Il Quinto Arcano- Maggio 2010

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SOMMARIO Astrologia e Mito ..................................................................................... 3 Taurus Feste della Tradizione nel Ciclo della Natura......................... 14 La Visitazione Scongiuri e Preghiere ............................................................................ 22 L’incantesimo della mela Per tenere vivo l’amore della persona amata Per legare a sè l’innamorato... Per avere notizie della persona amata... A santa Rita per conoscere una verità nascosta I Messaggeri Divini ................................................................................ 27 I Cherubini Il Libro delle Erbe ................................................................................... 32 I fiori di Bach: Agrynomy Biancospino Luna di Maggio ......................................................................................... 40 Calendario del Mese Luna del fiore L’Erba Magica Cristalloterapia........................................................................................... 48 L’avventurina Il Tarocco ...................................................................................................... 51 “II” La Papessa La Natura in tavola ................................................................................. 58 Cosa bolle in pentola? La ricetta del mese L’esperto risponde.................................................................................... 62 I quesiti dei lettori 1


REDAZIONALE Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam. (Non a noi o Signore, non a noi, ma al Tuo nome dai gloria). Cari lettori, è con questo intramontabile motto dei cavalieri templari che mi piace porgervi un affettuoso ben ritrovati. Una preghiera con la quale i “guardiani del tempio” esprimevano tutta la loro aspirazione al retto agire secondo la dottrina tradizionale, fine indispensabile che doveva caratterizzare gli appartenenti all’ordine dei templari. Uno stato d’animo, una forma mentis, che, mese dopo mese, cerchiamo di trasmettere con le nostre rubriche fortemente ancorate a tradizioni, pratiche e rituali tramandati di generazione in generazione dai nostri antenati, ma oggi, ahimé, quasi smarriti nella ribattezzata “società del benessere”. E se è vero, com’è vero, che la verità sta nelle cose più semplici, che è costantemente sotto i nostri occhi, ma noi siamo troppo distratti e sempre più presi dalle “terrene cose” per riconoscerla ed interiorizzarla, allora, forse, la strada migliore da seguire, per rimetterci sulla via maestra, è proprio quella di tornare alla semplicità della vita che caratterizzava le giornate dei popoli d’un tempo, specie di quelli contadini. Certamente non si può pensare di cambiare il nostro stile di vita improvvisamente, dall’oggi al domani, ma dedicarvi, quotidianamente, dei piccoli spazi di 2

tempo sicuramente sì. E quale momento migliore per aprirci al richiamo primordiale della forza vitale della Natura se non a Maggio, mese che con l’esplosione prorompente della Natura porta con sé colori, odori e fiori a volontà. In questo numero andremo alla riscoperta delle feste che i popoli antichi dedicavano al mese di Maggio affinché vi fosse abbondanza e qualità in ogni settore produttivo, dall’agricoltura agli allevamenti. E poi la mitologia del segno del Toro, l’Agrimonia, primo rimedio di Bach, una pianta straordinaria come la borragine, le ricette dello chef Gino Bonaventura e tanto altro ancora. Buona lettura! Fabio Cantarella redazione@ilquintoarcano.it


Rappresentazione del Toro secondo le antiche carte del cielo

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a cura di Lorenzo La Spada

TAURUS dal 21 Aprile al 21 Maggio Elemento: Qualità: Polarità: Domicilio: Esilio: Esaltazione:

TERRA FISSA FEMMINILE VENERE MARTE LUNA

Colore: Metallo: Pietra: Erba magica: Profumo: Giorno:

VERDE RAME AVVENTURINA ROSA VANIGLIA VENERDI’

Punto debole: COLLO, BOCCA, CORDE VOCALI

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ASTROLOGIA

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razie all’influenza ignea dell’Ariete, il germe che giaceva sotto terra ha iniziato la sua manifestazione, ora è chiamato a subire le prove successive del quaternario degli Elementi. Attraversando la Terra opaca, la spinta vegetale deve affrontare l’Aria agitata, resistere alle sue folate, assorbire l’Acqua e gonfiarsi, per prestarsi finalmente alla maturazione mediante il Fuoco estivo. Il secondo segno, quello del Toro, è terrestre in quanto marca l’epoca in cui le giovani piante mettono radici per alimentarsi, mentre il possente animale con il proprio

lavoro prepara la terra alla fecondità. Tale animale non è più l’aggressivo e impulsivo liberatore delle energie imprigionate, ma il pesante e metodico lavoratore che si assume la valorizzazione della superficie terrestre. Il Toro lavora senza entusiasmo, ma nulla lo ferma; la sua foga è contenuta, disciplinata, applicata; nessuno slancio impetuoso, ma lo sforzo paziente sormonta le resistenze più ostinate. LA TERRA FECONDA Va distinto il Bue dal Toro fecondatore, il favorito di Ishtar, dea del mantenimento

Bassorilievo del II-III secolo raffigurante una tauroctonia, Mitra che sacrifica il toro sacro. 5


Statua del Toro Apis proveniente dal Serapeo di Saccara - Museo del Louvre.

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e della trasmissione vitale. Il Toro rappresenta tutto il vigore primaverile della terra che manifesta la sua fecondità dando colori e profumi dappertutto. Quando il Toro sorge a Est insieme al Sole, è tempo di primavera, tempo fertile di ricchezza e abbondanza, mentre quando insieme al Sole, a Est, sorge il suo opposto, ovvero il perfido Scorpione, il Toro viene a trovarsi dall’altra parte del cielo al suo tramonto. Allora il potente fecondatore taurino è sacrificato, come lo mostrano i monumenti del culto mitriaco, lo Scorpione lo attacca ai suoi genitali, determinando l’avvicinamento dell’inverno, la terra non è più feconda, giacché il Toro è prostrato dall’impotenza. L’UTERO PIENO Si è riempito l’utero vuoto del tempo d’Ariete ; è divenuto utero pieno . Questo indica il glifo del segno, oltre che la possente testa del bovino. Siamo in un segno fisso, posto al centro della stagione primaverile, ricco di prorompente fecondità. E generazione e fecondità richiamano le corna bovine, dalla forma di un crescente lunare. Luna che in Toro è esaltata, mentre Venere, che domina il segno, è fecondissima come l’egizia vacca celeste Hathor, la Dea dal manto coperto di stelle. E di stelle è coperto il manto della Vergine Maria che incarna il principio divino della maternità, che secondo la tradizione trova domicilio nel mese taurino di Maggio. La Terra del Toro è ricca di forza vitale venusiana, carica di energia organica che ci fa vivere fisiologicamente. Energia che la madre trasferisce al neonato attraverso il ricco latte del suo seno e che gli antichi ne rappresentavano l’alto simbolismo iniziatico nelle figure 7

delle dee allattanti, da Iside con il piccolo Horus, alla Vergine con il bambino Gesù. La vita fisiologica non è tuttavia ciò che abbiamo di più prezioso, giacché l’animalità non è per l’uomo che il supporto di una vita più elevata. Questa è la ragione per la quale l’Iniziato deve uccidere in sé il Toro, cioè morire dalla grossolanità dei propri istinti e delle passioni. MATERIA E SPIRITO Quando Gilgamès offende Ishtar, respingendo le sue proposte, egli si afferma emancipato dalla schiavitù dei sensi, ma nello stesso tempo si attira la collera vendicatrice della dea della sensualità. Ishtar è la seduttrice che fa amare la vita. Ella attira lo spirito per unirlo alla materia e lo costringe ad elaborare quest’ultima, per affinarla e spiritualizzarla. L’iniziato


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Tu fai crescere l’erba per il bestiame e le piante che l’uomo coltiva per trarre cibo dalla terra. (Dal salmo 103)

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sa che questa dea ricompensa grossolanamente gli esseri volgari, ma riserva un salario superiore a chi si eleva alla nobiltà dei sentimenti generosi. Colui che ama il Vero, il Bene ed il Bello è amato dalla Madre dei viventi, Afrodite eterica, che non è più la Venere del Toro,

sensuale e materialmente feconda, ma la Vergine celeste che nell’Amore incorruttibile genera spiritualmente figli immortali. Il Sole transita nel segno del Toro dal 21 Aprile al 21 Maggio circa, fissando il centro della stagione.

Vergine col Bambino

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MITO

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resso la spiaggia fenicia di Sidone, la giovinetta Europa con le sue compagne, gioca felice e spensierata mentre le loro risa si fondono col mormorio delle acque della risacca. Cade, sulla fanciulla in fiore, lo sguardo di Zeus che, subito, si fa voglioso delle sue fresche braccia, della sua bocca profumata. “Non spaventiamola col nostro fulgore” pensa il dio e, rapido, si muta in un superbo toro bianco dalle corna splendenti come la luna. S’accosta, mansueto, l’animale ad Europa, la fissa con gli occhi lucenti, l’annusa, la sfiora col muso, s’inginocchia ai suoi piedi. Accarezza, Europa, il candido mantello, il collo possente, e appende ghirlande alle lucide corna, e sale sulla groppa invitante. S’alza il toro e trotterella lungo la battigia; poi, d’un tratto, s’avventura decisamente verso le onde e s’inoltra nel salso mare. Grida, Europa, invano; e così le sue compagne. Quasi vola sull’acqua l’imponente bestia divina e giunge a Creta. E là, presso una sorgente, Zeus, in aspetto umano gode della fanciulla. Solo i platani assistono all’unione e ne ottengono di non perdere

mai le foglie. Un toro, a memoria dell’evento, è posto da Zeus nello Zodiaco. IL MINOTAURO Tre figli ottiene Zeus da Europa (Minosse, Sarpedonte e Radamante) e poi la marita al re di Creta, Astrerio. Muore, Asterio, e Minosse è in lite coi fratelli per il regno. Si rivolge allora a Poseidone, dio del mare: “Fa sorgere dall’acque un toro, a segno della legittimità del mio potere, ed io, grato, te l’offrirò in olocausto!”, invia, il dio, il toro bellissimo. Quale prestigio il possederlo! E Minosse ne sacrifica un altro al suo posto. Sventura su chi non osserva la fondamentale norma Pacta sunt servanda! Ovvero: I patti devono essere osservati! Né s’ingannano impunemente gli dèi: il toro fatidico, infatti, s’infuria e semina il terrore nella regione. Ma molto di più: Pasifae, moglie di Minosse, lascivamente s’invaghisce dell’animale e con uno stratagemma riesce ad unirsi all’animale. E dal bestiale accoppiamento nasce Minotauro mostro dal corpo d’uomo e dalla testa di toro, che viene chiuso da Minosse nel dedaleo labirinto:

L’evangelista Luca e il Toro 11


la casa del labrys, l’ascia a due lame simbolo del potere minoico che è anche il fulmine di Zeus, con il quale esercita la giustizia divina. E giustizia è fatta sulla macabra vicenda del Minotauro che muore per mano dell’eroe Teseo, aiutato da Arianna che, pure, da Minosse e Pasifae era stata generata. IL SANGUE SALVIFICO Ricco di forza e violenza è il mito del Toro, accompagnato dal sangue, dal rosso e dal calore, tutti elementi che ricordano il ciclo vitale di cui il Toro ne rappresenta la rinascita nelle antiche civiltà. “All’inizio era il Toro”, così si legge nell’iscrizione su uno Zodiaco babilonese. Marduk “toro nero dell’abisso” crea dal nulla l’umanità. Presso gli antichi egizi infatti la rinascita del mondo avveniva ogni anno alla congiunzione Sole-Luna (novilunio) nel segno del dio Api, il Toro sacro simbolo della generazione della forza fecondante. E il salvatore Mi-

thra cavalca il toro sacrificale e gli affonda nel collo la daga volgendo il capo quasi a non vedere il sangue che fiotta dalla ferita e si sparge copioso in terra. E bagna, il sangue del toro, la terra che tutta fiorisce e l’iniziato al mitraico mistero, che sarà Renatus in Aeternum. Il sangue assume un forte valore salvifico che dal sacrificio del Cristo scaturisce come lavacro che pulisce tutto il creato facendolo rinascere a nuova vita. Muggisce il Toro ed è un tuono lontano che si avvicina sempre più. Il Toro celeste, infatti, porta la tempesta ma anche la pioggia feconda. Il suo muggire è un suono originario, creatore è la Parola che rompe il silenzio primordiale. Nella visione del profeta Ezechiele è uno dei quattro piedi sul quale poggia il trono di Dio. Uno dei quattro fondamenti delle Sacre Scritture è il Toro dell’evangelista Luca, simbolo della terra elementare fissata, ancorata alla Verità che non vacilla.

Il ratto d'Europa, (Guido Reni, 1630 circa)

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Dal corpo del toro una volta sgozzato, vengono emanate tutte le piante salutari, in particolare la vite dal suo sangue e il grano dal suo midollo.

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La Visitazione, (Jacopo da Pontormo, 1528-1529)

LE FESTE DELLA TRADIZIONE NEL CICLO DELLA NATURA

LE FESTE DELLA TRADIZIONE NEL CICLO DELLA NATURA

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a cura di Lorenzo La Spada

LA VISITAZIONE

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Maggio si assiste al trionfo della natura, che si appresta ad offrire agli uomini i suoi doni. La raccolta notturna di fiori, erbe o rugiada alla vigilia delle feste maioline è di buon auspicio per i germogli e, in generale, per la rinascita della Natura. Nell’antica Roma, si svolgevano alcuni riti collegati alla rigenerazione e alla fecondità della natura. I Floralia venivano celebrati tra la fine di Aprile e i primi di Maggio con giochi e spettacoli. Nel festeggiare Flora, divinità opulenta e licenziosa, erano tutti invitati a ornare case, piazze e giardini con ghirlande di fiori colorati e profumati. E per rendere ancora più vivo il simbolismo della natura come sessualità feconda, venivano sparsi a terra semi di varie piante. In mezzo alla stagione primaverile, in cui la madre terra produce il meglio dei suoi frutti, tutto il mondo antico celebrava unanime la fertilità divina della rigenerazione. MADRE E FIGLIA In accordo con il culmine della rigogliosità erano le Tesmoforie, le feste pubbliche celebrate in maggio in onore di Demetra e Persefone, la madre e la figlia. Dalla terra genitrice nacque Persefone, fanciulla dal ridente viso in fiore, che un giorno fu rapita da Ade, dio degli Inferi per farne la sua sposa. La madre si strappò ornamenti e vesti variopinte per coprirsi di cupi veli che oscurarono il cielo e, afferrate le faci ad illuminare la sua disperata ricerca, per nove giorni percorse le terre che si desertificarono e sorvolò i mari che si gonfiaro-

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no tempestosi. Demetra inaridì, divenne vecchia e sterile, gli uomini, che non poterono più raccogliere i frutti della terra ed allevare gli animali, piombarono nella carestia. Così, per ordine divino, Persefone poté ritornare ad abbracciare la madre, ma solo per alcuni mesi. La gioia di Demetra fu tale che, per accogliere degnamente la figlia, abbellì la Terra con i fiori, i frutti e il calore della primavera e dell’estate. Il loro abbraccio fecondo rigenerò la terra a nuova vita. Gli antichi usavano festeggiare questo meraviglioso e salutare evento, mangiando le verdi spighe primaticce abbrustolite, facendone dono ai vicini come buon auspicio per il raccolto. L’INCONTRO Ancora oggi il mistero dell’abbraccio fecondo rivive nella tradizionale Visita fra Maria ed Elisabetta, a conclusione del mese di Maggio e delle feste dedicate alla Vergine delle vergini. Elisabetta, sterile e sfiorita negli anni, attende un figlio, rappresentazione di Demetra addolorata, cioè della terra invernale che racchiude in sé il seme fecondo. Maria fanciulla feconda attende un figlio divino, figura di Persefone tornata alla luce, cioè della verde spiga che racchiude in sé il grano, il solare frutto divino. Maria riceve nella sua dimora l’annuncio divino e presto si mette in viaggio. Elisabetta appena sente la sua voce, esulta di gioia e correndole incontro l’abbraccia e l’accoglie nella sua casa. Poi la tradizione racconta che Maria rimane dalla sua parente cir-


La Visitazione (Luca Della Robbia, 1445)

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ca tre mesi, per poi far ritorno al luogo da dove era partita, chiaro riferimento al ciclo del grano che ritorna in terra così come Persefone, trascorsi i mesi della sua permanenza con la madre, fa ritorno nel mondo sotterraneo. A questo misterioso quanto sottile parallelismo si riallaccia un altro incontro-ritorno che in questi giorni fecondi trova la sua celebrazione, è l’Ascensione, la Notte che protegge le spighe e il Giorno designato per guarire dalle malattie umane e delle piante. UNA BENEDIZIONE SPECIALE Anticamente, in questi giorni, si usavano recitare le “Rogazioni”, preghiere speciali per il bene delle piante, del frumento e degli uomini. Salendo il Cristo al cielo, per andare incontro al Padre, conclude grandiosamente il suo ciclo terreno facendo ritorno alla sua dimora celeste, lasciando cadere sugli uomini ogni sorta di benedizione. Così il sole, elevandosi da terra verso il punto solstiziale, annuncia l’arrivo dell’estate carica di frutti che i contadini propiziavano facendo fuochi con paglia verde ( fumo ), onde scacciare le nebbie nocive ai seminati. Passati quaranta giorni dopo la Pasqua, l’operatività agricola è ormai avanzata e la festa cade a proposito per invocare le giuste con-

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dizioni atmosferiche da cui dipende la favorevole maturazione delle messi. L’acqua era l’elemento primordiale invocato in abbondanza dai contadini, perché si riteneva che in questo periodo dell’anno possedesse il massimo della forza vitale. C’era la credenza che in concomitanza con l’Ascensione, al preciso scattare della mezzanotte, l’acqua del mare s’alzasse per diventare dolce mentre l’acqua delle fonti diventasse benedetta. Era per questo che i pastori adornavano le greggi per condurle alle sorgenti, mentre il popolo andava intenzionalmente a passar l’acqua, cioè ad attraversare per ben sette volte il corso di un ruscello, con la speranza che “l’immersione” guarisse da molteplici mali. RITUALE DELL’ASCENSIONE La sera dell’Ascensione, tramontato il sole, mettete in una ciotola piena d’acqua dei petali di rosa e su un panno delle monete. Lasciatele, quindi, scoperte al cielo notturno. All’alba, appena spunta il primo raggio di sole, bevete un po’ di quell’acqua e con la stessa acqua lavatevi le mani e il viso. Conservate i petali a casa e le monete nel portafoglio, badando bene di non spenderli mai fino al prossimo anno. È un augurio di prosperità e salute.


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a cura di Claudio Scibilia

SCONGIURI E PREGHIERE DEL POPOLO CONTADINO

Nessuno conosce né intuisce tutte le risposte e nessuno è al corrente dei problemi che riguardano quella materia profonda e complessa che è il cuore umano. La nostra comprensione della magia risale sicuramente ad un passato molto lontano. La comprensione dei rapporti umani e dell’amore ci deriva invece dalle persone che abbiamo amato, dalle gioie e dalle sofferenze accumulate in tutta una vita. La magia è un’arte, un modo di focalizzare la volontà, è un qualcosa che non ha bisogno di credenti, si fa e basta….. e funziona anche nelle persone che hanno convinzioni diverse. Sono ancora oggi in uso preghiere e rituali antichi per chi, deluso dalla vita, vuole riconquistare l’amore perduto. Tali pratiche fanno parte delle culture di tutti i popoli e servono a suscitare e trasmettere il potere magico custodito nella recitazione delle preghiere e degli scongiuri. L’importante è, come raccomandano gli antichi, operare a tempo ed ora determinata. E bisogna essere audaci nel saper rubare il segreto della parola che, ai più meritevoli, viene a volte donato. La conoscenza dell’arte magica è stata sempre tenuta segreta per paura delle persecuzioni e per questo venne conservata e tramandata all’interno di tradizioni familiari. Chi pratica l’arte della magia si serve di oggetti e strumenti vari, ma esistono anche persone molto potenti che operano senza usare nessun oggetto rituale e si limitano 22

solamente ad usare la forza di volontà. Per poter operare gli incantesimi rivolti ad attirare l’amore, non è necessario essere una strega. Gli appunti che seguono vogliono essere una piccola guida di un passato che vive ancora e conserva un pizzico di magia, un saggio introduttivo e divertente per chi sconosce l’argomento. L’INCANTESIMO DELLA MELA La mela, frutto sacro a Venere, figura come elemento principale nella magia d’amore. L’incantesimo riportato qui di seguito è stato tradotto dal manuale segreto di una strega tedesca. Bene, procuratevi una mela, un foglio di carta nuovo, un coltello e dei rametti di mirto. “Quando di venerdì si leva il sole, Coglierai la più bella delle mele, Poi col tuo sangue dal rosso colore Scrivi il tuo nome e quello del tuo amore Su di un foglio di carta immacolato Che da nessuno mai sia stato usato. Con un coltello il frutto taglierai, Il foglio scritto dentro vi porrai. Le due metà della mela riunisci Con due rametti di mirto ben lisci. Mettila ad asciugare dentro il forno, Foglie di mirto avvolgile d’intorno. Celala nel guanciale dell’amata, Ma bada che sia fatto a sua insaputa. E se il segreto tu potrai serbare Presto la bella ti darà il suo amore”.


PER TENERE VIVO L’AMORE DELLA PERSONA AMATA (Formula tradizionale Sicilia Orientale) Bonasera cuscinu. Bonasera cuscinu miu. Bonasera a te N… Bonasera a me N… Chi hai ca non pensi a mia?

Non a ripusari, pazzu e folli a divintari, a tutti ta scurdari sempri a mia a pinsari.

Na reggiri na binari.

recitare 3 Ave Maria

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Fiatare tre volte sul cuscino e dire: L’umbra mia avanti a tia


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PER LEGARE A SE’ L’INNAMORATO E SPINGERLO AD UNA PROMESSA DI MATRIMONIO O PER ELIMINARE UN RIVALE IN AMORE (Formula scongiuro all’Angilu di l’Eterna Luci) Angilu di l’eterna luci vai e iettici tri vuci addenti e forti cci l’ha jittari, ca lu cori ppi mia cià spinnari. Angili, Arcangili, Serafini e Cherubini tutti pari attonnu a mia assistitimi cu la vostra compagnia. Si siti tutti angili veramenti, l’aviti a purtari cca a mia tempu nenti. Tanti signali m’aviti a purtari: riloggi a sunari, campani a sunari, jaddi a cantari, cristiani a passari cani abbaiari, crapi a mauliari. Angelo dell’eterna luce vai e gettagli tre grida Ardenti e forti le devi gettare, che il suo cuore per me deve spasimare. Angeli, arcangeli, serafini e cherubini tutti attorno a me assistetemi con la vostra compagnia. Se siete tutti angeli veramente, lo dovete portare da me in breve tempo. Tanti segnali mi dovete portare: orologi devono suonare campane devono suonare galli devono cantare persone devono passare cani devono abbaiare capre devono belare. PER AVERE NOTIZIE DELLA PERSONA AMATA CHE RITARDA NEL TORNARE A CASA Questo scongiuro va recitato in un luogo 25

solitario e senza distrarsi. Alla fine recitare 3 Pater, Ave e Gloria. A ntinzioni di me soru è luntana, ca scorta nun aviri né piriculu, sana e salva l’aviti a fari turnari, signali boni m’aviti a dari. Cani abbaiari jaddu cantari campani sunari sceccu arragghiari. L’intenzione di mia sorella è lontana, non deve avere né scorta e né pericolo, sana e salva la dovete far tornare, buoni segnali datemi. Cani abbaiare gallo cantare campane suonare asino ragliare. A SANTA RITA PER CONOSCERE UNA VERITÀ NASCOSTA Santa Rita mia gradita, fusturu vergini e fusturu zita pi la vostra santità facitimi sugnari sta virità. (da una raccolta personale tramandatami)


La Visione di Ezechiele (Raffaello, 1518) 26


a cura di Lorenzo La Spada

I MESSAGGERI DIVINI CHERUBINI “Scacciò l’uomo e pose ad oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada folgorante, per custodire la via all’albero della vita”.

del Signore, attraverso la quale vengono i giusti”. Essi diventano così i Cherubini che sovrastano l’Arca dell’Alleanza, conducendo al cospetto di Dio.

Dopo aver perso lo stato paradisiaco del Giardino dell’Eden, l’umanità non ha più accesso diretto all’Albero della Vita. Come dice la Bibbia, la via che conduce all’Albero è guardata da una coppia di CHERUBINI, due angeli armati di una spada fiammeggiante. Ciò però non significa che la via sia del tutto inaccessibile. Secondo la tradizione orale, i due Cherubini rappresentano le due polarità fondamentali dell’esistenza, così come si esprimono sui piani più elevati della consapevolezza. Con il graduale ravvicinamento e la riunificazione di tali principi, questi angeli cessano di essere i Guardiani della Soglia, il cui compito consiste nell’allontanare tutti coloro che non hanno il diritto di entrare, e diventano invece i pilastri che sostengono la porta che ci riconduce al Giardino dell’Eden. La loro stessa presenza serve da indicazione e da punto di riferimento per quanti stanno cercando di ritornare a Casa. Non si tratta però di un lavoro facile. I due Cherubini hanno in mano una spada fiammeggiante a doppio taglio, tali spade possono trasformarsi in due coppie di ali incrociate in alto e insieme definiscono l’arco posto al di sopra del portale d’entrata al Giardino dell’Eden: la Cinquantesima Porta della Conoscenza, “la Porta

I GUARDIANI Il loro nome significa Colui che prega. Ricevono l’onda del Pensiero Divino, e l’energia per realizzarlo, direttamente dai Serafini. Costituiscono l’elemento dinamico: in base al Progetto, distribuiscono e organizzano le leggi e le strutture dell’energia divina emanata. Per tale motivo, li conosciamo quali guardiani dell’Arca dell’Alleanza e della Porta del Paradiso. I Cherubini, sono posti oltre il trono di Dio, espressione metaforica per indicare l’estrema vicinanza a Dio ed al suo potere; sono posti a guardia della luce e delle stelle. Secondo la visione del profeta Ezechiele essi hanno quattro ali e quattro facce, ovvero una di uomo, una di toro, una di leone ed infine una di aquila. Quattro elementi che si fondono in un unico essere Tetramorfo, immagine dell’antica sfinge che protegge la via della sapienza, ripresa poi come simbolo dagli evangelisti a custodia delle sacre scritture. I Cherubini sono considerati dediti alla protezione. Essi stanno a guardia dell’Eden e del trono di Dio. Posti nella Prima Sfera, i Cherubini hanno una perfetta conoscenza di Dio, superata soltanto dall’amore di Dio dei Serafini. Quanto al loro nome, esso ci rivela il loro potere di conoscere e di contemplare la Divini-

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tà, la loro attitudine a ricevere il dono di luce più alto e a contemplare la dignità del Principio divino nella sua potenza originaria, la loro capacità di riempirsi del dono della saggezza e di comunicarlo, senza invidia. RAZIEL POTENZA DELL’AMORE E DEL SAPERE Principe del Coro dei Cherubini L’Arcangelo Raziel è, per gli Esseri Umani, l’aspetto comprensibile, visibile, della Divinità. Egli è colui che trasmette le Virtù Divine, il Cammino che conduce al Creatore dell’Universo; egli applica concretamente e visibilmente la Volontà invisibile. Raziel è l’Iniziatore, la scintilla attiva e permanente destinata ad accendere, a infiammare la nostra Coscienza. Il suo influsso, diretto alla scoperta della Verità,

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non si risolve nell’intelligenza attiva, nel mondo del Pensiero, ma attraverso la rivelazione diretta e immediata, al pari del bagliore di un lampo. Egli ha il compito di apportare ai ricercatori della Verità il dono provvidenziale, la ricompensa dovuta al loro sforzo di ricerca: è lo strumento vettore dei nostri desideri, colui che li orienta verso obiettivi sublimati, infondendo in essi una dose ingente di Volontà. In questa pulsione ed elevazione dei nostri sentimenti verso l’Alto per mezzo dell’Amore, si verificherà una frattura tra noi e ciò che si situa in Basso. Tale frattura, generata da una forza distruttrice, è nondimeno dovuta alla nostra elevazione in rapporto al livello nel quale noi ci trovavamo. Sotto l’aspetto materiale, l’Arcangelo, a causa del suo Amore traboccante, è l’aspetto distruttore di quanto è multiplo, diverso, perverso…. l’oscurità è costretta a convergere sull’Oscurità, affinché brilli la Luce. La sua energia vanifi


ca tutto ciò che è in contraddizione con il Piano della Creazione, tutto ciò che ostacola il progredire dell’Opera Divina: egli è nemico di tutti coloro che vivono calpestando le regole cosmiche e divine. Egli governa l’alta Gerarchia Angelica dei Cherubini per mezzo della quale illumina il nostro cammino verso la Perfezione. Raziel ci accorda la Saggezza (e il Sapere) che ci guida verso la conoscenza della Verità, così che ci sia dato di applicarla con Amore in seno alla Società che ci circonda. Egli ci porta a desiderare l’Unità: ciò che è diverso è destinato a unificarsi, a essere Uno. La tradizione attribuisce il potere di azione dei Cherubini, dunque a Raziel, alla seconda parte dell’anno astrologico, dal 30 Aprile al 10 Giugno.

INVOCAZIONE A RAZIEL Gloria a Te, RAZIEL, fonte di Illuminato Sapere e di Amore Universale! Io Ti prego di irrorare il mio Albero della Vita con la Tua dolce Acqua; fa’ ricadere su di me la Tua pioggia benefica e la Luce perpetua del Tuo Fuoco, distruttore del Male. Sii mio iniziatore, nella Conoscenza che deve condurmi all’azione proficua, onde pormi al servizio dei miei contemporanei e dell’Opera Divina. PREGHIERA AI CHERUBINI O sapientissimi Cherubini, tutti intenti alla divina contemplazione, fate ch’io bene apprenda la viltà mia e l’eccellenza del mio Signore ed ottenetemi sapienza e viva fede per vedere Colui che voi ammirate per sempre. Cacciata dal paradiso, (Giusto de’Menabuoi)

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a cura di Claudio Scibilia

IL LIBRO DELLE ERBE AGRYNOMY Rimedio floreale di Bach n. 1 “Per le persone gioviali, gaie e scherzose che amano la pace e sono angustiate dalle discussioni e dalle liti, al punto che sono disposte a concedere molto per evitarle. Benché generalmente abbiano dei disturbi e siano tormentate, agitate e inquiete nella mente o nel corpo, nascondono le loro preoccupazioni dietro il buon umore e gli scherzi e sono considerate degli ottimi amici da frequentare. Sovente abusano di alcool o droghe per stimolarsi e per aiutare se stessi a sopportare i propri problemi con allegria” EDWARD BACH

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Nome italiano Nome botanico Emozione di base

Agrimonia Agrimonia Eupatoria IPERSENSIBILITA’ alle influenze e alle idee

E’ il fiore di Bach indicato per le persone che, dietro ad una maschera di benessere, riescono a nascondere i propri problemi; esse dietro una felicità che è solo apparente camuffano i propri pensieri tristi. La persona Agrimony potrebbe essere simile al pagliaccio che ride sempre, dimostra di essere in allegria, pur vivendo nell’angoscia interiore continua, che la distrugge interiormente, però essa appare in ogni occasione l’anima della festa. Le persone vicine e in particolar modo gli amici, la ritengono la persona dalle mille risorse, l’uomo senza problemi, e spesso sono gli ultimi a capire che qualcosa nella loro vita non va. La persona Agrimony detiene segreti che difficilmente comunica a qualcuno, ha una parte di se che preferisce chiudere nel cassetto perché il solo fatto di affrontare un problema le creerebbe conflitti che produrrebbero ansia. Proprio per questo il più delle volte ricorre all’ uso di alcool, o di altre sostanze stimolanti, per riuscire a mantenere l’apparente allegria che gli corrode la mente. Sono soggetti incostanti, essi non riescono a seguire una dieta perché dopo poco tempo la loro continua inquietudine li porta a mangiare ancora di più.


Nella maggior parte dei casi essi non amano stare da soli, perché quando non sono contornati da amici non riescono ad apparire sereni quindi il loro stato tende a deprimersi. Quindi, per colmare questa loro carenza, si contorneranno sempre di amici, organizzando riunioni, feste e qualunque altra cosa possa distrarli. Di conseguenza, mentre durante il giorno sono persone che dimostrano immensa felicità, alla sera, quando tornano a casa e rimangono da sole con i loro pensieri, si ritrovano a fare i conti con i tormenti dell’anima, che le torturano. Il rimedio Agrimony aiuta tale soggetto ad accettare e ad affrontare con corag-

gio i lati oscuri della vita e della propria personalità, ma soprattutto a trovare un compromesso con questi ultimi, in modo da essere pronti ad affrontare la vita in maniera più certa. Mai perderanno il senso dell’umorismo che per loro è innato, ma riusciranno a sminuire i loro problemi piuttosto che continuare a soffocarli e quindi ragioneranno trovando la forza interiore di risolvere ogni cosa. Questo rimedio di Bach, pertanto, aiuta chiunque si rifiuti di risolvere un problema e si serva di battute spiritose e di sorrisi per evitare di guardare in faccia una dolorosa realtà.

Agrimonia eupatoria detta il Fiore della Maschera

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BIANCOSPINO Crataegus Oxiacanta

Famiglia Rosacee Nome siciliano Spinapuci, Arvulu spinu, Jancuspinu Altri nomi Acanta da siepi, azzaruolo selvatico, spino alba, pruno bianco, russulidda, spinazzo, cerasedda, pignatine, pom d’la Madona, spinapolce, calavrign, russuliddu, brissulin, prisset, cagaboi, azarolo selvatico, spin giancu, beccabò, glog, bagaboi, spinapedice, boce, bucciu, bruzzulino, ciprauno, brusciolino, pettaro, calavughe, brussarina, spinapùlici, pappa de volp, spinapuci, paroliner, spin blanc. Parti utilizzate: Foglie fiori e frutti Proprietà: Ipotensive, Antidiarroiche, Astringenti ed Antinfiammatorie.

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Il Biancospino o Crataegus oxiacanta, quest’ultimo nome botanico della pianta deriva dal greco facendo chiaro riferimento alla molteplicità di spine robuste e acute che ricoprono i rami di questo arbusto, è una pianta che può raggiungere i 500 anni di vita. L’uomo della preistoria si cibava di alcune parti della pianta, un arbusto dai rami spinosi che può raggiungere un’altezza di circa cinque metri. Il nome dal greco krataigos (kratos = forza e àigon = delle capre), nel senso dell’allusione ai giovani germogli brucati con avidità dalle capre. Si dice che questo albero crebbe dal bastone piantato in terra da Giuseppe d’Arimatea, arrivato in Inghilterra da Gerusalemme. Albero miracoloso quindi, che rappresenterebbe la Vergine Maria, con i fiori bianchi ad indicarne la purezza, mentre gli stami rossi, come gocce di sangue, ed i rami spinosi, ne rappresenterebbero la sofferenza. La specie Monogyna, invece, significa che possiede un solo pistillo, che è l’organo riproduttore femminile del fiore dato da ovario, stilo e stigma. Termine derivato dal greco monos = solo e ghiné = donna. A causa delle sue punte acuminate, si considera una pianta protettrice delle case ed in grado di allontanare gli spiriti del male. PRINCIPI ATTIVI Se si analizzano i fiori, essi risultano pieni di un componente cristallizzato in cui vi sono tracce di manganese. Nelle bacche vi si riscontrano tracce di acido cianidrico mentre nella corteccia sono invece presenti sostanze denominate crataegina e oxiacantina. Verso la fine dell’800 uno studioso sperimentatore, di nome Leclerc, leggendo un opuscolo scritto da un 37

anonimo circa un centinaio di anni prima, cominciò a utilizzarla come rimedio contro le palpitazioni e l’insonnia. Da allora il biancospino divenne una celebre pianta medicinale presente in tutte le farmacopee del mondo. PARTI UTILIZZATE I fiori vengono raccolti ancora in bocciolo e si separano dalle foglie, vengono conservati i corimbi. Il biancospino era anche considerato una pianta ornamentale, tanto che proprio per i suoi fiori bianchissimi e per le sue bacche di colore rosso è un arbusto adatto per alzare siepi fitte e durature. Bello a tal punto che potrebbe sostituire le recinzioni che imbruttiscono le nostre campagne, che grazie alla sua presenza godrebbero invece della protezione della siepe viva oltre che di un nutrimento vitale per il terreno. La sua crescita è lenta, viene seminata in settembre in terreno di consistenza soffice. Il Biancospino fra le piante in commercio è uno dei migliori antispasmodici, è sprovvisto di tossicità, lo si può adoperare per lunghi periodi senza inconvenienti, agisce contro i dolori cardiaci, spasmi vascolari, angina pectoris, tachicardia, aritmie, insonnia, irritabilità e nell’ipertensione lieve e moderata, contro le distonie neurovegetative, le vertigini, il ronzio delle orecchie, nei casi in cui la diagnosi verte verso un problema di alterazione del microcircolo. MEDICINA ANTICA I medici antichi avevano studiato e provato l’azione antispasmodica del Biancospino che, attraverso il sistema simpatico, esercita sul cuore e sui vasi sanguigni. Oggi, dopo svariati studi, si sa che la


pianta provoca una vasodilatazione dei vasi sanguigni addominali e di quelli coronarici che portano il sangue al cuore. In merito, uno studio effettuato su persone che presentavano scompenso cardiaco moderato e ipertensione arteriosa, ha dimostrato che con l’assunzione di Biancospino si sono ottenuti risultati apprezzabili sulla normalizzazione della frequenza cardiaca, il gonfiore delle caviglie e nella regolarizzazione della pressione arteriosa. L’estratto di Biancospino ha proprietà rilassanti, aiuta a combattere lo stress e l’ansia. La somministrazione della pianta dà risultati apprezzabili nei disturbi del ritmo cardiaco, come la tachicardia, migliorando la circolazione sanguigna. VECCHIE CREDENZE Gli antichi romani riconoscevano nella pianta del Biancospino il potere di cacciare gli spiriti maligni. Con i suoi frutti in passato si preparava un elisir che nel gusto assomigliava al sidro di pere e chi, con la sapienza della preparazione era in grado di prepararlo, ne custodiva il segreto, trasferendolo solo a pochi (pare addirittura che avesse dei forti poteri inebrianti…). Al di là di queste prestazioni, le bacche di biancospino servono come nutrimento insostituibile per i passeri che se ne servono specialmente nelle rigide stagioni invernali. INFUSO DI FIORI DI BIANCOSPINO contro l’ insonnia Mettere in un recipiente 250 cc di acqua bollente in infusione 10 grammi di fiori sminuzzati di biancospino. Lasciare riposare coperti per 10 minuti, filtrare e 38

berne una tazza tiepida la sera prima di andare a dormire. DECOTTO RILASSANTE Biancospino fiori e foglie gr 40 Passiflora sommità gr 20 Valeriana radice gr 20 Melissa foglie gr 20 Un cucchiaio di miscela per tazza, in infusione per 8 - 10 minuti, berne 2 - 3 tazze al dì. INFUSO COADIUVANTE NELLA TERAPIA DEI DISTURBI CARDIACI Biancospino fiori e foglie Leonorus cardiaca foglie Passiflora sommità Tiglio fiori e bractee

gr 40 gr 20 gr 20 gr 20

Un cucchiaino per tazza in infusione, berne 2 – 3 tazze al dì.


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LUNA DI MAGGIO

a cura di Lorenzo La Spada

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MAGGIO 2010 Il mese della fioritura 1 S

f

CALENDIMAGGIO

2 D Sport e ginnastica

f

3 4 5

L Depilazione - Cura delle unghie M Depilazione - Cura delle unghie

M Trattamento capelli (anticaduta)

h

6 G Trattamento capelli (anticaduta)

h

7 V

Bucato - eliminare macchie difficili

i

8 S Bucato - eliminare macchie difficili 9 D Bucato - eliminare macchie difficili

i

10 L

Trattamenti viso e corpo

^

11 M Trattamenti viso e corpo

^

12 M Rituale dell’acqua e delle rose

_

i

13 G ASCENSIONE 14 V

Dieta disintossicante e tisana depurativa

15 S

Massaggio profondo contro dolori e tensioni

Mezza Primavera

_

ore 03.05

_ II

16 D Massaggio profondo contro dolori e tensioni

II

17 L

Se piove per l’Ascensione va ogni cosa in perdzione

a

18 M

Se di Maggio rasserena si avrà la spiga piena

a

19 M Taglio dei capelli

b

20 G Taglio dei capelli

b

21 V 22 S

c

Taglio dei capelli Per santa Rita ogni rosa è fiorita

c

23 D Trattamento capelli (anticaduta)

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24 L

d

Trattamento capelli (anticaduta)

27 G Bucato - eliminare macchie difficili

e e e

Dieta sgonfiante e tisana snellente

25 M Bucato - eliminare macchie difficili 26 M Bucato - eliminare macchie difficili

28 V 29 S

Quel che fa Maggio, fa Settembre

30 D Depilazione - Cura delle unghie

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VISITAZIONE DELLA VERGINE


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etta Luna del Fiore, ma anche Luna del Latte, degli Amanti e dei Fuochi, Luna delle Madri, Luna della Gioia.

Il nome Maggio deriva dal nome latino Maius. Nel mondo romano questo mese, che era dedicato alla dea Maja, madre di Mercurio e dea della vegetazione e delle fioriture, veniva festeggiato con canti e balli, mentre davanti alle case si piantavano arboscelli o pali con regali appesi. È il mese della fertilità, tanto che nel suo primo giorno, cioè nel Calendimaggio, ricorreva la festa di Flora (Maia), dea della vegetazione. Anticamente fra i Celti la notte fra il 30 aprile e il 1° maggio segnava il passaggio alla bella stagione: una notte di veglia, una specie di capodanno primaverile, che segnava l’inizio del trionfo della luce sulle tenebre celebrato con la festa di Beltane, da cui sarebbe successivamente derivato il Calendimaggio medievale. IL GRANDE ALBERO Nella giornata del 1° maggio, cacciate le streghe, ovvero ricacciati i morti negli inferi, si portava, e si porta ancora dove la tradizione è sopravvissuta, un albero dal bosco collocandolo in mezzo al paese: è l’Albero di Maggio o semplicemente il Maggio. Veniva adornato di nastri e drizzato in piedi; poi il popolo vi danzava allegramente intorno a suon di musica. L’albero verde restava nel villaggio per poi essere sostituito da uno fresco il 1° maggio seguente. Sull’albero sfrondato, cui rimaneva soltanto una corona di foglie, venivano posti salsicce, dolci, uova e altri cibi oltre a nastri variopinti. I giovani vi si arrampicavano per impossessarsene: una sopravvivenza di queste usanze si ritrova 43

negli Alberi della Cuccagna delle nostre fiere. Ma a Beltane il palo di maggio ha anche un ovvio significato fallico, il potere fecondante della divinità maschile immerso nel grembo della Madre Terra è sormon­tato spesso dalla ghirlanda femminile della Dea. Maggio è il mese delle Nozze Sacre del Dio e della Dea, un mese intero dedicato al mistero e al culto della Vergine Madre, che assicurava abbondanza e fertilità nelle case, nei campi e nei rapporti fra le persone. Rompere questa sacra catena d’amore era considerato un gesto di disprezzo verso la provvidenza divina, cattivo auspicio che attirava le ira della divinità. Era (e spes­so ancora è) tabù sposarsi a maggio, come recita un antico proverbio tramandatoci da secoli: La sposa majulina non si godi la curtina, ovvero la sposa di maggio non gode di un lungo matrimonio. In Inghilterra non si comprano scope nuove nel mese di maggio perché esse spazzerebbe­ro via la buona fortuna. In questo periodo, vero e proprio momento “caotico” di passaggio, le leggi della realtà ordinaria sono quasi sospese e si aprono le porte dei regni fatati. Agli umani appaiono le fate e chiunque si addormenta sotto un biancospino (albero fatato) rischia di essere incantato e portato via da loro. LA DANZA VITALE Tutto ciò che è vivente si manifesta con un simbolo vegetale e la vita che risorge celebra il suo trionfo intorno al palo delle danze, simboleggiata dai danzatori che, affer­rato ciascuno l’estremità di uno dei nastri, muovevano in direzioni opposte (gli uomini in un senso e le donne nell’altro), finendo con l’intrecciare i


Flora è la dea romana delle fioriture. Presiedeva al risveglio primaverile e, in senso più ampio, a tutto ciò che deve sbocciare, la gioventù, i sensi amorosi le belle speranze. Aveva un carattere gioioso e ridente con un’inclinazione per la sensualità e il piacere

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nastri intorno al palo e con le coppie che si abbracciavano: è la danza della vita che muovendo in cerchi e spirali unisce tutti gli opposti, danza di morte e di rinascita. Maggi erano anche i ramoscelli che i giovani offrivano alle ragazze come augurio di amore e fecondità; oppure erano portati in processione di porta in porta da gruppi di questuanti che chiedevano cibi o dolciumi in cambio. Quelle processioni avevano la funzione di ottenere, grazie al «magico» maggio, rinnovamento e prosperità. Il palo di maggio non è altro che l’Albero Cosmico, l’Axis Mundi che collega i tre regni cosmici (celeste, terreno e infero) le cui fronde si trovano al di là del visibile, nel non manifestato, analogo alla scala di Giacobbe, l’asse del mondo grazie al quale si può giungere alla comunione divina. Piantato nel giardino di Eden, situato nel centro del mondo, l’Albero della Vita porta frutti d’eternità. Nacque così l’usanza, ancora viva in alcuni paesi fra cui l’Anda-

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lusia, di sostituire l’albero con la Croce di Maggio. Non è d’altronde il Cristo, il frutto salvifico dell’Albero della Vita? L’ERBA MAGICA La ROSA è il fiore dell’amore e della bellezza per eccellenza. Si narra che Afrodite nacque dal mare insieme ad un cespuglio di rose bianche fiorite per mano degli dei; quando una spina le punse il piede, il sangue colorò di rosso i petali. Se oggi possiamo ammirare la soavità e la bellezza della rosa e attingere alle sue innumerevoli proprietà è tutto merito del dio Bacco. La leggenda narra infatti che il dio del vino, invaghitosi di una ninfa, tentò di conquistarla, ma lei fuggì finché non inciampò in un cespuglio. Cespuglio che per riconoscenza Bacco trasformò in rosa, facendogli spuntare splendidi fiori di un delicato color rosato, il colore delle guance della sua ninfa. I riti d’amore sono sempre effettuati con le rose, dati i suoi influssi efficaci. L’acqua di rose distillata dai petali si unisce ai bagni d’amore per attirare un uomo. Un tè di boccioli di rosa, bevuto prima di andare a letto, dona sogni profetici. Per scoprire il nome del loro futuro marito, le donne di un tempo prendevano tre foglie di rosa e le chiamavano con i nomi degli innamorati. La foglia che rimaneva più a lungo verde, indicava il nome del marito. Petali sparpagliati per casa donano tranquillità e sollievo alla famiglia. Le rose piantate in giardino attirano le fate e si dice crescano meglio se rubate. Raccogliete le rose di mattina assai presto, quando ancora nel cielo indugia la Luna. Mettete i petali in una boccettina con del finissimo olio di oliva e lasciateli riposare. Otterrete un ottimo unguento contro il mal di testa e i dolori nevralgici.


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Per gli antichi Egizi la Rosa era il simbolo della “Conoscenza Segreta”, questa era consacrata ad Iside, antica divinità femminile, la quale generò Horus, il dio simbolo del Sole”

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CRISTALLOTERAPIA dal cuore della Terra l’energia che viene dal Cielo

L’AVVENTURINA

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li occhi delle antiche statue tibetane sono di avventurina. Alla gemma infatti venivano riconosciuti poteri superiori: di sicuro quegli occhi sfavillanti avrebbero vegliato sulle fortune e sulla salute degli uomini. L’avventurina era conosciuta nell’area mediterranea e in Cina fin dai tempi più remoti, ma essa fu quasi certamente ritenuta giada e ciò lo suggerisce il fatto che nessun nome di origine orientale è attribuibile a questa pietra. La denominazione attuale della gemma ha origine da un caso fortui-

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to. Fu nel Seicento che, “per avventura” un artigiano muranese del vetro fece cadere in un crogiolo di pasta vitrea fusa alcune pagliuzze di rame e, con meraviglia, notò che la massa vitrea aveva assunto una luccicante colorazione. Il nuovo pregevole prodotto fu chiamato avventurina, termine che venne ripreso in mineralogia per indicare la pietra che presentava caratteriste simili. CARATTERISTICHE La pietra avventurina, di colore verde-


salvia, contiene inclusioni lamellari di mica fuchsite verde che riflettono la luce, dando luogo al fenomeno dell’avventurinamento. L’avventurina era usata, nei rituali della ruota di medicina degli Indiani del Nordamerica, per collegare gli spiriti guida con la luce di guarigione emanata dal cuore. Si racconta che, ponendo un’avventurina sul cuore durante il contatto con le guide, ciascun partecipante percepisse un’onda d’amore riversarsi sopra di sé. Il verde scintillante dell’avventurina porta l’energia primaverile della crescita, associata al segno del Toro è una pietra ottimista e gioiosa... e si dice che porti fortuna al gioco. Il confine tra le virtù magiche e quelle terapeutiche che gli antichi attribuiscono a questa gemma è evanescente: l’avventurina aiuta a vincere l’ansia, stimola la mente, infonde l’alle-

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gria, allevia la miopia, favorisce l’acutezza delle scelte e la creatività.. Il modo per beneficare di tutto questo? Semplice, mettersi al collo un ciondolo di avventurina! Se poi la gemma portasse inciso la figura di un drago o di un falcone, vi garantirebbe ricchezza e congrua posizione sociale, mentre la figura di un gallo terrebbe i demoni a distanza di sicurezza. Livello fisico Contro acne, allergie ed eczemi. Forfora ai capelli e cicatrici. Stimola l’autoguarigione. Allevia l’orticaria, il prurito e la psoriasi. Favorisce la rigenerazione del muscolo cardiaco, il metabolismo dei grassi e l’abbassamento del tasso di colesterolo nel sangue. Adatta perciò nell’arteriosclerosi e in caso di infarto. Il verde dell’avventurina è antinfiammatorio e antidolorifico.


Per le allergie: prendete la pietra che vi si riscalda in mano e portatela solo sino a quando resta calda. Quando la pietra perde calore utilizzatene un’altra. Pulite accuratamente dopo l’uso. Evitate di riutilizzarla non pulita e di regalarla. Per l’acne: lavarsi con un elisir o immergere la pietra per 12 ore in olio d’oliva e tamponare con un batuffolo di cotone i punti malati al mattino e alla sera senza strofinare. Livello spirituale L’avventurina ci infonde calma, pace interiore e buonumore, quindi è indicata per

chi vuole nuove amicizie. Aiuta a sviluppare un atteggiamento emotivo e mentale positivo, libera dalla paura e dall’ansia. Il cuore affaticato e oppresso da sentimenti contrastanti ritrova ottimismo e leggerezza prendendo le distanze dai problemi che lo affliggono; inoltre, durante una meditazione, permette di ricordare le paure represse che hanno avuto origine da traumi avvenuti nei primi sette anni di vita. E’ un amuleto portafortuna, in particolare nei riti propiziatori di denaro e di ricchezza. Si purifica lasciandola qualche giorno in un bosco, assorbirà le energie positive per voi.

Maria Maddalena, (Simon Vouet, 1614-15) 50


LA PAPESSA fra gli “arcani maggiori” dei tarocchi emerge la figura della “sacerdotessa” che ha numero II

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L

a Papessa è la seconda figura dei tarocchi contrassegnata dal numero romano II, il primo dei numeri pari, essa è la prima porta attraverso la quale il Mago, rappresentato dal numero I, può penetrare per portare la luce. Il numero Due è un numero passivo, in questo grado la materia è ancora inerte. Simboleggia la donna, il santuario, la cavità della terra e del corpo che deve essere penetrata dall’energia maschile, per creare nel segreto del suo ventre il figlio. La Papessa è il dubbio fecondo, il potere buio dell’anima che una volta illuminata diventa consapevole di una verità a cui difficilmente potrà rinunciare, essa rappresenta le forze inconsce che si manifestano. La carta del tarocco ci presenta una donna maestosa seduta, che tiene sulle ginocchia un libro parzialmente celato nel quale è racchiusa la conoscenza, un libro che ci invita allo studio. La sua figura ci spinge come il bagatto ad entrare in contatto con lei per poter continuare la strada della conoscenza intrapresa. Ci invita anche al dialogo introspettivo, facendoci intuire che la profonda conoscenza di noi stessi passa solo attraverso l’amore. Ella è la gran Sacerdotessa del mistero, la Dea, la forza passiva che recepisce lo Spirito divino. Il drappo che avvolge la Papessa è di colore azzurro, il colore delle forze celesti e della spiritualità, mentre nella veste che indossa prevale il colore rosso; esso è il colore del sangue e dell’energia vitale, del fuoco alchemico che si manifesterà non appena avrà scoperto gli arcani celati nel libro che la gran Sacerdotessa tiene nelle

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mani, quasi come se volesse nasconderlo. Ma esso è aperto, bisogna solo che l’iniziato entri in possesso delle chiavi di lettura di cui la Papessa rappresenta la porta. Per il momento ciò non accade: la forza del rosso è prorompente, essa parla all’iniziato senza riuscirci. Tuttavia, gli antichi alchimisti orientali sostenevano che il libro della Papessa racchiudesse nelle sue pagine tutta la sapienza tantrica della liberazione, secondo cui possono spezzarsi tutti i legami che uniscono l’anima al corpo fino ad ottenere la liberazione. Gli alchimisti occidentali sostengono invece che il libro sia un compendio contenente tutti gli insegnamenti occulti dell’ermetismo. Si tratterebbe, pertanto,


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della famosa opera intitolata “La tavola di smeraldo” compendio di segreti ancestrali per percorrere la strada dell’alchimia. E’ un arcano misterioso che impersona la proiezione della dea Isis, che secondo la tradizione si copriva con molti veli e, quando se ne spogliava, la terra si riempiva di luminosità e splendore, poiché Isis era rappresentazione della luce. Come Iside, sacerdotessa nella mitologia egizia, Ishtar ed Astarte, la carta della Papessa rappresenta la dea personificatrice della fecondità e della fertilità. Le due colonne simboleggiano l’accesso al Tempio, esse rappresentano la dualità: il femminile raffigurato dalla colonna di colore azzurro e il maschile raffigurato dalla colonna di colore rosso; così anche il pavimento, come nelle camere massoniche, è a quadri bianchi e neri, cioè in armonico equilibrio di luce e ombra regolato dalle fasi lunari, di cui il copricapo isiaco ne fa rappresentazione. Bisogna sapere che per entrare nel libro dei segreti si deve unire la logica razionale all’intuito e all’immaginazione, simboleggiati dalla tiara papale di cui la misteriosa donna ne è incoronata, ad indicare così il dominio sui tre mondi. La Papessa è seduta giusto a simboleggiare la sua passività, è la matrice di tutte le cose, la madre di tutte le manifestazioni. La poltrona imponente sulla quale siede è la sfinge che è celata alla vista del profano da un drappeggio che simboleggia la clausura nel Tempio, che serve a proteggerla dalle insidie del mondo; il drappo posto alle sue spalle, invece, nasconde il cielo e i misteri a coloro che indegnamente si avvicinano a lei. Essa rimane a guardia della 54

porta del Tempio dove attende l’iniziato ancora inerme, infondendogli la Fede. Una Fede che non è più passiva ma attiva, che lo sprona alla ricerca personale del divino, annunciandogli, come fece la Maddalena agli Apostoli impauriti, la visione radiosa del Cristo risorto. Fra le mani tiene un vaso misterioso, una Coppa sacra la cui bevanda trasmuta l’amore sensuale in amore divino. La Peccatrice redenta, la passività divenuta attiva, porta l’uomo all’interno del Tempio, alla presenza della donna che ha conosciuto l’Amore e che in esso risplende: è l’Imperatrice, davanti alla quale il dubbio primordiale si è dileguato e la Fede lascia il posto alla Certezza.


Nella tradizione la Maddalena tiene in mano il Graal, la coppa sacra che contiene la bevanda immortale

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Maialino marinato con funghi porcini e radicchio, all’aceto balsamico e pecorino stagionato

Fettuccine ai funghi porcini

Filetto alla griglia con crema al gorgonzola su rostì di patate La Cucina è aperta tutti i giorni: a pranzo dalle 12.30 alle 15.30 a cena dalle 19.30 alle 23.30 MERCOLEDI CHIUSO Gradita la prenotazione

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... Alle pendici dell’Etna, in prossimità della

ridente Piazza dei Vespri Siciliani (comunemente nota come Villa Giardino) nasce...

LA PENTOLACCIA TRATTORIA

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La trattoria elegante ed accogliente vi farà sentire subito a casa vostra, mentre la lunga esperienza e passione per la buona cucina dello Chef Gino, vi farà gustare nei piatti da lui preparati, un perfetto connubio di qualità e gustosità, garantiti dall’assoluta freschezza dei prodotti stagionali e dalla maestria nel ricercare gli Antichi Sapori.

VENITE A SCOPRIRE COSA BOLLE IN PENTOLA

Chef Gino Bonaventura


a cura di Gino Bonaventura

COSA BOLLE IN PENTOLA? LA NATURA A TAVOLA La borragine è una pianta originaria del Medio Oriente, introdotta in Europa dai Romani. Il suo nome deriva dal latino borra che significava tessuto di lana ruvida, e le fu assegnato in quanto tutta la piantina è ricoperta di una ispida peluria. Altri fanno derivare il nome dall’arabo abu rach che significa padre del sudore, un termine apparentemente strano, ma pertinente ad una delle proprietà medicinali della borragine, quella di provocare la sudorazione. I Romani e i medici della scuola salernitana, famosa nel Medioevo, la consideravano un ottimo rimedio contro la malinconia. In tempi più recenti, in Francia e in Inghilterra, veniva coltivata come uno dei più importanti ortaggi e se ne traeva una fresca bevanda estiva. In passato, ma anche attualmente, era considerata una pianta adatta all’ apicoltura, tanto che se ne piantava un gran numero vicino agli alveari, poiché il suo nettare

Borra, erba pelosa 58

conferisce al miele un aroma particolarmente gradevole. La borragine o erba pelosa è una pianta annuale molto diffusa in tutta l’Italia ed è conosciuta anche per i suoi bellissimi fiori blu a forma di stella, con un sapore simile a quello dei cetrioli; infatti le foglie fresche sono usate nelle insalate per sostituire i cetrioli, nelle minestre e zuppe a cui aggiunge un sapore caratteristico, e per insaporire il tè freddo nonché le bevande alla frutta. I fiori sono usati nelle torte e altre preparazioni dolciarie come guarnizione delicata e mantengono il colore anche dopo la cottura in forno. Si possono preparare delle ottime tisane poiché la borragine ha un buon sapore ed effetti calmanti, che la rendono perfetta come tisana della buona notte. Gli antichi romani la usavano come antidoto contro la tristezza aggiungendola al vino, ottenendo così una bevanda che li manteneva allegri.


RICETTA DEL MESE GNOCCHETTI DI BORRAGINE con fonduta di ragusano stagionato Preparazione per gli gnocchetti di borragine 100gr. di farina 700gr. di patate 400gr. di borragine sale q.b. Mondate la borragine in una casseruola e fatela lessare in acqua salata. Nel frattempo, in una pentola, fate cuocere le patate (meglio se tutte della stessa dimensione) mettendole a lessare con la buccia per circa 30-40 minuti. A cottura ultimata, salate la borragine e strizzatela bene, una volta cotta il suo peso dovrà ridursi di circa la metà (intorno ai 200gr). Quindi, dopo la strizzatura, mettete su un tagliere la borragine e tritatela con un coltello. Quando anche le patate saranno cotte, lasciatele raffreddare per qualche minuto e sbuccia-

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tele. Poi schiacciatele ottenendo così una purea, unite la borragine alla purea fino ad ottenere un impasto verde omogeneo e compatto, aiutandovi con della farina tipo 00 se è necessario. Si consiglia di non lavorare troppo l’impasto altrimenti gli gnocchetti risulteranno duri. Dividete l’impasto e formate dei piccoli filoni che dovranno avere lo spessore di 2-3 cm ciascuno. Poi, con un coltello, suddividete i filoni in tanti gnocchetti che andrete a rigare dandogli la classica forma dello gnocco (la tecnica migliore è quella di fare una leggera pressione sui rebbi di una forchetta). Disponete gli gnocchi su un canovaccio infarinato, cuoceteli in acqua bollente e conditeli con la fonduta di formaggio ragusano. Preparazione per la fonduta di ragusano 250ml. di panna 200gr. di Ragusano stagionato 1 rosso d’uovo Sale e pepe q.b.


Versate la panna in un tegame e aggiungeteci il formaggio ragusano, quindi fatelo sciogliere a fuoco dolce; dopo di che fate leggermente addensare il tutto, aggiungete un rosso d’uovo e sbattete velocemente, aggiustate di sale e pepe e poi spegnete il fuoco.

in acqua e ghiaccio. Passatele al frullatore e aggiungete l’uovo sgusciato, panna, sale, pepe e parmigiano. Oliate degli stampini d’alluminio, riempiteli con il composto e cuoceteli a bagnomaria in forno, a 160 C° per circa 10 minuti. Ottimo per accompagnare, come contorno, secondi piatti di carne o pesce.

SFORMATO DI BORRAGINE 250gr. di Borragine 1 uovo 50gr. di panna Parmigiano reggiano grattugiato, olio extravergine d’oliva, sale e pepe q.b. Mondate e sbollentate le foglie di borragine in acqua bollente e poi raffreddatele

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Queste e tante altre ricette si possono degustare presso la trattoria “LA PENTOLACCIA”, accuratamente preparate dallo chef Gino Bonaventura, che offre la sua esperienza e la sua passione per la buona cucina in “A SCUOLA DA GINO - Corso sull’utilizzo delle nostre erbe spontanee nell’alimentazione popolare”.


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L’ESPERTO RISPONDE I QUESITI DEI LETTORI

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ome promesso, la redazione de “Il Quinto Arcano”, mese per mese, risponderà alle domande più significative poste dai lettori. Potrete far pervenire le vostre mail all’indirizzo info@ilquintoarcano.it . I quesiti che, per esigenze di spazio, non potranno essere ospitati in questa rubrica, troveranno riscontro a mezzo posta elettronica. Salve a tutti voi, sono Clelia e vorrei chiedervi: cosa s’intende quando si parla d’iniziato? D. D. Cara Clelia, l’iniziato è colui, che abbandonata la vita comune intraprende la via della ricerca interiore. Egli dedica la sua vita non più alle distrazioni della massa volgare, che ogni giorno si affanna per la conquista del benessere temporale, ma allo studio e alle pratiche per raggiungere la vera libertà divenendo così un uomo nuovo. Buongiorno, sono Rosaria Scandura, vi scrivo per dirvi che ho assai apprezzato la rubrica curata dallo chef, Gino Bonaventura. Vedo che promuove ricette con piante o frutti di stagione, ciò vuol dire che sia contrario al fatto che si consumino prodotti della terra non del periodo? Per iscriversi ad un suo corso cosa occorre fare? E’ gratuito? R.S. Cara lettrice, secondo gli studi tradiziona62

li sull’alimentazione naturale, mangiare i prodotti di stagione è alla base di una sana e corretta alimentazione, poiché tutto sulla terra, uomini compresi, seguono uno stesso ritmo armonico. Vale a dire per esempio: in estate, quando fa caldo, con il sudore perdiamo tanto potassio, così la natura viene in nostro aiuto facendo maturare il pomodoro ricco di solanine e potassio utili per regolare le funzioni del nostro organismo. Per quanto riguarda il corso abbiamo già delle adesioni, per qualsiasi informazione ci contatti al numero de LA PENTOLACCIA. Menomale che avete creato questa rubrica. Leggendo e rileggendo il vostro giornale mi accorgo come spesso siano presenti accostamenti tra i cicli della natura e le ricorrenze religiose. Mi sbaglio? Questo vuol dire che tutte le religioni sono state inventate imitando ciò che avviene nelle leggi della natura? Grazie. Mirko Carissimo Mirko, non è facile in poche righe abbracciare tutto lo studio profondo dei simboli sacri. Ciò che le religioni antiche hanno tramandato non è altro che la trasposizione del cielo sulla terra. L’unione manifesta del cielo divino con la terra umana come dichiara la tavola di Ermete Trismegisto: “E’ vero senza menzogna, certo è verissimo. Ciò ch’è in basso è come ciò ch’è in alto, e ciò ch’è in alto è come ciò ch’è in basso, per fare i miracoli della cosa una”.


Scusate se approfitto di questo spazio, ma vorrei rappresentarvi un’esigenza. Ho letto diversi metodi per la pulizia dei cristalli, dall’interramento al riposo nel sale. Spesso però, coi ritmi odierni, è un problema applicarli. Potreste indicarmi un metodo rapido ed efficace per la pulizia prima e la ricarica energetica dopo. Siete splendidi. Alessia M. Grazie Alessia per l’interesse dimostrato, ti suggeriamo un modo semplice ma al quanto efficace per i tuoi cristalli. Falli scaricare mettendoli sotto l’acqua corrente fredda e quanto più possibile alla luce del sole. Anche se il metodo descritto nei numeri precedenti, quando è possibile, non va mai scartato.

La Sibilla Persica è la più antica fra le vergini dotate di virtù profetiche ispirate da un dio (solitamente Apollo), in grado di fornire responsi e fare predizioni

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Ogni cosa ha una sua gestazione, nascita, crescita e morte, ok? Se volessi programmare al meglio un esame universitario, che dovrei fare per esempio? Sono molto sfortunata. Ketty Cara Ketty, fortuna e sfortuna non esistono. Io credo che sono solo i tuoi momenti di distrazione e la mente occupata ad altro ad ostacolarti il buon esito dei tuoi esami. È vero che esistono cicli della natura che determinano il funzionamento di alcune operazioni, ma in tutti i casi bisogna applicare la volontà che, se non hai, nessuno può farlo per te, astri compresi.


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