iNBiCi magazine anno 10 - 7/8 luglio-Agosto 2018

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PERIODICO IN DISTRIBUZIONE GRATUITA ANNO IX - N. 7/8 LUGLIO-AGOSTO / 2018

Gran Fondo

Campagnolo Roma

14 Ottobre 2018

TORNA LO SPETTACOLO DELLA GRAN FONDO DI ROMA

EDIZIONE RECORD PER LA LEGGENDARIA CHARLY GAUL

LO SPRINT AZZURRO HA UNA NUOVA FRECCIA

Gianluca Santilli dixit “Venite a pedalare nell’Urbe tra tesori millenari e gladiatori”

L’orgoglio di Elda Verones “Sempre più fiera di questa eccellenza trentina”

Il fenomeno Elia Viviani “E pensare che ho iniziato a correre quasi per caso...”




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SCATTO D’AUTORE GIRO D’ITALIA 2018 by Bettiniphoto

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MONDO ACSI

Trittico

da sogno

Prima la 3Epic, poi la Gran Fondo del Capitano, infine la Valerio Agnoli di Fiuggi. Per il Campionato Nazionale ACSI granfondo-mediofondo è stato un giugno indimenticabile a cura della redazione

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Il Campionato Nazionale ACSI granfondo-mediofondo lo scorso 10 giugno ha riservato un trittico di sfide davvero significative per i propri tesserati e per tutti gli atleti appassionati di “biciclettate” all’aria aperta, fra scenari come sempre esaltanti. La 3Epic Cycling Road ad Auronzo di Cadore (BL) ha portato alla luce la bellezza delle Tre Cime di Lavaredo e le arrampicate verso il cielo sui tratti Passo di Sant’Antonio – Danta di Cadore, superando i tornanti che hanno aperto la vista verso il sottostante Lago di Auronzo, per non parlare del Comelico e delle Dolomiti di Sesto, Val Visdende – Forcella Zovo, alla scoperta di scenografici spazi e di un ambiente a dir poco incontaminato. Costalissoio è stata una scalata per veri grimpeur nel consueto contesto ambientale ‘da brividi’, l’altra salita a Passo di Sant’Antonio, breve ma allo stesso tempo impetuosa ed irregolare, fra prati, boschi ed un ambiente dal sapore ruvido di montagna, chiudendo con l’erta verso Misurina, inizialmente da passisti, e la Tre Cime di Lavaredo – Rifugio Auronzo a consegnare agli atleti un’ascesa “sulle nuvole” ed una giornata indimenticabile sulle Dolomiti. Ad aprire l’evento due colombe bianche liberate dalle compagne di Enrico Frescura ed Alessandro Marengon del Soccorso Alpino, tragicamente scomparsi il 1° maggio scorso, ai quali la gara è stata dedicata, mentre a chiuderla ci ha pensato “El Diablo” Claudio Chiappucci premiando i vincitori. La Granfondo del Capitano a Bagno di Romagna (FC), tra Toscana ed Emilia-Romagna nel cuore del Parco delle Foreste Casentinesi, ha riservato invece due spettacolari itinerari: un tracciato medio di 75 km per 1700 metri di dislivello e un tracciato lungo di 140 km per 3100 metri di dislivello. La Granfondo ha portato un mix tra agonismo e cicloturismo, perfetto per regalarsi una competizione adatta sia al corridore “assetato di vittoria” come al tranquillo amatore, il “mantra” del Campionato Nazionale ACSI, facendo registrare anche un boom di presenze nelle strutture alberghiere. Onore anche ad alcuni atleti trapiantati in gara, i quali hanno trasmesso un messaggio importante di vivere lo sport all’aria aperta nonostante le difficoltà. Come terza sfida domenicale firmata ACSI è andata in scena la Granfondo Valerio Agnoli di Fiuggi (FR), terza prova anche del challenge PedaLatium, anche qui a riservare eventi per tutta la famiglia, ai bimbi e…alle buone forchette del pedale. La manifestazione ACSI ha sfoggiato percorsi rinnovati, un cicloturistico di circa 40 km con dislivello contenuto di circa 700 metri, un mediofondo di 80 km e dislivello di oltre 1500 metri, ed un granfondo di circa 112 km con un sostanzioso dislivello di oltre 2200 metri. Sontuosa la location del Grand Hotel Palazzo della Fonte, in passato residenza estiva fiuggina di Casa Savoia, mentre come chicca c’è stato il nuovo passaggio davanti a Palazzo Colonna a Genazzano, maestosa residenza di un’antica famiglia nobiliare romana. Valerio Agnoli era presente alla partenza a salutare i concorrenti, anche in questo caso con un intento sociale, il motto #nonsiamobirilli volto a sottolineare l’importanza della sicurezza sulle strade. ACSI Ciclismo prepara ora le prossime sfide della stagione, con la Granfondo Alte Cime d’Abruzzo a svilupparsi l’8 luglio a Castel del Monte (AQ) lungo gli stessi scenari attraversati quest’anno dal Giro d’Italia, la Granfondo dei Sibillini il 15 luglio a Caldarola (MC), la Granfondo Angelini Group del 22 luglio verso il record d’iscritti a San Giovanni Teatino (CH), e la suggestiva Granfondo dei Templari a San Quirino (PN) il 29 luglio, a chiudere un mese intensissimo prima della pausa estiva d’agosto, con la sola Granfondo dei Borghi del Metauro (PU) ad accompagnare gli appassionati nell’ottavo mese dell’anno (26). ACSI svolge attività sportiva a livello amatoriale, formativo e ricreativo, nell’intento di accrescere l’associazionismo come momento più educativo e spontaneo di socializzazione. L’ente di promozione sportiva consiglia dunque di godersi appieno le manifestazioni ciclistiche proposte, senza eccessivi agonismi, gustandosi anche il buon cibo e le infinite risorse dello Stivale ciclistico. LIFESTYLE INBICI

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Sommario Luglio - Agosto 2018 // Numero 7-8

Moreno Argentin Adriatica Ionica Race “Buona la prima”

Elia Viviani

MONDO ACSI

a cura della redazione

IL TOUR SECONDO MAGRINI di Carlo Gugliotta

GIRO CICLISTICO AMATORIALE a cura della redazione CAMPIONATI ITALIANI PROF di Davide Pegurri

GRAN FONDO DI TORINO a cura della redazione INTERVISTA A CLAUDIA CRETTI di Davide Pegurri

GF GAVIA-MORTIROLO a cura della redazione

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Elda Verones

Mino Denti

Gianluca Santilli

“Vi svelo storie e tesori del museo del Ghisallo”

“Sempre più fiera della Charly Gaul”

“Ecco le pagine ingiallite del mio diario sui pedali”

“E pensare che ho iniziato a correre quasi per caso...”

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Gianfranco josti

72 86 90 100 102 106 120

MENTE IN SELLA di Claudia Maffi OCCHIALI NRC P-RIDE di Maurizio Coccia ARGON18 PRO DISC di Maurizio Coccia

DONNA INBICI di Ilenia Lazzaro LOOK EXACT di Maurizio Coccia GRAN FONDO CAPITANO di Carlo Gugliotta TRENTINO MTB

a cura della redazione

“Venite a pedalare con i gladiatori”

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LA VECIA FEROVIA a cura della redazione

TEAM RELAY MTB a cura della redazione

MONDO BIKE: NOVITÀ 2019 di Maurizio Coccia

LUGANO IN BICI di Roberto Diani

FOCUS SULL’INTEGRAZIONE di Alexander Bertuccioli

IL PUNTO CRITICO di Maurizio Coccia


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GRUPPO EDITORIALE INBICI Direzione e Amministrazione Viale della Repubblica, 100 - 47923 Rimini (RN) Direttore Generale Maurizio Rocchi Direttore Responsabile Mario Pugliese Vice Direttore Carlo Gugliotta In Redazione Mario Pugliese, Dr. Roberto Sgalla, Riccardo Magrini, Wladimir Belli, Gian Luca Giardini, Silvano Antonelli, Prof. Fabrizio Fagioli (Equipe Velosystem), Paolo Mei, Claudia Maffi, Nicola Zama, Dr. Alexander Bertuccioli, Silvano Antonelli, Carlo Gugliotta, Ilenia Lazzaro, Eleonora Pomponi Coletti, Davide Pegurri In Redazione Tecnica Maurizio Coccia, Roberto Diani Fotografi Playfull, Bettini Photo, Newspower, Stefano Spalletta, Mariano Spinelli Archivio fotografico selezione fotografica a cura di Gianni Rocchi Distribuzione Italian Business Management LTD Progetto Grafico Roberta Piscaglia Responsabile Marketing Sara Falco Responsabile Facebook Gianni Rocchi Stampa La Pieve Poligrafica Editore Per la tua pubblicità Maurizio Rocchi +39 393.9838319 Giorgio Puppi +39 346.0823300 Ufficio Marketing 0541.395102 Website www.inbici.net E-mail info@inbici.net Diritti e proprietà GRUPPO EDITORIALE INBICI SRLS Sara Falco Editore Reg. imprese n° REA FO 323603 Iscrizione Registro Tribunale di Forlì nr. 3/2013 del 5 aprile 2013. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione anche parziale di articoli, foto e disegni senza autorizzazioni del GRUPPO EDITORIALE INBICI.

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EDITORIALE

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Luci ed ombre

sull’estate del ciclismo L’estate del ciclismo entra nel vivo. Con “La Leggendaria Charly Gaul” si è chiuso virtualmente – dopo un’appassionante cavalcata di quasi mille chilometri - l’InBici Top Challenge, il nostro circuito nazionale diventato, numeri alla mano, un punto di riferimento per il movimento granfondistico.Il numero sempre crescente di abbonati e la passione che, anno dopo anno, si rinvigorisce dimostra che il settore amatoriale non ha ancora esaurito la sua spinta propulsiva e anche in Italia si sta ormai affermando come un grande fenomeno popolare di sport e costume.

Una realtà che ci stimola a proseguire su questa strada, rivolgendo a tutti un caloroso arrivederci alla prossima edizione. Archiviato il Giro d’Italia, anche il mondo dei professionisti celebra il suo rito più atteso, quello del Tour de France. In mezzo al gruppo, dopo le minacce di scomunica, ha pedalato anche un certo Chris Froome, riabilitato dalla Uci perché le analisi sui livelli di salbutamolo non sono state considerate “abbastanza attendibili”. Una motivazione – più che un verdetto – che getta un’ombra sinistra sui laboratori antidoping e che non può non suscitare – anche con effetto pregresso – qualche legittima riflessione visto che, in casi analoghi, la Giustizia Sportiva aveva partorito sentenza opposte. Mi viene in mente, in particolare, la vicenda di un mio caro amico che sosteneva – contro tutto e tutti – che nella lotta al doping c’era qualcosa che non funziona. Quell’amico – pace all’anima sua - si chiamava Marco Pantani. Maurizio Rocchi 10

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Riccardo Magrini

“Il Tour? Occhio ai francesi”

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di Carlo Gugliotta


Reduce dalle fatiche della “sua” granfondo, il cronista di Eurosport fa le carte alla Grand Boucle: “Contento della presenza di Dumoulin e Froome, incuriosito dal talento di Egan Bernal e dubbioso sulle scelte della Movistar. Ma io spero soprattutto in un grande Vincenzo Nibali” Quando ci risponde al telefono, Riccardo Magrini è reduce dalle fatiche organizzative della Granfondo Montecatini Terme che porta il suo nome, ma molto volentieri decide di scambiare qualche opinione in vista del Tour de France. “In realtà io mi occupo solo di alcuni aspetti della Granfondo – spiega il commentatore di Eurosport – e per questo voglio ringraziare Leonardo Iozzelli e Luciana Palermo che portano avanti questa iniziativa. Alla gara hanno partecipato circa 400 persone, un bellissimo pacco gara e un ottimo pasta party sono stati la ciliegina sulla torta di questa splendida festa. Sono venute due persone da Roma, con la famiglia al seguito, apposta per conoscermi, in quanto ascoltano le mie telecronache. E’ stata una bellissima emozione e anche e soprattutto per questo vale la pena continuare”. Siamo ormai vicini alla grande partenza del Tour de France. Come giudichi la scelta della Movistar di schierare Valverde, Quintana e Landa? “Io ho fatto una proposta, come ho detto anche in diretta su Eurosport. Secondo me in casa Movistar devono scegliere un capitano tra i tre e puntare su di lui. E’difficile che Valverde riesca a salire sul podio, mentre Quintana rimane un oggetto misterioso perchè non sai mai come va e come non va, non si è mai visto protagonista fino ad oggi. Credo però che bisogna dare fiducia alla squadra, anche perchè al Giro d’Italia hanno tirato fuori Richard Carapaz che ha LIFESTYLE INBICI

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Quest’anno Froome e Dumoulin, dopo il Giro, saranno anche al Tour. Sembra di essere tornati indietro nel tempo, quando i corridori correvano tutta la stagione... “Dovrebbe essere sempre così, perchè facendo così riesci davvero ad affezionarti al tuo campione preferito. fatto vedere delle cose bellissime. Certo, una domanda me la faccio. Loro hanno tre capitani: con la riduzione a otto corridori per ogni squadra, chi tira? Quella della Movistar resta comunque una scelta che io rispetto perchè non mi piace criticare una squadra che fa una scelta, anche se è insolita”. Quest’anno Froome e Dumoulin, dopo il Giro, saranno anche al Tour. Sembra di essere tornati indietro nel tempo, quando i corridori correvano tutta la stagione... “Dovrebbe essere sempre così, perchè facendo così riesci davvero ad affezionarti al tuo campione preferito. Spero che sia Dumoulin che Froome riescano a trovare la condizione fisica migliore anche in Francia, anche se su Froome ci sono davvero pochi dubbi. Partecipare sia al Giro che al Tour permette di far affezionare il pubblico, proprio come succedeva una volta. Quest’anno c’è 14

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una settimana in più di distanza tra le due corse, ma ripeto, dovrebbe essere sempre così. C’è da dire che secondo me ci saranno anche altri competitor, soprattutto Bardet e i francesi in generale, che cercheranno di mettere i bastoni tra le ruote ai principali favoriti, e poi c’è la curiosità di vedere un grande corridore come Egan Bernal. Secondo me può crescere molto bene all’ombra di Froome e potrebbe rivestire il ruolo che il keniano bianco ha avuto nel 2012 al fianco di Bradley Wiggins. Bernal è anche più forte di Froome, oltretutto ha la freschezza della gioventù, è molto intelligente e rispettoso dei valori, è un personaggio molto bello da seguire. Se davvero è supportato da una condizione eccezionale, chi lo può fermare?”. Immaginiamo che tu sia molto fiducioso sulle prestazioni che può fornire Vincenzo Nibali...

“Vincenzo ci tira sempre su, tira su tutto il movimento italiano. Purtroppo qui in Italia non ci sono corridori, lo dico da diversi anni. Vincenzo è il nostro scoglio di salvezza, credo che possa fare veramente bene perchè quando prepara un evento si fa sempre trovare pronto. Mi fa piacere il fatto che vada al San Pellegrino per rifinire la preparazione per il Tour perchè sono corsi e ricorsi storici. Vincenzo è fatto come il vino, più passano gli anni e più migliora, con lui hai sicuramente qualcosa. Non è un personaggio appariscente ma è sostanzioso, quindi sono fiducioso. Può puntare senza dubbio al podio”.



di Davide Pegurri

Moreno Argentin, ex Campione del Mondo, oggi Manager di AIR

Adriatica Ionica Race

Buona la prima

Una collocazione ideale nel calendario ciclistico internazionale, i partecipanti di primo livello, la varietà del percorso e un’organizzazione “smart”. Così la prima edizione della corsa veneto-friulana ha convinto anche i più scettici. Moreno Argentin: “Felice per questo successo, ma è stato più facile vincere a Colorado Springs” 16

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Grande successo per la prima edizione della Adriatica Ionica Race. Cinque frazioni, dal 20 al 24 giugno, che hanno regalato forti emozioni, riportando il ciclismo che conta in Veneto e in Friuli Venezia Giulia. Un percorso molto vario, studiato nei minimi dettagli, con la tappa regina sul Giau. L’Adriatica Ionica Race è stata una vetrina importante, utile per scoprire giovani talenti e per avere conferme su ciclisti che ormai sono ai vertici in questo sport. Fortemente voluta dal campione del mondo di Colorado Springs, Moreno Argentin, la prima edizione sarà ricordata soprattutto per l’affermazione del giovanissimo colombiano Ivan Ramiro Sosa e per la prestazione della Quick Step Floors che, guidata da Elia Viviani, ha conquistato quattro tappe su cinque. Sul podio finale di Trieste, assieme allo scalatore della Androni Giocattoli Sidermec, salgono anche Giulio Ciccone e Ildar Arslanov, rispettivamente secondo e terzo nella generale. Sosa, oltre alla maglia azzurra, veste anche quella di miglior giovane. Viviani porta a casa la maglia a punti, mentre Enrico Logica, veronese della Biesse Carrera Gavardo, si aggiudica la classifica riservata al miglior scalatore. Adriatica Ionica – Molti potrebbero chiedersi per quale motivo la manifestazione sia stata così nominata. L’Adriatica Ionica Race è nata da una nobile idea e vuol essere, idealmente, un ponte tra est e ovest, tra passato e futuro. Il progetto prevede di attraversare, in cinque anni, i paesi bagnati dal mare Adriatico e dallo Ionio, ricostruendo quella che gli storici hanno chiamato “la via della seta”, una rotta mercantile che in passato ha decretato anche la fortuna di Venezia. Un viaggio affascinante su due ruote, attraversan-

Viviani imbattibile – Nessuno come lui. Elia Viviani,

grazie alle vittorie conquistate alla Adriatica Ionica Race, è balzato in vetta alla classifica dei successi ottenuti in questa prima parte di stagione. do diversi stati, con meta finale Atene. Il progetto che Moreno Argentin e il suo staff hanno pensato è davvero impegnativo ma, abbinando il ciclismo alle ricchezze turistiche e artistiche del territorio, siamo certi che saprà raggiungere il proprio fine. Sosa il futuro – Un giovanissimo, di soli vent’anni, cresciuto ammirando le gesta di Rigoberto Uran e grande amico di Egan Bernal. Ivan Ramiro Sosa rappresenta il futuro non solo del movimento colombiano, ma anche del ciclismo internazionale. Gianni Savio, suo general manager alla Androni Giocattoli Sidermec, lo descrive come un ciclista pieno di talento e molto educato, forse paragonabile per caratteristiche a quel Nelson Cacaito Rodriguez che fu capace di vincere una tappa regina al Tour de France del 1994, davanti a Petr Ugrumov e Marco Pantani. Sosa, grazie a questa vittoria, acquisisce la consapevolezza di essere un ottimo ciclista e, se non perderà la via nel corso della sua carriera, potrebbe diventare uno dei più forti scalatori in circolazio-

ne. Nelle parole del vincitore, al termine della Adriatica Ionica Race, traspare umiltà e disponibilità: “Ho lavorato molto per arrivare pronto a questa gara, sapevo di poter essere nei dieci migliori ma non credevo di vincere. Nella tappa con arrivo sul Passo Giau ho ascoltato i consigli di Francesco Gavazzi, ho attaccato a due chilometri dal traguardo ed è andata bene. Sono contento di aver alzato le braccia proprio a Trieste, dove il mio connazionale Nairo Quintana vinse il Giro d’Italia nel 2014”. Una nota statistica che può aiutare a comprendere il talento del colombiano è il fatto che Ivan Ramiro Sosa, oltre a essere il primo storico vincitore della Adriatica Ionica Race, è stato anche il più giovane tra i partenti. Per sua stessa ammissione, deve ancora migliorare molto nelle cronometro, ma se ne sarà in grado, potrebbe diventare un uomo ideale anche per i grandi giri. Solo il tempo potrà svelarci il destino di Sosa. Viviani imbattibile – Nessuno come lui. Elia Viviani, grazie alle vittorie conquistate alla Adriatica Ionica Race, è LIFESTYLE INBICI

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Sosa il futuro – Un giovanissimo, di soli vent’anni, cresciuto ammirando le gesta di Rigoberto Uran e grande amico di Egan Bernal. Ivan Ramiro Sosa rappresenta il futuro non solo del movimento colombiano, ma anche del ciclismo internazionale. Ivan Ramiro Sosa vincitore della prima edizione della Adriatica Ionica Race

balzato in vetta alla classifica dei successi ottenuti in questa prima parte di stagione. Ora in totale sono quattordici, tredici in volata, staccato di due lunghezze l’eterno Alejandro Valverde. In questa corsa a tappe Elia, imponendosi allo sprint in tutte e tre le occasioni, ha potuto togliersi ulteriori sassolini dalla scarpa. Al Giro d’Italia aveva vinto quattro frazioni e la maglia ciclamino ma qualcuno sminuiva quei trionfi sostenendo che non vi erano avversari di livello. Qui invece ha dominato, tenendosi dietro, tra i tanti, anche Mark Cavendish, uno che ha saputo scrivere pagine importanti nella storia recente del ciclismo mondiale. Grazie a lui, la Quick Step Floors, assieme alla Androni Sidermec, è stata la squadra protagonista. Quattro successi in cinque tappe, la cronometro squadre iniziale e poi le tre del velocista veronese. Tra gli altri Viviani ha dovuto confrontarsi anche con un rientrante e ritrovato Giacomo Nizzolo. Il campione italiano di Darfo Boario 2016, anche se non ancora in forma, ha saputo, fin dalla pri-

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ma occasione, lanciarsi nella bagarre dello sprint. L’augurio per quest’ultimo è di vederlo d’ora in poi lottare più spesso con l’imbattibile Elia. Una prima di successo – Spesso, in Italia, non è facile far nascere nuove gare a tappe. Nel corso degl’anni molte corse, come ad esempio il Brixia Tour o la Settimana Lombarda, che erano dei capisaldi nel calendario nazionale, sono sparite. Moreno Argentin, ideatore della Adriatica Ionica Race, ha avuto principalmente il merito di osare e credere nella riuscita di questa manifestazione. Sicuramente le difficoltà, dovute più che altro alle tempistiche ristrette, non sono mancate, ma nel complesso possiamo affermare che la prima edizione è stata un successo. Una sfida che l’iridato di Colorado Springs, assieme a tutto lo staff, ha saputo vincere. Le sue stesse parole, dopo il grande finale a Trieste, fanno trasparire la soddisfazione di aver portato a termine la prima edizione: “Sono felice perché siamo andati controcorrente, altri smettono mentre noi iniziamo. Abbiamo avuto

molti riscontri positivi che ci hanno dato morale. La prima edizione della Adriatica è stata una sfida vinta. Un successo dovuto anche ai grandi ciclisti che hanno partecipato. Le tappe brevi, come quelle progettate, sono il futuro del ciclismo e penso che andremo avanti su tale strada”. Con questa corsa Moreno Argentin non solo è tornato nel grande ciclismo ma l’ha fatto anche in maniera costruttiva, aiutando il movimento ciclistico italiano. Gli sforzi e i momenti difficili passati alla fine sono stati ripagati: “Devo ammettere – continua – che è stato più faticoso organizzare questa Adriatica Ionica Race che vincere il mondiale tra i professionisti. Ora ho più consapevolezza di come si gestisce una corsa a tappe e sicuramente faremo di tutto per ampliarla qualitativamente”. In sintesi, il treno della Adriatica Ionica Race oramai è partito, dalla stazione di Musile di Piave, per giungere alla meta prefissata in cinque anni. Molti i pregi che hanno fatto guadagnare velocità alla locomotiva: la collocazione ideale nel calendario ciclistico internazionale, i partecipanti di primo livello, la varietà del percorso e un’organizzazione “smart”. Ma, anche in vista dell’ampliamento del progetto, bisognerà lavorare ancora molto per far sì che il treno non deragli.


Cinder Mips

Cinder Mips Highlight Yellow

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Granfondo Campagnolo Roma

“Venite a pedalare trai gladiatori” Nella città più bella del mondo fervono i preparativi per la settima edizione della grande manifestazione capitolina. L’ideatore dell’evento, Gianluca Santilli, rinnova il suo appello (“Impagabile andare in bici nell’Urbe”) e fa il punto sul progetto Formula Bici: “Siamo pronti per passare all’azione” Sette anni è un traguardo importante, soprattutto a Roma, che è diventata la Capitale del mondo, grazie ai suoi sette re. Gianluca Santilli, ideatore e organizzatore della Granfondo Campagnolo Roma, è da mesi al lavoro con il team organizzativo per allestire una nuova edizione che resterà ancora una volta impressa nella memoria di chi parteciperà. “All’inizio pochi credevano che saremmo arrivati alla settima edizione - ci racconta Santilli - e oggi sono molto gratificato perché RedBull ha inserito Granfondo Campagnolo Roma 20

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tra i 9 eventi da non perdere in Europa, per la loro emozionante unicità. Vedere la nostra manifestazione al terzo posto tra i più grandi eventi internazionali ed essere quello che ha la più giovane età, ci dà grandi stimoli”. Per il settimo anno, Roma sarà invasa dalle biciclette. La partecipazione, per il 14 ottobre, sarà ancora più ampia degli anni passati? “Nel 2017 siamo arrivati a 6400 iscritti e siamo partiti già grandi, con 3500. Evidentemente abbiamo lavorato bene, peraltro in un contesto oggettivamente

tra i più complessi al mondo. Dopo soli 3 anni siamo riusciti a chiudere interamente le strade interessate dal passaggio dei ciclisti, cercando di permettere a tutti di andare in bici anche grazie alla ciclopedalata “In Bici ai Castelli” di 60 km, aperta, tra le prime in Italia, anche alle e-bikes. Importante è stato anche l’inserimento della “Imperiale Roma” perché la storia del ciclismo si sposa perfettamente con i Fori Imperiali e l’Appia Antica. Quest’anno stiamo lavorando con il Comune di Roma per inserire un nuovo percorso,


Foto Luigi Sestili

In apertura da sinistra , l’Avvocato Gianluca Santilli con un amico alla Granfondo Campagnolo Roma

Fabio Aru

“All’inizio pochi credevano che saremmo arrivati alla settima edizione - ci racconta Santilli - e oggi sono molto gratificato perché RedBull ha inserito Granfondo Campagnolo Roma tra i 9 eventi da non perdere in Europa, per la loro emozionante unicità.

ma per ora non possiamo dire di più. In sintesi, vogliamo far capire a tutti quanto sia bello ma anche utile e sano andare in bici. La finalità dell’evento era ed è sempre quella di stimolare la ciclomobilità a Roma ed il cicloturismo ai Castelli Romani. Peraltro, Roma non ha nulla da invidiare a qualsiasi altro scenario al mondo e non è un caso se i più grandi eventi sportivi al mondo hanno quale teatro le grandi metropoli. Calcio, tennis, atletica, Formula Uno ed ora anche Formula E hanno scelto i grandi palcoscenici metropolitani. Ed il ciclismo di massa non fa eccezione come dimostrano gli eventi di Londra e New York, peraltro associati a Roma tramite la World Association of Cycling Events di cui siamo

fondatori. Roma deve convincersi di non essere seconda a nessuno e noi faremo di tutto per dimostrarlo”. Sarà anche un’occasione per invitare a partecipare amatori provenienti dall’estero? “Lo scorso anno abbiamo avuto quasi 1000 stranieri provenienti da oltre 50 Paesi e quest’anno punteremo a diventare ancora più internazionali. Hanno partecipato moltissimi ciclisti provenienti da tutta Italia, ma teniamo molto anche ai romani, pure ai non ciclisti (per ora…). Al villaggio, che sarà come sempre allestito alle Terme di Caracalla, ci saranno tanti personaggi non solo dello sport ma anche del cinema e dello spettacolo; avremo molte zone ristoro, eventi culturali, sportivi e musicali e tante altre attività che lo renderanno un punto di riferimento dei romani e dei turisti. Puntiamo, insomma, a coinvolgere tutta la città”. Lei è anche presidente di Formula Bici e questo è stato un anno importante per l’associazione. Può farci un punto della situazione? “Il 2018, sottoscrivo, è stato un anno-chiave per Formula Bici anche in ottica futura: Abbiamo iniziato a cogliere i frutti del lavoro intenso svolto da quando è nata l’associazione che, lo ricordo,

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Foto Luigi Sestili

Abbiamo coinvolto il Ministero degli Interni nell’ambito del quale, grazie al Prefetto Sgalla, direttore delle Specialità della Polizia di Stato, sarà emanato un disciplinare, una sorta di vademecum per tutti gli organizzatori e gli Enti preposti alle varie autorizzazioni. Tutti coloro che lo osserveranno non avranno problemi, mentre chi non vorrà adeguarsi rischierà la mancata autorizzazione a svolgere il suo evento.

ha l’obiettivo di porsi come un punto di riferimento del mondo amatoriale grazie alla presenza degli organizzatori di eventi tra i più importanti in Italia. Nessuno, del resto, conosce meglio di chi organizza le esigenze dei ciclisti e le sinergie sviluppate lavorando assieme consentono di individuare servizi e supporti sinora mai offerti. Inoltre, la credibilità dei suoi associati ci ha consentito interlocuzioni ai massimi livelli con chi si occupa nelle Istituzioni Pubbliche di sicurezza, regole e standard di eccellenza. Abbiamo coinvolto il Ministero degli Interni nell’ambito del quale, grazie al Prefetto Sgalla, direttore delle Specialità della Polizia di Stato, sarà emanato un disciplinare, una sorta di vademecum per tutti gli organizzatori e gli Enti preposti alle varie autorizzazioni. Tutti coloro che lo osserveranno non avranno problemi, mentre chi non vorrà adeguarsi rischierà la mancata autorizzazione a svolgere il suo evento. D’altronde, la sicurezza è la priorità assoluta. Non a caso, chi non va in bici lo motiva in pri-

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mis con la paura di correre rischi stradali; e questa paura va rimossa ad ogni costo per favorire la ciclabilità. Altra iniziativa di grande interesse ed utilità per il ciclista è la Bikeness Membership Formula Bici, una fidelity card che consente di accumulare, grazie ai chilometri pedalati nei 26 eventi di Formula Bici, dei bonus da spendere sia su un catalogo generalista che su uno specifico di prodotti per la bici ed offre servizi molto utili, quali ad esempio l’assicurazione infortuni gratuita per tutti i partecipanti agli eventi di Formula Bici. In ogni gara, infatti, l’assicurazione copre solo la responsabilità civile. Attraverso questo servizio, gratuito per i tesserati alla Bikeness Membership, è invece garantita un’assicurazione per gli infortuni. Altro servizio offerto è Data Health, grazie al quale viene validato il certificato medico agonistico con un codice che evita la consegna al ritiro dell’iscrizione, necessaria per evitare le gravi responsabilità conseguenti.

Per il futuro di Formula Bici cosa ci dobbiamo aspettare? “Formula Bici ambisce ad accogliere tutti gli eventi interessati a confrontarsi per crescere e migliorare, con l’ottica di favorire il ciclismo per tutti, promuovendo il territorio che li ospita. Non ci sono problemi di dimensione. La qualità, la passione e le sane finalità sono i parametri che Formula Bici prende in considerazione. Per fare un esempio, recentemente ho partecipato alla Granfondo nel Parco, evento con 5/600 iscritti, che è nato e si sta sviluppando con l’esclusiva finalità di valorizzare il Parco Nazionale d’Abruzzo. Questo è il modello di evento che a nostro avviso merita ogni supporto. Lo stesso discorso va esteso agli eventi con finalità solidali. MI viene in mente Dynamo Camp. Formula Bici è e sarà sempre lieta di accogliere chi lavora seriamente e con passione mettendo la bici e le sue innumerevoli valenze positive al centro”.


photo : Marco BONOMO I Unsplash.com

785 HUEZ RS

ALWAYS LOOK FOR THE TOP

785 HUEZ RS

I TEAM FORTUNEO OSCARO REPLICA Disegnato, progettato e sviluppato nella nostra officina per scalare e conquistare le vette, il 785 HUEZ RS integra il meglio delle ultime novità di LOOK. Con un telaio in carbonio ad alto modulo che pesa solo 730 gr e una forcella 100% in carbonio che pesa 280 gr, è una bici ultraleggera ed efficiente (5,9 Kg) con un design sofisticato progettato per ottimizzare le prestazioni ad alta intensità e fornire sensazioni uniche. Bici della squadra FORTUNEO-OSCARO Tour de France 2017.

www.lookcycle.com


a cura della redazione

InBici Top Challenge

Obiettivo raggiunto

Partito un po’ in sordina per colpa dei dispetti del meteo che hanno più volte posticipato il ciak della Gran Fondo Laigueglia, la terza edizione dell’InBici Top Challenge ha tagliato il traguardo dopo quasi mille chilometri di grandi emozioni, spigolando tra le località più belle e suggestive dello Stivale e confermando una verità sacrosanta: il ciclismo resta il mezzo più affascinante per scoprire i tesori del Belpaese. 24

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Una convinzione diventata quasi uno spot dopo il grande evento trentino de “La Leggendaria Charly Gaul” che ha chiuso virtualmente, dopo otto tappe, il circuito 2018. Una cavalcata esaltante partita in primavera da Faenza e nobilitata da appuntamenti di eccezionale richiamo come quello dell’8 aprile in Toscana, in quel di Pomarance (Pisa), teatro della Gran Fondo “eco” Paolo Bettini – La Geotermia. Una gara splendida per l’unicità dell’ambiente, ma anche perché impreziosita dalla presenza di un grandissimo campione come Paolo Bettini che, con un manipolo di amici uniti e capaci, ha saputo creare dal nulla un grande evento ciclistico. Non ha deluso le attese neppure la storica Via del Sale di Cervia,


Dopo otto tappe ed una prova jolly in Croazia, si è conclusa la terza edizione del circuito. Un evento di grande successo e di enormi prospettive che ha permesso di scoprire le località più belle dello Stivale. Ecco le classifiche finali del 2018 benché si trattasse di un’edizione rinnovata nella formula e soprattutto nella data. Fantini, ancora una volta, ha confermato la sua rinomata lungimiranza, rilanciando un evento che, dopo i trionfali strascorsi, ha scoperto di avere nuove potenzialità, soprattutto sul fronte turistico. Una settimana dopo il grande popolo del pedale si è dato appuntamento tra Cattolica e Gabicce Mare per la Gran Fondo degli Squali, la manifestazione più giovane, ma anche quella che ha mostrato i margini di crescita più importanti. Indimenticabile, nell’occasione, la presenza di Vincenzo Nibali. Molto suggestiva il 10 giugno anche la “3 Epic Cycling – Tre Cime di Lavaredo”, corsa per grimpeur di razza, così come non è mancato lo spettacolo il 24 giugno alla Gran Fondo Gavia & Mortirolo all’Aprica (So), preludio del gran finale celebrato - come tradizione impone - a Trento l’8 luglio con la Gran Fondo “La Leggendaria Charly Gaul”. Anche quest’anno, infine, il circuito ha proposto una “prova jolly”, a cui gli abbonati dell’InBici Top Challenge hanno partecipare gratuitamente. Si tratta della Gran fondo Nevio Valcic, che

si è disputata il 27 maggio in Croazia e che tanto successo ha riscosso tra i nostri abbonati. Un evento bello e in grande crescita. Sicuramente un’esperienza da ripetere. Dopo emozioni e schermaglie, la Gran Fondo Charly Gaul, che assegnava punteggio doppio, ha anche decretato ufficialmente i nomi dei vincitori nelle varie categorie. Nella categoria Gran Fondo Uomini si è imposto alla fine Diego Frignani, portacolori dell’Asd Stemax Team con 620 punti in sette prove, mentre tra le donne l’ha spuntata Monica Cecchi dell’Ad Gruppo Ciclistico Borello con 700 punti in sei prove. Comanda invece il ranking del Mediofondo Uomini l’alfiere dell’Asd Stemax Team Stefano Nicoletti, mentre tra il gentilsesso ha brindato Marina Lari del Team Bike Innovation Focus Rosti.

Nella classifica per società, infine, il successo di questa edizione 2018 è andato all’Asd Stemax Team, che ha preceduto il Team Bike Innovation Focus Rosti e il Cicli Matteoni Bianchi. Foto Stefano Spalletta

Una convinzione diventata quasi uno spot dopo il grande evento trentino de “La Leggendaria Charly Gaul” che ha chiuso virtualmente, dopo otto tappe, il circuito 2018.


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SCATTO D’AUTORE TOUR OF CROATIA 2018 by Bettiniphoto

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Quello che non ho mai scritto

di Gianfranco Josti

Fiorenzo Magni al Museo del Ghisallo

I Luoghi sacri della bicicletta

Il santuario del ciclismo Viaggio nel Museo del Ghisallo dove Fiorenzo Magni ha creato uno straordinario museo dedicato alla storia dei “cavalli d’acciaio” 28

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Chi è Gianfranco Josti

Gianfranco Josti è uno dei più autorevoli giornalisti del mondo del ciclismo. Decano dei giornalisti italiani, penna pungente e fine conoscitore del mondo dello sport, per anni firma di punta del Corriere della Sera, autore di tanti libri di successo.

Dici o scrivi Ghisallo e la mente va subito al ciclismo. Ecco perché proprio qui, al Passo del Ghisallo, Fiorenzo Magni ha voluto creare un museo in omaggio allo sport che gli ha regalato fama e notorietà. Sia ben chiara una cosa, però: tutti i grandi successi in ambito sportivo e imprenditoriale che il campione toscano ha conquistato sono frutto di tanti sacrifici, della sua raffinata intelligenza, del suo saper prevedere il futuro e muoversi


nella giusta direzione in netto anticipo rispetto agli altri. Eppure ha sempre ritenuto il ciclismo “il regalo più grande che abbia mai ricevuto”. Il Museo si lega quindi in modo indissolubile a Fiorenzo Magni e soprattutto al Santuario della Madonna che potremmo considerare l’antenato di questa modernissima struttura pensata nel 1994, iniziata nel 1999, inaugurata nel 2006, in piena attività a partire dal 2015 dopo alcuni anni di grave crisi a seguito della morte del leggendario Leone delle Fiandre avvenuta il 19 ottobre 2012. Il Ghisallo è una montagna che tocca quota 754 metri, sorge quasi in mezzo ai due rami del Lario meglio conosciuto come Lago di Como, si affaccia sul ramo di Lecco ed ha come sfondo le Grigne considerate “le Dolomiti della Lombardia”. Deve il suo nome a un conte cacciatore che per sfuggire ai briganti si rifugiò presso un’icona mariana eretta dai contadini di Magreglio. Scampato il pericolo il conte Ghisallo tenne fede alla promessa, fece costruire un tempietto in onore della Vergine che

Osservando le pareti non si può evitare di essere catturati dal rosa di una collezione molto particolare. Su una di esse, infatti, spicca la raccolta di maglie rosa più grande del mondo. Una raccolta cominciata in collaborazione col il Giro d’Italia e che si arricchisce di anno in anno con pezzi del passato e delle nuove edizioni. poi si trasformò in chiesetta abbellita negli anni successivi da un portico a tre archi. A quell’epoca (si calcola che la parte originaria della chiesetta risalga al 1623) non esistevano le biciclette, ma a cavallo tra l’800 e il 900 “il cavallo d’acciaio” aveva fatto proseliti in tutto il mondo e si organizzavano gare su gare a tappe o in linea per appagare le richieste di corridori e di spettatori sempre più numerosi e interessati. Armando Cougnet, organizzatore del Giro d’Italia e delle maggiori corse ciclistiche, cercava sempre nuovi percorsi per le sue manifestazioni, Giro di Lombardia compreso. Nel 1919 inserì per la prima volta il passo del Ghisallo nel tracciato di quella che sarebbe stata definita “la classica delle foglie morte” e da allora lo si è sempre affrontato. E visto che in vetta spicca la chiesetta della Madonna, le testimonianze fotografiche di allora

hanno fatto scoprire all’immenso pubblico del ciclismo quello che sarebbe diventato il Santuario della Madonna, patrona dei ciclisti. La piccola chiesetta poco a poco è stata sommersa da bici, maglie, ex voto che i ciclisti, italiani e stranieri, lasciavano o facevano pervenire a don Ermelindo Viganò cuore pulsante del Santuario. La ristrettezza della struttura, l’impossibilità di esporre tutto il materiale che i ciclisti offrivano dette l’idea a Fiorenzo Magni della costruzione del Museo, non in antitesi al Santuario ma a corollario. Sicuramente fu un cammino lungo, tortuoso, una salita difficile come è appunto il Ghisallo, ma come una volta arrivati in cima lo spettacolo che si ammira è davvero mozzafiato così il museo incanta per quello che sa offrire al visitatore. La realizzazione del Museo del ciclismo è stata affidata a due architetti. Davide Bergna

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ha realizzato l’opera muraria, tenendo ben presente i criteri di integrazione con il paesaggio. Pier Federico Caliari ha invece progettato la parte espositiva. Senza addentrarsi in particolari troppo tecnici, si può dire che il Museo è sorto organizzato in cinque “isole-sezioni”: la grande enciclopedia del ciclismo, cimeli, 30

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ciak campioni – film sul ciclismo, “24 + 24” e design della bicicletta da corsa. I titoli sono decisamente esaustivi, una spiegazione sicuramente merita il “24 + 24”: si tratta di una sezione a carattere retrospettivo. I quarantotto ciclisti dal migliore palmares vengono proposti all’interno di due ambienti circolari

attraverso una selezione di immagini storiche, un quadrante biografico ed un dettagliato palmares. Osservando le pareti non si può evitare di essere catturati dal rosa di una collezione molto particolare. Su una di esse, infatti, spicca la raccolta di maglie rosa più grande del mondo. Una raccolta cominciata in collaborazione col il Giro d’Italia e che si arricchisce di anno in anno con pezzi del passato e delle nuove edizioni. Dopo la morte di Fiorenzo Magni ed un periodo di grave crisi (sotto tutti i punti di vista, economico, organizzativo e societario) Antonio Molteni, ex corridore, grande amico di Magni cui è sempre stato al fianco fin dai tempi della progettazione dell’opera, ha assunto la presidenza della Fondazione Museo del Ghisallo e con i suoi preziosi collaboratori (la maggior parte volontari) ha dato nuova vita a questo straordinario angolo di storia e cultura. Dal 2015 al Museo vengono organizzati una quindicina di eventi e incontri tematici, tra questi la Biennale d’Arte Sportiva del Ghisallo e della Valassina, la ciclostorica “La Ghisallo” organizzata grazie alla collaborazione con il Comune di Magreglio e la Polisportiva Ghisallo insieme a numerose associazioni del luogo, per


non parlare del classico passaggio durante il Giro di Lombardia che coinvolge migliaia di tifosi lungo la strada per il passaggio dei corridori. Dopo aver visto i campioni del giorno d’oggi sono in molti coloro che vanno a dare un’occhiata alle foto, ai reperti, ai filmati di quelli del passato, da Coppi a Bartali, da Gimondi a Merckx, da Moser a Saronni, da Bugno a Chiappucci, da Argentin a Fondriest. Fu lo stesso Fiorenzo Magni a scegliere Carola Gentilini direttore del Museo perché come sempre aveva visto giusto: ragazza preparata, colta, intelligente non si arrende mai, affronta le avversità e gli aspetti positivi con la stessa grinta. Prima o poi qualcuno la soprannominerà la Leonessa del Ghisallo. Il binomio Molteni-Gentilini (con l’aggiunta di Luciana Rota, figlia d’arte) attira sempre più spettatori grazie a molteplici iniziative ma soprattutto grazie al coinvolgimento di campioni in attività, come accaduto con Vincenzo Nibali o scesi di bicicletta (è programmato in occasione del Giro di Lombardia 2018 un incontro con il belga Johan Museuw, straordinario cacciatore delle classiche del Nord) che attirano moltissimi tifosi. Giusto che “la casa del ciclismo” promuova incontri tra i protagonisti ed i sostenitori. Sotto questo aspetto la direzione del Museo ha trovato molta disponibilità presso i corridori. Grazie a questa politica il 2018 si chiuderà con ulteriore record di affluenza (nel 2017 ci furono 13.000 visitatori, 8.000 dei quali provenienti dall’estero)

secondo le previsioni si dovrebbe superare quota 20.000. Molto apprezzate sono iniziative quale “Tutti i colori della vittoria”, la rassegna che ripercorre tutta la carriera di Paolo Bettini, con maglie, bici, trofei che hanno accompagnato la sua lunga carriera, da allievo a campione olimpico e due volte campione del mondo. Così come grande interesse ha suscitato la mostra “Alessandria Città delle biciclette”. Particolare curioso: in genere gli stranieri visitano il Museo nei giorni settimanali, gli italiani, invece, preferiscono il week-end. Il Museo si sostiene soprattutto grazie ad un gruppetto di sponsor fedelissimi (fra questi Gruppo Cimbali, Faema, MuMac. Valsecchi Arm. Ferr. e Alcar), alle esposizioni di biciclette nell’area Velodromo (l’ultima è quella di un nuovo brand di biciclette artigianali, Ti-Rex Bike) e all’operoso book-shop che quest’anno è stato ingrandito, dove si vendono anche gadget unici e le maglie griffate “Ghisallo”. Fra le iniziative “istituzionali” c’è stato quest’anno il patrocinio del Touring Club Italiano per i Campionati Giornalisti e il progetto di successo portato avanti con la Regione Lombardia e il Politecnico di Milano: l’Atlante Storico del Ciclismo in Lombardia. Troppo lungo fare un elenco dei reperti storici ospitati nel Museo del Ghisallo, così come impossibile fare una classifica di quelli più prestigiosi. Ma è indispensabile proporre alcuni numeri: oltre 2.000 sono gli oggetti inventariati, ma l’operazione non è ancora

conclusa data la grande quantità di materiale che continua ad arrivare. 80 sono le biciclette esposte, 30 delle quali usate dai campioni. Meritano una citazione la Legnano con cui Gino Bartali ha vinto il Tour de France del 1938 e la rivoluzionaria bici del record dell’ora (con le prime ruote lenticolari) di Francesco Moser che a Città di Messico nel 1984 portò il limite a 51.151. 50 (numero in continuo aumento) le maglie rosa esposte e collezionate grazie ad un’iniziativa coordinata con la Gazzetta dello Sport. 20 (anche in questo caso il numero è in continuo aumento) le maglie iridate. 1000 le immagini digitali archiviate oltre a 200 audio e video. Al Museo del Ghisallo, tra l’altro, è possibile vedere il recentissimo film sulla vita di Francesco Moser. 500 i libri che si possono consultare nella biblioteca del Museo oltre ad un considerevole numero di collezioni di riviste e di almanacchi 80 i titoli dei libri che si possono acquistare al book shop. Oltre 10 mila i follower sulla pagina ufficile di Facebook. Per concludere, oltre alla possibilità di diventare amici sostenitori del Museo del Ghisallo con quote che vanno da 10 a 500 euro, il visitatore ha la possibilità di acquistare diversi gadget (i pezzi più gettonati sono la maglia tecnica da bici, la t-shirt e anche le vintage di lana). Divertimento, sport e cultura: questa è la filosofia del ciclismo che, grazie ad un personaggio come Fiorenzo Magni, ha trovato casa al Ghisallo.

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Giro Ciclistico Amatoriale d’Italia

Otto giorni

di divertimento puro a cura della redazione

Dal 25 agosto, sotto l’egida dell’Acsi, parte da Loano la caccia alla maglia rosa Otto giorni di puro divertimento in bicicletta. Questo è il Giro Ciclistico Amatoriale d’Italia, appuntamento che si articola dal 25 agosto all’1 settembre sotto l’egida dell’ACSI ciclismo. Otto tappe variegate e di diversa difficoltà attendono gli amatori che parteciperanno a questa bellissima corsa. Dopo la verifica licenze, che si svolgerà il 25 agosto, il giorno seguente partirà la prima tappa a Loano; in realtà, come nella tradizione delle grandi corse a tappe, si tratta di un cronoprologo di 2 km, ideale per stilare una prima classifica. La Genova-Novi Ligure del giorno seguente sarà una tappa non particolarmente difficile dal punto di vista altimetrico, ma il GPM di terza categoria situato a Pastorana, a meno di 10 km dall’arrivo, è senza dubbio uno spauracchio per tutti coloro che puntano ad un arrivo in volata. Chi ha gambe proverà ad attaccare e a cercare di portare via un piccolo gruppo fino all’arrivo. La Novi Ligure-Neive Borgonovo è più o meno una fotocopia del giorno precedente, ma il 28 agosto, nell’arrivo di Varzi, ci potrebbe essere qualche colpo di mano da parte degli 32

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amatori che esprimono il meglio di sè in salita. Siamo a metà del Giro Ciclistico Amatoriale d’Italia: la quinta tappa, da Varzi a Castell’Arquato, presenta il Passo del Penice, ma è posizionato dopo 20 km dalla partenza. Bisognerà fare attenzione a questo avvio in salita, anche perchè – chilometro dopo chilometro - la stanchezza inizierà a farsi sentire. Dopo il finale da brivido della Roncoferraro-Marostica, con due GPM di terza categoria inseriti subito prima del finale al termine di una frazione completamente pianeggiante, si inizierà a salire. La penultima tappa del Giro Ciclistico Amatoriale d’Italia è tutta in salita, con partenza a Marostica e arrivo a Baselga di Pinè, GPM di prima categoria. La strada è tutta un lungo falsopiano a salire fino a Borgo Valsugana, dopodichè si passerà a Levico Terme e a Madrano prima della salita che taglierà le gambe a tutti. Ma non è finita qui, perchè il giorno seguente, per l’ultima tappa, gli amatori potranno scalare il Passo del Tonale. Dopo la partenza da Giovo si transiterà per San Michele All’Adige e per Cles prima di affrontare questa lunghissima ascesa. Otto giorni di gara, 82 volontari

sul percorso e tanta passione. La prima edizione del Giro Ciclistico Amatoriale d’Italia è senza dubbio molto attesa, anche perchè il comitato organizzatore sta lavorando molto bene al fine di poter allestire al meglio questa gara spettacolare con 3 camion per il trasporto transenne, due pullman per i trasferimenti, due truck per allestire i palchi di partenza e arrivo e tanto altro. 6 regioni e 13 province saranno interessate dal passaggio della carovana. La maglia rosa è il sogno di tutti i corridori e in questa occasione anche gli amatori potranno partecipare alla lotta per la conquista di questo importante simbolo. Non mancheranno anche le altre maglie, come quella bianca di miglior giovane, la ciclamino per la classifica a punti, la verde per il vincitore della classifica dei gran premi della montagna, la maglia azzurra di leader dei traguardi volanti e la classifica a squadre. Sarà inoltre premiato il primo corridore di ogni regione e il più combattivo. Per iscriversi e per avere maggiori informazioni è possibile visitare il sito http:// www.acsiciclismoliguria.it/girociclisticoitaliaamatori.html



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SCATTO D’AUTORE TOUR OF CROATIA 2018 by Bettiniphoto

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Elia Viviani -

Domande a...

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Elia Viviani

Dagli inizi (“quasi per caso”) alla consacrazione all’ultimo Giro d’Italia, scopriamo il nuovo talento dello sprinter mondiale 

Elia Viviani, campione olimpico di Rio de Janeiro 2016 e recente vincitore del campionato italiano, nel corso degli anni ha saputo conciliare la sua naturale attitudine per la pista con la carriera su strada, diventando uno dei velocisti più affermati nel panorama ciclistico mondiale. 38

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Nato, ventinove anni fa, a Isola della Scala, un comune in provincia di Verona, lo sprinter italiano è cresciuto con molta umiltà, imparando dai propri errori, giungendo quest’anno anche alla conquista della maglia ciclamino. Attraverso le nostre dieci domande abbiamo cercato di comprendere il suo

percorso e scoprire i segreti di questi successi. Iniziamo dal mese di maggio: sei contento del tuo ultimo Giro d’Italia? “Certamente. Al Giro volevamo correre da protagonisti, con una squadra impostata per le mie volate e qualche giovane per far esperienza. Il primo


Elia Viviani

obiettivo era vincere le tappe e il secondo era quello di portare la maglia ciclamino a Roma. In Israele siamo andati benissimo, giunti in Italia abbiamo avuto qualche difficoltà soprattutto nelle frazioni di Praia Mare e di Imola. La vittoria a Iseo invece è stata un po’ inaspettata perché il percorso sembrava duro, lì ho messo il mattoncino definitivo sulla conquista della maglia a punti. Se c’è un rammarico può essere in parte la volata di Roma, ma comunque abbiamo festeggiato salendo sul podio con la ciclamino. Alla partenza, in Israele, avevo detto che avrei firmato per tre tappe e la maglia ciclamino, ne sono arrivate quattro e dunque non posso che essere contentissimo di come è andato il mio Giro”. Torniamo agli albori della carriera: come è iniziata la tua storia da ciclista?

“Ho iniziato quasi per caso imitando un mio compagno di scuola che praticava il ciclismo. Ero incuriosito perché mi sembrava strano che tutti i miei coetanei giocassero a calcio e lui invece pedalasse. A otto anni, mentre continuavo con il calcio, ho deciso di provare anch’io a correre con una bicicletta. Dopo un po’ ho deciso di abbandonare il pallone e continuare solo con lo sport che tutt’ora pratico”. Hai ottenuto tantissimi successi in pista. Quanto è stata fondamentale nella tua crescita? “Da esordiente in poi ho sempre praticato strada e pista. Quest’ultima mi è stata utilissima per molti motivi. Correre nei velodromi mi ha permesso di aumentare le mie abilità con la bici, di scegliere la posizione giusta prima di una volata o di saper valutare tutte le condizioni possibili che possono decretare una vittoria.

di Davide Pegurri

“La mia soddisfazione principale, senza ombra di dubbio, è stata la vittoria all’Olimpiade di Rio de Janeiro” Ancora oggi lavoro molto in pista, soprattutto sull’aspetto della potenza, perché lì riesco a fare allenamenti che su strada non riuscirei a fare. Dall’altra parte la strada mi può dare una maggior resistenza”. Quale la tua più grande gioia da professionista e quali le delusioni? “La mia soddisfazione principale, senza ombra di dubbio, è stata la vittoria all’Olimpiade di Rio de Janeiro. Ho provato una gioia indescrivibile

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10 DOMANDE A ELIA VIVIANI

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“Con Fernando Gaviria c’è stato da subito un rapporto di guerra, anche perché eravamo avversari diretti, i più forti in quel momento su pista”

che non avevo mai sperimentato fino a quel momento, nessun altro trionfo si avvicina minimamente come emozioni. È stato il coronamento di un sogno e di un obiettivo che inseguivo da quando ho iniziato con la pista fin da giovane. Su strada le mie delusioni sono state la Gand-Wevelgem di quest’anno, dove ho sbagliato tatticamente la preparazione alla volata, e la tappa del Giro d’Italia 2013 con arrivo a Napoli, dove, battuto da Mark Cavendish, ho sfiorato la maglia rosa. Su pista invece le Olimpiadi di Londra 2012”. Come ti trovi con la Quick Step? “Correre per la Quick Step Floors è sicuramente una grande occasione per me, perché non tutti hanno attorno un team che si organizza e punta sulle volate. La maggior parte delle squadre hanno sì due velocisti, ma sono più concentrate per le vittorie dei grandi giri o sulla preparazione degli scalatori. Abbiamo dimostrato che anche con le mie volate riusciamo a competere e ottenere i punti W.T. di cui abbiamo bisogno”. Con quali compagni di squadra ti senti più in sintonia? “Tra i compagni di team mi alleno spesso con Fabio Sabatini, Michael Morkov e Florian Senechal. In

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particolare ho un ottimo rapporto con Sabatini, compagno di stanza alle corse, col quale correvo già nel 2010 con la Liquigas quando sono passato professionista. Morkov e Senechal sono due atleti molto preparati e con loro è nato subito un certo feeling. In squadra c’è anche Eros Capecchi che, anche se non ha le caratteristiche per preparare la volata, in molte situazioni è stato fondamentale, come per esempio al Giro d’Italia”. E invece come è il tuo rapporto con Gaviria, tuo rivale in molte lotte in pista? “Con Fernando Gaviria c’è stato da subito un rapporto di guerra, anche perché eravamo avversari diretti, i più forti in quel momento su pista. Lui mi ha battuto in due mondiali mentre io l’ho sconfitto alle Olimpiadi. Ora da compagni invece le cose sono cambiate, è vero che facciamo delle corse differenti, ma ci alleniamo spesso assieme a Monaco e il rapporto è di confronto. Al momento comunque è un avversario che preferisco avere in squadra”. Al tuo fianco, ormai da anni, hai sempre Elena Cecchini, ciclista professionista, come l’hai conosciuta? “Io e Elena ci siamo conosciuti con le

trasferte in nazionale, in particolare agli Europei su strada del 2009. Da lì prima abbiamo iniziato a frequentarci e dal 2012 abbiamo un legame solido. Per me è fondamentale avere una persona come lei che capisce ogni mio umore ciclistico. Logicamente passiamo parecchi giorni lontano da casa, anche per il fatto che corriamo entrambi, ma quando riusciamo cerchiamo di alternarci, andando a fare il tifo ognuno alle corse dell’altro”. E la “mascotte” Attila? “Elena ha sempre avuto il sogno di avere un cagnolino. Io all’inizio ero contrario, anche perché siamo sempre via, ma lei sapeva di poter contare anche sui suoi genitori per accudirlo. Attila è arrivato a Natale 2015 e da allora ha fatto parecchie trasferte anche lui per venire alle gare. Al Giro d’Italia di quest’anno è venuto in cinque tappe e nel 2017 ha seguito tutto il Giro Rosa”. Quali altri obiettivi ti poni dopo aver conquistato anche la maglia tricolore? “Il titolo nazionale era uno dei miei obiettivi stagionali, ma in una corsa secca può accadere di tutto e dunque essere riusciti a vincere è stato ancora più bello. Adesso mi attende un luglio tranquillo, con un ritiro in altura con il team e poi dovrei tornare alla London Classic. C’è ancora in valutazione anche la mia partecipazione alla Vuelta. Come obiettivi futuri sicuramente punto ancora alle Olimpiadi, anche perché le nuove regole dell’Omnium dovrebbero aiutare i corridori che fanno anche strada come me”.


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di Davide Pegurri

MINO DENTI

“Vi racconto il mio ciclismo”

Dalle prime pedalate con Gimondi ai trionfi in ammiraglia, storia di un grande protagonista del ciclismo del passato: “Le corse di oggi? Sinceramente non ci capisco più nulla”. Mino Denti, campione del mondo nel 1965 nella cronometro a squadre, è uno dei più stimati ex professionisti, che ha saputo tramutare la sua passione per il ciclismo in uno stile di vita. 42

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Compagno di squadra di molti campioni, ha vissuto sulla propria pelle una delle ere più belle e gloriose di questo sport, caratterizzata dalle vittorie del cannibale Eddy Merckx e dalle sfide con Felice Gimondi. Sempre a

contatto con il mondo delle due ruote, per anni è stato direttore sportivo nelle categorie minori, scoprendo tra i tanti, anche il talento cristallino di Roberto Visentini. Oggi, con tanta professionalità e passione, porta avanti il negozio


Compagno di squadra di molti campioni, ha vissuto sulla propria pelle una delle ere più belle e gloriose di questo sport, caratterizzata dalle vittorie del cannibale Eddy Merckx e dalle sfide con Felice Gimondi.

di bici e il maglificio di Travagliato, in provincia di Brescia. Con incantevole lucidità ci ha raccontato tutto il suo percorso e come il ciclismo è cambiato dai suoi tempi ad oggi. Come è iniziata la passione per il ciclismo e quale è stata la tua prima bicicletta? “Il mio amore per il ciclismo è iniziato presto, anche grazie al fatto che difronte a casa mia, a Soncino, abitava Sergio Alzani, un corridore professionista. Mi ricordo che a otto anni conoscevo già tutti i ciclisti perché il papà di Sergio mi portava con lui a vedere le corse, sulla sua topolino giardinetta verde, e spesso facevo la vedetta, sporgendomi dal tettuccio dell’auto e avvisando gli altri sulla situazione di corsa. Le domeniche invernali invece andavo, alle sei del mattino, da Al-berti per lavare le macchine e guadagnare quei pochi soldi che mi servivano per comprarmi la bi-cicletta. Vista però la passione che avevo, alcuni concittadini mi hanno dato i pezzi con i quali ho composto la

mia prima bici. Giunto alla Cremonese invece ho avuto, per due anni, una bicicletta da corsa Silvio Gosi”. C’è qualcuno che ha inciso in maniera significativa nel tuo percorso da ciclista? “Dopo i primi anni alla Cremonese, tramite Alzani, ho conosciuto Gino Piola, una persona che si è incaricata di portarmi sempre agli allenamenti e alle gare. Chi però ha inciso di più, nel percorso prima del professionismo, è stato il mio direttore sportivo Gino «Mago» Riccardi. Penso di esser stato fortunato a incontrarlo, lui aveva un carattere molto forte, ma era anche molto preparato. Già nel 1962, dopo aver conosciuto degli americani giunti a Roma per le Olimpiadi, aveva scelto di preparare i suoi atleti anche con il cardiofrequenzimetro, cosa che oggi è normale, ma allora era un’innovazione. Era amico tra i tanti di Herrera, allenatore di calcio, di Rik Van Looy, di Fausto Coppi e di Fiorenzo Magni. Curava ogni piccolo particolare, dalla tempe-

ratura esterna ai millimetri della sella, impostando allenamenti personalizzati. Era per certi versi maniacale, preparava le corse tre mesi prima, portandoci sul percorso e, se necessario, ci faceva camminare sulla strada per capire come affrontare alcune curve. Per me Gino è stato come un pozzo di conoscenza, quando avevo dei dubbi lui sapeva darmi sempre la risposta. Il suo vero pregio - che gli ha fatto guadagnare anche il titolo di «Mago» - era però aver occhio sui corridori. Quando eravamo in corsa spesso ci dava dei numeri e immancabilmente quei ciclisti, da lui nominati, vincevano. Quando son passato professionista questo rapporto con Riccardi mi è mancato. Ricordo anche con affetto il direttore tecnico della nazionale Elio Rimedio”. E come ti allenavi? “Ti racconto un aneddoto simpatico. Io abitavo a Soncino e dovevo trovarmi con la squadra per gli allenamenti a Brescia. Per risparmiare le energie, conoscendo gli orari di tutti gli autobus che partivano dal mio paese, mi incontravo con l’autista, gli offrivo il caffè e lui mi tagliava il vento con il mezzo. Avevamo concordato che quando doveva fermarsi per caricare qualche passeggero faceva due colpi con il freno, in modo che io capivo e potevo appoggiarmi a lato. A volte è capitato che qualche autista, scordandosi il segnale con i freni, per non farmi correre dei rischi, lasciasse le LIFESTYLE INBICI

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persone alla fermata ad aspettare il pullman successivo”. Come hai vissuto il periodo con Felice Gimondi? “Felice Gimondi, lo rispetto come professionista per le vittorie che ha fatto, ma personalmente non ho mai avuto un buon rapporto. Al primo anno da professionista, quando ero in squadra con lui, stavo disputando un ottimo Tour de Romandie, terminato tra l’altro in settima posizione, ma il team mi ha fatto capire di puntare solo su Gimondi e per questo motivo l’anno successivo sono andato con Vittorio Adorni”. Nel 1970 il grave incidente “Era la tappa di casa, nel bresciano, e il giorno prima era toccato a me spiegare a tutta la squadra le insidie del percorso, in particolare la discesa del Ponale. Dopo aver affrontato il Passo del Crocedomini, allora con 16 km di strada sterrata, mentre eravamo sulla discesa del Gaver, all’inseguimento dei quattro fuggitivi, una macchina è rientrata dalla piazzola, centrando il ciclista davanti a me. Io, per evitare l’impatto, ho perso il controllo della bici finendo fuori strada e facendo un salto di dodici metri. Questo ha decretato la fine della mia carriera da professionista”. E dopo... “Passati pochi mesi dall’incidente, dopo aver controllato il guadagno di mia madre e mia sorella che già erano confezioniste, ho deciso di usare le 44

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mie conoscenze e avviare l’attività del maglificio. A quel tempo non c’erano così tante aziende specializzate e abbiamo trovato subito il nostro spazio. Ci tengo anche a ricordare un piccolo fatto che mi fa sorridere sempre. Una sera d’inverno, quando eravamo sulla Costa Azzurra con la Faema, i belgi ci hanno chiesto di far qualcosa per riscaldare i piedi. Ho preso subito un giornale, ho ricalcato la sagoma di ogni ciclista e penso di essere stato io, in presenza di Vigna, Giacotto, Adorni e Merckx, il primo a inventare i soprascarpe”. Tanti anche i successi da direttore sportivo, ma anche scopritore di Visentini. “Detengo ancora oggi, tra i bresciani,

il record di vittorie da direttore sportivo nelle categorie minori, circa 480 trionfi. La cosa che mi riempiva d’orgoglio però, oltre ovviamente ai successi, era quando riuscivo a far andare bene tutti i miei ragazzi e a portarli a piccoli traguardi personali. Roberto Visentini invece l’ho conosciuto all’ospedale di Gavardo, dove era ricoverato per una epatite virale. L’ho allenato quando è diventato campione del mondo juniores. Di lui mi ricordo la classe cristallina ma anche la capacità di mettersi al servizio della squadra. La più grande soddisfazione, che ancora oggi mi riscalda il cuore, è stata però mantenere dei buoni rapporti con la maggior parte dei ragazzi che ho allenato”. E il ciclismo moderno come ti sembra? “Difronte al ciclismo moderno mi sento disorientato. Penso che anche grandissimi maestri, come Rimedio o Riccardi, oggi non riuscirebbero a capire molto di quello che succede. È cambiato tutto, sia dal punto di vista della preparazione, sia nel modo di correre. Ho seguito attentamente anche l’ultimo Giro d’Italia e penso che certe scene, come quella che ha visto coinvolti Dumoulin e i sudamericani, ai miei tempi non sarebbe successa. Ho spesso l’impressione che i ciclisti oggi non sentano più nemmeno il dolore e non curino più personalmente il proprio mezzo”.



di Davide Pegurri

Sul podio Elia Viviani (QuickStep - Floors) - Giovanni Visconti (Bahrain - Merida) - Domenico Pozzovivo (Bahrain – Merida)

Campionato italiano professionisti

Viviani

freccia

tricolore 46

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Non finisce di stupire il velocista veronese che, dopo l’oro olimpico di Rio, anche su strada ha ormai completato il salto di qualità. E mentre il mondo del ciclismo saluta Damiano Cunego (un futuro da personal trainer), lo sport italiano brinda alla nascita di un vero campione


Uno strepitoso Elia Viviani riesce a conquistare, per la prima volta in carriera, il titolo di campione italiano tra i professionisti su strada. Una vera e propria impresa che ha visto il velocista veronese spuntarla sul duo della Bahrain Merida (Giovanni Visconti e Domenico Pozzovivo) e tagliare il traguardo di Darfo Boario Terme con le braccia alzate al cielo. Qui, dove due anni fa, proprio la sua compagna di vita Elena Cecchini, sospinta anche dal suo affetto e dalla sua presenza, aveva a sua volta conquistato il tricolore. Quest’anno il percorso, a dispetto di quello del 2016, era molto più impegnativo (3000 metri di dislivello e lungo poco meno di 235 km), sembrava quasi impossibile per gli sprinter puri spuntarla eppure a esultare è stato proprio il nostro connazionale più veloce. Sicuramente Elia ripercorrerà più volte nella sua mente i momenti decisivi di quella giornata: l’allungo finale con Daniel Oss e Domenico Pozzovivo, il duro strappo a tre chilometri dal traguardo, la discesa in picchiata verso la linea d’arrivo e le lacrime di gioia sul podio, dopo essersi vestito di verde, bianco e rosso. Immensamente Elia – Poco da dire. Ormai si sprecano le parole e gli elogi per questo grande campione. Molto probabilmente anche i più scettici, coloro che lo sminuivano al Giro d’Italia, si saranno ravveduti dopo questa prova di forza. Elia Viviani con questa vittoria tricolore palesa a tutti, oltre a uno stato di forma ottimale, un crescita professionale che deriva dal aver preso confidenza nelle proprie potenzialità dopo l’oro di Rio de Janeiro. Lui stesso ha spiegato l’obiettivo che si era prefissato in conseguenza a quel trionfo su pista: “Ho acquisito una nuova consapevolezza nelle mie capacità e da li è scattata anche la voglia di far vedere le mie doti su strada”. Tuttavia fermarsi solamente all’analisi della maturazione personale e della condizione fisica sarebbe molto riduttivo. Elia Viviani, centrando la quattordicesima vittoria stagionale, ha dimostrato di essere diventato qualcosa di più di un semplice velocista. Gli stessi avversari hanno riconosciuto in lui un osso duro, difficile da affrontare, al di là delle semplici volate. Il 2018, anche

Elia Viviani con questa vittoria tricolore palesa a tutti, oltre a uno stato di forma ottimale, un crescita professionale che deriva dal aver preso confidenza nelle proprie potenzialità dopo l’oro di Rio de Janeiro. se ancora in corso, diventa prepotentemente l’anno migliore su strada nella carriera del ciclista veronese. Su pista, il 2016 rimarrà indubbiamente la perla preziosa nella sua storia, anche se Elia, non pago, sta già progettando un nuovo assalto alle Olimpiadi di Tokyo 2020. Ora il pensiero, dopo un meritato riposo, andrà all’Europeo di Glasgow a inizio agosto, dove, se riuscirà a mantenere la forma, si presenterà come uno dei favoriti. Quella corsa sarà forse anche un’occasione di confronto e scontro per Viviani con altri ciclisti blasonati, uno su tutti il campione del mondo Peter Sagan. I prossimi mesi potrebbe regalare ancora altre vittorie al ventinovenne ma le sfide per migliorare di certo non mancheranno. La domanda che voglio lasciare, alla quale avremo risposta nelle stagioni a venire, vuole essere però la seguente: Questo nuovo Elia

Viviani riuscirà a fare sua anche la Milano Sanremo? Gli sconfitti – Anche se salgono sul podio finale, alla destra e alla sinistra del nuovo campione italiano, Giovanni Visconti e Domenico Pozzovivo sono sicuramente i due principali sconfitti di questa corsa. Il siciliano, abituato a dare il massimo in queste occasioni era a caccia di uno storico poker, tuttavia, pur cimentandosi in una irresistibile scalata sullo strappo finale, ha avuto la pecca di sottovalutare il piccolo gap che si era creato tra il suo gruppetto e i tre battistrada. Forse nel momento decisivo gli è mancata un po’ di temerarietà, quella che lui stesso ha riconosciuto a Viviani: “Elia è stato il più forte, ha azzeccato tutto, ha avuto il coraggio di osare e attaccare”. Anche il compagno di team, Domenico Pozzovivo, esce da questo campionato italiano da battuto. A LIFESTYLE INBICI

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Cunego non è del tutto riuscito ad adattarsi e confermare le sue straordinarie doti. Ora per lui inizia una nuova vita, sempre a stretto contatto con il ciclismo.. differenza di Visconti, lo scalatore, classe ‘82, è stato in grado di interpretare in modo quasi perfetto il finale, senza però riuscire a levarsi di ruota, nemmeno sulla salitella di Erbanno, il velocista della Quick Step Floors. Domenico, che ha molta esperienza alle spalle, ha provato subito a darsi delle spiegazioni: “Forse l’errore che abbiamo commesso è stato quello di pensare che saremmo arrivati uniti all’inizio dell’ultima salita. Nel finale, dopo aver scollinato, ormai i giochi erano quasi fatti, abbiamo provato a far gioco di squadra ma Elia è stato il più forte”. Dalle parole stesse del corridore della Bahrain Merida possiamo far emergere, sottintesa e velata, la forza mentale di Viviani, quella che gli ha permesso di relegare ai gradini più bassi del podio due ottimi ciclisti come Visconti e Pozzovivo. Infine tra gli uomini più attesi hanno sicuramente deluso Diego Ulissi, giunto trentottesimo a più di undici minuti, e il bresciano Sonny Colbrelli che, nonostante giocasse quasi in casa, è 48

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arrivato al traguardo in sessantaseiesima posizione. L’addio di Cunego – Con questi campionati italiani si è conclusa anche la lunga carriera di Damiano Cunego. Il veronese fin da giovane ha saputo conquistare tanti successi, tra i quali il Giro d’Italia del 2004, tre Giri di Lombardia e un’Amstel Gold Race. Il “Piccolo Principe”, così soprannominato dai suoi fan, appende la bici al chiodo dopo più di vent’anni tra i professionisti. Il suo sogno, per questo 2018, era quello di poter prendere il via alla Corsa Rosa per l’ultima volta, ma la Nippo Vini Fantini, squadra per la quale ha corso in questi anni, non ha ricevuto la wild card che gli avrebbe permesso di essere al via di Gerusalemme. Poco importa, ciò che conta ora è il contributo che Damiano ha saputo dare per la crescita del movimento ciclistico italiano. Sicuramente il corridore, classe ‘81, ha vissuto il suo periodo migliore nella prima parte della carriera. Non ancora ventitreenne si fece conoscere a tutto il modo per le quattro

vittorie di tappa al Giro, per la conquista della maglia rosa e per la rivalità in casa con Gilberto Simoni. Forse quel 2004, dove vinse anche il Lombardia, rimane la sua annata migliore. In seguito, con alti e bassi, riuscì a togliersi altre soddisfazioni ma, come afferma: “Il ciclismo è cambiato tantissimo, un po’ come tutta la società. Ho notato che negli ultimi anni si va sempre più veloce, c’è una ricerca di materiali innovativi quasi esasperata. Ammetto che si fa molta fatica perché richiede soprattutto di mettere in gioco le doti mentali. Penso che oggi sia molto più difficile correre rispetto a quando ho iniziato”. Proprio a causa anche dei mutamenti nel mondo delle due ruote, Cunego non è del tutto riuscito ad adattarsi e confermare le sue straordinarie doti. Ora per lui inizia una nuova vita, sempre a stretto contatto con il ciclismo, ma con una veste differente. Lo rivedremo anche nel ruolo di personal trainer, pronto a dare la sua esperienza ai giovani che si avviano a questo meraviglioso sport.


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SCATTO D’AUTORE GIRO D’ITALIA 2018 AGRIGENTO - SANTA NINFA by Bettiniphoto

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Fiocco azzurro

È NATO

Italian Bike Festival Dal 31 agosto al 2 settembre a Rimini la prima edizione di un grande evento a cui hanno già aderito oltre cento aziende Si chiama “Italian Bike Festival” e, a giudicare dai consensi (oltre cento aziende già prenotate) – benchè si tratti solo della prima edizione, promette di rivoluzionare il mondo delle fiere ciclistiche in Italia. C’è già una data - dal 31 agosto al 2 settembre 2018 – e ovviamente anche una location, Rimini. a cura della redazione


In programma presentazioni in anteprima delle novità 2019, test, competizioni, intrattenimento e, soprattutto, divertimento per tutti.

Qui andrà in scena la prima edizione della manifestazione dedicata agli appassionati del mondo bici, “un evento – spiega il project manager del Festival – pensato per l’utente finale, ma anche per le aziende che, dopo le difficoltà ad interagire con il format delle fiere, a Rimini troveranno un appuntamento calibrato sulle loro specifiche esigenze ed aspettative”.

In programma presentazioni in anteprima delle novità 2019, test, competizioni, intrattenimento e, soprattutto, divertimento per tutti. La manifestazione, aperta agli appassionati del mondo bike, coinvolgerà, come detto, oltre 100 brand del settore che presenteranno al pubblico le novità 2019 del mercato. La tre giorni, completamente gratuita, si terrà al parco Fellini di Rimini, in uno spazio di oltre 25.000 mq che per l’occasione ospiterà un’area expo interamente dedicata alle aziende della filiera bike, tra presentazioni in anteprima delle nuove bici – da strada, mtb, urban e e-bike – test e competizioni.

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La manifestazione è organizzata in collaborazione con il Comune di Rimini, che ha da subito creduto nell’iniziativa, a conferma di un’attenzione sempre crescente verso la mobilità urbana sostenibile e verso i cicloturisti: “Noi – spiega Ravasi – già da tempo organizziamo in diverse località italiane alcuni bike-test, ma si tratta di appuntamenti molto tecnici profilati per un pubblico di veri appassionati. L’Italian Bike Festival, invece, sarà una manifestazione aperta a tutti, anche a chi la bicicletta la utilizza solo per andare al lavoro”. Per tre giorni, quindi, Rimini si trasformerà in un grande parco tematico delle due ruote, che ospiterà non solo gli appassionati della bici, ma anche i visitatori e i tanti turisti che ogni estate trascorrono le vacanze sul litorale adriatico. Le aree per i test saranno complessivamente cinque. All’interno del Village, in particolare, sarà allestito un circuito ad anello interamente chiuso al traffico che servirà per testare bici da strada e urban bike, mentre un percorso sterrato costruito su un’area di 3600 mq permetterà di provare le ultimissime MTB e e-MTB. Esternamente al villaggio si svilupperanno invece i tre trail che permetteranno di provare bici da strada, e-bike, MTB e urban bike. Il programma di Italian Bike Festival prevede una serie di attività ed eventi collaterali per il divertimento di tutti, dai più piccoli ai veri bike-addicted. Dal 31 agosto al 2 settembre andrà in scena la Favorit Gold Sprint Race, l’avvincente torneo di bici su rulli che metterà in sfida i partecipanti in uno sprint di 15 secondi. Sono previsti quattro tornei al giorno ad eliminazione diretta, che decreteranno di volta in volta i migliori per ogni match. Sarà possibile iscriversi al torneo direttamente sul posto. Venerdì 31 agosto l’Italian Bike Festival ospiterà invece la Gimkana Sprint, gara di abilità e sprint della Federciclismo riservata alla categoria Giovanissimi (6-12 anni). Sabato 1 settembre alle ore 20 sarà invece la volta delle bici a scatto fisso e del Criterium “Gran Premio Amarcord”. Italian Bike Festival aprirà le porte anche a tutti gli appassionati di Triathlon i quali, oltre a testare tutte le novità del mondo bike 2019, potranno godersi la loro esperienza provando anche gli accessori e l’abbigliamento loro dedicati. Bici ma non solo. Italian Bike Festival proporrà infatti anche un ricco programma di eventi collaterali per il divertimento di tutti, tra sessioni di yoga e un progetto educational per bambini. Per i curiosi, gli accompagnatori e i turisti di passaggio sono previste inoltre un’area relax completamente immersa nel verde del parco, a due passi dal mare, e un’esclusiva esperienza culinaria grazie ai food truck presenti nell’area del parco. Per celebrare la prima edizione di Italian Bike Festival, sabato sera si terrà il Sunset Party presso Il Giardino, con musica dal vivo e ingresso libero per tutti.

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SCATTO D’AUTORE TOUR OF GUANGXI by Bettiniphoto

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La Granfondo Internazionale Torino

L’affresco dei campioni a cura della redazione

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Davanti alla storica Basilica di Superga hanno trionfato Contador, Ulissi, Nibali e Uran. Anche per questo la gara del Gs Alpi promette spettacolo ed emozioni. Alberto Contador, Diego Ulissi, Vincenzo Nibali e Rigoberto Uran. Questi sono solo alcuni dei nomi che sono riusciti ad ottenere una vittoria tra i professionisti davanti alla Basilica di Superga. La Granfondo Internazionale Torino terminerà proprio in cima a questa importante e difficile ascesa, là dove ci fu anche la tragedia del Grande Torino, per il quale è posta una lapide commemorativa, luogo di visite e di pellegrinaggi.Dato che quest’anno l’arrivo della gara amatoriale coinciderà con quello della Milano-Torino per professionisti, tutti gli amatori potranno avere una foto ricordo dell’evento men-

tre tagliano il traguardo con la Basilica di Superga alle proprie spalle. La Granfondo Internazionale Torino è organizzata del Gs Alpi ed è un appuntamento al quale è difficile mancare, per il grande fascino che questa città e questa gara conservano insito nel proprio dna. La salita di Superga sarà un bellissimo test da superare per i tanti amatori che parteciperanno, ma non ci sarà solo questo. La tabella di marcia prevede infatti la partenza della corsa all’interno del Parco del Valentino, all’ombra della Mole Antonelliana, l’area verde cittadina più famosa di Torino, uno dei simboli più importanti

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Il percorso medio misura 94,5 km, mentre il lungo è di 124 km. Anche quest’anno il Gs Alpi farà trovare nei pacchi gara una maglia tecnica celebrativa della Granfondo Internazionale Torino

della città. La zona di partenza è distante circa un chilometro dalla stazione di Porta Nuova e questa facilità di collegamento è un motivo in più per essere presenti. Anche quest’anno il Gs Alpi farà trovare nei pacchi gara una maglia tecnica celebrativa della Granfondo Internazionale Torino. Nelle precedenti edizioni le maglie tecniche sono state molto gradite dal pubblico e, come avvenuto già per altre gare, il comitato organizzatore ha permesso a tutti gli utenti del sito ufficiale della manifestazione di votare tra quattro maglie per scegliere quella realizzata da Dama che sarà consegnata a tutti il prossimo 9 settembre. Non vige l’obbligo di indossare questa maglia tecnica, ma sarà sicuramente

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un valore aggiunto per tutti coloro che vorranno partecipare. Il percorso medio misura 94,5 km, mentre il lungo è di 124 km. Il tracciato è stato leggermente modificato rispetto al passato, in quanto verrà aperto un cancello orario al bivio della deviazione dei percorsi. Tutti coloro che transiteranno entro le 10:10 potranno gareggiare nel percorso lungo, mentre coloro che non giungeranno entro questo orario saranno dirottati esclusivamente sul medio. La partenza della gara è prevista per le ore 8, quindi sarà possibile raggiungere il cancello orario senza problemi anche per chi non vuole fare la corsa in maniera agonistica. La scelta del comitato organizzatore è maturata per mantenere un’ottima

viabilità e per permetter anche in futuro l’arrivo in salita a Superga. Il comitato organizzatore della Granfondo Internazionale Torino non pensa solo all’edizione 2018, ma anche al prossimo anno, in quanto la gara sarà un fiore all’occhiello degli European Master Games, organizzati dal Comune di Torino.

Il Gs Alpi organizzerà tutte le gare di ciclismo che faranno parte di questa serie di eventi che coinvolgerà il capoluogo piemontese; per questa ragione, nel 2019, la Granfondo Internazionale Torino sarà spostata al 28 luglio. foto Newspower.it



L’INTERVISTA

Claudia is back di Davide Pegurri

Ad un anno dall’incidente, la Cretti ritrova il sorriso e... la bicicetta: “Idee annebbiate sul passato, ma molto chiare per il futuro: adesso le cicloturistiche, poi torno a sognare le Olimpiadi” 62

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 Claudia Cretti con Giovanni Visconti al Tour of the Alps 2018 - Bettiniphoto

È ormai trascorso un anno da quel fatidico 6 luglio, giorno in cui Claudia Cretti, giovane ciclista bergamasca, rimase coinvolta in un grave incidente mentre stava partecipando al Giro Rosa. Era la settimana tappa, da Isernia a Baronissi, quando, in una fase di corsa apparentemente tranquilla (stava andando a prendere le borracce dall’ammiraglia), la ventiduenne portacolori del Team Valcar-PBM perse l’equilibrio in discesa, sbattendo violentemente a terra. Subito soccorsa, rimase per diverse settimane ricoverata all’ospedale Rummo di Benevento, dove riuscirono a salvarle la vita. Poi il risveglio, il trasferimento a Brescia per continuare le cure e il ritorno a casa, a Costa Volpino, circondata dall’affetto di tanti. La sfida più difficile Claudia l’ha vinta, così come vinceva le volate, ma la

cosa più importante è poter sentire la sua voce che ci ha raccontato tutto quello che ha provato nella fase più difficile della sua giovane vita. Claudia, come hai vissuto quest’anno? “Diciamo che non mi sono del tutto

resa conto di quello che mi è successo. La mia famiglia mi ha aiutato a ricostruire le settimane trascorse dopo quell’incidente, il mese all’ospedale a Benevento e il periodo a Brescia. I miei ricordi cominciano da qui, dalle visite dei parenti e amici e dal ritorno a casa. A dicembre, quando ero a Costa Volpino, Valerio Villa mi ha portato la mia bicicletta Pinarello e ho ricominciato a pedalare, prima con mio fratello Giacomo e ora anche per conto mio”. Non sei mai stata da sola in questo periodo difficile. Chi ti è stato più vicino? “In questi mesi di difficoltà, oltre ad avere avuto sempre il sostegno della mia famiglia, ho stretto ancora di più i rapporti con alcune persone, rafforzando le varie amicizie, in particolare con una mia compagna di scuola con la quale avevo perso un po’ contatto. Anche con le compagne di team ho mantenuto buoni rapporti, ci scriviamo spesso su WhatsApp e mi ha fatto molto piacere passare un giorno con loro, quando sono venute a trovarmi a cena a Lovere”. Sai che molta gente ha fatto il tifo per te e ti ha seguita con apprensione? “Me ne accorgo ogni giorno. In effetti, quando vado a fare il giro del Lago d’Iseo, percorso che fanno anche i ciclisti professionisti dalle mie parti, spesso incontro delle persone che


“Mi pongo obiettivi molto alti. Fin da quando ho iniziato a correre, a nove anni, il mio desiderio è stato quello di partecipare alle Olimpiadi”

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mi riconoscono e mi salutano. Il più delle volte io li saluto anche se non so chi siano. Frequentemente mi capita anche di esser fermata per una parola o per una foto. Ormai ho perso il conto di tutti i selfie o gli incontri fatti in questo ultimo anno. È bello però vedere l’affetto che le persone hanno nei miei confronti”. Come è organizzata la tua giornata ora? “Di solito al mattino esco in bicicletta verso le dieci, a volte ascoltando le canzoni di Rihanna o Vasco Rossi, e il pomeriggio, due volte a settimana, vado alla palestra Perform di Bergamo, centro riabilitativo anche dell’Atalanta, dove delle persone specializzate mi stanno dando una mano a tornare in forma. Per questo sarò sempre riconoscente a Emanuele, Giacomo, Carlotta e a tutto lo staff. I giorni che invece sono a casa mi piace guardare le corse ciclistiche alla televisione e alla sera qualche film per rilassarmi”.

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Luglio è anche il mese del Giro Rosa. Andrai a vedere qualche tappa? “Il giorno prima della partenza del Giro Rosa da Verbania sarò sicuramente alla presentazione delle squadre e ho intenzione poi di assistere ad alcune tappe. Ci tengo molto a vedere le mie compagne prender parte alla corsa e sicuramente sarò emozionata per loro”. Cosa farai oltre al ciclismo? “A settembre ricomincerò ad andare anche all’università di lingue moderne a Trento. Mi ero iscritta nel 2016 assieme ad Ana Covrig, mia amica ed ex compagna di team alla Inpa Bianchi, all’interno del progetto UNI.sport. Ho perso un anno ma sono molto motivata a riprendere gli studi e dare pian piano i primi esami”. Hai già fatto passi da giganti ma ti sei prefissata ulteriori obiettivi da raggiungere? “Mi pongo obiettivi molto alti. Fin da quando ho iniziato a correre, a nove

anni, il mio desiderio è stato quello di partecipare alle Olimpiadi. Mi rendo conto che sarà difficile ma voglio far tutto il possibile per cercar, un giorno, di realizzare questo sogno. Ora la priorità è tornare il prima possibile a correre sia su strada che su pista, specialità che mi ha dato parecchie soddisfazioni, tra cui anche due titoli europei in Portogallo”. In estate cosa farai? “Dopo la visita alle mie compagne al Giro Rosa, il 15 luglio parteciperò alla manifestazione La via dei pirati. Sarà un giorno importante per me perché finalmente, essendo una gara anche ciclo-turistica, tornerò a mettere il numero sulla schiena. Il resto dell’estate, oltre a continuare il mio programma di allenamenti, andrò qualche giorno in montagna e poi al mare con la mia famiglia”.

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Enrico Zen vincitore assoluto della Granfondo Internazionale Gavia e Mortirolo

a cura della redazione

Granfondo Internazionale

Gavia e Mortirolo

Ad Aprica l’omaggio al grande ciclismo Circa 3000 corridori hanno preso parte alla gara organizzata dal Gs Alpi: ospite d’onore Eugenij Berzin, che ha ricordato Pantani e Scarponi. Spazio anche all’ultramarathon 68

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La gara più dura, la più affascinante, la più difficile. La Granfondo Internazionale Gavia e Mortirolo ha vissuto la sua 14/a edizione: una grandissima festa per i circa 3000 corridori che hanno affollato Aprica in occasione della gara organizzata dal Gs Alpi, sulle salite dove si sono scritte pagine storiche del Giro d’Italia. Il Passo Gavia, situato a oltre 2600 metri; il Mortirolo, una delle ascese più dure d’Europa; il Passo Santa Cristina, ultima difficoltà prima del traguardo finale di Aprica.


L’ex campione Eugenij Berzin intervistato dal Giornalista Carlo Gugliotta

Su queste strade si sono sfidati i tantissimi corridori che hanno deciso di prendere parte alla Granfondo Internazionale Gavia e Mortirolo. A fine gara, palpabile la soddisfazione di Vittorio Mevio, presidente del GS Alpi: “E’ una gara che richiede un grande sforzo organizzativo, perchè ci sono tre percorsi e gli ultimi chilometri di gara, dalla salita del Mortirolo all’arrivo, interamente chiusi al traffico per tutto il giorno. Sembra davvero una tappa del Giro d’Italia. Il gruppo è transitato sotto il monumento dedicato a Marco Pantani all’ottavo chilometro del Mortirolo, e così abbiamo voluto ricordare sia il Pirata che Michele Scarponi. Abbiamo avuto anche Eugenij Berzin in griglia di partenza e questo ci è servito per ricordare nel modo più solenne quella famosa tappa del Giro d’Italia del 1994 con Pantani, Indurain e Berzin che si sono dati battaglia per la maglia rosa”. Alla partenza della corsa erano pre-

senti il sindaco di Aprica Dario Corvi, l’assessore Andrea Negri e altri rappresentanti del Comune di Aprica. Ospite d’onore è stato, come detto, Eugenij Berzin, vincitore del Giro d’Italia e della Liegi-Bastogne-Liegi nel 1994. La Granfondo Internazionale Gavia e Mortirolo ha voluto omaggiare due grandi del ciclismo che non sono più tra noi, Marco Pantani e Michele Scarponi; Berzin ha infatti depositato una corona di fiori ai piedi del monumento dedicato al Pirata di Cesenatico posto sul Mortirolo, a ricordare quel Giro d’Italia del 1994 nel quale i due corridori furono grandi protagonisti. In fase di premiazione è stato inoltre consegnato un premio alla memoria di Michele Scarponi. LA GARA Volata a due nell’arrivo del percorso corto di 83 km: Dario Giovine (Team Isolmant) riesce ad avere la meglio su Francesco Avanzo (Biemme Garda

Sport). I due corridori sono rimasti da soli in testa negli ultimi due chilometri del Mortirolo, e nel finale si sono sfidati in un affascinante duello. In terza posizione chiude Andrea Zumerle (FP Race). Tra le ragazze, Jessica Leonardi (Team Lapierre Trentino Alè) trionfa con un vantaggio di oltre 10 minuti su Deborah Rosa (Team De Rosa Santini) e Luisa Isonni (Boario). Bella vittoria in solitaria per Fabio Cini (Cicli Copparo) sul percorso medio di 155 km. In seconda posizione, a poco più di 2 minuti, ha chiuso Federico Brevi (Alta Valtellina Bike). Completa il podio Stefano Stagni (Gianluca Faenza Team). La britannica Hannah Rhodes Patterson si è invece imposta tra le donne davanti a Monica Bonfanti (Rodman Azimut) e ad Elena Pancari (Team Loda Millennium). La gara regina si è svolta sul percorso lungo di 175 km, dove i corridori hanno affrontato Gavia, Mortirolo e Santa


Noi crediamo molto nello sport, il Comune di Aprica investirà sempre di più nelle discipline sportive nei prossimi anni. Abbiamo la fortuna di essere in un punto nevralgico, vicini a tante salite importanti, quindi per un ciclista venire a soggiornare ad Aprica è veramente il massimo Cristina per un dislivello complessivo di 4200 metri. Enrico Zen (New Green Paper Trek) ha trionfato sul traguardo di Aprica davanti al britannico Ruari Grant (ProVision Scotland) e a Gianluca Paoloni (Team Paoloni Marcellina). Zen è stato autore di un vero e proprio numero, in quanto è stato da solo in testa alla corsa fin da metà gara, e ha vinto con 6 minuti di vantaggio sul britannico. Sonia Passuti (Stemax Team) si aggiudica la gara regina al femminile con più di mezz’ora di vantaggio su Barbara Billi (Asd Scatenati); terza piazza per Maria Elena Palmisano (Team Piton). La soddisfazione delle autorità. Dario Corvi, sindaco di Aprica, rende omaggio all’importanza dell’evento: “Ormai la Granfondo Gavia e Mortirolo è una vera e propria tradizione per il nostro territorio. Noi crediamo molto nello sport, il Comune di Aprica investirà sempre di più nelle discipline sportive nei prossimi anni. Abbiamo la fortuna di essere in un punto nevralgico, vicini a tante salite importanti, quindi per un ciclista venire a soggiornare ad Aprica è veramente il massimo. Sono stati due giorni molto intensi e siamo molto soddisfatti di come sia Foto: Stefano Spalletta

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andata questa due giorni”. Sulla falsariga anche Andrea Negri, assessore allo sport: “Aprica è la storia del ciclismo mondiale, insieme al Gavia, al Mortirolo e al Santa Cristina è una delle mete più importanti al mondo. Questa estate abbiamo ideato diverse manifestazioni sul tema bike, anche per quanto riguarda il fuoristrada, quindi Aprica crede fortemente nella bicicletta come veicolo per la promozione del territorio.

L’IMPRESA Nella grande festa della Granfondo Internazionale Gavia e Mortirolo c’è stata anche la grande impresa di Giancarla Agostini, atleta torinese specializzata nelle ultramaratone. La ragazza ha affrontato il percorso lungo della gara a piedi, partendo sabato mattina alle ore 9 e chiudendo nella tarda mattinata di domenica. La Agostini ha percorso il tracciato di 175 km alternando camminata e corsa senza mai fermarsi.


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Allena la tua testa di Claudia Maffi

L’intelligenza Emotiva può essere il “valore aggiunto” ma anche una pesantissima “zavorra” per la prestazione di un atleta. Ecco come gestire le emozioni ed imparare ad allenare la propria mente 72

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Cosa c’entra l’INTELLIGENZA EMOTIVA con lo sport? Innanzitutto, è bene precisare che cosa si intende, con esattezza, per “INTELLIGENZA EMOTIVA”. La psicologia applicata allo sport definisce così la capacità dell’atleta di RICONOSCERE, UTILIZZARE e GESTIRE con consapevolezza le proprie emozioni. La frustrazione per un mancato obiettivo, ad esempio, lo scoraggiamento per risultati al di sotto delle aspettative o la demotivazione e la scarsa autoefficacia che possono conseguire a prestazioni poco soddisfacenti: si tratta di emozioni che, se non gestite adeguatamente, sottraggono all’atleta energia vitale. Le emozioni “negative” e spiacevoli, infatti, possono “annebbiare” la vista, indebolire corpo e mente ostacolando in questo modo la piena espressione delle potenzialità dell’atleta; ecco perché è tanto importante imparare a gestirle.

Da qui la necessità dell’atleta di sviluppare la propria intelligenza emotiva. Nello specifico, l’intelligenza emotiva è UN’ABILITÀ MENTALE che consente all’atleta di: - monitorare e gestire le proprie emozioni facendo sì che non diventino uno sgradevole imprevisto bensì un’illuminante FONTE DI INFORMAZIONE; - AUTO-MOTIVARSI. Infatti, soltanto conoscendo l’origine delle proprie emozioni l’atleta diviene consapevole di quale “tasto” toccare per stimolare la propria MOTIVAZIONE. - Raggiungere lo stato di ATTIVAZIONE OTTIMALE. Imparando ad ASCOLTARSI il corridore comprende qual è il suo stato emotivo che favorisce un livello di ATTIVAZIONE ottimale in vista delle sfide più importanti. - Sviluppare soddisfacenti RELAZIONI CON GLI ALTRI. Comprendere i meccanismi attraverso cui si manifestano le emozioni proprie e altrui è infatti un’abilità FONDAMENTALE all’interno dei team-squadra in quanto FAVORISCE un clima sereno e relazioni chiare ed armoniche sia tra lo staff che fra i compagni.

- Comprendere i SEGNALI DEL PROPRIO CORPO. Esso infatti subisce CONTINUAMENTE l’influenza delle emozioni che, per loro natura, hanno una componente fisiologica, il che può ostacolare il recupero, la motivazione, l’allenamento e tutte le componenti fondamentali nella preparazione di un atleta. L’INTELLIGENZA EMOTIVA SI PUÒ ALLENARE? Certo che sì! Sviluppare l’intelligenza emotiva È POSSIBILE. Il Mental training, fra gli altri obiettivi, si pone quello di aiutare l’atleta a SVILUPPARE l’intelligenza emotiva: un’abilità che tutti gli atleti possiedono, anche se non tutti la allenano. Abbinando alla preparazione fisica un programma di Mental training l’atleta potrà sviluppare la capacità di districarsi fra le tante emozioni che spesso lo “ASSALGONO” o lo CONFONDONO nei momenti clou della vita, degli allenamenti e delle competizioni.

E ALLORA COSA ASPETTI? CONOSCI TE STESSO E DIVENTA IL SEGRETO DEL TUO SUCCESSO.

“Il respiro è il ponte tra la vita e la consapevolezza, perché collega il corpo alla mente” (Tich Nhat Hanh)

Dott.ssa Claudia Maffi - Psicologa dello Sport Laureata in Psicologia all’università Cattolica, specializzata in psicologia dello sport presso Psicosport di Milano. Conosciuta nel mondo sportivo come Psicologa dello sport e Mental Training per atleti.

Se vuoi saperne di più sui miei percorsi di Mental training o per chiedere una consulenza, contattami all’indirizzo mail info@claudiamaffi.it (www.claudiamaffi.it).

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SCATTO D’AUTORE VOLTA A LA COMUNITAT VALENCIANA 2018 by Bettiniphoto

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La Leggendaria Charly Gaul

OMAGGIO

al ciclismo che non c’è più

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Alberghi esauriti, passione contagiosa, clima ideale, organizzazione perfetta: tra Trento, il Monte Bondone e la Valle dei Laghi è andata in archivio anche la tredicesima edizione della grande classica trentina. La direttrice Elda Verones: “Il ciclismo è il pretesto più bello per far conoscere al mondo questo meraviglioso territorio” La tredicesima edizione de La Leggendaria Charly Gaul ha reso possibile rivivere le gesta di un ciclismo eroico, un ciclismo che non c’è più. I mezzi meccanici, all’epoca di Charly Gaul, erano profondamente diversi da quelli che utilizzano oggi gli amatori, sia quelli più esperti che quelli meno allenati. Ma nella sua essenza il ciclismo non cambia mai: la fatica, il su-

dore, la voglia di esserci da protagonisti sono rimasti invariati, oggi come allora. La città di Trento si è vestita a festa per La Leggendaria Charly Gaul: gli hotel della città e delle località vicine hanno fatto segnare il tutto esaurito, in quanto la partecipazione è stata di circa 3000 corridori provenienti da ogni parte del mondo, la maggior parte dei quali giunti sul

posto accompagnati da familiari e amici, i quali hanno potuto conoscere il meraviglioso centro storico della località trentina e le montagne che la circondano. Un successo a tutto tondo, quindi, per l’APT Trento, Monte Bondone, Valle dei Laghi, che anche quest’anno ha fatto davvero le cose in grande per questa tappa dell’UCI Granfondo World Series.

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Fabio Cini vincitore assoluto della La Leggendaria Charly Gaul 2018

La Leggendaria Charly Gaul vuole ripercorrere il mito del corridore lussemburghese, attivo tra il 1953 e il 1965. L’8 giugno 1956 Gaul vinse la tappa del Giro d’Italia che andava da Merano al Monte Bondone. Sotto la neve, il gelo e il vento, Gaul riuscì a trionfare grazie ad una prova di autentico coraggio, tagliando il traguardo tutto solo. I collaboratori del comitato organizzatore del Giro d’Italia dell’epoca dovettero prendere il lussemburghese e immergerlo in una vasca di acqua calda, in quanto era in uno stato di semicongelamento. Alessandro Fantini, che chiuse quella tappa in seconda posizione, arrivò con 8 minuti di ritardo. Ben 44 degli 87 ciclisti partiti al mattino abbandonarono la corsa. Il meteo a Trento, in occasione de La Leggendaria Charly Gaul, fortunatamente è stato molto clemente, in quanto un bel sole e tanto caldo hanno fatto da cornice alla granfondo. Piazza Duomo a Trento era affollatissima sin dalle prime ore del mattino, con i tanti ciclisti che hanno letteralmente circondato la Fontana del Nettuno. Al via, in prima fila, erano presenti Francesco Moser, il corridore italiano più vincente di sempre, insieme alla leggenda della ginnastica Jury Chechi. Non è mancata una rappresentanza di atleti trapiantati. Nel percorso granfondo, di 141 km per 4000 metri di dislivello, la vittoria è andata al toscano Fabio Cini, che ha superato il vincitore dello scorso anno, Stefano Cecchini. In terza posizione chiude il vicentino Enrico Zen. Al femminile, la trentina Jessica Leonardi si impone su Barbara Lancioni e sulla slovena Erika Jesenko. Sul percorso mediofondo di 57 km e 2000 metri di dislivello, Francesco Avanzo supera in volata Andrea Zamboni, mentre sul gradino più basso del podio si piazza Stefano Borgese. Nella mediofondo femminile l’esperta Olga Cappiello ha sopraffatto nel finale la giovane compagna di squadra Deborah Rosa, terza Milena Felici. Elda, Verones, direttrice di Direttrice APT Trento, Monte Bondone, Valle dei Laghi, afferma: “attraverso questi grandi eventi, come La Leggendaria Charly Gaul e La Moserissima, vogliamo far conoscere questo territorio, che presenta itinerari da mito e percorsi molto 78

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La Leggendaria Charly Gaul

Piazza Duomo Trento – Partenza foto Newspower.it

La ASD Charly Gaul ed la APT Trento, Monte Bondone, Valle dei Laghi, danno già appuntamento a tutti gli appassionati all’edizione 2019, con l’obiettivo di riconfermare i grandi numeri e il grande successo che è arrivato quest’anno. importanti per i ciclisti, oltre a luoghi incantevoli come il Monte Bondone e la Valle dei Laghi. Fabio Cini, vincitore del percorso lungo, esprime tutta la propria felicità dopo il successo: “Ho passato una settimana difficile prima de La Leggendaria Charly Gaul e sono felice perchè ho fatto una gara intelligente, mi sono gestito per tutta la granfondo e ho dato il massimo sulla salita del Bondone. Alla partenza non pensavo di poter vincere, poi, chilome-

tro dopo chilometro, sono riuscito a convincermi che ce l’avrei potuta fare. Abbiamo avuto la fortuna di pedalare in posti bellissimi, l’arrivo sul Bondone è uno di quei traguardi di tappa che ti rimangono impressi anche quando vedi correre i professionisti”. Felice anche Olga Cappiello, vincitrice del percorso medio tra le ragazze: “E’ stato bellissimo vincere questa gara, ho patito sulla prima salita ma sul Bondone ho preso il mio ritmo e sono riuscita

a rimontare. Dedico la vittoria al mio team e a mio marito che è sempre insieme a me”. Felice anche Francesco Avanzo, vincitore del percorso medio maschile: “Me la sentivo fin dalla partenza, dopo tutti questi piazzamenti ci tenevo a fare bene qui, nella gara di casa. I complimenti di Aldo Moser mi rendono orgoglioso, lui c’era in quel giorno della vittoria di Charly Gaul, quindi è stato un momento molto emozionante”. LIFESTYLE INBICI

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SCATTO D’AUTORE LA FLECHE WALLONNE 2018 JULIAN ALAPHILIPPE ALEJANDRO VALVERDE by Bettiniphoto

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La Moserissima

Al Gran GalĂ dello Sceriffo a cura della redazione 82

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La quarta edizione de La Moserissima è stata un’occasione importante per incontrare numerosi personaggi che hanno scritto la storia del ciclismo. Lo “Sceriffo” Francesco Moser è stato il carismatico padrone di casa in una due giorni che ha fatto da preludio a La Leggendaria Charly Gaul. Una due giorni in compagnia dei grandi personaggi del ciclismo, a cominciare dalla cena del venerdì, che si è tenuta presso le cantine Moser, e la ciclostorica del sabato, che si è svolta su due percorsi, uno di 53 km per 533 metri di dislivello e uno di 91 km per 906 metri di dislivello.

Brindisi con Francesco Moser

S

pettacolo ed emozioni a Trento per la corsa intitolata alla famiglia Moser. Guest star dell’edizione Mario Cipollini che contesta l’assoluzione di Froome (“Una presa in giro”) e rende omaggio al padrone di casa:

“Francesco ha ispirato molti ragazzi della mia generazione”

Uno degli ospiti più prestigiosi che sono stati presenti a La Moserissima è stato Mario Cipollini, campione del mondo a Zolder nel 2002: “Come si fa a non accettare l’invito di Francesco? Io sono spesso di passaggio qui quando vado in montagna in inverno - ha dichiarato il Re Leone - a volte andiamo a sciare insieme e la scorsa settimana lui era giù a pedalare in Toscana con me. Mi ha invitato alla Moserissima, quindi sono andato a riesumare una bicicletta di quando ero dilettante. Francesco è stato ispirazione per la mia e per tante altre generazioni, quindi vederlo trionfare in tantissime corse ha alimentato le nostre fantasie, su tutte quella di vincere la Parigi-Roubaix in maglia iridata”. Insieme a Mario Cipollini abbiamo discusso anche dell’assoluzione di Chris Froome dal caso salbutamolo, notizia che è piombata pochi giorni prima dell’evento: “Qui si respira e si sente il dominio del potere economico e di altri tipi, perchè Froome è stato riabilitato lunedì scorso quando il giorno prima il Tour lo ha considerato un ospite non gradito in quanto aveva ancora qualcosa da chiarire. E il giorno seguente, all’improvviso, arriva l’assoluzione. E’ una presa in giro”. Paolo Savoldelli è stato un altro degli ex corridori del recente passato che ha deciso di essere presente all’evento, anche in qualità di speaker. LIFESTYLE INBICI

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I Campioni Francesco Moser e Mario Cipollini

Francesco Moser, nel corso della serata che ha preceduto La Moserissima, ha affermato: “Qualche giorno prima della nostra gara c’è stata la Maratona delle Dolomiti, poi, in ordine temporale, ci sono La Moserissima e La Leggendaria Charly Gaul. Si fanno pedalate a volontà in Trentino, c’è sempre tantissima attività, e questo è un bene per tutti”. Impossibile, con lui, non fare un commento sul Giro d’Italia vinto da Chris Froome: “E’ stato un bel Giro, Simon Yates è stato protagonista anche se alla fine non ha vinto, ma ha fatto la corsa fino a tre tappe dalla fine. Direi quasi che il vincitore morale è lui”. E visto che Moser è stato uno specialista della cronometro, ci spiega:

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“Correre da soli contro il tempo vuol dire pedalare più forte che si può. Bisogna avere il motore giusto, allenarsi tanto da soli e andare oltre i limiti”. Franco Aldo Bertagnolli, presidente di APT Trento, Monte Bondone, Valle dei Laghi, durante la serata, non ha mancato di spiegare che “Trento è una località che permette davvero a tutti di pedalare. Abbiamo delle piste ciclabili perfette, abbiamo la pianura e anche la salita per i corridori più allenati. Per continuare a sviluppare il cicloturismo terremo presente anche il fatto che ci sono delle nuove tecnologie, come le e-bike, e continueremo ad investire in questa forma di turismo. La nostra zona è davvero ideale per tutti coloro

che amano andare in bici”. La famiglia Moser è stata rappresentata, oltre che da Francesco, anche dal fratello Aldo e dal nipote Ignazio. tra gli altri ospiti, presenti il presidente FCI Renato Di Rocco, Giambattista Baronchelli, Gianni Motta, Marino Basso e tantissimi altri. Nel giorno della ciclostorica, che si è disputata sabato mattina, i partecipanti sono partiti dal cuore di Trento e vi hanno fatto ritorno sempre a bordo delle proprie bici d’epoca. Senza dubbio, La Moserissima è destinata a richiamare sempre più pubblico da ogni parte d’Italia e del mondo, anche perchè la ciclostorica ha fatto parte del calendario di tappe del Giro d’Italia d’Epoca


La famiglia Moser è stata rappresentata, oltre che da Francesco, anche dal fratello Aldo e dal nipote Ignazio. tra gli altri ospiti, presenti il presidente FCI Renato Di Rocco, Giambattista Baronchelli, Gianni Motta, Marino Basso e tantissimi altri.

Nel giorno della ciclostorica, che si è disputata sabato mattina, i partecipanti sono partiti dal cuore di Trento e vi hanno fatto ritorno sempre a bordo delle proprie bici d’epoca. Senza dubbio, La Moserissima è destinata a richiamare sempre più pubblico da ogni parte d’Italia e del mondo, anche perchè la ciclostorica ha fatto parte del calendario di tappe del Giro d’Italia d’Epoca. La Moserissima - Partenza da Piazza Duomo a Trento

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// FOCUS SUL SULLE PRODOTTO AZIENDE

NRC P-RIDE

vediamoci chiaro di Maurizio Coccia

Un occhiale stradistico, distribuito in esclusiva dalla Beltrami, con struttura minimal. Leggerissimo e in grado di ampliare al massimo il campo visivo. Le ottiche sono di qualità Carl Zeiss Nel ciclismo su strada l’assenza totale della montatura che perimetra la lente permette non solo di massimizzare l’area del campo visivo: in caso malaugurato di caduta non c’è nulla che possa rompersi, a salvaguardia totale degli occhi e del volto

Gli occhiali P-Ride sono disponibili in una vasta gamma di colori, in grado di assecondare ogni esigenza e, perché no, abbinarsi a qualsiasi colorazione di casco e di telaio

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Ben undici modelli compongono la gamma degli occhiali che la Nrc dedica al ciclismo. Il marchio italiano distribuito dalla Beltrami ha nel catalogo occhiali destinati agli utilizzi più disparati sulle due ruote, dal mountain biking estremo alle discipline più veloci del ciclismo stradistico. In questo ultimo ambito, uno dei modelli più interessanti è il P-Ride che vediamo: rientra nella categoria degli occhiali con montatura “minimal”, dove cioè a sorreggere la struttura dell’occhiale è una lente unica, vincolata a due leggere astine laterali.

Ne risulta una struttura non soltanto leggera (solo 23.9 i grammi dichiarati), ma soprattutto una struttura che amplia al massimo le possibilità offerte al campo visivo, appunto grazie al fatto che lungo tutto il perimetro della lente l’occhio non incontra mai l’“ostacolo” della montatura.

Lenti Zeiss

Grigia specchiata oppure lente trasparente: due sono le tipologie di lente disponibili per il P-Ride. In entrambi i casi il materiale usato è il policarbonato e in entrambi i casi a fornire le lenti è Carl Zeiss Vision, ovvero una garanzia assoluta in fatto di qualità delle lenti. La versione grigia specchiata è inoltre disponibile con diversi trattamenti interni (Red Inferno, Black Carbon o Intense Blue), per garantire così diversi livelli di trasmittanza, che è in pratica la capacità che ha la lente di filtrare il fascio di luce che la viene a colpire, per adattarsi alle diverse condizioni di esposizione luminosa. La lente trasparente, invece, è evidentemente dedicata all’utilizzo notturno o a condizioni di bassissima esposizione luminosa. Tutte le lenti sono inoltre soggette a trattamento antiriflesso, antigraffio e idrofobico. Quest’ultimo evita che sulla super-

ficie esterna si possano depositare eventuali goccioline d’acqua. Infine, tutte le lenti hanno un raggio di curvatura base 8.

Astine e nasello

Le astine del P-Ride sono realizzate in leggero Grilamid TR90, che è una particolare tipologia di nylon con elevate caratteristiche di leggerezza, resistenza agli urti e infrangibilità. Le astine sono rivestite internamente con materiale morbido anallergico, per garantire un grip ottimale e per il contatto più confortevole possibile con la pelle. Passando al nasello, anche questo è rivestito in morbido materiale anallergico ed è inoltre regolabile per adattarsi alle divere caratteristiche anatomiche di volto e di naso degli utilizzatori.

Prezzi e colori

Il P-Ride è proposto al pubblico nelle seguenti tonalità di montatura: Succo d’Arancio Opaco, Nero Opaco, Bianco Lucido, Giallo Sottomarino Lucido e Grigio Freddo Opaco. La versione con lente grigia con trattamento Red Inferno costa 89 euro, quella con lente grigia e trattamento Black Carbon Mirror e Intense Blue costa 69 euro.

Contatti Nrc www.nrcocchiali.com distributore: Beltrami Tsa T. 0522/300523 www.beltramitsa.it


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SCATTO D’AUTORE ADRIATICA IONICA RACE 2018 by Bettiniphoto

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// FOCUS SULLE AZIENDE

Argon18 Gallium Pro Disc Pronta per i pro di Maurizio Coccia

La più versatile delle bici da competizione del marchio canadese è ora proposta anche con i freni a disco.

La Gallium Pro in versione “Disc” esalta ancor più le caratteristiche di polivalenza di un mezzo che i pro del90

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la Astana conoscono bene e che, l’anno prossimo, useranno proprio in questa variante Disc che abbiamo testato in anteprima per voi.

La certezza assoluta non ve la possiamo dare, ma con ogni probabilità quella che abbiamo provato questo mese è esattamente la bici che nel prossimo 2019 utilizzeranno i corridori del team professionistico Astana. La bici in questione è la Gallium Pro Disc ed è appunto la versione con freni a disco della Gallium Pro, top di gamma della


canadese Argon18, bici utilizzata già da due anni dagli atleti del team kazako. Il marchio del Quebec sarà appunto al fianco dei professionisti della Astana anche la prossima stagione, momento in cui tutto il team passerà alla bicicletta “disc”, assecondando così quella progressiva estensione di questo standard frenante che, seppure in maniera molto lenta, da un paio di anni è in atto presso molti big team del ciclismo professionistico. Fonti interne al team kazako ci hanno informato di questo passaggio, mentre fonti legate più direttamente al mondo commerciale e produttivo ci dicono che la Gallium Pro Disc in versione 2019 sarà esattamente come quella che vediamo, la stessa che noi di “InBici” abbiamo provato in anteprima per voi. Del resto, non c’era motivo di pensare diversamente, visto che questa bella full carbon con freni a disco è stata introdotta sul mercato appena dodici mesi fa, nell’estate 2017.

LA FORCELLA HA FODERI DALL’ANDAMENTO QUASI RETTILINEO: GLI STELI DISEGNANO INFATTI UNA LEGGERA TORSIONE LUNGO IL PROPRIO ASSE, CHE LI RENDE CONCAVI SE OSSERVATI FRONTALMENTE. QUESTO DESIGN GARANTISCE L’ACCOGLIMENTO OTTIMALE DEL ROTORE DISCO (CHE PUÒ ESSERE DA 140 O 160 MILLIMETRI), ASSICURA UNA MIGLIORE AERODINAMICA E NON DA ULTIMO MIGLIORA IL DESIGN.

Top di gamma della canadese Argon18, bici utilizzata già da due anni dagli atleti del team kazako.

Bici “disc” di utilizzo professionale Esattamente come la sua progenitrice Gallium Pro, anche questa versione “disc” ha una impostazione geometrica e strutturale destinata al ciclismo competitivo di altissimo livello. Questo ancora una volta deve servire da monito per tutti coloro – ma ormai sono pochi – che ancora credono che l’utilizzo di un impianto a disco su una bici da corsa debba necessariamente etichettare quest’ultima come bici per un “ciclismo rilassato”, che non bada troppo alla leggerezza e che, più che altro, punta all’efficienza della frenata soprattutto in condizioni di bagnato. Sgombrate nettamente dalla mente tutto questo: di bici da corsa con freni a disco oggi ne esistono di diversi tipi, comprese quelle come la Gallium Pro Disc che si addicono perfettamente ad un livello di pratica professionale e competitivo e che tra

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l’altro hanno un peso molto contenuto. In più, e questo è altrettanto importante da ribadire, una bici con impianto frenante a disco assicura una serie di vantaggi che vanno ben oltre l’efficienza di frenata garantita anche quando piove. L’efficienza sul bagnato è, infatti, solo uno dei numerosi benefit di un impianto a disco su una bici da corsa, perché un vantaggio ancor più importante è la grande modulabilità unita a una potenza incredibile nella frenata. Il peso in più? Sì, è vero, una bici da corsa con freni a disco pesa di più rispetto a una con freni rim brake, ma c’è da aggiungere che, se si ragiona in un ambito qualitativo di altissima gamma come è quello cui fa parte il modello sotto esaIL KIT TELAIO È VENDUTO ASSIEME AI DUE SPECIALI DISTANZIALI 3D SYSTEM: LA LORO FUNZIONE NON È SOLO QUELLA ESTETICA DI RACCORDARE AL MEGLIO LO STERZO CON L’ATTACCO, MA DI MIGLIORARE LA RIGIDITÀ DELLA ZONA STERZO RISPETTO A QUEL CHE ACCADE QUANDO SI UTILIZZANO I TRADIZIONALI DISTANZIALI.

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me, la qualità delle ruote e della componentistica che molto probabilmente si andranno a montare permettono di bilanciare bene quei quattro-cinquecento grammi in più che un impianto a disco inevitabilmente produce rispetto a un

LA GALLIUM PRO DISC HA UNA GEOMETRIA CHE SI RIFÀ AI CANONI AGONISTICI: LO SVILUPPO DEL TUBO DI STERZO È ADDIRITTURA PIÙ COMPATTO RISPETTO A QUEL CHE ACCADE SULLA VERSIONE PER RIM-BRAKE, E GARANTISCE LA POSIZIONE DI GUIDA PIÙ SCHIACCIATA POSSIBILE AI “SUPERAGONISTI”. SOLO IL CARRO POSTERIORE È POCO PIÙ LUNGO DELLA VERSIONE STANDARD, A CAUSA DEGLI INGOMBRI DIVERSI CHE IMPONE AL TELAIO E AL SISTEMA TRASMISSIONE L’IMPIANTO A DISCO.


impianto frenante tradizionale. A proposito di montaggio: quello della Gallium Pro Disc che vedete è un allestimento assente dai montaggi di serie proposti da Beltrami Tsa, che di Argon18 è distributore ufficiale per l’Italia e che ci ha messo a disposizione questo telaio. Il montaggio scelto per l’occasione ci è infatti stato fornito da Shimano Italia, che su questa Gallium Pro Disc ha fornito un gruppo completo Shimano Ultegra meccanico con freni a disco, che è oggetto di un altro articolo all’interno di questo numero della rivista. Tant’è, un gruppo affidabile e collaudato come lo Shimano Ultegra e - assieme a questo le nuove ruote Shimano RSX 770 - si sono rivelate un partner ideale per mettere alla prova questo modello dell’altissima gamma Argon18.

A SINISTRA, LA SCRITTA “OPTIMAL BALANCE” STA A RICORDARCI LA RICERCA DEL COMPROMESSO OTTIMALE TRA RIGIDITÀ, AERODINAMICA E LEGGEREZZA CHE ARGON18 PERSEGUE ATTRAVERSO UNA LAMINAZIONE E UNA SPESSORAZIONE RAGIONATA DEL CARBONIO SU TUTTO IL TELAIO. SOTTO, IL PARTICOLARE SISTEMA DI SGANCIO DEI PERNI PASSANTI: VELOCE È SEMPLICE.

Cosa cambia rispetto alla versione standard

Il telaio Gallium Pro in versione Disc che abbiamo provato pesa di più rispetto all’omologo telaio per freni rim brake: per la precisione Argon18 dichiara un peso di 769 grammi per la taglia M verniciata della Gallium Pro per freni tradizionali e 960 per questa “Disc” (sempre in taglia M verniciata). L’incremento di peso è dovuto principalmente alla diversa laminazione del carbonio di cui necessita un telaio soggetto allo stress notevole che sulla forcella e sui foderi posteriore esercitano i rotori (ovvero i “dischi”), stress che non riguarda il normale telaio rim brake. Ricordiamo a tutti che si tratta di differenze invisibili, interne alle tubazioni. Sì, perché dal punto di vista estetico il telaio “Disc” ha davvero poche differenze rispetto a quello standard: le sagome delle tubazioni sono identiche, così come praticamente identica è la geometria, in entrambi i casi architettata secondo gli standard dimensionali ed angolari che si addicono al ciclismo competitivo di altissimo livello. Tradotto in pratica, significa un tubo di sterzo molto compatto (che addirittura sulla variante Disc è qualche millimetro più corto della standard) e significa un’angolazione di sterzo e del tubo sella che garantiscono sia reattività sia stabilità ad alte velocità. Ad essere pignoli una piccola differenza dimensionale c’è, è quella del carro

LA PARTICOLARE ARCHITETTURA DI SGANCIO DEI PERNI PASSANTI: LA LEVETTA ROSSA LIBERA LA LEVA PRINCIPALE, CHE CON UNA SUCCESSIVA ROTAZIONE DI 45 GRADI PERMETTE DI ESTRARRE L’ASSE DALLA SUA SEDE. LA FOTO CI PERMETTE ANCHE DI RICORDARE CHE IL TELAIO UTILIZZA UNO STANDARD DI FISSAGGIO FLAT MOUNT DELLE PINZE FRENO, PRATICAMENTE UN “MUST” SUGLI ATTUALI TELAI PER FRENI A DISCO.

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posteriore che, per assecondare gli ingombri generati dal rotore e allo stesso tempo per garantire alla trasmissione le corrette linee di lavoro, è obbligata a incrementare la sua lunghezza di circa un centimetro, come del resto succede su tutti i telai stradistici “disc” nel confronto con i rispettivi telai standard. Tra l’altro, questo incremento dimensionale consente al telaio un maggiore spazio utile al passaggio delle coperture, che sulla Gallium Pro Disco possono avere una larghezza fino a 30 millimetri (la stessa cosa non avviene sul telaio standard). Infine, conforme agli standard dimensionali più diffusi sui telai per freno a disco, è lo standard di fissaggio delle ruote, che prevede il sistema dei perni passanti con diametro da 12 mm che insistono su un carro posteriore con battuta da 142 mm e su una forcella con battuta delle estremità da 100 millimetri.

Le soluzioni tecniche

Le soluzioni tecniche impiegate dal Gallium Pro Disc si rifanno agli standard che Argon18 utilizza su tutti i suoi telai di altissima gamma, declinati in questo caso su un prodotto che deve investire buona parte del suo patrimonio tecnologico sulla rigidità, sulla leggerezza e sulla capacità di rispondere in maniera immediata agli impulsi trasmessi dal corridore che si ritrova a pedalarci sopra. È per questo che il carbonio che dà forma al telaio è spessorato, orientato e disposto in modo da ottenere le migliori caratteristiche di robustezza e reattività nella più vicina alla zona di propulsione di forza del movimento centrale (ci riferiamo quindi alla zona del movimento, alla base del tubo sella, ai foderi bassi, al tubo diagonale e al tubo di sterzo). Sul versante opposto, nella zona alta del tubo sella, sui foderi obliqui e sul tubo superiore, la priorità che persegue

la laminazione del carbonio è incrementare il confort e l’assorbimento dei colpi. Comune anche ad altri telai della Argon 18 è la tecnologia 3D System che la Gallium Pro Disc utilizza nella zona sterzo: il 3D System altro non è che uno spessore specifico da interporre tra il tubo di sterzo e l’attacco manubrio che di volta si andrà a montare. Gli spessori disponibili sono due, uno alto 15 e uno da 25 millimetri, tutti con forma speculare alle parti che vanno a interfacciare, per questo molto belli a vedersi. Oltre a quella estetica la loro funzione è consentire a ciascun utente di posizionare il set di guida alla giusta altezza. Non solo: gli elementi 3D System riducono la perdita di rigidità che gli spessori distanziali tradizionali producono quando fissati sul cannotto forcella. Nel confronto con i tradizionali distanziali il produttore parla di un incremento di rigidità del 5 per cento quando si usa il 3D System da 15 millimetri e di un incremento dell’11 per cento quando si usa il 3D System da 25 millimetri. Infine, le taglie prodotte sono in tutto sei, dalla XXS alla XL, e vale la pena di ricordare che la configurazione geometrica e strutturale di ognuna di esse è specifica. Questo significa che le misure grandi non sono la semplice riproposizione delle piccole ma con tubazioni più lunghe (e viceversa per le taglie piccole), ma ogni misura ha caratteristiche che riescono a garantire al diverso utilizzatore che le andrà a pedalare le medesime proprietà strutturali e di conseguenza le medesime caratteristiche che prestazionali. Infine, su tutte le taglie il telaio adotta un reggisella con forma tonda e diametro di 27.2 millimetri. Si tratta però di un reggisella specifico, siglato Argon18 e anche questo incluso nel frame-set: di particolare il reggisella ha il morsetto flip flop. Significa che l’inversione dello stesso consente di aumentare notevolmente l’intervallo utile per l’arretramento e l’avanzamento della sella, che consente di posizionare il componente a -25 millimetri oppure a +15 millimetri,

COSI COME È FREQUENTE SU TUTTI I TELAI DI NUOVA GENERAZIONE (E IN PARTICOLARE QUELLI “DISCO”) ANCHE LA GALLIUM PRO DISC CONSENTE DI MONTARE COPERTURE DI GROSSA SEZIONE, FINO ALLA 30 MILLIMETRI, COME QUI È EVIDENTE DALLA “LUCE” CHE IL 25 MM UTILIZZATO NELLA FATTISPECIE LASCIA SOTTO LA TESTA FORCELLA.

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IL FORO REALIZZATO AL TERMINE DEL FODERO POSTERIORE DESTRO CI RICORDA COME IL TELAIO SIA COMPATIBILE ANCHE CON TRASMISSIONI ELETTROMECCANICHE. LA FOTO CI PERMETTE DI APPREZZARE ANCHE L’ARCHITETTURA DEL NUOVO CAMBIO ULTEGRA DI SERIE 8000 TROVATO MONTATO, CHE GRAZIE ALLA TECNOLOGIA SHADOW MUTUATA DAI COMPONENTI DEL MTB SI ADEGUA AL MEGLIO AI PACCHI PIGNONI GENEROSI CHE OGGI SONO FREQUENTI ANCHE SULLE BICI DA STRADA.

che ovviamente si vanno ad aggiungere all’intervallo che già di per sé assicura il telaio della sella che si va montare.

I prezzi, colori, garanzia

Beltrami ci informa che il frame set del Gallium Pro Disc (che include telaio, forcella, reggisella, serie sterzo e due calotte 3D System) è in vendita a 3699 euro, ossia 200 euro in più del frame set nella variante standard, per freni rim brake. In questo caso è sempre Beltrami a ricordarci che - incluso nel frame set - è anche un movimento centrale con scorrimenti ceramici della Ceramic Speed. Passiamo ai colori: oltre a questa versione Black&Gray Matte il Gallium Pro Disc è proposto anche nella colorazione Black&White Gloss (questa sì, con il marchio di fabbrica stampato in bella mostra sul tubo diagonale). La garanzia sul telaio è di tre anni, estendibile a cinque su richiesta del cliente.

In prova

Torno a provare una Argon18 dopo aver testato a lungo un altro modello di vertice della Casa canadese, la Nitrogen, che ha caratteristiche ben diverse ri-

spetto a questa Gallium Pro Disc. Se la prima è una pura aero biche, la Gallium Pro - e ancor più questa Gallium Pro in versione Disc - è bici decisamente più versatile e polivalente, adatta indifferentemente per l’utilizzo nelle gare scorrevoli e in quelle di montagna, nelle competizioni a tappe o nelle corse in linea. Questo non lo dico solo io che di Argon18 ne ho provata più di una, ma più che altro ce lo ricordano le scelte che effettuano i professionisti della Astana, la stragrande maggioranza dei quali utilizza la Gallium Pro. Solo

pochissimi pro rider, in particolare alcuni passiti e velocisti del team kazako, pedalano sulla Nitrogen Pro. La Gallium Pro Disc, lo ricordiamo, sarà invece la bici della Astana nel 2019. Ma passiamo alle mie impressioni di guida, di certo non le impressioni di un professionista, ma di un amatore evoluto da circa 15.000 chilometri e due, tre granfondo l’anno. Inizio con l’assetto in sella: la taglia testata era una S, perfetta per i miei 173 centimetri di statura. La sensazione di seduta è quella tipica delle biciclette da competizione pura, con un tubo di sterzo particolarmente basso (solo 115 mm per questa taglia S) e con un’angolazione del tubo verticale che produce una posizione abbastanza centrale. Il tubo di sterzo compatto mi ha obbligato ad usare un distanziale 3D System da 15 millimetri e poi aggiungerci uno spessore distanziale tradizionale da mezzo centimetro. Sempre in merito alle quote dimensio-

ANCORA UN DETTAGLIO SUL PERNO PASSANTE: SIA SULL’ANTERIORE CHE SUL POSTERIORE L’ESTRAZIONE È POSSIBILE PREMENDO SULLA PICCOLA LEVETTA ROSSA CHE IL COMPONENTE PRESENTA ESTERNAMENTE, RUOTANDO LA LEVA GRANDE DI 45 GRADI E POI SFILANDO L’ASSE CHE MOSTRA LA SUA SAGOMA QUADRATA FUNZIONALE A QUESTA ARCHITETTURA DI LAVORO.


nali aggiungo che il carro posteriore è davvero compatto, 41.5 cm, ed è così soprattutto se si considera che abbiamo a che fare con un telaio per freni a disco che, diversamente dai telai rim brake, è obbligato a sovradimensionare un poco il retrotreno per garantire alla trasmissione le normali linee di lavoro. Carro corto non può che tradursi in maggiore propensione del mezzo a reagire in maniera immediata alle accelerazioni impresse sui pedali. Passiamo al capitolo “rigidità”: la sensazione generale è buona, di sicuro esistono modelli ancor più massicci di questo (ad esempio la Nitrogen Pro), ma il dna di bici polivalente e versatile che ha questa Gallium Pro Disc non può che sposarsi alla perfezione con questa rigidità non proprio “granitica”. A proposito, a rendere più confortevole il mezzo ci pensa anche il reggisella con forma tonda e diametro da 27.2 millimetri, che ha una certa flessione quando si transita sui fondi sconnessi. Liquidiamo l’argomento del comfort percepito dicendo anche che a favore di quest’ultimo di sicuro hanno inciso le coperture di tipo tubeless montate sulle (ottime) ruote Shimano WH-RS770. La

IL REGGISELLA ARGON18 MONTATO DI SERIE SULLA GALLIUM PRO DISC HA UN MORSETTO CON ARCHITETTURA “FLIP FLOP”: SEMPLICEMENTE INVERTENDOLO È POSSIBILE POSIZIONARLO A -25 O +15 MILLIMETRI, AMPLIANDO IN QUESTO LE POSSIBILITÀ DI ARRETRAMENTO E DI AVANZAMENTO CONCESSE ALLA SELLA (IN QUESTO CASO UNA LEGGERISSIMA PRO STEALTH CARBON).

tipologia tubeless ci ha infatti permesso di gonfiare le coperture Schwalbe One a “soli” 6 bar. A questi livelli di pressione la bici ha una capacità di assorbire le irregolarità dell’asfalto impensabili gonfiando le gomme a uno o peggio a due bar in più. Tra l’altro, una pressione di sei bar garantisce prestazioni egregie anche per quel che riguarda il grip in discesa, con la possibilità di aggredire le curve come meglio si può fare, assecondando in questo modo l’indole racing che ha questo telaio da competizione pura. Infine qualche parola sull’aspetto estetico che, come è noto, per il pubblico amatoriale agonistico è un fattore determinante nelle decisioni di scelta di una bicicletta: a detta di chi scrive, la Gallium Pro Disc riesce a fondere in maniera incredibilmente elegante e sapiente le sezioni generose e massicce del triangolo principale con le fattezze più esili e fini del triangolo posteriore, lì dove i due pendenti posteriori privi di ponticello di congiunzione sono davvero un trionfo di eleganza ed essenzialità. Tutto questo è ottenuto in maniera sobria, senza ricorrere a forme più articolate e complesse che oggi è sovente trovare su molti frame-set. Il look accattivante e sobrio del telaio è rimarcato anche dalla lineare forcella con foderi rettilinei e anche dal fatto inedito che, su questa colorazione Black&Gray Matte che abbiamo provato, la bici è priva del classico logo del produttore impresso sul tubo dia-

IL CARRO POSTERIORE È FORSE LA PARTE DEL TELAIO PIÙ ELEGANTE, SIA GRAZIE AL DESIGN AFFUSOLATO E FILANTE DEI FODERI OBLIQUI, SIA GRAZIE ALL’ASSENZA DEL TRADIZIONALE “PONTICELLO”, CHE È CARATTERISTICA RICORRENTE DI TANTI (BEI) TELAI PER FRENI A DISCO COME È QUESTO.

gonale, ma ha solo delle linee grafiche essenziali collocate qua e là in modo leggero suole varie tubazioni. Una scelta che a livello di marketing può essere discutibile, per carità, ma che di sicuro è unica per eleganza e sobrietà.

Categoria: racing/granfondo agonistiche Misure: Da XXS a XL Peso telaio: 960 grammi Peso bici completa: 7.850 grammi Prezzo: 3699 euro (frame set)

Contatti Produttore: Argon18, www.argon18bike.com Distributore: Beltrami Tsa, tel. 0522/300523, www.beltramitsa.it 96

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Foto Mariano Spinelli

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SCATTO D’AUTORE TOUR DE SUISSE 2018 by Bettiniphoto

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DONNA INBICI

di Ilenia Lazzaro

Chi ci pensa

Il mondo del ciclismo negli ultimi anni presta sempre più attenzione al mondo femminile. Grazie soprattutto ai feedback delle atlete e all’attenzione di chi sapeva “guardare oltre”, si sono sviluppati mercati interamente dedicati alla donna, studiati ad hoc per le cicliste. Sono nate bici con design e geometrie femminili, l’abbigliamento per lei ha raggiunto livelli di tecnicità assoluta (non solo il classico fondello ma anche la vestibilità è cambiata; se penso ai “pigiami” che ci mettevamo negli anni ‘90, ora direi che si può essere fashion anche in bicicletta), scarpe, selle ed accessori sono studiati in collaborazione con posturologi e fisioterapisti. Sono spuntate come funghi le ambassador: donne che non necessariamente hanno un passato/presente agonistico, piuttosto sono brave nei “social”: poco importa se sanno andare in bici davvero… l’importante è che lo scatto sia giusto e che abbiano milioni

all’altra metà del cielo?

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onne e mamme sui pedali: l’onda rosa cresce, ma gli organizzatori non sempre pensano alle donne. Ultimamente, però, qualcosa sta cambiando… 100

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di followers. Anche qui ovviamente non si può fare tutto di un’erba un fascio: ci sono aziende che studiano ad hoc le ambassador e le selezionano al meglio, scegliendo donne che - più che apparire - raccontano, raccontano storie di vita, raccontano come il ciclismo questa vita l’ha cambiata e l’ha migliorata. Ci sono sempre più donne che gareggiano: per sfida personale, per passare una domenica diversa, per sfogare quell’agonismo che è dentro di loro. Sì perché diciamocelo francamente …questa storia che la bici si vive flow non va bene per tutte. C’è chi ha bisogno di mettersi alla prova sempre, di andare oltre, di spostare l’asticella sempre più su. E poi ci sono anche le mamme. Sì, avete capito bene, le mamme che vanno in bici. Dieci anni fa, quando ti fermavi per una gravidanza, la tua carriera era finita. L’opinione pubblica ti guardava come una matta: cosa perdi tempo a fare in bici con una famiglia a cui badare? Fortunatamente la mentalità sta cambiando. Si è capito che le mamme in bici sono una opportunità. Le agoniste pre-gravidanza riprendono ad essere spesso master nel post, tranne le più brave… quelle tornano elite e vincono pure. Le mamme in bici sfogano lo stress, sono più serene, più sane, fanno qualcosa che le rende felici. Trascinano mariti pigri e figli a granfondo, gare di mtb e di triathlon. Su 10 bambini nei campi gara, almeno 4 si appassionano allo sport. Che in un’epoca di obesità infantile significa anche tutela della salute. Le mamme in bici sono sempre a tutta, incastrano tutto come il tetris ma guai a sottrarle il piacere di quel tempo tutto dedicato a loro. Ci sono passeggini per lo jogging, seggiolini tecnici e carrettini che, agganciati alle mtb, fai le sfr meglio che sul Gavia. Ci sono gare dedicate alle donne. Ci sono sempre più eventi collaterali dedicati ai bambini. Ma c’è un “ma”. Finchè si hanno nonni, amici, mariti che non gareggiano tutto ok. Ma che succede quando la coppia è formata da bikers o ciclisti? Ci si organizza mi direte. Certo. Ma vuoi togliere la bellezza di una gara insieme come ai vecchi tempi? In Italia da questo punto di vista siamo ancora molto indietro. Ma, per fortuna, c’è un altro “ma”. Qualcuno che ha visto l’opportunità. Stanno nascendo Kindergarden per bambini alle gare. Nel mondo running ci sono già da

anni. Sono spazi sicuri con giochi e animatrici per i figli di chi gareggia. Mamma, papà, entrambi possono gareggiare in tutta tranquillità. I bimbi si divertono, passano delle ore all’aria aperta. Finalmente questo servizio sta arrivando anche in qualche gara di triathlon. Devo dire che ero un po’ timorosa (come tutte le mamme sono un po’ “chioccia”) ma ho colto anche io l’opportunità: non avrei potuto gareggiare altrimenti. Ho provato al Lago Le Bandie (TV): mia figlia è rimasta entusiasta. Al di là dello spazio e delle educatrici professionali è stata una domenica bellissima. E non sono state quelle 3 ore al Kindergarden a rendermi una “mamma snaturata”, sono state 3 ore di opportunità. Molti genitori sarebbero disposti a pagare anche qualcosina per avere un servizio simile alle granfondo. Meglio ancora se il servizio fosse già incluso nell’iscrizione gara (visto il costo che aumenta anno dopo anno). Alla Sellando Hero c’era uno stand completamente de-

dicato alle donne e ai bimbi: un pump truck permanente e uno spazio lounge dove poter rilassarsi un po’, per le bimbe mettere smalti e farsi trecce/tatoo, per le mamme al seguito bere un caffè. Quanto sarebbe bello se ci fosse anche un Kindergarden apposito per chi vuole gareggiare? Alla Maratona des Dolomites, una delle più famose granfondo italiane, ci hanno già pensato: ecco presente il Kids Village con animazione, competizioni, parco giochi in presenza di animatrici.

La Federazione Italiana Triathlon una idea ce l’ha già, un’opportunità che diventerebbe non solo sporadica ma permanente nelle gare che assegnano un titolo. Al momento è una proposta ma chi lo sa, speriamo diventi definitiva al più presto. Mondo del ciclismo, che dite… cogliamo questa opportunità anche noi? Mamme/Papà in bici = più opportunità = più iscritti!

Chi è Ilenia Lazzaro Giornalista sportiva ed addetta stampa, commenta da circa 15 anni il ciclismo fuoristrada. Specializzata nel ciclocross, lo pratica da quasi 20 anni, prima come elite ora come master. Conduce con Nicola Argesi “Scratch”, programma tv nazionale su Canale Italia.

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// FOCUS SUL PRODOTTO

LOOK EXACT la potenza dall’asse del pedale a cura di Maurizio Coccia

La sintesi della partnership tra Look e Srm è un pedale che racchiude l’eccellenza delle due aziende nei rispettivi segmenti: quello dei pedali e quello dei powermeter. L’Exact è un rilevatore di potenza di ultima generazione con un vantaggio incredibile: può essere spostato facilmente da una bici all’altra Dopo l’esperienza del Keo Power, Look torna nel segmento della rilevazione di potenza. Anche questa volta, il componente che la Casa francese ha scelto come supporto per la rilevazione del wattaggio è il pedale ma, a differenza delle precedenti versioni, questa volta l’azienda francese ha deciso di tornare ad investire in questo complesso segmento di mercato avvalendosi della collaborazione di una delle aziende che in questo

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settore tecnico è tra le più quotate, tra le più autorevoli e di sicuro quella con la maggiore esperienza. L’azienda in questione è la tedesca Srm, con la quale Look sta lavorando in sinergia da oltre un anno: il primo frutto di questa collaborazione in realtà è siglato “Srm”, visto che già da un anno la Casa tedesca ha introdotto sul mercato il rilevatore di potenza Origin, che utilizza una guarnitura powermeter la cui struttura in carbonio del corpo è stata realizzata proprio dalla Look. Lo stesso compo-

nente è correntemente utilizzato dai corridori del team Bahrain-Merida di Nibali e Pozzovivo. Il secondo step della liason Look-Sram è invece ancor più evoluto e, dopo essere stato presentato alla stampa nel maggio scorso, farà il suo debutto ufficiale nel mercato proprio in questo mese di luglio e sarà venduto esclusivamente on-line: si tratta un rilevatore di potenza siglato Look, che integra tutto l’hardware per la rilevazione e la trasmissione del dato di potenza nel corpo del pedale.


«L’obiettivo di Srm – che si definisce più un’azienda artigiana che una realtà industriale – era fare un misuratore Srm pratico, affidabile, ripetibile». A dare questa possibilità a Srm è stata Look, che naturalmente ha una forza commerciale maggiore. Il risultato è un prodotto dal livello qualitativo altissimo

Look Exact Dopo l’esperienza del Keo Power, Look torna nel segmento della rilevazione di potenza La portabilità, cioè la possibilità di spostare da una bici all’altra il pedale senza troppe incombenze, è solo il primo dei grandi vantaggi che garantisce un rilevatore di potenza di questo tipo. Il secondo grande plus, e probabilmente il più scontato, è la grande precisione nella rilevazione del dato che - a detta di Srm - è assoluta, anzi esatta. Esatta, appunto come il nome che è stato assegnato a questo componente appena introdotto sul mercato: Exact. LA POTENZA DALL’ASSE DEL PEDALE Il nuovo Exact è un pedale che arricchisce la linea dei pedali Look e che non rimpiazza nulla della già esistente linea prodotto della Srm, che continua per questo ad avere in

Il pedale Exact si calibra in pochi secondi: basta posizionare il componente nella giusta posizione e, contestualmente, verificare se il set up è quello ottimale grazie alla specifica applicazione da scaricare su qualsiasi smartphone.

catalogo rilevatori di potenza come l’Origin, con sistema di rilevazione del wattaggio collocato nello spider della guarnitura. Rispetto a questi ultimi, e l’ingegnere Srm Simone Stilli ci tiene a sottolinearlo, «il nuovo Exact non ha nulla di meno dal punto di vista qualitativo e dal punto di vista della precisione della rilevazione del dato». L’Exact utilizza solo un supporto diverso per la misurazione della potenza che, di conseguenza, giustifica una fruizione diversa di un componente del genere, una fruizione che può adattarsi a LIFESTYLE INBICI

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La portabilità, cioè la possibilità di spostare da una bici all’altra il pedale senza troppe incombenze, è solo il primo dei grandi vantaggi che garantisce un rilevatore di potenza di questo tipo.

contesti di utilizzo diversi. «Quel che è certo – prosegue Stilli – è che sviluppare un rilevatore di potenza integrato in un pedale per noi ha significato un notevole sforzo tecnologico, perché utilizzare l’asse del pedale come supporto per la rilevazione di potenza implica molte difficoltà, molte complessità in più rispetto a quando vai a posizionare dei torsiometri sullo spider della guarnitura». COME È FATTO ALL’INTERNO Per scendere nel dettaglio il pedale Exact utilizza un asse in acciaio (unico disponibile), che per buona parte della sua estensione ha una sagoma quadrata, su due superfici della quale vengono le cosiddette celle di carico. Le celle di carico sono due per ogni asse e servono a misurare le forze che l’asse stesso riceve sul piano tangenziale quando soggetto alla pressione esercitata dallo scarpino. È un posizionamento strategico, questo, teso a rendere il dato di potenza meno inquinabile possibile da variabili esterne quali variazioni della temperatura, della pressione o della umidità. Le misurazioni della potenza massime per

La struttura del corpo pedale è identica a quella di tutti i famosi pedali di generazione Keo, comprese le tacchette. Il feeling ad agganciare e sganciare l’Exact è infatti stato il medesimo che consociamo da anni per questa fortunata e valida serie di pedali

La struttura del pedale ha guarnizioni che preservano il delicato “hardware” interno da acqua e umidità. Il corpo del pedale è in resistente e leggero materiale composito

secondo sono quattro. Sempre nell’asse del pedale sono poi integrati i pod elettronici per la trasmissione wireless delle informazioni ai vari device che di volta in volta si vorranno utilizzare. I protocolli di trasmissione dati sono quelli più diffusi in questo specifico segmento, il Bluetooth Low Energy e l’Ant+. Passando all’alimentazione del sistema, gli assi integrano anche una batteria al litio, ricaricabile via cavo Usb provvisto di un apposito connettore da collegare alla faccia interna del perno del pedale. L’autonomia indicativa dichiarata è di circa cento ore, il tempo di ricarica di 4, 5 ore. A livello strutturale l’asse in acciaio ruota su due cuscinetti, uno ad aghi e uno a sfere, che garantiscono la migliore distribuzione del carico da parte dello scarpino che imprime forza sul pedale. Ad impedire l’accesso dell’acqua e di qualsiasi agente esterno provvedono due o-ring posizionati verso il margine interno dell’asse. COME È FATTO ALL’ESTERNO Il corpo su cui si articola l’asse dell’Exact utilizza un’architettura assimilabile ai pedali stradistici di alta

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gamma Look. Tanto per cominciare le tacchette sono ad esempio le stesse che si usano su tutti i pedali stradistici della linea Look (i Keo). Praticamente invariate sono anche le caratteristiche dimensionali, come ad esempio la superficie di appoggio a beneficio dello scarpino (400 mm2) oppure lo stack (ovvero la distanza dell’asse dal piano di appoggio dello scarpino), identica quella di tutti i Keo, cioè 11,9 mm. Per assecondare l’architettura e gli ingombri dello speciale assale la tecnologia di ingaggio e di rilascio dello scarpino è con molla pretensionata (e non con la piastra in carbonio dei Keo di generazione Blade che non avrebbe potuto convivere con lo speciale asse oversize). Come i migliori pedali Keo anche sull’Exact il body è realizzato in materiale composito, mentre la piastra destinata ad interfacciare con la tacchetta è in acciaio. Il peso di ogni singolo pedale è di 155 grammi, ossia solo una trentina di grammi in più rispetto ad un omologo pedale Look con asse in acciaio. LA CALIBRAZIONE DEL SISTEMA Si calibra una volta e poi non si deve

intervenire più: questo un ulteriore grande plus del nuovo Exact, sul settaggio del quale si dovrà nuovamente intervenire solo nel caso in cui si decidesse di smontare il pedale e “trasportarlo” su un’altra bicicletta. Per effettuare la calibrazione precisa dell’Exact Sram ha sviluppato un apposita applicazione per smartphone: in pratica, la perfezione nella rilevazione del wattaggio si ottiene quando il perno del pedale è montato con una angolazione precisa rispetto alla posizione delle celle di carico integrate nell’asse. Per facilitare l’individuazione della posizione corretta l’asse del pedale è provvisto internamente di un riscontro che servirà da riferimento e poi di una ghiera di fissaggio che consente di serrare il pedale in modo da garantire la rilevazione precisa. Saranno poi le schermate della applicazione dedicata a confermare ulteriormente se il montaggio effettuato è stato corretto.

espressa dalla gamba destra e dalla gamba sinistra, per individuare così eventuali dismetrie negli arti e adattare di conseguenza il proprio programma di allenamento Non finisce qui, perché se nella configurazione “completa” l’Exact è in vendita nella versione che include due pedali provvisti entrambi di powermeter, esiste anche la possibilità di risparmiare andando ad acquistare il pedale singolo (in quel caso sarà il pedale destro al quale verrà accoppiato un pedale sinistro con le medesime fattezze esterne ma con asse privo di powermeter). Infine, nelle numerose opzioni di acquisto dell’Exact c’è anche la possibilità più costosa che prevede la coppia di pedali con powermeter e dell’unità Srm PC8 da montare al manubrio. In tutti i casi inclusi nella confezione saranno gli accessori per la ricarica. Ecco, nello specifico, i prezzi al pubblico.

I PREZZI E LE VERSIONI Un ulteriore vantaggio a scegliere il pedale come sorgente per un powermeter è anche nella possibilità di risalire al dato disaggregato di potenza

Exact, coppia pedali con rilevatore solo in un pedale: 799 euro Exact, coppia pedali con rilevatore in entrambi: 1399 euro Exact, opzione coppia pedali con rilevatore e display Srm PC8: 2179 euro

SCHEDA TECNICA Tensione della molla: da 9 a 18 Materiale corpo: carbonio Materiale asse: acciaio Superficie di appoggio: 400 mm2 Larghezza superficie di appoggio: 64 mm Fattore Q: 54,6 mm Stack: 11,9 mm Peso pedale singolo: 155 grammi Peso paio di pedali con tacchette: 376 grammi Flottaggio laterale: 0°, 4.5°, 9”

LOOK CYCLE ITALIA www.exactpower.com www.lookcycle.com LIFESTYLE INBICI

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Gran Fondo del Capitano

di Carlo Gugliotta

A Bagno di Romagna è festa per tutti La nona edizione della corsa valligiana si è conclusa con un grande successo organizzativo grazie alla nuova formula “family-friendly” Grande successo a Bagno di Romagna per la nona edizione della Granfondo del Capitano: la nuova “ricetta” che gli organizzatori hanno proposto per far conoscere al grande pubblico questa bellissima zona d’Italia è stata vincente, in quanto non c’è stato solo il riscontro da parte degli amatori ma anche, e soprattutto, da parte degli accompagnatori, in modo particolare delle famiglie, che sono accorse in massa nella località dell’Emilia-Romagna facendo segnare il boom di presenze nelle strutture alberghiere tra il 9 e il 10 giugno. Un fine settimana interamente dedicato allo sport e alle attività all’aria aperta, a simboleggiare il concetto di “Wild” che è stato portato avanti da questa edizione della corsa. Il contatto con l’aria aperta, le escursioni tra la natura rigogliosa del Parco delle Foreste Casentinesi, i giochi per i bambini, tanto ciclismo e ottima cucina. Alessio Pareschi (Gianluca Faenza Team) è stato il vincitore sul percorso di 75 km. Il corridore è riuscito a precedere i suoi compagni di squadra Piero Lorenzini e Alessandro Motta. Tra le ragazze si è imposta Marica Tassi106

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nari (Team Passion Fiorentina) davanti alla compagna di team Paola Giampetri; terza posizione per Sonia Calzoni (Stemax Team). Sul percorso di 140 km ha conquistato la vittoria assoluta Fabio Cini (Cicli Copparo), che ha superato il duo della Cannondale-Gobbi-FSA Marco Morrone e Christian Pazzini. Al femminile si impone Barbara Billi (Ktm Asd Scatenati) davanti a Debora Morti (Team Del Capitano) e Lorena Fabbri (San Marco Cesena). La Billi si è imposta anche lo scorso anno alla Granfondo del Capitano: la sua firma, per il secondo anno consecutivo, impreziosisce ancora di più l’albo d’oro della corsa. Al termine della gara i corridori si sono potuti rifocillare con un pranzo a cinque stelle preparato dallo chef stellato Paolo Teverini, che ha deliziato il palato di tutti i corridori. Tra le autorità presente anche il sindaco di Bagno di Romagna, Marco Baccini, ed Emiliano Borgna, responsabile di ACSI Ciclismo. All’interno del pacco gara tutti gli amatori hanno trovato un voucher per essere di nuovo ospiti di questa meravigliosa località dell’Emilia Romagna. Ciliegina sulla torta di una festa memorabile è stata la presenza di alcuni atleti trapiantati, che hanno deciso di pedalare alla Granfondo del Capitano per poter lanciare un messaggio di speranza per tutte quelle persone che hanno subìto un’operazione chirurgica così importante: lo sport all’aria aperta è un valore e una medicina ideale per tornare a vivere una vita il più possibile normale.



// FOCUS SULLE AZIENDE

Quattro paradigmi, una sintesi:

SHIMANO ULTEGRA a cura di Maurizio Coccia

Trasmissione meccanica ed elettromeccanica, freni rim-brake oppure disc brake: la più aggiornata componentistica Ultegra di serie 8000 declina quattro diversi modi di concepire trasmissione e sistema frenante. Le abbiamo provate tutte e quattro in un test di durata su due bici Argon18.

Ecco le nostre impressioni e le nostre valutazioni

In Italia - se dici “Ultegra” - tanti, forse troppi, cicloamatori hanno l’idea di un gruppo di rimpiazzo rispetto al primo della famiglia Shimano, il 108

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blasonato Dura-Ace. Peggio ancora, molti reputano l’Ultegra l’opzione obbligata per tutti quegli “Shimanisti” che non hanno i soldi per permettersi il Dura-Ace.

«Allora – pensano loro compro l’Ultegra perché anche se pesa un po’ di più, in fondo va bene lo stesso, perché alla fine è sempre un gruppo della Shimano».


LA SIGLA FD-8050 IDENTIFICA IL DERAGLIATORE ANTERIORE DEL GRUPPO DI2. LA “FORCHETTA” DI DERAGLIATA È STATA RIDISEGNATA PER OTTIMIZZARE LE CAPACITÀ DI LAVORO LUNGO TUTTA LA SCALA, IN PARTICOLARE QUANDO LA CATENA È SULLA CORONA GRANDE.

Quanto questa lettura sia semplicistica, banale e piena di radicati luoghi comuni ce lo dicono due fattori. Il primo: basta guardare oltre confine per capire quanto l’Ultegra all’estero abbia la dignità che gli compete, ossia quello di gruppo di altissima gamma destinato alla competizione, quello di “reparto” ambito da tanti agonisti e fiore all’occhiello delle bici di tanti ciclisti sportivi evoluti. Il Dura-Ace? Il Dura-Ace è roba da professionisti o, al massimo, roba da ciclisti evoluti che hanno le possibilità economiche per togliersi anche lo sfizio di disporre davvero del non-plus-ultra di Casa Shimano. Non finisce qui: il secondo fattore per (provare) a scardinare questo luogo comune tipicamente italiano lo aggiungiamo noi che, grazie alla collaborazione di Shimano Italia, abbiamo effettuato un test di durata su due “gruppi” Ultegra di più recente generazione, per l’occasione montati su due telai Argon18, un Nitrogen e un Gallium Pro Disc, messi a disposizione dalla Beltrami di Reggio Emilia. Su uno di questi Shimano Italia ci ha montato un reparto

“Un gruppo totalmente rinnovato”

elettromeccanico di serie R8050 con freni di tipo rim-brake, sull’altro un reparto meccanico di serie R8000 con dei freni idraulici a disco. Abbiamo in pratica avuto l’occasione di testare in parallelo due delle quattro possibilità di configurazione che l’attuale componentistica Ultegra consente (le altre due sono quelle di una trasmissione meccanica con rim-brake e una elettromeccanica con rim-brake). Questo, tra l’altro, ci consente di ricordare che l’utente che si avvicina al “mondo Ultegra” ha la possibilità di scegliere all’interno di un bouquet variegato, che riesce ad assecondare qualsiasi tipo di gusto e di esigenza. Da parte nostra l’obiettivo e la finalità principali del nostro test erano quelle di analizzare le funzionalità e la fruibilità di componenti che in fondo esprimono filosofie tecniche differenti, oseremmo dire opposte, perché in un caso demandano alla meccanica il compito di gestire la trasmissione, nell’altro alla elettromeccanica; in un caso affidano ai rotori e alle pinze idrauliche il compito di frenare, nell’altro ai COSÌ COME SUL GRUPPO DI VERTICE DURAACE ANCHE SUL NUOVO ULTEGRA, SIA MECCANICO CHE COME IN QUESTO CASO ELETTROMECCANICO, DERAGLIATORE E GUARNITURA SONO COMPATIBILI SIA CON I TELAI TRADIZIONALI CON BATTUTA DEL CARRO POSTERIORE DA 135 MILLIMETRI, SIA CON I TELAI “DISC”, CON BATTUTA POSTERIORE DA 142 MILLIMETRI.

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SIA CHE SI CONSIDERI DAL VERSIONE ELETTROMECCANICA RD-8050 CHE, COME IN QUESTO CASO, LA MECCANICA RD-8000, IL CAMBIO POSTERIORE HA UNA RINNOVATA ARCHITETTURA A BASSO PROFILO DENOMINATA SHADOW RD. SI TRATTA DI UN DESIGN MUTUATO DALLA COMPONENTISTICA DELLA MOUNTAIN BIKE, FINALIZZATA A OTTIMIZZARE IL FUNZIONAMENTO CON PACCHI PIGNONI GENEROSI E A POSIZIONARE IN MODO PIÙ RASTREMATO, QUINDI PIÙ PROTETTO E AERODINAMICO, IL CAMBIO RISPETTO AL TELAIO. IN PARTICOLARE IL CAMBIO È DISPONIBILE IN QUESTA VERSIONE “SS” COMPATIBILE CON PACCHI PIGNONI FINO A 30 DENTI E NELLA VARIANTE “GS”, CHE SUPPORTA FINO AL 34 DENTI. NELLA FOTO A SEGUIRE LA CATENA SU CORONA GRANDE E PIGNONE GRANDE: IN QUESTE CONDIZIONI LA TRASMISSIONE ULTEGRA PUÒ LAVORARE OTTIMAMENTE.. SOTTO, DETTAGLI DEI COMANDI ELETTROMECCANICI PER FRENI RIM-BRAKE, GLI ST-R8050: LA LEVA FRENO È STATA RESA PIÙ ERGONOMICA E C’È UNA DEMARCAZIONE PIÙ NETTA TRA LE DUE “LEVE PULSANTE” DI DISCESA E SALITA, FINALIZZATA AD AGEVOLARNE L’OPERATIVITÀ CON LE DITA.

tradizionali “archetti” che agiscono sul cerchio.Insomma, quella che vi apprestate a leggere è una panoramica generale su come è possibile intendere oggi un gruppo completo di una bicicletta, e tutto questo all’interno delle possibilità che offre la componentistica Ultegra di più recente generazione, ossia quella che è stata introdotta sul mercato circa dodici mesi fa, e che come vedremo ha fatto un significativo passo avanti ri-

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spetto all’omologa componentistica Ultegra fino a quel momento sul mercato. COSA ABBIAMO PROVATO Sulla Argon18 Nitrogen, Shimano Italia ci ha montato un gruppo elettromeccanico di serie R8050 quasi completo: all’appello mancavano infatti freni rim brake, sostituiti per forza di cose dai freni Trp, quelli di tipo semi integrato, dedicati specificamente a questo frame. La

bici era completata da un paio di ruote a basso profilo WH-R500, gommate con coperture tubeless Hutchinson Fusion5. La cassetta montata era una 11-28, accoppiata a una guarnitura con corone 52-36. Stessa rapportatura per la Gallium Pro Disc, che ovviamente montava invece il reparto Ultegra meccanico di serie R8000, configurato con l’impianto frenante a disco e con rotori da 140 millimetri. Le ruote in questo caso erano le nuove WH-RS770, ossia le nuove ruote disc di classe Ultegra, alle quali dedicheremo un test specifico sul prossimo numero. Entrambe le bici erano poi equipaggiate con componenti di guida e con una sella della Pro (rispettivamente curva e attacco Vibe e una comodissima e leggera sella Stealth Carbon, in carbonio). Comprensiva di pedali, borraccia e portaborraccia, il peso della Nitrogen Pro è stato di 7.3 chili, quello della Gallium Pro Disc di 7.85 chili. Entrambe le bici erano in taglia S. I VANTAGGI COMUNI A ENTRAMBI I GRUPPI La componentistica di classe Ultegra è stata rinnovata totalmente da Shimano a inizio estate 2017, esattamente un anno dopo l’aggiornamento che ha interessato il gruppo di vertice Dura-Ace, licenziato nelle due versioni di serie 9100 e 9150 (meccanica e elettromeccanica) nel 2016. Come è facile imma-


ginare il fratello minore Ultegra muta le sue caratteristiche tecniche e anche il suo design dal fratello maggiora, ma, diversamente da quel che succedeva in passato, possiamo senza dubbio affermare che il passo avanti compiuto dal secondo reparto della Shimano è stato notevolissimo e che le differenze con il reparto di vertice si sono notevolmente accorciate, molto più di quello che succedeva in passato. Sempre nel raffronto con il precedente Ultegra (ovvero quello di classe 6800) a salire assieme alla qualità è stato anche il prezzo, ma di sicuro il livello di funzionalità, fruibilità e potenzialità generale è ben maggiore di quel che si deve spendere in più per comperarlo. Passiamo ai benefit comuni a tutta la nuova componentistica Ultegra: prima di tutto l’ampiezza delle moltipliche disponibili è superiore. Le combinazioni possibili sul plateau sono quattro (53/39, 52/36, 50/34 e 46/36) a cui si aggiunge un’ampiezza delle “scale” delle cassette posteriori notevolmente implementata rispetto al passato. Si va dalla scala più compatta 11-25 alla più generosa 11-34, ovvero una scala che apre al gruppo Ultegra orizzonti di utilizzo gravel o cicloturistici impegnati. Tra l’altro, approfittiamo per dire che l’eventuale declinazione off road dell’Ultegra è corroborata dalla recente introduzione del cambio Ultegra in versione “RX”, che grazie a uno speciale stabilizzatore applicato sul bilanciere assicura al componente prestazioni identiche a quelle dei cambi da mountain bike. Passiamo al capitolo“efficienza e durata

LA DIFFERENZA PIÙ EVIDENTE TRA IL GRUPPO ELETTROMECCANICO DI CLASSE DURAACE E IL NUOVO ELETTROMECCANICO ULTEGRA È IL PESO, CHE NEL SECONDO CASO È EVIDENTEMENTE PIÙ ELEVATO. SÌ, PERCHÉ A LIVELLO DI FEELING DELLA CAMBIATA DI VELOCITÀ E DI ERGONOMIA DELLE OPERAZIONI SUI COMANDI, I DUE REPARTI SONO PRATICAMENTE “IDENTICI”. UGUALI SONO ANCHE TUTTE LE POSSIBILITÀ E LE FUNZIONALITÀ DI INTERAZIONE CON LA E-TUBE, LA POTENTE PIATTAFORMA DI CONTROLLO, GESTIONE E DIAGNOSTICA DELLA COMPONENTISTICA ELETTROMECCANICA.

nel tempo”: prima di scrivere abbiamo pedalato parecchio con i due gruppi: tre mesi in tutto, percorrendo circa duemila kilometri con ogni bici. Una distanza che non ci autorizza a parlare di test di lunghissima, ma quanto meno di lunga durata. Durante questo tempo l’efficienza è stata garantita in pieno, ci è stato è davvero impossibile trovare anche piccoli segni di usura sulle parti soggette a frizione (corone, piuttosto che allungamento della catena) e l’unico

intervento necessario è stato qualche leggera registrazione sul registro del cavo del deragliatore posteriore. Una nota comune va infine riservata al look che emanano i due gruppi: quello estetico è aspetto personale, ci mancherebbe, ma a detta di chi scrive il nuovo Ultegra ha fatto un passo avanti anche nelle fattezze estetiche, nelle eleganza e nella “potenza” che emanano tutti i componenti (primi tra tutti la guarnitura e poi il cambio posteriore con l’architettura Shadow RD, che si abbina perfettamente ai pacchi pignoni con dentatura generosa per cui questo gruppo è in particolare dedicato). Anche in merito al look, insomma, mai la componentistica di classe Ultegra si era posizionata così vicina rispetto agli articoli di vertice di classe Dura-Ace.

LA GUARNITURA È TIPICAMENTE IL COMPONENTE PIÙ APPARISCENTE DI UNA TRASMISSIONE E NEL CASO DELL’ULTEGRA L’ARTICOLO CATTURA ANCOR PIÙ L’ATTENZIONE PERCHÉ IL DESIGN E L’ARCHITETTURA SONO IDENTICHE A QUELLE DELLA GUARNITURA DURA-ACE DI SERIE 9100. COME QUEST’ULTIMA LA ULTEGRA UTILIZZA UNA STRUTTURA INTERNAMENTE CAVA HOLLOWTECH II ED È DISPONIBILE IN UNA GAMMA AMPLISSIMA DI COMBINAZIONI CORONE: 46-36, 50-34, 53-39 O, COME NEL NOSTRO CASO, 52-36.

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IN ALTO, IN SENSO ORARIO: IL ROTORE SM-RT800 DA 140 MILLIMETRI CHE HA COMPLETATO LA NOSTRA ARGON18 GALLIUM PRO DISC. UTILIZZA LA TECNOLOGIA PROPRIETARIA ICE TECHNOLOGY FREEZA, CHE GRAZIE ALLA STRUTTURA INTERNA IN ALLUMINIO VELOCIZZA IL RAFFREDDAMENTO. A SEGUIRE UN DETTAGLIO SUL RELATIVO COMANDO MECCANICO ST-R8020: UNA VITE ALLOGGIATA SOTTO IL COPRICOMANDO CONSENTE DI REGOLARE IL FREE-STRIKE, OSSIA L’AMPIEZZA CON CUI LE PASTIGLIE VANNO A TOCCARE I ROTORI. A SEGUIRE, LA LEVA ST-R8020 DAVANTI ALLA ELETTROMECCANICA PER RIM BRAKE ST-R8050: SULLA PRIMA LA PARTE ALTA È LEGGERMENTE PIÙ PROMINENTE, A CAUSA DELLA PRESENZA ALL’INTERNO DEL SERBATOIO IDRAULICO. L’ERGONOMIA DELLA LEVA È PERÒ IDENTICA.

MECCANICO VS ELETTROMECCANICO: LA FRUIBILITÀ Parlando di fruibilità del gruppo trasmissione non intendiamo riferirci alla sua funzionalità, ma più che altro alle incombenze che il suo utilizzo comporta. Iniziamo allora dall’esperienza avuta con la componentistica meccanica di classe Ultegra R8000. Ribadiamo che per il cambio posteriore l’unico intervento è stata la registrazione della tensione del cavo, soprattutto quando, come nel caso nostro, la diversa posizione del perno passante utilizzato sulla Gallium Pro Disc ha determinato piccoli disallineamenti nelle tolleranze del cambio rispetto al telaio, che ovviamente vanno ricalibrati appunto con il registro di tensione. Per il deragliatore meccanico questa possibilità non esi-

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ste: rimane certo la necessità di gestire manualmente con la leva di comando la regolazione del cosiddetto trim, ossia attuare lo spostamento parziale della forchetta di deragliata quando la catena è posizionata in modo particolarmente “incrociato”, appunto per evitare che catena e forchetta si tocchino. La qualità e la durevolezza di cavi e guaine è risultata eccellente: durante l’utilizzo, a volte anche sotto l’acqua, fluidità e immediatezza della cambiata non sono scadute per niente, conservando sempre quel “family feeling” che ha reso celebri le trasmissioni Shimano. Passiamo ora alla fruibilità della trasmissione elettromeccanica di serie R8050. Gli interventi di regolazione sono in questo caso ridotti quasi a zero. Quel che conta è che la registrazione delle viti di battuta


IL CAMBIO RD-8000 È PROVVISTO DI SERIE DELL’HANGER, OVVERO IL GANCIO, IN ALLUMINIO CHE LO FISSA AL TELAIO E LO POSIZIONA NELLA CORRETTA PUNTO DI LAVORO. SUI QUEI TELAI CHE SONO PREDISPOSTI, L’HANGER PUÒ ANCHE ESSERE RIMOSSO E IL COMPONENTE FISSATO IN MODO DIRETTO AL TELAIO.

della corsa siano state eseguite bene: si tratta però di interventi che richiedono competenza, che se si acquista una bici di serie sono stati effettuati dall’installatore, mentre se si acquista il gruppo a parte è bene lasciar fare al meccanico specializzato. Ciò che può accadere nel corso dell’utilizzo è che l’utilizzo prolungato dei deragliatori (in particolare del cambio posteriore) possa portare il firmware del componente ad accumulare degli errori e quindi non essere più preciso al 100 per cento. In questo casi eventuali registrazioni si gestiscono velocemente utilizzando la modalità adjustement mode, che si attiva facilmente dal pulsante posto nella centralina del gruppo Ultegra Di2 e che si può effettuare sia con la bici fissa sul cavalletto o ancora meglio durante la marcia.

ramente indicativo: a incidere sui consumi è infatti lo stile di cambiata (cioè di quanto si utilizzano i due deragliatori) e il fatto se si usi più il deragliatore piuttosto che il cambio (il primo consuma molto di più). Ineccepibile e sicura è invece la qualità della batteria: il produttore dichiara che, solo dopo 500 cicli di ricarica, la batteria riduce all’ottanta per cento la sua funzionalità iniziale, ovvero dura di meno. Il tempo di ricarica non è velocissimo: un’ora e mezza ore per la ricarica completa, ma questo accade solo se la batteria è completamente scarica. La ricarica si effettua esclusivamente via cavo, occorre pertanto tenere vicina la bici a una presa elettrica o anche a un laptop, visto che il cavo ha una presa di uscita Usb (ma in questo caso il tempo di ricarica aumenta). Il feeling e la sensazione di cambiata con il nuovo Ultegra sono praticamente identiche a quelle del gruppo precedente e anche in questo caso minime sono le differenze con il Dura-Ace. La transizione sui pignoni posteriori è libera, ma il deragliatore posteriore inibisce automaticamente l’ingaggio dei due pignoni piccoli quando la catena è sulla corona piccola. Si

tratta di una modalità di utilizzo automatica, che preserva la durata della catena ottimizzandone la linea di lavoro. Con la catena sulla corona grande, invece, si può utilizzare tutta la scala utile, anche “incrociando” la linea di lavoro con la corona grande e il pignone grande. Solamente in questo caso l’azione della trasmissione è leggermente più rumorosa e il componente è soggetto a maggiore usura. Non ci sono però limiti funzionali con questa modalità di utilizzo. Come già accadeva per il precedente gruppo Ultegra elettromeccanico di generazione 6870 anche in questo caso c’è una interfacciabilità totale con la piattaforma proprietaria e-tube, che consente di gestire, personalizzare ed effettuare la diagnostica di tutti i componenti. Il vantaggio è che ora tutte queste funzioni sono possibili in modalità wireless, attraverso l’apposita antenna Di-Fly. In pratica, anche con la componentistica Ultegra Di2 è possibile impostare le cambiate in modalità automatico o semiautomatica (Full Syncro o Semi Syncro), esattamente come accade da due anni sulla piattaforma Di2 di classe Dura-Ace.

IL DERAGLIATORE MECCANICO FD-R8000 UTILIZZA UNA NUOVA ARCHITETTURA DEL BRACCETTO, CHE HA RIDOTTO LA FORZA RICHIESTA PER AZIONARE LA DERAGLIATA. IL PESO È DI SOLI 92 GRAMMI.

CAPITOLO “BATTERIA E ALIMENTAZIONE”: la casa madre parla di 1500 chilometri come autonomia dichiarata della batteria con forma cilindrica nascosta nel reggisella. Si tratta però di un valore puLIFESTYLE INBICI

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lunghe. Aggiungiamo, inoltre, che sia sui comandi elettromeccanici sia su quelli meccanici Shimano ha reso più accessibile la vite che, nascosta sotto al copricomando, consente di gestire la distanza della leva freno dal manubrio, per permettere così ai diversi utenti di trovare la posizione giusta in base alle loro caratteristiche corporee e/o ai loro gusti. In un’ottica comparativa è inoltre necessario aggiungere che la parte superiore del comando, ovverosia quella che si impugna nella cosiddetta presa intermedia, è leggermente più prominente e più sviluppata in larghezza sul comando meccanico per freni a disco, di quel che invece accade sull’omologo componente elettromeccanico per freni rim brake, che è invece morDETTAGLI SUI COMPONENTI NEVRALGICI DEL NUOVO SISTEMA FRENANTE IDRAULICO ULTEGRA: OLTRE A CONFERMARE L’INNESTO SUL TELAIO DI TIPO FLAT MOUNT LE NUOVE PINZE UTILIZZANO UN DESIGN MOLTO AERODINAMICO, CHE SI CONFORMA PERFETTAMENTE ALLO STELO DELLA FORCELLA O AL FODERO POSTERIORE. LE PINZE POSSONO INDIFFERENTEMENTE ALLOGGIARE PASTIGLIE IN RESINA O I TIPO METALLICO, A SECONDA DELLE CARATTERISTICHE DI FRENATA CHE SI VOGLIONO AVERE.

L’ERGONOMIA DEI SISTEMI Parlare di ergonomia di un gruppo trasmissione evidentemente impone di guardare ai comandi cambio, che in casa Shimano sono i famosi Dual Control Lever: diciamo allora che, rispetto al gruppo Ultegra, non ci sono differenze nella forma delle leve freno dei gruppi elettromeccanici e di quelli meccanici, mentre naturalmente di differenze si deve parlare in merito alla gestione della cambiata, che sui comandi Di2 è possibile grazie a due leve pulsante che attuano lo spostamento della catena con una pressione leggerissima, mentre sui comandi meccanici necessitano di uno spostamento radiale sulle due leve. Sulla nuova generazione di componentistica Ultegra l’ergonomia di entrambi i comandi è però migliorata. In particolare i Dual Control Lever elettromeccanici hanno distanziato maggiormente le due leve pulsante rispetto alla serie precedente, assicurando così massima ergonomia anche in situazioni difficili, ad esempio quando in inverno si indossano i guanti a dita

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fologicamente identica al comando meccanico per freni rim-brake. Infine, sempre a proposito di copricomando, la nuova componentistica Ultegra ha risolto brillantemente il problema dei manicotti che talvolta non si fissavano correttamente al corpo del comando, lasciando il margine inferiore in certi casi lasco. DISCO VS RIM BRAKE: PIANETI OPPOSTI Utilizzare una configurazione frenante “disc” e una rim brake è in fondo una scelta di campo, questione che va oltre la specifica valutazione della “piattaforma” prodotto di un determinato brand – appunto in questo caso la piattaforma Ultegra della Shimano. Questo è ancor più vero perché, nella nostra fattispecie, ci è stato impossibile mettere a confronto tutti i componenti disc e tutti quelli rim brake dell’Ultegra, visto che la Argon18 Nitrogen che abbiamo utilizzato necessitava di corpi freno “dedicati”, integrati nel telaio, nella fattispecie forniti dalla Trp. Tant’è, in un recente passato non ci è mancata l’occasione

di utilizzare bici con i freni rim brake Ultegra di classe R8000, per questo sappiamo bene come questo componente lavora e in genere come lavorano tutti i freni rim brake montati sulle bici da corsa. Non sarà per questo una novità sentire che a nostro giudizio un impianto a disco è nettamente superiore ad uno rim brake, lo è sia sotto il profilo della modulabilità della frenata, sia per quel che riguarda la potenza. Caratteristiche simili sono infatti insite in ogni impianto frenante a disco, a prescindere dal produttore e del modello di cui si vuol parlare. Scendendo più nello specifico, e dunque parlando di componenti “disco” inclusi nella nuova piattaforma Ultegra, possiamo dire che rispetto al precedente freno a disco il nuovo modello ha fatto ulteriori passi avanti sulla strada dell’efficienza, visto che sono stati ridotti al minimo (ma non annullati del tutto) gli occasionali rumori di sfregamento dovuti al disallineamento momentaneo dei rotori con le pastiglie. Sui precedenti pinze “non series” (le BRR785) i “zing zing” erano di sicuro più frequenti. Nel caso nostro noie del genere si sono manifestate raramente, ad esempio in seguito a frenate vigorose ed immediate. L’adesione delle pastiglie al rotore ha invece sempre assicurato massima silenziosità ed efficienza, salvo nei rarissimi casi in cui, ad esempio scendendo su di una discesa molto ripida e allo stesso tempo dissestata, siamo stati obbligati a tenere le leve freno continuamente premute (ma evidentemente questa è una situazione limite, che non incontra le normali necessità del ciclismo su strada). Per quel che riguarda i rotori, il diametro da 140 millimetri trovato montato sia sull’anteriore che sul posteriore (ma ricordiamo che esiste anche la misura 160 mm) incontra in pieno i favori di chi scrive, che crede che tale dimensionamento sia il migliore per il ciclismo stradistico, perché a differenza del rotore da 160 millimetri assicura una risposta meno “secca” non appena si premono le dia sulle leve, proprio perché il punto di presa delle pastiglie è posto in un area più vicina al centro della ruota e meno periferica. Appunto: quanto appena detto è solo una delle ragioni che portano chi scrive a considerare qualitativamente inferiore il tradizionale sistema frenante

rim brake. In presenza di pattini in gomma che agiscono su un cerchio quando il pattino “pinza” sul cerchio, la ruota nel suo insieme subisce una forza che è molto più difficile da controllare (leggi “modulabile”) rispetto a quel che accade con un rotore e delle pastiglie che lo bloccano. Non solo: se questa forza viene applicata durante l’esecuzione di una curva (quante volte vi è capitato di arrivare “lunghi” in discesa in curva ed essere obbligati a pinzare mentre siete in piega?) l’entità di questa forza che agisce sul cerchio va ad incidere sull’equilibrio di forze che ci reggono in equilibrio: la conseguenza è che nella migliore delle ipotesi l’esecuzione della curva diventa pessima, mentre nella peggiore si rischia di cadere. Con una bici “disc”, invece, i margini di recupero da un errore durante una curva in discesa sono più ampi. Dopo la potenza, la modulabilità e la maggiore capacità di correggere gli errori, un vantaggio ulteriore dei freni a disco è quello relativo all’efficienza sul bagnato, ma nell’ordine di priorità dei vantaggi di questo standard non è il primo. I limiti della frenata sul bagnato sono invece il primo, pesantissimo, handicap dei freni rim brake rispetto a quelli disc, situazione nella quale questo standard non può neanche provare a stabilire un confronto. Da ultima, ma ovviamente non per importanza, la questione “peso” che differenzia un impianto rim brake da uno disc brake: ovviamente il secondo è più pesante, ma l’aggravio di peso è inferiore a quel che tanti possono pensare. Se ci riferiamo alla componentistica Ultegra che abbiamo testato la differenza tra i due impianti completi è di circa 400 grammi, come documentano i dati specifici di peso delle componenti che riportiamo a seguire. Insomma, è una differenza inferiore ai 6, 7 etti etti di divario che solitamente separano una bici disc da una rim brake. Questo ancora una volta ci ricorda che a incidere nel peso finale è non solo il peso dei freni in sé, ma più che altro le caratteristiche strutturali del telaio (anche in questo caso i telai predisposti per freno a disco pesano necessariamente qualcosa in più rispetto ai “rim brake”) ed ovviamente la tipologia di ruote e componentistica montata.

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Durante i 4000 e piĂš kilometri di prova (2000 per bici):

ULTEGRA RIM-BRAKE VS ULTEGRA DISC-BRAKE, I PESI A CONFRONTO Ultegra a disco (con comandi meccanici) Comandi: 554 grammi (coppia); pinze: 296 grammi (coppia); rotori: 216 grammi (coppia 140 mm) Totale 1066 grammi Ultegra Di2 (elettromeccanico) per rim brake Comandi: 295 grammi (coppia); corpo freno ant. 182 grammi; corpo freno post: 178 grammi. Totale: 655 grammi 116

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la catena non è mai caduta dalle corone siamo intervenuti una volta sul registro del cambio meccanico siamo intervenuti una volta sul registro automatico del cambio elettromeccanico non abbiamo mai ricaricato la batteria del gruppo elettronico abbiamo pulito e ingrassato due volte la catena abbiamo sfruttato molto la capacità della corona grande di lavorare coi pignoni grandi non abbiamo rilevato segni di usura percepibili sui denti delle corone non abbiamo rilevato segni di usura percepibili sulle pastiglie



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SCATTO D’AUTORE 100 KM DEI FORTI by Newspower

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TRENTINO MTB

È partito lo SHOW a cura della redazione

Aspettando la “Dolomitica Brenta Bike”, il circuito dedicato alle ruote grasse ha celebrato le prime tre tappe: la “ValdiNon Bike” di Cavareno, la “Passo Buole Xtreme” di Ala e la “100 Km dei Forti” di Lavarone. Tre gare, lo stesso denominatore: spettacolo allo stato puro! Il circuito dedicato alle ruote grasse Trentino MTB è iniziato con “il botto” ed ora sta proseguendo le proprie esaltanti cavalcate dolomitiche come meglio non si potrebbe. Dalla “ValdiNon Bike” di Cavareno passando dalla “Passo Buole Xtreme” di Ala, per giungere alla “100 Km dei Forti” di Lavarone, Trentino MTB è nel pieno

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della propria stagione agonistica ed ora aspetta a braccia aperte la “Dolomitica Brenta Bike”. La tappa cimbra della “100 Km” ha visto migliaia di bikers al via lo scorso 10 giugno, tra i quali i migliori interpreti della MTB nostrana, con il leader del circuito Mattia Longa a mantenere il comando della graduatoria nonostante la decima posizione ottenuta a Lavarone,

mentre la veronese Lorena Zocca ha scalzato Chiara Burato per la maglia oro; la differenza fra le due l’ha fatta la scelta del percorso, marathon di 100 km per la prima, classic di 50 km per la seconda, una scelta spesso determinante ai fini delle classifiche conclusive. In testa nelle rispettive categorie ci sono poi Elia Andreollo (Junior), ottima new entry, Mattia Longa


“La mountain bike è una bella palestra per potersi confrontare con la montagna, con sé stessi, anche dal punto di vista emozionale è decisamente qualcosa di più” si protrarrà per tutta la durata della stagione. Il trentino Zamboni è giunto terzo nell’itinerario classic, guadagnando punti importanti anche ai fini dell’assoluta, a suo modesto parere “irraggiungibile”, mentre Daniele Zonta è riuscito nell’impresa “titanica” di superare Piergiorgio Dellagiacoma tra i Master 6, davvero una conquista non da poco, ma avvenuta anche a causa del taglio di una gomma da parte di quest’ultimo. “La mountain bike è una bella palestra per potersi confrontare con la montagna, con sé stessi, anche dal punto di vista emozionale è decisamente qualcosa di più”, e se lo dice il due volte vincitore del Giro d’Italia Gilberto Simoni c’è da crederci, andando ad esaltare tutta la regione sulla quale gravita Trentino MTB. La “Dolomitica Brenta Bike” della Val Rendena si svolge tra Pinzolo e Madonna di Campiglio lungo i percorsi sterrati “Ride” e “Race”: “Salite e discese spettacolari, ce n’è per tutti i gusti”, afferma ancora “Gibo”. Al tracciato “Race” di 55 km e 2.300 metri di dislivello si è aggiunto un “Ride” non competitivo di 42 km e 1.500 metri di dislivello, per portare più appassionati possibili nel magico mondo della mountain bike dolomitica. Partenza in quel di Pinzolo, sfilando verso Madonna di Campiglio dopo aver affrontato panorami mozzafiato, arditi single-track e maestose impennate, facendo infine ritorno a Pinzolo. La quarta prova di Trentino MTB richiede un appropriato allenamento ed una buona tecnica in discesa, immergendosi lungo i panorami sui massicci del Brenta e dell’Adamello-Presanella. In Val Rendena si viene avvolti dalla natura e dall’abbraccio dolomitico, con Pinzolo e Madonna di Campiglio a fungere da spettacolari passaggi “cittadini”. I percorsi regalano anche la vista impagabile al Rifugio Graffer, davvero un bijou per gli avventurieri del pedale. Itinerari “praticabili” anche dall’orso…, avvistato proprio mentre i responsabili stavano segnando il tracciato, quando a pochi passi dall’abitato di Mavignola si sono ritrovati a tu per tu con un giovane orso fermo a gustarsi qualche radice, il quale si è diretto poi in totale tranquillità nel bosco. Tutto questo (e molto altro) è Trentino MTB. La partenza della 100 Km dei Forti, foto Nespower

Atleti impegnati alla ValdiNon Bike, foto Nespower

(Open m.) è sempre una garanzia con Chiara Burato (Open f.), rivelazione di quest’anno alle prese con l’esperta Zocca, Marco Rosati (Elite Sport) non si smentisce mai, Andrea Clauser (Master 1) a sopravanzare Francesco Vaia, Andrea Zamboni è incollato alla propria leadership nei Master 2, Mauro Giovanetti (Master 3), l’altoatesino Stefan Ludwig (Master 4), Michele Di Geronimo (Master 5), Daniele Zonta (Master 6), mentre Andrea Zamboni e Lorena Zocca si confermano dei veri e propri artisti nella classifica degli scalatori ed il Team Todesco precede ora il Vertical Sport KTM Team fra le squadre, un duello che probabilmente LIFESTYLE INBICI

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Partenza de “La Vecia Ferovia dela Val de Fiemme”

“La Vecia Ferovia dela Val de Fiemme”

Novità in altaquota Il 5 agosto tra Ora e Molina si rinnova l’appuntamento con la grande classica del circuito Trentino Mtb. Ecco nel dettaglio tutte le modifiche ai percorsi “Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare”, diceva Winston Churchill, un “motto” preso alla lettera dal comitato organizzatore de “La 122

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Vecia Ferovia dela Val de Fiemme” del 5 agosto tra Ora (BZ) e Molina di Fiemme (TN). Una manifestazione – quella di Trentino MTB – collaudata ed avvincente, alla cui corte sfilano numerosi bikers. E dunque perché cambiare? Per un motivo molto semplice, per rinnovarsi offrendo sempre il meglio ai propri

appassionati. Nel dettaglio, del percorso del prossimo agosto “spariranno” 5 chilometri di pianura, affrontando subito la salita dopo la partenza da Ora e, arrivati a Molina di Fiemme in Località Presepio, ci sarà la deviazione fra i percorsi “classic” e “short”. Già, perché da quest’anno i tracciati della competizio-


ne trentina saranno ben due. Da qui al secondo GPM il passo è breve, prima di scendere in località Cascata rientrando a Molina sulla ciclabile e giungendo a Piazzol, mentre il percorso “short” dalla deviazione si immetterà direttamente verso il traguardo. La parte finale sarà dunque in single track, la partenza da Ora sulla via Nazionale ed un nuovo GPM ai 1300 metri di località “Arodolo”, e questo è solo un antipasto. La prossima sfilata agonistica messa in scena dalla ASD Polisportiva Molina di Fiemme riserva dunque un allettante menù, il “classic” si comporrà infatti di 47 km e 1.549 metri di dislivello, mentre lo “short” - dedicato agli escursionisti - metterà a disposizione 36 km e 1.027 metri di dislivello, alla volta di una 22.a edizione che si prospetta densa di piccoli ma grandi cambiamenti. I poco più di trenta chilometri e circa mille metri di dislivello sono affrontabili per chiunque, anche dai bikers che non hanno “macinato” molti sterrati prima di allora, permettendo anche a chi non ha molta affinità con le ruote grasse di salire in sella e concedersi una passeggiata turistica sulla via dell’antico trenino che collegava le due province. Possibilità di scelta percorso riservata anche ad escursionisti ed E-Bike, ricordando che le e-bike potranno sfilare solamente sul percorso di 47 km, mentre gli escursionisti a scelta lungo uno dei due itinerari di 47 o 36 km. “La Vecia” ha infatti un occhio di riguardo per tutti ed alla quota di 30 euro entro il 22 luglio ci si potrà così portare a casa una delle competizioni più partecipate dello Stivale su ruote artigliate. Le novità non sono finite, perché – come sempre – sarà a disposizione anche la lotteria e a “fare notizia” sono gli innumerevoli premi che la manifestazione riserva, a cominciare da un sorteggio fra tutti i partecipanti presenti in cui verranno estratti premi di grande valore, come un favoloso soggiorno presso BV Kalafiorita Resort (Calabria) di una settimana per due persone in pensione completa. Per quanto riguarda la classifica assoluta maschile, il primo riceverà uno skipass stagionale Dolomiti Superski, il secondo uno skipass stagionale Fiemme Obereggen, il terzo una bici Olympia, il quarto skiroll Nones Sport Globulo Nero ed il quinto Mi-

ni-Camcorder Full HD Abus. Le migliori atlete al femminile riceveranno uno skipass stagionale Fiemme Obereggen (1.a), una bici Olympia (2.a), skiroll Nones Sport Globulo Nero (3.a) e premi in natura dalla 4.a alla 10.a classificata. Non solo atleti d’élite, anche gli escursionisti maschi e femmine avranno ciò che meritano, così come gli e-bikers, mentre le società più numerose riceveranno, nell’ordine, un soggiorno Villaggio in pensione completa Club BV, una bici Olympia, un materasso Memory Lav System e premi in natura per la

quarta e quinta società. Riconoscimenti per gli atleti anche all’interno della gara con il GP della Montagna a Passo San Lugano, al km 27, il traguardo volante “Segheria Berti” al km 32 della stazione di Castello e ancora premi in natura a tutti i migliori classificati master (dal 1° al 5°) e premi in denaro ai migliori classificati delle categorie élite, under 23, junior e donne, completando un montepremi in denaro totale di ben 2.500 euro. Foto newspower.it

Una manifestazione – quella di Trentino MTB – collaudata ed avvincente, alla cui corte sfilano numerosi bikers. E dunque perché cambiare? Per un motivo molto semplice, per rinnovarsi offrendo sempre il meglio ai propri appassionati.

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Team Focus Selle Italia

“Team Relay” MTB

Trionfa il team

Focus Selle Italia In Val Casies assegnate le maglie tricolori per le categorie agonisti, master e giovanili. Ecco tutti i premiati 124

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Assegnazione delle maglie tricolori “Team Relay” di MTB in Val Casies (BZ) lo scorso 23 giugno, per le categorie agonisti, master e giovanili. Ha vinto il team Focus Selle Italia composto da Zaccaria Toccoli, le due atlete di casa Lisa Rabensteiner e Greta Seiwald, quindi Gioele Bertolini e Andrea Tiberi. Toccoli è partito subito alla

grande ed al primo cambio ha passato il testimone a Lisa Rabensteiner con oltre 1’ sul team Velociraptors e quasi 5’ sul team KTM Protek, che nel terzo giro ha ribaltato la situazione con Beltain Schmid passato al comando e con un buon margine. Gioele Bertolini nella quarta frazione ci ha messo del suo ed ha passato il testimone ad Andrea


Tiberi con un netto vantaggio, e così all’ultimo frazionista è bastato controllare la situazione arrivando al traguardo a braccia alzate (1h18’33”), atteso dai compagni del Team Focus con la bandiera tricolore in mano. Nonostante il grande impegno degli ultimi due frazionisti della KTM, il team con Letizia Motalli, Denis Fumarola, Beltain Schmid, Serena Calvetti e Lorenzo Samparisi si è dovuto “accontentare” dell’argento, davanti alla formazione più giovane in gara, quella del team veneziano Velociraptors. In gara anche i master, con il Team Spacebikes a fare la voce grossa e con Gabriele Depaul impegnato in prima e ultima frazione. Decisamente vivace anche la gara giovanile, con il team Melavì Focus ed il Team Cicli Lucchini a “giocare” a gatto e topo, con il quintetto valtellinese a festeggiare le maglie tricolori davanti ai valdostani ed agli altoatesini del Team St Lorenzen. Dopo l’abbuffata di complimenti per il Campionato Italiano Team Relay, ancora applausi per la SSV Pichl/Gsies che il giorno seguente ha proposto in Val Casies anche la Coppa Italia giovanile di MTB. Dalle 8.30 alle 14 è stato uno sfrecciare di mtb per le categorie giovanili, con la Valle d’Aosta a fare la voce grossa ed a primeggiare nella speciale classifica per comitati regionali.

Lombardia e Piemonte sono pure salite sul podio, ai danni del comitato locale bolzanino che si è dovuto accontentare della medaglia di legno. E pensare che nella prima gara di giornata, donne allievi, Noemi Plankesteiner del comitato bolzanino si metteva in tasca una bella vittoria davanti alla Valle d’Aosta di Giulia Challancin e alla squadra 2 di Bolzano con Lea Bacher. Nella categoria allieve 2° anno Sylvie Truc regalava la vittoria al Piemonte, ma ha rischiato non poco perché al secondo giro la valdostana Gaia Tormena metteva il turbo, pericolo rientrato poi nell’ultima frazione con la Truc che con un 10’48” siglava il miglior tempo di giornata per la categoria. Al terzo posto le Marche con Nefelly Mangiaterra. E sempre in campo femminile Viola Simonini portava punti preziosi al comitato lombardo con una vittoria nella Esordienti 1° anno, per nulla scontata, con 2” di vantaggio su Gaia Gasperini (Liguria) passata al comando il primo giro con 10”. Sul podio anche Lombardia2 con Valentina Corvi, sabato in tricolore con la Team Relay. Ancora applausi scroscianti per l’altoatesina Sophie Auer che ha vinto, e stavolta con margine (55”), la categoria Esordienti 2° anno davanti alla lombarda Benedetta Brafa ed all’altra altoatesina Leni Marie Radmüller. Poi è toccato ai maschi, con i più

giovani (Esordienti 1° anno) a scambiarsi la pole position tra Filippo Musso (Valle d’Aosta), al comando il primo giro, e Carlo Bonetto (Lombardia) che, scaldati i motori strada facendo, nel finale ha avuto un bell’acuto aggiudicandosi la vittoria davanti al valdostano Etienne Grimoud. Per gli Esordienti 2° anno c’è stato l’acuto del piemontese Marco Betteo, sempre al comando tanto da guadagnare a fine gara 40” su Ivan Franzini (Lombardia) e 1’7” su Carlo Cortesi (Liguria). Quattro, invece che tre, i giri per gli allievi. Sicuramente la vittoria di Filippo Agostinacchio (Allievi 1° anno) ha dato un contributo notevole al successo finale della Valle d’Aosta. L’ultima gara, Allievi 2° anno, ha lasciato tutti col fiato sospeso fino all’ultimo. Al comando si era formato un terzetto con Simone Minotti (Lombardia), Manuel Capra (Trentino) e Diego Caviglia (Liguria) il quale nelle ultime battute ha sorpreso tutti con un prodigioso allungo, tanto da chiudere con 25” su Minotti e 45” su Capra. Insomma una due giorni in Val Casies di bella mtb, ne è convinto anche il CT Mirko Celestino che si è complimentato con i protagonisti. Per la SSV Pichl/Gsies ancora complimenti e l’arrivederci al 2020 con gli Assoluti d’Italia, ma per il 2019 è stata anche presentata la candidatura per il Campionato Italiano Giovanile.

I Campioni Italiani cat. Giovani foto newspower.it


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SCATTO D’AUTORE IL PASSO BUOLE XTREME 2018 by Newspower.it

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// FOCUS SULLE AZIENDE

LE NOVITÀ DEL 2019 da Mondo Bike di Maurizio Coccia

Caramelle energizzanti, capi tecnici e componenti avveniristici: direttamente dalla fiera di Eurobike, ecco le anteprime mondiali dell’industria del ciclo. Pro Action

C

arbo Sprint Gummy sono le nuove barrette energetiche gommose, facili da masticare e utili per fornire energia anche a persone che non riescono ad assumere gel liquidi. Disponibili in due versioni: Carbo Sprint Gummy Go, a base di carboidrati veloci e caffeina (80 mg) al gusto frutti rossi; è suddivisa in porzioni da assumersi durante l’attività ed è utile per ridurre la fatica muscolare.

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Carbo Sprint Gummy race è invece a base di carboidrati veloci e aminoacidi a catena ramificata (1 g), al gusto mela verde. Pratica perché anch’essa suddivisa in porzioni da assumersi durante l’attività, è utile per ridurre la fatica muscolare. www.proaction.it


Vittoria

A

ir-Liner è un inserto per pneumatici tubeless che ottiene il compromesso tra stabilità e aderenza e consente alle coperture di rimanere stabili, aderenti e controllabili anche a basse pressioni. Il suo segreto è la forma innovativa e il polimero di cui è costituito: estremamente resistente e leggero. Questi fattori fanno di Air-Liner l’inserto in grado di aumentare le prestazioni degli pneumatici mtb tubeless ad un livello più alto. All’interno dello pneumatico, Air-Liner sostituisce una parte del volume occupato dall’aria. La minore quantità di aria consente allo

Sportful

U

fficializzata durante la fiera di Eurobike, la Evo Jersey è una maglia che arriva dal gruppo dei pro. È stata infatti testata e sviluppata dai corridori World Tour vestiti “Sportful”. La struttura in tessuto multiplo impiega cuciture minime sul colletto per il massimo comfort e un look pulito. La zip intera è una YKK Vislon. La vestibilità è perfetta grazie al tessuto elastico sulle spalle. La manica è con elastico con taglio al laser e grip al silicone. Nella parte posteriore troviamo tre tasche posteriori con inserti riflettenti discreti. La maglia trova nell’Ltd Bibshort il

pneumatico di deformarsi al terreno e di attutire gli urti in modo più efficace rispetto a una normale copertura tubeless. Ne beneficia l’intera esperienza di guida, più controllata e sicura. Danneggiare i cerchi su rocce taglienti è un ricordo del passato. Air-Liner è disponibile in quattro misure, per assecondare al meglio l’utilizzo cross country, enduro, trail e “Plus”. È compatibile con tutti i modelli di pneumatici in commercio. www.vittoria.com

suo pantaloncino ideale: anche questo nuovissimo, anche questo di derivazione professionale: le gambe sono in tessuto a compressione AeroFlow, aerodinamico e traspirante. Le cuciture sono piatte per aumentare comfort e vestibilità. Il tessuto Lycra da 220 grammi garantisce ottimo supporto muscolare. Il fondogamba è invisibile, con grip al silicone. Completano il pantalone due tasche porta radio nascoste. www.sportful.com

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Mavic

S

i chiama Cosmic Ultimate SL la nuova scarpa da scalatori della francese Mavic. Disponibile in due colori, nero oppure il classico giallo “Mavic”, questa calzatura ultraleggera è stata già scelta da molti corridori professionisti. Il profilo ribassato attorno alla caviglia aumenta la libertà di movimento. Da parte sua, con 10 grammi in meno della precedente, la nuova suola Full Carbon Energy Slr riduce il peso durante la rotazione della pedalata. Ha inoltre uno spessore ultrasottile, solo 6.5 millimetri, per una migliore trasmissione di potenza. La to-

Michelin

W

Wild Enduro Rear è uno pneumatico Enduro specifico per la ruota posteriore. Offre il miglior equilibrio tra grip e robustezza. Grazie alla scultura ottimizzata per la ruota posteriore assicura un rendimento eccellente e massima progressività. L’architettura di costruzione si avvale della tecnologia GumX3D, che abbina grip, trazione e rendimento. La carcassa è la Gravity Shield 3x33 Tpi, leggera e robusta, adatta alla pratica Enduro posteriore; il rinforzo Pinch Protection collocato sopra ai cerchietti assicura l’assorbimento dell’energia in presenza di urti e pizzicature. Lo Wild Enduro Rear è un tubeless ready, disponibile nella doppia dimensione 27.5 e 29 pollici. www.michelin.it

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maia ha una struttura di supporto in Tpu saldata al laser ai pannelli laterali in rete ultraleggera. La costruzione è senza cuciture, per mantenere fresco il piede anche nelle giornate torride. La calzata è anatomica, offre una tenuta precisa del tallone, mentre la punta arrotondata aumenta la comodità. Il sistema di chiusura si affida ad un singolo micrometrico Boa IP1, per una regolazione precisa (incrementi di ritenzione di 1 millimetro) e uno sgancio rapido. www.mavic.com


Bicycle Line

I

l vertice della collezione primavera/estate 2019 di Bicycle Line è rappresentato dalla Squadra, una salopette realizzata con il Premium Feel. Si tratta di un tessuto elastico e super confortevole, impalbabile sulla pelle, ma che realizza bene la sua funzione fasciante grazie ad una struttura ad elevata compressione. Il fondo gamba ha un leggero elastico a vista, dal design molto elegante e dalla posizione ferma, che non si sposta di un millimetro. Le bretelle hanno una costruzione particolare: assicurano supporto senza costrizioni oltre alla massima traspirabilità e freschezza, facilitando il trasporto del sudore verso l’esterno. Davanti, tagliate a vivo, le bretelle avvolgono morbidamente il dorso e, grazie a dei micro orifici che si aprono quando si è in posizione ciclistica, la zona si mantiene asciutta. Nella zona posteriore un pannello in rete aumenta il trasporto dell’umidità e assicura la corretta temperatura corporea durante l’attività. A completare la salopette è il fondello Road Performance Space, fornito dalla Elastic Interface: specifico per distanze Ultra (oltre sette ore in sella), questo fondello con densità nei punti di maggiore pressione perineale di 200 kg/m³, utilizza il sistema Hybrid Cell System che crea un’imbottitura più sottile e leggera rispetto a un gel, ma decisamente più traspirante e resistente all’usura. www.bicycle-line.com

Wilier

C

ento10Pro è l’evoluzione diretta della Cento10Air, con una reattività migliorata e una rigidità torsionale aumentata di sei punti percentuali. È una bici rinnovata, che consente di scegliere tra freno di tipo tradizionale o freno a disco. Il nuovo modello esprime il massimo in termini di integrazione dei componenti con il telaio: ad esempio, il sofisticato design del tubo sterzo combinato con la speciale dimensione dei cuscinetti permette di far scorrere interamente

all’interno del telaio fino a tre guaine, che a loro volta entrano nel tubo sterzo grazie al manubrio in pezzo unico Alabarda, che accoglie al suo interno le guaine cambio e freno provenienti dai comandi e le indirizzano con la corretta angolatura all’interno del tubo di sterzo. Il nuovo modello investe grossa parte del suo patrimonio tecnologico nell’aerodinamica, visto che è stato sviluppato secondo le regole Naca-Low-Speed, algoritmi di estrazione aeronautica che permettono di dimensionare i tubi del telaio con la massima efficienza aerodinamica possibile. www.wilier.it

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SCATTO D’AUTORE TRENTINO MTB - DOLOMITICA BRENTA BIKE 2018 Newspower.it

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Magico weekend

Lugano

di Roberto Diani

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Itinerari Svizzeri

Abbiamo trascorso l’ultimo fine settimana di maggio in Ticino in sella alla nostra e-mtb, percorrendo in lungo e in largo i sentieri che hanno come punto di partenza la città più mediterranea della Confederazione elvetica

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Il Ticino e, in particolare la regione di Lugano, rappresenta la Svizzera più vicina all’Italia e non solo per una questione geografica. La lingua e il clima ci fanno sentire a casa nostra, le proverbiali precisione, puntualità e organizzazione svizzera sono un plus che rende più agevole la permanenza in terra elvetica. Siamo arrivati a Lugano nel tardo pomeriggio di venerdì, in tempo per sistemarci in un albergo accogliente e andare a cena in un ottimo ristorante sul lungolago. La serata si è conclusa piacevolmente in una birreria animata dalla gioventù locale. Il mattino successivo, dopo una lauta colazione, ci ha raggiunto Stefano, la nostra guida. Caricate le nostre e-mtb sullo shuttle abbiamo raggiunto Tesserete, località sopra Lugano, punto di partenza del nostro tour “Capriasca Bike”.

Si parte con una salita asfaltata e, arrivati in località Signora, ci inoltriamo in un suggestivo bosco, attraverso un impegnativo single-trail che fa emergere le capacità di conduzione dei driver fortunatamente assistiti da e-mtb. Stefano, la nostra esperta guida, ha sapientemente modificato il percorso, proprio in funzione dell’utilizzo di mtb a pedalata assistita. Raggiunta una quota intorno ai 1.600 m, le difficoltà sia di guida che fisiche sono bruscamente diminuite permettendoci di raggiungere la capanna del Monte Bar in perfetta scioltezza. Questo moderno rifugio è stato di recente rifatto secondo concetti architettonici che contrastano decisamente con il passato: la sua forma squadrata e le architetture moderne la fanno risaltare rispetto all’ambiente naturale nel quale è felicemente collocata. Realizzata su quattro piani, dispone di 42 posti letto suddivisi in 3 camere doppie, 6 camere da 4 posti e 2 da 6 letti. Il pernottamento parte da un minimo di 25€. Il ristorante dispone di 60 posti a sedere nel refettorio interno e di una terrazza che può ospitare 80 commensali. Il piano seminterrato è dedicato ai Biker e dispone di caricabatterie Bosch, Shimano e Brose e di altre attrezzature indispensabili per i ciclisti. 136

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Itinerari Svizzeri

Il menu proposto dal ristorante è succulento ed è realizzato con materie prime di ottima qualità provenienti anche dalle malghe del Monte Bar. Il menu proposto dal ristorante è succulento ed è realizzato con materie prime di ottima qualità provenienti anche dalle malghe del Monte Bar. Come tutti gli Hotel Bike Friendly anche la Capanna del Monte Bar dispone di un locale-deposito chiuso e per lavaggio bicicletta, di informazioni varie e mappe sugli itinerari in mtb, del servizio di noleggio mtb e assistenza tecnica con attrezzi e banco di lavoro

e/o supporto di montaggio, possibilità di tour accompagnati da guida specializzata, orari dei pasti orientati alle esigenze del ciclista (su richiesta), colazione abbondante ed equilibrata, pacchetto lunch su richiesta, servizio lavaggio e asciugatura indumenti e doccia prima della partenza a fine soggiorno. La pausa pranzo ci ha permesso di ricaricare, parzialmente, le nostre batterie, pertanto, abbiamo

potuto allungare il nostro percorso approfittando dei suggerimenti della nostra guida che ci ha regalato un fuori-programma davvero sfizioso, caratterizzato da un lungo e impegnativo single-trail in discesa. Risaliti al Motto della Croce, siamo rientrati nel percorso originale. Qui è d’obbligo una sosta per godere dello splendido panorama che spazia dai Denti della Vecchia al bacino di Lu-

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Itinerari Svizzeri

Il percorso del “Castagno Bike” comporta abilità di guida inferiori a quelle richieste dal “Capriasca Bike” ma, le deviazioni dal tracciato originale escogitate dalla nostra guida ci hanno portato a pedalare su divertenti single-trail nei boschi di castagno e di betulla che ricoprono abbondantemente l’Alto Malcantone.

gano e al Malcantone fino al Monte Tamaro e, nelle giornate più limpide, lo sguardo arriva fino al Monte Rosa. Il resto del percorso, quasi completamente in discesa, si snoda tra malghe e boschi riportandoci gradualmente, ma inesorabilmente a zone più antropizzate. Il giorno successivo sveglia all’alba per affrontare senza fretta l’escursione denominata “Castagno Bike”, il bosco di castagno è, infatti, l’ambiente tipico dell’Alto Malcantone, meta del nostro tour. In tempi passati il legno di castagno e le castagne hanno rappresentato una risorsa importante per le popolazioni locali, tanto è vero che la civiltà rurale del Ticino, fino a 50 anni or sono si potrebbe, a buon diritto, denominare la “civiltà del castagno”.

Si stima che nel Medioevo ogni ticinese consumasse ben 100 kg di castagne all’anno. Ora il consumo è sceso a 1 kg pro capite, ma questo frutto è rimasto ben radicato nel cuore della popolazione. Tra Arosio e Breno abbiamo trovato costruzioni perfettamente ristrutturate e dotate di tabelloni che ci hanno fornito interessanti informazioni sulla lavorazione di questo legname e dei suoi frutti. Il percorso del “Castagno Bike” comporta abilità di guida inferiori a quelle richieste dal “Capriasca Bike” ma, le deviazioni dal tracciato originale escogitate dalla nostra guida ci hanno portato a pedalare su divertenti single-trail nei boschi di castagno e di betulla che ricoprono abbondantemente l’Alto Malcantone.

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La sosta per l’eccellente pranzo ha regalato al gruppetto di e-Biker momenti di sana convivialità. Il tour è continuato su larghi tratturi intervallati da divertenti singletrail, l’ultimo dei quali ha richiesto buone capacità di guida.

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Itinerari Svizzeri

Prima di pranzo un’ulteriore deviazione nella rigogliosa valle della Magliasina ci ha permesso di visitare l’unico maglio a leva attualmente esistente in Svizzera. Costruito nel 1860 dalla famiglia Righetti, fino al 1951 ha prodotto utensili per il contadino e il boscaiolo: falci, falcetti, vanghe, badili, forche, picconi, scuri, martelli, cunei, chiodi e incudini. Il cuore della forgia è rappresentato da un albero a “Cammes” che trasforma il movimento rotatorio del mulino ad acqua in movimento verticale

alternato che, battendo sull’incudine, permetteva di modellare l’acciaio realizzando attrezzi e oggetti di uso comune. L’edificio è stato ristrutturato nel 1992 dalla “Fondazione Maglio del Malcantone”. L’area circostante è l’ideale per un picnic e per un bagno nelle limpide acque del fiume Magliasina. La sosta per l’eccellente pranzo ha regalato al gruppetto di e-Biker momenti di sana convivialità. Il tour è continuato su larghi tratturi intervallati da divertenti single-trail, l’ultimo dei quali ha richiesto buone capacità di guida. Tornati a Cademario, punto di partenza del nostro per-

corso nell’Alto Malcantone, abbiamo caricato le nostre e-mtb sullo shuttle che ci ha condotto al nostro hotel. Dopo una doccia è arrivato il momento dei saluti tra compagni di viaggio che in un solo weekend hanno saputo instaurare un rapporto di amicizia, in questo favoriti dalle bellezze naturali e dalla calda accoglienza che ci ha riservato la regione di Lugano. Per Informazioni: www.luganoturismo.ch/brochure www.luganoregion.com www.bike-port.ch

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// COME NUTRIRSI

Come scegliere

un integratore alimentare? a cura del dott. Alexander Bertuccioli

Tante proposte sul mercato generano spesso un generale disorientamento tra i consumatori. Ecco come scegliere i prodotti più corretti Domanda più che legittima, che prima o poi finisce col mettere in crisi qualsiasi appassionato, praticante, dilettante o professionista che dir si voglia. Sì, anche professionisti, disorientati dal tourbillon di informazioni che escono periodicamente dalla centrifiuga della rete, dando vita ad un vero e proprio “bombarda-

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mento” nei confronti del consumatore finale. Un bombardamento nei cui confronti, soprattutto i soggetti sottoposti a notevoli stress e pressioni, finiscono col cedere, utilizzando diverse tipologie di prodotti, non sempre utili, soprattutto tenendo conto delle specifiche caratteristiche della disciplina in questione e dei singoli atleti. Da dove partire quindi nella scelta di un prodotto genericamente identificato come “integratore alimentare”? Sicuramente dai fondamentali, definendo le specifiche applicazioni relative ai prodotti di fronte a cui è possibile

trovarsi, capendone il corretto utilizzo e, soprattutto, le reali funzionalità. Quali sono queste applicazioni: 1. INTEGRAZIONE: funzionale completamento di macro e micro nutrienti normalmente assunti mediante la comune alimentazione, realizzata con la finalità di completare il pool di sostanze necessarie al corretto funzionamento dell’organismo favorendo il mantenimento di un corretto stato di salute. L’integrazione è un concetto applicativo che in pratica può applicarsi a tutti


2. SUPPLEMENTAZIONE: aggiunta di un surplus di sostanze nutrienti (attingendo sia ai macro che hai micro nutrienti) raggiungendo livelli superiori a quanto normalmente fato con l’integrazione, realizzata con la finalità di mettere l’organismo in grado di sopportare elevati carichi di lavoro al massimo delle sue possibilità e per periodi prolungati. La supplementazione è un concetto applicabile ad atleti agonisti o comunque sottoposti a un carico di lavoro estremamente elevato, la principale differenza tra integrazione e supplementazione risiede proprio nei dosaggi utilizzati. 3. NUTRACEUTICA: Neologismo sincratico che esprime i concetti di nutrizione e farmaceutico, sono nutraceutiche quindi tutte quelle sostanze che con diversi meccanismi riescono ad esercitare effetti benefici (antinfiammatori, antiossidanti, diuretico-drenanti ecc) sull’organismo umano. Le sostanze nutraceutiche vengono generalmente estratte da diverse fonti, in prevalenza vegetali e in secondo piano animali e minerali , rappresentando spesso una sorta di estratto di alimento concentrato , particolarmente ricco in sostanze spesso non normalmente presenti a livello dell’organismo umano. Quindi, prima di pensare all’utilizzo di un prodotto, la prima di domanda da porsi è: qual è la necessità di base? Integrare, supplementare o utilizzare un nutraceutico? Una volta definito questo aspetto posso iniziare a pensare a quali sono gli obiettivi principali per l’assunzione di questo prodotto: ottimizzare la fornitura di energia? I processi di recupero? Affrontare una problematica specifica (es: articolazione che si infiamma frequentemente)? Questo si rivelerà assolutamente fondamentale per capire dove orientarsi successivamente per la scelta dei prodotti. Molte case produttrici recentemente cercano di semplificare il tutto venendo ulteriormente incontro alla clientela, indicando direttamente sulla confezione quali sono le principali applicazioni a cui il prodotto può essere riservato (es: pre, during, post o una combinazione di esse), così che anche in assenza di personale tecnico dovutamente formato - il consumatore

possa partire con un’idea più chiara orientandosi a priori verso il prodotto più idoneo alla sua necessità. A questo punto la scelta sembrerebbe finita ma non lo è, in quanto rimangono da considerare eventuali intolleranze, allergie o comunque presenza di prodotti non desiderati per scelta etica. Per cui sarà comunque importante valutare, se si dovesse rientrare in una delle suddette situazioni, l’eventuale presenza nel

prodotto di allergeni, glutine, lattosio o prodotti di origine animale che non si desidera consumare. Solo a questo punto la scelta si più dire consapevole, quantomeno per gli aspetti generali che dovrebbero in linea di massima permettere un orientamento generale verso il prodotto o la categoria di prodotti più idonei alle specifiche necessità di ognuno.

INTEGRAZIONE - SUPPLEMENTAZIONE - NUTRACEUTICA

Quindi, prima di pensare all’utilizzo di un prodotto, la prima di domanda da porsi è: qual è la necessità di base? Integrare, supplementare o utilizzare un nutraceutico?

Dr Alexander Bertuccioli Biologo nutrizionista Perfezionato in Nutrizione in Condizioni Fisiologiche DISB - Scuola di Scienze Biomediche, Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo” Comitato scientifico Associazione Italiana Fitness e Medicina – Comitato scientifico Federazione Italiana Fitness.

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INTERNAZIONALI D’ITALIA SERIES

Il

nuovo

che avanza di Ilenia Lazzaro

foto Emanuele Barbafo

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Gioele Bertolini

foto Michele Mondini

Con la tappa di Lamosano di Chies D’Alpago (BL) si è chiusa l’edizione 2018 degli Internazionali D’ItaliaSeries, il principale circuito nazionale dedicato alla specialità olimpica della mountain bike, patrocinato da Federazione Ciclistica Italiana ed Unione Ciclistica Internazionale e organizzato dalla CM Outdoor.

Un’edizione contrassegnata dal nuovo che avanza: vuoi per i protagonisti, vuoi per l’inserimento delle due nuove tappe al centro Italia in un calendario che ospitava anche due classiche del panorama fuoristrada.

Un’edizione contrassegnata dal nuovo che avanza: vuoi per i protagonisti, vuoi per l’inserimento delle due nuove tappe al centro Italia in un calendario che ospitava anche due classiche del panorama fuoristrada. Si è partiti domenica 15 aprile da Nalles (BZ) con il consueto appuntamento con la Marlene Südtirol Sunshine Race, gara quest’anno di categoria HC. Con un parterre da Coppa del Mondo e quasi 800 atleti al via hanno primeggiato gli svizzeri Mathias Flückiger (open) e Sina Frei (donne open). Il 22 aprile, Internazionali d’Italia Series ha sconfinato per la prima volta da quando è stata istituita a San Marino per il “Titano XCO”, su un tracciato già sperimentato con successo in occasione dei Giochi dei Piccoli Stati d’Europa nel 2017. Tra gli open l’ha spuntata l’estone Martin Loo con il nostro Gioele Bertolini 2° e in lotta per la classifica finale. Tra le donne la campionessa italiana Serena Calvetti ha avuto la meglio sulla giovanissima Marika Tovo, neo under 23 capace di reggere il ritmo delle elite e lottare per la vittoria. La terza tappa in calendario si è tenuta il 10 giugno, quando il circuito ha puntato verso il centro Italia per fermarsi a Pineto (TE), sede dell’Aprutium Race. Anche questa tappa ha rappresentato una novità, con la bella vittoria del campione Italiano Gerhard Kerschbaumer su Gioele Bertolini, nuovo leader del circuito. Tra le donne Marika Tovo conquista il successo assoluto e scavalca la tricolore Calvetti nella generale open. Il 30 giugno i nuovi vincitori di Internazionali d’Italia Series sono stati incoronati al termine della prova conclusiva, Alpago MTB Trophy, a Lamosano di Chies d’Alpago (BL): il ritorno di una grande classica della MTB italiana, sede dei Campionati Europei di Cross Country del 2015, che in questa stagione ha ospitato anche i Campionati Italiani Giovanili e i tricolori XCE. La vittoria di tappa è andata ancora una volta al campione LIFESTYLE INBICI

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Gerhard Kerschbaumer foto Michele Mondini

Tra le donne, la campionessa europea Yana Belomoina vince dopo una cavalcata solitaria sulla giovane under 23 (pluricampionessa mondiale anche nel ciclocross) Italiano Gerhard Kerschbaumer che di lì a pochi giorni salirà anche sul podio della Coppa del Mondo in Val di Sole, con uno sprint che resterà alla storia contro “le roi” Nino Schurter. Con la quarta posizione assoluta Gioele Bertolini conquista gli Internazionali d’Italia Series 2018 con un margine di 8 punti sull’estone Martin Loo, con terzo Gerhard Kerschbaumer. Tra le donne, la campionessa europea Yana Belomoina vince dopo una cavalcata solitaria sulla giovane under 23 (pluricampionessa mondiale anche nel ciclocross) Evie Richards e su Marika

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Tovo, che grazie all’importante podio finale consolida la leadership nella generale degli Internazionali d’Italia Series e porta a casa l’ambita maglia assoluta femminile. Dietro alla Tovo secondo posto nella generale per la tricolore elite Serena Calvetti e terzo posto per un’altra giovanissima, Giorgia Marchet, compagna di squadra della Tovo. Incerta anche la classifica finale Juniores al maschile che ha premiato la continuità di Simone Avondetto, su Zaccaria Toccoli e Filippo Fontana. Ben più semplice invece la vittoria di Giada Specia tra le donne juniores; l’atleta veneta ha dominato su Gaia Pagotto e Julia Maria Graf. Al di là delle indicazioni di classifica, il circuito sta crescendo anno dopo anno in termini di visibilità e popolarità, tra gli addetti ai lavori e gli atleti. Le tappe novità hanno pagato però un po’ lo scotto di alcune concomitanze; speriamo che per il prossimo anno i calendari ne tengano conto. Del resto non è mai facile visto l’aumento massiccio di manifestazioni off road sul territorio europeo. Buona è stata la qualità tecnica dei percorsi, che ha messo in luce le reali condizioni dei

nostri, come buona è stata la partecipazione di atleti stranieri con al via tantissima qualità (vedi campioni del mondo, campioni europei e campioni nazionali nelle varie categorie). La Federazione Ciclistica Italiana ha ufficializzato l’affidamento a CM Outdoor Events – attuale società di gestione di Internazionali d’Italia Series, in carica dal 2017 – del principale circuito italiano di MTB fino alla stagione 2020. Un riconoscimento ai risultati maturati nell’ultimo biennio, in cui Internazionali d’Italia Series si è affermato fra le realtà leader in Europa nel settore del cross country, riuscendo a coinvolgere nel progetto importanti realtà al vertice dell’industria ciclistica, affermando una identità di sistema e organizzativa sempre più forte e riconosciuta. Importanti risultati sono stati raggiunti anche dal punto di vista mediatico. L’immagine del circuito si è infatti rafforzata a livello nazionale e internazionale grazie al potenziamento dell’impatto comunicativo degli eventi su tutte le piattaforme media. Per la prima volta nel 2018, gli appuntamenti di Internazionali d’Italia Series hanno goduto di una trasmissione in diretta streaming web sui canali ufficiali del circuito, offrendo un livello di visibilità mai raggiunto dalla Mountain Bike italiana se si escludono i Campionati del Mondo e le tappe di Coppa del Mondo. “Siamo orgogliosi che la Federazione Ciclistica Italiana abbia valutato positivamente i risultati dell’ultimo biennio di Internazionali d’Italia Series – hanno commentato Michele Mondini e Luca Carton di CM Outdoor Events – e abbia scelto di darci fiducia con un mandato triennale, che ci permetterà di programmare il futuro in maniera ancora più strutturata ed ambiziosa. In questi anni abbiamo raggiunto traguardi significativi, ultimo fra tutti la diretta web, e tante sono ancora le potenzialità da sviluppare nel futuro prossimo.

In vista del 2019 abbiamo già la conferma di una nuova gara, che saremo in grado di annunciare al termine di questa edizione: anche questo è un segnale importante concludono Mondini e Carton - che ci dà grande fiducia per l’avvenire.”



Bmw Hero Südtirol Dolomites

PAEZ E KOLLMANN-FORSTNER

Re e Regina delle dolomiti

Il colombiano festeggia il record di 5 vittorie nella gara simbolo delle Dolomiti, per l’austriaca prima vittoria in Val Gardena. Più di 4000 bikers al via dall’inviata Ilenia Lazzaro

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È una delle marathon mtb più dure al mondo. Ma anche una delle più belle e suggestive. Se non avete mai partecipato alla Sellaronda Hero, fatelo almeno una volta nella vostra vita.

rathon Series (la coppa del mondo di specialità) si è imposto appunto Paez con 5’48” sul secondo classificato, la sorpresa di giornata Martino Tronconi. A completare il podio è lo svizzero Urs Huber. Nonostante una caduta, il record al momento è il suo : “Voglio ringraziare tutti quelli che credono in me – dice

il colombiano –. Ci tenevamo davvero tanto a vincere questa gara, che è sempre molto dura. Sono scivolato in discesa, sono caduto ma ho recuperato e sono riuscito a vincere. La gioia è immensa”. All’arrivo esulta, alla grande, anche Martino Tronconi per questo straordinario secondo posto. “È incredibile, sono emozionatissimo – dice il 22enne di Faenza –. Puntavo a piazzarmi tra i primi dieci e invece...”. E invece per il romagnolo è arrivato un sensazionale secondo posto. “Mai mi sarei aspettato un risultato del genere. Quando ho capito che avrei potuto salire sul podio? Sull’”Ornella” avevo gamba e allora mi sono detto: ora o mai più. Me ne sono andato, poi Arias e Porro mi hanno ripreso, ma il mio forcing successivo ha dato i suoi frutti ed è andata bene”. Per il terzo posto è bagarre fino agli ultimi chilometri. Prevale lo svizzero Urs Huber. “Oggi il mio obiettivo era quello di salire sul podio – spiega il 33enne – e sono riuscito a centrare questo sensazionale risultato. Nel finale avevo ancora energie e dall’ottavo posto sono riuscito a risalire fino al terzo”. Nella 60 km femminile (3200 dislivello). valida per l’Uci Marathon Series donne, a sventolare è stata la bandiera

Non è una gara come le altre, non è nemmeno paragonabile alle altre marathon di alta montagna. Si corre interamente in territori patrimonio nell’Unesco con una vista in cima alle vette da togliere il fiato. Non è una gara facile però, il dislivello è importante per entrambi i percorsi e anche tecnicamente ci sono single track molto impegnativi anche se divertentissimi. E’ una gara che va preparata e che ogni anno cresce in qualità e numeri. L’edizione 2018 ha visto più di 4000 bikers al via, di cui ben 165 donne. Tante famiglie che hanno affollato Selva Val Gardena in un week end fantastico dal punto di vista meteo con tante attività extra e spazio anche ai più piccoli con la Hero Kids affollata da ben 500 piccoli bikers e il pump track strapieno in ogni momento del giorno. L’edizione 2018 è stata anche quella del record di Leonardo Paez: per il colombiano si tratta del quinto successo personale nella Hero. Nella gara più lunga, la 86 km con 4500 di dislivello positivo, valida per l’UCI MaLIFESTYLE INBICI

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ste condizioni è un sogno”. Gerhard Vanzi, presidente del comitato organizzatore, è soddisfatto. Un’altra splendida edizione è andata in archivio con successo. “Per gli atleti, gli organizzatori e per tutta la zona delle Dolomiti questa è stata una delle pagine più belle”. Vanzi ripercorre anche la strada fatta dalla HERO, dal 2010 a oggi, tra esordio, novità e rete internazionale, tutto sviluppato anno dopo anno. “Anno dopo anno queste emozioni ci permettono di tenere sempre alto l’interesse per la HERO”. E nonostante la HERO 2018 sia praticamente appena terminata, Vanzi guarda già al 2019. “Il prossimo anno si terrà la decima edizione e per l’anniversario abbiamo già in programma diversi progetti”, annuncia il presidente del comitato organizzatore, che ringrazia anche i numerosissimi volontari. “Non mi stancherò mai di dire grazie a tutti loro. Senza l’impegno, la dedizione e la competenza dei nostri volontari non sarebbe possibile realizzare un evento simile”. foto Hero Dolomites

austriaca grazie alla vittoria di Christina Kollmann-Forstner, che si impone con oltre tre minuti di vantaggio sulla lituana Katazina Sosna, con l’italiana Mara Fumagalli terza. All’arrivo Christina Kollmann-Forstner quasi non si rende conto dell’impresa appena compiuta. Dodici mesi or sono aveva chiuso seconda. Quest’anno è lei a guardare tutti dal gradino più alto del podio. “Questo successo per me significa tantissimo perché qui non ero ancora riuscita vincere – spiega la 30enne ex campionessa europea marathon –. La HERO è una gara veramente dura, ma oggi ha funzionato tutto, dall’inizio alla fine”. Sul Passo Sella si è guardata attorno e... “Ed ero sola, così mi sono potuta godere gli ultimi chilometri”. Katazina Sosna finisce seconda a +3’16” e arriva con le braccia alzate. “Grazie a tutti per questo tifo immenso – dice la 28enne del team Torpado-Südtirol –. È stata una gara durissima, sono partita con il mio ritmo, sono riuscita a gestirmi alla grande e tutto 150

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L’edizione 2018 è stata anche quella del record di Leonardo Paez: per il colombiano si tratta del quinto successo personale nella Hero. è andato per il verso giusto. La HERO è veramente tosta e questo secondo posto per me vale come una vittoria, anche perché per il nostro sponsor si tratta di una gara in casa”. La soddisfazione è tanta anche per Mara Fumagalli, terza. “Ci tenevo tantissimo e ho cercato di gestirmi al meglio – spiega la 30enne di Lecco –. Puntavamo a fare bene, perché la HERO è sempre la HERO. Sono molto contenta di questa prestazione. La forma non è ancora al top, ma stiamo lavorando per arrivare a settembre in perfette condizioni”. Nella 60 km maschile, il vincitore è un volto noto della HERO. Si tratta di Klaus Fontana, l’altoatesino di Valdaora che qui in Val Gardena si aggiudicò nel 2010 la prima edizione della gara. “E’ andata benissimo. Quando ho visto in difficoltà davanti a me Marco (Rebagliati, poi secondo, ndr) ho attaccato fino alla fine e sono riuscito a vincere questa gara che per me è sempre la più importante della stagione”. “Una gara con questo tempo e in que-

CLASSIFICA HERO SÜDTIROL DOLOMITES UOMINI (86 KM) 1. Hector Leonardo Paez Leon (COL) - 4:28.45,1 2. Martino Tronconi (ITA) - 4:34.33,2 3. Urs Huber (SUI) - 4:36.05,6 4. Samuele Porro (ITA) - 4:36.38,1 5. Alban Lakata (AUT) - 4:37.31,2 6. Diego Alfonso Arias Cuervo (COL) - 4:38.41,0 7. Roel Tony Paulissen (BEL) - 4:42.07,4 8. Periklis Ilias (GRE) - 4:43.38,8 9. Riccardo Chiarini (ITA) - 4:43.39,7 10. Juri Ragnoli (ITA) - 4:44.45,0

CLASSIFICA HERO SÜDTIROL DOLOMITES DONNE (60 KM) 1. Christina Kollmann-Forstner (AUT) - 3:50.01,4 2. Katazina Sosna (LTU) - 3:53.17,8 3. Mara Fumagalli (ITA) - 3:54.49,9 4. Blaza Pintaric (SLO) - 3:58.02,7 5. Elena Gaddoni (ITA) - 3:58.48,4 6. Angela Carolina Parra Sierra (COL) - 4:01. 56,0 7. Sally Bigham (GBR) - 4:05.19,4 8. Jessica Pellizzaro (ITA) - 4:05.23,9 9. Gaia Ravaioli (ITA) - 4:05.45,2 10.Costanza Fasolis (ITA) – 4:06.43,



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// Tecnica

il punto critico

L’osservatorio sul mondo delle due ruote. Le novità, le tendenze e le nostre considerazioni su ciò che propone il mercato di Maurizio Coccia

Dal futuro delle e-road bike alle ruote del sultano Rispetto a quello delle e-mountain bike il mercato delle e-road bike, ossia delle bici da corsa a pedalata assistita, è partito sicuramente in sordina e ha prodotto numeri molto inferiori. Negli ultimi mesi, però, questo segmento sta crescendo in maniera significativa, proponendo modelli e nuovi standard tecnologici. La crescita delle e-road bike è un altro inequivocabile segnale di quanto il mercato dell’elettrico sia il vero e proprio polmone che alimenta l’industria ciclistica mondiale. Sempre più aziende, infatti, propongono tecnologie e standard tecnologici innovativi, avvicinando segmenti di pubblico fino a ieri estranei a questa disciplina.

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La Nytro ha segnato l’ingresso “pesante” di Pinarello nel mondo delle e-road bike. questo modello riesce a coniugare il familyfeeling delle blasonate bici del marchio di Treviso con una valida assistenza elettrica e con un peso di soli 13 chili, da record per la categoria.

I presagi di alcuni dicono che l’industria del ciclo subirà un duro colpo quando i grandi gruppi industriali dell’automotive e della motocicletta metteranno le mani su questo che è indubbiamente il business del futuro, proponendo la loro tecnologia e i loro sistemi sulle e-bike del domani e facendolo forti di una for-

za economica che il “povero” mercato della bicicletta non saprà contrastare. La nostra modesta opinione? Crediamo che per realizzare una perfetta e-bike non serva solo saper produrre validi sistemi di alimentazione o efficienti batterie, ma serva prima di tutto sapere che cosa è una bicicletta, come questa

va configurata e quali sono i fondamentali per realizzare un telaio che si abbini nel modo migliore al suo sistema di alimentazione assistito e alla sua batteria. Abbiamo dei subbi che chi le biciclette non le ha mai costruite possa velocemente far proprio questo knowhow oppure possa acquisirlo semplice-

Ad essere precisi bisognerebbe chiamarla “e-all road bike”: già, perché la Bianchi Impulso ha caratteristiche che la assimilano di più alle gravel bike che alle bici da corsa classiche. La batteria integrata nel tubo diagonale ha una potenza di 500 Wh. L’autonomia è di ben 200 kilometri se si usa l’assistenza al 30 per cento delle sue capacità

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La nostra modesta opinione? Crediamo che per realizzare una perfetta e-bike non serva solo saper produrre validi sistemi di alimentazione o efficienti batterie, ma serva prima di tutto sapere che cosa è una bicicletta. Si chiama Agree Hybrid la proposta “e-road” della tedesca Cube. Il telaio è in carbonio, con forme armoniose che combinano al meglio la motorizzazione siglata Fazua da 250 Watt alloggiata nella zona movimento. Batteria da 250 Wh. Il gruppo montato di serie è un affidabile Shimano 105.

mente perché ha i soldi e sa fare buoni motori. Quel che è certo è che, ad oggi, le numerose nuove proposte che arrivano nel segmento dell’elettrico sono quasi tutte provenienti da case che hanno una tradizione ciclistica e non stanno arrivando certo da altri “mondi”. Qualche esempio? La e-road bike che

da noi in Italia ha la maggiore visibilità è di sicuro la bellissima Pinarello Nytro, ma possiamo anche parlare della Bianchi Impulso, della Cube Agree Hybrid o della Focus Project Y, giusto per menzionare qualche esempio di e-bike sulla quale il sistema di alimentazione si abbina perfettamente all’architettura,

al design e alla configurazione “classica” della bicicletta da corsa. Non per essere “ciclocentrici”, per carità, ma abbiamo qualche dubbio che i grandi gruppi dell’automotive piuttosto che della motocicletta sapranno realizzare in futuro delle biciclette così funzionali e, allo stesso tempo, così belle.

LE RUOTE PIÙ COSTOSE AL MONDO

dalle richieste che propone oggi il mercato di massa. Proprio così, questo altissimo profilo che svetta all’interno della collezione Lightweight è nata semplicemente perché, a metà 2017, un rivenditore di Dubai doveva assecondare la richiesta di un sultano locale, che al suo negoziante di fiducia aveva chiesto proprio una ruota con caratteristiche simili. Il risultato è questa filante ruota che, alla stravaganza delle sue specifiche tecniche, aggiunge un prezzo al pubblico altrettanto

fuori dal comune: con quasi settemila di euro la coppia le Ferneeg Disc sono le ruote di serie più costose al mondo. Sicuramente non è questo un problema per il ricco sultano di Dubai che per primo le ha potute utilizzare… Nonostante il profilo altissimo le Fernweg Disc hanno comunque in peso totale da urlo: solo 1865 grammi la coppia. E probabilmente anche questo è uno dei migliori al mondo se si considera la categoria di ruota di cui abbiamo appena parlato.

La nuova Fernweg Disc della tedesca Lightweight è una ruota che a molti potrebbe sembrare bizzarra o quanto meno curiosa: il cerchio, alto 70 millimetri, realizzato in carbonio e destinato al montaggio con i copertoncini, è compatibile con freni a disco: sono caratteristiche tecniche decisamente fuori dall’ordinario o, almeno, fuori 156

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La Fernweg Disc con cerchio alto 80 millimetri è la risposta di Lightweight alla curiosa richiesta di un dealer di Dubai che per assecondare un suo facoltoso cliente ricercava una “super” ruota aerodinamica per freni a disco. Oltre a questa è prodotta anche in una variante con cerchio da 60 millimetri

Così come tutte le ruote Lightweight anche le Fernweg Disc utilizzano del carbonio per realizzare i cerchi i raggi e i corpi mozzi. I tre elemento sono montati assieme in maniera solidale e strutturale, non sono avvitati come avviene su tutte le altre ruote in commercio

Il cerchio utilizza carbonio ad altissimo modulo. Ha una larghezza di 20 millimetri e una larghezza della gola interna da 13 mm (per la versione copertoncino, visto che c’è anche la “tubolare”). I raggi con profilo “areo” sono 20 sia sull’anteriore che sul posteriore

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Team Matteoni

Sport e Prêt-à-porter L’atleta che non molla veste “7A3H”

Il gruppo Cicli Matteoni crea una sua personale linea d’abbigliamento. A disegnarla la stilista Giada Cecchi:

“I mie capi? Per sportivi che sanno cosa vogliono” Si chiama “7A3H” e, al grido di “elevate your limits”, rappresenta il marchio di una nuova linea d’abbigliamento creato dal Gruppo Cicli Matteoni che, da quest’anno - come noto - ha inaugurato anche un settore racing. Artefice del brand è Giada Cecchi, una ragazza di 26 anni che si divide tra l’attività di parrucchiera, artista e musicista e che, attingendo al suo immenso talento creativo da stilista, ha disegnato questa linea d’abbigliamento che - per idea concettuale e profilo tecnico sembra cucita addosso alle esigenze degli sportivi.

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Una linea realizzata anche attraverso il contributo empirico degli atleti della Cicli Matteoni che hanno sperimentato, perfezionato e collaudato tutti i capi della collezione. “7A3H” non è solo un marchio dedicato alla squadra di Morena Matteoni, ma è una vera e propria linea di abbigliamento pensata per il tempo libero, una linea “giovane” dedicata sopratutto agli atleti che, per spirito e determinazione, non mollano mai. “7A3H” è un’equazione esclamativa, il sunto numerico di un grido, dello sfogo nel massimo sforzo, l’impeto dell’adrenalina dell’atleta nel momento in cui vince o supera se stesso. E’ un’esclamazione che si sente in ogni sport, in ogni persona che, dopo tanti sacrifici, raggiunge l’apice di se stesso: “Questa linea - spiega Giada Cecchi - è per gli atleti che hanno ben chiari gli obiettivi, per gli sportivi forti, per quelli che non mollano alla prima difficoltà. Una linea pensata e realizzata per gli agonisti della vita”.

Il nuovo brand sarà distribuito attraverso una linea commerciale che ha visto il suo primo punto vendita nel comune di Bellaria - Igea Marina Info per la collezione summer 2018: 3474467328


®

SPEED

SPEEDGRIP

SOFT

ULTRA SOFT


LA LEGGEREZZA A CONTATTO PELLE BIOTEX

specialista nell’intimo tecnico per il ciclismo, ha ottenuto importanti risultati proprio grazie all’utilizzo della fibra in Polipropilene BTX con cui è realizzata la Canotta REVERSE, novità di questa estate 2018. La fibra BTX è come una seconda pelle ad altissime prestazioni, un sottile strato di alta tecnologia che trasforma in energia pura ogni tuo sforzo.

LA CANOTTA CHE SI ADATTA ALLO SPORT! La nuova canotta Reverse è l’intimo tecnico traspirante e leggero che accompagna lo sportivo in allenamento e in gara. Fa parte della linea Powerflex di Biotex ma si contraddistingue per ben 2 punti di forza: il taglio vivo nel collo e nel giromanica e la possibilità di essere indossata fronte o retro. Il taglio vivo evita qualsiasi cucitura o sovrapposizione di cuciture quando sopra si indossa un’altra maglia per cui la sensazione è quella di “non indossare nulla”. Reverse perché reversibile, grazie al suo particolare fitting, la maglia può essere indossata con la scritta Biotex sul davanti oppure sul dietro. Nessuna dispersione di energia, nessuno sbalzo di temperatura: grazie alla fibra BTX il tuo corpo rimane asciutto e termo-regolato. Massima performance assicurata anche grazie alla sue estrema leggerezza e capacità di adattarsi al movimento naturale del corpo; la canotta Revers avvolge ma non costringe. CARATTERISTICHE TECNICHE CANOTTA REVERSE: • Si adatta perfettamente al corpo in movimento • Totalmente senza cuciture • Estremamente leggera • Fresca e asciutta • 100% traspirante Canotta Reverse: Cod 112 Colori disponibili: Nero o Verde Acido Prezzo consigliato al pubblico: € 43,00

È indicata quando le temperature si alzano (per sport all’aperto fino ai 40°) ma anche per sport indoor (come la palestra dai 10°). Link al sito Biotex www.biotex.it/prodotti-biotex/ underwear/canotta/canotta-reverse-detail.html Per ulteriori informazioni scrivere a info@biotex.it

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SCATTO D’AUTORE TRENTINO MTB PASSO BUOLE XTREME 2018 Newspower.it

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Trentino

Capitale del fuoristrada

ATTORNO AL LAGO DI LAVARONE SI SCALDANO LE RUOTE IN VISTA DELLA PRIMA EDIZIONE DELL’EVENTO DI METÀ LUGLIO INTERAMENTE DEDICATO ALLE RUOTE ARTIGLIATE. TUTTO PRONTO SULL’ALPE CIMBRA PER LA PRIMA EDIZIONE DI UN EVENTO DEDICATO ALLA MTB CHE AVRÀ IL CUORE NEL GRANDE VILLAGGIO EXPO.

di Ilenia Lazzaro

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Ma che cos’è l’AlpeCimbraBikeEvents?

È un grande contenitore di micro eventi incentrati sul mondo della mountain bike. Una due giorni in cui - dal mattino alla sera - l’imperativo sarà divertirsi. Un evento non solo per sfegatati e supertecnici, ma anche per le famiglie che potranno provare, apprezzare e avvicinarsi a questa nuova disciplina che permette di scoprire l’ambiente montano in modo divertente, ecologico e consapevole. In questi due giorni potrete competere, confrontarvi, rilassarvi e divertirvi senza sosta grazie alle mille iniziative in calendario: escursioni guidate, contest alla bike park, caccia al colore in mtb, orienteering, ciclocross e ancora stand espositivi, area test e un’area bike per i bambini a corollario delle attività. Tutto nasce sull’Alpe Cimbra, a poca distanza dall’Autostrada del Brennero, vicino a Rovereto. In questi due giorni, Alpe CimbraBikeEvents e Funky Day, il più famoso festival italiano della mountain bike, si uniranno magicamente in matrimonio il 14 e 15 luglio.

TOUR GUIDATI CON IL FUNKY DAY 2018

Torna il Funky Day e sarà ancora più “sporco”, attraente, autentico e libero di prima. L’appuntamento sull’Alpe Cimbra prevede delle escursioni guidate con gli istruttori di mtb lungo i percorsi più entusiasmanti sia da un punto di vista paesaggistico che tecnico, di varia difficoltà. Il punto di partenza è sempre il Villaggio Alpe Cimbra Bike

EVENTS AL LAGO DI LAVARONE, LIDO MARZARI. BRAIN VS FORCE sabato 14 luglio 2018 ore 14.00

Gara di “ORIENTEERING BRAIN VS FORCE” con partenza e arrivo al Villaggio Alpe Cimbra Bike Events al Lago di Lavarone. È una Parigi-Dakar in versione ciclistica: avventura vera e pura. Sarà fondamentale prestare molta attenzione alla lettura dei segni sul road-book, un taccuino fatto di segni, simboli indicatori precisi come da sempre si utilizzano nelle competizioni in stile Dakar. Due soli i punti noti: la partenza e l’arrivo. Tutto il resto sta nell’abilità intuitiva e interpretativa dei concorrenti.Disseminati lungo il percorso ci saranno i posti di controllo che certificheranno l’effettivo passaggio dei bikers.

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E-FUNCAMP BY BICILIVE 14 e 15 luglio

Workshop teorico e tour guidato dedicato ai fondamentali della ebike. Insieme alla redazione di Bicilive sarà possibile apprendere le informazioni necessarie per comprendere al meglio questo nuovo mezzo di trasporto, utile per gli spostamenti urbani e fantastico per divertirsi in montagna. Il workshop teorico, della durata di 2 ore, affronterà argomenti tecnici come le principali caratteristiche di una bici elettrica (motore, batteria, sensori, coppia, autonomia ecc). A seguire il tour in sella a delle mtb per pedalare immersi nel meraviglioso contesto dell’Alpe Cimbra con guide esperte di mountain bike elettriche, che daranno consigli per apprendere al meglio tecniche di guida e trucchi per affrontare salite e discese.

CHICKEN DOWNHILL CONTEST sabato 15 luglio ore 10.00 Un innovativo contest fotografico di Downhill al Bike Park di Lavarone in loc. Bertoldi in cui non sarà premiato il miglior tempo, ma la migliore fotografia che ad ogni concorrente verrà 164

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scattata dal team di “scatto fisso”, posizionato in alcuni punti del percorso noti a tutti. La gara sarà come le prove del moto GP. La run durerà un paio d’ore e tutti potranno fare quanti passaggi vorranno. Ad ognuno di questi verrà realizzata una fotografia ad ogni passaggio. La migliore entrerà in concorso a giudizio della giuria composta da professionisti.

BIKE COLOR: LA CACCIA AL COLORE IN BICICLETTA domenica 15 luglio ore 10.00

Si tratta della caccia in bicicletta ai punti colore più divertente dell’estate, dove ai partecipanti sarà consegnata una cartina e sarà necessario trovare secondo la giusta sequenza i colori presenti nella mappa. Si potrà partecipare da soli o unendosi alla famiglia o a un gruppo di amici. Vince il biker o la squadra che arriva prima al traguardo.

CIMBRA CROSS-TROFEO SCRATCH TV sabato 14 luglio ore 16.00

Sabato 14 luglio alle ore 16.00 si disputerà una gara di XCE ovvero “cross counrty eliminator” attorno al lago di


IN QUESTI DUE GIORNI POTRETE COMPETERE, CONFRONTARVI, RILASSARVI E DIVERTIRVI SENZA SOSTA GRAZIE ALLE MILLE INIZIATIVE IN CALENDARIO: ESCURSIONI GUIDATE, CONTEST ALLA BIKE PARK, CACCIA AL COLORE IN MTB, ORIENTEERING, CICLOCROSS E ANCORA STAND ESPOSITIVI, AREA TEST E UN’AREA BIKE PER I BAMBINI A COROLLARIO DELLE ATTIVITÀ. categoria ci sarà un accorpamento secondo i regolamenti FCI. Inoltre, ricche premiazioni per i primi 10 e un pacco gara molto fornito per le categorie amatoriali.

Lavarone, aperta alle mtb da XC e alle bici da ciclocross. La Cimbra Cross – Trofeo Scratch TV è organizzata dall’UC 2000 e la prova è inserita nel calendario trentino della Federazione Ciclistica Italiana per le categorie Open (Men elite e Under 23, Junior), Open Women (Donne elite, juniores e under 23), Giovanili (Esordienti m/f , Allievi m/f), Master tutti e tesserati Enti Promozione. Il percorso sarà un circuito di circa 800 metri con diversi ostacoli, tratti guidati e sezioni da rilanciare. Dalle 16 in poi via alle qualificazioni, quindi le varie batterie che porteranno alla finale per la vittoria. Le gare saranno sei, divise in categorie: Giovanile maschile (esordienti+allievi), Giovanile femminile (donne esordienti + donne allieve), Open femminile (Donne elite, juniores e under23), Open Maschile (elite, under 23, juniores), Master tutti, Master femminile. Nel caso di partecipazione inferiore alle quattro unità per

Costo dell’iscrizione: 15 euro. Per le iscrizioni è necessario il codice FATTORE K (obbligatorio per i tesserati FCI) con ID gara 146154 o via mail per i tesserati dei vari enti: iscrizionigara@trevisomtb.it Le iscrizioni chiudono al raggiungimento dei 150 iscritti e vanno effettuate entro giovedì 12 luglio 2018. Per informazioni cliccate sul sito www.uc2000.it

Chi è Ilenia Lazzaro Giornalista sportiva ed addetta stampa, commenta da circa 15 anni il ciclismo fuoristrada. Specializzata nel ciclocross, lo pratica da quasi 20 anni, prima come elite ora come master. Conduce con Nicola Argesi “Scratch”, programma tv nazionale su Canale Italia.

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// FOCUS SUL PRODOTTO

Itttai

tecnologia all’avanguardia per l’abbigliamentotecnico rivolto allo sport attivo

di Maurizio Coccia

Le grandi “griffe” dell’abbigliamento ciclistico? Forse non lo sapevate ma la stragrande maggioranza dei marchi dell’abbigliamento ciclistico di alta e altissima gamma si servono di aziende terze per rifornirsi dei tessuti, delle membrane e delle stoffe che poi danno forma ai loro capi così tecnici, così esclusivi e come sappiano anche così costosi. Un esempio? Ce ne viene in mente più di uno se l’azienda che è a monte di tutto si chiama Itttai. Già, per fare qualche nome Castelli, Specialized, Craft, Alé, Vermarc, Pissei, Rosti, LaPassione, MSTina, Marcello Bergamo e Giessegi sono solo alcuni dei brand dell’abbigliamento del pedale che utilizzano la tecnologia e i tessuti della azienda con sede a Castello di Godego, in provincia di Treviso. Itttai produce e distribuisce da anni tessuti altamente tecnici, dedicati non soltanto al mondo del ciclismo, ma più in generale al settore sportivo, a quello della calzatura fashion e da lavoro, rifornendo in questo caso alcuni dei più importanti marchi europei. La produzione dei tessuti e delle membrane è tutta rigorosamente Made in Italy. ITTTAI PER IL CICLISMO Per il settore sportivo in generale e per il ciclismo in particolare Itttai ha una gamma di prodotti sia lisci che elasticizzati, sia resinati sia accoppiati con membrane impermeabili e antivento. Mai come per il nostro sport, infatti, i capi di abbigliamento devono soddisfare requisiti tecnici che spesso sono diametralmente opposti: devono essere leggeri ma

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Dietro le grandi marche dell’abbigliamento ciclistico c’è un azienda che produce e distribuisce tessuti altamente tecnici, fornendo i più importanti marchi europei e vestendo molti team pro. Itttai è inoltre licenziatario esclusivo europeo per il marchio eVent® Fabrics devono al tempo stesso essere resistenti, non devono lasciar passare l’acqua ma allo stesso tempo devono consentire alla pelle di respirare. Devono infine proteggere dall’aria proveniente all’esterno e assicurare nel contempo una rapida espulsione del sudore che si crea all’interno. È per tutta questa serie di ragioni che i tessuti dei capi destinati alle linee di abbigliamento sono molto diversi, ma in ogni caso sono tutti accomunati da caratteristiche tecniche di eccellenza, evidentemente nascoste alla vista, ma che proprio per questo meritano di essere descritte con precisone per comprenderne tutta la tecnicità.

LE TECNOLOGIE USATE Le tecnologie che Itttai utilizza sui suoi tessuti sono in molti casi frutto di partnership con altri brand che hanno scelto quella italiana come realtà di riferimento per dar corpo ai loro prodotti brevettati. Ad esempio, la multinazionale statunitense eVent® Fabrics ha fatto di Itttai il suo partner per l’Europa, per produrre e portare con licenza esclusiva sul mercato continentale i laminati tecnici impermeabili e antivento eVent® fabrics, basati sulla membrana traspirante Direct Venting®. Cos’è eVent® Fabrics? Per essere precisi, quando si parla di eVent®, ci si


riferisce a uno speciale tessuto microporoso, impermeabile all’acqua ma permeabile all’aria, progettato per operare come una membrana traspirante e idrorepellente all’interno dei migliori capi tecnici (sportivi ma anche sport-fashion). Il nome composto “eVent® Fabrics”, invece, si riferisce alla gamma competa di laminati (ossia all’accoppiamento tra la membrana e un tessuto) contraddistinti da qualità altamente tecniche come impermeabilità, resistenza al vento e massima traspirazione. Tutto questo appunto è ottenuto accoppiando la speciale membrana eVent® con tessuti tecnici ad alte prestazioni. A loro volta le tecnologie per laminati tecnici eVent® Fabrics si dividono in Waterproof, Windproof e Professional (dove le prime due sono utilizzate anche nel settore dell’abbigliamento ciclistico, mentre la terza è concepita per essere utilizzata dai capi destinati alle forze speciali come militari, Polizia, Vigili del Fuoco o personale di servizio che lavora in condizioni meteo difficili. LA TECNOLOGIA DIRECT VENTING Ancora per dare la misura del tecnicismo dei tessuti eVent® proposti da Itttai vale la pena di parlare del sistema Direct Venting®

che caratterizza la loro membrana, la stessa che consente al ciclista di rimanere asciutto all’interno della giacca anche quando ha completato l’attività, evitando così il raffreddamento. Il sistema fonda le sue caratteristiche sulla struttura microporosa della membrana in PTFE brevettata da eVent®: quest’ultima agisce sul corpo dell’atleta come una seconda pelle, garantendo microtraspirazione, comfort e performance. Nella fattispecie eVent® Direct Venting® è un sistema che funziona a secco”, espellendo istantaneamente all’esterno il vapore acqueo che si forma normalmente all’interno del capo tecnico quando si suda. Questo lo differenzia nettamente dalle normali membrane poliuretaniche presenti sul mercato, che necessitano di inumidirsi prima di iniziare a traspirare. eVent® Direct Venting® è in pratica progettato per mantenere l’atleta in una “Dry Zone”, ovvero in uno stato di temperatura e umidità costanti, che riduce le oscillazioni termiche a cui è soggetto il nostro corpo, permettendogli di rimanere in uno stato di comfort durante lo sforzo. Cosa significa questo? Che l’atleta potrà investire tutti i suoi sforzi verso la performance limite, senza doversi preoccupare del suo

equipaggiamento. Il leggerissimo accoppiato eVent® DVStorm: 100% Waterproof, 100% Windproof, altamente traspirante Ancora di tecnologia dedicata in particolare al ciclismo si deve parlare se si chiama in causa la linea di accoppiati DVStorm: il requisito prioritario è sicuramente la completa impermeabilità dei tessuti e l’inimitabile indice di traspirazione, il tutto in un laminato super-leggero (peso tra i 60 e i 70 g al mq).

La tecnologia alla base delle tecnologie eVent® DVStorm è studiata per soddisfare esigenze degli sport ad alta aerobicità come il ciclismo ma anche come il running. Ciò che fa la differenza è in questo caso il dato sulla traspirazione del tessuto, del 30 per cento in più rispetto alle tradizionali tecnologie eVent. In particolare un tessuto, o per essere più precisi un accoppiato, eVent DVStorm è composto da tre strati: un primo strato esterno super leggero trattato con DWR, una membrana in PTFE DVStorm e infine un tessuto protettivo interno che protegge la membrana dal contatto con la pelle e da maggiore comfort.

AL FIANCO DEI PROFESSIONISTI

Molte squadre professionistiche utilizzano la tecnologia eVent per protegger i propri rider da pioggia e vento. Per citare i team più famosi l’elenco include la Quickstep Floors, la Astana, la Mitchelton Scott, la AG2R La Mondiale, la Groupama Fdj, la Lotto Soudal, la Wilier Triestina Selle Italia, la Androni Giocattoli Sidermec e la Bardiani Csf. Contatti: Itttai, tel. 0423/469871 info@itttai.com, www.itttai.com LIFESTYLE INBICI

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Dal Monte Bondone alla Valle dei Laghi

Foto R. Kiaulehn

Una palestra en-plein-air

Arrampicata, deltaplano, wind surf sui laghi, wake-board, kayak e trekking: se siete stanchi di rulli e tapis-roulant, il Monte Bondone e la Valle dei Laghi vi regalano una serie inesauribile di opportunità. Siete stanchi dell’inverno e avete bisogno di attività fisica all’aperto. Avete trascorso gli ultimi mesi rintanati fra quattro mura domestiche sollevando pesi, sudando sui rulli o spingendo su pedali di biciclette che non si spostano di un millimetro? Tranquilli, il peggio è passato. Se adesso - sbocciata l’estate - siete alla ricerca di un’alternativa alla solita corsetta nel parco sottocasa, la risposta è a Trento, dove si trova la “palestra naturale” più grande del mondo, quella che, a pochi minuti dal capoluogo, si estende per centinaia di chilometri quadrati nel comprensorio delimitato dal Monte Bondone e dalla Valle dei Laghi. Tapis roulant? No, qui si corre fra i prati fioriti, nei sentieri fra i boschi o fra i vigneti del Teroldego e del Pinot Nero. Spinning? Perché mai restare chiusi in una stanza a guardare la 168

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schiena del compagno di fatica quando si può salire fra i boschi ammirando dietro ogni curva un nuovo scorcio mozzafiato e respirando l’aria salubre e corroborante delle montagne? Se invece preferite gli sport acquatici, gli specchi d’acqua cristallina della valle sono lì ad aspettarvi con i loro centri dedicati al wind surf, sul lago di Cavedine, o al wake-board, sul lago di Terlago, oppure potrete decidere di passare la giornata mulinando la pagaia di un kayak o facendovi trasportare dalla vela di una piccola deriva godendovi il paesaggio delle montagne che vi circondano. L’offerta sportiva di questo territorio è talmente vasta e diversificata che comprimerla in un elenco è un’impresa davvero titanica. Si va dai percorsi per gli appassionati di trekking alle pareti rocciose attrezzate per chi ama l’ar-

rampicata. Chi ha detto che lo sci di fondo sia soltanto uno sport invernale? Basta munirsi di bacchette, aggiungere le ruote agli sci e lo ski-roll diventa un divertente surrogato nell’attesa che torni la neve; se invece le bacchette preferite usarle per camminare vi troverete in buona compagnia con i tanti praticanti di nordic walking che trovano nella Valle dei Laghi il luogo ideale per praticare questa disciplina. Tutto questo vi sembra troppo tranquillo, lo sport per voi è adrenalina pura? Niente paura qui c’è posto anche per i più temerari. Salite sulla cima delle montagne e provate l’emozione di volare sulle Alpi con un deltaplano o con la vela di un parapendio. Perchè questa terra è così, una “palestra” che non ti stanca mai.



Foto N. Angeli

La precedenza ai ciclisti

Il Trentino è la capitale del turismo eco-sostenibile, dove i bikers sono sempre i benvenuti. Dalle Dolomiti al Lago di Garda, alla scoperta di quattrocento chilometri di pista ciclabile naturale. Una cultura bike-friendly, dove il ciclo-turista si sente sempre a suo agio. Un territorio da sempre accogliente per la cosiddetta “utenza debole” in virtù di una segnaletica ben curata, percorsi adatti anche alle famiglie con bambini e “bicigrill” disseminati lungo la strada dove sorseggiare un caffè, gustarsi uno snack o controllare la pressione delle gomme. E ovviamente dei paesaggi da cartolina dovunque si posi lo sguardo. Sono questi gli ingredienti della via trentina al turismo eco-sostenibile, un percorso riservato ai turisti su due ruote che si snoda per oltre quattrocento chilometri e che permette di attraversare tutta la regione sui pedali, dalla città di Trento a quella di Rovereto, dalle Dolomiti di Brenta Patrimonio Unesco al Lago di Garda.Gli itinerari sono studiati per assecondare tutte le esigenze. Dalla salita mitica percorribile con bici da strada o mountain bike che si inerpica sulle pendici del Monte Bondone dedicata alla memoria di

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Charly Gaul alla pista ciclabile che attraversa la Valle dei Laghi qui trovano il loro “habitat naturale” sia il ciclista esperto che cerca la salita impegnativa sia il neofita che vuole semplicemente godersi una corroborante passeggiata con il vento fra i capelli. Si pedala fra i campi di mele o fra i vigneti, nei centri urbani o lungo i boschi, in riva ai laghi o costeggiando l’Adige, su percorsi il cui grado di difficoltà è ben segnalato dai cartelli che aiutano il ciclista ad orientarsi e a capire se le difficoltà da affrontare sono eccessive o adeguate. Tanti tracciati, con mille caratteristiche differenti, ma accomunati da un’unica peculiarità: permettono di vivere questa esperienza in totale sicurezza. E se la stanchezza accumulata dovesse essere eccessiva tornare al punto di partenza non sarà un problema grazie alla fitta rete di trasporti pubblici che consente, ovunque vi troviate, di trasportare le biciclette con facilità.

Foto R. Magrone


Trento Cultura Bike-Friendly

Holiday on Two Wheels

A look at the Via Trentina for Eco-friendly Tourism, 400 kilometres of bikeways immersed in nature, from the Dolomites to Lake Garda. Clear and detailed signage, a variety of routes for families with children, and “bike stops� scattered all along the road where you can sip on a coffee, enjoy a snack or check the pressure of your tires. Plus, of course, breathtaking vistas wherever you turn. These are the ingredients of the Via Trentina for Eco-Friendly Tourism, a cycling path that unfolds over more than 400 kilometres and lets you visit the entire region with your feet on the pedals, from Trento to Rovereto and from the Dolomite mountains to Lake Garda. The different itineraries were planned to have something for all tastes: from the iconic climb up Monte Bondone, named for Charly Gaul and suitable for both street and mountain bikes, to the cycling path that wanders through the Valley of Lakes, there are plenty of options for both the chal-

lenge-seeking expert and the novice who just wants to enjoy an invigorating ride in a beautiful setting.Breeze passed fields of apple trees and vineyards, through towns and villages or into the woods, alongside lakes and the Adige river, all on bikeways where the degree of difficulty is clearly indicated by signs which help bikers get their bearings, and understand if the difficulties ahead are appropriate or excessive. Each of the many routes has its own distinctive features, but all share one common trait: they allow cyclists to enjoy this experience in total safety. And should you become excessively fatigued, getting back to the base is never a problem, thanks to an extensive public transportation network that allows for easy bike transport.

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Un affresco nella città di Trento

Foto Archivio APT Trento, Monte Bondone, Valle dei Laghi

Dalla scoperta della via trentina al turismo eco-sostenibile, quattrocento chilometri immersi nella natura, dalle Dolomiti al Lago di Garda Una segnaletica ben curata, percorsi adatti anche alle famiglie con bambini e “bicigrill” disseminati lungo la strada dove sorseggiare un caffè, gustarsi uno snack o controllare la pressione delle gomme. E ovviamente dei paesaggi spettacolari dovunque si posi lo sguardo. Sono questi gli ingredienti della via trentina al turismo eco-sostenibile, un percorso riservato ai turisti 172

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su due ruote che si snoda per oltre quattrocento chilometri e che permette di attraversare tutta la regione sui pedali, dalle Dolomiti al Lago di Garda. Gli itinerari sono studiati per assecondare tutte le esigenze. Dalla mitica salita che si inerpica sulle pendici del Monte Bondone (dedicata alla memoria di Charly Gaul) alla pista ciclabile che attraversa la Valsugana qui trova-

no il loro “habitat naturale” sia il ciclista esperto che cerca la salita impegnativa sia il neofita che vuole semplicemente godersi una corroborante passeggiata con il vento fra i capelli. Si pedala fra i campi di mele o fra i vigneti, nei centri urbani o lungo i boschi, in riva ai laghi o costeggiando l’Adige, su percorsi il cui grado di difficoltà è ben segnalato dai cartelli che aiutano il ciclista ad orientarsi e a capire se le difficoltà da affrontare sono eccessive o adeguate. Tanti tracciati, con mille caratteristiche differenti, ma accomunati da un’unica peculiarità: permettono di vivere questa esperienza in totale sicurezza. E se la stanchezza accumulata dovesse essere eccessiva tornare al punto di partenza non sarà un problema grazie alla fitta rete di trasporti pubblici che consente di trasportare le biciclette con facilità.


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