TENDENZE DELLA NARRATIVA ITALIANA CONTEMPORANEA: IL NEW ITALIAN EPIC SECONDO WU MING PRIMO INCONTRO: IL RADICAMENTO NELLA POPULAR CULTURE 1) Giuseppe Petronio, Letteratura di massa - Letteratura di consumo, Laterza, 1979. C'è la crescita a valanga, da un secolo e mezzo circa, di una produzione che si conquista spazi sempre più larghi nel mercato editoriale e nel gusto del pubblico. I critici ne prendono atto... ma la giudicano alla luce di quell'altra produzione che fino a ieri era la sola ad essere considerata letteraria... Ciò che non rientra nei parametri diventa para-letteratura, letteratura di consumo, kitsch, feuilleton, letteratura di intrattenimento, soap opera, trivialliteratur... Questi libri assomigliano terribilmente a quegli altri che lettori e critici chiamano “di letteratura” e “di arte”: raccontano storie, sbozzano personaggi, suscitano interesse, commuovono, divulgano concezioni del mondo… E però viene loro negato lo statuto di arte “vera”, di “poesia”, senza però mai spiegare che cosa siano l’arte “vera” e la “poesia”: che ci sian ciascun lo dice, cosa sian nessun lo sa. Ma una critica che procede a tentoni, parlando di arte “vera” e “quasi” arte senza definirle è una critica zoppa. Una critica che escluda dall'arte il 90% di ciò che si legge si merita la strigliata che Alessandro Manzoni dava agli storici che escludevano dalla storia "una immensa moltitudine di uomini": ciò che, col nostro linguaggio, diremmo le masse... Allora va prima capito che cosa è una società di massa... Una società dove una classe nuova -il proletariato- si conquista il diritto alla cultura... una civiltà dove non vi è più una carica, un luogo, un godimento che sia riservato per diritto di nascita, e dove tutto è a disposizione di tutti... dove lo sviluppo tecnologico dà a cerchie sempre più larghe gli stessi prodotti e gli stessi piaceri, e dove gli strumenti di comunicazione di massa trasmettono per tutti gli stessi programmi, e i capolavori della cultura e dell'arte ognuno se li può portare a casa riprodotti, per goderne a suo agio... La società di massa ha prodotto un pubblico continuamente nuovo che al libro, al quadro, alla musica, chiede qualcosa che prima non chiedeva... La ripetitività si rivela un carattere tipico di tante forme d'arte, di tutti i tempi... Sempre una buona fetta di letteratura (tutta quella epica, ad esempio) è stata ripetitiva (la singolarità individuale dei temi e delle situazioni è un carattere di certa lirica e della letteratura borghese, di quella in cui l'uomo si avverte come individuo e non più un tutt'uno col cosmo e membro organico di una comunità, mentre in precedenza il massimo criterio artistico era il principio di imitazione di modelli del passato ritenuti inarrivabili)…. La ripetitività di tanta letteratura d'oggi potrebbe essere spiegata come tipica di un'epica piccolo-borghese, che i suoi eroi non li trova più, come in passato, nei fondatori di popoli o nei santi, ma in piccolo-borghesi in lotta con gli orchi e le idre di oggi... Lo stato d'animo con cui il lettore di oggi affronta un giallo non è diverso da quello con cui un greco assisteva a una tragedia ateniese: un gioco combinato di costanti e varianti, di personaggi noti in situazioni nuove, il solletichio del nuovo sullo sfondo di una trama usuale. Questo modo epico di raccontare non presuppone e non
genera nel lettore passività, e non denota inerzia morale nello scrittore, come se l'uno e l'altro si fossero arresi alla serialità industriale... Rivariare un mito greco o raccontare la morte di Orlando in una nuova chanson de geste potè portare a opere senza spicco. Accade certamente la stessa cosa nel romanzo poliziesco o fantascientifico, ma si tratta di valutare caso per caso, mentre è inammissibile condannare i due generi in blocco, solo perchè sono generi che piacciono a un largo pubblico... Sarebbe dunque il caso di orientarsi distinguendo una "letteratura di consumo" da una "letteratura di massa". Con la prima si indicherebbe il fenomeno, PROPRIO DI TUTTI I TEMPI, per cui contenuti e linguaggi si banalizzano, perdono di intensità e di tensione, vengono costruiti a tavolino in serie. Un fenomeno che accade a livello di pubblico "alto" e "basso". Con "letteratura di massa", invece, si potrebbe indicare la letteratura collegata al costituirsi di una società di massa e potrebbe essere un termine per definire la letteratura moderna. E naturalmente, anche all'interno di questa letteratura come all'interno delle precedenti, si verificano casi di "letteratura di consumo"... La distinzione non va più fatta tra arte "alta" (quella del passato raccolta nelle antologie) e arte "di massa", considerata pregiudizialmente non-arte. Ma tra arte di massa e commercio/industria dell'arte di massa (di consumo). Tra arte DELLA società di massa e arte PER il consumo della società di massa. E letteratura DI massa sarebbe quella i cui autori hanno la volontà consapevole di comporre per le masse, per comunicare una consapevole visione del mondo... Sarebbero quelle opere che assolvono di fronte ai potenziali lettori di oggi gli stessi compiti assolti diversamente in altri tempi. Opere che danno -in modi realistici o fantasiosi, diretti o metaforici- una visione epica di sè e del mondo; che presentano eroi con cui identificarsi; che suggeriscono risposte ai problemi posti dalla società; che alimentano l'immaginazione e il sentimento: che sono compiti che l'arte si è sempre proposta e che l'arte ha ora assolto ora mancato. 2) Antonio Gramsci, Quaderni dal carcere, Einaudi, 1975 La letteratura deve essere nello stesso tempo elemento attuale di civiltà e opera d'arte, altrimenti alla letteratura d'arte viene preferita la letteratura d'appendice che, a modo suo, è un elemento attuale di cultura, di una cultura degradata quanto si vuole ma sentita vivamente. 3) Wu Ming, Memorandum NIE, versione 2.0, estate 2008 Una precisazione importante. In Italia per "cultura popolare" si intende di norma quella folk, preindustriale o comunque sopravvissuta all'industrialismo. "Cultura popolare" sono i cantores sardi o la tarantella. Chi usa l'espressione in un contesto differente, di solito si riferisce a quella che in inglese si chiama "popular culture". Qui da noi siamo soliti definirla "cultura di massa". Quei prodotti culturali che vengono fatti propri dalla gente, non da una nicchia di patiti per un genere specifico. Di solito, quando si parla del posto che la tale canzone o il tale film ha nella vita delle persone ("La senti? E' la nostra canzone!"), o di come il tale libro o il tale fumetto ha influenzato la sua epoca, si usa l'espressione "popular culture". Il problema è che il dibattito italiano sulla cultura pop novanta volte su cento riguarda la spazzatura
che ci propina la televisione, come se il "popular" fosse per forza quello, mentre esistono distinzioni qualitative ed evoluzioni storiche [...] Ci sono due schieramenti l'un contro l'altro armati - e dalle cui schermaglie dovremmo tenerci distanti: da un lato, quelli che usano il "popolare" come giustificazione per produrre e spacciare fetenzie; dall'altra, quelli che disprezzano qualunque cosa non venga consumata da un'élite. Sono due posizioni speculari, l'una sopravvive grazie all'altra.» Altrove ho spiegato come il popular di oggi sia molto più articolato e complesso di quello del passato. Le opere NIE stanno nel popular, lavorano con il popular. I loro autori tentano approcci azzardati, forzano regole, ma stanno dentro il popular e per giunta con convinzione, senza snobismi, senza il bisogno di giustificarsi di fronte ai loro colleghi "dabbene". Per questo nella mia "catalogazione" del NIE sono assenti opere che in inglese definiremmo "highbrowed", scritte con pretese di superiorità, intrise di disprezzo per le espressioni culturali più "plebee". Opere, insomma, che conferiscono status, i cui autori (e lettori!) puntano alla letteratura "alta", a "elevarsi" fino a essere accettati in qualche parnaso di stronzi. Per capire meglio l'approccio NIE, può essere utile una riflessione di Alessandro Zaccuri sulle differenze tra immaginario gnostico e immaginario cristiano. Nella comunicazione gnostica il tutto non ha senso fino a quando anche l'ultimo dettaglio non sia stato decifrato... L’opera non è un libro aperto, ma un cifrario che esige di essere violato. Al contrario, nella comunicazione cristiana (es. nell'opera sacra), dev'esserci sempre una comprensibilità in linea di massima, una efficacia di primo acchito. Per quanto fitta di simboli e rimandi teologici, un'opera d'arte sacra è caratterizzata da un'efficacia immediata, e soltanto in un secondo tempo conduce all'eventuale decifrazione dei singoli elementi... L'osservazione vale per il mosaico di Otranto e per la Commedia di Dante, per la cattedrale di Chartres e per la musica di Bach... Io, ateo, ritengo cruciale questa distinzione tra i due approcci, dunque la riprendo mutatis mutandis, la riprendo come metafora: i romanzi di cui sto parlando hanno (o almeno cercano) un'efficacia di primo acchito, sono leggibili e godibili anche senza decrittarne ogni aspetto, riconoscere ogni citazione, rilevare ogni arditezza stilistica o tematica. C'è un "primo livello" di fruizione, dove si affronta l'opera come un tutto. E' l'avvio del rapporto autore-lettore... Solo dopo aver goduto dell'opera in questo modo (ed è un "dopo" causale, non strettamente temporale) è possibile prestare attenzione ai dettagli. I dettagli hanno senso perché c'è il tutto. La sperimentazione avviene nel popular.