iNBiCi magazine anno 10 - 2 Febbraio 2018

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PERIODICO IN DISTRIBUZIONE GRATUITA ANNO IX - N. 2 FEBBRAIO / 2018

magazine

MAURO GRESPAN

La bike-economy vista da Assos of Switzerland “Fiere no, granfondo sì”

ALESSANDRO PETACCHI

“Ecco i velocisti da tener d’occhio nella stagione 2018”

MARCO CITTADINI

“I piani di Shimano per espandersi sul mercato italiano”


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SCATTO D’AUTORE TOUR OF GUANGXI 2017 by Bettiniphoto

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MONDO ACSI

Campionato Nazionale

Ciclocross

Oltre duecento partecipanti a Borgosesia per la rassegna tricolore organizzata in collaborazione con il Velo Club Valsesia. Splendide giornate di sport anche a Rivoli Veronese e Ospedaletti a cura della redazione

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Il Campionato Nazionale ACSI granfondo-mediofondo accompagna i ciclisti di tutto lo Stivale in primavera, estate ed autunno con sfide sempre nuove ed intriganti. Ma, nella stagione invernale, ACSI Ciclismo si dedica principalmente alla pratica del ciclocross, utile anche per la successiva apertura della stagione di mountain bike. Pedalate ciclocrossistiche da record (230 partecipanti) si sono registrate recentemente a Borgosesia (VC) in occasione del Campionato Nazionale ACSI Ciclocross, con l’ente di promozione sportiva a collaborare con il Velo Club Valsesia della presidentessa Silvia Bertocco (affiliazione al Comitato ACSI di Novara-VCO). L’Associazione “I Terrieri di Bettole” ha accolto gli sfidanti lungo un percorso completamente rinnovato all’interno del “Parco della Cinofila” fra prati e sentieri in terra battuta, ostacoli artificiali e scalinate a completare con notevoli spunti tecnici l’avviluppante tracciato ad anello di 2.3 km. Tanto divertimento ed un buon numero di partecipanti con numerosi premi riservati ai ciclocrossisti fra maglie, fiori, prodotti alimentari e gadget tecnici ai vincitori ed ai secondi e terzi classificati, compresi i primi dieci di ogni categoria e tutte le donne, una corsa riservata ai tesserati ACSI che ha lasciato davvero tutti contenti. Una giornata speciale, dunque, capace di chiamare a raccolta tanti cicloamatori grazie all’impegno di ACSI Ciclismo, dell’amministrazione comunale di Borgosesia, degli sponsor e del gruppo dei “Rapaci” del fuoristrada, i quali hanno affiancato la sempre motivata e competente Silvia Bertocco in un lavoro

minuzioso che ha decretato un meritato successo organizzativo. Le montagne della Valsesia, baciate per l’occasione da un clima fresco ma asciutto, hanno incorniciato le performance degli atleti, con le squadre a veder trionfare la novarese Auzate Mrg sul Team Uslenghi, la Polisportiva Besanese, il Clamas Team e il Velo Club Valsesia. La stagione agonistica “bici in spalla” è stata successivamente chiusa a Rivoli Veronese (VR), in occasione del Campionato Nazionale Staffetta Ciclocross 2018 lungo un percorso leggermente ondulato di 2500 metri fra ostacoli naturali ed artificiali prevalentemente su prato, con start su strada asfaltata. Gli atleti hanno così affrontato il medesimo numero di giri con l’ultimo segnalato dal suono della campana, una competizione scoppiettante che ha permesso di chiudere al meglio un Campionato che permette di divertirsi e far divertire anche in inverno. I tesserati ACSI hanno inforcato le due ruote anche al Campionato Nazionale Winter crono coppie ad Ospedaletti (IM), manifestazione svoltasi sulla ciclabile che collega Ospedaletti e Sanremo. Grazie alla caparbietà di ACSI e della Ciclistica Bordighera i numerosi presenti hanno potuto regalarsi una avvincente cavalcata sino al Pian di Poma, prima di tor-

nare ad Ospedaletti con il giusto piglio. E la festa della Ciclistica non è finita qui, poiché gli atleti si sono cimentati anche con la “Tre giorni di Bordighera”, transitando nel corso della prima tappa per Ospedaletti e Sanremo, poi Arma, Riva, Santo Stefano, San Lorenzo, Imperia, Prino, Piani, Corso Allende, con un giro che ha portato al mitico Poggio sanremese. Si tratta di una minuscola frazione che deve la propria notorietà in quanto ultima erta prima del traguardo della classicissima Milano-Sanremo: 4 km per una pendenza media del 3.7% fino ai 169 metri dello scollinamento non impegnativi, ma più di una volta determinanti ai fini del successo finale. Seconda tappa “G.P. Città di Ventimiglia”, lungo un circuito interamente pianeggiante: 2.8 km da percorrere svariate volte, prima del gran finale in linea. A gennaio spesso la riviera ligure è baciata da un bel sole, per questo i cicloamatori ACSI e non solo scelgono con largo anticipo di scaldare i motori e ritornare in sella, quando manca pochissimo al ritorno del Campionato Nazionale granfondo-mediofondo 2018, al via con la Granfondo Internazionale Laigueglia (SV) e la Granfondo Masciarelli di Pescara (PE) che si disputeranno il prossimo 25 febbraio.

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Sommario Febbraio 2018 // Numero 02

Alessandro Petacchi “Stavolta la Sanremo la vince Peter Sagan”

Marco Cittadini

“Vi spiego in anteprima le strategie di Shimano”

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MONDO ACSI

a cura della redazione

ANDREA TAFI

di Mario Pugliese

GIRO D’ITALIA AMATORI di Mirko D’Amato GRANFONDO LAIGUEGLIA a cura della redazione

RICCARDO MAGRINI di Mario Pugliese

GRANFONDO DEGLI SQUALI a cura della redazione TEAM BELTRAMI TSA a cura della redazione

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Renato Di Rocco

Gianfranco Josti

Vittorio Mevio

Mauro Grespan

“La Bike Card? Una tutela per gli atleti amatoriali”

“Il ciclismo e il suo codice d’onore”

“La dura vita degli organizzatori”

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GRANFONDO CASSANI a cura della redazione MENTE IN SELLA di Claudia Maffi GRANFONDO VIA DEL SALE a cura della redazione

TEAM MATTEONI a cura della redazione SPORT E MEDICINA di Chiara Gnucci

FOCUS SULLE AZIENDE di Maurizio Coccia

DONNA INBICI di Ilenia Lazzaro

“La bike economy vista da Assos”

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COME NUTRIRSI

di Bertuccioli e Moretti

ZOOM SULLE SQUADRE di Eleonora Pomponi Coletti

LA PREPARAZIONE DELL’ATLETA di Wladimir Belli

TECNICA, IL PUNTO CRITICO di Maurizio Coccia

CICLOCROSS di Paolo Mei

L’ATLETA DEL MESE di Paolo Mei

ITINERARI

di Eleonora Pomponi Coletti


Vanquish

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Greg Van Avermaet BMC Racing Team

MAT BRIGHT RED

MAT BLACK FIRECHROME

MAT BLACK GLOSS

CHARCOAL DAZZLE


SCATTO D’AUTORE TOUR OF GUANGXI 2017 by Bettiniphoto

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GRUPPO EDITORIALE INBICI Direzione e Amministrazione Viale della Repubblica, 100 - 47923 Rimini (RN) Direttore Responsabile Mario Pugliese Direttore Generale Maurizio Rocchi

In Redazione Mario Pugliese, Dr. Roberto Sgalla, Riccardo Magrini, Wladimir Belli, Gian Luca Giardini, Silvano Antonelli, Prof. Fabrizio Fagioli (Equipe Velosystem), Paolo Mei, Silvia Baldi, Claudia Maffi, Nicola Zama, Dr. Alexander Bertuccioli, Silvano Antonelli, Carlo Gugliotta, Manuela Ansaldo, Dr. Maurizio Radi, Ilenia Lazzaro In Redazione Tecnica Maurizio Coccia, Roberto Diani Fotografi Playfull, Bettini Photo, Newspower, Archivio fotografico selezione fotografica a cura di Gianni Rocchi Distribuzione Italian Business Management LTD Progetto Grafico Roberta Piscaglia Responsabile Marketing Sara Falco Responsabile Facebook Gianni Rocchi Stampa La Pieve Poligrafica Editore

Per la tua pubblicità Maurizio Rocchi +39 393.9838319 Giorgio Puppi +39 346.0823300 Mauro Scovenna +39 345.6339615 Ufficio Marketing 0541.395102 Website www.inbici.net E-mail info@inbici.net Diritti e proprietà GRUPPO EDITORIALE INBICI Sara Falco Editore Reg. imprese n° REA FO 323603 Iscrizione Registro Tribunale di Forlì nr. 3/2013 del 5 aprile 2013. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione anche parziale di articoli, foto e disegni senza autorizzazioni del GRUPPO EDITORIALE INBICI.

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EDITORIALE

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Parte la stagione: allacciate le cinture! Aspettando la foresta di Arenberg e i “muri” delle Fiandre, il primo spicchio di stagione ha già anticipato alcuni verdetti, consegnandoci sul proscenio di questo 2018 due atleti formidabili: Peter Sagan e Alejandro Valverde. Il primo ha già vinto molto in carriera ma – come il grande Eddy Merckx – sembra mantenga, anno dopo anno, la fame bulimica del cannibale. Il secondo è un monumento alla longevità, la dimostrazione vivente che, di fronte alla classe, anche l’anagrafe talvolta s’inchina. Oltre a questa meravigliosa coppia di re, tutti i big più attesi – in questo primo scorcio di stagione – hanno vinto almeno una gara. Segno che la concorrenza si è dilatata e che, forse, mai come quest’anno ci sarà da divertirsi.

Tornando in terra, il mese di febbraio segna anche l’inizio ufficiale del calendario granfondistico nazionale che, come tradizione impone, si aprirà il 25 febbraio con la Granfondo Laigueglia. La corsa, valida come prima tappa dell’InBici Top Challenge, è organizzata in maniera esemplare dal Gs Alpi di Vittorio Mevio, uno che andrebbe preso d’esempio per lo scrupolo e la professionalità con cui allestisce i suoi eventi. Strade chiuse al traffico, gestione satellitare della corsa e il giusto spirito di condivisione che dovrebbe governare ogni corsa amatoriale. Iniziare l’anno con lui, che ha fatto della sicurezza una parabola di vita, è per tutti una corroborante iniezione di fiducia. Maurizio Rocchi 10

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// L’INTERVISTA

Alessandro Petacchi

“LA SANREMO?

STAVOLTA TOCCA A SAGAN” di Mario Pugliese

Alessandro Petacchi con la maglia della Fassa Bortolo vince la Milano Sanremo 2005 (credit foto Cor Vos)

Per Alessandro Petacchi è lo slovacco il più accreditato pretendente alla Classicissima 2018: “Lo scorso anno l’ha persa lui, ma non credo ripeterà certi errori. Gli avversari più pericolosi saranno Gaviria e Kwiatkowski. Viviani? Giusto andarsene dalla Sky dove i velocisti non sono considerati. Ma sul Poggio è dura”

Petacchi, non giriamoci attorno: chi vince la prossima Milano - Sanremo? “Non è semplice rispondere perché, come sempre, saranno fondamentali le indicazioni che verranno da Tirreno e Parigi-Nizza. Di solito, la griglia dei favoriti si decide lì…”. Ma se dovesse fare un nome… “Andrei sul sicuro e direi Peter Sagan”. Che sia la volta buona per lo slovacco? “Mah, lo scorso anno la corsa l’ha persa lui, anche se bisogna ammettere che Kwiatkowski fece una Sanremo fantasti12

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ca. In caso di arrivo ristretto, secondo me, potrebbero giocarsela ancora loro due”. E il suo “allievo” Gaviria? “È uno dei pochi che può andare dietro a Sagan sul Poggio. È un talento incredibile e mi dicono che quest’anno punta forte sulla Sanremo. Se la condizione è quella giusta e la corsa si mette in un certo modo, può battere tutti”. In caso di arrivo “allargato” potrebbe esserci qualche speranza anche per noi italiani che non vinciamo la Classicissima da 12 anni con Pozzato? “Vedo bene Colbrelli, ma bisogna avere

grande fiducia soprattutto in Elia Viviani, che mi dicono sia molto migliorato rispetto allo scorso anno”. Merito della nuova squadra? “In parte sì. Alla Sky i velocisti non sono molto considerati, mentre nel ciclismo moderno lo sprinter, almeno nelle occasioni che contano, deve poter contare su un’intera squadra a sua disposizione”. Dunque, alla Sanremo, Viviani potrebbe poter contare sul supporto che in passato non ha mai avuto? “In linea teorica sì, perché alla Quick Step la mentalità è completamente diversa.


Però, bisognerà vedere quali saranno le gerarchie di squadra il prossimo 18 marzo…”. In che senso? “Non dimentichiamoci che nella Quick corre anche un certo Fernando Gaviria che, con quattro successi al Giro d’Italia, ha già dimostrato di poter vincere una Sanremo”. Dunque, Viviani dovrà accontentarsi di un ruolo più defilato? “Diciamo che dipenderà da lui. Se alla Tirreno o alla Parigi Nizza Elia riuscisse a centrare qualche bel risultato, può anche darsi che le gerarchie di squadra possano mutare. Ma, ripeto, Gaviria è un talento vero e per togliergli le insegne di leader, Viviani deve dimostrare di andare forte, molto forte”. Ma anche nel caso non ce la facesse, per Viviani sarebbe comunque un’esperienza fondamentale… “Certo perché, per vincere una Sanremo, prima devi perderla”. Come accadde a lei nel 2004? “Sì e fu una delle mie delusioni più grandi. Ci ero arrivato vincendo abbastanza, ma non avevo corso molto e un po’ di fondo mi mancava. Me ne accorsi in volata: mi lanciai ai 150 metri, ma già al cartello dei 100 non ne avevo”. Alla fine pianse quasi per la rabbia…

Alessandro Petacchi con Giancarlo Ferretti foto by Bettiniphoto

“Sì, ero affranto. Anche perché quel giorno avevo quattro compagni a pilotarmi e che compagni: Vandenbroucke, Pozzato, Velo e Trentin. Non la buttai via, mi mancarono proprio le forze. E capii che per vincerla dovevo arrivarci con tanti chilometri di corsa nelle gambe”. Più forte il Petacchi che vinse nel 2005 o quello messo in scacco dalla Quick Step nel 2006? “Forse quello del 2005, anche se di poco. Stavo bene anche nel 2006 ma esitai. C’era Pozzato davanti di pochi metri, io avevo Boonen a ruota e rimasi nella loro morsa. Partii ai 200 metri e arrivai a un soffio da Pozzato, che vinse. Fossi par-

tito un po’ prima, come nel 2005, sono convinto che avrei concesso il bis. Forse era destino, forse erano troppe 2 Sanremo di fila. Ebbi paura di venir fregato da Boonen e invece me lo tolsi praticamente di ruota”. C’era anche lei nella folle Sanremo del 2013, con la neve? “C’ero e non c’ero. A Milano non pioveva neppure, quando ci dissero che avremmo trovato la bufera stentai a crederci, ma accadde davvero. Mi congelai e anche quando ripartimmo ero intirizzito. Fu un caos totale quel giorno, mi demotivò, non fu una vera Sanremo secondo me”.

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SCATTO D’AUTORE TOUR OF UTAH 2017 by Bettiniphoto

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INBICI INTERVISTA.. RENATO DI ROCCO

Renato Di Rocco

“La Bike Card a tutela degli atleti” Il numero uno della Federciclismo spazza via le polemiche: “Non è un balzello, ma un argine giuridico contro le disparità fra gli enti” a cura di Mirco D’Amato

Il primo pensiero va ai creatori delle “fake news”, ovvero quegli operatori dell’informazione che, animati solo dalla smania dello scoop, hanno provato a far passare la Bike Card come una “tassa sul sudore”, ovvero l’ennesimo balzello (dopo quello dei sacchetti di plastica al supermercato) col quale stangare gli italiani. Ma Renato Di Rocco, presidente della Federazione Ciclistica Italiana, non è il tipo che incassa in silenzio. E allora, nei giorni successivi al caos mediatico, si è presentato davanti a microfoni e taccuini per ricomporre la questione, spiegando al mondo dei cicloamatori che, in realtà, la Bike Card non è l’ennesima imposta iniqua, bensì un “toccasana” per l’intero movimento.

Renato Di Rocco, Presidente della Federazione Ciclistica Italiana Photo: by Bettiniphoto

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“Purtroppo – spiega il numero uno della Federciclismo - ci sono giornalisti che, anziché informare, pensano solo allo scoop. In Italia siamo sempre bravi a farci male da soli. Io dico che non sostenere una misura di questo tipo, che


punta ad innalzare i livelli di sicurezza del mondo amatoriale, sia sciocco e persino dannoso. In ogni caso, dopo la confusione iniziale, mi pare che quantomeno gli addetti ai lavori abbiano capito ed approvato e, con il tempo, sono sicuro che anche l’opinione pubblica aprirà gli occhi, dividendo le menzogne dalla verità”. E allora, proprio per amor di verità, presidente Di Rocco, che cosa s’intende per Bike Card? “La Bike-Card, prima che una tassa, è un concetto di stabilizzazione del mondo amatoriale. È un progetto che parte da lontano, ispirato da due valori che riteniamo fondamentali: quello della salute e quello della sicurezza perché chi va in bici deve stare bene, non farsi del male”. Quando avete deciso di introdurla? “Tutto è partito dai tempi della tanta discussa ‘norma etica’, che voleva dare maggior valore al sistema amatoriale, sostenendo il principio secondo cui chi si era dopato tra i professionisti non poteva riciclarsi tra gli amatori inventandosi una seconda carriera, magari imperniata sugli stessi insani principi. Anche in quel caso, al di là delle implicazioni etiche, era prima di tutto un problema di sicurezza, perché un dopato che pedala in mezzo al gruppo finisce inevitabilmente per alzare la velocità media della corsa, sottoponendo gli altri corridori a dei rischi concreti. La presenza di questi personaggi, inoltre, svilisce i veri valori dello sport amatoriale, che sono quelli di fare attività fisica in modo sano, condividendo il piacere di stare insieme. Ecco quella ‘norma etica’, che suscitò tanto clamore sollevando anche qualche polemica, in realtà ha creato l’impalcatura culturale per arrivare oggi alla Bike Card”. Che cosa introduce di nuovo la Bike Card? “Assolutamente nulla rispetto alle convenzioni già siglate nel 2017,

I magnifici scenari della Maratona dles Dolomites

quando tutti gli enti di promozione sottoscrissero il progetto di creare un database con tutti gli atleti del movimento ciclo-amatoriale, uniformando le sanzioni ed i protocolli organizzativi. L’obiettivo, come abbiamo sempre detto, non è quello d’ingerire nell’orticello altrui, bensì di condividere quelle norme che, va precisato, non sono imposte dalla Federazione Ciclistica bensì dalle leggi dello Stato. Parlo dei certificati sanitari e dei disciplinari organizzativi che prevedono un preciso vademecum per l’organizzazione delle corse. Già nel 2017, come dicevo, avevamo messo questi paletti, con l’impegno da parte degli enti di promozione di lavorare in questo senso. A fine anno, siamo semplicemente andati alla verifica… Per accorgervi che… “Per accorgerci che molti enti, malgrado le nostre sollecitazioni, non si erano allineati. Noi ci siamo confrontati in primis con Acsi e Uisp che, da sole, comprendono il 70 per cento dell’intero movimento ciclistico amatoriale. E con questi due enti abbiamo trovato una perfetta simbiosi. Purtroppo, però, la verifica ha anche confermato alcune anomalie, consegnandoci di fatto un movimento spaccato a metà: da un lato ci sono gli enti che, con dedizione

e dispendio di risorse, organizzano manifestazioni ciclistiche, dall’altra ci sono enti che si limitano esclusivamente al tesseramento, applicando assicurazioni con franchigie molto alte e con un costo tessera molto basso. Questa divisione crea, di fatto, un’ingiustizia di fondo perché chi tessera soltanto offre all’atleta dei servizi e degli eventi, i cui costi vivi sono però a carico di altri enti. Ecco dunque che la Bike Card diventa un modo per sanare questa anomalia”. Quale sarà la prima conseguenza della Bike Card? “Quella di innalzare il livello delle manifestazioni, con importanti ricadute sulla sicurezza degli atleti. In questo modo, si eliminano le disparità di fondo, andando verso una stabilizzazione del mondo amatoriale”. Presidente, quale sarà il prossimo obiettivo del movimento ciclo-amatoriale? “In assoluto quello di aiutare il mondo dei giovani in maniera più costante e strutturata. Stiamo chiedendo a tutti gli enti di mettere a disposizione le proprie infrastrutture e parte delle proprie risorse per l’attività giovanile che, sempre di più, sarà al centro delle nostre politiche di sviluppo”.

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Magazine, web e social: ecco il trittico di proposte che, in questi anni, ha fatto del nostro gruppo editoriale un network di riferimento nel composito mondo della bike-economy Il Gruppo Editoriale InBici è un Network di Comunicazione che opera su più canali media in grado di garantire un corollario di servizi e pacchetti commerciali in linea con le attuali esigenze del mercato. Per l’esperienza maturata ed il numero di contatti profilati, INBICI è oggi il network media di riferimento del ciclismo, l’unico in grado di garantire ad aziende della ed organizzatori strategie di comunicazione multi-level. MAGAZINE Il Brand iNBiCi si identifica prima di tutto nel Magazine che, nato nel 2009, viene distribuito gratuitamente in tutta

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Italia nei principali canali di riferimento: negozi, centri di biomeccanica, eventi, granfondo ciclistiche e fiere di settore. La tiratura, in costante crescita, è di 12.000 copie mensili. All’interno delle sue 148 pagine, la redazione giornalistica produce contenuti che raccontano le cronache del ciclismo, gli eventi del mondo amatoriale, la scoperta dei territori in chiave cicloturistica, oltre ad inchieste sul mondodella bicicletta declinato nelle sue infinite varianti. SITO INTERNET Grande successo ha avuto, in questi anni, il sito InBici.net, uno dei principali website del ciclismo italiano. Appena rinnovato nella grafica e nei contenuti, con oltre 47mila contatti al mese, è ad oggi uno dei portali di riferimento per il mondo della bicicletta. PIATTAFORMA SOCIAL Il gruppo editoriale InBici gestisce, dal 2009, con il suo staff di comunicatori una piattaforma social di grande successo. Tra Facebook, Twitter ed

Instagram, il magazine annovera oggi oltre 30mila followers, un portafoglio selezionatissimo di appassionati di ciclismo di diversa età ed estrazione che interagisce ogni giorno con la consolle giornalistica. DIRETTA FACEBOOK Tra i servizi 2.0. di InBici Magazine c’è, dal 2018, la diretta facebook, innovativo servizio di marketing itinerante che, con l’ausilio di uno staff di professionisti della comunicazione, prevede la realizzazione di una diretta Facebook della durata di 30 minuti circa. Un focus 2.0 all’interno della vostra azienda da condividere sulle piattaforme social per raggiungere il grande pubblico dei praticanti e degli appassionati. CANALE YOUTUBE Con oltre tredicimila visualizzazioni al mese, il canale Youtube di InBici è uno strumento mediatico di formidabile efficacia per promuovere eventi, divulgare campagne di branding e pianificare attività di marketing.


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I TEAM FORTUNEO OSCARO REPLICA Disegnato, progettato e sviluppato nella nostra officina per scalare e conquistare le vette, il 785 HUEZ RS integra il meglio delle ultime novità di LOOK. Con un telaio in carbonio ad alto modulo che pesa solo 730 gr e una forcella 100% in carbonio che pesa 280 gr, è una bici ultraleggera ed efficiente (5,9 Kg) con un design sofisticato progettato per ottimizzare le prestazioni ad alta intensità e fornire sensazioni uniche. Bici della squadra FORTUNEO-OSCARO Tour de France 2017.

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in copertina

ASSOS Alla scoperta del prestigioso marchio elvetico di abbigliamento tecnico che, anche quest’anno, vestirà i campionissimi della Bmc. Dal “no” alle fiere di settore ai nuovi investimenti nel mondo granfondistico, Mauro Grespan ci spiega in anteprima le strategie commerciali e gli ambiziosi progetti di sviluppo del colosso svizzero

of Switzerland, l’eccellenza sulla pelle Da oltre quarant’anni il marchio Assos of Switzerland rappresenta, in tutto il mondo, un’eccellenza assoluta nel settore della progettazione e della produzione di linee di abbigliamento tecnico per ciclisti. Dai laboratori sartoriali dell’azienda elvetica, ogni anno, escono milioni di capi estremamente tecnici e dai profili aerodinamici esclusivi, con l’impiego di tessuti innovativi, frutto di una lunga e scrupolosa ricerca tecnologica. Non a caso, Assos è il marchio di riferimento anche per il mondo dei professionisti (Bmc). Tra i punti di forza dell’azienda svizzera la ricchezza dei campionari, modulati in base alle specifiche esigenze di ogni ciclista, ed il customer satisfaction con un servizio post-vendita particolarmente scrupoloso che prevede, in caso d’incidente, la sostituzione gratuita del capo lesionato fino ad un mese dopo la data d’acquisto. Dai protocolli per una perfetta conservazione del prodotto alle polizze assicurative che garantiscono la riparazione dei tessuti entro un anno dall’acquisto, Assos of Switzerland è l’unica azienda al mondo che offre ai suoi clienti un’assistenza a 360° anche a garanzia scaduta. Per comprendere meglio il mondo di Assos, all’interno di questo numero del magazine pubblichiamo l’intervista a Mauro Grespan, amministratore unico di Extreme Racing che distribuisce in Italia, in esclusiva, il prestigioso brand. Grespan ci illustra in anteprima gli obiettivi ambiziosi di Assos, sottolineando i progetti di sviluppo e le strategie promozionali di un gruppo avviato, nei prossimi anni, ad una nuova vigorosa espansione. Dalle ultime novità del mercato alla filosofia virale degli Assos Pro Shop, il numero uno di Extreme Racing ci spiega la bike-economy vista dalla sua prospettiva, approfondendo le ragioni del “no” alle fiere di settore ed il “sì” al varo di nuovi investimenti nel mondo granfondistico, dove Assos conta di raggiungere – già nel 2018 - nuovi potenziali clienti.

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INBICI INTERVISTA.. ANDREA TAFI

Andrea Tafi

Moscon

“la nostra speranza” di Mario Pugliese

Aspettando le grandi classiche del Nord, Andrea Tafi scommette sul riscatto italiano: “È da troppo tempo che non vinciamo Liegi o Roubaix. Con Gianni il vento può cambiare” Ancora oggi è l’unico ciclista italiano ad aver vinto Roubaix e Fiandre. Andrea Tafi, il dominatore delle classiche del nord, manca al nostro ciclismo come Roberto Baggio al nostro calcio. Perché, sul pavé di Roubaix, passando nella foresta di Arenberg, pedalando sui muri delle Ardenne o sulle pietre bagnate dalla nebbia fiamminga, con lui il tricolore era sempre là davanti. Andrea Tafi in azione alla Parigi – Roubaix 1999

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Sono anni, troppi anni, che un italiano non s’impone in una grande classica di primavera. Ma quest’anno, per Tafi, qualcosa potrebbe cambiare: “In queste prime uscite di stagione – spiega – ho visto un grande Moscon. Malgrado abbia solo 23 anni, credo che Gianni abbia forza e maturità per poter puntare a qualcosa di grande. Nelle prime gare dell’anno l’ho visto pedalare molto bene ed anche i tecnici mi dicono che è ormai pronto per il salto di qualità.

Vincere una Liegi o una Roubaix è sempre complicato perché, oltre alle qualità tecniche, devi avere anche una buona dose di fortuna, però, almeno sulla carta, dopo tanti anni, è già incoraggiante poter dire che un ciclista italiano ha finalmente delle chance concrete di vittoria”. In quale corsa Moscon potrebbe avere più possibilità? “Mah, più che altro vorrei fare un augurio: non vinciamo una Roubaix dal


1999 e questo, per una paese ciclisticamente all’avanguardia come l’Italia, non è francamente tollerabile. Se dobbiamo interrompere il digiuno, mi auguro che si cominci proprio da lì”. Dunque, potrebbe essere finito il purgatorio del ciclismo italiano nelle gare di un giorno? “Io credo che, in questo 2018, vedremo dei corridori nuovi, atleti di solide prospettive che, con un pizzico di esperienza in più, potranno fare bene anche nelle gare di un giorno. Certo, un Bartoli, un Rominger o un Vandenbroucke non nascono tutti gli anni, però a livello di ‘materiale umano’ all’Italia non manca nulla per tornare competitiva anche nelle corse di un giorno”. Qual è la vera differenza tra Roubaix e Fiandre? “Sul piano ambientale sono due corse molto simili. Grande pressione mediatica, un oceano di folla festante che ti incita dal primo all’ultimo chilometro, tutti i migliori interpreti al via. Non perché le ho vinte io, ma credo che, per storia e difficoltà tecniche, siano le due corse più affascinanti del mondo”. Qual è la più difficile da interpretare? “Sicuramente la Roubaix, perché il tratto in pavé, anche se in pianura, è un’incognita che storicamente può fare la differenza. Il Giro delle Fiandre, con i suoi muri e le condizioni climatiche spesso estreme, è durissimo ma forse nasconde meno insidie”. Nel tuo palmares alla Parigi - Roubaix una vittoria e due podi. Qualche rimpianto per quel 2° e 3° posto? “Il secondo posto dietro al grande Ballerin per me non potrà mai essere un rimpianto. Anzi, ancora oggi ricordo con grande affetto quella formidabile impresa di Franco con cui ho condiviso tanti anni meravigliosi. Sul terzo posto del 1996, invece, qualche recriminazione ci sarebbe, ma bisogna anche dire che quel podio, in prospettiva, mi è servito tantissimo”. In che senso? “Mi ha permesso di scalare all’improvviso le gerarchie della squadra, ho guadagnato credito e rispetto, tant’è che, qualche settimana dopo, un certo Johan Museeuw mi fece praticamente da gregario per farmi vincere la Parigi-Bruxelles. Ancora oggi sono convinto che quel gesto di grande generosità sia nato,

Parigi – Roubaix 1996, Johan Museeuw, Gianluca Bortolami e Andrea Tafi

in un certo senso, da quel podio alla Roubaix”. Petacchi, a proposito della Sanremo, sostiene che per vincerla, prima bisogna perderla. E così anche per Roubaix e Fiandre? “In parte sì, perché non sono vittorie che puoi improvvisare. L’esperienza è determinante, ti aiuta a dosare le forze e a spalmare le energie. Due aspetti che, su quei terreni, sono sempre determinanti”. Nei tuoi nove anni di Mapei hai corso con grandissimi campioni: da Franco Ballerin a Michele Bartoli, da Johan Museeuw a Paolo Bettini. Qual è il ciclista più forte con cui hai corso? “ In effetti, ho avuto la fortuna di avere in squadra tantissimi fuoriclasse. Ognuno con le sue caratteristiche e con la sua personalità. Credo però che, sul piano delle potenzialità, il motore migliore fosse quello di un certo Franck Vandenbroucke”. Oggi, oltre a continuare saltuariamente la tua attività da cicloamatore, sei diventato imprenditore e, all’ultima edizione del salone belga “Velofollies”, hai presentato la tua nuova linea d’abbigliamento tecnico… “È un settore che mi piace particolarmente perché mi permette di trasferire

Andrea Tafi solleva il trofeo alla Parigi – Roubaix 1996 credit foto by Bettiniphoto

in un articolo tecnico tutto il know-how accumulato in tanti anni di professionismo. Non è un segmento semplice, ma i riscontri alla fiera Velofollies sono stati davvero incoraggianti. Siamo partiti da poco, ma il brand ‘AT’ è già diventato un punto di riferimento del fashion italico applicato al ciclismo” (Info www. tafi-cyclingwear.com).

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SCATTO D’AUTORE VUELTA A SAN JUAN by Bettiniphoto

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Quello che non ho mai scritto

Il ciclismo e il suo “codice d’onore”” Dal “buco” di Chinetti alla Sanremo al sacrificio di Gimondi alla Liegi-BastogneLiegi, ecco favori e risarcimenti nati (sottobanco) nella “pancia” del gruppo

a cura di Gianfranco Josti

Il ciclismo che abbraccia gli Anni 60-90 ha avuto protagonisti straordinari che hanno dato vita a vicende altrettanto straordinarie. L’antico sport delle due ruote di quell’epoca aveva regole molto diverse che consentivano di esaltare i campioni e permettevano agli organizzatori di incidere profondamente sull’esito delle gare del calendario. Fino al 1979 erano ammesse

Vittorio Adorni al Giro d’Italia credit foto Lapresse

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spinte tra corridori, quindi i vari capitani cercavano di accaparrarsi i gregari più solidi, con braccia robuste oltre che con gambe belle muscolose. Non esistevano classifiche individuali, nazionali o internazionali, basate sui punti conquistati nelle varie corse quindi ogni squadra puntava in genere su un unico


Chi è Gianfranco Josti Gianfranco Josti è uno dei più autorevoli giornalisti del mondo del ciclismo. Decano dei giornalisti italiani, penna pungente e fine conoscitore del mondo dello sport, Per anni firma di punta del Corriere della Sera, autore di tanti libri di successo.

capitano che aveva a completa disposizione gregari pronti a qualsiasi sacrificio. A lui lo sponsor chiedeva di vincere e di confrontarsi con altri parigrado delle altre formazioni. Per questo in quegli anni abbiamo assistito ad epici scontri che avevano per protagonisti soprattutto i grandi campioni da Merckx a Gimondi, da Adorni a Zilioli, da De Vlaeminck a Raas, da Moser a Saronni, da Hinault a Fignon, da Argentin a Bartoli, da Lemond ad Indurain, da Bugno a Chiappucci, ma per avere un elenco attendibile bisognerebbe citarne almeno altri venti. Poteva capitare che un gregario riuscisse a vincere qualche corsa, qualche tappa (difficilmente di grande levatura), ma guai a non aver fatto il proprio dovere: una vittoria strappata ai danni del capitano poteva avere infauste conseguenze, licenziamento compreso. Era anche un’epoca in cui direttori sportivi e capitani avevano a disposizione sufficienti risorse finanziarie per comprare alleanze indispensabili a conquistare una vittoria. Ma non sempre l’aiuto di corridori di altre formazioni era ricompensato in danaro, era previsto nel codice d’onore dei corridori “lo scambio di favori”. Vincere la Milano-Sanremo in maglia iridata era un traguardo ambitissimo che Eddy Merckx (vincitore di ben sette edizioni delle classicissima di primavera) aveva inaugurato nel ’72 (era il quinto successo). Toccò poi a Gimondi nel ’74, la stagione successiva al titolo conquistato a Barcellona e a Saronni nell’83 (dopo lo splendido scatto iridato di Leice-

I rivali Francesco Moser e Giuseppe Saronni

ster). Francesco Moser, campione del mondo in Venezuela nel ‘77 non ce l’aveva fatta, la Sanremo pareva stregata per lui anche se nella sua lunga carriera l’ha sempre disputata. Ma nel 1984 il doppio record dell’ora messicano ha proposto alla ribalta ciclistica un nuovo Moser, un corridore che adottava sistemi di preparazione all’avanguardia, che aveva rivoluzionato la dieta del ciclista, ma soprattutto aveva offuscato l’impresa di Eddy Merckx che nel ’72 a Città di Messico aveva stabilito il nuovo limite di 49,432 per oltre un decennio giudicato imbattibi-

le. Il campione trentino, che pareva avviato sul viale del tramonto, dapprima portò il record a 50,808 (ovvero 1.376 metri più del Cannibale belga) poi, per rendere omaggio ai tifosi giunti dall’Italia, quattro giorni dopo sfondò il muro dei cinquantuno orari, percorrendo nei sessanta minuti ben 51,151 km. Due mesi dopo lo strabiliante primato, Moser si presentò alla Sanremo (senza aver disputato la Tirreno-Adriatico né la Parigi-Nizza) suscitando molto scetticismo. Invece s’involò poco prima della discesa del Poggio presentandosi tutto solo sul tradizioLIFESTYLE INBICI

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Eddy Merckx e Felice Gimondi

nale rettilineo di via Roma. Si disse allora che aveva vinto con un “attacco alla Merckx”. Vero, verissimo. Ma grazie anche alla complicità di un occhialuto varesino, Alfredo Chinetti, che era a ruota del trentino quando questi produsse l’accelerazione decisiva e che, per accordi da tempo stabiliti, aveva “fatto il buco” al momento opportuno e Moser aveva sfruttato appieno la situazione. Ebbene, qualche settimana più tardi, Chinetti colse l’ultima vittoria della sua onesta carriera nel Giro della Provincia di Reggio Calabria grazie ad un’azione di Moser che gli schiuse le porte del successo-riparatore. Molti anni prima, nell’autunno del 1966, anche un campione come Vittorio Adorni ricorse al codice d’onore per sdebitarsi nei confronti di Felice Gimondi. Una bella pagina che va raccontata. Nella primavera di quell’anno il ventitreenne bergamasco aveva ottenuto due strepitose vittorie nell’arco di una settimana prima alla Parigi-Roubaix e poi alla Parigi-Bruxelles. Il suo nome era sulla bocca di tutti gli appassionati di ciclismo tanto più che, l’anno prima, aveva vinto in modo assolutamente inatteso il Tour de France. Questo giovane ta-

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lento stava sovvertendo la gerarchia internazionale dove personaggi del calibro di Jacques Anquetil, Rik Van Looy e Jan Janssen erano i punti di riferimento delle rispettive nazioni (Francia, Belgio, Olanda). Per la Salvarani, la squadra in cui militavano Adorni e Gimondi, le classiche del Nord erano importantissime perché stava inaugurando una serie di negozi proprio in Belgio quindi era chiesto sempre il massimo impegno in ogni occasione. Dopo le classiche del pavé, il calendario prevedeva la Freccia Vallone e la Liegi-Bastogne-Liegi più adatte alle caratteristiche dei corridori italiani. Il direttor sportivo della Salvarani, il mitico Luciano Pezzi aveva programmato di concedere un po’ di riposo a Gimondi dopo i trionfi sul pavé e schierare Adorni come capitano nelle Ardenne. Ma il futuro campione del mondo di Imola era stato informato però che la “vecchia guardia” (di cui era autorevole membro) aveva deciso di prendersi la rivincita sul “ragazzino” che li aveva strapazzati sul loro terreno preferito e che la Liegi si sarebbe trasformata in una sorta di rivincita. Con la scusa di

un improvviso attacco febbrile alla vigilia, Vittorio Adorni dette forfait e Pezzi fu costretto a chiedere un ulteriore sacrificio a Gimondi che ne avrebbe volentieri fatto a meno. Ebbene, l’operazione-rivincita andò a buon fine tanto che quella fu l’unica classica in linea in cui si impose Jacques Anquetil, incontrastato re del cronometro, che precedette due belgi, Van Schil e In’t Ven, mentre Gimondi dovette arrendersi dopo aver respinto attacchi su attacchi. A fine stagione, avendo deciso di lasciare la Salvarani per approdare alla Salamini-Luxor, Vittorio Adorni si sdebitò con Felice. Il Giro di Lombardia si concludeva sulla pista di Como e a contendersi la vittoria un drappello di campioni: Anquetil, Poulidor, Dancelli, Adorni, Gimondi e un giovanissimo Merckx che già aveva fatto vedere le doti di grande sprinter alla Milano-Sanremo. Con una manovra al limite della scorrettezza, Adorni era riuscito ad ostacolare il belga permettendo così al giovane compagno di squadra (che gli aveva strappato i gradi di capitano) di imporsi in volata.



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SCATTO D’AUTORE ALEXEY LUTSENKO (KAZ - ASTANA PRO TEAM) TOUR DE FRANCE 2017 by Bettiniphoto

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L’intervista Mauro Grespan

“Vi spiego perché Assos veste i big del ciclismo” a cura della redazione

Al Centro Mauro Grespan con Desiree Bergman Maier e Luca Celli All’inaugurazione del Assos Pro Shop di San Mauro - Rimini

Fiere, bici elettriche, negozi e contraffazione:

economy raccontata da Mauro Grespan, amministratore unico di Extreme Racing che distribuisce in Italia, in esclusiva, il prestigioso brand svizzero di abbigliamento tecnico “Dopo oltre 40 anni dedicati a progettare abbigliamento per ciclisti, abbiamo voluto sorprendere coloro che si spingono oltre ogni limite. Abbiamo creato capi estremamente tecnici dai profili aerodinamici esclusivi, con l’impiego di tessuti innovativi per un look impeccabile”. Nella home page del sito ufficiale di Assos of Switzerland, compresse in poche righe sintetiche, c’è la storia e la mission di un’azienda che, nel mondo del ciclismo, più che un marchio è ormai una griffe. Perché quando si parla di abbigliamento tecnico applicato alla bicicletta, Assos è un’eccellenza planetaria, come certificano le tante collaborazioni, 32

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ormai consolidate, con il mondo dei professionisti. Ma in un mercato in costante evoluzione, quali sono le strategie future di questo colosso imprenditoriale? Lo abbiamo chiesto a Mauro Grespan, amministratore unico di Extreme Racing che distribuisce in Italia, in esclusiva, il brand Assos of Switzerland. Grespan, quali sono stati, nel 2017, gli andamenti di mercato di Assos of Switzerland? “In Italia abbiamo chiuso i bilanci con indicatori molto simili a quelli dell’anno precedente, mantenendo grosso modo gli stessi livelli di fatturato del 2016. Lavorando, però, con i campio-

nari stagionali e dunque in anticipo di 8-9 mesi rispetto al calendario, possiamo dire già da oggi che registriamo un significativo incremento negli ordini per la collezione Summer 2018”. Quali saranno, nei prossimi anni, gli obiettivi del gruppo? “La casa madre, in linea con la sua mission e con la sua storia, ci ha indicato un programma di sviluppo 20182021 che prevede livelli di crescita molto elevati. È un progetto ambizioso supportato da una strategia commerciale di primissimo livello che prevede l’ampliamento della gamma di prodotti e la creazione di nuove linee calibrate in base alle novità del mercato”.


Si riferisce, ad esempio, al mondo delle biciclette a pedalata assistita? “È un segmento a cui non possiamo non guardare con interesse considerate le percentuali di crescita dell’ultimo biennio (+120%). Io penso che, numeri alla mano, le biciclette a pedalata assistita abbiano ‘salvato’, nel 2016 e 2017, i fatturati di tanti negozi e, se il fenomeno continuerà a crescere con questi ritmi, il mondo dell’elettrico, anche in Italia, diventerà molto presto un asset centrale della bike-economy”. Intende dire che Assos proporrà una linea d’abbigliamento ad hoc per il mondo delle biciclette a pedalata assistita? “Per la verità, già oggi - nella linee Cross-Country e Rally - abbiamo capi tecnici profilati per questo segmento, ma è chiaro che si sta pensando ad una collezione ancora più specifica. Perché, quando parliamo di e-bike, dobbiamo intendere sia i giovani che praticano free-ride sia i più adulti che utilizzano la bici elettrica in città e nel fuoristrada. E così, se il primo ha bisogno di capi tecnici più morbidi ed evoluti, il secondo necessita, al contrario, di divise più confortevoli e magari meno attillate”. Quante linee dispone oggi Assos of Switzerland sul mercato? “Abbiamo tre linee da strada per l’uomo, due collezioni strada per la donna e due linee mtb per lui e per lei. Dalla linea 1000 GT, che è la nostra entry-level, passando per la linea

Equipe RS, quella utilizzata dai professionisti della Bmc, fino alla linea 113 Avantguard, che è la più evoluta e ricercata, chiunque - consultando i nostri campionari - può trovare il capo più adatto alle sue esigenze. È chiaro che parliamo di prodotti di altissima gamma, ma le fasce di prezzo sono diverse: ad esempio un pantaloncino può costare dai 130 ai 360 euro. E tra questi vi è anche il T.Equipe_EVO, quello indossato da Greg Van Avermaet, perché,nella filosofia Assos, tra un campione olimpico e un cliente qualunque non c’è alcuna differenza”. In Italia si parla dei negozi come dell’anello debole della filiera. Voi avete un po’ aggirato il problema con i cosidetti “Assos Pro Shop”… “Abbiamo scelto, fin da subito, di non effettuare una distribuzione a tappeto dei nostri prodotti, ma di selezionare con scrupolo i nostri punti vendita. I Pro Shop non sono altro che negozi in cui al marchio Assos viene dedicato uno spazio attrezzato di almeno 35-40 metri quadri. Viene allestito, con il nostro intervento diretto, in base a precise modalità logistiche che tengono conto dell’illuminazione, del mobilio e di altri dettagli. Qui l’utente finale trova tre requisiti fondamentali: il massimo assortimento delle collezioni, la presentazione degli articoli secondo standard precisi e la formazione del personale che è perfettamente in grado di illustrare le caratteristiche tecniche di un capo Assos”.

“Abbiamo scelto, fin da subito, di non effettuare una distribuzione a tappeto dei nostri prodotti, ma di selezionare con scrupolo i nostri punti vendita. I Pro Shop non sono altro che negozi in cui al marchio Assos viene dedicato uno spazio attrezzato di almeno 35-40 metri quadri”. Dunque, più che un mono-marca una sorta di “shop in shop”… “Esattamente. Noi, come monomarca, abbiamo solo tre negozi di proprietà: a Lugano, Londra e Francoforte più un progetto embrionale su New York, ma anche gli Assos Pro Shop assolvono perfettamente la mission aziendale visto che, ci tengo a sottolinearlo, noi investiamo tanto nella formazione del personale”. Anche sul fronte delle garanzia, Assos offre condizioni uniche… “Sì, la nostra policy strategy è, da sempre, proiettata verso la totale soddisfazione del cliente. Se, ad esempio, entro un mese dall’acquisto di un nostro capo, un ciclista cade ed il pantaloncino e la maglia si lesionano,

Tre ciclisti in divisa Assos

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Pro Shop Assos, Treviso

Assos li sostituisce gratuitamente. E se l’inconveniente accade entro l’anno, noi abbiamo una sartoria a Stabio in grado di riparare i tessuti con formidabile maestrìa. Sono operazioni che qualche volta hanno un costo, ma molte volte vengono effettuate in forma completamente gratuita” Capitolo fiere, siete stati i primi, ormai 7-8 anni fa, a rinunciare. Come mai? “Perché, a conti fatti, quel format non soddisfaceva più le esigenze delle aziende. In passato, la fiera serviva per incontrare i negozianti che, in quell’occasione, formalizzavano anche i primi ordini. Oggi, il negoziante che arriva a Friedrichshafen si ferma al massimo una giornata e, in poche ore, non ha certo il tempo di visitare tutti i suoi distributori. Per altro, nelle fiere, il negoziante si trova davanti ad articoli che ha già visto e dunque si perde anche l’interesse che c’era all’origine. Oggi è vero che la fiera si è evoluta ed il format di presentazione ha lasciato il posto ai test però, considerando anche i costi, conviene dirottare le risorse altrove”. Dove ad esempio? “Negli eventi mono-marca che l’azienda organizza per i suoi clienti in base a tempi e modalità logistiche molto più razionali e confortevoli. Basta allestire uno show-room, invitare i negozianti ed il gioco è fatto. Del resto, è vero che i numeri di Friedrichshafen sono stabili, ma i grandi marchi ormai 34

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non ci sono più. Se dopo di noi, anche aziende come Specialized, Pinarello, Giant e Trek hanno deciso di virare altrove, una ragione ci sarà…”. Altre strategie per raggiungere l’utente finale? “Il mondo delle granfondo è molto interessante per un marchio come Assos perché consente di incontrare, nei loro contesti abituali, il mondo eterogeneo dei ciclo-amatori che rappresentano ormai la spina dorsale del mercato. Nell’area expò delle granfondo, in virtù di una nuova partnership con il gruppo InBici, da quest’anno da-

Pro Shop Assos, Bergamo

remo l’opportunità ad alcuni ciclisti di testare i nostri pantaloncini T.Equipe. Saremo presenti, a partire dalla Granfondo Laigueglia, negli appuntamenti più prestigiosi del calendario ciclo-amatoriale, una strategia che, ne sono certo, darà risultati importanti”. Nel mondo dell’abbigliamento per ciclisti siete, da sempre, il marchio più prestigioso. Anche voi, come tante firme del pret-à-porter, avete problematiche legate alla contraffazione? “Sì sono anni che lottiamo con i ‘clonatori’ del nostro brand che, per spirito di semplificazione, dividerei in due fasce. C’è la contraffazione cinese, quella che immette sul mercato dei tarocchi grossolani, magari copiando la griffe, ma senza ovviamente riuscire a riprodurre, sul piano tecnico, il knowhow dei nostri capi. E poi c’è una contraffazione più subdola, quella delle aziende che copiano i nostri campionari, violando però anche i nostri brevetti che sono ovviamente regolarmente depositati. Pensi che alcuni nostri capi contengono ben 8 brevetti. Mentre combattere la contraffazione orientale, sul piano giuridico, è piuttosto complesso, in questi secondi casi, Assos of Switzerland interviene con grande decisione interrompendo sul nascere queste palesi violazioni”.


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INBICI TOP CHALLENGE

InBici Top Challenge

Trattamento A CINQUE STELLE a cura della redazione

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È iniziato il conto alla rovescia per la terza edizione dell’InBici Top Challenge, che debutterà il 25 febbraio con la Gran Fondo Laigueglia, da sempre evento di apertura della stagione amatoriale. L’evento ligure decreterà il ciak ufficiale di un circuito che si annuncia ancora una volta esaltante con ben sei regioni rappresentate (Emilia Romagna, Toscana, Lombardia, Veneto, Liguria e Trentino Alto Adige) per un totale di otto appuntamenti.

Per gli abbonati del circuito 2018 niente file per il pacco gara, officina meccanica sempre a disposizione e massaggi gratis prima della corsa. E da quest’anno InBici pensa anche alla sistemazione alberghiera

Gran Fondo Laigueglia Photo: PlayFullt

Quattro le novità, tutte di grandissimo prestigio: dalla Gran Fondo Davide Cassani alla Gran Fondo degli Squalidi Cattolica e Gabicce passando per la “Green”Fondo di Paolo Bettinie finendo con la “3 Epic Cycling Road- Tre Cime di Lavaredo”.


Dopo l’ouverture di Laigueglia, l’InBici Top Challenge proseguirà il 18 marzo a Faenza con la Gran Fondo Davide Cassani, l’evento che vede il Ct della nazionale italiana di ciclismo nelle vesti di testimonial per una nobile causa: il finanziamento dell’attività ciclistica giovanile. Tre settimane dopo dopo l’8 aprile - tutti in Toscana, in quel di Pomarance (Pisa) con la Gran Fondo “eco” Paolo Bettini - La Geotermia. A maggio, invece, si vola in Romagna: il 6 tutti a Cervia per la storica Via del Sale, un’edizione rinnovata nella formula e soprattutto nella data. Una settimana dopo il grande popolo del pedale si dà appuntamento tra Cattolica e Gabicce Mare per la Gran Fondo degli Squali, la manifestazione più giovane, ma anche quella che ha mostrato i margini di crescita più importanti. Il 10 giugno si sale in alta quota con la novità della “3 Epic Cycling - Tre Cime di Lavaredo”, corsa per grimpeur di razza. Il 24 giugno si resta in altura con la Gran Fondo Gavia & Mortirolo all’Aprica(So), mentre il gran finale è sempre fissato a Trento, quando l’8 luglio si celebrerà una nuova edizione della Gran Fondo “La Leggendaria Charly Gaul”.

Le rampe della 3 Epic Cycling Road Tre Cime di Lavaredo

Anche quest’anno, infine, il circuito propone una “prova jolly”, a cui gli abbonati dell’InBici Top Challenge potranno partecipare gratuitamente. Si tratta della Gran fondo Nevio Valcic, che si disputerà il 27 maggio in Croazia.

Tra le novità dell’edizione 2018 la “Assos Racing Cup”, ovvero uno speciale riconoscimento che premierà gli abbonati più costanti, tenaci e fedeli. Il premio, messo a disposizione

I ciclisti si apprestano ad affrontare il Monte Bondone alla La Leggendaria Charly Gaul

da Assos of Switzerland, verrà infatti consegnato a tutti coloro che porteranno a termine le otto gare del circuito. Tante sorprese anche nell’area dell’InBici Top Village, dove sarà sempre presente il maxi-pullman granturismo. Due i servizi novità per il 2018: un’officina meccanica riservata agli abbonati per risolvere i piccoli inconvenienti tecnici prima della partenza ed un’area wellness dove gli iscritti al circuito potranno sottoporsi gratuitamente a corroboranti massaggi pre-gara. Nell’area expò di InBici, come nelle scorse edizioni, si potrà ritirare il pacco-gara, evitando le lunghe file della vigilia. E durante la visita nel villaggio si potrà gustare gratuitamente un caffè espresso e, nello stesso tempo, visitare il piccolo store dove acquistare, a prezzi scontatissimi, i celebri integratori Inkospor e tutti i prodotti del merchandising InBici.

Per tutte le otto tappe del circuito, gli abbonati del Top Challenge potranno anche usufruire del servizio prenotazioni. Lo staff di InBici, infatti, in virtù dei suoi contatti logistici, è in grado di occuparsi anche della sistemazione alberghiera selezionando in ogni periodo dell’anno comode strutture bike-friendly.

Photo: Newspower.it

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Domande a...

“Così Shimano

conquisterà il Belpaese” Da poco più di tre anni il colosso giapponese ha aperto una piattaforma anche in Italia. Marco Cittadini: “Gamma di prodotti sempre più evoluta e formazione verticale per gli addetti alle vendite. Così vinceremo le sfide del futuro”

Quando si parla di Shimano ogni presentazione appare superflua. Perché poche aziende, nel mondo del ciclismo, possono vantare un’immagine così prestigiosa e longeva. Da poco più di tre anni, il colosso giapponese

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ha aperto una piattaforma anche in Italia, dove già da tempo deteneva una grande fetta del mercato. Una sfida con nuove premesse, ma gli obiettivi di sempre: incrementare i fatturati e confermarsi come il marchio ciclistico più noto del pianeta. Nell’ufficio marketing

e comunicazione lavora un professionista di primissimo livello - Marco Cittadini – una delle figure di riferimento di Shimano Italia a cui è stato affidato il compito di promuovere il brand anche nel Belpaese. Con lui, spigolando tra presente e futuro, vi raccontiamo


Marco Cittadini

i progetti e le strategie di sviluppo del grande marchio nipponico. Cittadini, quali sono gli andamenti di mercato del vostro marchio in Italia? “Shimano Italia che – è bene ricordare - è nata solo nel settembre del 2014, è un marchio in grande salute ed in costante espansione. E questo, bisogna ammetterlo, anche grazie alla nascita

e, soprattutto, al consolidamento di nuovi filoni di mercato, come ad esempio le biciclette a pedalata assistita o il segmento ‘gravel’ che hanno dato nuovo impulso a tutta l’industria della bicicletta. L’Italia mantiene certamente le sue peculiarità culturali ed il settore strada è storicamente quello predominante, ma anche nel nostro paese questi nuovi fenomeni si stanno affermando in maniera sempre più radicata con volumi d’affari non più trascurabili”. Shimano, a dispetto della concorrenza, conserva un’importante fetta di mercato anche nel mondo delle Mtb… “È un settore che seguiamo con grande interesse, anche perché ci intriga, in particolare, la sfida con Sram che, con Shimano, rappresenta il player dominante a livello mondiale. È una concorrenza impegnativa che ci stimola a fare sempre meglio, tutto a vantaggio dell’utenza finale che si ritrova sul mercato una gamma di prodotti sempre più validi”. Qual è il rapporto di Shimano con la

di Mario Pugliese

“Gran parte dei negozi, come noto, hanno problemi di cash flow, ma per noi sono partner prima che dealer e quindi con loro cerchiamo, oltre che di condividere i successi, anche di affrontare le difficoltà” rete distributiva italiana? “Gran parte dei negozi, come noto, hanno problemi di cash flow, ma per noi sono partner prima che dealer e quindi con loro cerchiamo, oltre che di condividere i successi, anche di affrontare le difficoltà. Come strategia aziendale investiamo tanto nella formazione verticale degli addetti alla vendita, soprattutto oggi che l’acquisto di un prodotto non è più solo un mero scambio merceologico, bensì un’interazione che si fonda su un rapporto consulenziale, per non dire confidenziale. Su questo versante, noi facciamo la nostra parte fino in fondo, partecipando agli eventi e rendendoci disponibili, con i nostri tecnici, per ogni necessità”. Ma i negozi sono sempre all’altezza delle aspettative aziendali? LIFESTYLE INBICI

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10 DOMANDE A MARCO CITTADINI

“In molti casi sì, in altri – è innegabile – si ha la percezione che di strada da fare ce n’é ancora tanta. Ad esempio, quando visitando alcune officine mi accorgo che non c’è un computer, capisco subito che, rispetto alle esigenze di Shimano, c’è qualcosa che non va. Perché, ad esempio, per i gruppi di matrice elettromeccanica i settaggi passano inevitabilmente dall’utilizzo di un software”. In effetti, con uno sviluppo così intensivo della tecnologia, non è semplice per i punti vendita tradizionali restare al passo con i tempi… “È senza dubbio un passaggio complesso che, tuttavia, non ci preoccupa. Perché, in fondo, si tratta di una rivoluzione che l’Italia ha già vissuto nel mercato delle automobili quando, negli anni 70-80, le grandi case automobilistiche cominciarono ad inserire il computer nelle vetture di nuova concezione. Anche in quel caso, l’officina che lavorava esclusivamente con grimaldello e chiave inglese si trovò impreparata, ma poi, col tempo, quasi tutti si aggiornarono dotandosi della strumentazione necessaria per la manutenzione. Fu un passaggio epocale, ma alla fine assolutamente naturale. E da quell’istante, anche in Italia, si iniziò finalmente a parlare di post-vendita”. Un concetto che sta molto a cuore a Shimano… 40

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“Certo ed è la filosofia che ci ha portato ad inaugurare in tutto il mondo gli Shimano Service Center o gli Shimano Point, dove il cliente, trova un’assistenza di primissimo livello per qualsiasi necessità. È una formula vincente che, anche in Italia, stiamo cercando di promuovere sia verso i negozianti che verso il consumatore finale”. Qual è il punto di vista di Shimano Italia sulle fiere di settore? “Noi produciamo componenti, dunque il dibattito ci riguarda fino ad un certo punto. In ogni caso, mi pare ormai assodato, la dicotomia è fra la fiera campionaria, sul modello di Euro Bike, e la fiera impostata sui bike-test e quindi costruita più sul concetto di ‘esperienza’. Sintetizzando, in un caso testi l’articolo, in un altro vivi l’anteprima. Ogni opinione è legittima, per carità, ma dal mio punto di vista sono due format più complementari che antiteci”. Dunque, qual è la soluzione ottimale? “Io non sottovaluterei la legge dei numeri: in una fiera campionaria gli spettatori raggiungono le 40-50mila unità, mentre se parliamo di test, per una questione logistica, in un evento non si superano mai i 5mila bike-test. Io credo che la discussione sia viziata da un equivoco di fondo, ovvero la convinzione secondo cui la prospettiva più corretta sia sempre quella di chi investe nell’evento fieristico. A mio modesto parere, invece, per

trovare le giuste soluzioni o il giusto compromesso, bisognerebbe iniziare a mettersi più dalla prospettiva del consumatore finale”. Freni a disco: il mercato road ha ormai imboccato questa direzione, anche se permangono le riserve… “I freni a disco sono l’approdo naturale di un percorso evolutivo che, al di là delle varie correnti di pensiero, hanno portato ad un innegabile miglioramento dei dispositivi frenanti, soprattutto in condizioni di bagnato e di sterrato. Permane qualche dubbio, a mio modo di vedere piuttosto pleonastico, sulla sua presunta pericolosità, ma in realtà la bicicletta, da sempre, dispone di componenti potenzialmente pericolosi, come ad esempio la corona esterna. Cito, per tutti, il caso della caduta di Ventoso alla Parigi-Roubaix di due anni fa: subito si puntò il dito sul disco del freno, in realtà, da un’analisi più accurata, ci si rese conto che a procurargli la ferita alla gamba sinistra era stata la corona”. Perché allora questi pregiudizi? “Se devo essere sincero, certe discussioni mi sembrano più ispirate da ragioni di business che da una reale disamina della situazione. In ogni caso, se restiamo nell’ambito delle esperienze, mi pare che i freni a disco abbiano portato significativi miglioramenti e, proprio per questo, credo che non si tornerà più indietro”.



a cura di Mirko D’Amato

Fabio Zappacenere (a sx) e Renato Di Rocco (a dx) insieme alle giovani leve del ciclismo premiati alla presentazione del GIA

Giro d’Italia Amatori 2018

La passione che contagia Presentata, alla presenza del presidente della Federazione Italiana Ciclismo Renato Di Rocco, la nuova rassegna rosa che, a giugno, farà tappa in Molise 42

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Il nuovo giorno lascia trapelare i primi raggi di sole, mentre la bellissima vallata si risveglia. Saluta il mare Adriatico e serenamente sorride Montenero di Bisaccia, comune antichissimo del Basso Molise che da venerdì 1 a domenica 3 giugno ospiterà le tre tappe della settima edizione del Giro d’Italia Amatori.


Dopo i professionisti della corsa rosa saranno gli appassionati master a pedalare lungo le strade che dall’abitato di Montenero si snodano tra campi coltivati, uliveti e vigneti che coprono le dolci colline digradanti verso il mare, prima di lasciarsi conquistare dallo splendido panorama che alterna il verde dei campi all’oro accecante del grano e l’azzurro del mare. Il Molise esiste, è una regione fuori dai luoghi comuni, in cui la passione per il ciclismo ha radici profonde. Ha lasciato segni tangibili, come il suggestivo fenomeno geomorfologico dei calanchi che interessa il territorio di Montenero. Ma c’è un filo rosso che lega Montenero di Bisaccia a Perugia (città in cui nasce ed è stata presentata ieri la settima edizione del Giro d’Italia Amatori), quello del tessuto della divisa del calciatore montenerese Nello Malizia, il portiere del Perugia dei miracoli, la prima formazione nella storia del calcio italiano a chiudere imbattuta, al secondo posto in classifica. Da ieri si è aggiunta anche una trama rosa, un colore emozionale che incute un senso di sicurezza e ottimismo verso il futuro. Il rosa della settima edizione

del Giro d’Italia Amatori che è stato ufficialmente presentato nell’accogliente sede perugina della concessionaria Marchi Auto. Un evento che nasce dal senso di sicurezza di Fabio Zappacenere e Marina Campi nella scelta di continuare a sostenere il ciclismo giovanile attraverso l’attività amatoriale e il loro ottimismo verso il futuro, visto l’annuncio di Zappacenere che dalla prossima settimana triplicherà lo sforzo organizzativo unendo all’organizzazione del Giro d’Italia Amatori e del Canapè Baby Challenge un evento sportivo riservato agli sportivi delle forze armate con partenza da Loreto e arrivo nel centro storico della città di Perugia. Sicurezza e passione che ha sorpreso positivamente anche Andrea Romizi, sindaco di Perugia, che nel suo intervento ha sottolineato la disponibilità dell’amministrazione da lui guidata a sostenere le iniziative di Fabio Zappacenere e Marina Campi. La presenza di novanta giovani ciclisti, in rappresentanza di team provenienti da diverse regioni d’Italia, ha galvanizzato un ambiente saturo di passione in cui coloro che rappresentavano il passato del movimento ciclistico (dirigenti federali, giudici di gara, componenti di commissione federale, ciclisti)

si sono lasciati trasportare dal ritmo incalzante degli interventi moderati da Stefano Bertolotti, speaker del Giro d’Italia, e Adriano Bevilacqua. Riaffiorano i ricordi di tante stagioni dedicate al mondo delle due ruote umbre e la consapevolezza che è arrivato il momento di sostenere e collaborare con Daniela Isetti (commissario comitato umbro FCI) e il vice Carlo Moriconi. “Una importante sinergia quella che propone Fabio Zappacenere tra il ciclismo amatoriale e quello giovanile. Momenti ed eventi che ci entusiasmano, come l’attività giovanile. Oggi è stata celebrata la maglia tricolore ciclocross di Letizia Brufani. Grazie a questa sua vittoria ci ha fatto iniziare il nuovo anno nel migliore dei modi a cui poi si è aggiunto anche il successo di Leonardo Caracciolo tra gli Elite Sport. Un Umbria veramente a grandi livelli come il Giro d’Italia Amatori”. Renato Di Rocco, presidente della Federazione Ciclistica Italiana, sottolinea l’opera organizzativa dei dirigenti dell’Asd Giro d’Italia Amatori ormai da diverse stagioni attivi nella promozione dell’attività giovanile, la realizzazione di eventi con particolare attenzione alla tutela della salute, la sicurezza dei ciclisti in gara e le eccellenze del terri-

Le maglie della settima edizione del GIA e gli ospiti presenti

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Fabio Zappacenere e Giorgio Amadessi

torio a cui si aggiunge il Canapè Baby Challenge Selle SMP. “Promozione dell’attività giovanile, coinvolgimento dell’attività amatoriale e del territorio era l’idea iniziale della nostra opera federale. Fabio Zappacenere è stato pronto a condividerla ed oggi tutti abbiamo potuto vedere con i nostri occhi quali sono i risultati. Dobbiamo ringraziare il Giro d’Italia Amatori, Fabio Zappacenere e Christian Bohm e tutto lo staff che oltre a comunicare bene, riesce a mettere in evidenza le eccellenze territoriali, le bellezze artistiche, culturali e paesaggistiche attraverso la bicicletta. Tramite gli eventi che promuovono la passione, l’entusiasmo dell’attività amatoriale e un sano agonismo, affiancandolo con l’attività giovanile e il Canapè Baby Challenge Selle SMP. Un grande progetto che prevede ben sei tappe e il coinvolgimento di cinque regioni e permette alle giovani leve del pedale di vivere momenti importanti per la loro crescita sia sul piano sportivo che sociale”. Giudizi condivisi anche dall’On. Giampiero Giulietti e dal presidente del Coni regionale Domenico Ignozza. Un esauriente video curato da Atlantide Videoservice https://www.youtube. com/watch?v=Ike7TwOV3lQ&feature=youtu.be ha introdotto la settima edizione del Giro d’Italia Amatori e gli interventi degli amministratori monteneresi che sin da subito hanno

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Gli amministratori Monteneresi insieme alla madrina del GIA Laura Bazzucchi

condiviso il progetto di Fabio Zappacenere: “Continua il capitolo rosa della storia del nostro comune – sottolinea Gianfranca Marchesani vice sindaco di Montenero di Bisaccia – dopo la tappa del Giro d’Italia professionisti arriva nella nostra città, nella nostra piccola regione il Giro d’Italia Amatori. Attraverso questo evento vogliamo far conoscere la nostra piccola comunità, i suoi usi, costumi e tradizioni. Le bellezze architettoniche e paesaggistiche di un piccolo lembo della nostra nazione che esiste e produce ricchezza”. “Per tre giorni saremo la capitale del ciclismo amatoriale – sottolinea Teresio Di Pietro responsabile marketing del comitato organizzatore locale – sono orgoglioso di rappresentare una piccola realtà paesaggistica della nostra nazione, poco più di ottomila abitanti, che con grande determinazione continua attraverso il ciclismo a promuovere le sue eccellenze. Un ringraziamento particolare a Rino Di Lisio e al suo sodalizio che curerà l’organizzazione tecnica dell’evento, ma anche al resto della squadra con cui ho operato in occasione dell’organizzazione della tappa del Giro d’Italia”. Canapè Baby Challenge Selle SMP. Luca Alò, addetto stampa del challenge, ha presentato il nuovo evento e le sei tappe in cui è articolato. La premiazione della neo campiones-

sa italiana ciclocross Letizia Brufani, vincitrice anche del Giro d’Italia Ciclocross e dei novanta giovani ciclisti presenti chiude una cerimonia di presentazione indimenticabile, unendosi al pensiero e all’opera dell’Associazione Onlus Rock No War guidata da Giorgio Amadessi. Un’associazione di volontariato attiva da numerosi anni sul fronte della solidarietà internazionale, che ha come obiettivo quello di portare aiuto concreto e gioia, là dove guerre o sottosviluppo hanno creato dolore e povertà ovunque nel mondo, senza distinzione di razza, religione o fede politica, e con una particolare attenzione all’infanzia e alle zone più dimenticate del mondo. Prima del ricco buffet Fabio Zappacenere ha ringraziato quanti collaborano fattivamente alla realizzazione del Giro d’Italia Amatori: “Io e mia moglie, coinvolgendo anche il resto della famiglia, trasformiamo i progetti in vere e propri eventi che vengono realizzati soltanto grazie al supporto di una squadra unica nel suo genere costituita da Massimo Pontani, Michele Marchetti, Massimo Brachelente, Natale Giuseppe, Maurizio Coppola e Grilli Michele, Luca Alò, Mirko Marini che mi sostengono ogni giorno. Devo a loro gran parte di questo successo”.



Gran Fondo Internazionale di Laigueglia

Vent’anni di successi a cura della redazione

Percorso chiuso al traffico, gestione satellitare della corsa e lucchetti personalizzati contro i ladri di biciclette. Il prossimo 25 febbraio, in provincia di Savona, si rinnova l’appuntamento con la grande classica d’apertura della stagione ciclo-amatoriale. Al via circa 3300 ciclisti. Vittorio Mevio: “Al primo posto la loro sicurezza” È l’ouverture della stagione ciclo-amatoriale, lo spartiacque fra il letargo invernale ed il ritorno ufficiale all’attività sportiva. Torna, il prossimo 25 febbraio, in provincia di Savona, la ventesima edizione della Granfondo Internazionale Laigueglia, “l’evento – come spiega il suo fondatore, Vittorio Mevio – che decreta la fine della ‘stagione dei rulli’ e segna l’inizio delle corse all’aria aperta”. Ormai da vent’anni, infatti, la rasse46

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gna ligure (che si corre sotto l’egida dell’Acsi) rappresenta per il grande popolo dei ciclo-amatori la prima sfida di stagione in una terra che – per la sua storia ed i suoi inestimabili tesori naturalistici - merita di essere scoperta. Le temperature a fine febbraio sulla costa ligure sono infatti già miti e la Granfondo Internazionale Laigueglia regala già i primi sprazzi di primavera. Si riparte dunque dall’ultima esaltante edizione, quella vinta da Federico Pozzetto davanti a Tomma-

so Elettrico e Paolo Castelnovo. Tra le donne, invece, un anno fa trionfò Barbara Lancioni davanti ad Erica Magnaldi e Barbara Genga. Ma al di là dell’aspetto agonistico – che per il Gs Alpi è tutt’altro che una priorità – il vero fiore all’occhiello della gara è la sicurezza dei partecipanti, con il percorso interamente chiuso al traffico veicolare. Nello specifico, nella prima parte del tracciato, fino a Garlenda, le strade della granfondo saranno interdette al traffico automobilistico


per 60 minuti. A seguire, l’auto-corsa si fermerà per circa mezzoretta per poi ripartire con la chiusura al traffico fino allo striscione finale per ben novanta minuti: “Chiudere le strade in Liguria per oltre due ore - aggiunge Vittorio Mevio – è una vera e propria impresa. Ma è un impegno sul quale abbiamo lavorato intensamente perché, per noi, la sicurezza viene prima di tutto”. E sempre sul versante della sicurezza, uno dei valori aggiunti della Granfondo Internazionale Laigueglia sarà, anche quest’anno, la gestione satellitare della corsa. Tutti i mezzi a supporto dei ciclisti, infatti, saranno dotati di un gps che li terrà costantemente in contatto con la consolle operativa, mentre i 3300 atleti al via avranno a disposizione un numero diretto (“sos Vittorio”) con cui comunicare in caso di emergenze sanitarie, guasti meccanici od altre necessità: “È un sistema ormai collaudato – assicura Vittorio Mevio – che, in passato, grazie al tempestivo coordinamento dei soccorsi, ci ha permesso di salvare la vita ad almeno un paio di ciclisti. L’obiettivo è non lasciare mai soli gli atleti durante la gara. Chiunque si trovi in situazioni di difficoltà, infatti, deve poter agevolmente comunicare con l’interlocutore più indicato”. Al resto penseranno gli oltre

250 volontari dislocati strategicamente lungo gli oltre 100 chilometri del tracciato. E per chiudere il cerchio della corsa più sicura della storia, ecco il servizio di custodia bici nel post-gara. Dopo aver tagliato il traguardo, infatti, a tutti i partecipanti verrà consegnato un lucchetto, le relative chiavi ed un numero identificativo. La bicicletta potrà dunque essere ancorata in uno spazio apposito custodito e lasciata in totale sicurezza anche durante la doccia ed il pasta party. La granfondo si svolgerà su un tracciato suggestivo di 114 chilometri con un dislivello di 1883 metri ed un’altezza massima di 500 metri con arrivo collocato – come tradizione impone – sulla erta di Colla Micheri. A differenza delle edizioni passate, quest’anno il percorso è stato confermato in toto, dunque senza modifiche imposte da frane, condizioni meteo avverse o altri inconvenienti. Per la partenza, come già avvenne qualche anno fa, il gruppo sarà suddiviso in due tronconi: circa 2200 corridori partiranno da Corso Badarò, mentre i restanti 1300 riceveranno lo start da via Mazzini. Alla consolle organizzativa, come detto, l’esperienza del Gs Alpi di Vittorio Mevio, vulcanico inventore della Granfondo Internazionale Laigueglia, l’uomo che, con la

forza della tenacia e dell’ostinazione, ha saputo creare dal nulla un evento sportivo che, a fine febbraio, è in grado di riempire tutte le strutture ricettive della località: “È un evento - dice - che organizziamo per pura passione, anche se incastrare tutti i tasselli, ogni anno, è sempre molto complicato. In ogni caso, tutti i sacrifici vengono ampiamente ripagati da questa grande festa di sport, dove al primo posto c’è sempre il piacere della condivisione”. E a dimostrazione dello spirito che, da sempre, anima gli organizzatori, a 20 chilometri dall’arrivo, in località Testico, verrà allestito un ristoro “happy hour” realizzato per chi corre senza alcuna implicazione di classifica. Nel banchetto verranno servite tartine con olive e acciughe il tutto annaffiato con fresco vino ligure. Il giorno prima, sabato 24 febbraio, in piazza San Sebastiano, verrà allestita l’area expo, dove le aziende top del ciclismo esporranno, per la prima volta nel 2018, i loro articoli. A corredo della kermesse, nel corso del pomeriggio, è in programma un aperitivo con musica dal vivo. Ricordiamo infine che la Granfondo Laigueglia fa parte dei circuiti Alè Challenge, Coppa Liguria, Zero Wind, InBici Top Challenge, Prestigio e Gran Trofeo Gs Alpi.

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LA VOCE DI RICCARDO MAGRINI

L’oracolo di Magrini

“NON SOLO SAGAN” di Mario Pugliese

Poggio -Milano Sanremo 2017

Cambi di maglia e giovani rampanti: per il commentatore di Eurosport “nel 2018 non ci sarà un solo mattatore”

Per una volta lo interroghiamo con il “senno di prima”. Un rischio calcolato per Riccardo Magrini che la nomea di “paragnosta” ce l’ha appiccicata addosso da un bel po’.

Che stagione ci aspetta? Sarà ancora Sagan il dominatore? Come finirà l’affaire Froome? E l’Italia tornerà finalmente a vincere una grande classica? Il “re” dei pronostici, dall’alto della sua scienza, anticipa per i lettori di InBici i verdetti della stagione ormai iniziata. Riccardo Magrini, che anno sarà? “L’addio di Contador, che spero d’in-

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contrare durante qualche telecronaca, ha segnato l’inizio di un nuovo ricambio generazionale. Oggi vedo tanti giovani talenti all’orizzonte, prospetti di qualità in grado di sovvertire le gerarchie del ciclismo mondiale. Se a questo aggiungiamo il cambio di casacca di molti big, che ha inevitabilmente sparigliato un po’ le carte, possiamo dire che mai come quest’anno fare pronostici è un esercizio rischioso. Per altro, l’inizio di stagione, con i primi verdetti in Australia e in Sudamerica, non ha certo contribuito a diradare certi dubbi…”. In che senso? “Nel senso che i big sono partiti tutti

molto forte, dividendosi equamente i primi successi. Ha vinto Sagan, ma anche Greipel, Ewan, Degenkolb, Viviani e tanti altri. Insomma, se il buon giorno si vede dal mattino, quest’anno ci divertiremo parecchio perché non mi pare che, con queste premesse, il 2018 avrà un solo mattatore”. E l’Italia? “L’Italia, rispetto al passato, può contare su un manipolo di giovani sicuramente di valore, in grado di regalarci qualche bella soddisfazione. Penso a Formolo, Bettiol, ma anche a Felline che, nell’ultima stagione, ha avuto solo qualche problema di salute di troppo ma che, sul piano tecnico, non


Chi è Riccardo Magrini Ex ciclista professionista , dirigente sportivo e commentatore per il ciclismo di Eurosport

si discute. E poi non possiamo dimenticare Moscon, uno che potrebbe fare bene anche alla Sanremo”. A proposito, dopo la beffa del 2017, sarà finalmente la volta di Sagan? “Mah, Sagan ci ha abituato a tutto, dunque dentro il pronostico ce lo devi mettere per forza. Però, secondo me, lo slovacco deve guardarsi da due avversari: il primo è Degenkolb che, come tutti i tedeschi, ha un certo feeling con la Classicissima visto che nell’albo d’oro c’è finito persino Ciolek; e poi c’è il francese Alaphilippe che lo scorso anno è finito terzo, ma nel corso della stagione ha dimostrato di poter duellare con tutti. In ogni caso, per avere una griglia più precisa, bisognerà attendere almeno i verdetti della Parigi Tours e della Tirreno-Adriatico perché, di solito, chi vince la Sanremo qualche segnale prima lo dà…”. Sui grandi giri aleggia, invece, il grande enigma Froome… “L’ennesimo caso in cui il ciclismo si ostina a farsi del male. Perché è da settembre che si parla del Salbutamolo di Froome e, a febbraio, ancora nessuno sa come finirà questa vicenda. Direi inaccettabile”.

John Degenkolb credit Bettiniphoto

Lei come la chiuderebbe? “Io, come ho sempre detto e ripetuto, ai ciclisti che si dopano darei la radiazione, ma ogni caso ha la sua storia e dunque non ci credo che Froome abbia vinto la Vuelta grazie ai ‘puf’ del Ventolin. Qui non parliamo di Epo, bensì di un medicinale anti-asma. Se proprio vogliono togliergli il Giro di Spagna facciano pure, ma non si illudano che la gente capisca. Perché così si fa solo un favore ai detrattori irriducibili del ciclismo”.

Gianni Moscon

Anche a lei non piacciono le sentenze retro-attive? “Non piacciono a me e neanche ai veri appassionati che, ancora oggi, nutrono fondate perplessità sui sette Tour tolti ad Armstrong”. Malgrado questi macigni sull’immagine del ciclismo, gli appassionati non si arrendono e l’amore per questo sport non passa mai di moda… “È verissimo. Il pubblico che ho visto lo scorso anno ai Mondiali norvegesi, ad esempio, è stato qualcosa d’indimenticabile, ma in tante altre occasioni ho toccato con mano la grande passione che, al di là dei tanti tradimenti, ancora circonda questo sport. Il ciclismo potrà anche farsi del male, ma la passione non puoi ucciderla. Finché ci saranno i veri appassionati, quelli che si accampano due giorni prima col camper per vedere transitare per 30 secondi un corridore, possiamo essere ottimisti”. Dopo Contador, per chi farà il tifo Magrini? “Sono, come tanti, alla ricerca di un nuovo idolo. Di nomi ce ne sono parecchi, ma sto ancora aspettando l’impresa che mi conquisterà. E come sarebbe bello se quell’impresa, finalmente, parlasse italiano”. LIFESTYLE INBICI

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SCATTO D’AUTORE TOUR OF HAINAN 2017 by Bettiniphoto

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GF degli Squali - Carrera

Vincenzo Nibali

ci sarà! a cura della redazione

Vincenzo Nibali - foto Bettiniphoto

Sarà il parco “Le Navi” la suggestiva sede logistica della manifestazione di Cattolica e Gabicce in programma a metà maggio. Per la nuova edizione tante novità ed un testimonial d’eccezione: il campionissimo siciliano Con il nuovo anno riparte a pieno regime la macchina organizzativa della quarta edizione della Granfondo Squali – Carrera – Cattolica & Gabicce Mare, grande evento ciclo-amatoriale in programma l’11-12-13 maggio 2018 a Cattolica e Gabicce Mare. Il fulcro della “tre giorni” romagnolo-marchigiana sarà il parco dell’Acquario di Cattolica, che ospiterà il ritiro dei pettorali e dei pacchi gara, le ultime iscrizioni, l’ampia area expo e diversi eventi collaterali. La domenica partenza proprio dall’Acquario di Cattolica e poi arrivo e maxi

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festa sull’affascinante panoramica di Gabicce Monte. Poi tutti di nuovo all’Acquario di Cattolica per il pranzo e le premiazioni finali. A tal riguardo, è in programma una grande promozione, stavolta dedicata non solo ai ciclisti ma anche alle loro famiglie. Gli organizzatori della Granfondo hanno siglato infatti una convenzione con la Costa Edutainment in base alla quale tutti i ciclisti che arriveranno a Cattolica e Gabicce Mare venerdì 11 maggio e pernotteranno in uno degli hotel partner della manifestazione avranno il diritto di visitare gratuitamente l’acquario di Cattolica insieme alle loro famiglie. Ma la grande novità di questa edizione sarà la presenza, in veste di testimonial, di Vincenzo Nibali, campione italiano di ciclismo, che sarà in Romagna come ambasciatore ufficiale della campagna “Squalo Anch’io”.

L’iniziativa - promossa dall’Acquario di Cattolica del gruppo Costa Parchi Edutainment - è nata qualche anno fa per diffondere una cultura di tutela degli squali, una specie in grave pericolo di estinzione e per inserire alcun esemplari più a rischio in Mediterraneo, tra le specie protette. Si tratta di un progetto “Salva una specie di pericolo” che, attraverso una raccolta firme, arriverà al Parlamento Europeo per mettere al bando la pratica crudele del Finning (che consiste nel taglio delle pinne dello squalo e il successivo abbandono dell’animale in mare). Questa campagna sarà sostenuta e firmata il 10 maggio, anche da tutti i partecipanti alla prima edizione della Gran Fondo Nibali a Messina, per le strade dove è nata la leggenda dello Squalo dello Stretto, gemellata con la 1° Gran Fondo degli Squali.


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Gran Fondo La Leggendaria Charly Gaul

“La bicicletta volano del nostro turismo” a cura della redazione

A luglio si rinnova l’appuntamento con la grande classica trentina. Elda Verones, creatrice della rassegna, sottolinea i grandi risultati sul fronte delle presenze e degli arrivi: “Il cicloturismo è ormai diventato un filone preziosissimo per il Trentino”

È l’appuntamento più suggestivo dell’estate perché la Leggendaria Charly Gaul (6-8 luglio 2018), oltre che una spettacolare gara di ciclismo, è un’emozionante commemorazione. Ogni mese di luglio, infatti, sul Monte 54

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Bondone si celebra una pagina epica del ciclismo mondiale, quando il lussemburghese Charly Gaul, avvolto dal nailon e mezzo assiderato, dopo 242 chilometri di sofferenze, tagliò il traguardo che lo consacrerà, per sempre, nell’olimpo dei grandi dello sport.

Oggi come ieri, il mito resta vivo e si alimenta di nuova passione grazie alla tenacia di Elda Verones – infaticabile direttrice dell’Apt di Trento, Monte Bondone e Valle dei Laghi – la donna che più di tutti ha creduto nella granfondo, cogliendo le grandi opportunità ricettive di una rassegna che, in Trentino, sta rivoluzionando il concetto di vacanza sportiva: “In effetti – spiega con una


punta di legittimo orgoglio – questa manifestazione, proprio come speravamo, si sta sempre più affermando come un’opportunità turistica di grande rilievo. Non a caso, sono cresciute le prenotazioni negli alberghi ed anche il settore extra-ricettivo, nel weekend dell’eventoe non solo, comincia a godere di benefici significativi”. Merito di una manifestazione che, anno dopo anno, è cresciuta nei numeri e nella qualità: “Parlerei - dice - di una crescita complessiva dell’evento che, benché abbia una chiara connotazione sportiva, anche grazie ad una serie di sinergie, oggi ha una valenza anche culturale”. Gli eventi e le iniziative collaterali, tuttavia, non distolgono gli organizzatori da quello che è, e resterà sempre, la mission della Gran Fondo, che è quello di rendere omaggio ad una delle imprese ciclistiche più spettacolari e memorabili dell’ultimo secolo: “Nel 2005 - ricorda Elda Verones - ci è sembrato doveroso rendere omaggio al grande protagonista di quella vittoria epica, intitolando la salita del Bondone a Charly Gaulassieme ai ‘Bondoneri’. Un gesto simbolico per manifestargli, anche 50 anni dopo, tutta la riconoscenza di un’intera comunità. Davanti alle telecamere della tv lussemburghese, un Gaul ormai costretto in carrozzina ha potuto ren-

dersi conto, forse per l’ultima volta nella sua vita, quanto grande ed immortale sia stata la sua impresa. Oggi, però, ci tengo a sottolinearlo, questo evento non è più solo celebrativo. La Leggendaria Charly Gaul è infatti ormai diventata una delle Gran Fondo più importanti del mondo, come certifica la scelta dell’Unione Ciclistica Internazionale di farne l’unica tappa italiana del UCI Granfondo World Series”. Il segreto del successo? “Dopo aver

applicato un rigido disciplinare e aver investito tanto sulle infrastrutture, riasfaltando le strade, installando una segnaletica adeguata e aprendo nuovi punti-officina, oggi - spiega ancora Elda - la zona di Trento, Monte Bondone e Valle dei Laghi è diventata, nei fatti, un’area realmente bike-friendly. Le presenze turistiche crescono anno dopo anno così come gli appassionati provenienti dall’estero. È un dato significativo, ma tutt’altro che casuale visto che sono anni, ormai, che investiamo risorse nella promozione dell’evento sui mercati stranieri”.

A conferire prestigio alla manifestazione anche i tanti testimonial che, anche quest’anno, si presenteranno ai nastri di partenza: “Più che ospiti li definirei veri‘amici’della nostra granfondo – conclude Elda Verones - perché Francesco ed Aldo Moser fanno ormai parte della nostra grande famiglia”. E infatti, oltre alla gara regina, da non dimenticare anche l’appuntamento con “La Moserissima”, ciclostorica in onore della famiglia Moser in programma il 7 luglio.

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SCATTO D’AUTORE VUELTA A SAN JUAN by Bettiniphoto

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// L’INTERVISTA

Vittorio Mevio

La dura vita degli organizzatori di Mario Pugliese

Vittorio Mevio presidente del GS Alpi

Regole sempre diverse, scarsa sensibilità delle istituzioni ed il panico delle “strade chiuse”. Il numero uno del Gs Alpi racconta vizi (tanti) e virtù (poche) del “dietro le quinte” del ciclismo amatoriale

Con il “senno di poi”, gli anni di esperienza politica in gioventù, per Vittorio Mevio, si sono rivelati preziosi. Perché, per fare l’organizzatore di corse ciclistiche in Italia, oggi devi saper dialogare con enti pubblici, prefetture, corpi di polizia e consorzi, spigolando tra regole sempre diverse e scontrandoti con interlocutori non sempre disponibili e sorridenti.

Del resto, in Italia, tutti si riempiono la bocca di “smart city”, “eco sostenibi58

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lità” e “turismo slow” ma – alla prova dei fatti – quando un organizzatore chiede di chiudere una strada al traffico per un paio d’ore, in Comune scende il gelo e in città si scatena il panico. Lo ha capito sulla sua pelle il numero uno del Gs Alpi che, con sette manifestazioni da organizzare nel 2018, sa già che – anche quest’anno – dovrà rispolverare il kit del perfetto politico fatto di diplomazia, capacità di mediazione e tanta, tanta pazienza: “Mettere in piede una Granfondo in Italia è un’impresa complicatissima – spiega Vittorio Mevio – perché, in assenza

di una normativa condivisa, ogni territorio ha le sue regole. E a quelle ci si deve comunque attenere. Si parla tanto di una ‘nuova sensibilità italiana’ verso il mondo bike ma io, in base alla mia esperienza, ho sensazioni diverse, per non dire opposte. La verità è che ognuno pensa al proprio orticello e, in molti casi, siamo considerati dall’opinione pubblica come un fastidio”. Eppure, come certificano gli ultimi dati europei, il cicloturismo continua ad essere un efficace volano per l’economia di una località. A Laigueglia e dintorni, ad esempio, per l’evento


di fine febbraio, non si trova più una stanza d’albergo libera… “È vero, per gli hotel e le strutture extra-ricettive una granfondo come la Laigueglia garantisce presenze ed introiti importanti perché, a fine febbraio, senza di noi, una località come Alassio, sarebbe deserta. Il problema sono i paesini dell’entroterra, quelli che non vivono di turismo. In queste amministrazioni ho sempre percepito più diffidenza che disponibilità, più fastidio che voglia di collaborare. E siccome una granfondo, di norma, può attraversare anche una ventina di comuni, se uno soltanto ti vieta il transito, il rischio di far saltare l’evento diventa concreto”. Chissà allora che impazzimento per allestire sette granfondo… “Se parlassimo di cicloturistiche i problemi si ridurrebbero sensibilmente perché è chiaro che la madre di tutte le questioni resta il blocco del traffico. Il problema è il vuoto normativo che autorizza le amministrazioni a gestire le richieste degli organizzatori in maniera del tutto discrezionale. E così, se ti scontri con pregiudizi e diffidenze, per un organizzatore la vita diventa La partenza della granfondo Laigueglia (foto Newspower.it)

durissima. Noi lavoriamo 12 mesi ad un evento, prendiamo impegni con gli atleti e con gli sponsor, poi basta un matrimonio o una festa in piazza per mandare tutto all’aria”. E come si convive con tanti problemi? “Le dico solo una cosa: quando sul traguardo arriva l’ultimo corridore con dietro il camion scopa, io mi siedo in disparte, mi accendo una sigaretta e piango per dieci minuti. È un vecchio rito, ma anche un modo per scaricare la tensione accumulata in tanti mesi di duro lavoro”. E allora come si esce da questo imbuto istituzionale? “L’unica soluzione è Formula Bici, l’associazione che riunisce gli organizzatori delle più importanti granfondo italiane. Il primo punto statutario è, non a caso, un regolamento condiviso che, in accordo con le Prefetture ed i sindaci dei paesi coinvolti, metta al primo posto la sicurezza dei ciclisti, imponendo dunque la chiusura delle strade al traffico veicolare. In questo modo, con un protocollo univoco, la vita per noi organizzatori sarebbe molto meno complicata”.

Formula Bici è nata ormai più di un anno fa: per quale ragione ancora non si parte con una fase operativa? “Il progetta era, e resta, entusiasmante, ma negli ultimi mesi c’è stato qualche rallentamento imprevisto perché non è sempre facile mettere d’accordo tante posizioni che difendono interessi diversi. In ogni caso, la necessità di ‘fare retè oggi mi pare improrogabile e dunque mi aspetto, molto presto, delle novità concrete”. Il mondo ciclo amatoriale, negli ultimi tempi, si è anche interrogato sul progetto bike-card. Cosa ne pensa? “Il peggio possibile perché mi pare assolutamente inutile. La bike card è una scatola vuota, un espediente per fare cassa e tappare qualche buco. Formula Bici, invece, aveva già da tempo progettato una ‘fidelity card’ che includesse l’assicurazione degli atleti. È un progetto molto avanzato e potremmo anche decidere di regalarla, altro che 25 euro…”. Sul piano sportivo, invece, il Gs Alpi continua a riscuotere grandi consensi. La Gran Fondo Laigueglia, in programma il prossimo 25 febbraio, è un evento sempre molto atteso…


INTERVISTA VITTORIO MEVIO

Le atlete impegnate alla granfondo Laigueglia in rosa (foto Newspower.it)

“È l’apertura ufficiale della stagionale amatoriale e dunque, dopo un inverno sui rulli, per molti atleti sarà la prima occasione per testare la condizione atletica. È bello poter celebrare un evento del genere in un contesto di totale sicurezza. Per oltre un’ora e mezza i ciclisti pedaleranno su un tracciato completamente libero da auto. E non mi pare poco…”. La sicurezza è sempre stata una priorità per il Gs Alpi… “In effetti, nelle nostre granfondo la percentuale di atleti che tagliano il traguardo si aggira attorno al 91-92%. È il dato di cui vado più fiero perché dimostra come, nelle nostre manifestazioni, le condizioni ambientali e di sicurezza

siano realmente calibrate in base alle esigenze di chi corre”. A proposito, si dice che lei non conosca neppure l’albo d’oro delle sue corse… “Verissimo, non mi interessa chi vince. Le nostre granfondo nascono in base a principi diversi in cui al primo posto c’è sempre il senso di condivisione ed il piacere di stare insieme. Tutto il resto lascia il tempo che trova”. Come si riesce ad avere, ad ogni granfondo, un esercito di trecento volontari? “Non è semplice, ma senza di loro certe gare non le organizzeresti mai. Lo ricordo in ogni occasione: il tesoro più prezioso del ciclismo amatoriale sono Una immagine della Granfondo Gavia Mortirolo

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i volontari. Con loro i rapporti vanno alimentati giorno dopo giorno, facendo incontri e formazione. Sono un patrimonio e, come tali, vanno gestiti e preservati”. Tra le “sue” gare anche la leggendaria Gavia – Mortirolo, forse la corsa di maggior fascino… “Certo perché si corre su un tracciato che ha scritto la storia del ciclismo moderno. Non a caso, per pedalare su quelle salite, vengono dal Cile, dall’Australia e dalla Nuova Zelanda. È un evento relativamente giovane, ma è chiaro che solo il nome garantisce un futuro di successi”. Gran Fondo di Torino: l’evento ha enormi potenzialità, ma non ancora del tutto espresse… “È una sfida impegnativa, partita anche con qualche nostro errore. Dopo un paio d’anni, però, oggi possiamo dire di aver finalmente trovato un percorso fantastico che, dunque, non verrà più toccato. Torino offre opportunità incredibili e ci sono tutti i presupposti per fare di questa granfondo un evento di respiro internazionale. Noi ce la stiamo mettendo tutta, a partire dalla scelta di un grande sponsors nazionale, ma è chiaro che, mai come in questa circostanza, a decidere il futuro della manifestazione sarà la voglia e la convinzione delle istituzioni pubbliche”.


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// ZOOM SULLE SQUADRE

a cura della redazione

Team Beltrami TSA - Argon 18 - Tre Colli

LA SQUADRA DA BATTERE Presentata a Praticello di Gattatico la squadra 2018. In organico 14 corridori, di cui 9 “new-entry”. Punta di diamante Federico Burchio, già convocato dalla Nazionale alla Vuelta a San Juan in Argentina. Il presidente Brunazzi: “Continuiamo a lavorare per obiettivi importanti” Quattordici corridori, di cui nove “new-entry”, per diventare un punto di riferimento per il ciclismo dilettantistico in Emilia Romagna e non solo. È con queste ambizioni che il Team Beltrami Tsa – Argon 18 – Tre Colli si appresta ad iniziare la stagione 2018, “inaugurata” nell’ultimo weekend di gennaio a Praticello di Gattatico (Reggio Emilia) con la presentazione ufficiale. La squadra del presidente Emanuele Brunazzi e del team manager Stefano Chiari, che dal 2016 unisce idealmente le province di Parma e Reggio Emilia, ha confermato nell’organico Manuele Tarozzi, Michele Bertaina, Alex Ponti, Davide Debenedetti e Kevin Pasini. Tra i nomi nuovi spiccano invece quelli del torinese classe ‘96 Federico Burchio, che sarà una delle punte del team (as62

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sente alla presentazione perchè impegnato alla Vuelta a San Juan, in Argentina, con la Nazionale) e del velocista bresciano Simone Zanni (‘97). Con loro anche il comasco Matteo Valsecchi (‘95), il vicentino classe ‘93 Daniele Cazzola (che, insieme a Debenedetti, compongono il trittico degli atleti Elite della squadra), Alessio Ferrari (varesino classe ‘96) e quattro atleti al debutto assoluto nella categoria (classe 1999): i cuneesi Pietro Olocco e Gabriel Parola, il cesenate Simone Buda e il parmense Thomas Pesenti. Confermati in ammiraglia i tre direttori sportivi: Roberto Miodini, Enea Farinotti e Daniele Contrini. Per la prima volta i ragazzi hanno indossato le nuove divise da gara, disegnate e realizzate da Nalini, che mantengono i tradizionali colori bianco, rosso e nero, mentre l’abbigliamento da riposo sarà firmato Navigare: “Iniziamo il nostro terzo anno di vita con questi ragazzi promettenti – ha detto il presidente Brunazzi -. Stiamo consolidando la nostra struttura e credo di poter dire che stiamo creando qualcosa d’importante. I risultati non sono mai stati un assillo per

noi, ma sono convinto che in questo 2018 non mancheranno le soddisfazioni”. “La convocazione di Burchio in Argentina ci ha già regalato il primo motivo d’orgoglio di questa stagione – ha aggiunto il team manager Chiari – e siamo contenti che Federico possa vivere questa esperienza. Pensiamo di aver costruito un bel collettivo, con corridori in grado di fare bene su tutti i terreni”. Il debutto avverrà in Francia, il 17 e 18 febbraio, con il Grand Prix du Pays d’Aix e il Gp du Puyloubier Ste Victoire, in Provenza. Alla presentazione hanno partecipato anche personaggi dello sport e delle istituzioni, come Bruno Reverberi, Stefano Zanini, Luca Mazzanti, il consigliere della Federciclismo Corrado Lodi, il presidente della Fci regionale Giorgio Dattaro e il sindaco di Gattatico Gianni Maiola. Oltre naturalmente a rappresentanti degli sponsor che affiancano e sostengono la crescita del Team. Come Graziano Beltrami, storico titolare della Beltrami Tsa, Claudio Mantovani e Paola Forzina della Nalini e Davide Bonesi della Distribo.


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Granfondo Davide Cassani

Largo ai giovani a cura della redazione

Faenza, Piazza del Popolo credit foto Anna Schramm

Il 18 marzo a Faenza la 24esima edizione della rassegna intitolata al commissario tecnico. Grandi novità di quest’anno l’evento riservato alle Fixed e la prestigiosa gara nazionale per Juniores

“Mi auguro che tante manifestazioni granfondistiche in Italia comincino a prendere esempio da Faenza”. Dal Vangelo secondo Cassani, ecco servita l’essenza della manifestazione del prossimo 18 marzo, quando nella splendida piazza centrale della città manfreda si celebrerà la 24esima edizione della Granfondo Davide Cassani. Per il commissario tecnico l’occasione per un’allegra pedalata fra amici, ma anche una preziosa opportunità per ribadire, con forza, le vere ragioni che – oggi come 24 anni fa – continuano ad innervare l’appuntamento faentino: “Il mondo dei ciclo-amatori, laddove possibile, deve avere il buon senso di mettersi a disposizione dei giovani – spiega Cassani – contribuendo a reperire risorse economiche per sostenere e sviluppare l’attività dei vivai. Esattamente come facciamo noi a Faenza, dove l’incasso della manifestazione, al netto delle spese, viene impiegato tassativamente per lo sviluppo del ciclismo giovanile, nel caso specifico per l’attività della S.C. Ceretolese di Casalecchio di Reno e della Polisportiva Zannoni di Faenza che, in questi anni, hanno saputo creare

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e mantenere un vivaio di circa sessanta giovanissimi. È un modus operandi che mi auguro possa essere preso d’esempio da tutte le Gran Fondo”. Intanto, la macchina organizzativa procede spedita verso la nuova edizione che sarà segnata da un’importante novità: l’allestimento di una gara riservata alle Fixed, nella serata del sabato antecedente la gran fondo. Si tratta di una specialità molto particolare, che accenderà la serata in Piazza del Popolo. Il Comitato organizzativo è quello consolidato da tanti anni di esperienza e lavoro comune, composto dallo staff della S.C.Ceretolese presieduta da Franco Chini e dalla Polisportiva Corrado Zannoni del Presidente Nicola Dalmonte, che si avvale della preziosa collaborazione dei gruppi amatoriali locali, Unione Ciclistica Castelbolognese, Gruppo Cicloturistico Avis Faenza e Faentina Bike Passion. La Gran Fondo Davide Cassani è una delle gran fondo più antiche del calendario nazionale, nata 24 anni fa a Casalecchio di Reno e poi trasferitasi da oltre 10 anni a Faenza, sulla spinta dello stesso Davide Cassani, che ha voluto riportare a Faenza, sua città d’adozione, la festa di ciclismo che porta il suo nome. Tutta la

logistica, la segreteria gara, la consegna dei pacchi gara, la sede dei cronometristi e della giuria è confermata in Piazza del Popolo, ospitata dal Municipio nel prestigioso Salone delle Bandiere. I percorsi saranno due: uno lungo, di 130 km, con 2630 metri di dislivello, che si snoderà sulle colline faentine con le salite del Trebbio, del Chioda, del Casale, del Monticino e del Monte Albano; e uno più corto, di 85 km con un dislivello di 1414 metri, che si limiterà a transitare sul Casale, Monticino e Monte Albano. La partenza, collocata come sempre in Piazza del Popolo, è prevista alle 9.30, cosi come l’arrivo atteso, per il percorso corto, alle 11.30 circa e per il percorso lungo alle12.45. La piazza accoglierà anche un villaggio expo dedicato alla bicicletta e una tensostruttura dedicata al pasta party a fine manifestazione; per i partecipanti è previsto un deposito (custodito) per le biciclette. Come già detto, nel pomeriggio, è prevista la “Cassani Giovani”, una prestigiosa gara Juniores nazionale, con partenza da Solarolo alle 14.30 e arrivo a Faenza, alle 16.30 circa, che vedrà in competizione i migliori atleti nazionali della categoria.


UCI Gran Fondo World Series sono le Serie in cui i ciclisti dilettanti e masters possono qualificarsi per i Campionati del Mondo Gran Fondo UCI. Se finiscono nel primo 25% del loro gruppo di età, hanno diritto di correre per la maglia iridata UCI ambita per ogni gruppo di età. Le serie sono accessibili senza nessuna licenza. I Campionnati del mondo Gran Fondo UCI si svolgeranno a Varese in Italia dal 28 Agosto al 2 Settembre 2018.

IL CALENDARIO 2018

9-10 Set 2017 17 Set 17 30 Set - 1 Ott 17 15 Dic 17 23-25 Mar 2018 23-25 Mar 2018 7 Apr 2018 8 Apr 2018 13-15 Apr 2018 21-22 Apr 2018 12-13 Mag 2018 20 Mag 2018 26 Mag 2018 2-3 Giu 2018 8-10 Giu 2018 14-16 Giu 2018 23-24 Giu 2018 6-8 Lug 2018 7-8 Lug 2018 7-8 Lug 2018 8 Lug 2018 28 Ago - 2 Set 2018

Poznan Bike Challenge Amy’s Granfondo Tre Valli Varesine Dubai First Gran Fondo Cyprus Granfondo Tour de Bintan Forrest Grape Ride Granfondo Golfe de Saint Tropez Kos Gran Fondo B2B Cyclo Sportif Challenge Granfondo Antalya Cheaha Challenge Granfondo Schleck Granfondo Tour of Cambridgeshire Maraton Franja Grey County Road Race Gran Fondo Denmark La leggendaria Charly Gaul UCI San Luis Potosi Niseko Classic Granfondo Ezaro Campionati del Mondo Granfondo UCI

QUALIFICAZIONI PER 2019

8-9 Set 2018 16 Set 2018 6-7 Ott 2018

Poznan Bike Challenge Amy’s Granfondo Tre Valli Varesine

Poznan, Polonia Lorne, Australia Varese, Italia Dubai, EAU Pafos, Cipro Bintan, Indonesia Marlborough, Nuova Zelanda Saint-Tropez, Francia Kos, Grecia Bathurst, Australia Antalya, Turkia Jacksonville, AL, Stati Uniti Mondorf Les Bains, Lussemburgo Peterborough, Inghilterra Ljubljana, Slovenia The Blue Mountains, ON, Canada Grinsted, Danimarca Trento, Italia San Luis Potosi, Messico Niseko, Giappone Ezaro, Spagna Varese, Italie

Poznan, Polonia Lorne, Australia Varese, Italia

www.ucigranfondoworldseries.com


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// L’INTERVISTA

Salvo Aiello

“CARO MAGRINI, MI MANCHERAI…” Riccardo Magrini con Salvo Ailello

di Mario Pugliese

Il cronista di Eurosport torna sul suo siluramento: “Con l’emittente un confronto costante, ma nessun dissidio. Il futuro? Aspettando un nuovo lavoro, mi godo i saggi di ginnastica di mia figlia”

Gli hanno spento il microfono senza dirgli nulla. Né una raccomandata né un messaggino formale per comunicargli la fine del rapporto lavorativo. Salvo Aiello, ex speaker della Rcs e per tanti anni voce autorevole di Eurosport, ha saputo soltanto da facebook che non avrebbe più affiancato Riccardo Magrini nelle telecronache. Una decisione – a suo dire – “totalmente inattesa” che gli appassionati di ciclismo, a giudicare dallo strepitìo della rete, non 68

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hanno ancora digerito. Perché, al di là delle ragioni (legittime o arbitrarie) che hanno determinato il divorzio, la coppia Aiello-Magrini su Eurosport funzionava alla grande. Salvo, è un po’ strano iniziare questa stagione ciclistica senza la coppia Aiello-Magrini su Eurosport… “Sarà strano, ma le cose sono andate così”. Possibile che lei abbia saputo del suo siluramento soltanto dai social? “Certo che è possibile. Ancora oggi, nessuno dei vertici di Eurosport mi ha

comunicato ufficialmente questa decisione”. Ma, dopo 10 anni, un rapporto di lavoro può esaurirsi così? “Non sono iscritto all’ordine dei giornalisti perché, definendomi un narratore prima che un cronista, il tesserino non l’ho mai voluto prendere. Pertanto, se allude al discorso contrattuale, non penso di poter reclamare chissà quali tutele”. Si è parlato di disparità di vedute con qualche dirigente dell’emittente? “Guardi, l’ultima volta che ho sentito i


cosidetti ‘vertici’ di Eurosport è stato a giugno dello scorso anno. In quell’occasione manifestai il mio personale pensiero su questioni lavorative, ma nulla di sostanziale. Un confronto c’è stato, ma non parlerei di dissidi, anche perché in passato avevo già avuto modo di esprimere le mie opinioni”. Dunque, da parte sua, nessuna avvisaglia di divorzio… “Assolutamente no. Il fatto che da giugno a gennaio non abbia sentito nessuno non mi è parso un fatto strano perché a Eurosport funzionava così”. Poi è arrivato gennaio… “Il mese delle convocazioni. E, a quel punto, quando nessuno si è fatto sentire, ho cominciato a capire che la mia avventura stava per finire”. Ha avuto modo di parlarne con Magrini? “I primi tempi sì, ci sentivamo tutti i giorni. Poi però sono stato io a chiedere a Riccardo di diradare le nostre telefonate perché lui aveva la necessità di concentrarsi sulla nuova stagione e avevo la sensazione che sentirmi ogni giorno non gli facesse bene”. Eppure siete sempre stati una coppia affiatatissima… “C’è stata subito chimica e la cosa più bella è che io e lui, sul piano teorico,

non abbiamo mai programmato nulla. Il nostro è stato semplicemente l’incontro naturale fra due grandi appassionati di ciclismo che, davanti ai microfoni, hanno messo insieme le loro esperienze di vita”. E adesso cosa farà Salvo Aiello? “Mi sono ritrovato all’improvviso con tanto tempo libero e a goderne, per il momento, è stata mia figlia di 8 anni e mezzo che è stata molto contenta di

vedermi, per la prima volta, al suo saggio di ginnastica artistica”. Dunque, gli appassionati di ciclismo dovranno rassegnarsi ad un 2018 senza di lei… “Mah, come padre di famiglia, mi auguro di trovare al più presto una nuova occupazione. Sono sempre stato un narratore e sarebbe bello che qualcuno mi offrisse nuove opportunità di racconto”.

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a cura della redazione

DIECI COLLI - GP ASSICOOP

Una favola lunga 34 anni Per l’edizione numero 34, gli organizzatori tornano al classico: di nuovo, e l’ultima volta fu nel 2010, rivedremo il Villaggio Dieci Colli sorgere in piazzale Jacchia, dentro i Giardini Margherita, che saranno nuovamente luogo di partenza e arrivo. La novità sta nella lunghezza e nella durezza del percorso lungo, ridotto a 132.7 chilometri (con un dislivello importante, 2586 metri), mentre resta pressoché invariato quanto a lunghezza quello della Mediofondo,

La Dieci Colli-GP Assicoop è una delle grandi classiche nel panorama nazionale delle granfondo cicloamatoriali. Fiore all’occhiello degli organizzatori del Circolo Giuseppe Dozza, la rassegna nel 2014 ha festeggiato il 30° anno.

che misura 82.7 chilometri (dislivello 1425 metri). Dopo l’avvio dai Giardini Margherita, la carovana prenderà la strada della Val di Zena per affrontare la salita di Quinzano, preludio alla scalata di Loiano dove verrà preso il tempo valido per la Cronoscalata. Picchiata verso la fondovalle e risalita per Monzuno, seconda asperità di giornata. Ancora discesa, in attesa del gran finale con la salita delle Ganzole, Pieve del Pino e la panoramica dei colli bolognesi, compreso l’arcigno strappo


di Monte Donato, prima della planata ai Giardini Margherita per un totale di 132 chilometri. Sulla falsariga la Medio Fondo di 82 chilometri, alleggerita come si è detto quanto la sorella maggiore nell’altimetria.

La grande corsa prende vita, come è tradizione, ogni Primo Maggio, coinvolgendo tanti cicloamatori e tanti amici che negli anni hanno dimostrato di amare questo evento e il suo percorso. Alla presentazione dell’edizione 2018, ne ha trovato uno nuovo, molto speciale, il campione olimpico e due volte campione del mondo Paolo Bettini, che nei giorni seguenti è diventato protagonista di un filmato che illustra le caratteristiche del nuovo percorso, nella parte finale.

“C’è la possibilità di far convivere tutti in questo mondo - ha spiegato il Grillo - da chi si vuole divertire e lo fa per benessere, a chi ha ancora l’agonismo nel sangue. Ma deve rimanere un fatto limitato alla presa in giro con l’amico o il collega. Occorre discutere se vale la pena tenere chiuse delle strade per salvaguardare 100 competitivi a discapito delle migliaia che invece corrono per il piacere ed il divertimento. Sono anche d’accordo d’introdurre delle griglie speciali per biciclette con pedalata assistita, anche perché il mercato guarda da quella parte”.

L’edizione del prossimo primo maggio prosegue una bella tradizione, lanciata nel 2015 sposando il progetto del Ct azzurro Davide Cassani adottando una gara giovanile, il GP Città di Zola Predosariservato agli Allievi, devolvendo all’organizzazione dello stesso parte dell’incasso. La Dieci Colli quest’anno farà parte dei circuiti Romagna Challenge, Giro d’Italia Amatori Uisp e Circuito dei Sapori e, nel suo ambito, si terrà il 13esimo Campionato Italiano Vigili del Fuoco di Ciclismo Medio e Gran Fondo. Orgoglioso della sua creatura, il presidente del Circolo Dozza, Davide Capelli, ricorda le tante persone senza le quali non potrebbe andare in scena, anno dopo anno, da quel lontano 1985.“Siamo alla 34ma edizione, per noi significa tanto. Ogni volta che la nostra corsa parte, scendono in campo circa 400 volontari, che sono il valore aggiunto della manifestazione”.

MARTEDÌ 1 MAGGIO 2018 BOLOGNA GIARDINI MARGHERITA

EDIZIONE GRAN FONDO DIECI COLLI GRANPREMIO

www.diecicolli.it

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// MENTE IN SELLA

Lo stato di trance nello sport a cura di Claudia Maffi

La concentrazione mentale può essere il preludio alla prestazione perfetta. Proprio come ci insegna il campione italiano di Mtb Juri Ragnoli

Juri Ragnoli, il campione italiano di mtb Marathon, il mese scorso sul suo blog ha illustrato i motivi per i quali preferisce allenarsi “in solitaria” piuttosto che in compagnia. Fra questi, il fatto che - quando è solo in 72

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allenamento sulla sua bicicletta - riesce più facilmente ad accedere ad uno stato che l’atleta dello Scott Racing team definisce “stato di trance”.

In psicologia dello sport si definisce “stato di trance” una condizione alterata di coscienza. Performance eccellenti sono state compiute da atleti

e campioni dello sport che in gara sono riusciti a riprodurre uno stato di trance. “Quando si è in trance - spiega Ragnoli sul suo blog - si verifica uno slittamento dell’attenzione dall’esterno verso il mondo interiore, dove assumono il predominio delle forme immaginative che producono particolari effetti sensoriali. Può trattarsi di un’idea, un ricordo, un progetto (il sogno ad occhi aperti) e che oscura tutto il resto”.


La domanda è: perché mai un atleta, in questo caso il campione italiano di mtb Marathon, durante i suoi allenamenti ricerca volontariamente di entrare in uno stato di trance? STATO DI TRANCE E BENEFICI PER L’ATLETA Come spiega Juri Ragnoli sul suo blog, in condizione di trance l’attenzione della mente si rivolge all’interno; in questo stato l’atleta riesce quindi a chiudere fuori di sé tutti i pensieri distraenti per concentrare le sue energie solo sul proprio obiettivo. Focalizzando tutte le proprie risorse attentive su una monoidea (scelta dall’atleta), uno dei principali effetti ottenibili è la capacità di tollerare meglio la fatica, più di quanto si riuscirebbe a fare in uno stato di coscienza normale. Allenandosi ad entrare in uno stato di trance, l’atleta può riuscire ad accede a ciò che il famoso psicoterapeuta Giuseppe Vercelli definisce “extra power”, ovvero un potere extra, supplementare, che risiede nella mente di ogni persona. “Fisiologicamente, lo stato di trance, è uno stato di coscienza amplificato” spiega lo psicoterapeuta Giuseppe Vercelli “Perché entrarci? Per lavorare sulle proprie parti migliori. O chiamarle a rapporto quando servono. Un atleta in stato di trance può amplificare qualsiasi cosa sappia fare bene”.

DALL’IPNOSI ALLO STATO DI TRANCE Lo stato di trance può essere autoindotto (dall’atleta stesso) o indotto da un professionista esterno (psicologo dello sport) attraverso la pratica dell’ipnosi. Diversi atleti, per imparare l’arte di accedere volontariamente ad uno stato di trance, inseriscono nella preparazione atletica delle sedute mirate di ipnosi, allo scopo di allenarsi ed imparare a raggiungere anche in gara un auspicabile stato di trance.

Gli psicologi dello sport, infatti, attraverso suggestioni ipnotiche e visualizzazioni mentali ad hoc accompagnano l’atleta nello sperimentare questa particolare condizione. Durante le sedute di ipnosi, l’atleta riesce a: - modificare i suoi parametri fisiologici; - direzionare i suoi pensieri e quelle emozioni che influenzano la prestazione. Ricavandone enorme beneficio nell’espressione di sé all’interno della performance.

Dott.ssa Claudia Maffi Psicologa dello sport

Laureata in Psicologia all’università Cattolica, specializzata in psicologia dello sport presso Psicosport di Milano. Conosciuta nel mondo sportivo come Psicologa dello sport e Mental Training per atleti.

Per informazioni sui miei corsi individuali di mental training o per prenotare una consulenza contattami info@claudiamaffi.it

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Juri Ragnoli Photo: newspower.it

STATO DI TRANCE E RISORSE INTERIORI L’atleta che entra in stato di trance può accedere alle proprie forze e risorse interiori, anche quelle di cui non è pienamente consapevole. Quante volte l’insicurezza, i pensieri negativi, la sfiducia nelle tue capacità ti hanno impedito di esprimere appieno le tue effettive potenzialità? Quante volte finisci una gara e sei insoddisfatto perché dentro di te lo sai che avresti potuto dare di più? In questi casi, spesso, ti rendi conto che c’è qualcosa che ti blocca. Ebbene nello stato di trance non esistono più blocchi! Esiste solo il tuo obiettivo e la chiave di accesso alle tue abilità interiori. LIFESTYLE INBICI

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SCATTO D’AUTORE TOUR OF UTAH 2017 by Bettiniphoto

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Gran Fondo Via del Sale

A MAGGIO È MEGLIO a cura della redazione

Cervia – Magazzini del Sale

Piace la nuova data decisa da Claudio Fantini. E dopo la prudenza iniziale, adesso si punta al record di partecipanti

Sono bastati pochi giorni (quelli successivi all’apertura ufficiale delle iscrizioni) per spazzare via tutti i dubbi. Chi temeva che il cambio data (non più ad aprile ma il 6 maggio) avrebbe finito per intaccare l’appeal della Gran Fondo

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Via del Sale ha dovuto ricredersi perché, a giudicare dal ritmo vertiginoso delle iscrizioni, la manifestazione cervese continua a conservare il fascino di sempre. Brinda Claudio Fantini che aveva scelto di posticipare l’evento per “intercettare nuovi appassionati e, dunque,

anche nuovi potenziali turisti”. E brinda anche la città di Cervia che, da questo evento, beneficia – da sempre - di un indotto prezioso. Insomma, anche se cambiare una formula vincente comporta sempre qualche rischio, in casa Sportur già si parla di “scommessa vinta” perché la risposta da parte del


popolo dei cicloamatori, per il momento, è stata entusiasmante: “Qualche apprensione c’era, non lo nego - ammette Fantini - perché con un patrimonio di quasi cinquemila iscritti ormai fidelizzati, il rischio di perdere qualcosa era concreto, ma in realtà i primi pettorali li abbiamo bruciati in pochi istanti e anche chi ancora non si è iscritto ci ha garantito che anche quest’anno ci sarà. E non solo. Oltre alla granfondo, molti hanno espresso un convinto gradimento sulla nuova data che, rispetto ad aprile quando il meteo è sempre un’incognita, consente anche di agganciarci una breve vacanza per tutta la famiglia. Insomma, si sta verificando quello che tutti auspicavamo, ovvero fare della nostra granfondo un meraviglioso pretesto per trascorrere qualche giornata in più sulla riviera romagnola”. Del resto, il “chiodo fisso” di Claudio Fantini è sempre lo stesso: “Aprirci ai mercati esteri - ribadisce come un mantra - perché questo evento, adeguatamente reclamizzato, può essere il volano per una vera destagionalizzazione turistica”. Un’idea ancora più precisa sulla risposta del pubblico, la si avrà comunque dal 1° febbraio quando si riapriranno le iscrizioni (quota 50 euro) che, quest’anno, saranno ancora più semplici. Sono stati infatti eliminati tutti i moduli cartacei e l’invio del fax per

Il Tramonto visto dalle Saline di Cervia

velocizzare il processo di iscrizione ed evitare problematiche di ricezione. Ma le novità che caratterizzeranno la ventiduesima Granfondo Via Del Sale (che anche quest’anno farà parte dell’InBici Top Challenge) non si esauriscono qui. Sono stati infatti modificati anche i percorsi. Per gli atleti più allenati, c’è il tracciato di 174 km, con 5 salite ed un dislivello complessivo di 2400 metri. Un percorso dedicato a chi ha gambe e vuole mettersi alla prova fino in fondo. Emozioni assicurate in un ambiente naturale davvero unico. Una prova che -

dopo una prima parte invariata - propone un’esperienza nuova, impegnativa, ma davvero affascinante. Il percorso medio – che comprende anche la Cima Pantani – misurerà invece 118 chilometri. Si tratta di itinerario agile, divertente ma adatto anche a gambe non troppo allenate. 118 km di strada per un itinerario che promette paesaggi fantastici e che per la prima volta si arricchisce, come detto, anche della bella salita dedicata al Pirata. Il percorso corto si dipanerà invece lungo 77 chilometri. Un’esperienza suggestiva che porta a vivere tutto d’un fiato un percorso nato per chi ama fare sport immergendosi nella bellezza della natura. Una sola salita per impegnare le gambe quanto basta e panorami bellissimi per una prova adatta a chi vuole godersi la primavera della Romagna con i suoi colori e i suoi profumi.

Infine, per chi interpreta il ciclismo in una dimensione più folkloristica, ecco il percorso Gourmet, uno splendido tracciato di 40 km, interamente pianeggiante, attraverso la costa, le Saline e la pineta di Cervia-Milano Marittima con golose soste degustazione. Pensato per gli accompagnatori della Granfondo, è aperto a tutti con qualunque tipo di bicicletta. Tutte le info sul sito granfondoviadelsale.com LIFESTYLE INBICI

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Green Fondo Paolo Bettini

IL “GRILLO” RADDOPPIA a cura della redazione

Photo: PlayFull

Il 9 aprile, a Pomarance, torna la grande classica intitolata al campione olimpico. E per l’estate spunta anche la cicloturistica

Si rinnova il 9 aprile l’appuntamento con la Green Fondo Paolo Bettini che, come tradizione impone, partirà alle ore 10 da Piazza Sant’Anna sulle note dell’Inno di Mameli suonato dalla banda di Pomarance. L’evento pisano – che si realizza, come sempre, sotto l’egida del Velo Etruria sarà preceduto il sabato sera dalla “Cena del ciclista”, appuntamento gastronomico imperniato sui prodotti locali a “filiera corta” dell’area geotermica curata dalla “Comunità del cibo a Energie Rinnovabili” della Toscana.

Due, come sempre, i percorsi: il Mediofondo di 85 km con partenza e arrivo a Pomarance dopo un itinerario che 78

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toccherà Montecerboli, Larderello, Serrazzano, Montecatini Val di Cecina e Muro di Cerreto; ed il percorso granfondo, anche in questo caso con partenza e arrivo da Pomarance su un tracciato di 133,9 chilometri attraversando il percorso della medio fondo, prima di allungarsi nelle località di Castelnuovo Val di Cecina, La Leccia e Montecerbo. Si tratta di un tracciato tecnicamente molto suggestivo visto che, su quelle strade, lo scorso anno, transitò una tappa della Tirreno Adriatica (da Camaiore a Pomarance) con un podio di grande prestigio: primo Geraint Thomas, secondo Tom Dumoulin, terzo Peter Sagan. E, sempre a Pomarance, nel 2015, transitò il Giro d’Italia, nella tappa dell’alta Val di Cecina. Insomma, in questo lembo di Toscana il grande ciclismo sembra essere di casa: “Credo che per i granfondisti - spiega il presidente del Club Velo Etruria Maurizio Maggi - sapere di

venire a confrontarsi sulle stesse strade che hanno visto protagonisti i big del World Tour sia un grande stimolo”. Per il resto, cambia la formula ma non la sostanza. Anzi per il 2018 gli organizzatori del Velo Etruria raddoppiano. Saranno infatti due gli appuntamenti in calendario: oltre alla Green Fondo Paolo Bettini, in estate è stata infatti organizzata una cicloturistica. L’appuntamento, da quest’anno, sarà inserito nel circuito di “Coppa Toscana on the road”, ma ricordiamo che la Green Fondo Paolo Bettini sarà valida anche come terza tappa dell’InBici Top Challenge. L’evento consacrato al “Grillo” rappresenta anche un’opportunità per visitare questo splendido lembo di Toscana, soggiornando in uno dei tanti agriturismi convenzionati che, in occasione della Green Fondo, offrono ospitalità a tariffe promozionali.


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GRAN FONDO CITTÀ DI RICCIONE

Vent’anni nella Perla a cura della redazione

Il 15 aprile si rinnova l’appuntamento con la grande classica romagnola. Tante novità e servizi gratuiti anche per gli accompagnatori

Si riparte dai 1345 partecipanti dello scorso anno. Lo “zoccolo duro” della Granfondo di Riccione che, il prossimo 15 aprile, celebrerà l’edizione del ventennale. Al timone, oggi come ieri, l’infaticabile Valeriano Pesaresi, l’uomo che in questi anni – grazie al supporto di oltre trecento volontari – ha saputo tener vivo il segmento cicloturistico nella Perla, dimostrando – con i fatti – che anche la località nota nel mondo per la sua movida ha tutte le carte in regola per diventare una delle mete preferite dai ciclisti. La Granfondo Riccione, del resto, ha 80

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una lunga tradizione ed i suoi punti di forza sono la Città di Riccione, uno dei comuni turistici più eleganti d’Italia, ed i borghi dell’entroterra che vengono toccati dai ciclo-amatori lungo il percorso a cavallo tra Romagna, Marche e Repubblica di San Marino. L’edizione 2018 della Granfondo di Riccione – che si svolge sempre sotto l’egida dell’Acsi - è un evento che va oltre il ciclismo, una grande kermesse calibrata per le esigenze di tutta la famiglia. Un nuovo format innovativo in Italia, un programma speciale per questa ventesima edizione. Si tratta infatti della prima gara ciclo-amatoriale che offre servizi gratuiti appositamente dedicati agli accompagnatori ed ai loro figli, in modo che lo sport non divida la famiglia durante il week end della manifestazione, ma sia invece un motivo di condivisione ed aggregazione per tutti. Sono previsti nei giorni precedenti tanti eventi collaterali per le famiglie, tutti organizzati nei pressi del Villaggio espositivo collocato nel cuore del centro di Riccione. Per quanto riguarda la

gara, l’edizione 2018 vedrà la partenza organizzata da piazzale San Martino e l’arrivo alle Terme di Riccione in Via Torino. Due, come al solito, i percorsi: il lungo di 136 chilometri ed il corto di 99 chilometri. Il tracciato, disegnato tra mare e collina, toccherà le località di Cattolica, Colombarone, Santa Maria in Pietrafitta, Santa Maria del Monte, San Rocco, Trebbo di Montegridolfo, Montecchio, Montelabbate, Padiglione, San Giorgio, Mondaino, Saludecio, Falsa, Borgo Abbazia Morciano, Sant’Andrea in Casale, Morciano di Romagna, Taverna di Monte Colombo, Fratte di Sassofeltro, Montellicciano, Montegiardino, Faetano, Pian della Pieve, Coriano e Scacciano. Al termine, come tutti gli anni, il Pasta Party gratuito per tutti, partecipanti ed accompagnatori. Lo scorso anno, la Granfondo di Riccione fu vinta dall’anconetano Gianpaolo Busbani, autore di una spettacolare rimonta in volata davanti a Wladimiro D’Ascenzo e Christian Barchi. Tra le donne, invece, solito assolo di Barbara Lancioni davanti a Debora Morri e Manuela Bugli.



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SCATTO D’AUTORE VUELTA SAN JUAN 2018 Mentre il gruppo tentenna una coraggiosa spettattrice attraversa con la sua bicicletta la maxi pozzanghera. by Bettiniphoto

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// DOSSIER SPORT E MEDICINA

Pilates e terza età l’elisir di lunga vita a cura della dott.sa Chiara Gnucci

Oltre ai benefici fisici e psicologici, la pratica di un’attività ginnica adeguata e regolare può aiutare gli anziani a concepire il trascorrere del tempo in modo positivo Un’attività fisica appropriata: 1) implementa il generale stato di benessere; 2) migliora globalmente la salute fisica e psicologica; 3) implementa e permette di conservare l’autosufficienza; 4) riduce il rischio di sviluppare alcune patologie degenerative (cardiopatia, ischemia, ipertensione, ecc…); 5) permette di minimiz84

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zare le conseguenze del’invecchiamento riducendo i sintomi artrosici nonché contribuendo a prevenire e trattare l’osteoporosi. Il PILATES PER ANZIANI è una ginnastica ideale, poiché aiuta a mantenere e ripristinare la flessibilità e la mobilità articolare perdute con l’avanzare dell’età. Si tratta dunque di un tipo di esercizio molto utile a combattere problemi legati

all’artrosi, all’osteoporosi e alla coxartrosi, ovvero all’alterazione e la perdita di mobilità articolare dell’anca. Il Pilates è considerato la migliore ginnastica per anziani. Non c’è disciplina migliore per mantenere un buon tono muscolare, donare mobilità alle articolazioni ed evitare gli acciacchi che con l’età si possono presentare più di frequente. Le ricerche scientifiche hanno dimo-


Il Pilates è una ginnastica sicura? Nel Pilates tutti i movimenti sono eseguiti con controllo e accuratezza e ciò consente di evitare traumi, il che soprattutto a una certa età è molto importante. Il Pilates mantiene una colonna vertebrale più mobile? Il Pilates pone enfasi sulla mobilità della colonna vertebrale tanto che il suo inventore, Joe Pilates, era solito dire: “Se la tua colonna vertebrale è rigida a 30 anni tu sei vecchio, se invece è ancora mobile a 60 anni tu sei giovane”. Quale metodo migliore quindi per invertire il processo biologico e sentirsi ancora dei ragazzini? Col Pilates addio osteoporosi? Il Pilates si concentra sulla forza muscolare e sulla flessibilità incrementando la densità ossea, fondamentale per prevenire e combattere l’osteoporosi, soprattutto per le donne. Con la menopausa, infatti, la perdita di tessuto osseo può raggiungere il 5% della massa totale all’anno. L’osteoporosi è una condizione

ideostampa.com

strato che, attraverso l’allenamento, le cellule staminali muscolari che nel corso degli anni vanno pian piano diminuendo si possono auto-rigenerare, creando una vera e propria barriera contro l’invecchiamento. Su quali muscoli agisce il Pilates e quali sono i benefici specifici per la Terza Età? Nel Pilates si lavora principalmente sui muscoli addominali, nonché sui muscoli erettori della colonna vertebrale; rafforzando tali distretti muscolari si correggono i difetti posturali più comuni, come la gobba o l’atteggiamento cifotico, e si limita il rischio di prolasso degli organi, soprattutto a livello della vescica, evitando la comparsa di sintomi di incontinenza. Inoltre il Pilates è indirizzato al rafforzamento e all’allungamento dei muscoli, mantenendo il più possibile una discreta flessibilità articolare che con l’avanzare dell’età va incontro necessariamente ad un irrigidimento. È vero che il Pilates allevia i dolori articolari? Il Pilates, basato su un’armonia profonda tra respirazione ed esecuzione degli esercizi, ha un’azione rilassante sul corpo, portando beneficio anche all’apparato cardiocircolatorio e donando sollievo ai dolori articolari. Le sedute di Pilates infatti uniscono attività motorie vere e proprie, volte al rinforzo muscolare, alternate ad esercizi di rilassamento: lo stretching, eseguito per l’allungamento dei muscoli ed abbinato a tecniche di respirazione e concentrazione, molto utili per allontanare dal corpo le tensioni psicofisiche.

abbastanza comune negli anziani. Con questa patologia, lo scheletro diventa più fragile e più suscettibile alle fratture, anche dopo un trauma apparentemente minore può provocare mal di schiena a causa di contratture muscolari o microfratture e deformità della colonna vertebrale, con la diminuzione in altezza del femore e della colonna vertebrale che di solito sono le parti più colpite da osteoporosi. Siccome il metodo Pilates lavora anche per rinforzare i muscoli, la probabilità di frattura diminuisce esponenzialmete, sia perché gli anziani pilates praticanti hanno un migliore equilibrio e miglior facilità di movimento, sia perché le loro ossa sono protette da una adeguata massa muscolare. Quindi, se siete in età avanzata e volete evitare gli effetti negativi di una vita sedentaria o accusate già un dolore alla schiena e altre parti del corpo, provare Pilates per gli anziani può essere la vostra soluzione. Il risultato può sorprendere e apparire più velocemente di quanto si pensi... provare per credere!

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// FOCUS SULLE AZIENDE

Time Alpe d’Huez La salita è un piacere a cura di Maurizio Coccia

Un oggetto unico, una bici da desiderare. La nuova ammiraglia della

Casa francese conserva l’esclusività della costruzione Time, interpretandola con un processo ancor più evoluto, che ha permesso di abbassare a livelli record il compromesso tra rigidità e leggerezza. Il risultato è una vera e

propria arma per scalatori. Che non disdegna anche gli altri terreni

“Alpe d’Huez”. È ad uno dei luoghi più iconici della storia del ciclismo che si è ispirata Time per battezzare la piattaforma che celebra in grande stile la nuova era del marchio con sede a Grenoble, in Alta Savoia. La nuova Alpe d’Huez è stata presentata alla stampa lo scorso gennaio in 88

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Provenza ed è una bici declinata in due versioni: la prima di altissima, la seconda di alta gamma. Comuni ad entrambe sono tutta l’expertise e il know how esclusivo di cui Time è capace in tema di lavorazione del carbonio; ma comuni ad entrambe sono anche forme e standard tecnologici innovativi, che sono la dimostrazione più palese della ventata

di aria nuova che il marchio transalpino ha cominciato a respirare da circa un anno e mezzo. Già perché da quasi due anni la proprietà di Time è stata acquisita dal gruppo Rossignol, colosso dello sci e dell’outdoor. Rossignol ha rilevato un marchio che, nonostante la grande credibilità e notorietà a livello internazionale ed agonisti-


LA ALPE D’HUEZ 01 NELLA VERSIONE ULTEAM CHE ABBIAMO TESTATO. È UNA FUORISERIE DA OLTRE TREDICIMILA EURO. È GARANTITA A VITA. TRA QUALCHE MESE ARRIVERÀ ANCHE LA VERSIONE “DISC”.

co (vi ricordate i successi olimpici e quelli mondiali di Tom Boonen e Paolo Bettini su bici Time?), negli ultimi dieci anni ha attraversato momenti difficili, prima di tutto perché stretta dalla concorrenza con i grandi grandi colossi della produzione telaistica mondiale e poi perché colpita dalla morte improvvista del presidente storico, Roland Cattin. L’acquisizione da parte di Rossignol ha portato fondi nuovi, che puntano a rilanciare l’azienda ai livelli che merita, “continuando a tener fermi il know-how evoluto di cui siamo capaci, ma investendo

TIME ALPE D’HUEZ 01

IL TELAIO UTILIZZA IN PROPORZIONI DIFFERENTI FILAMENTI DI CARBONIO E DI VECTRAN, INTRECCIATI CON IL PROCEDIMENTO DI COSTRUZIONE PROPRIETARIA RTM. SULLA FORCELLA C’È ANCHE DEL KEVLAR.

anche nel marketing e nelle strategie di comunicazione”, ci ha spiegato in Provenza Sylvain Noailly, vice presidente della Bike-Division di Rossignol. Un nome mitico per due bici Altitude La nuova piattaforma Alpe d’Huez prevede due modelli: la Alpe d’Huez 21 e la Alpe d’Huez 01, rispettivamente modello di alta e di altissima gamma, dove i due numeri che corredano il nome si ispirano ai tornanti che mancano dalla base alla vetta della celebre salita dell’alta Savoia. Come suggerisce il nome la Alpe d’Huez non può che essere una bicicletta destinata alla salita. Non a caso è inserita nel segmento Altitude Series del marchio francese, ma questo non significa che le sue caratteristiche tecniche, geometriche e strutturali le precludano terreni diversi da quelli montagnosi. Tutt’altro, nonostante il peso piuma di 840 grammi (ci riferiamo alla versione “01”, cioè il telaio più leggero mai realizzato da Time), il nuovo frame è adatto per affrontare in maniera eccellente qualsiasi situazione di corsa, tutto questo con soluzioni tecnico/strutturali che

LA SERIE STERZO È AD-HOC, SI CHIAMA QUICKSET ED HA UNA GESTIONE INDIPENDENTE DALLA REGOLAZIONE DELL’ATTACCO. HA UN COLLARINO SUPERIORE DEDICATO, DI TIPO INTEGRATO.

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LA FORCELLA AKTIV: NASCOSTI ALL’INTERNO DEGLI STELI CI SONO DUE BUMPER IN ALLUMINIO CHE ASSORBONO LE VIBRAZIONI.

lo fanno ben figurare anche dal punto di vista del comfort e dell’assorbimento delle vibrazioni. Il segreto di questo “mix” vincente? Sicuramente la forcella particolare di cui parleremo, ma prima di tutto il segreto è nel sistema di costruzione esclusivo, proprio quello che è il marchio di fabbrica della Time e che, sulla nuova piattaforma Alpe d’Huez, ha raggiunto livelli tecnici ancor più evoluti. RTM, UNA COSTRUZIONE ESCLUSIVA La sigla acronima è Rtm, che sta per Resin Transfer Molding: si riferisce al processo proprietario ed esclusivo che Time utilizza per costruire i suoi telai. Parliamo di telai in materiale composito, è ovvio, ma, diversamente da quel che generalmente accade, per formare i tubi Time non impiega “fogli” di materiale composito preimpregnato in resine epossidiche, ma tesse letteralmente le tubazioni come fossero garze, risultanti dall’intreccio o di filamenti di tipologia differente, intessuti in modo da diversificare le caratteristiche dei vari tubi in

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IL REGGISELLA È SPECIFICO, IN COMPOSITO RTM, HA UN ARRETRAMENTO DEL MORSETTO PARI A ZERO ED È FISSATO SUL TUBO VERTICALE DA UN ELEGANTE COLLARINO DI CHIUSURA, ANCHE ESSO IN CARBONIO.

base alle esigenze meccaniche richieste da quello specifico comparto del telaio. Ai filamenti di carbonio sono poi accoppiati - in diversa proporzione e in specifiche parti del telaio - delle fibre di Vectran, cioè il materiale che concorre a elevare le proprietà elastiche del composito che si andrà a comporre. Infine, per quel che riguarda la forcella, le fibre di carbonio sono accoppiate anche a strati di Kevlar, impiegato con la duplice finalità di incrementare l’assorbimento delle vibrazioni ed elevare la resistenza meccanica del materiale finito. Il processo Rtm consegna i “mattoni” iniziali del telaio, ovvero delle porzioni di tubazioni in pezzo unico risultanti da fibre ininterrotte, senza soluzione di continuità, all’interno delle quali, e sempre attraverso una tecnologia proprietaria, vengono poi inserite ad alta pressione le resine che compattano il materiale, conferendogli forma e le caratteristiche meccaniche richieste. Diversamente da quel che accade di solito, in casa Time la direzione della pressione che compatta le fibre è paral-

LO PNEUMATICO POSTERIORE RASTREMA UN TUBO VERTICALE SAGOMATO CON UN INCAVO, FUNZIONALE AD ASSECONDARE UN CARRO POSTERIORE INCREDIBILMENTE COMPATTO E SCATTANTE.

lela all’orientamento dei filamenti, non perpendicolare. Una compattazione eseguita in questo modo impedisce che tra un filamento e l’altro possano rimanere bolle d’aria, zone interstiziali, cosa che invece può accadere quando si “spara” ad alta pressione dell’aria su un composito risultate dalla semplice sovrapposizione di fogli di carbonio già preimpregnati di resina epossidica. Le porzioni di telaio che Time ha preassemblato vengono poi unite assieme attraverso incollaggio strutturale, sempre con l’ausilio di garze di carbonio, per ottenere quindi un telaio finito che avrà caratteristiche superiori rispetto a quello ottenuto con il processo di formazione più comunemente utilizzato dagli altri costruttori. Nello specifico sono 75 i comparti, o forse meglio sarebbe dire le “trecce”, che danno forma ad un telaio Alpe d’Huez finito, ovverosia molti meno dei 220 che di solito occorrono per realizzare un telaio in composito attraverso fogli di carbonio prepeg, che appunto significa “preimpregnato”. Con lo standard Rtm Time costruisce i suoi telai di


altissima gamma da circa venti anni. Cosa ha di più rispetto ai precedenti telai Time il nuovo telaio Alpe d’Huez? Forme nuove ed accattivanti, questo è evidente. Ma non solo: in questo caso i tecnici della lavorazione della Casa transalpina hanno ulteriormente incrementato la proporzione di fibre HM (ad alto modulo), portandola dal 45 per cento della Izon (cioè il precedente telaio “da salita” della Time, quello che a breve uscirà dalla gamma), al 55 per cento della Alpe d’Huez 01, ottenendo di conseguenza un peso finale molto contenuto: 840 sono i grammi dichiarati per il telaio “grezzo” (non verniciato, e in taglia S). Tutte nuove rispetto alla precedente produzione Time sono inoltre le sezioni e le forme esterne delle tubazioni, per ottenere un risultato finale che è non solo esteticamente gradevole, ma che riesce anche in questo caso ad ottimizzare a livelli di eccellenza il compromesso tra rigidità e leggerezza (il valore dichiarato da Time è 160.7 per la “01”, 103 per la “21”), che ricordiamo essere il parametro più importante per valutare la bontà tecnica di un telaio ciclistico. GEOMETRIA “RACE”, FORCELLA PERSONALIZZABILE A livello geometrico sia la versione 01 che la 21 della Alpe d’Huez non si discostano molto dai precedenti telai da competizione della Time: abbiamo cioè a che fare con un telaio con configurazione angolare e dimensionale “race”, come piace agli agonisti, con uno sterzo reattivo e un carro posteriore molto compatto. A proposito di carro: per ottenere le migliori caratteristiche in termini di trasmissione di potenza percepite da chi è in sella, il reggisella (dedicato) della versione 01 ha un morsetto di fissaggio sella con arretramento pari a zero, questo per compensare la maggiore angolazione con cui è configurato il tubo verticale, così disegnato per compattare il più possibile il triangolo posteriore. Sulla Alpe d’Huez 21, invece, il tubo verticale ha un’inclinazione minore ed ospita un reggisella standard, con sezione tonda da 27.2 mm. Dal retrotreno passiamo all’avantreno parlano della forcella: in questo caso la Alpe d’Huez prevede due opzioni, la forcella standard oppure la forcella Aktiv, che abbiamo trovato montata sulla bici del test. La forcella Aktiv non è una novità assoluta di Time, ma una soluzione collaudata ed apprezzata già da anni: all’interno dei due steli - e più in particolare nella zona prossima

alle punte - la Aktiv ospita dei bumper in alluminio vincolati internamente alle punte forcella attraverso delle molle. Si tratta di una soluzione utile a smorzare le vibrazioni ad alte frequenza che altrimenti l’asfalto trasmetterebbe al corpo del ciclista quando i transita sui terreni sconnessi. Nonostante incida non poco sul peso complessivo del componete (i due bumber pesano complessivamente 300 grammi) la Aktiv ha però una resa egregia non solo quanto capita di incappare sulle buche dell’asfalto, ma anche quando si percorrono asfalti granulosi o caratterizzati da piccole ma continue irregolarità. L’alternativa alla forcella Aktiv è la forcella standard, sempre costruita in carbonio con standard Rtm, e con peso di appena 375 grammi. LA ALPE D’HUEZ 21 Così come accade per la variante di vertice chiamata 01, anche la Alpe d’Huez 21 nasce con il pedigree di bici prettamente da salita ed utilizza standard costruttivi del tutto identici a quelli utilizzati sulla 01. Anche in questo caso troviamo quindi il processo di costruzione delle tubazioni Rtm ed anche in questo caso la realizzazione è tutta fatta “in casa”, presso gli stabilimenti Time di Grenoble (a dire il vero per la fase di compattazione delle fibre Time utilizza il suo stabilimento in Slovacchia,

dove i telai arrivano prima di essere poi rispediti alla Casa madre per essere verniciati e infine montati). A cambiare tra una versione e l’altra sono però la composizione percentuale delle fibre che danno forma ai tubi (sulla 01 le fibre ad altissimo modulo rappresentano il 60 per cento del materiale finito, sulla 21 l’8 per cento) e il fatto che sulla Alpe d’Huez 21 il più costoso Vectran è rimpiazzato dal basalto, che, nonostante il peso maggiore rispetto al primo, provvede sempre a rendere più confortevole il telaio. Ovvio che ad essere diverso tra i due frame sarà anche il peso, con 940 grammi dichiarati per la versione 21 non verniciata e in taglia S (quindi un etto in più del telaio 01). Piccole differenze possiamo riscontrarle anche a livello estetico e geometrico: sulla 21 i foderi posteriori obliqui adottano la soluzione del monostay al posto dei foderi separati della 01, mentre, a fronte di un assetto dimensionale e angolare pressoché identico, sulla 21 posizione il tubo di sterzo è qualche millimetro più lungo rispetto a quel che accade sulla 01, caratterizzandosi così come bici più predisposta al comfort di quel che succede alla più “cattiva” 01. Peccato che in occasione della presentazione ufficiale della Alpe d’Huez non abbiamo avuto modo di provare entrambe le versioni, visto che la sola

LA SCATOLA MOVIMENTO OVERSIZE ALLOGGIA DIRETTAMENTE AL SUO INTERNO LE CALOTTE DI SCORRIMENTO DEL MOVIMENTO

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LA ALPE D’HUEZ 21, IDEALE PER CHI CERCA COMFORT, POLIVALENZA E UN PREZZO COMPETITIVO.

disponibile per i test era la 01 di cui parliamo nello spazio dedicato alla prova: il confronto sarebbe stato interessante anche perché, a fronte di caratteristiche molto simili, la 21 è proposta ad un prezzo al pubblico decisamente interessante: 3190 euro per il montaggio di base con gruppo Shimano Ultegra Mix e ruote Mavic Aksium, a fronte dei 5590 euro della versione di ingresso della variante 01, cioè quella montata con lo Shimano Ultegra Mix e con ruote Mavic Ksyrium. Il prezzo del singolo telaio è invece 4290 euro per la Alpe d’Huez 01 (4790 se si sceglie la versione con forcella Aktiv) e 2490 euro per la 21.

TIME ALPE D’HUEZ 21

LA SOVRAPPOSIZIONE DELLA ALPE D’HUEZ 21 (IN PRIMO PIANO) E DELLA “01” (DIETRO): IL TUBO SELLA DELLA SECONDA È PIÙ INCLINATO. MA LA POSIZIONE IN SELLA È LA STESSA.

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IL CARRO POSTERIORE UTILIZZA LA SOLUZIONE DEL MONOSTAY. IL TUBO VERTICALE ALLOGGIA UN REGGISELLA STANDARD, CON FORMA TONDA E SEZIONE DA 27.2 MM.

IL TELAIO UTILIZZA FIBRE DI BASALTO AL POSTO DEL PIÙ COSTOSO VECTRAN DELLA “01”. PESA 100 GRAMMI IN PIÙ RISPETTO AL TELAIO DELLA “01”.


IL PROCESSO DI COSTRUZIONE RTM. LE TUBAZIONI SONO INTRECCIATE COME FOSSERO VERE E PROPRIE GARZE DI CARBONIO

PRESTAZIONI SUPER SU OGNI TERRENO, NON SOLO IN SALITA Come spesso accade nei cosiddetti press launch riservati alla stampa (è semplicemente la traduzione in inglese di “presentazione stampa”) il produttore ti mette nelle migliori condizioni possibili per provare ciò che di nuovo ha appena presentato: tutte le bici destinate a noi “penne del pedale” erano dunque le Alpe d’Huez 01 in versione Ulteam, cioè con reparto Shimano Dura-Ace Di2 e con un paio di filanti e leggerissime Enve SES 3.4 in carbonio per tubolare. Parliamo quindi di una bici da 6.5 chili di peso (che in realtà potevano anche essere 6.2 se al posto della forcella Aktiv ci fosse stata una forcella standard) e di 13490 euro di prezzo di listino… È evidente che da una bici di questi lignaggio non ci si può che aspettare il massimo ed è evidente che da una bici di questo prezzo non si può non essere rigorosi ed esigenti nel parlare di sensazioni di guida e impressioni di utilizzo. Aggiungo poi che la taglia S a me fornita per il test era effettivamente perfetta per i miei 173 centimetri di altezza. Monto in sella e, nonostante il reggisella con off-set pari a zero, sento subito che la posizione in sella è ben bilanciata; altrettanto presto capisco

LO SPACCATO DI UNA FORCELLA AKTIV: ALLA BASE DI OGNI STELO C’È UN BUMBER IN ALLUMINIO

che il carattere di questo telaio è prettamente (ed esclusivamente) racing, di quelli che piacciono a chi le bici le vuole mettere alla frusta, quasi “maltrattare”, per capire fin dove è in grado di arrivare un limite prestazionale che in casi come questo richiede gambe davvero ben allenate per essere scoperto…. La salita, è ovvio, è un “gioco da ragazzi” quando hai sotto al sedere una bici da sei chili e mezzo come questa, ed è appunto delle impressioni ricevute sugli altri terreni che preferisco parlare più diffusamente: nei tratti scorrevoli la Alpe d’Huez conserva in maniera brillante le velocità, le stesse che si acquisiscono in maniera immediata sia perché le ruote sono di altissimo livello, ma anche perché effettivamente il carro ti trasmette all’istante la sua capacità di trasferire la potenza che in quel momento stai scaricando sui pedali. Capitolo comfort: la forcella Aktiv ha effettivamente il suo ruolo importante nell’assorbire le vibrazioni (e lo fa soprattutto quando passi sugli asfalti irregolari, non tanto sulle buche secche), ma è evidente che una bici di questo tipo è ben lontana dal feeling che puoi provare sulle cosiddette comfort-bike (in questo senso la proposta della Time è la Fluidity, inserita nel segmento Endurance). In particolare è il reggisella dedicato, e assieme ad esso l’arretramento pari a zero, che riducono

non poco la cosiddetta vertical-compliance del telaio, cioè la capacità di flettere verticalmente sotto il peso del ciclista. Ripetiamo: questo si percepisce più che altro quando transiti su sconnessioni importanti, perché in tutti gli altri casi (pavé, asfalti granulosi) crediamo che sia della bontà della costruzione dei tubi il merito principale nello smorzare le vibrazioni a basso impatto e ad alta frequenza, ovverosia quelle che alla lunga fanno percepire prima l’affaticamento muscolare. Capitolo discesa: salendo in sella e pedalando sulla Alpe d’Huez 01 mi è tornato presto in mente il family-feeling che in passato avevo provato con la Rxr Ulteam, altra celebre top bike della gamma Time di una decina di anni fa: come su quella la sensazione che ho provato sulla nuova Alpe d’Huez 01 è di essere su un telaio in cui, a livello dimensionale, la porzione dell’avantreno compensa bene i volumi di un carro posteriore davvero compatto (e quindi scattante). Una impostazione del genere ti aiuta ad eseguire bene le curve in velocità, esercizio che in questo caso risulta ancor più agevole e intuitivo perché il telaio (e assieme ad esso la componentistica di guida Time e le ruote Enve trovate montate) hanno un eccellente livello di rigidità, che ad alte velocità si traducono in grande sicurezza per chi è alla guida.

Alpe d’Huez 01 Shimano Dura-Ace Di2: 13490 euro; Sram Red E-Tap: 12990 euro; Shimano Ultegra Di2 e ruote Mavic Ksyrium: 6590 euro; Shimano Utegra e ruote mavic Ksyrium: 5590 euro Telaio, forcella, serie sterzo e reggisella: 4290 euro Telaio, forcella Aktiv, serie sterzo e reggisella: 4790 euro Alpe d’Huez 21 Shimano Ultegra mix, ruote Mavic Aksium: 3190 euro Telaio, forcella, serie sterzo: 2490 euro Contatti Produttore: Time, www.time-sport.fr, tel. 0033 438038488 Distributore per l’Italia: Larm, info@larm.it, T. 051 6053020


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SCATTO D’AUTORE MATHIEU VAN DER POLE CROSS EUROPEAN CHAMPIONSHIPS by Bettiniphoto

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DONNA INBICI

a cura di Ilenia Lazzaro

A proposito di diete miracolose Sui social spuntano come funghi i santoni del dimagrimento che promettono di bruciare chili in un lampo e senza fatica. Ma i rischi sono dietro l’angolo ed i danni, a volte, rischiano di essere irreparabili 96

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Chi è Ilenia Lazzaro Giornalista sportiva ed addetta stampa, commenta da circa 15 anni il ciclismo fuoristrada. Specializzata nel ciclocross, lo pratica da quasi 20 anni, prima come elite ora come master. Conduce con Nicola Argesi “Scratch”, programma tv nazionale su Canale Italia.

Con l’inizio del nuovo anno ritornano anche i buoni propositi di rimettersi in forma. Molte donne hanno sfruttato le vacanze natalizie per allenarsi e gettare le basi per la stagione agonistica 2018, alcune si sono cimentate nel ciclocross, altre invece hanno dedicato il periodo di vacanze ad un reset fisico e psicologico. Il riposo, lo ricordiamo, fa sempre bene ed è parte integrante dell’allenamento e di uno stile di vita sano, così come soddisfare il palato, perché una vita sempre a dieta - diciamocelo - è una vita triste. Con l’inizio del nuovo anno però, sui social crescono come funghi i post, spesso sponsorizzati, dedicati al dimagrimento. Sfruttando un po’ l’indole femminile, che arriva a gennaio spesso con i sensi di colpa e con la voglia di “rimettersi in carreggiata” presto, stanno nascendo molteplici pagine di presunte “coach” che promettono miracoli con poco impegno e a breve tempo. Mi voglio soffermare su un aspetto molto importante: la stragrande maggioranza di questi personaggi non sono né medici né nutrizionisti, ma figure abusive attirate solo da guadagni facili. Ho voluto così intervistare un noto nutrizionista sardo specializzato nell’alimentazione sportiva, il Dott. Andrea

Zonza, chiedendogli chiaramente quali sono i rischi che può incorrere una donna nell’affidarsi a programmi di questo tipo. Dott. Zonza, con l’avvento dei social, si è sviluppato un pericoloso fenomeno, il proliferare di programmi miracolosi, che promettono dimagrimento facile e senza tanto sforzo. Che ne pensa? È un argomento che penso stia diventando sempre più importante, ma soprattutto sempre più delicato per noi specialisti del settore. Il panorama odierno ci offre ampia scelta tra riviste, blog, personaggi famosi, pseudo-dottori etc etc… Questo genere di abusivismo non è più tollerabile, anche perché il rischio maggiore lo correte proprio voi utenti che, ignari dei pericoli che possono celarsi dietro una dieta squilibrata o ad un consiglio sbagliato, mettete a repentaglio la vostra salute. Il Senato da poco ha intanto approvato un disegno di legge che introduce pene

severe per chi mette in pericolo la salute pubblica, con la reclusione fino a due anni e con la multa da 10 a 50 mila euro. La stragrande maggioranza dei miei colleghi ha speso gli “anni migliori” della propria vita con il sedere attaccato ad una sedia per formarsi tra mille sacrifici ed avere una preparazione accademica adeguata. Tutto questo tra lauree, dottorati di ricerca, scuole di specializzazione e master (me compreso ovviamente). Quindi nessuno di noi purtroppo ha avuto la fortuna di uscire dalla scuola di magia di “Hogwarts” (per i fan di Harry Potter) e riuscire così, con un solo colpo di “bacchetta”, ad effettuare dimagrimenti miracolosi, risoluzione di problemi o addirittura di condizioni patologiche accertate… Insomma, ci rendiamo conto che stiamo parlando di pura follia? Che consigli può dare allora a chi vuole perdere peso? Anche se ultimamente, nel campo del benessere e soprattutto nel

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campo dell’alimentazione e della nutrizione, vige l’anarchia più totale, io vi chiedo, anzi vi supplico di prestare attenzione a chi avete di fronte. A chi vi promette miracoli, a chi vuole rifilarvi prodotti miracolosi di dubbia provenienza, a chi non ha un titolo riconosciuto o appartiene ad un albo professionale specifico, a chi con un corso di poche ore “on-line” vuole occuparsi della vostra salute. Mi dispiace molto deludervi, ma non esistono pozioni magiche per dimagrire, per fare meglio la vostra disciplina sportiva preferita, per effettuare un lavoro di ricomposizione corporea. Esistono invece il sacrificio, l’allenamento, la costanza, la voglia di mettersi in gioco e raggiungere degli obiettivi importanti quando non si è soddisfatti di se stessi. Mettersi a “dieta” non significa privarsi di qualcosa che ci piace, significa impegno, significa avere uno stile di vita adeguato che ci faccia godere del mangiare sano. 98

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È una questione di testa e non esistono scorciatoie purtroppo nella stragrande maggioranza dei casi. Quindi, quando decidete di affidarvi ad un “santone”, ad un “mago” o all’amico/a della porta accanto che vi passa il prodotto fantastico che promette di farvi perdere 10kg in 5 giorni, metteteci magari un po’ di senso critico. Quello che cerco sempre di spiegare ai miei pazienti è che nessuno di noi è uguale all’altro, ognuno fa’ storia a sé. Quindi lo studio e l’elaborazione delle tabelle nutrizionali deve essere fortemente personalizzato e preparato ad hoc tenendo in considerazione molti aspetti del paziente, che possono andare dalle sue abitudini, da suoi gusti,

dagli esami ematici sino allo studio della composizione corporea. Tutto questo lo può fare solo un professionista del settore. Quali rischi si possono correre? Ricordatevi sempre che, dopo aver seguito dei regimi fortemente sbilanciati che possono portarvi a creare qualche danno al vostro metabolismo, il nostro lavoro nel cercare di aiutarvi a recuperare la forma perduta sarà doppiamente difficile. Perché prima dovremo correggere “i danni del fenomeno di turno” e solo dopo potremo accontentarvi e proseguire verso l’obbiettivo prefissato, perdendo quindi una quantità di tempo notevole.

A questo punto la scelta spetta a voi… Condurre una vita sana fatta di sport, alimentazione corretta e qualche sacrificio, oppure cercare la scorciatoia che promette di non fare nessuno sforzo o fatica?


IL SALONE DELLE BICI PER TUTTI THE BIKE EXHIBITION FOR EVERYONE

Verona 8 - 10 Settembre / September 2018 COSMOBIKE OUTDOOR DEMO 7 Settembre / September 2018 LIFESTYLE INBICI

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// COME NUTRIRSI

Le allergie indotte dalla attività di endurance a cura del dott. Alexander Bertuccioli e dott. Michele Moretti*

Focus su un potenziale problema (anche) per il ciclista

Tra i molteplici fattori che possono compromettere un allenamento o l’immediato post allenamento la risposta allergica indotta dall’attività di endurance rappresenta un quadro piuttosto insidioso. Chi ha avuto modo di sperimentare questa condizione patologica si è trovato, infatti, a dover fronteggiare una reazione allergica più o meno grave, a seconda delle proprie caratteristiche, in seguito all’ingestione di alimenti normalmente consumati senza problemi. 100

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Prima di proseguire oltre nella descrizione delle conoscenze attuali su questo fenomeno, è utile definire i concetti fondamentali per la sua comprensione. Si parte dal concetto di Atopia, cioè la tendenza (o predisposizione) individuale o famigliare a produrre anticorpi (in genere IgE) in risposta a basse dosi di sostanze (in genere proteine o polisaccaridi) che normalmente non sono in grado di evocare una risposta dell’organismo, portando a manifestazioni quali asma, rinocongiuntivite e/o sindrome eczema allergico/dermatite (AEDS). Si parla invece Ipersensibilità quando il contatto con un antigene, che non ha nessun effetto nel soggetto sano, è in grado di scatenare segni e sintomi clinici in maniera ripetibile. A questo

punto è pertinente parlare di Allergia, ovvero una reazione da ipersensibilità iniziata da meccanismi immunologici anticorpo mediata (cioè dovuta ad anticorpi in genere IgE, ma sono possibili reazioni mediate anche da altre classi di anticorpi) o cellulo mediata (cioè innescata direttamente dalla risposta di cellule del sistema immunitario). Nei casi più gravi la risposta allergica può configurare un quadro di anafilassi: una condizione di emergenza che può culminare con uno stato di shock e - se non dovutamente e rapidamente trattato - morte del soggetto. Come mai quindi possono verificarsi reazioni allergiche correlate ad alimenti normalmente consumati in seguito o in concomitanza dello svolgimento di un’attività


Dr Alexander Bertuccioli Biologo nutrizionista Perfezionato in Nutrizione in Condizioni Fisiologiche DISB - Scuola di Scienze Biomediche, Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo” Comitato scientifico Associazione Italiana Fitness e Medicina – Comitato scientifico Federazione Italiana Fitness. * (Farmacista preparatore, Esperto in nutraceutica e Atleta di Endurance)

di endurance? Recenti studi (1-4) hanno iniziato a chiarire quali meccanismi vi siano alla base di questo fenomeno. Lo studio in questione è stato effettuato su 10 soggetti sani, non allergici, non fumatori, non in terapia con farmaci antinfiammatori o per patologie intestinali, che non effettuassero più di tre ore di allenamento a settimana, valutando quali variazioni nell’assorbimento fossero riscontrabili in seguito all’ingestione di uno degli alimenti maggiormente allergizzanti di cui fossero facilmente identificabili antigeni resistenti ai processi di digestione: le arachidi. Previa astensione dal consumo di arachidi e dallo svolgimento di attività fisica, ai soggetti sono stati somministrati 100 grammi di arachidi contestualmente alle sostanze normalmente utilizzate per la valutazione della permeabilità intestinale: lattulosio e ramnosio, valutandoli a riposo e a distanza di una settimana di tempo nel corso dello svolgimento di un allenamento su ciclo ergometro della durata di un ora al 70% del proprio carico di lavoro massimale, effettuando prelievi ematici in basale e dopo 30, 60 , 90 120 e 240 minuti dall’ingestione. I risultati sono stati piuttosto interessanti in quanto è immediatamente emerso un significativo incremento nell’assorbimento sia dell’allergene delle arachidi ricercato (Ara h 6) che del lattulosio quando i soggetti erano sottoposti a intenso carico di lavoro, dimostrando una significativa variazione della permeabilità intestinale, fenomeno molto probabilmente alla base di molte di queste reazioni allergiche correlate all’attività fisica. Infatti, incrementando la permeabilità intestinale, è possibile ritrovare in circolo sostanze generalmente non assorbite, in grado quindi di evocare una risposta da parte del sistema immunitario. Altro fattore estremamente

importante chiarito con questo lavoro è quello relativo alle tempistiche. Infatti, i prelievi ematici seriati hanno permesso di mettere in evidenza come il picco di allergene delle arachidi sia riscontrabile dopo i primi 30 minuti di esercizio e come in seguito tenda a decrescere gradualmente. Chiariti questi aspetti, quali sono gli alimenti maggiormente allergizzanti a cui prestare più attenzione? Tra i primi 8 troviamo: latte - uovo - arachide - soia - frutta a guscio - crostacei - grano - pesci Quali possibilità di trattamento esistono? Primariamente l’astensione dal consumo di alimenti potenzialmente allergizzanti prima dell’attività fisica, in secondo luogo - qualora non fosse possibile identificare con chiarezza le classi di alimenti implicati - il consulto con il medico allergologo potrà chiarire quali possibilità terapeutiche esistono in merito. Dal punto di vista nutrizionale, una possibile strategia potrebbe essere quella di consumare nel pre-attività miscele di fibre di diversa viscosità op-

portunamente bilanciate per modulare, o a livello di parete intestinale o a livello di materiale in digestione, le dinamiche di assorbimento, anche se quest’ultima strategia deve essere testata esclusivamente su quei soggetti che non mostrino problemi con il consumo di fibra solubile e comunque trovando con ripetuti test, il dosaggio efficace in grado comunque di non limitare eccessivamente l’assorbimento dei nutrienti normalmente utilizzati in corso di attività. 1) JanssenDuijghuijsen LM, van Norren K, Grefte S, et al. Endurance Exercise Increases Intestinal Uptake of the Peanut Allergen Ara h 6 after Peanut Consumption in Humans. Nutrients. 2017;9(1):84. doi:10.3390/nu9010084. 2) JanssenDuijghuijsen LM, Mensink M, Lenaerts K, Fiedorowicz E, Protégé study group., van Dartel DA, Mes JJ, Luiking YC, Keijer J, Wichers HJ, et al. Physiol Rep. 2016 Oct; 4(20). 3) Matsuo, H.; Morimoto, K.; Akaki, T.; Kaneko, S.; Kusatake, K.; Kuroda, T.; Niihara, H.; Hide, M.; Morita, E.Exercise and aspirin increase levels of circulating gliadin peptides in patients with wheat-dependent exercise-induced anaphylaxis. Clin. Exp. Allergy 2005, 35, 461–466. [CrossRef] [PubMed] 4) Barg, W.; Medrala, W.; Wolanczyk-Medrala, A. Exercise-induced anaphylaxis: An update on diagnosis and treatment. Curr. Allergy Asthma Rep. 2011, 11, 45–51. [CrossRef] [PubMed] 5) Opinione EFSA, Allergy to milk and dairy products, pp.72-82 6) Opinione EFSA, Allergy to eggs, pp.82-91 7) Opinione EFSA, Allergy to peanuts, pp-106-116 8) Opinione EFSA, Allergy to soy, pp.107-117 9) Opinione EFSA, Allergy to nuts, pp.91-106 10) Opinione EFSA, Allergy to crustaceans, pp.136-145 11) Opinione EFSA, Allergy to cereals containing gluten, pp.63-71 12) Opinione EFSA, Allergy to fish, pp-127-136


// ZOOM SULLE SQUADRE

a cura di Eleonora Pomponi Coletti

BIKE INNOVATION

PENSA IN GRANDE Il giovane team imolese prenota un’altra stagione da protagonista. Grande attesa per Maria Cristina Nisi e Christian Ballestri. Il presidente Treggia: “Ma la vera sfida è correre da squadra” Squadra giovane, sbocciata ad Imola solo nel 2015, il Bike Innovation, in poco più di un biennio, ha saputo reclutare già oltre un centinaio di tesserati. Un piccolo miracolo sportivo che, per il futuro prossimo, lascia presagire prospettive entusiasmanti. Formazione emergente nelle competizioni amatoriali su strada, il sodalizio porta avanti parallelamente il reparto Élite mtb, nobilitato dalla presenza di Maria Cristina Nisi, che quest’anno festeggia il suo terzo anno in Bike Innovation. Già protagonista nelle stagioni 2016 e 2017, affronterà il 2018 con grandi ambizioni ed un chiodo fisso: confermare il suo fresco titolo tricolore. Per quel che concerne la parte amatoriale, tra gli obiettivi principali della stagione c›è la partecipazione alle 102

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tappe dell›InBici Top Challenge, magari debuttando alla grande già il prossimo 25 febbraio alla Granfondo Laigueglia. L›atleta più accreditato sembra, risultati alla mano, Christian Ballestri, da sempre molto competitivo nelle prove mediofondo. Grande attesa anche per le gare in circuito: il trio Ferroni, Lazzari e Brunetti ha tutte le credenziali per poter aspirare ad un successo nel Campionato Italiano ed Europeo. Tra le donne, invece, il team punta in particolare su Ilaria Sabbatani, sempre per il mediofondo ma, tra gli obiettivi agonistici di Bike Innovation Imola Corse c’è anche qualche successo di gruppo e, magari, cercare di essere premiati per il numero di vittorie e di partecipazioni ai vari appuntamenti stagionali. La società, portando avanti di pari passo il gruppo Élite e quello amatori, offre a quest›ultimi un ricco campionario di vantaggi logistici, poiché hanno a loro disposizione tutti quei servizi accessori che normalmente si trovano in una vera e propria squadra di professionisti. Tra i due comparti,

infatti, c’è grande sinergia, cosicché un amatore ha l›opportunità di allenarsi come un vero professionista. Un occhio di riguardo per questa stagione va sicuramente rivolto all’assistenza tecnica di primissimo livello che il team ha intenzione di garantire a tutti i corridori durante le gare: supporto tecnico, cambio borraccia, officina meccanica durante tutto il percorso, così come una “fix-zone” al termine delle salite più impegnative. «La nostra parola d›ordine è ‹fare gruppo› - spiega il presidente Nicola Treggia - perché, checché se ne dica, il ciclismo resta uno sport di squadra. L›assemblaggio dei corridori forma un gruppo, la sfida è trovare la chimica giusta per creare una vera squadra, gente che pedala sempre nella stessa direzione e che, prima delle vittorie, insegue il piacere di stare insieme. Perché, a fine stagione, contare i trofei fa sempre piacere, ma niente dà più soddisfazione di vedere tanti corridori che, con la stessa maglia, gareggiano come un team affiatato».


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// LA PREPARAZIONE DELL’ATLETA

Un chiodo fisso:

Rimettersi in moto a tempo di record Dopo il letargo invernale riparte la stagione ciclistica dei professionisti e degli amatori. Per ritornare in condizioni accettabili serve un programma ad hoc stilato da un professionista. Dalle sedute di forza resistenza alle variazioni, ecco come riacquistare la condizione ottimale in vista dei primi appuntamenti di stagione a cura di Wladimir Belli

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Chi è Wladimir Belli Ex ciclista professionista e commentatore per il ciclismo di Eurosport

Il riposo è già finito. I mesi consacrati ai rulli, alla cyclette e alle uscite domenicali può dirsi definitivamente archiviato. Senza rimpianti. Da marzo si risveglia il movimento ciclistico internazionale e, con i professionisti, anche i ciclo-amatori tornano gradualmente sui pedali. Dopo un mese di riposo psicofisico - la scelta ottimale per ricaricare le energie nervose e per dare un po’ di tregua ad un fisico pesantemente sollecitato dagli sforzi agonistici - si torna a fare sul serio. Nel nostro programma “remise en forme”, il primo aspetto da curare è il fondo di base e dunque - dopo un inverno tra palestra e piscina - occorre iniziare con un lavoro di quantità, approfittando del weekend per pedalare dalle 3 alle 5 ore. In settimana iniziamo a lavorare sulla qualità facendo lavori specifici. È chiaro che i carichi di lavoro vanno attentamente calibrati in base alla condizione atletica del ciclo-amatore: chi durante l’inverno ha svolto un lavoro di mantenimento, mettendo su al massimo 3-4 chili, potrà seguire una determinata tabella; chi invece si è fermato completamente - e dunque deve smaltire più chili - dovrà necessariamente seguire un altro programma di training. In ogni caso,

non mi stancherò mai di ripetere che interrompere totalmente l’attività fisica durante l’inverno è un grave errore, soprattutto dopo i 40 anni. La sedentarietà si ripercuote, infatti, sull’elasticità cardiaca e riprendere un tono muscolare accettabile diventa, anno dopo anno, sempre più faticoso. Pertanto, in certi periodi, si può certamente ridurre l’intensità dell’attività fisica, ma non si può drasticamente azzerarla. Il primo step dei lavori specifici per ripartire con gli allenamenti sono le SFR (sedute forza resistenza) che ci consentono di riacquistare, in tempi relativamente brevi, il giusto tono di muscolatura. L’allenamento, che concentrerei al martedì, consiste nel pedalare per circa 2-3 minuti su una sa-

lita dalla pendenza media del 6-8% a circa 50 RPM (ritmo pedalata minuto), lavorando al 70-80% della soglia massimale. Occorre concentrarsi molto sulla muscolatura, curando in particolare la spinta e la trazione, limitando al massimo l’utilizzo di busto, schiena e braccia. La seduta comprende cinque ripetizioni intervallate da circa 2 minuti di recupero da svolgere per cinque volte per poi passare a dieci ripetizioni quando l’esercizio è stato metabolizzato a livello muscolare. Al mercoledì farei una rullata (o uscita) tranquilla di circa un’oretta, curando in particolare l’agilità, con un’andatura media di 90/100 pedalate al minuto. Il giovedì inizierei invece con le variazioni. Dopo un riscaldamento in salita (8-10% di pendenza) 30 secondi di progressione LIFESTYLE INBICI

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così suddivisi: 10 secondi in piedi sui pedali in progressione, 10 secondi seduti cercando di mantenere la velocità raggiunta e 10 secondi pedalando sui pedali arrivando alla massima capacità. In seguito è necessario svolgere 30 secondi di recupero a bassa velocità, recuperando il più possibile. La variazione va ripetuta almeno cinque volte; anche in questo caso bisogna incrementare a dieci le ripetute 30” per 30”. Venerdì lavoro di scarico ricordando a tutti che, contrariamente a ciò che pensano spesso i cicloamatori, anche il recupero è una parte fondamentale dell’allenamento. Poi arriviamo finalmente al weekend, ovvero i due giorni in cui, si presume, siamo più liberi dal lavoro e dunque abbiamo più tempo per dedicarci, senza l’assillo dell’orologio, ad uscite sui pedali più lunghe. Qui possiamo fare almeno tre

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salite dai 3 ai 10 chilometri secondo la propria condizione e secondo le gare previste, mantenendo un’andatura al fondo medio (circa l’80% della propria soglia). È molto importante che l’amatore si renda conto che non ha alcun senso logico imitare i professionisti che, normalmente, modulano il loro allenamento in funzione di una grande corsa a tappe, dunque devono prepararsi a tre settimane di sforzi importanti e continuativi. L’amatore, invece, è impegnato perlopiù in corse di un giorno, intervallate abitualmente da una settimana di relax e dunque l’intensità dell’allenamento dev’essere proporzionalmente commisurata allo sforzo che si è chiamati ad affrontare. Il lunedì poi lo utilizzeremo per il riposo assoluto che, ripeto, dev’essere vissuto come un momento necessario.

In ogni caso, a tutti consiglio, prima di iniziare la stagione, si sottoporsi a qualche test sotto la supervisione di un preparatore che può indicarci le giuste frequenze, un elemento molto importante per l’allenamento. Perché se si lavora a frequenze troppo alte o troppo basse, la resa dell’allenamento è più scarsa e, in alcuni casi, può anche seriamente nuocere all’organismo. Allo stesso modo è fondamentale affidarsi ad un buon esperto di biomeccanica, perché se la postura in bicicletta non è corretta, rischiamo di vanificare gran parte del nostro allenamento.



// Tecnica

il punto critico

L’osservatorio sul mondo delle due ruote. Le novità, le tendenze e le nostre considerazioni su ciò che propone il mercato a cura di Maurizio Coccia

Novità e curiosità dal Down Under

Caschi avveniristici e selle che ritornano: arrivano dalle gare dell’emisfero australe le prime indicazioni del mercato 108

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Come ormai accade da qualche anno è dalle latitudini australiane che arrivano le prime foto delle corse World Tour della stagione. Oltre alle vittorie di Daryl Impey e André Greipel le immagini dal Tour Down Under ci danno allora il modo di scoprire quali sono le novità che i corridori stanno utilizzando in anteprima, novità che, come di solito accade, saranno presumibilmente sul mercato a breve. Ai piedi dei corridori della Sunweb-Giant c’erano ad esempio delle calzature che rappresentano la versione più aggiornata delle Surge, scarpa full-carbon del marchio Giant: il modello in questione utilizza due rotori di chiusura micrometrica


Boa posti nella zona mediana del collo del piede. Sempre di calzature inedite si può parlare a proposito del modello usato da alcuni dei corridori della Bora Hansgrohe: in questo caso i pro hanno calzato quella che con ogni probabilità è la versione più aggiornata del modello di punta del segmento “Shoes” del colosso statunitense, le S-Works Road Shoes. Il nuovo modello utilizza sempre un’architettura di chiusura con un velcro sulla punta e due fibbie Boa sulla parte mediana del collo del piede, ma i due microme-

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novità e-lettrizzanti

trici sono in questo caso diversi da quelli montati sulla versione precedente, apparentemente realizzati in alluminio. Sempre di Specialized e di Bora Hansgrohe occorre parlare a proposito del nuovo casco utilizzato dai rider del team di Peter Sagan. Il nuovo modello visto per la prima volta in Australia dovrebbe essere la nuova versione del famoso Evade, casco aero della Specialized, quello che a giudicare dalle feritoie di ventilazione al centro della calotta dovrebbe essere ancor più areato dell’Evade attualmente in commercio. Ancora nuovi caschi, ma questa volta prodotti dall’italiana Kask, sono gli Utopia calzati dai rider del Team Sky: a dire il vero in questo caso parliamo di una novità già ufficializzata dalla Kask, che a questo suo nuovo modello aero attribuisce un risparmio di sei watt quando si procede a 50 all’ora nel confronto

con i più famosi modelli delle principali aziende concorrenti. Infine, la rassegna di nuovi caschi visti in testa ai pro prosegue con il nuovo Oakley Aro5 della Katusha e della Dimension Data, con l’Abus Aventor della Movistar, e ancora con l’Hjc Furion della Lotto Soudal. Non è un caso che le novità più numerose si concentrino sull’articolo “casco”, perché all’interno della filiera ciclistica evidentemente è questo l’accessorio che ha in sé contenuti tecnologici e standard produttivi meno importanti rispetto a tanti altri; ed è sempre per questo motivo che moltissimi marchi si sono di recente addentrati in questo segmento di mercato.

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IL RILANCIO DELLE SELLE COMPONIBILI Si chiama Repente, è un marchio tutto italiano – di Udine – ed ha rilanciato in grande stile una soluzione tecnologica che a dire il vero non è una novità nel mondo del “pedale”: quella delle selle componibili, o modulari che dir si volgiano. Su questo tipo di sella telaio e rivestimento sono progettati in maniera separata e componibile, per consentire all’utilizzatore di personalizzare tipo e caratteristiche di seduta in base alla “cover” che si va di volta in volta a scegliere. Prima azienda ad utilizzare un sistema di questo tipo fu la italo/ taiwanese Prologo, che una decina di anni fa, con il suo modello Choice, introdusse una sella in cui la cover superiore si fissava al telaio attraverso tre viti, che permettevano all’utente di scegliere tra i due telai disponibili (in carbonio o in acciaio) e tra le diverse cover, differenziate per colore e per tipo di imbottitura. La Choice fu fornita anche ad alcuni team professionistici, che dire il vero non apprezzarono molto il progetto e di conseguenza non gli permisero di fare breccia sul mercato, eclissando in questo modo sul nascere un’idea che invece aveva valide ragioni d’essere. Dieci anni dopo è appunto Repente a proporre qualche cosa di simile: la scommessa dell’azienda friulana è una sella d’altissima gamma, di altissimo valore tecnologico, con il

massimo livello di performance e il minimo peso. La Repente non è solo destinata al professionista, ma in generale al praticante evoluto che ha la possibilità di cambiare le caratteristiche di seduta in base al contesto e alla situazione d’uso, ma tutto questo senza variare la posizione in bici, eliminando il rischio di scompensi muscolari e ovviamente senza dover comprare ogni volta la sella a prezzo intero. Il telaio della Repente è costituito da una “forchetta” in fibra di carbonio su cui è fissata una base, sempre in carbono, a sua volta provvista di tre perni per il fissaggio delle tre cover disponibili: la Aleena per chi cerca la massima leggerezza, la Comptus per chi vuole design e perfomance e infine la Kuma per chi vuole il comfort. Tutte le cover sono intercambiabili velocemente e facilmente. Prezzo? Il kit standard (sella più una cover a scelta) è 318 euro, mentre le cover opzionali sono disponibili a circa 90 euro. Le Repente sono indifferentemente destinate al ciclismo su strada e alla mtb.

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luzioni vecchie che ridiventano nuove e poi nuove che ridiventano di nuovo vecchie… Staremo a vedere.

MERCATO, IN BELGIO LA LEADERSHIP DELLE E-BIKE

TENDENZA MTB: ADDIO ZAINO IDRICO Il mountain-biking oggi? È sempre più “minimal”, sbarazzino ed essenziale. Questo, almeno, è ciò che si direbbe a giudicare da come si vestono i biker di molti stili di riding, in particolare quelli con una estrazione gravity come l’enduro e l’all-mountain. La moda del momento è infatti lasciare a casa il classico zaino idrico, e sistemare tutta l’accessoristica necessaria nei vari alloggiamenti che offrono le maglie, le pettorine o spesso nei vani che oggi prevedono molti telai. Dove mettere

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l’acqua? Anche in questo caso tanti stanno tornando alla cara vecchia borraccia, quella passata di moda qualche anno fa, e che invece oggi è riscoperta da molti biker, o almeno lo è in tutti quei casi in cui il telaio preveda un portabborraccia... Del resto, per chi non fosse provvisto di portabborraccia, la soluzione alternativa che sta spopolando è quella del marsupio idrico, diventato vero e proprio oggetto di culto per molti rider. Un oggetto di culto, appunto, a conferma del fatto che quella in atto è semplicemente una tendenza e una moda, e come tale potrebbe anche tramontare a breve per far spazio a so-

È il Belgio il Paese europeo che guida il mercato continentale delle e-Bike: secondo un recente studio di Velofollies, che è la principale fiera ciclistica belga, le bici a pedalata assistita rappresentano il 45 per cento del volume totale di biciclette vendute nel Pease, con un trend in continua crescita. Le vendite sono peraltro supportate da incentivi fiscali del Governo e dal fatto che ben il 90 per cento dei punti vendita belgi hanno e-bike nei loro showroom. Dopo le e-bike (220000 unità vendute nel 2017) la seconda categoria è quella della city bike “muscolare”, con una quota di mercato del 23.5 %. Numeri del genere, confrontati con quel che accade nel nostro Paese, rendono irrisorio l’incremento di vendite di e-bike registrato di recente da noi: i dati entro i nostri confini (riferiti però al 2016) parlano di 124000 pedelec vendute, con una popolazione totale che però in Italia è sei volte quella belga...


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SCATTO D’AUTORE

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Quarq rilevatori di potenza a cura di Maurizio Coccia

Nuove funzionalità per i dispositivi di Casa Sram: migliorate sia l’accuratezza della rilevazione che l’interfacciabilità con i vari dispositivi digitali 116

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DZERO-RED

Fa un ulteriore passo avanti la tecnologia applicata ai misuratori di potenza di Casa Sram. Ci riferiamo ai prodotti marchiati “Quarq” che - per chi non lo sapesse - è appunto il brand di cui è proprietaria l’azienda della componentistica statunitense, che già da diversi anni sigla con il marchio Quark tutte le guarniture che nello spider portacorone alloggiano dei torsiometri in grado di rilevare il wattaggio puntuale applicato ad ogni colpo di pedalata. INTERFACCE WIRELESS E RILEVAZIONE DELLA POTENZA

QUARK DFOUR 91

Le guarniture DZero sono compatibili sia con il protocollo di comunicazione wireless Bluetooth Low Energy (Ble, a basso consumo energetico), sia Ant+. Per calcolare il wattaggio, lo standard impiegato prevede dei torsiometri applicati direttamente nello spider, ossia l’elemento che interfaccia la pedivella e le corone e che rappresenta la zona che meglio si presta alla rilevazione della forza applicata nel ciclo di pedalata. Inoltre, sulle nuove guarniture DZero sono stati aggiornati anche il design e il software, ancora una volta in direzione di una rilevazione più accurata del wattaggio (lo scarto di precisione massimo nella definizione della potenza è di +/-1.5 per cento). Sempre per garantire la definizione di un dato di potenza accurato, gli articoli della famiglia DZero utilizzano una tecnologia che elimina le potenziali interferenze che potrebbero determinare gli sbalzi di temperatura, al fine di fornite una registrazione costante, in tutte le situazioni metereologiche. A proposito di condizioni meteo: le guarniture DZero sono resistenti all’acqua e sono facilissime da utilizzare, visto che per resettarle è sufficiente pedalare tre volte in senso opposto. Chi, inoltre, volesse sostituire le corone, non si

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troverà obbligato a ricalibrare il sistema. Gli aggiornamenti del software sono gratuiti e tutti i modelli della piattaforma sono alimentati da una comune batteria CR2032, facilissima da sostituire. Le DZero hanno anche una applicazione proprietaria per l’utilizzo, la Qalvine Ble, anche questa nuova e anche questa con funzionalità inedite. Si tratta di un’applicazione che comunica viaBluetooth sia con sistemi iOS che Android; si può gestire anche con qualsiasi smartphone e permette di eseguire, in modo totalmente gratuito e autonomo, la diagnostica e l’aggiornamento del firmware.

I MODELLI

Parlando di guarniture per bici da strada, la linea DZero si apre con la versione Red, che è il modello che vediamo in foto. La Red è direttamente imparentata con il reparto trasmissione omonimo della Sram: troviamo pedivelle in carbonio internamente cavo (tecnologia Exogram) accoppiate a uno spider in alluminio Cnc. Così come per tutte le DZero dedicate alla strada, la pedivella

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è disponibile in cinque lunghezze (165, 170, 172.5, 175 e 177.5 mm), così come la compatibilità è per scatole movimento centrale Gxp, Press Fit Gxp, BB30, Press Fit 30, BBright, BB386 Evo, BB30 e PF30. Il peso? 579 o 559 grammi, a seconda che si consideri la variante con Bcd di 130 o 110 mm. Il prezzo al pubblico è di 929 euro. La rassegna di pedaliere stradistiche DZero prosegue con la Carbon, che ha le medesime caratteristiche della Red, ma che è compatibile con la maggior parte delle corone a 5 bulloni in commercio (escluse le Campagnolo). Prezzo? 895 euro, con peso praticamente uguale a quello della DZero Red Carbon. Come suggerisce il nome la DZero Specialized è invece il prodotto della linea DZero specifico per guarniture Specialized . Il prezzo è di 779 euro, ma ovviamente si riferisce al solo spider portacorone, sui cui sono fissati i torsiometri per la rilevazione della potenza. La DZero Alluminium è invece il modello con pedivelle in lega leggera (alluminio forgiato). Peso leggermente superiore ai modelli in fibra (799 grammi la versio-

ne 130 Bcd, 780 grammi la 110 mm). Ancora, per chi utilizza componentistica di classe Shimano Dura-Ace la proposta di Quark è si chiama DFour 91: è l’esemplare che vediamo in foto, in questo caso il peso è di 594 grammi (versione da 172.5 mm, per scatola movimento Gxp), mentre la compatibilità è solo con componentistica Dura-Ace di classe 9100, cioè quella attualmente in gamma. Il prezzo? 1029 euro. La DZero XX1 è infine la guarnitura dedicata all’omonimo reparto monocorona da mountain bike XX1: le pedivelle in carbonio sono montate sullo spider in alluminio Cnc. Il girobulloni è da 104 mm e il peso del componente è di 511 o di 512 grammi a seconda se si consideri la versione per trasmissioni tradizionali oppure per quelle per carro posteriore Boost. Il prezzo è di 979 euro (oppure 729 euro nel caso si voglia acquistare il solo spider. Produttore: Sram, www.sram.com Distributore per l’Italia: Beltrami Tsa, 0522/307803, info@beltramitsa, www. beltramitsa.it


Team Matteoni

L’allenamento diventa funzionale a cura della redazione

Parola d’ordine: guardare avanti. È lo slogan che, da sempre, accompagna l’attività sportiva del team Matteoni, una delle realtà più dinamiche del mondo ciclo-amatoriale. E proprio con l’obiettivo di fare un nuovo salto di qualità, in vista dell’inizio ufficiale della stagione, è stata siglata un’interessante partnership con il centro Functional Accademy di Elia Venturi. Qui, supportato da macchinari d’avanguardia e seguendo tabelle prestabilite, ogni ciclista può allenarsi in maniera specifica per migliorare funzionalmente ogni singolo segmento corporeo e, dunque, influenzare in maniera virtuosa la totalità del movimento aerobico. Un allenamento

funzionale specifico calibrato per chi ama trascorrere tante ore in sella alla sua bicicletta. “Il classico allenamento invernale del ciclista ormai è stato superato – spiega il preparatore del Team Matteoni Daniel Rocchi – oggi consideriamo il ciclo-amatore come un atleta a 360°. Da qui l’esigenza di colmare le lacune che uno sport specifico come il ciclismo inevitabilmente lascia”. La regola diventa quindi quella di prepararsi tutto l’anno… “Certo, inserendo sempre un training funzionale che alleni la forza, il cuore, gli stabilizzatori, l’allungamento e I’ampiezza dei movimenti”. Qual è l’obiettivo finale? “Garantire uno stimolo efficace che aumenti tutti i parametri da un punto di vista estetico, salutistico e funzionale”. Cosa si intende per “allenamento funzionale”? “Un allenamento facile, veloce e di-

vertente che rivoluzionerà lo stato di salute e le prestazioni atletiche di ogni ciclista, diventando uno stile vita. L’allenamento funzionale è la base della preparazione sportiva e nasce proprio per la sua ottimizzazione”. Ma, in concreto, di cosa si tratta? “Dalla fase di preparazione al gesto finale, il ciclista esegue esercizi funzionali, facendo cioè lavorare una catena cinematica secondo lo scopo per cui si è evoluta”. Vantaggi e obiettivi del functional training? “Come ho già detto, il functional training si può adattare a tutti, uomini e donne, adulti e giovani, atleti e persone non allenate. È perfetto in una fase iniziale di condizionamento, vi tornerà utile nell’allenamento della forza isometrica e sarà fondamentale per avvicinarsi al gesto tecnico man mano che vi avvierete verso la stagione di gare-pedalate”. LIFESTYLE INBICI

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SCATTO D’AUTORE DOLOMITICABRENTABIKE by newspower.it

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CICLOCROSS

a cura di Paolo Mei

I gemellii Braidot Luca e Daniele

Luca Braidot

allungo tricolore All’Ippodromo delle Cappannelle di Roma grande show dei gemelli Braidot. Tra le donne brinda Eva Lechner davanti ad Alice Maria Arzuffi

Il primo fine settimana di gennaio è stato, come già nel 2017, teatro del campionato italiano di Ciclocross. Roma, dopo la parentesi dello scorso anno

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con la prova di Coppa del Mondo ha visto sfilare diverse centinaia di atleti nelle varie categorie per un weekend allungato di alta qualità tecnica. L’organizzazione, affidata all’A.S.D.

Romano Scotti, ha messo a punto un percorso non troppo tecnico, con diversi rilanci e ampie zone “fettucciate”. La competizione assegnava anche il 9° trofeo Romano Scotti, in


Chi è Paolo Mei Paolo Mei, Giornalista sportivo e Speaker ufficiale nel Giro d’Italia

memoria del papà del selezionatore della nazionale italiana di specialità, Fausto Scotti. Veniamo alla vigilia e ai relativi pronostici: a livello maschile l’attesa era davvero tanta, anche se a livello internazionale i nostri Elite non hanno avuto mai vita facile, complici incidenti meccanici, latitanza negli eventi più importanti oltre alla notevole distanza, soprattutto a livello psicologico e tecnico dai vari Van Der Poel e Van Aert, solo per citare i più conosciuti. Fuori dai confini dello stivale il più bravo è stato indubbiamente il “bullo” della Valtellina, Gioele Bertolini. Favori del pronostico che erano alla vigilia proprio per l’agile (e tecnico) esponente della Selle Italia Guerciotti, con le incognite rappresentate in primis dal bronzo olimpico di Londra 2012 (mtb) Marco Aurelio Fontana (Bianchi), dal suo delfino Nadir Colledani, dall’esperto Enrico Franzoi e dai temibili gemelli Luca e Daniele Braidot, forse meno specialisti ma sempre pericolosi.

Al femminile i pronostici erano univoci, ma su due nomi: da una parte Eva Lechner, altoatesina e pluricampionessa italiana in forza al C.S.Esercito (che in Coppa del Mondo corre sotto le insegne del Team Clif). Preparata dall’ex atleta e oggi commentatore tecnico Rai Luca Bramati, Eva arrivava a Roma forte di una solidissima esperienza in Coppa del Mondo con risultati molto buoni. L’altro nome da giocare era quello della lombarda Alice Maria Arzuffi. Grande protagonista anche lei a livello internazionale, con diversi piazzamenti di grande peso, Alice ha impressionato

Il podio Elite: Daniele Braidot, Luca Braidot e Marco Aurelio Fontana

per continuità e tenacia, complice la scelta di trasferirsi in Belgio nel Team dell’ex iridato Bart Wellens e in gara a Roma sotto le insegne delle Fiamme Oro.

Veniamo alle gare. Nella categoria maschile, visto il livello tecnico dei partenti, l’impressione era che sarebbe stato davvero difficile, se non impossibile, attaccare da lontano. Così non è stato. Ma veniamo alla cronaca di gara: 30 i partenti e partenza veloce, con Gioele Bertolini lesto a prendere la testa della corsa e a superare in sella gli ostacoli artificiali, tecnica affinata in coppa del mondo. Un problema alla catena rallentava però il valtellinese e ne rendeva difficile il recupero. Via libera pertanto a un gruppetto di 9 unità, composto da Colledani, Fontana (autore di una

partenza non impeccabile), Cominelli, i gemelli Braidot, i fratelli Samparisi, l’ex iridato Franzoi, la sorpresa Capponi e l’esperto Ponta. Ad un certo punto, nella prima parte di gara, esce dal gruppo un attaccante: è Luca Braidot, ventiseienne goriziano del Centro Sportivo Carabinieri. Uno che non scherza, uno che alle olimpiadi di Rio de Janeiro nel 2016 ha chiuso settimo nella prova vinta da un certo Schurter. Passano i chilometri, passano i giri e Luca rimane al comando solitario con un margine piuttosto rassicurante. Il più attivo, tra gli inseguitori, era proprio Bertolini, rientrato nel gruppetto dopo il salto di catena. L’arrembaggio dell’esponente della Guerciotti però non portava i frutti sperati. Nemmeno una progressione di Fontana riusciva a cambiare le carte in tavola, tanto che il battistrada si

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presentava sul traguardo solitario con un gruzzolo di quasi trenta secondi sul fratello gemello Daniele (entrambi del C.S. Carabinieri) e proprio Fontana, la cui prestazione è stata oscurata da un brutto episodio che ha coinvolto lui stesso e Enrico Franzoi nel finale di gara in un tratto rettilineo. Nella foga della preparazione dello sprint i due si sono toccati e ad avere la peggio è stato il veneto, che giungerà al traguardo, ma sarà poi costretto a oltre venti giorni di riposo forzato a causa di una commozione cerebrale. L’inconveniente ha causato una reazione sui social proprio da parte del “Franzo”, che ha accusato di scorrettezze senza mezzi termini il portacolori della Bian-

chi. Che non corresse buon sangue tra i due era cosa nota, da parte nostra possiamo solo rammaricarci per quanto successo a due dei più talentuosi crossisti degli ultimi 20 anni. Veniamo alla prova femminile. Poche partenti, davvero troppo poche per la massima rassegna nazionale: 8, avete capito bene solo 8 donne elite si sono presentate ai nastri di partenza. Solo in sette chiuderanno la gara che, molto tirata, si è risolta nel finale, con l’altoatesina Eva Lechner che beffava di solo due secondi la sua rivale più accreditata, Alice Maria Arzuffi dopo una lotta spettacolare. Le due hanno regalato emozioni sin dalle prime tornate con un ritmo di gara esasperato.

Agli allunghi di Lechner, Arzuffi ha sempre risposto con grande freschezza, cercando addirittura, nell’ultima parte di staccare l’avversaria. Avversaria che, con grande freddezza e esperienza l’ha dapprima lasciata sfogare, prima di attaccarla in maniera cosi determinata da relegarla in seconda posizione per soli due secondi. Per Eva Lechner è il nono titolo italiano, il settimo consecutivo, a sottolineare la classe e le capacità della biker che quest’anno sembra davvero in grado (insieme alla stessa Arzuffi) di fare un grande mondiale. Al terzo posto ecco l’elbana Alessia Bulleri, capace comunque di mantenere il distacco a livelli accettabili.

CLASSIFICHE Uomini Elite 1 - BRAIDOT Luca - C.S. CARABINIERI 2 - BRAIDOT Daniele - C.S. CARABINIERI 3 - FONTANA Marco Aurelio - BIANCHI COUNTERVAIL 4 - COMINELLI Cristian - PRD SPORT FACTORY TEAM 5 - COLLEDANI Nadir - BIANCHI COUNTERVAIL 6 - FRANZOI Enrico - METALLURGICA VENETA - GT 7 - BERTOLINI Gioele - CENTRO SPORTIVO ESERCITO 8 - SAMPARISI Nicolas D’AMICO - UTENSILNORD 9 - SAMPARISI Lorenzo KTM ALCHEMIST SELLE SMP 10 - CAPPONI Stefano PRO BIKE RIDING TEAM

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Donne Elite 1 - LECHNER Eva - CENTRO SPORTIVO ESERCITO 2 - ARZUFFI Alice Maria - G.S. FIAMME ORO 3 - BULLERI Alessia - TRENTINO CROSS GIANT SMP 4 - BRESCIANI Nicoletta - SCOTT RACING TEAM 5 - MICHIELETTO Giovanna - C.S. LIBERTAS SCORZE 6 - ELENA Leonardi - TRENTINO CROSS GIANT SMP 7 - CAUZ Francesca - SPORTIVI DEL PONTE



// FOCUS SUL SULLE PRODOTTO AZIENDE

Shimano la nuova era delle scarpe da mtb a cura di Roberto Diani

Anche il catalogo 2018 del colosso nipponico presenta una serie importante di novità nei segmenti dedicati alla strada, al mountain-bike e all’explorer La scelta dei materiali, le procedure di realizzazione e la diversificazione delle sagome sono alla base delle scelte tecnologiche che determinano il continuo miglioramento dei vari modelli Shimano. I tecnici giapponesi hanno, via via, sviluppato soluzioni specifiche per ogni tipologia di utilizzo, a partire dal race, passando per il trail riding, l’enduro, il gravity fino al cross mountain senza dimenticare le specificità del biking al femminile. Le scarpe Shimano dispongono di un’ampia scelta di SAGOME in modo da soddisfare le esigenze delle varie strutture morfologiche dei piedi. Prendendo come punto di riferimento la sagoma della scarpa da xc race che troviamo sui modelli XC9 e XC7, che potremmo - per comodità - definire “normale”, Shimano ci offre, già per queste

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due scarpe, una sagoma a pianta larga, che determina un allargamento della punta del 5% e della pianta del 6%. Il modello XC5 da donna ha, invece, una sagoma più stretta con una punta a -3% e una pianta a -5%, in modo da assecondare la diversa morfologia del piede femminile. La stessa maggiorazione della sagoma che prevede il 5% in punta ed il 6% in corrispondenza della pianta lo troviamo, di serie, ad esempio su AM5, XM9 XM7, in funzione dell’aumento dei livelli di comfort e stabilità, consentendo l’utilizzo di dispositivi ortottici personalizzati. Le GR9 e GR7, dedicate specificamente al gravity e a pedali flat, ma anche le MT7, MT5 e MT3 dedicate, tra l’altro, all’emtb, possono contare su volumi della sagoma ancora più importanti: +10% in punta e +8% e +6% in pianta; volumi


che garantiscono superiori livelli di comfort e sostegno in fase sia di pedalata che di camminata. Similarmente le GR7 da donna propongono una sagoma allargata con un +2% in punta, un +3% nella parte centrale della pianta e un 0% nella parte terminale della pianta. Un fattore imprescindibile per una scelta personalizzata della scarpa è l’INDICE DI RIGIDITÀ. Suddiviso in 12 livelli, indica per i livelli superiori la soluzione ideale per i professionisti alla ricerca del massimo livello di trasferimento della potenza grazie all’utilizzo di suole ad alta rigidità in fibra di carbonio e a sottopiedi che massimizzano la stabilità. Il livello massimo è appannaggio solamente del modello RC9 da race road, mentre XC9, il modello dedicato espressamente alle competizioni xc, si attesta all’11° livello in modo di non penalizzare oltremodo la camminata. All’estremo opposto, al livello “3”, troviamo le GR9 e GR7 da uomo e da donna che grazie all’utilizzo di suole più flessibili, predisposte per abbinamento con pedali flat, e sottopiedi più imbottiti, assicurano maggiori livelli di comfort anche in fase di camminata.Appena sopra, al livello “4”, troviamo le nuove MT7, scarpe leggere, dotate di sistema di allacciatura BOA, per utilizzi non specializzati, interessanti per e-biker alla ricerca di calzature di qualità in grado di gestire in modo equilibrato sia la pedalata che la camminata. AM7, la scarpa per competizioni downhill/en-

duro per pedali a sgancio rapido, sale al livello “6”, in conseguenza all’utilizzo di suole specialistiche che, tra l’altro, sono caratterizzate da un’ampia sezione cava che permette una maggiore stabilità anche a scarpa non agganciata.Abbiamo ricevuto da Shimano 4 nuovissime scarpe che sottoporremo, nei prossimi mesi, a intensi test. Si tratta dei modelli AM9, GR7, GR7 Donna e MT7. AM9 è la versione di punta dedicata alle competizioni downhill ed enduro, da abbinare a tacchette SPD, può contare su un Indice di Rigidità pari a 5 e su una sagoma VOLUME TOUR caratterizzata da volumi che lasciano il massimo dello spazio alla pianta e sopratutto alla punta del piede. La sua struttura è realizzata con materiali e tecnologie in grado di assicurare solidità, comfort e protezione. La suola in gomma è realizzata con una mescola morbida e presenta scolpiture più aggressive in punta e sul tallone per aumentare l’aderenza in fase di camminata. La sezione cava che si prolunga ben oltre il centro della suola permette di alloggiare il pedale al suo interno anche quando non agganciato. AM9 è dotata di un pratico sistema di allacciatura rapido e di una linguetta che copre per intero la stringa a protezione dell’intrusione di detriti. La punta del piede è protetta da un puntale sagomato, mentre la tomaia asimmetrica prevede un colletto imbottito rialzato sul lato interno a protezione della caviglia. Il modello AM è decli-

GR7 scarpe da gravity dotate di suola piatta da abbinare a pedali flat, garantiscono superiori livelli di comfort e sostegno in fase di camminata e pedalata

UOMO

GR7

DONNA

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MT7

MT7 carpe di ultima generazione dedicate al trekking ma anche alla e-Bike caratterizzate dal sistema di chiusura BOA; la sagoma allargata assicura tutta la comodità necessarria anche in fase di camminata

nato in tre versioni: AM9 (155,99€), AM7 (129,99) e AM5 (89,99€). Il peso, per la singola scarpa di taglia 42, è pari a 400 g. GR7 E GR7 DONNA sono scarpe dedicate al gravity da abbinare a pedali flat. L’indice di Rigidità è pari a 3 e la sagoma è, al pari del modello precedente, nella versione “Volume Tour”. Pertanto, anche grazie alla suola in gomma Michelin, possiamo contare sul massimo comfort in fase di camminata. Il puntale anatomico protegge le dita mentre il collare in tessuto mesh elastico assicura una protezione aggiuntiva contro i detriti. Il peso è pari a 366 g (taglia 42) e 320 g per la versione Donna (taglia 39). Il prezzo è fissato in 129,99€. MT7 è una scarpa da cicloturismo e trekking,

AM9

AM9 Versione di punta dedicata espressamente alle competizioni dowhill e enduro da abbinare a pedali SPD 128

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che si fa apprezzare anche da e-Biker. È caratterizzata dalla sistema di chiusura BOA, che consente una microregolazione rapida e sicura, e da una suola con tacco in evidenza. L’Indice di Rigidità pari a 4 e la sagoma “Volume Tour” completano un quadro caratterizzato da grande versatilità. Il peso è pari a 376 g (taglia 42) ed il prezzo è fissato in 129,99€. La linea MT, oltre alla novità 2018 rappresentata dalla nostra MT7, prevede altre due versioni: MT5 (99,99€) e MT3 (84,99€).



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SCATTO D’AUTORE GIOELE BERTOLINI by Bettiniphoto

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// L’ATLETA DEL MESE

Michele Casagrande

il fuoristrada ha un nuovo talento Veneto, estroverso e simpaticissimo, Campione Europeo nel Team Relay a Mosca nel 2012, quest’anno difenderà i colori del rinnovato Team Trek Selle San Marco a cura di Paolo Mei

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Chi è Paolo Mei Paolo Mei, Giornalista sportivo e speaker ufficiale del Giro D’Italia

Michele, la sua stagione 2017 si è chiusa molto tardi, complice il passaggio al nuovo Team e alla conseguente partecipazione ad una massacrante gara a tappe in Brasile. Ha “iniziato” a fine stagione insomma. Che voto diamo all’ultima stagione? Il mio 2017 non è stato particolarmente esaltante: dopo un buon inizio, nel mese di maggio a causa di una caduta ho perso un po’ di tempo, faticando ad entrare in forma. Per questo sono stato costretto a saltare le prime due prove di Coppa del mondo XCO. Mi sono ripreso nel finale di stagione con qualche buon piazzamento in gare internazionali e con la bella esperienza alla Brasil ride. Ad essere sincero non sono riuscito a raggiungere alcuni obiettivi che mi ero prefissato ad inizio anno, quindi in una scala da uno a dieci mi potrei assegnare non più di un sei e mezzo! Suo padre è stato un amatore di alto livello nella MTB. La sua compagna Serena Calvetti (campionessa italiana Elite) è, a sua volta, figlia di uno degli amatori più forti al mondo degli anni 90/2000. Insomma la Mountain Bike è di casa. Perché un ragazzino dovrebbe fare questo sport? La risposta è molto semplice: perché questo è uno sport meraviglioso. Ci sono tanti buoni motivi per praticare la mountain bike: stare a contatto con la natura, conoscere persone nuove, divertirsi con gli amici negli allenamenti facendo salti, discese tecniche e molto altro ancora. E poi come altri sport, insegna lo spirito di sacrificio. Come detto, lei ha cambiato squadra approdando alla Trek Selle San Marco. Perché questo cambiamento? Il team Trek Selle San Marco è una delle squadre più prestigiose, non solo a livello nazionale, ed avere l’opportunità, dopo alcuni anni, di far

parte di un team così organizzato mi riempie di fiducia e motivazione per questo 2018. Che ambiente ha trovato in casa TREK? Ho avuto occasione di “entrare” in squadra già ad ottobre con le trasferte alla Roc d’Azur e alla Brasil Ride, dove ho potuto conoscere meglio lo staff e i miei nuovi compagni di squadra. All’inizio mi è sembrato strano non dover far altro che pensare alla gara. Lo staff è impeccabile, non mi fa mancare nulla, i miei compagni di squadra sono simpatici ma sanno essere seri quando serve, e poi c’è il “Righe” (Andrea Righettini) con cui ho un rapporto bellissimo ed essere nella stessa squadra è semplicemente il top! Miglior risultato in carriera, guardando le statistiche, pare essere l’europeo a squadre a Mosca, nel 2012. È passato tanto tempo, cosa

le rimane di quel giorno? Sì diciamo che quello, ancora oggi, resta il mio migliore risultato; sarebbe ora di fare un aggiornamento delle statistiche perché sono passati quasi 6 anni! La cosa che ricordo maggiormente di quel giorno è il momento in cui l’ultimo frazionista (Luca Braidot) è sbucato dalla curva con la bandiera tricolore in mano. In quell’istante è esplosa tutta la nostra gioia! A livello individuale invece svettano tre podi ai campionati italiani, secondo nel 2012 a Lugagnano, terzo nel 2011 a Pejo e nel 2016 a Courmayeur. A quale è più legato? Sono tre risultati per me molto importanti ma il podio più bello sicuramente è quello del 2016 a Courmayeur perché è arrivato dopo un anno difficile. Nel settembre 2015 sono stato operato alla spalla per togliere un osteoblastoma nella LIFESTYLE INBICI

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Christophe Bortels

scapola sinistra. Ho faticato tutta la prima parte di stagione, ma ho lavorato duramente ogni giorno per tornare competitivo e quel podio è stato incredibile! A proposito di Lugagnano, solo Fontana ha messo le ruote davanti. È più grande la felicità per l’argento o la delusione per il tricolore mancato? La felicità per l’argento è stata molta anche perché, come tanti ricordano, Marco quell’anno ha conquistato il podio a Londra e batterlo non era sicuramente un’impresa facile, ma come spesso mi capita, non parto mai battuto e ci ho provato anche quel giorno. Ha vinto semplicemente perché quel giorno è stato più forte. A livello internazionale ad oggi mancano squilli importanti. Ma forse in Repubblica Ceca poteva andare diversamente se non fosse stato per un giudice... Nelle gare internazionali mi sono difeso abbastanza bene ma quando si va in coppa del mondo la “musica” cambia, il livello è altissimo ed arrivare nei 10 è molto difficile. Non cerco scuse, ma partire con un pettorale alto e non avere una squadra che ti supporta a dovere, a quei livelli, è pe134

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nalizzante. L’episodio della squalifica (Casagrande a causa di un errore di un giudice UCI venne scambiato per un corridore reo di aver commesso una scorrettezza) mi è costato almeno una top 20, però poi ho avuto altre chance per fare risultato e, ahimè, non l’ho fatto. Ha mai pensato di riuscire a partecipare ai Giochi Olimpici? I giochi Olimpici sono il sogno più grande di qualsiasi atleta, a dire il vero non ci sono andato neanche troppo lontano nel 2012 quando ero riserva. Quella è stata l’ unica volta che sono stato ad un passo dai Giochi, certo che obiettivamente non sarà facile avere un’altra occasione. L’impressione è che Casagrande, dotato di talento e di giornate di forma stratosferiche, abbia raccolto meno di quello che prometteva, o sbagliamo? Non è semplice rispondere. Il mio pregio sicuramente non è la regolarità di risultati però, quando mentalmente sto bene, riesco ad essere concentrato per tutta la stagione. Probabilmente ho raccolto meno di quanto volevo, comunque spero che il 2018 sia la stagione buona per recuperare terreno.

L’ingresso nella Trek Selle San Marco va letto come la deposizione delle armi per quanto riguarda l’XCO e relativo impegno nelle gare più lunghe oppure il progetto è diverso? Sicuramente da questo 2018 mi dedicherò quasi esclusivamente alle lunghe distanze e alle gare a tappe. Tuttavia qualche XCO interessante lo farò ancora, a cominciare dalla prima tappa di coppa del mondo in Sud Africa: difficile lasciare il primo amore! La gara preferita, intesa come genere di percorso, e quella che mal digerisce? La gara preferita per me è senza alcun dubbio la tappa di coppa del mondo di Nove Mesto Morave. Lì il percorso è stupendo e ci sono migliaia di persone a fare il tifo. Quella invece che non digerisco è la gara di Nalles, non tanto per il percorso, che apprezzo, quanto per il fatto che non ho mai azzeccato la giornata in quella gara. Obiettivo per il 2018? Fare una bella Absa Cape Epic e partecipare al campionato del mondo di Auronzo di Cadore nella mia terra, il Veneto.


Smp4Bike Accessories Stop a schizzi e fango con “Fan-Go” !

Selle SMP è un’azienda dinamica e moderna, costantemente attenta alle tendenze del mercato in continua evoluzione, quindi in grado di interpretare prontamente i desideri dei consumatori. L’accessorio “Fan-Go” nasce proprio come scelta commerciale in grado di cogliere e anticipare i mutamenti del mercato. Basti pensare all’espansio-

ne delle bici All Mountain, Enduro e delle E-bike, che allargano il bacino d’utenza delle bici da fuoristrada in cui l’aspetto race è lasciato in secondo piano per godersi la natura. Il simpatico nome, “Fan-Go”, non è altro che l’acronimo di parafango: Un parafango intelligente studiato SOLO per le Selle SMP per proteggere il soprasella e la parte inferiore della schiena dal fango e dagli schizzi della ruota. La particolarità di Fan-Go sta nel montaggo e smontaggio che si effettua in un attimo, sotto alla sella, senza alcun attrezzo. E per gli esteti della bike, Fan-Go (pesa solo 24 g) può essere portato in una borsa o in tasca e usato solo all’occorrenza. Fan-go non è compatibile con i seguenti modelli SMP4Bike: TRK Medium, TRK Medium Gel, TRK Large, TRK Large Gel, Martin Touring, Martin Touring Gel, Martin Fitness, E-Bike Medium, E-Bike Large, Well Junior, Carbon, Carbon Lite, Full Carbon, Full Carbon Lite e tutte le versioni Triathlon.

È un accessorio 100% Made in Italy, creato in esclusiva da SMP. Disponibile nei punti vendita Smp LIFESTYLE INBICI

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// INTERNAZIONALI D’ITALIA // ITINERARI

B Nella campagna toscana un antico rudere di pietra è diventato un moderno resort. E i nomi delle camere ricordano i trionfi ciclistici del titolare: Andrea Tafi. I sei appartamenti, finemente arredati e dotati di tutti i comfort, hanno i nomi delle corse che ha vinto in carriera: Giro delle Fiandre, Parigi-Roubaix, Parigi - Bruxelles, Rochester Classic, Parigi Tour e Giro di Lombardia. Perché Andrea Tafi, malgrado abbia appeso la bicicletta al chiodo ormai da una dozzina d’anni, quei trionfi non li ha mai dimenticati. E così ha deciso di marchiare a fuoco la sua ultima fatica imprenditoriale: “Il Borghetto”,

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“Il Borghetto”

Relax tra querce e olivi l’agriturismo ai piedi delle colline di Montalbano che da qualche anno gestisce con la famiglia. La struttura ricettiva, che si trova incastonata nel villaggio di Lamporecchio, tra gli ulivi e le querci del più tipico paesaggio toscano, è il regno dell’ospitalità, il luogo ideale per chi ama una vacanza in simbiosi con la natura. “Il Borghetto” è attraversato da un piccolo torrente - “Le Gorgole” - che divide il podere in due: da un lato domina il Comune di Lamporecchio, dove si trovano le costruzioni, e dall’altro il Comune di Larciano. Le tre abitazioni nascono da un vecchio mulino del 1600, con fienile e capanna molto uniti tra loro: “Era da molto tempo che ero alla ricerca di un rudere per attrezzarlo ad Agriturismo - spiega Tafi - e un giorno, passando da quelle parti, ho notato ‘a stento’, avvolto da masse di pruni, un piccolo

borghetto di case di pietra diroccate. È bastata una rapida occhiata per capire che quello poteva essere il luogo dove realizzare i miei sogni”. Un “valore aggiunto” de “Il Borghetto” è ovviamente la tipica cucina toscana con i suoi pregiatissimi oli extra vergine di oliva ed i vini Chianti Docg di Montalbano. La struttura, ovviamente, può essere definita bike-friendly, perché al suo interno offre l’intero campionario di servizi che un ciclista si aspetta. Ed anche la zona circostante, con tante stradine immerse nella campagna toscana, è l’ideale per corroboranti pedalate, ma anche per chi cerca tracciati tecnicamente più impegnativi. Il Borghetto si trova a confinare con il Castello Medievale di Larciano, una fortificazione utilizzata dai pistoiesi


nel medioevo come torre di avvistamento. A pochi passi dall’azienda turistica si trova la Grotta Giusti (dal nome del famoso poeta Giuseppe Giusti), prestigioso resort termale che dispone di un esclusivo centro spa dove è possibile effettuare trattamenti termali (fanghi, vasca ozono, inalazioni aereosol), trattamenti estetici e piscina termale terapeutica per bagni caldi anche d’inverno. Rinomata anche la sua splendida grotta naturale per un rilassante e disintossicante bagno di vapore. E per i fashion-addict giova ricordare che la zona di Pistoia è una piccola “capitale della moda” con i suoi famosi outlet (PRADA, FENDI, DOLCE E GABBANA, HOGAN ed altre firme prestigiose). Per chi invece ama l’arte e l’artigianato, tappa obbligata negli stabilimenti delle ceramiche di Montelupo Fiorentino.

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SCATTO D’AUTORE VALDINON BIKE by newspower.it

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// LUOGHI INTORNO A NOI

a cura di Eleonora Pomponi Coletti

I believe I can Fly

on bike! IL TEAM

Il progetto “Fly” (“Volare” – nello sport e nella vita) è nato nel 2013 da un’idea di Marco Lucini, Luca Maria Lucini e Andrea Pirovano. Il progetto, ispirato dall’esperienza di vita di Andrea Pirovano, giovane ciclista affetto da diabete mellito 1 (patologia che si sviluppa in età giovanile), nasce con una nobile finalità: affrontare la tematica del diabete nello sport. Così, per dimostrare che 140

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Un bike-club, un team e il suo messaggio.

Dalla nobile idea di un gruppo di amici un progetto a sostegno degli atleti affetti da diabete

con una malattia di questo tipo si può convivere senza porsi limiti, lui e i suoi soci fondano una squadra composta da nove atleti, tre dei quali affetti appunto da diabete. L’obiettivo è diffondere un importante messaggio: il diabete, anche se considerato malattia invalidante, può essere controllato, soprattutto grazie allo sport, e può diventare uno strumento che insegna ai ragazzi a superare gli ostacoli, nello sport come nella vita, con più determinazione.

La squadra fa il suo esordio nella categoria Élite Under 23, supportata da un’equipe medica specializzata a sostegno degli atleti in grado di monitorare, soprattutto in quelli diabetici, i valori sia durante l’attività che a riposo. Fly incontra così nel colosso farmaceutico Sanofi il primo grande alleato; l’azienda, leader nel settore, infatti, s’innamora del progetto e decide di iniziare a sostenerlo concretamente. Solo nel 2015 parte, però, l’idea di iniziare a praticare cicloturismo, grazie all’incontro tra Luca e Amedeo, che sono oggi le due


persone che trovate ad accompagnare i turisti nei dintorni del lago. Amedeo Tabini, classe 1990, arriva al ciclismo dal mondo del calcio e ci arriva per caso, da adolescente, nell’intento di condividere del tempo col padre, ex calciatore professionista che aveva iniziato ad andare in bicicletta. Inizia il suo “nuovo” sport con grande entusiasmo e tutti si rendono subito conto che è bravo. Per questo lo spingono a fare le cose un po’ più sul serio; inizia così a correre tra gli Juniores (Arianna Rimor prima e Amore&Vita poi) in Toscana. Un approccio diverso al mondo dei pedali per Luca, classe ’91, che invece la passione per la bici l’ha avuta fin da bambino; all’età di 9 anni inizia a correre nei giovanissimi fino ad arrivare agli Under 23. Inizio diverso, ma epilogo comune. Nel 2015 s’incontrano. Luca aveva già smesso di correre e a Amedeo serviva una squadra con cui affrontare l’ultima stagione; il loro primo approccio dunque è da atleta a fine carriera per uno e da manager per l’altro.Arriva il momento del ritiro anche per Amedeo ma la passione per la bici è talmente forte per entrambi che decidono di intraprendere il filone del cicloturismo. IL BIKE-CLUB L’intuizione giusta arriva nel 2016; la Regione Lombardia inizia a puntare sempre di più sulla “vacanza attiva” e, nello specifico, sul turismo in bicicletta, ed è

nel comune di Merone (Co) che nasce il bike-club ed il progetto Fly Cycling Holidays, che mantiene il nome Fly perché comunque continua ad andare di pari passo con il Fly Cycling Team, entrambi oggi al terzo anno di vita. La bici è il mezzo più ecologico che c’è ed è nell’eco-frazione di Baggero dove Fly crea la sua base logistica, inaugurando nel 2017 il bike-club. La nuova realtà si trova in un punto di passaggio di una vasta rete di percorsi ciclopedonali e, all’interno del locale, vengono offerti i servizi di noleggio, riparazione e ristorazione. La zona si presta ad una sosta media di tre giorni, ma vengono offerte quattro diverse tipologie di pacchetto:

il “single day” per chi vuole godersi una giornata nei dintorni del lago, avendo la possibilità di scegliere tra 12 percorsi; il “fast” per chi abbia intenzione di rimanere tre giorni; il pacchetto “slim”, della durata di quattro giorni fino ad arrivare alla formula “all inclusive” della durata di una settimana. I pacchetti includono tutta l’organizzazione: dai trasferimenti aeroportuali, agli hotel (grazie anche alla sinergia ormai consolidata con l’Hotel Il Corazziere), al noleggio di bici fino all’equipaggiamento. Nati per il ciclismo su strada, essendo situati in una zona che si presta molto all’off-road, organizzano pacchetti della durata di tre/quattro ore dedicati soprattutto alle famiglie. Lo sviluppo squadra è andato appunto sempre di pari passo con il progetto del cicloturismo; quando si dice che credere nei propri progetti, insistere nella loro realizzazione paga, è vero. Fino a questo momento portare avanti il discorso dell’attività sportiva ad alto livello per i ragazzi con il diabete di tipo 1 ha permesso a questo giovanissimo team di essere presente a tutte le manifestazioni più importanti; questo 2018 però ha messo sul loro cammino un traguardo in più, essere presenti al Giro d’Italia; un grande traguardo che è un punto di partenza ancora più grande. (per info www.flycyclingholidays.it)

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Trentino Mtb

SETTE BELLEZZE SUI PEDALI a cura della redazione

La Partenza della 3TBIKE 2017

Riparte il circuito più spettacolare dell’estate. Si parte il 6 maggio con la tradizionale “ValdiNon Bike” di Cavareno e si finisce ad agosto inoltrato con la “3TBIKE” Trentino MTB riparte a pieno regime nel 2018 con sette magnifiche prove tutte da vivere, con il challenge ad aver aperto le iscrizioni già ad inizio anno. La prima tappa sarà come consuetudine la “ValdiNon Bike” di Cavareno del 6 maggio, che regalerà una sontuosa cavalcata nella “terra delle mele” nonesa. Confermata come seconda tappa la “Passo Buole Xtreme”

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dopo gli applausi riscossi nella scorsa stagione da new entry, che si disputerà il 20 maggio ad Ala. Contest “100 Km dei Forti” fra le fortificazioni della Grande Guerra domenica 10 giugno a Lavarone, mentre la “Dolomitica Brenta Bike” al cospetto delle Dolomiti di Brenta si svolgerà il 1° luglio a Pinzolo. Trittico ‘da paura’ per la conclusione del challenge, con “Val di Sole Marathon” come quinta prova il 15 luglio a Malè,

la storica “Vecia Ferovia dela Val de Fiemme” da Ora a Molina di Fiemme il 5 agosto e “3TBIKE” apoteosi conclusiva il 26 agosto. Tutte le sfide verranno anticipate dalle gare “Mini” per i giovani delle ruote grasse, ad eccezione della Mini 3TBike che si svilupperà il 15 agosto a Telve Valsugana. Al momento dell’iscrizione al challenge si dovranno indicare sull’apposita scheda le gare a cui si intende partecipare, compresa


la scelta dei percorsi (Classic – Marathon), altrimenti si verrà inseriti automaticamente nel tracciato più breve, il tutto entro e non oltre il 4 maggio. Ma Trentino MTB non offre solamente sette manifestazioni uniche nel loro genere, con cui i bikers potranno mettersi alla prova dai primi giorni di maggio a fine agosto, ma anche sette località spettacolari nel cuore del Trentino. La Val di Non, che darà vita alla “ValdiNon Bike”, è celebre per la produzione di mele, per la vividezza dei colori e per paesaggi che in primavera sono a dir poco affascinanti, per questo molti bikers, anche d’élite, scelgono gli sterrati nonesi per tornare in sella dopo il lungo break invernale. Dalla “terra delle mele” all’antico borgo alense di origine romana, crocevia di commerci e zone ricche di storia per essere state teatro degli scontri della Grande Guerra, ‘scontri’ ora fortunatamente solo sportivi grazie a Trentino MTB e alla “Passo Buole Xtreme” di Ala, che rappresenterà la naturale continuazione del challenge. Ruote grasse protagoniste anche alla “100 Km dei Forti” di Lavarone, l’off-road cimbro metterà in bella mostra alcune fortificazioni austroungariche perfettamente conservate, una zona imponente e boschiva per bikers “forti” come il nome della gara. Ed i più tosti potranno completare anche il “1000Grobbe Bike Challenge”, composto dal percorso classic della 100 Km

Atleti impegnati alla ValdiNon Bike credit foto Newspower

dei Forti valevole per Trentino MTB e dalle gare del weekend “Lavarone Bike” e “Nosellari Bike”. Gli scenari dolomitici si fanno sempre più imponenti e alla “Dolomitica Brenta Bike” la sensazione di trovarsi in montagna a respirare aria pulita si farà più forte che mai, tra Pinzolo e Madonna di Campiglio per la quarta prova di Trentino MTB sugli sterrati che “guardano” le Dolomiti di Brenta. Una “Dolomitica” che si sdoppierà portando due spettacolari percorsi, e questa è una delle tante novità della prossima stagione. Luglio sempre più ‘caldo’ alla “Val di Sole Marathon” di Malè, una prova prelibata dal punto di vista tecnico, che lo scorso anno fu Campionato Italiano Marathon ed elesse Juri Ragnoli e Maria Cristina Nisi come re e regina delle ruote grasse in Italia. Da una prova prestigiosa ad una

classica, fra Ora e Molina di Fiemme, la leggendaria “La Vecia Ferovia dela Val de Fiemme”, la quale porterà a competere alcuni fra i migliori atleti d’Italia in una perfetta commistione fra vecchio e nuovo che regalerà certamente spunti interessanti. In Valsugana una “3TBIKE” ricca di novità ed anch’essa con due percorsi, fungerà nuovamente da chiusura di una stagione più competitiva che mai.

Le iscrizioni sono a disposizione dei bikers alle cifre cumulative (e comprensive di prima griglia di partenza) di 180 euro anziché 215 euro per le sette gare, 160 euro anziché 194 euro per competere in sei tappe, e 140 euro anziché 154 euro per cinque delle sette prove, tutte tariffe comprensive di gadget.

Immagini della Passo Buole Xtreme

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// CICLOTURISMO

Trentino Alto Adige,

La precedenza

ai ciclisti a cura della redazione

Il Trentino è la capitale del turismo eco-sostenibile, dove i bikers sono sempre i benvenuti. Dalle Dolomiti al Lago di Garda, alla scoperta di quattrocento chilometri di pista ciclabile naturale

Il Trentino è la capitale del turismo eco-sostenibile, dove i bikers sono sempre i benvenuti. Dalle Dolomiti al Lago di Garda, alla scoperta di quattrocento chilometri di pista ciclabile naturale Una cultura bike-friendly, dove il ciclo-turista si sente sempre a suo agio. Un territorio da sempre accogliente per la cosiddetta “utenza debole” in virtù di una segnaletica ben curata, percorsi 144

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adatti anche alle famiglie con bambini e “bicigrill” disseminati lungo la strada dove sorseggiare un caffè, gustarsi uno snack o controllare la pressione delle gomme. E ovviamente dei paesaggi da cartolina dovunque si posi lo sguardo. Sono questi gli ingredienti della via trentina al turismo eco-sostenibile, un percorso riservato ai turisti su due ruote che si snoda per oltre quattrocento chilometri e che permette di attraversare tutta la regione sui pedali, dalla città di Trento a quella di Rovereto, dalle Dolomiti di Brenta Patrimonio Unesco al Lago di Garda. Gli itinerari sono studiati per asse-

condare tutte le esigenze. Dalla salita mitica percorribile con bici da strada o mountain bike che si inerpica sulle pendici del Monte Bondone dedicata alla memoria di Charly Gaul alla pista ciclabile che attraversa la Valle dei Laghi qui trovano il loro “habitat naturale” sia il ciclista esperto che cerca la salita impegnativa sia il neofita che vuole semplicemente godersi una corroborante passeggiata con il vento fra i capelli. Si pedala fra i campi di mele o fra i vigneti, nei centri urbani o lungo i boschi, in riva ai laghi o costeggiando l’Adige, su percorsi il cui grado di difficoltà è ben segnalato dai cartelli che aiutano il ciclista ad orientarsi e a capire se le difficoltà da affrontare sono eccessive o adeguate. Tanti tracciati, con mille caratteristiche differenti, ma accomunati da un’unica peculiarità: permettono di vivere questa esperienza in totale sicurezza. E se la stanchezza accumulata dovesse essere eccessiva tornare al punto di partenza non sarà un problema grazie alla fitta rete di trasporti pubblici che consente, ovunque vi troviate, di trasportare le biciclette con facilità.


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