PICCOLO
“ il Segno ...quello che gli altri non scrivono...
Morire in silenzio
mensile indipendente
www.ilsegnoroccadipapa.blogspot.it
Anno XII, n. 10 - Ottobre 2013
Ex albergo Europa
”
La morte di un uomo è una tragedia, la morte di milioni è solo statistica. (ricordando i migranti)
Lo dice la scienza “La popolazione di Rocca di Papa è a rischio”
Malgrado i risultati degli studi emersi durante il convegno del 2 maggio scorso presso l’Università La Sapienza, l’amministrazione e le istituzioni sono rimaste in colpevole silenzio. Eppure gli studi hanno dimostrato che i cittadini sono a rischio e che è necessaria una indagine epidemiologica così da mettere al sicuro l’intera popolazione di Rocca di Papa
Alle pagine 20 e 21
Disagi Cotral
Edilmostra Galli
Ora la Fam “L’atto va Raccolta Paese e giornale vuole i soldi annullato” delle firme La riflessione
di Gianfranco Botti In un contesto disgregato – Piazza Di Vittorio se ne frega di Piazza De Gasperi, e viceversa; a Sacramento non passano manco per la testa i problemi di Vivaro, e viceversa; Valle Pantano misconosce Valle San Lorenzo, e viceversa; il centro storico versa abbacchiato nelle difficoltà che sono sue, e soltanto sue- questo giornale, Il Piccolo Segno, marca una presenza di sapore civico caldo: solleticando l’identità territoriale, tiene raccordata in qualche modo la comunità, ci fa sentire ancora paese. Dove s’è registrato uno slittamento verso l’indifferenza e il qualunquismo pernicioso, causa non secondaria dell’abbattimento in cui versiamo.
Segue a pagina 29
A pagina 15
A pagina 11
A pagina 12
Anche l’Enav Centro Storico La farmacia Circondati sbanca dall’amianto Monte Cavo si sposta Particelle pericolose A pagina 17
Parco dei Castelli
Ambiente e polemiche Alle pagine 14
La scuola riapre
Ed è subito un gran caos A pagina 10
A PAGINA 26
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ATTUALITA’
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il Segno - Ottobre 2013
L’Italia, il Paese dove chi lavora è sempre più povero e senza diritti
L’irrisolta questione del salario minimo è una responsabilità della politica
di Patricia Antolovic Mentre si parla di Imu, Iva, Berlusconi... io vorrei parlarvi dello SMIC (Salario Minimo Interprofessionale di Crescita) applicato in Francia. É stato creato nel 1950 e viene rivalutato ogni anno. Nel 2013 corrisponde a 9,43 euro lordi l’ora (1.430,23 euro lordi mensili per 35 ore lavorative settimanali, cioè 1.120 euro netti mensili). Lo SMIC è importante per le politiche sociali perché impedisce di fissare salari inferiori a questa soglia, e l’obiettivo è quello di garantire una retribuzione base di operai e impiegati. Pur se contestato da certe teorie economiche, non è mai stato messo in discussione in Francia proprio perché è uno strumento di giustizia sociale in quanto assicura una giusta remunerazione ai dipendenti di bassa qualifica, permettendo loro un livello di vita corretto e di riequilibrare i rapporti di forza tra imprenditori e sindacati. Ho descritto l’esempio franPICCOLO
il Segno
organo mensile dell’associazione culturale
“Editoriale il Segno” C.F. 92028150586
Registrazione Tribunale di Velletri n. 5/02 del 19/02/2002
DIREZIONE
Via dei Monti, 24 - Rocca di Papa
DIRETTORE RESPONSABILE Andrea Sebastianelli
cese perché è quello che conosco, ma non è l’unico Paese europeo che applica un salario minimo. In Italia non mi sembra che esista un sistema simile e spesso sento parlare di retribuzioni che non garantiscono la possibilità di vivere autonomamente: 400, 500, 600, 800 euro quando va bene, senza parlare del livello delle pensioni! Quando si parla di minimo vitale, di salario degno... non si può non chiedersi quale doREDAZIONE
Patricia Antolovic, Bruna Benelli, Noemi Bevilacqua, Giulia De Giorgi, Daniela Di Rosa, Bruno Fontana, Paola Gatta, Anna Giovanetti, Toshi Kameda, Marcello Loisi, Camilla Lombardozzi, Nanci Marietto, Loredana Massaro, Don Franco Monterubbianesi, Noga (Gabriele Novelli), Massimo Onesti, Sergio Rasetti, Annarita Rossi, Vincenzo Rufini, Maria Pia Santangeli, Luigi Serafini, Roberto Sinibaldi, Gennaro Spigola, Sandro Tabellione, Cristiana Zarneri il-sognatore.blogspot.com
vrebbe essere il salario minimo che permetta a ciascuno di condurre una vita dignitosa. Dovrebbe essere, questo, uno dei compiti della politica per l’applicazione dell’art. 36 della Costituzione: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a se e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. Invece di litigare su tutto e su niente, i nostri rapILLUSTRAZIONI
Franco Carfagna, Ermanno Gatta
ilpiccolosegno@libero.it
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presentanti dovrebbero iniziare una seria riflessione sul futuro della società italiana. Se il lavoro non permette più di avere un livello di vita dignitoso, se il lavoro stesso conduce a un impoverimento, è l’impianto stesso della società che viene rimesso in discussione. La povertà materiale porta alla povertà civile (in termine di diritti, di vita sociale, di accesso all’informazione...) mettendo in discussione la stessa democrazia. La società globale sta cambiando, è sempre più complessa, e per questo necessita di personale sempre più specializzato. I Paesi che creano ricchezza (e dunque lavoro) sono quelli che offrono posti qualificati, che hanno investito sul capitale umano, sulla formazione e sulla ricerca. Sono Paesi in cui c’è stata una politica industriale che ha sostenuto le imprese. In Italia, da anni, il mercato del lavoro ha offerto soltanto posti di bassa qualità, senza garantire un minimo salariale nazionale. La politica si è allineata alla logica di mercato. Oggi purtroppo, con la crisi, i famosi problemi strutturali dell’Italia stanno venendo a galla, niente salario di cittadinanza, niente salario minimo, poco lavoro, poco qualificato, poco retribuito. Una società completamente depressa. Il mancato investimento nella ricerca e nella formazione ha portato il nostro Paese a perdere posizioni nella graduatoria dei Paesi industrializzati. “Finora abbiamo investito nell’ignoranza e nella miseria” ha detto recentemente il Ministro dell’Istruzione, Carrozza. L’Unione Europea ha denunciato la deindustrializzazione dell’Italia e in questi ultimi vent’anni abbiamo perso le nostre industrie informatiche, chimiche, aeronautiche, telefoniche… il lavoro non c’è più, ma se non ci sono più industrie italiane dove lo troviamo? E la politica che cos’ha fatto in questi vent’anni?
ATTUALITA’
il Segno - Ottobre 2013
“Mura dei Francesi” patrimonio dell’umanità La tenuta è stata inserita tra i monumenti da preservare
Ma il Comune di Ciampino ostacola il recupero dell’area
Il sito della Tenuta del Muro dei Francesi a Ciampino, nei pressi della capitale, è stato riconosciuto patrimonio culturale d’interesse mondiale. Lo scorso 8 ottobre, infatti, a New York nella sede del World Monuments Fund sono stati comunicati, dopo un lungo lavoro di selezione e valutazione, i siti inseriti nel 2014
tempi moderni
World Monuments Watch; il “Muro dei Francesi” è nell’elenco dei siti culturali a rischio (67 in 41 Paesi del mondo), da tutelare e preservare per le prossime generazioni. Tale prestigioso riconoscimento sottolinea ancora una volta -dopo essere balzata alle cronache internazionali nel
gennaio 2013 per la scoperta delle sette statue del ciclo delle Niobidi rinvenute nella villa attribuita a Marco Valerio Messalla Corvino- la straordinaria importanza archeologica, architettonica e paesaggistica dell’intera “Tenuta del Muro dei Francesi”. L’edificazione di 65mila metri cubi di cemento scriteriata-
Pony express in bici
di Roberto Sinibaldi
Lavorare andando in bici, facendo consegne postali rapide a Roma. Questa l’idea di Tamas Laszlo Simon, un giovane ungherese, che con la sua iniziativa dà lavoro a una dozzina di persone, quasi tutte italiane. Persone che hanno così un’occupazione stabile e in regola. È proprio il contrario di quello che una certa retorica tende a farci credere, ossia che gli stranieri “rubano” il lavoro agli italiani: in casi come questo è esattamente il contrario. Il meccanismo è molto semplice e nel resto del mondo funziona benissimo, ma a
L’idea di un giovane ungherese che a Roma ha creato lavoro
Roma ancora non c’era: la consegna veloce delle spedizioni con la bicicletta. I ragazzi che ci lavorano fanno meno di dieci chilometri a consegna, nel traffico della capitale. L’azienda fa ottimi affari, arrivando ad alcune migliaia di consegne mensili.
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Uno degli obiettivi dichiarati da Tamas è rendere evidente che l’utilizzo della bicicletta è possibile anche in una città caotica come Roma. Dice, sorridendo, che vorrebbe vedere 50.000 persone che lasciano la macchina e prendono la bici.
3 mente progettata dall’amministrazione comunale, grazie alla mobilitazione organizzata da Ciampino Bene Comune, è stata provvidenzialmente bloccata lo scorso giugno dalla Soprintendenza Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio. Su questo vincolo di inedificabilità, ancora parziale, gravano ora le opposizioni avanzate da alcuni proprietari e costruttori, nonché con ostinata cecità dal Comune di Ciampino, per altro disattendendo come pubblica amministrazione quanto indicato dalla Carta Costituzionale in tema di progresso sociale ed individuale della comunità attraverso cultura, ricerca e tutela. Oggi, l’area interessata dalle indagini archeologiche, sospese, giace in completo abbandono a causa dell’impasse amministrativo. Ciampino Bene Comune chiede che il vincolo di tutela venga esteso sull’intero sito e che nell’area, ora in possesso dell’amministrazione comunale, vengano immediatamente ripresi e terminati i lavori di bonifica dagli ordigni bellici della Seconda guerra mondiale: primo inevitabile passo per la salvaguardia delle strutture rinvenute nonché per qualsiasi intervento ed assetto futuro. L’inserimento del sito ciampinese nel 2014 World Monuments Watch ribadisce, ben oltre i limiti e le ottusità comunali, la sua importanza internazionale e le grandi potenzialità di sviluppo offerte, come nella storia dei progetti Watch dal 1996, da nuove economie non più basate sul mattone. Ciampino Bene Comune
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L’ho letto su Facebook!
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ATTUALITA’
il Segno - Ottobre 2013
Ovvero... come farsi abbindolare dalle notizie farlocche del Web
di Bruno Fontana Le informazioni e le notizie cent’anni fa avevi un solo modo per venirne a conoscenza, leggerle sulla carta stampata che compravi nelle edicole. Altre fonti non ce n’erano e dovevi accontentarti. Il passaparola faceva da megafono e queste notizie volavano sulle ali dell’estemporaneità trasformandosi via via in un pastiche che non aveva più niente a che vedere con quelle iniziali. Poi è arrivata la radio e poi ancora la televisione e con ciò le possibilità per l’utente di attingere al flusso di informazioni si è sviluppato e diversificato a dismisura. Ciascuno ha così potuto avere l’opportunità di usufruire di un’infinità di canali di notizie, di differenziare le fonti di diffusione delle news e di farsi una sua opinione sui fatti. Un certo equilibrio si era così stabilito tra offerta e ascolto. Ovviamente pubblicare e divulgare fandonie è sempre accaduto ma vi era la possibilità
di confutarle con dibattiti seri. Poi è arrivato Internet e si è aperto una Bengodi, un supermercato della notizia e delle informazioni senza precedente. Parlare dell’utilità della Rete mi sembra del tutto pleonastico. A portata di un Clic hai le risposte che desideri su ogni tipo di argomento, di ricerca o di approfondimento. Alla casalinga curiosa, a studenti e studiosi, ai giornalisti la Rete offre all’istante riscontri. Ma Internet non offre soltanto questo aspetto pratico e positivo, Internet ha anche un lato oscuro. The dark side of the Web. Non mi riferisco solo alla pornografia e ai suoi aspetti più scellerati come la pedofilia, che tracima nel Web, ma anche a tutti quei prodotti in vendita, medicinali e affini compresi privi di garanzia. Tornando al nostro tema, anche le informazioni provenienti dal Web sono spesso prive di controllo e conseguentemente di autenticità. Mi riferisco ovviamente a quelle notizie che non hanno una
“Gli insegni a non dar mai un prezzo al proprio cuore” Dalla lettera che Abraham Lincoln scrisse all’insegnante di suo figlio, nel 1830. “Dovrà imparare, lo so, che non tutti gli uomini sono giusti, che non tutti gli uomini sono sinceri. Però gli insegni anche che per ogni delinquente, c’è un eroe; che per ogni politico egoista c’è un leader scrupoloso… Gli insegni che per ogni nemico c’è un amico, cerchi di tenerlo lontano dall’invidia, se ci riesce, e gli insegni il segreto di una risata discreta. Gli faccia imparare subito che i bulli sono i primi ad essere sconfitti… Se può, gli trasmetta la meraviglia dei libri… Ma gli lasci anche il tempo tranquillo per ponderare l’eterno mistero degli uccelli nel cielo, delle api nel sole e dei fiori su una verde collina. Gli insegni che a scuola è molto più onorevole sbagliare piuttosto che imbrogliare… Gli insegni ad avere fiducia nelle proprie idee, anche se tutti gli dicono che sta sbagliando… Gli insegni ad essere gentile con le persone gentili e rude con i rudi. Cerchi di dare a mio figlio la forza per non seguire la massa, anche se tutti saltano sul carro del vincitore… Gli insegni a dare
fonte identificabile e attendibile. E ce ne sono a bizzeffe di notizie farlocche, dalle più deliranti a quelle più fallaci e pericolose. Un esempio edificante è quello che definisce l’olocausto una invenzione sionista o che le Torri Gemelle sono state buttate giù da un complotto ebraico o dallo stesso Bush. O ancora che gli americani sulla Luna non ci sono mai arrivati e che lo sbarco è stato realizzato nel deserto del Nevada con effetti speciali hollywoodiani (Coppola ci ha fatto anche un film). Di controinformazioni ce ne sono di due tipi, quelle serie che indagano nei meandri delle tante verità nascoste e dei tanti misteri come nel caso dell’assassinio di Kennedy, e quelle esoterico-fantastico-
ascolto a tutti gli uomini, ma gli insegni anche a filtrare ciò che ascolta col setaccio della verità, trattenendo solo il buono che vi passa attraverso. Gli insegni, se può, come ridere quando è triste. Gli insegni che non c’è vergogna nelle lacrime. Gli insegni a schernire i cinici ed a guardarsi dall’eccessiva dolcezza. Gli insegni a vendere la sua merce al miglior offerente, ma a non dare mai un prezzo al proprio cuore e alla propria anima. Gli insegni a non dare ascolto alla gentaglia urlante e ad alzarsi e combattere, se è nel giusto. Lo tratti con gentilezza, ma non lo coccoli, perché solo attraverso la prova del fuoco si fa un buon acciaio. Lasci che abbia il coraggio di essere impaziente. Lasci che abbia la pazienza per essere coraggioso. Gli insegni sempre ad avere una sublime fiducia in sé stesso, perché solo allora avrà una sublime fiducia nel genere umano. So che la richiesta è grande, ma veda cosa può fare…“. Navigare su Facebook spesso non è una perdita di tempo. Ci si imbatte anche in documenti come questo che possono servire per affrontare questi tempi difficili. Grazie a “L’arcobaleno dell’anima” che lo ha pubblicato proprio su Facebook lo scorso giugno. A cura de il-sognatore.blogspot.com
complotistiche che stuzzicano l’immaginazione degli amanti di programmi come Voyager. Uno di questi siti, tanto per fare un esempio, ha fatto credere tra una baggianata e l’altra, che in Giappone e in Cina esiste un commercio di gattini chiusi in bottiglie di vetro. La notizia si è presto rivelata una burla e le foto, raccapriccianti, erano un fotomontaggio. Questo non ha impedito che su Facebook molti si sono buttati sulla notizia con gridi di allarme per i poveri mici. Facebook è nato come socialnetwork dove ci si scambia amicizia e simpatia e gusti condivisi, ma nelle mani dei più accaniti utenti è diventato anche un raccoglitore di ogni tipo di sfogo personale e di notizie ad uso e consumo di parenti e amici. Sulla mia pagina scrivo quello che mi pare, tanto ci sarà sempre qualcuno che metterà un bel “mi piace”. Facebook attinge a piene mani alle notizie stravaganti che si trovano in Rete e le fa diventare a forza di “condividi” notizie incontestabili. Tant’è che coloro che si limitano alla sola lettura dei post su Facebook ti diranno convinti, l’ho letto su Facebook a testimonianza della veridicità della loro affermazione. Come una volta si diceva l’ho letto sul giornale o l’ho sentito alla radio. Era la conferma che la notizia non poteva che essere autentica. Forse un po’ di cautela andrebbe usata prima di sparare idiozie e accreditare loro valenza. La verità è la cosa che più si contraddice (L. Durrell).
11 settembre, data fatidica per il destino del mondo il Segno - Ottobre 2013
di Nanci Marietto L’undici settembre dell’anno 1973, ci fu un colpo di stato in Cile, con il quale venne deposto il governo di Salvador Allende, democraticamente eletto, sostituito da una delle più feroci dittature militari dell’America Latina e del mondo contemporaneo. Appoggiato dagli Usa attraverso la CIA, il colpo di stato fu fatto per salvaguardare gli interessi di multinazionali come l’ITT, impresa di telecomunicazioni, e contro la nazionalizzazione delle miniere di rame attuata dal governo di Allende. Il Cile era il secondo produttore di rame nel mondo e gli Usa erano interessati, come oggi, a quest’importante materia prima. Era anche un periodo, quello trascorso tra gli anni ‘60 e ‘70, di intensa attività intellettuale e politica in America Latina, con governi intenti a risolvere problemi strutturali per l’economia e movimenti che miravano allo stesso obiettivo. Ci fu il riformismo militare di Ve-
ATTUALITA’
lasco Alvarado in Perù, Juan Jose Torres in Bolivia, il ritorno di Juan Peron in Argentina, l’ esperienza democratico-cristiana in Venezuela e poi quella di Eduardo Frei in Cile. C’erano anche le dittature militari in Brasile, Paraguai e Uruguai (e poi anche in Argentina) contrastate da movimenti di lotta armata, stimolati dall’esperienza cubana. Il colpo di Stato del ‘73, dicevamo, fu uno dei più violenti, con l’assassinio di migliaia di persone, la creazione di campi di concentramento e un governo con a capo il Generale Pinochet, dittatore senza scrupoli. Sempre l’11 settembre, ma dell’anno 2001, anche negli Usa accadde un evento violento, l’abbattimento delle cosiddette Torri Gemelle, WTC, dove morirono circa 2.900 persone. Questo attacco, considerato terroristico, da parte di uomini di paesi Medio Orientali legati al gruppo Al Qaeda, ha facilitato la creazione di leggi repressive per le libertà personali, la creazione di carceri clandestine per persone mai giudicate, la facilitazione nell’inva-
dere Paesi ricchi di petrolio come l’Iraq, l’invasione del Pakistan, Paese che possiede la bomba atomica, poi la Libia, in una vera marcia verso la dominazione di queste zone del mondo. Sempre con la giustificazione di guerre umanitarie, lo scorso 11 settembre ci siamo trovati a ridosso di un possibile ennesimo conflitto, questa volta per dominare la Siria. Ed è di questi giorni la notizia che un gruppo di otto ricercatori, con a capo Niels Harrit dell’Università di Copenaghen in Danimarca, ha trovato nei ruderi delle Torri Gemelle, resti di esplosivi altamente tecnologici, i Nano Thermite, di uso e fabbricazione dell’esercito statunitense, confermando le indagini già condotte dal prof. Steven Jones degli Usa. Questo spiega la caduta libera degli edifici simile a una demolizione, cosa che un aereo non avrebbe potuto fare. Inoltre Larry Silverstein, proprietario dell’edificio numero sette, ha comprato in leasing l’edificio tra il 2000 e il 2001, facendo un’assicurazione di due bilioni di
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dollari sullo stesso. Subito dopo l’attacco, ha riscosso i soldi pagando gli appaltatori che hanno eseguito i lavori di demolizione. Esiste anche un rapporto dell’FBI, secondo cui nei dintorni dell’esplosione vi era un furgone del Mossad (la polizia segreta israeliana) che trasporta proprio degli esplosivi tecnologici. Gli agenti del Mossad furono arrestati e subito rilasciati. Con questo attacco sono scomparsi anche tutti i documenti del crack Enron, la società petrolifera americana, avvenuto durante il governo Bush. Inoltre, è stato utile per creare odio nei confronti degli arabi e giustificare le guerre per il petrolio e l’egemonia Israeliana nella zona. Attualmente negli Usa c’è una grande discussione su questi temi, e l’80% dei cittadini crede che il governo abbia mentito soprattutto ora che collabora con Al Qaeda nella guerra contro la Libia. Su questo le associazioni delle vittime delle Torri Gemelle e dei pompieri morti nel salvataggio, stanno chiedendo spiegazioni al governo.
La storia (vera) di Anas e del suo magico amuleto 6
di Noemi Bevilacqua “Stringo forte l’amuleto che mi ha lasciato mia madre. Mi ha stretto forte al petto fra i singhiozzi e le lacrime. Mi ha salutato sulla porta di casa, mi ha raccomandato di prendermi cura di me, di fare attenzione alle persone, di non fidarmi di nessuno durante il viaggio: “Stai attento figlio mio, non ti fidare di nessuno, attento che sanno che hai con te i soldi per il viaggio. Mi raccomando prenditi cura di te Dir balak a'la halak (Prendi l’occhio di Fatima così ti protegge)”. Poi ha iniziato a gridare fra le lacrime e mia sorella l’ha riportata in casa. Sono salito sulla macchina che mi ha portato verso confine con il cuore in gola e le lacrime agli occhi. Stavo lasciando la mia terra, la mia gente, i miei amici, le vie che avevo percorso migliaia di volte per andare a scuola, per giocare prima e per uscire poi. Stavo lasciando la mia gente. I profumi della mia terra. I colori della mia amata Gaza. Il sole, l’odore del mare, il caldo asfissiante dell’estate e il fresco piacevole delle belle serate estive passate a chiacchierare con gli amici. Stavo abbandonando anche i miei piatti, i miei cibi, i sapori della mia vita. In un secondo mi è sembrato impossibile vivere senza più mangiare le felafel o il maklubi. Stavo per salutare tutto e tutti, in un secondo mi sembrò che non ce la potevo fare, mi sembrò di non avere abbastanza forza, ma la macchina correva più forte della mia volontà. Non ricordo bene come ho attraversato il confine. I ricordi si sono tutti cancellati, mi sono ritrovato in un porto. Ricordo l’odore di nafta che si respirava, ricordo l’aria appiccicosa di salsedine, il freddo e l’umidità di notte. Ho aspettato diversi giorni e ogni cosa che vedevo e sentivo mi faceva sentire lontano da casa. Tutto aveva colori e odori diversi; credevo che solo in Europa avrei visto tanto la differenza, ma già lì non ero a casa. Già lì tutto mi era estraneo. Invece di parlarmi mi gridavano in continuazione: “Aspetta, devi aspettare! Non ci sono abbastanza persone per partire!”. E poi: “Il mare è troppo mosso e non possiamo partire, non è un problema nostro se non ti bastano i soldi”.
LA STORIA
Durante la notte i pensieri si accalcano nella testa e lo tormentano: “Perché devo subire tutto questo? Perché ho dovuto abbandonare mia madre, la mia casa, i miei amici? Perché devo essere insultato in questo modo? Perché non posso vivere come un europeo nella sua bella casetta con la macchina parcheggiata nel garage, il giardino curato e la famiglia tranquilla? Perché non posso tranquillamente trovare un lavoro nel mio paese, costruire una casetta e crescere li i miei figli? Mi piacerebbe passare il pomeriggio a chiacchierare con i miei amici dopo il lavoro, passare il fine settimana al mare, prendere il sole e passeggiare, rilassarmi. Invece ho avuto solo fame, miseria e paura per le bombe e per i soldati che ripetutamente entravano nel villaggio. Non ci sono posti tranquilli, non c’è lavoro, non c’è possibilità di vivere. Poi finalmente siamo partiti. Il peschereccio era vecchio e pieno si persone, c’erano donne e bam-
bini. C’erano però anche tantissimi ragazzi che come me volevano cambiare vita, volevano vivere. I ricordi vanno e vengono, mi rivedo seduto a terra, ricordo la puzza di nafta, il pianto dei bambini. Ricordo che il mare era mosso, stringevo in mano l’amuleto di mia madre, lo stringevo talmente forte che il palmo della mano mi faceva male. Lo stringevo e pregavo Tante persone attraversano il mare, tantissime arrivano a destinazione. Tanti tornano anche a casa dopo aver passato qualche anno in Germani o in Svezia. Perché non dovrei arrivare? Perché proprio io devo morire? Non posso morire, non voglio morire”. Tutto era in trambusto sulla nave,
tutto era in movimento, fra le onde i pianti, le grida, la sete anche la lucidità andava e veniva, nei momenti di lucidità mi ripetevo: “Perché dovrei affogare proprio io? Perché proprio io? E poi c’è l’amuleto di mia madre, il suo amore mi proteggerà”. Poi il mare si è calmato, non ricordo come, non ho capito quello che succedeva, hanno iniziato a gridare, a urlare. Non capivo quello che vedevo: stavano buttando la gente in mare: “Non è possibile! Non ci potete buttare a mare! Abbiamo pagato per arrivare fino a terra!”. Le urla aumentavano, si sovrapponevano: le urla isteriche di una madre a cui cercavano di strappare il bambino per buttarlo a mare e quelle angosciate dei ragazzi che erano in acqua: “Fratelli abbiate pietà, per pietà di Dio, aiutateci”. Ma niente. Ricordo che stringevo fortissimo l’amuleto e nel momento in cui sono stato buttato in acqua la prima cosa che ho pensato era che nelle mutande avevo dei soldi e così si stavano bagnando, ho pensato che stavo perdendo tutti i soldi che ero riuscito a mettermi da parte. Poi ricordo solo il buio, l’acqua gelida, la sensazione di mancanza d’aria e il panico, il panico che mi ha letteralmente paralizzato. Il mio corpo andava giù, mi mancava l’aria ma la mia mente era lucida. Correvo nel cortile di casa, nel cortile della casa vecchia, sentivo l’odore del limone, il profumo delle belle di notte che mio padre aveva piantato vicino alla porta di casa. Sentivo la brezza del vento che mi accarezzava la faccia mentre correvo. Sentivo la voce di mio fratello che mi chiamava, la sua voce di bambino: “Anas, prendimi! Acchiappami!”. E poi un rumore, quello della bomba che ha distrutto la nostra casa, la bomba che ha ucciso mio padre e la mia mante si è svegliata, ho aperto gli occhi e ho visto solo nero. Vuoto. Non c’era aria, non c’era luce. Ho provato a respirare, ma niente, non ricordo altro. Ho riaperto gli occhi e mi sono trovato
il Segno - Ottobre 2013
su una spiaggia, avevo freddo, avevo fame. Intorno a me non c’era nessuno. Solo il mare. Non so come mi sono mosso, da dove ho trovato la forza, ma ho iniziato a camminare. Mi faceva male tutto, le gambe, la testa, la schiena, la gola e la mano. Ricordo che ho aperto la mano e ho trovato l’amuleto di mia madre e sono scoppiato a piangere: “E’ l’amuleto che mi ha salvato”. Sono scoppiato a piangere, in ginocchio, con le braccia alzate al cielo; solo in quel momento ho capito che ero salvo, ho capito che non ero morto!”. Anas l’ho conosciuto, è un ragazzo di Gaza, arrivato in Europa (nel suo caso la Grecia) con un peschereccio dal quale è stato buttato a mare vicino alla costa. Lui si è salvato, ma ha detto di non ricordare cosa è successo agli altri. Anas ha chiesto l’asilo politico in Grecia e poi, perché non aveva da mangiare, non aveva più soldi e non conosceva nessuno, è venuto in Italia, a Roma, poi in Svezia e in Germania. Lì lo hanno respinto ed è tornato in Italia. Ha cercato lavoro, ha cercato quella tranquillità che ognuno di noi dovrebbe avere. Ma la legge non si preoccupa dell’essere umano. Anas è stato espulso dall’Italia perché aveva chiesto l’asilo politico in Grecia, non lo hanno voluto né in Svezia né in Germania. L’accordo di Dublino prevede che il richiedente asilo debba rimanere nella nazione in cui chiede asilo e prevede anche che la nazione in cui lo deve chiedere deve essere il primo suolo europeo che tocca. Finché noi non cambieremo le leggi, non cancelleremo la Bossi-Fini, l’accordo di Dublino e tutte le altre leggi che permettono la libera circolazione delle merci e non delle persone, quello che è successo ad Anas e a migliaia di altre persone non smetterà. Finché non capiremo che la vita umana è un bene supremo e che gli uomini hanno tutti pari dignità e pari diritti il mare nostrum continuerà ad essere un cimitero invece che un mezzo di incontro.
7 ATTUALITA’ Sièsvoltanellabibliotecacomunale di Lanuvio l’iniziativa di Handala Palestina il Segno - Ottobre 2013
La voce viva e coraggiosa dei poeti per non dimenticare la Palestina
di Daniela Di Rosa Ognuno di noi porta dentro di sé un piccolo don Chisciotte, ditemi chi non ha nel cuore e nella mente una causa a cui dedicare il proprio tempo, oppure un torto, un’ingiustizia da riparare? Da anni, troppi, aspetto che un popolo torni ad avere una patria, i Palestinesi. A dispetto di chi non vuol riconoscere la Palestina, Google (il motore di ricerca su Internet) l’ha già fatto… oggi voglio parlarvi di un’associazione di cui da anni faccio parte, Handala Palestina, ringrazio Noemi Bevilacqua e Odeh Amarneh che hanno fatto una scelta diversa, chiamiamola pure alternativa, non mostrare solo l’isolamento, la povertà, il dolore e la rabbia di un popolo oppresso, le violenze, i soprusi subiti da decenni da parte di Israele, l’indifferenza del resto del mondo davanti all’orrore, qualcuno pagherà mai per la strage di Sabra e Shatila? Handala ha fatto un’altra scelta non meno importante, portare a noi la cultura palestinese, non quella del passato… ma quella di oggi. Un Paese occupato esprime il suo dolore anche con l’arte, e allora l’associazione, con passione e coraggio, traduce testi di autori contemporanei… ma fa ancora di più, si mette in
contatto con scrittori e poeti e li porta da noi per farceli conoscere. Lo scorso 25 settembre a Lanuvio, presso la splendida sala della biblioteca comunale, abbiamo conosciuto due di loro, due poeti, Murad al-Sudani e Yousef al Mahmoud. I due autori, nel presentare i loro libri, “I segni del narciso e i desideri” e “Sulla cima di un garofano”, hanno descritto i loro stati d’animo di fronte alle vicende che hanno interessato e interessano la loro Terra. A supportare i poeti è intervenuto anche Salama Ashour in qualità di Presidente della comunità palestinese di Roma e del Lazio. Entrare direttamente in contatto con gli autori è importante, vedere la
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Murad al-Sudani e Yousef al Mahmoud
sala stracolma di gente, il Sindaco Luigi Galieti portare i saluti della città, il Consigliere delegato alla cultura Alessandro De Santis (udite, udite… poeta egli stesso) leggere alcune poesie degli ospiti… è stato stupendo!
Un ringraziamento speciale va ai due traduttori, Mattia Giampaolo e Odeh Amarneh, che dedicano il loro tempo e le loro energie per far conoscere un popolo che non si arrende e che ha scelto la cultura per testimoniare la sua identità.
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da Tokyo Toshi Kameda Il Giappone ce l’ha fatta contro la Turchia e la Spagna e i Giochi olimpici del 2020 avranno luogo a Tokyo. Tutta la nazione ne è entusiasta, 56 anni dopo la prima edizione che si tenne sempre a Tokyo. Ed è stata un’altra vittoria del primo ministro Abe. Ma in questo “riconquistare il Giappone” non tutto è andato liscio. L’attenzione primcipale del mondo durante la gara per la candidatura è stata incentrata sulle condizioni del Paese in seguito all’incidente nucleare di Fukushima, in particolare sulla fuoriuscita in mare di acqua radioattiva. E infatti, su questo argomento, sono state rivolte molte domande alla delegazione giapponese del Comitato Internazionale Olimpico (Cio) a Buenos Aires del 7 settembre ma il premier Abe è riuscito a convincere il Cio garantendo al mondo la sicurezza nucleare: “Io garantisco a chi si preoccupa per Fukushima che tutto è sotto controllo. Tokyo non ha mai avuto e non avrà mai nessuna conseguenza negativa”. Ma per noi, questa, è stata una novità assoluta perché ai cittadini non era mai stato detto. Abbiamo subito capito che si trattava di una dichiarazione fatta solo per fare bella figura all’estero. Se sapesse come stanno le cose, il Cio saprebbe anche che il premier ha ingannato il mondo. Una parola sincera è scappata appena sei giorni dopo dalla bocca di uno dei dirigenti della TEPCO (la società elettrica di Tokyo), presente a un incontro del Partito Democratico sull’incidente nucleare. Questo dirigente ha smentito il capo del governo dicendo: “Non vedo sotto controllo la situazione”. Sul numero di maggio scorso di questo giornale parlavo della perdita di acqua radioattiva dalle piscine, la quale filtrava nel terreno e ora sappiamo che anche da alcune vasche sono fuoriuscite 300 tonnellate di acqua altamente radioattiva. In una delle vasche è stato rilevato il più alto livello di radiazione, 1800 millisievert (mSV), talmente alto che in cinque minuti si può raggiungere la dose che un operatore del settore può tollerare in un anno (150 mSV). Sappiamo pure che tutta quest’acqua radioattiva è finita in mare insieme all’acqua sotterranea contaminata da quella dei tubi della centrale. Qui sono stati rilevati 2350 milioni di bequerel (Bq) del cesio al litro. Si può immaginare quanto è alto il livello delle radiazioni se si pensa ad alcuni livelli massimi ammissibili di radioattività per i prodotti alimentari: 10 Bq per l’acqua e 100 Bq per i prodotti in genere. Già dal maggio scorso si sospettava lo sversamento in mare ma la TEPCO lo aveva sempre smentito, fino a quando, il 22 luglio (il giorno dopo le votazioni politiche) veniva confermato. Era come se la TEPCO non volesse far notare agli elettori che il nucleare era davvero il problema principale, mettendo così in difficoltà il governo.
DIRETTA da TOKYO
il Segno - Ottobre 2013
Contro il nucleare, dentro il nucleare
Olimpiadi di Tokyo, pro o contro il nucleare?
Dopo la discordanza sul “tutto sotto controllo”, sia il governo che la TEPCO hanno dovuto precisare che il “tutto sotto controllo” voleva dire che l’acqua è tenuta ferma nella baia in un recinto di 300 metri quadrati. A questo punto però è difficile per i giapponesi crederci, visto che per più di due anni hanno lasciato che la situazione degenerasse. Un’associazione di accusa per l’incidente nucleare, ha tirato fuori un documento interno della TEPCO, indirizzato al governo appena tre mesi dopo l’incidente, in cui si evince che la società era consapevole fin d’allora della necessità di sigillare l’intero sotto-terra della centrale ma aveva preferito non far sapere al Paese nè i costi nè la data perché era preoccupata che il mercato considerasse la società vicina all’insolvenza a causa di spese aggiuntive di circa 862 milioni di euro. Alla fine ha costruito un muro su un solo lato (verso il mare) ma non è stato sufficiente a fermare la fuoriuscita dell’acqua radioattiva. In tutto questo tempo lo Stato è rimasto assente e ora finalmente ha preso l’impegno di stanziare 362 milioni di euro per risolvere il problema. Ma nonostante ciò, a Tokyo “non vi è nessun rischio”, ha detto il presidente del Comitato promotore olimpico, Takeda, perché “Tokyo è distante 250 km da Fukushima”. Sembra abbia dimenticato che Tokyo non è rimasta fuori dalla contaminazione radioattiva. Le sue affermazioni hanno suscitato l’indignazione degli abitanti che si sono sentiti abbandonati, perché in questo modo Fukushima appare come una zona insicura per le persone costrette a viverci e con agricoltori e pescatori che devono fare i conti con un mercato diffidente a causa delle radiazioni. La parola d’ordine per la candidatura alle Olimpiadi, che doveva conquistare la compassione del mondo, è stata: “Le Olimpiadi per la ricostruzione”, lasciando intravedere la possibilità di risollevare lo stato d’animo della popolazione colpita grazie ai benefici portati dagli effetti economici. La frase è bella ma si dimentica come sono utilizzati (o non utilizzati) i fondi stanziati. Per la campagna olimpica il Giappone ha già speso (considerando anche la precedente candidatura per il 2016) ben 105 milioni di euro mentre per i Giochi olimpici si prevede un costo di 5.646 milioni di euro circa. Non vengono utilizzati come dovrebbero 192,3 miliardi di euro per cinque anni (equivalenti al 27% del bilancio dello Stato), stanziati dal
I fusti di acqua radioattiva
governo per la ricostruzione. Risultano sfollati tutt’ora meno di 150 mila abitanti di Fukushima e in tre provincie colpite dallo tsunami sono state costruite soltanto 300 case sulle 25mila necessarie. C’è poi da dire che non sono stati utilizzati nè il 39% dei fondi per il 2011 nè il 35% di quelli per il 2012 a causa della mancanza di mano d’opera e dei materiali. Però sono già stati spesi 15,4 miliardi di euro al di fuori della ricostruzione, come la sistemazione delle strade statali di Okinawa (isola lontana 1.772 km da Fukushima), o i provvedimenti per contrastare le azioni della Sea Shepherd Conservation Society (un’organizzazione no-profit per la conservazione marina) contro la caccia alla balena da parte dei giapponesi. Ci sono sempre degli sciacalli tra i politici e i funzionari ministeriali che cercano ad approfittare del disastro per scopi impropri. Restano, quindi, ancora tante cose da fare, come lo smaltimento dei rifiuti e la decontaminazione, che richiedono lo sforzo dell’intera nazione. Le ultime parole del premier Abe, sono state queste: “Il problema della salute non c’è ora e non ci sarà neanche in futuro”. Mi hanno molto colpito e ancora una volta mi hanno fatto comprendere gli interessi della Mura nucleare. Nei prossimi sette anni o risolveranno tutti questi problemi o li copriranno con un gigantesco tendone. Vedremo, ma lo scetticismo rimane visto che, almeno la centrale nucleare di Fukushima, rimarà sempre un pericolo. toshiditalia@yahoo.co.jp
il Segno - Ottobre 2013
INDOVINA QUANTI SIAMO?
Al 31 luglio 2013 i residenti censiti nel Comune di Rocca di Papa erano 16.958 (maschi 8.390; femmine 8.568). Alla stessa data i nuclei familiari erano 6.264.*
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Con le ultime scelte politiche si èintrapresa una via pericolosa *dati forniti dall’Ufficio d’Anagrafe
di Sergio Rasetti Amministrare una piccola città è un compito più impegnativo che farlo per una grande, perché il giorno dopo un Consiglio Comunale che ha deciso cose importanti quelle approvazioni sono sulla bocca di tutti, commentate nei particolari, analizzate al microscopio, messe in relazione con i concreti risvolti per la città e i cittadini. Si mettono a fuoco responsabilità positive o negative di chi ha deciso, si memorizza a beneficio della scelta nella successiva tornata elettorale. In una grande città le notizie arrivano essenzialmente filtrate tramite organi di informazione un po’ complici o partigiani e praticamente nessuno ha l’esatta percezione di quello che sarà. A Rocca di Papa il caso è speciale. L’opinione pubblica sembra essere svanita nel nulla, ha lasciato il campo a un chiacchiericcio inconcludente. Della situazione ne approfittano i “poteri forti locali” mentre i “legittimi poteri pubblici” sono stati resi molto deboli da chi ha governato nel modo sbagliato. Non ci sono giustificazioni per chi ha ridotto il Palazzo in luogo dove si dà l’impressione
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che pochi sanno cosa realmente si approva e tra quei pochi possiamo tranquillamente escludere che ci siano più di 23 politici. Il Consiglio Comunale dello scorso 29 agosto, indica che è stata intrapresa una strada sbagliata e altri appetiti sostanziosi si faranno avanti a chiedere una sorta di “agevolazioni” come è stato fatto per la ditta Galli o a pretendere convenzioni “a perdere” come nel caso del Parco Comunale dei Campi d’Annibale. L’Assessore Silvia Sciamplicotti dice che l’approvazione del progetto Galli corrisponde ad un vantaggio sociale e alla riqualificazione ambientale, mentre alcuni Consiglieri elogiano l’imprenditore che spende due milioni di euro. I cittadini, in modo particolare i residenti, si chiedono di quali vantaggi potranno usufruire se non risultano opere di urbanizzazione pubbliche che l’interessato dovrà realizzare per un valore proporzionato all’investimento, prassi usuale quando si va ad agire in deroga ai Piani Regolatori vigenti. Visti i dubbi sulla legittimità di questa approvazione, docu-
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mentati dal nostro giornale, è probabile che il suo iter subisca una battuta d’arresto, se non addirittura un annullamento. Ma la vicenda, a dubbi confermati, dimostrerebbe che approssimazione, errore e/o arbitrio sono possibili nel nostro Comune e bisogna metterci immediatamente riparo tecnico e politico. La questione dell’anticipo di tre anni per il rinnovo di una convenzione per altri 19 anni, quella della gestione del Parco Comunale ai Campi d’Annibale, lascia sconcertati perché non sembra che ci sia una ragione plausibile. Evidentemente la pratica del rattoppo alle decisioni sbagliate del passato con gli attuali amministratori non può avere termine. Cosa impedisce all’Ammini-
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strazione Comunale di predisporre tutti gli atti necessari per definire una controversia pluriennale, compreso l’eventuale esproprio dell’area in questione che allo stato dei fatti non può che essere destinata a verde pubblico? A noi semplici cittadini non è dato sapere (il Consiglio Comunale è capace soltanto di decidere varianti al Piano Regolatore vigente, quello del 1974, per favorire uno sviluppo edilizio che si dimostra disastroso per il paese?). Si poteva aspettare la scadenza naturale della convenzione, prevista per il 2017, senza allungare il brodo per altri 19 anni. Ma forse le elezioni comunali previste per il 2016 determinano già decisioni che pesano per i consensi elettorali personali di qualcuno. Dalla minestra che abbiamo descritto si evince la necessità per ogni cittadino responsabile di tenersi informato. Seguire da vicino il Palazzo per costringerlo a rimettersi in “riga”. Per saperne di più, naturalmente non trascurando tutte le altre verifiche possibili, consigliamo di leggere i giornali locali e seguire in rete: ilsegnodiroccadipapa.blogspot.it e movimentoperroccadipapa.blogspot.it . servizio per ristoranti e alberghi
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Scuola riaperta, scuolabus soppresso... caos annunciato
Con l’avvio del nuovo anno scolastico per i genitori molte amare sorprese
di Federico Meiattini Come un fulmine a ciel sereno e senza alcun preavviso la Scuola Media a Rocca di Papa è iniziata il 9 Settembre! Il Comune è rimasto sorpreso di questo improvviso avvio delle lezioni! E pensare che era dalla fine del precedente anno scolastico che si era stabilita la data di inizio per il prossimo anno. Ma perché affannarsi a trovare una soluzione in tempo? Tanto i genitori degli alunni non lavorano e le mamme sono tutte casalinghe, in più oggi ci sono molti più disoccupati. Quindi perché preoccuparsi se qualcuno arriva tardi al lavoro? Come prevedibile, il caos trasporti è scoppiato proprio il 9 settembre. In sostanza il Comune ha dirottato il servizio Scuolabus sul trasporto pubblico ordinario e non ha preso nessun nuovo accordo con la Schiaffini che ha mantenuto gli stessi orari e percorsi dello scorso anno. La circolare ha continuato a partire alle 7,50 da piazza Margherita transitando per via Vecchia di Velletri alle 8,15 ed arrivando a scuola alle 8,35 (ingresso scuola: 8,15!). Risultato… prime note sui diari dei ragazzi per i ripetuti ritardi
all’ingresso della scuola! Ovviamente da giustificare a cura dei genitori e non a cura del Comune o di Schiaffini. L’assessore Fei, più volte contattato, sostiene che i primi giorni c’è sempre un consueto ritardo e che sarebbero state apportate successive modifiche agli orari. Perché non farlo da subito? Forse i primi giorni le strade di Rocca di Papa sono state modificate ed allungate? Non si sa quanto tempo occorre alla circolare per fare il medesimo tragitto che effettua tutti i giorni? A seguito di giornalieri appostamenti capisco che attualmente la circolare parte da piazza Margherita alle 7,40 transitando per via Vecchia di Velletri alle 8,05 e catapul-
tando gli alunni a scuola alle 8,15/8,20, proprio a ridosso dell’ingresso a scuola. É bene che i ragazzi imparino da subito che nella vita bisogna andare sempre di fretta. Senza considerare che sulle circolari non sono più presenti gli assistenti che hanno anche la funzione di controllare gli alunni. Il tutto, come sostiene l’assessore, per risparmiare 80mila euro all’anno… e tutti gli sprechi di soldi che vediamo presenti a Rocca di Papa? Uno scuolabus Dagli autovelox
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vuoti? Ai dossi artificiali installati e poi rimossi? Alla nuova sede del Comune? A tutti gli appalti pubblici che a fine lavori costano dieci volte in più di quanto preventivato? Però era fondamentale risparmiare questi soldi , anche se noi genitori pagavamo l’abbonamento a Schiaffini 20 euro al mese, esattamente quanto costa ora senza Scuolabus! Dov’e’ la differenza? Solo gli assistenti sui bus? Il nostro Sindaco aveva tra le priorità “l’accesso degli alunni alle strutture scolastiche”… obiettivo centrato! E infine mi rimane una perplessità, come si fa ad affidare l’amministrazione di un intero Comune a chi non riesce neanche ad organizzare orari e fermate di una sola linea di trasporto pubblico?
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Corse saltate e disagi continui ma il Comune resta a guardare I cittadini perdono la pazienza per i troppi disservizi nel trasporto del Cotral
di Gennaro Spigola In questi giorni alcuni cittadini, stanchi del mal f u n zio n am e n t o del trasporto CO.TRA.L. (non ascrivibile ai conducenti) hanno predisposto una petizione popolare per richiedere il rispetto delle corse, un possibile potenziamento e la ristrutturazione della funicolare per renderla agibile ed utilizzabile come sala d’attesa per potersi riparare dalle intemperie ed avere anche alcuni servizi: tabelle aggiornate degli orari e l’utilizzo dei servizi igienico sanitari. “Il Piccolo Segno” in più occasioni ha fatto presente al Sindaco ed ai vari Assessori con delega ai trasporti ed al bilancio che si sono succeduti, di promuovere presso l’Aula consiliare un incontro con i cittadini per poter discutere del trasporto pubblico esercito dal CO.TRA.L. che è l’unico mezzo di collegamento per Roma e viceversa e per le cittadine limitrofe. Nella totale refrattarietà le Istituzioni non hanno dato mai alcuna risposta, invece noi vorremmo capire una volta per tutte, in modo esaustivo, le motivazioni politiche ed economiche che determinano questo ingiustificato atteggiamento da parte del
Comune; sapendo che in una situazione di profonda crisi economica, gli stipendi, i salari e le pensioni si sono sistematicamente depauperati perdendo potere di acquisto (“grazie” alle politiche dei Governi tecnici e delle larghe intese) e visto l’aumento iperbolico dei carburanti, avere un servizio di trasporto pubblico efficiente significherebbe evitare di utilizzare il mezzo privato ed ottenere come importantissimo risultato un abbassamento dell’inquinamento atmosferico e poter disporre di un minimo di ammortizzatore economico. Non vorremmo, come accade in modo sistematico, che le Istituzioni, per l’enne-
Un pullman del Cotral
sima volta, decidessero di mutuare i contenuti della famosa commedia di Samuel
Beckett “Aspettando Godot”, dove il protagonista non arrivava mai.
Grande successo la raccolta di firme avviata dal Segno
La raccolta di firme per chiedere un servizio più efficiente da parte del Cotral ha avuto un grande successo tra i numerosi pendolari che ogni giorno, per studio, lavoro o altro, devono recarsi a Roma o nei paesi circostanti. Il traguardo delle 500 è vicino e presto la petizione sarà consegnata al Sindaco di Rocca di Papa, ai vertici della società regionale dei trasporti e all’Assessore regionale competente. Quello che i cittadini-utenti chiedono è un servizio che risponda a criteri di continuità, puntualità ed afficienza. Niente di più, niente di meno. “Da lungo tempo -si legge su uno dei
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moduli sottoscritti- il servizio è inaffidabile perché saltano ripetutamente e senza preavviso le corse. Tutto questo -continua- crea una condizione di disagio soprattutto per i tanti pendolari che usano quotidianamente il servizio di trasporto pubblico”. Nella stessa “raccolta-firme” si chiede anche l’apertura della stazione dell’ex funicolare, attuale capolinea del Cotral, affinchè possa essere utilizzata come sala d’aspetto, particolarmente adesso con l’arrivo dell’inverno. Vi terremo aggiornati sulla vicenda.
ROCCA DI PAPA Dopo le rivelazioni del Segno sul progetto approvato dal Consiglio Comunale
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La vicenda Galli non è conclusa Romei: “L’atto va annullato”
di Andrea Sebastianelli Dopo l’articolo del Segno, che ha rivelato alcune incongruenze tra la cartografia e le dichiarazioni sul progetto di ampliamento dell’area di proprietà di Carlo Galli (rivendita di materiale edile), la vicenda non sembra conclusa. Anzi. Adesso a voler far piena luce è il Consigliere Comunale Danilo Romei, vice-presidente del Consiglio Comunale, che sull’argomento ha presentato una mozione che ora dovrà essere discussa nella prossima assise comunale. Il progetto presentato dalla Edilmostra Galli, ricordiamo, è stato approvato nel Consiglio del 29 agosto scorso, un’approvazione che ha lasciato diversi strascichi di polemiche dovute ad alcune dichiarazioni “farlocche” pronunciate dall’Assessore all’Urbanistica di Rocca di Papa, Silvia Sciamplicotti. Scrive il Consigliere Romei nella sua proposta di mozione: “Durante il Consiglio Comunale del 29 agosto 2013 è stato dichiarato che i capannoni relativi all’attività produttiva oggetto della deliberazione n. 26 sarebbero stati edificati prima dell’anno 1995, avendo ottenuto il rilascio dei permessi da costruire”. Subito dopo si arriva al punto cruciale (su cui sarebbe stato presentato anche un esposto alla Procura della
2005
Danilo Romei
Repubblica), ossia la discordanza tra le foto e le dichiarazioni. Ecco che cosa scrive Romei: “In relazione alla deliberazione indicata [...], sono apparse recentemente sulla stampa notizie che contraddicono l’assunto di base dell’atto stesso, ovvero che in realtà la realizzazione di alcuni capannoni risulta successiva al 1995 e che tutto ciò risulterebbe verificabile da fotogrammetrie aeree storiche dell’area interessata”. Dunque, per il Consigliere di minoranza, “tale contraddizione rende l’atto approvato durante il Consiglio Comunale del 29 agosto 2013 del tutto privo dei presupposti tecnico-giuridici necessari”. Da qui la proposta, che sembrerebbe stia creando non pochi problemi alla giunta Boccia, di “impegnare il Sindaco e la Giunta Comunale affinché verifichino se quanto sopra risponde al vero e la sus-
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Fino al 2005 l’area si presentava così
2013
Tutti i nuovi capannoni sono in piedi
L’area appare ormai ben definita
sistenza di tutti i requisiti tecnico-giuridici ed amministrativi necessari per la validità della deliberazione approvata”. Infine, scrive ancora Danilo Romei: “Nel caso di insussistenza dei requisiti necessari si chiede che l’atto venga annullato in autotutela”. Una richiesta secondo noi le-
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gittima, che permette ai Consiglieri di tutelare le loro azioni dopo l’approvazione apparsa un po’ frettolosa nel Consiglio di fine agosto. Se l’amministrazione invece dovesse dare seguito alla sua decisione, non ravvedendo nulla di irregolare o illegittimo, i Consiglieri ne potrebbero rispondere in prima persona.
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L’ex farmacia comunale chiude per trasferirsi in un’altra zona Si apre l’ennesimo capitolo dopo la vendita della farmacia del centro storico
di Giulia De Giorgi La farmacia del centro storico, prima comunale e da poco venduta a un privato, a breve chiuderà e sarà trasferita in un’altra zona. La nuova proprietaria infatti ha lamentato la mancanza di clientela e di entrate tali da ripagarla nell’investimento fatto e ha scritto al Comune per comunicare la restituzione del locale, la rinuncia del contratto di affitto e la volontà di spostarsi in un’altra sede. “Cominciamo con il dire che in altri comuni le farmacie comunali non si vendono perché rappresentano la fonte principale di guadagno, invece qui a Rocca di Papa – dichiara il consigliere comunale Emanuele Crestini – non solo si danno a privati ma ci si permette anche di trasferirle a piacimento senza imporre vincoli ad un servizio essenziale per la cittadinanza”. È vero che la farmacia in questione ubicata nel centro storico non aveva un gran numero di clienti, ma è anche vero che non è stato messo in atto alcun intervento per accrescere il giro di affari e incentivarne le potenzialità commerciali, sia da parte del nuovo proprietario che l’aveva acquistata solo da qualche mese, sia soprattutto dall’Amministrazione comunale. “Solo nel comune di Rocca di Papa accade che le farmacie
chiudono per mancanza di clientela – osserva Crestini – l’Amministrazione infatti non si è mai preoccupata di intervenire per porre un freno al degrado del centro storico, per limitarne il continuo spopolamento, per risistemare le strade dissestate. La chiusura della farmacia – continua Crestini – è il risultato di una cattiva gestione del territorio e questo crea un danno ai cittadini che saranno privati di un servizio essenziale e un danno economico a tutta la collettività perché la cessazione di quest’ attività, ubicata nei locali di proprietà comunale, non porterà più l’entrata mensile di euro 1.800 per l’affitto”. Si apre, dunque, un nuovo capitolo della lunga vicenda legata alla dismissione della prima farmacia comunale di Rocca di Papa da cui l’amministrazione Boccia ha incassato circa 600 mila euro. Comprendiamo anche la decisione della dott.ssa D’Apolito, visto l’ingente investimento, ma ancora una volta avviene ciò che dalle pagine di questo
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“Pasquino” è tornato... elezioni alle porte?
Ai tempi quanno er Papa comannava A Roma se quarcosa nu nannava Er popolino ‘nvece de sta’ zitto Parlava co’ la voce mia pè scritto. La farmacia del centro storico
E mò ridà voce per adesso Cò tutto sto casino ché successo Immezzo ali partiti e le correnti Pe via de corruzioni e de tangenti.
Adesso è più difficile pe via Che armeno adesso c’è democrazia E nonostante questo frega frega Nù posso tifa certo pè la lega.
Emanuele Crestini
giornale abbiamo sempre scritto, cioè che in un quartiere semi-abbandonato e degradato, com’è purtroppo il nostro centro storico, la farmacia assolve soprattutto a un ruolo sociale e non unicamente economico. Per questo il Comune avrebbe dovuto conservarne la proprietà pubblica.
A Rocca pè la prossima elezione Se voio pia na posizione Lo voio fa pe singoli paesani Co li piedi puliti oltre che le mani.
E’ difficile me ne rendo conto Ma de provà co uno so’ pronto Prima de fassi avanti un poco nicchia Parlo del sor Antonio de La Trippa. E’ giovane è pulito per adesso E vò rimané tale mica è fesso Pe fa solo servizio e candidato Ed è per questo che so ritornato. Pasquino
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Ridurre la Tares? Si può fare maaRoccadiPapasembradino Quello che nel nostro paese sembra impossibile negli altri Comuni è realtà
di Daniela Di Rosa Le leggi ci sono e valgono per tutti. Oppure no, le leggi possono essere interpretate. Prendiamo la Tares, la tassa sui rifiuti, è obbligatorio pagarla, non si fanno sconti a nessuno. Qui a Rocca di Papa, una mozione presentata dal Consigliere Emanuele Crestini in uno degli ultimi Consigli Comunali, chiedeva al Sindaco di abolirla o ridurla per i commercianti del centro storico, quei pochi che ancora sopravvivono alla crisi, ma l’amministrazione rispondeva chiaramente che era impossibile, che non si possono fare dei distinguo, che le tasse le devono pagare tutti sia l’attività avviata e redditizia sia il piccolo locale quasi allo stremo, che è ingiusto ma che è la legge… e la legge dello Stato -hanno ancora spiegatonon può essere cambiata da nessuno, figuriamoci dal Comune di Rocca di Papa! Poi, casualmente, leggi di un paese siciliano, Solarino, il cui Sindaco toglie la Tares (la parte che incassa il Comune) a chi adotta un cane randagio. Avete capito? Chi prende con sé un cane non verserà nelle casse comunali la tassa sui rifiuti e servizi fin quando il cane sarà in vita! A garantire la buona salute dell’animale saranno i vigili con periodici blitz a sorpresa. Il
lungimirante Sindaco (Sebastiano Scorpo) mira ad aiutare il cane, la famiglia e il Comune stesso, risparmiando per il mantenimento a vita dell’animale in un canile convenzionato. L’iniziativa è destinata a diffondersi, visto che anche i Comuni di Pachino e Floridia (sempre nel siracusano) hanno adottato il provvedimento. E noi? Perché la nostra classe dirigente è così poco lungimirante? Eppure abbiamo un ufficio per i diritti degli animali, c’è un Consigliere preposto, e a lui, Giorgio Serafini, chiedo: perché no? Perché non provarci anche qui? Perché,
caro Serafini, non presenti un progetto e lo proponi in Consi-
glio? Non sia mai il Sindaco dica: proviamoci!
Presentata una mozione per ridurre le tasse ai commercianti del centro storico
Lo scorso 3 settembre il Consigliere Comunale di Rocca di Papa, Emanuele Crestini, ha presentato una mozione al Sindaco e alla Giunta chiedendo di porre al centro degli interventi più urgenti la situazione del commercio del centro storico di Rocca di Papa, l’antico quartiere roccheggiano che sta lerreralmente morendo. “Bisogna impedire la perdita di abitanti, la scomparsa delle attività artigianali, la chiusura dei negozi -ha scritto Crestini a Boccia- e per questo chiediamo all’Amministrazione comunale di Rocca di Papa che per le attività com-
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Continuano le nostre offerte contro la crisi:
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merciali e artigianali del centro storico, per tre anni dall’apertura, sia escluso il pagamento della TARSU (Tassa per lo smaltimento dei Rifiuti Solidi Urbani) e delle tasse pubblicitarie”. Inoltre, nella mozione, il Consigliere ha chiesto anche “che sia azzerata o fortemente ridotta la TARSU e la tassa sulle insegne pubblicitarie, per l’anno 2013 e 2014 per gli esercizi esistenti”, mentre per quanto riguarda gli anni passati viene chiesta la possibilità di sanare gli arretrati senza interessi e oneri aggiuntivi”. (M.L.)
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il Segno - Ottobre 2013
di Andrea Sebastianelli Lo avevamo scritto qualche tempo fa: sul mega appalto integrato (scuola materna-vecchio municipio-ex albergo Europa) prima o poi i nodi verranno al pettine. Detto... fatto. Lo scorso 12 settembre, infatti, la Fam Srl (la società aggiudicataria dell’appalto integrato) ha citato il Comune di Rocca di Papa all’udienza del 7 gennaio 2014 per una serie di inadempienze contrattuali, tra cui il pagamento dei lavori eseguiti, il versamento dei relativi interessi, il mancato utile e il danno arrecato dal punto di vista economico all’azienda. In totale la Fam Srl chiede circa 2milioni di euro, soldo più soldo meno. Ripercorriamo le tappe più significative di quest’appalto integrato, che prevedeva la realizzazione della nuova sede comunale (ex albergo Europa di piazza della Repubblica), la costruzione della nuova scuola materna ai Campi d’Annibale, e il trasferimento della proprietà dell’attuale sede comunale (Corso Costituente). La cifra iniziale di 2,3 milioni di euro per la realizzazione delle due strutture, dopo alcune verifiche, modifiche progettuali e varianti, in poco tempo arrivava a poco più di 3milioni di euro. Per procedere ai nuovi lavori previsti, però, l’amministrazione avrebbe dovuto approvare la perizia di variante. Ed è proprio questo che la Fam Srl imputa al Comune, il non aver eseguito atti necessari e che solo la pubblica amminisrazione poteva fare. Tanto che il 20 febbraio 2011 lo stesso Sindaco di Rocca di
Nuovo Municipio, la Fam chiede 2 milioni all’amministrazione ROCCA DI PAPA
Papa formalizzava la sospensione dei lavori. Già cinque mesi dopo, l’impresa appaltatrice sollecitava da un lato l’approvazione di questa variante, dall’altro contestava un altro inadempimento: il pagamento di quanto maturato per l’esecuzione dei lavori per una cifra di 941mila euro. Visto il silenzio dell’amministrazione, in preda alla crisi finanziaria più pesante degli ultimi trent’anni, la Fam Srl inviava il 31 maggio 2012 un atto di diffida e di costituzione in mora. A questo punto il Comune risponde il 18 luglio, invitando l’impresa a riprendere i lavori, pena l’applicazione di forti penali. Ma non essendo stata approvata alcuna perizia di variante, non si comprende come la Fam Srl potesse proseguire i lavori: applicando il progetto iniziale? Quello della variante? Non lo sappiamo. Così arriviamo a oggi con l’atto di citazione e la richiesta di pagamento del dovuto e dei danni subiti, il tutto con gli interessi. Più volte avevamo sollecitato Sindaco e Assessore a fare chiarezza sulla vicenda, dicendo ai cittadini come stessero le cose. Ora comprendiamo il silenzio da parte di chi ci governa, visto come hanno gestito l’opera pubblica
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più importante dal punto di vista dell’immagine. Che cosa accadrà adesso? Difficile pensare che il Comune potrà saldare il dovuto e il timore è che la Giunta Boccia, non sapendo più come uscire da questo labirinto (peraltro creato da essa stessa) decida di lasciare la proprietà dell’ex albergo Europa alla Fam Srl così da realizzarci magari appartamenti, negozi, uffici, ecc.
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Una soluzione che definire bizzarra e inadeguata è poco visto quello che quest’appalto integrato ci è costato in termini di sopportazione (ritrovandoci un rudere sulla piazza principale del paese) e in termini di attesa, essendo passati circa 1.600 giorni dall’inizio dei lavori. Come al solito, i danni li pagheranno i cittadini mentre gli amministratori continueranno a farla franca.
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il Segno - Ottobre 2013
Caro Comune, quando deciderai di avviare l’erogatore dell’acqua? Non ci rassegniamo all’idea che la “casetta dell’acqua” non funzioni
di Sergio Rasetti La casetta che vedete è la sorella frascatana di quella roccheggiana che non è mai entrata in funzione per erogare “l’Acqua del Sindaco”, depurata e fresca, gasata o naturale a bassissimo costo; mentre il macchinario posto all’interno ronza da mesi giorno e notte consumando energia elettrica e logorando inutilmente se stesso. Da notizie di corridoio, nel Palazzo le informazioni non circolano nemmeno tra stanze attigue, apprendiamo che il nostro Comune non ha preso in carico l’impianto, finanziato dalla Regione, per motivi economici. Non ci sarebbero i soldi per pagare il personale necessario. Una situazione che si ripete normalmente a Rocca di Papa dove le opere pubbliche finiscono per essere abbandonate a se stesse perché nessuno aveva
provveduto a stanziare i fondi per i costi di gestione e finiscono male in poco tempo. Altri esempi? Parcheggio interrato di Piazza Claudio Villa. Costosa opera realizzata senza nessuna valutazione dei relativi costi di gestione, ora praticamente svenduta a 18,00 euro meseposto macchina. Parco Comunale Landsberg, per il quale siamo a un nuovo intervento costosissimo di recupero perché distrutto e inaccessibile al pubblico, stato certificato soltanto dietro insistenza dei cittadini. L’elenco potrebbe continuare ma sarebbe inutile. Siamo convinti che i responsabili conoscono molto bene pregi e difetti delle cose fatte. Ma ai lettori chiediamo di fare la loro parte e di non lasciarli tranquilli nel dolce far niente o cose sbagliate. Nell’attuale situazione c’è bisogno dell’interessamento di tutti.
La “casetta dell’acqua” di Rocca di Papa...
...e la “casetta dell’acqua” della vicina Frascati
Sara Conforto si è laureata in “Economia Management”
Marco e Antonella Conforto annunciano con grande soddisfazione la Laurea della figlia Sara. La nostra giovane concittadina, lo scorso 18 luglio, si è laureata in Economia management 5° specialistica”, ottenendo 110 e lode, con una tesi dal titolo: “La pressione competitiva e le strategie per la qualità nel settore tessile e abbigliamento”. Un tema quanto mai attuale vista la crisi che tutti possiamo toccare con mano. A Sara vanno i complimenti anche dell’intera redazione del Segno.
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Tanto amianto intorno a noi, ora è necessaria una bonifica generale il Segno - Ottobre 2013
materiale pericolosissimo finisce di Luigi Serafini Non bastano le onde elettromagnetiche direttamente nell’ambiente natuche ci bombardano in ogni ora del giorno rale, pian piano ricoprendosi di e della notte; oppure lo smog del traffico terriccio fino a sparire del tutto. cittadino; ora (ma in realtà la situazione è Ma solo apparentemente. così da qualche decennio) abbiamo anche Per quei pochi che ancora non sanno che l’amianto, l’eternit, che ci ha letteral- cosa sia l’amianto, ricordo solo che oggi mente accerchiato. Camminando per il l’utilizzo dell’amianto è bandito in quasi centro storico di Rocca di Papa si possono notare decine, forse centinaia di situazioni in cui l’amianto si mostra in tutta la sua pericolosità. Tetti ondulati per decine di metri quadrati, spesso rovinati, scrostati, con la polvere pronta a svolazzare fino a raggiungere i nostri polmoni. Poi altre decine (centinaia) di Piazza De Gasperi oggi canne fumarie dello stesso materiale si innalzano nel cielo, spesso spez- tutti i Paesi dell’Unione Europea perché zate, spaccate o con evidenti crepe. Se la pericolosità dell’amianto consiste nella chiedi al proprietario se abbia mai valu- sua cancerogenicità per l’apparato polmotato la possibilità di sostituirle ti viene nare. Certo, la sceinza ci dice che tale semplicemente risposto che costa troppo. dannosità avviene soltanto se il materiale Ma anche nelle periferie di Rocca di Papa, che contiene amianto si trova in condiCampi d’Annibale e Vigne, mi è capitato zioni di friabilità, con la conseguente didi imbattermi in vecchi contenitori del- spersione di fibre nellaria. Il problema è l’acqua, spesso utilizzati per annaffiare che girando per in paese abbiamo risconorti o giardini. Alcuni sono davvero trato proprio questa friabilità dei mateenormi che è difficile persino pensare di riali. Qualcuno, opportunamente, ha provveduto a ricoprire con una vernice poterli spostare. Infine, basta farsi un giro per i boschi per speciale alcune lastre di eternit così da garendersi conto che molto spesso questo rantirne la consistenza, impossibilitato a
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pagare le ingenti cifra che occorrerebbero per smaltire come prescrive la legge. Qui infatti sta l’altro problema dell’amianto, lo smaltimento, perchè smaltirlo è un’operazione delicata che può essere fatta solo da personale specializzato e a prezzi piuttosto alti per il bilancio di una famiglia... tanto più in un momento di crisi economica come quella che stiamo vivendo. E allora? Che cosa si può fare per cercare di arginate la situazione? Qualcosa può essere fatto. Intanto, molti Comuni ormai preferiscono compartecipare (alcuni addirittura pagare totalmente) per lo smaltimento, favorendo in questo modo una bonifica radicale e mirata. Anche perché intervenire quando il cassone o le lastre finiscono a ridosso dei cassonetti dei rifiuti urbani o dei boschi costerebbe molto di più alle casse pubbliche. Quindi, meglio prevenire, perchè a oggi un conteggio totale dei morti per amianto nessuno lo ha ancora fatto.
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il Segno - Ottobre 2013
Non sono più ammessi politici senza argomenti
Gli amministratori devono fare bene il loro lavoro L’idea dell’Ass.zione ORA
“Un Gruppo d’acquisto per l’energia elettrica”
“Basta con gli aumenti delle bollette, stabiliamo noi il prezzo dell’energia!”. Con questo sloogan, l’Associazione ORA, in collaborazione con “Il Segno”, vuole costituire un Gruppo di Acquisto formato da utenti domestici ed attività commerciali, artigianali e professionali disposti a cambiare fornitore di energia Elettrica e Gas a patto che il prezzo della componente energetica ed accessori vari venga ridotto di almeno il 30% e con il blocco per tre anni dalla data di stipula del nuovo contratto. Stabiliamo noi il prezzo equo da pagare facendo sentire il peso della nostra potenza contrattuale. L’Associazione tratterà direttamente con i gestori dei servizi energetici “Elettricità e Gas” il prezzo del Kw/h e del Mc. Aderisci a questa iniziativa, non costa nulla e ti darà la possibilità di porre un freno ai costi energetici; l’adesione non è vincolante, una volta conosciute le condizioni offerte ognuno è libero di accettarle o no. Non affrontare la crisi da solo, l’unione fa la forza! Sul sito dell’Associazione (www.associazioneora.it) nella sezione “Operazione Risparmio Energia”, potrai compilare il modulo di adesione. Affrettati ad iscriverti e comunica l’iniziativa anche al tuo amico o vicino; vogliamo essere pronti entro il prossimo 31 ottobre con almeno 3.000 utenti. L’Associazione ORA, fondata da alcuni cittadini-consumatori e da alcuni commercianti di Rocca di Papa, è nata con l’intento di far incontrare le esigenze di chi consuma, in termini di qualità ed economicità, e quelle delle piccole attività commerciali sempre più schiacciate dalla crisi. “Associazione ORA” Rocca di Papa
di Sergio Rasetti Non è raro sorprendere politici nostrani ad attardarsi a criticare il nostro giornale con argomenti che nulla hanno a che vedere con la sostanza di quanto scriviamo. Preferiscono parlare di caratteristiche o situazioni personali degli articolisti, pensano di allontanare così l’attenzione dagli argomenti trattati e alleggeIl municipio di Rocca di Papa e, sotto, l’ingresso rire il peso delle loro responsabilità di Amministratori. Farebbero meglio a dedicarsi sicuramente più vissuto come ineluttabile con più attenzione, serietà, amore (e di- ma è decisamente rifiutato. sinteresse personale) al compito che si Non vi resta che prenderne atto, cari eletti sono scelti candidandosi a governare la e incaricati dagli eletti: vi dovete rassecomunità e ascoltare Papa Francesco gnare a fare bene il vostro lavoro. Il no“Prima di chiacchierare mordetevi la lin- stro giornale, che per le vostre “debolezze” è dovuto diventare “una sengua”. Danno l’impressione di galleggiare in un tinella per la legalità” potrebbe allora deruolo per il quale non sono preparati. Le dicarsi ad altri argomenti che, a noi per decisioni su tariffa mensa scolastica e se- primi, interessano di più. zione scuola materna comunale “rivisi- Sarebbe una fortuna per tutti, soprattutto tate” dopo le dure proteste delle famiglie per voi. e “l’ipotesi di ricorsi sulla legittimità di alcune delibere o denunce alla Corte dei Conti”, dimostrano superficialità o cattiva coscienza. Sono fatti che non infondono alcuna fiducia nei confronti della Pubblica Amministrazione. La crisi politico-economica non consente più pressappochismi nelle decisioni e il metodo dei favoritismi per i clan al potere (si racconta di contatti con alcuni contestatori per soluzioni ad personam... sarà vero?). Tutto ciò, ora che tante famiglie sono praticamente sul lastrico, non viene
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Dalla stanza n. 8 dell’ex convento partì l’avventura della Radio dell’Eur Storia della prima antenna installata a Monte Cavo che diede vita alla colonizzazione
possedeva un ricco casotto autocostruito in mezzo al piazzale principale ed una grandissima antenna che spesso riceveva le visite del suo famoso e rispettato padrone, Claudio Villa, che si inerpicava sui tornanti della delle radio libere” mentre per i montagna con le sue poderose roccheggiani stava diventando un vero e proprio “inferno”. motociclette”. Da Monte Cavo, inutile dirlo, si Spesso era necessario “precipitarsi dominava il mondo! La Capitale in cima a Monte Cavo per sisteera “coperta” praticamente per mare il trasmettitore. Sulla cima di intero. Le periferie romane rice- quella montagnola -viene ancora vevano un segnale forte e pulito. raccontato- c’era una quantità paIl territorio raggiunto andava da rossistica di antenne, e di consenord dei Monti Cimini fino a Ci- guenza di radiofrequenza, da cuocere in volo gli uccelli che pasAlcuni ripetitori radiotelevisivi installati vitavecchia, arrivando a est oltre savano davanti. I tubi al neon si a ridosso dell’ex albergo Grimaldi a Monte Cavo Tivoli e a ovest fino alle coste della Sardegna. “Attivammo in- accendevano anche senza attacdi Andrea Sebastianelli tere era piuttosto scarso, pensa- volontariamente, senza saperlo - carli al filo della corrente. E, cosa In tutti questi anni nei quali ab- rono a una soluzione alternativa, prosegue il fondatore di Radio molto pericolosa, i tubi dell’acqua biamo più volte parlato della que- ossia creare un ponte-radio con la Euro Sound-, un ponte radio Rai ai quali tutti diligentemente attacstione-antenne, molti lettori ci vetta di Monte Cavo, l’antico posto in cima al monte Argenta- cavano la presa di terra portavano hanno posto una domanda chiara Mons Albanus che sovrastava la rio. Questo fatto attirò subito su una tensione di circa 120 volt”. e semplice: quando venne instal- città di Roma. Era il 1977. di noi l’attenzione di un settore Già in queste frasi si possono colato il primo ripetitore radio-tv “Decidemmo –racconta uno dei della radiotelevisione italiana a gliere i pericoli a cui l’intera posulla vetta di Monte Cavo? Per fondatori, Fabio Conteduca, oggi noi fino a quel momento del tutto polazione di Rocca di Papa scoprire quando si è verificato professore all’Università di sconosciuto, il centro controllo sarebbe andata incontro successiquest’evento che avrebbe condi- Roma La Sapienza, specialista in ricezione Rai, che iniziò nei no- vamente, con la politica di quegli zionato in negativo la storia di Ortopedia e Traumatologia, fa- stri confronti una sorta di inda- anni (come quella di oggi) rimasta Rocca di Papa, è necessario fare moso anche per aver operato il gine-persecuzione per avere immobile e silenziosa di fronte a una breve panoramica sul fer- calciatore Fabio Cannavaro- di informazioni su zona di emis- una rivoluzione che avrebbe tramento che caratterizzò la nascita prendere in affitto la stanza nu- sione e potenza di trasmissione. sformato in peggio l’intero territodelle prime “radio libere locali”, i mero otto del convento, allora N e g a m m o cosiddetti “pirati dell’etere”. trasformato in un ristorante, ge- sempre tutto Monte Verso la metà degli anni Sessanta stito da un anziano e tenebroso si- su fal’Europa fu letteralmente invasa gnore, sempre rigorosamente Cavo, gli da un vento culturale che, tra le vestito con una giacca blu chia- cendo tante cose, portò con sé una mato Grimaldi. Il ponte-radio fu gnorri con grande voglia di libertà, sotto costruito segretamente -continua- grande faccia tosta e prose- rio, decretandone il degrado e l’abogni punto di vista. Così i giovani non dicemmo che si trattava di guendo per la nostra strada”. bandono. più intraprendenti, appassionati un’emittente privata bensì di un Poco dopo arrivarono tutte le Successivamente la storia si sadi musica ma non solo, comincia- ponte radiotelefonico su una fre- altre, occupando ciascuna una rebbe arricchita di altre verità, rono a interessarsi a un mezzo, quenza assolutamente indichiara- stanza dell’albergo. La vetta di mezze-verità ed omissioni, che anquello della radiodiffusione indi- bile. Inizialmente andò tutto Monte Cavo, per i futuri anten- cora oggi imperversano indisturpendente, con cui avrebbero po- bene, anche se ben presto la lun- nari, divenne il primo “paradiso bate. tuto dare voce alla loro voglia di ghezza dei dipoli dell’antenna cambiamento che, per esempio in tradì l’esatta lunghezza d’onda Italia, i canali Rai non riuscivano della trasmittente. Col passare del più a soddisfare. tempo fummo anche ospiti ben Nella penisola, la prima in asso- graditi”. luto ad iniziare le trasmissioni fu Così ebbe inizio la colonizzaRadio Parma il 1° gennaio del zione di Monte Cavo, anche gra1975. Seguirono Radio Milano zie al benestare del Sig. Pacifico VIENI a SCEGLIERE International (marzo 1975) e Grimaldi che, un po’ avanti con Radio Roma (16 giugno 1975). l’età e affaticato dal lavoro di ale PRENOTARE La storia della prima antenna di bergatore-ristoratore, evidentei TUOI REGALI Monte Cavo, invece, comincia mente non poteva comprendere poco dopo nel quartiere romano che cosa quel gesto avrebbe sidi NATALE da NOI dell’Eur, verso la fine del 1976. gnificato per il futuro dei rocUn gruppo di amici diede vita a cheggiani. Pagamenti personalizzati Radio Euro Sound e dopo aver “Eravamo la sola emittente radioaffittato per alcuni mesi un appar- fonica del cucuzzolo –spiega anCorso della Costituente, 32 - Rocca di Papa (Rm) tamento in via Paolo Di Dono, cora il Prof. Conteduca-, Tel. 06-9498667 visto che il segnale per trasmet- all’infuori di Radio Lazio che
Orlando Brunetti
Gioielleria
il Segno - Ottobre 2013
di Andrea Sebastianelli Sono passati quasi sei mesi dal preoccupante allarme lanciato dal prof. Fiorenzo Marinelli, dell’Istituto di Genetica Molecolare dell’Università di Bologna, circa i rischi a cui è sottoposta la popolazione di Rocca di Papa a causa del groviglio di ripetitori radio-tv che irradiano dalla vetta di Monte Cavo e da altre zone del paese (Madonna del Tufo, Villa Romiti, Maschio delle Faete). Sei mesi nei quali è accaduta una sola cosa: silenzio, silenzio e ancora silenzio. Da parte di tutti: a cominciare dal Sindaco di Rocca di Papa, Pasquale Boccia, che di fronte alla richiesta rivolta alle Istituzioni (politiche e sanitarie) di darsi una mossa affinché la popolazione venga messa in sicurezza, non ha detto una parola nè affisso un manifesto. Ma non è il solo. Nessuna forza politica ha raccolto i dati sconvolgenti emersi nel convegno tenutosi il 2 maggio scorso presso l’Università di Roma La Sapienza, promossa dall’ARPA Lazio (l’Azienda Regionale per la Protezione dell’Ambiente) e dal CIRPS (il Centro Interuniversitario di Ricerca per lo Sviluppo), che hanno dimostrato gli effetti nocivi sulla salute umana del bombardamento continuo, 24 ore su 24, delle onde elettromagnetiche. Sconvolgenti per tutti ma evidentemente non per la politica locale e regionale e neppure per la stampa, con l’eccezione del Segno che sul numero di luglio lanciava l’allarme.
A P P R O F O N D I M E N T O
IL PRIMO STUDIO PRESENTATO A ROMA Eppure, sia lo studio presentato dai ricercatori Maria Teresa Di Genova e Ivano Lonigro (“Monitoraggio elettromagnetico dell’ambiente nella provincia di Roma e analisi delle colture cellulari esposte”), sia quello condotto dal
L’era dei Ponzio Pilato
Ora la scienza dice che “la popolazione di Rocca di Papa è a rischio e va protetta” a causa delle radiazioni emesse dalle radio-tv, ma la politica e le istituzioni preferiscono il silenzio, lasciando i cittadini soli con le loro paure
prof. Marinelli (“Effetti genetici dei campi elettromagnetici ambientali su cellule in coltura”) hanno dimostrato senza ombra di dubbio che le cellule esposte alle radiazioni si sono ammalate. I ricercatori sono arrivati a tali conclusioni effettuando un centinaio di campionamenti su tutto il territorio abitato di Rocca di Papa e l’area più esposta è risultata proprio quella con la più alta densità di popolazione, in cui è stato riscontrato il superamento dei limiti fissati dalla legge, 6 volt/metro. Una delle strutture sottoposte ad analisi è stata la Scuola media Leonida Montanari, che dista 1,4 km in linea d’aria dalla vetta di Monte Cavo. Qui i ricercatori hanno effettuato le misurazioni dei campi elettromagnetici elaborato delle piantine da cui si evince che le aule 25 (posta al primo piano) e 41 (secondo piano), oltre ai bagni sempre del 2° piano, sono quelle maggiormente esposte alle onde. Le conclusioni dei due ricercatori de La Sapienza hanno evidenziato a Rocca di Papa il superamento dei limiti imposti dal Decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri (DPCM) del 2003. Scrivono Di Genova e Lonigro: “I valori rilevati superano di 10.000 (circa 2 V/m) e 30.000 (circa 6 V/m) volte il valore del fondo naturale del campo elettrico nelle regione delle alte frequenze. Nell’ambiente di vita -proseguono- l’esposizione a campi di 10,64 e 3,5 V/m di radiofrequenza causa una marcata citotossicità e una morte cellulare programmata delle cellule (apoptosi)”. I due studiosi hanno poi concluso il loro studio chiedendo un “monitoraggio periodico delle aree in cui l’esposizione della popolazione risulta elevata”, confrontando i “valori rilevati con analisi epidemiologiche della popolazione ivi residente”. LO STUDIO DEL PROF. MARINELLI Veniamo ora allo studio condotto dal prof. Marinelli, il quale dopo aver confermato che lo “IARC (International Agency for Research on Cancer) classifica i campi elettromagnetici a radiofrequenza come possibilmente cancerogeni per l’uomo”, analizza i ri-
sultati delle cellule CEM in coltura presso il secondo piano della scuola Leonida Montanari di Rocca di Papa (da un’aula in cui si vede il panorama di Monte Cavo, da uno dei corridoi a dai bagni). Il Prof Marinelli ha effettuato le misurazioni dell’elettrosmog e in questi ambienti è risultato un livello di 7,88 V/m (1,88 superiore ai limiti di legge). Il successivo prelievo delle cellule incubate in apposite fiasche, e la conseguente analisi di proliferazione, hanno dimostrato la “trasformazione apoptotica nelle cellule irradiate da radiofrequenza”. La fase successiva è stata l’osservazione al microscopio ottico 400x sia delle cellule non esposte che di quelle esposte per capirne le differenze. Le conclusioni del prof. Marinelli non si sono discostate molto da quelle di Di Genova e Lo Nigro, ma sono state ancora più esplicite e chiare. Scrive Marinelli: “Ci sono evidenze sceintifiche che la radiazione: 1) sia un rischio per la salute segue a pag. 21
segue da pag. 20
IL SILENZIO DELLE ISTITUZIONI E le istituzioni? Come hanno reagito ai risultati presentati il 2 maggio scorso? Rimanendo ferme e immobili, preferendo (dicono) lavorare nell’ombra senza allarmare troppo i cittadini di Rocca di Papa. Se dopo quarant’anni di silenzi, ancora non si è compreso che battaglie di questo tipo si vincono soltanto coinvolgendo cittadini, associazioni e stampa, vuoldire che la strada da percorrere è ancora molto lunga. Nel frattempo a manifestare preoccupazione sono soprattutto i genitori dei bambini che frequentano la scuola Leonida Montanari. Alcuni si sono dotati di misuratori di elettrosmog per effettuare da sè le verifiche dei livelli espositivi. Cosa che avrebbe dovuto fare il Comune: dotarsi di apparecchi autonomi in grado di rilevare quotidianamente, 24 ore su 24, i livelli di onde elettromagnetiche che ci colpiscono inesorabilmente, a tutela di tutti. Se i genitori arrivano a questo vuoldire che le istituzioni li hanno completamente abbandonati e se nemmeno i timori per la salute dei cittadini più deboli fa smuovere la melma dell’elettrosmog è difficile prevedere un futuro roseo. Le istituzioni sembrano impegnate solo a spegnere l’allarmismo di chi si sente minacciato o sente minacciati i propri familiari: “Gli apparecchi che usate non sono a norma”; “Bisogna procedere per legge”; “Le verifiche effettuate dagli enti preposti dicono che i limiti di legge sono rispettati”. Tutte giustificazioni
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dei cittadini di Rocca di Papa; 2) le cellule sottoposte allo stesso campo che irradia le persone, si ammalano. Le cellule esposte mostrano alterazioni di proliferazione, geni apoptotici di sopravvivenza e metilazione del DNA; 3) è possibile che il campo che danneggia le cellule in coltura danneggi anche la popolazione; 4) occorre fare una indagine epidemiologica dividendo la popolazione in classi di esposizione”. Conclude quindi il prof. Marinelli che è “indispensabile che le istituzioni sanitarie e politiche attivino un sistema di protezione della popolazione”. Fin qui la scienza.
Quarant’anni di continuo bombardamento
La vetta di Monte Cavo
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che se fino a ieri potevano essere accettate, oggi, dopo gli studi scientifici presentati a Roma, e che non lasciano campo ad alcun dubbio, non sono più ammesse. Intanto, se le istutuzioni e la politica sono rimaste al palo, a muoversi ancora una volta sono i Comitati di Quartiere di Rocca di Papa (Campi d’Annibale, Centro Storico e Vigne) che insieme hanno sottoscritto un documento in cui chiedono la tutela dei cittadini anche alla luce di quanto emerso dal convegno de La Sapienza del 2 maggio scorso. “La nostra pazienza è arrivata al limite estremo -dice Gianfranco Silvestrini, presidente del Comitato dei Campi d’Annibale- e la politica non può più fare finta che l’elettrosmog non esiste e che, peggio, i tanti roccheggiani ammalati non esistano”. Parole dure che confermano le preoccupazioni di un’intera
cittadina. In ogni famiglia ci sono persone ammalate; molte famiglie hanno già vissuto il dolore di un loro familiare morto per un tumore, una leucemia fulminante, o altre patologie che troppo spesso sono considerate la normalità. Abituarsi alla morte e alla sofferenza è l’anticamera della fine perché si perde anche la voglia di combattere, subentra la rassegnazione. L’assenza delle istituzioni a tutti i livelli, a cominciare da quelle locali che dovrebbero essere le più vicine ai cittadini, comincia davvero a non essere più tollerata e tollerabile. Oggi questa assenza, e questo silenzio, hanno l’odore della complicità. Dopo i risultati presentati a Roma ci aspettavamo manifesti, volantini, un Consiglio Comunale straordinario; dopo che eminenti scienziati hanno detto chiaramente che la popolazione di Rocca di Papa è a ri-
A P P R O F O N D I M E N T O
schio e che quindi deve essere messa in sicurezza, ci aspettavamo una dura presa di posizione da parte del primo cittadino, degli amministratori e dei Consiglieri tutti. Invece ancora una volta hanno preferito la strategia di Ponzio Pilato, lavarsi le mani e lasciare i cittadini da soli, gli ammalati con il loro dolore, i familiari con la loro rabbia, i genitori con i loro dubbi e le loro paure. Se la “questione elettrosmog” rappresenta un problema che la politica giudica irrisolvibile, la stessa politica ha il dovere di dirlo chiaramente invece di nascondersi. Ma quanti altri morti dovranno ancora essere sacrificati sull’altare degli interessi politici ed economici che ruotano intorno al sito di Monte Cavo? Andrea Sebastianelli
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PARCO dei CASTELLI
il Segno - Ottobre 2013
“Non potete giudicare “Ci aspettavamo dei dopo appena 2 mesi” primi chiari segnali” La parola al Commissario del Parco
di Sandro Caracci* Egregio Direttore de Il Segno, mi auguro di veder almeno pubblicata questa mia breve nota, considerato che, sebbene le abbia dato la massima disponibilità a rispondere alle sue domande circa i miei obiettivi per questo Parco, sembra non essere interessato ad ascoltare la mia voce. Anche giovedì 3 ottobre le è stata inviata un’email nella quale si ribadiva la mia disponibilità a un incontro, sia di persona che telefonico, ma anche quell’invito è rimasto inascoltato. Quindi, per amor di chiarezza, spero mi dia almeno modo di replicare alla Lettera aperta pubblicata da Il Segno sabato 5 ottobre, in attesa di avere il piacere di risentire la sua voce al telefono, rimasto muto dopo il suo “la richiamerò io” di qualche settimana fa. Ritengo che non voler ascoltare cosa ho da dire, continuando a pubblicare polemiche fini a se stesse, sia fare il gioco di qualcuno che da tutto è spinto tranne che dall’interesse per lo stato di salute del Parco dei Castelli Romani. Avrei ben accettato la lettera aperta quale contributo alla discussione e all’approfondimento di tematiche relative alla vita del Parco ma, per come è stata impostata, sembra essere rivolta più al Commis-
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La risposta del nostro direttore
Il 24 ottobre si riuniscono le associazioni dei Castelli
sario precedente frattempo sono accadute che non al sottomolte cose (a livello di scritto, visto che informazione): piscina ho assunto quedel Tuscolo con le sue sto incarico solnovità, la lettera aperta tanto il 5 agosto sugli 80mila metri cubi di Il prossimo 2013. cemento in una zona di Se, come sono giovedì 24 otRocca Priora (per citare certo, siamo tutti tobre alle ore solo quelli più importanti in perfetta buona 17,30 presso e gravi). Argomenti che fede, mi chiedo, la biblioteca ci hanno sottratto un po’ e chiedo a lei, comunale di di tempo, visto che il madi alle associazioni Rocca lumore di fronte all’inatPapa (Viale e personalità firtività del Parco “gestione matarie della Enrico Ferri) Orciuoli” (inattività solo associaLettera aperta, le sul fronte della tutela) come sia possi- zioni ambientaliste dei Castelli Romani hanno deve ancora essere smalbile valutare organizzato un incontro pubblico sui temi tita, e quindi è ovvio che l’operato di un ambientali del nostro territorio e sui problemi da Lei (anche nelle fasi Ente, di un qual- amministrativi del Parco Regionale dei Ca- iniziali del Suo mandato) siasi Ente, in due stelli Romani. Sono invitate a partecipare le si attendono dei segnali mesi, e senza associazioni, i comitati, gli amministratori, i forti e chiari. Le ribadiaver mai chiesto partiti politici e tutti i cittadini. sco, quindi, la nostra ina chi quell’Ente tenzione nel realizzare di Andrea è stato chiamato a gestirlo cosa l’intervista. Allo stesso modo Sebastianelli sta facendo e farà. Le ribadisco che Il Segno non Gentile Rinnovo, quindi, la disponibifa il gioco di nessuno (non esCommissario, lità a incontrare chi voglia sasendo legato politicamente ad ha torto nel dire alcuno) ma semplicemente pere da me cosa intendo fare che non siamo in- cerca di informare i cittadini per questo Parco e chiedo, a chi invece desidera dare i voti teressati alle sue risposte sulle sulle cose che accadono e il sul mio operato, o ascoltare il tante problematiche legate al Parco, per noi, è uno degli archiacchiericcio da bar, quanto- Parco dei Castelli. Come spe- gomenti più importanti. meno di aspettare che la mia cificatoLe l’ultima volta che ci Ha ragione anche sul fatto che politica all’interno del Parco siamo sentiti via cellulare, Le in due mesi non è possibile avevo chiarito che, poiché il giudicare l’operato di un Ente, dia i suoi frutti. Poi sì, sarà lecito dire, criti- numero di settembre era in però su un aspetto soprattutto care, contestare e, mi auguro, stampa e che conteneva la (quello della piscina del Tuplaudere, sostenere e rilan- “lettera aperta” (quella scritta scolo) avremmo voluto vedere ciare. In attesa di sentirla, le dal sottoscritto e non l’altra, il Parco in prima linea per tuche pubblichiamo a lato), era telare una delle aree di pregio invio distinti saluti. * Commissario opportuno risentirsi tra fine più importanti dei Castelli RoStraordinario settembre e inizio ottobre. mani. del Parco Qualche giorno di ritardo non Intanto Le auguro buon lavoro Regionale ha mutato la nostra volontà nel in attesa di incontrarci per l’indei Castelli Romani realizzare l’intervista. Nel tervista.
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Il caso riguarda il Parco Regionale dei Castelli Romani, è scoppiato all’inizio di ottobre, ma risale al 2011. Di cosa si tratta? Di un Nulla Osta, i permessi rilasciati dal Parco finalizzati a nuove costruzioni. Nel 2008 il Parco aveva detto no a una richiesta per una nuova casa di riposo di 80.000 metri cubi (equivalenti ad almeno un’ottantina di villette di 300 metri quadri ciascuna, per un valore stimato di alcune decine di milioni di euro) su terreno agricolo nel comune di Rocca Priora, località Valle Moretta, ai confini con la frazione del Vivaro. Le ragioni del no erano che le aree agricole sono sì edificabili, ma solo per fini agricoli. A distanza di tre anni viene riproposto il progetto, a quanto sembra senza variazioni. La
PARCO dei CASTELLI Il Parco ha dato il via libera dopo la bocciatura del 2011 3
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Se 80mila m vi sembran pochi... L’On. Zaratti denuncia l’accaduto cosa sconcertante, leggendo le carte, è che dalle medesime premesse si arrivi a un parere opposto. Lo zelante direttore del Parco dell’epoca è lo stesso che nel settembre 2011 rinunciò, con lettera formale, a quasi due milioni di euro di finanziamenti europei. Con questi fondi erano in programma il recupero e la riutilizzazione per fini turistici di alcuni strutture di Rocca di Papa, rimaste purtroppo dei ruderi, come per esempio il Casale dei Guardiani a Grotticelle.
“Lettera aperta sul ruolo del Parco dei Castelli Romani”
Diverse personalità dell’associazionismo castellano, o provenienti dai ranghi delle amministrazioni territoriali, aprono un interrogativo sul funzionamento del Parco dei Castelli Romani e implicitamente su suoi obiettivi, sulla tutela ambientale, sulle azioni di vigilanza e controllo, sui rapporti con i Comuni… Dopo il vergognoso arresto amministrativo dovuto al Commissariamento voluto dalla destra regionale, che ha fermato l’Ente dal 2010 all’estate scorsa, il Parco non sembra avere alcun colpo d’ala. Il nuovo Commissario, espresso ancora una volta dalla politica, anche se certamente meno rapace di quella dei Fiorito e delle Polverini, secondo i firmatari della lettera (indirizzata al neo Commissario del Parco Caracci, al Presidente della Regione Zingaretti e all’Ass.re all’Ambiente, Refrigeri), che pubblichiamo sotto, non pare dia segni di cambiamento, al di là dei pronunciamenti di rito. Uno scenario inquietante che rischia di lasciare inermi i cittadini e senza tutele il territorio. Andrea Sebastianelli
Egregio Commissario, duole dover sottoporre alla sua attenzione missive di questo tenore, ma siamo rimasti assai sconcertati nel constatare che dopo il vero e proprio blocco delle attività, che negli ultimi tre anni di Commissariamento del centro destra hanno caratterizzato il Parco dei Castelli, con il suo insediamento non si sia intravisto l’atteso e sostanziale cambiamento che in molti attendevamo. Il Parco si presenta come un fortilizio chiuso e poco trasparente, con scarsi e datati documenti pubblicati sul suo sito internet, che rendono praticamente impossibile conoscere il suo operato. Gli aspetti più delicati, che riguardano la gestione territoriale, dai nulla osta per interventi edificatori o di taglio bosco, ai controlli che dovrebbero essere espletati dai guardiaparco, sono del tutto privi di efficacia. Notizie recenti, riportate dai giornali, a proposito di una presunta piscina abusiva sotto al Tuscolo – per esempio – evidenziano tutta l’inefficacia dell’azione del Parco, che neppure si degna di dare risposte ai cittadini. Per quanto riguarda i nulla osta, per l’ignavia amministrativa la situazione appare ancora più inquietante, visto che si parla insistentemente di centinaia di autorizzazioni che avrebbero maturato un parere favorevole per silenzio-assenso. Un meccanismo che da solo denuncia in maniera manifesta la completa inazione dell’Ente e delle persone che dovrebbero dirigerlo. Un atteggiamento di totale passività che ha effetti devastanti sul territorio, sul quale potrebbero essere riversati decine, o centinaia di migliaia di metri cubi, senza la preventiva azione di controllo, alla quale il parco è specificamente preposto e
“L’aspetto che più sconcerta è che a distanza di qualche anno ritornino progetti che sembravano definitivamente archiviati, per la loro improponibilità - sostiene Filiberto Zaratti, deputato di Sel il neo commissario del Parco è a conoscenza del problema e siamo certi che interverrà. Sullo sfondo rimane l’inquietante possibilità che l’Ente, negli ultimi tre anni della gestione Polverini, abbia completamente abbandonato ogni prerogativa di controllo, la-
sciando maturare centinaia di Nulla osta per silenzio assenso. Come dire che il Parco chiude le richieste dentro un cassetto e rinuncia alle sue funzioni di verifica, che oltre ad essere obbligatorie per legge, sono una delle sue prerogative istituzionali”. Un parco così, a leggere la lettera aperta qui accanto, non sembra che piaccia a molti; non serve ai cittadini, ai costruttori forse sì. (A.S.)
obbligato per legge. Voci si rincorrono anche per una presunta deroga per la navigazione, con grossi motoscafi adatti allo sci nautico, nel lago Albano, che detto per inciso è un lago tutelato da ben due Direttive europee, che impediscono attività così impattanti. Per il Piano di assetto non si scorgono novità. Al di là dei proclami di rito non è stata fatta alcuna azione sostanziale. Questo non lascia ben sperare per uno strumento che è essenziale per il nostro territorio; peraltro il nuovo Piano esplica già a pieno titolo i suoi effetti, anche se solo adottato. In buona sostanza, i segnali che si percepiscono rispetto alle attività del Parco appaiono contraddittori e scarsamente indirizzati ad azioni di trasparenza e tutela ambientale. Un Parco così, che esprime positività solo con le visite guidate (il cui programma è stato finalmente ripreso dopo tre lunghi anni di inspiegabile scomparsa) e poco altro, non ci piace. Non può piacerci. È l’esatto contrario di quello per cui ci siamo battuti per anni. La tutela ambientale è il primo obiettivo di un Parco. Non esercitarla o considerarla secondaria rispetto all’edilizia, alle nuove costruzioni, alle infrastrutture, o più in generale alle pretese di chi considera lo sviluppo solo in termini di continua e totale trasformazione degli ambienti naturali, non solo è sbagliato, ma controproducente dal punto di vista economico e ambientale. Denunciamo quindi una mancanza di azione, che rende il Parco una specie di foglia di fico per una politica inadeguata e parassitaria. Al contrario vorremmo un progetto di generalizzato rilancio del Parco, con azioni di tutela, salvaguardia e valorizzazione. È chiedere troppo? Noi diciamo che si può fare! Giancarlo Trombetta Vice pres. uscente del Cons. dir. del Parco dei Castelli Romani Franco Medici Consigliere uscente del Cons. dir. del Parco dei Castelli Romani Gianfranco Brunetti ex Sindaco di Rocca di Papa Maria Pia Consoli, Enrico Del Vescovo, Emanuele Loret Italia Nostra Castelli Romani Luigi Fortini, Andrea Sebastianelli Associazione culturale Il Piccolo Segno Angelo D’Ottavi Associazione U Lengheru Neru di Grottaferrata Vairo Canterani, Carlo Testana Associazione Picchio Rosso di Nemi Corrado Bisini Associazione La Spinosa di Velletri Andrea Tupac Mollica Antropologo - Ariccia Luca Nardi Associazione Salviamo i Castelli Romani Aldo Morana Consigliere uscente della Com.tà Montana Castelli Rom. e Pren.
24 di Andrea Sebastianelli È lunga quasi venti metri e larga poco meno di dieci, è profonda un metro da una parte e poi sempre di più dall’altra, è rivestita di cangianti maioliche celesti, che danno all’acqua contenuta delle magnifiche sfumature verde smeraldo, i bordi sono praticabili e c’è una sdraio, al centro un materassino che galleggia, da un lato c’è una gradonata che pian piano si immerge nell’acqua. Che sarà mai questo oggetto misterioso? Anche senza vederlo, magari qualcuno ha indovinato. Non così i vigili urbani e i tecnici del Comune di Grottaferrata preposti ai controlli. Eh, sì; bisogna proprio dirlo: questi tecnici sono pieni di fantasia. Un oscuro funzionario del comune di Grottaferrata, in un recente documento ufficiale, sembra abbia scritto alla Regione Lazio per capire se si tratti di una vasca a cielo aperto o di qualche altra cosa. Eppure l’ufficio tecnico comunale dovrebbe avere sull’argomento una copiosa documentazione fotografica! Ma evidentemente quest’oggetto è talmente misterioso da necessitare un’autorità professionalmente più preparata. Con una forza comica degna del miglior Totò, i tecnici mettono in dubbio le proprie affermazioni (non sono convinti che sia proprio una vasca a cielo aperto) e pudicamente si chiedono se per caso la vasca non sia una piscina. Le foto sono di un’evidenza talmente schiacciante, che l’estensore della grottesca relazione si deve essere vergognato un po’. Dichiarano con sprezzo del ridicolo che la piscina al momento del sopralluogo era ultimata. Ma guarda un po’ il caso. Tecnici comunali e vigili urbani di Grottaferrata non ne sapevano niente; dei guardiaparco dei Castelli Romani neanche a parlarne. Nessuno l’aveva notata prima, eppure è proprio sulla strada. Nelle foto della “vasca a cielo aperto” che stanno sui giornali (sui giornali!) si vedono due persone, un uomo e una donna, che fanno il bagno, lei su un materassino gonfiabile che galleggia sull’acqua. Magnifico: sembra un resort esclusivo, di quelli con appartamentini panoramici e invece è una modesta
ROCCA DI PAPA
Continua la farsa sulla piscina del Tuscolo
Piscina o vasca? Il “mistero” s’infittisce
azienda agricola, dicono i documenti. Di agricolo non produce niente, ma le piscine crescono bene. Ora però siamo addirittura alla farsa. Può un privato cittadino, nonché imprenditore, prendersi gioco in modo tanto plateale delle istituzioni? Sì, perché da qualche settimana alcuni operai stanno cercando di trasformare, dal punto di vista visivo, la piscina in una vasca di accumulo. Un bel “prato pronto” (quello che si compra a strisce) ha coperto i bordi della vasca e la nuova scenografia è terminata. Tutto a posto quindi? Noi crediamo di no… perché resta da vedere se Comune, Regione Lazio, Parco dei Castelli Romani, Polizia e Carabinieri sono disposti a farsi prendere in giro in modo tanto sfacciato! Comunque crediamo di fare cosa gradita (soprattutto all’Ufficio tecnico di Grottaferrata) pubblicando la fotografia di una vasca d’accumulo (vera!) relativa a un invaso impermeabilizzato in fase di riempimento usato per la raccolta dell’acqua piovana da riutilizzare nell’irrigazione di un fondo nei pressi di Cesena. Sotto, invece, le foto di una vasca farlocca. Qualcuno, a questo punto, ci dirà che a La “vasca d’accumulo” di Grottaferrata...
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Una vasca d’accumulo di acqua piovana
Grottaferrata (cittadina esclusiva per antonomasia) anche le vasche d’accumulo di acqua piovana hanno un loro stile inconfondibile. Però, per evitare facili fraintendimenti, invitiamo i proprietari della neonata azienda agricola, ad apporre un cartello chiarendo che si tratta di una vasca d’accumulo e non di una piscina, visto che -come detto- recentemente qualche ignaro turista (entrato sicuramente di nascosto) ha pensato bene di fare il bagno proprio in quella vasca. Non foss’altro per tutelare la salute pubblica. “Che bello bagnarsi nell’acqua piovana!”
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di Luigi Serafini Si torna a parlare del Piano Regolatore Generale. A rilanciare la questione stavolta è il Comitato di Quartiere dei Campi d’Annibale che ha scritto una lettera al Sindaco di Rocca di Papa, ai Consiglieri Comunali e al referente comunale per i quartieri, Giovanni Gatta. Si domanda il Presidente dei Campi d’Annibale, Gianfranco Silvestrini: “A quando il nuovo Piano Regolatore Generale approvato?”. La domanda è assai semplice ma, visto l’argomento, la risposta potrebbe non essere tanto facile visto che, come ha più volte dichiarato l’Arch. Marco Putano, estensore del nuovo progetto urbanistico di Rocca di Papa, ormai quel Piano è bello che scaduto essendo trascorsi inutilmente i tempi previsti dalla legge vigente. Dall’altra però l’amministrazione comunale continua a dire che il Piano Regolatore è fermo in Regione e che si è in attesa della sua approvazione. Ora, a parte il fatto che basterebbe dire chiaramente quale dirigente regionale se ne stia occupando così da poterlo
25 ROCCA DI PAPA Il Comitato dei Campi scrive al Sindaco sul nuovo P.R.G.
“A che punto è il Nuovo Progetto Urbanistico?” contattare, l’amministrazione sull’argomento preferisce restare nel vago, forse nel tentativo di utilizzarlo ancora una volta come “arma” per la prossima campagna elettorale. Si sa che l’urbanistica ha molti fans, soprattutto costruttori e possidenti terrieri, quindi dire che fa gola è dire poco. Ma tornando alla lettera firmata da Silvestrini, nella stessa il Presidente sollecita il Sindaco ad approfottare del fatto che la Regione è governata dal centrosinistra. “Se consideriamo -scrive il Comitato- che anche il nostro Sig. Sindaco è alla Regione Lazio, potrebbe essere la volta buona
Gianfranco Silvestrini
per avere finalmente il P.R.G. aggiornato alle esigenze del nostro paese”. Quello che Silvestrini forse non sa è che redigere un Piano Regolatore costa molto e forse per le casse vuote del Comune questo potrebbe essere un lusso troppo oneroso da sopportare.
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Strisce bianche poco visibili ai Campi
Alcuni cittadini dei Campi d’Annibale stanno sollecitando il rifacimento delle strisce pedonali di attraversamento, soprattutto quelle poste sulla viabilità di piazza Di Vittorio, ormai appena percepibili. Alcuni incidenti, di cui uno piuttosto grave avvenuto qualche tempo fa, hanno posto la questione perché la sicurezza della strada dipende anche dalla evidenza della segnaletica sia di quella posta lungo i bordi sia di quella pitturata a terra. Speriamo che la richiesta venga presto esaudita.
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Vetta Monte Cavo anche l’Enav sbanca
ROCCA DI PAPA
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di Paola Gatta L’Enav ci riprova ma stavolta il progetto è molto più ambizioso rispetto a quello, molto più modesto, di cinque anni fa. Nel febbraio del 2008, infatti, l’Ente Nazionale di Assistenza al Volo, che ha una postazione sul lato più estremo della vetta di Monte Cavo, effettuò uno scavo per posizionare una fossa biologica. Adesso invece dalla fossa si è passati direttamente alla “rimozione di manufatti provvisori”, alla realizzazione di un “nuovo fabbricato operativo”, alla “manutenzione dei tralicci”, alla “realizzazione di una recinzione” e a non meglio specificate “sistemazioni esterne”. Tutto sulla vetta di Monte Cavo che, lo ricordiamo, è sottoposta a ogni tipo di vincolo. Già qualche mese fa, sui numeri di aprile e maggio, segnalavamo l’abuso esercitato dalla Guardia di Finanza sempre sulla vetta di Monte Cavo che, con la sola autorizzazione comunale, innalzò un traliccio. Il nostro esperto di diritto ambientale, Valentino Tosatti, già in quell’occasione spiegò molto bene che su quest’area non è sufficiente un semplice permesso a co-
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struire rilasciato dal Comune di Rocca di Papa ma ci sono altri enti da consultare, tra cui il Parco dei Castelli, la Regione ma soprattutto la Sovrintendenza ai Beni APPSAE (Architettonici, Paesaggistici, Storici, Artistici ed Etnoantropologici). Nella tabella affissa dall’Enav si fa riferimento soltanto al permesso rilasciato dal Comune di Rocca di Papa (permesso a costruire n. 30 del 23/12/2011). Anche su questo ci sarebbe da discutere visto che l’amministrazione appare sempre molto rapida nel concedere questo tipo di autorizzazioni su un’area già tanto disastrata. A giudicare dallo sbancamento messo in atto, con molti metri cubi di terra rivoltati e rimossi, forse un po’ più di accortezza non sarebbe guastata. Noi non conosciamo nel dettaglio il progetto dell’Ente di assistenza al volo ma sembra proprio che la piccola postazione, che poco si notava arrivando sulla vetta,
si stia trasformando in una vera palazzina con qualche struttura adiacente. Qualcuno almeno starà verificando che i lavori rispecchino pienamente quanto autorizzato? Speriamo di sì ma, purtroppo, crediamo di no.
“Mondo Migliore” chiude? Un’altra perdita per il paese
Che cosa succede al centro di spiritualità “Mondo Migliore”? Da circa un mese la struttura che si erge su Via dei Laghi, e nella quale hanno lavorato generazioni di roccheggiani (soprattutto donne e ragazze) appare chiusa. Non conosciamo i motivi che hanno portato a questa situazione e come si sia arrivati a tutto ciò, però
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sappiamo che la chiusura di “Mondo Migliore” sarebbe un altro duro colpo a Rocca di Papa, da sempre in simbiosi con il centro di soggiorno e spiritualità. Il centro, infatti, ha spesso ospitato convegni, dibattiti, anche rappresentazioni teatrali perchè al suo interno vi è un teatro molto bello e ospitale. Inoltre, molti matrimoni in
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passato sono stati celebrati proprio a “Mondo Migliore” (soprattutto quando c’era Padre Rotondi). Da alcuni anni la struttura era stata adibita quasi esclusivamente a residenza-albergo per gli studiosi e i pellegrini. La sua eventuale definitiva chiusura va assolutamente evitata. (L.S.)
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ROCCA DI PAPA Continua la discussione intorno ai due circoli di SEL
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“Solo con le elezioni si sveglierannodal sonno”
di Daniela Di Rosa Nell’ultimo numero del Segno abbiamo pubblicato la lettera di Stefano Galli, coordinatore di uno dei circoli Sel di Rocca di Papa, riguardante un articolo del mese prima scritto dalla nostra Paola Gatta, dal titolo: “Dove sono finiti i due circoli di Sel?”. Ora anch’io vorrei dire la mia, un po’ perché sono tesserata Sel, e un po’ perché credo di essere l’artefice della protesta di un paio di anni fa, non verso un circolo ma verso entrambi, molto più uniti di quel che poteva sembrare. Ricordo che allora i due capibastone regionali di Sel (Zaratti e Nieri) non erano un eccezione del partito di Vendola, ma una prassi di tutti i partiti. A questo proposito, è opportuno ricordare le lotte intestine di chi nel Partito Democratico portava voti di candidati appartenenti alle più diverse correnti! Avere due circoli di Sel a Rocca di Papa non era
Parabole satellitare sparse dappertutto; vasi in legno di castagno ormai fatiscenti; cestini per i rifiuti spesso mancanti e, quando ci sono, sembrano fermati alla bene e meglio. Se il Centro Storico di Rocca di Papa dovesse essere giudicato già solo per questo “indecoroso decoro” non avrebbe scampo. Non sarebbe il caso di cominciare a segnalare le tante situazioni di degrado che, con poco impegno, si potrebbero facilmente risolvere? Anche per quanto riguarda l’installazione di parabole, tutti i Comuni hanno un regolamento. Rocca di Papa
poi così assurdo, altri paesi ne avevano tre o addirittura quattro, ognuno veniva da varie esperienze passate e, certo, avrebbero dovuto costituire un solo circolo. Ma qui entrarono in ballo vecchi giochi politici. Prima delle ultime elezioni amministrative di Rocca di Papa, i due circoli (apparentemente divisi) alla fine l’intesa la trovarono eccome, sta qui la confusione di fondo della nostra Paola Gatta: se protesta c’è stata non era tra i due circoli… ma tra i circoli e una parte della base. A riprova di questo, voglio anche ricordare una riunione avvenuta poco prima delle elezioni comunali presso la Regione Lazio, con Zaratti, Nieri e i due famosi circoli di Sel dove venne imposto il nome di Maurizio De Santis come candidato Sindaco. A nulla valsero le mie proteste (le uniche), per poco non venni denunciata dall’allora Consigliere Comunale Aldo Morana, e ancora per meno non “picchiai” Ileana Piazzoni, oggi “pur-
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I due circoli di SEL “insieme” nel 2011
troppo” Parlamentare di Sel! A Rocca di Papa Sel è sbiadita? Forse è vero ma certo il PD non risplende, per non parlare del centrodestra ridotto al lumicino. Ormai la politica è questo, si godono il letargo del gelido inverno e si risvegliano al profumo di nuove elezioni. I due circoli di Sel, che ora appaiono lontani, a breve tenteranno una nuova riconciliazione, mentre la cosiddetta società civile (anche lei addormentata) si risveglierà e nuovi movimenti di “liberi” cittadini rinasceranno. Chissà… forse sarò tra loro. Parafrasando il film “Quarto potere”… è la politica bellezza!
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Le colonne sonore sono del musicista roccheggiano Mauro Del Nero
Festival di Annecy, vince «Amoreodio», il film sull’assassinio di Novi Ligure scorso 11 ottobre ha fatto il pieno di premi e di complimenti. Infatti, oltre ad aggiudicarsi il prestigioso riconoscimento, ha visto l’affermazione della giovanissima Francesca Ferrazzo, premiata come migliore attrice protagonista. Come detto, le musiche del film sono opera del maestro Del Nero che, ancora una volta, ha saputo interpretare con sapienza e passione le diverse scene del film di Scardigno, un film difficile sotto molti punti di vista considerato che la storia è quella dell’assassinio avvenuto dodici anni fa a Novi Ligure, in cui due adolescenti sterminarono l’intera famiglia senza un movente apparente. Scene anche violente e sconvolgenti, dunque, che la musica di Mauro Del Nero e il regista Cristian Scardigno
di Daniela Di Rosa Qualche numero fa del Segno avevamo annunciato il nuovo lavoro del compositore roccheggiano Mauro Del Nero per il film del regista Cristian Scardigno, «Amoreodio», incentrato sulla vicenda di Novi Ligure che tanto scosse l’opinione pubblica italiana e non solo. Con soddisfazione abbiamo appreso che il film, presentato alla 31ma edizione del Festival cinematografico di Annecy, in Francia, lo
Mauro ha saputo ben rappresentare. La pellicola, infatti, ha lasciato senza fiato il numeroso pubblico del Festival e gli stessi giurati che hanno quindi deciso di premiare «Amoreodio» e, con lui, l’impegno del regista, degli attori e di tutto il gruppo. “Sono molto soddisfatto -ci ha detto il maestro Mauro Del Nero- perché questo riconoscimento premia l’impegno di un progetto cinematografico che ha incontrato molte difficoltà ma che alla fine ha vinto la sua prima battaglia”. Ora c’è grande attesa per l’uscita in Italia della pellicola. Di sicuro sarà un film che non solo non passerà inosservato ma che farà molto discutere. Ne siamo convinti.
L’INIZIATIVA
il Segno - Ottobre 2013
Il fascino delle Grotticelle Domenica 27 ottobre si terrà la seconda visita guidata LA SCHEDA
Descrizione: Un percorso agevole in mezzo al bosco. La località Grotticelle prende il nome da tombe arcaiche scavate nel banco tufaceo. Semisconosciute, rappresentano una rara testimonianza di tombe di questo tipo in Italia centrale.
Data: domenica 27 ottobre 2013 Appuntamento:
in automobile ore 9,30 presso piazza della Repubblica, Rocca di Papa; a piedi ore 9,45 sbarra località Piazzò (a metà strada della strada asfaltata per Monte Cavo).
Percorso: 6 km
Accompagnatori:
L’area delle Grotticelle
L’area delle “Grotticelle” è situata lungo una dorsale prospicente Monte Cavo ed è caratterizzata, oltre che da una serie di tombe (la cui età resta tutt’oggi ignota), da un casale che i guardiani dei boschi utilizzavano molti anni fa, oggi ridotto a rudere. Le tombe, dette appunto “a grotticella”, ricordano molto quelle dell’Eta del Rame (Eneolitico), diffuse nell’Italia Centrale, anche se in realtà la loro datazione potrebbe essere più recente visto che scavi regolari non sono mai stati eseguiti. Attualmente sono due le tombe aperte, interamente scavate nella roccia vulcanica, compreso il corridoio di accesso. La visita guidata di domenica 27 ottobre cercherà di farvi scoprire proprio i segreti di queste strutture e delle popolazioni che le hanno realizzate.
Paese e giornale
A. Sebastianelli e R. Sinibaldi
349 5783869; 346 1739853
In un ambiente dove la società civile non vuole prender corpo, come insieme pensante, esigente, giudicante, l’acquiescenza muta diventa complicità. E innesca uno scetticismo generale che sconfina nel cinismo. Manca la capacità d’attenzione, continua, efficace. Quando la notizia pubblica è grossa e fa il botto, si sente, isolato, qualche urlo. L’urlo nella piazza può attirare. Ma l’indignazione che si scarica subito non approfondisce, rimane inconcludente. Sono i fili d’erba, silenziosi ma continui nel crescere, a fare verde il prato. Esempio di come servano comportamenti individuali abituali, non occasionali nel vigilare e denunciare, per sperare di evitare certe scivolate. Il vero male non è il male, ma la convivenza tra il male e il bene. Il giornale opera entro una realtà che è una società consortile. Qui nessuno scoperchierebbe niente, su niente si farebbe luce. Tu comandi, e fai quello che ti pare; io ti
SEGUE DALLA PRIMA PAGINA
lascio fare, e faccio come mi pare. Questo il patto, tacito, funzionante. Solo Il Piccolo Segno prova a rovesciare l’andazzo. Informando, sviluppa una richiesta di cambiamento. Necessario, quando la democrazia è svuotata. Dove sta il potere del popolo, il potere al popolo? Invece di una maggiore partecipazione «dal basso» dei cittadini, si sono aumentati i livelli di gestione «dall’alto», con aumento di confusione, entro la quale «cani ‘e paese» galleggiano. Oltre a questo giornale, nessuno si scorge interrogarsi sulla crisi che oggi attraversa la forma democratica della rappresentazione. Che è la situazione in cui la possibilità di farsi sentire è agevole e alla portata di tutti, non solo per i gruppi organizzati, anche per le persone singole. Nel paese è svuotata l’ideologia, manca il buon programma, non trovano spazio persone in grado, amministrando, di riscuotere stima oltre alle prebende. Stiamo nella «democrazia del pub-
blico», nella quale il pubblico non ha voce in capitolo, perché, scarso di conoscenza, non può giudicare. Non emettendo giudizi, i cittadini srotolano tranquilli nei fatti propri, riparati dal risentimento di chi dovrebbe subire sentenze. Risentimento beccato da Il Piccolo Segno che, assorbendoselo tutto, fa da scudo al pubblico. Pubblico supino, che non vede l’ora di delegare la gestione a chi non vede l’ora d’esserne delegato. L’ultima annotazione è per il rapporto tra i rocchiciani e questo giornale. Quando esce, tutti corriamo a procurarcelo, tutti ce lo divoriamo, cercandovi fumaccio; a pagine esaurite, però, nessuno dice d’averlo preso, d’averlo letto, lo buttiamo di nascosto, i più marpioni lo bruciano; dell’attaccamento al giornale non si deve sapere, potrebbe essere controproducente. La constatazione, se collaudata, sarebbe inquietante. E’ collaudata. Gianfranco Botti
La poesia del mese
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di Anna Giovanetti
Autunno pe ‘a Rocca
Quandu eté autunno, decco pe ‘a Rocca è na gran festa de mille colori, colori de ogni foia, che pe’ tera tocca e forma n’tappetu da fa’ n’vidia ai pittori.
Se reopre doppo ‘n’anno ogni cantina e se remettenu a novu ‘e vecchie botti, pecché ‘a velegna, essola è vecina e già n’mezzu pe a vigna tutti so pronti. Co e forbici e coi canestri pe taia’ i rampazzi e se ride e se scherza da’ mmatina a sera, se canta tutti n’siemi come riazzi, non se sente ‘a fatica pecchè è n’allegria sincera.
Chistu eté pure periodu de porcini e u rocchicianu espertu sa’ ando’ sta’ a cacciata, fa fogni de ogni tipu, tutti genuini e ‘a macchia a trovi sempre sistemata.
Chi mmece ve da fore, scava e rompe frasche de nocchia e de scopìa pe ‘a macchia pare che etè passatu ‘n’taramotu, ma così facenno, non trova mancu ‘spia e sa recoie co ‘u caniestru votu! Pe ‘e vie sta come quaccosa che te sciocca, sienti ‘n’miscuiu de profumi sopraffini, te pare quasi de sentì pure co’ a vocca sapori de castagna, uva, ovuli e porcini. E ‘u mese de ottobre se prepara stu paese pe festeggia’ ‘a Sagra de ‘a castagna ogni piazzetta è ricca de sorprese e pe ogni angolu se beve e se magna. Pe tanta gente chistu è ‘n’periodu bruttu, pecché è fenita l’estate e l’inverno è guasi a’ porta ma i rocchiciani fau diventà bellu tuttu; pe noa l’autunno, n’etè ‘nastaggio’ morta!
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Cultura e
... dintorni
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n o m d l o e d e
Nel 1910 i Campi furono invasi per l’arrivo della cometa
if n ai Campi
La
di Federico De Angelis Se qualche anno fa a un anziano del paese qualcuno avesse chiesto della cometa che nell’anno di grazia 1910, in un anotte di maggio, passò alta sopra i tetti e le terrazze di Rocca di Papa, questi l’avrebbe guardato di sottecchi con una strana accensione negli occhi; come trasalendo al riemergere dalle acque stagnanti della memoria di figure ed eventi naufragati nel tempo. Un lampo nello sguardo di compiacimento, o di esaltazione quasi feroce. Se poi gli fosse offerto un bicchiere, non avrebbe forse potuto tenersi dal raccontare con voce soltanto un po’ roca, qua e là esitante, con qualche pausa per meglio assaporare vino e ricordi: “Certo a noi ragazzi la cosa fece assai impressione. Si faceva un gran parlare dei possibili disastri, dei portenti sinistri e spaventosi che il passaggio di quella cometa avrebbe potuto recare. Il poeta e professore Polidori, di cosa non so più bene, ma tutti per le osterie lo chiamavano così, sapeva parlare in un modo che ci faceva davvero pendere dalla sua barba nera da parere impeciata. Possedeva l’arte di mischiare osservazioni scientifiche a interpretazioni personali e parecchio arrischiate, a volte impastate con astruse superstizioni. Così mentre venivamo a conoscere che le comete risultavano da condensazioni di meteoriti e gas che al calore solare si solidificano; che esse sono formate da un nucleo, la chioma e la coda, pedentesi per millantate distanze, come qualmente si ripresentano a periodi lunghi 76 anni e pertanto questa del 1910 la si rivedrà ai primi dell’anno 1986, data che a noi pareva favolosa, persa nelle nebbie dell’avvenire. Nello stesso tempo ci era dato sapere di paurose catastrofi, la cui entità disastrosa dipendeva spesso da quante volte si fosse alzato il gomito del professore. A noi si aggricciava il sangue all’udire di quei sinistri prodigi, inarrestabili straripamenti, terremoti oltremondo rovinosi, interminabili diluvi di grandine mista a fuoco, nascite di bestie mostruose. Anche se ci destavano raccapriccio, ci allettavano molti di più i racconti per il vero assai ben architettati di rovine e catastrofi, che la compiaciuta esposizione del dato scientifico. C’era qualcosa in quel possibile precipitare di eventi, che malignamente ci prendeva ai visceri con il sospetto che l’attrazione montasse in proporzione al terrore che ci ispirava quell’invasato, a volte stralunato narrare. E vennero i giorni che, secondo i calcoli degli astronomi, di poco precedevano il volo della cometa sopra il nostro abitato: e a ciò niente e nessuno poteva opporsi. La tensione era cresciuta gonfiandosi in
d’Annibale
I Campi d’Annibale nel 1910
maniera oggi inimmaginabile. Si tenevano nella grande chiesa arcipretale funzioni in riparazione degli innumerevoli peccati, per le piazze e i vicoli erano continui conciliaboli, un darsi voce affranto, sberleffi e stridule risa d’ubriachi. A noi ragazzi, questo lo ricordo bene, ogni cosa pareva non so come più bella, quasi più vera, come fatta nuova. Vedevamo gli oggetti di ogni giorno in una luce diversa, d’un nitore che ci destava una meraviglia come tutto ci venisse offerto per la prima volta. Un senso forte di realtà ci sorprendeva; emersero dal bagno dei sogni le cose e le persone, le vie, le case, i muri, le fontane, gli animali, alberi, piante, prati, nubi, si stagliavano in una luce cristallina, come a salutarci dopo un risveglio o a offrirsi in un ultima visione nella giustezza d’un apparire originario. Perché l’eco rimbalzava moltiplicandosi d’una diceria dispersa in miriade di voci: ultima visione, ultimo giorno, fine delle cose, del mondo. Non so più dire bene perché, ma i miei parenti decisero che si dovesse andare tutti ai Campi d’Annibale; come molti sanno questi sono un vasto pianoro erboso esteso sulla superficie di quello che un tempo remotissimo era stato un grande
cratere vulcanico. Lì si doveva passare la notte, parlando abbassavano la voce, aspettare in quel luogo il passaggio della cometa. Ugualmente anche le faliglie dei miei amici e quasi l’intera comunità avevano stabilito in uno strano, non concordato, convergere d’intenzioni. Ci trovammo così la sera del giorno segnato, intruppati in una processione improvvisata e irrituale, dispersa ed eterogenea, in vociante cammino verso “le prata”. Perché si dovesse passare la notte proprio lassù, seduti o distesi sull’erba molle tra le eriche e le gobbe di basalto esposti agli estri del vento per l’aperto altopiano, non saprei dire in coscienza ancora adesso. Forse inconsapevole abbandono al manifestarsi in potenza delle energie telluriche che un tempo lontanissimo avevano modellato quel paesaggio per certi versi ancora lunare, un bisogno di rivivere l’origine, esorcizzare la minaccia al contatto con quelle stesse forze cosmiche che avrebbero dovuto metterla in opera. Noi prendemmo, e fortemente, a dilegiare Arcangelo Di Nunzio, maestro di scuola: segue a pag. 31
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smessa la veste d’uno stinco decoro che ancora riusciva a frapporsi al pieno esplicarsi delle sue inclinazioni bacchiche, s’era lasciato invasare da una specie di demone istrionico e megalomane: troneggiando su di un’enorme letto d’ottone, borchiato e sontuoso con le grosse sfere e una rossa coperta di traverso, avanzava sorretto con malferma compunzione da due allampanati bidelli, segreti compagni d’osteria e già alticci. Cantavano a mezza voce canzonacce di caserma. Il maestro urlava con la sua voce baritonale agitando un grande fiasco ripetendo, a ogni svoltare della via che, già che tanto si deve morire tra poco, è meglio assai farlo stando ben comodi nel proprio letto con gli amici scelti e il santo viatico: e baciava e ribaciava il fiasco, ammiccando a destra e a manca, i pomelli accesi, gli occhi arrossati, smanacciando i ragazzini che troppo si facevano da presso. La “Buzzarra”, bidella assai fiera della sua funzione, seguiva la stramba macchineria bofonchiando e scuotendo la testa, contrariata dallo spettacolo che metteva a così grande repentaglio il prestigio del corpo docente. Ma anche lei non sapeva sottrarsi al misto di euforia e paura che era il sentimento dei più; affascinata suo malgrado da quel grande letto che avanzando oscillava goffo e glorioso sulle teste e le braccia qua e là levate. Era ormai una vera multitudine quella che si trovò accampata sui campi aperti alle brezze serotine di maggio. C’erano occhi sbarrati e un muto interrogarsi di volti perplessi. Nessuno in effetti pareva sapere più cosa fare o dire, suggerire un acconcio comportamento. Vagava la sensazione che qualcosa di unaudito dovesse accadere, ma stranamente chi più chi meno tutti dimentichi del motivo che li aveva spinti fin lassù, ad aspettare a vedere qualcosa... L’evento svaniva nella caligine d’un presente sempre più indefinibile, che cresceva brulicando, moltiplicandosi in una angoscia muta, sospesa ad una linea d’ombra oltre la quale ogni dire cadeva in frantumi insensati. Un frate si levò a predicare. Padre Michele del convento dei Trinitari. Parlava con veemenza: solenne e magro, il saio troppo ampio gli sbatteva sul corpo
LA STORIA
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“Eccola... eccola lassù... la cometa, lassù...”
Una storia raccontata da Federico De Angelis
ossuto a schiocchi sinistri. A noi per vero faceva l’effetto d’uno spaventapasseri gracchiante. Ma nessuno fiatava mentre rovesciava parole con una foga ansimante, un profluvio di minacce e crudezze, affatturato lui stesso dall’effetto di quelle parole e dal teso silenzio che le accoglieva: il suono aspro e acuto si dilatava spegnendosi per la distesa dei campi d’erba ormai pieni della notte. Si accesero fiaccole e sparsi falò. La voce incalzava, nel gettare minacce pareva intrecciarsi ai fremiti s’un’oscura eccitazione; nel mulinare di braccia, il frate arrossava, gli si gonfiavano le vene al collo e alle tempio, strabuzzava gli occhi a tratti faceva l’effetto d’essere in balia d’un incoffessato piacere, come qualche segreta passione lo vincolasse al suono grandiosamente sinistro della sua stessa voce. Poi tutti si levarono in piedi: si abbracciavano con repentino trasporto, stringendo e tirandosi a vicenda le lise stoffe e i fustagni. Chi aveva uno strumento si diede a suonarlo. Canzio il bottaio estrasse dal fodero la fisarmonica piena di ammacchi e cominciò a strimpellare all’impazzata stridenti stonature, strappate secche e rabbiose. Alcuni, uomini e donne più arditi, si fecero in mezzo e cominciarono a ballare con energia, urtando forte coi piedi sulla terra. Attorno facevano corte sbattendo i palmi delle mani con incredibile fragore. era un inarrestabile accendersi qua e là di fuochi d’allegria, il dare la stura ad una voglia furibonda di agitarsi, beffarsi, berciare, prendersi a svelti impropéri. Si spingevano, ridevano spalancando bocche sdentate, ragazzini inventavano capriole sul prato. I vecchi accendevano le pipe e socchiudendo gli occhi si godevano la festa improvvisa. Giovanotti cercavano di attirare le ragazze dietro le siepi di ginestra: s’alzavano risate donnesche allusive e sarcastiche, invoglianti a un vago fantasticare. Qualcuno ad un tratto strillò più forte “Eccola, eccola, lassù sta passando ora..... eccola.... la cometa, lassù....”. Ma ben pochi vi fecero caso. La maggior parte era presa dal gusto d’un frenetico roteare di braccia, gambe, preda di nuove e strane voglie; sempre più invischiati in una complicità che s’era andata formando nei gruppi festanti e col trascorrer del tempo tripudianti: attento ognuno in modo inusitato al proprio corpo arreso ai suoi ritmi. Gli asuni, legati alla bell’e meglio, a furia di agitarsi, strappare, ragliare, rotte le cavezze, avevano preso una fu-
riosa quanto sparpagliata fuga per i campi aperti: si udivano di tanto in tanto il disarmonico scalpitìo e i forti ragli d’esultanza. Parevano sollecitati quasi all’incontro con la luna piena che finalmente s’era mostrata sbucando da una densa nuvolaglia.
Intanto la cometa passava. Tra i pochi che alzarono gli occhi, fui io: e vidi come un bagliore opaco nella volta buia, una luminosità diffusa mai prima vista, se non forse in certi sogni confusi: guardavo a bocca spalancata, colmo di meraviglia. Rimirando estatico, ricordo che lacrime, non so perché, mi sgorgavano dagli occhi quando mi parve di scorgere nella scia d’opaco fulgore della linghissima coda il volto d’una fanciulla che allora m’era nel sangue e che da lassù pareva sorridere, allargare a dismisura il riso nel lattiginoso lucore che andava sfacendosi nel cielo: per un poco, un attimo indescrivibile, m’era sembrato la volta s’aprisse e mostrasse il suo arcano, ch’era poi un ridere breve, ironico e a momenti scanzonato di ragazza. Sobbalzai a un grido acutissimo: Camilla, ragazza sciancata, che nessuno aveva mai visto aprir bocca, la credevano sorda e muta, s’era staccata dai gruppi, a un tratto attoniti nel seguirla con gli sguardi: pareva correre in un ansimo folle, claudicando a cadenze serrate, mentre la gamba offesa descriveva ellissi perfette e la forzava a spingere e ritrarre il bacino in un ritmo asimmetrico che le dava una grazia inattesa. Si chinava a raccogliere zolle e sassi per scagliarli verso il remoto chiarore che ormai stingeva in perlaceo sfumare. La vedemmo un attimo drizzarsi nella figura lunga e contorta, le braccia sollevate, rovesciata la testa, il busto gettato all’indietro: alta sulla balza erbosa, di striscio investita dai raggi lunari. La voce si mantenne qualche tempo a un’affilatezza da solcare la notte: poi lentamente la sentimmo calare, crollare rapida su di un farfugliare stupito. Alfine si tacque del tutto. Nessuno da quella notte ne udì più la voce: se qualcuno ancora oggi fa cenno alla vecchia della notte e della cometa, ella gli versa addosso uno sguardo smarrito e insieme di gelo, poi si libera scrollando le spalle dell’incauto domandare e con la punta del bastone traccia segni indecifrabili sul terriccio umido”. Federico De Angelis
L’ARGOMENTO
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San Carlo al primo novembre Gianfranco Botti torna a occuparsi della ricorrenza del patrono roccheggiano
di Gianfranco Botti Con tutto il rispetto, rieccoci a San Carlo. Non da chiesarolo, da rispettoso delle date. Cioè della storia. In quanto è vero che del quattrocentesimo della sua elezione a santo patrono s’è scritto, trascurandone però un aspetto, quello del giorno esatto dell’avvenimento. A puntino conosciuto da chi ha tra le mani, lo legge, rilegge, il libro di Don Luigi De Angelis che, parroco dal 1943 al ’70, le nostre cose storiche e religiose le conosceva bene. E bene le ha raccontate in quella pubblicazione del 1967 – ancora disponibile presso la tabaccheria De Angelis di Piazza Garibaldimeritevole di trovar posto in tutte le case di chi si avesse a cuore Rocca di Papa. Per scegliere il nostro protettore, apposita adunanza di popolo si raccolse nella chiesa allora parrocchiale del Crocifisso; si misero i nomi di dodici santi nel bussolotto, dal quale un fanciullo ne estrasse
tre; tra questi, ancora per estrazione, se ne «cavò» uno, quello, appunto, del Borromeo. Era il primo novembre del 1613, festa d’Ognissanti. Come rapportato da un documento dell’archivio parrocchiale, da Don Luigi riportato. Su San Carlo, oltre a questo libro, ne posso segnalare altri quattro, tutti legati al 400° della canonizzazione del Nostro. Avvenuta nel 1610, guarda caso, il primo novembre (nell’elencarli so di sprecare spazio, ma, per un credente, la speranza è una virtù teologale). Di Dionigi Tettamanzi, “Dalla tua mano. San Carlo un riformatore inattuale”, (Rizzoli, 14 €); di Danilo Zardin, “Carlo Borromeo. Cultura, santità, governo”, (Vita e Pensiero, 25 €); di Cesare Bonino, “La vita e i miracoli di San Carlo Borromeo”, (Jaca Book, 22 €); di Fabiola Giancotti, “Per ragioni di salute”, (Spirali, 98 €). Elencati, la speranza è che, per sensibilità paesana, la biblioteca comunale trovi il modo di procurarseli (magari con una
Silvio ‘u Riccettu
sponsorizzazione, magari con una riffa). Eccoci, allora, al 400° della elezione di San Carlo a nostro patrono. Sicuramente da commemorare. Se io avessi voce in capitolo lo imbastirei così: adunanza nella parrocchia dell’Assunta, lettura di brani tratti dai testi citati, alternata a esecuzione di pezzi pianistici classici, funzione religiosa con benedizione. Riguardo alla lettura, mi rifarei a persona di voce gradevole e che sappia leggere, per la parte musicale preciserei che, la disponibilità di un pianoforte costando 600 euro, in mancanza di sovvenzione userei una tastiera, gentilmente concessa a una pianista disposta a suonate gratis. Anche per far sentire che la buona musica pure da noi è conosciuta, magari di vista. Il tutto, come degna sottolineatura ad un evento solenne che avviene ogni cent’anni, di alto valore comunitario. Ove si ponga
Silvio, detto ‘u Riccettu, classe 1925, lo vedi veloce e sicuro per salite e discese e ne rimani meravigliato. Percorre le strade, di cui conosce ogni angolo, con il suo immancabile bastone, più un oggetto di decoro, un accessorio che gli conferisce una sorta di saggezza, piuttosto che uno strumento di supporto per camminare. In testa è solito portare un cappello che trattiene una massa ancora folta di ricci oggi bianchi. Gli occhi di chi ne ha viste tante sono vispi, sorridenti e brillanti; magico notare come il tempo non li abbia annebbiati, ma resi più unici ed intensi. Anni chino a lavorar la terra, la fatica nei boschi e nei più disparati lavori, hanno portato il suo corpo ad incurvirsi, ma la linea retta del suo cuore e della mente è sorprendente. Le prime volte che lo incontri ti dice: “oh nì, da giovane ero proprio bello, ti faccio vedere una foto”, bello lo è ancora ed anche un vivace Don Giovanni! Ascolto divertita i racconti sulle sue sei figlie, mi commuovo alla dolcezza, alla malinconia, all’amore mai spento con cui parla della moglie scomparsa anni fa, alla tenerezza con cui i suoi occhi si riempiono di lacrime ricordando la per-
San Carlo Borromeo
mente che aver affidato le sorti del paese e dei paesani al Borromeo non è stato un atto “pro tempore”, è stato “ad aeternitatem”, varrà per sempre. E tutto proporrei –inevitabilmente, fermamente, senza se, senza ma- per il primo novembre. Ad onor delle date. Cioè della storia. Anche a Rocca di Papa meritevole di conoscenza e di rispetto.
senza età Foto di Paola Rufini
Testo di Alessia Tino
dita del suo amato cane, fedele amico di sempre, avvenuta poco più di un anno fa, ed oggi mi riempie di gioia e calore osservarlo mentre sorride e gioca con i miei due scatenati cagnolini. Amico di tutti, certo se non gli vai a genio non si fa certo scrupoli a dirtelo, riesce ad interagire perfettamente con coetanei, persone più giovani e bambini che allegramente al tramonto, quando Silvio fa rientro a casa, lo aspettano per quei vicoletti che si lasciano andare al silenzio della sera, semplicemente per farsi dare una caramella ed una simpatica “bastonata” sul culetto. Grazie Riccetto! Grazie per i tuoi sorrisi sinceri, la simpatia, l’acume, per quel vivido colore che sei in un’età che per molti non ha più sapore.
PAGINA APERTA
il Segno - Ottobre 2013
di
“Vanity Fair” lo bocciò e ora torna in libreria
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Pillole Arriva l’inedito volume di lettere di Ernest Hamingway ECONOMIA di Mauro Artibani
Parsimonia 2
di Camilla Lombardozzi Ciò che stuzzica maggiormente i lettori, non è solo l’uscita in libreria di un nuovo romanzo, soprattutto se su questo c’è già l’idea di farci un film o addirittura una saga cinematografica, basti ricordare che cosa hanno scatenato qualche tempo fa le dichiarazioni di J.K. Rowling, riguardo la scelta di scrivere la sceneggiatura sullo spin-off di Harry Potter. E bene quest’oggi ci pensa Ernest Hamingway, direttamente dall’aldilà a farci esaltare. Correva l’anno 1920, quando la rivista di moda Vanity Fair rifiutò di pubblicare niente di meno che il volume inedito delle lettere 1923-1925 dello scrittore, intitolato “My life in the Bull ring with Donald Ogden Stewart”. Oggi, a 52 anni di distanza dalla morte di Ernest Hamingway, la rivista ha chiesto al figlio, Patrick, di poter pubblicare il volume inedito, lui prontamente ha negato. “Non sono mai stato un fan di Vanity Fair, è una sorta di rivista per pensatori di lusso -ha risposto Patrick-, per persone che sono soddisfatte perché hanno guidato una Jaguar invece che una Mini”. La scelta di Patrick perciò è caduta sul giornale americano “Harper’s Magazine”, che si è accaparrato l’onore di pubblicare entro questo mese il volume, alquanto satirico, stando alle dichiarazioni di Patrick sulle lettere di Hamingway datate 1923-1925. In Italia, per poter leggere questo patrimonio
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La scienza in cucina
di Marcello Loisi Nel 1891, Pellegrino Artusi, un banchiere fiorentino, fa pubblicare a sue spese la prima edizione di un libro che cambierà la cultura gastronomica italiana: La Scienza in cucina e l’Arte di mangiar bene. Manuale pratico per le famiglie. Prima di allora, non esisteva un’identità culinaria nazionale unitaria; le ricette, i prodotti, la terminologia e gli stessi modi di dire erano fortemente legati alle località. Rifacendosi ai grandi scrittori ed esperti del passato e
Hamingway
letterario dovremmo aspettare la fine dell’anno. Tuttavia, per chi non sa proprio aspettare e conosce la lingua inglese può sempre ordinarlo e farselo recapitare.
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di... u e s i t g i o n Q
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Non sempre accade, quando accade sono guai: le aziende americane, dice la Federal Reserve, continuano ad accumulare liquidità; nel secondo trimestre 2011 le loro riserve sono salite del 4,5 per cento, a 2047 miliardi di dollari. Si tratta del livello maggiore dal 1945. Stessa brusca frenata, dice Eurostat, pure per gli investimenti in Europa nel quarto trimestre 2011. E nel “decennio perduto” del Giappone? Pure lì pressappoco la stessa cosa. Guai! Quando insomma si manca di fare la spesa in conto capitale, perché chi deve fare la spesa in conto merce manca del denaro sufficiente ad acquistare e le merci restano invendute, si inceppa il ciclo produttivo. Già, la crisi si mostra in tutte le salse: le vendite al dettaglio, per esempio, segnano il 13° calo consecutivo su base annua, mostrando a luglio una contrazione dello 0,9%. Lo rileva l’Istat, precisando che rispetto a giugno la flessione del commercio al dettaglio è dello 0,3%. Beh, allora per quei capitali inattivi un po’ di deflazione alla giapponese, che aumenterebbe il valore di quei risparmi, non farebbe poi male. Non accade però, si reflaziona tutto pur di sostenere la domanda. Eggià, abbassando il costo del denaro diventa conveniente indebitarsi, sconveniente invece prestare quel risparmio di capitale; sale pure oltre il lecito il rischio in altri impieghi. Sì, insomma si mancano chances tuttaffatto trascurabili! L’inflazione, sospinta, quella invece sale, magari poco, ed erode. Erode, eccome, il valore di quelle rimesse non spese. Et voilà, il paradosso della parsimonia 2: la vendetta? Cari signori dell’altra sponda, occorre cambiare registro. Nei tempi bui della crisi torna a farsi prepotente una regola dell’economia dei consumi: là, dove si ha più bisogno di vendere che di acquistare, occorre impiegare quelle risorse di capitale meno per produrre, più per smaltire il già prodotto. Si sblocca così il meccanismo dello scambio; così si garantisce la crescita. Evvivaddio, torna a farsi conveniente l’investimento di quel capitale.
ust o
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rinnovando il lessico culinario (prevalentemente di derivazione francese), Artusi democratizza la cucina dei “signori” creando una cultura alimentare borghese, riuscendo a fare con la gastronomia ciò che Manzoni fece con la lingua nazionale: «fare gli italiani». I canoni artusiani strutturano un codice culinario d’identificazione nazionale che svolge un ruolo importante nel processo di unificazione del Paese. La Scienza rappresenta l’epilogo riassuntivo e rinnovato delle tradizioni gastronomiche che sino alla fine dell’Ottocento si sono alternate nei secoli. Possiamo considerare quella di Artusi come un’opera conclusiva di una corrente di pensiero: racchiude e rinnova in sé le correnti gastronomiche che si sono succedute nei secoli prima di lui, ma nel
Carlo Petrini
farlo raggiunge l’apice della letteratura di genere e rappresenta l’ultimo vero volume di trattazione culinaria del XIX secolo. Pellegrino non può prevedere le tendenze culinarie contemporanee che hanno cambiato profondamente il modo di concepire la tavola, anche a livello nazionale, ma La Scienza è comunque considerata un classico, un libro al quale ricorriamo per le verità che sa darci, anche quando certi tempi sono mutati o certi rivolgimenti consigliano di ancorarsi a punti fermi per non smarrirsi.
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LETTERATURA
il Segno - Ottobre 2013
Aldo Busi, un caso letterario? LO SCRITTORE CONTINUA A DIVIDERE IL MONDO DELLA CRITICA
Ecco perché Busi ha torto Invece ha davvero ragione
di Camilla Lombardozzi Non spaventatevi, è solo un delirio di onnipotenza quello che avvolge Aldo Busi in una sua recente intervista rilasciata a Lettera 43; tra le sue argomentazioni, quelle che saltano di più all’occhio sono appunto la Chiesa e, udite udite, la pasta Barilla. Ma andiamo per ordine, perché Busi ne ha davvero per tutti in questo suo turpiloquio, perché haimè, di questo in realtà si tratta. Gli itagliani? Badate bene, non è un errore di ortografia, ma è come definisce il signor Busi il nostro popolo, “Dementi che si mettono a sindacare sulla sessualità degli altri, che non corrisponde alla loro, come se quella fosse la verità naturale”. E questo, cari lettori, è solo l’inizio, perché sì gli itagliani, sono una razza dannata, dovrebbero studiare Boccaccio, poeta e scrittore quasi dimenticato, secondo il suo pensiero ed osannare meno Dante. Per non parlare del Papa: “Usa parole nuove, diverse, ma il succo è sempre lo stesso, si fa promotore dei giovani, della legalità, addirittura afferma riguardo agli omosessuali, “Chi sono io per giudicare”? Ma prova misericordia per loro, la misericordia se la può mettere nel culo; il problema vero è che gli omosessuali accettano l’eterosessualità, mentre il contrario invece non avviene. Bergoglio fa buon marketing, ma è solo ipocrisia, nessuna volontà di cambiamento, lui ha ancora in mente la famiglia come quella Barilla”. Ma veniamo al tasto più dolente, l’ultimo della lista, appunto, il caso Barilla, eh sì, perché pare che il nostro, a questo punto, “Dio sceso tra noi” ne abbia anche per questa azienda: “Barilla mi auguro che fallisca, la sua pasta fa schifo ed io, infatti, non l’ho mai mangiata, io compro la Voiello, De Cecco, Gragnano,
di Daniela pasta trafilata in bronzo, so riDi Rosa conoscere la qualità. In quel Il Segno cerca di mulino ci sono le tenebre, dare spazio a tutti, Guido Barilla vuole mandare qualche volta però avanti una concezione di famiglia cristiana che non esiste ci permette di intervenire in più, personalmente io non ne “diretta” se un argomento ci ho e sono contento di non ap- tocca troppo da vicino. partenere a nessuna famiglia, E’ il caso dell’articolo contro neanche a quella in senso ma- Aldo Busi. Cara Camilla, non fioso, che poi è il primo luogo mi spaventa il “delirio” di ondel delinquere “Tengo fami- nipotenza di uno scrittore che glia”, è l’alibi perfetto per amo, mi spaventa di più la tua commettere qualsiasi tipo di aggressività verso uno scritdelitto, io questo alibi non ce tore che ha il dono della sincel’ho, sono responsabile delle rità. Ciò che tu chiami turpiloquio è solo il suo penmie azioni”. Ovviamente tali affermazioni siero, considera la maggior rispecchiano a pieno un delirio parte degli itagliani dementi e di onnipotenza, anche perché sessuofobi? Basta vedere i nonessuno dovrebbe augurare il stri politici (che gli stessi itafallimento ad un’azienda di gliani votano) per capire che è quel calibro, soprattutto per vero: accendi la tv e ti accortutti quegli operai che poi per- gerai quanto è basso il livello cognitivo dei nostri compaderebbero il posto di lavoro. Guido Barilla ha esposto un trioti. suo punto di vista ed essendo Mi dispiace che tu pur così l’Italia un paese d e m o c r a t i c o , Lo scrittore Aldo Busi ognuno di noi ha diritto di esprimere il proprio pensiero, libertà di parola insomma; dichiarare: “Gli spot della Barilla sono basati sulla concezione della fam i g l i a tradizionale, cristiana, ecco perché non facciamo pubblicità con famiglie gay”, non è discriminare l’omosessualità. Ma ci sorge un dubbio, chissà se dietro a queste funeste polemi- giovane non abbia il senso delche ci sia il tentativo, al quanto l’ironia e la capacità di capire penoso, di pubblicizzare il suo la satira. Busi è un grande affaprossimo libro “E baci”, edito bulatore satirico. Cito, ad esempio, un proda il Fatto Quotidiano?! Comunque a dir la verità a noi gramma di libri di qualche popolo di itagliani dementi la anno fa... si mascherava, balpasta Barilla piace come lava, cantava... incantava parquella delle altre marche e ce lando di letteratura. Non crede sincero il Papa? E la mangiamo. allora? Neanch’io, più volte Buon appetito!
l’ho scritto... per noi non esistono “intoccabili” e, se fossi omosessuale, non vorrei la misericordia ma l’accettazione e il rispetto! Anch’io come centinaia di migliaia di persone nel mondo ho boicottato l’azienda di Guido Barilla il quale, spaventato per le mancate vendite, ha subito chiesto scusa (il marketing è il marketing) dicendo di essere stato frainteso. Dato che ti prendi a cuore il problema degli operai, cerca di prenderti a cuore il dramma di tanti ragazzi e ragazze discriminate, derise e spesso spinti al suicidio, oppure arrestati (vedi leggi omofobe in Russia e in moltissimi altri Paesi). Nessuno vieta che per vendere biscotti si possa pubblicizzare una finta-famiglia, dove tutti sono felici, perfetti e sessualmente “normali”. E nessuno può vietare a chi crede nelle famiglie arcobaleno, di protestare e boicottare e, a quanto pare, siamo in maggioranza dal momento che varie aziende mondiali (tipo Ikea, Buitoni, ecc.) si sono sbrigati a dire: “le nostre cucine (o la nostra pasta) sono per tutti, la nostra famiglia è dove c’è amore!”. Dovete farvene una ragione, ciò che è “normale” per voi non lo è per noi e viceversa. Credo proprio che Aldo Busi non ti piaccia, nè come scrittore nè come persona, ma trovo esagerato il tuo velato disprezzo e offendendo lui in questo modo, offendi anche chi come me lo segue sia come scrittore sia come persona. L’unico delirio è quello della tua intolleranza e me ne dispiace, la scrittura comporta una mente libera da preconcetti, altrimenti si diventa fanatici di un pensiero unico... il mondo è bello perchè è vario!
il Segno - Ottobre 2013
L’angolo della storia
Le Nazioni Unite e il Medio Oriente
di Vincenzo Rufini La storia dell’umanità ha sempre avuto come filo conduttore le controversie tra gli Stati, che una volta erano regni ed imperi, poi dalle ceneri di questi ultimi si sono formati gli stati nazionali; sempre, però, in lotta tra loro. Dove la politica non era in grado di ricomporre i dissidi si passava alla prova di forza, rappresentata dalla guerra (Carl von Clausewitz infatti asseriva che la guerra è una continuazione della politica, ma con altri mezzi), per affermare le proprie ragioni a scapito dell’avversario, determinando così una costante perversa che ha causato tragedie inenarrabili ed indicibili sofferenze. Per porre un argine a questo modo barbaro e primitivo di affermare i propri diritti, o presunti tali, gli Stati, europei e non, decisero dopo la enorme deflagrazione rappresentata dalla Prima Guerra Mondiale, quell’ “Inutile strage”, come la apostrofò Benedetto XV, di creare un organismo internazionale avente il precipuo compito di ergersi ad arbitro fra gli Stati, onde dirimere in modo pacifico le rivendicazioni da questi avanzate. Fu creata così la Società delle Nazioni, il cui statuto apparve nei documenti conclusivi della Conferenza di pace tenutasi a Versailles nel 1919. L’organismo ebbe subito un impervio cammino, per l’ostilità manifestata da alcune potenze, tra cui gli Stati Uniti, i quali non ne vollero sapere di entrare in quell’organismo. Probabilmente la acquisita consapevolezza di essere una potenza mondiale in espansione, come la guerra aveva evidenziato, faceva loro godere di una sorta di presunzione geopolitica che alla lunga gli si sarebbe ritorta contro. Gli organismi malfunzionanti
CULTURA
sono come le medicine inefficaci, le quali invece di attutire ed estirpare il male ne favoriscono la sua endemica diffusione; difatti l’impotenza della Società delle Nazioni fu una delle cause incapaci di arrestare quella corsa macabra che sfociò nella seconda guerra mondiale. Nel 1945, alla fine del conflitto, a San Francisco le potenze vincitrici della guerra (Usa, Urss, Gran Bretagna, Cina, Francia) decidono di istituire, sul modello dell’antica Società delle Nazioni ma con maggiore efficienza, un organismo giuridico delle nazioni unite, l’Onu con sede a New York. Nel corso dei decenni susseguitisi l’Onu ha sempre avuto un ruolo fattivo nelle contese tra le nazioni, ma le sue decisioni raramente hanno avuto un peso specifico rilevante, l’antico spirito imbelle della Società delle Nazioni ha continuato ad aleggiare anche nelle stanze del palazzo di vetro, in cui i veti incrociati delle potenze vincitrici ne hanno vanificato lo spirito iniziale. Ogni anno, sul finire del mese di settembre, si tiene l’annuale Assemblea generale dei membri dell’organizzazione ed anche quest’anno l’assise si è svolta con tutta la pompa del caso; il tema all’ordine del giorno riguardava la difficile e pericolosa “querelle” siriana. Questa volta, però, invece di
organizzare una coalizione militare, sull’onda delle precedenti decisioni adottate dall’inizio degli anni novanta con le guerre del golfo, si è deciso di dare spazio alla mediazione concorde per cercare di risolvere una situazione pericolosa. Il risultato più importante, però, che è destinato a lasciare un solco profondo nelle relazioni internazionali, è costituito dalla ripresa del dialogo fra gli Stati Uniti e il regime iraniano degli Ayatollah, che fa ben sperare vista la situazione altamente infiammabile esistente il loco. Ciò avviene dopo 34 anni di insulti e minacce, lasciando la speranza che questa forma primitiva di dialogo diventi una fattiva e fruttifera discussione; forse il regime teocratico di Teheran ha cominciato a far apparire un ramoscello d’ulivo onde uscire dall’isolamento medievale cui l’hanno costretto i duri esegeti del fondamentalismo, mentre ad Occidente si fa avanti la convinzione che far uscire l’Iran dal suo guscio impermeabile alla modernità con un approccio pacifico può portare una ventata di serenità in tutta l’area medio orientale.
WÉààAáát UÜâÇt UxÇxÄÄ| Psicologa-Psicoterapeuta
Svolge attività terapeutica con bambini, adolescenti e adulti presso il suo studio sito in Via Ascanio, 3 - Albano Laziale (Roma)
Contatti: 331.6171362
dottoressabenellibruna@virgilio.it
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Invito alla lettura
Coraggio paura amore
di Loredana Massaro Edward Cohen è appena tornato a Berlino, contagiato dall’entusiasmo prorompente seguito alla caduta del Muro. Egli vive con l’inestinguibile ricordo di Adam, il fratello minore del nonno, scomparso all’inizio della guerra. Oppresso dai ricordi di un’infanzia scomoda e dalla sofferenza di un amore infelice, Edward trova casualmente un libro rinvenuto come per miracolo dal ghetto di Varsavia, scampato dunque all’Olocausto e scritto proprio dal suo prozio. Nelle sue pagine tutto è raccontano: la storia di una famiglia, di una nonna dal piglio energico che irrideva l’arroganza nazista ed era riuscita a proteggere fino all’ultimo i nipoti, una storia fatta anche di amici fedeli e di spie. La storia di Adam è quella di un ragazzo ebreo che, tra Berlino e Cracovia, nel pieno della II guerra mondiale, è disposto a rischiare tutto per amore. E’ il racconto di un legame che nasce in una situazione tragica, che si trasforma in trappola per l’amatissima Anna, caduta infine nelle mani naziste. La disperata ricerca della donna sarà l’unico scopo di vita per Adam, fino ad arrivare alla sua possibile salvezza, ma solo al prezzo di uno scambio fatale... Edward capisce allora che la sua storia e quella di Adam sono intrecciate, perché quel prozio non gli ha lasciato in eredità solo i suoi occhi, la sua bocca e il suo naso, ma anche questo libro rimasto nascosto per anni e che solo ora sembra aver raggiunto il suo vero destinatario... “Per coraggio, per paura, per amore” di Astrid Rosenfeld è un romanzo con tre protagonisti: il racconto biografico di Edward, quello di Adam e l’epilogo in cui i due trovano finalmente il filo conduttore che li unisce. Un romanzo dall’intreccio sofisticato e intrigante, la cui trama attira il lettore fino all’ultima riga, impedendogli di staccarsene. Ma è anche un viaggio attraverso il tempo, dove il passato penetra nel presente e dove le storie e gli incontri dal sapore onirico offrono l’occasione di soffermarsi e riflettere sui sentimenti più forti, quali sono appunto, il coraggio, la paura e l’amore.
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STORIE
IL RACCONTO DEL MESE
A
ccidenti! Ma è nerissimo e gonfissimo! Così aveva commentato, non senza una qualche attenzione professionale, l’infer- di Noga miere del Pronto Soccorso, mentre osservava e palpeggiava il mio povero piede dolorante. -Va bene- disse- adesso scriviamo il documento di accettazione . E dopo le frasi di rito ed a conclusione del referto annotò: - ... per caduta occidentale. Quell’occidentale passò indenne nei vari referti e quindi, al termine dell’iter burocratico, negli archivi dell’Ospedale. -Dobbiamo fare una lastra. Andiamo in Radiologia. La metto sulla carrozzella e in pochi minuti siamo al Reparto. Dove giunti mi pregò di aspettare (già, ma dove potevo andare?) perché il radiologo era stato chiamato d’urgenza. E mi mollò sul pianerottolo davanti ad una porta a vetri. Il radiologo tornò dopo circa mezz’ora. -Avanti, facciamo questa lastra disse ad alta voce– venga, venga. -Ma come venga! Non posso camminare!-Ah! È così. Va bene. Chiami un infermiere che l’aiuti.-Chiamo io? E come?-Aspetti un momento: ci penso io. Dopo un quarto d’ora giunse un infermiere. Dire che era alto è poco: era altissimo, grandissimo e con una vocetta lieve lieve ed una pronuncia blesa. Infine le radiografie furono eseguite e fui riaccompagnato in una Sala d’Aspetto tristissima con una unica panca, qualche sedia in alluminio ed una finestrella con una grata metallica.
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l piede ormai era diventato una specie di prosciuttello rosso scuro ed io non lo guardavo più. Tentavo di ignorarlo con la speranza che, così facendo, il dolore scomparisse anzi, che si trasferisse sul piede di un altro infermiere che da un po’ di tempo mi stava osservando e che infine borbottò: -Venga andiamo dal dottore che le sue lastre sono arrivate-. Il dottore sentenziò: -Lussazione con distacco. Mettetegli una fasciatura rigida, ma non troppo e mandatelo in Sala Gessi. Dove arrivai dopo molte giravolte lungo i corridoi del Piano Terra. -Prendere il numeretto ed aspettare il proprio turno!-Aspettare il mio turno? Ma quanto ci vuole?-Poco, poco! L’infermiere del reparto sparì subito dopo. La dottoressa, osservato il mio piede e visto il referto di radiologia: -Fategli una doccia -disse-. Ritorna fra 10 giorni-. -Farmi una doccia?-Ma sì, ma sì! Significa una fasciatura
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I 10 libri Sala gessi più censurati
morbida, appena irrigidita. Il piede è troppo gonfio. L’ingessatura non si può fare-. Tornare a casa fu una tragedia, ma giunsi sano e salvo. Al decimo giorno fui di nuovo in Sala Gessi. Anzi nella Sala d’Attesa con numeretto al seguito. Erano le ore 9,30. Alle 14,30 entrai finalmente nella Sala Gessi. Il mio piede fu rapidamente sbendato. La dottoressa affermò: -E’ ancora gonfio e nero. Fare un eco-doppler. Accusa anche un dolore all’altezza della scapola-.
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altro medico, vestito di verde, concluse: -Fare la radiografia dell’emitorace destro: accusa un dolore all’altezza della scapola. E continuò: -Rifategli la doccia-. L’infermiera fu rapida e professionale. E la dottoressa: -Prescrivere l’eparina tutti i giorni-. -Ma cos’è ?- Chiesi. -Iniezione sulla pancia per mantenere la circolazione del sangue fluida. Tutti i giorni-. Ancora una volta fui rimandato a casa. Ed io che mi aspettavo una bella ingessatura a mezza gamba! Macchè: non ero ancora pronto per questa prova. L’eco-doppler comportò lo sbendamento del mio piede con mezzi naturali: cioè, in pratica, una sbrigativa manovra manuale del medico ed il ribendaggio, così come veniva, eseguito dalla persona che mi aveva accompagnato.
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ornai all’Ospedale: sarebbe stata la volta buona per avere l’agognata ingessatura? Attesa, sbendamento, controlli: -Ma come va bene! E’ sgonfio del tutto e il nero è quasi scomparso. Bene: ingessare!Ad operazione compiuta mi sentii contento e soddisfatto. Avevo finalmente la mia brava ingessatura bella tosta e bianchissima. -Torni fra 20 giorni!Sarà meglio tenersi l’ingessatura... o tornare all’Ospedale?
Spunti di letteratura
di Camilla Lombardozzi Fin dall’antichità ci sono stati romanzi, considerati innovativi, forse fin troppo per i tempi che correvano e perciò censurati. Correva l’anno 1558, quando il primo libro “Index librorum prohibitorum”, venne censurato, incubo più recondito degli eretici. Sono passati millenni eppure non si può certo affermare che la censura non esista più, anzi l’indignazione di questi tempi è maggiore, nonché un vero e proprio paradosso, soprattutto se si censurano libri che urtano la sensibilità pubblica e prima di tutte quella politica e poi in tv siamo costretti a vedere, anche se qualcuno lo fa volentieri, donne mezze nude. Però si sa, mantenere l’apparenza conta, più dei fatti effettivi. Nel 2001 “L’ American Library Association”, la più antica associazione bibliotecaria del mondo ha redatto una lista di libri che hanno urtato la sensibilità dei lettori americani. Una classifica minuziosa e rigorosa, visto che è basata su tutte le lettere di protesta recapitate per ciascun titolo di romanzi all’ “Office for Intellectuall Freedom”, ovvero la casella postale dell’associazione, creata nel lontano 1967, con la funzione di appurare se gli autori di manoscritti rispettano le indicazioni contenute all’interno del “Bill off Rights”. Tra i vari reclami, presentati nel 2012, precisamente 364, abbiamo: le descrizioni di atti sessuali espliciti, il satanismo, l’omosessualità, la violenza e il linguaggio offensivo. Ancor più interessante, oltre che curioso, è notare che il libro che ha attirato il maggior numero di critiche è niente di meno che “Le avventure di Capitan Mutanda”, una serie di romanzi, scritti per i più piccini dall’illustratore Dav Pilkey. Ciò che colpisce è che al primo posto non si trovi 50 Sfumature di grigio, di rosso e di nero non solo per il loro linguaggio, ma soprattutto per le descrizioni di atti sessuali espliciti. Ma non temete, tra i 10 titoli che hanno ricevuto i maggiori reclami, c’è anche lui, eccoli per voi: 1. Captain Underpants, di Dav Pilkey. 2. The Absolutely True Diary of a PartTime Indian, di Sherman Alexie. 3. Thirteen Reasons Why, di Jay Asher. 4. 50 sfumature di grigio, di E. L. James. 5. And Tango Makes Three, di Peter Parnell e Justin Richardson. 6. Il cacciatore di aquiloni, di K. Hosseini. 7. Cercando Alaska, di John Green. 8. Scary Stories, di Alvin Schwartz. 9. The Glass Castle, di Jeanette Walls. 10. Amatissima, di Toni Morrison.
MUSICA
u m e r o sicali t v s e p i ett R
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Rammstein Quando il Rock è Teutonico
Nel mondo del rock non è molto in auge l’uso della lingua tedesca che risulta spesso un po’ ostica per orecchie ormai abituate alla scioltezza e alla musicalità della lingua inglese, per cui è convenienza, per quasi tutti i gruppi appartenenti anche a nazionalità diverse, indirizzarsi verso il linguaggio, ormai divenuto universale, della terra d’Albione, ma c’è un gruppo, impostosi sempre di più all’attenzione del panorama della grande musica rock odierna, che dell’uso della lingua del proprio paese d’origine, la Germania, ne ha fatto una caratteristica imprescindibile e un marchio di fabbrica inossidabile. Il nome di questo gruppo è Rammstein i quali traggono il loro nome dalla tragedia che nel 1988 sconvolse la cittadina tedesca di Ramstein (aggiungendo una “M” al nome della città) dove persero la vita decine di persone durante un’esibizione acrobatica delle frecce tricolori, ed infatti nei loro fantasmagorici spettacoli dal vivo, ricchi di effetti pirotecnici fra laser e macchine lanciafiamme e capaci di trasformare il palco in un autentico inferno di fuoco, rimandano molto a quel triste evento di cronaca. Incentrati sulla figura carismatica del cantante Till Lindemann il gruppo si compone inoltre di Richard Kruspe alla chitarra solista, Paul Landers chitarra ritmica, Oliver Riedel basso, Christoph “Doom” Schneider batteria, Christian “Doctor Flake” Lorenz tastiere. Dopo un primo album (Herzeleid) compatto e in cui definiscono già il loro tipico sound tanz metal col secondo lavoro (Sensucht) che si pongono all’attenzione del pubblico portando come hit un pezzo trascinante e po-
tente come Du Hast e facendo presagire anche propensioni alla melodia e al lirismo come evidenzia il bellissimo brano “Klavier”. Ma oltre alla musica i Rammstein fanno già intravedere come puntino decisamente a dare di loro anche un forte impatto visuale e scenografico e quindi propendono verso un’accentuazione sia del look, cangiante e vistoso, sia creando dei piccoli capolavori, per qualità d’immagini e per contenuti, per i loro video che li vedono quasi sempre protagonisti in piccole ministorie fra allegorie sessuali, gotiche e fantasy e, come già detto, naturalmente soprattutto per i loro spettacolari concerti live, che costituiscono veramente una delle attrazioni più importanti e imponenti per l’attuale mondo del rock. Ed è nel loro terzo album di Mutter che si consacrano come band di caratura superiore e internazionale e dove sin dai primi solchi del cd si avverte come di essere in una specie di trance, in una roboante cascata di potenza pura. Lirismo, melodia e poesia si sposano al metallo più estremo e brutale e pezzi come “Mein Herz Brennt”, “Link 2 3 4” e “Sonne” sembrano come scartavetrare la pelle e l’anima trascinandola verso un vortice di energia primordiale, così catapultata dalle sventagliate, come raffiche di mitra, micidiali e lancinanti delle chitarre e della ritmica impe-
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di Massimo Onesti
tuosa e potente, il tutto filtrato dagli avvolgimenti magici delle tastiere che addolciscono e nello stesso tempo aggravano con atmosfere dark ed elettroniche il fragore assordante in cui svetta alla fine il suono crudo e duro di questa voce aspra e penetrante che sembra partire direttamente dalle viscere e forse anche oltre di esse, quasi dai nervi sanguigni e aggrovigliati degli organi sessuali. E così come il sesso spacca, devasta, ti rende spossato e ti conduce all’estasi e all’esaltazione. Dopo questo album le loro canzoni iniziano ad essere usate anche in f i l m d’azione e f a n t a scienza c o m e “xXx”, “Matrix”, “Resident Evil” e il loro nome a circolare anche nelle varie manifestazioni di premi musicali come i Grammy Awards. Il successivo album, Reise Reise, dove brillano l’esplosiva “title track” e la commovente ed esaltante “One dich”, risente del successo raggiunto e si avverte una leggera propensione al commerciale, cosa che scompare però già nel suc-
cessivo “Rosenrot”, dove l’atmosfera si fa un pochino più di ampio respiro e meno heavy e che pone i Rammstein ormai come gruppo maturo e che qui raggiunge l’optimum, la perfezione di un sound che ha una sua collocazione ben precisa, come un marchio che si distingue per energia e raffinatezza espositiva. Nell’ultimo album (Liebe ist für alle da) ritornano a quel metal industrial che li ha contraddistini anche se con delle venature gothic e cupe dove sin dall’incipt del disco del coinvolgente brano di “Rammlied” sembra come di stare entrando dentro un tempio pagano dove si celebra l’estasi delle anime e dei sensi. Accusati più volte di essere d’incitamento per la violenza e di simpatie naziste hanno sempre smentito certe voci più che altro dovute forse per una certa teatrale iconografia e per il fatto di essersi ispirati, per il loro bellissimo video per il rifacimento del pezzo “Stripped” dei Depeche Mode, a Leny Rosenthal, regista tedesca vissuta ai tempi del nazismo e che coi suoi film esaltava il regime del Terzo Reich. Quello che è certo è che l’arte, quando si esprime nelle sue più alte forme, deve essere lasciata libera di potersi realizzare a 360 gradi, senza muri visibili o invisibili e si può inoltre affer-
mare comunque che il rock dei Rammstein è decisamente non semplicistico e invece alquanto particolare e interessante, in dei momenti al limite dell’estremo per vigoria e forza esplosiva e che fa di questo gruppo sicuramente una delle band più importanti e significative della scena tedesca mai affacciatesi nel mondo della musica rock.
VAGABONDANDO Il cammino per Santiago In giro per musei... Museo dell’Emigrazione Italiana
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«La vita non si sceglie, si vive»
di Giulia De Giorgi Che cosa spinge una persona a partire per Santiago de Compostela? Conoscere meglio se stessi, sfidare i propri limiti, dimagrire, dimenticare una storia andata male, cercare l’ispirazione per scrivere una grande storia: sono diverse le ragioni che motivano milioni di pellegrini, e non, ad affrontare 800 km a piedi. Ciò che ha spinto Thomas Avery è la voglia di realizzare il desiderio del figlio rimasto vittima di una bufera sul percorso che porta alla cattedrale di Santiago de Compostela. Il cammino per Santiago è un film del 2010 scritto e diretto da Emilio Estevez che nel film interpreta la parte di Daniel Avery. Il rapporto tra padre e figlio è molto conflittuale: un padre ambizioso, pieno di prospettive per il figlio e un ragazzo che ha voglia di esplorare il mondo e di vivere la vita fino all’ultimo respiro. Thomas è un oftalmologo affermato che viene sconvolto dalla precoce morte del figlio. Non appena apprende la notizia vola in Francia deciso a riportare il corpo a casa. Con grande coraggio, però, Tom decide di mollare tutto e di intraprendere lui stesso l’arduo percorso portando con sé le ceneri del figlio per spargerle qua e là ad ogni tappa. Durante il viaggio, che Tom aveva in mente di percorrere da solo col suo dolore, si aggiungono tre amici: Joost da Amsterdam, Sarah dal Canada e Jack dall’Irlanda. Tre persone diverse, tre stili di vita differenti e tre motivazioni diverse ma legate da una stessa strada, da un unico obiettivo: raggiungere la proprio meta. Grazie a loro Tom vivrà un’esperienza unica, capirà il valore della vita, dell’amicizia e comprenderà che una vita senza condivisione non è vita. Alla fine del percorso Tom, accompagnato fino a Muxìa dai suoi compagni di viaggio, spargerà i resti delle ceneri del figlio nell’oceano. Tom e suo figlio ce l’hanno fatta. Hanno tagliato il traguardo insieme. Hanno scelto il proprio destino, hanno superato i propri limiti. Solo ora Tom può comprende le parole del figlio: «La vita non si sceglie. Si vive».
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Quando anche gli Italiani erano costretti ad emigrare di Marcello Loisi In questi tempi, specialmente dopo i drammatici sbarchi di immigrati sulle nostre coste, è importante ricordare quando erano gli italiani a dover lasciare il proprio Paese, spesso non per “cercare la fortuna”, ma per garantire a sé stessi e alla propria famiglia le condizioni minime per vivere dignitosamente. Un luogo che ci aiuta a ricordarlo è il Museo dell’Emigrazione Italiana, ospitato da pochi anni nel Complesso del Vittoriano, alle pendici del Campidoglio. Questo museo si divide in numerose sezioni, ognuna delle quali racconta in modo diverso il fenomeno -e non l’epopea- dell’emigrazione italiana, iniziato durante gli anni dell’Unità e finita dopo il secondo conflitto mondiale. Si tratta di un processo che ha coinvolto milioni di persone, ma che il museo cerca di raccontare attraverso testimonianze anche intime e personali, come lettere, cartoline, foto sbiadite ma
Il famoso museo di Nemi
eloquenti che si scambiavano gli emigrati e le loro famiglie. Alcuni oggetti conservati nel museo consentono al visitatore anche di ricostruire non solo il lungo periodo storico che fa da sfondo alle vicende migratorie, ma anche il modo in cui questo veniva percepito. Un esempio su tutti è quello delle cartoline colorate provenienti dall’America raffiguranti i frutti statunitensi di dimensioni colossali (nella foto, per una sola mela occorre impiegare un intero vagone merci!). Questo tipo di messaggi serviva da una parte a rassicurare le fami-
Li avevamo lasciati così, Mark Wahlberg e Seth Mcfarlane, amici che guardano la tv e bevono birra, peccato che uno di loro sia un orsacchiotto, ma diciamolo, la gente non ci fa poi così caso, soprattutto se il film, al suo esordio, incassa un totale di 501 milioni di dollari. Ted (nome del film e del peluche) ha la-
glie degli emigranti sulla prosperità americana, dall’altra a invogliare coloro che erano rimasti in Italia a raggiungere i “pionieri” d’oltreoceano. Le testimonianze esposte nel museo sono numerose, alcune toccanti, ma tutte importanti per non scordare le vite di quelle persone che, partendo dall’Italia, l’hanno in parte salvata. Museo dell’Emigrazione Italiana Piazza dell’Ara Coeli 1, Roma Orari di apertura: lun-gio: 09,30 - 18,30 ven-dom: 09,30 - 19,30 Ingresso libero
Il ritorno di Ted il peluche animato
sciato senza parole, per la sua comicità e perciò eccovi serviti, arriverà il sequel di questo simpatico orsacchiotto con il chiodo fisso delle donne. Ted 2 uscirà nelle sale cinematografiche americane il 26 giugno 2015, tra i protagonisti ritroveremo, appunto, Mila Kunis, Mark Wahlberg, Seth Mcfarlane sceneggiatore della pellicola, nonché interprete del peluche animato in capture. A dargli una mano nello scrivere la sceneggiatura anche Wellesley Wild e Alec Sulkin. Perciò tenetevi pronti perché la miglior commedia del 2012 si appresta a replicare ancor più in grande stile, con un orsacchiotto super irriverente, a quanto pare il creatore dei Griffin (Seth Mcfarlane) non ha voluto lasciare nulla al caso. Camilla Lombardozzi
il Segno - Ottobre 2013
di Annarita Rossi Si narra che, tanti anni orsono, in piazza Campi di Annibale a Rocca di Papa, quando Annibale procedette la sua avanzata cartaginese verso Roma, si fermò proprio in questa zona accampandosi con i suoi elefanti. Sono tante le vicissitudini di questi animali nella storia, sono stati sacri per i paesi asiatici, soprattutto quelli bianchi o albini, usati nei lavori di fatica nelle foreste e nelle guerre, tutt’ora sfruttati nei circhi e massacrati per le loro zanne dalle quali ricavare l’avorio. Recentemente un’ulteriore strage di elefanti è stata compiuta nello Zimbabwe dove i bracconieri hanno avvelenato centinaia di pachidermi ed altri animali contaminando le acque dove questi si andavano ad abbeverare. Il 4 ottobre così si è tenuta una marcia pacifista per salvare gli elefanti che si è svolta in 15 città del mondo compresa Roma allo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica e tentare di fermare un massacro che non ha precedenti (http://www.iworry.org/ per firmare la campagna e dire NO al-
La vita in (20) lettere
TEMI D’OGGI
Elefanti a rischio estinzione
l’Avorio). E’ stimato che ogni 15 minuti un elefante viene ucciso alimentando il traffico illegale di avorio e se non si interviene l’estinzione dei pachidermi è prevista per il 2025. In termini di affari purtroppo le cifre sono impressionanti: al mercato nero il prezzo dell’avorio è di 200 dollari al chilo e la domanda è in continua crescita soprattutto da parte dei paesi asiatici. Tra gli oggetti in avorio anche tanti monili religiosi quali statue e rosari con i quali pregare sia nel culto buddista che cattolico. Inaccettabile che delle zanne insanguinate diventino oggetto di preghiera. Per quei pochi cuccioli che riescono a sopravvivere all’uccisione delle loro madri, sono stati istituiti in loco degli orfanotrofi dove dei volontari si occupano amorevolmente del loro recu-
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di Enea Trinca
E’ RARO che una tigre o una iena ne sbrani un’altra solo gli uomini si uccidono tra di loro a migliaia.
RALLEGRATI se qualcuno ti dimostra una generosa amicizia però guarda se oltre alla faccia davanti egli ne avesse una anche di dietro. Se ti venisse negato il saluto RINGRAZIA, così facendo ti troverai sciolto dall’obbligo di risalutare colui che non meritava tanto.
In amore, la frase più RICORRENTE detta da una donna è: “Piuttosto” o “non lo faccio”.
L’uomo per essere RAGIONEVOLE e saggio dovrebbe aprire meno gli occhi sui difetti altrui e aprirli di più sui suoi.
il T o c c o
di Ermanno Gatta
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L’angolo della psicologia
Risponde la Dott.ssa Bruna Benelli
Il Fast food dei sentimenti pero fisico ed emotivo per una reintroduzione non facile in un ambiente naturale ed ora più che mai non sicuro. Tra gli attivisti, impegnata nella battaglia contro l’avorio, della scrittrice Kuki Gallman troviamo il bellissimo libro “Elefanti in Giardino” dove l’autrice ci emoziona descrivendo quel fruscio furtivo di un animale della savana, dell’elefante che si appresta ad entrare nel suo giardino di casa. Kuki Gallman trasferitasi in Kenia tanti anni fa, ha fondato un’organizzazione che si occupa della salvaguardia dell’ambiente a tutela dei pachidermi che trovano sempre più la morte tra gli incendi appiccati dai bracconieri nelle savane. Se si riusciranno a fermare queste stragi forse le prossime generazioni potranno ancora conoscere, studiare ed apprezzare quegli animali che si addolorano per la perdita dei loro simili piangendo lacrime vere e che tra tutti quelli viventi hanno più memoria, proprio quelli che un giorno lontano arrivarono persino da noi in Piazza Campi d’Annibale.
L’epoca in cui stiamo vivendo è l’era del virtuale, la nostra società è stata definita “liquida” dal sociologo Zygmunt Bauman, i confini e i riferimenti sociali si perdono, non sono nitidi, nulla è più solido. Questo stato di “precarietà” non può non influire anche sulle relazioni umane, con conseguenze spesso drammatiche. Al giorno d’oggi è sempre più difficile conoscere la persona giusta, il partner con cui vorremmo passare il resto della vita. Andiamo tutti di corsa, i luoghi di aggregazione sono caotici, sono posti dove si possono fare solo incontri fugaci. A una certa età, passati i 30 anni, diventa sempre più complicato conoscere altra gente, anche solo per amicizia, ancora di più trovare un partner per un rapporto duraturo. Sono nati gli speed date (appuntamenti veloci), sono serate in cui una persona ha modo di conoscere dei single dell’altro sesso, parlargli per pochi minuti e decidere quali vorrebbe rivedere di nuovo. Un tempo brevissimo per capire se l’altro ci può interessare e piacere davvero. Ci si può sbagliare nella valutazione, sia in eccesso che in difetto. Esistono pure siti per incontri online come Meetic e altri, e persino su Facebook si possono conoscere persone nuove. Ma tutto va troppo velocemente, si bruciano le tappe dell’evoluzione normale di un rapporto amoroso o amicale. Quando nascono degli amori, sono il più delle volte effimeri, tanto da crollare non appena l’altro dice o fa qualcosa di sbagliato, o quando ci si accorge che non abbiamo l’esclusività della relazione. Alla prima discussione, tutto termina e non resta che clikkare su “elimina” e cancellare l’altro, quello per il quale fino al giorno prima si sospirava già prevedendo un futuro insieme e magari se siamo tanto arrabbiati, possiamo anche bloccarlo, per non dargli più la possibilità di ricontattarci. Finisce così un rapporto, terminano così istantaneamente i sentimenti che provavamo per lui/lei… dopotutto domani ce n’è un altro/a con cui parlare… dottoressabenellibruna@virgilio.it
il Segno dei tempi
nei disegni del Maestro Franco Carfagna Stavolta vi vogliamo parlare di un roccheggiano vissuto nell’ombra tanto era umile e onesto e che osò rifiutare anche un importante lavoro a causa della sua fede politica. Tutto lo conoscevano con il soprannome di Malettu. La sua classe di nascita era il 1905 e dopo Ciclaminu, fu lui a conseguire la seconda patente di guida a Rocca di Papa, un titolo che allora equivaleva ad una laurea. Malettu cercava sempre lavori in proprio perché non amava nè ricevere consigli nè rimproveri, cosicché cambio lavoro diverse volte, fino a quando trovò la sua strada: fare l’autista perché stare “co’ u sterzu mmani” era la sua missione. Lui era anche un abile risolutore di cruciverbi (a quei tempi non era una cosa molto diffusa) e aveva una conoscenza della geografia e della storia non comuni. Poi c’era la sua “fede” politica, perché Malettu, fin dall’età di 16 anni, era un fascista convinto (fino alla sua scomparsa avvenuta il 20 ottobre 1971). Infatti, nel 1936, scoppiò la rivoluzione in Spagna e per aiutare il dittatore Franco, si arruolò come volontario (un po’ per fede politica, un po’ perché aveva bisogno di soldi). Fu arruolato alla C.R.I. e acquisì il grado di caporalmaggiore. Cosa che dopo il congedo gli fruttò una buona retribuzione che lui utilizzò non per comprarsi una casa ma per acquistare un autocarro della Bianchi. Così iniziò a fare l’autista. Poi l’Italia entrò in guerra (1939) e nel 1944 l’autocarro gli venne requisito dagli stessi fascisti. Terminata la guerra comprò un
Ecco a voi Malettu, autista per passione
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il Segno - Ottobre 2013
altro camioncino, un’Alfa Romeo 515 e cominciò a lavorare come autista a Monte Cavo nell’albergo di Pacifico Grimaldi. Trasportava di tutto, legna, acqua, viveri. Poiché il suo mezzo si avviava a mano, Malettu era costretto a posteggiar sempre in discesa così poteva ripartire senza troppa fatica. I settantenni di oggi ancora se lo ricordano, il suo nome era Mario Castri, detto appunto Malettu. Questa nòmera risale all’epoca della sua infanzia: un giorno giunse a casa sua un medico e gli domandò: “Che cosa ti senti Mario?”. e issu responneste: “Me sento ‘n
po’ malettu”. E per tutta la vita si portò appriessu questo soprannome.
Sul numero del Segno di luglio-agosto 2013, il maestro Carfagna ha dedicato un disegno e alcuni suoi ricordi personali a un barista di Rocca di Papa che tutti apprezzavano per la sua tranquillità e la sua grande educazione. Molti lettori, avendo noi voluto creare un po’ di mistero, ci hanno chiesto chi fosse questo personaggio. Ebbene, costui era il sig. Ovidio Franceschi, chiamato da tutti sor Ovidio.
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AL CENTRO ANZIANI O ALL’ OSTERIA? Mi rivolgo a voi per lamentarmi di quello che succede al centro anziani dove a me piacerebbe andare per stare con le amiche ma tra urli parolacce e bestemmie pare di stare peggio di una bettola, io non sono abituata e allora non vado perché i dirigenti sempre pronti a mangiare e partire a costo zero, di queste cose non gli importa niente, non dicono niente per non impicciarsi. Vorrei intervenire io ma mi dicono che qualcuno di quelli è pure manesco e per questo prego di non metter la firma. Per fare decenza ci vorrebbe qualcuno
del comune e lo spero, ma chi? Lettera firmata
MODI SBAGLIATI E REGOLE DISATTESE Dai troppi che fanno regolarmente i loro comodi, un vizio prettamente rocchiciano, i nuovi arrivati hanno imparato subito la lezione: fanno come gli pare anche loro. E’ il caso del negozio di frutta e verdura di Via Roma. A nessuno è sfuggito, perché è impossibile non vedere, che parte della merce è regolarmente esposta all’esterno occupando anche la sede stradale, un pericolo per i passanti e per gli stessi avventori al passaggio dei veicoli. E’
possibile che nessuna autorità abbia nulla da dire? Sarà molto più facile sfogarsi con l’autovelox. Viviamo ormai rassegnati a questo andazzo. Ma non ci possiamo illudere, ci logora e prima o poi ne pagheremo le conseguenze. Lettera firmata
UNA SCUOLA PER I SANPIETRINI Caro Direttore, sono un lettore fisso del giornale e ringrazio tutti quanti voi per le informazioni che ci date facendoci scoprire tante cose belle e brutte di Rocca di Papa e di quello che avviene. Se non ci foste voi chi ci racconte-
rebbe tutto ciò che succede? Volevo segnalarvi una piccola cosa. Ho notato che diversi sanpietrini (io per anni ha lavorato sulle strade a sistemare queste pietre) sulla strada che dal Duomo porta al Carpino e poi ai Campi, ormai si stanno muovendo tutti. Eppure ricordo che i lavori sono stati fatti non tanto tempo fa. Come mai, in pochi anni questi lavori bisogna farli di nuovo? Non è che i nuovi operai non li sanno più mettere ad opera d’arte? Perchè non creare delle scuole in cui si insegna la posa in opera dei sanpietrini? Anselmo Gatta