidati hanno programmi e fanno tante promesse. Con una sola frase perché un cittadino dell’Oltrepò dovrebbe votare per lei? «Perché intendo garantire libertà civile e dignità sociale ai nostri territori, in un momento storico pervaso da pulsioni estremiste».
Silvia Grossi
Lucchini: «Il Ponte della Becca è una priorità assoluta» Elena Lucchini, di Voghera, candidata alla Camera dei Deputati per la Lega Nord. Questione Ponte della Becca e ponti dell’Oltrepò: di chi è la responsabilità di quello che è successo e sta succedendo? Ha in mente una proposta per la soluzione di questo problema? «È da tempo che la Lega chiede a gran voce finanziamenti per la costruzione di un nuovo ponte e per il quarto anno consecutivo, a fine 2017, è arrivata l’ennesima bocciatura da parte del Governo PD all’emendamento della Lega che chiedeva lo stanziamento di 70 milioni di euro necessari per la realizzazione della nuova struttura. Mi pare doveroso ricordare che neanche un mese prima il candidato del PD alla presidenza di Regione Lombardia si era recato in Oltrepo pavese garantendo un forte impegno a Roma nel richiedere questi finanziamenti. È stato smentito solo pochi giorni dopo dal suo stesso partito che ha detto un colossale NO a 70 milioni di euro per il nuovo ponte. A questo punto credo che non sia necessario evidenziare di chi è la colpa, è ben evidente. L’obiettivo è quello di andare al Governo per poter finalmente vedere realizzata un’opera così importante per il nostro territorio». Il vino: una delle componenti più importanti dell’economia oltrepadana, un mondo in crisi ma dalle grandi potenzialità. La sua ricetta per risolvere i problemi esistenti e rilanciare questo
motore dell’economia? «Il vino dell’Oltrepo non ha niente da invidiare ad altre zone vitivinicole più famose, anzi spesso gli intenditori rimarcano la qualità del nostro vino rispetto ad altri considerati migliori soltanto perché hanno un marchio più conosciuto. Bisogna ripartire facendo rete e marketing territoriale, con scelte di mercato ben precise valorizzando possibilmente la qualità e non la quantità. Facendo squadra e con la giusta collaborazione possiamo raggiungere traguardi importanti». La prima proposta in favore dell’Oltrepò una volta entrato alla Camera? «Non voglio essere ripetitiva ma il ponte della Becca è una priorità assoluta. Un’altra questione che merita di essere presa in seria considerazione è quella dei pendolari che ogni giorno vivono situazioni surreali per raggiungere il posto di lavoro e che troveranno in me un punto di riferimento perché per anni ho vissuto i disagi di questa categoria sulla mia pelle». In Oltrepò c’è un grande dibattito sul tema e sul problema dei migranti. Concretamente qual è la sua soluzione? «Nessun territorio è rimasto immune a questa ondata migratoria, tantomeno l’Oltrepo, direi che, considerando i numeri, si è trattato di una vera e propria invasione aggravata da una totale mancanza di organizzazione, soprattutto in termini di distribuzione. In alcune realtà dell’Oltrepò, quali ad esempio Casa Matti, infatti il
Elena Lucchini
numero dei residenti è addirittura pari a quello dei migranti. Con la Lega al Governo ci sarà una svolta attraverso il blocco degli sbarchi e il rimpatrio di coloro che non hanno lo status di rifugiato politico. Gli italiani torneranno ad essere la priorità assoluta per il nuovo Governo». Strade: sono uno dei nodi critici più avvertiti dagli oltrepadani, la situazione è al collasso e soldi sembrano non essercene. Qual è se venisse eletto la sua soluzione per risolvere il problema? «Le strade colabrodo, che caratterizzano purtroppo in negativo le nostre zone, creano non pochi disagi all’economia del territorio. Bisogna necessariamente andare nella direzione di affidare la manutenzione delle strade a coloro che dispongono di risorse necessarie per offrire a cittadini
e imprese una rete stradale moderna ed efficiente. È quanto ha fatto il buon governo di Regione Lombardia che, in collaborazione con Anas, ha dato il via alla costituzione di una Newco il cui compito sarà quello di progettare, costruire e valorizzare ben 2200 km di rete stradale». In ogni campagna elettorale tutti i candidati hanno programmi e fanno tante promesse. Con una sola frase perché un cittadino dell’Oltrepò dovrebbe votare per lei? «Chi mi conosce sa bene quanto impegno e perseveranza metto in ciò che faccio, mi impegnerò ancor di più per questa terra perché qui sono nata e cresciuta e la soddisfazione più grande per me sarebbe quella di poter vedere il mio Oltrepò tornare ad essere protagonista».
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Nanni: «Vino, occorre una politica delle alleanze» Iolanda Nanni di Pavia, candidata alla Camera Deputati per il MoVimento 5 stelle. Questione Ponte della Becca e ponti dell’Oltrepò: di chi è la responsabilità di quello che è successo e sta succedendo? Ha in mente una proposta per la soluzione di questo problema? «La nostra provincia è stata trascurata e lasciata in stato di abbandono per troppi anni, a partire dalle infrastrutture. Responsabile ne è una classe politica autoreferenziale, indifferente alle reali necessità del territorio, fra cui vi sono proprio la manutenzione delle strade e dei nostri ponti che oggi si trovano in uno stato di allarmante degrado. Si tratta della stessa classe politica che ha perso anni per promuovere inutili scempi, come la costruzione dell’autostrada Broni-Mortara, contro la quale il M5S si è sempre battuto, denunciando che avrebbe sventrato i nostri terreni agricoli e, al contempo, non avrebbe risolto i problemi logistici del nostro territorio. Si tratta di quella classe politica che oggi dice ai cittadini di voler risolvere quei problemi che essa stessa ha creato. Nel nostro programma, invece, i ponti sono opere necessarie, si tratta quindi di spostare soldi pubblici dalle grandi opere inutili agli interventi che rispondono ai bisogni dei nostri territori. Sinora anche Regione Lombardia, dove mi sono adoperata per anni in qualità di consigliere regionale, ha preferito investire il 95% delle risorse sulle grandi autostrade inutili, come la cattedrale nel deserto Bre.Bre.Mi, piuttosto che nella costruzione e manutenzione dei ponti. Dopo due anni di battaglie dall’opposizione, sono riuscita ad ottenere uno stanziamento di 500.000 euro per la riqualificazione del Ponte delle Barche di Bereguardo e sicuramente con lo stesso impegno e determinazione, mi adopererò a Roma per il Ponte della Becca e gli altri ponti». Il vino: una delle componenti più importanti dell’economia oltrepadana, un mondo in crisi ma dalle grandi potenzialità. La sua ricetta per risolvere i problemi esistenti e rilanciare questo motore dell’economia? «Il mercato del vino è un mercato maturo, che richiede prezzi accessibili, servizio, qualità assicurata, disponibilità di capitali, di tecnologie evolute e notevole valore aggiunto. In questa situazione generale, l’Oltrepo’ Pavese vitivinicolo si colloca in una posizione critica dal punto di vista competitivo, principalmente a causa di un’offerta molto frammentata che trova il punto di massima debolezza nella scarsa propensione dei produttori alla collaborazione in forme di associazionismo diffuso, in particolare da parte di c hi attua il ciclo produttivo completo, dal vigneto alla bottiglia. In realtà vi sono molti temi strategici che possono essere trattati congiuntamente, come ad esempio le tecniche gestionali, i mercati d’acquisto, l’accesso alle innovazioni tecnologiche o la formazione e
Iolanda Nanni
riqualificazione professionale, al fine di rispondere agli indirizzi strategici del settore vitivinicolo che implicano la ristrutturazione imprenditoriale, l’organizzazione aziendale, l’orientamento produttivo, il controllo e l’ottimizzazione dei costi, l’integrazione col mercato e la difesa dell’ambiente. In Oltrepò altra criticità è senz’altro data dalla frammentarietà del sistema politicoistituzionale locale operante nel settore, che si traduce nella mancanza di un coordinamento tra le diverse iniziative e in una altrettanta frammentarietà nella gestione di progetti e di fondi pubblici, la cui efficacia – in termini di sviluppo economico – risulta di difficile se non impossibile misurazione, privando, di conseguenza, i produttori della disponibilità di strumenti ed incentivi per essere competitivi. A mio avviso, occorre innanzitutto abbandonare i localismi e puntare sulla circolarità delle conoscenze, sull’omogeneità qualitativa, sul prezzo/qualità e non sul prezzo minimo, sulla qualificazione ecologica della produzione e sulla concertazione fra istituzioni pubbliche e imprenditori privati per il coordinamento e l’implementazione di progetti complessivi di sviluppo territoriale. In poche parole, occorre attuare una “politica delle alleanze” con lo sguardo rivolto al futuro ed un forte orientamento al valore del territorio che è un punto di forza e una condizione necessaria per lo sviluppo vitivinicolo oltrepadano». La prima proposta in favore dell’Oltrepò una volta entrato alla Camera? «Per il rilancio dell’Oltrepo’ dobbiamo lavorare molto e duramente per tutta la durata della legislatura. Sicuramente a Roma il mio compito sarà svolgere, non una, ma tutte quelle azioni necessarie a valorizzarne la vocazione agricola, vitivinicola e paesaggistica perché la terra è il fattore comune intorno al quale devono nascere progettualità, imprenditorialità ed esperienza, ed è sempre la terra ad insegnarci il senso ed il valore della coesione sociale. Opereremo sicuramente in favore degli
imprenditori agricoli e vitivinicoli, partendo dalle priorità, intervenendo sulla “filiera”, cioè sul rapporto fra il medio-piccolo produttore/agricoltore e l’industria della grande distribuzione. Oggi i nostri imprenditori agricoli sono letteralmente schiacciati dalla grande distribuzione che comprime i costi di produzione dell’agricoltore il quale poi fa fatica a sopravvivere in un mercato dominato dalle grande industrie alimentari e commerciali. Accorciare la filiera, con un solo intermediario fra il produttore e il consumatore, riportandola al c.d. “chilometro utile”, da intendersi come distanza massima che deve intercorrere fra area di produzione e trasformazione ed area di vendita, garantirebbe un margine economico più alto all’agricoltore, nonché prodotti di qualità e del territorio per i consumatori. Intendiamo anche investire sui giovani nel percorso di valorizzazione dell’agricoltura in un’ottica di ricambio generazionale propositivo e innovativo, capace di generare talenti e attrarre risorse. Come pure intendiamo investire, anche a livello europeo, sul carattere distintivo delle produzioni locali». In Oltrepò c’è un grande dibattito sul tema e sul problema dei migranti. Concretamente qual è la sua soluzione? «L’immigrazione sino ad ora è stata un vero e proprio business per i partiti. Il M5S invece è da tempo pronto a risolvere il problema con una soluzione concreta, e cioè assumendo 10.000 laureati che entreranno a far parte delle Commissioni di valutazione dei richiedenti asilo che oggi ci mettono ben 18 mesi per valutare lo status di richiedenti asilo. Con l’assunzione di 10mila giovani, noi ridurremo i tempi a soli 2 mesi, come del resto accade in altri Paesi europei. Fino ad oggi, i partiti hanno avuto convenienza a mantenere tempi lunghi, in un circolo vizioso fra cooperative e partiti che ha danneggiato fortemente il Paese e le tasche dei cittadini, comportando ingenti spese che potevano essere evitate. Infatti, basti moltiplicare 35/40euro al giorno che lo Stato dà alle cooperative,
e non certo agli immigrati, per 18 mesi (tempo occorrente per la valutazione di un richiedente asilo), per rendersi conto di quanti soldi siano, circa 20mila euro per immigrato, fanno un sacco di soldi. Come è facile capire, dunque, i vecchi partiti non hanno convenienza a risolvere il problema immigrazione perché più stanno in Italia i richiedenti asilo, più le Cooperative si ingrassano e sono poi le stesse Cooperative a finanziare i partiti. Se noi, invece, riduciamo i tempi a 2 mesi, risparmiamo soldi rispetto a quanto si spende oggi, anche assumendo 10mila persone, ed acceleriamo l’iter interrompendo il circolo vizioso. Ed è questa, secondo noi, l’unica soluzione possibile in concreto». Strade: sono uno dei nodi critici più avvertiti dagli oltrepadani, la situazione è al collasso e soldi sembrano non essercene. Qual è se venisse eletto la sua soluzione per risolvere il problema? «Così come ho descritto per i ponti, il problema si pone anche per le nostre strade oltrepadane. Il M5S intende dare assoluta priorità alla manutenzione, ripristino e riqualifica delle nostre strade e reperire i fondi necessari, sottraendoli da quelli impiegati per le grande opere inutili e devastanti». In ogni campagna elettorale tutti i candidati hanno programmi e fanno tante promesse. Con una sola frase perché un cittadino dell’Oltrepò dovrebbe votare per lei? «Credo che, per me, parlino più le azioni concrete delle parole. Nel mandato in Regione Lombardia, penso di essermi contraddistinta per concretezza d’azione, più che per parole o promesse, per questo lo slogan che adotterei è “Fatti, non parole!”. Alla concretezza, ho sempre affiancato un metodo basato sullo studio e l’analisi di tutte le problematiche, nonché grande determinazione nel portare avanti le istanze del territorio, al fianco e con il supporto dei cittadini, delle associazioni, dei comitati, e con la collaborazione dei nostri consiglieri comunali e gruppi di attivisti sul territorio. In Regione mi sono adoperata nella battaglia contro l’inceneritore di Retorbido, ho denunciato lo stato di inquinamento delle acque di alcuni nostri corsi d’acqua, fra cui il torrente Coppa a Casteggio, mi sono attivata contro la siccità che sta affliggendo una parte del nostro Oltrepo’, con la mozione M5S in cui abbiamo ottenuto una moratoria per le derivazioni idroelettriche. Mi sono adoperata per ottenere finanziamenti sul nostro territorio per il dissesto idrogeologico e per la bonifica dei nostri siti contaminati, primo fra tutti il SIN Ex Fibronit, contro l’autostrada Broni-Mortara e in favore del potenziamento dei servizi di trasporto pubblico di collegamento, nonché della manutenzione e riqualifica delle nostre strade e ponti. Tutto ciò, dall’opposizione, rappresentando sempre gli interessi del territorio, con le mani libere e con passione e spirito di servizio, cercando di dare io per prima l’esempio».
POLITICA
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Pesato: «Ci vorrebbero parlamentari con le palle» Vittorio Pesato, residente a Pavia, candidato al Senato per Forza Italia. Questione Ponte della Becca e ponti dell’Oltrepò: di chi è la responsabilità di quello che è successo e sta succedendo? «Un’Amministrazione Provinciale miope che negli ultimi 20 anni sembra non essersi mai accorta di nulla! Incedibile! Ha in mente una proposta per la soluzione di questo problema? Ci vorrebbero parlamentari con le palle che portino il futuro ministro sul ponte e gli facciano vedere in che situazione e’! Spiegandogli che il nuovo ponte e’ una questione prioritaria e che senza le risorse si aprirebbe una bagarre in parlamento». Il vino: una delle componenti più importanti dell’economia oltrepadana, un mondo in crisi ma dalle grandi potenzialità. La sua ricetta per risolvere i problemi esistenti e rilanciare questo motore dell’economia? «Ridurre il numero delle doc e docg ( 33 e 52 mi sembrano una follia...), ridurre la superficie vitivinicola convertendo la parte improduttiva in noccioleti, e puntando su tre/quattro tipologie di Pinot nero, Bonarda ed altre due al massimo, questo dal punto di vista del marketing. Una linea di produzione industriale ed una di alta qualità per le migliori carte dei ristoranti». La prima proposta in favore dell’Oltre-
pò una volta entrato al Senato? «Ponte della Becca e centro turistico enogastronomico all’uscita di una delle autostrade. Senza spa, alberghi attrezzati e centro congresso difficile fare turismo per la zona». In Oltrepò c’è un grande dibattito sul tema e sul problema dei migranti. Concretamente qual è la sua soluzione? «Una in mente la avrei ma non è attuabile nell’immediato. Il problema è nazionale: bisogna mappare i centri di accoglienza e chiuderli, per poi rispedirli tutti a casa. Portano disagio e delinquenza e riducono le risorse per la cura degli azioni e bisognosi». Strade: sono uno dei nodi critici più avvertiti dagli oltrepadani, la situazione è al collasso e soldi sembrano non essercene. Qual’è se venisse eletto la sua soluzione per risolvere il problema? «Come per il ponte, far vedere come l’ente provincia ha conciato l’Oltrepò». In ogni campagna elettorale tutti i candidati hanno programmi e fanno tante promesse. Con una sola frase perché un cittadino dell’Oltrepò dovrebbe votare per lei? «Perché ci sono sempre stato e sempre ci sarò». Vittorio Pesato
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CERVESINA
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«Convivenza tranquilla con i giovani stranieri che si sono dimostrati rispettosi ed educati» Daniela Sartori, cervesinese doc, impegnata politicamente da quattro anni come vicesindaco e assessore con delega al personale, alla cultura ed alla scuola. Il suo sguardo è rivolto al futuro ed ai giovani, senza tralasciare le tradizioni «La vera forza aggrgante della nostra comunità». Sartori com’è nato il suo impegno politico? «Sono già passati quasi quattro anni da quando l’attuale sindaco, Daniele Taramaschi, mi ha chiesto di candidarmi alle elezioni comunali. Non ci avevo mai pensato… Mi ero sempre “occupata” del mio paese come volontaria, facendo parte di gruppi desiderosi di organizzare, gestire, fare beneficienza per tener vivo il paese. Senza nessuna carica istituzionale. Ora compio le stesse azioni con la responsabilità di chi vive quotidianamente la propria funzione al servizio della comunità. Sì, perché la nostra era una lista civica, composta da persone di varia formazione culturale, professionale e politica, accomunate dall’unico desiderio di impegnarsi sul territorio in maniera totalmente volontaristica». Lei è una cervesinese doc? «Vivo a Cervesina da cinquant’anni: in questo paese, il mio paese, sono nata, cresciuta, sposata, e ho allevato due figli. Oggi sono anche nonna di una piccola peste che mi riempie il cuore di gioia. Lavoro a Pavia come personale amministrativo di supporto alla ricerca presso il Policlinico San Matteo e questo, ovviamente, mi impegna tutta la settimana. Ritagliare, tra gli impegni professionali e famigliari, il tempo necessario all’attività amministrativa è sicuramente l’ostacolo maggiore che la frenetica vita quotidiana ci costringe a superare». Lei è in comune da ormai quasi 4 anni, come è stato l’inizio della sua esperienza, se non ricordo male avete ereditato qualche problemino... «Siamo stati eletti nel maggio 2014. I primi anni ci hanno visti coinvolti nella riorganizzazione contabile e finanziaria delle casse comunali: azione non semplice e non priva di difficoltà che ha visto coinvolto non solo la Giunta e i Consiglieri, ma anche il personale degli uffici che hanno lavorato con determinazione per sistemare una situazione critica. Inoltre, le sempre maggiori difficoltà economiche dovute alle diminuite entrate erariali, l’adattamento a metodi e dinamiche della finanza locale, sottoposta alla rivoluzione delle recenti norme, hanno messo a dura prova il nostro senso di responsabilità. Abbiamo lavorato tutti, dipendenti comunali compresi, facendo ognuno la propria parte, con consapevolezza e coraggio per il bene del paese. Senza un bilancio chiaro e preciso, non è possibile discutere, progettare, pianificare… Adesso abbiamo una situazione che ci fa ben sperare per il
futuro: mantenere gli equilibri di bilancio per garantire efficienza ed efficacia». Cosa pensa dei comuni come il suo di dimensioni modeste, si arriverà a fusioni, avete già sinergie con altri? «Il nostro lavoro, si è concentrato sulla struttura comunale, riducendo gli sprechi, incentivando, insieme al Comune di Pancarana che fa parte dell’Unione, le gestioni associate dei servizi e iniziando a ragionare su un percorso condiviso che guardi senza pregiudizi all’ipotesi di fusione fra i Comuni stessi, stipulando convenzioni con i paesi limitrofi per quanto riguarda il servizio di polizia municipale sulla base di una razionalizzazione della spesa pubblica e un miglioramento del servizio stesso» L’andamento demografico del Comune com’è, risente di flussi migratori? «Da diversi anni, a Cervesina si è assistito ad un graduale aumento demografico (attualmente 1.242 abitanti) dovuto ad una migrazione di cittadini extracomunitari e, dall’anno scorso, ad una decina di cittadini stranieri richiedenti asilo politico, per lo più provenienti dalla Nigeria e dal Ghana. I profughi alloggiano in una casa in centro paese messa a disposizione da un privato e gestiti, come previsto dalla legge, da una cooperativa autorizzata dalla Prefettura» L’arrivo di questi profughi ha creato problemi in paese? «Il loro arrivo non è stato indolore: siamo stati avvisati solo pochi giorni prima e devo dire che subito l’idea ha scatenato ansie e paure di fronte ad una realtà enorme per un paese piccolo come il nostro. Fortunatamente, al momento, la convivenza è molto tranquilla e i giovani stranieri si sono dimostrati rispettosi ed educati. Certo che quello dei profughi, costretti ad abbandonare le loro terre a causa di guerre o di persecuzione, è un’emergenza umanitaria di dimensioni enormi e non saranno certo le Amministrazioni locali a risolvere la situazione. In attesa che il mondo politico prenda le sue decisioni, a noi non rimane che gestire al meglio la situazione». Veniamo ai progetti cosa bolle in pentola? «è impegno dell’Amministrazione tutta, e mio in modo particolare, promuovere e valorizzare la scuola d’infanzia ed elementare del nostro paese e costruire un rapporto proficuo con le insegnanti per realizzare iniziative di notevole utilità per i nostri bambini e studenti. Sono state aumentate le risorse che il Comune ha messo a disposizione e sono stati proposti nuovi servizi educativi. Grazie anche alla Biblioteca Comunale, gli studenti della Scuola Elementare hanno potuto partecipare ad eventi di notevole interesse, organizzati in collaborazione con il personale del dopo-scuola. Intendiamo continuare su questa strada migliorando ancor più i rapporti con le insegnanti e potenziando i servizi e le strutture che consentano di ampliare le opportunità
Daniela Sartori, vicesindaco di Cervesina educative per gli studenti e le famiglie». Quindi molta attenzione al mondo della scuola ed ai più giovani... «Quando si parla della scuola si parla delle speranze e delle aspirazioni di migliaia di famiglie, di ragazzi e ragazze che contribuiranno, attraverso il loro personale cammino, all’Italia di domani. Pensando ai giovani, e devo dire che a Cervesina siamo molto fortunati ad avere un gruppo di ragazzi molto attivi e partecipi alle varie iniziative comunali, da un paio d’anni l’Amministrazione Comunale consegna ad ogni neo maggiorenne una copia della Costituzione Italiana; un gesto semplice, un modo per cercare di avvicinarli alla vita sociale, politica e civile del nostro paese, quasi la necessità di tramandare di generazione in generazione ciò che di fondamentale sono riusciti a fare i nostri padri costituenti ed esortarli ad essere cittadini coscienti e consapevoli dei diritti e dei doveri della convivenza civile». Cervesina, oltre a queste lodevoli iniziative istituzionali è anche teatro di diverse manifestazioni... «Sì certamente. Non posso non citare, in questo resoconto, anche l’impegno offerto all’organizzazione di eventi e manifestazioni locali più in qualità di residente che non di amministratore, ma con la medesi-
ma convinzione che è sempre più necessario mantenere vive le nostre tradizioni, quelle che in tempi lontani erano la vera forza aggregante della nostra comunità. Ed è con grande soddisfazione che ricordo le tradizionali feste di San Giuseppe, di San Martino, i concerti e le serate conviviali estive nella magnifica piazza principale del paese. Il rivivere, seppur così schematicamente e velocemente, gli anni appena trascorsi di questo mio cammino “pubblico” mi solleva dalle molte fatiche e da qualche delusione». è soddisfatta del suo lavoro, vedo che la appassiona molto, pensa di ricandidarsi, magari come primo cittadino? «Non sono certo io che devo giudicare il mio lavoro: lo faranno probabilmente i miei compaesani alla prossima tornata elettorale qualora decidessi di ricandidarmi. Mi rimane, e mi rimarrà, comunque la consapevolezza di averci messo tutto il mio impegno ed entusiasmo. E se il giudizio “pubblico” non dovesse soddisfare e soddisfarmi, non mi rimarrà che abbracciare la mia piccola peste. Guardando lei sorge sempre un sorriso e splende sempre il sole». di Giacomo Lorenzo Botteri
RETORBIDO
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«Abbattimento del canone di affitto per genitori separati o divorziati» Isabella Cebrelli, sindaco del Comune di Retorbido, che ha combattuto in prima linea per il fronte del No alla Centrale Pirolisi, ma il suo impegno politico non si è limitato solo a questo. Tanti i lavori messi in cantiere «alcuni già finiti, altri in via di conclusione». Sindaco non c’è due senza tre, pronta al terzo mandato? «è troppo presto per prendere tale decisione, valuterò insieme ai miei amici e sostenitori se ci saranno le condizioni per proseguire per il bene di Retorbido e dei suoi cittadini». Il suo Comune nonostante l’andamento demografico negativo nazionale ha avuto un incremento di popolazione, come lo spiega? «Retorbido nonostante anche la crisi edilizia che ha messo in ginocchio il settore, ha avuto un notevole incremento demografico dovuto anche al fatto che siamo riusciti a mantenete e a migliorare vari servizi quali l’asilo nido, la scuola materna ed elementare. Disponiamo inoltre di un bellissimo teatro dove vengono fatte tante manifestazioni quali rappresentazioni teatrali, presentazione di libri, operette, tornei di scacchi, tornei di gioco a carte e tombole. Inoltre in collaborazione con Unitre si svolgono incontri con medici per parlare di prevenzione e cura della varie malattie». L’aumento demografico può anche essere dato dalle tante case famiglia e residenze per anziani? «Sì alcuni hanno portato la residenza all’interno della struttura. A Retorbido abbiamo 10 case famiglia ed una casa di riposo. Proprio in questi giorni la Regione ha approvato il progetto C.A.S.A. Ed ha quindi definito i requisiti minimi di esercizio, indicando le modalità e le tempistiche di adeguamento di parte delle strutture già esistenti e non, che accolgono anziani autosufficienti». Che ne pensa della fusione tra piccoli
Isabella Cebrelli Comuni, è favorevole? «Io credo che tra qualche anno sarà inevitabile. I trasferimenti erogati dallo Stato sono sempre minori, gli oneri di urbanizzazione, vista la crisi edilizia, non costituiscono più un’entrata sicura per i Comuni che possono contare solo sulle tasse che i cittadini pagano ma che certamente non riescono a coprire tutte le spese necessarie per amministrare il paese». Voi però avete già messo in pratica sinergie con altri Comuni? «Sì, noi collaboriamo con il Comune di Codevilla per il servizio di Polizia Locale e Protezione Civile e con il Comune di Rivanazzano Terme abbiamo stipulato una convenzione per la segreteria, ma indubbiamente unire più servizi ci permetterebbe di diminuire i costi e dare maggior e soprattutto migliori servizi ai nostri concittadini». Lei è stata tra le protagoniste, quale primo cittadino della battaglia contro la centrale pirolisi «Dopo due anni si è finalmente conclusa
la vicenda “pirolisi” che ha visto l’impegno delle istituzioni e del Comitato, uniti insieme per vincere la battaglia contro l’impianto. Devo ringraziare i miei colleghi Sindaci, l’assessore Terzi e tutti i rappresentanti politici che mi sono stati vicini in questi anni ma un ringraziamento particolare lo merita il Comitato che ha saputo coinvolgere migliaia di persone e che ha avuto un consenso trasversale che è stata la forza e che ancora oggi mette la sua esperienza al servizio del paese e dei vari comitati per difendere l’ambiente ed il nostro territorio». Torniamo all’attività del Comune, quali sono i principali interventi che la sua amministrazione ha posto in essere in questi ultimi anni? «I lavori messi in cantiere sono tanti, alcuni già finiti, altri in via di conclusione. Tra le opere terminate il lavoro che ci ha impegnati maggiormente è stato il rifacimento della rete fognaria in via Gorini dove da troppo tempo si registravano difficoltà legate allo scarico di questa rete con allagamenti alle cantine. Mi sono fatta carico delle richieste dei cittadini e devo ringraziare Pavia Acque che ha inserito il nostro Comune in un piano di intervento denominato Oltrepò - Vogherese e finalmente siamo riusciti a realizzare questa opera che consente dopo tanti anni di tornare ad una situazione di normalità. Altri interventi sono stai la messa in sicurezza del teatro ed il miglioramento sismico in seguito alle criticità rilevate dopo il sisma del 2013, nonché la messa in sicurezza delle scuole con l’installazione dell’impianto rilevamento fumi, opere edili ed elettriche collegati al certificato prevenzione incendi. Infine all’asilo nido dove purtroppo a causa di una perdita della tubatura dell’acqua di riscaldamento abbiamo dovuto intervenire rifacendo un tratto dell’impianto di riscaldamento e conseguente rifacimento del pavimento». Tutti interventi prioritari molti dei quali
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legati alla sicurezza specie delle scuole. Nei prossimi mesi avete opere in cantiere? «Partiremo con la sistemazione dell’area verde presso il cortile della scuola con il rifacimento della pavimentazione intorno ai giochi; è previsto il rifacimento della facciata del cimitero portandola in parte con sassi a vista, proseguiremo l’asfaltatura di alcune strade comunali e la manutenzione della segnaletica orizzontale». Vedo sempre molta attenzione alle scuole... «A tal riguardo vorrei anche ricordare che il nostro Comune è stato ammesso alla misura Nidi Gratis della Regione Lombardia che favorisce le famiglie in possesso dei requisiti previsti dal bando. Questa misura prevede che le famiglie non dovranno anticipare il pagamento delle rette che viene pagata direttamente dalla Regione. Un altro aiuto riguarda il contributo annuo a genitori separati o divorziati per l’abbattimento del canone di affitto per il genitore che non ha più la disponibilità della casa familiare».
«A Retorbido abbiamo 10 case famiglia ed una casa di riposo» Un ultima domanda sui rifiuti, problema eterno di tutti i comuni come siete messi? «Il primo luglio partirà finalmente la raccolta differenziata con i Comuni di Rivanazzano Terme e Godiasco Salice Terme. Stiamo mettendo a posto gli ultimi dettagli con l’Asm per rendere il servizio più comodo ed agevole per gli utenti e nei prossimi mesi organizzeremo incontri coi cittadini per spiegare come funzionerà il sistema di raccolta». di Giacomo Lorenzo Botteri
RIVANAZZANO TERME
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«Il mercatino poteva fare la differenza, spostandolo, tanti espositori non sono più venuti» Vincenzo Bina è il titolare dell’omonima notissima attività in Rivanazzano Terme, aperta nel 1979. Inizialmente l’azienda era gestita dai genitori e dal fratello Paolo. Quando Lei è entrato a far parte dell’attività? «Io ho sempre lavorato nell’attività di famiglia, e negli anni ’80 sono entrato in società. Originariamente, nel 1973, il nome era “Bar Ferrari” e si trovava in fianco alla posizione attuale, dove ora c’è il Covo 28. Nel febbraio 1979 ci siamo spostati. Era la tipologia di bar che andava allora: si giocava a carte, a il biliardo ... ». In quegli anni, tempi d’oro si direbbe, a Rivanazzano di bar ce n’erano molti... «Sì, ce n’erano tanti allora, ma come ce ne sono altrettanti oggi! C’è sempre stato il posto che lavorava di più ed il posto che lavorava un po’ meno... Prima era però molto più semplice per tutte le attività. Infatti, ad esempio, nel 1983 abbiamo deciso di allargare il locale e di creare la gelateria: all’epoca c’era stato il vero e proprio boom del gelato! Si lavorava tanto d’estate, ma anche in inverno... Quando mi sono reso conto che il gelato iniziava a non “andare” più come prima, come tutte le cose, ho cominciato a fare il primo happy hour nella sala di sotto: era il 2000. Già avevamo rinnovato il locale nell’83 togliendo il biliardo, le carte… avevamo cambiato tipologia di bar, non era più il classico bar da paese...». Un pioniere dell’happy hour? «Era un’idea che veniva dalla grande città, da Milano, e molti mi davano del matto! Erano dubbiosi sul fatto che potesse avere acchito, ma se si fanno le cose ridimensionandole al posto in cui si vive, e si fanno bene, funzionano! Quando è diventato di moda, ho fatto sei/sette anni in cui si lavorava veramente tanto, in estate ovviamente di più, ma anche nei mesi invernali si lavorava comunque». Ha risentito della crisi? «Secondo me la crisi incide nel senso che prima c’era molta più gente in giro... adesso molta meno, e se funziona un posto non funziona l’altro... Se fai solo da bere non riesci a lavorare: perché la gente esce molto meno, perché è cambiato il mondo, le generazioni, gli usi e le abitudini... prima andava il gelato, poi c’è stato un momento in cui andava il gin tonic, poi il cuba libre, poi il mojto… mi sarebbe piaciuto aprire un sushi bar perché completava l’attività, ma era difficoltoso dal punta di vista logistico. Mi è capitato di andare al Garibaldi a Stradella, dove ho mangiato veramente molto bene tra l’altro, e ho capito che qui a Rivanazzano non avrebbe funzionato bene, perché non c’è la clientela giusta : nel senso che in ‘pochi’ non guardano il prezzo... e così ho avuto l’idea della pizzeria, una tipologia che da noi non c’era, prendendo spunto sempre da Milano, e non faccio pagare il coperto. Se sei bravo a cambiare e sei in un posto in cui c’è suf-
Vincenzo Bina, dal 1979 gestisce la sua attività a Rivanazzano Terme ficiente utenza, rinnovandoti vai avanti. Se ti fossilizzi, pensando di avere ragione anche se la gente non ti premia… chiudi...». Nell’ultimo decennio sembra che Rivanazzano Terme abbia assunto un’allure più modaiola: è un paese sempre pieno di gente. Questa è la sensazione, almeno, di chi rivazzanese non è ma che Rivanazzano frequenta... «Prima di quest’ultimo decennio si lavorava non so quante volte di più, secondo me... Si lavorava anche un po’ di riflesso a Salice Terme... ma tutta questa gente ora
«Originariamente, nel 1973, il nome era Bar Ferrari»
non c’è più, e questo è un dato di fatto». C’è un antidoto? «Non credo ci sia un antidoto, almeno non adesso...». Che ruolo ha avuto l’amministrazione comunale? «Parlando di amministrazione comunale, uno può far bene in un modo o in un altro... potrei dire quello che farei io, ma non è detto che sia meglio...». Quindi il suo modo di vedere le cose non è in accordo con l’amministrazione? «Secondo me, le amministrazioni comunali si adattano un po’ a fare quello che hanno sempre fatto da anni a questa parte. Io cambierei le feste, che a mio giudizio non giovano a nessuno: è vero che fanno venire gente a Rivanazzano, ma per chi? Se hai un’associazione, qualsiasi, che fa da
mangiare, da bere… la gente consuma lì, e a me gestore cosa porta? L’unica situazione migliorabile era il mercatino, a detta di tutti e lo dico anch’io perché sono nato e vivo qui: il mercatino poteva fare la differenza perché era di qualità! Ma spostandolo, tanti espositori non sono più venuti. La piazza, evidentemente, era una zona selezionata ed il cuore del paese: mi chiedo il motivo per il quale sia stato spostato nel parco… una volta il vigile ti faceva la multa se calpestavi l’aiuola, ed ora ci fai mettere i banchi? Asfaltiamo tutto allora. Credo che sarebbe stato meglio lasciarlo in Piazza Cornaggia». Non crede che questa scelta sia stata dettata dal fattore parcheggio? «Di posteggi c’è carenza. L’unica soluzione fattibile, a mio giudizio, è l’acquisto di terreni da parte del comune per creare posti auto. Ce ne sono due all’ingresso di Rivanazzano che potrebbero essere convertiti a quest’uso, secondo me: non so se sarà possibile, ma...». Molti eppur sostengono sia molto più “organizzato” Rivanazzano rispetto, ad esempio, a Salice... «Salice non esiste, prima di tutto, e quindi è impossibile fare un paragone. Tolti i locali notturni, di Salice cosa resta? A Rivanazzano c’è tutto, è un paese sicuramente bello, ma, ad esempio: quando era sindaco Barbieri, hanno fatto costruire, al posto dell’Albergo Grande, una “casbah”. Deve essere stato necessario uno studio, non so di quale tipo, per farla così brutta! E pensare che all’epoca era una bella zona... Lo si rovina un paese facendo così! La ditta che si è occupata dei lavori è fallita, e questo
posto ad oggi non è ancora finito! Perché, ancora, togliere il trenino che collega Voghera, Rivanazzano e Varzi? Perché non hanno costruito la pista ciclabile a fianco o lì vicino ad esempio?». Come vede quindi tutte le feste che vengono fatte qui in paese? « L’unica che porta un po’ di gente è comunque il mercatino: le altre a me dan del danno a livello imprenditoriale. La gente arriva, occupa posteggi, e se ne va alla festa: ed il mio cliente abituale non trova posto, e se ne va... Dobbiamo guardare ai paesi un po’ più “avanti”: mi ricordo della giostra e dello zucchero filato fin dai miei 5 anni: sono 47 anni fa, e vedo ancora quella giostra! Io capisco tutto, ma mi sembra di essere tornato un po’ agli anni sessanta...». Farà queste proposte al Sindaco Poggi? « Gliele farei anche subito, per me è la verità. Non c’è nulla da nascondere: il parco andrebbe sfruttato in modo diverso!». E come sfrutterebbe il Parco Brugnatelli? «Bisogna guardarsi intorno e guardare cosa fanno gli altri. Se si vogliono fare manifestazioni a scopo di lucro va bene, ma allora a gennaio si dovrebbe fare una riunione con tutti i commercianti, così ognuno potrebbe dire la propria, anche sbagliando». Gli imprenditori rivanazzanesi non sono mai stati coinvolti dalla Pro loco o dall’Amministrazione? « Una volta c’era “Rivanazzano Produce”, negli anni ’80, e si svolgeva nei giardini: ogni locale o attività aveva il proprio banchetto e ognuno vendeva il proprio prodotto...». di Lele Baiardi
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Sono il “Procuratore” di Donato “Tato” Nobili
Donato Nobili, per tutti Tato, lo conosco da anni e anni pur essendo lui più vecchio, molto più vecchio di me. Tra noi c’è sempre stata amicizia, abbiamo collaborato professionalmente, abbiamo riso e scherzato insieme. L’anno scorso è iniziata la sua collaborazione con il Periodico News, bella e simpatica collaborazione. Tato ogni mese ci ha fatto riflettere e ci ha fatto sorridere e divertire con la sua striscia satirica. Innumerevoli sono le persone da lui ricordate, vezzeggiate, ma anche “punte” con battute sagaci. Nel 2017 sono molte le frasi ad effetto da lui usate nella sua striscia comix: come non dimenticare, una tra le tante, “Alpeggiani boys o meglio Alpeggiani toys”. Devo dire che mai Il Periodico News è intervenuto suggerendo il tema della striscia comix mensile di Tato e mai è intervenuto dicendo “Non è che questa striscia offenderà qualcuno?” Perché Tato è un cavallo di razza che deve essere lasciato libero di correre dove e come vuole. Tutto bello, sembrerebbe. Così non è, con il passare degli anni il buon Tato, conscio delle proprie capacità è diventato anche esoso, ogni mese chiedeva un aumento di
stipendio, ogni mese chiedeva qualcosa in più e per un po’ Il Periodico facendo anche grandi sacrifici è sottostato alle sue, sempre più esose, richieste; finché a dicembre non è più stato possibile. Con tanto dispiacere è stato detto pazienza, convinti che anche i migliori lettori del mondo, i lettori de Il Periodico, non si sarebbero accorti o avrebbero dimenticato in fretta l’assenza mensile di Tato. Mai errore fu più grande! L’Oltrepò è piccolo e Salice, dove ha sede Il Periodico, è a “un tiro di schioppo” da Rivanazzano. A gennaio quando è uscito l’ultimo numero senza la striscia firmato da Tato, tanti mi hanno fermato per dirmi come mai Tato non fosse presente. Io ho cercato, per quanto ne sapevo, di spiegare il perché e il per come, ma non c’è stato niente da fare… I fans, i tanti fans, come ho potuto appurare in queste settimane, hanno richiesto e richiedono a gran voce il suo ritorno su queste pagine. Ho visto, in queste settimane, più volte Tato e gli ho chiesto di ritornare per far contenti i tanti che ne hanno sentito la mancanza e gli ho chiesto anche di non essere troppo esoso con le richieste economiche nei confronti de Il Periodico. Ho trattato
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con l’editore la retribuzione di Tato per il 2018, mi sono sentito un po’ Raiola quando tratta con un presidente l’ingaggio di Zlatan Ibrahimović. Alla fine… ho ottenuto il risultato sperato! Tato aveva chiesto il triplo di quanto percepiva nel 2017 ... alla fine ho concordato “solo” il doppio per il 2018. Chiaramente, come ogni procuratore, ho chiesto a Tato, la mia percentuale su quanto da me concordato con l’editore, in questo caso, forse alla luce della vecchia amicizia, mi ha detto “mi ciap al dupi, a ti ad do al dupi” (io prendo il doppio, a te darò il doppio). Lo sforzo fatto dall’editore è grande e avere un incremento del doppio è un’impresa che neanche forse a Cristiano Ronaldo riesce. Tato lo ha capito e così da Marzo, il prossimo numero, ritornerà a fare la sua striscia comix! Ci credo che ritorna, prende il doppio rispetto all’anno prima…! Tato Nobili e Trudy (la sua segretaria di redazione), randagia di Tortona
di Antonio La Trippa
GODIASCO SALICE TERME
il Periodico News
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Rilancio turistico di Salice Terme «Viaggiando s’impara» Alessandro Meisina, ha gestito e gestisce, una delle strutture ludico-sportive, più grandi, se non la più grande, ed importanti di tutto l’Oltrepò: il Golf di Salice Terme. Ha organizzato con altre sue società eventi ludici e sportivi in molte parti d’Italia, ha gestito e gestisce, locali pubblici in altre regioni italiane, per lavoro, per sport, per diletto, ha girato il mondo. Il proverbio dice che: “girando s’impara” e parlando con Alessandro capisci che ha girato, visto ed imparato. Ha accumulato un’esperienza ed esperienze che gli permettono di fornire idee sul turismo, sull’organizzazione d’eventi, magari idee opinabili, per qualcuno, magari qualcuna vista e copiata da posti e situazioni nel quale è stato, ma certamente tutte con una visione ad ampio respiro, una visione certamente non paesana e di piccolo cabotaggio. Eh si...perchè Alessandro Meisina ha fatto molte esperienze, ha viaggiato molto e come dicevamo prima...viaggiando s’impara. Ha la delega al turismo, e pur tra 1000 impegni imprenditoriali e professionali, si sta mettendo all’opera, per fornire il suo contributo per il rilancio turistico salicese, per quanto sarà fattibile e possibile, anche in base alle risposte di Salice e dei suoi operatori turistici ed esercenti. Certamente, la delega al turismo, che gli è stata data, è una scelta azzeccata, perchè è certamente, se non l’unico, nell’ambito della neoeletta giunta Godiasco-salicese, ha esperienza e conoscenza per parlare, con cognizione di causa di turismo... perchè Alessandro ha visto e viaggiato e ..”viaggiando s’impara”. Lei è un imprenditore nel settore dei locali pubblici ed ha accumulato, anche con altre attività, esperienza nell’organizzazione di eventi. Come vede oggi la situazione a Salice Terme? «Parlando nello specifico di mondo notturno mi sembra che i locali stiano lavorando. Hanno funzionato quest’estate e funzionano quest’inverno come è sempre stato, anche se qualche anno fa c’era più gente. Per quanto riguarda “il diurno” è una situazione che non si sposta da anni. il problema è che Salice è frequentata da persone che arrivano dalle città limitrofe, ma non andiamo più in là. Prima era frequentata da persone che arrivavano anche da più lontano». Quello che è stato è stato, la situazione oggi è questa. I locali notturni nel weekend sicuramente hanno un ritorno, ma quale potrebbe essere la possibile soluzione per far lavorare di più i locali pubblici di Salice, e non solo quelli legati al mondo della notte? «Una sola: organizzare eventi! Non ne vedo altre. Eventi che si rivolgano soprattutto alle famiglie, è importante attrarre le famiglie e non solo i giovani che si divertono la sera. Gli eventi nella situazione at-
tuale li vedo diurni e di una sola giornata, non ci sono le strutture adatte ad ospitare eventi con una durata superiore». Organizzare eventi per un pubblico eterogeneo e vasto necessità di strutture, del tempo favorevole e di altre variabili positive. Lei pensa che sia possibile organizzare eventi per dodici mesi o solo nei periodi favorevoli, come quello primaverile-estivo ad esempio? «Bisogna stare con i piedi per terra e iniziare a organizzare. Dare un numero è impossibile, ma inizierei con il fare eventi in primavera ed in estate perché risulta più semplice rispetto ai mesi invernali poichè non abbiamo strutture adatte. Facciamone qualcuno bello... e d’estate. Un punto di partenza per poi farne altri. È importante fare un bagno di umiltà e capire che la situazione di partenza non è quella di 10-15 anni fa!». Tanti eventi piccoli o pochi grandi? «Secondo me ci vorrebbero due o tre grandi eventi coadiuvati da altri più piccoli, bisognerebbe fare un programma che va da maggio a settembre, un programma che deve essere pubblicizzato e faccia passare il messaggio che Salice è un posto dove si organizzano eventi, se si parla solo di uno si capisce che c’è solo quello. Dobbiamo partire dal passato e dalle cose belle che ci sono state, l’evento cinofilo “agilty Dog” è stato un evento bellissimo, con voci discordanti, però è stato un evento che ha portato gente, ma fine a se stesso». A Salice negli anni ci sono stati vari tentativi da parte degli operatori di creare associazioni, l’ ultima in ordine di tempo è stata l’Associazione Operatori Turistici. Perchè a Salice, a differenza degli altri paesi limitrofi, le associazioni di volontariato per ideare e organizzare eventi non riescono a funzionare? «Perchè non sono loro che devono organizzare! Mi spiego meglio: il loro contributo è importante, ma non sono loro a dover organizzare l’evento. Un’associazione formata da imprenditori, ognuno dei quali ha il proprio lavoro, che riesca ad organizzare e gestire anche eventi è difficile e impegnativo. Dovrebbe essere un’agenzia esterna ad ideare, organizzare e gestire l’evento o gli eventi. Nei paesi limitrofi le associazioni funzionano di più e non so il motivo, ma credo che la differenza la faccia proprio Salice paese, perché possiede caratteristiche diverse e storicamente ha esigenze diverse... va detto anche che a Rivanazzano, ad esempio, ci sono i rivanazzanesi mentre a Salice non ci sono i salicesi. Chi abita a Salice non sente il senso di appartenenza. Credo comunque che qualche passo avanti sia stato fatto, almeno a Godiasco, che è una realtà comunque molto diversa rispetto a Salice : il teatro Cagnoni ha una programmazione che sta andando
bene, fatta dalla Parrocchia del Blues, da Giulio Garavana. Su iniziativa del nostro sindaco, che ha individuato in lui la persona giusta e la cosa sta funzionando, un altro passo avanti è stata la creazione della Pro Loco di Godiasco». Lei pensa veramente che la Pro Loco di Godiasco sia di Godiasco come di Salice? «Visto l’entusiasmo con cui è stata creata sì. Alcuni eventi si sono tenuti a Salice, quindi l’intento è quello di aver costituito una Pro Loco sia per Godiasco che per Salice». Lei prima ha detto che le associazioni, gli operatori e i gestori non dovrebbero organizzare, ma trovare le risorse e individuare una persona che organizzi eventi. Perché a Salice dovrebbe scegliere una strada diversa rispetto a Rivanazzano o a Godiasco, dove gli eventi sono organizzati “in casa” dalle Pro Loco o da organizzazioni di volontari? «Penso che per natura gli eventi che abbiamo sempre visto a Salice non possono essere organizzati da una Pro Loco, se l’obbiettivo è quello di riportare in auge Salice con eventi della portata del passato. Anche il fattore economico non va sottovalutato, eventi di un certo tipo, hanno budget di spesa importanti, penso che solo dei professionisti possano gestire questa tipologia d’eventi, perchè è il loro lavoro e si dedicano completamente ad esso».
«Dovrebbe essere un’agenzia esterna ad ideare, organizzare e gestire l’evento o gli eventi» Fattore solo economico o di competenze? «Entrambe le cose. All’interno della Pro Loco potrebbe esserci qualcuno con le capacità, ma per fare un qualcosa di importante ci vuole gente pagata! Mi ripeto, se una persona lo fa a tempo perso perché ha i propri affari da gestire, giustamente, non può dedicare il 100% del suo tempo. Ribadisco è chiaro che non è pensabile ad un investimento di centinaia di migliaia di euro, ma bisogna partire dalle basi… cercare risorse economiche e sponsor». Quindi gli eventi che dovrebbero essere organizzati a Salice devono essere diversi dagli altri paesi della zona? «Diversi perché lo sono sempre stati, non penso che a Salice si possano ripetere le stesse cose che si fanno negli altri paesi, ma cose di un altro spessore e questo è stato un po’ l’errore degli ultimi anni. Ad esempio dico si al mercatino di Salice, ma
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con modalità, e tipologie di prodotti ed espositori diverse». La strada che indica è che gli operatori turistici e gli esercenti di Salice trovino e scelgano una società o una persona in base alla serie di eventi che propone. Qualsiasi società o persona che fa questo vuole essere pagata. Le associazioni di volontariato fanno pagare quote molto basse e in questo caso la quota non può essere bassa. Quanti esercenti di Salice sono disposti a pagare una quota significativa? Soprattutto sarebbero d’accordo ad esternalizzare l’organizzazione degli eventi? «Purtroppo, visti i precedenti, credo sia molto difficile, resto comunque dell’idea che quella sia la strada giusta da percorrere. Guardando alle località turistiche, anche di medie e piccole dimensioni, che funzionano grazie all’autofinanziamento da parte delle attività commerciali, la scelta di scegliere professionisti esterni, per organizzare eventi, paga e attira turismo. Bisogna partire da zero e bisogna crederci. Chiaramente la quota versata dagli esercenti deve essere proporzionata, è necessario prima capire di che cifra stiamo parlando, stabilito quanto si paga, stabilito il budget che è possibile investire, si sceglie la società o la persona per ideare, organizzare, promuovere e gestire eventi. Tutto parte dalle quote che decidono d’investire e versare operatori turistici e gli esercenti di Salice, dopo si può cercare, anche se è difficile qualche sponsor, che aiuti nell’incrementare l’importo da investire». Prima di scegliere quale macchina comperare uno guarda al proprio budget. Lei ha organizzato eventi per professione non solo a Salice, ma anche in giro per l’Italia. Quanto dovrebbe essere indicativamente la cifra per poter partire? Per pagare una società o un professionista che organizzi eventi? «Dovremmo partire da una persona e iniziare da questa persona stipendiandola, questa persona non deve occuparsi solo degli eventi perché manca altro a Salice, un’app ad esempio che illustri i menù di tutti ristoranti, le offerte dei vari bar, le offerte delle discoteche e di tutti i locali pubblici. Poi partire con piccoli eventi per poi fare qualcosa di più grande, non serve una cifra enorme e non stiamo parlando del ritiro della Juventus, di un rally, ma di iniziare a creare un sistema che funziona». Parliamo di un totale mal contato di 30.000 euro, affinché questa persona pensi a Salice e pensi ad organizzare eventi. Chi li mette? «Il problema è questo, nonostante potrebbe essere un buon investimento, soldi ben spesi per poter cambiare le cose. Senza soldi non si può far nulla, 30.000 euro sono tanti, ma non tantissimi. Sarebbe semplicistico dire siamo una trentina e ci mettiamo
GODIASCO SALICE TERME mille euro a testa. non sarebbe giusto, ci vuole una differenzazione sulle quote da pagare” Lei ha detto che tutti operatori turistici e gli esercenti non devono pagare la stessa cifra. Qual è a suo giudizio una quota minima e una quota massima? In base al fatturato e alla dimensione del locale? «Non è una cosa semplice, i fatturati non sono pubblici, ci vorrebbe un esperto. Non può essere 50 euro, ma almeno 500 e una quota massima di 1500, bisogna poi contarsi, è difficile sì, moltissimo, ma credo sia l’unico modo, altrimenti cercare questi 30mila euro da altre parti, ma anche questo non è facile, anzi è molto difficile». Lei è stato eletto anche in comune come consigliere, lo stesso comune oltre al patrocinio che però non si può “depositare” in banca potrebbe contribuire a questa spesa aiutando gli esercenti piuttosto che le associazioni di volontariato? In soldoni, è fattibile rivolgersi al comune dicendo ne abbiamo raccolti 22.000 ce ne mancano 8.000? «Sarebbe molto bello se il comune potesse oltre che patrocinare anche finanziare. In comune ci sono da poco tempo e ho visto un bilancio che sta in piedi, ma non una possibilità di finanziare una cosa di questo genere. Il comune certamente può aiutare fornendo spazi e risorse umane». Per cui il pallino ritorna sempre agli imprenditori che devono organizzarsi. «Il comune può aiutare collaborando per cercare delle idee, io sono andato in comune con quell’intento, ma certamente il pulsante start, deve essere schiacciato dagli operatori turistici e dagli esercenti di Salice». La vostra lista ha presentato un programma turistico, al di la del fatto che il tempo dal momento della vostra elezione è stato poco, quando si riuscirà a mettere in pratica il vostro programma, sperando funzioni? «Quando si compone una squadra si guarda agli intenti comuni. Faccio un mea culpa che fino ad oggi di turismo non ne ho parlato perché all’inizio bisogna addentrarsi e capire il funzionamento della macchina comunale per riuscire ad essere più efficienti e per muoversi meglio. Abbiamo cominciato a parlarne e ho proposto una mezza giornata a settimana per parlarne con l’Assessore. Quello che c’è scritto sul programma dobbiamo farlo». L’Assessore al turismo è Luisella Piedicorcia, lei invece è consigliere con delega... «Io ho due deleghe, una al turismo e una per quanto riguarda i rapporti con il Comune di Rivanazzano». Delega al turismo: guardando il profilo dei vari eletti, lei è certamente quello che ha più esperienza in questo settore. Per la prossima stagione tocca a lei. Belle le idee, ma le idee camminano con le gambe degli uomini e gli uomini devono mangiare. Soldi al momento non ce ne sono ne da una parte ne dall’altra, causa forza maggiore, e lei rimane con la delega del turismo. Cosa pensa di fare? Senza aspettarsi miracoli. «Un consigliere non deve chiedere soldi, ma cercare di trovare delle idee che pos-
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Alessandro Meisina sano aiutare. Il problema è che possiamo pensare a tante cose, ma quali strutture abbiamo a disposizione? Le Terme sono in standby, il parco può essere utilizzato, ma deve essere mantenuto. Ad oggi il nostro sindaco ha detto che la manutenzione sarà fatta con i soldi degli affitti, che alcuni locali delle Terme situati all’interno del parco pagano al comune, perché è certamente prioritario avere un parco ben tenuto ed in grado di accogliere chi viene a Salice. Bisognerà capire, in questi mesi, quali sono le possibilità del comune e come si possa tirare fuori qualcosa di valido. È molto difficile in questo momento se non il grande impegno che ci metteremo. Si è lavorato su cose importanti e prioritarie, non ci sono più i cassonetti davanti alle attività turistiche, che è qualcosa, ma è anche indice della volontà di proseguire in questa direzione, ma per “girare la frittata salicese” non basta! Bisogna lavorare e avere delle idee buone e cercare di uscirne partendo dalle basi che sono pressochè vicine allo zero attualmente, un compito arduo questo è fuori discussione». Se abbiamo ben capito Salice ha esigenze e aspettative diverse dagli altri paesi proprio perché è Salice. Solo la strada del volontariato non è perseguibile, ma si dovrebbe esternalizzare il servizio a dei professionisti. Lei ha la delega al turismo ed è imprenditore, ed è quindi da tutte e due le parti delle barricate ed ha anche, purtroppo per lei, superati i vent’anni, accumulando esperienza professionale. Chi organizzava le manifestazioni fino a qualche anno fa erano le Terme di Salice senza pressochè nessun apporto economico da parte degli operatori turistici e degli esercenti di Salice, se non in rarissimi casi. Lei in base alla sua esperienza ritiene veramente e concretamente che a Salice la maggioranza degli operatori turistici e degli esercenti
possa mettere le risorse economiche sufficienti a realizzare ciò che lei propone? «I 20 anni li ho superati da 20 anni… purtroppo, credo che quella sia la strada giusta, certamente, alla luce del passato molto difficile da percorrere. Perché ognuno a casa sua ragiona con la sua testa. Alla base di tutto ci deve essere un progetto che comunque, presumo, non sarà sostenuto da tutti gli operatori turistici perché a Salice non è mai successo. Bisogna cercare una parte delle risorse altrove. Potrebbe esserci qualcuno, esterno a Salice, che ci crede, in caso contrario bisognerà ideare un progetto che può essere condiviso da tutti gli operatori, ogni operatore potrà dire quante risorse economiche può investire e da li in qualche modo partire e vedere, una volta partiti, quello che manca è cercare e sperare trovarlo altrove. Provarci non costa nulla! A Salice ci sono altre persone che hanno molta più esperienza di me e tutti possono aiutare, ma percepisco, in questo momento, tanta sfiducia. Negli ultimi anni siamo andati indietro e non avanti, dobbiamo cercare di riattivare un minimo di entusiasmo per cercare di cogliere qualche opportunità. Ogni operatore si deve sedere ad un tavolo, ed avere ben chiaro che non può mettere i propri interessi al di sopra di quelli comuni. In questi ultimi anni, quando si sono organizzati eventi, mi è sembrato che ci siano state troppe discussioni e troppe polemiche. Il problema è far venire della gente a Salice e se la gente viene tutti ne beneficiano, ma se non riusciamo, e dobbiamo farlo tutti insieme, diventa difficile. Se si fa venire gente a Salice non deve per forza venire nel mio locale. Se iniziamo a far tornare gente a Salice aumenta l’entusiasmo e l’indotto. La mentalità conta tanto!». La condivisione dell’obbiettivo è fondamentale, ma l’eccessiva democrazia è molte volte deleteria. Un solo respon-
sabile che decide in base all’evento che deve organizzare e solamente alla fine dell’evento si giudica. A Salice c’è più aria di condivisione degli obiettivi o di democrazia polemico-litigiosa? «Uno solo deve prendersi la responsabilità nel bene e nel male, chiaramente senza negare agli altri di poter esprimere un giudizio. Ci sarà un presidente o un consiglio direttivo che deciderà a chi dare il mandato qualcuno si assumerà delle responsabilità, anche di essere giudicato. Penso che in passato chi ha organizzato, anche se era della Terme, è stato giudicato. Un qualcuno che è responsabile e decide lui o per lo meno con gli organi preposti e non con tutti. Democrazia sì, ma giusta. Io penso che la gestione di eventi è come gestire azienda, alla fine del lavoro se un manager ha fatto bene viene riconfermato e premiato, se ha fatto male se ne assumerà la responsabilità e non verrà riconfermato, ma discuterlo mentre organizza, mi sembra sbagliato». Eventi a Salice, eventi in valle Staffora oppure eventi in Oltrepò? «Penso e credo, che potrebbe essere più interessante e giusto, perlomeno coinvolgere la valle Staffora, coinvolgere tutto l’Oltrepò sarebbe il massimo, ma è difficile, molto difficile, però che gli eventi, a Salice, siano organizzati da o con le risorse degli operatori turistici di Salice, dobbiamo parlare di vino, di salumi, di formaggi, di castelli, di sentieri, dobbiamo parlare di tutto quello che viene offerto da Voghera al Brallo, in seguito potrebbe essere più semplice coinvolgere altri operatori di altri paesi, ed ampliare , grazie a nuove risorse e nuove idee, non solo il progetto Salice Terme, ma un progetto comune a tutti, perlomeno a tutti quelli della valle Staffora e vallate attigue». di Vittoria Pacci
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Fabio Barbieri: «Cercate di allenare i bambini pensando che in mezzo a loro ci sia anche vostro figlio» Classe 1967, godiaschese di origine, Fabio Barbieri ha iniziato la sua carriera calcistica all’età di 12 anni a Salice con il mitico Lino Baldo, poi un anno nei giovanissimi della vogherese a 14 anni, poi di nuovo a Salice perché a Voghera, a quei tempi, non sempre giocavano i più bravi, poi Rivanazzanese, quindi Varzi, Broni, Pavia, con Achilli presidente e Angelo Calzavacca direttore, era il Pavia dei grandi giocatori, campioni che dopo una stagione o due nella squadra pavese, andavano in serie A o B, poi Fabio, cambia provincia e regione , va in Toscana al Livorno, squadra di grande nome e tradizione, quindi Pro Patria, Sant’Angelo Lodigiano, Pro Vercelli, poi un vai e vieni, perchè passa alla Vogherese, quindi Derthona, di nuovo Vogherese, intermezzo al Fanfulla e di nuovo Derthona, dove a 40 anni “suonati” vince l’ennesimo campionato, passa al Lodi e chiude la carriera a 44 anni, a San Genesio ed Uniti, giocando con l’ex juventino Marck Iuliano. A San Genesio per un anno e mezzo è stato sia un giocatore che l’allenatore della squadra. In seguito ha allenato il Varzi, per un anno e mezzo circa e dopo questa esperienza non ha più allenato, l’ultima volta risale appunto a 4 o 5 anni fa. Ruolo: Mediano, mezzala, centrocampista centrale, difensore centrale, tanti ruoli, perchè per tutti gli allenatori Fabio Barbieri, era uno che “faceva legna”, uno che dava l’anima in campo. Principalmente era un esterno sinistro, ma quando la sua squadra giocava con il 3 5 2 “faceva” la fascia. Fabio Barbieri ieri, come oggi e certamente in futuro è uno schietto, uno che se una cosa non gli va bene, “non ci sta, non fa finta di niente”, anzi oggi più di ieri non scende a compres-
si. A lui che ha “girato” tante squadre, che ha conosciuto il calcio ad alti livelli, abbiamo voluto porre qualche domanda sullo stato di salute del calcio in Oltrepò. Lei ha fatto la gavetta cambiando squadre e campionati, prima di approdare in serie C al Livorno. I ragazzi di oggi che giocano a pallone fanno ancora la gavetta e i sacrifici che ha fatto lei ai suoi tempi? «A me non ha mai regalato niente nessuno e il sacrificio ci vuole sempre. Oggi essendo il livello un po’ più basso chi ha più voglia, anche con meno qualità tecniche, sicuramente riesce ad emergere con qualche “aiuto”: se hai un bravo procuratore che ti indirizza riesci ad andare su!». Ha detto che oggi il livello si è abbassato. Quindi i ragazzi dei suoi tempi mediamente erano più forti di quelli di oggi? «Mi sono reso conto quando ho iniziato a fare l’allenatore che eri obbligato a far giocare dei giovani che a 16, 17, 18 anni non riuscivano a stoppare una palla o a fare un movimento coordinato, ma perché a livello di settore giovanile gli hanno insegnato poco». La scuola è una palestra di vita, il settore giovanile è una palestra per il calcio. I professori, a scuola, e i preparatori sportivi, in campo, sono quelli che fanno la differenza. Sembra di capire che oggi ci sia una pecca nel settore giovanile. «Ritengo che ci sia una grossa pecca in Italia a livello di settore giovanile. Non ci dobbiamo meravigliare se la Nazionale non si è qualificata per i mondiali. Non ci sono allenatori preparati a fare questo lavoro sui giovani, io stesso non mi considero adatto e infatti alle tante proposte ho sempre risposto di no. Io ho il patentino
che mi consente di allenare fino all’interregionale e il mio stesso patentino lo ha gente che condisce il proprio curriculum con false esperienze calcistiche. Basta pagare … non controlla nessuno». A livello di insegnamento in che cosa mancano? «Dal mio punto di vista non basta una persona che abbia giocato a calcio o che abbia famigliarità con il campo, credo che sia importante, prima di tutto, insegnare ai bambini che lo spogliatoio rispecchia la vita quotidiana, infatti un ragazzino come si comporta nello spogliatoio affronta allo stesso modo la vita di tutti i giorni. L’allenatore deve essere un educatore! Invece, mio malgrado, vedo allenatori che al primo posto mettono il risultato e secondo me non dovrebbe essere così. Ai bambini devi insegnargli la tecnica nei dovuti modi, differenziare in base all’età, ad esempio la tattica è importante a 15 o 16 anni, prima va data solo una blanda un’infarinatura, un ragazzo deve prima saper giocare, stoppare un pallone, poi saper stare in campo, quando attaccare e quando difendere, la tattica per ragazzi molto giovani non deve essere la cosa primaria. Il risultato degli allenamenti odierni è che a 14 anni non sanno stoppare un pallone». È vero però che ai suoi tempi i bambini giocavano di più a calcio. Oggi purtroppo gli spazi per giocare e il tempo è legato solo alla scuole calcio o agli allenamenti. A suo giudizio serve un allenatore o è meglio una persona che gli insegni a giocare a calcio, inteso come gioco e non come sport, quando deve arrivare l’allenatore? «Secondo me dopo i 14. Prima ci vuole una persona che li lasci giocare e sbaglia-
re, se non sbagliano non impareranno mai a migliorarsi». La sua famiglia quando ha iniziato da ragazzo veniva vederla giocare? «Mai». Oggi purtroppo si legge, sempre più spesso, sui giornali di genitori che litigano sugli spalti per bambini di 9 o 10 anni e c’è sempre una presenza massiccia di questi genitori che consigliano e urlano ai bambini. I genitori che seguono i bambini in maniera ossessiva durante il loro percorso sono un problema? Oppure lei si sentiva abbandonato? «Non mi sentivo abbandonato, un ragazzo deve far il suo percorso da solo. Ci sono state situazioni dove meritavo di giocare e non mi facevano giocare, ma i miei genitori non sono mai andati a reclamare e io ero d’accordo che ne stessero fuori. I genitori sono un problema perché così non fanno il bene del bambino, ci sono bambini che non vogliano giocare a calcio, ma sono obbligati perché i genitori vogliono che abbiamo successo. Devono fare uno sport che gli piace e imparare a stare insieme ad altri bambini e a comportarsi educatamente e al tempo stesso devono avere una persona che gli dia una infarinatura a livello calcistico». Lei ha cambiato diverse squadre, a quei tempi altri genitori erano molto presenti, se si, in che modo hanno aiutato i loro figli e in che modo è stato penalizzato chi non aveva i genitori presenti? «Anche all’epoca quando giocavo nel settore giovanile c’erano genitori presenti, ma non erano come i genitori di oggi. Ora siamo arrivati a livelli esasperati. Magari 30 anni fa il genitore aveva meno tempo per seguire il figlio a causa del lavoro o al-
GODIASCO SALICE TERME tro, oggi hanno più tempo e anche all’allenamento sono presenti. A me è capitato di aver detto a un ragazzo di fare un esercizio e il genitore da fuori gli ha detto di fare il contrario, poi il padre in questione si è scusato e gli ho risposto che ad essere andato in confusione era il figlio! Se avesse voluto mi sarei fatto da parte e gli avrei ceduto il posto di allenatore». Sempre dagli spalti molti genitori danno consigli tecnici al proprio figlio o a quelli degli altri diversi dalle indicazioni dell’allenatore. Secondo lei l’allenatore ha sempre ragione? «No, non hanno sempre ragione perché, come ho già detto, molti non sono preparati, ma un genitore sbaglia se interviene davanti al bambino perché svilisce la figura che ricopre l’allenatore. Purtroppo anche a livello di prima squadra, c’è gente che allena e che lo fa a gratis o che porta sponsor. A livello giovanile peggio ancora, la realtà è che se non sei più che preparato arrechi dei danni ed è il motivo per il quale non mi sono mai sentito in grado di allenare i giovani. Vedo allenatori che ai bambini fanno fare i pesi, i gradoni ed altri esercizi del genere, ad un bambino nell’età dello sviluppo, ma siam fuori di testa? Il problema è uno solo, molte squadre non pagano gli allenatori delle giovanili, ed essendo gratis, gli fanno allenare i bambini e gli allenatori fanno quello che vogliono … la mentalità deve cambiare». Oggi tutti i settori giovanili chiedono una quota annuale che può variare dai 200 ai 400 euro. Secondo lei è giusto che si debba pagare questa quota e soprattutto in cambio di questa quota cosa si dovrebbe ricevere? «Una volta non si pagava, ad esempio l’abbigliamento era pagato dagli sponsor, ma oggi diventa sempre più difficile. Secondo me la quota ci può stare però bisognerebbe, oltre al materiale tecnico, indumenti e tutto il necessario, investire su allenatori competenti e preparati a livello di settore giovanile. Non come in certe realtà dove la quota dei bambini viene utilizzata per la prima squadra, i soldi della quota pagata dai genitori devono rimanere all’interno del settore giovanile». Lei, nonostante la carriera, afferma di non essere in grado di allenare nel settore giovanile. «Sto imparando adesso». Ci vuole un attestato, un patentino riconosciuto dalla federazione o può allenare il primo che passa, parlando sempre per quanto concerne il settore dedicato ai più giovani? «Che sappia io basta essere tesserato dalla società come allenatore, ma non c’è bisogno di nessun patentino nella maggior parte dei casi. Invece se io dovessi essere il responsabile giovanile i miei allenatori dovrebbero essere preparati attraverso corsi per avere un infarinatura per gestire ragazzi dagli 8 fino ai 16, poi documentarsi e essere aggiornato costantemente. Allenatori che sappiano cosa fanno fare ai ragazzi di diversa età». Che sappia lei la federazione manda periodicamente degli ispettori a vedere le varie realtà per constare se effettivamente gli allenatori sono adatti?
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«Che sappia io no, non mi risulta proprio». Se lei tornasse indietro a livello di settore giovanile, quali errori da ragazzo non rifarebbe? «Forse errori non ne ho commessi nel settore giovanile, poi dopo crescendo si. Quando ero ragazzo c’era il rispetto per l’allenatore, per le sue decisioni e per il suo lavoro, lo si ascoltava e questo perché erano molto più preparati di adesso. Se il genitore si permetteva di dire qualcosa all’allenatore, veniva subito accantonato, anche nel caso il figlio fosse il fuori classe di turno, veniva messo alle strette nel senso che potevano portarlo da un’altra parte». Da adulto quali errori si rimprovera? «Dai 17 in avanti è stato sempre un errore. Ho avuto la possibilità di andare al Foggia con Zeman e far carriera, ma ho sempre pensato alla compagnia, alla ragazzina, a divertirmi, non ho mai pensato seriamente di poter fare una vera carriera. Quando ti accorgi di aver sbagliato ormai è tardi. Nella provincia abbiamo diversi esempi di grandi giocatori che fin dai 17 anni hanno preso la valigia e sono andati al sud, io questo non l’ho mai fatto e me ne pento. Claudio Lombardo ne è un esempio ed è una persona eccezionale, un grandissimo giocatore, un amico e un esempio». A che età ha avuto il primo procuratore? «Io non ho mai avuto procuratori. C’era un procuratore che mi dava una mano formalmente, ma le squadre me le sono sempre trovate io. Col senno di poi il procuratore è importante: ho avuto compagni che tramite il procuratore sono riusciti a giocare a livelli ben più importanti dei miei, chiaro che sono stati bravi loro, ma da soli non ci sarebbero mai arrivati». Da che età oggi, a suo giudizio, è necessario avere un procuratore? «Secondo me dai 17, 18 anni, sino a quell’età se un ragazzo è bravo riesce a emergere anche senza procuratore sicuramente, forse con un procuratore importante può avere delle chance in più, ma poi deve essere bravo lui a sfruttare queste occasioni». Quanti suoi compagni molto bravi non hanno fatto carriera? «Parecchi! Nicola Pacco di Voghera che ha sempre giocato in prima categoria e a 23 anni circa è arrivato a un bivio: poteva andare a giocare in serie C o dedicarsi al lavoro. Ha deciso di proseguire con il lavoro e ha lasciato perdere il calcio, ma secondo me erano uno che poteva fare bene anche a livello professionistico». Nella sua carriera ha visto tanti ragazzi arrivare ad alti livelli con poche qualità tecniche grazie all’aiuto della famiglia e del procuratore? «No. Con relativamente poche qualità tecniche, ma con tanta cattiveria agonistica si. Alcuni possono essere stati agevolati rispetto ad altri, ma se manca la sostanza poi tutto torna». Chi è il compagno più forte con cui lei ha giocato? «Uno dei più forti con cui ho giocato è Stefano Civeriati, di Sale. Ha esordito nell’Inter, aveva qualità tecniche indiscutibili, ma caratterialmente era meno forte rispetto ad altri che avevano certamente meno qualità tecniche. Io ci ho giocato quasi a fine
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Fabio Barbieri, ha giocato nel Livorno quando militava nel Campionato di Serie C
carriera, ora allena il Lomellina in Eccellenza». L’avversario più forte che lei abbia mai incontrato in campo? «Totò Di Natale, lui giocava nel Viareggio e io nel Pro Vercelli, è stato tra i più prolifici attaccanti della storia del calcio italiano, essendo il sesto realizzatore di sempre del campionato di Serie A con 209 gol. Sinceramente non pensavo facesse una carriera del genere, ma è stato davvero bravo a sfruttare le occasioni che gli si sono presentate. All’epoca del Viareggio contro la Pro Vercelli ho notato subito che era il più bravo, ma mai avrei pensato facesse quello che poi ha fatto in serie A». Qual è il miglior consiglio che ha ricevuto da quello che lei reputa essere il miglior suo allenatore? «Allenatori importanti ne ho avuti molti, uno dei più importanti a livello di rapporti umani e capacità è stato Emanuele Domenicali. Viveva e sentiva molto sia l’allenamento sia la partita, al primo posto per lui c’era il calcio. Sono sempre stato abituato, a differenza di tanta gente, a dire le cose in faccia e lui mi ha insegnato a mordermi la lingua e me la sono morsa, ma non troppo e ne ho pagato le conseguenze». L’allenatore che invece le ha fatto pensare che forse non era il suo mestiere? «Paolo Specchia, terzo anno al Livorno, che ha fatto una bella carriera da calciatore, ma fin da primi momenti non ci siamo trovati perché probabilmente aveva un’idea di giocatore diverso dalle mie caratteristiche». Ha mai provato a “far le scarpe” ad un allenatore ? «Io non ho mai cercato di fare le scarpe ad un allenatore, anzi, mi ricordo che per una squadra in cui ho giocato, un giorno sono stato convocato, insieme ad altri sei o sette miei compagni, dal presidente. Eravamo secondi o terzi, ma non andavamo benissimo ed il presidente puntava a
vincere il campionato. Il presidente ci ha chiesto un parere sull’allenatore, voleva sapere da noi, i giocatori più rappresentativi, se avessimo potuto vincere il campionato cambiando l’allenatore e tutti hanno “tirato” contro l’allenatore. Io potevo essere il primo come l’ultimo interrogato e casualmente sono stato l’ultimo e ho detto invece che per me non era giusto, possiamo vincere con questo come con un altro. Ci si ritrova per far allenamento e io sinceramente pensavo cacciassero sia me che il mister invece la dirigenza ha mandato via i giocatori che erano favorevoli all’esonero dell’allenatore. Impagabile, anche a rimetterci ho detto la mia, ma come ho detto prima, questo nel calcio la maggior parte delle volte non paga». Se lei dovesse dare un consiglio a un bambino o ragazzino che vuole diventare un calciatore? «Bambini si è una volta sola, divertitevi e cercate di vivere lo spogliatoio come la vita quotidiana, rispettate il compagno, gli avversari e l’allenatore. Se uno poi arriva a determinati livelli è meglio, ma l’importante è fare uno sport sano e divertirsi che si vinca o si perda, se avrà qualità ovviamente emergerà». Se lei dovesse dare un consiglio ad un allenatore del settore giovanile? «Cercare di allenare i bambini pensando che in mezzo a loro ci sia anche il loro figlio e fare le cose giuste in base all’età e non cercare assiduamente il risultato che è secondario, la crescita deve essere graduale ed è importante farli migliorare». A un responsabile? «Cercare allenatori qualificati, che possano insegnare ai bambini a stare in campo, l’educazione e anche la tecnica, ma non con l’ossessione del risultato e che debbano ad ogni costo diventare dei campioni, ma pretendere senza illusioni o aspettative». di Nilo Combi
VAL DI NIZZA
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«Il nostro Comune non è un costo per lo Stato ma una risorsa, diamo 100mila euro solo per l’Imu» Bando Aree Interne, Fusioni tra piccoli comuni e il futuro di un paese martoriato del gelicidio di dicembre. Il sindaco Franco Campetti racconta di un inizio 2018 non semplice per Val di Nizza, sospesa tra danni da riparare, pochi (come sempre) fondi a disposizione e progetti rimasti sulla carta. Sindaco, partiamo dal discorso Aree Interne. Milioni che dovrebbero cadere a pioggia sull’Oltrepò, ma per finanziare cosa? Il suo collega di Menconico Bertorelli, sullo scorso numero del nostro giornale è stato piuttosto duro sul tema dichiarando che «non è un bando fatto per finanziare progetti che portino reale sviluppo». Condivide o meno? «Il Sindaco Bertorelli ha espresso un concetto che molti mormorano sottovoce: le linee guida sono state calate dall’alto e quindi abbiamo dovuto adeguare le proposte ai vincoli burocratici, spesso stravolgendo quella che era la proposta iniziale. Ci si sedeva al tavolo, si discuteva un progetto: bello, interessante e dopo un mese si alzava uno e comunicava che non si può realizzare in quanto in contrasto con una norma di legge. Penso che Bertorelli si riferisse a questo modo di lavorare che ha creato parecchi problemi, perché nel complesso il progetto Aree Interne è stato condiviso e contiene molti interventi, spesso immateriali, ma di grande importanza per il nostro territorio, non solo per gli Enti Pubblici ma anche per le imprese private». Voi quali progetti avete presentato e con quali risposte? «Per il bando Aree Interne abbiamo presentato diversi progetti, molti dei quali non sono stati presi in considerazione, per diversi motivi, come per esempio quelli sui grani antichi, quello per un info point a Casa Ponte o la ristrutturazione dei portici attigui alla Chiesa Parrocchiale di Val di Nizza. è stato invece ritenuto ammissibile il progetto di ristrutturazione dell’ex scuola di Sant’Albano e il rifacimento dell’illuminazione pubblica a Led». Una delle “strategie” che i piccoli comuni mettono in atto è quella di mettersi un Unione, ovvero condividere servizi e burocrazia con i limitrofi. Voi però non siete ancora in nessuna Unione, giusto? «Non ancora, ma è questione di opportunità e non di mancata volontà. Val di Nizza ha attivato una serie di convenzioni, sia con la Comunità Montana che con l’Unione Malaspina (Ponte Nizza e Cecima) e con il Comune di Bagnaria. In futuro la scelta sarà quella di entrare in unione con Ponte Nizza e Cecima». Cosa nel pensa invece delle Fusioni, da tempo ventilate come fonte di risparmio di risorse e incentivate da Roma? «Le fusioni vanno fatte se realmente servono. Il governo uscente ha molto discusso sulla opportunità di fare unioni e fusioni, forse con l’intento di distogliere l’opinione pubblica da problemi più seri come disoc-
delle acque, così come su tutto il tratto a scendere fino alla frazione Nizza occorre intervenire. Fortunatamente lo scorso anno con un progetto finanziato dalla Comunità Montana si era provveduto a rimuovere le piante cresciute naturalmente nell’alveo del torrente e pertanto al momento il rischio di esondazioni è basso». Com’è la situazione delle strade Provinciali? «La viabilità provinciale sul territorio del
«Complessivamente i danni stimati si aggirano sui 75mila euro, somma elevata di cui il nostro comune non dispone» Franco Campetti cupazione e banche. Personalmente ritengo che i piccoli comuni siano una risorsa e non un problema: negli anni ottanta esistevano leggi semplificate per i piccoli comuni. Oggi si fa di tutto per creare vincoli restrittivi che non consentono di amministrare e mi spiego meglio: per redigere il bilancio devo compilare gli stessi codici che utilizza un comune come Milano (circa 12.000 voci di spesa) e mi pare già un paradosso per non parlare del personale: se un dipendente va in pensione non posso sostituirlo perché posso assumere una persona ogni 8 pensionati. Per Val di Nizza, dove ci sono 4 dipendenti, credo si tratti di una norma poco azzeccata». Ma dal punto di vista economico eliminare dei piccoli Comuni non porterebbe a un risparmio per lo Stato? «Non mi pare: mi limito a fare presente che a fronte di un gettito di Imu pari a circa 250mila euro, lo Stato ne trattiene 100mila. Ciò significa che il comune di Val di Nizza non è un costo per lo Stato ma una risorsa ed è per questo che non capisco la necessità di imporre Unioni e fusioni di piccoli comuni che spesso sono virtuosi». Parliamo del gelicidio, un evento eccezionale che ha causato gravissimi danni in tutto l’Oltrepò, soprattutto nella fascia collinare e montana. Com’è la situazione in Val di Nizza? Avete quantificato i danni? «Complessivamente i danni stimanti si aggirano sui 75.000 euro, somma elevata di cui il nostro comune non dispone. Per questo confidiamo nel riconoscimento dello Stato di Calamità e nei fondi erogati dalla Regione. Un evento come il gelicidio in un comune esteso come quello di Val di Nizza (30 kmq) ad alta densità boschiva ha creato
notevoli disagi non solo alla viabilità, ma anche e soprattutto ai cittadini in quanto si è interrotta l’erogazione. 20 frazioni su 25 del Comune sono rimaste isolate, in alcuni casi si è rimasti senza luce al freddo per 48 ore con una popolazione prevalentemente anziana. Tremendo. Abbiamo bisogno di fondi per ripulire i corsi d’acqua nei quali sono cadute molte piante e che quindi preoccupano, in quanto potrebbero causare sbarramenti al regolare deflusso delle acque in caso di violenti temporali». Esiste un rischio concreto di esondazioni? «Nel torrente Nizza sono cadute moltissime piante così come in molti fossi del reticolo idrico minore. In particolare a Molino Cassano nel torrente Nizza ci sono tantissime piante che ostacolano il regolare deflusso
comune di Val di Nizza a seguito del gelicidio è molto compromessa, la strada che va da Casa Ponte a Poggio Ferrato e quindi ad Oramala attraversa molti boschi e le piante che sono cadute sono tantissime. Basti pensare che due mezzi, con sei operatori con motosega hanno impiegato 4 ore per aprire un varco da Poggio Ferrato al bivio per Sant’Alberto e parliamo di circa un km di strada. Stessa situazione critica sulla strada provinciale che da Sant’Albano va a Valverde e quella che va a Monteacuto. Mi pare che comunque la provincia si sia attivata per ottenere i fondi necessari al ripristino della viabilità in piena sicurezza». di Christian Draghi
VARZI
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«In Oltrepò se parliamo di rispetto degli animali credo che siamo ancora abbastanza indietro» Cani e gatti, ma anche uccelli e persino istrici. Se hai bisogno di assistenza per un amico a quattro (o due) zampe di solito in Valle Staffora chiami loro. Le ragazze dell’associazione “Mi Fido di Te”, Onlus varzese che da ormai quattro anni opera sul territorio per aiutare gli animali domestici in difficoltà e favorirne le adozioni, continuano senza sosta il loro impegno. Hanno una sede nei locali dell’ex Iat in piazza della Fiera, ma le trovi soprattutto attraverso la pagina facebook. Con rinnovato entusiasmo hanno lanciato nei mesi scorsi una simpatica iniziativa per accompagnare gli amici fidati all’altare insieme ai loro padroni. Si chiama proprio “All’altare in tre” ed è l’ultima trovata del team fondato dal presidente Federica Riccardi, Raffaella Leoncini e Antonella Cristiani. A parlarci dell’iniziativa è la socia, ma anche “anima social” del gruppo, Giuliana Bianchi. Come vi è venuta questa idea? «Sei anni fa mi sono sposata e avrei tanto voluto avere a fianco il nostro cane. All’ultimo momento purtroppo la persona che se ne sarebbe dovuta occupare ha dato forfait, così siamo riusciti soltanto ad averlo vicino per una foto. Un vero peccato. Da lì ho preso spunto per provare a dare a chi lo volesse un servizio che volendo è pure simpatico, visto che prepariamo anche le bomboniere per cani. Sono piccoli gadget che utilizziamo per raccogliere fondi con cui finanziarci». Quali sono le vostre attività principali? Che tipo di servizi offrite? «I più svariati, quasi sempre per venire incontro agli animali in difficoltà. Aiutiamo le adozioni, ritroviamo cani smarriti, ci oc-
cupiamo delle innumerevoli colonie feline disseminate un po’ per tutto l’Oltrepò». Qual è il problema principale? «Riguarda proprio le colonie feline. La chiamata tipo che riceviamo in questo senso è ‘ci sono 40 gatti dietro casa, venitemeli a prendere!». E voi lo fate? «Ovviamente non possiamo catturare e prenderci cura di tutti questi gatti, ma quello che facciamo è andare laddove si trovano, analizzare la situazione e consigliare ai proprietari che cosa fare. Se, come capita spesso, questi non possono o non vogliono occuparsene, ecco che ci facciamo noi carico della sterilizzazione». Non esiste un servizio gratuito? «Sì, ma soltanto a Broni e si tratterebbe di dover portare gli animali di persona. Si capisce che non è possibile. Nell’associazione siamo tutte volontarie con un lavoro e una vita, neanche con tutta la buona volontà si può farcela, per cui ci facciamo noi carico delle spese. Sta poi al buon cuore delle persone supportarci quando aiutiamo. Alcune lo fanno». Cercate anche cani smarriti? «Anche. Soprattutto in periodo di caccia ce ne sono molti, quasi tutti segugi o cani da tartufo. Alcuni di loro scappano, ma purtroppo tanti vengono abbandonati quando non ritenuti più utili. Una delle nostre ‘missioni’ più lunghe è stata proprio per il ritrovamento di un segugio in fuga! 28 giorno (e notti) di appostamenti e ricerche». Qual è l’intervento più insolito che avete fatto? «Direi per il recupero degli istrici. Quest’ultimo anno ce ne sono stati molti
in giro e sono odiati perché devastano orti e giardini». Secondo voi in Oltrepò c’è una cultura animalista? “Se parliamo di rispetto degli animali, valutando come sono tenuti, credo che siamo ancora abbastanza indietro. Ci sono ancora, specie nelle zone di campagna, vecchie convinzioni difficili da scardinare. Cani tenuti alla catena per una vita o stalle con bovini immersi nel letame». In questi casi come intervenite? «Il primo approccio è quello di parlare con i proprietari, spiegare loro cosa non va e offrirsi anche di dare una mano, ad esempio per portare a passeggio il povero cane. C’è chi ci ha chiuso la porta in faccia perché pensa che il cane stia bene così… nei casi più estremi segnaliamo la situazione alle autorità competenti». La scorsa estate in Valle Staffora c’è stata una discussione abbastanza accesa sul tema dell’animalismo, con veri e propri scontri tra allevatori e attivisti vegani alla Fiera di San Ponzo. Qual è la vostra posizione al riguardo? «Per quanto mi riguarda, posso dire che io stessa sto pensando di diventare vegetariana, pur non essendolo ancora, perché effettivamente si può vivere anche senza la carne animale. Per quanto riguarda l’essere vegano posso dire che, pur rispettando chi lo è e comprendendone le motivazioni, lo trovo davvero estremo. Certo ritengo che sia importante far sì che gli allevamenti rispettino la qualità della vita animale. Il discorso della protesta in piazza però non ci riguarda, riteniamo anzi che andare ad urlare contro questo o quello sia controproducente per il messaggio che si vuole
Giuliana Bianchi, “anima social” del gruppo“Mi Fido di Te”
portare avanti. Questa estate è finita che ci si è offesi tra tutti senza capire nemmeno bene perché. Siamo per il far conoscere le cose, ma senza estremismo». Quando al macello di Varzi si è effettuato il rito della macellazione islamica voi non eravate sul posto dunque? «No, ma abbiamo mandato una lettera chiedendo che si rispettino le leggi, soprattutto quella che richiede lo stordimento dell’animale prima dell’uccisione, dato che non crediamo che la festa in questione potrà essere abolita». Insomma, non siete degli animalisti attivisti… «Preferisco dire che siamo attivi per aiutare gli animali e le persone che ne hanno bisogno, in modi diversi. Diciamo molto pratici e meno appariscenti». di Christian Draghi
VARZI
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La mini centrale attiva nel Comune di Varzi: «Elettricità con l’acqua dello Staffora in produzione già da due anni» Produrre energia elettrica sfruttando l’acqua dello Staffora. Mentre nei mesi scorsi si dibatteva di un maxi progetto da 90 milioni di euro per la creazione di bacini di accumulo lungo l’alveo del torrente, qualcuno da ormai due anni e con un investimento decisamente inferiore (circa 1 milione) ha già cominciato una mini produzione nel comune di Varzi. Una piccola centrale interrata è già stata realizzata e l’iter autorizzativo per replicarla in quel di Godiasco Salice Terme è in corso. Ad operare è la società Serena srl, con i due soci Becquerel Electric (azienda emiliana che opera nella valorizzazione delle fonti rinnovabili) e Ambiter, anche lei emiliana, che si occupa di progettazione e studi geologico ambientali. L’entrata in funzione di questa centrale, passata in sordina, risale all’inizio del 2016. Il progettista, ingegnere e professore all’Università di Ferrara, si chiama Giacomo Bizzarri. Come è nata e da chi l’idea di realizzare questa centrale? «L’idea è scaturita da una sinergia fra operatori locali e specialisti del settore che hanno in corso altre iniziative analoghe». Quando esattamente è stata realizzata, quanto ci è voluto e quando è entrata in funzione? «La centrale è entrata in funzione all’inizio del 2016, dopo una fase di cantiere durata circa 8 mesi». Da chi sono arrivati i permessi burocratici? Il Comune c’entra qualcosa? «L’autorizzazione è stata rilasciata dalla Provincia di Pavia tramite un procedimento unico previsto dalla legge, previo recepimento dei pareri del comune, di Regione Lombardia, dell’Arpa e degli altri soggetti interessati».
Come è stato scelto il luogo in cui realizzarla? «Il sito di costruzione, in pratica all’altezza dell’area industriale di Varzi, è stato scelto soprattutto per la presenza di un buon salto idraulico dovuto all’esistenza i quel luogo di una briglia, ovvero una sorta di ‘muro’ che crea una mini cascata creato in precedenza per regolare le piene».
«I media non hanno dato risalto all’iniziativa di Varzi ma nulla è stato fatto perché ciò avvenisse» Come funziona la centrale a livello tecnico? «La mini-centrale ha un funzionamento molto semplice: l’acqua viene convogliata nel canale di ingresso e passa attraverso una griglia che la depura da rami e da eventuali altri elementi galleggianti. Quindi entra nella turbina, il cuore della centrale, dove l’energia idraulica si trasforma dapprima in meccanica e quindi, tramite il generatore, in energia elettrica. L’acqua lascia poi la centrale attraverso il canale di scarico, circa 30 metri a valle dal punto di prelievo. La gestione può avvenire sia dalla centrale stessa, sia da remoto tramite un’applicazione sul cellulare. Il funzionamento è comunque automatico e non richiede una supervisione costante». Che potenza ha e quanta energia può produrre?
«La centrale ha una Potenza di 280 kW elettrici». Si tratta di una centrale privata, c’è un guadagno per la collettività? «Il guadagno per la collettività è dato dal fatto che si mette a disposizione di tutti energia proveniente da fonti rinnovabili, prodotta sul territorio nazionale. Si tratta in buona sostanza di interventi ritenuti “strategici” a livello nazionale, tant’è che gli stessi sono considerati di “pubblica utilità” urgenti ed indifferibili. Inoltre la sistemazione dell’alveo e della briglia effettuati in concomitanza con la costruzione dell’impianto, sono sicuramente un beneficio per tutti. Si tratta di interventi compensativi secondo quanto previsto dalla normativa di settore». Il fatto che in estate lo Staffora rasenti la secca non rappresenta un problema per voi? «No. In estate il funzionamento non é stato previsto. La sostenibilità dell’iniziativa è stata valutata tenendo conto di questo fattore, come avviene normalmente per i corsi d’acqua Appenninici». Dal punto di vista paesaggistico non crea nessun disturbo? «No. è praticamente tutta interrata, dalla strada di accesso infatti si vede solo la recinzione dei canali e del fabbricato di centrale. D’altro canto il progetto ha ottenuto tutte le previste autorizzazioni anche paesaggistiche, prevedendo fra l’altro interventi di riqualificazione dell’area interessata». Si parla della realizzazione di una seconda centrale a Godiasco. A che punto è l’iter burocratico? Quando pensate si riuscirà a realizzarla? «La centrale di Godiasco è allo stato em-
brionale e sta seguendo come per Varzi un percorso che presuppone la condivisione con le realtà locali». Si è saputo poco di questa centrale, la sua realizzazione è passata sotto silenzio mediatico e in qualche modo questo vi ha messo al riparo dalle classiche “contestazioni” di parte. Temete che la realizzazione della seconda centrale possa invece incontrare qualche forma di opposizione? «I media non hanno dato risalto all’iniziativa di Varzi ma nulla è stato fatto perché ciò avvenisse, tant’è che il progetto è stato condiviso a livello locale anche attraverso presentazioni pubbliche. Nulla da nascondere quindi per iniziative che valorizzano risorse naturali in modo sostenibile, senza sottrarre nulla all’ambiente e alla collettività costituendo anzi occasione di riqualificazione dei contesti interessati». di Christian Draghi
Giacomo Bizzarri
LA “NOSTRA” CUCINA
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Copriamo il tutto con l’acqua, regoliamo di sale e pepe, mettiamo il coperchio e cuociamo a fuoco lento per circa 1 ora mescolando di tanto in tanto e aggiungendo ancora acqua se la minestra si asciugasse troppo. Serviamo la nostra minestra usando delle ciotoline di terracotta . Versiamo in ogni ciotolina la minestra, aggiungiamo un po’ d’olio e una macinata di pepe. Buon appetito! di Gabriella Draghi MINESTRA DI LENTICCHIE E ORZO
Ingredienti per 4 persone: 100 g di lenticchie piccole 150 g di orzo perlato 1 scalogno o una cipolla 1 carota 1 canna di sedano 1 cucchiaio di concentrato di pomodoro 1 spicchio d’aglio timo ,origano e maggiorana 1 litro d’acqua olio extravergine d’oliva sale e pepe
Cheap but chic: piatti golosi e d’immagine al costo massimo di 3 euro! Febbraio: siamo ancora in pieno inverno anche se un famoso proverbio popolare recita “quando vien la Candelora (2 Febbraio) dell’inverno semo fora…”. In queste fredde giornate invernali le minestre sono un toccasana per la nostra salute, ci nutrono e ci ristorano ma sono anche molto appetitose e saporite. La minestra di lenticchie e orzo che vi consiglio questo mese è un piatto unico eccellente, molto economico e salutare. Infatti le lenticchie sono ricche di fibre,
sali minerali, proteine e vitamine, ferro e fosforo tanto che, nei tempi antichi, venivano considerate la carne dei poveri. Sono ricche di antiossidanti, molto indicate nella prevenzione dell’arteriosclerosi e, per l’alto contenuto di fibre, per tenere sotto controllo il livello del colesterolo. L’abbinamento con l’orzo, tra i cereali più ricchi di fibre, proteine, sali minerali quali potassio e magnesio e vitamine del gruppo B, è perfetto e il risultato è un toccasana per il nostro organismo.
COME SI PREPARA
Tritiamo finemente il sedano, lo scalogno e la carota e li mettiamo a soffriggere con lo spicchio d’aglio in una casseruola con 4 cucchiai d’olio. Spolverizziamo con un cucchiaino di miscela di timo, origano e maggiorana essiccati e rosoliamo qualche minuto. Aggiungiamo le lenticchie (non c’è bisogno di metterle in ammollo), mescoliamo, uniamo l’orzo perlato, il concentrato di pomodoro e amalgamiamo bene.
Gabriella Draghi
CASTEGGIO
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«Sicurezza: adesso pare e sottolineo pare, che le acque si siano un po’ calmate» Milena Guerci, assessore all’agricoltura, all’ambiente ed ecologia e alla sicurezza, ci spiega la situazione del corpo vigili, con le novità emerse ultimamente. Assessore, è vero che i vigili si sposteranno nell’edificio della stazione? «Per il momento in quell’edificio c’è la proloco. I vigili sono ancora dove sono sempre stati: l’intenzione è quella di spostarli nell’edificio della stazione, salvo che ci sono delle problematiche grosse da risolvere, perché chiaramente loro hanno dei sistemi informatici che dovrebbero essere spostati. Quindi la ditta deve farci un preventivo su quello che costa questo spostamento e poi prenderemo delle decisioni in merito, in base alle finanze disponibili. Anche se quello in effetti sarebbe il posto più giusto per i vigili, perché è il centro del paese. Potrebbe davvero essere un incentivo in più per fare uno sforzo economico, spostarli lì e dare anche una certa sicurezza alla zona». Sicurezza per tutti i cittadini: in un momento del genere sarebbe importante. «Esatto. Però adesso pare, e sottolineo pare, che le acque si siano un po’ calmate». I vigili attualmente in servizio a Casteggio quanti sono? «Adesso sono sei. Prima erano cinque e mezzo, nel senso che ce n’erano cinque nostri e uno di Santa Giuletta, che era al 50% nostro e 50 loro. Adesso è diventato tutto nostro ed è assunto da noi, anche se continueremo la convenzione con Santa Giuletta, perché è chiaro che non possiamo abbandonarli a se stessi: andiamo quindi là un giorno a settimana a tenere aperto l’ufficio e per le emergenze». Intendete potenziare l’organico? «Non è possibile potenziarlo, semplicemente perché bisogna avere un vigile ogni mille abitanti. Noi a Casteggio siamo in
6900, per cui sfioriamo e basta i 7000… per un vigile in più bisognerebbe essere 7001». Avete in mente altre soluzioni per rafforzare la sicurezza in città? «Allora, visto che per il servizio che noi facciamo al paese che abbiamo in convenzione, prendiamo 16mila euro all’anno, questi saranno interamente investiti in ulteriori impianto di videosorveglianza e in sicurezza, sia dal punto di vista ladri, sia sicurezza dal punto di vista del comune cittadino pedone, rifacendo alcuni passaggi pedonali, che sono stati oggetto di parecchi incidenti. Stiamo aspettando i preventivi, anche perché abbiamo potuto iniziare a farceli fare solo dopo l’approvazione del bilancio che è avvenuta pochi giorni fa». Lorenzo Vigo, vicesindaco di Casteggio dal 2014, traccia un bilancio della situazione attuale della città. La situazione in città come le sembra? «Sembra esserci una situazione più tranquilla in questo momento. Questo è quello che ci sembra. Poi bisogna dire che le forze dell’ordine svolgono i loro controlli e non abbiamo i dati ufficiali di tutto quello che viene fatto e controllato per motivi naturalmente di sicurezza. Sappiamo che ci sono stati controlli e che alcune azioni hanno avuto esiti positivi e l’assessore Guerci si è confrontata con loro ultimamente per capire giorno per giorno, settimana per settimana, quello che può servire alle forze dell’ordine per incrementare queste azioni. Dal punto di vista della sorveglianza privata che abbiamo attivato e abbiamo confermato nel bilancio discusso nell’ultimo consiglio comunale: andremo quindi a dare un supporto alla forze dell’ordine. Poi abbiamo incrementato anche la videosorveglianza». Il Comune quindi sta facendo decisa-
Filippo Droschi e Felice Ciardiello, consiglieri di minoranza
Milena Guerci
Lorenzo Vigo
mente qualcosa? «Diciamo che piano piano si cerca di fare qualcosa. A volte ci sono polemiche che sono davvero assurde, perché il comune di Casteggio, così come qualsiasi altro comune, non dispone dell’esercito, come ho già detto tante volte, e fa quello che può. Di contro siamo aperti a qualsiasi ipotesi concordata con le forze dell’ordine per arginare il fenomeno furti. Purtroppo non è un fenomeno solo casteggiano, ma che si verifica un po’ ovunque». Per quanto riguarda invece l’infopoint cosa ci può dire? «Siamo stati il primo comune ad aprire l’infopoint nel lontano 2009, appena siamo stati eletti. E’ una delle prime cose che sono state attivate dall’allora consigliere al marketing territoriale Gianni Saporiti, che poi è mancato un annetto più tardi. Lui aveva molto a cuore questo progetto e siamo riusciti a portarlo avanti. La cosa interessante è che per noi è sempre stato un servizio a costo zero, rispetto a ceti costi che io sento ogni tanto in giro per gli infopoint». In che modo è sempre stato a costo zero? «Perché l’immobile dove si trova, l’ex pesa pubblica, è di nostra proprietà, ave-
vamo avuto un finanziamento dal Distretto del Commercio per la sistemazione, quindi lavori di muratura e imbiancamento, avevamo avuto un altro finanziamento tramite Gal Oltrepò per quanto riguarda l’arredamento e poi ha sempre funzionato tramite convenzioni, prima con il portale Oltrepòpavese.com, poi con la cooperativa Clastidium Lavora. Ad oggi siamo in fase di organizzazione della nuova convenzione con un altro soggetto privato che di fatto usa la struttura come ufficio e contemporaneamente ci fa il servizio di infopoint. Andiamo quindi a costo zero, che di questi tempi è davvero una manna. La collocazione, la funzionalità e l’utilizzo sono perfetti. Io dico sempre che il problema è che in Oltrepò ci si preoccupa di costruire gli infopoint turistici, ma non si ha il turismo. Quindi un infopoint può essere anche sempre aperto, sempre disponibile con tutte le informazioni, ma se dietro non si costruisce un movimento turistico che porta la gente all’infopoint per chiedere informazioni è superfluo tutto il lavoro… La vera scommessa nel nostro territorio non è aprire gli infopoint ma portare il turismo». di Elisa Ajelli
MONTALTO PAVESE
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«Vorremmo ottenere una denominazione vinicola per il riesling italico, qualità tipica della nostra zona»
Angelo Villani Montalto Pavese per la sua posizione dominante le prime colline sopra Casteggio, per la sua produzione di vino, per il bel castello con il giardino all’italiana e per la cosiddetta Costa del Vento, nota comunemente come il Belvedere è anche chiamata la “regina dell’Oltrepò Pavese”. L’intervista al sindaco Angelo Villani parte proprio da qui, dalla bellezza del territorio. Sul territorio di Montalto è presente una fascia collinare denominata “La costa del Vento” o conosciuta dai più come il Belvedere: in che modo cercate di incentivare e favorire il turismo che arriva qui da voi per ammirare questo luogo? «Una curiosità importante e recente, è che il nostro Belvedere, rinomato per la sua splendida posizione e per le forti correnti di vento, sia utilizzato da un gruppo chiamato “Le donne del vento”, che praticano parapendio proprio qui sulla nostra collina nelle giornate più propizie. Si tratta proprio del primo gruppo di sole donne che pratica questo sport estremo e noi siamo fieri che abbiano scelto proprio le nostre colline per farlo. Due progetti sono stati realizzati nell’ultimo anno proprio per il miglioramento del Belvedere: abbiamo creato insieme alla Comunità Montana un sentiero della durata di percorrenza di circa 3 ore che dal Belvedere scende fino a Ca’ del Fosso e poi risale fino a Ruino, ricollegandosi poi ad altri sentieri che proseguono anche oltre e l’anno scorso abbiamo inaugurato il sentiero con una camminata tutti assieme; insieme al progetto “Attivare” finanziato dalla fondazione Cariplo stiamo elaborando la creazione di un percorso dedicato al “butterfly watching” (dedicato quindi alla preservazione della biodiversità nel nostro territorio) per cui un gruppo di esperti hanno esaminato il nostro ecosistema e l’hanno ritenuto adatto alla ricerca e alla osservazione delle farfalle. Sempre qui organizziamo anche la serata dedicata a “Calici di Stelle” in cui, durante la notte di San Lorenzo, uniamo la degu-
stazione di vini tipici alla visione del panorama e alla riscoperta dell’astronomia». Chi si occupa delle preservazione del territorio del Belvedere e al controllo del suo vasto territorio? Esiste un corpo forestale attivo nella zona o si tratta di gruppi di volontari? «Ci sono dei volontari che si occupano della manutenzione della zona del Belvedere, che si organizzano per la pulizia e del mantenimento sano del luogo; esiste un corpo forestale che si occupa di ciò che riguarda eventuali danni alla flora e alla fauna, ma per il momento non è stato necessario il loro intervento». Zona a vocazione vitivinicola quella di Montalto. In che modo l’amministrazione comunale favorisce questa vocazione? «Tralasciando i comunque numerosi eventi che organizziamo e che hanno carattere prettamente ludico, ci impegniamo particolarmente nell’organizzazione di eventi che rivalutino i prodotti tipici enogastronomici del nostro territorio. Quest’anno siamo arrivati alla seconda edizione di un evento che abbiamo molto amato l’anno passato, quando abbiamo unito le nostre realtà vitivinicole a quelle gastronomiche: ogni mese un’azienda vitivinicola si univa a un ristorante o un agriturismo della zona per una cena con pietanze tipiche del nostro territorio. In questo modo oltre a pubblicizzare le aziende protagoniste, si aveva l’occasione per far conoscere il nostro paese a persone che magari non erano mai venute a visitarlo prima d’ora». Esistono associazioni attive sul vostro territorio che si occupano di questi eventi? «Nel nostro paese sono presenti ben sei associazioni: la Biblioteca comunale che si occupa anche dell’organizzazione di eventi culturali; l’Auser; gli alpini che sono un gruppo molto attivo nella nostra zona; l’associazione “Il salotto della cultura” che collabora con la biblioteca; la “Proloco”
di Montalto; la “Montalto da bere” che è un’associazione piuttosto recente che nasce con lo scopo di promuovere eventi innovativi e moderni che rispecchino le realtà enogastronomiche del nostro paese. Tutte assieme queste associazioni, proprio l’anno scorso, hanno collaborato per la realizzazione di un evento nel quale ognuna, occupando uno dei cortili del nostro comune, presentava i vini e cibi delle nostre aziende uniti a varie attività culturali e ludiche. Siamo riusciti a raccogliere circa 1900 euro che abbiamo devoluto interamente alla croce rossa di Casteggio per l’acquisto di un’attrezzatura necessaria al trasporto dei bambini sulle ambulanze pediatriche». Come è stato gestito fino ad ora il problema della sicurezza a Montalto? Che cosa si potrebbe fare ancora? «Per quanto riguarda la rete di videosorveglianza del paese, abbiamo riscontrato qualche problema progettuale nel collocamento delle varie videocamere, quando invece avverrà la riqualificazione delle luminarie a led, fornite di rete wi-fi, sarà possibile collocare le stesse telecamere qualsivoglia in concomitanza con i pali della luce: era infatti prima impossibile installare delle telecamere dove non fosse presente la corrente e la rete internet. Sempre inerente al discorso della sicurezza mi sto personalmente adoperando ad una ricerca sociale riguardo ai vari bisogni dei cittadini più anziani. Mi interesserebbe valutare la possibilità di fornire un servizio di telesoccorso in ogni abitazione, in modo da scongiurare gli eventuali problemi di salute e di sicurezza delle persone più bisognose. Se non fosse possibile fornire completamente gratuitamente questo servizio (nell’eventualità che venga accettato dai cittadini), il comune si sforzerà per poter comunque offrirne una parte».
«Mi interesserebbe fornire un servizio di telesoccorso in ogni abitazione» Quali sono i progetti urbanistici o sociali in fase di elaborazione per il 2018? «Riguardo all’ambito urbanistico, abbiamo tre progetti in programma per il 2018: innanzitutto il rifacimento dell’asflalto di una strada che non abbiamo ancora potuto rinnovare a causa della mancanza di fondi; il rinnovo della segnaletica orizzontale e verticale; il collocamento di un totem digitale al centro della piazza, che contenga tutte le informazioni e le descrizioni riguardanti il comune, come ad esempio dove poter recarsi per una cena, contenente i programmi degli eventi e delle numerose associazioni che sono presenti. Ormai nel
2018 bisogna innovarsi. Altri obiettivi per il 2018 sono: quello di aumentare la nostra struttura museale, poichè possediamo già il museo delle api ospitato a Palazzo Cristina, vorremmo dare proprio a questa struttura la possibilità di fornirsi di una nuova tecnologia interattiva per poterla utilizzare, oltre che a livello turistico, anche scolastico; vorremmo rivalutare il museo contadino che ormai si trova in stato di abbandono, ci terremmo particolarmente al suo rinnovamento; infine vorremmo ottenere, come comune, una denominazione vinicola per il riesling italico che è la qualità tipica della nostra zona, sperando ovviamente che a tutti i produttori faccia piacere aderire». Opere pubbliche: grazie al progetto “6000 campanili” qualcosa si è riusciti a fare... «Per quanto riguarda le opere pubbliche, fra 2016/17 abbiamo ultimato il rifacimento degli asfalti di numerose strade comunali del nostro paese, tutto sponsorizzato dal progetto della regione “6000 campanili”, comprendendo anche la pavimentazione in porfido di una delle strade che porta a Palazzo Cristina, un antico palazzo della cui restaurazione ci stiamo gradualmente occupando e che ospita il museo delle api: proprio l’anno passato abbiamo dedicato un vero e proprio restauro a uno dei muri portanti del palazzo, donando un nuovo aspetto ai portici esterni, che sono diventati così anche un luogo in cui poter organizzare attività ricreative. Nell’anno nuovo speriamo di trovare dei fondi per poterci occupare del piano superiore dell’edificio, che rimane il più importante a livello artistico. È stata stipulata una convenzione per la gestione delle illuminazioni votive del cimitero, che erano in precedenza di proprietà del comune; abbiamo deciso di affidare il servizio a una ditta che ha in gestione anche altri cimiteri della zona: all’interno del contratto sono stati inseriti come benefit dei lavori somministrati, l’intero rifacimento degli impianti elettrici del cimitero (che necessitavano urgentemente di un rifacimento), l’elettrificazione dei cancelli di ingresso e l’illuminazione esterna del piazzale di parcheggio. Stiamo gettando le basi del progetto dell’illuminazione pubblica che si svilupperà quest’anno. Abbiamo ancora il 90% delle lampade al mercurio, quindi cercheremo di risolvere il problema nel migliore dei modi cercando di selezionare la ditta che offrirà la soluzione più vantaggiosa. Non ad opera nostra come comune, ma sempre nell’arco del 2017, è stato ultimato un nuovo serbatoio dell’acquedotto, da noi completamente appoggiato proprio per risolvere il grave problema della siccità che purtroppo è presente nel nostro comune, durante i mesi più caldi dell’anno». di Elisabetta Gallarati
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«L’autovelox verrà tolto a maggio, ormai ha ottenuto il suo risultato»
Maria Teresa Torretta Nel corso del 2018 sul territorio comunale di Bressana Bottarone verranno investiti diversi milioni di euro, fra lavori già definiti (quelli sull’acquedotto) e altri in corso di programmazione. Con la sindaca Maria Teresa Torretta abbiamo approfondito alcuni dettagli dei vari interventi. Nei giorni scorsi ci sono stati diversi problemi nella fornitura di acqua potabile; alcuni dovuti, a quanto pare, ad un guasto situato nel comune di Pinarolo. Ma sembra esserci poca chiarezza. Quali informazioni possiamo dare ai cittadini? «Chiariamo subito che non sono i comuni a gestire il servizio idrico. Gli amministratori hanno certo dei contatti con Pavia Acque, ma non hanno la chiave per andare a “tirare su” l’interruttore della corrente quando si stacca. Perché è questo che è successo. Il problema in provincia di Pavia è serio perché per vent’anni non sono stati fatti investimenti. Fra il 2018 e il 2019 ci sono in ballo, come Pavia Acque, cento milioni di euro. Noi avremo sul territorio circa il 2% di questo importo, 2 milioni e mezzo». Per quali lavori, in particolare? «Si tratta delle due stazioni di sollevamento, che verranno completamente sostituite e potenziate, e della messa in fognatura del tratto ultimo di via Dante a Bottarone. Pavia Acque, inoltre, sta mettendo in collegamento i comuni limitrofi al depuratore di Bressana, con il raddoppio della potenzialità (per arrivare a circa 10mila abitanti equivalenti). La fine dei lavori avverrà 2019. Ma la novità più grossa è sicuramente il potenziamento dei pozzi a Pinarolo, dove noi prendiamo l’acqua, con il trasferimento della stazione di trattamento nei pressi dei pozzi e non più a due chilometri di distanza, come succede adesso». In tutto il nostro territorio si sono registrati corposi aumenti nelle tariffazioni del servizio idrico. Molti utenti lamentano anche difficoltà nel mettersi in contatto con il gestore. Le sono capitate segnalazioni in merito?
«Intanto c’è un numero verde che risponde anche a qualsiasi ora della notte, come è successo qualche notte fa in occasione dell’ultimo guasto. Un mio consigliere ha telefonato per segnalarlo ed ha trovato subito risposta. I nostri cittadini si sono rivolti all’Amministrazione quando sono arrivate le bollette di conguaglio, perché non era molto chiaro il conteggio. Questo è stato fatto notare a Pavia Acque, cercando di fargli cambiare il layout della bolletta, che è quello standard predisposto dall’Authority. Andava spiegata meglio la differenza tra il conguaglio e l’anticipo». Insomma, il gestore poteva fare meglio… «Io faccio parte del Comitato di controllo analogo di Pavia Acque. Il problema che noto è che per tantissimi anni le società operative, come ASM, sembravano più vicine al cittadino. Lo sforzo che sta facendo oggi Pavia Acque è quello di diventare un vero soggetto unico, perché è l’unico modo per gestire al meglio tutto il circolo integrato. L’importante è far capire che Pavia Acque è la società del cittadino, quella a cui fare riferimento». Quanto agli aumenti tariffari? «Per fare gli investimenti occorrono soldi. La tariffa sta venendo a diventare unica su tutto l’ambito territoriale: in realtà l’Oltrepò pagava già di più rispetto alle altre zone della provincia, quindi noi abbiamo già un aumento minore rispetto alla Bassa. L’aumento è riferito in massima parte alle altre zone della provincia. C’è comunque un margine per poterle abbassare, perché quelle votate dall’Assemblea dei Sindaci sono già le tariffe massime possibili». Dopo la lunga serie di disastri occorsi nella nostra provincia, è tornato alla ribalta il tema delle aree produttive dismesse. A Bressana risultano due situazioni critiche: la prima è la stalla di viale Resistenza (65mila metri quadrati, di cui 13mila coperti). «L’area di viale Resistenza, negli ultimi tre anni, ha ripreso a funzionare come
stalla, quindi oggi sarebbe necessario che riuscissero a implementare la produzione. Non utilizzano tutta l’area, ma essendo i gestori residenti lì, c’è comunque un controllo, che prima mancava. Interverranno anche sull’amianto, sono in attesa di fondi. Comunque siamo molto attenti a questa situazione». Poi c’è l’ex fornace in via I Maggio (75mila metri quadrati, di cui 12mila coperti). Quest’area è inutilizzata e quindi più a rischio. «L’abbiamo segnalata alla Prefettura in occasione del recente censimento delle aree dismesse, come possibile situazione di pericolo. Al momento c’è veramente pochissima attività; quelle poche volte che vediamo il cancello aperto si tratta solo di qualcuno che va a controllare la proprietà. L’area è in mano ad un curatore fallimentare. L’intervento previsto dal PGT è ampissimo: si va dal commerciale all’artigianale, compresa un’area verde. Compito dell’Amministrazione è quella di monitorare che non succeda nulla di strano». Non si tratta dell’unica area soggetta a problemi ambientali sul territorio di Bressana… «Ci sono purtroppo dei terreni che i poveri sindaci si trovano a bonificare perché non si riesce a risalire a chi abbia prodotto il danno. Parliamo di un terreno posto all’ingresso di Bressana, dove dovremmo spendere 18mila euro per delle analisi volte a capire se, con gli accorgimenti messi in atto in questi anni, l’area è stata messa in sicurezza, dopo un abbandono abusivo di fusti, avvenuto quasi vent’anni fa. La Regione ha permesso la bonifica attraverso un finanziamento, ma da allora tutte le analisi le sta pagando il Comune, anche se è un’area privata». Passiamo ai progetti concreti dell’Amministrazione per il 2018. Avete concluso i primi atti per la realizzazione del cosiddetto Parco Natura, presso il torrente Coppa. Di cosa si tratta? «Nel 2014 abbiamo deciso di non far realizzare più una strada prevista dal piano regolatore precedente. Fra l’altro uno dei primi atti dell’Amministrazione è stata una variante per ridurre il consumo di suolo. In quell’area sono stati eliminati diverse migliaia di metri quadrati di area residenziale, e questa strada, se costruita, sarebbe rimasta in mezzo al vuoto. Dopo una trattativa con la proprietà si è arrivati cambiare la destinazione di quest’area». Può spiegarci meglio cosa succederà? «Diventerà un polmone verde, che sopperisce alla scomparsa di pioppeti in seguito all’aumento della superficie coltivata a mais (che rifornisce il biodigestore). Dai 22mila metri quadrati di verde che c’erano nel comune nel 2014 passeremo a 30mila. Per rendere possibile questa realizzazione, abbiamo deciso di inserirci nell’Albo delle compensazioni a livello regionale. Chi ne usufruirà avrà l’obbligo di seguire la pro-
gettazione e per tre anni anche la manutenzione. I primi alberelli potrebbero essere piantumati già nel prossimo autunno». Ma il suo più grande sogno mi risulta essere quello di dare una nuova scuola a Bressana. È così? Pensa di riuscire, magari quest’anno, in questo suo intento? «Abbiamo già un progetto preliminare. A giorni si aprono gli spazi per la richiesta di inserimento nell’elenco del MIUR per la realizzazione o la messa a norma delle strutture scolastiche, faremo una richiesta». Perché questa necessità? «La scuola vecchia è obsoleta dal punto di vista didattico: non c’è un atrio di attesa, la sala mensa è insufficiente, non c’è una palestra… i bambini della primaria devono spostarsi, per fare ginnastica, nella palestra delle scuole medie. È un sogno: bisogna ci sia un intervento dello stato abbastanza cospicuo, circa 6 milioni di euro. I nuovi progetti tendono a mettere in contatto l’ambiente della scuola e i cittadini, che possono usufruire anche di spazi interni. La scuola, secondo le indicazioni del ministero, deve essere non più chiusa ma aperta alla popolazione. Ci deve essere un interscambio». È quasi tempo di portare in approvazione il bilancio di previsione. Oltre a quanto già detto, può anticipare qualche altro intervento già definito? «Metteremo in sicurezza l’attraversamento ciclopedonale sulla SS35, fra il capoluogo e la frazione Argine, fino a raggiungere la chiesa, che è uno dei gioiellini di questo territorio. Abbiamo su questa strada due autovelox: quello che misura la velocità in direzione Casteggio verrà tolto a maggio e sostituito da un semaforo. Se ormai arrivano due multe al giorno, è evidente che ormai l’autovelox ha ottenuto il suo risultato, che era quello di rallentare l’incrocio. La nostra preoccupazione è quella di mettere in comunicazione le frazioni con il centro, pensando anche che molti dei nostri cittadini sono anziani e attraversare quella strada non è semplice». Per chiudere: come sta andando la raccolta differenziata, che è stato un tema su cui la sua Amministrazione si è molto spesa? «Quest’anno abbiamo un piano finanziario che comporta una riduzione dei costi del 2,6%. Il recupero sulla raccolta differenziata ha un rimborso da parte del Conai: questo permette di abbassare le tariffe. Se tu raccogli bene, quindi, hai un premio a livello economico. Il recupero è arrivato a 27mila euro; eravamo partiti da 6mila nel 2014. Per i primi due anni è normale che ci siano stati alcuni aumenti in bolletta, quest’anno però ricominceremo a scendere. Nelle utenze domestiche ci sarà un -2,38% di media, mentre per le non domestiche del -3,03». di Pier Luigi Feltri
LUNGO IL PO Fra gli ultimi atti del Governo uscente, è finalmente arrivato uno fra i più attesi dall’Oltrepò Pavese: il finanziamento per la messa in sicurezza dei ponti di Gerola, e della Becca. Un intervento resosi ormai indifferibile, e passato per la bocca di politici di ogni età e di ogni schieramento. Abbiamo chiesto di raccontarci come si è arrivati a questo risultato, e soprattutto cosa succederà nei prossimi mesi, a Paolo Gramigna, consigliere provinciale del Partito Democratico con delega ai trasporti e alla mobilità. Gramigna, il Governo ha stanziato 35 milioni di euro per la messa in sicurezza dei ponti sul fiume Po. Quasi 12 milioni sono finiti alla provincia di Pavia, che è quella ad aver ottenuto le risorse maggiori; sintomo di un asse privilegiato sviluppatosi con il Ministero delle Infrastrutture. Come si è arrivati a questo risultato? «Certamente c’è stato un importante lavoro politico di costruzione di rapporti istituzionali prima con il Ministro Lupi, poi con il Ministro Del Rio, portato avanti dai parlamentari del PD, dal Consigliere Regionale Villani e dai presidenti della Provincia di Pavia Bosone e Poma. Si è riusciti a fare emergere che la Provincia di Pavia è quella tra le province lombarde attraversata per il maggior numero di chilometri dal fiume Po e quella attraversata dal maggior numero di ponti sullo stesso fiume; ben sei su strade di competenza provinciale, uno attraversato anche dalla linea ferroviaria Milano – Genova, che garantiscono gran parte dei collegamenti tra il sud ed il nord non solo della Lombardia, ma anche dell’intero paese». Su quali basi sono stati richiesti i finanziamenti? «Si è riusciti a fare finanziare interventi di manutenzione straordinaria individuati come indispensabili da una relazione tecnica redatta durante gli ultimi mesi della Presidenza Bosone. Un buon cerotto, il massimo che si poteva ottenere in relazione alla attuale disponibilità di risorse, che però non può essere ritenuto sufficiente per una situazione che drammaticamente si trascina da anni, mai affrontata in modo strutturale. Gli interventi finanziati dal Governo serviranno a mantenere aperti i ponti in condizioni di sicurezza, ma non ad aumentarne l’efficienza».
Paolo Gramigna
Con quali tempi è realistico aspettarsi l’inizio dei lavori? «Per introitare i soldi del Governo la Provincia deve approntare il Bilancio di Previsione 2018. Negli ultimi due anni è stato possibile approvare i bilanci di previsione solo nell’ultima parte dell’anno. Ora, grazie alle intese raggiunte con l’attuale Governo in termini di finanza pubblica, siamo fiduciosi di arrivare ad una approvazione del bilancio già prima dell’estate. Ciò darà
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«è ancora più che mai assolutamente necessario un nuovo ponte» la possibilità di avviare le gare d’appalto. Se si riuscirà ad approvare il bilancio prima dell’estate è realistico prevedere l’inizio dei lavori tra gli ultimi mesi del 2018 e i primi mesi del 2019». Ora la Provincia, che è il soggetto attuatore degli interventi, dovrà farsi carico dei lavori. C’è già un’idea di cosa realizzare sui vari ponti? Iniziamo con quello di Gerola, al quale sono destinati 2,801 milioni. «Per quanto riguarda Gerola, il ponte è stato oggetto di un recente finanziamento di circa due milioni di euro per lavori di consolidamento dell’impalcato e di messa in sicurezza del manto stradale. Siamo nella fase conclusiva della gara d’appalto. Questi ulteriori 2,8 milioni di euro consentiranno il consolidamento strutturale del ponte. Al termine dei lavori saranno eseguiti collaudi e prove di carico per valutare se sarà possibile una riapertura ai mezzi pesanti, o almeno ai bus».
Ponti: 2,8 milioni di euro per Gerola, 1,5 per la Becca Il ponte di Pieve Porto Morone riceverà ben 7,4 milioni. Cosa si potrà ottenere? «Anche qui da diversi anni non si fanno investimenti significativi di manutenzione straordinaria. L’obiettivo, dopo i lavori finanziati, è la riapertura anche ai mezzi pesanti». Al Ponte della Becca, invece, sono stati assegnati 1,514 milioni. Quali sono gli interventi più urgenti? «Anche il Ponte della Becca è stato oggetto di un recente finanziamento di circa 4,5 milioni di euro per il consolidamento delle pile, sono attualmente in corso le lavorazioni. Le risorse oggi assegnate serviranno per ulteriori interventi strutturali. Non si riuscirà comunque ad aprire il ponte ai mezzi pesanti». L’importo minore rispetto agli altri pon-
ti deriva, forse, anche dall’ormai imminente trasferimento della struttura dalla competenza provinciale a quella dello Stato. Sarà il 2018 l’anno buono? “Occorre fare chiarezza. Non è previsto il passaggio alla competenza dello Stato per il Ponte della Becca, bensì, in base ad una promessa al momento disattesa da Regione Lombardia, ad una società composta da ANAS e dalla stessa Regione. Il termine previsto per il passaggio alla competenza sarebbe stato a gennaio 2018. Purtroppo ad oggi non vi è la benché minima traccia della società che si sarebbe dovuta costituire e che avrebbe dovuto prendere in carico non solo il Ponte della Becca ma anche numerose strade di interesse regionale. In una recente delibera, la Giunta Regionale ha differito il termine per costituire la società a giugno 2018; un modo per andare oltre le elezioni ed un’altra promessa non mantenuta dal Governo Regionale di centro destra». Sempre con riferimento all’attraversamento fluviale di Mezzanino, non può considerarsi superata l’idea di costruire un ponte ex novo, che resta l’unica soluzione definitiva. Succederà mai? «È ancora più che mai assolutamente necessario un nuovo ponte. Gli interventi che si stanno facendo e si faranno servono per mantenere in piedi un ponte di cento anni fino a quando sarà realizzato quello nuovo. Bisogna ammettere che Regione Lombardia ha recentemente stanziato, dopo anni di inerzia, le risorse necessarie per la progettazione esecutiva e di conseguenza il Governo ha avviato un percorso per reperire le risorse per la realizzazione. Ma se partissimo oggi arriveremmo ad avere il nuovo ponte tra 7/8 anni. È per questo che bisogna a tutti i costi mantenere il vecchio. Si è già perso tanto tempo e si sono spesi tanti soldi, ora è il momento di accelerare». Nel giro di ricognizione che Giorgio Gori, candidato presidente alle elezioni regionali, ha svolto nello scorso dicembre in Oltrepò, il ponte delle Becca è stato una delle tappe più importanti. Lei
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crede che Regione Lombardia potrebbe fare di più anche in questo ambito? Dobbiamo osservare come grandi attenzioni siano state calamitate su un’opera come la Broni-Mortara, sgradita al territorio, mentre il tema dei ponti sia sempre rimasto, fino a questo momento, vittima di uno “scarica barile” istituzionale… «Bisogna evidenziare come l’autostrada Broni-Mortara abbia in questi anni influenzato pesantemente lo sviluppo infrastrutturale nella nostra provincia. Una legge regionale voluta fortemente dall’ex governatore Formigoni ha reso possibile anche per Regione Lombardia bandire gare per concessioni autostradali regionali. L’autostrada Broni-Mortara nasce (come la Pedemontana e la Bre-Be-Mi) da quella legge politicamente sbagliata». Quindi cosa si profila all’orizzonte? «Oggi la Regione, sebbene il progetto sia stato bocciato a livello ministeriale, ha ancora un valido contratto di concessione con la società Sabrom per la realizzazione della Broni-Mortara. In virtù di questo contratto vi è ancora l’obbligo di prevedere sugli strumenti di pianificazione il tracciato. Valga ad esempio il Piano regionale della Mobilità e dei Trasporto (PRMT), votato dal Consiglio Regionale, dove è scritto che il nuovo ponte sul fiume Po in provincia di Pavia sarà realizzato con l’Autostrada Broni-Mortara. Credo che Regione Lombardia debba lavorare per porre rimedio ai danni della legge regionale e trovare il modo di risolvere i contratti di concessione ancora vigenti». È già passato un anno e mezzo dalle ultime elezioni provinciali. In base alla riforma Del Rio, il Consiglio resterà in carica fino a quest’estate (mentre il presidente Poma proseguirà per un altro biennio). Che aria tira? «Stando agli equilibri politici, votando per questo rinnovo anche il Consiglio Comunale di Voghera, il centro sinistra sarebbe in grossa difficoltà. Abbiamo ancora a disposizione questi mesi di lavoro per convincere tanti amministratori a votare i candidati appartenenti all’orientamento politico che in questi anni non solo ha saputo reggere ad enormi difficoltà di ordine finanziario ma ha saputo rilanciare ottenendo importanti finanziamenti per il territorio come quello per il completamento della Greenway ed impedendo insediamenti impattanti come quello della pirolisi a Retorbido». di Pier Luigi Feltri
BRONI
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Terre d’Oltrepò - La Versa: Big Ben ha detto stop, Andrea Giorgi ha una strategia chiara e precisa “Big Ben ha detto stop”, questa è la famosa frase che il compianto Enzo Tortora diceva durante la fortunata trasmissione televisiva, Portobello, andata in onda dal 1977 al 1983. “Big Ben ha detto stop” poco più di 4 mesi orsono, quando Andrea Giorgi ha stravinto le elezioni di “Terre d’Oltrepò”, “Big Ben ha detto stop” quando terminato lo spoglio delle schede, c’è stata una larghissima vittoria della lista Giorgi, questo risultato ha sancito che a guidare “il cantinone” deve essere lui ed i suoi colleghi del consiglio d’amministrazione. Stop alle polemiche pre-elettorali, alle discussioni più o meno fattive e più o meno strumentali. Essere il presidente di Terre d’Oltrepò , la nave ammiraglia delle cantine oltrepadane, dover gestire La Versa e la sua rinascita, è certamente gratificante, porta o potrebbe portare onore e gloria, certamente porta preoccupazione e duro lavoro ad Andrea Giorgi. Il mondo del vino oltrepadano, avrebbe ed ha tante domande da porre al “presidente del cantinone”, noi abbiamo cercato di porre quelle che pensavamo più attuali ed interessanti, ci siamo riusciti? Non lo sappiamo, saranno i nostri lettori a giudicarlo, bisogna dire che con calma e assoluta tranquillità Andrea Giorgi, ha risposto a tutte le nostre domande, senza “scansarne” neanche una. Alla fine dell’intervista abbiamo avuto l’impressione che Giorgi, ha fiducia nelle decisioni che Terre d’Oltrepò ha preso e che prenderà, ha fiducia nel management, è convinto che con il duro lavoro, il futuro di Terre d’Oltrepò e di La Versa sarà migliore. Si potranno fare tante critiche se i risultati non verranno, ma una certezza è palese, la situazione che ha trovato in Terre d’Oltrepò e La Versa, non la ha creata lui, Giorgi sta cercando di portare fuori da acque tumultuose le due corrazzate del vino oltrepadano: Terre d’Oltrepò e La Versa. Se ci riuscirà, l’Oltrepò ringrazierà. Quali sono le discontinuità più importanti rispetto al passato nella strategia commerciale della cantina Terre d’Oltrepò e della Cantina La Versa? «Le discontinuità sono molte. Dobbiamo fare un passo indietro: Terre d’Oltrepò fino al 2015 ha avuto un certo tipo di gestione che ha fatto sì che il nostro core business fosse unicamente o per la maggior parte il vino sfuso. Dopo le vicende del 2015 e il cambio di rotta impresso dal consiglio d’amministrazione di allora di cui ero presidente, siamo giunti alla conclusione che occorreva cambiare la politica aziendale e la politica commerciale andando a rivolgerci verso quei canali a valore aggiunto più alto, ovviamente la bottiglia. Il grande interrogativo che ci siamo posti in questa ottica e ricordo che in questo momento viviamo un grosso sconvolgimento territoriale per le note vicende giudiziarie, è: cosa sarà Terre d’Oltrepò? Sarà ancora Terre d’Oltrepò? In consiglio di amministrazione stavamo affrontando il problema
se cambiare o no il nome di questa cantina. Dopo diverse discussioni su questo aspetto abbiamo deciso di non cambiare il nome, per un motivo fondamentale, per dare al nostro marchio una forte connotazione territoriale e perché non volevamo disconoscere quello che siamo e quello che vogliamo rappresentare e quello che per i numeri rappresentiamo. Volevamo dare un forte messaggio che non da tutti è stato capito e compreso, cioè che Terre d’Oltrepò vuol fare ciò che è nella sua ragione sociale, nel suo nome e cioè esprimere il vino del territorio, quindi cercare una forte connotazione territoriale rispetto ai prodotti che andremo a sviluppare. All’interno di questo progetto commerciale, che da prima è solo istituzionale, si sviluppano altri prodotti e quindi nuove linee con un rinnovo completo di linee ed etichette di Terre d’Oltrepò. In quel momento però ci siamo resi conto che la reputazione persa incideva ed incide molto, avevamo bisogno di un prodotto, di un marchio forte per lanciarci in un certo segmento medio alto del mercato. Attraverso lo svolgersi degli eventi è nata la possibilità di affrontare la scalata a La Versa con un partner commerciale molto importante per noi e quindi abbiamo fatto questa operazione che si inserisce nella politica commerciale di cui abbiamo parlato andando a colmare quella fascia di alta gamma di cui noi avevamo bisogno. Alta gamma che vuol dire nel nostro futuro la valorizzazione di un prodotto del territorio che è Pinot nero, che è Spumante, che è metodo charmant e metodo classico». Ha senso avere, quindi, lo stesso direttore commerciale per due realtà così diverse? «La risposta è già nella mia precedente affermazione: per noi Terre d’Oltrepò è una grande famiglia sotto la quale c’è Casteggio, Broni e c’è La Versa. In un’ottica di razionalizzazione e di considerazione di Terre d’Oltrepò come un unicum aziendale, la risposta è sì, ha senso». Molti spumantisti dell’Oltrepò si sono adirati per il DOCG Oltrepò Pavese metodo classico Pinot nero da voi “confezionato” per la Lebel Eurospin e messo in vendita a meno di 5 euro nel periodo natalizio. La vostra strategia commerciale è quella di conquistare il mercato costando meno oppure questo è un caso isolato dettato dalle contingenze? «Mi permetto di dire che lei commette un piccolo errore perché non è assolutamente vero che la bottiglia è stata lanciata nel periodo natalizio. L’entrata di Terre d’Oltrepò in Eurospin, con diverse referenze fra cui anche il Metodo Classico, risale all’inizio dell’anno 2017 e quindi arriva in ritardo di qualche mese la sua domanda e arriva in ritardo non per colpa sua, ma perché questa cantina per il tipo di politica commerciale che sta portando avanti in Oltrepò, diversa da quella che è stata la cantina fino ad
oggi e che è stato anche l’Oltrepò Pavese fino ad oggi. Quanto lei mi chiede ha creato dei malcontenti strumentali perchè noi abbiamo dei simpatici amici e colleghi che tentano di danneggiarci, “tirando fuori”, vorrei usare un’espressione colorita… in modo strumentale scelte di politica commerciale decontestualizzandole dal più grande contesto commerciale che è Terre d’Oltrepò. Queste sono tutte frecciatine che vanno a colpire Terre d’Oltrepò, ma non leggono il più complesso disegno che sta dietro a tutta la commercializzazione che è molto più grande. Sono politiche strumentali che non hanno la lungimiranza di capire qual è la politica commerciale di Terre d’Oltrepò che è quella di soddisfare tutte le tasche e fornire al consumatore il miglior rapporto qualità prezzo possibile e questo vuol dire che: chi può spendere molto deve poter avere a disposizione quel prodotto lì, ed è quello che noi vogliamo fare con La Versa; chi ha delle possibilità economiche inferiori deve comunque avere un prodotto dotato della sua dignità per il prodotto che va a pagare».
«Da qui al 2020 nella nostra globalità vogliamo ottenere oltre 5 milioni di bottiglie e quanto più possibile di esportazione» La vostra filosofia, presente e soprattutto futura, è quella di avere qualità e riconoscibilità o quantità? Perché è difficile avere entrambe le cose. «Vogliamo fare del nostro vino l’autentica espressione dell’Oltrepò, questa è la nostra politica futura, la nostra visione. Crediamo di dover cercare prodotti e canali che diano maggior valore aggiunto alle nostre produzioni. È un processo che non è lineare a cui si arriva con molto lavoro, con collaborazioni anche territoriali, noi abbiamo una filosofia che è collaborativa con gli altri “attori” fuori da Terre d’Oltrepò. Filosofia che deve portare quel valore aggiunto a tutti coloro che operano in Oltrepò Pavese, per i nostri soci in primis, ma anche per gli altri operatori. Una cosa non esclude l’altra. Sicuramente dobbiamo lavorare ancora molto sia sulla qualità sia sulla riconoscibilità del nostro prodotto, sia sulla reputazione, sia sui messaggi che trasmettiamo all’esterno dell’Oltrepò Pavese sia come Cantina, ma non solo». Con quale fatturato avete chiuso il 2017? «Il 2017 è difficile dirlo perché noi non sia-
mo annuali, l’esercizio Terre d’Oltrepò va dal primo di Luglio al 30 di giugno, quindi il fatturato lo vedremo l’anno prossimo. Le posso dire che è notevolmente in aumento e il motivo è che abbiamo avuto minor produzione con una vendemmia più scarsa e quindi i prezzi sono lievitati, a ciò si aggiunge il fatto che stiamo percorrendo la strada di un canale commerciale a più alto valore aggiunto, in poco più di un anno abbiamo raddoppiato il numero di bottiglie e questo ha portato anche ad un incremento del fatturato. Ad oggi non è ancora un dato significativo per la domanda che lei mi ha fatto però è in notevole aumento». Quante bottiglie producete? «Ad oggi, secondo l’ultimo dato, siamo ad oltre le due milioni di bottiglie fra le diverse referenze». È indubbio che tutto l’Oltrepò grazie al vostro salvataggio ha tirato un sospiro di sollievo, ci sono state polemiche pre e post acquisizione. La direzione della Cantina sociale di Broni come si è sentita accolta dagli ex soci di La Versa? «Anche qui è un problema più sociale che tecnico, nel senso che Santa Maria della Versa è un territorio martoriato da quelle gestioni che hanno fatto si che molti soci perdessero molti soldi, sia in termini di capitale sociale che di vendemmie non pagate. L’insinuazione al passivo ha fatto si che qualche soldo sarà loro elargito però la perdita è davvero molto importante. L’anno scorso abbiamo avuto un’iniziale diffidenza e quindi non molti soci, quest’anno l’appeal e i contatti sono aumentati e abbiamo molti più ex soci La Versa che chiedono di entrare a far parte della compagine sociale di Terre d’Oltrepò. Come spesso succede in Oltrepò il processo di cambiamento è molto lento e quindi pian piano si stanno avvicinando più soci e questo lascia ben sperare. L’unico vero cambiamento epocale che c’è stato in Oltrepò è sicuramente il cambio gestionale in Terre d’Oltrepò, il resto ha bisogno di macinare un pochino di più». La Versa è per ora e purtroppo con poche bottiglie posizionata nella fascia media del mercato. Situazione che certamente non è dovuta alla vostra gestione. La vostra strategia commerciale è di mantenere il posizionamento nella fascia media o di portarlo nella fascia alta e quante bottiglie di metodo classico intendete produrre da qui al 2019? «Parlare di uno storico di La Versa è difficile perché noi siamo arrivati da poco tempo e ci sono tutta una serie di perplessità in merito alla gestione che hanno fatto si che i dati a nostra disposizione sullo storico fossero da noi presi con le pinze. Il nostro posizionamento è medio alto, ad oggi nel punto vendita di La Versa le poche referenze presenti sono spumanti, la nostra intenzione quindi è di andare dal medio all’alto e stiamo operando su quel target. La vendemmia 2017 è stata una vendemmia di
BRONI prova sotto tanti aspetti sia quantitativi che tecnici, 20 mila quintali di uva trasformata che ovviamente vogliamo aumentare nel corso del 2018 e incrementare sicuramente in modo progressivo lo spumante, sia metodo classico sia charmant, e fare una adeguata programmazione che non abbiamo potuto fare nel 2017. La programmazione che verrà fatta si baserà su una forte connotazione vocativa delle zone e trasformare le partite più pregiate di metodo classico attraverso un‘attenta selezione». Il metodo classico è un prodotto principalmente per il mercato italiano. L’estero al momento beve Prosecco. Il mercato italiano e l’Italia rivedrà La Versa con gli antichi splendori e se sì come? Riuscirete a competere ai piani del mercato per esempio in concorrenza a Cà del Bosco e Ferrari? «Io ritengo che dobbiamo confrontarci con tutti e con nessuno, consci del fatto di avere un buonissimo prodotto che non è mai stato valorizzato. Noi vogliamo valorizzarlo al 120% e non sfigurare di fronte ai più grandi player spumantisti e magari fare qualcosa meglio di loro». L’Oltrepò produce tanto, non molto in bottiglia e all’estero vende poco. I grandi clienti che comprano vino in Oltrepò e poi lo imbottigliano riescono a vendere all’estero. È pensabile che anche l’Oltrepò impari a vendere all’estero e quindi vendere direttamente le bottiglie che produce? «Noi stiamo già imparando grazie al ricambio generazionale di questo nuovo consiglio di amministrazione. Noi avevamo pochi contatti con l’estero però ad esempio il nostro referente sul territorio statunitense ha avuto nel corso del 2017 un incremento del fatturato del 30%. Si può investire quindi all’estero con un’attenta politica commerciale commettendo il minor numero di errori possibili, è un canale sul quale siamo molto attenti che già ci sta dando delle soddisfazioni in termini di fatturato con prodotti tipici del territorio come Sangue di Giuda, Bonarda, Pinot Grigio». Nella strategia commerciale per i prodotti della cantina e per il marchio La Versa come e quante bottiglie sono il vostro target da qui al 2020 per l’esportazione? «Non è facile definire un budget perché stiamo cercando di aprire il numero maggiore di canali e per farlo stiamo facendo dei budget con i nostri agenti sul territorio. Da qui al 2020 nella nostra globalità vogliamo ottenere oltre 5 milioni di bottiglie e quanto più possibile di esportazione. Oggi gli Stati Uniti fanno la parte da leone, dove abbiamo più possibilità di commercializzazione». Terre d’Oltrepò e il suo rapporto con Cavit: alleanza o sudditanza? «Questo è un problema del tutto oltrepadano nel senso che le persone hanno difficoltà a rapportarsi con realtà diverse e lo “straniero” è sempre viso come un conquistatore. Personalmente il rapporto che abbiamo instaurato con Cavit è di grande collaborazione consci del fatto che loro sono una grandissima realtà nel panorama vinicolo nazionale ed internazionale, però noi impariamo molto in fretta».
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Andrea Giorgi, Presidente di Terre d’Oltrepò Una cantina sociale ha dei soci che vanno remunerati: nell’ottica della ricerca della qualità e non della quantità, la vostra proiezione di remunerazione uve delle prossime vendemmie verrà effettuata applicando zonazioni scientifiche o mi passi il termine si butterà “tutto insieme” come molto spesso in Oltrepò si è fatto? «Qualcuno lo fa ancora di buttare “tutto insieme”, però noi abbiamo assunto in Terre d’Oltrepò in pianta stabile nel nostro organico un agronomo che fra le altre cose si occuperà di mappare nel modo più preciso possibile le vocazionalità delle nostre diverse zone di produzione, in modo da fornire ai nostri tecnici la provenienza e quindi anche la qualità espressa dal terreno dei nostri soci. Insieme a questo vogliamo introdurre un sistema di liquidazione dei prezzi delle uve che tenga conto non solo del parametro zuccherino, ma di altri parametri che l’agronomo e i nostri direttori di produzione stanno valutando proprio in un’ottica di valorizzazione del prodotto a maggior contenuto qualitativo. Questo per due motivi: banalmente di premiare la qualità e spenderla commercialmente, ma anche per ridurre i costi di produzione rispetto al prodotto che viene conferito, il prodotto conferito che ha un più alto tenore qualitativo logicamente ha un minor costo
di trasformazione rispetto invece ad un prodotto che qualitativo non è”. Per molti viticoltori il margine di guadagno è ormai minimo. Quanto pensa di aumentare la remunerazione delle uve la prossima vendemmia e soprattutto pensa di remunerare di più le uva vocate oppure di affidarsi al “prezzo politico”? «Pagare di più le uve che hanno un profilo qualitativo maggiore rispetto alle altre». Senza l’uva giusta non si può produrre un buon vino. Non tutte le uve dell’Oltrepò sono “quelle giuste” Nella vostra strategia c’è anche quella di “spingere” i vostri soci a piantare in zone vocate le varietà giuste? Se sì quali ritenete i vitigni da suggerire ai vostri soci per produrre vini di alta qualità e alto valore? «Il discorso è più complesso primo perché noi dobbiamo raffrontarci con una situazione che c’è oggi, cioè oggi il panorama viticolo di Terre d’Oltrepò è costituito dalle scelte che i nostri viticoltori hanno fatto nel passato. Abbiamo un certo tipo di composizione dal punto di vista varietale e dobbiamo fare due cose: nel primo momento aiutare a scegliere, cosa che stiamo già facendo, in base alla vocazionalità attraverso il servizio di cui le parlavo prima , ma d’altro canto sappiamo che i vigneti non si cambiano dall’oggi al domani e quindi dobbiamo cercare di valorizzare an-
che il nostro patrimonio. Noi consigliamo attraverso i nostri agronomi l’associazione tra la vocazionalità del terreno e vitigno ma dall’altro lato dobbiamo valorizzare il prodotto, quindi sicuramente noi puntiamo sul Pinot Nero, sulla Bonarda nel rispetto della vocazionalità, ma sappiamo anche che i nostri soci hanno un’ importante quantità di Riesling che fino ad oggi non è mai stato valorizzato. Noi abbiamo già tentato nell’estate scorsa di fare un progetto di valorizzazione del Riesling a livello territoriale con un nostro progetto presentato in Camera di Commercio, ma le ben note vicende della Camera di Commercio hanno fatto si che questo progetto li si arenasse, ma che continua in Oltrepò. Progetto che sta avendo risultati, perchè tornando a parlare di La Versa, uno degli charmat che stiamo producendo è proprio a base Resling ed è un prodotto che sorprendentemente sta avendo un buon riscontro verso i buyer della grande distribuzione che hanno potuto apprezzarlo. Quindi c’è spazio anche per il Riesling che va presentato come prodotto in un’ottica diversa e fatto conoscere al consumatore, quindi la strategia è in base alla zonazione e alla vocazionalità, aiutare gli agricoltori a scegliere e a valorizzare quello che abbiamo e che non possiamo cambiare». di Silvia Colombini
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«Tutti pensano di essere Colonnelli e Generali, e di soldati non ce ne sono più». Il 24 Gennaio 2018 cadeva il secondo Anniversario della scomparsa dell’On. Gian Carlo Abelli, una delle maggiori ed indimenticabili personalità della Politica oltrepadana, Regionale e Nazionale. Alle soglie della prossima Kermesse elettoralpolitica del 4 Marzo prossimo venturo, ci ha ricevuti nella splendida dimora bronese la donna che con lui ha condiviso tutto: la Cosa significa far Politica? «Il politico deve avere alcune caratteristiche indispensabili per trasformare in concerto la voce del suo territorio. Bisogna avere credibilità spirito di sacrificio ed appartenenza. Lavorare in prospettiva, non volere il riconoscimento immediato compiacendo questo e quello… un po’ come l’educazione che si da ai figli, per il loro futuro; e non sempre dire “si” !». Parlando proprio d’immediato: il Centro-Destra lombardo sembra aver privilegiato, per le prossime elezioni regionali, la parte est dell’Oltrepò, a discapito della parte ovest. Barbieri e Ferrari fuori dai giochi, Rovati e Quaroni candidati… «è vero, inutile nasconderlo, ci voleva un rappresentante dell’Oltrepò Occidentale. Mi dicono che all’ultimo momento qualcuno, per motivi personali (che sono indiscutibili), si è ritirato». Secondo lei, Rovati o Quaroni ce la possono fare? «Dipende dagli elettori… Certo è che Invernizzi è molto conosciuto, avendo fatto per tanti anni l’Assessore Provinciale». Avrà quindi bisogno, Invernizzi, di una vera e solida Campagna Elettorale? «Conosco le campagne elettorali, le ho sempre fatte con buoni risultati, ma il candidato era persona che si è sempre spesa sul territorio e per il suo territorio! Certamente bisogna coinvolgere il maggior numero di elettori ed essere credibili, soprattutto cercare di convincere coloro che non vogliono più votare, che credo, siano numerosi…». In questo la Politica ha grandi colpe? «Diciamo che le colpe derivano dal fatto che tanti non sono preparati per questo mestiere. Prima il candidato arrivava ad essere tale dopo una sorta di selezione naturale, ora viene messo in lista, dimenticando che queste persone faranno parte di commissioni che decideranno il futuro del nostro Paese. La disponibilità è buona cosa, ma va associata alla capacità… sennò cade tutto nel vuoto!». Come giudica il lavoro svolto dalla Dott. ssa Gelmini, coordinatore regionale Lombardia? «Non posso giudicarla, essendo Lei Coordinatrice di tutta la Lombardia. Per equilibri che io non conosco, capita di dover trascurare qualcuno… e Pavia è stata un po’ poco considerata… Questi frazionamenti e dissidi interni non hanno aiutato. Biso-
Rosanna Gariboldi
gna arrivare ad un compromesso, in senso positivo. Qui ci vuole un po’ di tolleranza ed una maggiore volontà per trovare un giusto equilibrio. Mi pare che tanti si sentano Generali e Colonnelli; Soldati non ce ne sono più». Il suo pensiero sulla candidatura di Alessandro Cattaneo? «Cattaneo è un buon candidato. E’ giovane, gradevole ed intelligente. Certo, qualche errore l’ha commesso ma, penso, abbia fatto parte “del fattore di crescita”. Potrà essere un buon Deputato». Le infrastrutture sono il tallone d’achille dell’Oltrepò: si riuscirà a risolvere qualcosa? «Una buona parte l’ha già fatta Poma, da
ottimo amministratore quale è, cedendo, date le inesistenti risorse economiche, la manutenzione dei ponti e di alcune strade, considerando anche l’opportunità di un nuovo casello autostradale sulla MIGE che toglierebbe dalle nostre strade, già malmesse, il traffico pesante… Le infrastrutture danno la possibilità di essere agganciati al resto del mondo (vedi i ponti!!!): l’unica possibilità di arricchimento della nostra Provincia che oggi io vedo è il turismo. L’Oltrepò potrebbe diventare una seconda Toscana. L’autostrada porterebbe nuovi insediamenti industriali lungo il percorso, e quindi nuovi posti di lavoro, così da non costringere tanti a fare i pendolari… Certo che tutto si vanificherebbe
senza infrastrutture!». Richiederebbe però grandi investimenti, molti soldi… «Chiariamo questo punto: l’autostrada non si fa con i soldi pubblici, ma di privati! I soldi pubblici entrerebbero in gioco in caso di una penale, che la Regione dovrebbe pagare, in virtù della non esecuzione del progetto… Queste cose vanno spiegate alla gente che, a tutt’oggi, è disinformata! Non dimentichiamo anche che saremmo certi di avere un nuovo ponte agibile… E’ una grande possibilità, l’unica offerta oggi! E non mi sembra poca cosa!». di Lele Baiardi
SALUTE Rita Perduca è una professionista nel campo dell’allattamento Ibclc (consulenti professionali in allattamento) e fondatrice dell’associazione Allattamento Ibclc. Gli esperti in questo settore si occupano di fornire informazioni e sostegno in modo che ogni mamma possa prendere le decisioni migliori per la sua famiglia attraverso una consulenza qualificata in allattamento, basata su evidenze scientifiche, che corrisponde ai bisogni individuali di ogni singola triade genitori-bambino. Rita, come è iniziata la sua avventura? «Diciamo che ci sono due percorsi paralleli: uno è quello della certificazione Ibclc che è un percorso professionale che ho maturato a partire da un interesse personale nei confronti dell’allattamento materno che è cresciuto e che ho potuto approfondire attraverso tutta una serie di esperienze e di studi che mi hanno portato a questa certificazione. Questa certificazione è l’unico titolo a livello internazionale che attesta la preparazione di un operatore nella gestione clinica dell’allattamento. Questo è un percorso professionale. Dall’altra parte io e alcune colleghe abbiamo sentito il bisogno di creare una realtà associativa che permettesse di portare avanti la promozione, la protezione e il sostegno dell’allattamento materno sul territorio con tutta una serie di attività. Cerchiamo di dare tutte proposte che nutrono il territorio per promuovere appunto l’allattamento anche con cose leggere e di contorno rispetto all’allattamento. Una mamma allatta serenamente se è consapevole di quello che desidera fare, di quello che sta facendo e se è sostenuta da chi le sta intorno». Operativamente come funziona? «L’idea è quella di cambiare la cultura dell’allattamento, di normalizzarlo, di renderlo qualcosa di normale e parlandone attraverso le attività dell’associazione ad un numero sempre maggiore di persone, grazie a forme che possano interessare a tanta gente. Quindi attraverso anche la proiezione di film, eventi culturali, incontri con la psicologa, o i miei incontri specifici sull’allattamento». Altri obiettivi dell’associazione? «L’altro obiettivo è stato quello di promuovere la figura dell’Ibclc perché ci siamo rese conto che è una figura ancora poco conosciuta che può aiutare le donne che desiderano allattare ma che spesso non conoscono questa cultura. Quindi diciamo che parallelamente all’attività professionale abbiamo creato questa associazione che è dislocata in varie zone del territorio lombardo. A Broni la sede è in via Gazzaniga». L’entusiasmo da parte sua e delle mamme che fanno parte dell’associazione è veramente tanto e si capisce la voglia di “fare gruppo”... «L’associazione è un modo di dare la possibilità alla mamme di fare rete. Un problema grosso nella maternità, nel nostro stile di vita, è la solitudine, l’isolamento, è il fatto che la madre sia un po’ lasciata a se stessa… più o meno in maniera marcata ovviamente. Quello che ho visto è che le madri poi vanno avanti a frequentarsi anche in altri contesti. è sicuramente un modo per fare rete e per sviluppare anche
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A Broni “i mammedì” i mercoledì delle mamme
Rita Perduca
Letizia Maffoni
Susanna Denicolai
altri progetti. Ci sono mamme per esempio che dopo essere passate da noi hanno preso il percorso dell’istruzione parentale…o magari altre realtà. Ci sono davvero dei cambiamenti grandi, di vita, le mamme si incontrano con altre persone che hanno fatto le stesse esperienze e hanno quindi un “linguaggio” comune, approfondiscono insieme determinate tematiche». Una delle attività cardine dell’associazione sono i “mammedì”… ci spiega in che cosa consistono questi incontri? «Sono i mercoledì delle mamme! L’idea è nata per dare la possibilità alle mamme di incontro e condivisione. Si parla di tanti argomenti diversi ed è veramente molto costruttivo, è un momento di ritrovo molto importante. Gli incontri ci sono tutti i mercoledì mattina, dalle 10 alle 12».
notevolmente di trovarne una proprio nel mio paese, Broni! Ho cercato questo tipo di consulenza perché avevo desiderio di allattare, ero incinta di tre mesi e sono amica di una mamma di due gemelli che sono stati allattati. Parlando con questa ragazza di allattamento mi ha consigliato una consulente di questo tipo. Cercavo informazioni insomma… proprio per una sensibilità mia. Ho così trovato Rita Perduca e ho fatto un corso allattamento per gestanti e l’ho richiamata anche nei giorni proprio seguenti il parto, per verificare tutto, dalla posizione all’attacco corretto. L’ho fatto per entrambe le mie figlie. Però effettivamente Rita non si occupa solo di questo! Più avanti ho fatto parte anche dei “mammedì”, questi incontri tra mamme che sono meravigliosi… Con Rita negli anni ho fatto il corso allattamento, ho quasi sempre seguito le attività dell’associazione, come anche i corsi di massaggio infantile e di yoga in gravidanza. L’aspetto più importante delle attività di Rita poi, per quanto mi riguarda, sono gli incontri con la psicologa Raffaella Pellegrini: ho frequentato tutti i corsi, dal primissimo, fino ad oggi e sono incontri che partono dall’aiuto alla genitorialità, quindi all’educazione dei figli… ma poi in realtà si spingono nei meandri della personalità, quindi portano proprio te stessa ad esplorarti come persona e sono incontri che per me sono stati preziosissimi e davvero importanti. Di confronto con le altre mamme e di comprensione di me stessa, come madre e come persona. Questo continua ad essere per me uno dei contributi più importanti che l’attività di Rita ha portato. Grazie a questi incontri ho avuto un benessere psicologico e una crescita interiore molto grande. Rita poi collabora anche con altre associazioni e non si risparmia a segnalartele se c’è la necessità più specifica…il suo supporto è davvero a 360 gradi, dove non arriva lei con le sue attività sa come indirizzare e non ci abbandona proprio mai. Lei è davvero un punto di riferimento per il nostro territorio, ammiro il suo lavoro e mi piacerebbe che diventasse un polo di attrazione sempre più grande e forte per le mamme, perché c’è sempre bisogno di supporto alla maternità, dalla gravidanza
in poi». Susanna Denicolai, 35 anni, mamma di Matilde (8 anni), Giona (5 anni) e Magda (9 mesi). «Ho scoperto l’associazione dopo la nascita del mio secondo figlio, nel 2013. Ho iniziato per curiosità ad andare a un incontro di mamme e subito ho capito che il clima era molto particolare e c’era un’attenzione alla persona, alla mamma e al bambino, che in altre situazioni, tipo gli incontri post parto, non avevo trovato. Quindi mi ha molto incuriosito questo clima e infatti non ho più smesso di andarci. Agli incontri delle mamme, il mercoledì, vado ormai da più di 4 anni, perché davvero è bellissimo fare rete di persone. Rita è sempre presente e modera i nostri incontri con professionalità e competenza, oltre che sulle tematiche legate all’allattamento, anche a quelle della genitorialità consapevole e responsabile. Ho sempre trovato argomenti molto profondi che mi hanno arricchito davvero tanto. Ogni volta poi gli incontri possono essere diversi, proprio perché le mamme non sono sempre le stesse… e quindi ognuno di noi dà il proprio contributo. Io personalmente ho poi iniziato a occuparmi, in qualità di mamma volontaria, della pannolinoteca: utilizzando io, fin dalla mia prima figlia e poi anche con gli altri due, i pannolini lavabili, ho detto a Rita che avrei messo a disposizione la mia esperienza in questo ambito. A lei è piaciuta molto come idea e quindi, in collaborazione con la pannolinoteca di Pavia, abbiamo creato quella dell’Oltrepò. Forniamo quindi un servizio di pannolini lavabili che una persona può prendere in prestito, provare e decidere la tipologia che preferisce. è particolare perché non ci sono altre realtà simili in zona: facciamo un incontro ogni tre mesi più o meno, dove raduniamo le mamme interessate che vogliono avere informazioni in merito. Altra cosa interessante da ricordare è quella che riguarda le fasce con cui portare i bimbi: ho iniziato anche lì con un incontro per caso e poi me ne sono appassionata. è un modo di essere genitori non tradizionale e quando lo scopri trovi un modo davvero molto bello e presente di esserlo».
«L’idea è quella di cambiare la cultura dell’allattamento» Poi ci cono gli incontri con una psicologa, Raffaella Pellegrini. «Questa psicologa bravissima si occupa del sostegno alla genitorialità, oltre che di tante altre cose. è nata questa collaborazione perché le mamme hanno necessità di capire certe dinamiche che possono essere talvolta nascoste dentro se stesse. Questi incontri mettono in luce diversi aspetti e situazioni e fanno mettere in contatto con le proprie emozioni, fanno mettere anche in crisi dei modelli di comunicazione che risultano inadeguati. Tutte queste cose già con l’allattamento si evidenziano e poi il percorso continua. E sono sempre convinta che servano figure di riferimento che siano professionisti per trattare certi argomenti. Attorno alla mamma serve un intero villaggio a sostegno e secondo me una psicologa che parli di genitorialità è molto importante». Letizia Maffoni, 34 anni, mamma di Maria (4 anni) e Veronica (10 mesi) racconta la sua esperienza. «Io molto banalmente ho cercato su internet un consulente Ibclc e mi sono stupita
di Elisa Ajelli
BRONI
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Da Roma 3,2 milioni di euro per la bonifica In occasione della presentazione ufficiale dello “Sportello Amianto” comunale, avvenuta recentemente e di cui il Presidente Avani Silvio Mingrino si era detto soddisfatto, abbiamo fatto il punto della situazione sulla questione amianto con il sindaco di Broni Antonio Riviezzi. Riviezzi, partiamo dall’ultima novità in tema di lotta all’amianto, lo sportello comunale dedicato. «L’apertura dello sportello comunale dedicato si inserisce nella serie di azioni che stiamo portando avanti nella lotta contro l’amianto; la sua istituzione, infatti, segue quella dell’apertura del centro specialistico per i malati di mesotelioma del febbraio 2017, la partenza del secondo lotto dei lavori di bonifica della ex Fibronit e la sottoscrizione, da parte del Comune, di apposite convenzioni con ditte specializzate che si impegnano a smaltire l’amianto dei privati a prezzi calmierati. La sua istituzione è stata possibile grazie alla sottoscrizione, nei mesi scorsi, di un protocollo di intesa tra l’Amministrazione comunale, l’Avani (Associazione vittime amianto nazionale) e la sezione Broni-Stradella di Aiea (Associazione italiana esposti amianto). Lo scorso 31 gennaio, insieme al Presidente Avani Silvio Mingrino, alla Segretaria e Consigliere Avani Flutra Haxhiu ed al Presidente Aiea Massimo Gramegna, ne abbiamo annunciato ufficialmente l’apertura. Alla buona riuscita del progetto ha contribuito anche l’Ingegner Mario Fugazza, ex Professore Universitario ed Assessore all’Ambiente del Comune di Broni, tra i fondatori della sezione locale di Aiea, che si occuperà di fare da collegamento tra le Associazioni coinvolte nel progetto e il Comune». Che servizi erogherà lo sportello in questione? «Lo sportello fornirà una serie di servizi di informazione alla cittadinanza, con particolare riguardo all’assistenza e alla consulenza normativa per la rimozione e la bonifica dell’amianto, ma anche un aiuto nella richiesta di benefici contributivi e agevolazioni per chi è stato colpito da una patologia asbesto correlata». Quando entrerà in funzione lo sportello e che modalità di apertura seguirà? «Lo “Sportello Amianto” aprirà ufficialmente mercoledì 21 febbraio e sarà ubicato al terzo piano del palazzo comunale di piazza Garibaldi, presso i locali dell’Ufficio Tecnico. Lo sportello sarà aperto, avvalendosi della prestazione gratuita dei componenti delle Associazioni partner dell’iniziativa e del supporto della struttura comunale, ogni sabato mattina, dalle 10 alle 12, e un mercoledì pomeriggio ogni due settimane, dalle 16 alle 17. Accanto all’apertura dello sportello, il Comune sta continuando a studiare, insieme ai vari enti interessati, anche altre iniziative volte a favorire lo smaltimento dell’amianto da
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Antonio Riviezzi parte dei privati”. Rispetto alla bonifica Ex Fibronit, che novità ci sono? «Nei mesi scorsi si è tenuta a Roma, presso il Ministero dell’Ambiente, una Conferenza di Servizi dedicata alla bonifica a cui hanno partecipato, tra gli altri, anche l’Istituto Superiore di Sanità e l’Inail; in quell’occasione è stato dato il via libera alla nuova perimetrazione del Sin (Sito di interesse nazionale) di Broni. Si tratta di una notizia positiva perché, all’interno del perimetro dell’area da bonificare, oltre al sito della Ex Fibronit ed Ecored, sono stati inclusi anche altri edifici pubblici, tra cui l’ex scuola elementare Baffi, l’ex palazzina Avis e il Liceo di Broni, per la cui bonifica il Ministero ha stanziato 3,2 milioni. Grazie al via libera dalla Conferenza dei servizi, si potrà dare l’avvio alla fase di progettazione della bonifica anche di questi edifici, dando priorità alla Ex scuola elementare di viale Gramsci e alla palazzina dell’ospedale Arnaboldi, che ospita il centro raccolta sangue Avis; infine, sarà la volta del liceo scientifico, anche se prima bisognerà costruire una nuova scuola. Riguardo invece allo stato di avanzamento della bonifica, ricordo inoltre a tutti i cittadini che è possibile monitorare i lavori in tempo reale del secondo lotto del sito, collegandosi al link presente sulla homepage
del sito del Comune di Broni». Per ciò che concerne i controlli dell’aria correlati alla bonifica, quali sono i risultati di quest’anno? «Il controllo qualità dell’aria di Broni, tramite il consueto monitoraggio annuale delle fibre normate di amianto e non aerodisperse nel territorio comunale, anche per il 2017 ha dato riscontro positivo. Le analisi dei campioni sono state effettuate dal Centro di Microscopia Elettronica di ARPA Lombardia. Sono sette le postazioni suddivise in vari punti della città per effettuare i controlli ambientali. Due postazioni si trovano presso l’ex Fibronit, un’altra adiacente alla Ditta Italcementi. Una quarta postazione è collocata presso l’Asilo Nido di Via Eseguiti, mentre le altre tre sono posizionate presso la sede Enel di Strada Fopassa, nell’ex sede comunale Villa Nuova Italia e all’Ospedale Arnaboldi. I 163 campionamenti effettuati non hanno rilevato particolari anomalie. Non sono state trovate fibre di amianto e i valori rilevati sono risultati inferiori al valore di rilevabilità strumentale della tecnica analitica, denotando anche un miglioramento del trend rispetto agli anni precedenti». Riguardo allo smaltimento dei privati, che novità ci sono? «Lo scorso 25 novembre ho partecipato a Casale alla “III Conferenza Governa-
tiva sull’amianto e le patologie correlate – dalla Legge 257 del 1992 a oggi, situazione attuale e prospettive future”, dove era presente, tra gli altri, anche il Ministro dell’Ambiente, i vertici degli enti interessati alla bonifica e i rappresentanti dei vari comuni che stanno vivendo una situazione simile a Broni. In quell’occasione, per quanto riguarda lo smaltimento dei privati, si è fatto strada il suggerimento di riperimetrare il SIN includendo anche l’amianto dei privati non solo del Comune interessato, ma anche quello presente nei Comuni vicini come è stato fatto con successo a Casale. Al momento attuale, questa sembra essere la miglior strada percorribile per ottenere dei finanziamenti di natura pubblica per lo smaltimento nelle proprietà private. Si tratta di una questione molto importante e sentita, che come Amministrazione abbiamo intenzione di approfondire prossimamente con le associazioni ambientaliste e di sostengo alle vittime presenti sul territorio, le forze politiche locali e tutti gli enti interessati. Come sempre, anche in questo caso, per ciò che riguarda la bonifica e la lotta all’amianto, continueremo a seguire il modus operandi della collaborazione e della concertazione, decidendo tutti insieme, nessuno escluso». di Elisa Ajelli
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«Il sindaco era abituato a non avere alcuna opposizione» Il Comune di Cigognola è l’unico in Oltrepò, oltre a Voghera, a vedere una presenza dei 5 Stelle in Consiglio Comunale. Il portavoce Nuca: «Siamo aperti al dialogo e diamo la massima disponibilità alla maggioranza e alle altre minoranze in Consiglio». Dopo l’intervista rilasciata al “Periodico” da Marco Fabio Musselli, sindaco di Cigognola, il gruppo consigliare “Cigognola 5 stelle”, sezione locale del movimento fondato da Beppe Grillo, ha pubblicato sulla propria pagina Facebook un duro post di risposta. Il Sindaco è stato accusato di scarsa attenzione alle proposte dell’opposizione. Abbiamo quindi chiesto di motivare, più articolatamente, le loro osservazioni. Il portavoce Alberto Nuca, a nome del gruppo, risponde quindi ad alcune nostre domande sulla vita amministrativa di Cigognola e sul ruolo del Movimento nella realtà locale. Quali sono i principi alla base della vostra attività in Comune? «Il Gruppo Cigognola 5 Stelle nasce come progetto di partecipazione alla vita politica della città da parte di cittadini incensurati, non iscritti ad alcun partito e residenti nel Comune di Cigognola. In particolare si ritrova in ben precisi punti programmatici che possiamo riassumere in: informazione, condivisione, partecipazione, valorizzazione delle risorse disponibili. Gli interessi prioritari del gruppo riguardano: la protezione dell’ambiente in cui viviamo, la valorizzazione del territorio come risorsa, la sicurezza dei cittadini e la corretta programmazione della macchina comunale». Musselli vi ha descritti come capaci di individuare i problemi del paese, ma poco capaci di proporre soluzioni adeguate. È un po’ la critica che ogni sindaco muove alla propria opposizione. Dalle vostre dichiarazioni sembra non vi riconosciate in queste parole… «Coerentemente ai principi del Movimento, il Gruppo ha presentato decine e decine di interrogazioni, interpellanze e mozioni; opera sul territorio proponendo progetti di partecipazione e collabora con altri gruppi a 5 Stelle sul territorio lombardo. Il sindaco probabilmente era abituato a non avere in Consiglio alcuna opposizione, che invece è un ottimo istituto ed esercizio democratico, da rispettare e valorizzare». Facciamo un esempio: la proposta di istituire un “Albo del volontariato” nel vostro Comune. In cosa questa proposta differisce dagli istituti già esistenti nel vostro comune? «L’attuale Amministrazione Comunale ha istituito dal 2014 la leva civica volontaria. In pratica, e detto molto grossolanamente, il Comune valuta le candidature e di fatto “assume a progetto” e a basso costo del personale da dedicare a determinati lavori. Cosa ha a che fare con il volontariato? In-
vece l’Albo dei Volontariato Civico da noi proposto in mozione promuove la partecipazione collettiva favorendo il contributo libero e volontario dei cittadini. Sono quindi due cose completamente diverse, neanche paragonabili!». Avete criticato, inoltre, le dichiarazioni riguardo il mondo vitivinicolo. Dichiarazioni, bisogna dirlo, generiche, non riferite in particolare a Cigognola; ma, certo, molto forti. Che risposta vi sentite di dare? «Ribadiamo che gradiremmo che il Sindaco spiegasse meglio le sue dichiarazioni relativamente agli investimenti delle aziende vitivinicole dell’Oltrepò Pavese, che sembra non ritenere all’altezza». C’è qualcosa dell’attuale amministrazione che vi sentite di “salvare”? «È un’amministrazione che riteniamo del tutto inadeguata alle effettive necessità, in relazione ovviamente alla nostra visione di Comune. Se ripercorriamo gli ultimi anni possiamo evidenziare alcuni esempi: il Comune, pur avendo a disposizione un suo scuolabus, ha affidato il trasporto ad esterni; pur avendo a disposizione una mensa nuova, ha esternalizzato il servizio fino addirittura a chiudere la mensa stessa; il servizio di gestione e raccolta dei rifiuti è da Medioevo e non c’è alcuna idea di modificarlo». Può fare qualche esempio di vostre proposte che non sono state accolte dalla Maggioranza? «La nostra semplice proposta relativa al decoro urbano è stata respinta; la mozione relativa ad un indirizzo diverso di gestione dei rifiuti è stata archiviata; di bilancio partecipato non se ne parla; ci è stata negata l’autorizzazione ad utilizzare le bacheche per informare dell’attività consigliare; la mozione relativa alla creazione di aree wifi è stata cestinata; addirittura per avere una risposta su una interpellanza siamo stati costretti a chiedere aiuto al Difensore Civico della Regione Lombardia. Il sindaco direbbe che sono ‘scelte politiche diverse’, peccato che siano anche di buon senso». Il vicesindaco di Cigognola, Martina Draghi, è candidata al Parlamento nelle file di “Liberi e uguali”, il partito presieduto da Piero Grasso. Se verrà eletta, dovrà rinunciare a sedere in Giunta comunale. Voi, che siete stati certamente osservatori privilegiati del suo mandato, come la giudicate? «Martina ha la sua storia politica a partire dagli anni ‘90. Tanto tempo. Per la nostra regola dei due mandati è davvero troppo. Le auguriamo il meglio». In paese come è stata accolta questa candidatura? «Il vicesindaco Draghi era consigliere provinciale nelle fila del PD quando si è messa in lista per le elezioni comunali a Cigognola e attualmente, da Vice Sindaco,
concorre per un posto in Parlamento. Per il Movimento 5 Stelle non sarebbe ammissibile. Con noi si porta a termine il proprio mandato nel rispetto degli elettori. In ogni caso in molti ritengono che avrebbe fatto sicuramente più bella figura a dimettersi dall’incarico in Comune per concorrere al seggio parlamentare». In caso di una comunque non probabile elezione, Draghi sarebbe comunque una rappresentante pienamente titolata delle istanze del vostro territorio, giù a Roma. Al di là dell’appartenenza politica, accettereste di vederla come interlocutore? «Il Movimento 5 Stelle ha dimostrato di poter dialogare con tutti sulla base di programmi e progetti». Il Movimento 5 Stelle, in questi anni, è apparso come un soggetto “liquido”, privo di una vera e propria struttura gerarchica e molto indipendente nelle sue cellule periferiche, come quella di Cigognola. Esistono, tuttavia, dei rapporti con gli altri gruppi in provincia, e con qualche esponente del Movimento che faccia un po’ da “collante” fra le istanze del territorio e gli enti sovraordinati, come Regione e Stato? «Il Gruppo Cigognola 5 Stelle ha una sua identità, improntata sulle specificità del territorio del Comune. Non ci sono gerarchie: c’è invece il massimo rispetto delle persone che si adoperano, ognuno per le proprie possibilità, ad apportare idee e suggerimenti per migliorare la qualità della vita degli altri, in modo che nessuno rimanga indietro». Nonostante la scarsità di dialogo con la maggioranza, quale fra le vostre istanze considerate come la principale vittoria di questa prima parte del vostro mandato amministrativo? «Il Gruppo Cigognola 5 Stelle non ha difficoltà di dialogo con nessuno. Siamo aperti al dialogo e diamo la massima disponibilità alla maggioranza e alle altre minoranze in Consiglio. Credo che oggi tutti in Consi-
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glio possano riconoscere al nostro gruppo una ottima competenza sulle questioni che sono state portate e discusse in Consiglio». A breve sarete chiamati ad esprimervi sul bilancio di previsione per l’anno 2019. Quali proposte pensate di portare all’attenzione della giunta? «Il nostro programma è lì da vedere e porteremo avanti le nostre proposte. Attualmente possiamo democraticamente assicurare una sana opposizione al malgoverno e agli sprechi. Sono sotto gli occhi di tutti gli incauti acquisti di macchinari quali ad esempio la trattrice con la pala da neve, i gonfiabili di sicurezza e la terna che a nostro avviso non hanno portato alcun beneficio alla comunità. C’erano invece installati dei dossi di sicurezza che sono stati rimossi. Una spesa a metterli e poi tirarli via». Quanto a raccolta differenziata, Cigognola non brilla per i risultati raggiunti (i dati più recenti vi collocano sotto il 25%). Pensate sia opportuno seguire l’esempio di Stradella che, proprio in questo periodo, inaugura una raccolta porta a porta di tipo “spinto”? «Abbiamo più volte proposto all’Amministrazione un nuovo modello di raccolta, sulla base di progetti già in corso presso comuni più virtuosi. Il sindaco ha più volte ribadito di non voler modificare l’attuale sistema di raccolta che prevede molteplici cassonetti maleodoranti e molto spesso stracolmi. Basterebbe invece più semplicemente copiare modelli già attivi anche in territori simili al nostro, apportando solo le modifiche necessarie e funzionali alle necessità di Cigognola». Pongo anche a voi la stessa domanda posta a Musselli nella precedente intervista. Quale pensate sia, in questo momento, il problema più grave da affrontare per un sindaco dell’Oltrepò Pavese? «La domanda è interessante e precisa. Ma la risposta è complessa ed è difficile da racchiudere in poche righe. Ci sono tanti problemi che si sono accumulati e intrecciati nel corso degli anni. Sommariamente possiamo senza dubbio riternere che uno dei problemi pricipali sia dovuto al fatto che le piccole e medie imprese non sono incentivate ad investire sul territorio che addirittura viene lasciato vergognosamente allo scempio (rifiuti, fanghi, inceneritori, strade distrutte, ecc.) e indifeso dalla classe politica e dirigente». di Pier Luigi Feltri
Alberto Nuca e il gruppo consigliare del M5S di Cigognola
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«Mi candiderò alle prossime elezioni comunali» Andrea Frustagli, imprenditore stradellino, è stato ad un passo dall’essere candidato per le prossime elezioni regionali in programma il 4 marzo. Dopo l’esclusione dello stesso Frustagli dalla rosa di candidati, la sua lista “Grande Nord” ha presentato ricorso. Frustagli, cosa è successo? «Non sono state sufficienti le firme che sono state prese durante la raccolta dalla circoscrizione. Non sono state abbastanza… in Italia c’è questa legge che bisogna preparare un certo numero di firme per poter presentare i simboli e perciò non è passata la candidatura». Come mai avete presentato ricorso? «è stato presentato dal mio gruppo: pensavano di vincere il ricorso, in quanto hanno detto che la legge non ha dato tempo sufficiente per raccogliere tutte le firme. C’è stata in effetti solo una settimana da quando è stato presentato il simbolo a quando si doveva presentare la lista. Gli avvocati di Grande Nord hanno quindi presentato ricorso a Roma, dicendo che non era giusta la legge. Pensavano di vincere il ricorso ma è stato accolto solo in Piemonte e da qualche altra parte, ma qui no. è tutta energia che io tengo per il 2019». Sta pensando quindi di candidarsi per le prossime comunali? «La macchina elettorale è stata già avviata. Questa era semplicemente una visione, una prova… per poi far partire definitivamente questa macchina a settembre in vista di maggio 2019». Sta quindi già lavorando per la sua città, Stradella? «Certo. Stiamo già lavorando e c’è un gruppo, che mi ha dato una mano nella raccolta firme per le regionali”.
Nel gruppo che ha nominato c’è gente nuova o facce già viste? «Stanno arrivando persone nuove che chiedono di entrare nel gruppo…non faccio nomi e cognomi ma si tratta di un gruppo esperto, con anche molti cittadini che si vogliono affacciare in questo mondo e che mi chiedono di essere considerati quando sarà il momento opportuno. Questa è davvero una bella soddisfazione per me, considerando che non siamo ancora partiti ufficialmente!». In che posizione si collocherà la sua nuova lista politica? «All’opposto di chi sta governando la città in questo momento». Ha già in mente qualcosa da fare per Stradella? «Ho sulla mia scrivania tanti progetti. Prima di tutto voglio dire: poche promesse e tanto lavoro. E’inutile promettere cose che si sa già che non saranno possibili. Quello che noi faremo sicuramente è lavorare tanto per fare qualcosa di concreto. Ho poi delle piccole ma grandi cose che si possono realizzare, senza andare a toccare il bilancio, lavorandoci sopra. Appena possibile, svelerò i miei progetti. La bacchetta magica
Andrea Frustagli non ce l’ha nessuno, lo dico sempre alla gente che mi ferma per strada chiedendomi di fare determinate cose per la città. Posso però annunciare che ci dedicheremo tanto alla miglioria di Stradella». Se fosse andato in Camera o in Senato cosa avrebbe fatto per il territorio oltrepadano?
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«Avrei difeso il nostro territorio, avrei fatto voce grossa sulla questione ponti, sulle logistiche. Le proteste che stanno accadendo anche in questi giorni sono frutto di paletti non ben riconosciuti all’inizio ancora prima di costruire. Se io devo fare un insediamento produttivo, prima di dare la concessione gli chiedo per esempio di farmi venti metri marciapiede, o una rotonda, gli chiedo di fare delle migliorie. è questo quello che manca. Le migliorie vanno fatte anche sui posti di lavoro. Naturalmente non parlo solo di Stradella, ma di tutto il territorio. Poi sicuramente avrei cercato nel mondo agricolo di convincere a fare un solo prodotto, forte, per quanto riguarda il vino. E’ inutile che abbiamo mille vini e mille consorzi…quando altre zone d’Italia hanno un solo consorzio…noi abbiamo tutte risorse che si perdono, consumiamo troppa energia in modo sbagliato». Lo scenario di queste prossime elezioni regionali, invece, come lo vede? «Spero che qualche figura dell’Oltrepò riesca ad arrivare in Consiglio. Io voto e farò votare il territorio. Non abbiamo più nessuno della nostra zona ai piani alti, l’Oltrepò non è più rappresentato. Anche in Consiglio Regionale spero che qualcuno ce la faccia». Pensa che qualche candidato della nostra zona possa farcela? «è molto difficile, ma me lo auguro. Bisogna però che ci sia un cambio nella politica, che ci siano facce nuove. E bisogna che l’Oltrepò torni ad essere considerato. Non avendo più rappresentanze siamo davvero abbandonati». di Elisa Ajelli
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«Stradella è sospesa in un limbo da cui non riesce ad emergere»
Dino Di Michele La minoranza a Stradella è sempre molto attiva. In particolare l’esponente di Prima Stradella, Dino Di Michele, torna a parlare dei problemi presenti in città e delle tante interpellanze proposte in Consiglio Comunale a cui non ha ancora ricevuto risposta. Di Michele, in città nota cambiamenti? «Direi di no. Stradella è sospesa in un limbo da cui non riesce ad emergere. Intendo questa stanca politica di Torre Civica, che, unitamente a diverse iniziative annunciate e a volte avviate, naviga in un mare che non trova la rotta giusta per un approdo sicuro e lascia la città in balia degli eventi. Questo latente malessere politico e limbo delle azioni, non è dovuto ad incapacità degli amministratori che sono per lo più veterani dell’amministrate la cosa pubblica, ma è colpa a mio parere di una vecchiaia diffusa, non anagrafica ma di pensiero, di azione, di fantasia e porta ad un trascinamento nell’agire o peggio a riproporre sempre le medesime soluzioni e idee per problemi vecchi ma sempre nuovi che ogni giorno viviamo». In particolare a cosa si riferisce? «Penso al fatto che il mondo del lavoro è cambiato e continua a cambiare in direzioni diametralmente opposte dalle startup ipertecnologiche e innovative, allo sfruttamento dei lavoratori in certe logistiche, dove per le prime si devono creare condizioni di appetibilità e attrattività del nostro
territorio mentre dopo aver creato un polo logistico che doveva essere a detta di questa classe politica “il migliore dei mondi possibili” ha invece attratto un mondo spesso sregolato e dove le tutele e le garanzie di lavoro sono sempre al ribasso e non accettabili, senza dare inoltre lavoro a stradellini». Vorrebbe quindi vedere “il nuovo” in città? «Il nuovo spesso spaventa, ma si deve avere fiducia e dare fiducia: una nuova classe politica e una diversa impostazione delle scelte porterebbe alla nostra città un impulso positivo e di rinnovamento e per questo mi rivolgo ai giovani, a tutti quei ragazzi e giovani uomini e donne, che sentono dentro di loro il desiderio di cambiare e dare un domani migliore a Stradella, ecco questi giovani si dedichino alla politica e il gruppo che da tempo ho costituito può insieme a me e a molti altri amici diventare una concreta alternativa indipendente dai partiti ma legata alle vere esigenze delle persone». Cosa è necessario secondo lei? «Stradella non necessità di maghi ma solo di persone non legate a stereotipi della vecchia politica clientelare, che decida per risolvere i problemi. Le criticità sono tante: dalla viabilità, al decoro e pulizia urbana, alla gestione dei gruppi delinquenziali e sicurezza urbana,
all’illuminazione e molto altro, pur essendo problemi annosi che da sempre tengono banco in consiglio comunale e in città tra la gente. Ovviamente si aprirà il cantiere delle idee e dell’agire, si aprirà perché siamo ad un anno dalle elezioni comunali, si aprirà perché sono quattro anni che attendiamo l’avvio di progetti annunciati e forse iniziati, ma non si può continuare a pensare di gettare specchietti per le allodole all’ultimo minuto, perché i cittadini giovani e anziani penso abbiano raggiunto la consapevolezza della realtà in cui viviamo e pur rispettando umanamente ogni singola persona che ha operato e opera da anni sul fronte politico opposto al mio, penso sia giunta l’ora di un meritato riposo pensionistico e lasciare il passo a idee giovani e nuove». Il suo gruppo Prima Stradella ha presentato diverse interpellanze nell’ultimo consiglio comunale andato in scena a fine gennaio. «Sì, ma con rammarico è stata sospesa la seduta del consiglio comunale perché troppo tardi e le interpellanze non sono state discusse. Io mi rammarico perché le istanze che arrivano dalle esigenze quotidiane dei cittadini in consiglio comunale attraverso le interpellanze che presento, non vengono messe ai primi punti per essere discusse con tranquillità ma discusse sempre a tarda notte nella disattenzione generale dei colleghi di maggioranza che vogliono solo andare a casa. Il problema illuminazione è fondamentale
per ridare sicurezza e bellezza in molte vie bue in cui la luce è fioca o addirittura assente, poi ho portato all’attenzione le case popolari che sono nelle disponibilità del comune ma non utilizzabili per le assegnazioni a famiglie bisognose, perché carenti di conformità o piccoli lavori che le rendano adeguate e questo sarebbe rimediabilissimo con un minimo di risorse, così da poter aiutare famiglie stradelline in attesa da tempo. Attendiamo che il comune apra il nuovo bando per le graduatorie affidamento degli alloggi. Bosco Negri, poi, è un’area verde che da diversi anni attende un piano o attuativo concreto di riqualificazione, comprendente un’area più vasta di un camminate e percorsi pedonali e ciclabili per famiglie e giovani». Cosa si aspetta dalle prossime elezioni? «Mi aspetto che questa campagna elettorale porti il nostro candidato presidente Fontana a dare continuità al buon governo che ha garantito in questi decenni, una sanità di eccellenza, attrattiva per qualità da tutta Italia, oltre ad essere economicamente la regione che ha la ricchezza pro capite maggiore. Io da uomo di partito auspico in un aumento percentuale dei voti di Forza Italia nella nostra provincia di Pavia e più in generale in regione e a livello nazionale, avendo candidati di spessore e in alcuni casi espressione di territori e di realtà economiche». di Elisa Ajelli
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«La stazione stradellina è comunque una delle più pulite»
La situazione pendolari è sempre più disagiata. Ritardi cronici, cancellazioni e sporcizia dei treni, guasti, numero di carrozze non adeguato, poca sicurezza dovuta alla scarsa manutenzione dei mezzi e alle persone che popolano i treni sprovviste di regolari biglietti. E poca, pochissima attenzione da parte della Regione. Questo e molto altro è quello che raccontano le persone che, per motivi legati al lavoro e allo studio, si trovano costrette ogni giorno a dover viaggiare in treno. Molti degli intervistati, pendolari da parecchi anni, hanno lamentato vari disagi ma hanno preferito non comparire su una testata giornalistica, nonostante abbiano dichiarato il proprio disappunto su vari social network. S.Vercesi, pendolare da vent’anni «Per quanto riguarda la “Direttrice 23” che è quella che riguarda Stradella-PaviaMilano, posso dire in tutti questi anni che viaggio che la situazione non è mai migliorata. Continuo a vedere una scarsa manutenzione dei mezzi, viaggiamo d’estate con treni caldi e d’inverno con treni freddi perché non funzionano aria condizionata e riscaldamento. Molto spesso viaggiamo con treni sottodimensionati, perché magari alcune carrozze sono andate in manutenzione e non c’è la possibilità di sostituirle. Quindi il viaggio diventa ancora più faticoso perché parte dei passeggeri devono viaggiare in piedi. Il fatto poi che adesso ci sia meno personale di controllo ai pendolari non cambia nulla, perché neanche prima c’era un supporto per noi: Stradella adesso ha un sistema elettronico quindi viene tutto comandato da Milano, ma questo non ha assolutamente creato particolari disagi ai pendolari. Più che altro al Comune, perché avendo in comodato d’uso la stazione, si è presentato il problema di dover aprire e chiudere la stazione, cosa che prima veniva effettuata dai dipendenti dell’ufficio movimenti. Stradella ha comunque risolto brillantemente la cosa. La stazione stradellina è comunque una delle più pulite ed è mantenuta bene e controllata in modo adeguato. Ci crea invece maggior problema l’annuncio che è uscito che ci sarà il famoso Frecciarossa che da fine febbraio dovrebbe partire da Genova e arrivare a Milano centrale, incrociando parecchie tratte di treni nell’orario in cui i pendolari viaggiano. Il coordinamento provinciale pendolari pavesi ha già effettuato una segnalazione in merito all’autorità di regolamentazione dei trasporti, ha mandato la stessa anche all’assessore regionale e al consiglio regionale della Lombardia…siamo in attesa di vedere cosa ci verrà risposto, perché ad oggi non conosciamo nemmeno ancora quali treni attualmente in linea e che prestano servizio per i pendolari, sia sulla tratta di Voghera che su quella di Stradella, potranno essere interessati dall’introduzione di questo treno. Lascia perplessità l’in-
S. Vercesi
Marco Morini
troduzione di un Frecciarossa su una linea che non è dedicata e che è già intasata da una notevole quantità di treni che vanno verso Genova, verso il Piemonte, oltre che verso zone della Lombardia. Sembra quasi più una mossa elettorale, non una vera necessità. Questa è naturalmente solo una mia opinione. Infine devo ammettere che, come comitato pendolari, con questa ultima Giunta Regionale, abbiamo trovato meno supporto e meno volontà di far proprie le istanze dei pendolari lombardi. Prima quanto meno avevi un punto di ascolto e c’era la possibilità di un confronto…invece adesso c’è solo l’incontro di facciata che poi però non porta a nulla». Marco Morini, pendolare da vent’anni «La mia esperienza? Un disastro. Il problema principale direi che è il sovraffollamento del treno del mattino, che è quello più gettonato, perché prende sia i pendolari che gli studenti. Già a Pinarolo è pieno e si fatica a trovare posto per sedersi… e da Bressana Bottarone non ci si siede neanche a pagare oro. La composizione del treno ogni tanto è di sei carrozze ma dovrebbe essere non meno di sette. L’altra mattina, infatti, ce ne erano proprio sette e si viaggiava benissimo, poi però il giorno dopo ce ne hanno messe cinque e poi ancora sei… non so se ci prendono in giro o altro… Poi la questione ritardi, dovuti al passaggio a livello di Pinarolo che si guasta, gli scambi di Pinarolo che si guastano… La situazione negli anni è sempre peggiorata, e l’ultimo mese di dicembre è stato davvero allucinante, con ritardi quotidiani sia al mattino che alla sera. Parlando della sera, credo di non essere mai arrivato a casa in orario. Quello delle 18.21 da Milano Rogoredo è diretto ad Arquata e si ferma a Pavia. Qui noi dobbiamo quindi scendere e prendere il treno delle 18.47 che ci porta a Stradella: il problema è che spesso e volentieri, se il 18.21
ha ritardo anche solo di 10 minuti, non si sa con quale criterio il 18.47 parte vuoto da Pavia. Di fatto quindi non viene rispettata la coincidenza… perciò ti ritrovi a Pavia, la coincidenza non c’è e devi aspettare il treno delle 19.26…che anche quello non è mai in orario! Pazzesco… Viaggio da più di vent’anni, se considero anche gli anni universitari, e non ricordo una situazione così pesante». Eleonora C., pendolare da trentatre anni «Sono tanti anni che viaggio…mi ricordo ancora quando c’era la terza classe e le panche di legno, quindi ne ho viste… sono una pendolare che può prendere la medaglia! Ho una grande fortuna: con il mio lavoro ho l’orario flessibile mensile, di conseguenza tutti quelli che possono essere i disagi legati ai ritardi giornalieri dei treni mi toccano con un po’ meno di stress rispetto ad altri colleghi pendolari. I ritardi sono ormai cronici tutte le mattine, ma la cosa più brutta da segnalare secondo me è che abbiamo un materiale rotabile molto vecchio, vetusto. Ci sono tantissime rotture: treni a cui si rompe il locomotore, treni bloccati in linea, passaggi a livello rotti (soprattutto sulla linea di Stradella). Chi viaggia da Pavia diciamo che è leggermente avvantaggiato perché ha una rosa di treni più ampia come scelta, tendenzialmente ogni dieci minuti c’è un treno per Milano, e quindi si può ovviare a dei ritardi che ci sono sulla linea. Oltre a queste situazioni presenti da anni, si è aggiunto poi il problema della sicurezza: viaggiare la sera tardi può creare paura. I miei orari sono abbastanza classici, quindi viaggio sempre con tanti altri pendolari, ma ho amiche che invece hanno altri lavori e quindi altri orari di ritorno e hanno paura. Questo comunque vale sia per noi che viaggiamo, sia per il personale che lavora sui treni. Ho assistito una volta
Martina Nese ad una scena veramente brutta, in cui c’era un controllore donna che è stata insultata e disprezzata da persone, non italiane, che non avevano con se’ il biglietto. Quella volta sono intervenuta anche io in difesa di quella donna, perché sono diventata davvero intollerante di fronte a questi furboni che viaggiano senza il biglietto. Non c’è la sicurezza di prima. Non c’è il rispetto di niente, gente che sputa per terra, che butta le cose, che mette i piedi sui sedili…e io non tollero più che vengano disprezzati o comunque rovinati i beni comuni della società». Martina Nese, studentessa pendolare «Io viaggio per motivi di studio, dalle tre alle cinque volte a settimana, da diversi anni ormai. I ritardi e le cancellazioni sono all’ordine del giorno , e ciò porta a parecchi disagi per noi pendolari. Non è confortante “dipendere” da un mezzo pubblico, rischiare di arrivare in ritardo al lavoro o a scuola per un motivo che non dipende da noi. Non sono rare le volte in cui devo correre a lezione per recuperare il ritardo del treno. Questo disagio si amplifica anche per il fatto che i treni della linea MilanoPavia-Stradella passano solo una volta ogni ora, quindi in caso di cancellazione bisogna aspettare un’ora in stazione per il treno successivo. In merito alla stazione di Stradella, ci sono stati alcuni interventi per renderla più accogliente, come ad esempio l’Infopoint (un servizio di cui però non ho mai usufruito) e le varie verniciature ai muri, anche se rovinati dai vandali poco dopo. Inoltre l’esistenza di una biglietteria all’interno della stazione lo ritengo un ottimo vantaggio, soprattutto per chi deve acquistare un biglietto all’ultimo minuto. Qualche tempo fa esistevano anche delle macchine automatiche per i biglietti, che però ad oggi non esistono più». di Elisa Ajelli
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Guglielmo contro Davide... Nicelli, non solo vino ma anche rally Questo mese l’intervista doppia vede come “avversari”, due vignaioli, ma soprattutto due innamorati dei rally, Guglielmo Nicelli, padre, classe 1961 e Davide Nicelli, figlio, classe 1994. La differenza di età si vede e si intuisce quando Guglielmo, per non farsi trovare impreparato, mi mostra la lista delle macchine con cui ha corso: 31 modelli. A quando risale la prima gara? Guglielmo: «Nel 1981 Coppa d’Oro Alessandria con Opel Kadet gruppo 2, ci volevano due persone per metterla in moto una schiacciava il pulsante e l’altra metteva il cicchetto nel motore. Sono arrivato in un paese che si chiama Volasca, mi sono fermato su una pianta!». Davide: «Ronde canavese 2017, esordio della Rally Abart 124 sulle strade italiane. L’esordio come quello del papà… non ho “picchiato”, ma mi sono fermato per un problema meccanico. Andiamo via alla pari». Chi le ha “attaccato” la malattia Rally? Guglielmo: «Gianni Faravelli di Santa Maria della Versa, faceva il pilota guidava bene e col Kadet aveva fatto un campionato italiano gruppo 2. Era un mio amico, ci conoscevamo per lavoro e mi sono appassionato guardando la
sua macchina e da lì son partito». Davide: «Mio padre, l’ho seguito fin da bambino, saltavo da una all’altra macchina, mi ha un po’ trascinato nell’ambiente e fin da bambino mi dicevo che prima o poi avrei provato anch’io». È uno sport costoso, qual è la difficoltà più grossa incontrata per reperire le risorse economiche quando hai iniziato a correre? Guglielmo: «Non ho mai comprato gomme nuove, caricavo la macchina sul camion che usavo per lavorare. Scrivevo le note e le correggevo fuori dall’orario di lavoro, ci mettevo parecchio del mio. “Alberg agh n’era mia” (Alberghi non ce n’erano), mi cambiavo sul camion». Davide: «Tramite mio padre in primis e anche aziende amiche con cui collabora mio papà». A distanza di molti o pochi anni, la scelta di correre è una scelta che rifareste? Guglielmo: «Sì, perché mi ha permesso di guidare tante macchine da corsa e provare la velocità. A distanza di anni mi capita di ritornare in posti in cui ho i ricordi più disparati legati a quando correvo, ad esempio mi fermo a guardare le curve dove sono uscito di strada per provare a vedere se ci sono ancora i segni. Mi ha lasciato dei bei
ricordi». Davide: «Sì, è una scelta che rifarei. Vedi posti nuovi, fai conoscenze e vai a toccare nuovi paesi e incontri gente umile attaccata alla propria terra». La macchina con cui ha corso e che le è rimasta nel cuore? Guglielmo: «Clio gruppo A, perché ho vinto la mia unica gara quando c’erano ancora tutti i forti. Era un giocattolo cioè permetteva anche a uno come me di andare bene, era la mia macchina». Davide:”Hyundai R5 che ho usato al rally di Cervesina. Ho capito che era la mia macchina subito dopo alcuni chilometri perché, nonostante fosse un R5 potente, giocavo, era facile da guidare. Una bella macchina».
«Per evitare di star male cur la pastasuta»
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La gara che le è rimasta nel cuore? Guglielmo: «Sono due (ride) I Colli Piacentini che ho vinto nel ’97, unico primo posto assoluto che ho ottenuto su un tracciato sporco e bagnato, correvo con il povero Lucchini ho avuto tante emozioni… e nel frattempo vendevo anche il vino nel parco assistenza! La seconda il Coppa d’Oro dell’81 era il debutto sia per me che per il mio giovane navigatore Giovanni Scarabelli, avevamo scritto le note senza correggerle. Abbiamo passato la prima prova senza accorgerci, abbiamo passato il CO senza accorgercene e siamo entrati in un abitato li vicino al tortonese “so pu inde clera” (non ricordo più dove fosse) cominciamo a trovare la gente a piedi… eravamo in troppi! Ho rallentato e mi sono fermato. “Alura suma andat indrè” (siamo tornati indietro) al controllo orario, siamo scesi dalla macchina, “casco pugià insima la capota” (casco appoggiato sulla tetto della macchina) insieme alle note ci danno la tabella per partire… saliamo tutti e due, “me il casco lo pià, Scarabel no alla lasa insima la capota e sum partì” (io il casco l’ho preso, Scarabelli no l’ha lasciato sul tetto della macchina e siamo partiti), alla prova dopo non avevamo le note e senza note “suma rivà” (siamo arrivati) alla Vola-
STRADELLA sca e “suma finì in sim d’un albar” (siamo finita in cima ad un albero)! Ho chiamato un contadino, ho fatto tirare fuori il Kadet e sono andato a Milano a trovare la morosa e a Opera ho caricato uno che faceva l’autostop e “am fa” (mi dice) che storia…». Davide: «Nessuna gara mi ha soddisfatto come intendevo io, però posso dirle Il Rally del Salento, gara del campionato italiano, con una macchina prestante, ma complicata… ho incontrato diversi problemi. Sicuramente una bella esperienza, paesaggi bellissimi». Sua moglie/mamma quando partiva/ parti per una gara è preoccupata, favorevole o contraria? Guglielmo: «Le ultime che ho fatto, ci conosciamo da 35 anni, era ormai abituata e mi diceva va a “fa sta cursa” (vai a fare questa corsa) perché essendo un po’ in tensione rompevo le scatole in casa». Davide: «Come tutte le mamme ha paura, è comunque uno sport pericoloso e poi è uno sport costoso… ma è contenta perchè mi vede felice, se vado bene ancora meglio. Vorrebbe stare un po’ “indietro” con i soldi, ma vedermi felice la ripaga». Ha visto suo figlio/padre correre, il peggior difetto a livello tecnico dell’altro? Guglielmo: «Quando trova curva chiusa, uno sporco, un inversione si ferma… sembra che debba imboccare il cancello di casa». Davide: «È abituato alla guida di una volta e non lascia correre la macchina quindi sui veloci non ha traiettoria, un po’ come se non avesse piena fiducia di quello che facendo». Il pregio? Guglielmo: «Se c’è l’asfalto liscio e bello, ha delle traiettorie giuste e la sua dote è la frenata prima di inserire la macchina nella curva. Sfrutta tutto il rettilineo». Davide: «Il freno a mano, mantiene il controllo della guida in modo quasi spettacolare». Se lei dovesse correre oggi contro suo figlio/padre chi dei due starebbe davanti all’altro? Guglielmo: «Lui perché è più preparato fisicamente, mentalmente e tecnicamente. Io improvvisavo e lavoravo mentre partecipavo alle gare». Davide: «Su prove veloci lo straccio, ma sul lento non ne sono così sicuro». Chi è stato il suo avversario storico tra i piloti oltrepadani? Guglielmo: «Paolo Scattolon, c’è stata una gara che ha vinto lui, al mio debutto con la Clio gruppo A, era più esperto e più bravo di me la mia soddisfazione era giocarmela con lui fino alla fine». Davide: «Canzian, ha la mia età e faremo il trofeo insieme, stessa tenda». Avete sempre corso con macchine moderne e mai con macchine storiche avete mai avuto il desiderio di partecipare ad una gara storica? Guglielmo: «Una gara no perchè se vai a prendere delle macchine di piccole categorie si rompono, se vai a prendere delle macchine belle costano forse più di quelle moderne e a questo punto sceglierei una moderna per il fatto che mi divertirei di più. Non mi sento ancora vecchio per usare le macchine storiche». Davide: «Rispetto la categoria, ma asso-
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Guglielmo e Davide Nicelli lutamente no. Non mi ha mai affascinato sono nato come pilota usando macchine moderne». Oltrepò è stata terra di rallisti e di rally, uno dei ralli più importanti d’Italia è stato il Rally 4 regioni, ora riproposto in forma storica, Voi pensate che questo evento possa essere utile a rinverdire la passione e a far appassionare i giovani dell’Oltrepò? Guglielmo: «Sì e no. Secondo me pochi ragazzi, futuri piloti, si possono appassionare vedendo un rally storico. Dall’altra parte vedo tifosi che si avvicinano a questo mondo. Io vedendolo, un po’ mi sono emozionato, comunque con sempre nuove modifiche e investimenti qualcosa porta». Davide: «Da tifoso è una gara che può essere trainante per tutto il territorio e può essere piacevole. Un giovane invece, se vuole far qualcosa a livello sportivo, deve avvicinarsi al moderno che ti lascia qualcosa di diverso… la voglia di provare e non solo l’eco del passato per quanto possa essere piacevole». L’attuale presidente ACI, rispetto agli ultimi che si sono succeduti, piaccia o non piaccia, qualcosa ha fatto come il 4 Regioni, ma anche altre manifestazioni rallystiche. A breve ci saranno le elezioni, al nuovo presidente che cosa chiedereste per i rally dell’Oltrepò? Guglielmo: «Chiunque sia il presidente circondarsi di persone appassionate che lavorino, gratis, per l’interesse dei rally oltrepadani e che diano il loro contributo a livello di idee e professionalità per organizzare più manifestazioni e meglio». Davide: «Chiederei di portare una gara di rilievo o un trofeo un rally su asfalto, gara che potrebbe portare belle macchine e piloti importanti. Introdurre per chi ha meno
disponibilità più rally day e che i giovani meritevoli possano ottenere un piccolo aiuto economico: per essere imparziali i più meritevoli dovrebbero essere giudicati sulla base dei risultati ottenuti l’anno precedente in relazione alla difficoltà delle gare svolte». Cosa farà nel 2018? Guglielmo: «Nel 2018 spero di avere il tempo e la salute per poter seguire mio figlio ed essere pronto con la pastasciutta a mezzogiorno e “la fo anca bona” (la faccio anche buona)». Davide: «A parte mangiare la pasta del papà, il Trofeo Renault con la Clio R3T nell’Italiano. Punto a quello». Quando guarda suo figlio/padre è rilassato o resta comunque la preoccupazione? Guglielmo: «Il primo anno angoscia da stare male. Adesso mi piace proprio guardarlo, sono emozionato, ma le preoccupazioni di un padre restano sempre e infatti le prove speciali non le vado a vedere… per evitare di star male “cur la pastasuta” (cucino la pasta)». Davide: «Paura no, ma perché ero talmente piccolo che non me ne rendevo conto, non avevo idea dei rischi che correva. Ero teso perchè avevo paura di vedere il suo nome alla fine della lavagna, non volevo facesse brutta figura». Un aneddoto? Guglielmo: «Fin da piccolo mio figlio ha più cognizione di me perché nel 2003, all’età di 9 anni, avevo gareggiato a Monza con una Subaru WRC e Piero Longhi, pluricampione italiano, era il navigatore. Ho sempre guidato io, ma l’unica prova che ha guidato Longhi, non appena usciti dal box, mio figlio ha visto subito la diversità di guida e ha detto a tutti: “Non guida mio
papa!”, ho capito che se ne intendeva...». Davide: «Gara del Salento: stavamo provando, c’era il 10 volte campione italiano Paolo Andreucci che stava facendo retro e io ho rischiato di andargli addosso, ma sono riuscito a scartarlo. Andreucci che è un gran professionista, mi ha chiesto scusa».. Suo padre ha guidato 31 auto diverse, avrà imparato a guidare? Davide: «Secondo me no!». Lei dice che costa far correre suo figlio… ma da che pulpito dopo 31 macchine? Guglielmo: «Una volta mi è stato detto, dopo essermi lamentato per delle spese, “Varda sa tat gneva tut i sold ca te trat via in machin t’er siur” ... (Guarda, se tenevi tutti i soldi che hai buttato in macchine saresti un signore). Comunque, intanto che posso, mi piace vederlo felice, anche perché si va incontro a un’epoca che sarà sempre peggio». Dei piloti oltrepadani ancora in attività chi è il più bravo? Guglielmo: «Tagliani, io ho la memoria lunga e lui è arrivato a correre al mondiale combattendo con i più forti, ha una storia che la gente si dimentica. L’Oltrepò ha la mentalità chiusa, Tagliani è arrivato a livelli importanti non parliamo della gara del paese… “che la vens anca me” (che la vinco anch’io), a Sanremo contro Basso, io non ci sono mai andato, per intenderci!». Davide: «Anche secondo me Tagliani, forte in casa e uno dei pochi che si è confrontato fuori e bene. Non potrei comunque rispondere diversamente perché è anche il mio dentista o col trapano o col conto poi mi massacra». di Nicolò Tucci
ARENA PO
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«Il nostro obbiettivo è di spingere i nostri abitanti a valorizzare e restaurare le loro abitazioni» Il 2017 ha visto l’amministrazione comunale impegnata su diversi fronti, tra cui la fito depurazione della lanca in collaborazione con l’Università di Pavia. Anche il 2018 si prospetta altrettanto ricco di appuntamenti. Nonostante non sia stato registrato un aumento demografico, Arena Po vanta un nuovo cittadino, Gaetano Grillo, Rettore dell’Accademia di Brera. Ne parliamo con il sindaco Alessandro Belforti. Sindaco iniziamo parlando di cose belle nel senso letterale del termine: la convenzione con l’Accademia di Brera. «Nel corso dell’anno passato è stata effettuata una convenzione con l’Accademia di Brera, per l’esposizione delle opere di 104 studenti durante una delle nostre feste più importanti del nostro comune. Per noi questo ha un valore inestimabile. Abbiamo collocato le opere all’interno dell’antico castello che è stato riaperto appositamente e il grande maestro Giuseppe Maraniello ha posizionato un’opera piuttosto importante nella piazza vicino alla nostra nuova lanca, in modo da poter essere ammirata per l’occasione». In che modo questa collaborazione potrà, al di là del singolo evento, portare benefici ad Arena Po? «Il rettore dell’ Accademia di Brera, Grillo Gaetano, è diventato recentemente cittadino di Area Po portandoci a una collaborazione per un rinnovo culturale e artistico a favore del nostro paese; l’Accademia ci ha infatti supportati nella periodica restaurazione del nostro centro, in accordo con i crismi a cui è legata la storia del nostro borgo e cercando di preservare la bellezza originaria. Il nostro obiettivo, oltre a voler mettere l’arte e il valore artistico del nostro paese al centro dei nostri progetti futuri, è anche quello di spingere i nostri abitanti a valorizzare e restaurare, in qualche modo, le loro abitazioni». L’anno scorso è stato ultimato un lungo lavoro di depurazione della lanca, per quale motivo è stato necessario? «Per quanto riguarda il rifacimento della lanca è stato un altro avvenimento importante del 2017, che ci è costato molto denaro e molta fatica. La lanca era stata colpita da una grave moria di pesci ed era completamente ricoperta da alghe: abbiamo effettuato un intervento di fitodepurazione in collaborazione con l’Università di Pavia e tramite il docente Sconfietto e con l’associazione AIPO. Insieme abbiamo creato una diga subacquea di terra e canneti che assorbendo le sostanze tossiche, depura l’acqua arrivando pulita in superficie e carica di ossigeno. Quest’anno Pavia Acque ultimerà il condotto fognario nuovo per completare in definitiva il problema delle acque nel nostro paese. In occasione della fitodepurazione della lanca una studentessa ha presentato il progetto in sede di tesi di dottorato e la cosa è stata molto apprezzata da tutti noi».
Come è stato il processo di elaborazione di questi progetti? «Abbiamo avuto dei costi piuttosto elevati per questi progetti conclusi l’anno passato. Abbiamo ricevuto una grossa mano dall’assessore Beccalossi per tutto ciò che riguarda i finanziamenti riguardanti i lavori alla lanca e all’acquedotto. Eravamo in stato d’emergenza, quindi nel nostro caso, il processo è stato piuttosto veloce e semplice, tramite l’ AIPO e la Regione, la collaborazione è stata davvero ottima e più di così non avrei più potuto chiedere. Mi sono sempre trovato di fronte degli interlocutori seri e ben disposti verso di noi, nonostante spesso si tenda a lamentarsi degli stessi: forse il nostro comune stavolta aveva esigenze più urgenti rispetto a quelle di altri e siamo stati ascoltati con maggiore attenzione». Avete riscontrato difficoltà nella comunicazione e nella gestione con i vari organi burocratici? «Ho notato solo una situazione piuttosto grave per quanto riguarda la condizione dei bandi di concorso per i vari finanziamenti offerti dalla regione: spesso non vengono premiati i comuni più meritevoli, ma quelli più veloci a presentare un progetto (seppur peggiore o comunque meno urgente di quello di altri). La mancanza di un reale controllo nella scelta dei vincitori dei bandi credo che sia un reale problema, l’unico che ho personalmente riscontrato fino ad ora». Un 2017 piuttosto impegnativo per Arena Po sotto il profilo delle opere pubbliche... «Nel 2017 abbiamo fatto tanto per il nostro paese. Abbiamo ultimato la videosorveglianza, con un totale di 32 telecamere che controllano il nostro territorio, oltre a delle videocamere di controllo delle targhe agli ingressi del paese. Stiamo cercando di monitorare i punti più sensibili del paese dove è più facile che alcuni individui abbandonino i rifiuti ingombranti, spesso abbiamo avuto anche qui il problema dell’abbandono dei rifiuti. Abbiamo rinnovato completamente la piazza principale del paese: questi lavori di riqualificazione proseguiranno anche nel 2018, assieme ai rifacimenti di gran parte del manto stradale del comune, per un valore totale dei lavori di 25mila euro». Sono state sostituite le vecchie luminarie con quelle nuove a led? «Le luci sono tutt’ora per noi un caso aperto, ormai da diversi anni. Quando abbiamo intrapreso questo il progetto si sono presentati diversi problemi al riguardo: le luci a led che sembravano essere innovative anni fa a noi proprio non piacevano e la ditta che allora aveva presentato il lavoro, purtroppo era fallita. Per fortuna, le tecnologie di luci a led hanno fatto passi da gigante negli anni a seguire e ci possiamo quindi ritenere fortunati a non averle ancora installate, potendo scegliere ora un
prodotto migliore. Pensiamo che si arrivi ad attualizzare la riqualificazione delle luminarie entro la fine del 2018». Dissuasori e dossi: nei vari Comuni oltrepadani sono un punto di forza per molte amministrazioni. Lei cosa ne pensa? «La nostra “fortuna” è quella che Arena Po sia costituita in gran parte da strade provinciali, diminuendo i costi quindi riguardanti il rifacimento degli asfalti, mentre per quanto riguarda i dossi, la situazione si complica in quanto non è possibile installarli su strade provinciali, ma solo su quelle comunali che sono in minoranza; sono piuttosto presenti di fronte all’asilo nido e nei punti nevralgici del centro. I dissuasori sono stati installati dalla vecchia amministrazione, ma devo ammettere di non trovarli funzionali: ormai tutti sanno che non sono accesi e che non controllano quindi realmente la velocità. Io poi personalmente non credo che sia corretta l’installazione degli autovelox, che mi sembrano solo un modo per fare cassa; credo sia più utile la presenza del vigile una tantum per monitorare il traffico ed eventualmente immettere delle multe quando necessario. L’anno passato era presente un vigile proveniente da Bosnasco, che sostituisse il nostro vigile che spesso era occupato in altri servizi al cittadino e la popolazione è in generale contenta di vedere un vigile presente sul territorio: le macchine rallentano senza la paura che ti venga fatta una multa, le famiglie si sentono più sicure. Se il bilancio ce lo permetterà la cosa funzionerà anche quest’anno». Arriviamo al tasto dolente: le scuole. «Le scuole in effetti sono un tasto piuttosto dolente per noi: la natalità è sempre in diminuzione e ogni anno dobbiamo ricorrere a recuperare studenti fra i vari Comuni per raggiungere il numero di alunni indispensabile per mantenere le classi. Cerchiamo di fare qualcosa in più offrendo il corso di inglese gratuito, ad esempio, ma nonostante i nostri sforzi molti bambini di Arena Po vanno a scuola a Stradella o a Castel San Giovanni poiché sono il luogo di lavoro dei genitori e quindi per comodità, giustamente. Noi cerchiamo di offrire un servizio mensa fresco, cucinando i cibi proprio nella nostra cucina: il bando dei generi alimentari viene gestito direttamente dal nostro Comune. La scuola materna risiede all’interno del vecchio ospedale che è stato recentemente ristrutturato, gestito dalla stessa presidenza di Stradella; la struttura che ospita la scuola elementare è in pro-
Alessandro Belforti
gramma di ristrutturazione per il 2018 con un lavoro di 40mila euro: in totale abbiamo 86 alunni, provenienti anche dai paesi limitrofi, fino a San Zenone al Po». Si è verificato una diminuzione della popolazione negli ultimi anni? «La nostra popolazione è piuttosto stabile, l’eventuale aumento è dovuto a nuovi cittadini esterofili, provenienti dalla Romania o dall’Albania. Non abbiamo il problema dell’immigrazione, fortunatamente, poiché per un paese come il nostro significherebbe un problema piuttosto grave». Qual è il suo pensiero riguardo alla fusione fra comuni? «Io non credo che la fusione fra comuni sia una risposta ai problemi dei vari paesi. Certamente già condividiamo alcuni servizi con i nostri comuni vicini, ma non sarebbe pratico burocraticamente e funzionalmente parlando, fondersi del tutto con essi. Sarebbe un discorso fattibile se fossimo un comune più piccolo, magari di 300/400 abitanti, ma solo nel nostro contiamo circa 1600 abitanti sparsi, fra l’altro, nell’arco di un territorio piuttosto vasto con anche diverse frazioni. Non sarebbe quindi giusto obbligare un nostro cittadino (e nel nostro comune la popolazione è composta maggiormente da anziani) a recarsi ad alcuni km di distanza dalla sua abitazione per ricevere un servizio suo di diritto: sono più i disagi che i vantaggi. I “soldi” sono da andare a cercare da altri parti… magari nelle regioni e nelle province, non sicuramente nei comuni più piccoli. Lo stato cerca di incentivare la fusione fra Comuni con dei finanziamenti, ma i cittadini non andrebbero a giovarne in alcun modo». di Elisabetta Gallarati
ZENEVREDO Afro Silvio Caleffi, rivanazzanese è consigliere di minoranza del Comune di Zenevredo, esponente della lista civica “Italia Reale” racconta un buon esempio di collaborazione con l’attuale gestione comunale, metodo vincente per apportare novità positive in paese. «La nostra idea è che un sindaco da solo non basta e nemmeno i suoi consiglieri, ciò che serve per portare avanti un paese è la collaborazione tra amministrazione e popolazione». Così dichiarava l’ex sottufficiale dell’Arma dei Carabinieri in pensione alla vigilia delle elezioni nel giugno del 2016 e a quanto pare è ciò che è avvenuto a Zenevredo. Caleffi che tipo di rapporto sussiste fra maggioranza e opposizione? «Nonostante le possibili divergenze, noi ci riteniamo a tutti gli effetti molto soddisfatti dell’attuale sindaco e della maggioranza, in quanto ci sentiamo sempre messi su un piano di uguaglianza e ci sentiamo presi in seria considerazione all’interno dei consigli. Si riesce a discutere in ottima maniera in tutte le situazioni riuscendo a mantenere una buona collaborazione. Sia che si faccia opposizione, che si discuta, risulta esserci sempre e comunque un ambiente sano e collaborativo. Fare opposizione sì, ma con rispetto reciproco per il bene di Zenevredo e dei zenevredesi». Che cosa offre Zenevredo che a vostro giudizio va valorizzato? «Zenevredo, nonostante sia un piccolo centro, risulta possedere una grande abbondanza di cantine che producono e vendono privatamente ottimi vini, inoltre son presenti anche due agriturismi piuttosto rinomati per la qualità dei prodotti artigianali locali, oltre a essere forniti entrambi di un personale molto preparato in grado di mettere a proprio agio il cliente in un ambiente casalingo». Esistono delle emergenze a Zenevredo e di cosa pensa che abbia bisogno primariamente il Comune? «Secondo il nostro parere il Comune in questo momento necessiterebbe di una maggiore promozione dei suoi punti di forza e primariamente del suo prodotto tipico, il vino; questo dovrebbe comunque avvenire unitamente alla volontà dei singoli coltivatori di voler incentivare il proprio commercio su più piattaforme, in maniera che oltre a riceverne un profitto in prima persona, si possa generalmente stimolare un ritorno al turismo nella nostra zona. Non crediamo però che si possa parlare di emergenze a Zenevredo». Le promesse fatte dall’attuale amministrazione al momento delle elezioni sono state realizzate? «Le promesse fatte dalla maggioranza al momento delle elezioni erano davvero innumerevoli: maggiore attenzione all’aspetto sociale del paese, valorizzazione del territorio, costruzione di nuovi uffici comunali, edificazione di un biblioteca pubblica, organizzazione di numerose feste ed eventi nel paese, rinnovo dell’illuminazione, aumento della sicurezza, restauro del cimitero, miglioramento della viabilità e rifacimento del manto stradale. Insomma, nel loro programma non sembra che sia mancato nulla e dobbiamo ammettere però, che molte delle loro promesse sono state mantenute; hanno dedicato mol-
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Afro Silvio Caleffi, è un ex sottoufficiale in pensione dell’Arma dei Carabinieri
«Fare opposizione sì, ma con rispetto reciproco per il bene di Zenevredo» ta attenzione alla popolazione e alle opere pubbliche. Una buona percentuale di ciò che doveva essere attuato è stato realizzato, e nel caso in cui le opere necessarie non venissero completate, noi saremo sicuramente pronti a ricordarlo». Le elezioni sono ancora lontane ma qual è e quale sarà il vostro punto di forza? «Uno dei nostri punti di forza sarebbe sicuramente quello di realizzare una sorta di emporio in cui poter vendere ogni tipo di prodotto della nostra zona; significherebbe avere finalmente un luogo referente in cui ogni azienda o produttore della zona potrebbero adoperare come punto di lancio della propria produzione. Capiamo ovviamente che, essendo Zenevredo un insieme di più frazioni, la decisione del luogo in cui poter collocare l’edificio potrebbe risultare forse difficoltosa, ma a maggior ragione, in un territorio dispersivo e vasto, sarebbe ancora più preziosa la presenza di un emporio di vendita. In generale uno dei punti di forza del nostro operato sarà quello di incentivare il commercio e la pubblicizzazione dei prodotti tipici della nostra zona. Riteniamo di avere comunque ancora tempo per poter definire e ampliare il nostro programma». Qual è la vostra posizione riguardo la fusione fra comuni? «Zenevredo risulta essere comunque un Comune a tutti gli effetti attivo. Proprio come noi, anche gli altri comuni limitrofi potrebbero esserlo, adoperando politiche differenti e non dovendo quindi totalmente appoggiarsi ad altri; siamo
perciò contrari alla fusioni fra comuni. Si veda per esempio quei Comuni in cui l’unica zona protetta e funzionante sembra essere il centro, mentre le periferie risultano essere lasciate a loro stesse, essendo,
le gestioni comunali, incapaci di gestire un territorio troppo vasto. Un comune ha numerose attività da monitorare: dalla sicurezza, alla viabilità della rete stradale, ad ogni altro tipo di servizio al cittadino. Noi ci riteniamo favorevoli all’abolizione delle regioni, ripristinando le province vere e proprie: queste, si potrebbero eventualmente raggruppare fra di loro in piccoli gruppi, eleggendo dei responsabili per ogni ex provincia. In questo modo si potrebbe essere più vicini al cittadino e alle sue reali esigenze». di Elisabetta Gallarati
MONTESCANO
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«La nostra azienda ha subito un danno superiore al 60% della produzione»
Le gelate in Oltrepò della scorsa primavera hanno causato danni che la Coldiretti ha stimato in 16milioni di euro, un “disastro” che ha messo in ginocchio molti produttori di vino e di frutta dell’Oltrepò Pavese. I danni principali hanno toccato il settore vitivinicolo con ripercussioni che si avranno anche in futuro, infatti in alcuni vigneti le piante sono morte e dovranno essere reimpiantate. Ne parliamo con Agostino Tosi, produttore vitivinicolo la cui azienda che si estende tra i Comuni di Castana, Montescano e Montù Beccaria, risultata essere una delle maggiormente colpite dalla violenta gelata primaverile del 2017. Tosi ci spiega quali sono stati i reali danni alle coltivazioni e in che modo, le autorità competenti, abbiano risposto alle sue segnalazioni e richieste di risarcimento. Tosi in percentuale a quanto ammontano i danni che la sua attività ha subito? «Le gelate primaverili sono state devastanti per le piante: la nostra azienda ha subito un danno superiore al 60% della produzione». Le poche nevicate invernali invece non hanno danneggiato le viti? «Le poche nevicate invernali non hanno fatto danni, in quanto le piante non sono in vegetazione in questo periodo». La sua azienda si estende su ben tre Comuni, Castana, Montescano e Montù Beccaria, il danno subito è stato pressochè identico in tutte le diverse zone? «Le zone più colpite dalle gelate primaverili sono state le zone più a fondovalle dove le temperature sono scese anche a meno 5 gradi e a temperature del genere anche un lasso relativamente breve di due ore può essere fatale per le piante; in alcune zone le correnti d’aria hanno fatto parecchi danni anche in media e alta collina portando il freddo anche a 300-400 metri di altitudine. La nostra azienda parte dal fiume Versa e arriva fino alle parti più alte della collina: i vitigni collocati nella parte più a fondovalle sono stati completamente danneggiati, mentre nella parte più in alto si è trattato di un danno che si aggira sul 10% della produzione». Altre aziende hanno subito danni pari o simili al vostro? «Sicuramente molte altre aziende nella fascia più bassa hanno subito numerosi danni, ma più che altro credo per via del caldo e della siccità della stagione estiva, che ha causato altri tipi di danni». Se si mettessero a confronto le annate 2016/17 e 2017/18 quale annata è stata peggiore dal punto di vista delle intemperie e quindi dei conseguenti danneggiamenti? «Di certo il 2016/2017 è stata una delle peggiori annate degli ultimi decenni, le gelate di aprile sono arrivate quando, complice il caldo straordinario di febbraio e marzo, i germogli erano già molto lunghi portando così danni irreparabili alla produzione. Sull’annata 2017/2018 ancora non
«Se i fondi non dovessero arrivare, saremo noi a dover rispondere da soli al grave buco finanziario» ci si può sbilanciare, saranno decisivi i mesi primaverili». Questi fenomeni avranno delle conseguenze sulla produzione del 2018? «Non si può ancora stabilire con precisione». Quale ente competente deve occuparsi delle pratiche di risarcimento per i vostri danni? In che modo avviene la richiesta? «In questo caso la regione Lombardia ha stabilito che è stata raggiunta la soglia minima di danno del 30% per la calamità naturale e quindi abbiamo potuto fare domanda di risarcimento, ma per ora non è chiaro se siano stati stanziati tutti i fondi per i risarcimenti. Il problema è che non sappiamo ancora se e quando ci verranno inviati dei reali rimborsi, le tempistiche di solito sono abbastanza lunghe e per ora non abbiamo ricevuto indicazioni. La cosa funziona così: si esegue la media di produzione degli ultimi 3 anni e si verifica se effettivamente l’ultimo raccolto ha subito una diminuzione, per noi ovviamente è stato drammatico il confronto. Il problema è che se i fondi non arrivassero, saremo noi a dover rispondere da soli al grave buco finanziario e dovremo cercare in qualche modo di risollevarci con quello che abbiamo». Ci sono delle metodologie particolari per diminuire la possibilità che il freddo possa causare dei danneggiamenti alle coltivazioni? «Un metodo che funziona è quello di installare degli irrigatori che bagnino continuamente i tralci e i germogli nei periodi a rischio, in questo modo gelando l’acqua sui germogli è possibile salvare il germoglio stesso. Questo metodo ha però il difetto di essere molto dispendioso e per niente conveniente, anche perché fino ad ora non era un fenomeno ricorrente che si arrivasse a temperature del genere, visto che l’ultima gelata simile risale a più di trent’anni fa, al 1985 per l’esattezza». La siccità degli ultimi mesi ha causato danni? «La vite è una pianta che non ha bisogno di irrigazione se non in
I vitigni distrutti dalla gelata primaverile
casi straordinari e in terreni molto sabbiosi o ghiaiosi, i nostri terreni sono principalmente argillosi e quindi trattengono acqua rimanendo sempre umidi e freschi. Ci auguriamo che quest’anno ci porti le giuste piogge primaverili ed estive». Cosa producete in prevalenza? «Abbiamo 15 ettari di terreno e i vitigni
principalmente coltivati in azienda sono Pinot Nero e Croatina (più del 50% della superficie aziendale), Riesling Italico, Riesling Renano, Barbera e piccole produzioni di Malvasia, Vespolina e Uva Rara». di Elisabetta Gallarati
SANTA MARIA DELLA VERSA
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«Dare la colpa ai parcheggi vuol dire fare come lo struzzo» Il Comune di Santa Maria della Versa nel corso del 2017 ha dovuto affrontare alcune difficoltà, sia di tipo burocratico, sia di tipo atmosferico... abbiamo voluto sentire, cercando forse rassicurazioni, il primo cittadino – il Sindaco Ordali – relativamente ad alcune tematiche molto discusse. Riguardo al tema La Versa il sindaco appare quasi infastidito: «Voi giornalisti fate le solite domande». A Santa Maria purtroppo o per fortuna, a voi la sentenza, c’è il vino e c’è la Cantina. Ha riaperto recentemente il Wine Point a Santa Maria della Versa, lei lo vede come un primo passo verso il rilancio del territorio locale? «Non mi sento di rispondere a domande che riguardano la cantina La Versa, a quello che è stato, a quello che è e a quello che sarà».
«Non mi sento di rispondere a domande che riguardano la cantina La Versa» Seconda domanda di rito, da cui possiamo già dedurre la risposta dalla prima domanda, Cosa ne pensa della cordata Terre Oltrepo Cavit? «Non intendo rispondere, forse più in là avrò qualcosa da dire...». Da mesi si parla di una possibile chiusura della Guardia Medica in alcuni comuni dell’Oltrepo, tra cui quella di Santa Maria della Versa: a che punto è la situazione? «La proposta di chiusura della Guardia Medica di Santa Maria della Versa, insieme a quella di altri cinque Comuni della Provincia, per il momento è stata tolta dall’ordine del giorno.
È già un primo passo, ma chiaramente non sufficiente, perché il nostro obiettivo non era ottenere la sospensione della proposta, bensì quello di stracciarla definitivamente! A tale proposito, insieme agli altri cinque colleghi sindaci ed ai consiglieri regionali, abbiamo firmato un documento per chiedere ufficialmente ad A.T.S. di ritirare il piano. Secondo A.T.S. attualmente la Guardia Medica di S. Maria della Versa si occupa di un bacino di circa 10.000 persone, quella di Stradella di 32.000 persone. La loro proposta sarebbe di portare il medico di S. Maria della Versa a Stradella, dove ci sarebbero quindi due medici per 45.000 abitanti (gli altri 3.000 non so dove li abbiano presi...). Visto il numero di abitanti di Stradella, Broni e comuni limitrofi, è facile prevedere che i due medici di servizio presso la Guardia Medica di Stradella, saranno sempre impegnati in quella zona e, quindi, distanti dai cittadini (soprattutto anziani) delle frazioni alte di S. Maria, per non parlare di Canevino, Volpara, Montecalvo, Golferenzo, Ruino...con tanta strada provinciale da percorrere per la maggior parte dissestata! Sarebbe opportuno che costoro andassero a vedere dove si trovano queste frazioni e poi provare a partire da Stradella in piena notte per arrivare a Casa Bardoni, al Campasso, ai Casoni, a Torre degli Alberi...se lo facessero, si renderebbero conto di quanto tempo ci vorrebbe in un’ipotetica situazione di emergenza». Situazione Gelicidio: qual è stata la gravità dei danni nel suo Comune? «Per quanto riguarda la viabilità sulle strade comunali e non solo, nella notte dell’11 dicembre è intervenuto tempestivamente il personale del Comune e della Protezione Civile di Santa Maria della Versa, per rimuovere le piante cadute sulla sede stra-
Maurizio Ordali
dale. Dalla mezzanotte la viabilità è stata ripristinata. La situazione più grave si è verificata in zona Prà del Gatto, Prosa e Vignole...queste frazioni sono rimaste senza corrente per ben due notti, con gravi disagi per i residenti, soprattutto per gli anziani. La prima notte l’hanno passata completamente al buio e al freddo; per la seconda notte, l’Enel ha provveduto ad installare un generatore provvisorio. Ci sono voluti ben due giorni per tornare alla normalità. Speriamo che disservizi simili non si verifichino più». Nuovo parcheggio in costruzione: quale obiettivo vi siete posti e come pensate di sostenere i commercianti nelle loro attività? «Il terreno acquistato dal Comune (circa 1600 mq) all’inizio di Via 25 Aprile (in centro del paese) potrà essere utilizzato in
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parte come parcheggio (27 posti auto)...se troviamo i soldi, vorremmo già realizzarlo nel corso del 2018. Per la parete rimanente, sarà una scelta della prossima Amministrazione Comunale, che potrà completare il parcheggio oppure, nella parte superiore, realizzare un’area per feste ed eventi, con cucina fissa attrezzata, magazzino e palco; il pubblico che seguirà gli spettacoli, per quei giorni occuperà l’area a parcheggio sottostante. Per quanto riguarda l’ipotetica chiusura alle auto della Piazza Vittorio Emanuele, ripavimentata poco più di un anno fa, attualmente non è all’ordine del giorno. Certo è che, se in futuro, per esempio, aprisse sulla stessa un altro esercizio con tavolini o dehor, sarebbe difficile immaginare che le auto facciano la gimcana tra le sedie... Il nostro obiettivo finora è stato quello di aumentare i posti auto in centro e, ci tengo a precisare che, i parcheggi non c’entrano nulla con l’attività dei commercianti (e la maggior parte di loro questo lo sa!). A 100/150mt dai negozi a Santa Maria abitano quasi 1000 persone, circa 400 famiglie. Una o due persone di queste giornalmente passa a piedi davanti alle botteghe... poi magari va a casa accende l’auto e va al supermercato a fare la spesa o a Pianello a comperare la coppa. E’ una libera scelta che ognuno fa, in base ai prezzi, alla qualità ed alla comodità di fare tutta la spesa in un sol colpo. Purtroppo è la legge dei supermercati e dei centri commerciali che costringono le botteghe a chiudere nei paesi, nelle città piccole ed in quelle grandi. Dare la colpa ai parcheggi che non ci sono a due metri dal negozio vuol dire fare come lo struzzo. A mio parere, resiste ancora il negozio specializzato, che offre pochi prodotti ma eccellenti...poi quando la gente è dentro compera anche altro, ma questo non sempre avviene». di Vittoria Pacci
MONTECALVO VERSIGGIA
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“Lancio dell’Uovo” una tradizione che dura da quasi 50 anni
Vanni Daprati fa parte del Comitato Organizzativo “Lancio dell’Uovo”, un evento tipico della Val Versa iniziato negli anni ‘70 quando insieme ad un gruppo di amici ha dato inizio alla tradizione del gioco del lancio dell’uovo, che si tiene in concomitanza con il carnevale della frazione Versa nel Comune di Montecalvo Versiggia. Come nasce il gioco del lancio dell’uovo e da quale tradizione deriva? «In numerosi luoghi d’Italia si tengono eventi di questo tipo durante l’anno in occasione di feste locali di vario genere. Il nostro gioco nasce intorno alla metà degli anni ‘70 nell’ambito del carnevale dell’Alta Val Versa, precisamente in frazione Versa». Come mai proprio in frazione Versa? «Perchè sin dagli anni ‘30 questa località era molto famosa perché c’era il ballabile “Prato Gaio”, molto frequentato. Era un punto di ritrovo per i giovani di tutta la Val Versa che vi si recavano la domenica pomeriggio per ballare e socializzare. Questo Carnevale prevedeva i tradizionali giochi contadini quali la pentolaccia e la carriolata, mentre il lancio dell’uovo è venuto dopo. Un gruppo di amici ed io abbiamo iniziato a proporlo, ma sinceramente non ricordo da dove ci sia venuta quest’idea... sicuramente era praticato anche in altre località, ma da noi è diventata una vera e propria tradizione». Un evento quello del lancio dell’uovo che varca i confini di Montecalvo Versiggia... «A Cengio in provincia di Savona esiste un’associazione goliardica che pratica un gioco simile al nostro, ma con regole un po’ diverse e ci siamo gemellati con il gruppo di amici di Cengio che invitiamo sempre al nostro evento e che ci contraccambiano in occasione delle Cengiadi, nel mese di Giugno. Ci piace pensare che il nostro gioco, nel corso degli anni sia diventato quasi come uno sport, arricchendosi continuamente di nuove regole e di nuovi campioni». Quali sono le regole del gioco? «Il gioco si svolge a coppie maschili o femminili dove uno dei due lancia un uovo rigorosamente non sodo... e l’altro deve prenderlo senza farlo rompere o cadere. Si parte da 5 metri che è la distanza minima e mano a mano si aumenta la distanza di 5 metri in 5 metri. Il record in assoluto, se non ricordo male, dovrebbe essere di 62,50 metri ed è risalente al 2006! Esiste comunque un registro ufficiale nel quale sono annotati i vari record e lo si può consultare durante la gara stessa». Quando si svolge tradizionalmente il carnevale – quindi il lancio dell’uovo – in frazione Versa? «Tradizionalmente si svolge la domenica dopo le Ceneri. Tuttavia, di recente abbiamo voluto posticipare il nostro carnevale
affinché non coincidesse con quello di Santa Maria della Versa; lo abbiamo posticipato a Domenica 11 marzo, una data più favorevole anche dal punto di vista del clima». Vanni il vostro Carnevale è una tradizione “ristretta” alla vostra frazione oppure richiama persone da fuori? «Noi abbiamo una pagina Facebook che ci aiuta moltissimo, soprattutto a farci conoscere anche al di fuori. Ricordo negli ‘60, ho ancora delle fotografie in cui si vedono km di auto parcheggiate, ma dagli anni settanta le cose sono cambiate, anche per via della concomitante festa di Santa Maria della Versa, che ha intercettato molte persone provenienti dalla pianura e con la quale si è instaurata una certa sana rivalità». A tale proposito, non avete mai pensato di “spostarvi” con Santa Maria della Versa, in modo da creare un evento unico? «In realtà, siamo orgogliosi del nostro carnevale che si tiene dal periodo fra le due guerre e siamo specialmente orgogliosi dell’unicità della gara del Lancio dell’Uovo». Secondo lei si riuscirà a mantenere nel corso degli anni questa tradizione? Ci sono giovani intenzionati a portarla avanti? «Penso e spero di sì! Abbiamo iniziato noi da giovani (ora siamo un po’ meno giovani)... nel corso delle varie edizioni posso dire che molti giovani partecipano, quindi spero che la tradizione continui... piano piano passiamo in testimone alle nuove generazioni! Inoltre, vorrei far presente che, ogni anno durante l’evento è possibile acquistare un book fotografico con le più belle fotografie (scattate da Mauro Rossini) dell’edizione precedente». Avete creato un’associazione per la valorizzazione e la promozione dell’evento? «Non c’è un gruppo ufficiale... siamo un gruppo di amici che da anni portano avanti questa tradizione. Abbiamo creato il C.O.L.D (Comitato Organizzatore Lancio Dell’uovo) la scherzosa definizione di tutti coloro che si occupano in toto dell’organizzazione dell’evento; in questo comitato c’è chi si occupa della parte gastronomica (la polentata) e chi, invece, si occupa degli aspetti legati alla gara di Lancio dell’Uovo, che si svolge sulla strada principale della piccola frazione».
Il Lancio dell’Uovo, rigorosamenete non sodo Per quanto riguarda il carnevale? «Il carnevale all’inizio, negli anni ‘60 era molto diverso. A quel tempo i divertimenti erano pochi e gli appuntamenti come questo erano molto frequentati dalle famiglie e, soprattutto, dai bambini. Ricordo i cappelli da cowboy di cartone, le maschere e perfino i baffi finti fatti con un tappo di sughero bruciacchiato. Ho visto persone arrampicarsi su pali cosparsi di grasso per raggiungere i premi in cima. Era una festa di tutti e per tutti, in tempi ormai lontani che pochi ricordano qui alla Versa». Quanti abitanti ci sono in frazione Versa? «Frazione Versa fa parte del Comune di
è di 62,50 metri il record di lancio dell’uovo ed è risalente al 2006
Montecalvo Versiggia e conta 15 abitanti». Lei è molto legato al suo territorio e, soprattutto, alla tradizione... vorrebbe comunicare qualcosa in particolare? «Sì! Essendo appassionato di fotografia e di fotoritocco, mi piacerebbe raccogliere più materiale possibile, soprattutto le vecchie fotografie in bianco e nero delle persone e dei luoghi delle nostre colline. Ho provato più volte a coinvolgere gli abitanti della Valle Versa per raccogliere le vecchie foto; sono convinto che ogni famiglia ne disponga...vorrei che me le prestassero per scansionarle, al fine di raccogliere in un archivio le più belle immagini storiche sul nostro territorio! Da anni le sto archiviando, con l’obiettivo di realizzare una mostra sulla Valle Versa e sulle sue bellezze. È sempre difficile convincere le persone a cercarle nei cassetti della loro memoria e di prestarmele per qualche giorno. In fondo, credo sia un modo per tramandare alle nuove generazioni un po’ del loro passato che non hanno conosciuto o che ricordano a stento». di Silvia Cipriano
GOLFERENZO Francesca Genesi è una ventiduenne originaria dell’Oltrepò Pavese, della Val Versa per l’esattezza, nata a Volpara e cresciuta a Golferenzo - che presto avremo modo di conoscere e seguire nel tour di Miss Italia 2018, che inizierà la prossima estate (in TV da metà settembre). Francesca come mai ha deciso di partecipare a Miss Italia? «Miss Italia per me rappresenta una rivincita... a quindici anni ho fatto un incidente che mi ha cambiato la vita e per anni mi son sentita “difettata”. Oggi voglio combattere per regalare a me stessa le conferme e le sicurezze che mi sono mancate. È, inoltre, una bella e sana esperienza che potrebbe rivelarsi un ottimo “trampolino” di lancio per il mio futuro, lavorativamente parlando». Cosa ha pensato quando ha saputo che avrebbe partecipato al concorso? «Quando ho fatto il primo casting ero emozionata ma, come d’abitudine, prendo ogni esperienza nuova con “leggerezza”. Invece, quando hanno rivelato i nomi di chi avrebbe ufficialmente partecipato al tour di Miss Italia 2018, in quanto idonee, mi è salito il cuore in gola. In quel momento ho realizzato che era vero e che mi sarei dovuta impegnare molto». Cosa si aspetta da questa esperienza? «Da questa esperienza mi aspetto principalmente una crescita personale. Siamo abituati a vedere in TV esibizioni di ragazzi e ragazze giovani, ma non ci rendiamo conto effettivamente di quanto fegato e preparazione ci voglia a mostrarsi ed esibirsi davanti ad un pubblico. Per cui, se dovesse andare bene questa esperienza, immagino ne gioverebbe la mia capacità comunicativa e la mia disinvoltura. Poi mi aspetto di provare tante emozioni indubbiamente!». Francesca come è iniziato il suo percorso in questo settore? «Il mio percorso – questo è il mio primo passo della lunga salita che ho davanti - è iniziato per gioco, più che altro come “lavoretto” per pagarmi gli extra...vivendo a Milano per studiare, le spese sono parecchie. Quindi video musicali, progetti attoriali, servizi fotografici, ed ancora prima semplicemente alle sfilate di paese organizzate dalle varie boutique..». Oltre ai concorsi di bellezza, chi è Francesca Genesi? «Oltre ai concorsi di bellezza c’è il 99% di me! Fatto di tanta emotività, di tanta ambizione, ma anche di paure. Sono una persona con doti artistiche... amo dipingere e recitare, passione che coltivo dall’infanzia e che vorrei diventasse il mio lavoro. Francesca è una normale ventiduenne in procinto di laurearsi, abbastanza disorientata sul futuro, comunque piena di idee».
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Francesca Genesi, classe 1996
«Ho iniziato per gioco, più che altro come “lavoretto” per pagarmi gli extra» Originaria dell’Oltrepò Pavese, quanto è legata a questo territorio? «L’Oltrepò è la mia terra! Sono cresciuta a Volpara fino a una decina di anni fa, dopodiché mi sono trasferita a Golferenzo, dove la mia famiglia ha un bellissimo ristorantino tipico. Ringrazio infinitamente la mia terra per avermi fatto vivere l’infanzia più libera e felice che potessi desiderare... senza tecnologia, passando giornate a correre e inventare giochi con i miei amici tra le campagne. Avrò per sempre dei bei ricordi». Attualmente non vive in questa zona;
«Miss Italia per me rappresenta una rivincita... a quindici anni ho fatto un incidente che mi ha cambiato la vita e per anni mi son sentita “difettata”»
pensa di tornarci un giorno? «Esatto! Attualmente vivo a Milano per questioni di studio e lavoro, soprattutto perchè offre molte possibilità. Per ora il mio progetto è di restare qui, ma ogni volta che torno a casa mi rendo conto di cosa voglia dire respirare aria pulita e sentire i profumi della mia terra, quindi appena posso ci torno sempre. Forse ci tornerò stabilmente quando sarò soddisfatta di quella porzione di me che avrò dato al mondo...quando avrò vinto almeno un paio di Oscar!». Francesca cosa l’ha spinta ad andare via? «La mia scelta è stata dettata solo ed esclusivamente dal voler frequentare la Iulm (Libera Università di Lingue e Comunicazione) a Milano. Come ho già detto, la recitazione è la mia passione e nel mio corso universitario ci occupiamo di cinema, di teatro, della loro storia e di tanti aspetti mediatici e culturali che mi interessano e mi stimolano».
Secondo lei, cosa manca all’Oltrepò Pavese per i giovani come lei? «Ai giovani dell’Oltrepò forse manca la possibilità di scegliere tra più opzioni... parlo a livello universitario, anche se Pavia ospita prestigiose facoltà. Credo che, di base ai giovani dell’Oltrepò non manchi nulla di particolare, ognuno a seconda del posto in cui vive si adatta alle offerte del proprio territorio. Invece, posso mettere la mano sul fuoco nel dire ciò che non manca, ovvero i valori, di cui siamo ancora pieni!». Francesca qual è il suo sogno nel cassetto? «Il mio sogno nel cassetto - che spero di aprire grazie anche a Miss Italia - è quello di recitare! Unica vera certezza che ho, vorrei poter mettere parte di quel che sono io in questa disciplina e far emozionare. Per sentirsi vivi bisogna rischiare e credere sempre di potercela fare. Io ora ci credo! Grazie mille per avermi dato la possibilità di raccontare qualcosa di me...».
di Silvia Cipriano
MUSICA
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Ha dovuto sfasciare la batteria di Topolino per convincere i genitori a comprargliene una vera Quello tra Marco Binda e la batteria è un rapporto nato nell’infanzia. Vogherese doc, classe 1987, aveva solo 3 anni quando ha iniziato a percuotere uno xilofono del padre Graziano che si è accorto subito, essendo anche lui musicista (è chitarrista nella Rondòband), della predisposizione del figlio. Marco ha dovuto sfasciare la batteria di Topolino che gli era stata regalata per convincere i genitori a comprargliene una vera e propria, e a quel punto la love story tra lui e “le pelli” ha ricevuto la benedizione della scuola di musica di Voghera e, successivamente, dopo gli studi umanistici al liceo Classico Grattoni, dei maestri Antonio e Alfredo Golino, che lo hanno avvicinato al professionismo. Oggi continua a studiare ma insegna a sua volta e dopo anni trascorsi sui palchi di mezzo mondo, suonando con diverse formazioni e diversi stili, è a tutti gli effetti consacrato come batterista “metallaro”, motore di due band italiane di metal estremo affermate a livello internazionale come “Mortuary Drape” e “Dark Lunacy». La residenza, però, è sempre a Voghera. Come mai? «In realtà uno dei motivi per cui sono ancora qui è proprio perché mi sono legato a queste due band che risiedono entrambe nel nord Italia e ci tengo a portare avanti il lavoro con loro dal momento che le cose stanno funzionando più che bene. Inoltre nonostante tutti i problemi che ci sono confesso che a me piace molto l’Italia ed è difficile che mi stabilisca in modo permanente all’estero, a meno che non si presenti la classica occasione che non si può rifiutare…». Cover band locali, band rock e metal, alcune attive a livello internazionale. Ricorda tutte le band con cui ha suonato? «Tutte non riuscirei a citarle. Alcune sì, quelle a cui sono più legato: i Necroart, band death metal vogherese con la quale ho registrato i miei primi dischi e in cui ho militato per 8 anni; poi Dreaming Kelly (pop), Ashpipe (skapunk). Se parliamo di cover invece Rondoband (cover ‘70/’80), Axtra (tributo Megadeth), Black Magic (tributo Slayer), The Rox (cover hard rock). Tra le collaborazioni con band e artisti in qualità di turnista cito Doctor Cyclops (gruppo heavy rock coi quali abbiamo fatto tour in Germania, Svizzera, Austria e Francia) o Igor Nembrini (chitarrista rock vogherese per il quale ho registrato il disco “Rush Light”)». Con quante band contemporaneamente si è ritrovato a suonare? «C’è stato un periodo in cui ne avevo addirittura 9! Questo perché cercavo di suonare il maggior numero di generi possibili con il maggior numero di musicisti possibile per fare esperienza, ma è finita che con la maggior parte di queste band si suonava pochissimo e si facevano un sacco di prove. Sicuramente vista dal lato pratico que-
sta cosa mi ha aiutato a migliorare e a fare ulteriormente gavetta anche se poi con il tempo ho capito che è meglio concentrare le energie sulle cose che vuoi veramente portare avanti e che possono avere un futuro». Mortuary Drape e Dark Lunacy, al momento. Con loro ha girato Europa e mondo. Con i suoi tour ha visitato anche Stati Uniti, Sud America, Giappone. Quali sono le differenze più evidenti che ha notato con la scena musicale italiana? «La differenza più evidente rispetto ad altre realtà è la quasi totale assenza di supporto che il pubblico dimostra nei tuoi confronti, soprattutto a livello amatoriale o locale. Mi è capitato mentre ero sul palco, in occasioni come queste, di non vedere l’ora di finire la scaletta. Non voglio dire che all’estero le platee siano sempre gremite e accese, ma in Italia la situazione che ho descritto sopra risulta essere la normalità. Detto questo mi sono anche capitate serate sorprendentemente positive e in cui mi sono divertito a suonare. Per quanto riguarda i locali invece, anche a livello semiprofessionistico, ci viene riservato un trattamento peggiore che nelle altre parti in cui sono stato. Dal mangiare al bere e tutto il resto. Basti pensare che durante l’ultimo tour europeo abbiamo toccato dieci paesi e l’unico in cui non c’erano le docce e in cui ci è stata servita pastasciutta fredda per cena è stato l’Italia». Da musicista, cosa l’ha colpita di più dei
«La differenza più evidente rispetto ad altre realtà è la quasi totale assenza di supporto che il pubblico dimostra nei tuoi confronti, soprattutto a livello amatoriale o locale» posti che ha visitato? «Se parliamo di cultura musicale e cultura artistica in generale credo che la Scandinavia sia il massimo. In Norvegia per esempio se hai un progetto valido ti viene riconosciuto un vero e proprio stipendio che ti permette di vivere concentrandoti sulla tua arte, in Italia invece se suoni devi per forza avere un altro lavoro perché l’arte qui è considerata un semplice hobby. Per quanto riguarda il pubblico invece sono rimasto colpito profondamente dalla devozione che hanno in Giappone verso i musicisti. I fans, visibilmente emozionati, venivano
Marco Binda, batterista “metallaro” di Voghera a chiedere autografi e foto inchinandosi. Mi sono sentito quasi in imbarazzo. Del Sudamerica invece ricordo la straordinaria passione e cultura musicale della gente a scapito della grande povertà». Se le chiedo della scena locale, invece? «La scena musicale oltrepadana penso sia ai minimi storici senza speranza di miglioramento, ma questa è una banalità sotto gli occhi di tutti. I problemi credo siano principalmente i seguenti: il primo è costituito dal fatto che i locali sono sottoposti a ingenti tasse da pagare per poter continuare la propria attività, con la conseguenza che la maggior parte di essi è costretta a chiudere i battenti. Il secondo problema, che a parer mio è il principale, è di stampo culturale: sono riuscito a vedere la scena musicale di fine anni ‘90 e primi 2000 e non posso fare a meno di rendermi conto di quanto sia diminuito l’interesse nei confronti della musica live negli ultimi anni. Ovviamente essendoci meno richiesta ci sono anche meno locali disposti ad investire in questo campo. Il risultato è uno scenario desolante fatto di pochissimi locali ancora attivi e, per la maggior parte delle serate, semi vuoti con i soli amici o parenti ad assistere alle esibizioni. Questo nonostante la scena nostrana sia dotata di ottimi musicisti». Facciamo un passo indietro. Quando ha capito che la musica sarebbe diventata
una professione? «Facendo il liceo mi è capitato più volte di pensare a cosa avrei fatto in futuro e quel periodo coincideva con i miei primi live “seri”, così ho capito che quello che mi sarebbe piaciuto fare più di tutto il resto era suonare dal vivo, quindi mi son detto “perchè non provare?!”... Ero molto giovane e non mi pesava ancora montare e smontare la batteria se no avrei scelto uno strumento molto più comodo!!». Com’è la sua giornata tipo? «In settimana solitamente dedico le mattinate all’allenamento e allo studio del mio strumento, nel pomeriggio invece imparo brani per i miei gruppi e per bands con cui sto lavorando. Oppure impartisco lezioni. Altrimenti li dedico semplicemente ai miei hobby. Nei weekend invece sono quasi sempre impegnato con prove o concerti”. Ha un obiettivo particolare per il futuro? «Nel mio futuro prossimo continuerò il lavoro con Mortuary Drape e Dark Lunacy e continuerò ad insegnare, magari in una scuola se ne avrò la possibilità. L’obiettivo primario rimane però crescere ancora come batterista e imparare sempre cose nuove, sia dal punto di vista tecnico dello strumento che dal punto di vista dell’ascolto». di Christian Draghi
ARTE & CULTURA
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«7500 presenze: dato di tutto rispetto» è un sistema piccolo ma organizzatissimo, che si basa su un direttore iper-presente e un gruppo di volontari seri e disponibili: in periodo di crisi, si è organizzato così il museo di scienze naturali “Orlandi” di Voghera, istituzione che è un vero e proprio modello di funzionamento per tutti gli enti culturali italiani. Diretto dalla dottoressa Simona Guioli, il museo vogherese è stato anche preso ad esempio durante l’ultimo convegno dell’Associazione Nazionale Musei Scientifici, a conferma che quando le sovvenzioni statali scarseggiano, è possibile comunque difendere la cultura (e la scienza) con un po’ di buona volontà. Dottoressa Guioli, il museo di scienze è comunale. Come mai avete bisogno di aiuti dall’esterno? «Perché il museo è comunale, certo, ma sappiamo tutti in che condizioni si trovano gli enti locali italiani, e purtroppo non si vedono margini di miglioramento all’orizzonte. Senza contare che io sono l’unico dipendente comunale del museo, e senza l’indispensabile supporto dei volontari, da sola potrei fare molto meno di quello che riusciamo a realizzare in gruppo». Quindi come funziona il museo? «Funziona con una rotazione di diversi volontari (per lo più dell’associazione Pietra Verde, con cui collaboriamo a stretto
contatto per tantissime attività, soprattutto all’esterno), appassionati che mi affiancano nella gestione del museo. Seguono l’utenza nelle parti relative alla didattica, accompagnano i visitatori, mi aiutano nella catalogazione delle collezioni e nel lavoro d’archivio. Oltre ai volontari, poi, di tanto in tanto riusciamo ad ottenere una borsa lavoro, ma un supporto prezioso ce lo danno anche gli stagisti provenienti dalle scuole superiori del territorio». Non tutti sanno che, in effetti, se non fosse stato per i volontari il museo stesso non sarebbe esistito. «In un certo senso possiamo dire così. Il museo è nato nel 1971 proprio per volontà di un gruppo di appassionati di scienze, i quali hanno donato al comune tutta una serie di materiali più o meno preziosi. Accettando la donazione, il comune ha istituito il museo, che è stato poi intitolato allo storico direttore Orlandi, che ho sostituito una decina di anni fa, alla sua scomparsa. Negli anni abbiamo cambiato diverse sedi, siamo stati in via Cavour e in corso Rosselli, e mano a mano che passava il tempo abbiamo acquisito un numero sempre maggiore di reperti, arrivando a possedere una collezione di tutto rispetto». Parliamo un po’ dell’utenza: c’è qualche dato?
Simona Guioli, direttore del museo “Orlandi” di Voghera
«Il dato più significativo riguarda proprio il numero di visitatori, che si è attestato lo scorso anno intorno alle 7500 presenze. è un dato ridicolo confrontato con musei più grandi e importanti, ma assolutamente di tutto rispetto per noi che siamo una realtà molto piccola. Quanto al tipo di utenza, è piuttosto variegata: da una parte ci sono gli studiosi, che vengono qui per esaminare dei particolari reperti e per condurre le loro ricerche consultando la nostra ricca biblioteca, poi ci sono le famiglie e i visitatori “normali”, che vengono qui per una visita guidata alla scoperta delle nostre collezioni e poi c’è il vasto pubblico delle scuole, che da qualche anno a questa parte ci sta sommergendo di richieste». Cioè? «Da questo punto di vista la didattica si sta evolvendo molto, e complice il fatto che organizzare gli spostamenti dei ragazzi in museo è sempre un po’ complicato, spesso siamo noi ad andare nelle scuole con tutta
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una serie di proposte diverse. Essendo un museo di scienze ci occupiamo un po’ di tutto: si va dall’educazione ambientale al risparmio energetico, si fanno le passeggiate all’esterno per conoscere i nostri boschi, si parla della flora e della fauna del territorio. Tutti aspetti su cui la scuola è fortunatamente sempre più sensibile». A proposito del nostro territorio: come sta? «Non troppo bene direi. L’Appennino è in condizioni molto trasandate, lo spopolamento ha causato un abbandono dei terreni e di conseguenza certe aree non sono più state curate come avrebbero dovuto. Anche per questo è importante sensibilizzare i bambini al rispetto dell’ambiente: forse insegnando alle nuove generazioni a prendersi cura del nostro pianeta, in futuro non si compiranno più gli stessi errori». Chiusa la parentesi, tornerei a parlare dell’utenza. Avete anche dei dati sulla soddisfazione dei visitatori? «Più che i dati, ho l’esperienza diretta. Chi viene a trovarci rimane sempre molto contento della visita, e questo per diversi motivi. Innanzitutto perché cerchiamo di seguire i visitatori con la massima attenzione, guidandoli lungo tutto il percorso, e in secondo luogo perché scoprono sempre cose che non si sarebbero immaginati di trovare qui. Anche se siamo piccoli abbiamo delle collezioni interessanti, e soprattutto tanti reperti raccolti in zona che raccontano la storia del nostro territorio. è qualcosa che chi abita da queste parti è sempre ben contento di approfondire». di Serena Simula
ARTE & CULTURA Terzo compleanno per il circolo culturale “L’Oste di Fuori Porta”. Creato da Federico Sperati nel dicembre 2014 all’interno dei locali di Cascina Castagnola, sul territorio comunale di Codevilla, da allora si cimenta nell’ardua sfida di rispondere “alle esigenze di un tessuto sociale che non aveva più un punto di riferimento”, composto per lo più da giovani (o ex tali) che cercano attività culturali e ricreative alternative a quelle mediamente offerte alla “generazione happy hour”. Classe 1984, Sperati ha un curriculum chilometrico: meccanico, bagnino, idraulico, elettricista, responsabile delle revisioni automobilistiche, piastrellista, cuoco, aiuto cuoco, cameriere, impiegato negli uffici cultura della Provincia di Teramo. «Una carriera lunga ma sempre da precario» tiene a puntualizzare. «A un certo punto, per via del fatto che probabilmente non mi sono goduto molto la vita, mi sono ritrovato con un piccolo gruzzolo e tanti sogni in tasca, così ho deciso di creare qualcosa che fosse veramente mio». è così che, acquistato lo stabile, ne ha fatto allo stesso tempo casa e circolo, dandogli un nome che omaggia in maniera piuttosto evidente il cantautore Guccini.
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Federico Sperati, fondatore del circolo culturale “L’Oste Fuori Porta”
Cibo e cultura per aggregare, questa la sfida dell’Oste di Codevilla Sperati, come le è venuta l’idea di creare “l’Oste”? «Era un progetto che avevo in testa fin da quando avevo 15 anni. Volevo avere e offrire ad altri uno spazio dove sviluppare molteplici aspetti culturali in maniera libera, senza essere vincolati alla logica economica che è quella che ha ucciso tutto. Musica live indipendente, cineforum, presentazioni di libri, dibattiti, tutte attività che in pratica non si fanno più perché non portano un guadagno immediato. Il mio sogno era ed è quello di ricostruire quel tessuto sociale che ruotava intorno agli interessi per il settore cultura, arte, tempo libero e valorizzazione del territorio dal punto di vista enogastronomico, con una selezione di prodotti che faccio personalmente, con passione e ricerca personale». Perché un Circolo privato e non un locale pubblico vero e proprio? «Così ho una libertà maggiore, meno vincoli di ogni tipo: non devo sottostare ad orari di chiusura e apertura, posso organizzare attività senza sottostare a tutti gli obblighi burocratici che invece competono a un locale tradizionale. A differenza del quale, ad esempio, non ho studi di settore e posso essere più libero nella somministrazione di cibo e bevande, pur di medio alta qualità, a prezzi accessibili. Ovviamente solo ai tesserati». Sembra una situazione idilliaca. Deve
esserci un’altra faccia della medaglia perché altrimenti chiunque aprirebbe un circolo e non un locale… «L’altra faccia della medaglia è che non si ha guadagno! Tutto quello che incassiamo viene reinvestito per finanziare le attività del circolo o fornire servizi ai tesserati. Infatti tutte le 4 o cinque persone che collaborano alle attività del circolo, me compreso, sono volontari con un altro lavoro. Aiutano nel tempo libero, senza nessun compenso. Quando finisco la mia giornata lavorativa torno a casa e, di solito tra le sei e le sette, apro il Circolo». Dal punto di vista burocratico però come siete organizzati? «Siamo affiliati ad Acsi, una associazione apolitica nata negli anni 70 legata al mondo dello sport ma che successivamente si è allargata a cultura e tempo libero. Abbiamo uno statuto e ogni anno devo presentare un bilancio. Non devo rilasciare scontrini fiscali per quello che vendo, ma quello che compro lo pago con iva al 22% come un qualsiasi privato e non ho possibilità di scaricarlo». Quanti tesserati ci sono attualmente? «Nell’ordine dei duecento». Rispetto agli anni passati come sta andando? «Il trend è sostanzialmente stabile, tenendo conto che il tesseramento dura un anno e c’è chi non lo rinnova ma viene comunque sostituito da nuovi associati».
«Era un progetto che avevo in testa fin da quando avevo 15 anni» Chi è il frequentatore abituale del circolo? «Non esiste un’età media, generalmente chi viene qui è perché cerca un clima famigliare, amichevole, dove poter parlare di argomenti più svariati, dall’attualità alla politica, alla musica, all’arte. Bevendosi una buona birra o un bicchiere di vino, mangiando due fette di salame o qualche piatto che posso inventare al volo improvvisando con quello che trovo in frigorifero». Qual è la difficoltà maggiore che hai incontrato fino ad ora? «Direi quella di trasmettere il senso profondo di questo progetto, la differenza che intercorre tra un circolo e un locale normale. Ho dovuto scontrarmi con chi non capiva che essere tesserato non equivale a essere un cliente di un locale e confrontarmi con la malignità di chi pensava che avessi aperto questo posto per fare dei soldi senza pagare tasse, senza sapere come stanno realmente le cose».
Cosa bolle in pentola? Novità per il 2018? «Quella più significativa sarà il lancio di un nostro studio di registrazione, ricavato da uno spazio agibile nel seminterrato. Insieme ad altri due soci abbiamo investito fatica, soldi e passione per creare una nuova opportunità per contribuire ad aggregare nel nome della musica. Sarà uno spazio con i costi e le modalità del circolo ma con tutti i crismi di uno studio professionale dove band indipendenti avranno l’opportunità di realizzare dischi e video. Ma sarà anche possibile portare avanti un discorso didattico, con ore dedicate magari all’insegnamento, di teoria o storia della musica. Il tutto, come negli altri casi, per lavorare nella direzione del rendere L’Oste di Fuori Porta il più attrattivo possibile, nella speranza di ridare consistenza e riaggregare quel tessuto sociale di cui abbiamo parlato». di Christian Draghi
SPORT
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«Ci dicono che siamo un gruppo tosto, difficile da gestire, ma fantastico» Un gruppo fantastico, che non molla mai, compagne in campo e amiche nella vita, sempre pronte ad aiutarsi e a comprendersi. Abbiamo cercato di conoscere un po’ meglio “le Papere”, le ragazze della squadra di pallavolo Uisp Stradella, chiedendo loro qualche nozione sulla carriera, il momento più bello e anche quello più brutto dei loro anni pallavolistici e cosa significa essere parte di questa squadra. Attualmente le “Papere” (nomignolo creato negli anni storici della permanenza in serie C e poi mantenuto nel tempo) giocano nel campionato di prima divisione e si collocano nella parte alta della classifica, dopo Motta Visconti, Siziano e Casteggio. Il campionato è sempre molto combattuto, ma il derby con le avversarie casteggiane è sempre il match più sentito Lara Riccardi: «Faccio parte delle Papere da circa 15 anni. Ero piccolina, avevo quattordici anni. All’inizio ho fatto un paio d’anni a Broni, poi ho deciso di trasferirmi a Stradella, perché ai tempi era una bella squadra, un bell’ambiente per crescere e per poter giocare. Ho sempre giocato banda e centro fino a che non ho avuto un brutto infortunio qualche anno fa e ho dovuto smettere. Ho deciso di appendere le scarpette al chiodo ma ho deciso di rimanere nel ruolo di dirigente. Per come la vedo io è un ruolo di collegamento tra la società e le ragazze, è un ruolo che serve ad aiutare, a togliere dei pensieri alle ragazze per quanto riguarda piccole questione burocratiche all’inizio della partita. Sono un punto di riferimento per la società per quanto riguarda la squadra». Il momento più bello da ricordare? «Il momento più bello in assoluto è sicuramente la promozione in serie D, per me e per molte altre è stato il coronamento di un percorso, perché alcune di noi hanno giocato in serie C, poi si è scesi in D e poi per una serie di problemi economici e tecnici, si era deciso di vendere i diritti della serie D e di tornare a giocare in Prima Divisione. Quindi il fatto il riconquistarsi la serie D sul campo, di vincere quasi tutte le partite, è stato molto bello». Il rapporto con le compagne di squadra? «Con tante delle ragazze ancora presenti in squadra, ho giocato per tantissimo tempo…lo zoccolo duro della squadra sono 7/8 giocatrici che giocano insieme da quasi 10 anni, si frequentano tre volte alla settimana più la partita, è diventata veramente come una famiglia. Non sempre le cose sono stupende, non sempre possono esserci solo abbracci e risate, ma è anche vero che viviamo la pallavolo a Stradella da tanto tempo, sempre insieme e abbiamo affrontato momenti stupendi come la promozione o come la vittoria di un derby o contro una squadra che non ci piaceva. Sono cose che uniscono e che danno gioia. Poi ci sono stati i momenti difficili, come
l’anno della retrocessione che è stato duro e faticoso mentalmente e fisicamente, la delusione è stata tanta». Chiara Fumagalli: «Io faccio la banda, ovvero lo schiacciatore laterale, sono il capitano della squadra e ho sempre giocato a Stradella quindi dalle giovanili fino alla prima squadra e questo è il ventitreesimo anno che faccio parte della Uisp. Ho iniziato un po’ tardi perché prima ho fatto qualche anno di basket. Mi sono innamorata ben presto di questo sport, per me è una seconda famiglia, ho coltivato amicizie che rimangono tuttora e non ho mai avuto necessità di spostarmi, nonostante quando avevo circa vent’anni avevo ricevuto qualche proposta da altre squadre. Ho fatto tutta la trafila e il grande salto in salto in serie C, agli inizi degli anni 2000, fino ad arrivare al gruppo con cui sto ormai da 10 anni. Diciamo che questo gruppo è quello che ritengo più importante di tutta la mia esperienza che ho fatto qui. Adesso siamo circa 13 ragazze: c’è gente un po’ di tutte le età, io ho 33 anni, poi ci sono le ragazzine più giovani. Un gruppo misto è e vario». Lo sport è impegno e sacrificio costante... «è un impegno che va rispettato bene, pretendo che tutte le mie compagne lo facciano bene. Porta a fare dei sacrifici, ma sono sempre stata felice di fare questo tipo di vita perché secondo me lo sport è sano e spero che in futuro Stradella abbia sempre tante ragazze che abbiano voglia di intraprendere la pallavolo. è logico che va fatto con sacrificio, perché è come se fosse un secondo lavoro non retribuito, ma da delle soddisfazioni immense, me le ha sempre date e continua a darmene». Momento più bello? «Non ho alcun dubbio: quando abbiamo vinto, con questo gruppo, il campionato di prima divisione quattro anni e siamo tornate in serie D. Ci hanno ricevuto in comune, ci hanno premiato, è stato un momento bello per noi, per tutta la società. L’ultimo punto fatto lo ricordo con emozione e commozione ancora adesso! Ricordo le facce, le urla, le prime persone che sono andata ad abbracciare. Sembra una stupidata ma tutto questo ti ripaga di mille sacrifici, di mille ore passate in palestra, di stringere i denti per qualche piccolo infortunio. è stato un traguardo raggiunto con le amiche di una vita, un’impresa indimenticabile, anche se siamo in una piccola realtà». Il momento più brutto? «è stato l’anno dopo: mi sono infortunata e sono stata costretta a rimanere fuori per molti mesi. Ho dovuto vivere gran parte della stagione da fuori». Il vostro punto di forza come squadra? «Tutti gli allenatori che arrivano a Stradella ci dicono che siamo un gruppo tosto, difficile da gestire, ma fantastico. Noi siamo così: siamo amiche anche al di fuori del campo, usciamo spesso insieme, sono
Chiara Fumagalli - Capitano
Giulia Fiamberti
Giulia Zerbin
Lara Riccardi
Marika Di Giacomo
Martina Maggi
Erika Mangiarotti
Debora Zambrino
come sorelle per me. Sembra una frase fatta, ma è così. Ed è la nostra forza: anche in partite difficili noi mettiamo in campo l’unione che ha sempre fatto la differenza. Invito i genitori a iscrivere le bimbe nelle “papere” perché si creano davvero dei rapporti che vanno oltre alla partita: le compagne diventano amiche che ti stanno vicino nei momenti importanti della vita». Giulia Zerbin: «Gioco da quando ho 6/7 anni, dall’epoca di minivolley. Una vita, una bella vita pallavolistica, che non cambierei con niente al mondo. Ho sempre giocato a Stradella, tranne 4/5 anni in cui ho giocato a San Genesio… poi sono tornata “a casa”. Il mio ruolo è il centrale. Avete presente quel ruolo bellissimo in cui si salta da destra a sinistra come un grillo?
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Ecco, io faccio quello, da sempre! A me piace parecchio…». Ricordo più bello? «Quello che raccontano tutte le altre della promozione io l’ho vissuto solo da esterna perché era il periodo in cui non giocavo qui… le ho naturalmente sempre seguite ma non facevo parte della squadra. Il momento più bello per me è stato il ritornare a giocare a Stradella. Mi sono fermata un anno per la gravidanza e quando la mia bimba aveva 6 mesi sono tornata ed è stato davvero bello, ho ritrovato le compagne e la squadra che avevo lasciato, una vera e propria famiglia. Avevo paura di tornare, perché non sapevo cosa avrei trovato, invece ho ritrovato la mia famiglia, le mie compagne non mi hanno mai fatto pesare
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“Le Papere”, le ragazze della squadra di pallavolo Uisp Stradella il fatto di essere andata via per un po’, anzi. Sono ritornata davvero a casa! Ero molto emozionata quel giorno ed è stato magnifico riprendere con loro. Momento brutto, a parte qualche piccolo stop, ne ricordo solo uno e cioè quando mi sono fatta male ad una spalla e sono stata operata. Sono rimasta fuori per un lungo periodo ed è stato un grosso shock per me. Far parte di questa squadra è veramente bello: sono persone su cui posso sempre contare, a cui posso affidarmi in qualsiasi momento. Siamo un gruppo eccezionale e sono orgogliosa di farne parte». Marika Di Giacomo: «Ho 23 anni, faccio palleggio e gioco a pallavolo da quando avevo 9 anni… e sono con le Papere dal 2007, ero molto piccina! Il momento più bello sicuramente quando abbiamo vinto il campionato, salendo in serie D. Non tanto per la promozione in sé, ma perché è stato il coronamento di un sogno e di tanti sacrifici». Esordio in serie C a soli 12 anni. Com è stato? «La prima partita che ho fatto avevo anche l’open day per scegliere la scuola superiore. Ma io sono andata a giocare e all’open day è andata mia madre…tanto per far capire qual è il mio rapporto con la pallavolo!». Momenti brutti? «Quando si è fatta male Lara, che per me è sempre stata una compagna storica e vederla stare male per l’infortunio mi ha fatto mancare un po’ la terra sotto i piedi. Poi ho avuto anch’io un infortunio alla caviglia e sembrava che dovessi smettere di giocare. Qualche anno fa sono andata in prestito in un’altra squadra: premetto che io sono una che socializza con tutti, ma l’ambiente che c’è qui a Stradella è davvero unico, non si trova da nessun’altra parte. Io ho un fratello più piccolo che ha giocato a basket per anni e poi ha smesso: io la noto tanto la differenza, rispetto a me che pratico sport da sempre… alla fine i ragazzi che fanno sport, soprattutto di squadra, sentono di appartenere ad un gruppo e sono meno propensi a fare stupidate. Si ha meno tempo libero, è vero… io è da quando ho 13 anni
che ho i sabati sera impegnati, ma non mi pento di nulla e rifarei tutto». Martina Maggi: «Io 27 anni, e gioco a pallavolo da quando ne ho 8. Ho sempre giocato a Stradella e da quando sono diventata grande, purtroppo solo anagraficamente e non fisicamente, gioco come libero... Avete presente quel ruolo frustrante che non ti permette mai di fare punto ma di essere solo presa a pallonate?! Ecco quello…». Cosa vuol dire essere parte di questa squadra? «Vuol dire avere una seconda famiglia… vuol dire finire di lavorare tardi alla sera stanca morta ma trovare la forza di andare in palestra perché ci sono loro…le tue compagne, le tue amiche… Vuol dire trovare sempre un motivo per stare insieme ancora un po’ dopo allenamento…Vuol dire insultarsi e scannarsi quando si è nervose e chiarirsi dopo pochi minuti ridendo e scherzando… Vuol dire essere certi di avere sempre qualcuno su cui contare, perché non siamo una squadra solo in palestra, siamo una Squadra, con la S maiuscola, anche fuori, e credo che sia proprio questa la nostra forza, quello che rende il nostro gruppo unico. Tutte queste cose ci hanno permesso di vincere il campionato qualche anno fa ed è sicuramente questo il ricordo più bello che tutte ci portiamo dentro: sono state emozioni e sensazioni che non si possono spiegare, sono momenti indimenticabili per qualsiasi sportivo, figurati per qualcuno che ha la fortuna di condividerle con quella che ritiene una seconda famiglia. La mia squadra è differente, non credo ci sia altro da aggiungere». Giulia Fiamberti: «Sono 16 anni che gioco a pallavolo e da 7 sono in questa squadra e il mio ruolo è l’opposto. Sicuramente il momento più bello ed emozionante è stato nel 2014 quando abbiamo vinto il campionato e siamo salite in serie D. Far parte di questa squadra significa avere una seconda casa. Il rapporto che lega noi giocatrici è davvero speciale. Per fare un esempio: da qualche anno ci troviamo il
pomeriggio del 24 Dicembre per stare insieme anche durante il Natale. Proprio l’altra sera stavo parlando con una mia compagna e mi sono soffermata sul fatto che grazie alla squadra i momenti di spensieratezza e risate sono davvero tanti e sono davvero felice di aver scelto la pallavolo come sport e passione, ma ancor di più sono felice di aver trovato questa squadra». Erika Mangiarotti: «Ho 24 anni e gioco a pallavolo da quando ho 10 anni! Ho iniziato in questa società e non ho mai cambiato. Il mio ruolo è quello di banda, o ricettore attaccante. Deve ricevere quando è in seconda linea e attaccare quando è in prima linea. I momenti più belli? Difficile sceglierne uno! Ho vissuto con loro talmente tanti momenti belli… Se devo sceglierne uno è quando abbiamo vinto il campionato di prima divisione e siamo state promosse in serie D! È stato un anno speciale! Non me lo scorderò mai, perché vincere è bello ma con la tua squadra , con le tue amiche , dove sei cresciuta è impagabile. Il momento più brutto è stato quello della retrocessione sempre dalla serie D. Fare parte di questa squadra significa far parte di una grande famiglia. È la famiglia che ho scelto, le mie compagne ormai sono diventate una parte di me. è incredibile, ma quando non c’è allenamento mi mancano, quando siamo in pausa dalle vacanze sento la loro mancanza. Andare in palestra non è mai un peso, anche dopo una giornata stressante. Non saremo magari le più forti, ma io non cambierei mai la mia squadra». Debora Zambrino: «Ho 27 anni ho sempre giocato a Stradella. In questa squadra gioco da 10 anni, ci sono state new entry, compagne che sono andate via e poi sono tornate, compagne storiche con cui gioco da quando eravamo piccole…come Martina, con la quale siamo praticamente cresciute insieme. Io faccio la palleggiatrice e ormai per via del lavoro mi alleno una volta alla settimana (due volte capita raramente). Il mio ruolo è ruolo difficile, di coordinazione e di massima concentrazio-
ne… devo gestire al meglio le alzate, controllare come stanno le compagne durante la partita, chi è più stanca e chi meno per avere l’attacco più incisivo… Le palleggiatrici sono le registe della partita!». Un ricordo... «Ho impresso nel mio cuore due momenti più belli di tutti questi anni: l’anno in cui abbiamo vinto il campionato di seconda divisione e sono stata chiamata per salire a giocare in serie C, avevo 16anni. L’altro momento che non potrò mai dimenticare è la vittoria del campionato di prima divisione che ci ha permesso di salire in serie D e questo è successo con la squadra con cui gioco tutt’ora». Qualcosa da dimenticare... «Invece il momento più brutto per me è stato quando lo storico allenatore delle papere di Stradella, che io reputo molto bravo, ha deciso di smettere di allenare. È stato un duro colpo per me perché è stato lui che mi ha aiutato a crescere, a credere in me stessa e poi è stato un allenatore molto esperto e competente e un allenatore così non l’ho più trovato... rimarrà il migliore per me. Giocare in questa squadra non significa solo giocare, ma condividere gioie, divertimento, nervosismi, arrabbiature, ansie, coraggio…un misto di emozioni indescrivibile. Non cambierei questa squadra che nessun’altra, quando entro in palestra è come entrare in casa..è diventata ormai una seconda famiglia». « Alleno qui solo da qualche mese… conoscevo le ragazze da avversarie e le stimavo molto. Adesso che le alleno è aumentata ancora di più la stima verso di loro! Sono toste e piacevoli da allenare». Commenta Bruno Callegari, coach delle “Papere”. « Sono dirigente da una ventina d’anni e cerco di seguire spesso le ragazze… specialmente nelle partite in casa ci sono sempre a vederle. Per me è un gruppo storico, perché sono cresciute qui e sono davvero una famiglia”. Conclude il dirigente Maurizio (Icio) Bellinzona. di Elisa Ajelli
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«Risultati notevoli, che non ci aspettavamo»
Circolo Tennis DLF Voghera
Enrico Erbi, 45 anni, è il Presidente Del Circolo Tennis DLF Voghera. Dalla nascita del Circolo, nel 2011, affianca la sua attività di Direzione avvalendosi della collaborazione del Maestro Nazionale e Direttore Tecnico Gino D’Angelo e del Maestro di 2^ livello Carlo Marone. Nella scuola SAT, operano le istruttrici di 1^ livello Alessandra Polese e Daniela Dindalini, che è anche in possesso di Qualifica Federale. Erbi, quando è nato il Circolo Tennis DLF Voghera, e a che pubblico si rivolge? «Il circolo Tennis DLF Voghera nasce nel 2011, e comprende un pubblico che va dai bambini agli adulti». Qual è la vostra base operativa? «La nostra sede è situata in Via Arcalini al civico 4. Abbiamo 3 campi in terra rossa e due campi coperti per allenarsi nel periodo invernale, da Settembre ad Aprile». Come sono divisi i corsi? «I corsi sono sostanzialmente divisi in 3 categorie: agonistica, preagonistica, scuola SAT ( a sua volta suddivisa in avviamento e
perfezionamento)». Chi sono gli allenatori? «Il Direttore Tecnico è il Maestro Nazionale Gino D’Angelo, già allenatore di giocatori e giocatrici di livello Nazionale e Internazionale; Martina Caregaro, convocata in Ted Cup e n.300 nel mondo, che si occupa dell’agonistica e della stesura dei programmi della Scuola SAT, coordinata dall’istruttore di 2^ livello Carlo Marone. Nella scuola SAT operano le istruttrici di 1^ livello Alessandra Polese e Daniela Dindalini, che oltre alla qualifica Federale è in possesso della Laurea in Scienze dell’Educazione». Come si sviluppa la lezione, sia a livello di contenuti che di frequenza? «Normalmente, la frequenza è monosettimanale o bisettimanale. All’inizio di ogni mese vengono stabiliti, per ogni lezione o periodo, degli obiettivi tecnici, tattili e motori che possono essere rivisti se gli istruttori si accorgono che il gruppo o il singolo incontra delle difficoltà nell’apprendimento o se, viceversa, la ricezione dei concetti avviene in maniera più rapida di quanto previsto». Quanto costa iniziare la disciplina? Sono previste prove gratuite? «Sì, è prevista una prova gratuita. Il costo del corso annuale monosettimanale (da Ottobre a Maggio) è pari a 400 euro. Per bambini e ragazzi, c’è la possibilità di organizzare corsi individuali o di gruppo». Il Tennis ha una percentuale di iscritti a prevalenza maschile o femminile? «Ha una maggioranza di iscritti maschili». è uno sport adatto anche ai bambini? Se Sì, qual è l’età migliore per iniziare? «A livello amatoriale, non c’è un’età precisa per avvicinarsi a questo sport, si può iniziare a qualsiasi età. A livello agoni-
stico, è meglio iniziare da bambini. L’età giusta si aggira fra i 4 e i 7 anni». Com’è il rapporto che si instaura tra maestro e allievi? «Alla base di ogni rapporto dev’esserci fiducia e comprensione reciproca. Sta agli insegnanti trovare il giusto metodo, considerata l’età generalmente molto giovane dei partecipanti ai corsi, personalizzando gli interventi, dove apprendimento e gioco si sovrappongono creando un mix stimolante per l’allievo».
«Storica la promozione in Serie C della Squadra femminile» Come vede proiettata in futuro questa disciplina, sia a livello locale che nazionale? «In Italia il Tennis è in costante crescita, sia come numero di praticanti che di società iscritte alla Federazione e ai vari enti di promozione del C.O.N.I. Un impulso decisivo è stato dato sicuramente dalla tv, che permette quotidianamente di seguire le partite dei vari tornei». Come vi siete qualificati negli ultimi campionati Regionali e Nazionali?
«Abbiamo raggiunto risultati notevoli, che non ci aspettavamo. Alessandra Polese, nostra istruttrice, ha raggiunto il Ranking Nazionale e una prestigiosa classifica di 2.5, trionfando in Tornei Nazionali in tutta Italia e cimentandosi anche in Tornei Internazionali. I più giovani, Nicolò Angeleri e Eeleonora Rescia, hanno migliorato sostanzialmente la loro classifica. Storica la promozione in Serie C della Squadra femminile; ottimo il comportamento anche per i Team Nazionali maschili, impegnati nelle varie manifestazioni Regionali». Chi, secondo lei, rappresenta un modello da seguire? «I modelli da seguire per ogni giocatore e giocatrice sono diversi. Sicuramente tra i più gettonati in campo maschile, Roger Federer e Rafael Nadal; in campo femminile le sorelle Williams, Simona Halep e Marija Sarapova». Avete rapporti con l’amministrazione comunale? «No, non abbiamo rapporti con il Comune perchè il Circolo Tennis DLF Voghera è un organo a sè». In che modo vi finanziate? «Con la A.S.D., le quote sociali e quelle relative all’affitto dei campi». Organizzate delle attività collaterali all’interno del Circolo? «Sì, organizziamo le competizioni in Primavera, periodo in cui l’Associazione iscrive i propri soci e crea delle squadre, giocando i Campionati. Inoltre abbiamo la possibilità di richiedere lezioni private e programmi di allenamento personalizzati, oltre alla fisioterapia e alla sala giochi gratuita con bar e vari attrezzi». di Federica Croce
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«Ero una ragazzina fragile e timida, il parapendio mi ha aiutata» A Montalto Pavese, precisamente al belvedere della Madonna del Vento – luogo posizionato a 380m di altitudine – un gruppo di donne (alcune originarie dell’Oltrepò Pavese) “volano” con addosso uno zaino “magico”... il loro obiettivo sicuramente è divertirsi ma, allo stesso tempo, vorrebbero spronare tutte quelle donne che, come loro, hanno voglia di dimostrare qualcosa e di realizzare i loro sogni. Lucia Tuoto è la fondatrice del team de “Le Donne del Volo”, gruppo di parapendio femminile che ha sede a Cà del Monte (Cecima) unitamente al Club di parapendio “Le Poiane d’Oltrepò”; quest’ultimo conta una settantina di soci, sotto la presidenza di Roberto Sturniolo. “Le Donne del Volo” come è nata l’idea? «L’idea nasce circa due anni fa, quando ho iniziato il corso di parapendio all’interno del club “Le Poiane d’Oltrepo” e ho riscontrato che c’era una forte presenza femminile, così ho pensato di valorizzare questa componente! Il parapendio è uno sport impegnativo, tendenzialmente maschile, che richiede dedizione, tempo e costanza; il corso dura circa un anno, è soggettivo, e occorre tanta pratica, soprattutto quando stai apprendendo. Per queste donne che sono madri, mogli e fidanzate è stato molto impegnativo... però ci sono riuscite! In Italia è una pratica ancora poco diffusa tra le donne, mentre per esempio in Francia ci sono tantissimi gruppi femminili. Così abbiamo creato il primo team femminile di parapendio italiano e ci teniamo a tramettere il messaggio che il parapendio è uno sport adatto anche alle
donne». Qual è l’obiettivo del vostro team? «Il nostro è un team nato da pochi mesi, ma è già molto affiatato... siamo dieci donne e non condividiamo solo i voli, ma ci troviamo anche al di fuori della scuola di volo. Posso dire che si è creato un bel rapporto di amicizia e un bel gruppo. Ognuna di noi ha ragioni intime e personali diverse, che ci hanno spinto a realizzare questo desiderio... il nostro obiettivo sicuramente è divertirci, ma vorremmo spronare tutte le donne a realizzare i propri sogni e ad essere determinate... se vuoi volare, vola! Questo è il senso del nostro gruppo.... se vuoi farlo, è possibile!». Lucia in particolare qual è il motivo che l’ha spinta a volare? «Da piccola ero una ragazzina fragile e timida; avevo poca autostima. Ad un certo punto della mia vita ho deciso di reagire: volevo entrare in aeronautica, ma sono stata scartata perchè risultata non idonea... in cuor mio però sapevo che prima o poi sarei riuscita a volare! Recentemente ho lasciato il mio lavoro a tempo indeterminato e mi sono “buttata”... in un certo senso il parapendio mi ha aiutata. Oggi sono una donna diversa: sono più sicura di me stessa e ogni momento libero dal lavoro e impegni, lo dedico alle mie passioni». L’età media delle donne del gruppo? «Abbiamo dai 15 ai 70 anni... un bel mix! Donne con età diverse, con esperienze diverse, ma con una grande passione in comune...il parapendio!». Lucia dietro a tutto questo, ovviamente ci dovrà essere una preparazione?
«Ovviamente. Per la preparazione esiste la scuola Explorer e l’istruttore è Graziano Maffi. Il percorso per imparare a volare deve essere graduale e fatto con costanza. Tuttavia, chi volesse provare prima o semplicemente vivere un’esperienza fine a se stessa, consiglio un volo in biposto, ovvero con un pilota in possesso di brevetto per portare un passeggero; si può anche inizia-
Sono in 10 e formano l’unico club italiano di parapendio al femminile re così!». Lucia voi volate in Oltrepò... quali sono le location migliori? «è difficile stabilire quale sia la location migliore, dipende tutto dall’intensità e dalla direzione del vento! Il belvedere di Montalto è sicuramente la location più suggestiva, tuttavia qui si fanno i “campetti”, mentre i voli alti si fanno a Ca’ del Monte e a Borgo Priolo, la scelta varia a seconda della direzione del vento. Tra l’altro, vorrei ricordare che a Ca’ del Monte l’anno scorso si è tenuto il primo Festival del volo, organizzato dal Club Le Poiane d’Oltrepò, al quale hanno partecipato più di mille persone».
Se altre donne volessero contattarvi per volare, a chi devono rivolgersi? «Chiunque fosse interessato a volare può contattare la scuola Explorer di Montalto Pavese o il Club “Le Poiane d’Oltrepò” che ha sede a Ca’ del Monte, nel Comune di Cecima, oppure ci possono anche trovare su Facebook». Il Club “Le Poiane d’Oltrepo” è composto da un Consiglio? «Certamente. Il consiglio composto da sette persone, di cui tre sono donne...». Avete anche realizzato un calendario giusto? «Esatto, essendo io fotografa e prima che nascesse il nostro team, abbiamo realizzato un calendario con le foto delle donne del Club “Le Poiane d’Oltrepò”, il cui ricavato della vendita è stato destinato ai terremotati del Comune di Visso (MC), Comune con il quale abbiamo anche creato un gemellaggio». Lucia quando si vola, cosa si prova? «È difficile da spiegare...è una sensazione troppo bella, impagabile! Bisogna provarlo... nel momento in cui ti stacchi da terra, non è un cadere, ma è come entrare a far parte del cielo. È un’emozione unica. Tutti dovrebbero provare almeno una volta nella vita. C’è la fiducia verso l’istruttore che ti accompagna o, nel caso in cui voli da sola, la fiducia verso te stessa (che non è poco). Occorre avere nervi saldi, essere concentrati e poi...è tutta una magia! È come avere un paio di ali nello zaino...». di Silvia Cipriano
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Pier Sangermani
«La vita comincia a 40 anni... di rally» Pavese DOC ma con l’Oltrepo nel cuore, un lembo di terra capace di fare da collante a quattro regioni quali la Liguria, il Piemonte, l’Emilia e la stessa Lombardia dove si allarga nelle aree collinari della provincia di Pavia. Così, é l’Oltrepò Pavese, luogo d’incanto e territorio dall’alto potenziale turistico ed economico, in cui “Pier” Sangermani ha deciso di mettere casa. Sceglie a Zavattarello una residenza di fine 800 in frazione Crociglia. Dopo Sci e Motocross praticati da giovanissimo, qui viene contagiato dalla passione per i rally, storicamente radicata nel territorio, una specialità che affronta da vero gentleman, da persona di animo nobile e modi signorili. Era il 1978. Sono trascorsi 40 anni. Oggi, alla soglia dei 60 anni, s’appresta a festeggiare 4 decenni di attività agonistica stilando un autorevole calendario per la stagione che va a cominciare in cui, oltre alla partecipazione a rally di Coppa Italia spiccano le partecipazioni a due prove del campionato mondiale rally: il Rally di Germania in programma dal 17 al 19 agosto ed il Rally di Spagna dal 26 al 28 ottobre, il tutto da affrontare al volante dell’ultima arrivata in casa “Pier Sangermani Motorsport Development”, la Mitsubishi Evo X. Insomma é proprio vero che: “la vita comincia a 40 anni….di rally”. Ma chi é Pierluigi “Pier” Sangermani? Figlio di insegnanti, classe 1958, dirigente nel settore petrolifero, sposato con Giuliana di Castana, ha tre figli: Stefano (gareggia nei rally ormai da una quindicina di anni), Francesca e Beatrice, quest’ultima intenzionata ad assolvere il ruolo di navigatrice. Come detto, a 15 anni Pier Sangermani si dedica con successo al motocross in sella ad un’Aspes. Se la cava bene anche con gli sci, tant’é che entra nella squadra lombarda di Discesa Libera. Proprio con gli sci, all’età di 17 anni si rende protagonista di un grave incidente ad Alagna Sesia costatogli due anni di inattività e di cure mediche. A 19 anni riceve in regalo una A112 Abarth 58 HP, monta il rolbar e l’anno dopo, seppure non ancora in perfette condizioni fisiche, debutta nei rally partecipando al Trofeo Golfo dei Poeti a La Spezia. Dodici prove speciali, di cui 4 su terra é il non facile teatro per la “prima”. Con alle note Michele Ferrara su di una vettura strettamente di serie é fortemente penalizzato sull’asfalto, ma recupera sulla terra in cui mostra molta sensibilità di guida, utile a sopperire la mancanza di potenza. Da lì inizia una lunga carriera che dura tutt’oggi dopo 40 anni in cui Pier Sangermani é passato al volante di parecchie vetture, dalla A112 Abarth del debutto, alla Fiat X1/9, alla Talbot Sumbeam con la quale vince il Campionato Italiano Gruppo N nel 1983, alla Fiat 127 Gruppo
A 19 anni riceve in regalo una A112 Abarth 58 HP, monta il rolbar e l’anno dopo debutta nei rally A, alla Fiat Uno 70 Gruppo A, preparata dal cognato Ildo Calvi a Castana, con la quale si aggiudica il Campionato Triveneto di categoria nel 1988, in cui riceve le congratulazioni dell’idolo di casa e grande favorito Aroldo Canal. Passa alla Peugeot 106, poi alla Ford Escort Cosworth, quindi alla Ford Escort Gruppo N con la quale é 3° assoluto al rally Valtellina in cui vince la classe. E’ poi la volta della Opel Kadett Gruppo A. Nel 2001 assiste orgoglioso al debutto rallystico del figlio Stefano che nel 2003 si aggiudica il Lombardia Cup al volante della Clio Gruppo N (buon sangue non mente). L’anno prima, nel 2002, Pier era salito sulla Subaru Impreza Gruppo N con la quale ha ottenuto un ottimo 6° posto assoluto al San Marino. Negli anni successivi passa al volante della Peugeot 206 Super 1.6 e della Fiat Punto Super 1600 ottenendo parecchi podi di classe. Nel 2008 entra in contatto con il team del campione austriaco Manfred Stohl che gli affida la neonata Subaru Impreza N14 da portare al debutto assoluto su asfalto al rally delle Valli Piacentine. La macchina é molto pesante, é la vettura usata per la fiche di omologazione, poco competitiva, nonostante ciò, Sangermani si destreggia bene prima di essere fermato prematuramente da un guasto meccanico. Lasciata la Subaru, nel 2014 sale sulla Mitsubishi Evo IX, partecipa a gare spot ed é quasi sempre sul podio di categoria. L’anno successivo, con alle note Maddalena Ricotti, partecipa per la prima volta ad un rally mondiale: l’ADAC Rallye Deutschland. Con la navigatrice di Bressana é autore di una buona gara, in parte però sciupata da un’energica “toccata” nella prova più lunga (oltre 50 km), che li costringe a rientrare in gara con la formula del Super Rally. Alla fine saranno ottavi di categoria. Nel 2016, navigato dal rivazzanese Fabio Berisonzi, sempre con la Mitsubishi Evo IX in livrea ATV – Grillandia, ripete l’esperienza teutonica chiusa con un 7° posto di categoria, anche qui attardato da una tutt’ora inspiegabile uscita di strada che ha costret-
Pierluigi Sangermani, ha tre figli: Stefano, Francesca e Beatrice
to l’assistenza a lavorare tutta la notte per consentigli di riprendere la gara il mattino successivo. Lo scorso hanno Sangermani ha disputato 6 gare sul territorio italiano segnando 3 successi ed un terzo posto di categoria e anche 2 ritiri. Oltre ai navigatori già citati nel testo, ad affiancare Pier Sangermani i questi 40 anni di attività si sono alternati: Enrico
“Pio” Cantoni, Fabrizio Soncin, Ennio Venturini, Davide Pisati, Paolo Lovati, Lorenzo Paganin, Maurizio Gazzaniga, Luigi Malaterra, Giancarlo Mieli e Tonino Marconi. di Piero Ventura
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Riccardo Canzian ci riprova
Lo scorso 15 ottobre il 35° Rally Due Valli ha chiuso la stagione 2017 del Trofeo “Top” Renault dedicato alla Clio R3T che ha visto il talento bronese Riccardo Canzian e la sua occasionale navigatrice Jasmine Manfredi, non risparmiarsi per conquistare il maggior numero di punti, imponendosi in entrambe le tappe e, pur senza riuscire a vincere il titolo assoluto del Trofeo, ha potuto però festeggiare il successo nel Girone B. Canzian, con alle note l’oltrepadano Matteo Nobili, oltre al Trofeo Renault é stato un grande protagonista del Campionato Italiano Rally in cui ha ottenuto il bronzo sia nella classifica riservata alle 2 Ruote Motrici che in quella, sempre 2 Ruote Motrici, ma per conduttori Junior. Quest’anno, Riccardo Canzian ci riprova, sarà ancora tra i protagonisti del campionato italiano Rally 2018. Il giovane talento di Broni ripeterà dunque il percorso della passata stagione, ovvero il campionato italiano due ruote motrici ed il trofeo Clio R3T. Impegni che il pilota oltrepadano affronterà
nuovamente al volante della Renault Clio R3 T by Gima Autosport. Al suo fianco però non vi sarà il co-driver di Casatisma, Matteo Nobili come nella passata stagione, ma il friulano Andrea Prizzon, con il quale inizierà l’avventura targata 2018 il 25 marzo sulle strade della Garfagnana in occasione del 41° Rally del Ciocco per poi proseguire il 15 aprile con il 65° Rally di Sanremo, quindi il 6 maggio con la 102esima edizione della Targa Florio. Il Campionato tricolore proseguirà il 27 maggio al rally dell’Isola d’Elba, il 22 luglio con Roma Capitale, il 23 settembre con il 25° Rally dell’Adriatico, per chiudersi il 14 ottobre con il 36° Rally due Valli. Canzian s’appresta quindi ad affrontare una nuova avventura di vertice. Tutto questo anche grazie a Renault e Gima Autosport che vedono nel pilota di Broni un elemento di indubbio talento. Approdato al mondo rallystico nel 2013, appena uscito da un corso promosso dalla Scuderia Piloti Oltrepò, Canzian ha debut-
Il pilota di Broni nuovamente al via nel Campionato Italiano Rally
tato al Castelletto Rally Days con una piccola Peugeot 106 imponendosi nella classe d’appartenenza. Da lì in poi, supportato con discrezione dal papà Alberto, per Riccardo c’é stata una escalation di ottime prestazioni accompagnate da altrettanti risultati. di Piero Ventura
Riccardo Canzian con il padre Alberto
Giacomo Scattolon nel C.I.R. Ha chiuso la stagione 2017 nello scorso mese di dicembre il vogherese Giacomo Scattolon, mancando per un “amen” il successo alla diciannovesima edizione del Prealpi Master Show, valido per Challenge Raceday Rally Terra, (un fondo, oltretutto, a lui non del tutto congeniale). è stata una gara che ha registrato un grande riscontro, sia per l’alto numero dei partenti (ben 152), sia per i tanti tifosi che l’hanno seguita già dalla fase iniziale di sabato. A Giacomo Scattolon, con Paolo Zanini alle note sulla Skoda Fabia R5, quindi, non é bastato vincere due delle quattro prove in programma (la terza e quarta), per avere ragione dell’idolo locale Trentin, che pur imponendosi in una soltanto, ha mantenuto 2”3 sui vogheresi. Sarebbe stato molto bello per i portacolori del Road Runner Team finire la stagione sul gradino più alto del podio, uno stimolo in più a far bene in questo 2018 che li vedrà impegnati, sempre con la Skoda, nel Campionato Italiano Rally. Giacomo Scattolon ha debuttato nei Rally al Valli Imperiesi nel 2010 con la Twingo R2B con la quale ha successivamente disputato i rally Giarolo e Torriglia. Nel 2011 ha disputato il Trofeo Renault Twingo, terminato 2° assoluto e 1° tra gli under 25. Nel 2012, con Silvia Gallotti alle note, ha disputato il campionato International Rally Cup (IRC) sempre con la stessa vettura ottenendo il 2° assoluto ed il 1° tra gli Under. L’anno successivo, partecipa ancora al campionato IRC dove vince il Trofeo Renault Twingo , inoltre, prende confidenza con il Campio-
Giacomo Scattolon, portacolori della Road Runner Team nato Rally partecipando a tre prove: Rally del Ciocco, rally Mille Miglia e Rally di Sanremo. Un approccio dimostratosi utile, infatti, nel 2014 al volante della Peugeot 208 R2B si impone nel Campionato Italiano Rally Junior e nella Coppa CSAI R2. Negli anni a seguire Scattolon ottiene altri buoni risultati disputando anche gare
all’estero al volante di differenti tipologie di vetture: Il ritorno di Scattolon nel CIR, accende l’attrattiva degli appassionati pavesi i quali potranno seguire la serie tricolore 2018 con un interesse maggiore. di Piero Ventura
Il pilota vogherese, al Campionato Italiano Rally con la Skoda Fabia R5
MOTORI
il Periodico News
FEBBRAIO 2018
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Anche Davide Nicelli al C.I.R.st
Come si apprende da un comunicato pubblicato nel profilo del pilota su Facebook, nella stagione agonistica 2018, Davide Nicelli sarà al via del Trofeo Renault Clio R3T e del Trofeo 2WD facenti parte delle sei gare su asfalto del Campionato Italiano Rally al volante della Renault Clio R3T allestita dal team Gima, mentre a leggergli le note sarà Riccardo Imerito. Nicelli, 24enne stradellino, proveniente dalla pista e precisamente dalle ruote scoperte, va quindi ad alimentare la presenza dei piloti oltrepadani nel campionato tricolore. Giunto alla specialità rallystica nel 2017 ha guidato in campo rallystico, olte alla Clio R3T anche: Peugeot 208 R2, Hyundai j20 R5 e la nuova Fiat 124 Abarth RGT. di Piero Ventura
Davide Nicelli, stradellino, classe 1994
Davide Nicelli sarà al via del Trofeo Renault Clio R3T e del Trofeo 2WD al volante della Renault Clio R3T
Scuderia Piloti Oltrepò in festast Si é tenuto presso la Corte Montini di Santa Giuletta il tradizionale convivio di inizio stagione per gli affiliati alla Scuderia Piloti Oltrepò (SPO). Una serata in cui il compito di fare gli onori di casa é stato assolto dal presidente Giuseppe Fiori, dal 2012 al timone del sodalizio vogherese il quale, oltre ai ringraziamenti di rito, ha svelato, un poco a sorpresa, parecchie novità per l’anno in corso che vedranno la scuderia oltrepadana in vesti di organizzatrice, grazie anche al supporto che verrà fornito dall’automobile Club Pavia. Infatti, la SPO in data 9 giugno, proporrà a Stradella il Rally Valleversa, gara in conformazione Rally Day per vetture moderne, alla quale, con molta probabilità, verranno ammesse in coda anche vetture storiche. Infatti, su quest’ultima possibilità, gli organizzatori stanno lavorando per avere dalla Federazione una deroga in merito, in quanto, attualmente non prevista dalle regole che governano questa tipologia di manifestazione. Interessante anche l’intervento successivo del presidente di Aci Pavia, Marino Scabini, ospite della serata, nel corso del quale ha sottolineato il rinnovato impegno Aci nel settore sportivo anche per il 2018. Impegno che prenderà avvio con il Motor Rally Show Pavia in programma il 10 marzo e 11 marzo al moto-autodromo di Castelletto di Branduzzo e proseguirà con l’edizione 2018 del Rally 4 Regioni Historic Classic in programma dal 9 al 12 maggio. Come lo scorso anno, la gara storica sarà in grado di soddisfare un ampio panorama di appassionati. Il 4 Regioni, promosso appunto da Aci Pavia in collaborazione con la “YL” a cui fa capo l’ex campione continentale rally Yves Loubet, rispecchierà a grandi linee l’edizione dello scorso anno, con i partecipanti alla versione più impegnativa basata su 3 giornate più prologo a
fare da fulcro principale della gara, ai quali, nell’ultima tappa saranno accodati i protagonisti del TRZ e della Regolarità Sport, come già avvenuto nella passata edizione. Scabini ha poi confermato il rinnovato impegno estivo al fianco di Beniamino Lo Presti, promotore del Milano Rally Show. Altra novità nel panorama motoristico pavese é la decisione di Filippo Musti che ha annunciato di lasciare definitivamente le corse, nelle quali era rientrato nelle ultime stagioni, per dedicarsi unicamente alla gestione della Ova Corse, impegnata nei Rally storici. Al momento la Ova, si applicherà su tre Porsche 911 che verranno portate in gara da Matteo Musti, Beniamino Lo Presti e Alessandro Ghezzi. Nel corso del convivio, i vertici della scuderia, hanno poi consegnato simpatici riconoscimenti a tutti piloti i quali durante la passata stagione agonistica ne hanno tenuto alto i colori, da Filippo Musti ad Alessandro Ghezzi, da Beniamino Lo Presti a Paolo Rocchi
Il 9 Giugno a Stradella andrà in scena il Rally Valleversa passando per Claudio Persani, Roberto Scarabelli, Giorgio Verri, Gabriele Arena, Nicola Frassone fino alla piccola Lucrezia Musti, giovanissima kartista, figlia di Matteo, purtroppo assente come la sorella Claudia e Massimo Brega. Numerosi anche i navigatori di cui ricordiamo: Camilla
Filippo Musti, Giuseppe Fiori, Marino Scabini e la piccola Lucrezia Musti
Sgorbati, Martina Rampuzzi, Cassandra Cigagna, Morena Cocco, Claudio Biglieri, Fabio Albertazzi, Matteo Nobili, Marco Verri, Agostino Benenti, Roberto Campedelli, Ferruccio De Macceis, Massimo Calatroni, Lorenzo Paganin, Federico Maga e Giuseppe Fiori. di Piero Ventura
RETTIFICA
Dare a Cesare quel che è di Cesare “Reddite quae sunt Caesaris Caesari” ovvero, dare a Cesare quel che è di Cesare, agire con equità e giustizia, riconoscere a ciascuno i meriti che ha effettivamente. Noi in questo caso diciamo: dare a Massimo quel che é di Massimo. Infatti, su “il Periodico” di gennaio, nel testo dell’articolo: “2017 un anno a 4 ruote tra gioie e dolori”, abbiamo erroneamente attribuito a Rancati-Ercolani la vittoria nella regolarità sport dell’edizione 2017 del Rally 4 Regioni. In effetti, i veri e unici titolari del successo finale sono Massimo Politi e Silvia Scabini a bordo della Mini Cooper i quali hanno agguantato il gradino più alto del podio al termine dell’ultima prova cronometrata in programma, il terzo passaggio sulla Oramala, in cui hanno compiuto il sorpasso decisivo che ha permesso loro di iscrivere il proprio nome nell’albo d’oro della manifestazione. Gli oltrepadani Politi-Scabini hanno superato nell’ordine: Celadin-Bono su Lancia Fulvia Montecarlo e GemmeBisio su Alfa Romeo GTV. di Piero Ventura
FANTAPERIODICO
il Periodico News
FEBBRAIO 2018
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La Tia Fc sulla vetta fa spazio alla bandiera dei Viking Broni Team Un gennaio shock per il nostro fantaperiodico! Il gelo aumenta, ma le distanze si dimezzano, addirittura in alcuni casi spariscono. Il Viking Broni Team di Niccolò Milanesi grazie ai bomber Amaro e Pellegrini riesce a raggiungere Mattia Tondo, fantallenatore della Tia Fc che paga la flessione in campionato della Portalberese. Sono in due a contendersi il primo posto, ma i giochi sono ancora aperti e la top ten non è mai stata così avvincente. Poco più di 50 punti separano il decimo posto dalla vetta, da ricordare i Parpajon di Valerio Travini e i Fantaforanza di Chiara Caniatti che con un buon punteggio si consolidano rispettivamente al secondo e al terzo posto. Anche il resto della classifica da spettacolo, grandi numeri per: Officina Zambianchi di Jonata Zambianchi, sale dal 38° posto al 15°; Dream Team2 di Serena Bazzoni che passa dal 46° posizione alla 16; grande balzo per Simone Domenichetti dei Domenik che risale 32 posizioni e si stabilisce al “civico” 17 della classifica. Il vero ribaltone lo fa Hellas Torrazza di Stefano Pugliamo che con i suoi 267 punti viene proiettato nella top 20 e rientra in gioco per il rush finale. Grandi delusioni al gioco, grandi soddisfazioni in amore così auspichiamo a Mattia Carbonini della Carbo’ Team che comunque rimane aggrappato alla top 20, leva purtroppo le tende la Deco United 89 di Marco Decontardi, ma non disperate tutto è ancora possibile e ogni squadra ha ancora tutte le chance e le carte in regola per la tanto agognata vittoria finale. In bocca al lupo, per essere fini… e non tirar in ballo la balena! La nostra top 20 di Gennaio