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ECOMAFIE 2010 Nel Lazio cresce l’allarme per i reati ambientali
Legambiente ha presentato il “Rapporto 2010 (riferito al 2009)” in cui il dato più eclatante riguarda la Regione Lazio che ha conquistato il secondo posto nella classifica dei reati contro l’ambiente (nel 2008 era in quinta posizione). Quasi 3.500 le infrazioni accertate. In VII pagina
Il libro del mese
Cuore di Cactus
La nostra recensione è dedicata al libro di Antonio Calabrò, “Cuore di cactus”, un vero e proprio viaggio nelle vicende che tra Palermo e Milano hanno caratterizzato la sua vita di giornalista, scrittore e manager. Un libro che ci fa guardare alcune vicende italiane sotto una luce nuova.
In VII pagina
L’Italia e la News da mafiosità Mafiopoli
In VII pagina
In ultima pagina
il Segno
il Segno
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suppl.to al n. 7-8 - Luglio-Agosto 2010 de “il Segno”
Contro il clan Casamonica la Provincia è parte civile
In V pagina
Zoomafie, smascherati i reati contro gli animali
In VI pagina
Chiude lo sportello antiusura dei Castelli?
In VI pagina
Ritratti d’autore
CARLO ALBERTO DALLA CHIESA
In II e III pagina
Vita e morte del “Prefetto dei cento giorni” Ritratti d’autore,
DALLA CHIESA
di Ettore Zanca Oggi il sole scalda la pelle. Mi piace. Allora avverto forte la nostalgia di Palermo e cerco il cielo con la tonalità giusta, del tutto simile al blu della mia infanzia. Tuffarsi nel passato con questo caldo è refrigerante. Mai indulgere ai ricordi col maltempo. La pioggia stinge l’ottimismo e ci trasforma in aspiranti Baudelaire. Mai raccontare un fatto di cronaca con coinvolgimento personale, specie se è difficile spiegare cosa potrebbe collegarmi a Carlo Alberto Dalla Chiesa. Nulla che sia comprovabile oggettivamente. Di sicuro. La cronaca racconta di una vittima sacrificale. Anzi tre. L’altare scelto per immolarli fu una via di Palermo, mai stata così famosa come da allora. Incastrata tra il Teatro Politeama e Via Libertà. Via Isidoro Carini. Molti palermitani seppero i dati anagrafici di quella strada in quel 3 settembre 1982 e per sempre associarono il Prefetto dei cento giorni a Palermo con quella data e quella via. Una cantilena ripetitiva. TresettembreottantadueviaCariniDallaChiesa.
IL PRIMO RICORDO DI MAFIA
Io ero tra quelli. Uccidere il generale Dalla Chiesa fu la prova che la Mafia sapeva colpire preventivamente. Praticamente le cosche spararono a un leone addormentato, per paura del suo risveglio e delle sue azioni post-letargo. In questo caso la prevenzione fu agevolata. Dalla Chiesa chiedeva da tempo poteri che il go-
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verno tardava a concedere. Nel frattempo i migliori killer venivano precettati per l’azione. Quell’uomo non poteva e doveva nuocere come nella lotta al terrorismo. La leggenda narra di un discorso ai Cantieri Navali. Il Generale parlò di legalità e senso dello Stato. Un operaio gli chiese: “Eccellenza, ma vuole fare la rivoluzione?“, “No, voglio far funzionare lo Stato a Palermo“. “E questa secondo lei non è rivoluzione?“. Urgeva un’azione esemplare, anche a costo di violare la regola sacra di non toccare le donne, anche a costo di uccidere la numerosissima scorta, composta da un uomo solo, che viaggiava nell’altra macchina. Domenico Russo. Io ricordo. La mia memoria storica scivola come una essenza nel fiume della mia vita. Il primo omicidio di Mafia che ricordo nitidamente con immagini familiari. Rivedo mio padre tornare a casa di corsa, furibondo. Nel viso l’espressione di chi aveva
“Il primo omicidio di mafia che ricordo nitidamente con immagini familiari. Rivedo mio padre tornare a casa di corsa, furibondo. Nel viso l’espressione di chi aveva subito una mutilazione fresca della propria speranza di legalità” subito una mutilazione fresca della propria speranza di legalità. Amareggiato, aveva sprecato la sua rabbia perché non trovava la casa degli amici da cui doveva andare a cena, adesso la rivoleva tutta per riversarla su quella strada insanguinata. Era iracondo. Mio padre non si arrabbiava mai, al massimo ironizzava disilluso e con citazioni colte da professore quale era.
UN INCONTRO E UN RICORDO
Cos’è una leggenda? Un bellissimo fiore acquatico che viene a galla raramente e
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per poco, non fai in tempo a fotografarlo che subito scompare. Puoi solo raccontarlo, sperando che ti credano. Qualche anno dopo frequentavo il liceo classico “Meli” di Palermo. Avevo come dirimpettai di corridoio molti figli di magistrati, Grasso, Guarnotta, Borsellino. Mi ero guadagnato un soprannome che era un tatuaggio: il nipote del preside. Una etichetta che creava problemi, più che con i miei compagni, con mio zio che per non dare adito a favoritismi mi trattava peggio degli altri. Adesso lo ringrazio, prima un po’ meno. La mia timidezza e il mio amore per greco e storia dell’arte,
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II
3 settembre 1982, l’attentato a Carlo Alberto Dalla Chiesa
Ritratti d’autore,
DALLA CHIESA rendeva completo il ritratto del perfetto imbranato. In una estate persa nel tempo ero a Roma con mio padre e mia madre. Quel giorno a pranzo in un ristorante vicino al Pantheon magnificavo a mia madre che non era venuta con noi, le bellezze dei Musei Vaticani, percorsi tutti d’un fiato con mio padre stremato dietro di me. Raccontavo l’avidità con cui avevo divorato il patrimonio artistico. Guardo a quel momento come si guarda un ritratto a olio e china di un raro momento di serenità e unità familiare. Si alzò un uomo dal tavolo vicino. Aria da nobiluomo, modi e posture idem: “Permettete? Siciliani?”. “Palermitani!”- rispondiamo noi, non specificando ma puntualizzando, in una protervia dei confini propria ai baschi e ai siciliani, mai regionalizzare con noi. “Volevo complimentarmi con voi, ho involontariamente ascoltato i vostri discorsi avete un figlio che mi ha ridato fiducia nella vostra terra, mi ero ripromesso di non parlare mai più con un siciliano, mi avete portato via delle persone care. Oggi faccio pace volentieri con voi. Complimenti. Permettete? Setti-Carraro“.
CRONACA... NON LEGGENDA
Segue baciamano discreto a mia madre. Setti-Carraro, come Emanuela, moglie del Generale Dalla Chiesa. Ricordo i miei in estasi, in particolare mio padre felice come un bimbo davanti al giocattolo a lungo ambito. I sentimenti estremi in lui erano sempre più rari, li diluiva frequentemente nella malinconia, che pian piano lo avrebbe portato via e che gli rendeva gli occhi sempre più liquidi e tristi. Io a volte sono assalito dai dubbi, che quell’uomo fosse un mitomane o un millantatore, oppure che tutto questo non fosse successo come lo ricordo io. A prescindere, ci restituiva una dignità che ci meritavamo, noi che vivevamo in quella terra martoriata eravamo i primi a volerla amata dal prossimo come da noi stessi. In ogni caso è una leggenda, che personalizza fino all’estremo un fatto di cronaca che più di altri mi ricordo. Mai farsi coinvolgere personalmente da quello che si scrive. Mettere sempre una barriera emotiva. Attenersi ai fatti. Mai piazzare un campanello proprio vicino al posto dove dormono alcuni ricordi. Prima o poi qualcuno lo suonerà e tutto si risveglierà. Cronaca e foto di famiglia in un ristorante. TresettembreottantadueviaCariniDallaChiesa.
Una breve biografia
Dalla lotta al terrorismo rosso alla “scoperta” della Mafia Il generale dei Carabinieri, Carlo Alberto Dalla Chiesa, è stato Prefetto di Palermo nel 1982, nominato dall’allora Ministro degli Interni Virginio Rognoni. Era già stato nel capoluogo negli anni 66-73, al comando della legione Carabinieri e tra i primi aveva lanciato l’allarme sui cambi di equilibri che si stavano delineando all’interno della Mafia. Credeva nella profonda collaborazione tra le forze dell’ordine. Proprio grazie all’aiuto di Boris Giuliano, investigatore della Polizia poi ucciso dalla Mafia, indagherà sulla scomparsa di Mauro De Mauro, giornalista de “L’Ora”. Utilizzò infiltrati per penetrare nelle maglie delle cosche mafiose, tanto da riuscire a compilare un dossier dei 114, un memoriale in cui si tracciavano i nuovi equilibri di Cosa Nostra. Negli anni successivi si distingue nella lotta al terrorismo, come comandante della regione militare del nord-ovest, nell’arco di tutti gli anni
ANNOTAZIONI PER COMPRENDERE L’OMICIDIO DEL GEN. DALLA CHIESA
Le istituzioni furono fischiate ai funerali, fu l’inizio dell’insofferenza dei palermitani onesti, sfociata anche in atteggiamenti ben più bellicosi con il crescere esponenziale delle morti di chi contrastava la Mafia e restava solo. Il giorno dopo sul luogo dell’omicidio un cartello anonimo recava la scritta “qui è morta la speranza dei palermitani onesti”. Durante i funerali il Cardinale di Palermo Salvatore Pappalardo pronunziò una omelia imbarazzante per i politici intervenuti, parafrasando un passo di Tito Livio disse: “Mentre a Roma si pensa sul da fare, la città di Sagunto viene espugnata dai nemici [..] e questa volta non è Sagunto ma Pa-
il Segno
lermo“. L’omicidio venne compiuto in maniera nuova rispetto ai codici criminali, fu uccisa una donna, vennero utilizzate le mitragliette russe Kalashnikov, a conferma di predilezione di quest’arma per le guerre di Mafia che imperavano. Immediatamente dopo l’omicidio, sparirono dei documenti importanti dalla residenza del Generale. Pratica ripetuta altre volte, in altri omicidi, con successo, Giuseppe Ayala nel suo libro “Chi ha paura muore ogni giorno” parla di “una agenzia funebre parallela, che agisce, facendo sparire tutto mentre di fatto si compie l’assassinio”. È medaglia d’oro al valor civile.
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70 compie vari arresti e di fatto infligge duri colpi alle Br, ma sono anni in cui perde la prima moglie per un infarto. Il suo dolore lo porterà ancora di più a buttarsi solo sul lavoro. Nel Il Gen. Dalla Chiesa e la moglie 1982 è nomiEmanuela Setti-Carraro nato Vice Comandante Generale buoni rapporti con le dell’arma. Grado mas- forze dell’ordine gli simo per i Carabinieri. fanno comunque avanParte per Palermo, nella zare alcune indagini. In speranza di riuscire a particolare quelle condare uno scossone alla dotte con la Guardia di lotta alla Mafia, come Finanza, sui proventi e i Prefetto. Denuncerà su- traffici illeciti. Ma anche bito la mancanza di sui legami politici. Inevimezzi e di uomini nel suo tabile che la pericolosità lavoro, oltre che di poteri del simbolo e dell’uomo (ironizzerà amaramente crei timori nella criminadi essere venuto a Pa- lità. Ma non solo. Il 3 setlermo con i poteri del Pre- tembre del 1982 alle fetto di Forlì). 21:15, un commando ucTuttavia pur in carenza di cise il Generale, La sesupporto istituzionale conda moglie Emanuela compie arresti impor- Setti-Carraro di soli 32 tanti, tra cui dieci boss anni, l’agente di scorta corleonesi e aggiorna la Domenico Russo. Manmappa mafiosa con il danti furono i vertici di rapporto dei 162. I suoi Cosa Nostra.
IV
di Andrea Sebastianelli “Lavanderia del mattone”. Con questa dicitura viene indicato il Lazio quale regione scelta dalle mafie per riciclare, attraverso il cosiddetto ciclo del cemento, i proventi derivanti da attività illecite. Nel mirino criminale finoscono così grandi opere, parcheggi, supermercati e strutture alberghiere con il compito di rimettere in circolazione i soldi sporchi. Una vera e propria specializzazione per la nostra regione che sempre più spesso appare come meta prediletta soprattutto da ‘Ndrangheta e Camorra che trovano nella criminalità locale un terreno fertile su cui piantare nuove alleanze criminali. A dirlo è il Rapporto Legambiente 2010 (riferito ai dati del 2009) che si sofferma sui diversi illeciti ambientali nei quali il Lazio è secondo solo alla Campania con 3.469 infrazioni accertate contro le 4.874 della Campania, le 2.898 della Calabria e le 2.520 della Sicilia. Nel rapporto precedente il Lazio era al quinto posto e, a distanza di un anno, è arrivato a toccare la vetta. Ed è proprio questo il primo aspetto che salta agli occhi leggendo lo studio sulle ecomafie italiane. In più la città di Roma conquista il primo posto assoluto nella classifica nazionale. Dati allarmanti su cui soprattutto la politica regionale dovrebbe cominciare ad interrogarsi sulle cose da fare per arginare il fenomeno. Il cemento, come detto, rappresenta il settore più ambito
R E T E
La lobby criminale del cemento fa conquistare al Lazio il 2° posto
Il Rapporto di Legambiente sulle ecomafie descrive una regione diventata la “lavanderia del mattone” per riciclare denaro sporco. In aumento anche i reati faunistici e ambientali scoperti dalla Polizia Provinciale.
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dalla criminalità organizzata che mira principalmente a infiltrarsi nelle amministrazioni comunali per ottenere varianti ai Piani Regolatori esistenti con lo scopo di rendere edificabili terreni che in precedenza non lo erano. Infiltrazioni dietro le quali spesso si nascondono ricatti e tangenti che creano un patto di ferro tra politica, imprenditori e lobby criminali. Un patto che non può più essere sciolto a meno di subire ritorsioni, minacce e attentati. Una situazione questa che penalizza
anche l’imprenditoria locale (a volte ditte a conduzione familiare o semplici artigiani) che, spesso, trovandosi in difficoltà economiche accetta di cooperare con società di dubbia provenienza per poi trovarsi, a distanza di poco tempo, ad essere estromesse definitivamente dalla rete degli appalti con un grave danno sia per l’economia sana sia per l’occupazione regolare. Nel 2009 i casi più eclatanti sono stati il sequestro a Sabaudia (Lt) di 285 villini e a
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Pomezia (Rm) di 421 unità immobiliari; lo scandalo legato ai mondiali di nuoto di Roma che ha portato a scrivere sul registro degli indagati ben 33 persone; lo scandalo a Rieti per i lavori di adeguamento della Via Salaria. Ma si potrebbe continuare all’infinito. Un lungo elenco che dimostra come ormai siamo di fronte ad una vera emergenza che può essere combattuta soltanto attraverso un controllo efficace degli appalti pubblici. Nessun luogo della Regione può considersi immune
V
i giornalisti antimafie hanno scritto...
CONTRO I CASAMONICA LA PROVINCIA DI ROMA SI COSTITUISCE PARTE CIVILE
di Fabio Di Chio* La Provincia di Roma contro il clan dei Casamonica. Si è costituita parte civile nella prima udienza del processo cominciato l’altro ieri (12 luglio 2010, n.d.d.) contro Consiglio Di Guglielmi, 58 anni - detto l’“ottavo re di Roma” - Raffaele Casamonica e la moglie Loredana Licheri, entrambi di 50, arrestati a febbraio dai Carabinieri di Frascati. Per vent’anni i tre hanno preteso soldi a tassi usurai da un povero imprenditore edile di Ciampino: ha chiesto poche migliaia di euro e ne ha versati oltre 400 mila. Un incubo che agli aguzzini ha fruttato un patrimonio. E infatti, a febbraio, insieme con le manette ai tre sono scattati pure i sequestri: una villa a Ciampino, 36 unità immobiliari, due appartamenti e cinque terreni a Roma, una villa con terreno a Zagarolo, altri fondi con scheletro in cemento armato a Bracciano, un fabbricato a Castel Sant’Elia (Viterbo), cinque autovetture di lusso, conti correnti bancari e postali.
Il caso dell’imprenditore finì all’attenzione dello Sportello intercomunale antiusura di Frascati, consorzio tra Caritas, trenta Comuni dell’hinterland e la Provincia. E ora che l’inchiesta si è chiusa e si è aperto il processo ai Casamonica, la Provincia di Roma ha chiesto al giudice di accogliere la richiesta per la costituzione di parte civile. “E’ la seconda volta che accade - spiega l’assessore provinciale alla Tutela dei consumatori e lotta all’usura, Serena Visentin - la prima è stata ad Anzio, in un altro procedimento in cui la vittima è un commerciante. Roma è la prima Provincia in Italia ad essere scesa in campo contro l’usura con questi mezzi, con questa determinazione. Il fenomeno è assai diffuso. Lo sportello aiuta economicamente chi è vittima degli aguzzini. Ma fa anche prevenzione -sottolinea l’Assessore intervenendo prima che la situazione degeneri, aiutando le persone a superare il momento di difficoltà, evitando che ricorrano all’usuraio”. Durante il processo le posizioni dei
La sede della Provincia di Roma
tre si sono diversificate. Gli avvocati difensori hanno avanzato richieste differenti che in prospettiva equivalgono a pene diverse, con o senza sconti. Infatti, i legali di Raffaele Casamonica e la moglie Loredana Licheri hanno avanzato richiesta per il rito abbreviato (un terzo della pena in meno). Mentre i difensori di Consiglio Di Guglielmi, l’“ottavo re di Roma”, preferiscono la strada del processo ordinario. * apparso sul quotidiano “Il Tempo” (cronaca di Roma) del 14 luglio 2010 a pag. 37
Il Lazio conquista il 2° posto Rapporto Ecomafie 2010 dal fenomeno. Molto interessanti sono anche i dati relativi alle cinque province laziali. Roma e provincia, da sole, hanno raggiunto il 7,6% delle infrazioni riscontrate sul totale dell’Italia (2.163), seguite da Latina (con 680), Rieti (261), Frosinone (216) e Viterbo (149), per un totale appunto di 3.469 (cioè un balzo in avanti di 1.383 infrazioni accertate in più rispetto al 2008). C’è da dire che il Lazio (Roma e Provincia in particolare) è stato caratterizzato anche da un forte aumento dei controlli messi in campo dalla Polizia Provinciale oltre a quelli soliti di Carabinieri, Polizia, Forestale e Finanza. Reati am-
bientali commessi soprattutto nel settore faunistico con 1.411 infrazioni. Tutte insieme le province laziali raggiungono la ragguardevole cifra del 12,1% delle illegalità ambientali commesse in Italia. Una bella fetta di illegalità dietro la quale si nascondono ottimi affari per le attività criminali che da questa traggono i loro proventi. Un altro settore in cui la Capitale primeggia è quello dell’Archeomafia, con i furti di opere e oggetti d’arte che hanno toccato quota 227 (nel 2008 erano stati 158), cioè il 20,8% sul totale dei furti commessi sull’intero territorio nazionale. Il dato positivo che può in
REATI AMBIENTALI PROVINCE DEL LAZIO Provincia ROMA
LATINA RIETI
FROSINONE VITERBO Totali
2.163 680 261 216 149
3.469
parte tranquillizzare i cittadini laziali è il ruolo svolto dalle forze dell’ordine che, malgrado le difficoltà dovute alla carenza degli organici e ai tagli ricorrenti
Percentuale sul tot. naz. 7,6% 2,4%
Posizione in classifica naz. 1° 8°
0,9%
34°
0,5%
59°
0,8% 12,1%
A N T I M A F I E
40° /
dei loro bilanci di anno in anno, riescono comunque a garantire un adeguato ed efficiente controllo del territorio. Andrea Sebastianelli
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il Segno
Infrazioni accertate
R E T E
“Zoomafia 2010”, la LAV scoperchia gli interessi criminali
di Daniela Di Rosa Un giro d’affari stimato dalla LAV (Lega Anti Vivisezione) in circa 3 miliardi di euro: questa la cifra che emerge dal “Rapporto Zoomafia 2010”, che analizza lo sfruttamento illegale di animali ad opera della criminalità organizzata nel 2009. Lo scorso anno abbiamo assistito a un calo degli interventi di contrasto contro le corse clandestine di cavalli e le infiltrazioni criminali nel settore dell’ippica, anche se si tratta di campi in cui la criminalità organizzata sembra concentrare sempre più il suo interesse: un “settore”, quello delle corse, che da solo produce un business stimato in circa 1 miliardo di euro. Appena 5, infatti, le corse bloccate e una sola inchiesta, che ha portato al sequestro di 56 cavalli e alla denuncia di 88
persone di cui 10 arrestate. Però il calo delle azioni di contrasto non corrisponde ad una diminuzione del fenomeno, anzi valutazioni che prendono in esame altri indici, come dati informali o segnalazioni, confermano in modo preoccupante la sua pericolosità. Sono aumentati, invece, gli interventi e le operazioni di contrasto contro l’importazione illegale di cuccioli dai paesi dell’Est: in 15 mesi, solo in base alle notizie di stampa, sono stati sequestrati 886 cuccioli, centinaia di microchips-trasponditori e libretti sanitari, farmaci, dispositivi medici, e sono state denunciate 41 persone, tra trasportatori, allevatori e commercianti. Stabile il business legato alla gestione di canili “illegali” (strutture spesso sovraffollate e inadeguate sotto l’aspetto igie-
nico sanitario e strutturale) così come il business sui randagi, che garantisce agli sfruttatori di questi animali introiti stimati intorno ai 500 milioni di euro l’anno, grazie a convenzioni con le amministrazioni locali per la gestione dei canili. Solo nel 2009 i Carabinieri per la Tutela della Salute hanno svolto 1.649 controlli nei canili, che hanno portato a 565 denunce, all’accertamento di 1.312 violazioni amministrative e al sequestro di 5.900 animali. A questi vanno sommati gli interventi e i sequestri fatti dal Corpo Forestale dello Stato e dagli altri organi di polizia. Grande preoccupazione desta il fenomeno della cosiddetta
CHIUDE LO SPORTELLO ANTIUSURA DELLA PROVINCIA?
Potrebbe chiude i battenti dopo 11 anni il numero verde antiusura della Provincia di Roma, gestito dall´Associazione Codici, che solo nel 2009 aveva ricevuto oltre 100 telefonate alcune delle quali, superiore al 30%, provenivano proprio
dai Castelli Romani. Saracinesca per dipendenti e utenti. A provocare la chiusura dell’utile servizio, stando a quanto dichiarato dall’ente provinciale, sarebbe la mancanza di fondi. Un servizio, quello offerto da Codici, che non si limitava a ricevere le segnalazioni, ma offriva, oltre alla consulenza e assistenza legale, anche quella psicologica, supportando in ogni campo le necessità dell´utente. Un provvedimento, dunque, che lascerebbe incerti sullo smantellamento di una prestazione che da oltre un decennio aveva dimostrato di essere valida e gradita. Solo lo scorso 29
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di ROMA e PROVINCIA
aprile così si era espresso il segretario generale della Cgil di Roma e del Lazio, Claudio Di Berardino, a proposito del servizio di numero verde anti-usura: Sono certamente apprezzabili l'impegno profuso dalla Provincia di Roma sul tema dell'usura e le iniziative attuate per contrastare alla base questo dilagante fenomeno”. Dichiarazione che, a leggerla dopo circa due mesi, lascia l’amaro in bocca. Eppure i dati statistici forniti dal presidente della Provincia Zingaretti e dal Sindaco Alemanno solo poco tempo fa hanno evidenziano lo stato di disagio economico e sociale che stanno attraversando gran parte dei lavoratori, dei pensionati, ma anche piccoli imprenditori e moltissimi artigiani proprio a causa dell’usura. Se ai problemi dei salari, delle pensioni insufficienti a fronteggiare il caro vita, della carenza endemica dei servizi sociali essenziali (sanità, trasporti, scuola, asili nido) si aggiungono le ricadute negative della crisi sui lavoratori e sulle imprese, appare chiaro come in assenza di un’opportuna politica del credito, sempre più persone si troveranno esposte a pratiche usuraie e illegali. Speriamo che la Provincia torni sui suoi passi garantendo ai suoi cittadini uno dei servizi più utili e importanti per contrastare la criminalità organizzata. Andrea Rasetti
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“Cupola del bestiame” e dei reati ad essa connessi, che vanno dalle truffe ai danni dell’Erario, dell’UE e dello Stato, al traffico illegale di medicinali, dal furto di animali da allevamento, alla falsificazione di documenti sanitari, fino alla commercializzazione di carni e derivati, provenienti da animali malati. Un business con un fatturato annuo di almeno 400 milioni di euro. www.lav.it
il libro del mese
Una vita di storie che raccontano l’Italia
di Daniela Di Rosa Milano e Palermo. E’ intorno a queste due grandi città italiane che ruotano i ricordi e le riflessioni di Antonio Calabrò, giornalista, scrittore e manager (gruppo Pirelli), autore del libro “Cuore di cactus” (Sellerio, 143 pagine). Due città che Calabrò conosce molto bene e che hanno segnato, nel bene e nel male, la sua vita di giornalista sempre in prima linea nelle vicende drammatiche che hanno interessato le organizzazioni criminali italiane. E stà proprio in questo il suo segreto, aver conservato nel tempo ricordi nitidi della sua vita così da far rivivere anche ai lettori i momenti più difficili di un’esistenza destinata a non essere banale ma a testimoniare il valore della memoria. Proprio come il cactus, una pianta particolare che, malgrado l’ambiente ostile, riesce a conservare nella sua carne il succo della vita sfamandosene nel momento del bisogno.
Gli italiani e la mentalità mafiosa
A chi non è capitato di indignarsi quando all’estero ci etichettano come “italiani mafiosi”? Quante volte abbiamo cercato di difenderci e di difendere l’Italia tutta apportando argomenti, esempi ed infine concludendo che sì, la mafia c’è ma non è diffusa la mentalità mafiosa in tutta la penisola. Ma poi, ripensandoci bene, pensando alle cose di tutti i giorni, a ministri che si trovano le case pagate da altri senza sapere da chi e perchè, pensando a “operatori di emergenza” che hanno mangiato a piene mani sulle disgrazie di cittadini terremotati e, sopratutto, vedendo che la reazione popolare che non è di indignazione ma solo di fastidio, dobbiamo ammettere a noi stessi che veramente in Italia persiste una mentalità “mafiosa”. Anche se mi da fastidio ammetterlo, devo riconoscere che determinati atteggiamenti altro non sono che il substrato su cui è nata
Un succo prezioso cominciato ad accumularsi fin dalle prime esperienze come cronista de “L’Ora”, il quotidiano antimafia per eccellenza che segnò la carriera di tanti giornalisti che ancora oggi sono sul fronte a combattare la guerra infinita contro il male. Pagine di grande intensità quelle costruite da Calabrò ma anche di profonda filosofia sociale in cui si mescolano i colori e gli odori ancestrali della Palermo degli anni Sessanta, con il suo fermento culturale e la sua voglia di essere città senza confini, fino alla Palermo delle violenze mafiose che la faranno precipitare nel limbo delle città controllate da uno Stato altro che detta regole e condizioni. Ed è proprio a causa di uno degli omicidi di Mafia di quegli anni, dell’amico fraterno il commissario Ninni Cassarà, che Calabrò lascerà la sua città per approdare nella Milano capitale del successo, del lavoro e della moralità, in cui comincerà per
di NOEMI BEVILACQUA
e si è radicata la mafia. In qualsiasi altra parte del mondo una persona che riesce ad eludere la legge, per esempio non pagando le tasse, è biasimata da tutti e non rappresenta una persona “in gamba”. In altre nazioni qualora si scoprisse che un politico o amministratore fosse corrotto, non solo non verrebbe rieletto ma perderebbe completamente la credibilità pubblica. Purtroppo qui da noi non è così e non solo al sud: quanti esempi potremmo citare sui tanti amministratori locali coinvolti in appalti poco chiari, oppure sulla gestione dei soldi pubblici non limpida… eppure sono sempre lì, con le persone che continuano a dar loro fiducia eleggendoli. Alle ultime regionali alcuni figuri (seppure in odor di corruzione) sono stati eletti lo stesso. Non basta più nemmeno la gogna mediatica. Perché? Veramente tutti sono così ingenui e dimenti-
cano che cosa sia successo? Ma da che cosa deriva tutto questo? Fin dal Medioevo si ha traccia di come l’appartenenza a determinati gruppi potesse dare una forma di impunità e di strapotere. Fin dai tempi della società feudale si possono riconoscere gli embrioni di questa mentalità. È facile affermare che la mafia sia nata in Sicilia durante il risorgimento ma questo non riuscirebbe a spiegare come si sia diffusa e come abbia attecchito in una società “sana”. Andando indietro nel tempo vediamo come già durante il Medioevo la nobiltà abbia svolto un ruolo fondamentale nello sviluppo di questa mentalità: ogni qual volta un potente era coinvolto in un processo, il potere esercitato dalla famiglia, dalla casata, faceva sì che rimanesse impunito. È famoso l’episodio in cui Leonardo da Vinci fu coinvolto in una storia di pedofilia insieme ad un gruppo di nobili, fra cui un giovane Bonaccorti, e furono tutti prosciolti, appunto, per la presenza del nobile stesso fra il gruppo dei rei. Questa modalità ripetuta miliardi di volte nel corso dei secoli ha portato alla
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radicazione del concetto secondo cui è possibile entrare in un gruppo di “impuniti” i quali possono compiere ogni tipo di azione e non. Dall’altra parte c’è la popolazione normale, vessata dalle angherie degli impuniti da una parte e delle varie forme di governo dall’altra. L’aspirazione a migliorare la società è preceduta dall’ammirazione per chi gabba la legge e nell’aspirazione ad appartenere a questa cerchia di persone. Tale cerchia in passato era composta dai cortigiani e adesso è rappresentata dalla casta politica. Le varie riforme che hanno visto un radicale cambiamento delle leggi processuali in Italia non hanno mai sradicato fino in fondo i diffusi privilegi e hanno sempre lasciato aperta una porta per le scappatoie, e questo perchè le riforme essendo fatte da chi detiene il potere sono volte anche a mantenere lo stesso nelle proprie mani il più a lungo possibile. A tutt’oggi ancora non possiamo affermare che la legge è uguale per tutti in Italia e, purtroppo, per la stragrande maggioranza dei nostri connazionali questo non è un male ma un’ipotetica via di fuga.
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di ROMA e PROVINCIA
lui un’altra vita acculando altro succo prezioso che si mescolerà con quello raccolto a Palermo. “Cuore di cactus” è un libro da leggere senza interruzioni, alla fine del quale si avrà la sensazione di aver visto scorrere davanti ai propri occhi frammenti importanti di storie italiane che ci sembrerà assurdo non averli notati in precedenza. Un libro che ci farà anche indignare per alcune vicende narrate e per l’incapacità di una parte d’Italia di trovare il coraggio di reagire di fronte all’inganno mafioso.
NEWS da 25 giugno, Velletri-Nemi
MAFIOPOLI 13 luglio, Anzio-Nettuno
mer, in grado di emettere segnali di disturbo per i sistemi Gps.
SEI ARRESTI PER GIRO ‘NDRANGHETA, ARRESTATO DI PROSTITUZIONE AI CASTELLI VINCENZO GALLACE I Carabinieri della Compagnia di Nemi, supportati da altri della Compagnia di Velletri, hanno sgominato una banda criminale che controllava il vasto giro di prostituzione in diverse zone dei Castelli Romani. Quattro uomini e due donne sono stati arrestati mentre sette giovani donne sono state liberate dai militi. L’operazione, denominata “Escort”, ha interessato un giro criminale esistente fra Velletri, Aprilia e Roma portando alla luce il ruolo di diverse organizzazioni criminali che si contendono il mercato della prostituzione. A capo della banda c’era un tunisino di 52 anni.
Il Capo della ‘Ndrina calabrese Gallace-Novella è stato arrestato durante l’operazione congiunta della Dda (Direzione Distrettuale Antimafia) di Milano e quella di Reggio Calabria. Oltre al boss, Vincenzo Gallace (che dagli anno ‘70 è presente nei Comuni di Anzio e Nettuno), le manette sono scattate per altri 304 presunti affiliati alla cosca. Per Gallace l’accusa è di aver commissionato l’assassinio di Carmelo Novella, capo dell’omonima cosca, ucciso nel 2008 nei pressi di Milano. Nel 2004 Gallace e Novella finirono in manette per associazione mafiosa e traffico di cocaina.
ASSASSINATO “O LUONGO” BOSS DELLA CAMORRA
DUE ROMANI IN MANETTE, DROGA E APPALTI, FALSIFICAVANO DOCUMENTI ACCORDO CRIMINALE
13 luglio, Roma
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L’INCHIESTA DI ANDREA RASETTI HA PRESO AVVIO DAL SEQUESTRO DEL LUSSUOSO ALBERGO DI MONTE PORZIO, “HOTEL VILLA VECCHIA”, SOTTOPOSTO A SEQUESTRO DAI CARABINIERI DEL ROS PERCHE’ APPARTENENTE A UN POTENTE CLAN DELLA ‘NDRANGHETA, QUELLO FACENTE CAPO AL BOSS ROCCO MOLE’. UN’INCHIESTA CHE FA EMERGERE I DIFFUSI INTRECCI ESISTENTI TRA LA CRIMINALITA’ E I CASTELLI ROMANI.
di ANDREA SEBASTIANELLI Nelle prime ore dell’alba del 18 febbraio scorso è scattata a Roma e in alcuni centri dei Castelli Romani, tra cui Rocca di Papa, un’operazione anticrimine tesa a smantellare una fitta rete di racket, usura e riciclaggio di denaro sporco. A coordinare l’operazione “Franky”, che ha visto il coinvolgimento della Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Roma, dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Viterbo e della Polizia Municipale VIII Gruppo di Roma, è stato il Procuratore Aggiunto Leonardo Frisani della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Roma. Alla fine dell’operazione sono state denunciate 11 persone (di cui due donne) e sequestrati beni per circa 5 milioni di euro, tra cui conti correnti, automobili di lusso e quattro società operanti nel settore dell’edilizia e della ristorazione (una di queste gestiva fino ad alcuni mesi fa il complesso alberghiero di via Frascati a Rocca di Papa, “La Regina del Bosco”, prima che la struttura venisse ceduta agli attuali gestori che da questa vicenda hanno avuto soltanto danni d’immagine). Continua in IV pagina
Un territorio preda degli strozzini
Lo scorso 18 febbraio l’operazione “Franky” ha smascherato un vasto giro di usura e riciclaggio, mettendo in luce il ruolo del clan dei Casamonica, che conta oltre 400 affiliati tra Roma e Provincia, e che ora ha esteso il suo controllo sull’intera regione. Sullo sfondo un “accordo inedito” stipulato con la ‘ndrangheta.
212 omicidi in due anni nella Palermo dimenticata
ETTORE ZANCA RIPERCORRE PER NOI LE TAPPE PIU’ SIGNIFICATIVE DEI DELITTI DI MAFIA CHE IMPERVERSARONO A PALERMO TRA GLI ANNI SETTANTA E OTTANTA. MEMORIE RIAFFIORATE CHE RAPPRESENTANO UN MONITO PER CIO’ CHE E’ ACCADUTO E PER CIO’ CHE ANCORA POTREBBE ACCADERE. PERCHE’ PERDERE LA MEMORIA EQUIVALE A PERDERE UN PO’ DI NOI STESSI E DELLA NOSTRA STORIA.
Le attività illecite nei nostri Comuni
RIEPILOGO DEI DATI DEL 2007 E DEL 2008 SUI REATI COMMESSI NEI COMUNI DELLA PROVINCIA DI ROMA. ROCCA DI PAPA E SEGNI LE PIU’ VIRTUOSE MENTRE IN ALTRI CENTRI, COME ARTENA, CIAMPINO, COLLEFERRO, VALMONTONE E VELLETRI, I REATI IN UN SOLO ANNO SONO AUMENTATI DI MOLTO.
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RETE di GIORNALISTI e SCRITTORI ANTIMAFIE di ROMA e PROVINCIA
il Segno
supplemento al n. 3, Marzo 2010 de “il Segno”
supplemento al n. 4 - Aprile 2010 de “il Segno”
n.
‘Ndrangheta ai Castelli, il pentito che fa paura anche alla politica L’hotel Villa Vecchia a Monte Porzio
Rocco Molè
Elemosine Aziende e minori criminali Nel Lazio il fenomeno dell’accattonaggio passa attraverso lo sfruttamento di centinaia di minori. A rivelarlo è il rapporto presentato dall’Osservatorio Regionale sulla Legalità e la Sicurezza. Un quadro che fa luce su molti aspetti inquietanti, a cominciare dall’acquisto dei bambini.
Sequestrate 15 aziende e quote riferite a ben 21 società, 170 conti correnti, automobili di lusso, oltre a ville ed appartamenti. Questi sono i numeri di una vasta operazione che ha scoperchiato il filo di collegamento fra la ‘ndrangheta e il clan dei Casamonica a Roma e nella provincia.
di ANDREA SEBASTIANELLI Il 22 dicembre scorso l’«Operazione Maestro», avviata dalla Dda (Direzione Distrettuale Antimafia) di Reggio Calabria, irrompe nei Castelli Romani e precisamente a Monte Porzio Catone dove viene posto sotto sequestro l’hotel di lusso “Villa Vecchia” (che ora ha ripreso le sue attività sotto la guida di un Commissario), ritenuto base della ‘ndrina dei temutissimi Molè. La mega struttura alberghiera alle porte di Roma, secondo gli inquirenti, serviva a riciclare il denaro derivato dalle attività illecite condotte nel porto di Gioia Tauro. Nell’operazione sono state arrestate 26 persone, tra cui Cosimo Virgiglio, considerato il principale referente amministrativo della cosca Molè, nonché amministratore di una società di import-export con la Cina operante proprio nel porto di Gioia Tauro. Lo stesso Virgiglio che, per conto della cosca, seguì le trattative per acquisire “Villa Vecchia”. Infatti, l’acquisizione del complesso alberghiero, da parte della ‘ndrangheta, avvenne nel 2007 attraverso intimidazioni e minacce nei confronti di un’imprenditrice di Sabaudia che, pur avendo un contratto di gestione della durata di dieci anni, fu costretta a lasciare la struttura.
Continua in IV
ROCCO CHINNICI Allarme Expo 2015 In un libro due giornalisti svelano il “mistero” delle infiltrazioni criminali nella capitale morale d’Italia, Milano. Cosa Nostra, ‘Ndrangheta e Camorra sono già pronte ad entrare nel gioco degli appalti per spartirsi i 20 miliardi di euro stanziati per l’Expo del 2015.
Chi era Rocco Chinnici, il giudice assassinato a Palermo il 29 luglio 1983? Scopritelo in questo “ritratto d’autore”.
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In IV pagina
RETE di GIORNALISTI e SCRITTORI ANTIMAFIE di ROMA e PROVINCIA
supplemento al n. 5 - Maggio 2010 de “il Segno”
n.
Minori a rischio nel Lazio, dalla pedofilia alla prostiuzione
Sos Impresa Alessandro Lettera ai e l’usura Mancuso Castelli Il Presidente di “Sos Impresa”, Lino Busà, ascoltato dalla Commissione Parlamentare Antimafia, ha chiesto una maggiore efficacia della legge contro l’usura, proponendo la costituzione di un Consorzio Nazionale a sostegno delle imprese italiane sequestrate alle mafie.
Abbiamo incontrato il cantautore palermitano Alessandro Mancuso, impegnato con i suoi testi a diffondere il senso della legalità a cominciare dalle giovani generazioni. Ne esce un ritratto incoraggiante del mondo artistico italiano rispetto ai fenommeni illegali diventati tanto diffusi.
L’Associazione “Antonino Caponnetto” della Regione Lazio ha scritto una lettera aperta ai cittadini dei Castelli Romani, chiedendo un impegno concreto di tutti contro le infiltrazioni criminali che stanno diventando una piaga sempre più diffusa in tutta la provincia di Roma.
di Andrea Sebastianelli Pedofilia e sfruttamento dei minori sono due temi scottanti… anche nella nostra regione. Temi importanti che però rimangono troppo spesso ai margini delle discussioni. Ad aprire la riflessione su questi aspetti sono due recenti ricerche dal titolo “Il fenomeno dello sfruttamento dei minori nell’accattonaggio nel Lazio” e “Il minore come vittima del reato: un’indagine sociale nelle realtà del Lazio”, promossi dall’Anci (Ass.ne Nazionale Comuni Italiani) e dall’Osservatorio Tecnico Scientifico per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio presieduto dal prof. Enzo Ciconte. I dati emersi dalle ricerche mettono a nudo una realtà dai tratti sconcertanti. Nel Lazio la forma di vittimizzazione minorile più evidente è il maltrattamento che quasi sempre avviene in ambito familiare. Sono quasi 500, ogni anno, i minori laziali che subiscono violenze accertate e denunciate da parte di adulti, a cominciare dall’abuso fisico. Il maggior numero di casi si riscontra proprio nella provincia di Roma (soprattutto per la maggiore popolazione residente), mentre l’intensità del fenomeno è maggiore nel sud della nostra regione, in particolare nella provincia di Latina. Ciò che differenzia il Lazio dalle altre regioni italiane, anche qui a dirlo sono i dati emersi, è una maggiore propensione verso gli abusi di tipo sessuale, l’accattonaggio e la delinquenza minorile. Continua in IV
NINNI CASSARA’
Ettore Zanca presenta un altro dei suoi “Ritratti d’autore”. Questa volta dedica il suo articolo alla figura di Ninni Cassarà, che con le sue indagini sulla Mafia cominciò a scoperchiare gli intrecci con alcuni apparati della politica e delle istituzioni. ETTORE ZANCA in II e III pagina
n.
di ANDREA SEBASTIANELLI «Io non sono uno che farfuglia. Non do opinioni. Dico che quella storia non è finita perché lo so. Basta andare a cercare chi ne è uscito alla grande quindici anni fa». Con queste parole l’ex componente della Banda della Magliana, Antonio Mancini (chiamato negli ambienti criminali romani “Nino l’accattone”), ha lasciato intendere che quella banda non ha mai smesso di operare ma è tutt’ora attiva. «La Banda della Magliana ha usato e continua ad usare i soldi di chi è morto e di chi è finito in galera. E non ha più bisogno di sparare. O almeno, di sparare troppo spesso». Queste dichiarazioni Antonio Mancini le ha rilasciate al giornalista di Repubblica Carlo Bonini che lo scorso 4 febbraio ha presentato un’inchiesta esclusiva basata, oltre che sulle dichiarazioni di “Nino l’accattone”, sui convincimenti di Lucia Lotti, il magistrato che per 15 anni si è occupato delle vicende della Banda della Magliana arrestando il presunto boss Nicoletti, e sulle indagini del Comandante del Nucleo Provinciale dei Carabinieri di Roma, Vittorio Tomasone. In realtà dichiarazioni di questo tipo Antonio Mancini le rilasciò anche nel 2008.
Continua in VII pagina
supplemento al n. 2 - Febbraio 2010 de “il Segno”
I furbetti della
‘Maglianella’,
il ritorno?
Le dichiarazioni di “Nino l’accattone” riaccendono i riflettori sulla Banda della Magliana. Ma oggi la Banda esiste ancora o si tratta di altro?
135 MILIARDI DI EURO PER LA MAFIA SPA
IL XII RAPPORTO DI “SOS IMPRESA” HA SCOPERCHIATO GLI INTERESSI DIFFUSI DELLE MAFIE IN ITALIA, CHE REALIZZANO OGNI ANNO AFFARI PER 135 MILIARDI DI EURO, LA PIU’ GRANDE AZIENDA DEL PAESE. DROGA, RACKET, ESTORSIONI, INVESTIMENTI FINANZIARI E CONTROLLO DEGLI APPALTI PUBBLICI. ECCO I SETTORI IN CUI LE MAFIE SONO PADRONE. E NEL LAZIO NON C’E’ DA STARE ALLEGRI.
PARTE DA VILLAROSA IL NOSTRO
TRENO SEGUENDO LA SCIA DELLA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA CHE PERCORRE IN LUNGO E IN LARGO L’INTERA PENISOLA ITALIANA, DANDOCI L’IDEA CHE “L’ITALIA E’ UNA REPUBBLICA DEMOCRATICA FONDATA SULLE ILLEGALITA’ DIFFUSE”. UN VIAGGIO INASPETTATO CHE COINVOLGE TUTTI. NESSUNO PUO’ RITENERSI ESCLUSO.
Andrea Rasetti in IV e V pagina
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Il Treno del Risveglio, un viaggio criminale
Ettore Zanca in II e III pagina
RETE di GIORNALISTI e SCRITTORI ANTIMAFIE di ROMA e PROVINCIA
supplemento al n. 6 - Giugno 2010 de “il Segno”
n.
il Segno
n.
L’omicidio del Boss Rocco Molè
IL LIBRO DI JOHN DICKIE, “COSA NOSTRA”, SARA’ MOTIVO DI APPROFONDIMENTO PER CONOSCERE GLI AVVENIMENTI E GLI UOMINI CHE SI SONO AVVICINATI ALLE VERITA’ PIU’ SCOTTANTI. A PRESENTARE QUESTO LIBRO PUBBLICATO NEL 2006 SARA’ ETTORE ZANCA, COLLABORATORE DEL MENSILE “IL SEGNO”. UN APPUNTAMENTO LETTERARIO DA NON PERDERE.
il Segno
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RETE di GIORNALISTI e SCRITTORI ANTIMAFIE di ROMA e PROVINCIA
Andrea Rasetti all’interno
Falcone e Borsellino
Il 18/02 a Colleferro si parla di Cosa Nostra
il Segno
il Segno
Da Gioia Tauro ai Castelli Romani passando per San Marino
il Segno
il Segno
Non si può non sapere, non si può non dirlo
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RETE di GIORNALISTI e SCRITTORI ANTIMAFIE di ROMA e PROVINCIA
il Segno
il Segno
SOTTOSCRIVI PER IL SEGNO Banca Credito Cooperativo Castelli Romani IBAN:IT11B0709239230000000103028
supplemento al n. 1 - Gennaio 2010 de “il Segno”
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di Andrea Sebastianelli Sul numero scorso del Segno ci siamo occupati delle infiltrazioni criminali a Roma e nella Provincia. Quanto emerso ci ha fatto comprendere come le mafie non siano qualcosa distante da noi, riguardante solo le regioni meridionali (Sicilia, Calabria, Puglia e Campania), ma come ormai siano una presenza consistente del nostro territorio. La vicenda di “Villa Vecchia”, l’hotel della ‘Ndrangheta sequestrato nella vicina Monte Porzio poche settimane fa, rappresenta non un allarme ma una certezza che deve far riflettere tutti, cittadini e politici, amministrazioni pubbliche e aziende private. Ma anche noi che scriviamo sui periodici a diffusione locale. Ogni lotta alle mafie ha sempre visto anche l’impegno, di pari passo con quello delle forze dell’ordine e della magistratura, di giornalisti e scrittori locali, che più da vicino riescono ad annusare dove c’è puzza di infiltrazione criminale. Contro queste infiltrazioni le amministrazioni comunali devono iniziare a contrapporre la politica della legalità, soprattutto nell’espletamento delle gare d’appalto delle grandi opere che, come ha dimostrato l’Osservatorio regionale sulla criminalità e la sicurezza, sono uno degli ingressi degli interessi mafiosi nei nostri Comuni. Continua in IV
il Segno
Stampato in proprio
Il Segno non usufruisce di alcun finanziamento pubblico, nè comunale, nè provinciale, nè regionale, nè statale, nè europeo.
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RETE di GIORNALISTI e SCRITTORI ANTIMAFIE di ROMA e PROVINCIA
il Segno
RESPONSABILE Andrea Sebastianelli
Un patto fra Camorra e ‘Ndrangheta per controllare gli appalti pubblici, un vasto giro di usura e racket nel sud pontino e lo spaccio di droga lungo il litorale romano. A scoprire il patto di ferro è stata l’operazione “Coast to coast” coordinata dalla Dda di Napoli e dalla Questura di Latina. In arresto sono finite 23 persone, compreso il capo dell’organizzazione, Gennaro Cavaliere, di 39 anni, esponente di spicco dei Beneduce-Longobardi, ora rinchiuso nel carcere di Pozzuoli. Le indagini sono scattate dopo le rivelazioni di una vittima d’usura. Nel traffico di droga sono invece emersi legami con il clan Gallace. (A cura di Andrea Rasetti)
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il Segno
16 luglio, Latina-Roma
Due romani di 53 e 54 anni sono stati arrestati dai Carabinieri che, al quartiere Eur, li hanno fermati per un controllo di routine scoprendo in realtà che i due erano dei veri e propri geni della truffa. Prendevano auto a noleggio, le vendevano in Romania e durante il viaggio truccavano il sistema di rilevamento satellitare della vettura così da far perdere ogni traccia al noleggiatore. Per attuare la truffa avevano anche prodotto documenti di identità falsi, utilizzando un particolare software. Nelle loro abitazioni i militari hanno sequestrato ottanta carte di credito e ben nove oggeti da guerra elettronica, i jam-
RETE di GIORNALISTI e SCRITTORI ANTIMAFIE di ROMA e PROVINCIA suppl.to al n.7-8 (lug-ago 2010) del mensile indipendente
La Squadra Mobile di Roma, Commissariato Prati, ha portato alla luce un vasto giro di usura gestito da un gruppo criminale composto da 5 persone, tutte con precedenti penali. Il clan è finito in manette dopo aver tentato di rapire un imprenditore alla fermata di un autobus, che aveva già versato oltre 200 mila euro per un prestito di 5-10 mila euro. Nelle loro abitazioni i poliziotti hanno sequestrato documenti, agende e cambiali che confermano un giro di strozzinaggio di alto livello.
il Segno
Il 4 luglio scorso nel quartiere romano di Montespaccato è stato assassinato Carmine Gallo, 52 anni, conosciuto negli ambienti criminali con il nome di “O luongo”. La vittima, legata ad alcuni gruppi camorristici di Torre Annunziata, è stato ucciso con 4 colpi di pistola da due sicari a volto scoperto, davanti ai passanti, mentre cercava di fuggire all’agguato. Gallo aveva precedenti per omicidio, traffico di droga e associazione a delinquere di stampo mafioso. Negli anni Novanta era anche stato collaboratore di giustizia, fino al 2000. Due anni fa la stessa sorte toccò al fratello considerato un boss della droga.
SGOMINATA L’“ANONIMA” DEGLI STROZZINI
il Segno
4 luglio, Roma
14 luglio, Roma
ABOLIRE le intercettazioni per SALVARE la criminalità organizzata NO ALLA LEGGE CHE VORREBBE IMBAVAGLIARE I GIORNALISTI
di Andrea Sebastianelli Quello che si sta per approvare è un decreto legge a tutto vantaggio della criminalità organizzata. Le recenti parole di
Alberto Cisterna, Sostituto Procuratore presso la Direzione Nazionale Antimafia di Reggio Calabria (cioè in una delle zone più difficili e pericolose d’Italia), sono pesanti come un macigno: “Il testo sulle intercettazioni approvato al Senato intacca l’efficienza delle indagini” poiché non si può “ignorare che la nozione di criminalità organizzata il disegno di legge l’ha semplicemente cancellata”. Risultato: diventeremo un Paese a basso tasso di criminalità poiché la criminalità organizzata verrà semplicemente abolita... per legge. I criminali diventeranno di colpo trasparenti pur continuando a delinquere. Quello che troverete al centro di questo periodico è il disegno di legge così come è stato approvato dal Senato della Repubblica. Leggendolo vi renderete conto che l’intento palese non è quello di regolamentare le intercettazioni telefoniche e ambientali ma semplicemente quello di vietare. La parola “vietato” campeggia su molti articoli. Vietare, vietare, semplicemente e solo vietare così da rendere praticamente impossibile garantire il diritto dei cittadini ad essere informati e il do-
vere di noi giornalisti ad informare. Alla base di questo disegno vi è un’incredibile falsità, secondo cui in Italia sarebbero milioni (addirittura 7) i cittadini messi sotto controllo telefonico e informatico. Una falsità che, ripetuta mille volte, ha finito per diventare verità agli occhi di molti. Ecco che cosa ha scritto un altro magistrato antimafia, Nicola Gratteri, Procuratore Aggiunto di Reggio Calabria, a proposito del tentativo di abolire le intercettazioni: “Si sta eliminando uno dei sistemi più garantisti e meno costosi per l’acquisizione della prova. E lo si sta facendo in modo strumentale, citando statistiche che non stanno nè in cielo nè in terra. Ho appena finito di indagare 50 persone coinvolte in un traffico di droga. Per seguirle -scrive ancora Gratteri- ho dovuto mettere sotto controllo 10 mila schede telefoniche. Se chi analizza i risultati dell’indagine è onesto, dirà che sono state intercettate 50 persone, se è disonesto dirà che Gratteri ha intercettato 10 mila persone. La realtà è che i trafficanti di droga cambiano una scheda ogni 48 ore, ma gli indagati, nonostante il numero esorbitante, restano sempre 50”. Più chiaro di così! Il testo approvato al Senato stabilisce che per intercettare un indagato sono necessari “gravi indizi di colpevolezza”. Un paradosso senza precedenti, poichè se sussistono gravi indizi di colpevolezza l’indagato può subito essere arrestato senza
bisogno di intercettarlo. Infatti sono proprio i “gravi indizi di colpevolezza” che danno al pubblico ministero la possibilità di chiederne l’arresto. Il Ddl vorrebbe indicare anche i luoghi dove è possibile intercettare, cioè soltanto dove sta avvenendo l’attività criminosa. Infatti ai magistrati sarà fornita una palla di vetro in cui vedere in anticipo dove verrà perpetrata l’azione delinquenziale. Ci sarebbe da ridere se non fosse per l’argomento che stiamo affrontando. Altro aspetto: quello del “budget prefissato”. Le Procure dovranno stabilire preventivamente i fondi da destinare alle intercettazioni telefoniche e ambientali. Finiti i soldi, finite le intercettazioni. Infine c’è un altro articolo che merita un’attenta riflessione, quello secondo cui il Presidente del Consiglio deve essere informato (entro 5 giorni) dell’avvio delle operazioni di intercettazione se queste riguardano membri dei servizi segreti. E se un Presidente del Consiglio entrasse in combutta con i servizi per sovvertire lo Stato? Chi scoperchierebbe il piano criminale? “Contro i clandestini vengono impiegati esercito, flotta e ronde -ha scritto ancora Gratteri-, contro i mafiosi viene smantellato uno dei pochi strumenti investigativi ancora in mano ai magistrati”. Uno strumento che costa anche poco: per intercettare una persona 24 ore al giorno si spendono 11 euro più Iva.
Hai perso qualche numero del Segno? Vuoi leggere i supplementi della “Rete Antimafie di Roma e Provincia”? Da oggi puoi consultare tutti i numeri del nostro mensile collegandoti al sito: www.issuu.com/ilpiccolosegno. Ettore Zanca in II e III pagina
Tabella riepilogativa in VI pagina
In VII pagina
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ETTORE ZANCA in II e III pagina
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