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G iornalino quindicinale del Movimento Mariano della Beata Vergine Pellegrina n° 2 del terzo sabato del mese di Gennaio 2014 « Recitate il rosario tutti i giorni» -Regina del Rosario - Fatima
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LA BUONA COSCIENZA Nel centro della Foresta viveva molto tempo fa una stravagante famiglia di piante carnivore che, con il passar del tempo, arrivarono a prendere coscienza della stranezza delle loro abitudini, soprattutto per le costanti mormorazioni che il buon Zefiro recava loro da tutte le direzioni della città. Sensibili alle critiche, a poco a poco cominciarono a sentire ripugnanza per la carne, finché giunse il momento in cui la ripudiarono e si rifiutarono anche di mangiarla, schifate a tal punto che avevano nausea solo a vederla. Decisero allora di diventare vegetariane. A partire da quel giorno si mangiano unicamente le une con le altre e vivono tranquille. Perché tutti in giro parlano della loro esemplarità. In tante famiglie succede la stessa cosa. “Guai a voi, ipocriti, maestri della legge e farisei! Voi purificate l’esterno dei vostri piatti e dei vostri bicchieri, ma intanto li riempite dei vostri furti e dei vostri vizi. Guai a voi, ipocriti! Siete come tombe imbiancate: all’esterno sembrano bellissime, ma dentro sono piene di ossa di morti e di marciume. Anche voi, esternamente, sembrate buoni agli occhi della gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di male”. Chi vuole salvare la faccia a tutti i costi, di solito uccide, con la verità, ogni possibilità di riconciliazione.
I consiglididonCamillo Equivoci “Troppa gente scambia un’unghia incarnata con una intensa vita interiore”
Il Santo Rosario Chi prega il rosario può introdursi alla contemplazione di fatti realmente accaduti nella vita di una donna, osservandoli con lei, che c’era. Tutto il rosario è in presa diretta con il Vangelo,
salvo dove il Vangelo è già scritto, quando ormai è tutto noto ciò che Dio doveva rivelare tramite Gesù. Gesù ha vinto la peggior conseguenza del rifiuto di Dio: la morte. Il suo corpo risorto è un corpo glorificato, non è solo un cadavere tornato in vita. Maria, che l’ha fatto incarnare rendendosi disponibile, ha offerto il proprio incommensurabile dolore di madre sotto la croce, impossibilitata a fare qualunque cosa per il proprio figliolo, che ha visto torturare ed uccidere come un delinquente. Lì l’abbiamo ricevuta come madre, lì siamo diventati suoi figli. Lei, inutile serva di una cosa più grande delle nostre povere misure, ha creduto a tutto ciò che Gesù aveva detto alla luce di ciò che aveva imparato e compreso passo passo, fidandosi. Perciò è la prima a godere, da creatura, della promessa del Creatore. Gli ultimi due misteri del rosario la celebrano nella gloria del Figlio, presso il Padre, compreso il corpo, assunto in cielo, nella gloria di angeli e santi, questi ultimi modelli di vite rivolte a Dio. Dal cielo, sempre giovane e bella, Maria viene talora a visitarci, proteggendo, consolando, ed ammonendo noi, suoi figli, a fidarci di Dio, dispensandone le grazie. E’ questa la meraviglia del rosario. Possiamo quindi recitarne i misteri immergendoci nella loro fattualità.
- Preghiamo – Il Credo nella preghiera
Credo che la preghiera non è tutto, ma che tutto deve cominciare dalla preghiera: perché l'intelligenza umana è troppo debole; perché l'uomo che agisce senza Dio non dà mai il meglio di se stesso. Credo che Gesù Cristo, dandoci il "Padre Nostro" ci ha voluto insegnare che la preghiera è amore. Credo che la preghiera non ha bisogno di parole, perché l'amore non ha bisogno di parole. Credo che si può pregare tacendo, soffrendo, lavorando, ma il silenzio è preghiera solo se si ama, la sofferenza è preghiera solo se si ama,
il lavoro è preghiera solo se si ama. Credo che non sapremo mai con esattezza se la nostra è preghiera o non lo è. Ma esiste un test infallibile della preghiera: se cresciamo nell'amore, se cresciamo nel distacco dal male, se cresciamo nella fedeltà alla volontà di Dio. Credo che impara a pregare solo chi impara a tacere davanti a Dio. Credo che impara a pregare solo chi impara a resistere al silenzio di Dio. Credo che tutti i giorni dobbiamo chiedere al Signore il dono della preghiera, perché chi impara a pregare impara a vivere.
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- F atima-MemoriediS uor Lucia QUARTA MEMORIA – RITRATTO DI FRANCE S C O
6. F rancescoinfondecoraggioa Lucia
Durante questo mese, aumentò considerevolmente l’affluenza di gente, e con questa i continui interrogatori e contraddizioni, Francesco ne soffriva molto, e se ne lamentava dicendo alla sorella: “Che peccato! Se tu fossi stata zitta, nessuno lo avrebbe saputo! Se non fosse una bugia, diremmo a tutti che non abbiamo visto niente, e tutto finirebbe; ma ciò non si può fare!” Quando mi vide esitante, nel mio tremendo dubbio, piangeva e diceva: “Ma come fai a pensare che è il demonio? Non hai visto la Madonna e Dio in quella luce così grande? Com’è che noi ci possiamo andare senza di te, se sei tu che devi parlare?” Dopo cena, già di notte, venne di nuovo a casa mia, mi chiamò nella vecchia aia e mi disse: “Senti! Domani vieni?” – “No, ti ho già detto che non ci torno più.” – “Che tristezza! Perché mai ora tu pensi così? Non vedi che non può essere il demonio? Dio è già tanto triste per i molti peccati e adesso, se tu non vieni, diverrà ancora più triste! Dai, vieni!” – “Ti ho già detto che non ci vengo; è inutile insistere.” E bruscamente mi ritirai in casa. Dopo alcuni giorni, mi diceva: “Ahi! In quella notte non ho dormito affatto; l’ho passata tutta a pregare e a pregare, perché la Madonna ti facesse venire!”
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- Il Catechismo di San Pio X CAPO III. Dei comandamenti che riguardano il prossimo. § 2. - Del quinto comandamento.
411 D. Che cosa proibisce il quinto comandamento:Non ammazzare? R. Il quinto comandamento: Non ammazzare, proibisce di dar morte, battere, ferire o fare qualunque altro danno al prossimo nel corpo, sia per sé, sia per mezzo d'altri; come pure di offenderlo con parole ingiuriose e di volergli male. In questo comandamento Iddio proibisce anche il dar morte a se stesso, ossia il suicidio. 412 D. Perché è peccato grave uccidere il prossimo? R. Perché l'uccisore si usurpa temerariamente il diritto che ha Dio solo sulla vita dell'uomo; perché distrugge la sicurezza dell'umano consorzio, e perché toglie al prossimo la vita, che è il più gran bene naturale che ha sulla terra. 413 D. Vi sono dei casi nei quali sia lecito uccidere il prossimo? R. È lecito uccidere il prossimo quando si combatte in una guerra giusta, quando si eseguisce per ordine dell'autorità suprema la condanna di morte in pena di qualche delitto; e finalmente quando trattasi di necessaria e legittima difesa della vita contro un ingiusto aggressore. 414 D. Dio, nel quinto comandamento, proibisce anche di nuocere alla vita spirituale del prossimo? R. Si, Iddio nel quinto comandamento proibisce anche di nuocere alla vita spirituale del prossimo con lo scandalo. 415 D. Che cosa è lo scandalo? R. Lo scandalo è qualunque detto, fatto o omissione, che è occasione ad altri di commettere peccati. 416 D. È peccato grave lo scandalo? R. Lo scandalo è un peccato grave, perché tende a distruggere la più grande opera di Dio, che è la redenzione, con la perdita delle anime; dà al prossimo la morte dell'anima togliendogli la vita della grazia, che è più preziosa della vita del corpo; è causa di una moltitudine di peccati. Perciò Iddio minaccia agli scandalosi i più severi castighi. 417 D. Perché nel quinto comandamento, Dio proibisce il dar morte a se stesso, ossia il suicidio?
R. Nel quinto comandamento, Dio proibisce il suicidio perché l'uomo non è padrone della sua vita, come non lo è di quella degli altri. La Chiesa poi punisce il suicida colla privazione della sepoltura ecclesiastica. 418 D. È proibito nel quinto comandamento anche il duello? R. Si, nel quinto comandamento è proibito anche il duello, perché il duello partecipa della malizia del suicidio e dell'omicidio, ed è scomunicato chiunque volontariamente vi ha parte, anche di semplice spettatore. 419 D. È anche proibito il duello quando sia escluso il pericolo di morte? R. È anche proibito questo duello perché non solamente non possiamo uccidere, ma neanche ferire volontariamente noi stessi e gli altri. 420 D. La difesa dell'onore può scusare il duello? R. No: perché non è vero, che nel duello si ripara l'offesa; e perché non si può riparare l'onore con un azione ingiusta, irragionevole e barbara, quale è il duello. 421 D. Che cosa ci ordina il quinto comandamento? R. Il quinto comandamento ci ordina di perdonare ai nostri nemici, e di voler bene a tutti. 422 D. Che cosa deve fare chi ha danneggiato il prossimo nella vita del corpo, o in quella dell'anima? R. Chi ha danneggiato il prossimo non basta che si confessi, ma deve anche riparare al male che ha fatto col risarcire al prossimo i danni arrecati, col ritrattare gli errori insegnati, e col dar buoni esempi.
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LE TRE AVE MARIA Alcuni potrebbero pensare: “C’è bisogno di questa devozione così ordinaria, così breve, visto che ce ne sono già altre in onore della Vergine, ugualmente belle e portatrici di bene? E poi l’Angelus, in cui si recitano pure tre Ave Maria, e il santo Rosario, la regina delle pratiche devote in onore della Madonna, non assorbono e rendono inutile quelle Tre Ave?” No. Non si tratta di un inutile sovrappiù, né di una cosa assimilabile o confondibile con le altre. Questa pratica ha una fisionomia tutta propria. Pensiamo alla sua origine. È stata la Vergine stessa a rivelarla; e il suo intento era di onorare la potenza del Padre, la sapienza del Figlio, l’amore dello Spirito Santo per i singolari corrispettivi doni concessi alla Madre di Dio. Il frutto speciale promesso, per l’anima che vi sarà fedelmente devota, è l’assistenza della Vergine nel momento
estremo della vita e perciò, di riflesso, la concessione di quelle grazie che saranno necessarie e opportune per meritare la salvezza eterna. L’Angelus, oltre che di tre Ave, si compone di versetti, responsori e un Oremus. Esso serve ad onorare il mistero dell’Incarnazione. Il Rosario poi, benché si componga di Ave Maria, per la sua stessa natura abbraccia la considerazione dei misteri della vita del Salvatore e di Maria, ed è una preghiera universale, senza avere di per sé lo scopo di ottenere grazie particolari. Per questo e per la sua stessa ampiezza esso non pregiudica le Tre Ave, come queste non pregiudicano quello. Ciascuno ha la sua ragione di essere.
P. MARIO GUERRA Carissimi;
missionariosaveriano ho gradito tanto la visita del “gruppo mariano” il giorno 2 del nuovo anno. Spero
si avveri il proverbio: ”chi ben comincia è a metà dell’opera”. Beh, giudicando da come sono andate le nostre comunicazioni, finora pare tutto bene. Prendo quest’occasione per ringraziare tutti gli i membri di cui Gianni mi ha dato la lista allegata alla generosa donazione. “Il Signore che vede le cose fatte nel segreto vi ricompensi tutti come io vi ricompenso con tante preghiere ed una grande benedizione”. Sono certo che la pastorale di don Carlo sia ottima perchè sostenuta dalla preghiera di tante buone persone. Il Signore, che gli ha affidato questo Ministero, lo illumini e guidi. Il Signore è fedele. Mando a tutti una grande benedizione. P.Mario sx
«l’assalto alla capitale» Tratto dal “Diario di un missionario saveriano”
- UNA LUNGA NOTTE IN SIERRA LEONE – P.M.Guerra
cell. 3397068232 Missionari Saveriani -via S. Martino, 8 –43100 Parma mario. 34@email.it
…Avevo necessità di andare a vedere com’era la situazione alla nostra casa di Kissy. Se i padri erano partiti forse avevano lasciato la chiave di casa al cuoco, come avevano fatto in passato. Bisogna andare a vedere. Non è tanto distante: circa due chilometri. Calcolo che quello è il
giorno favorevole: tutte le guardie sono in città: c’è stato un contrattacco dei nigeriani. È rimasto di guardia un soldato semplice, buono. Gli chiedo il permesso di fare due passi per visitare una chiesa vicina. La richiesta è concessa. Prendo un accompagnatore e parto svelto alla volta di casa nostra, a Kissy. Tutto va bene: strade deserte. Guardo in distanza verso casa per scorgere qualche segno di vita. Vicino a casa, con mia grande sorpresa, mi vengono incontro tutti i vicini, numerosi e giubilanti. Chiedo se c’è qualcuno in casa nostra. Mi rispondono che ci sono tutti i padri e le suore. Perbacco, questo poi non me lo aspettavo! Entro in un cortile ed eccoli uscire ad uno ad uno con grandi esclamazioni di saluto e di meraviglia. Ci abbracciamo. Siamo tutti contenti e ci ritiriamo in casa per il pranzo e uno scambio di informazioni. Tante domande e tante risposte. Nel pomeriggio p. Pistoni mi avverte che c’è il Vescovo, mons. Biguzzi in radio da Lungi che vuole parlarmi. Sono ben felice di parlargli e lo informo delle mie condizioni: sono ancora vivo, nonostante certe voci pessimistiche; nessuna possibilità di fuga; c’è una promessa di liberazione spontanea; quindi, torno al campo prigionieri ed aspetto. I padri di Kissy mi raccontano come sono continuamente visitati dai saccheggiatori. Ci sono in casa anche sei suore di Madre Teresa ed una quindicina di rifugiati civili. Saluto tutti e torno al campo. La controffensiva dell’ECOMOG sta impegnando molto i ribelli in città. I nigeriani avanzano. A sera vengo trasferito in una casa gialla in zona arretrata, più sicura e con sorpresa ci trovo i Saveriani di Kissy: Berton, Luis, Pistoni, Ceresoli e l’arcivescovo di Freetown mons. Ganda. Mi viene il dubbio che forse è stata la mia visita a Kissy ad attirare l’attenzione dei ribelli su di loro. Con molta tristezza esprimo ai confratelli il mio dubbio. P. Pistoni mi assicura che non è così. Erano già stati visitati e derubati diverse volte nei giorni scorsi. L’assicurazione mi è di gran sollievo. Ci organizziamo e ci prendiamo cura dell’arcivescovo che è stato torturato: porta segni di bruciature in varie parti del corpo ed una ferita da taglio in un fianco, ma non vuole parlare di quello che è successo. Noi mortifichiamo la nostra legittima curiosità. Ci vengono portati da Kissy fr. Guri e le sei suore della Carità: anche loro fatti prigionieri. Sono molto preoccupato perché le suore non sono equipaggiate per questo poco igenico e stressante genere di vita. Come anziano di prigionia do molte informazioni e consigli alle nuove “reclute” dietro al filo spinato. Vengono poi uniti a noi anche 11 cittadini indiani e la consorte di uno di questi che si unisce alle suore.
Perle di spirito
L'immortalità La prima condizione dell’immortalità è la morte
-MeditiamoSanta Teresa del Bambin Gesù (1873-1897), carmelitana, dottore della Chiesa - Ultimi colloqui, 21/08/1897
Quanto avrei voluto essere sacerdote per poter predicare sulla Madonna ! Una sola volta sarebbe stata sufficiente per dire tutto quello che penso a questo proposito. Prima avrei fatto capire quanto poco conosciamo la sua vita. Non occorre dire cose inverosimili o che non sappiamo; per esempio che, da piccola, a tre anni, la Madonna ha offerto se stessa a Dio nel Tempio con sentimenti ardenti di amore e del tutto straordinari ; mentre forse ci é andata semplicemente per obbedire ai suoi genitori... Perché una omelia sulla Madonna possa piacermi e farmi del bene, occorre che io veda la sua vita reale, non la sua vita supposta ; e sono certa che la sua vita reale era molto semplice. Ce la mostrano inabbordabile, mentre bisognerebbe mostracela imitabile, fare vedere le sue virtù, dire che viveva di fede come noi, dare delle prove di questo per mezzo del Vangelo in cui leggiamo : « Non compresero le sue parole » (Lc 2,50). E questa parola molto misteriosa : « I suoi genitori si stupivano delle cose che si dicevano di lui » (Lc 2,33). Questo stupore suppone un certo meravigliarsi, non è vero ? Sappiamo bene che la Madonna è Regina del Cielo e della terra, eppure è più madre che regina, e non occorre dire a motivo delle sue prerogative che lei eclissi la gloria di tutti i santi, come il sole al suo sorgere fa scomparire le stelle. Mio Dio ! quanto strano questo mi appare! Una madre che fa scomparire la gloria dei suoi figli ! Io penso tutto il contrario, ritengo che essa farà crescere molto lo splendore degli eletti. È bene parlare delle sue prerogative, ma non occorre dire soltanto questo... Forse qualche anima andrà fino al punto di sentire allora una certa lontananza da una tale creatura così superiore e dirà : « Se le cose stanno così, ci accontenteremo di andare a brillare in un angolino». Ciò che la Madonna aveva in più rispetto a noi, era il fatto che non poteva peccare, che era esente dalla macchia originale, ma d'altra parte, è stata meno fortunata di noi, poiché non ha avuto la Madonna da amare, e questa è una tale dolcezza in più per noi.
-il Vangelo – LA FINE DEL MONDO
Appena allontanati dal Tempio i discepoli si girano ancora una volta a guardare l’edificio: “Maestro,” esclama uno di essi, “guarda che imponenza di pietre e di colonne! – “Vedi che magnifica costruzione?” gli risponde Gesù, osservando il Tempio. “Ebbene, non resterà pietra su pietra, ma sarà completamente distrutta…” Con queste parole Gesù si riferisce al momento in cui cesserà il culto ebraico e si istaurerà la religione del Regno più pura, meno formalistica, secondo gli insegnamenti che lui stesso ha dato ai suoi discepoli. “Quando avverrà ciò che hai detto? Quali saranno i segnio che tutto andrà distrutto?” Allora Gesù risponde: “Guardate che nessuno vi inganni! Molti verranno sotto il mio nome, dicendo: ‘Io sono il Cristo’ e ne inganneranno parecchi. Quando udrete parlare di guerre e di sommosse, non spaventatevi, perché bisogna che questo avvenga, ma non sarà ancora la fine. Si leveranno popolo contro popolo, regno contro regno, ci saranno terremoti in vari luoghi e carestie e pestilenze, ma tutto questo non sarà che il principio dei dolori. Ora badate a voi stessi! Io vi mando come agnelli tra i lupi, ma voi siate cauti come serpenti e ingenui come colombe e quando vi perseguiteranno in una città, fuggite in un'altra. Vi trascineranno nei tribunali e sarete bastonati nelle sinagoghe, e sarete fatti comparire davanti a i governatori e re, per causa mia. Ma ciò vi darà occasione per rendermi testimonianza. E prima conviene che fra tutte le genti sia predicato il Vangelo. Allora verrà la fine. E quando sarete arrestati non state a preoccuparvi di ciò che dovrete dire: vi illuminerà lo Spirito Santo. Sarete traditi persino dai genitori e dai fratelli e dagli amici, e sarete odiati da tutti a causa del mio nome.” – “Quando poi vedrete Gerusalemme circondata dagli eserciti, vedrete l’orribile sacrilegio. Allora quelli che si troveranno in Giudea fuggano sui monti, e chi sarà sulla terrazza non scenda a prendere qualcosa in casa, e chi sarà nei campi non torni indietro a prendere il mantello. Guai alle donne che saranno incinte e a quelle che allatteranno in quei giorni! E pregate che ciò non avvenga d’inverno né di sabato! Poiché quelli saranno giorni di tale dolore, come mai se ne videro dal principio del mondo fino ad ora, né mai più se ne vedranno.” – “Molti cadranno sotto il taglio della spada e molti saranno condotti prigionieri fra tutte le genti, e Gerusalemme sarà calpestata dai pagani, finché saranno compiuti anche i tempi dei
pagani. E se quei giorni non venissero abbreviati nessuno scamperebbe; ma per riguardo agli eletti quei giorni verranno abbreviati. E allora se qualcuno vi dirà: “Il Cristo è qui, è là”, non gli credete; perché sorgeranno falsi messia e falsi profeti e faranno miracoli e prodigi per ingannare, se fosse possibile, persino gli eletti. Ma voi state attenti: io vi ho predetto ogni cosa”. – “In verità vi dico che questa generazione non passerà prima che tutte queste cose avvengano. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”. – “Ma quanto al giorno e all’ora nessuno li sa: neppure gli angeli del Cielo, né il suo figliuolo, ma solo il Padre”. (Mt 24, 1-36) A questo lungo discorso seguono alcune esortazioni ad essere sempre vigili nell’attesa e alcune parabole che si propongono di chiarire tale necessità, in quanto la fine potrà essere improvvisa. Questo discorso, chiamato escatologico ( dalla parola greca eskhatos “estremo”, significa discorso riguardante il fine ultimo dell’universo) è stato interpretato talvolta in modo catastrofico, in contraddizione con lo spirito evangelico per cui la “fine dei tempi” e l’istaurazione del Regno devono essere avvenimenti felici. Forse nella narrazione degli evangelisti sei mescolano fatti avvenuti negli anni successivi. Nell’anno 44 si ebbe una grave carestia seguita da epidemie. Nel 53 vi furono disastrosi terremoti in Frigia e nel 61 un altro terremoto distrusse la città di Laodicea. Nel 63 vi fu una prima spaventosa eruzione del Vesuvio, che poi, nel 79, seppellì Pompei ed Ercolano. Nel 64 scoppiò a Roma un vasto incendio e Nerone fece giustiziare alcuni cristiani, a torto o a ragione ritenuti responsabili del misfatto. Nel 66 incominciarono in Palestina le rivolte contro i romani, che Vespasiano domò violentemente, imprigionando e condannando ai lavori forzati nel cantiere che si occupava del taglio dell’istmo di Corinto migliaia di persone. Nel 70 la guerra giudaica venne conclusa dai Romani, conl’assedio di Gerusalemme e la distruzione del Tempio. Secondo lo scrittore Giuseppe Flavio perirono nell’assedio un milione e centomila ebrei. Anche se la cifra è esagerata, il dolore per il popolo d’Israele fu grandissimo. L’assedio cominciò nell’aprile, proprio quando in città c’era il maggior afflusso di pellegrini per le feste pasquali, e durò fino ai primi di settembre. Ben presto la carestia divenne così grave che la gente era costretta a masticare il cuoio delle cinture e dei calzari e non mancarono casi di cannibalismo. Il 17 luglio i quotidiani sacrifici al tempio vennero sospesi per mancanza di uomini in grado di celebrarli. Il 6 agosto il Tempio incominciò ad andare in fiamme, tra le grida della folla che, spinta dagli assedianti, si era ammassata nella città alta, e le urla dei coraggiosi che tentando un’estrema difesa si trovarono prigionieri del fuoco. L’8 settembre anche la città alta cadde interamente
nelle mani dei Romani r Tito la fece radere al suolo, abbattendo persino le mura di cinta. L’idea della fine di questo mondo, con l’inizio di un’età migliore dopo un giudizio universale, non è solamente cristiana. Nel mazdeismo persiano si crede nel trionfo definitivo di Ahuro Mazda, dio del bene, entro 3000 anni. Nella religione dei Maya, le popolazioni precolombiane dell’America centrale, si parlava di ricorrenti cataclismi che per ben quattro volte avrebbero portato alla fine del mondo e alla sua rinascita per intervento di divinità. Nel giudaismo i racconti del diluvio universale, della distruzione di Sodoma e Gomorra, delle piaghe d’Egitto, assumono il significato di vere e proprie catastrofi collettive, da cui si sono salvati soltanto i giusti. Il messaggio di Cristo in realtà non prevede la necessità di una distruzione del mondo per l’istaurazione del Regno, che non verrà come una meteora, un segno celeste improvviso, ma è già tra gli uomini. È presente in tutti coloro che decidono di vivere secondo la legge di Dio e si espande a poco a poco come un granello di senape, come il frumento ben seminato, come la farina col lievito.
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Grazie Dio per tutte le volte che non funziono di Costanza Miriano
Dio, ti ringrazio per tutte le volte in cui quest'anno che è passato non ho funzionato. Per quando sono stata di cattivo umore, offesa, triste, arrabbiata, inadeguata, malevola. Ti ringrazio perché non è stato un caso, una malaugurata coincidenza o un inciampo. Il problema è che io proprio non funziono bene. Ho un difetto di fabbricazione, qualcosa all'origine, ma ormai, come dice mio marito, mi è scaduta la garanzia, e dovrò vedere di combinare qualcosa lo stesso, con quello che ho. Dovrò cucinare con quello che c'è in frigo, e vedere di tirarne fuori un piatto decente. Ti ringrazio perché il mio non funzionare mi ricorda cosa vuol dire che tu sei il Salvatore. Vuol dire che tu non sei una ciliegina sulla mia torta, ma sei proprio la torta, colui che ci fa vivere, essere felici. Ti ringrazio perché ho atteso questo Natale al grido di arrivano i nostri, come chi sta sull'orlo di un precipizio, ed ha bisogno, un bisogno vero e vitale di essere salvato. Ti ringrazio per le mie fisse, le mie ossessioni, le mie stramberie. Ti ringrazio per i pensieri bassi, stupidi, inutili che il mio mondo interiore produce a ciclo continuo (ne ho anche da esportare, se a qualcuno dovessero difettare). Ti ringrazio perché mi costringono a distogliere lo sguardo da me stessa, e a fissarlo su di te, se non voglio morire di disgusto. Ti
ringrazio per le emozioni incontrollabili e pazze che ogni tanto vorrebbero prendere il comando della barca, e ti ringrazio perché solo con te – con quel po' di preghiera che riesco ad accozzare, col tuo stesso corpo al quale mi aggrappo ogni giorno a Messa come a una scialuppa – riesco sgangheratamente a mantenermi quasi decentemente fedele al piccolo posto di combattimento che mi hai assegnato. Ti ringrazio anche per tutte le qualità che mi hai dato, per le munizioni da spendere in battaglia, e ti ringrazio per avermele date così bene impastate ai difetti che non posso guardare le une senza vedere gli altri. Ti ringrazio perché quando il mio limite non lo vedo permetti che qualcuno me lo faccia notare (il mio padre spirituale dice: «Se qualcuno è arrabbiato con te, e comincia a gridarti contro, chiedigli di aspettare un attimo, corri a prendere un registratore e prendi nota: ti sta facendo la grazia di mostrarti come sei realmente»), e sempre più desidero mettere lo sguardo su di te, unica vera bellezza. Ti ringrazio perché quando non ho la grazia di vedere il mio peccato, perché quella è la vera grazia, mi mandi oltre alle vibrate proteste di chi è arrabbiato con me, anche sempre qualche tuo figlio prediletto che mi corregge fraternamente, e che prega per la mia conversione, mettendo in moto la comunione dei santi, al grido di battaglia «al mio via, scatenate il paradiso». Ti ringrazio perché la vita è insostenibile senza di te, è troppo difficile la fedeltà totale, la dedizione leale e incondizionata al proprio posto in trincea, così che o si cerca di imbucarsi, di nascondersi dietro un cespuglio lasciando che sia qualcun altro a fare la nostra parte, o bisogna appoggiarsi a te a peso morto. Ti ringrazio perché l'insostenibilità della vita e la nostra inadeguatezza ci costringono a fare memoria di te, a chiederci chi è che può rispondere al nostro desiderio, chi finalmente può colmare
tutte
le
nostre
attese,
la
nostra
sete
ardente.
A volte mi dicono "che bello avere una fede come la tua" e io un po' mi vergogno un po' mi spavento, perché io non so se davvero la mia sia fede, e mi sento come quando dai un'impressione troppo buona di te (per esempio come quando all'esame prendevi un voto più alto di quello che meritassi, probabilmente perché ti avevano fatto una domanda esattamente sulle sole due cose che sapevi, avendole casualmente ripassate la notte prima). Il fatto è che io non so se ho fede, ma ho bisogno, pretendo che tu, Dio, sia davvero mio Padre, che mi ami come dice il Vangelo. Non potrei vivere se le cose non stessero così, e se ho bisogno di te, è proprio perché senza non funziono. Quando non funziono, quando vedo la struttura di male che c'è in me anche quando non collaboro attivamente col peccato, quando vedo la mia natura doppia, il male e il bene, ne cerco le ragioni, perché dello stare bene non abbiamo bisogno di chiederci nulla. E quando cerco le ragioni, è sempre a te che mi trovo costretta a volgere lo
sguardo. La struttura di male che c'è in me mi mostra chiaramente il bisogno vitale, imprescindibile,
di
essere
redenta.
Il senso della fede è avere un rapporto vero e personale con te, perdere la nostra vita, sgangherata pazza e malfunzionante, per cominciare a vivere la tua, e così realizzare la meravigliosa felice somiglianza per la quale ci hai pensati, creati. È arrivare a un rapporto vero, totalizzante, radicale, senza calcoli, con te. Solo allora saremo credibili, e qualcuno si fiderà di noi, e magari ci verrà anche un po' dietro. E così potremo oltre ad amarti anche magari farti amare da qualcuno.
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COME CI HA REDENTI CRISTO?’ Gesù nell’incarnazione ha preso la nostra natura umana santificandola e ci ha fatto dono della sua natura divina. Questa è la redenzione. La passione ela morte sono il segno-sacramento del suo amore: “Avendo amato i suoi, li amò fino a dare la vita per loro”. Anche le sofferenze di tutti i martiri della fede sono segno-sacramento della fedeltà a Cristo fino al martirio. Allora non dirò ai malati che, come Dio ha voluto la passione di suo Figlio, così vuole le nostre sofferenze; ma, come nella sofferenza di Cristo ci ha dato la prova del suo amore, così noi gli proviamo che continuiamo ad amarlo nonostante la sofferenza. E che dire di quelle espressioni, che sono teologia dei secoli, profondamente radicate nella cultura della nostra gente? “Dio mi ha castigato – Bisogna accettare quello che Dio manda – Dio ci punisce per i nostri peccati…”. Dio, sempre Dio! Dovremmo goderne, perché rivela il senso religioso dell’uomo. Ma Dio, come ne esce? È il sadico che infierisce contro le sue povere creature, certamente per un fine sapientissimo che l’uomo non può pretendere di conoscere. Non è questo il mio Dio. Il dolore umano rimane sempre uno dei grandi misteri di cui è piena la vita dell’uomo, un mistero che ha senso solo perché Cristo ha assunto la natura umana con tutto il dolore che essa comporta, solo perché si apre nella gioia della risurrezione.
Meditãtio E’ stato sulla Croce che Gesù ci ha dato la Sua Madre, che ci ha dato il Suo Cuore. E’ stato sulla Croce e per la Croce che lui ha potuto dire: “Tutto è compiuto!”
Medjugorje Antonio Socci, giornalista e saggista molto noto racconta il suo primo viaggio a Medjugorje. Ho fatto circa 2000 chilometri fra terra e mare sulle tracce di una donna. È una donna “di una bellezza indescrivibile”, dice chi l’ha incontrata. E per noi curiosi tenta una vaga descrizione: alta circa 1 metro e 65, longilinea, circa 18-20 anni, volto regolare, quasi sempre sorridente, guance rosate, capelli neri ondulati, occhi spiccatamente azzurri, voce dolce da adolescente, vestito molto semplice. Ma i testimoni precisano subito che la sua è una bellezza inimmaginabile, nessun volto al mondo è paragonabile al suo. Non stiamo parlando di un sogno o di un’immagine letteraria. Ma di una persona viva, che sorride, parla e ascolta, piange, abbraccia, chiama per nome, che insegna e che implora, che si appassiona ai piccoli problemi di ognuno. Dal 1981 sei ragazzi di un paesetto della Bosnia croata – Mdjugorje – la incontrano quasi quotidianamente e lei – a precisa domanda – ha risposto di essere la Vergine Maria. Il punto è che: è viva. E questi sei ragazzi non sono pazzi, sono del tutto normali, anche a giudizio della scienza, perfino dell’ex regime titoista. All’inizio perseguitati dalla polizia comunista, sono cresciuti con lei accanto, hanno fatto l’università, si sono sposati, hanno figli. non sono degli allucinati (ce ne passano diversi anche da Medjugorje e si riconoscono subito). Invece questi sei – che nel 1981 per altro non erano fra i ragazzi più assidui in parrocchia – sono tipi equilibrati, razionali, cordiali. Ma, come dice una di loro, Marija, che oggi abita a Monza, “ci siamo in un certo senso innamorati di lei. Specialmente all’inizio, non dico che eravamo dipendenti, tuttavia la bellezza del suo viso e la sua voce quando parlava ci attirava… poi, pian piano, ci ha portato verso Gesù, verso la Chiesa, verso l’Eucaristia e ci ha fatto scoprire un mondo così grande, così immenso…” La sua bellezza e la sua “eterna giovinezza”, sottolinea Padre Livio, direttore di Radio Maria, si spiegano col fatto che tutto l’essere di Maria, anima e corpo, risplende di Grazia ed è nella Gloria di cristo. È dunque Paradiso. Con i suoi 23 anni di presenza costante, secondo il padre, siamo di fronte ad un fatto assolutamente unico nella storia della Chiesa che evidentemente è dovuto a qualcosa di eccezionale, a ciò che deve accadere. Così abbiamo raggiunto quel paesino bosniaco per assistere ad una apparizione. Per capire ed interrogarci su questa giovane donna, la sia
“filosofia” e anche la “missione segreta” che giustifica una così lunga permanenza (se, per esempio, è un’impresa che deve salvarci da catastrofi imminenti)…. UUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUU
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RDAMÈS /parte seconda …Venne la giornata famosa. La mattina la commissione si trovò radunata in piazza per leggere l’annuncio sul giornale appena arrivato dalla città. C’era anche la fotografia di Radamès e, sotto, la dicitura: “Il tenore Franco Santalba”. Decisero per la partenza. “Si parte un po’ presto per trovare i posti. Sul “Dodge” ci stiamo tutti,” disse Peppone. “”L’appuntamento è alle quattro qui.” – “Bisognerà avvertire l’arciprete,” disse qualcuno. “non può venire, ma bisognerà avvertirlo.” – “Il clero non mi interessa.” Rispose Peppone. Andarono in canonica e don Camillo era molto triste. “Non posso venire, lo sapete. Un prete in un teatro così, a una prima, non si può. Mi dispiace. Ma poi mi racconterete.” Usciti quelli della commissione, don Camillo andò a confidarsi col Cristo crocifisso. “Mi dispiace non poter andare,” sospirò don Camillo. “Radamès è un po’ figlio di tutti, in un certo senso. D’altra parte il dovere è il dovere. Il mio posto è qui, non fra le cose frivole e mondane dei teatri.” – “Certamente, don Camillo,” rispose il Cristo. “Sono piccole rinunce che bisogna compiere a cuor sereno.” – “Piccole in senso assoluto,” disse don Camillo. “Grandi rinunce in senso relativo e nel caso specifico. Caso del tutto particolare ed unico e non ripetibile. Ad ogni modo, appunto perché è una rinuncia che costa qualche sacrificio bisogna saperla fare a cuor sereno. E senza rimpianti. Il rimpianto diminuisce il valore del sacrificio. Anzi, se una rinuncia genera rimpianto, si può dire che il sacrificio non
ha più nessun valore.” – “Naturalmente,” approvò il Cristo. Don Camillo
camminò in su e in giù per la chiesa deserta. “La voce,” spiegò fermandosi davanti all’altar maggiore, “la voce gliel’ho cavata fuori io. Era un ragazzino alto così. Non cantava, cigolava come un catenaccio arrugginito. E oggi canta al Regio, nell’Aida. Radamès nell’Aida. E io non lo posso sentire. Sarebbe una rinuncia che mi costa un grande sacrificio, invece io ho il cuore sereno.” – “Certamente,” sussurrò sorridendo il Cristo. Piazzati ai primi posti del loggione, Peppone e la squadraccia attendevano col temporale in testa. Era un bel pezzo che aspettavano perché, in loggione, i posti bisogna conquistarseli, non
basta pagare il biglietto. Quando c’è l’Aida il loggione non è pieno, il loggione scoppia di gente. Eppure, poco prima che incominciasse, un uomo riuscì a fendere la marea e a portarsi in prima fila dietro a Peppone. Era un omaccio con uno spolverino verde e pareva che Peppone lo conoscesse perché gli fece posto e l’omaccio sedette. “Se Radamès ha paura è un guaio.” – “Questa qui è gente che non ha pietà.” – “Speriamo.” Fece l’omaccio. Invece il povero Radamès uscì tremando dalla paura. “Se lo fischiano ammazzo qualcuno,” disse Peppone all’omaccio. E l’omaccio gli fece cenno di star calmo. Ma non lo fischiarono. Ebbero pietà e si limitarono a sghignazzare. Verso la fine dell’atto le cose peggiorarono. La paura diventò terrore e Radamès steccò come un maledetto. Il loggione ululò. E fu un ululato che fece ondeggiare il sipario. Peppone strinse i denti e la squadraccia era pronta a scattare e a combinare un macello. Ma l’omaccio agguantò Peppone per la collottola e lo trascinò fuori. Passeggiarono al fresco, a fianco del teatro e, quando udirono un boato, capirono che Radamès aveva steccato ancora. Poi le trombe della marcia trionfale rimisero tranquilla la gente. Poco prima che iniziasse il terzo atto l’omaccio disse a Peppone: “Andiamo.” Non li volevano lasciare entrare in palcoscenico; ma davanti a due satanassi che sviluppavano la forza d’urto di un Panzer, non c’è niente da fare. Radamès affranto, sbigottito, si preparava ad essere buttato dentro un’altra volta e, quando si trovò davanti ai due, spalancò la bocca. Allora l’omaccio dallo spolverino verde gli passò di dietro e gli spedì nel sedere una pedata degna non di Franco Santalba ma di Tamagno. Radamès entrò in scena quasi volando, ma era un altro. Al Io son disonorato! Venne giù il teatro per gli applausi. “Gli artisti di canto bisogna conoscerli a fondo,” disse l’omaccio trionfalmente a Peppone che ululava per la gioia. “Si, rev…” rispose Peppone. Ma un’occhiata dell’omaccio gli troncò la parola.
M “Voi avete compreso che una giornata senza preghiera è come il cielo senza sole, il giardino senza fiori. Perciò vi siete preso l’impegno di recitare ogni giorno una decina almeno
del
santo
Rosario.”
Paolo VI
Rosario comunitario del «Primo Sabato del mese» - Sabato
1 febbraio - ore 16,30 - nella Cappella di S. Anna
(Baccarini)