I tanti volti del cibo II parte

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I tanti volti del cibo (Parte II : dall’800 al 900)


In quest’ultimo incontro andremo ad analizzare alcuni aspetti riguardanti il cibo negli ultimi due secoli. A. Cucina dell’Ottocento. B. Scienza e tecnologia nel mondo alimentare. C. Cibo e società . D. Cibo e arte.


A. Cucina dell’Ottocento. Presenza importante ed ingombrante dei grandi apparati scenici applicati alla cucina. Per gran parte dell’Ottocento la fastosità e la grandiosità furono abbinate alla cucina delle élite, di re e principi, simbolo ulteriore di differenza sociale.


Una delle figure di spicco della gastronomia francese ed europea di inizio Ottocento fu Marie-Antoine Carême (8 giugno 1784 – 12 gennaio 1833).


Cuoco e gastronomo di grandissimo livello che lavorò presso re e principi, soprannominato “cuoco dei re e re dei cuochi”. Autore della Haute Cuisine (cucina alta o cucina grande), ovvero la cucina di alto livello che caratterizzò non solo la nobiltà ma anche le proposte gastronomiche di ristoranti e alberghi prestigiosi. Famoso per le indiscusse abilità di pasticcere che influenzarono, quasi inevitabilmente, i lavori di altre figure di spicco della gastronomia e della pasticceria.


Non si può non ricordare i grandi allestimenti scenici che ne caratterizzarono l’operato e che abbellirono le mense piĂš prestigiose. A lui si deve inoltre uno dei primi tentativi di codificare l’arte della cucina da un punto di vista scientifico attraverso l’analisi dei vari componenti: ingredienti, dosi, tempi di cottura. Gli allestimenti di torte e cibi si rifacevano a veri e propri studi di architettura.



Tra le invenzioni che gli sono attribuite vi sarebbero i volau-vent, le meringhe e varie tipologie di salse da accompagnamento. Rispetto a quello che si potrebbe pensare, compĂŹ una vera e propria rivoluzione elaborando proposte leggere e delicate nei sapori, che avevano la funzione di esaltare i singoli ingredienti. Fu indubbiamente anche un grande gastronomo, elaborando opere che sono considerate ancora oggi i capisaldi della storia della cucina.


Altra importante figura nel panorama culinario ottocentesco fu Urbain Dubois (Trets, 26 maggio 1818 – Nizza, 14 marzo 1901), soprattutto per i propri libri di cucina. Permasero anche in questo caso i grandi apparati scenici, che in realtà furono molto usati dalle famiglie di alto rango ancora a Novecento inoltrato.




È collocabile all’inizio dell’Ottocento la nascita del “menù” inteso come il cartoncino posto a tavola che rimaneva a disposizione dei convitati. Il termine francese da cui proviene deriva da “minuta”, ovvero l’appunto che il capocuoco o il cerimoniere redigeva ogni giorno con le proposte delle vivande (in base alla disponibilità delle materie prime, a specifiche esigenze dei nobili, all’estro del cuoco …). Il suo utilizzo è riconducibile alla diffusione del “servizio alla russa” che spesso andò a sostituire quello “alla francese”.



Nel panorama gastronomico e culturale italiano non si può non citare, seppur brevemente, Pellegrino Artusi (Forlimpopoli, 4 agosto 1820 – Firenze, 30 marzo 1911), che contribuì in modo significativo alla definizione di un modello unitario di cucina di matrice italiano. Autore del famosissimo “La Scienza in cucina e l’Arte di mangiare bene” (1891), che ebbe numerose ristampe e un grande successo.


B. Scienza e tecnologia nel mondo alimentare. Oltre all’aspetto medico/dietetico tipico del Medioevo e del Rinascimento, l’altro importante campo di analisi fu quello chimico-fisico. L’Ottocento fu in questo senso un periodo di svolta, sia grazie ad alcune scoperte di tipo scientifico che migliorarono sensibilmente alcune attività legate alla trasformazione alimentare, sia per lo sviluppo tecnologico che contribuì ad apportare importanti modificazioni negli ambienti di cucina.


Sebbene il freddo (inteso come ambienti per conservare gli alimenti) rimase una prerogativa dei ceti elevati, il gas urbano divenne un bene erogato a tutti i cittadini. Nacquero e si diffusero le prime industrie alimentari (grazie soprattutto alla rivoluzione industriale). Appert → appertizzazione (inizio XIX secolo). Processo fondamentale nella conservazione degli alimenti, non solo perché permise di conservare più a lungo le derrate alimentari, ma anche perché non ne alterava le caratteristiche visive e gustative. Italia → 1824 uscì “L’arte di conservare gli alimenti”, opera che trattava in modo approfondito delle applicazioni dell’appertizzazione.


Importanti conseguenze nella nascente industria alimentare. Bisogna precisare che i risultati erano diversi a seconda dei prodotti (ad esempio migliori per gli alimenti vegetali, scarsa invece la resa per la frutta). Ăˆ proprio grazie a questa straordinaria invenzione che venne poi messa a punto la conserva di pomodoro che ebbe uno straordinario successo in Italia, immagine stessa dell’arte del conservare e nuovo elemento di identitĂ sociale e culturale.


La conserva ebbe anche importanti ripercussioni dal punto di vista sociale ed economico. •

Abbassò il valore di mercato del prodotto, incidendo considerevolmente sulla differenza con le primizie di stagione. • •

Standardizzò i sapori.

Diede risalto ad aspetti visivi che con altri metodi andavano inevitabilmente perduti.

Contribuì notevolmente ad appiattire le differenze sociali associate alla stagionalità dei prodotti. Proprio in questo periodo nacque l’assioma pubblicitario che voleva i prodotti in scatola come gli unici prodotti freschi.


C. Il cibo e la società. Il cibo continua ad avere un ruolo fondamentale nella società, sotto differenti aspetti. • Il cibo come mezzo per esibire disponibilità economiche. (Es. le memorie di Theodor Hierneis, cuoco alla corte di Ludwig II.)


• Il cibo e le abitudini alimentari come mezzi per documentare il decadimento sociale. (Es. I Buddenbrook di Thomas Mann; Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa)



• Il cibo per sancire le differenze sociali. (Es. la narrativa verista di Giovanni Verga).


“arrostiva le ghiande del querceto sulla brace di un fornello di sarmenti di sommacco, abbrustoliva le larghe fette di pane che cominciavano ad avere la barba verde di muffa” Jeli il pastore, da “Vita dei campi”. “Verso mezzogiorno sedettero al mezzo per mangiare il loro pane nero e le loro cipolle bianche” da “Nedda”.


Ma il cibo e gli ambienti di cucina possono essere anche un documento del lusso di alcuni ceti sociali. Sono numerosi gli esempi che si potrebbero fare, tuttavia ne propongo uno: il Castello di Racconigi, situato in provincia di Cuneo. Un magnifico esempio di arte e bellezza che inizialmente fu una fortezza (Medioevo) e poi si evolse nel corso dei secoli sia strutturalmente che nella destinazione.


A partire dalla seconda metà del XIV secolo divenne proprietà dei Savoia. Fu poi residenza ufficiale del ramo dei Savoia-Carignano e venne in seguito eletto sede delle “Reali Villeggiature” dei re di Sardegna (che divennero poi d’Italia) nei mesi estivi e autunnali. Il legame di questa famiglia con la caccia era profondo e molto saldo e questo si percepisce negli arredi, nei trofei, nell’amore per questa ed altre residenze che consentivano loro di praticare l’arte venatoria. Ma come erano le cucine di questo castello? Quali caratteristiche possedevano? Scopriamolo assieme!


















D. Cibo e arte.

1. L’Impressionismo in cucina. 2. Il Futurismo in cucina. 3. Daniel Spoerri e Marina Abramović


1.

Claude Oscar Monet (Parigi, 14 novembre 1840 – Giverny, 5 dicembre 1926) fu uno dei massimi esponenti dell’Impressionismo.

Conosciutissimi i suoi quadri che contribuirono in modo significativo a mutare la storia dell’arte. Poco conosciuto invece il ricettario di famiglia che Monet curò ed arricchì nel corso degli anni. Una raccolta di ricette e preparazioni frutto di esperimenti, ricette di famiglia o pervenutegli da parenti e amici.


Dalla sua lettura traspare una personalità estremamente complessa, amante della cucina semplice, borghese ma molto saporita e gustosa. Attento conoscitore delle tradizioni e delle prelibatezze locali e non. Amante dei sapori dell’orto, ne possedeva uno molto ben curato in cui le numerose tipologie di vegetali contribuivano ad arricchire di gusto e colore i piatti serviti. Un maestro della pittura ma anche della cucina, conoscitore di sapori e profumi che proponeva anche con tocchi esotici ad amici, colleghi e parenti, in differenti occasioni. Un ricettario dove trovano posto anche numerose preparazioni di conserve ma anche menzioni sui fornitori migliori.



2. Il Futurismo in cucina. Il movimento aveva l’obiettivo di modificare radicalmente tutti i settori della vita dell’uomo, cucina compresa. Al termine di una cena al ristorante milanese “Penna d’oca” il 15 novembre 1930 Marinetti annunciò il “Manifesto della cucina futurista”, che venne pubblicato il 28 dicembre 1930 sul quotidiano torinese “La Gazzetta del Popolo”.


Precursore fu però il cuoco francese Jules Maincave che aderì al movimento già nel 1914. La noia che gli procuravano le preparazioni tradizionali con i soliti accostamenti delle materie prime, lo spinsero a ricercare nuove proposte gastronomiche che potessero conciliarsi con il dinamismo e la modernità cui il movimento si faceva portatore. Nel 1931 una serie di artisti aderenti al movimento, all’interno di un ristorante torinese, denominato dallo stesso Marinetti “Taverna Santopalato”, elaborarono la prima cena futurista.


Il locale venne inaugurato successivamente con un pranzo di ben quattordici portate. I piatti e le preparazioni che venivano proposte erano fantasiosi nei nomi e negli accostamenti delle materie prime. Vi troviamo per esempio: l’antipasto intuitivo, il brodo solare, il mare d’Italia e il carneplastico. Tutte preparazioni volte al dinamismo futurista. Uno sguardo al futuro e una critica aspra alle tradizioni e al passato.


Uno dei cardini della teoria alimentare futurista fu la lotta alla pastasciutta, considerata responsabile della fiacchezza fisica ed intellettuale di chi la consumava. “fiacchezza, pessimismo, inattivitĂ nostalgica e neutralismo (‌) una palla e un rudere che gli italiani portano nello stomaco come ergastolani o archeologiâ€?.



Daniel Spoerri (Galati, 27 marzo 1930) vive in Toscana a Seggiano dove si trasferĂŹ dal 1992. Emblematico il contributo dei suoi “quadri trappolaâ€? e delle performance finalizzate ad indagare differenti aspetti del rito del mangiare comune.


Marina Abramović (Belgrado, 30 novembre 1946) Artista serba, residente negli Stati Uniti d’America dagli anni ‘60. Il suo lavoro esplora le relazioni tra l’artista e il pubblico, i limiti del corpo e le possibilità della mente. Il cibo è entrato in alcune sue performance, divenendo così un elemento fondamentale, portatore di molti significati.



GRAZIE A TUTTI PER ESSERE STATI UN PUBBLICO ATTENTO, STIMOLANTE E CURIOSO! “Meditate bene su questo punto: le ore più belle della nostra vita sono tutte collegate, con un legame più o meno tangibile, a un qualche ricordo della tavola”. (Charles Pierre Monselet)


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