iNBiCi magazine anno 9 – 07 Luglio/Agosto 2017

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Anno IX n°4 • luglio - agosto 2017

Trento, Monte Bondone, Valle dei Laghi

7-8-9 Luglio 2017

PEDALARE

NELLA TERRA DEI

CAMPIONI





Giro d’Italia 2017 - Photo by Bettiniphoto


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L’INTERVISTA

EMILIANO BORGNA

L’ANNO DELLA SVOLTA Granfondo Colnago -Desenzano del Garda

A cura della Redazione

Sicurezza, turismo, partnership e cultura dello sport: al giro di boa della stagione, il Responsabile Nazionale Borgna tasta il polso al mondo del ciclismo amatoriale

“L

e Granfondo sono destinate ad una selezione naturale: resisteranno solo quelle manifestazioni con elevati standard organizzativi”. Dal suo osservatorio privilegiato, Emiliano Borgna (Responsabile Nazionale Acsi Ciclismo) manda un messaggio chiaro agli “organizzatori improvvisati, quelli - dice - che hanno messo in piedi eventi ciclistici con l’unico obiettivo di realizzare facili profitti. Il ciclismo che promuoviamo noi, invece, è diverso e mi pare che la gente stia cominciando a capirlo”. Ed in effetti, i numeri danno ampiamente

ragione a Borgna che, in questi anni (non facili) di mandato, ha saputo traghettare il movimento ciclistico amatoriale verso una nuova dimensione, quella della “sicurezza per tutti”, del ciclismo “a misura di famiglia”, della promozione del settore femminile, dello sport inteso come aggregazione e non come contesa estrema avvinta solo al risultato: “Tutto parte dall’educazione allo sport - ricorda - ecco perché accolgo sempre con grande piacere quelle manifestazioni che, tra i loro eventi collaterali, inseriscono anche iniziative legate all’infanzia. Noi che abbiamo incarichi di responsabilità ai vertici

dello sport amatoriale, abbiamo il dovere di pensare alle nuove generazioni”. Sarà per questo che, in pochi anni, gli appuntamenti che si corrono sotto l’egida dell’Acsi sono quasi raddoppiati: “Collaboriamo con gli organizzatori 365 giorni l’anno - ricorda il numero uno di Acsi - offrendo la nostra consulenza e la nostra rete di contatti per cercare di migliorare, sotto ogni punto di vista, l’organizzazione degli eventi. Un ente di promozione, del resto, non può limitarsi a dare soltanto il proprio patrocinio; ma deve sempre essere un collaboratore propositivo e dinamico”. Le manifestazioni


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Emiliano Borgna - Responsabile Nazionale Acsi settore Ciclismo

Una immagine della partenza Granfondo Fara Sabina circuito Pedalatuim

ciclistiche, come certificano i numeri, sono sempre più legate al turismo. Un binomio virtuoso a cui Borgna tiene in modo particolare: “L’esempio più lungimirante in questo senso - dice - può essere la ‘Via del Sale’ che, in un periodo di bassa stagione, porta ogni anno a Cervia circa 25mila presenze. E’ un dato significativo che non si improvvisa ma che si costruisce anno dopo anno con un intenso lavoro di promozione”. E l’appello di Borgna, in questo senso, è sempre lo

stesso: “Cari organizzatori, oltre agli atleti, pensate anche alle loro famiglie”. Già, perché “la formula con i ritorni più interessanti - ricorda - è quella degli eventi collaterali”. E qui l’avvocato cita l’esempio del Colnago Cycling Festival, “una tre giorni di eventi che vanno ben al di là di una corsa in bicicletta”. Unico neo di una stagione ciclistica esaltante, il tema trasversale della sicurezza. Troppi lutti sulle strade, troppi incidenti con vittime ciclisti: “Il problema - dice - è che in

gara puoi lavorare sui pericoli, arginando i rischi, ma durante gli allenamenti, tutto dipende dall’educazione e dal senso civico degli utenti della strada. L’appello va rivolto certamente agli automobilisti, ma anche ai ciclisti che, in ogni occasione, devono mantenere condotte prudenti. E un segnale lo attendiamo anche dal legislatore che, con una piccola variazione al codice della strada, potrebbe tutelare in maniera più efficace la cosiddetta utenza debole”.


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L’INTERVISTA

a cura di Mario Pugliese

L’EDITORIALE

a cura di Maurizio Rocchi

L’OPINIONE DI WLADIMIR BELLI a cura di Mario Pugliese

COLNAGO V2-R

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IL PUNTO DI VISTA

SICUREZZA IN PRIMO PIANO a cura di Silvano Antonelli

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COME NUTRIRSI

a cura del Dr. Alexander Bertuccioli


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Giro d’Italia 2017 - Opera d’arte by Bettiniphoto


REGALATI UN POSTO IN

PRIMA FILA

La stagione del ciclismo, dai professionisti agli amatori, è a metà del guado. Consegnato agli archivi il Giro d’Italia del centenario (il primo vinto da un olandese), i riflettori adesso sono tutti puntati sul Tour de France, dove la speranza è vedere ai Campi Elisi la fresca maglia tricolore di Aru tingersi di giallo. Tra gli Amatori, invece, dopo la Nove Colli, l’attenzione si sposta in alta quota, sulla dodicesima edizione de “La leggendaria Charly Gaul” che, sotto l’egida dell’UCI, decreterà anche il vincitore dell’InBici Top Challenge. Comunque vada, malgrado i capricci del meteo (costati l’annullamento della Gavia - Mortirolo), la seconda edizione del circuito granfondistico andrà in archivio sotto la voce “grandi successi”, confermando la validità della formula, la qualità delle gare selezionate e la risposta entusiasta di sponsor e atleti. Restando sul ciclismo amatoriale, da non perdere su questo numero l’intervista al delegato nazionale Acsi Emiliano Borgna che, spigolando tra sicurezza e turismo, regala riflessioni come al solito molto interessanti sul futuro della disciplina. Una disciplina mirabilmente raccontata anche dal CosmoBike Show di Verona che ha già iniziato il suo conto alla rovescia e si appresta ad organizzare un’altra edizione memorabile. Insomma, il 2017 ha già regalato tante emozioni, ma molte altre sono dietro l’angolo. InBici, con il suo staff di collaboratori, vi accompagnerà fino all’ultimo chilometro, continuando a raccontarvi, con competenza e passione, le pagine più esaltanti di questo meraviglioso sport. E allora, da Parigi al Monte Bondone, continuate a seguirci con l’abituale affetto. Perché i lettori di InBici hanno sempre un posto in prima fila. Maurizio Rocchi



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COSMOBIKE SHOW 2017

CICLOTURISMO,

TRA BUSINESS ED ECO-SOSTENIBILITÀ

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ossono essere bici gravel, mountain bike, ebike e city bike. Ognuna di queste tipologie di biciclette diventa la compagna ideale per trascorrere una vacanza all’insegna della natura e del benessere. Perché andare in bici fa bene sia all’ambiente sia alla nostra salute. A CosmoBike Show, in Fiera a Verona dal 15 al 18 settembre 2017, torna per il terzo anno consecutivo CosmoBike Tourism, area speciale dedicata al mondo del turismo in bicicletta. Il cicloturismo genera in Europa un indotto economico di 44 miliardi, con 2 milioni di viaggi e 20 milioni di pernottamenti, secondo le rilevazioni dell’Enit. In Italia ha un valore potenziale di 3,2 miliardi, e sta crescendo ad un ritmo costante. Una stima della Fiab (Federazione italiana amici della bicicletta) calcola che una persona che va in bici per una giornata ed effettua un pernottamento vale 80 euro

di spesa. Una pista ciclabile può costare fino a 400 euro al metro, ma studi internazionali dimostrano che ogni euro investito in questo settore ne restituisce 4 o 5 alla collettività in meno di tre anni. “Il turismo in Italia è un’industria con un ampio potenziale di sviluppo. Per questa ragione, in molte delle rassegne di proprietà di Veronafiere, le diverse forme di turismo sostenibile trovano un ambito di promozione internazionale qualificato: dall’enoturismo all’agriturismo, dalle ippovie al moto-turismo fino al bike tourism – sottolinea il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani -. Le fiere, e quella di Verona in particolare, dimostrano di essere un asset importante per incrementare i flussi turistici in arrivo nel nostro paese e favorire la conoscenza del territorio e di quello che in esso si produce e vi è di bello e buono, dal punto di vista culturale, ambientale ed enogastronomico”. Cosmo-

Bike Tourism rappresenta un appuntamento importante per enti, alberghi, consorzi di promozione, per promuovere al grande pubblico le eccellenze dei propri territori oltre alle opportunità per una vacanza in bicicletta. Per Giovanni Malcotti, General Coordinator della DMO Valle Camonica, “il cicloturismo rappresenta un segmento che permette di destagionalizzare i flussi, allungando la stagione turistica nei mesi storicamente meno frequentati, di attirare anche il mercato straniero e di assicurare al territorio un ritorno economico capillare in grado nel contempo di rivitalizzare anche i piccoli centri attraversati. Ultimo ma non meno importante il cicloturismo rappresenta una tipologia di turismo rispettoso l’ambiente, che si inserisce perfettamente all’interno dei programmi di tutela del patrimonio ambientale, rafforzandoli. CosmoBike Show rappresenta un’opportunità per proporre il


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A cura della Redazione

La vacanza sui pedali genera in Europa un indotto economico di 44 miliardi, con 2 milioni di viaggi e 20 milioni di pernottamenti. In Italia ha un valore potenziale di 3,2 miliardi di euro. Ecco perché, a Verona dal 15 al 18 settembre, la più importante fiera al mondo sul ciclismo dedicherà al settore un’intera area espositiva

territorio agli appassionati delle due ruote, invitandoli a scoprire la Valle Camonica, la Valle dei Segni attraverso il nostro catalogo Bike che racchiude alcune proposte di itinerario da approfondire online, le strutture ricettive strutturate per accogliere i turisti che viaggiano con la bicicletta e guide e servizi vari necessari per rispondere al meglio alle esigenze di questo tipo di clientela.” Anche l’Umbria sta continuando con le iniziative per conquistare il turista delle due ruote: “Il cicloturismo, insieme ai cammini e ad altre forme di turismo slow – spiega Rolando Fioriti, presidente del Consorzio Umbria&Bike - costituiscono un asset fondamentale per lo sviluppo turistico dell’Umbria. Dopo aver realizzato la ciclovia Assisi-Spoleto-Norcia, che ha portato alla vittoria dell’Italian Green Road Award nel 2015, l’Umbria sta portando a compimento una serie di altri itinerari di lunga percorrenza che contribuiscono ad accrescere l’im-

magine bike friendly del territorio. Abbiamo deciso di partecipare a CosmoBike Show – continua Fioriti - perché, rispetto ad alcuni anni fa in cui il cicloturismo riguardava quasi esclusivamente turisti stranieri, il mercato italiano in questo settore è fortemente in crescita e quindi vogliamo far conoscere i nostri pacchetti d’eccellenza e i nostri servizi a tutti coloro che possono essere interessati a organizzare una vacanza in bici in Umbria, destinazione ideale per ogni tipologia di ciclista, dalle famiglie ai bikers esperti, grazie alla varietà del suo territorio. CosmoBike Show, inoltre, sarà anche un’ottima opportunità per promuovere gli eventi che il consorzio organizza nel 2017 e 2018 nell’ambito del progetto Bike around Umbria, che propone un mix tra cicloturismo ed enogastronomia”. Anche per CosmoBike Show 2017, Il Premio Italian Green Road Award, organizzato da Viagginbici.com eCosmoBike Show e che assegna gli Oscar del cicloturismo nazionale, ha destato per il secondo anno consecutivo, l’interesse di aziende che si impegnano costantemente a favore della mobilità alternativa come

Bosch eBike Systems e Betonrossi, che insieme promuovono la bicicletta quale mezzo di trasporto sostenibile . Tra le “aziende” leader nel fornire e costruire infrastrutture ciclabili, conferma la propria presenza a CosmoBike Show, il Tirolo: “Presenteremo la vasta gamma di opportunità che il Tirolo offre agli appassionati di ciclismo. Inoltre assisteremo i visitatori nel programmare la vacanza ideale. L’amante degli sport da montagna in cerca di avventura, ma anche le famiglie che cercano attività divertenti per grandi e piccini, in Tirolo trovano 5.600 km di percorsi MTB, 3.800 km per Road Bike, 230 km di single track per DownHill” – dichiara Denise Krug, Marketing Assistant di Tirol Werbung. “Puntiamo molto anche a fornire percorsi e servizi per l’eBike: con una rete di ciclabili interconnesse di oltre 1.000 km, 89 stazioni per l’affitto di bici elettriche e 77 punti di ricarica e sostituzione batterie, garantiamo un servizio ottimale. E per chi volesse acquisire una formazione tecnica rispetto all’uso della bici, le numerose Bike Academy del Tirolo vi invitano ad allenarvi con guide e insegnanti professionisti”.


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LA LEGGENDARIA

CHARLY GAUL

Dal 7 al 9 luglio a Trento si rinnova l’omaggio all’Angelo della Montagna

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er fascino e prestigio, è uno degli eventi più attesi del calendario ciclistico amatoriale. Parliamo della 12ª edizione de “La Leggendaria Charly Gaul – UCI Gran Fondo World Series”, in programma dal 7 al 9 luglio a Trento. Teatro delle manifestazioni saranno le vie della città tridentina e i percorsi che culmineranno sul Monte Bondone, l’erta che rese celebre Charly Gaul, ma i partecipanti si divertiranno anche nelle altre sfide come la cronometro di Cavedine fra gli splendidi scenari della Valle dei Laghi, o respirando la storia ciclistica salendo in sella assieme a Francesco Moser ne “La Moserissima” nella giornata di sabato, che in serata verrà inoltre arricchita da un nuovo appuntamento per gli amanti dello scatto fisso. La Leggendaria Charly Gaul collabora, da sempre, anche con iniziative a scopo sociale e da molti anni lega il proprio nome alla ricerca sulla fibrosi cistica. Infine, nell’anno della 12ᵃ edizione, la Fondazione Museo storico del Trentino e l’APT Trento, Monte Bondone, Valle dei Laghi promuovono con il sostegno della Fondazione Caritro una nuova produzione televisiva con un format in 10 puntate sulla storia del Monte Bondone e sulla sua funivia. Il programma verrà trasmesso in questo mese su History Lab, canale tematico dedicato alla storia della Fondazione Museo storico del Trentino in onda sul 602 del digitale terrestre, e verrà reso disponibile sul canale YouTube dell’APT Trento, Monte Bondone, Valle dei Laghi. L’APT Trento, Monte Bondone, Valle dei Laghi è impegnata da anni nella promozione del territorio del Monte Bondone con iniziative rivolte sia alla popolazione della montagna sia agli abitanti della città di Trento.




Criterium du Dauphine 2017 - Photo by Bettiniphoto


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L’OPINIONE DI WLADIMIR BELLI

ARU E MOSCON ACUTI DA TENORI L’urlo di Fabio Aru, nuovo campione Italiano su strada

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abio Aru, grande assente all’ultimo Giro d’Italia, ha vinto per distacco il campionato italiano professionisti di Ivrea. Al secondo posto, staccato di 40’’, si è piazzato Diego Ulissi, che ha regolato in volata il gruppetto degli inseguitori. Al terzo posto Rinaldo Nocentini. Nella corsa contro il tempo, invece, la maglia tricolore è andata a Gianni Moscon, che ha superato Fabio Fellini e Manuel Quinziato. Elisa Longo Borghini ha invece vinto il titolo nazionale élite e si è laureata

Campionessa italiana in linea, bissando il successo di qualche giorno prima nella prova a cronometro.Sul percorso di 111km con partenza da Leinì e arrivo ad Ivrea, battute Giorgia Bronzini e Soraya Paladini. L’analisi delle corse tricolori affidate ad un opinionista d’eccezione, l’ex professionista Wladimir Belli. Wladimir, si aspettava il successo di Moscon a cronometro? “Onestamente no, ma è un risultato che, soprattutto in prospettiva, ha un grande valore per il nostro ciclismo.

Vincere al 2° anno un titolo italiano non è facile e dimostra che stiamo parlando di un corridore con enormi potenzialità. Sappiamo tutti delle difficoltà che i corridori italiani incontrano, ormai da diversi anni, nelle grandi classiche, dove non solo non riusciamo a vincere, ma addirittura fatichiamo a piazzare qualche atleta nei primi dieci. Ebbene, dopo il tricolore di Ivrea, sono sempre più convinto che Moscon possa diventare il corridore capace di spezzare il digiuno italiano nelle grandi corse di un giorno”.


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Chi è Wladimir Belli Ex ciclista professionista e commentatore per il ciclismo di Eurosport Gianni Moscon campione Italiano a cronometro - Photo by Bettiniphoto

A cura di Mario Pugliese

L’analisi di Wladimir Belli: “L’impresa di Fabio ha un valore anche in prospettiva Tour, Gianni invece ha dimostrato di essere il giovane italiano più accreditato per vincere le classiche del futuro”

Peccato per quella brutta storia sul razzismo… “Non voglio minimizzare, perché il fatto è grave e, come tale, va punito. Però bisognerebbe anche capire che, in una situazione di forte stress, la reazione nervosa è sempre possibile, soprattutto per un corridore che, a 23 anni, non può essere sempre lucido e riflessivo. Detto questo, conosco Moscon e so perfettamente che certe derive razziste non gli appartengono assolutamente. E’ stata una brutta reazione dovuta ad uno scatto di nervosismo, tutto qua”.

Un po’ come accade a lei nel Giro d’Italia del 2001 con quell’ormai celebre pugno rifilato al tifoso? “Sì, in effetti qualche analogia c’è. Anche io in quell’occasione agii in un momento di forte stress emotivo. Sono reazioni sbagliate, ma umane, gesti di cui ti penti immediatamente. E’ stato così per me e sono sicuro che la stessa cosa è accaduta a Gianni”. Fabio Aru, invece, ha centrato una bella impresa… “Un’impresa che dimostra una condizione psicofisica ottimale, altrimenti - su una salita così morbida - non riesci a fare quella selezione. Sono doppiamente contento per questa vittoria perché Fabio, oltre ad essere un talento eccezionale, è anche una persona splendida. La dedica a Scarponi, sincera e sentita, è stata davvero toccante”. Il successo di Ivrea può rilanciare anche le sue quotazioni in chiave Tour de France? “Il podio mi pare assolutamente alla sua portata, ma per il successo finale, forse

non è ancora arrivato il suo momento”. In che senso? “Spero davvero di sbagliarmi, ma credo che Fabio abbia ancora bisogno di un paio di anni di esperienza per portare a casa una corsa come il Tour. Lui è molto cresciuto in questi anni, ma secondo me non è ancora al top della sua maturazione”. Davvero impossibile dunque vederlo in giallo a Parigi? “Mah, in realtà qualche chance c’è perché il Froome del Delfinato non mi ha convinto e al Quintana del Giro qualcosa ancora manca. Per altro, il percorso sicuramente sembra disegnato per lui. Insomma, vedo una Grand Boucle aperta nei pronostici e mi auguro che Fabio, da outsider, diventi un serio pretendente alla vittoria finale”. In campo femminile, a Ivrea, dominio di Elisa Longo Borghini… “E’ ormai una realtà del nostro ciclismo, un’atleta abituata alla vittoria. Parliamo di una campionessa al top della condizione, dunque per il futuro è lecito aspettarsi grandi cose da lei”.


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ANTICIPAZIONI 2018

COLNAGO V2-R IL FUTURO È GIÀ COMINCIATO Ernesto Colnago presenta alla stampa la nuova Colnago V2R

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l bello è sempre opinabile, ci mancherebbe, ma oggettivamente la nuova “fiamma” che Ernesto Colnago ha presentato di persona lo scorso giugno nel centro di Milano è davvero una bici che cattura l’attenzione per l’eleganza e per il suo invidiabile appeal estetico. Questo soprattutto se si considera la colorazione rosso opaco che vediamo proposta in edizione limitata (soli cento pezzi). La bici in questione si chiama V2-r e per i fedelissimi del marchio di Cambiago sarà facile riconoscere in questa sigla l’evoluzione del precedente modello V1-r, introdotto in gamma nel 2014 e prima incur-

sione di Colnago in quel segmento che oggi è l’approdo obbligato per i grandi produttori: aero-bike. Significa che il modello di cui parliamo mette l’aerodinamica in cima ai suoi ordini di priorità tecnici. In realtà, nell’interpretazione di Colnago, la riduzione della resistenza all’aria era accoppiata anche ad elevati livelli di leggerezza (telaio da 835 grammi). Si tratta di caratteristiche che rimangono sostanzialmente confermate anche per questa più aggiornata versione V2-r, che rispetto alla prima, però, propone varianti tecniche di puro restyling e soprattutto incrementa in modo sostanziale i valori di rigidità laterale, migliorati del 13 e del 4 per cento

rispettivamente per quel che riguarda i comparti di movimento centrale e tubo di sterzo. Come è facile immaginare la V2-r è una bici top di gamma: condivide il vertice dalla linea Colnago con la Concept - che esalta in modo ancor più netto i valori di aerodinamica - e poi con la C-60 - che rimane fedele alla costruzione con tubi in carbonio uniti con congiunzioni e che continua ad essere la scelta più gettonata dai professionisti. A proposito di professionisti: al Tour de France partito in questi giorni da Dusseldorf alcuni corridori del team sponsorizzato UAE Emirates hanno subito deciso di salire in sella alla nuova V2-r, eleggendola a loro bici preferita.


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Foto 1 - Elegantissimo il fissaggio del reggisella, è a espansione interna

A cura di Maurizio Coccia

Un mix equilibrato tra aerodinamica e leggerezza, con un livello di rigidità nettamente migliorato rispetto alla versione precedente e un appeal estetico di livello assoluto. La versione più aggiornata della V1-R offre nuove forme nei tubi, soluzioni tecnologiche avanzate e un’architettura dei cablaggi avveniristica

Le specifiche tecniche Il nuovo telaio V2-r si allinea al trend dominante nell’industria di settore che vuole linee del telaio sempre più “pulite”: primi responsabili in questo senso sono l’elegante architettura di fissaggio del reggisella (anche questo dedicato) che, al posto del classico collarino, si affida ora ad un sistema di bloccaggio ad espansione interna (FOTO 1), cui si accede tramite una vite a scomparsa posta sulla parte superiore del tubo superiore. Il reggisella è anche esso diventato più slim e snello rispetto al precedente, ottenendo in questo modo un look più pulito, una migliore resa aerodinamica (minore resistenza frontale offerta all’aria) e mag-

Foto 2 - Il passacavo sul tubo diagonale veicola i cavi integrati

giore flessibilità in senso verticale, così da garantire maggiore comfort a chi è in sella. Sempre diretto ad abbellire il tutto è l’impiego di un passacavo nella zona superiore del

tubo diagonale (FOTO 2), che veicola i cavi integrati (che siano essi del freno e della trasmissione meccanica oppure elettronica). La differenza più evidente rispetto al model-


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Foto 3 - I freni hanno un innesto direct, a doppio perno

lo precedente è però il ritorno del freno posteriore alla sua posizione classica, fissato sul “ponticello” dei foderi obliqui (FOTO 3) e non più sotto la scatola movimento come accadeva sulla V1-r: a condurre Colnago verso questa scelta hanno concorso motivazioni pratiche (maggiore difficoltà nell’accesso alla regolazione dei corpi freno) e tecniche (limitazione nell’utilizzo di taluni misuratori di potenza). Per essere precisi l’innesto dei freni è di tipo direct, cioè con doppio perno, così da avere la massima potenza propria di questo standard frenante e non da ultimo per adeguarsi al passaggio ruota più ampio che ha ora la V2-r, che ora può ospitare coperture con sezione fino alla 28 millimetri. Questo discorso è ovviamente valido sia per i foderi posteriori che per i foderi forcella. Precisiamo che la diversa tipologia di fissaggio del freno posteriore ha comportato un certo aggravio di peso sul telaio finito: solo 25 grammi, cioè praticamente nulla rispetto a quel che la nuova V2-r guadagna in rigidità laterale. Le migliorie strutturali sono essenzialmente ascrivibili a un nuovo lay-up dei fogli di carbonio nello stampo, delle nuove forme dei tubi e della nuova morfologia della zona sterzo, anche questo con un design “a coda tronca” per allinearsi al family-feeling di buona parte delle tubazioni di questo frame-set. Geometria, versioni, montaggi Il telaio V2-r nasce da uno standard di costruzione monoscocca ed è proposto in otto taglie, dalla 42 alla 58, tutte con l’impostazione moderatamente sloping che caratterizzava anche le medesime taglie precedenti. Rispetto a queste, però, il tubo sterzo ha subìto una contrazione in altezza di 5 millimetri (FOTO 4), ma questo semplicemente per compensare l’analogo innalzamento della testa forcella, funzionale a incrementare la “luce” utile al passaggio di coperture generose. Oltre al rosso opaco, in versione limitata sono disponibili altre quattro colorazioni, tutte con nero e bianco come colori dominanti; tutte quante si possono montare a scelta scegliendo tra i reparti trasmissione di Casa Campagnolo, Shimano e Sram. Infine, oltre alla versione standard la V2-R è proposta anche nella variante Disc, con freni a disco con innesto flat-mount, battuta posteriore da 142 mm e perni passanti da 12 mm di diametro. La V2-r è già disponibile sul mercato. I prezzi del kit telaio (telaio, forcella e reggisella) sono di 3100 euro per la versione standard, 3300 euro per la versione Disc. Contatti: Colnago Ernesto e C. srl. info@colnago.com

Foto 4 - Il tubo sterzo è leggermente più compatto rispetto alla vecchia V1-R


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Chi è Riccardo Magrini Ex ciclista professionista, dirigente sportivo e commentatore per il ciclismo di Eurosport

L’OCCHIO DI MAGRINI

PER IL TOUR HO PUNTATO

10 EURO

SU QUINTANA

Nairo Quintana - Photo by Bettiniphoto

A cura di Mario Pugliese

“Froome va considerato ancora il favorito numero uno, anche se questa Grand Boucle possono vincerla in tanti. Non vedo i francesi in giallo a Parigi, terrei d’occhio Valverde e Porte. La logica mi spinge verso Nairo, ma spero nella cabala e dico Aru”.

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iccardo Magrini, secondo il Ct Cassani questo Tour potrebbe regalare ai corridori italiani più soddisfazioni rispetto all’ultimo Giro, sei d’accordo? “Assolutamente sì. Al Giro abbiamo vinto solo una tappa, mentre alla Gran Boucle penso che si possa fare decisamente meglio. Tra Ulissi, Fellini ed Aru, credo che almeno due o tre vittorie siano alla portata”. A proposito di Aru, lo vedi pronto per vincere il Tour? “Sulla carta è una corsa molto più aperta rispetto agli anni passati con tanti candidati autorevoli. Tra questi, anche e soprattutto per il tipo di tracciato, ci metto ovviamente anche il nostro Aru. Del resto, l’ultimo italiano a vincere il Tour (Nibali, ndr) indossava la maglia di campione italiano, proprio come Fabio. E secondo me, nello sport, la cabala ha il suo peso”. Froome avviato verso uno storico tris? “A rigor di logica dico di sì, perché ha

una squadra formidabile che, al Tour, fa sempre la differenza. Però i miei 10 euro quest’anno li ho puntati su Quintana”. Malgrado le incertezze dell’ultimo Giro? “Sì perché quello non era il vero Nairo. Anche fisicamente, alla presentazione di Dusseldorf, ho visto tutto un altro corridore”. Sembra, sportivamente parlando, l’anno dei “vecchietti”: il ritorno di Federer e Nadal, le parate di Buffon, i continui exploit di Valentino Rossi… che possa essere il Tour di Contador? “E’ un grande campione e, come tale, va sempre rispettato, ma se dovessi indicare un ‘vecchietto’, allora per questo Tour punterei su Valverde, uno che non molla mai”. I francesi quest’anno hanno disegnato il tracciato pensando soprattutto ai loro atleti… “Vero, ma non so se basterà. Ho qualche dubbio su Thibaut Pinot così come su Bardet. Entrambi, per carità, hanno le loro

possibilità e se le giocheranno fino in fondo, ma onestamente non li vedo in giallo a Parigi”. Altri corridori da tener d’occhio? “Senza dubbio Richie Porte, annunciato in ottima condizione, uno che tra i primi può sempre arrivarci”. Un Tour dunque apertissimo nei pronostici… “Sì perché ogni squadra ha un suo credibile corridore di classifica e dunque il lotto dei pretendenti, rispetto al passato, è molto più ampio. Non mi stupirei se finisse come all’ultimo Giro d’Italia con quattro atleti ancora in lizza fino a Milano…”. Peccato allora per l’assenza di Doumulin… “Per la verità, con appena 36 chilometri di cronometro, non credo che l’olandese avrebbe potuto fare granché. Al Giro ha costruito il suo successo nelle corse contro il tempo, ma questo tour non è disegnato per i cronoman”.


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ULTIMO CHILOMETRO

DUMOULIN IL CICLISMO HA UNA NUOVA STELLA Tom Dumoulin protagonista e vincitore del Giro d’Italia 2017 - Photo by Bettiniphoto

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om Dumoulin è stato il vero “arbitro” del Giro d’Italia 2017. Nel bene e nel male. E’ stato colui che lo ha dominato, ma anche colui che lo ha riaperto con un errore. Non un problema tattico, non una giornata storta, ma un problema alimentare, che è sfociato nel clamoroso episodio della tappa di Bormio, quando si è dovuto fermare a bordo strada nel bel mezzo dell’ultima salita per poter assolvere ai suoi bisogni fisiologici. Fino a quel momento l’olandese era stato il vero padrone del Giro. Poi il problema, il pit-stop fisiologico e i minuti accumulati. Non tantissimi, in realtà, se si pensa che quando Dumoulin è risalito in sella non ha più perso tantissimo tempo. La domanda però sorge spontanea: si tratta di un problema che era possibile evitare? A dare la risposta ci ha pensato proprio la Farfalla di Maastricht, in una dichiarazione rilasciata nella conferenza stampa dopo la tappa di Ortisei: “Io e il mio staff stiamo lavorando per risolvere il problema. Abbiamo capito cosa dobbiamo fare per

evitarlo e ci lavoreremo su”. E’ una risposta che non convince o, almeno, non del tutto. Quando un corridore deve partire per il Giro d’Italia la prima cosa alla quale deve prestare la massima attenzione è proprio l’alimentazione. Le squadre più importanti, come la Sunweb viaggiano su dei bus super attrezzati che permettono alle squadre di essere autosufficienti per settimane: all’interno non mancano le derrate alimentari, oltre a tutto l’occorrente tecnico per poter affrontare le corse. Insomma, non sappiamo bene se Tom Dumoulin abbia avuto quel grosso inconveniente in diretta tv e a pochi chilometri dall’arrivo della tappa di Bormio per aver mangiato qualcosa di sbagliato o per la sua intolleranza ai gel (a questo proposito, se non riesce a digerirli bene, perché li prende?), fatto sta che quell’episodio avrebbe potuto cambiare in tutto e per tutto una storia che - almeno fino ad Oropa - sembrava già scritta. Proprio nell’arrivo in salita che aveva consacrato Marco Pantani nel 1999, Dumoulin aveva dimostrato al mondo

intero che avrebbe potuto tranquillamente dominare il Giro d’Italia del centenario. Ma del resto non è un caso che, già nell’arrivo in salita del Blockhaus, il vincitore di quella tappa, Nairo Quintana, disse apertamente che “Dumoulin in salita è stato impressionante, anche se non ha vinto”. L’episodio di Bormio ha riaperto la classifica, ma diciamo la verità: se lui e la squadra avessero prestato maggiore attenzione all’alimentazione, non sarebbe stato un Giro d’Italia aperto e incerto fino all’ultima tappa, come non si era mai visto nella storia della corsa rosa. Dumoulin non ha mai avuto un momento di incertezza: ha semplicemente avuto questo problema fisiologico, ma nessun avversario è mai riuscito a metterlo seriamente alle corde. A cronometro ha distrutto gli avversari, in salita si è gestito egregiamente. Senza dubbio il Giro d’Italia è stato vinto dal corridore più forte, soprattutto se pensiamo che la sua squadra non è stata proprio all’altezza di una grande corsa come il Giro. Particolarmente grave è stato l’errore tatti-


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Chi è Carlo Gugliotta Giornalista sportivo e scrittore, esperto del mondo ciclistico in particolare legato al ciclocross, disciplina per la quale ha scritto il libro ” pedalare nel fango” Inoltre è conduttore del programma radiofonico Ultimo Chilometro sulla web radio Bike Live.

Il colombiano Nairo Quintana

A cura di Carlo Gugliotta

Più forte dei problemi intestinali, al Giro d’Italia è stato il dominatore incontrastato tanto che qualcuno lo indica tra i possibili favoriti anche al Tour. Lui, come al solito, si nasconde, ma la “Farfalla di Maastricht” ha tutto per centrare lo storico bis La Maglia Rosa impone il suo ritmo nelle fasi salienti del Giro d’Italia

co fatto nella tappa di Asiago quando, sul Monte Grappa, Quintana e Vincenzo Nibali hanno attaccato l’olandese che in quel momento si ritrovava nelle retrovie del gruppo. La Sunweb, quindi, ha commesso tanti errori, ma alla fine Dumoulin è stato molto più forte di tutte queste leggerezze. Chissà, forse il prossimo anno non vedremo più l’olandese presentarsi ai microfoni dei giornalisti mentre mangia una bella macedonia fresca subito dopo il traguardo, magari la sostituirà con un bel piatto di riso in bianco. Anche perché adesso è chiaro che Dumoulin, dopo aver conquistato il Giro, vorrà provare ad ottenere la vittoria alla Vuelta, che gli è sfuggita nel 2015 proprio a causa di uno di questi problemi. Quell’anno dovette alzare bandiera bianca contro Fabio Aru; adesso, se vuole riprovare l’assalto alla corsa spagnola, deve sistemare questi problemi, che dovevano essere già stati risolti durante lo scorso inverno, visto che al Tour de France 2016 Tom si fermò in un camper di un tifoso a fare i propri bisogni. Il Giro d’Italia 2017 ha

consegnato e consacrato al grande pubblico un autentico campione, un corridore che - dati alla mano - potrebbe tranquillamente concorrere con Chris Froome, Richie Porte, Alberto Contador e tanti altri nella conquista del Tour de France. Il fatto che pochi giorni dopo la conquista della maglia rosa abbia anche firmato un prolungamento del contratto con la sua squadra lascia capire che il corridore vuole essere al centro di un progetto che lo possa portare a conquistare tutte le più importanti corse a tappe. Vedremo se dopo il Tour de France la squadra olandese si muoverà sul mercato: fatto sta che il “pezzo da 90” lo ha già in casa. La cosa più bella vista in questo Giro d’Italia è stata proprio la calma di Dumoulin: anche nei momenti di maggiore crisi ha sempre ostentato una tranquillità olimpica, anche dopo la corsa. “Non sono il più forte, ma ho sicuramente dimostrato di non essere tanto lontano da loro”, ha affermato dopo una tappa, con un pizzico di falsa modestia. Chissà se la Farfalla di Maastricht indovinerà il pro-

nostico sul Tour de France. Durante la grande festa che si è svolta in Olanda per festeggiare il primo corridore dei Paesi Bassi che è riuscito a trionfare nella storia della corsa rosa, Dumoulin ha affermato: “Il Tour de France? Per me lo vince Richie Porte”. E nel frattempo i suoi tifosi già immaginano duelli sulle salite più importanti del mondo tra lui e l’australiano della BMC Racing Team. Il pronostico di Tom va contro la “vulgata” comune, che vede Froome possibile vincitore - sareibe la quarta volta - della corsa francese. Ed effettivamente anche i segnali del Delfinato non ci hanno mostrato un keniano bianco in condizione perfetta. Fatto sta che il Team Sky - e Froome - al Tour non sono mai andati in crisi e hanno sempre mostrato una supremazia fuori dal comune. Aspettiamo il Tour e aspettiamo anche la Vuelta per rivedere di nuovo Tom: chissà se riuscirà a compiere l’impresa di vincere due grandi corse a tappe nello stesso anno. I numeri sono dalla sua parte: i tifosi hanno trovato un nuovo idolo, un nuovo personaggio da ammirare.


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LA LEGGENDARIA CHARLY GAUL

NEL CUORE DELLA LEGGENDA Atleti sulle strade della La Leggendaria Charly Gaul - Photo by A. Russolo

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luglio, come avviene ormai da dodici anni, si rinnova il rito della Gran Fondo Charly Gaul che, come tradizione impone, vivrà il suo momento clou sulla salita del monte Mondone, diciotto chilometri, 1485 metri di dislivello, trentotto tornanti, pendenza media dell’8,9% con punte massime del 17%. Su questa erta leggendaria - in un giugno infernale di 61 anni fa - si celebrò l’impresa memorabile dello scalatore Charly Gaul che, avvolto dal nailon e col viso stravolto dal gelo, dopo 242 chilometri di sofferenze, tagliò il traguardo che lo consacrerà, per sempre, nell’olimpo dei grandi dello sport. Il lussemburghese - recitano le cronache

di allora - concluse la 21ª tappa del Giro d’Italia (partita da Merano) con otto minuti di vantaggio sul secondo classificato, in uno stato di semicongelamento. Mentre oltre la metà dei partenti si ritirò, lui continuò a pedalare nella bufera, conquistando la tappa, la maglia rosa e il Giro d’Italia. E quel giorno nacque la leggenda dell’Angelo della Montagna. Ancora oggi il fascino di rivivere quelle storiche gesta ed effettuare la scalata sul ‘massiccio’ trentino è rimasto immutato, ed il Monte Bondone tornerà ad essere protagonista con la dodicesima edizione de “La Leggendaria Charly Gaul”, dal 7 al 9 luglio, in un caledeiscopio d’iniziative ed appuntamenti sul pedale. Oltre alle collaudate cronometro di Cave-

dine (TN) di venerdì 7 luglio, “La Moserissima” di sabato 8 luglio e “La Leggendaria Charly Gaul” di domenica 9 luglio, ci sarà anche una spettacolare sfida a scatto fisso, prevista anch’essa per la giornata di sabato: una competizione “da urlo” che arricchirà il già folto programma di APT Trento, Monte Bondone, Valle dei Laghi ed Asd Charly Gaul Internazionale, come sempre in prima linea quando si tratta di esaltare la bellezza delle due ruote e gli scenari paesaggistici del Trentino. I percorsi della manifestazione - organizzata da Asd Charly Gaul Internazionale e da APT Trento, Monte Bondone, Valle dei Laghi - dedicata al famoso scalatore lussemburghese saranno un ‘granfondo’ ed un ‘mediofondo’, rispettivamente di 141


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A cura della Redazione

Dal 7 al 9 luglio si celebra la 12ª edizione della Gran Fondo dedicata all’Angelo della Montagna. Dall’impresa sul Monte Bondone alla commovente rievocazione del 2005, storia di un evento che, spigolando tra mito e realtà, va ben oltre i confini dello sport

km e 4000 metri di dislivello e di 57 km e 2000 metri di dislivello, entrambi con partenza da Piazza Duomo a Trento ed arrivo ai 1654 metri di quota di Vason, al culmine del Monte Bondone. Si tratta di un tracciato tecnicamente molto impegnativo per ciclisti temprati alla fatica, a loro agio in salita, ma competitivi anche come passisti. Un percorso completo e poliedrico che ha sempre premiato atleti di grande valore. “Leggendari” sono anche i circuiti di cui la manifestazione fa parte: oltre al più importante circuito internazionale per master e cicloamatori, infatti, “La Leggendaria Charly Gaul” è gara anche dell’Alpe Adria Tour, di Alé Challenge e di InBici Top Challenge, i quali selezionano le sfide

I ciclisti del La Leggendaria Charly Gaul tra i vigneti trentini - Photo by Newspower.it

granfondistiche più importanti del Belpaese. Quest’anno, come detto, l’evento festeggerà dodici anni di ‘onorata carriera’ e, ancora una volta, sarà l’unico appuntamento nostrano dell’UCI Gran Fondo World Series, che assegna le partecipazioni al Campionato del Mondo amatori e master. Quella della Gran Fondo trentina è una storia di cuore e di passione nata nel 2005, quando Charly Gaul giunse sul Monte Bondone per l’intitolazione a suo nome della famosa salita di Vason. In quell’occasione un giornalista lussemburghese propose di rievocarne l’eroismo con un raduno internazionale di cicloamatori. L’idea piacque e così l’anno successivo l’APT Trento, Monte Bondone, Valle dei Laghi diede vita a “La Leggendaria Charly Gaul”. In quell’occasione l’Angelo della Montagna era apparso stanco, provato dalla malattia che due mesi dopo lo spegnerà per sempre: ma ugualmente aveva voluto tenere fede alla promessa fatta. Accompagnato dai familiari, che sapevano quanto ci tenesse, quella sul Bondone fu una delle ultime apparizioni pubbliche di Charly Gaul. Una giornata all’insegna del ricordo e della commozione che visibil-

mente l’aveva colto quanto gli erano state mostrate le rare immagini dalla cineteca RAI della storica tappa. Momenti che resteranno impressi per sempre nella memoria dei trentini e che, da soli, condensano il significato di un evento che va ben oltre il significato sportivo. Sfide leggendarie meritano un capo altrettanto leggendario da indossare, per questo il comitato organizzatore offre come consuetudine la possibilità di acquistare la maglia tecnica della dodicesima edizione, un capo che “pare un dipinto” e che raffigura corridori in bicicletta su di uno spettacolare sfondo azzurro. Tre giorni di spettacolo meritano anche un alloggio confortevole, per questo il team dell’APT Trento, Monte Bondone, Valle dei Laghi ed ASD Charly Gaul Internazionale serve su un piatto d’argento comode strutture in cui alloggiare, situate fra i luoghi “cult” di Trento e dintorni, fra città, montagna e bacini lacustri, e a tariffe competitive come le avvincenti prove sulla bicicletta, rintracciabili al sito web della manifestazione. Info: www.laleggendariacharlygaul.it



Giro d’Italia 2017 - Photo by Bettiniphoto


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ELDA VERONES

UN EVENTO SEMPRE PIÙ GRANDE Elda Verones* - Direttrice dell’APT Trento Monte Bondone Valle dei Laghi - Photo by D. Mosna

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arola d’ordine: crescere e migliorare. Uno schema ben impresso nel genoma della direttrice dell’APT Elda Verones, cuore e cervello de “La Leggendaria Charly Gaul”, la professionista che, più di tutti, ha creduto nell’evento trentino, vincendo la scommessa contro chi riteneva che, in montagna, l’unico format degno di promozione fosse quello della neve: “E invece - dice con un pizzico di orgoglio - la granfondo si sta sempre più affermando anche come un’opportunità turistica di grande rilievo. Non a caso, sono cresciute le prenotazioni negli alberghi ed anche il settore extra-ricettivo, nel weekend dell’evento e non solo, comincia a godere di benefici significativi”. Merito di una manifestazione che, anno dopo anno, è cresciuta nei numeri e nella qualità: “Parlerei - dice - di una crescita complessiva dell’evento che, benché abbia una chiara connotazione sportiva, anche grazie ad una serie di sinergie, oggi ha una valenza anche culturale”. E allora, vediamole le novità di questa edi-

zione: “In primis - spiega Elda - abbiamo stretto una partnership con l’Eroica Ciclo Club, creando anche un secondo percorso caratterizzato prevalentemente da tratti sterrati. Si è deciso, insomma, di intercettare la moda del ciclismo vintage che, negli ultimi anni, ha conquistato fette di praticanti sempre più ampie. Per farlo, ci siamo affidati semplicemente ai più bravi, a Francesco Moser in primis e agli Eroici che, da tempo, si occupano dell’allestimento di questo genere di eventi. Su loro consiglio, per altro, abbiamo organizzato anche una ‘cena rustica’, su prenotazione ma aperta a tutti, la sera del 7 luglio a casa di Francesco Moser. Sarà una sorta di rievocazione storica, anche in chiave gastronomica, di un’epoca sempre suggestiva, quella del ciclismo retrò con divise d’epoca, menù di specialità trentine ed un’atmosfera che mi augura saprà conquistare tutti”. E poiché il segreto di ogni evento è la sua promozione, come sintesi di un percorso iniziato ormai tre anni fa, Elda Verones ha deciso investire su un docu-film in otto

puntate realizzato dalla Fondazione Museo Storico del Trentino in collaborazione con la Fondazione Caritro dedicato ai grandi eventi sportivi ospitati a Trento e, in particolare, avvenuti sul monte Bondone. Il documento filmato sarà poi trasmesso dal canale monotematico History Lab: “E’ un progetto a cui teniamo particolarmente - spiega Elda Verones - perché ci consentirà di lasciare in eredità ai posteri un documento di grande importanza storica. Le otto puntate racchiudono i momenti sportivi più significativi ospitati da questo territorio, una sorta di opera omnia che, da Charly Gaul ai giorni nostri, racconta pagine importanti di questa comunità”. E come al solito, non poteva mancare la cultura, ben rappresentata dalla mostra ospitata al MuSe (5-10 luglio) dal titolo “I 200 anni della bicicletta” con una selezione di bici storiche alle quali si aggiungono i dipinti dedicati al grande Fausto Coppi, e momenti legati anche alla bicicletta declinata in chiave salutistica, con conferenze tenute da prestigiosi cardiologi del territorio anche


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Alla regìa della Gran Fondo la direttrice dell’Apt Trento Monte Bondone Valle dei Laghi: “Ciclismo vintage e promozione turistica, così l’omaggio ad un grande campione è diventato negli anni un evento di respiro internazionale”

grazie alla collaborazione del Comune di Trento Servizio Sport. Ed il respiro turistico dell’evento è ben documentato dalla miriade di iniziative che l’APT ha messo a punto non solo per i ciclisti, ma soprattutto per chi li accompagna: “Segnalerei in particolare la Trentino Guest Card - prosegue la direttrice dell’APT - che consente l’utilizzo gratuito dei mezzi di trasporto e l’ingresso in tutti i musei di Trento”. Gli eventi e le iniziative collaterali, tuttavia, non distolgono gli organizzatori da quello che è, e resterà sempre, la mission della Gran Fondo, che è quello di rendere omaggio ad una delle imprese ciclistiche più spettacolari e memorabili dell’ultimo secolo: “Nel 2005 - ricorda Elda Verones - ci è sembrato doveroso rendere omaggio al grande protagonista di quella vittoria epica, intitolando la salita del Bondone a Charly Gaul assieme ai “Bondoneri”. Un gesto simbolico per manifestargli, anche 50 anni dopo, tutta la riconoscenza di un’intera comunità. Davanti alle telecamere della tv lussemburghese, un Gaul ormai costretto in carrozzina ha potuto rendersi conto, forse

per l’ultima volta nella sua vita, quanto grande ed immortale sia stata la sua impresa. Oggi, però, ci tengo a sottolinearlo, questo evento non è più solo celebrativo. La Leggendaria Charly Gaul è infatti ormai diventata una delle Gran Fondo più importanti del mondo, come certifica la scelta dell’Unione Ciclistica Internazionale di farne, anche quest’anno, l’unica tappa italiana del UCI Granfondo World Series”. Il segreto del successo? “Dopo aver applicato un rigido disciplinare e aver investito tanto sulle infrastrutture, riasfaltando le strade, installando una segnaletica adeguata e aprendo nuovi punti-officina, oggi - spiega ancora Elda - la zona di Trento, Monte Bondone e Valle dei Laghi è diventata, nei fatti, un’area realmente bike-friendly. Lo scorso anno, non a caso, abbiamo contabilizzato oltre 15mila presenze turistiche e, almeno il 20% di queste proviene dall’estero. E’ un dato significativo, ma tutt’altro che casuale visto che sono anni, ormai, che investiamo risorse nella promozione dell’evento sui mercati stranieri. Noi lavoriamo nella con-

sapevolezza che si può sempre migliorare. In questi anni - conclude - abbiamo puntato soprattutto sul consolidamento dell’immagine, curando tutti gli aspetti che compongono l’evento, dalla nutrizione al rispetto dell’ambiente. In tal senso, abbiamo accolto con grande soddisfazione il riconoscimento dell’Agenzia Provinciale per l’Ambiente di Trento che ha premiato la ‘Charly Gaul’ come un evento eco-sostenibile” e da due anni la certificazione 100% Energia pulita di Dolomiti Energia. A conferire prestigio alla manifestazione anche i tanti testimonial che, anche quest’anno, si presenteranno ai nastri di partenza: “Più che ospiti li definirei veri “amici” della nostra granfondo. A parte Francesco ed Aldo Moser, ci terrei a ricordare Gilberto Simoni, Marino Basso, ma anche Juri Chechi e Antonio Rossi. Senza dimenticare Paolo Savoldelli che a Trento veste i panni dello speaker. Tutti campioni celebratissimi, che hanno sempre accettato con grande entusiasmo il nostro invito, contribuendo a loro modo al successo di questo grande evento”.


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CHARLY GAUL

CONDANNATO A SOFFRIRE

Il campione lussemburghese Charly Gaul

A cura della Redazione

Dopo la gioventù da salumiere, scoprì il suo destino sulla bicicletta. Viaggio nel mito di Charly Gaul, lo scalatore senza paura che, per oltre un lustro, dominò le feroci pareti delle Alpi, scrivendo pagine indimenticabili di questo sport

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a sua condanna erano le salite, come se qualcuno, quasi per editto divino, avesse inflitto a quel ciclista il castigo eterno della sofferenza. Il suo castigo, in particolare, erano le salite aspre e impossibili delle Alpi ghiacciate, con gli strappi alti come pareti e senza nemmeno il conforto di un tornante dove far riposare i polmoni. Charly Gaul, che i francesi pronunciavano “Sciarlì Gol”, era uno scalatore puro. Non un fine stratega che procedeva con scatti assassini, ma un corridore dall’incedere potente che amava il calvario della progressione. Era capace - raccontano i testimoni dell’epoca - di tenere lo stesso ritmo per centinaia di chilometri amministrando con precisione certosina le proprie energie, mentre gli avversari cadevano sfiancati, l’uno dopo l’altro, ai bordi della strada. Nato l’8 dicembre 1932 a Pfaffenthal, in Lussemburgo, Charly Gaul non aveva però soltanto coraggio. Sapeva correre con l’intelligenza tattica dei campioni e in salita possedeva una straordinaria abilità a giocare con i rapporti agili. Lo battezzarono “l’angelo della montagna” perchè, quando c’era da soffrire, lui metteva le ali, spuntando regolarmente dal centro del gruppo e facendo il vuoto dietro di sé. Charly aveva

un fisico minuto e secco, nervoso e reattivo, un fisico tagliato per la salita. Tra quei fasci muscolari celava incredibili riserve di energia che sprigionava ogni qual volta l’asfalto s’impennava sulle ruote. Ma al di là delle etichette, Gaul andava forte ovunque, anche in pianura. Tra il 1956 e il 1959, si aggiudicò il Tour e, per ben due volte, anche il Giro d’Italia, sbaragliando la spietata concorrenza di Magni, Favero, Géminiani, Baldini e Anquetil. Successi netti, che certificano anche la capacità di difendersi - e a volte di dettar legge - su ogni tracciato. Come era accaduto a Coppi, il ciclismo lo aveva strappato ad un onesto lavoro di garzone. In gioventù lavorava come salumiere finché non fu in grado di mantenersi con il ciclismo. Tra i dilettanti si mise in luce vincendo il Giro dei Dodici Cantoni nel 1951 e la Freccia del Sud nel 1951 e 1953, anno in cui fece il suo esordio come professionista. I risultati non tardarono ad arrivare e il giovane lussemburghese nel 1954 trionfò nel Circuito delle Sei Province e si piazzò terzo nel Campionato mondiale di Solingen, ostacolato da uno scontro con Fausto Coppi. Da qui si originò la storica rivalità con il francese Louis Bobet, vincitore della maglia iridata, che lo relegò nuovamente nel gradino più basso del po-

dio nel Tour de France dell’anno successivo, quando Gaul vestì però la maglia di miglior scalatore. Il simbolo di re della montagna fu suo in carriera per due volte sia nella corsa a tappe francese (1955-56) che nel Giro d’Italia (1956, 1959). Piacque subito alla gente, per via di quella resistenza alla sforzo, per quell’incedere costante e, soprattutto, per le sue formidabili rimonte. Alla Grande Boucle del 1958 recuperò un quarto d’ora di ritardo a Raphael Géminiani. Al Giro dell’anno seguente stroncò la resistenza del divo Anquetil maltrattandolo lungo le rampe che salivano al Piccolo San Bernardo. Le sue furono imprese davvero straordinarie e solitarie, ottenute senza l’apporto di gregari eccellenti o di una grande squadra. Anche se il suo nome si lega indissolubilmente ad una della tappe più drammatiche e leggendarie del Giro, la Merano – Monte Bondone dell’8 giugno 1956, Charly regalò tante pagine epiche del ciclismo dell’epoca che - allora come oggi - si nutriva soprattutto di imprese. La sua vita terminò il 6 dicembre 2005, quando venne ricoverato d’urgenza in un ospedale di Lussemburgo per un’embolia polmonare. Due giorni dopo Charlie Gaul, l’angelo della montagna, avrebbe compiuto 73 anni.



Giro d’Italia 2017 - Photo by Bettiniphoto



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MARINO BASSO

CHARLY MI DISSE:

MAI SOFFERTO COSÌ TANTO COME SUL BONDONE A cura di Mario Pugliese

Il campione del mondo di Gap racconta l’incontro emozionante con Gaul: “Anche mezzo secolo dopo mi raccontò quell’impresa con gli occhi lucidi”

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el 1956, Marino Basso - campione del mondo nel 1972 - era poco più di un bambino. Eppure, benché vissuta con gli occhi ed il cuore acerbo di un undicenne, l’impresa di Charly Gaul, seguita con l’orecchio incollato ad una vecchia radio, se la ricorda bene: “Ero un bimbo - ricorda 61 anni dopo - ma ero già un grande appassionato di ciclismo. A quei tempi la televisione non ce l’aveva quasi nessuno, ma l’impresa di quel corridore lussemburghese che arrivò congelato e agonizzante sul traguardo del Bondone fece ben presto il Giro di tutto il paese. I giornali il giorno dopo pubblicarono quella famosa foto in cui Gaul, come un fantasma, spunta dalla bufera con il volto sofferente. Per noi ragazzini dell’epoca che correvamo su biciclette pesanti come lavatrici, l’Angelo della Montagna divenne subito un mito. Tanto che, appena ne ebbi l’opportunità, feci di tutto per incontrarlo”.

Cosa ricorda oggi di quell’incontro? Eravamo a casa sua in Lussemburgo ed ebbi il vero privilegio di ascoltare, dalla sua voce, il racconto di quella giornata epica. Erano passati tanti anni, ma nella sua voce avvertii ancora un rivolo di emozione. Cosa le raccontò di preciso Gaul? Con gli occhi lucidi mi confidò: “Guarda Marino, io una fatica così non l’ho mai fatta in tutta la mia vita. Facevo il corridore ed ero abituato alla sofferenza, ma non avrei mai immaginato che il ciclismo potesse riservarmi prove simili”. Quell’impresa gli aveva dato grande celebrità, è vero, ma l’aveva anche segnato per sempre. In che senso? Tagliò il traguardo con le dita congelate, le gambe tremanti e la mente offuscata dalla fatica, gli ultimi chilometri pedalò come un automa. Andò avanti per inerzia e per disperazione, sperando - metro dopo metro - di vedere all’orizzonte lo striscione del traguar-

do. Mi confidò di non essersi neppure reso conto di aver vinto. Non gioì per quell’impresa, gli bastò essere arrivato vivo. Ma il Bondone è davvero una montagna così impegnativa? E’ una salita impegnativa, anche perché è molto lunga, ma sul piano delle altimetrie non è così terribile. Dipende, come sempre, dalle condizioni meteo e dall’andatura con cui l’affronti. Ci sono montagne molto più difficili da scalare in bicicletta ma, dopo l’impresa di Gaul, il Bondone ha acquisito un fascino particolare e, ogni qual volta il Giro è capitato da quelle parti, in corsa è stata bagarre. Come quella volta che, vent’anni dopo Charly Gaul, sul Bondone ci arrivò lei… A differenza di ciò che accadde nel 1956, quella volta faceva caldo, anzi caldissimo. Fu una tappa di grandi battaglie e, alla fine, proprio sul Bondone, Eddy Merckx andò in crisi e perse quel Giro d’Italia.


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FRANCESCO MOSER

NEL REGNO DEL MITO Il campione Francesco Moser

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ui non ha bisogno di presentazioni perché, anche chi non “mastica” ciclismo, sa chi è e cosa ha fatto sui pedali Francesco Moser, uno che - sportivamente parlando - abiterà per sempre nel regno del mito. La sua fama è sopravvissuta negli anni e ancora oggi, anche quando lo vedi cavalcare il trattore tra i vigneti della sua immensa tenuta di Castel di Gardolo, non puoi fare a meno d’immaginartelo in bicicletta, chinato sul manubrio, con il viso spigoloso segnato dalla fatica. Il fisico è quello asciutto di sempre e, se non

fosse per quella chioma argentata, si direbbe che per lui le lancette del tempo si siano quasi fermate. Del resto Moser - oggi uomo rustico della vigna - la bicicletta non l’ha mai abbandonata. Una passione impressa nel suo genoma ed oggi rispolverata dalla gara che porta il suo nome, la Moserissima, sesta tappa del Giro d’Italia vintage e ormai considerata la “corsa di famiglia”. “All’inizio - ammette - avevo qualche perplessità perché noi Moser siamo sempre stati tipi schivi e dunque nelle celebrazioni non siamo a nostro agio. Ed invece, con il senno di poi, mi sono ricreduto ed oggi

sono molto affezionato a questa manifestazione. Per questo sono davvero grato ad Elda Verones, presidente dell’ATP di Trento, Monte Bonone e Valle dei laghi, che ha insistito tanto per farne un appuntamento fisso. Per me e Aldo è l’occasione di una pedalata piacevole sulle strade di casa, il pretesto per incontrare gli amici di sempre. Ci sarà Simoni, Fondriest e tanti corridori del trentino che, come noi, condividono oggi come ieri l’amore per la bicicletta”. Ci sono campionissimi che, imborghesiti dalla ricchezza, recidono il loro legame con la terra d’origine e - come gli zii d’America


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A cura della Redazione

Doveva essere un omaggio, è diventata la “corsa di famiglia”. Sui tracciati disegnati da Francesco Moser in persona, il prossimo 8 luglio si rinnova l’appuntamento con la rievocazione storica dedicata allo Sceriffo: “Ho scelto un percorso adatto a tutti. Più o meno...”

- tornano al paese una volta all’anno con l’auto lucida e le sporte di regali sottobraccio. Francesco Moser, al contrario, vive da sempre in simbiosi geometrica con il “suo” Trentino, fiero della sua identità e geloso custode delle tradizioni di questa terra. Qui, sul fianco di una collina, ha costruito il suo eremo e qui - dove è nato - concluderà la sua esistenza: “Non potrei mai vivere lontano dai miei vigneti - dice - con i soldi guadagnati in carriera non ho mai avvertito il bisogno di prender casa a Montecarlo. Prima vivevo per il ciclismo, adesso la mia grande passione è il vino. Cavalcare una bicicletta è sempre un’emozione particolare,

Il campione trentino Francesco Moser riceve il premio Hall of Fame in virtù della sua memorabile vittoria al Giro d’Italia 1984

ma anche il trattore regala le sue soddisfazioni”. Con Moser - soprattutto davanti ad un calice di bianco - si può parlare del ciclismo di ieri e di oggi e la sua analisi, mai banale, è sempre una lezione preziosa, da ascoltare in liturgico silenzio: “Dumoulin è stato un degno vincitore dell’ultimo Giro d’Italia - dice - anche se l’ultima cronometro l’ha indubbiamente favorito. Però è stato bravo a difendersi in salita, arrivando all’ultima tappa con un margine ridotto, quello che poi gli ha consentito facilmente di riprendersi la maglia rosa. Nibali ha fatto sicuramente un bel giro, ma se voleva vincere, lui e Quintana avrebbero dovuto staccare in maniera più netta l’olandese in salita”. Il mondo dei professionisti resta l’eldorado dei ricordi, ma l’attualità è, come detto, la “Moserissima” che quest’anno ha subìto un significativo “refresh” dei tracciati: “Mi sono personalmente occupato di disegnare i tracciati di questa terza edizione - spiega Moser - e devo dire che mi sono divertito

molto. Trento e dintorni offre una miriade di opportunità e dunque ho cercato di proporre un tracciato versatile, duro ma anche pedalabile. Insomma, il classico percorso adatto per tutte le gambe. Sono convinto che l’8 luglio ci divertiremo”. Al di là dell’aspetto agonistico, la manifestazione deve il suo successo soprattutto all’atmosfera che regala. I partecipanti, infatti, dovranno tassativamente indossare abbigliamento d’epoca o d’ispirazione, evitando di mettere in vista indumenti con materiali tecnici di recente manifattura. Nel rispetto dello spirito rievocativo, i partecipanti sono invitati a curare anche la scelta di tutti gli altri accessori, a partire dalle scarpe, i cappellini, le borracce, mentre per quanto riguarda l’utilizzo del casco di sicurezza omologato questo è l’unico accessorio moderno di cui è consentito e consigliato l’utilizzo, seguendo le norme tecniche dell’attività ciclo pedalata vintage internazionale, con il regolamento ufficiale a prevederne proprio l’utilizzo.


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LA MOSERISSIMA

MOSER VS SARONNI... 40 ANNI DOPO Photo by Newspower.it

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l corridore italiano più vincente di tutti i tempi, Francesco Moser, ha deciso di festeggiare il proprio sessantaseiesimo compleanno parlando del suo evento più caro: “La Moserissima”, di scena l’8 luglio a Trento con la terza edizione nell’ambito degli appuntamenti de “La Leggendaria Charly Gaul – UCI Gran Fondo World Series”, organizzati dall’APT Trento, Monte Bondone, Valle dei Laghi ed ASD Charly Gaul Internazionale. E pensare che, scoop degli scoop, alla terza edizione de “La Moserissima” ci sarà proprio quel Beppe Saronni che fino a qualche decennio fa sarebbe stato impensabile vedere fianco a fianco con Moser in un qualsiasi evento, vista l’accesa rivalità negli occhi dei due. Il dualismo fra Moser e Saronni fu un ‘toccasana’ per il ciclismo degli anni ’70’80, una rivalità che non si vedeva dai tempi di Coppi e Bartali. Entrambi dotati di classe sopraffina, non mollavano un centimetro, sia quando bisognava essere gregari di se stessi sia quando

si poteva essere più ‘boriosi’, i due erano capaci di vincere su ogni manto di gara, dalle tappe alle gare in linea, ed in qualsiasi momento della stagione. La sfida è rimasta viva per un decennio circa, regalando agli appassionati e ai giornalisti tanto “materiale su cui scrivere”. La battaglia sportiva si protrae anche fra i tifosi. Moser è un fenomenale passista e cronoman nato per correre ed aiutato da una famiglia di ciclisti, con Enzo, Aldo e Diego Moser, tre dei suoi numerosi fratelli, tutti professionisti. In gruppo lo chiamano “Sceriffo” perché detta legge e governa le corse con maestria, divenuto celebre anche per aver strappato il record dell’ora che da dodici anni apparteneva al “cannibale” Eddy Merckx. Uomo da classiche, Moser ha fatto della Parigi-Roubaix il simbolo della sua eccezionale qualità: tre vittorie consecutive nel’78, ‘79, ‘80, due secondi posti (‘74 e ‘76) e due terzi (‘81 e ‘83). Giuseppe Saronni nasce invece a Novara il 22 settembre 1957, ma anche lui come Moser viene da una

famiglia di ciclisti. I fratelli Alberto e Antonio svolgono attività agonistica, Antonio è pluricampione italiano di ciclocross. All’esordio in una classica del Nord, la Freccia Vallone, arriva secondo alle spalle di Francesco Moser, dando inizio ad una rivalità che si protrarrà nel tempo. Nel 1979 inizia un ciclo di vittorie che durerà fino al 1983 e che porterà Saronni all’apice della propria carriera. In totale per Saronni saranno 194 vittorie fra cui 85 frazioni di corse a tappe (24 al Giro) e 49 circuiti, un atleta di assoluto valore. 273 in totale per Moser, che pur non essendo mai stato un amante del Giro d’Italia riuscì ad aggiudicarselo nel 1984 (67.a edizione), ottenendo la maglia rosa nell’ultima e spettacolare cronometro al cospetto dell’Arena di Verona. L’anno precedente il Giro andò invece proprio a Giuseppe Saronni, confermatosi arrembante in salita e a cronometro. I due si “arresero” solamente al talento innato del bretone Bernard Hinault, ma la rivalità fra Saronni e Moser


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Il Presidente delle Cantine Cavit Bruno Lutterotti brinda con Francesco Moser

A cura della Redazione

La terza edizione della corsa dedicata allo “Sceriffo” vivrà sulla rivalità (mai veramente sopita) tra “Checco” e “Beppe”. Il prossimo 8 luglio a Trento il remake di un duello che, negli anni ‘80, spaccò in due il ciclismo italiano I ciclisti della Moserissima si ritrovano sul prato di “Casa Moser”

rimarrà negli annali: «È vero: avevo la capacità di mandare in bestia Francesco. Non so dire perché, so soltanto che mi riusciva bene... Fatte le debite proporzioni, per l’interesse che suscitava la nostra rivalità è stata l’ultima ad avvicinarsi a quella tra Coppi e Bartali». “La ciclostorica La Moserissima è stata creata – sottolinea la direttrice Elda Verones - per poter festeggiare il decennale de ‘La Leggendaria Charly Gaul’, una manifestazione legata alla storia, un evento vintage dedicato alla famiglia Moser e realizzato con la loro collaborazione, del Giro d’Italia d’Epoca e de L’Eroica”. Già, l’Eroica, poiché da quest’anno l’unione fa la forza ed il prestigioso evento unisce la propria competenza e la propria storia al nome di Francesco Moser, tra i primi a carpire la bellezza delle ciclostoriche e degli eventi “eroici”. L’Eroica è un brand ormai conosciuto da tutti, ed una manifestazione cicloturistica che si svolge dal 1997 in provincia di Siena (prossima edizione il 1° ottobre) e che rie-

voca i fasti del ciclismo di un tempo, con percorsi che si svolgono in buona parte su strade bianche e con biciclette d’epoca, altro diktat rispettato da “La Moserissima”. L’Eroica, ideata da Giancarlo Brocci, è nata per amore della bici nel 1997 ma ha radici ben più antiche, poiché lo staff dell’evento mette proprio in risalto i valori ed i costumi di un ciclismo passato che diede ampi spunti anche letterari: “il ciclismo eroico di Bartali e Coppi è quello capace di insegnare i bisogni veri, quelli legati al sacrificio che cerca i limiti del proprio fisico, quando sete, fame, stanchezza si fanno sentire con tutta la loro intensità. È un ciclismo in grado di diffondere rispetto e creare legami tra avversari leali”. Per Francesco Moser “La Moserissima” è uno dei fiori all’occhiello della tre-giorni trentina, e quest’anno la competizione avrà non uno ma ben due percorsi: “Siamo giunti alla terza edizione introducendo un percorso più lungo (perché ci sono ciclisti che… se non fanno fatica non sono con-

tenti), interessando l’argine del fiume Adige fino a Salorno. Nessuna regione in quanto a piste ciclabili è come il Trentino. La gara non è competitiva e all’Istituto Agrario ci sarà una salita avvincente, scendendo poi verso Lavis. Appuntamento per venerdì sera per la cena (a casa Moser – aperta a tutti su prenotazione) e sabato per la pedalata”. Sabato non solo “Moserissima”, ma anche il primo evento in assoluto di scatto fisso in Trentino-Alto Adige, raccontato da Enrico Biganzoli, compagno di squadra di Ignazio Moser: “Lo scatto fisso è una nuova disciplina che abbina novità a storicità del ciclismo. Vi aspettiamo tutti alle ore 20 in Piazza Duomo, con tre gare di 40 minuti più un giro in cui gli atleti si daranno battaglia con delle bici senza freni. Un’occasione unica per mostrare le proprie abilità in uno spettacolo autentico. Ignazio sarà uno dei favoriti ed il pavè dimostrerà ancor di più come si corre con lo scatto fisso”. Info www.lamoserissima.it


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MONDO ACSI

VIETATO FERMARSI Gran Fondo di Novara - Una delle manifestazioni sotto l’egida di Acsi - Photo by Newspower.it

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CSI è per un ciclismo migliore, per tutta la famiglia e per gli appassionati che trattano la bicicletta come un mezzo per divertirsi e passare belle giornate in compagnia, senza eccessivi agonismi e comportamenti non consoni ai precetti base di sportività. ACSI è l’ente di promozione sportiva con il maggior numero di manifestazioni ciclistiche in Italia, e in una sola giornata è stato capace di dare una frizzante sferzata al proprio Campionato Nazionale con addirittura oltre 4000 partecipanti al Colnago Cycling Festival di Desenzano del Garda (BS), 1800 concorrenti alla Granfondo degli Squali di Cattolica (RN), concludendo con la cavalcata dei 1500 alla Granfondo Novara Marcello Bergamo del GS Alpi. In oltre 7300 hanno dunque sfilato a metà maggio nei rinomati palcoscenici di ACSI, in tre grandi feste che hanno “riempito” la giornata di tre differenti regioni: Lombardia, Emilia-Romagna e Piemonte. In ordine di partecipazione, il Colnago Cycling Festi-

val ha regalato spettacolo, un nome, “Festival” che va ben oltre gli appuntamenti in bicicletta, un evento altresì capace di chiamare a raccolta 15000 presenze da tutto il mondo: Randonnée Giro del Lago, Junior Bike e Garda Legend (riservata alle bici storiche) hanno anticipato l’“invasione” di pedalatori della domenica mattina, con ben 4007 corridori schierati ai nastri di partenza del Colnago Cycling Festival. Da Desenzano del Garda a Cattolica, dove erano 1800 gli ‘squali’ affamati alla partenza, con il comitato organizzatore a registrare anche una consistente affluenza straniera (Canada, Brasile, San Marino, Regno Unito, Svizzera, Giamaica, Australia, Francia e Stati Uniti), ed al via anche due leggende dello sport nostrano quali “el diablo” Claudio Chiappucci e “penna bianca” Fabrizio Ravanelli. Il folto parterre della Granfondo degli Squali è scattato dall’Acquario Le Navi di Cattolica per arrivare a Gabicce Monte, degustando anche le specialità locali tra cui la “rustida” di pe-

sce azzurro e la classica piadina, offerte e preparate dai bagnini di Gabicce. Dal pesce alla “paniscia” novarese, fondamentale per rifocillarsi dopo le fatiche spese sui percorsi di 124.3 km e 889 metri di dislivello, 148.8 km e 1.762 metri di dislivello e 171.3 km e 2.235 metri di dislivello. Tre differenti tracciati ‘dal riso alle Alpi’ dunque, con più di 1500 iscritti e tre province coinvolte per la terza edizione della ‘Granfondo Novara Marcello Bergamo’ valevole per il Campionato Nazionale ACSI, corsa con partenza e arrivo nel centro dell’affascinante città piemontese. Perfetta come sempre anche la formula magica del GS Alpi di Vittorio Mevio in tema di sicurezza, massimizzata grazie al dispiego di mezzi di emergenza, coordinati puntualmente con un sofisticato sistema satellitare. Il Campionato Nazionale ha poi proseguito a giugno il proprio cammino sulle Dolomiti, con la Marcialonga Cycling Craft in Trentino, un grande avvenimento ed uno strepitoso successo organizzativo, meri-


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Il resp. Naz. Acsi Emiliano Borgna con l’Avv. Claudio Pasqualin e i fratelli Liotto organizzatori dell’evento

A cura della Redazione

Il calendario del più importante ente di promozione sportiva prosegue tra mare, lago e montagne. E intanto numeri da record per il campionato nazionale Atleti impegnati alla Marcialonga Cycling Craft

to della sicurezza sempre in primo piano negli eventi ACSI, e dei volontari della Marcialonga, una festa in cui si può dire sia filato tutto liscio, con praticamente nessun infortunio grave se non qualche sbucciatura. A partecipare alla corsa di Marcialonga c’era anche il responsabile nazionale di ACSI Ciclismo Emiliano Borgna, il quale si è impegnato nel percorso mediofondo di 80 km: “La partnership fra ACSI e Marcialonga è destinata a durare nel tempo, ed i frutti si stanno vedendo in ogni edizione con gare spettacolari e sicure, con nel mirino sia la soddisfazione degli agonisti che degli ultimi arrivati”. La gara si è aperta con i coscritti dell’anno 1999 a girare con i thermos di caffè serviti direttamente in zona partenza, a riscaldare e rinsaldare gli animi dei competitors, e poi via alla volta dei punti clou rappresentati dalle salite di Monte San Pietro e dei Passi di Lavazé, San Pellegrino e Valles. Una Marcialonga Cycling Craft capace di sforare quota 1500 partenti, numeri importanti anche per il

Campionato Nazionale ACSI. Gli appuntamenti “dolomitici” si sprecavano, e, nella giornata precedente, andava in scena anche la 3Epic Cycling Road in provincia di Belluno. Una prova avvincente che concedeva la possibilità di scegliere fra i percorsi “Misurina 30” (32.1 km e dislivello di 1.455 metri), “Comelico 80” con arrivo a Misurina (76.6 km e 2.228 metri di dislivello) o al Rifugio Auronzo (84.8 km e 2.811 metri di dislivello), oppure “Lavaredo 100” con arrivo a Misurina dopo aver affrontato 100.5 km e 2.684 metri di dislivello, o al Rifugio Auronzo (108.7 km e 3.267 metri di dislivello). Successo anche per le altre prove domenicali Granfondo del Penice a Zavattarello (PV), una prima edizione con ben 700 partecipanti e con due percorsi tracciati sulle colline dell’Oltrepò Pavese, e la terza edizione della Granfondo Città di Asolo (TV), una perla incastonata sui colli trevigiani, passata assieme a lucenti stelle del ciclismo quali Cancellara, Basso, Moser e Fondriest. E mentre il responsabile nazio-

nale Emiliano Borgna e parecchi tesserati di ACSI Ciclismo comparivano in diretta su Uno Mattina per parlare dell’importanza del ciclismo sul territorio, sia dal punto di vista sociale che salutistico, a Messina e dintorni si svolgeva il Giro dei Due Mari con Marzia, una ragazza 26enne affetta da trisomia genetica: “pedalata cicloturistica per l’abbattimento delle barriere mentali ed architettoniche”, libera ed aperta a tutti, “puoi unirti a noi anche per 1 km per vincere insieme” è stato lo slogan del comitato organizzatore della società cicloturistica Castanea del presidente Santi Caprì che, assieme ad ACSI Ciclismo, ha deciso di usare per accompagnare dolcemente alla manifestazione tutti gli “amici di Marzia”. Il concetto di disabilità come male fisico e motivo di esclusione sociale è un concetto che va necessariamente ribaltato, questa malattia non permette a Marzia Raineri di comunicare o di muoversi correttamente, ma non le toglie certo la voglia di vivere e soprattutto, di pedalare…


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GRANFONDO INTERNAZIONALE TORINO

LA NUOVA CAPITALE

DEL CICLISMO Un panorama mozzafiato delle colline Torinesi

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on so veramente dire quanti concorrenti abbia portato al traguardo nella mia carriera, di certo nel 2016 sono stati circa 22.000 in tutte le gare del GS Alpi, un numero di tutto rispetto e che merita rispetto. Il problema maggiore di un organizzatore è riuscire ad andare a letto la sera tranquillo, e con 20-22mila ciclisti che ti passano sotto le mani non è affatto facile”. Il lavoro dell’organizzatore di gare di ciclismo è un mestiere intrepido che richiede grande responsabilità, ma Vittorio Mevio cerca sempre di svolgerlo al meglio, anche con sofisticate tecniche di gestione delle proprie risorse di sicurezza. E tutto lo staff del GS Alpi è stato messo duramente alla prova lo scorso 25 giugno in occasione della Granfondo Internazionale Gavia & Mor-

tirolo di Aprica (SO) quando, a malincuore, ha dovuto cancellare la gara a causa di tuoni, saette e pioggia a non finire. Partire o non partire? Il dubbio amletico serpeggiava per le strade d’Aprica insieme ai nefasti fiumi d’acqua. Del resto, quelli proposti dal GS Alpi non erano certo dei tracciati abbordabili per chiunque, nemmeno sull’asciutto: era infatti previsto un percorso lungo di 175 chilometri e 4.500 metri di dislivello, con il quale gli atleti avrebbero dominato i temibili Passi del Gavia e del Mortirolo, resi immortali dalle innumerevoli ed eroiche sfide agonistiche degli ultimi decenni, per poi concludere con il Passo di Santa Cristina. Per i meno audaci erano in programma anche un mediofondo da 155 chilometri e 3.600 metri di dislivello, con l’esclusione del Santa Cristina, e un corto con un dislivello di ‘appena’ 1.850 metri e

85 chilometri totali. Dapprima il patron del GS Alpi Vittorio Mevio ha accarezzato l’idea di seguire un percorso alternativo, proponendo la doppia salita del Passo Mortirolo, epico teatro delle gesta del ‘pirata’ Marco Pantani, tagliando l’ormai impossibile scalata ai 2.662 metri del Gavia e mantenendo invece intatto il percorso del corto. Ma ci ha pensato una repentina recrudescenza del meteo ad eliminare ogni residua speranza: da grigio che era il cielo è diventato nero e via via sempre più ostile, e la pioggia da battente si è trasformata in torrenziale. “È prima di tutto per la sicurezza degli atleti che abbiamo deciso di annullare la Granfondo Internazionale Gavia & Mortirolo” ha spiegato Vittorio Mevio, aggiungendo che “con queste condizioni meteo affrontare il Gavia è semplicemente impensabile, e purtroppo


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A cura della Redazione

Il 3 settembre, nella città sabauda, si corre la terza edizione di una delle manifestazioni più spettacolari del GS Alpi. Al via (gratis) tutti gli abbonati dell’InBici Top Challenge. E dopo l’annullamento della Gavia - Mortirolo, la corsa sarà valida anche per il Circuito Zero Wind Show

il manto stradale dello stesso Passo Mortirolo risulta del tutto impraticabile, come diretta conseguenza dei forti temporali notturni. Così, per la prima volta dopo 13 anni, siamo costretti ad annullare questa competizione: la sicurezza dei partecipanti è il nostro primo pensiero”. E da una cancellazione nasce un conseguente dilemma organizzativo per quanto riguarda i numerosi challenge di cui la manifestazione faceva parte. Alla luce dell’annullamento della Granfondo Internazionale Gavia & Mortirolo e nel rispetto dell’impegno di ciascun abbonato, il GS Alpi ha deciso che i propri circuiti Gran Trofeo GS Alpi e Coppa Lombardia si chiuderanno con una gara in meno (la Granfondo Internazionale Gavia & Mortirolo, appunto). I cicloamatori si troveranno dunque in classifica finale con

uno scarto, una scelta sofferta ma necessaria, onde evitare sorgessero lamentele (lecite) nel caso in cui alla gara di recupero qualcuno potesse non essere presente per qualche impegno precedentemente programmato. Vittorio Mevio cita l’articolo 8 del regolamento che indica come, in caso di calamità naturale o cause non dipendenti dall’organizzatore, il GS Alpi riconosca il 50% della quota sull’iscrizione futura. La tariffa sarà quindi ridotta del 50% per la prossima Granfondo Internazionale Gavia & Mortirolo, sia nel caso di iscrizione singola sia in caso d’iscrizione all’intero circuito. Per quanto riguarda gli iscritti ad InBici Top Challenge che non hanno corso ad Aprica, invece, essi potranno gareggiare alla Granfondo Torino gratuitamente usufruendo inoltre del pacco gara precedente acquisito alla Granfondo Internazionale Gavia & Mortirolo. Davvero uno sforzo unico quello del GS Alpi, che in Italia è raro trovare. La vita va avanti e gli atleti possono ora gustarsi le vacanze prima di affrontare il prossimo appuntamento, la Granfondo Torino di domenica 3 settembre. La sfida torinese sarà una delle più spettacolari del GS Alpi, fra paesaggi ed itinerari suggestivi di 130 km e 2643 metri di dislivello e di 100 km e 2099 metri di dislivello, con partenza davanti al Castello Medievale ed arrivo alla Basilica di Superga dopo

aver affrontato le salite delle colline torinesi e del Monferrato. I concorrenti troveranno 60 km in meno rispetto allo scorso anno, con un lungo tratto pianeggiante levato per non “annoiare” i cicloamatori, i quali avranno a disposizione due percorsi che non hanno nulla da invidiare ai più decantati del GS Alpi, fra i vigneti del Torinese e dell’Astigiano. Le iscrizioni alla gara fino al 30 agosto propongono una quota di 50 euro (dimezzata nei casi citati in precedenza), con una tariffa di 25 euro riservata ai concorrenti disabili, e di 60 euro in loco il 2 e 3 settembre (30 euro per i disabili). Lo scorso anno la vittoria si decise solo al fotofinish, con Paolo Castelnovo, aficionado degli eventi firmati GS Alpi, a sconfiggere il toscano Stefano Cecchini, mentre tra le donne la torinese Olga Cappiello effettuò una fuga in solitaria, con Niki Giussani, altro appassionato dei challenge GS Alpi, ad aggiudicarsi il percorso mediofondo assieme a Chiara Costamagna, e la Squadra Corse Rodman Azimut ad ergersi società con più atleti a tagliare il traguardo. Le novità non mancheranno, a cominciare dal sabato pomeriggio con l’apertura dell’Area Expo e l’esibizione-allenamento con 150 spinning posizionati a far divertire, assieme alla musica di accompagnamento, tutti i presenti che scalderanno i muscoli in vista della Granfondo Torino.


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DORELAN

LA VITTORIA

INIZIA COL RIPOSO T rascorriamo un terzo della nostra vita dormendo. Eppure la qualità del sonno passa troppo spesso in secondo piano. Anche gli sportivi, che dovrebbero meglio di altri

essere consapevoli delle necessità fisiologiche del loro corpo, curano sempre di più l’alimentazione e l’attività fisica – per fortuna – ma non dedicano altrettanta attenzione al necessario riposo.

Ce lo conferma il dottor Marco De Angelis, medico specialista in medicina dello sport. La sua esperienza si estende ai massimi livelli: lavora come consulente sulla Nutrizione, Metodologia di Allena-


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A cura della Redazione

I medici non hanno dubbi: “Senza sonno non può esistere allenamento efficace”. Ecco perché dormire bene è una condizione necessaria per uno sportivo. Partendo dalla scelta del materasso...

mento e Valutazione Funzionale di diversi sportivi, club o federazioni, come la Federazione Cinese di Atletica Leggera per la Marcia, la Federazione Russa di Pattinaggio Ghiaccio per la Velocità ed il Comitato

Olimpico Vietnamita. In particolare, cercheremo di capire, con il suo aiuto, come il sonno interagisca con gli allenamenti. “L’allenamento è un processo che inizia di giorno e prosegue di notte - conferma De Angelis -. Il recupero dopo l’attività fisica, che passa attraverso la fase di riposo, non solo è parte integrante dell’allenamento, ma addirittura è ciò che lo finalizza e gli dà uno scopo, altrimenti lo sport diventa solo una fonte di stress per il nostro fisico. Non esiste, perciò, un allenamento efficace che non sia associato a un buon riposo”. Per comprendere questo concetto occorre però fare un passo indietro. “Il nostro stesso metabolismo prevede che il giorno sia dedicato al consumo delle energie e la notte alla ricostituzione di quanto abbiamo ‘speso’. Cos’è un allenamento, in fin dei conti? È la formulazione di una richiesta a cui l’organismo reagisce attivandosi, sia di giorno che di notte. Se lo stimolo è sufficientemente importante e intenso, il corpo si rende conto di dover migliorare e potenzia ogni reazione tesa a innalzare la qualità della risposta: ad esempio aumenta la produzione di enzimi, mitocondri, globuli rossi, strutture legamentose, tendinee e muscolari”. E il ciclismo? “Siamo ormai nella stagione estiva delle gare di gran fondo e medio fondo ed è ancora più necessario ‘riparare’ il corpo reintegrando elettroliti e sali e recuperando lo sforzo diurno con un adeguato riposo”. Riassumendo, per un atleta il sonno ha due funzioni: serve a ritrovare l’omeosta-

si, l’equilibrio iniziale, ripristinando quanto abbiamo consumato o danneggiato durante il giorno, ma anche per mettere a frutto l’allenamento, migliorando il nostro setting di capacità. “Ed è nella fase di sonno profondo - prosegue il dottor De Angelis - che raggiungiamo il picco di produzione degli ormoni GH, noti come gli ormoni della crescita, avviene la sintesi proteica, che permette di ricostruire i muscoli e quindi la massa magra, si reintegrano i sali minerali e i dischi vertebrali”. Le caratteristiche di un buon sonno? Durata adeguata e profondità riassume il medico. “Per questo occorre però vigilare sul comfort. Quando si dorme non bisogna essere disturbati da stimoli esterni, rumore, luce, sollecitazioni tattili. Un buon materasso, adatto alle esigenze del singolo sportivo, non solo è raccomandabile, ma è un valido e concreto aiuto per migliorare le proprie performance”. Ed è qui che scende in campo la tecnologia: Dorelan, azienda italiana leader nel settore sonno, ha ideato e brevettato dei supporti e dei materiali esclusivi, capaci di migliorare sensibilmente la qualità del riposo. Due i prodotti di punta: la linea di molle Twin System e il Myform Air. Per merito di queste e altre innovazioni Dorelan ha ricevuto, come sigillo di garanzia, la certificazione Ergocert: i suoi materassi hanno ottenuto un Indice di Comfort medio elevato, e quindi sono Certificabili per quanto concerne l’area biomedica.



Criterium du Dauphine 2017 - Photo by Bettiniphoto


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MARCIALONGA CYCLING CRAFT

INFALLIBILE

CECCHINI

Stefano Cecchini vince la Marcialonga Cycling Craft - Photo by Newspower.it

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iornata indimenticabile lo scorso 4 giugno per 1534 corridori partiti (1729 iscritti) e provenienti da ben 25 nazioni alla Marcialonga Cycling Craft nelle Valli di Fiemme e Fassa (TN), leitmotiv degli eventi firmati dallo storico brand capace di legare assieme sci di fondo, ciclismo e corsa. La giornata uggiosa non ha fermato i velocisti delle due ruote, anche perché ha iniziato a piovere praticamente quando i giochi erano fatti e, all’undicesima Marcialonga Cycling Craft, Stefano Cecchini (4:00:20) è andato letteralmente in fuga a Passo San Pellegrino, mettendosi alle spalle nel percorso di 135 km e 3279 metri di dislivello un avversario del calibro di Enrico Zen (4:06:00), campione in carica nonché vincitore nella giornata precedente di un’altra gara “dolomitica” che prevedeva un chilometraggio altrettanto sostenuto. Terza posizione per il fiorentino Davide Lombardi (4:12:59), distacchi

che raccontano un po’ l’andamento della sfida, con il gruppetto a tenere le ruote di Cecchini, ma ad arrendersi alla fuga finale del toscano, re delle granfondo e di cui qualche tempo fa si vociferava di un passaggio al professionismo, nonostante non sia più nel fiore degli anni. Cecchini, visibilmente commosso, ha poi rivolto il proprio ricordo a Vincenzina Ronchi, moglie del patron Ernesto Colnago recentemente scomparsa. Al femminile Manuela Sonzogni (4:44:13) ha regalato una performance ancor più perentoria, giungendo al traguardo con oltre un quarto d’ora su Claudia Gentili (5:01:55), con Patrizia Piancastelli a classificarsi terza (5:06:46) in volata su Cristina Lambrugo (5:06:51). Manuela Sonzogni è raggiante all’arrivo e completa così un personale bis (2013) alla Marcialonga Cycling Craft. Velocissimi anche i concorrenti del mediofondo, che comunque presentava 80 km e 1894 metri di dislivello: nella gara maschile è stata

una “battaglia”, culminata in volata, fra il veronese Andrea Pontalto (2:15:56) ed il trentino Andrea Zamboni (2:15:56), con il primo bravo a mettere le ruote davanti sulla finish line. Terzo un inaspettato Federico Nicolini (2:18:06), decisamente più conosciuto con gli sci e pelli piuttosto che sui pedali. Il Trentino ha avuto invece la “rivincita” grazie alla “solita” Serena Gazzini (2:29:49), alla terza affermazione personale alla Marcialonga Cycling Craft. Dietro l’imprendibile Gazzini sono arrivate Marica Tassinari (2:33:09) e Jessica Leonardi (2:39:19). La gara si è aperta con il “caffè in griglia” ed i coscritti dell’anno 1999 a girare con i thermos di caffè servendolo direttamente in zona partenza. La seconda perla di Marcialonga dedicata agli amanti del pedale ha riservato infinite occasioni di godimento e sport all’aria aperta, al cospetto delle Dolomiti patrimonio UNESCO. Marcialonga ha festeggiato l’undicesimo anniversario della propria creazione


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A cura della Redazione

Il “re delle gran fondo” (in odore di professionismo) s’impone anche nell’undicesima edizione della corsa delle Valli di Fiemme e di Fassa. Alle sue spalle Zen e Lombardi. Tra le donne dominio assoluto di Manuela Sonzogni

ciclistica sempre attraverso i punti clou rappresentati dalle salite di Monte San Pietro e dei Passi di Lavazé, San Pellegrino e Valles, ammirate e decantate in tutto il mondo. Gli itinerari ‘mediofondo’ di 80 km e ‘granfondo’ di 135 km sono scattati da Predazzo, percorrendo per intero la Val di Fiemme attraversando i punti focali di Ziano, Panchià, Tesero e Cavalese, prima di proiettarsi in località San Lugano nel vicino Alto Adige. Seguiva una rapida discesa su un’ampia carreggiata per giungere all’imbocco della prima asperità di giornata, 9 chilometri che s’inerpicano sino ad Aldino e culminano fra i prati di Monte San Pietro. La contesa è proseguita sino a Nova Ponente, con i gruppi montuosi dolomitici del Latemar e del Catinaccio a fare da sfondo, scendendo per qualche chilometro fino all’imbocco dell’ardua salita di Passo Lavazé. La prima parte dei 9 chilometri da superare presenta pendenze superiori al 10%, mentre negli ultimi

3 km i tratti si fanno più dolci. Al rientro in Trentino, è seguita la picchiata verso Tesero e nuovamente la vista della Val di Fiemme. Giunti a Predazzo, i concorrenti hanno deciso se portare a termine le proprie fatiche tagliando il traguardo del percorso ‘mediofondo’ al termine degli 80 km, oppure se proseguire la propria cavalcata verso la gloria. Gli arditi del pedale che hanno effettuato la seconda scelta sono entrati a Moena, in territorio fassano, attaccando i 12 impegnativi chilometri di Passo San Pellegrino. Terminato questo particolare tratto, ricco di avvenimenti storici del passato, ci si è portati sulle strade della provincia di Belluno, superando l’ultimo vero ostacolo, Passo Valles, al confine fra Veneto e Trentino. Tosti i chilometri della prima sezione, ma fuori dal bosco ci si presenta al cospetto del Gruppo delle Pale di San Martino, e ne vale veramente la pena. Dopo quest’emozionante squarcio, preludio della lunga di-

scesa di 24 km fra gli abeti di Paneveggio, ci si è proiettati verso la finish line di Predazzo, portando così a compimento i 135 km di gara. Quest’undicesima edizione della Marcialonga Cycling Craft è stata un successo enorme con numeri sempre più sostanziosi, esaltati anche da importanti challenge quali Campionato Nazionale ACSI, InBici Top Challenge, Gran Fondo World Tour e Zero Wind Show. La soddisfazione è trasparsa anche dai visi e dalle parole del presidente Angelo Corradini e della GM Gloria Trettel: “Edizione ottima da mettere in cascina, ho visto i concorrenti felici, i collaboratori pure e cos’altro volere di più? – afferma Corradini. - Il tempo non ha inciso sulle prestazioni degli atleti e tutti sono arrivati al traguardo senza problemi”. Ed ora Marcialonga chiuderà la Combinata Punto3 Craft e la propria lunga stagione di eventi con la Running Coop del 3 settembre, sfida podistica per corridori sopraffini.


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MAI COSÌ BELLA SPORTFUL DOLOMITI RACE

Enrico Zen vincitore della granfondo Sportful Dolomiti Race

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i è chiuso il sipario su quella che per tanti motivi - può essere considerata l’edizione più bella di sempre della Sportful Dolomiti Race di Feltre. La numero 23 resterà, infatti, negli annali per il meteo perfetto, l’organizzazione impeccabile, il calore trascinante del pubblico e quel clima di festa incredibile che, per la verità, da sempre ruota attorno alla manifestazione dolomitica. All’altezza anche il lotto dei partenti, dominato da Enrico Zen che, al termine di una giornata di accesissime schermaglie tattiche, ha avuto la meglio sull’avversario di sempre, il due volte vincitore della granfondo Stefano Cecchini. Il portacolori del Team Privée era scattato fin dalle prime rampe del Manghen, guadagnando prima uno e poi 2 minuti su Zen e Mauro Facci. Sul passo Rolle i minuti di vantaggio erano diventati 4 e, all’attacco del croce d’ade, la pedalata continuava in solitaria. A tre chilometri dallo scollinamento del Croce d’Aune l’inizio della crisi con un salto di catena e poi crampi. A

quel punto, con rapinoso tempismo, Zen ha sferrato l’attacco decisivo affinando l’allungo in discesa. A Pedavena cecchini era già un ricordo e il podio una realtà. La crisi di Cecchini si definiva con il sorpasso anche di Mauro Facci poi secondo al traguardo. Zen è arrivato a braccia alzate in piazza Maggiore dopo 6h24’02” (a 2’ Facci e a 4’ Cecchini). La donna più veloce è stata invece Emma Del Bono, una gran fondo in solitaria la sua, con un distacco che si è ampliato salita dopo salita. Alla fine Emma è arrivata a Feltre dopo 7h13’36” davanti a Simona Parente (7h31’51”) e Odette Bertoldin (7h44’30”). Al via 4.400 ciclisti provenienti da tutto il mondo (25 le Nazioni rappresentate) per un’edizione letteralmente baciata da sole come poche volte si è visto nella storia della Sportful Dolomiti Race; grande successo anche per il primo pit stop caffè by Segafredo con oltre 1.200 caffè serviti ai granfondisti che arrivavano sul passo e che spesso finivano per mettersi a ballare in mezzo alla strada con le hostess al suono della musica

del dj. Ma al di là dei risultati tecnici e dei suoi momenti di folklore, la Sportful Dolomiti Race di Feltre - andata in scena sotto le telecamere della Rai - passerà alla storia per l’organizzazione impeccabile e per alcuni miglioramenti scenografici resi possibili grazie anche ad una sinergia sempre più forte con l’azienda Sportful che ha voluto attendere l’expo di venerdì e sabato per inaugurare il suo nuovo black theatre, l’hospitality viaggiante che ha accolto i campioni durante la fiera e poi domenica pomeriggio le premiazioni di categoria durante il pasta party. “Un successo per il quale è doveroso ringraziare il grande lavoro del comitato organizzatore – ha commentato il presidente del Pedale Feltrino Ivan PIOL – ma va dato atto che mai come quest’anno abbiamo fatto un ottimo lavoro di squadra con l’azienda Sportful e con la famiglia Cremonese che credono moltissimo nella nostra manifestazione. E’ stata l’edizione del ‘salto di qualità’ dell’evento con servizi e allestimenti completamente rivisti. Abbiamo riproposto lo


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A cura della Redazione

Condizioni meteo ottimali, organizzazione impeccabile, calore trascinante del pubblico e grande spettacolo sui pedali. A Feltre la numero 23 resterà negli annali l’edizione più bella di sempre

streaming allargandolo dall’iniziale Passo Croce d’Aune anche agli altri passi, con la diretta della gara e con la creazione di uno studio gestito da Paolo Mei in diretta dalla gara e dal palco di arrivo. Questo ha permesso di vivere le fasi salienti della gara in diretta anche da tutto il mondo”. “Un’altra sinergia che ha funzionato alla grande è stata con il Primiero, con il gruppo festeggiamenti di Imer che ha arricchito il nostro pasta party già famoso e apprezzato per la varietà di paste, anche di oltre 5.000 canederli fatti a mano”, continua PIOL. “Ma adesso alziamo l’asticella – conclude il presidente del Pedale Feltrino –. Per il 2018 puntiamo dritti ad oltrepassare la quota 5.000 iscritti e ad arrivare almeno a 1.000 stranieri. Possiamo farcela, la macchina organizzativa è pronta, i passi sono chiusi e il percorso spettacolare. Il territorio deve credere in noi e aiutarci. Non ci manca niente e l’entusiasmo dei partecipanti quest’anno è la nostra forza e la carica a migliorarci ancora di più”. L’Ssd Pedale Feltrino è una delle società ciclisti-

che storiche della città di Feltre, di sicuro quella con il maggior numero di soci (circa 200) attualmente nel Bellunese e una delle più importanti d’Italia. La storia del Pedale Feltrino e della Gran Fondo è quella di un gruppo di amici appassionati di bicicletta che si trovano spesso insieme per scalare le vicine Dolomiti Bellunesi divertendosi in compagnia. Sono una decina o poco più nel lontano 1988, alla fine decidono di fondare una nuova società ciclistica. La prima affiliazione risale al 1989. Con il tempo il manipolo di ciclisti si allarga fino a raggiungere la cinquantina di unità, insieme si va a fare le primissime gran fondo che vengono organizzate in Italia (la Fausto Coppi, la Nove Colli…). L’amicizia e la passione per la bicicletta sono il collante del gruppo che a metà degli anni ’90 comincia ad accarezzare l’idea di organizzare in prima persona una gran fondo. Il destino porta nella pizzeria dell’allora vicepresidente Ivan Piol (attuale presidente, da 19 anni) il marmista cui Valentino Campagnolo (figlio di Tullio, l’inventore del

cambio rapido) aveva commissionato un monumento alla memoria del padre da posizionare nel passo di Croce d’Aune (poco distante da Feltre), per ricordare il luogo dove Tullio ebbe la folgorante idea. Il matrimonio Pedale Feltrino-azienda Campagnolo fu immediato e nel 1995 nacque la prima Gran Fondo Internazionale Campagnolo. Ma, dal 2008, il comitato decide di stringere una nuova alleanza forte con il territorio e nasce il partenariato con Sportful, l’azienda leader mondiale dell’abbigliamento ciclistico, per questo la manifestazione modifica il nome in Gran Fondo Sportful. Nel 2009 le Dolomiti vengono riconosciute patrimonio dell’umanità dall’Unesco e il comitato organizzatore decide di rendere loro onore modificando il nome in Sportful Dolomiti Race visto che il 90% del percorso attraversa il sito Unesco. Da quel momento solo soddisfazioni per un evento sbocciato dalla passione di un manipolo di intrepidi ciclisti e diventato, 23 anni dopo, un evento da trasmettere sui canali Rai.



Giro d’Italia 2017 - Photo by Bettiniphoto


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MARATONA DLES DOLOMITES – ENEL

ELETTRICO, IMPRESA D’ALTRI TEMPI

Photo by freddy planinschek

E

ra annunciato grande spettacolo in Alta Badia e, come al solito - malgrado la colonnina di mercurio segnasse 5 gradi - grande spettacolo è stato. Perché la Maratona dles Dolomites – ENEL non tradisce mai. Merito dei 9.129 ciclisti (di cui 962 donne) che sono ufficialmente partiti per la 31ª edizione della regina delle Granfondo internazionali. Partenza alle 6.30 da La Villa (con arrivo a Corvara) con al via 69 diverse nazionalità e partecipanti selezionati tra le oltre 33.000 richieste di adesione. Tre i percorsi lungo i passi chiusi al traffico che hanno fatto la storia del ciclismo: Pordoi, Sella, Campolongo, Falzarego, Gardena, Valparola, Giau, tutti rigorosamente chiusi al traffico. La metà dei ciclisti è italiana, l’altra proviene da tutti i cinque continenti. Da Germania, Gran Bretagna, Paesi Bassi e Danimarca i paesi con più rappresentanti europei, mentre Emirati Arabi, Thailandia, Cina, Costa Rica e Brasile sono quelli con i ciclisti

che arrivano da più lontano. Interamente in diretta la gara (UNA MARATONA NELLA MARATONA) con inizio alle 6,15 per concludersi senza interruzioni alle 12. I servizi allestiti da parte di RAI, Sky Sport e altre emittenti, rendono la rappresentazione televisiva di questa manifestazione un evento unico nel suo genere. Molti i personaggi che hanno partecipato, dai campioni dello sport ai manager dell’imprenditoria internazionale con qualche nome dello spettacolo. Per la prima volta anche Sir Bradley Marc Wiggins un baronetto alla Maratona. Tra i ciclisti più famosi al mondo e un pistard eccezionale e recordman dell’ora, è anche Commendatore dell’Ordine dell’Impero Britannico e Knight Bachelor. Anche quest’anno la Maratona non ha dimenticato i progetti di beneficenza finanziati grazie alle iscrizioni solidali. Tre le associazioni alle quali andranno i finanziamenti: Assisport Alto Adige(www. sporthilfe.it) che sostiene veri talenti sportivi, ragazzi che non hanno la possibilità di

finanziarsi le competizioni; l’associazione “Alex Zanardi Bimbingamba” (www.bimbingamba.com) che realizza protesi per i bambini che hanno subito amputazioni e che non possono usufruire dell’assistenza sanitaria; l’associazione Gruppi “Insieme si può...” Onlus/ONG (www.365giorni.org) che sostiene un progetto legato alle persone con disabilità. I verdetti Una vittoria annunciata quella di Tommaso Elettrico di Matera (Pz) che all’arrivo ha dichiarato: “Ho fatto un numero incredibile, sono partito quando mancavano tantissimi km al traguardo. Non ci credo, è la realizzazione di un sogno, per arrivare qui ho fatto veramente tantissimi sacrifici. La vittoria mi ha ripagato di tutto, anche la fiducia della mia squadra. Due anni fa ero partito per il lungo, avevo sbagliato strada ma ero comunque riuscito a vincere il medio. Oggi mi sono tolto un piccolo sassolino dalle scarpe… Venivo da 40 gradi a Matera (la mia città) e le basse temperature mi hanno impedito di allenarmi di più, ho


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A cura della Redazione

In una giornata fredda, partendo da lontano, il materano ha messo in fila i 9.129 partenti della regina delle granfondo internazionali: “Ho fatto una cosa clamorosa”. Tra le donne l’acuto di Erica Magnaldi

sofferto sul Falzarego ma ce l’ho fatta. Mi sono reso conto di aver vinto solo quando ho visto lo striscione dell’ultimo chilometro”. Tommaso Elettrico ha concluso la gara in 4h37’21” davanti a Vincenzo Pisani a 1’13” ed Enrico Zen, terzo a 3’37”. L’edizione femminile è stata vinta da Erica Magnaldi di Cuneo che ha cosi commentato la sua gara: “Ci tenevo tantissimo, lo scorso anno ho vinto il medio e quest’anno volevo fare il lungo pur sapendo che era difficile. Ho avuto paura durante tutta la gara di essere ripresa da qualche avversaria, per questo non ho mai mollato, grazie anche a compagni che mi hanno sostenuta e supporta sui passi e durante gli scollinamenti. Sono felicissima ed emozionatissima”. Seconda classificata Van Der Moeren Ils del Belgio con 5.20.04 e terza la tedesca Rausch Christina con 5.22.31. La corsa Il primo passaggio sotto il traguardo di Corvara ha visto Wladimir Cuaz - fino ad allora protagonista di giornata - passare per primo, completando il giro

del Sella Ronda in 1h51’24”. Secondo passaggio al Campolongo alle ore 8:41, con in testa sempre Cuaz con 1’29” su Tommaso Elettrico (ASD Team CPS Cycling). La prima donna sul secondo passaggio del Campolongo è stata Erica Magnaldi (Team De Rosa Santini) in 2h24’20”. All’attacco del passo Giau sempre in testa Wladimir Cuaz in 2h46’09” con un vantaggio di 34” su Elettrico e di 3’35” su Christian Barchi (Cannondale Gobbi FSA), che precede di poco un nutrito gruppetto di inseguitori. In cima alla salita più dura della corsa passa in testa per primo Elettrico in 3h24’44” con un vantaggio di 1’35” su una coppia formata da Cristian Nardecchia (A.S.D. G.C. Melania) ed Enrico Zen (ASD Team Terenzi Green Paper). In testa alle donne passa invece Erica Magnaldi in solitaria in 3h53’43”. Nel frattempo Fabio Cini (A.S.D. Cicli Copparo) ha vinto, come lo scorso anno ma questa volta in solitaria, il percorso medio con il tempo di 3h31’09”. Al secondo posto Andrea Pontalto (Team Alè Cipollini) a 1’43”

ed al terzo Matteo Cipriani (Infinity Cycling Team) a 2’28”. Tra le donne ha vinto il percorso medio Ilaria Lombardo (ASD Team Perini Bike) in 4h01’30”, davanti a Manuela Sonzogni (Team Isolmant) a 3’05” e Marica Tassinari (Team Passion Faentina) a 7’55”. Sul Passo Falzarego è proseguita la cavalcata in solitaria di Elettrico che di buon passo ha scalato le pendici dolomitiche, anticipando in vetta Vincenzo Pisani (Team Falasca Zama Animabike) di 1’44” ed Enrico Zen di 1’56”, mantenendo il distacco sugli inseguitori sostanzialmente invariato rispetto al Giau. La discesa verso il temuto Muro del Gatto non ha visto particolari attacchi, così come la dura salitella finale, con il dominatore della corsa Elettrico in controllo nonostante il riavvicinamento di Pisani. Vincitore della trentunesima edizione della Maratona dles Dolomites è Tommaso Elettrico in 4h37’21” davanti a Vincenzo Pisani a 1’13” ed Enrico Zen, terzo a 3’37”. La Magnaldi, invece, ha completato le sue fatiche in 5h16’22,8.


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Chi è Gian luca Giardini Giornalista esperto di ciclismo, Conduttore televisivo del programma “Inbici passione sui pedali” visibile su SanMarino RTV Voce e opinionista di Bike Channel

IL PUNTO DI VISTA

CARI GIOVANI PENSATE ALLE CONTINENTAL

Jasper Philipsen vincitore del Giro D’Italia Under 23 Enel 2017 - Photo by Bettiniphoto

A cura di Gian Luca Giardini

Il Giro d’Italia U23 ha confermato, in maniera impietosa, il gap fra italiani e resto del mondo. Mancano i talenti azzurri? No, il problema è il “sistema”...

C

redo che il recente Giro D’Italia Under23 imponga più di una riflessione. Certamente è un appuntamento di cui il movimento giovanile aveva necessità, fortissimamente voluto dal commissario tecnico Davide Cassani ed organizzata in maniera impeccabile da Marco Selleri con l’aiuto, va detto, di un team straordinario. Cassani si è impegnato moltissimo a tutti livelli perché il progetto diventasse realtà. Dalla ricerca degli sponsor alla scelta dei percorsi, Davide si è mosso con grande professionalità e passione. Va sottolineato quanto sta facendo per i giovani e l’intero movimento. Anche per le discipline meno note, ma nel ciclismo moderno indispensabili, come crono, cross, MTB e pista. Mi piacerebbe che gli sportivi se ne ricordassero soprattutto il giorno del mondiale su strada

dove, purtroppo, se non hai un Bettini, fai quello che puoi... Mentre lavorare per anni partendo dalle fondamenta dà poca visibilità, ma nel medio termine porta risultati, quelli che contano. Il responso della strada ci obbliga invece a tutta un’altra serie di considerazioni. Il vincitore, che compirà vent’anni a luglio, gareggia stabilmente con i professionisti. Come lui, quasi tutti gli otto stranieri presenti nella top ten. Quindi due soli azzurri tra primi 10 nella classifica generale ed una sola vittoria nelle otto tappe disponibili. Lo strapotere degli stranieri è parso netto, a tratti schiacciante. Anche se non disponiamo al momento di talenti come Aru o Moscon, non possiamo dire che i buoni corridori ci manchino. Credo piuttosto che sia un problema di “sistema”. All’estero già da tempo i giovani affrontano

l’attività in modo completamente differente dalla nostra. Gareggiando nelle Continental possono misurarsi con i professionisti, fare esperienza in gare importanti e, dividendo la stagione in periodi, hanno anche la possibilità di “allenarsi”. Sì, proprio allenarsi. Da tempo i nostri dilettanti gareggiano troppo e non hanno modo di prepararsi per migliorare le loro (eventuali) lacune tecniche. A lungo andare questo provoca uno scadimento delle loro prestazioni personali e, mediamente, di tutto il movimento. È ora di passare alle Continental, come in tutto il resto del mondo? Questo non lo so, ma una cosa è certa: sarebbe importante che le nostre società ed i nostri tecnici allargassero le vedute adeguandosi a tutto ciò che sta avvenendo in Europa e non solo. Qualcuno ha già intrapreso la strada giusta, spero lo facciano in tanti altri.



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INBICI TOP CHALLENGE

LA PAROLA AL

MONTE BONDONE I leader di classifica indossano la maglia del circuito InBici Top Challenge

A cura della Redazione

Con l’annullamento della Gavia-Mortirolo sarà la “Leggendaria Charly Gaul” del 9 luglio a decretare i vincitori del circuito. Ma per gli abbonati c’è un regalo in più: la Granfondo Internazionale di Torino

A

lla fine Giove Pluvio ci ha messo lo zampino e il violento nubifragio che si è abbattuto lo scorso 25 giugno sulla Valtellina ha indotto l’organizzatore Vittorio Mevio ad annullare la Granfondo Gavia – Mortirolo, quinta perla dell’InBici Top Challenge. Una decisione sofferta ma condivisa da tutti, soprattutto dai ciclisti, vista la totale mancanza di sicurezza causata dalle avverse condizioni meteo. Dare il via alla corsa sarebbe stato, infatti, un rischio eccessivo, in un periodo - per altro - in cui la sensibilità verso il tema della sicurezza è giustamente molto accentuata. Per non falsare le classifiche dell’InBici Top Challenge, dunque, il presidente del circuito Maurizio Rocchi ha deciso insieme al suo staff di non assegnare alcun punteggio e di non sostituire la Gavia - Mortirolo con un’altra granfondo: “Il rischio - spiega Rocchi - era quella di proporre una gara con caratteristiche troppo diverse da questa, rischiando così di stravolgere, in maniera non equa, le classifiche del circuito”. Pertanto, tutti gli abbonati procederanno spediti verso il gran finale, la Leggendaria Charly Gaul del 9 lu-

glio, al termine della quale saranno decretati i leader assoluti e di categoria del circuito. Tuttavia come omaggio agli abbonati, che avevano fatto grandi sforzi per raggiungere Aprica per la Granfondo Gavia - Mortirolo, Maurizio Rocchi insieme a Vittorio Mevio, organizzatore della Granfondo Internazionale Torino del 3 settembre, hanno deciso che tutti gli abbonati potranno partecipare gratuitamente a questa bellissima manifestazione, che però - va ribadito - non assegnerà punteggi aggiuntivi per il circuito. Restano dunque invariate le classiche dell’InBici Top Challenge che, dopo le prime quattro gare del calendario (Laigueglia, Via del Sale, Vernaccia e Marcialonga), vedono in testa, in campo maschile, Christian Pazzini (Team Nob Jollywear) con 350 punti, davanti a Lorenzo Bernardini (307) e Giorgio Falasconi (283). In campo femminile, invece, al primo posto c’è sempre Chiara Giangrandi (Polisportiva Croce Rossa di Lucca) che, con 320 punti, precede di 20 lunghezze Barbara Genga del Team Fausto Coppi Fermignano. Sul terzo gradino del podio, ancora perfettamente in

corsa per il successo finale, con 285 punti, c’è la portacolori del Rubicone Cycling Asd Serena Falconi. Saltato a piè pari l’impegno dell’Aprica, dunque, il circuito si prepara al gran finale: il 9 luglio a Trento torna la leggendaria Gran Fondo Charly Gaul, prova regina del circuito ed un’unica tappa italiana dell’Uci Gran Fondo World Series. Sarà dunque il Monte Bondone, ancora una volta, a decretare i vincitori ufficiali dell’InBici Top Challenge. Qui, come sempre, sarà allestito l’ormai celebre Bike Village dell’InBici Top Challenge con in prima fila il maxi-pullman hospitality di InBici, il mezzo di marketing itinerante che si sta sempre più affermando come una delle grandi novità del mondo granfondistico. Nell’area dell’Inbici Top Village esporranno alcune aziende partner del circuito, tra cui FSA (componenti ciclo), PROLOGO (selle), ARGON 18 (creatore delle biciclette di Fabio Aru), INKOSPOR (integratori), VELOSYSTEM (biomeccanica), GIRO (caschi e scarpe) BELL (caschi), PISSEI (abbigliamento tecnico), VISION (ruote), MAXXIS (pneumatici) e COSMO BIKE FIERA DI VERONA.


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L’ATLETA DEL MESE

NIKI GIUSSANI

LA BICI NEL SANGUE

Niki Giussani vincitore del percorso medio della Granfondo Novara Marcello Bergamo 2017

D

ue chiacchiere con uno dei mediofondisti più continui del pianeta amatoriale. Sempre sorridente e gentile, Niki Giussani è un punto di riferimento per molti ciclisti e un punto fermo per la sua famiglia che lo segue ovunque. Ex dilettante di alto livello, non ha mai perso la passione per le corse. Giussani ci dica, come si è avvicinato alle due ruote a pedali? Devo dire grazie ad un compaesano, Carlo Ferrari, che da grande appassionato di ciclismo, vedendomi pedalare all’età di 6 anni, mi ha regalato la mia prima bici. E da allora non ho ancora smesso. A quanti anni la prima gara? E la prima vittoria? Ho fatto tutta la trafila dai Giovanissimi

e, via via, in tutte le categorie superiori fino al dilettantismo. Poi, quel mancato passaggio al professionismo che ancora adesso è il mio più grande rammarico, ma non per causa mia. Ho vinto subito alla terza gara di stagione nei Giovanissimi, ma in carriera non ho vinto tantissimo. Ero un ‘eterno piazzato’, purtroppo non sono mai stato veloce. Quali sono le sue caratteristiche tecniche? Sono sempre stato considerato passistascalatore. La bici per lei è stata quasi un lavoro, con tutta la trafila, come detto, delle categorie giovanili, sino ad arrivare a un passo dal professionismo. Qual è stato l’anno più importante? Sicuramente il biennio 2000-2001 quando

ho ottenuto tanti, forse troppi piazzamenti, senza riuscire a vincere la corsa che mi avrebbe aperto la porta al professionismo. Ricordo comunque che sono stato leader al Giro del Friuli fino all’ultima tappa, poi vinta da Raffele Ferrara, 10° in classifica al Giro d’Italia, nel quale ottenni un ottimo terzo posto in una tappa e vari piazzamenti, oltre ad aver sfiorato la maglia rosa per diverse tappe. Vogliamo ricordare alcuni nomi dei suoi avversari di quel periodo, che poi sono diventati professionisti? Ho corso con Dancelli , Ferrari, Savoldi, Bianchini, Zanaetti, Lopeboselli, Dancelli, Gerosa e molti altri poi passati al professionismo. Professionismo che, come ho già detto, per me non si è concretizzato all’età di 29 anni.


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Niki Giussani a braccia alzate sul traguardo di Novara

A cura di Paolo Mei

Alla scoperta di Niki Giussani, uno dei mediofondisti più costanti del mondo amatoriale. Con tanti trofei in bacheca e un solo rimpianto... Photo by Newspower.it

Nonostante tutto la bicicletta non l’ha mai abbandonata. Che cosa rappresenta per lei correre in bici? Effettivamente non ho mai smesso di correre, perché per me correre è passione, competizione e libertà, anche verso un mezzo che, nel bene e nel male, ha rappresentato la mia vita e a cui devo tanto. Lei corre da tanto tempo nella categoria amatori dove, soprattutto nelle medio fondo, possiamo dire lei sia uno dei più forti in Italia. Quanto è difficile far coincidere il lavoro con la famiglia e gli allenamenti? Beh, che dire, nel mondo amatoriale, medio fondo in particolare, arrivo negli anni 2003 /2004 vincendo ormai tutte le gare più belle, grazie anche alla mia famiglia che mi ha sempre spalleggiato in questo

e a cui devo tutto il merito delle mie soddisfazioni. Un grazie lo devo soprattutto a Stefiania, mia moglie e mamma della mia splendida bambina Giulia, che mi è sempre stata a fianco in tutti questi anni, condividendo con me questa grande passione.Un grazie anche all’azienda CW BEARING, produttrice di cuscinetti BIKE dove lavoro, che mi dà la possibilità di dedicare qualche ora per svolgere al meglio la mia attività, ma ti confido che non è semplice. La settimana tipo di Niki Giussani? Lunedì scarico, martedì 80 km, mercoledì 100 km, giovedì scarico, venerdì 50 km, sabato scarico, domenica gara. Non seguo tabelle di preparazione, perchè considero il livello amatoriale alto, ma fatto senza schemi. E poi, personalmente, vado molto a sensazioni.

Obiettivi a breve termine? Certamente il mondiale in salita al Bondone, Gavia e Mortirolo e Mapei Day. In realtà ho avuto modo di vincerle già tutte, ma ci vorrei riprovare. Che bilancio possiamo tracciare della stagione attuale? Nel 2017 ho già ottenuto 8 vittorie assolute, tra circuiti e medio fondo, e non sono mai uscito dal podio. Qualcun altro da ringraziare? La redazione di INBICI, oltre a mia mamma Enrica, mio papà Giancarlo, mio zio Achille mia mogie Stefania, mia figlia Giulia che sono i miei tifosi numero uno, il mio presidente Mauro Cesena e il mio super amico Gigi Meloni.



Tour of Croatia 2017 - Photo by Bettiniphoto


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MENTE IN SELLA

NIKEFOBIA SCONFITTI DALLA PAURA DI VINCERE Vincenzo Nibali - Photo by Bettiniphoto

“Non avevo più né paura di perdere né paura di vincere, ma proprio per questo ero tranquillo” (Vincenzo Nibali).

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passato un anno esatto da questa dichiarazione di Vincenzo Nibali, pronunciata in un’intervista al termine del Giro d’Italia 2016, tuttavia mi piace riprendere oggi le sue parole perché introducono un argomento ancora molto attuale per tanti ciclisti e sportivi. Vincenzo Nibali, infatti, con la sua dichia-

razione fece chiaro riferimento ad una FOBIA ampiamente diffusa tutt’oggi nel mondo dello sport: stiamo parlando di “NIKEFOBIA” che letteralmente può essere tradotto come “paura di vincere”. Ma come? Ci stai dicendo che esistono atleti che hanno paura di vincere? Proprio così! Per quanto assurdo e paradossale possa sembrare cari amici lettori, ci sono atleti che si gestiscono male in gara, si deconcentrano o vanno in tilt a poche pedalate dal traguardo perché hanno paura di vincere!

Dalla NIKEFOBIA non sono immuni neppure gli atleti professionisti, quelli che avrebbero tutte le carte in regola per giocarsi la vittoria ma che, ad un passo dal traguardo, possono “bloccarsi!” perché impauriti dalla possibilità di conquistare effettivamente un successo, una vittoria. Ma la NIKEFOBIA non si manifesta sempre e solo ad un passo dal traguardo; la paura di vincere può manifestarsi anche molto prima dell’arrivo, inficiando la gestione della gara fin dalle prime pedalate, come racconta Nibali: “Sono partito con la testa


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Chi è Claudia Maffi Laureata in Psicologia all’università Cattolica, specializzata in psicologia dello sport presso Psicosport di Milano. Conosciuta nel mondo sportivo come Psicologa dello sport e Mental Training per atleti.

a cura di Claudia Maffi

Schiacciati dalle attese o incapaci di gestire gli attimi salienti di una corsa: così tanti campioni buttano alle ortiche successi alla portata. Ecco qualche consiglio per evitare il flop

di voler strafare. Era questo il mio errore. Mi aspettavo subito qualcosa. Per questo non correvo bene, ero troppo concentrato.” Hai presente quella CONCENTRAZIONE FORZATA ed innaturale dettata dalla paura di deludere le aspettative? È proprio questa una delle caratteristiche della Nikefobia ed è stata ben descritta dalle parole di Nibali. “Poi ad un certo punto non ho più avuto paura né di perdere né di vincere. Questa consapevolezza mi ha fatto avere un grande ruolo. Mi sono libe-

rato dai pensieri e ho corso con la mente libera”. COME SI AFFRONTA, DUNQUE, LA PAURA DI VINCERE? “Il momento della svolta è stato saper allontanare le pressioni esterne e correre con la mente più libera” racconta Vincenzo Nibali, chiamando indirettamente in causa il ruolo fondamentale giocato dalla mente nella gestione della prestazione. Le aspettative, le pressioni esterne, la paura di deludere, il desiderio di essere all’altezza, la responsabilità che l’atleta si sente addosso pesano sulla mente e ostacolano la piena espressione delle proprie potenzialità. Le pressioni frenano l’intuito, annullano il divertimento e aumentano la percezione di fatica. Se atleti già affermati hanno imparato con il tempo (e con il supporto di professionisti mental trainer e psicologi) a gestire queste pressioni e liberare la mente, sono soprattutto i giovani atleti a fare ancora molta fatica nell’affrontare a “mente leggera” lo start di partenza. Gli stessi atleti già affermati, come lo è stato per Vincenzo Nibali, possono attraversare nel corso della carriera agonistica dei momenti in cui prevale la sfiducia prende il sopravvento e la paura di vincere trova allora terreno fertile per manifestarsi. MA COME SI MANIFESTA LA NIKEFOBIA? La paura di Vincere “colpisce” quegli atleti che sanno di avere grandi potenziali-

tà, tuttavia non credono fino in fondo di avere quelle abilità necessarie per poter conseguire risultati importanti. A livello mentale questa convinzione porta i corridori ad “autosabotarsi” con le proprie mani attraverso comportamenti specifici: la mente va’ in tilt proprio quando la vittoria sembra ormai in pugno. Sotto alla PAURA DI VINCERE si nasconde la convinzione dell’atleta che la vittoria richieda delle abilità e capacità altre, diverse , maggiori che l’atleta in questione ritiene di non possedere. Poco conta quanto talentuoso sia l’atleta, ciò che conta è la PERCEZIONE che l’atleta ha costruito nel tempo circa le proprie possibilità di vincere la gara della vita. Per questo, in vista di obiettivi importanti, non basta allenarsi e raggiungere lo stato di forma ottimale, anche l’atteggiamento mentale orientato alla vittoria dev’essere portato all’altezza dell’obiettivo. GRANDI OBIETTIVI richiedono GRANDE FORZA E CONVINZIONE MENTALE. Sul mio sito www.claudiamaffi.it puoi trovare altre informazioni sulla mia attività e se sei interessato a saperne di più sul mental training puoi contattarmi all’indirizzo mail info@claudiamaffi.it *Dott.ssa Claudia Maffi (psicologa dello sport e mental trainer)


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È

un marchio, Look, che ha sempre investito e puntato forte sull’innovazione. Fu Look che nella prima metà degli anni Ottanta stupì il mondo del ciclismo con i suoi rivoluzionari pedali a sgancio rapido; fu sempre lei che sul finire di quel decennio introdusse, per prima sul mercato, i suoi avveniristici telai in carbonio/kevlar. Per l’azienda transalpina il filo rosso dell’innovazione e della ricerca continua non ha avuto alcuna battuta d’arresto neanche nei decenni successivi, i primi del millennio, quando Look interpretò la sua inesauribile spinta ad innovare con telai che, primi tra tutti, facevano dell’integrazione funzionale, estetica e strutturale con i componenti il loro punto

di forza. Nacquero esattamente nate così la 675 - lei e il suo affascinante attacco integrato nella struttura del top-tube - e poi ancora nacquero così la 695 e infine la 795, che, oltre all’attacco, di integrato aveva ed ha tuttora - freni e guarnitura. Aggiungiamo che di pari passo con lo sviluppo di biciclette così accattivanti Look non ha mai perso di vista il suo business “nativo”, quello dei pedali a sgancio rapido, che in tutti questi anni hanno continuato a rappresentare la voce più importante (più del 50 per cento, 465000 unità vendute nel solo 2016) del suo fatturato globale. Appunto: da questo dato di fatto è partito il nuovo management del marchio transalpino per raggiungere traguardi ancor più

ambiziosi. Già, perché dal luglio 2016 ad acquisire la quota di maggioranza dell’azienda francese è stato Activa Capital, cioè un gruppo finanziario di private equity. L’obiettivo che gli investitori hanno affidato al nuovo Ceo – è un italiano, si chiama Federico Musi - è consolidare le vendite nel segmento pedali (e in questo senso il primo passo è stato rinnovare completamente la piattaforma del pedale Keo 2 Max, che recensiremo in una prossima occasione), ma soprattutto puntare ad una crescita significativa nel segmento “telai”, cioè quello che proprio a causa dell’esclusività dei suoi articoli e del bagaglio avanzatissimo del suo patrimonio tecnologico è rimasto un segmento di nicchia e paradossalmen-


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La foggia di ogni tubo nasce da uno studio mirato sulle caratteristiche inerziali che deve avere

La prima novità che introduce il 2018 del marchio francese è una bici espressamente progettata per la salita: leggerissima, capace, performante. Sfoggia soluzioni tecnico/ estetiche curate ma al tempo stesso pulite, funzionali e nel contempo all’avanguardia. Una bici perfetta per i grimpeur, insomma, ma che ci ha piacevolmente sorpreso soprattutto quando ci siamo lanciati in discesa.

te non è stato recepito come meritava dal pubblico storicamente tradizionalista - del ciclismo stradistico. La nuovissima 785 Huez che abbiamo avuto modo di testare in occasione del suo “lancio” nasce proprio da questa constatazione: è una bici che raccoglie il meglio della tecnologia sui materiali di cui è capace Look e che interpreta tutto questo know-how in modo da ottenere valori sbalorditivi per quel che riguarda il famoso compromesso rigidità/leggerezza. Tutto questo però accade ispirandosi a canoni estetici e soluzioni tecniche più “classiche”, cioè mai troppo ardite. Una bici come questa, a chi l’agonismo lo ha nel sangue e in particolar modo a chi va forte in salita, non potrà

Il telaio finito ha un peso da record:

730 grammi

A cura di Maurizio Coccia

non piacere (e nelle impressioni in prova vi spiegheremo il perché) e proprio a detta del nuovo Ceo del marchio transalpino è la soluzione più indicata per promuovere in grande stile la crescita globale di Look nello specifico segmento “telai”. In Casa Look le soluzioni più ardite e all’avanguardia di cui sono capaci non le rinnegano, ci mancherebbe (ed anzi proprio durante la presentazione della 785 Huez abbiamo carpito dei rumors che fanno intuire a breve altre interessantissime novità), ma intanto questa 785 Huez si propone di accattivare il pubblico con soluzioni tecnico/ estetiche più classiche, ma pur sempre con tutta l’expertise e la competenza propria del marchio di Nevers, in Borgogna. Ispirata alla salita Come per tutte le Look il nome di battesimo questa bici lo prende in prestito da un numero a tre cifre, “785”. Vi aggiunge però “Huez” proprio in memoria dell’omonima salita dell’Alta Savoia: L’Alpe d’Huez, 14 kilometri al 7.7 per cento diventati famosi perché dal 1952 in poi su quei ventuno tornanti hanno fatto la storia del ciclismo e del Tour de France corridori che si chiamano Coppi, Hinault, Lemond e Pantani, solo per citare i più famosi. Non solo: nell’ambito di una strategia di sponsorship che guarda sia al ciclismo professionistico (nel

2017 Look è al fianco del team Continental Fortuneo Vital Concept) ma soprattutto alla “base” del mondo amatoriale, la 785 Huez deve il nome alla località in cui da 35 anni arriva la cicloturistica di montagna più famosa di Francia, la Marmotte, di cui da quest’anno il marchio francese è title sponsor. La presentazione alla stampa della bici si è in effetti svolta proprio in concomitanza con la settimana della granfondo francese, offrendo peraltro ai giornalisti presenti il terreno migliore per mettere alla prova le caratteristiche di una bici che, lo avrete intuito, è destinata in particolare ai grimpeur. Top di gamma La 785 Huez si posiziona al top della gamma Look. Va ad affiancare al vertice della collezione la 795 Aerolight e 795 Light, ma se queste ultime sono poste nel cosiddetto segmento Aero, la nuova entrata si piazza in quell’ambito che il produttore francese chiama Altitude, che è evidentemente dedicato a chi ama la salita e mette la leggerezza in cima ai suoi ordini di priorità tecnici. La bici è proposta in due versioni, esattamente uguali per quel che riguarda le caratteristiche geometriche, tecniche e morfologiche, ma che si differenziano per il tipo di carbonio utilizzato. La variante qualitativamente migliore è


ANTICIPAZIONI 2018 74

Il telaio impiega fogli di carbonio costruiti con nanotecnologia

Architettura classica per la zona sella: collarino esterno e reggisella da 27.2 mm


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Quella del movimento è la più monolitica delle sezioni. Rigidissima

La forcella ha steli dritti. Maneggevole e stabile nel contempo

proprio quella che abbiamo avuto modo di provare, la 785 Huez RS: il composito che le dà forma impiega una percentuale maggiore di fibre di carbonio ad altissimo modulo e ad altissima resistenza rispetto a quel che invece accade sulla variante standard, che

(cinque per la versione “RS”, quattro per quella standard). I layer, cioè i fogli di carbonio di origine, che danno forma alla 785 Huez RS sono ben 260, mentre si scende a 230 per la 785 Huez. In entrambi i casi la formazione dei layer impiega nanotecnologia, la stessa che consente di ridurre lo spessore di ogni foglio al valore minimo di 0.001 millimetri e la stessa che consente di assegnare alle tubazioni spessori interni davvero ridotti (fino a 0.6 mm). Proprio come si addice ad un telaio di altissima gamma forme esterne e sezioni dei vari tubi sono differenti, funzionali ad assecondare le caratteristiche meccaniche richieste sui vari comparti del telaio, secondo una tecnologia che Look ha battezzato Optimized Inertia Section. Come spesso accade il più generoso dei comparti del telaio è quello della scatola movimento, che prevede uno standard press fit 86.5 mm per tutte le varianti di montaggio salvo quella Replica utilizzata dai professionisti, che di serie prevede la guarnitura integrata Look Zed 2, lei e le sue specifiche dimensionali che la interfacciano al telaio. Il tubo di sterzo? Alloggia una forcella con cannotto a se

L’aspetto del telaio è

CURATO I foderi bassi hanno una robusta sezione scatolare

Il telaio è “race-approved”, cioè conforme alle certificazioni richieste dall’Uci

in modo maniacale. Rimane sempre

PULITO si chiama semplicemente 785 Huez. Quel che cambia tra le due varianti è di conseguenza il peso del telaio finito (cioè comprensivo di verniciatura) e il relativo prezzo. In merito al peso siamo a soli 730 grammi del telaio più i 280 grammi della forcella per la versione “RS” e a 990 grammi di telaio più 350 grammi di forcella per la versione standard. Il procedimento di costruzione che dà forma al telaio è quello del posizionamento di diverse tipologie di carbonio


ANTICIPAZIONI 2018 76

La versione al top è la Replica, da 9999 euro. La “base” costa molto meno, 2299 euro

Federico Musi, italiano, dal 2016 è il nuovo Ceo di Look Cycles

zione conica ed ha steli perfettamente rettilinei, mentre sul versante opposto il tubo di sella è predisposto per reggisella da 27.2 mm di diametro, con sezione tonda. Nulla di più tradizionale, dunque, o, meglio nulla in grado di urtare il palato generalmente tradizionalista del segmento cui questa nuova bici più strizza l’occhio, quello degli agonisti. A tutti loro la 785 Huez offre le sue fattezze prive di fronzoli, il suo aspetto curato ma sempre “pulito”. In questa direzione lavorano anche i bei foderi posteriori obliqui dalle fattezze minimali, contrapposti a più generosi foderi bassi con sezione scatolare; infine, i cablaggi dei freni e della trasmissione sono tutti previsti interni, veicolati da eleganti passacavi applicati ad arte sul telaio. Geometria, montaggi, prezzi La 785 Huez è proposta al pubblico in cin-

que taglie, dalla XS alla XL, tutte con impostazione geometrica moderatamente sloping e tutte allineate ai canoni angolari e dimensionali che Look utilizza da anni sulle sue migliori biciclette da competizione, a loro volta collaudate ed apprezzate dai top rider del ciclismo professionistico. Si tratta della cosiddetta Race Geometry, che si concretizza con uno sviluppo molto compatto del carro posteriore (405 millimetri per tutte le taglie) e con valori angolari di sterzo e tubo sella in grado di garantire da un lato una guida reattiva e nel contempo stabile, e d’altra parte una distribuzione di peso equa tra avantreno e retrotreno. La 785 Huez è proposta di serie con numerosi allestimenti; partendo dalla versione di vertice, cioè la “RS”, al vertice troviamo proprio il montaggio Replica che abbiamo avuto modo di provare noi di InBici Magazine ed è lo stesso che è

stato appena fornito in uso al team professionistico equipaggiato in questo 2017 da Look, la Fortuneo Vital Concept. In questo caso al gruppo elettromeccanico Sram Red eTap sono accoppiate ruote a basso profilo in carbonio Corima Carbon 32 MCC S+ per tubolare. Il prezzo è, importante, 9999 euro, ma in fondo non è nulla di così esorbitante se paragonato alle omologhe biciclette di vertice di tanti altri brand competitor e soprattutto se lo si mette in relazione al peso complessivo incredibile che caratterizza questo allestimento: 5.9 chili per la bici completa (priva di pedali). In ordine di prezzo l’allestimento successivo è poi quello con Shimano Dura-Ace e ruote Corima 32 MCC S+ (oppure le alto profilo Carbon S1 da 47 mm): il costo in questo caso è di 6999 euro. La versione con gruppo Shimano Ultegra Di2 e ruote Mavic Ksyrium costa invece 4999 euro, mentre se si sceglie l’Ultegra meccanico il prezzo scende a 3999 euro. Prezzi ancor più allettanti sono quelli degli allestimenti della 785 Huez in versione standard, cioè non “RS”: si parte dai 3999 euro della Shimano Ultegra Di2 con ruote Mavic Ksyrium, si passa ai 2999 euro di quella con Shimano Ultegra e ruote Mavic Aksium, per finire poi con i 2299 euro della Shimano 105. La nuova piattaforma 785 Huez è già disponibile sul mercato e, vale la pena di ricordarlo, i telai sono garantiti a vita. Una prova speciale: la gara Per il “lancio” alla stampa della nuova 785 Huez Look non solo ha pensato bene di organizzare il tutto nella località francese che dà il nome al nuovo modello, ma anche di offrire a noi giornalisti “del pedale” le condizioni più serie per svolgere un test: ci ha fatto correre una vera e propria gara! Già, perché tra le manifestazioni satelliti della cicloturistica Marmotte, da qualche anno c’è anche il Prix de Rousses, una competizione infrasettimanale che in soli 40 kilometri offre ai partecipanti ben 1600 metri i dislivello, che si totalizzano prima con la salita di 10.4 kilometri che conduce all’Alpe d’Huez e poi con i restanti 6 kilometri di ascesa che hanno portato i trecento partecipanti verso il piccolo villaggio alpino di Vaujany; a intermezzare le due salite c’era una lunga discesa - in alcuni tratti tecnica, in altri più veloce - e poi un brevissimo tratto di qualche kilometro di pianura. Insomma, nulla di meglio per provare un modello del genere, che, lo ripetiamo, si rivolge principalmente (ma come vedremo non esclusivamente) agli amanti delle montagne. Precisiamo inoltre che l’allestimento che Look ci ha messo a disposizione era il migliore tra quelli disponibili, cioè quello


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Il nostro collaboratore si scalda prima di partire per il Prix de Rousses

le incredibili Corima in carbonio a basso profilo, che oggettivamente sono il più degno, il più logico e il più giusto completamento per un telaio di questo tipo. Aggiungo poi che lo snello reggisella da 27.2 millimetri mi ha fatto percepire una certa flessibilità sul piano verticale, cioè un discreto grado di comfort: e questo è un benefit che si percepisce non solo sugli asfalti dissestati, ma anche quando si è portati a rimanere a lungo seduto in sella, come appunto accade su una lunga salita come quella affrontata. E a fine gara la schiena ha decisamente ringraziato… Fin qui la salita, ma è quando la strada ha iniziato a scendere che la 785 Huez RS mi ha svelato le sue qualità più inaspettate: da un telaio (e nel caso mio da una bici completa) così leggera mai mi sarei aspettato un livello di rigidità laterale (e in particolare la rigidità del triangolo principale) così elevata. Tutto questo si traduce subito in stabilità e sicurezza percepite nell’affrontare i curvoni veloci (oltre i settanta all’ora) che mi è capitato di affrontare in corsa. Nelle curve tecniche, invece, alla rigidità si unisce anche l’ottimo bilanciamento del peso proprio della configurazione Race Geometry: il risultato è stato quello di sensazioni che – previa la padronanza,

La versione che abbiamo provato è quella dei

PRO

che sono costretti a zavorrarla… Replica utilizzato dai pro, con gruppo elettromeccanico WiFi Sram Red eTap, ruote Corima 32 MCC S+ per tubolare e guarnitura integrata Look Zed 2. La taglia che abbiamo testato è stata una S, perfetta per i 173 centimetri di statura di chi scrive; il peso complessivo del mezzo, compresi i pedali e gli accessori (borraccia vuota e portaborraccia) superava di poco i sei chili. Le impressioni del test Provvisto di una bici così leggera non era difficile aspettarmi grandi performance in salita; sì, era facile ma non era scontato. Se lungo i ventuno tornanti dell’Alpe d’Huez la 785 Huez RS che ho provato è risultata incredibilmente performante e reattiva, questo si deve non solo al suo peso piuma, ma anche alla vivacità di un carro posteriore compatto, che mi ha fatto sentire sempre la ruota “sotto”, che ha fatto reagire subito il mezzo non appena mi alzavo in piedi sui pedali per una variazione di ritmo. Impossibile negare che nella bontà di tali sensazioni hanno influito anche le ruote,

l’attenzione e la “presenza” di guida che tradizionalmente richiede un prodotto da competizione pura come è questo – ti fanno sempre sentire padrone della strada, ti portano curva dopo curva a spostare un po’ più oltre il tuo limite di sicurezza. Sicuramente questo è anche merito delle ottime prestazioni dell’impianto frenante e dei pattini specifici delle ruote Corima, gli stessi che mi hanno permesso di “staccare” davvero all’ultimo. In realtà, ed è proprio mentre faccio la discesa “a tutta” che mi balena in mente questa idea, penso a quanto ancora potrà guadagnare in velocità questa bici se e quando sarà introdotta anche la variante “Disc”. In questo caso si tratterà allora di aspettare poco, forse già da questo settembre, con l’introduzione della 785 Huez Disc, che mentre andiamo in stampa è già in linea di produzione. Il mio risultato finale? Ventiseiesimo assoluto al traguardo: niente male rispetto ai miei 42 anni e rispetto a una condizione di forma che non è certo quella di quando facevo il corridore quasi per professione. Il merito, insomma, è anche e soprattutto del bolide da salita su cui ho avuto la fortuna di montare

Contatti: Look Cycle Italia Via Ferrari 21/A, 21047 Saronno (VA) Tel. 02/96705309 - Fax 02/96368948 www.lookcycle.com


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GRANFONDO DON GUANELLA

PEDALANDO VERSO L’INTEGRAZIONE A cura della Redazione

L’8 ottobre in provincia di Lecco gara benefica a sostegno di un progetto pedagogico contro l’emarginazione giovanile. Ai nastri di partenza un esercito di campioni: Cadel Evans, Chiappucci, Zanardi e Bugno

I

l Fondo “Cascina don Guanella”, costituito nell’ambito della Fondazione della Provincia di Lecco, si pone l’obiettivo di appoggiare il progetto in corso di realizzazione della comunità Casa don Guanella di Lecco, dedicato ai minori accolti in comunità, in grado di rappresentare un luogo di formazione, di orientamento e di inserimento lavorativo vero e proprio per i ragazzi affidati. E a dare una mano concreta al completamento delle opere della Cascina Don Guanella ci sarà anche il GS Alpi, che “utilizzerà” nuovamente il ciclismo come strumento per fare del bene ed aiutare il prossimo. La Granfondo Don Guanella andrà in scena l’8 ottobre, coinvolgendo alcune fra le più grandi stelle del passato a due ruote: “Un importante sforzo è stato prodotto di recente per rinnovare ed abbellire la struttura – sostengono i responsabili della comunità - nella direzione di esprimere, anche con il linguaggio della bellezza e dell’arte, un concetto di accoglienza, di condivisione e di coesione, tanto caro alla nostra comunità. La forza pedagogica dell’esperienza di scoperta del bello, del piacere

di sperimentare ambienti gradevoli, sembra evidente, sia nel verso di attenuare le fatiche di chi vive una situazione di emarginazione e di sofferenza, sia di chi ha il compito di promuovere nuovo benessere. Abbiamo dunque inteso la nostra comunità come un luogo dove sia possibile donare e ricevere il bene, dove ci si scambi ‘relazione’”. Il ciclismo fungerà dunque da “tramite” per permettere alla cascina di proseguire il programma di integrazione, sviluppo e trasmissione di valori significativi, dentro e fuori la cascina: 130 chilometri e 2087 metri di dislivello verranno completati da Lecco a Bellagio, Ghisallo, Colma, ancora Bellagio, Colle Brianza e l’Alpino, raccogliendo fondi per finanziare la sala-ristorante dell’Agribike Cascina Don Guanella. Partecipare e dare una mano è ovviamente possibile, alla cifra di 40 euro, o in tutta comodità a 50 euro direttamente in loco nei giorni 7 ed 8 ottobre, un’occasione unica anche per pedalare ed incontrare tanti personaggi le cui gesta sono rimaste scolpite nella storia del ciclismo. Ai nastri di partenza dal Lungolago Isonzo a Lecco ci sarà infatti una parata di

campioni da fare invidia a molte manifestazione blasonate: in primis Cadel Evans, due volte campione del mondo nel cross country, passato al professionismo su strada, nel 2001, aggiudicandosi il campionato del mondo di ciclismo su strada nel 2009 a Mendrisio, la Freccia Vallone nel 2010 e il Tour de France nel 2011. Con lui anche il “Diablo” Claudio Chiappucci, sempre presente quando si tratta di eventi solidali. Per non parlare di Alex Zanardi, il quale non ha di certo bisogno di presentazioni, con una pregevole carriera da sportivo. Gianbattista Baronchelli sarà “ospite d’onore” presente anche nei progetti recenti della cascina. Gianni Bugno non si è fatto di certo pregare, così come Giancarlo Perini, Marzio Bruseghin, gregario di lusso e corridore completo che, pur facendo della cronometro la sua specialità migliore, vanta diversi piazzamenti tra i primi dieci nelle classifiche finali di Grandi Giri; Giacomo Nizzolo, campione italiano in linea 2016 che ha vinto per due volte la classifica a punti del Giro d’Italia (2015 e 2016) ed Antonio Rossi, pronto questa volta a dare una “pagaiata” per aiutare la solidarietà



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GIRO DELLE MINIERE

EDIZIONE DA RECORD

Uno scenario straordinario della natura che ha ospitato la 18a edizione del Giro delle Miniere 2017

C

on i trionfi di Mascia, Freschi e Gorini si è chiuso il sipario sulla 18ª edizione del “Giro delle Miniere” 2017, un’edizione che passerà alla storia per i numeri da record: oltre 200 iscritti al campionato italiano di Gran Fondo, a cui si aggiungono le 140 presenze di media per le altre due tappe. Un evento che proietta questo spicchio di Sardegna come location ideale per questo genere di gare e consolida un nuovo filone turistico senza dubbio di grande prospettive. Ma, nel day after, il più felice è senza dubbio l’organizzatore Luigi Mascia che, oltre ad incassare i complimenti per l’allestimento impeccabile della manifestazione (“gioia - dice lui

- che va condivisa con il team della Sc Monteponi”), brinda anche al successo del figlio Matteo, anche se - su questo argomento - Mascia preferisce elegantemente glissare. Per il resto, il Giro delle Miniere, la splendida corsa a tappe che si è svolta ad inizio giugno - per il 18° anno di fila - nella fantastica costa sud-occidentale della Sardegna, conferma di aver ormai raggiunto una dimensione nazionale. Del resto, la classica del SulcisIglesiente, dall’anno della sua fondazione (2000), ha registrato una crescita costante, impreziosita dai panorami del Parco Geominerario della Sardegna nella fantastica costa sud-occidentale e dalla magistrale organizzazione firmata SC Monteponi capi-

tanata dal presidente Luigi Mascia. Fin dalla sua prima edizione, la rassegna isolana ha riscontrato notevoli apprezzamenti per la bellezza dei paesaggi, la variegata tipologia del percorsi sui quali si corre, attirando una moltitudine di campioni dalla penisola e facendo il pieno degli atleti nostrani. “In effetti - prosegue Mascia - questa è una rassegna destinata a crescere ancora. Già, nel prossimo anno, intensificheremo le strategie di internazionalizzazione, cercando di portare in Sardegna squadre provenienti da tutta Europa. Svilupperemo anche i contatti con le realtà ciclistiche del continente e sono sicuro che, nel 2018, il numero di partecipanti crescerà ancora”. Il Giro delle Miniere,


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I vincitori del titolo Campioni d’Italia Gran Fondo FCI

A cura della Redazione

Primato d’iscritti ed organizzazione sempre più impeccabile. Così, grazie alla passione e al duro lavoro di Luigi Mascia, anche la Sardegna è diventata una regione bikefriendly nel ricordo dell’indimenticabile ex CT della nazionale di ciclismo Franco Ballerini, si inserisce in un territorio conosciuto per il suo mare meraviglioso e le suggestive coste, ma il Sulcis Iglesiente rappresenta anche il simbolo - per eccellenza - della Sardegna selvaggia e incontaminata. La purezza della natura, i numerosi siti archeologici, la storia mineraria che si tramanda da secoli, si sposa con una tradizione culinaria che, servita con una quasi maniacale ospitalità, rendo-

no il Giro delle Miniere un appuntamento irrinunciabile. Come sempre infatti, lo scopo del Giro - tre gironi di corsa - è quello di far soggiornare ciclisti e accompagnatori nelle tante strutture del territorio (hotel, resort, B&B, ristoranti) e far apprezzare loro il sapore di una tradizione particolarmente ricca: “Sul piano ricettivo - spiega ancora Mascia l’evento sta dando i risultati che tutti aspettavamo. Le strutture alberghiere della zona sono molto contente e anche l’appoggio delle amministrazioni locali si fa, anno dopo anno, sempre più presente. Un aspetto indispensabile per chi, come noi, vuole fare di questa corsa un evento di respiro internazionale”. Del resto, l’obbiettivo della società

organizzatrice, oltre a quello prettamente sportivo, è quello di far conoscere e valorizzare il territorio, cercando di incrementare e migliorare il turismo della zona presentando agli atleti e alle loro famiglie le bellezze di quest’incantevole isola: “Molto importante - conclude Mascia - è anche l’aspetto legato alla sicurezza. A inizio giugno, questo angolo di Sardegna garantisce strade agilmente percorribili anche dall’utenza debole, con condizioni di traffico e meteorologiche ideali. Organizzare la corsa perfetta è impossibile, ma noi ogni anno cerchiamo di migliorare i nostri standard organizzativi, offrendo agli atleti le migliori condizioni di gara possibili”.


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DOSSIER SPORT E MEDICINA

CURARE IL MAL DI SCHIENA SI PUÒ

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on tutti i mal di schiena sono uguali. Esiste infatti una variabilità tra gli individui nella durata e nell’intensità dei sintomi, oltre che nella disabilità funzionale. Certo è che la lombalgia - o più comunemente detta mal di schiena - rappresenta una problematica molto comune che colpisce una buona parte della popolazione. Le possibilità di trattamento proposte ai pazienti con il mal di schiena variano in maniera considerevole, ma di seguito tratteremo il Metodo di Valutazione e Terapia Meccanica secondo McKenzie. Il metodo McKenzie è un sistema di valutazione e trattamento dei dolori a carico della colonna vertebrale sviluppato da un fisioterapista neozelandese di fama mondiale, Robin McKenzie. Si tratta di una tecnica di terapia manuale con un approccio individuale e globale della problematica del paziente. Secondo McKenzie, infatti, anche in assenza di un trauma diretto, una vita principalmente sedentaria, il mantenimen-

to di posture scorrette nella vita quotidiana o il ripetersi di movimenti sbagliati durante la giornata comportano delle modifiche nelle strutture della colonna vertebrale. Si potrebbero chiamare dei vizi posturali o dei movimenti di “comodo”. Nel tempo la schiena si fa più rigida e perde l’abitudine a certi movimenti… è il primo passo verso il dolore. Pensiamo, ad esempio, a quanto tempo della nostra vita passiamo assecondando una postura in flessione della colonna vertebrale: lo stare seduti su una sedia a lungo o per molte ore in ufficio davanti al computer, lo stare seduti in macchina o il flettere continuamente la colonna in avanti per svolgere le varie faccende di casa. Perché queste posture sono così dannose? Queste attività ripetitive o mantenute a lungo che comportano un atteggiamento in flessione pongono la schiena in posizione arrotondata, annullando le fisiologiche curve della colonna vertebrale. Questo metodo ha come scopo quello di eliminare il dolore

presente e ripristinare una totale funzionalità della colonna durante ogni singolo movimento della vita quotidiana attraverso due punti fondamentali: l’esecuzione di semplici esercizi o posizioni mantenute studiate ad hoc per ogni singolo paziente e l’educazione ad una corretta postura durante la giornata. Come si imposta il trattamento? In prima seduta, il terapista formula la valutazione meccanica dopo un accurato esame anamnestico e successivamente all’analisi degli effetti di alcuni movimenti ripetuti e di posizione mantenute sul quadro doloroso del soggetto. Al termine di questa prima valutazione riuscirà ad inquadrare il paziente in una delle seguenti classificazioni secondo McKenzie: sindrome da Derangement, sindrome da Disfunzione o sindrome Posturale. A questo punto, il terapista imposta un programma di esercizi, ed eventuali tecniche manuali, messi a punto per ciascun paziente, poiché i problemi meccanici alla base del mal di schiena variano da in-


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a cura del Dr. Maurizio Radi

Postura sbagliata? Col “Metodo Mckenzie” è possibile attenuare i sintomi dolorosi delle lombalgie più comuni nosciuto anche come centralizzazione dei sintomi. Quali sono i punti di forza del metodo? 1) Massima attenzione clinica al sintomo del paziente; 2) Continua rivalutazione degli effetti del

ideostampa.com

dividuo ad individuo. Gli esercizi, se eseguiti correttamente, a poco a poco comportano una sensibile diminuzione del dolore che, dalle zone più “periferiche” del corpo, si porterà più vicino alla colonna vertebrale, fino a scomparire gradualmente. Fenomeno co-

trattamento sul sintomo descritto; 3) Coinvolgimento attivo del paziente per la risoluzione dell’episodio in corso 4) Educazione del paziente a prendersi cura della propria schiena per la prevenzione dalle ricadute.

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BASSO DIAMANTE SUPERVELOCE 2018

ELEGANZA

SENZA CONFINI S

e cercate di migliorare le vostre prestazioni facendo attenzione anche ai minimi dettagli e agli ultimi dettami dell’aerodinamica applicata alla bicicletta, state guardando la bici che vi permetterà di trarre i maggiori benefici dagli studi svolti in questo campo. Diamante SV è disegnata per i ciclisti che amano la posizione ribassata per essere un “solo corpo” con la loro bici, sfruttando quanto più possibile l’aerodinamicità del mezzo. Un telaio decisamente pensato per lo sprint, applicando i principi studiati per una bici da cronometro, ma non perdendo di vista l’esigenza di comfort richiesta per gare a tappe o

su media distanza. Ovviamente non sono tollerate nessuna flessione e nessuna torsione, è un mezzo che dà il suo meglio su percorsi con poco dislivello. Certamente il comfort e la sicurezza che deve garantire un telaio se utilizzato in situazioni estreme come in discese tortuose è obbligatoriamente stato tenuto in considerazione. Progettato con geometria dedicata ai puristi della posizione aerodinamica, è disponibile anche con il “Comfort Kit” che permette di ottenere una posizione di guida rialzata aggiungendo da 2 a 4 cm allo sterzo (passando per 4 e più configurazioni) in modo da accontentare qualsiasi tipo di rider. Diamante SV è disponibile in

7 taglie (45,48,51,53,56,58,61) e in 4 esclusive colorazioni. Nel 2018 sarà disponibile anche la versione MAAP realizzata per il team australiano. Prezzo consigliato al pubblico: bici completa a partire da € 6.250 – Kit telaio completo di reggisella e attacco manubrio € 4.460 BASSOBIKES 36010 Dueville (VI) tel 0444 980053 Basso bikes facebook page Basso production video www.bassobikes.com Basso è distribuito in Italia da Stardue S.r.l. www.stardue.it


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LE CITTÀ DELLA BICICLETTA

SCOPRIRE

BARCELLONA IN BICICLETTA A cura di Silvia Badi

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arcellona è una delle città spagnole più amate dagli italiani. Ben collegata con molti aeroporti italiani ed anche con i porti di Livorno e Civitavecchia, Barcellona è una meta ricca di fascino e di possibilità. Il modo migliore per esplorare la città è usando una bicicletta. Il servizio di bike sharing cittadino è stato uno dei primi esperimenti del genere in Europa, avviato nel 2007. Oggi sono disponibili circa 6.000 biciclette, ma per ora sono ad uso esclusivo dei residenti. Tuttavia a Barcellona non mancano servizi di noleggio biciclette che offrono anche tour guidati alla scoperta del centro storico. Mete imperdibili di un tour sui pedali a

Barcellona sono sicuramente la Sagrada Familia, la famosa chiesa progettata da Gaudì, le Ramblas, il porto, la spiaggia ed il colorato mercato della Boqueria. La città è inoltre circondata da basse colline che offrono spunti interessanti per coloro che vogliono mantenersi in allenamento. Ad esempio il Monastero di Pedralbes, a nord di Barcellona, è una meta facilmente raggiungibile e non troppo impegnativa. In alternativa è possibile sfidare se stessi lungo la salita che conduce al Castello di Montjuic. Da quassù si gode di una vista meravigliosa sulla città e sul porto. Ideale punto di partenza per tutte le escursioni in bicicletta a Barcellona è Plaça de Catalunya, dove si trova anche la sede

dell’Ufficio del Turismo. Presso l’ufficio si può ritirare il calendario delle iniziative in bicicletta che si svolgono in città, compresi tour e visite guidate.


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ASTRA DISCO 2018

LANCIA LA SFIDA AGLI ALTRI MODELLI DI BICI DA STRADA

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e bici da strada con i freni a disco stanno diventando sempre più popolari e anche Basso Bikes sta seguendo questo trend del mercato con modelli di alta gamma, come l’Astra. Astra ha un carro leggermente più lungo e un tubo sterzo più alto rispetto alla versione con freni tradizionali per garantire una perfetta posizione a tutti i ciclisti. Grazie alla leggerezza e alla rigidità dei materiali usati per la costruzione non sacrifica affatto la performance che si mantiene su livelli altissimi. La perfetta integrazione dei componenti e il design fluido ne garantiscono l’alta aerodinamicità, permettendo a tutti di capire quanto sia gratificante pedalare su una bici ben

studiata e realizzata da mani esperte. Il movimento centrale di nuova generazione presenta una struttura unica interamente di carbonio, è privo di parti incollate e garantisce un’incredibile efficienza nella pedalata. Il passo leggermente più lungo vi farà pedalare con la mente libera da ogni pensiero dandovi la possibilità di gustare al meglio le bellezze del paesaggio che avete di fronte a voi, soprattutto nelle lunghe e tortuose discese dolomitiche, meraviglie uniche al mondo! Le nuove ruote Campagnolo BORA ONE disc clincher e il gruppo Record HD11 con trasmissione meccanica rendono la nuova Astra bella, leggera e sicura in ogni condizione atmosferica, abbinando a scelta del

cliente anche delle coperture da 28MM, come suggeriscono i nostri tester. Se state cercando una bici dal carattere forte che unisce prestazione, modernità ed eleganza nel design, l’Astra disco 2018 sarà la vostra migliore amica sulla strada. Prezzo consigliato al pubblico: bici completa a partire da € 7.390 / kit telaio con reggisella e attacco manubrio dedicato a € 2.960 BASSOBIKES 36010 Dueville (VI) tel 0444 980053 Basso bikes facebook page Basso production video www.bassobikes.com Basso è distribuito in Italia da Stardue S.r.l. www.stardue.it


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GRANFONDO NOVARA MARCELLO BERGAMO

IL CANTO DEL GALLO

Il vincitore Andrea Gallo in azione - Photo by Newspower.it

A cura della Redazione

L’astigiano del Team Isolmant ha vinto in volata la terza edizione della corsa piemontese. Tra le donne s’impone, con 27 minuti di margine, la “marziana” Erica Magnaldi

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ltre 1500 iscritti, tre percorsi ed altrettante province coinvolte per la terza edizione della ‘Granfondo Novara Marcello Bergamo’, svoltasi il 14 maggio scorso con partenza e arrivo nel centro della città piemontese. La gara ciclistica ‘dal riso alle Alpi’ era valida non per uno, non per due, ma per ben cinque circuiti, ovvero Gran Trofeo GS Alpi, Coppa Lombardia, Nord Ovest Road Cup, Campionato Nazionale ACSI e Dalzero. La carica dei 1.500 ha così sgranchito le gambe in direzione di quelle dolci terre dedicate all’ormai iconografica coltura del riso: di risaia in risaia la corsa è arrivata fino al limite dei territori novaresi. Ed è stata una vera e propria sfida all’ultimo respiro quella vinta dall’astigiano Andrea Gallo (Team Isolmant) in volata davanti al tenace Paolo Castelnovo dell’ASD Team MP Filtri e al tatuatissimo Andrea Castelletti del Team Marville. Non c’è invece stata storia nel percorso corto, dove Federico Vilella dell’Asd Amici Comaschi, dopo una cavalcata solitaria di oltre sessanta chilometri, ha chiuso in prima posizione con un vantaggio di tre minuti abbondanti. Dietro di lui sono invece arrivati in volata a completare il podio Simone Sorace

del team LNC-Jolly Wear e Alessandro Locatelli dell’ASD NewsCiclismo. Non ci sono state sorprese dell’ultimo minuto nemmeno nel percorso medio, con la vittoria indisturbata del lecchese Niki Giussani il quale, fino alla svolta tra medio e lungo, ha potuto approfittare della compagnia del compagno di squadra Castelletti, arrivato terzo nella Granfondo. Dietro di lui Aldo Ghiron del team Dottabike e Leonardo Viglione del Team MP Filtri. Si sono invece tinti… di rosa i podi femminili, grazie al Team De Rosa Santini che ha disseminato un po’ ovunque le proprie campionesse, a partire dal corto, dove ha dominato senza via di scampo la cuneese Chiara Costamagna, la quale ha rifilato più di 4 minuti a Tamara Rollini del Team Sprint Bike Lumezzane e 7 minuti a Erika Bettinazzi, anch’essa del Team De Rosa Santini. Color Rosa Santini anche le prime due posizioni del medio femminile, con la cuneese Annalisa Prato a conquistare la prima posizione con ben 8 minuti sulla compagna di squadra e di avventura Valentina Picca, seguita a sua volta da Eleonora Calvi di Coenzo del Team Rodman Azimut. È invece scomparsa subito dai radar delle

avversarie la vincitrice del percorso lungo Erica Magnaldi, sempre del Team Rosa Santini, che ha creato un vero e proprio vuoto di 27 minuti alle proprio spalle. Dietro di lei ha fatto gli onori di casa la novarese Sabrina De Marchi, sempre del Team De Rosa Santini, seguita a stretto giro dall’atleta del Team Perini Bike Viviana Brazzo. Guardando ai team, per la terza volta di fila – dopo la vittoria di Laigueglia e quella di Alassio – il battaglione della squadra Rodman Azimut si ripete: con 77 atleti al via il team piemontese ha conquistato infatti il primo posto della classifica squadre anche alla ‘Granfondo Novara Marcello Bergamo’. Perfetta ancora una volta la formula del Gs Alpi di Vittorio Mevio, concentrato come sempre a massimizzare la sicurezza degli atleti grazie al massiccio dispiego di mezzi di emergenza, coordinati puntualmente con un sofisticato sistema satellitare. Ad evitare che i cicloamatori soffrissero troppo i colpi di vento ci ha pensato invece il main sponsor della manifestazione, quel Marcello Bergamo ex campione del ciclismo e ora capace imprenditore che ha rifornito gli iscritti di un gilet da gara idrorepellente ed antivento, che susciterà l’invidia degli assenti.


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FASTCROSS NON SOLO CICLO CROSS

LA NUOVA LINEA GRAVEL DI BASSO

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cco a voi una bici che risponde alle molteplici esigenze dei ciclisti, dal ciclocross al gravel. Il telaio è in monoscocca di carbonio UD, con 35mm di passaggio ruota, 100 x 15 asse frontale e 142 x 12 asse posteriore, tubo sterzo conico con base larga e cuscinetto da 1.5 pollici per sopportare torsioni e repentini cambi di direzione senza sba-

vature. Geometria compatta caratteristica di BASSO, pronta a bruciare ogni terreno. Fastcross è disponibile in 3 taglie, due colorazioni che non vi lascieranno passare inosservati, e 3 assemblaggi che spaziano fra Shimano e Sram, sia con ruote leggere in allumio che con cerchi in carbonio. Prezzo consigliato al pubblico: bici completa a partire da € 2800 – Kit telaio € 1.790

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VISION METRON CARBON

I PROFESSIONISTI DELLA VELOCITÀ A cura di Enrico Pastori - Redazione Tecnica

Fibre di carbonio e design avveniristici, così il celebre brand è diventato sinonimo di aerodinamica

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in dalla sua creazione - erano gli anni 90’ - il marchio Vision si è ritagliato un’immagine legata alla ricerca aerodinamica e, in particolare, al mondo del triathlon e dell’Ironman. In anni più recenti il brand ha conquistato anche un ampio spazio nel settore delle prove cronometrate professionistiche. Ricordiamo, ad esempio, nella passata stagione, la collaborazione con il team Direct Energie guidato da Thomas Voeckler e Sylvain Chavanel. Insomma, per gli ambienti in cui le massime velocità sono la norma, Vision è il marchio da battere. Gli anni recenti hanno visto l’innovativa applicazione della fibra di carbonio, anche approfittando della expertise FSA in materia, materiale con il quale si possono superare i limiti fisici imposti dalla meccanica tradizionale per accostarsi a forme dalle volute “dreamlike”.

Il design del nuovo attacco in fibra di carbonio Vision Metron dalla fabbricazione monoscocca in carbonio (Monocoque Carbon Body) in finitura UD (unidirezionale) ricorda vagamente, in qualche tratto del disegno, la già conosciuta K-Wing di FSA. Un “family feeling” che non si ritrova comunque nel frontalino (in lega di alluminio) scelto in tale materiale per scongiurare l’instaurarsi di qualsiasi possibile fenomeno di corrosione galvanica, essendo il carbonio e l’alluminio due materiali tendenzialmente poco ematici reciprocamente. Nella telaistica sono ad esempio mediati da una stratificazione in fibra di vetro, cosa poco praticabile nella fabbricazione di un attacco manubrio come questo. Come si conviene ad un attacco di alta classe, nel caso del Metron si assiste ad un largo uso di vitreria in titanio. In questo materiale sono realizzate le quattro viti

del frontalino e la coppia di vite/controvite contrapposte del serraggio dell’attacco allo stelo della forcella. A proposito: l’attacco è compatibile con tubi sterzo da 1,1/4” e anche 1,1/8” utilizzando l’apposita riduzione a corredo (obbligatorio usare il compound di installazione tra cannotto e riduzione e tra questa ultima e l’attacco), mentre per il lato curva manubrio è prevista la sola compatibilità con diametro di fissaggio di 31,8 mm. L’inclinazione dell’estensione è pari a +/6°, inutile dire che sia stata pensata per utilizzi con appendici aerodinamiche, mentre l’altezza del serraggio della forcella (altro parametro atto a affinare la posizione in altezza) è pari a 40 mm. Quattro sono invece le estensioni in cui è disponibile: 100, 110, 120 e 130 mm per un peso veramente contenuto, pari a 140 g (nella misura 100mm). Da ultimo il prezzo, fissato a 343 euro.


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IL COACH

BUCCIA SÌ O BUCCIA NO È

il dubbio amletico che tormenta molti nutrizionisti che, sul tema - come spesso capita - partono da basi comuni ma approdano a soluzioni divergenti. Buccia sì o buccia no? Subito una premessa: gli alimenti vegetali, ovvero frutta e verdura, nascono con la buccia. E poiché la natura non fa nulla per caso, se sono stati creati in questa maniera un motivo ci sarà. Secondo alcuni studiosi, le cosiddette “parti di scarto” del frutto contengono tutti gli enzimi necessari per digerirlo completamente. Ad esempio, in una mela,

la buccia, il torsolo ed i semi conterrebbero enzimi e nutrienti funzionali alla digestione della polpa del frutto stesso. Qualche certezza: la buccia è senza dubbio ricca di sostanze utili al nostro organismo, perché le sue fibre ci consentono il mantenimento della regolarità intestinale. La buccia è anche ricchissima di preziose vitamine, sostanze antiossidanti e antitumorali (togliendo la buccia da una mela, ad esempio, perdiamo un terzo della sua vitamina C ed un terzo della sua vitamina A). Anche la buccia dei vegetali contiene molte sostanze nutrizionali preziose, perché

il suo compito in natura è quello di difendere il vegetale dalle aggressioni esterne portate dagli insetti. La buccia diventa dunque uno “scafandro naturale” per proteggere il vegetale dall’azione degli agenti parassitari. Le teorie su “buccia sì o buccia no”, come detto, sono tante, ma una cosa non è opinabile: ingerendo alimenti con la buccia si migliora la regolarità intestinale perché le sostanze e gli enzimi presenti nella buccia mantengono attiva la flora batterica intestinale, con benefici oggettivi sul nostro sistema immunitario. La buccia, dal punto di vista nutrizionale


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A cura di Iader Fabbri

Ricca di enzimi per l’assorbimento degli zuccheri ma anche contaminata da pesticidi. Tra pro e contro, ecco il modo più corretto per consumare frutta e verdura

Chi è Iader Fabbri E’ consulente nutrizionale di tutte le Nazionali italiane di ciclismo e commentatore tecnico, in ambito nutrizionale, per la testata giornalistica Rai Sport, per la quale – nell’ultimo Giro d’Italia – ha curato e condotto una striscia quotidiana. E’ relatore in convegni e seminari su sport e alimentazione e collabora, nel settore ricerca, con le Università di Firenze e Pavia. Coach di diversi atleti professionisti di livello mondiale, collabora con diverse riviste giornalistiche nazionali, per le quali cura personalmente rubriche dedicate allo sport, alla nutrizione e al benessere.

o dietetico, garantisce anche la riduzione del colesterolo, migliorando sensibilmente il controllo della glicemia. Per questo è un ottimo “alleato” per il dimagrimento: il mantenimento della stabilità glicemica, infatti, evita l’innalzamento dell’insulina scongiurando l’effetto “jo-jo” dello zucchero nel sangue e contribuendo così al mantenimento del peso forma. Senza contare che gli alimenti contenti fibra danno un senso di sazietà maggiore diminuendo l’apporto di cibo giornaliero. Oggi è di gran moda l’utilizzo dell’estrattore per prepararsi ottimi succhi di frutta in autonomia. Si tratta certamente di una

buona abitudine detossinante, ma se l’obiettivo è dietetico è bene sapere che le cose cambiano radicalmente: l’estrattore, infatti, elimina totalmente la fibra dalla frutta e della verdura utilizzata e questo porta ad avere un’elevata concentrazione di zuccheri senza il necessario apporto di fibre che ne rallentano l’assorbimento. Quindi, alla luce di queste valutazioni, possiamo dire che la buccia ha indubbi valori nutrizionali e antiossidanti che migliorano le funzioni e le attività generali del nostro organismo. Il problema, però, è che gli alimenti vegetali con la buccia solitamente sono trattati con antiparassi-

tari e dunque questo può portare ad alcune controindicazioni. Per questo è importante la scelta di un alimento biologico e la sua tracciabilità. E, regola aurea valida in ogni occasione, se si decide di ingerire anche la buccia, ne consiglio sempre un accurato lavaggio. Ricordo, a tal riguardo, che con il lavaggio in acqua fredda si eliminano il 60-70% dei residui. Per eliminarne di più si devono utilizzare lavaggi con bicarbonato. Dunque, qual è il mio consiglio? Sì alla buccia, ma che sia a “chilometro zero”, di provenienza conosciuta e, soprattutto, lavata con la massima cura.


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PARLIAMO DI… PEDIVELLE

CONTRO LO STRESS MECCANICO C’È

K-FORCE LIGHT DI FSA A cura di Enrico Pastori - Redazione Tecnica

Uno strategico posizionamento dei punti di fissaggio distribuisce in maniera più armonica le sollecitazioni della pedalata. Con grandi benefici per la performance

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asciamo per un attimo da parte da parte le tanto discusse guarniture ellittiche che hanno contrassegnato, con alterne fortune, la storia della tecnica ciclistica (ricordate le Biopace?). Di sicuro c’è però che all’ingranaggeria primaria della bicicletta è sempre toccato il compito di convertire una forza motrice, esercitata pressoché a “stantuffo”, in movimento lineare mediante ingranaggi circolari nonché perfettamente simmetrici nei punti di fissaggio. Ma la pedalata è tutto fuorché omogenea e costante nella forza espressa sui pedali. E’ noto, infatti, a tutti gli appassionati quanto certe porzioni della pedalata mettano sotto uno sforzo particolarmente intenso l’ingranaggio di guarnitura che ruoterà, alternando queste zone soggette a sollecitazione intensa a quelle con sollecitazione modesta. E siccome, l’ingranaggio tende abitualmente a rispondere a un sovraccarico meccanico flettendosi, il risultato che si ottiene è un passaggio di catena tra gli ingranaggi impreciso e poco rapido, in definitiva una cambiata che poco ha a che vedere con il proverbiale “ingra-

naggio svizzero”. Questa premessa era indispensabile per capire perché in casa FSA si sia arrivati alll’ABS, acronimo di Asymmetric Bolt Spacing ovvero “spaziatura tra bulloni asimmetrica”. E per asimmetria deve essere intesa la spaziatura dei bulloni BCD, ovvero quelli che fissano l’ingranaggio di guarnitura. Stiamo ovviamente parlando del nuovo design di pedivella K-Force Light di FSA, una pedivella che lascia intendere quanto i giorni degli standard nel design di pedivelle hi-ends possano dirsi contati. Il K-Force design, riproponendo una ormai collaudata architettura a quattro bracci (apparenti), che ad uno sguardo più approfondito mantiene però sempre i cinque supporti per l’ingranaggio, in quanto il quinto, è nascosto alla vista poiché costituito dallo stesso braccio Un design, direte, già visto, ma questo ha una marcia in più: prevede uno strategico posizionamento dei punti di fissaggio pensati per contrastare efficacemente i punti di concentrazione degli stress meccanici concentrati distribuendoli in maniera asimmetrica sul cosiddetto “giro bulloni”.

L’ingranaggio evidenzia nel design delle porzioni di ampiezza variabile che vanno da un estensione minima di 80° ad un massimo di 100° passando da due zone intermedie che misurano un arco di 90°. Una notazione che può dirsi benvenuta per l’appassionato: il sistema è basato sulla misura BCD 110 così che i proseliti dell’uno o dell’altro standard, tradizionale o compact saranno, soddisfatti nelle loro aspettative, contando anche su una dotazione di combinazioni di dentature 46/36T, 50/34T, 52/36T, e 53/39T. Da non trascurare l’ottimo peso della SLK, pedivella costruita con la modalità “hollow carbon arms” con finitura UD e pur concentrando tutte le predette peculiarità, nella versione 172.5mm, 50/34 denti si attesta su i 594 g. Valore di assoluta eccellenza se messo a confronto con i 608 g dello stesso setup di marca SRAM e i 649 g di Shimano Dura-Ace. E’ peraltro compatibile con sistemi Shimano e con SRAM 10/11 velocità. Ultima nota per il prezzo, la pedivella viene offerta a 669,00 euro. E naturalmente sarà più performante se utilizzata con lo standard nativo FSA: il BB386 EVO.



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FASHION ON THE ROAD

LE PROFESSEUR

A cura di Eleonora Pomponi Coletti

Vincitore di due Tour de France, un Giro d’Italia e due Milano-Sanremo, il francese Laurent Fignon, con la sua aria dottorale e la postura un po’ svagata, è diventato un personaggio iconografico della storia del ciclismo. Un campione che ha saputo stupire il mondo. Fino all’ultimo Il campione francese Lourent Fignon con i colori del team Castorama

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a storia del ciclismo ha regalato all’immaginario collettivo molti personaggi che negli anni, da “semplici” campioni, sono diventati delle vere e proprie icone, talvolta degli autentici supereroi. Abbiamo parlato di un Pirata (Pantani), di un Diablo (Chiappucci) e di molti altri personaggi planetari; ognuno con la sua storia e con un suo stile. Nella sfera dei “supereroi” a pedali troviamo, a questo punto, anche lui: classe 1960, parigino, biondo, capelli radi e spesso raccolti in una coda, ma soprattutto occhialini rotondi da intellettuale e un diploma d’insegnante di matematica. Tutti particolari che che hanno portato il mondo intero a soprannominare Laurent Fignon, Il Professore. La Storia di Fignon è legata, come quella di ogni altro campione trattato in questo spazio, ad una celebre squadra e ad una maglia che, per qualche ragione, hanno lasciato il segno.

Il team Castorama, prima conosciuto come Renault, nacque nel 1974 prendendo il nome di “Sonolor-Gitane” dopo la fusione di due squadre (la Gitane e la Sonolor) e rimase attivo nel panorama professionistico fino a metà anni ’90, con vari passaggi di consegne tra uno sponsor e l’altro. La Gitane, che produceva bici e che verso la metà degli anni ’70 registrò un picco piuttosto importante nelle vendite dei mezzi, sull’onda dei suoi successi commerciali, decise di fare grandi investimenti per il Team; così, solo un anno dopo la fondazione, venne chiamato, nel 1975, a svolgere il difficile compito di direttore sportivo il celebre Cyrille Guimard. Guimard non perse tempo e offrì subito un contratto ad una giovane promessa del ciclismo transalpino, un certo Bernard Hinault, che accettò l’offerta senza esitare. Fu nel 1977 che il Team passò sotto lo sponsor della casa automobilistica Renault assumendo quella che sarebbe divenuta una ce-

lebre divisa da corsa; base gialla con strisce trasversali bianche e nere. Una divisa che, negli ultimi anni dello scorso millennio, ha tagliato alcuni tra i più bei traguardi della storia di questo sport. Nel ’78, con quella maglia, Bernard Hinault, ad esempio, portò a casa il suo primo Tour de France. Nel 1981 fece il suo ingresso nel team lo statunitense LeMond, ma fu il 1983, anno iniziato con una serie di sfortune per Hinault, a rivelarsi l’annata più sorprendente, portando alla luce il giovane Laurent Fignon che - passato professionista solo l’anno prima - sorprendendo tutti, portò a casa il Tour. L’anno seguente, dopo l’addio di Hinault passato a La Vie Claire, la Renault continuò comunque a stravincere: i suoi campioni in maglia gialla a strisce bianche e nere portarono a casa al Tour de France del 1984 otto tappe su 23 e la maglia gialla restò sulle spalle degli uomini Renault per ben 19 giorni; a questo si aggiunse il primo posto nella


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Lourent Fignon con i colori del team Systeme U - Raleigh

La divisa ufficiale del team Renault Elf Gitane

generale di Fignon che si consacrò al mondo dello sport come il “Professeur” del ciclismo, sempre più riconoscibile dagli oramai immancabili occhiali da vista che gli conferivano un’aria vagamente dottorale. Fu proprio Fignon ad accompagnare questo celebre team e la sua maglia attraverso il suo momento di maggior notorietà, che si estese dal 1978 al 1984, ed è principalmente grazie alle imprese inaspettate compiute da Fignon che questa maglia e questo team sono rimasti impressi nelle menti di appassionati e non. Nel 1985 la Renault lasciò il team e con questo anche il mondo del ciclismo in maniera

definitiva; ma la bravura di Guimard portò al team lo sponsor Systeme U, che accompagnerà la squadra fino alle porte degli anni 90, anno in cui diviene Castorama. Ed è qui che qualcuno colse nuovamente nel segno facendo un’operazione di “design” destinata a farsi ricordare: fu ideata, infatti, per la squadra una divisa che somigliasse il più possibile ad una tuta da lavoro; sicuramente la scelta venne fatta per ragioni di mercato legate alla celebre catena del “fai da te” che divenne lo sponsor, ma il risultato mediatico fu comunque sbalorditivo, anche grazie alle vittorie del solito Fignon che si ritirerà dal mondo a pedali nel 1993.

Pochi anni più tardi ha detto addio al mondo terreno, congedandosi come solo un grande Campione avrebbe potuto fare: visse il suo ultimo Tour da commentatore nel 2010, ruolo eseguito alla perfezione anche nel momento in cui annunciò al mondo, con la voce roca che un male invincibile lo stava portando via; un gesto che in pochi avrebbero saputo fare con una simile lucidità. Ed è questo che distingue gli uomini ordinari dalle persone straordinarie. Ovvero la capacità di portare se stessi al di là dell’ostacolo. Anche quando la favola concede loro un finale tutt’altro che lieto.



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ARTIGIANI ITALIANI

LA BICICLETTA DI GEPPETTO

A cura di Mario Pugliese

Dal genio del cesenate Alessandro Bricchi è nato il primo telaio in frassino. Così una nobile materia prima del passato lancia la sfida al carbonio 2.0.

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ell’era del carbonio superleggero, c’è chi - dotato di una capacità artigianale evidentemente fuori dal comune - ha deciso di cimentarsi in un’impresa, sulla carta, impossibile: costruire un telaio in legno. Facile, dirà qualcuno, se la bicicletta deve diventare un simpatico soprammobile; enormemente più complicato se quel telaio ha l’ambizione di girare su strada e di garantire performance all’altezza delle sorelle in carbonio. L’idea bizzarra è balenata nella mente di un cesenate - Alessandro Bricchi - che oggi, sotto il marchio “Naturans.bike”, è riuscito ad avviare una produzione seriale di telai in legno per biciclette da corsa. Una progettazione durata tre anni, centinaia di test su strada e di laboratorio per arrivare al prodotto finale, curato nei minimi

dettagli e dalle caratteristiche dinamiche sorprendenti. Le bici di Naturans.bike sono dotate di telai realizzati in legno di frassino, una specie legnosa particolarmente tenace e sempre usata in passato quando era richiesta una particolare resistenza meccanica. Grazie a moderne tecniche di lavorazione a controllo numerico e incollaggi epossidici strutturali, questo principio ha trovato oggi una perfetta applicazione nel settore ciclistico, andando a sostituire carbonio, alluminio e acciaio in maniera eccellente. La costruzione parte con una scrupolosa selezione delle tavole, che devono avere precise caratteristiche morfologiche per meglio adattarsi alle diverse funzioni che andranno a svolgere nei vari segmenti del telaio. Il triangolo principale presenta profili cavi a spessore differenziato, ottenuti me-

diante svuotamento e unione di due metà, procedimento analogo a quello utilizzato per molti telai in carbonio. Circa 55 ore di lavoro e fasi alternate di incollaggio sono necessarie per ottenere un telaio pronto per la verniciatura. Un telaio che molti ciclisti hanno definito “perfetto” per la grande capacità di assorbire le vibrazioni pur mantenendo caratteristiche di rigidità torsionale tali da garantire un ottimo avanzamento al colpo di pedale. I telai di Bricchi, che hanno superato i test strutturali previsti dalla severa norma europea ISO 4210, vengono interamente realizzati in Italia e sono oggi un’incredibile realtà sbocciata ancora una volta dal genio artigianale di un appassionato di biciclette che, saldando passato e futuro, ha creato qualcosa di unico (Info:naturans.bike).


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IN PROVA

ARGON18 NITROGEN POLIVALENTE SÌ, MA IN SENSO AERO

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rgon 18? È un marchio canadese, di Montreal che per l’esattezza il nome di battesimo lo ispira al diciottesimo elemento della tavola periodica, appunto l’Argon, che è un gas utilizzato nella saldatura dei telai in acciaio (foto 1). Solo in acciaio erano infatti i telai nel 1989, anno in cui Gervais Rioux, fino al giorno prima discreto corridore professionista nordamericano,

decise di fondare nella capitale del Quebec una piccola manifattura di biciclette, cui appunto diede il nome “Argon 18”. Da piccola bottega quale era, Argon 18 è oggi divenuto un brand di livello internazionale, la produzione si è nel corso del tempo spostata dall’acciaio all’alluminio e poi al carbonio e quelle bici sono persino arrivate ad equipaggiare i top team del ciclismo professionistico, prima con la Bora-Argon

(nel 2015) e da quest’anno con la Astana di Fabio Aru e Tanel Kangert. Ciò che non è mai cambiata, invece, è sempre l’abitudine del titolare a battezzare i suoi prodotti con nomi presi in prestito dalla tavola fisica degli elementi. Gallium e Nitrogen sono ad esempio i due modelli che oggi formano l’altissima gamma Argon 18: la prima è bici che più si caratterizza per leggerezza e manovrabilità, mentre la Nitrogen è una


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A cura di Maurizio Coccia

Modello di riferimento del segmento aero del marchio canadese. Esteticamente accattivante, fa della riduzione della resistenza all’aria il suo punto di forza, ma i volumi e le forme dei tubi la valorizzano anche dal punto di vista della rigidità. È perfetta per le gare veloci e in modo facile si può convertire all’utilizzo cronometro e triathlon. Noi l’abbiamo provata in gara, alla Nove Colli, su un percorso irto e nervoso sicuramente poco congeniale alle sue caratteristiche. Ma proprio per questo ci ha stupito ancor più grazie a qualità inaspettate.

bici appartenente al segmento aero, cioè è un modello dedicato a chi prima di tutto cerca la massima riduzione della resistenza all’aria, a chi vuole una telaio rigido e dal carattere “aggressivo”, intendendo con questo termine una spiccata inclinazione alla reattività di guida e anche un’adesione a linee estetiche accattivanti e moderne. Nel corso dell’ultima edizione della granfondo Nove Colli noi di “In Bici

Foto 1 - Argon è un marchio di Montreal, Canada

Magazine” abbiamo testato proprio la Nitrogen: ve la andiamo a raccontare non prima di aver ricordato che entrambi i modelli dell’alta gamma Argon 18, sia la Nitrogen sia la Gallium, sono disponibili sia in versione standard che in versione Pro. Rispetto a quelle standard le varianti “Pro”presentano le medesime caratteristiche tecniche e geometriche, hanno le stesse taglie, ma differiscono per il tipo di

composito che forma i tubi: troviamo un carbonio ad altissimo modulo sulle versioni Pro e un carbonio dal modulo inferiore sulle varianti standard. Questo produce differenze in termini di peso (circa 150 grammi in meno sul telaio delle versioni Pro), ma anche in termini di prezzo (circa cinquecento euro di spesa in più nel caso in cui si opti per il kit telaio in configurazione “Pro”). In particolare il nostro test


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La Nitrogen è

OPZIONE PERFETTA

per chi cerca una bici aero con caratteristiche di

ADATTABILITÀ ha riguardato una Nitrogen in versione standard, montata con tutta componentistica di vertice estratta dai marchi trattati dalla Beltrami di Reggio Emilia, che di Argon 18 è proprio il distributore esclusivo per l’Italia e che ci ha messo nelle migliori condizioni per effettuare questo test. Alla trasmissione Sram Red eTap erano dunque accoppiate delle ruote ad alto profilo per copertoncino Zipp 404 Nsw, mentre la sella trovata è stata una Scratch2 della Prologo. Reggisella e componenti di guida? Il primo è un reggisella semi-integrato, dedicato ed incluso nel kit telaio Nitrogen, così come anche il manubrio (integrato) è di produzione Argon 18. Il telaio e le soluzioni tecniche Tubazioni principali dal profilo visibilmente schiacciato, foderi posteriori e foderi forcella “a lama”, tubo verticale che si accoppia aerodinamicamente sui limiti della ruota posteriore e ancora tubo superiore non sloping, ma perfettamente parallelo al terreno (foto 2): le caratteristiche tipiche delle moderne aero-bike la Nitrogen la ha tutte, ma ad esse aggiunge delle soluzioni tecniche peculiari, che la rendono unica all’interno di questo specifico segmento. Prima di tutto il sistema frenante è dedicato: mutua la struttura dei V-Brake in modo aerodinamico, con corpi freno che si nascondono perfettamente dietro i limiti dei foderi forcella e dei foderi obliqui, offrendo in questo modo la minima resistenza all’aria frontale (foto 3). Davvero unico nel suo genere è invece l’ingegnoso sistema di scorrimento in cui è alloggiato il tubo di sterzo: si tratta di una tecnologia proprietaria e brevettata, che a dire il vero Argon 18 non applica solo sulla Nitrogen, ma in genere su tutti i suoi articoli di altissima gamma. La sigla che la contraddistingue è “3D System”: si sviluppa attraverso una serie sterzo dedicata, dove la calotta superiore si inserisce a battuta sulla sua sede di alloggiamento

in modo da realizzare un insieme supersolidale, di conseguenza rigido e resistente. La calotta è a sua volta disponibile in tre differenti altezze: complanare con il limite superiore del tubo sterzo, alta 15 oppure alta 25 millimetri come nel caso della bici da noi testata. Ci pensa poi una cover aerodinamica in plastica a celare alla vista tutto l’ingegnoso meccanismo interno e ad assicurare anche la migliore resa in termini aerodinamici (foto 4). Il vantaggio? Poter disporre di un sistema simile incrementa non poco la rigidità in zona sterzo rispetto a quanto invece accadrebbe se al posto della calotta press-fit si utilizzassero i classici spessori distanziali per adattare la posizione, che senza dubbio indeboliscono la rigidità laterale di tutto il comparto anteriore della bicicletta. In pratica, con il 3D System l’utente può personalizzare in base alle sue esigenze l’altezza del manubrio senza pregidicare la robustezza di tutto il “cockpit”. A proposito di cockpit, nell’allestimento testato Beltrami ha pensato bene di completare la Nitrogen con un manubrio integrato unico nel suo genere, l’AHB5000: si tratta sempre un articolo di produzione Argon 18, con porzione superiore schiacciata ed ergonomica e con “code” inferiori compact. Ma non è tutto: di particolare questo integrato in carbonio dal peso di soli 397 grammi (misura 42x100) ha un’architettura modulare del corpo dell’attacco: grazie ad un sistema di fissaggio interno ad espansione è infatti possibile aggiungere (o togliere) spessori distanziali lunghi un centimetro, che consentono di personalizzare il componente in lunghezza e risolvere in questo modo il grosso limite che tradizionalmente caratterizza questo tipo di articolo e ne ha limitato in parte la diffusione presso i corridori e il pubblico: la fissità della misura e l’impossibilità di intervenire sulla regolazione del set di guida (foto 5). Altrettanto adattabile alle varie esigenze


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Foto 3 - Il telaio offre una resistenza all’aria minima

Foto 4 - Lo sterzo ha una cover aero che cela un complesso meccanismo interno

Foto 2 - La Nitrogen ha caratteristiche da aero-bike

Foto 5 - Il manubrio AHB5000 ha un’architettura modulare, personalizzabile


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antropometriche (oppure alle condizioni tecniche richieste in corsa) è il reggisella incluso nel kit-telaio (foto 6): l’ASP5050 ha una aerodinamica forma a “goccia” speculare al tubo verticale in cui è destinato ad inserirsi ed ha inoltre una struttura flip-flop, cioè invertibile. Basta sfilarlo e poi re-inserirlo in posizione invertita per avanzare (o arretrare) in un range di ben 65 millimetri la posizione del morsetto reggisella, in modo tale da adattare il telaio all’utilizzo stradistico piuttosto che a quello delle cronometro o del triathlon. Pensate, l’inversione del reggisella è in grado di determinare una variazione dell’angolazione (virtuale) del tubo verticale tra 72 e 76.5°. È esattamente grazie a questa caratteristica che la Nitrogen è risultata negli ultimi anni la bici Argon 18 più apprezzata dagli specialisti della triplice specialità: per renderla vera bici time-trial basta infatti girare il reggisella e poi dotarsi di un manubrio da cronometro, che ovviamente si potrà poi montare e smontare a seconda delle esigenze richieste in quel momento. Peso, taglie, colori e prezzo Il telaio Nitrogen ha un peso dichiarato di 990 grammi, ai quali vanno aggiunti i 366 della forcella, anche questa monoscocca in pezzo unico. Le taglie prodotte sono in tutto cinque, dalle XS alla XL e, come oggi è frequente sui telai di alta gamma, ognuna di esse ha tubazioni dimensionate e spessorate in base alle specifiche esigenze strutturali richieste dalla specifica misura. Oltre alla versione bianco-nera che abbiamo testato la Nitrogen è inoltre proposta nella colorazione rossa-nera, sempre con il medesimo stile grafico. Prezzi? Il distributore Beltrami ci informa che il kit-telaio comprendente telaio, forcella, serie sterzo e reggisella dedicati è disponibile a 2990 euro, mentre la bici intera nell’allestimento che abbiamo testato è in vendita ad un prezzo indicativo di circa 7500 euro (nel costo totale incide non poco il manubrio integrato, in vendita anche singolarmente a 650 euro). Aggiungiamo a tal proposito che il cliente può ulteriormente configurare a piacimento la sua Nitrogen scegliendo all’interno del vasto repertorio di componenti dei marchi distribuiti da Beltrami, che ricordiamo essere dealer nazionale di Sram, Corima, Zipp, Prologo, Tufo ed Hutchinson solo per citarne alcuni.

Foto 6 - Il reggisella ha un’aerodinamica forma a goccia

Foto 7 - L’allestimento testato montava il gruppo WiFi Sram Red eTap

Le impressioni in prova Nell’economia del giudizio su una bici la componentistica gioca un ruolo imprescindibile ed è per questo che nella bontà delle sensazioni che vi apprestate a leggere parte del merito è da ascrivere anche alla ineccepibile trasmissione elettromeccanica wi-fi della Sram (ci riferiamo al noto gruppo Red in versione eTap (foto 7) e soprattutto alle ruote Zipp 404 Nsw: queste ultime si sono rivelate degno completamento di un telaio aero come il Nitrogen. È stato così non tanto per l’immaginabile scorrevolezza e aerodinamica che ha questo set ad alto profilo, ma più che altro perché il particolare profilo “panciuto” del loro cerchio alto 58 millimetri assicura anche un’ottima capacità di assorbire le vi-

brazioni, rende la ruote meno secche, ma senza mai perdere nulla in termini di rigidità laterale. È in questo senso e in questo modo che un telaio dalla geometria reattiva e dagli angoli “cattivi” come il Nitrogen può riservare anche inaspettate doti di comfort e di assorbimento delle vibrazioni (e questo sicuramente è stato merito anche dei morbidi copertoncini Tufo Calibra con sezione da 25 mm trovati montati). Sempre in merito alle ruote segnaliamo la grande efficienza delle superfici frenanti con tecnologia Showstopper (foto 8): si tratta di leggerissime scanalature verticali che contraddistinguono i fianchi e che migliorano non poco l’efficienza dei pattini (dedicati) sia in condizioni di asciutto che di bagnato. Le “staccate” decise e secche,


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Foto 8 - I particolari fianchi del cerchio ottimizzano la frenata sull’asciutto e sul bagnato

cioè esercizio frequente e obbligato nelle discese spesso nervose della Nove Colli, non sono mai state un problema per l’impianto frenante, che si è sempre rivelato potente, affidabile e provvisto di una buona dose di modulabilità. Ancora in merito alla frenata la sola nota negativa è relativa ai freni semi-integrati TRP, quelli di tipo aero e con tiraggio lineare dei corpi freno: la prova ci ha detto che questi corpi necessitano di una regolazione millimetrica dell’allineamento e della distanza dei pattini rispetto al cerchio, pena la comparsa del fastidioso rumore gracchiante che nel caso nostro si è manifestato quando azionavamo in maniera vigorosa il freno posteriore. Ma passiamo ai feedback specifici sul telaio: chi scrive, 173 centimetri di altezza e “cavallo” da 83 cm, si è trovato perfettamente a suo agio sulla taglia S, che a partire dal basso è la seconda tra le cinque previste. Eccellenti anche i contenuti ergonomici del manubrio integrato, l’AHB5000, soprattutto nella parte alto centrale, dove il tubo assume una forma schiacciata che serve sia a fendere l’aria frontale che ad accogliere meglio il palmo della mano. Passiamo al capitolo “aerodinamica”, che come è facile immaginare è l’argomento forte di un prodotto come quello in oggetto: le porzioni scorrevoli della famosa granfondo di Cesenatico (ad esempio i trenta kilometri iniziali e i venti finali) sono il terreno d’elezione della Nitrogen: la bici fende l’aria in maniera impeccabile e quel che è importante lo fa senza mai perdere di vista una rigidità laterale che non viene mai messa in discussione: rigido e imperturbabile è sia il voluminoso “nodo” di sterzo, ma soprattutto il carro posteriore (foto 9), cioè il cuore pulsante di questo frame-set, configurato in modo molto compatto sia per quel che ri-

guarda l’aspetto dimensionale (40.5 i centimetri rilevati dal movimento al mozzo), sia quello volumetrico (con foderi obliqui molto corti, che disegnano un triangolo posteriore contenuto). Va da sé che una configurazione di questo tipo predispone a una guida reattiva, frizzante; posiziona la ruota posteriore molto “sotto” e facilita chi è alla guida nelle accelerazioni e nella variazioni di ritmo. Da parte sua la lunghezza dell’avantreno (distanza tra movimento centrale e mozzo anteriore) ben compensa la compattezza del carro posteriore, così come l’angolazione di sterzo non risulta particolarmente verticalizzata (72.7° per la taglia S testata): quel che ne risulta in discesa sono buone caratteristiche di guida nelle curve in velocità, la Nitrogen digerisce in maniera abbastanza agevole l’ingresso, la conduzione e poi l’uscita nelle curve, in particolare i “curvoni” veloci, dove non si scompone mai e trasmette a chi guida una sensazione costante di sicurezza e stabilità. Note negative da annotare? Beh, più che note negative un solo dato di fatto, cioè quello che un telaio del genere non è certo quello di una bici endurance, per questo è inimmaginabile aspettarsi da un prodotto simile quel comfort sulle lunghe o lunghissime distanze che invece si addice a tipologie di telaio del tutto diverse. Dedicata a chi? La Nitrogen è insomma una bici da velocità, è la deliberata proposta di Argon 18 per tutti quei ciclisti che mettono la riduzione della resistenza all’aria in cima ai loro ordini di priorità, ma soprattutto è ottima opzione per tutto coloro che da una bici aero cercano spiccate caratteristiche di adattabilità: intendiamo dire che una bici come la Nitrogen può essere

Foto 9 - Il carro posteriore ha una struttura compatta

l’opzione giusta per cimentarsi sia nelle velocissime gare corte o nelle granfondo su percorsi scorrevoli, senza dimenticare che invertendo la posizione del reggisella e poi montando un manubrio da cronometro la Nitrogen può facilmente e velocemente trasformarsi in ottima “arma” per le gare contro il tempo oppure per il triathlon olimpico. È la classica bici polivalente, insomma, ma una polivalenza intesa in senso aero. Produttore: Argon 18, www.argon18bike.com Distributore: Beltrami T.S.A. via Euripide 7, 42100 Reggio Emilia, tel. 0522/300523, fax 0522/307803, www.beltramitsa.it

In occasione del test abbiamo indossato un paio di NRC X5, occhiali provvisti per l’occasione di lenti fotocromatiche e proposti nella colorazione “Stelvio”.


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STRUTTURE BIKE-FRIENDLY

"BORGO AL CERRO RESIDENCE" IL PARADISO DELLA VACANZA A cura della Redazione Incastonata nelle rigogliose campagne senesi, un'antica fattoria medioevale è diventata il "buen ritiro" per gli amanti del relax. Benvenuti a Casole d'Elsa, dove la bicicletta regna sovrana

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ccoglienza, rispetto per l’ambiente e il risparmio energetico, professionalità, trasparenza, ascolto del cliente, condivisione degli obiettivi con i dipendenti, ricerca di nuove forme di collaborazione con i colleghi, apertura verso nuove idee ed iniziative che promuovano la cultura e il territorio, responsabilità sociale e culturale e internazionalizzazione senza barriere sociali. In questo decalogo - una vera e propria "carta dei valori" - c'è condensata la filosofia che, da sempre, anima i titolari del "Borgo al Cerro Residence", una splendida struttura di Casole d'Elsa, incastonata

nella campagna senese. Il Residence Borgo al Cerro è un accogliente complesso ricettivo situato in posizione strategica rispetto a Siena, al Chianti e a Volterra, con le sue colline metallifere. L'antico casolare è stato riportato allo splendore delle origini attraverso un'attenta e sapiente ristrutturazione; la storia della struttura non è di facile ricostruzione, ma dalle vecchie murature si intuiscono segni di fortificazione giustificati forse dalla vicinanza con l'antica strada doganiera per Casole d’Elsa. Il Residence mette a disposizione comodi appartamenti indipendenti arredati in stile sobrio e funzionale e caratterizzati da sof-

fitti con travi in legno e pavimenti in cotto. Ubicato nel cuore della Toscana, è un ottimo punto di partenza per visitare le città d'arte e i suggestivi borghi medievali della zona. Il Borgo Al Cerro dispone di una piscina esterna con idromassaggio, solarium attrezzato, sala fitness. Tra gli innumerevoli servizi gratuiti offerti dalla Struttura vi sono un parco giochi per bambini, seggioloni, lettini da campeggio con lenzuola, passeggini, ping pong, calciobalilla e noleggio mountain bike. I clienti potranno inoltre usufruire, sempre gratuitamente, del parcheggio privato e della connessione internet WI-FI, disponi-


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bile in tutte le aree comuni, in tutti i giardini privati e all’interno di alcuni appartamenti. Nelle vicinanze è presente un Ristorante convenzionato in cui è possibile gustare la cucina semplice e naturale, tipica del luogo. Su richiesta si accettano animali domestici di piccola taglia. "La soddisfazione dei nostri ospiti - spiegano alla reception - è il nostro unico fine ed ogni loro suggerimento viene ascoltato e ponderato con attenzione. Lavoriamo ogni anno per rendere il nostro residence sempre più bello e accogliente apportando costanti e piccole migliorie alla proprietà. Vorremmo offrire un’oasi di serenità, un piccolo angolo di pa-

radiso a chiunque ci venga a trovare. Crediamo che l’onestà, la chiarezza, la disponibilità possano essere le basi per costruire con i nostri ospiti un clima di serena stima e di amicizia. Amiamo il bello, l’arte e la natura in tutte le sue forme e crediamo che la vacanza possa anche divenire l’occasione per ripensare e rinnovare le nostre vite". Casole d’Elsa - delizioso paesino di origine medioevale - è da sempre una località bike-friendly, una location ideale per una vacanza green che esalta la bicicletta e gli spostamenti "ad emissione zero". Il territorio offre infatti percorsi ciclistici con livello di difficoltà variabile, circondati da scenari

suggestivi e da paesaggi della campagna toscana. Ci si può divertire con mountain bike, bici da corsa su cui ripercorrere le orme dei campioni, cicloturismo ed e-bike. Sentieri tracciati e strade a bassissima percorrenza si prestano perfettamente per coloro che desiderano visitare la Val d’Elsa in ‘modalità slow’ anche con biciclette a pedalata assistita, fermandosi nei punti d’interesse culturali ed enogastronomici. Si possono raggiungere per escursioni in giornata le bellissime città Siena, Firenze, San Gimignano, Volterra, Monteriggioni e le vicine Colline del Chianti, con le loro fattorie e castelli.


Qual è il vostro rapporto con la bicicletta? Sara: “Ci piacerebbe parlare di gradevoli passeggiate all’aria aperta, invece è più opportuno parlare di sfiancanti sedute aerobiche sui rulli in palestra”.

DOMANDE A... A cura di Mario Pugliese

LA NAZIONALE ITALIANA FEMMINILE DI KATA Sono il “dream team” del karate italiano. La squadra di kata femminile - all’anagrafe Sara Battaglia, Michela Pezzetti e Viviana Bottaro - viene spesso paragonata alla selezione femminile di fioretto, storicamente miniera di medaglie e di trionfi planetari. Reduce dall’oro agli ultimi campionati europei, le azzurre - aspettando Tokio 2020 raccontano così il loro ciclo-universo.

Più duro il ciclismo o il karate? Michela: “Durissimi entrambi, soprattutto se parliamo di allenamenti…”. La vostra cima Coppi? Viviana: “Le giapponesi ai Mondiali. Noi siamo forti, ma loro per adesso sono inarrivabili”. Nelle arti marziali esiste il doping? Sara: “Qualche caso c’è stato, ma per noi è un mondo distante anni luce”. Il ciclista preferito? Michela: “Quando siamo venuti a Cesenatico abbiamo reso omaggio al monumento di Pantani. E’ stato un bel momento, vero e desiderato”.

Nel ciclismo ci vuole fondo e velocità…. nel karate? Viviana: “Velocità e precisione sono fondamentali, così come la tenuta mentale e la capacità di gestire le emozioni”. Il sogno del futuro? Sara: “Le olimpiadi, ovviamente”. Qualcuno da ringraziare? Michela: “Senza dubbio il corpo di Polizia che ci sostiene e ci consente di allenarci con la necessaria tranquillità”. E una volta appeso il kimono al chiodo? Viviana: “Sarebbe bello restare in questo mondo e magari lavorare con i giovani”. Esiste l’amicizia tra atlete? Sara: “Se non esistesse non sarei mai riuscita a vincere così tanto”.

Le ragazze Dream Team Sara Battaglia, Michela Pezzetti e Viviana Bottaro


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HUTCHINSON FUSION 5 DEL TUBELESS

LA NUOVA FRONTIERA

A cura della Redazione Tecnica

Più affidabili nel rotolamento e più resistenti alla foratura: così è nata la nuova generazione dei copertoncini

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he le gommature stradali di tipo Tubeless si pongano al vertice della corrente tecnologia del “copertoncino” non è mistero per nessuno. Tale tecnologia, seppure con vari contrattempi, rappresenta di fatto la prossima generazione di pneumatici per biciclette. I vantaggi che offre sono molteplici: ottima resistenza al rotolamento (grazie all’assenza di una camera interna e i suoi inevitabili attriti con il copertone) ed una probabilità più bassa di foratura (soprattutto per pizzicamento). E, sempre in tema di affidabilità massima, c’è da precisare che una gommatura tubeless, in caso di foratura, mostra due non trascurabili vantaggi: in caso di lacerazioni rimane tendenzialmente sul cerchio evitando di stallonare. In caso di forature con perdita di pressione graduale, invece, consente generalmente un facile rientro a casa anche se a pressione ridotta. Inevitabile dire che questa tipologia di gommatura rappresenti un interesse concreto per un appassionato ciclista. La Fusion 5 Tubeless Ready persegue questo obbettivo cercando di massimizzare i sei elementi che stanno alla base di ogni performance: attrito

di rotolamento, grip, durata, resistenza alla perforazione, leggerezza e comfort. Ma, vi chiederete, cosa differenzia una gommatura cosiddetta “tubeless ready” da un normale copertoncino? La più grande differenza tra le due tipologie si può trovare nell’area del tallone e all’interno della gommatura. La versione Tubeless possiede, infatti, uno strato extra di gomma nella zona interna che si prende cura di mantenere l’aria in pressione nei valori molto elevati utilizzati in una bicicletta con pneumatici tubeless. Offerta nella misura 25 mm (per 255 g) e carcassa rinforzata da 127 TPI questo pneumatico fa tesoro dei risultati del HDF 5 Project. Ovvero il Group Intelligence formato da ricerca, sviluppo e esperienza nella composizione del migliore “compound” per uso ciclistico che annovera numeri di tutto rispetto: come 105 combinazioni di differenti miscele di battistrada, 80.000 miglia di sperimentazioni sul terreno e 21000 miglia in sella alla bicicletta. Il tutto per offrire al ciclista Hutchinson la miglior soluzione possibile. Questa ricerca ha portato all’affinamento di tre compound di battistrada: HDF 5,1 HDF 5,2 e HDF 5,3. Il 5,3 è stato concepito ponendo come ob-

biettivo prioritario il dato di longevità, e gli 1,6 mm di spessore del battistrada ne sono testimonianza; la mescola 5,1, è stata concepita per la pura performance. E’ nei fatti un battistrada sottile da 0,8 mm che offre un’elevata leggerezza associato ad un riforzo leggero che conferisce efficienza ed un incredibile presa al suolo. Il compound 5,2 infine, quello adottato dalla Fusion 5 Tubeless Ready (53,90 euro), offre un compromesso ideale tra leggerezza e robustezza (garantita da un rinforzo antiforatura in Kevlar®) abbinato ad una durata del battistrada che si pone in posizione intermedia tra gli spessori appena elencati ed è pari a 1,2 mm. Il disegno del battistrada mostra delle di incisioni a freccia di tipo convergente ben distanziati tra di esse. Occorre infine ricordare che questa copertura, quando utilizzata senza camera, in configurazione Tubeless, deve essere impiegata con il liquido a base di lattice Protect’Air MAX, opzione obbligatoria per sigillare gli pneumatici Tubeless Ready, medesimo sigillante raccomandato come preventivo delle forature anche per le gommature tubolari. Distributore per l'Italia Beltrami T.S.A.


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PEDALANDO CON FREUD

LA MIA NOVE COLLI Photo by Sportograf.com

A cura della Dott.ssa Manuela Ansaldo *

Dai brividi della partenza all’incertezza dell’arrivo, i momenti salienti della Granfondo più dura raccontati (e psicanalizzati) da una studiosa della mente

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iò che scriverò circa la mia esperienza alla Nove Colli vuole, in primis, sollecitare le memorie multisensoriali di coloro che l’hanno corsa, cercando di veicolare l’esperienza soggettiva nell’ambito della Psicologia dello Sport. Con questo mi auguro che i ciclisti che leggeranno potranno avere una chiave di lettura della propria esperienza sportiva che gli dia maggiore capacità e consapevolezza di gestione della performance. Parlando come professionista, sono felice di essere io stessa amante e praticante del ciclismo, poiché io in primis utilizzo le conoscenze e tecniche acquisite durante la formazione accademica. IN GRIGLIA – Il tempo prima del via, dell’inizio, del percorso. Il tempo prima che si realizzi l’aspettativa, ovvero l’obiettivo. Ogni atleta - che sia agonista amatoriale o professionista - deve conosce-

re il proprio obiettivo. Tanto più sarà chiaro e definito, tanto più il comportamento sarà direzionato. Che cosa si vuole raggiungere, qual è il fine della propria prestazione? E’ ciò che nutrirà di energia il serbatoio della mente. Se la mente avrà ancora dove attingere, anche nel momento della difficoltà, ogni mancanza, ostacolo, vissuto negativo, potrà essere superato. Ogni obiettivo, infatti, ha senso solo se è guidato da una motivazione, che può definirsi come la chiave di apertura, lo strumento che può avere più o meno vigore, forza, che sottende ogni gesto, momento, teso alla realizzazione dell’obiettivo. Ogni ciclista che si è posto la sfida di correre la Nove Colli, avrà avuto il proprio. Ne sia stato più o meno consapevole. Il mio obiettivo era di chiudere la Gran Fondo in meno di 8 ore. Personalmente non avevo esperienze precedenti che mi potessero in qualche

modo guidare. Avere “fatto esperienza” può a volte aiutare nel dirigere il nuovo vissuto, rendendolo maggiormente funzionale al proprio obiettivo (in questo caso, ad esempio, non sbagliare strada per arrivare alla partenza, sapere più o meno dopo quanto tempo si sarebbe partiti rispetto alla prima griglia, in modo da gestire al meglio i minuti a disposizione, ecc.). In alcune persone, il rimanere aperti rispetto a ciò che accadrà, senza avere riferimenti, può acuire una emozione di paura che è assolutamente normale in ogni nuova esperienza. L’agitazione psicofisica che si vive può risultare da un mix di paura e gioia, che prepara il corpo al movimento, all’azione (emozioni troppo intense possono arrivare a bloccare gli arti deputati al movimento, ad un senso di pesantezza). Alcuni ciclisti intorno si scambiano qualche parola (colui che avevo accanto


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Manuela Ansaldo in azione

mi fa una domanda ed iniziamo a parlare un po’); i più sono in silenzio, cosa che richiedo anche per me quando manca poco alla partenza. Il momento richiede attenzione e concentrazione su di sé. Qualcuno compie i gesti rituali che lo rassicurano circa ciò che andrà a vivere. L’attesa in griglia vede il corpo e la mente comunque molto impegnati: la psicofisiologia e la psicologia sperimentale ci insegnano che esiste uno stato di attivazione neurovegetativa (arousal fisiologico) funzionale (finestra di tolleranza ottimale - Siegel, 1999) ad una certa prestazione. Ognuno dovrebbe conoscere la propria per non commettere errori e finalizzare al meglio le proprie energie psicofisiche. LA GARA – La partenza è un momento molto importante che permette al ciclista di “stare nel gruppo” con il quale condivide “il passo”. La Nove Colli, visto l’elevatissimo numero di partecipanti, ha regole molto precise di andatura (mi ha sorpreso molto positivamente il comportamento rispettoso dei tantissimi ciclisti presenti), per cui chi va ad una

velocità maggiore ha la possibilità di avere la carreggiata sinistra libera e di mantenere un’andatura piuttosto regolare sin da subito. L’attenzione è molto alta, il cervello è super impegnato a mantenere il focus sugli aspetti più importanti che riguardano la sicurezza del ciclista stesso e la sua tattica di corsa. Il mio stupore è nato sin dalla prima salita, il primo colle, dove ogni centimetro di asfalto veniva battuto dalle ruote delle migliaia di ciclisti che salivano in un lungo serpentone, eppure il silenzio perlopiù regnava sovrano! Qualche scambio di battuta, ma davvero minimo rispetto al numero delle persone presenti. I suoni dominanti erano quelli della Natura e dei respiri dei ciclisti, i cui cuori battevano con maggiore frequenza per ossigenare le gambe e permettere di salire, ognuno al proprio passo. Era la prima salita, l’adrenalina ancora alta, l’entusiasmo e la gioia elevatissimi, per cui il tono energetico del corpo permetteva un passo spedito e sicuro. Quando le emozioni sono positive, la mente, che inevitabilmente ed ininterrot-

tamente fa scorrere pensieri, oltre ad essere concentrata su ciò che il corpo sta facendo (un fluire automatico di processi cognitivi quali percezione, attenzione e memoria), crea un dialogo interno (cosa la persona si sta dicendo) in sintonia con l’emozione stessa. Ad esempio, se l’esperienza interna e/o esterna che si sta facendo è positiva (la gamba gira bene, ci si sente forti, tra i ciclisti che si incontrano molti si riescono a superare!), il dialogo interno sarà congruente (“Oggi sono proprio in forma”, “se continuo così riuscirò a chiudere la gara nel tempo che mi sono prefissato!”). Nella mia mente scorrevano immagini multisensoriali vivide e colorate, ogni momento che vivevo, sia che l’elaborazione fosse di informazioni esterne che interne (come sentivo il mio corpo) mi rinforzava emozioni straordinariamente positive. Tra le migliaia di persone che si incontrano, ricordo con gratitudine un ragazzo con la divisa nera e le braccia tatuate, che in un momento di gara, prima di salire sul famoso e temuto Barbotto, mi


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Manuela Ansaldo con il gruppetto di ciclisti diretti all'arrivo di Cesenatico

“offrì” la sua ruota per avanzare un po’ in un tratto di strada più veloce. Scambiammo qualche parola circa il percorso che ci aspettava di lì a poco. Lui conosceva bene le strade, essendo un ciclista amatoriale della zona. La componente relazionale e sociale può essere estremamente importante. In una gara di 205 Km ed un dislivello impegnativo come quello della Nove Colli, avere qualcuno con cui condividere il viaggio può risultare molto importante. Sia esso un estraneo o una persona conosciuta, in alcuni tratti di strada e particolari momenti (magari di difficoltà), avere la consapevolezza che non si è soli può dare molto conforto e maggiore sicurezza. Nella mia gara “in solitaria”, sono state due le persone che mi hanno offerto, mi hanno fatto dono, di una rassicurazione. Una è stato questo ragazzo, con il quale mi sono velocemente salutata alla deviazione dei due percorsi. Lui proseguiva per il medio ed io per il lungo. Proprio alla deviazione, poco dopo il 100esimo Km, lo scenario davanti a me è repentinamente cambiato. Se sino al Barbotto si era in tanti a condividere la fatica, ciascuno circondato da tanti altri ciclisti, svoltando a destra per proseguire per i prossimi 5 Colli, l’orizzonte davanti diventa più rado di ciclisti. Per lo più si percorre a piccoli gruppi o persone che pedalano da sole. Queste nuove immagini cominciarono a fare affiorare in me pensieri nuovi, in sintonia con una nuova emozione, quella della paura, ancora ad intensità ridotta, ma comunque presente. Cominciai

a dirmi:”Da sola, completamente esposta al vento, sarà più difficile”. Tuttavia, il corpo aveva ancora energie a cui attingere, per cui il dialogo interiore non era la voce dominante. Fino ad allora posso dire di avere vissuto il cosiddetto “stato di flow”. In psicologia, il flusso (Csikszentmihàlyi, 1975), o esperienza ottimale (trance agonistica nel linguaggio sportivo), è uno stato di coscienza che caratterizza un totale coinvolgimento dell’individuo. Concentrazione e impegno psicofisico permettono che l’essere coinvolti nel qui e ora dell’azione, renda l’azione stessa del tutto naturale e fluida. La difficoltà cominciò intorno al 135’ Km. Non avevo trovato nessuno che potesse condividere con me l’andatura. Stanchezza, desiderio di fermarsi per ritemprarsi (mi fermai solo pochi minuti per riempire le due borracce … nel più breve tempo possibile!), magari scambiare una battuta, un sorriso, per poi ripartire. La prestazione cala, i battiti rimangono bassi. Questi feedback corporei di stanchezza cominciano a rinforzare emozioni che, come è naturale in quel momento della competizione, iniziarono a prendere il sopravvento, guidando i miei pensieri. Richiamai alla mente i principi della Mindfulness (tecnica psicoterapica di terza generazione), del non lasciarmi invadere e sovrastare da pensieri negativi che potevano rallentare il mio viaggio. Che ogni sensazione, emozione, pensiero, passa, sia esso positivo che negativo. Guardai il tempo, tentando di rinvigorire la mia spinta motivazionale. Al nono

Colle, il Gorolo, cuore e gambe rispondono di nuovo. Intorno forse al 175’ km, ecco che la positività di un comportamento sociale rinvigorisce ancora più le mie energie. Un ciclista giovane, intorno forse ai 30 anni, ed il suo compagno di squadra, con la divisa verde, mi superano, poi rimangono di nuovo indietro, poi mi superano di nuovo, questa volta voltandosi indietro e guardando se riuscissi a stare a ruota. Basta un gesto, uno sguardo attento, a 30 Km dalla fine l’energia che nutre le gambe è di nuovo disponibile. Ci agganciamo ad un gruppo numeroso, ancora nelle gambe la forza di rilanciare, di sentire il corpo comunque pronto … pronto infine … a tagliare il traguardo! Persone sconosciute che diventano importanti, perché hanno condiviso un momento significativo, perché con loro si è chiusa una sorta di impresa. Uno sguardo sensibile e non qualsiasi, complimenti sinceri e non frutto della sola educazione. Quando l’emozione è alta, la cognizione, ovvero ciò che viene comunemente chiamata “ragione”, si indebolisce. Il comportamento viene guidato dalla forza maggiore, quella più ancestrale per il cervello antico, l’emozione provata. 7 ore e 47. Obiettivo raggiunto. Motivazione sempre alta. Ho vinto. *Psicoterapeuta, Psicologa dello Sport Csikszentmihàlyi, M. (1975) Beyond Boredom and Anxiety. Jossey – Bass Publishers. Siegel, D.J. (1999) The Developing Mind. New York: Guilford


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RALLY DI ROMAGNA MTB

ADELANTE BEDÓS I Bikers pronti alla partenza al Rally di Romagna

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l Rally di Romagna parla ancora iberico. Dopo il successo dello scorso anno del lusitano Rodrigo Gomes, l’edizione 2017 della corsa a tappe di Riolo Terme, dopo 255 chilometri di accese schermaglie, ha incoronato il 27enne spagnolo Pau Marzà Bedòs. Il catalano di Tarragon è stato l’atleta più regolare nel corso delle cinque tappe e, alla fine, ha prevalso nella classifica generale davanti al trentino Mattia Lorenzetti (staccato di 3’ 22’’), unica nota lieta della

rappresentativa italiana in un’edizione dominata dagli stranieri che si sono aggiudicati tutte e cinque le frazioni: dopo il successo nel prologo dello spagnolo David Juaneda Muntaner, le tappe sono state infatti vinte nell’ordine dal tedesco Felix Fritsch, dallo spagnolo Pau Marza Bedos, dal portoghese Rodrigo Gomes e, infine, dal tedesco Fritsch, l’unico atleta in gara ad aggiudicarsi due tappe. Per gli italiani, Lorenzetti a parte (per lui anche un giorno con la maglia di leader), solo le briciole:

appena in sei hanno concluso tra le prime venti posizioni della classifica generale. Marza Bedòs, invece, ha costruito il suo trionfo sulla regolarità: 2° sia nel prologo che nella granfondo, è arrivato 3° sabato, 4° domenica e 5° l’ultimo giorno. In pratica, pur non vincendo nessuna tappa, non è mai sceso sotto la quinta posizione. Il modo più sicuro per aggiudicarsi una competizione che, per tradizione, premia più la regolarità degli acuti. L’Italia si è però ampiamente riscattata


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A cura della Redazione

Il 27enne catalano si aggiudica l’ottava edizione della corsa riolese davanti all’italiano Lorenzetti. Tra le donne dominio assoluto di Elisa Gastaldi. Ma i veri vincitori sono gli organizzatori dell’evento capaci, in un solo anno, di raddoppiare i partenti!

nella categorie femminile, dove Elisa Gastaldi ha dominato tutte e cinque le frazioni, superando in classifica generale di quasi due ore la lombarda Chiara Mandelli (terza la tedesca Natasha Binder). Ma al di là dell’aspetto agonistico, l’edizione 2017 segna la svolta epocale per il Rally di Romagna Mtb, che ha registrato un clamoroso boom di iscritti, passati dai 136 dell’2016 ai 269 di questa edizione. E’ la consacrazione di una manifestazione che è ormai stabilmente entrata nel go-

Gli organizzatori del Rally di Romagna festeggiano insieme ai vincitori

tha delle più prestigiose corse a tappe per mtb del mondo: “In effetti - spiega il presidente del Romagna Bike Grandi Eventi Stefano Quarneti - un exploit del genere non ce l’aspettavamo neppure noi. Sapevamo di aver lavorato bene in questi mesi, mettendo a regime un’organizzazione che, lo dico senza autoreferenzialità, nel corso degli anni è diventata un meccanismo pressoché perfetto. Però raddoppiare in un anno gli iscritti è un risultato che ha sorpreso tutti e che proietta la nostra manifestazione verso un’altra dimensione. E allora, un ringraziamento è d’obbligo per i volontari che ci hanno aiutato, nel corso degli anni, a dare credibilità al nostro progetto, un grazie all’amministrazione che ha subito creduto nell’iniziativa dandoci un supporto costante e concreto e un grazie infine ai nostri sponsor che ci hanno permesso di far crescere l’evento dandogli un storia e soprattutto una prospettiva”.

ORDINE D’ARRIVO FINALE EDIZIONE 2017 RALLY DI ROMAGNA MTB 1 MARZÀ BEDÓS PAU | SPA GOBIK FACTORY 12:19:49 2 LORENZETTI MATTIA | S.C. ALA NORCO BICYCLES 12:23:11 3 MUNTANER JUANEDA DAVID | SPA PC ESTABLIMENTS 12:30:46 ORDINE D’ARRIVO FINALE FEMMINILE 1 GASTALDI ELISA TEAM PASSION FAENTINA 14:39:15 2 MANDELLI CHIARA TEAM SPACEBIKES 16:25:35 3 BINDER NATASCHA | GER r2-bike.com MTB CREW 16:33:51


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Chi è Silvano Antonelli Fondatore e Presidente del G.S. Progetti Scorta. E' ideatore del "Premio sicurezza" (patrocinato dalla Presidenza del Consiglio e dal Ministero dell'interno) dal 2016 opinionista televisivo nel programma "INBICI passione sui pedali" Sky 520

SICUREZZA IN PRIMO PIANO

E’ L’ORA DEL MEA CULPA

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n queste ultime settimane i casi tragici di Scarponi, Hayden e della triatleta Viellehner hanno drammaticamente riproposto il tema della sicurezza dei ciclisti in allenamento. Questione, per la verità, aperta da tempo, senza che su tale fronte ci sia mai stata la sufficiente coerenza e determinazione di quanti hanno il potere di modificare leggi, norme e comportamenti. All’indomani di una “morte eccellente”, tanti sembrano avere la soluzione in tasca oppure poter vantare di avere segnalato il rischio da tempo. Spesso gli stessi (politici, dirigenti, giornalisti, ecc.) che se vai a proporgli il tema della sicurezza senza che ci sia il morto sulla strada ti guardano con stupore, se non con fastidio. Eppure in allenamento i morti ci sono sempre stati, come nel caso di Tommaso Cavorso, il tredicenne toscano ucciso nel 2010 una mattina di fine agosto mente si allenava con gli amici dell’Aquila Ganzarotti, a cui è stato dedicato un libro con

l’accorato appello del babbo ad intervenire perché ciò non accadesse anche ad altri. Intendiamoci, nell’ambiente ciclistico si sta facendo molto (e con successo) per la sicurezza in gara, mentre per gli allenamenti valgono le condizioni generali della viabilità, del codice della strada, dove la responsabilità di intervento attiene al Parlamento e alle istituzioni. Ma un po’ di coerenza da parte del mondo sportivo ciclistico non guasterebbe, specie per le cose che noi stessi possiamo fare per favorire e consolidare la giusta cultura della prevenzione. Ad esempio, quanti morti dovremo scontare per convincerci tutti dell’assurda abitudine dei cicloamatori e cicloturisti di vestire di nero, praticamente invisibili nelle zone d’ombra e con il sole contro? Per me, questa prassi “modaiola” è semplicemente un “allenamento al suicidio”, che dovrebbe essere subito abbandonata perché, come sollecita anche Savoldelli,

A cura di Silvano Antonelli

Ciclisti vittime di tanti (troppi) incidenti. Ma le responsabilità non sono soltanto di politici ed istituzioni... «noi abbiamo il dovere di renderci sempre visibili». Gli allenamenti su strada, specialmente di Esordienti ed Allievi, sono l’angoscia delle società, spesso costrette ad accompagnarli per proteggerli alle spalle con l’ammiraglia, a volte multate (sì anche questo è capitato!) per intralcio alla circolazione. Una condizione apparentemente immodificabile, che mischia il senso di responsabilità della società sportive con il fatalismo dei tanti (troppi!) che pensano non esistano soluzioni migliori, “perché - dicono - il traffico è così e puoi solo difenderti alla meno peggio”. Un’idea assurda, inaccettabile, tanto culturalmente pigra da non ricordare che sin dal 2007 esiste una proposta di modifica all’art. 12 del C.d.S., oggi più che mai attuale, suggerita dal G.S. Progetti Scorta, elaborata da autorevoli funzionari del Ministero dell’Interno, fatta propria da alcuni parlamentari dell’epoca che prevedeva la possibilità di proteggere gli atleti (negli allenamenti or-


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ganizzati dalle società) con veicoli appositamente equipaggiati di cartelli “ciclisti in allenamento”, lampeggianti e bandierine. Una soluzione da riproporre nuovamente ora che si discute della riforma del Codice della Strada e dove la stessa Polizia Stradale chiede, con la modifica all’art. 12, che siano ampliati i poteri delle scorte tecniche per dare ulteriore sicurezza alle gare ciclistiche. In aggiunta anche l’apprezzabile proposta, da più parti avanzata, di modifica dell’art. 148 del C.d.S., per imporre una distanza minima di mt. 1,5 nel sorpasso dei ciclisti da parte di altri veicoli. Una proposta valida per i nostri atleti in allenamento e per la generalità dei ciclisti, il cui tributo di 250 vittime all’anno resta altissimo e purtroppo costante, considerando che, negli ultimi 11 anni, la mortalità stradale generale è invece diminuita del 50%. La battaglia per la sicurezza è un crescendo strettamente connesso al nostro senso di responsabilità, dove tutto conta pur sapendo che niente è determi-

nante in assoluto, perché l’errore umano e la circostanza imprevedibile sono sempre possibili. Un esempio lampante è dato dalle lezioni di sicurezza agli atleti, molto diffuse in Romagna e nelle Marche, ma praticamente sconosciute (snobbate) in tante altre parti d’Italia. In queste lezioni, oltre alla gara, si parla anche degli allenamenti e della necessità di tenersi sempre distanti, o farsi superare in fretta, dai veicoli di grandi dimensioni, notoriamente impossibilitati a vedere tutto ciò che gli accade attorno. Esempio recente il caso della triatleta tedesca Viellehner, schiacciata sotto le ruote di un autoarticolato che si immetteva sulla strada del Passo delle Forche (FC), oppure, come nel caso dell’indimenticato Marco Mazzolini, lo Juniores cresciuto nella Baracca, quando nel lontano 1989 fermo ad un semaforo di Lugo (RA) - perì in modo analogo senza che il camionista si accorgesse di nulla. Di queste lezioni, secondo me, ce ne sa-

rebbe bisogno anche per i cicloamatori. Ci sto provando, ho chiesto a varie società ma, per il momento, con scarso successo in quanto, mi sento dire: «la stagione è già avviata ed in pieno sviluppo». Capito? Cicloamatori (ciclisti per diletto) che durante “la stagione” non hanno una serata da dedicare alla loro sicurezza! Per ridurre il numero generale delle vittime tra i ciclisti, a mio parere, occorrerebbe introdurre l’obbligo del casco, almeno per i minori fino ai 14 anni, così come avviene già in altre nazioni. Una norma di buon senso, che la FCI impone a tutti i suoi tesserati in allenamento, ma che sembra non spuntarla a livello di Parlamento, dove tengono banco quelle associazioni che giurano e spergiurano che la norma sarebbe controproducente per la promozione dell’uso della bici e per le sue ricadute in termini di mercato (a proposito, si diceva così anche per l’obbligo del casco ai motociclisti, ma la storia ha dimostrato tutt’altro).



La Vecia Ferovia dela Val de Fiemme 2016 - Photo by Newspower.it


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TRENTINO MTB PRESENTED BY ROTALNORD

PIÙ FORTI DELLA

PIOGGIA Samuele Porro vincitore della Dolomitica Brenta Bike - Photo by Newspower.it

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Trentino MTB presented by Rotalnord prosegue inesorabile il proprio cammino a dispetto delle condizioni meteo. Del resto, ci vuole ben altro per spaventare i bikers, gente che non conosce la paura e che fa della propria passione la sua ragione di vita, e pazienza se nel bel mezzo ci siano pioggia, fango ed asperità, questo è ciò che li rende felici. Per questo lo scorso 25 giugno erano un bel numero ai nastri di partenza della quarta edizione (e quarta prova del circuito) della Dolomitica Brenta Bike, una sfida unica, anticipata da una pioggia inesorabile, che ha necessariamente dovuto far correre ai ripari il comitato organizzatore presieduto da Michele Maturi con una leggera riduzione del percorso (46 km contrariamente ai 53 previsti), che tuttavia non ha ridotto lo spettacolo. E chi se lo fosse perso, non poteva sapere che l’ultima goccia di pioggia sarebbe caduta proprio un istante prima della partenza da Pinzolo, e che all’arrivo ci sarebbe stato ad atten-

derli un folto pubblico festante baciato da un caldo sole. D’altronde in nove stagioni Trentino MTB presented by Rotalnord non hai mai, proprio mai, cancellato un appuntamento, un circuito che davvero non si ferma ed affronta le avversità con coraggio e spirito di sacrificio, e che ha al timone persone capaci e competenti che ci mettono sempre il massimo dell’impegno, come il neo presidente Mauro Dezulian, presente anche nel parterre della ‘Dolomitica’ ad incoraggiare i temerari ma pur sempre infreddoliti bikers all’avvio. Gli organizzatori “dolomitici” hanno dunque tagliato il tratto dell’itinerario di gara che conduce al rifugio Graffer, deviando verso Malga Vaglianella, togliendo così circa 700 metri di dislivello e 9 km, a causa del maltempo che ha imperversato in Val Rendena fin dall’alba. Un pallido sole ha poi fatto capolino e si è potuti così passare alla narrazione della gara: Samuele Porro (2:10:46) partiva con il pettorale numero 10, un numero che nel calcio viene solitamen-

te assegnato (almeno così si era soliti fare un tempo) al miglior giocatore della squadra o al “fantasista”, e Porro si è comportato come tale, andando a prendersi la vetta di una gara entusiasmante. Seconda posizione per un pur arrembante Vito Buono (2:12:01), al quale è sfuggita solo la vittoria per coronare una grande prestazione. Nella battaglia per il terzo e quarto posto l’ha spuntata Efrem Bonelli su Andrea Zamboni, vincitore anche del tratto cronometrato a Malga Fratte (6:46:30), nettamente su Buono e Porro, ma non è bastato al trentino per ottenere qualcosa di più del quarto posto. Dopo la volata, Bonelli dirà congratulandosi con Zamboni: “Ehi, mi dispiace sia finita così”, con la pronta risposta di Zamboni in forma scherzosa: “Non è vero! Almeno sii sincero!”. La sfida al femminile è stata altrettanto combattuta, e se fosse durata qualche chilometro in più… chissà, magari avremmo visto qualche stravolgimento di fronte vista la “garra” con cui Lorenza Menapace (2:54:44) e Lorena Zocca


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A cura della Redazione

Lo scorso 25 giugno è andata in scena la Dolomitica Brenta Bike, una sfida unica anticipata da un nubifragio che tuttavia non ha spaventato i partecipanti Lorena Zocca protagonista assoluta femminile delle prove sin ora svolte

(2:54:45) stavano tentando di riprendere la Mazzucotelli (2:53:32). Una Lorenza Menapace a cui facciamo un grosso in bocca al lupo per il periodo non facile che la trentina sta attraversando, ma la biker nonesa ha un cuore coraggioso che la aiuta a superare nel migliore dei modi anche i momenti più difficili. Lorena Zocca è invece reduce da importanti risultati e, nonostante il terzo posto, si consola con la testa di Trentino MTB presented by Rotalnord ed il miglior tempo nel tratto cronometrato di Malga Fratte (9:46:40), di poco davanti alla Mazzucotelli e alla Menapace. La quarta prova di Trentino MTB presented by Rotalnord ha dunque messo in mostra i “cuori forti” del circuito, coloro i quali non si sono fatti intimorire dalle intemperie che si prospettavano all’orizzonte. Stravolgimento di fronte per quanto riguarda le classifiche al maschile del circuito, la testa della corsa dopo la Dolomitica Brenta Bike non è più del livignasco Mattia Longa bensì del cileno Franco Nicolas Adaos Al-

varez, bravo nel rimanere concentrato e caparbio dopo lo “scivolone” che gli fece perdere per un soffio il 1000Grobbe Bike Challenge e, di conseguenza, la prova classic della 100 Km dei Forti. Occhio però, i giochi sono ancora ben lontani dall’essere fatti, e l’altoatesino Michael Wohlgemuth si erge in seconda posizione davanti all’atleta del team di Paulissen, Emanuele Crisi. Un team di cui fa parte anche Mattia Longa, il quale paga l’assenza alla Dolomitica Brenta Bike scivolando così lontano dal podio. Fra gli élite sport il trentino Marco Rosati è sempre in testa davanti a Gabriele Dapaul, con la femminile assoluta a vedere spadroneggiare Lorena Zocca, la quale è ancora a secco di vittorie ma la costanza della veronese viene momentaneamente premiata. La Zocca si dice comunque determinata e pronta ad agguantare un successo che le manca da ormai troppo tempo, anche se la brava atleta è stata più volte colpita dalla sfortuna, con una foratura sia nella gara di apertura, la ValdiNon Bike, sia alla 100 Km

dei Forti fra le fortificazioni cimbre. Seconda assoluta Patrizia D’Amato, altra biker regolare nelle prestazioni, mentre la bergamasca Simona Mazzucotelli dopo svariati podi sta recuperando punti preziosi. Zaccaria Toccoli primeggia fra i giovani, mentre Francesco Vaia è leader provvisorio fra i Master 1. Andrea Zamboni è giunto quarto alla prova “dolomitica” ma si è aggiudicato il tratto cronometrato e si mantiene saldamente al comando fra gli scalatori e i Master 2, così come Lorena Zocca, anch’essa vincitrice del tratto dolomitico. Vertical Sport primo fra le squadre, a Luca Zampedri i Master 3 e a Stefan Ludwig i Master 4, posizionamenti confermati come quelli degli “irriducibili”, come una proiezione del 1988 diretta da Gary Sinise con Richard Gere protagonista, Daniele Magagnotti (M5) e Piergiorgio Dellagiacoma (M6), incollati alla prima posizione oramai da tempo immemore. Ed ora appuntamento alla Val di Sole Marathon del 16 luglio, sede del Campionato Italiano.


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COME NUTRIRSI

NUOVE RISORSE

PER IL CICLISTA

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iuscire a collocare una specifica categoria di prodotti nella pratica quotidiana non si rivela sempre facile in quanto richiede la conciliazione della comunicazione e delle istruzioni che arrivano dal mondo del marketing con parametri tecnici, legislativi e pratici che non sempre risultano armonizzabili, mettendo in notevole difficoltà l’utente finale. Volendo fornire un’indicazione di carattere pratico e applicativo relativamente ai Functionalfood o alimenti funzionali e ai Superfood o Super alimenti è necessario partire dalle definizioni: Alimento funzionale: è un ali-

mento che presenta proprietà benefiche nella sua interezza Super alimento: è un alimento che presenta proprietà benefiche nella sua interezza in quanto ricco in uno o più principi nutritivi macronutrienti, micronutrienti o sostanze ad azione antiossidante Volendo citare alcuni esempi di alimenti funzionali, possiamo prendere in esame cereali, ortaggi o tuberi. Tra i cereali troviamo di particolare interesse l’orzo, prodotto a ridotto indice glicemico, estremamente ricco di fibra fermentabile che si rivela particolarmente interessante per il benessere intestinale in quanto tale componente fibrosa - una volta fermen-

tata da specie batteriche appartenenti al microbiota intestinale - permette la produzione di acido acetico, propionico e butirrico, estremamente utili per la prevenzione di numerose malattie intestinali. Potenzialmente utili anche nel prevenire o ridurre fenomeni come l’allergia indotta da attività fisica (vedi numero precedente di InBici magazine). Inoltre la presenza di-glucani (presenti anche nell’avena, altro cereale a basso indice glicemico) si mostra estremamente interessante nel contenimento dei livelli ematici di colesterolo e di glucosio. Tra gli ortaggi particolarmente interessanti si


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Chi è il Dr Alexander Bertuccioli Biologo nutrizionista - Perfezionato in Nutrizione in Condizioni Fisiologiche Professore (a.c.) - Laboratorio di valutazione antropometrica Dipartimento di Scienze Biomolecolari DISB - Scuola di Scienze Biomediche, Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo” www.uniurb.it Comitato scientifico Associazione Italiana Fitness e Medicina - AIFeM - www.aifem.it Comitato scientifico Federazione Italiana Fitness – FIF - www.fif.it

A cura del dottor Alexander Bertuccioli

FunctionalFood e uperFood: ecco la nuova frontiera dell’alimentazione per gli sportivi

mostrano quelli appartenenti alla famiglia delle Crucifereae o Brassicaceae, come ad esempio cavolo, cavolfiore, broccolo eccetera. Tali ortaggi, una vota ingeriti, sono in grado di esercitare un micro danno ossidativo a livello dell’apparato digerente, stimolandone una risposta “ormetica” che si traduce in un aumento generalizzato nella produzione delle sostanze con funzione di protezione antiossidante naturalmente presenti nell’organismo. Questo meccanismo è il principale responsabile degli effetti benefici derivanti dall’ingestione di questi vegetali. Tra i tuberi di particolare interesse troviamo

invece la Beta vulgaris rubra (conosciuta anche come Barbabietola rossa o Rapa rossa): la sua estrema ricchezza in nitrati e molecole ad azione antiossidante ne fanno la fonte ideale di precursori che l’organismo può utilizzare nella produzione di ossido nitrico, molecola alla base dei processi di vasodilazione estremamente importante per mantenere un’ottimale perfusione tissutale, fattore particolarmente interessante in corso di attività fisica onde garantire un ottimale apporto di ossigeno e nutrienti. Venendo ai Super alimenti possiamo trovare diverse proposte sia come monoingrediente, che permettono di utilizzare l’alimento evitando la presenza di additivi alimentari, oppure in forma di multiingredienti dove l’abbinamento avviene esclusivamente tra diversi Super alimenti in assenza di zuccheri , additivi o altri ingredienti non volti all’incremento delle proprietà nutrizionali della miscela. Dal punto di vista dei formati disponibili

in commercio, considerata la natura e la provenienza di alcuni di questi super alimenti, non è sempre possibile utilizzarli come prodotto fresco, per cui si ricorre a processi di conservazione che implicano l’essiccazione mediante processi adatti a mantenerne le caratteristiche nutrizionali oppure la liofilizzazione (lavorazione a -42 °C che permette di privare l’alimento di tutta l’umidità conservandone le proprietà nutrizionali). Onde semplificarne la modalità di porzionatura e di consumo, spesso questi prodotti vengono confezionati sotto forma di polveri. Sia gli Alimenti funzionali che i Super alimenti possono mostrarsi risorse estremamente interessanti, sia nella prevenzione di disturbi o patologie che come fonte concentrata di particolari sostanze nutritive, utili, insieme all’integrazione alimentare e alla supplementazione, nel completare una sana e corretta alimentazione soprattutto per soggetti con alti livelli di attività fisica.


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TRENTINO CULTURA BIKE -FRIENDLY

LA PRECEDENZA AI CICLISTI HOLIDAY ON TWO WHEELS Photo by R. Kiaulehn

A cura della Redazione

Il Trentino è la capitale del turismo eco-sostenibile, dove i bikers sono sempre i benvenuti. Dalle Dolomiti al Lago di Garda, alla scoperta di quattrocento chilometri di pista ciclabile naturale A look at the Via Trentina for Eco-friendly Tourism, 400 kilometres of bikeways immersed in nature, from the Dolomites to Lake Garda

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Una cultura bike-friendly, dove il ciclo-turista si sente sempre a suo agio. Un territorio da sempre accogliente per la cosiddetta “utenza debole” in virtù di una segnaletica ben curata, percorsi adatti anche alle famiglie con bambini e “bicigrill” disseminati lungo la strada dove sorseggiare un caffè, gustarsi uno snack o controllare la pressione delle gomme. E ovviamente dei paesaggi da cartolina dovunque si posi lo sguardo.Sono questi gli ingredienti della via trentina al turismo eco-sostenibile, un percorso riservato ai turisti su due ruote che si snoda per oltre quattrocento chilometri e che permette di attraversare tutta la regione sui pedali, dalla città di Trento a quella di Rovereto, dalle Dolomiti di Brenta Patrimonio Unesco al Lago di Garda. Gli itinerari sono studiati per assecondare tutte le esigenze. Dalla salita mitica percorribile con bici da strada o mountain bike che si inerpica sulle pendici del Monte Bondone dedicata alla memoria di Charly Gaul alla pista ciclabile che attraversa la Valle dei Laghi qui trovano il loro “habitat naturale” sia il ciclista esperto che cerca la salita impegnativa sia il neofita che vuole semplicemente

godersi una corroborante passeggiata con il vento fra i capelli. Si pedala fra i campi di mele o fra i vigneti, nei centri urbani o lungo i boschi, in riva ai laghi o costeggiando l’Adige, su percorsi il cui grado di difficoltà è ben segnalato dai cartelli che aiutano il ciclista ad orientarsi e a capire se le difficoltà da affrontare sono eccessive o adeguate. Tanti tracciati, con mille caratteristiche differenti, ma accomunati da un’unica peculiarità: permettono di vivere questa esperienza in totale sicurezza.E se la stanchezza accumulata dovesse essere eccessiva tornare al punto di partenza non sarà un problema grazie alla fitta rete di trasporti pubblici che consente, ovunque vi troviate, di trasportare le biciclette con facilità.

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lear and detailed signage, a variety of routes for families with children, and “bike stops” scattered all along the road where you can sip on a coffee, enjoy a snack or check the pressure of your tires. Plus, of course, breathtaking vistas wherever you turn. These are the ingredients of the Via Trentina for Eco-Friendly Tourism, a cycling path that unfolds over more than 400 kilometres

and lets you visit the entire region with your feet on the pedals, from Trento to Rovereto and from the Dolomite mountains to Lake Garda. The different itineraries were planned to have something for all tastes: from the iconic climb up Monte Bondone, named for Charly Gaul and suitable for both street and mountain bikes, to the cycling path that wanders through the Valley of Lakes, there are plenty of options for both the challenge-seeking expert and the novice who just wants to enjoy an invigorating ride in a beautiful setting. Breeze passed fields of apple trees and vineyards, through towns and villages or into the woods, alongside lakes and the Adige river, all on bikeways where the degree of difficulty is clearly indicated by signs which help bikers get their bearings, and understand if the difficulties ahead are appropriate or excessive. Each of the many routes has its own distinctive features, but all share one common trait: they allow cyclists to enjoy this experience in total safety. And should you become excessively fatigued, getting back to the base is never a problem, thanks to an extensive public transportation network that allows for easy bike transport.


Rossiglione panorama serale


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DOLOMITI LAGORAI MTB CHALLENGE

QUANDO GLI ASSENTI HANNO TORTO… Photo by Newspower.it

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olomiti Lagorai MTB Challenge. La prima parola non ha certo bisogno di essere spiegata, perché le Dolomiti sono tra le più belle montagne al mondo ed il Trentino, come noto, ne ospita una gran parte. Il Lagorai è una catena di montagne del Trentino orientale che fa da spartiacque tra numerose vallate, tra le quali la Valsugana, il Vanoi, la Val dei Mocheni, la Val Calamento e la Val Campelle, gli altri termini ovviamente confermano che si tratta di una sfida per ruote artigliate. Tutto questo per introdurre l’evento che ha tenuto banco in Trentino dal 16 al 18 giugno, con fulcro in Valsugana e precisamente a Roncegno Terme. Pochi i partecipanti, ma mai come questa volta - lo hanno ribadito nelle interviste quelli che c’erano gli assenti hanno torto. Una gara a tre tappe, a coppie, con la sola traccia gps e nessuna segnalazione del tracciato, fra panorami davvero eccezionali. Sicuramente trovare un compagno allo stesso livello e che possa disporre di tre giorni di libertà ha limitato la partecipazione, probabilmente anche la formula innovativa ha messo un po’ di titubanza, ma chi c’era si è davvero divertito.

I percorsi non erano passeggiate, basta dare un’occhiata a distanze e dislivelli: prima giornata 82 km con 2.978 metri di dislivello, seconda giornata 111 km e 3.456 m.dsl e infine terza tappa 53 km e 2.290 m. dsl. Tutto ha fatto fulcro su Roncegno Terme, con la prima giornata che ha valorizzato la selvaggia Val dei Mocheni e le piste da sci della Panarotta, il secondo giorno con il “giro” del maestoso Cima d’Asta e l’ultimo giorno con una tappa tosta in Valsugana. Dopo tre giorni sui pedali ad essere festeggiati sul gradino più alto del podio sono stati i vicentini Massimiliano Toldo e Denis Deganello, ma nell’ultima tappa hanno “rischiato grosso”, con una prestazione da urlo della coppia mista formata dalla convincente Chiara Mandelli in gara col marito Fabio Belotti, leader della graduatoria a coppie miste e secondi assoluti davanti ai due trentini, rivelazione, Agostino Pasqualini e Maurizio Agostini. La regia dell’evento è stata del GS Lagorai Bike del presidente Enrico d’Aquilio. La prima tappa (82 km - 2.978 metri dsl) Buona la prima! È stata la gran giornata dei vicentini Denis Deganello e Massimiliano Toldo, capaci di infliggere dopo 5h27’50” in

sella oltre 9’ ai bergamaschi, coppia mista, Chiara Mandelli e Fabio Belotti. Un esito scritto fin dai primi chilometri, con Toldo e Deganello a mostrare la classica marcia in più. Rapporti duri, ma anche qualche bisticcio col gps, che nel bosco perdeva la traccia e portava a commettere qualche errore in alcuni bivi. I vincitori vicentini all’unisono dopo il traguardo di Roncegno: “Siamo partiti quasi a tutta, la salita più impegnativa è stata quella iniziale, con i muscoli ancora freddi, ma comunque le gambe giravano bene. I 15 km di questa salita sono stati i più duri. Il panorama è bellissimo, specialmente il falsopiano in cima, sembrava di essere in Canada. Prima esperienza con il gps, bella e avventurosa, da ripetere”. La seconda tappa (110,97 km - 3.456 metri dsl) La seconda frazione ha “esplorato” il Lagorai Centrale, il Vanoi ed il Tesino. Era la più temuta, soprattutto per la dura salita che portava al Passo Cinque Croci, ad oltre 2000 m., ma che evidentemente non ha spaventato i vicentini Massimiliano Toldo e Denis Deganello capaci di replicare il successo della prima giornata con 6h35’09”.


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A cura della Redazione

La formula innovativa scoraggia tanti atleti, ma chi c’era è rimasto entusiasta. Così in Valsugana è andata in scena una “tre giorni” a coppie che, per tante ragioni, merita di essere raccontata

I due hanno rotto gli indugi già sulla salita di Sant’Antonio. Un passo nettamente superiore a quello degli avversari il loro, con Fabio Belotti e Chiara Mandelli che hanno cercato di contenere il distacco e mantenere il ritmo. E ci sono riusciti senza problemi, visto che si sono piazzati secondi (6h41’28”) ad appena 6’. Dietro i valsuganotti Maurizio Agostini e Agostino Pasqualini (7h3’2”) ancora a podio ma con l’intento di non strafare. Il gps ha condizionato spesso la gara. È successo anche ai leaders Toldo e Deganello, i quali nel finale hanno smarrito la traccia, ma il loro vantaggio li ha messi al sicuro da brutte sorprese ed al traguardo hanno detto: “Oggi ho sofferto un po’ di crisi – ha affermato Deganello - sono partito con le gambe un po’ indolenzite, sul passo Cinque Croci la gamba buona è tornata, poi abbiamo affrontato la discesa fino all’imbocco del passo Brocon. Il Lagorai è meraviglioso, devo assolutamente tornarci perché ne vale veramente la pena, consiglio davvero a tutti questa gara.” I secondi, con la maglia blu di leader della graduatoria per coppie miste, sono decisamente più tranquilli, visto che i trentini Agostini e Pasqualini, terzi, hanno un divario sul tempo totale di oltre mezz’ora.

Gli atleti impegnati in un passaggio alternativo

La terza tappa (53 km – 2.290 m. dsl) Le due vittorie cristalline di venerdì e sabato non hanno avuto eco nella terza e conclusiva tappa, “solo” 53 km, ma con un percorso molto tecnico e tanti single track che hanno lanciato sul gradino più alto del podio una graffiante Chiara Mandelli insieme a Fabio Belotti.Gli organizzatori del GS Lagorai Bike hanno disegnato un tracciato tutto da “guidare” con i single track che sono andati a sfiorare i camminamenti, le trincee e le fortificazioni di quella che era la linea del fronte della Grande Guerra, con mulattiere e strade forestali che richiedevano una guida attenta e di forza. Fino allo scollinamento in località Suerta i due leaders vicentini erano saldamente al comando, ma da dietro la coppia bergamasca Mandelli-Belotti era in recupero. Deganello sembrava affaticato e in affanno, mentre Toldo al contrario era bello carico. Al secondo ristoro, dopo 38 km, i bergamaschi hanno raggiunto i vicentini. Momento di concitazione per ricaricare le

energie. La gara è entrata nel vivo nel finale, con Chiara Mandelli a guidare il marito Fabio alla riscossa sui due vicentini che soccombevano, ma saggiamente potevano amministrare un distacco nella generale di 16’, e così sul traguardo di Roncegno ad arrivare a braccia alzate sono stati Chiara Mandelli e Fabio Belotti col tempo di 4h11’28”. Dopo 3’48” i due vicentini mettevano la parola fine alla suspance: secondi di giornata sì, ma vincitori assoluti si confermavano proprio loro, con un tempo totale di 16h18’15”. Per i due bergamaschi la soddisfazione di essere i leader delle coppie miste e secondi nella generale, con 16h30’20”. Per il terzo posto applausi a go-go per Agostini e Pasqualini con un tempo totale di 17h24’1”. Al quarto posto assoluto Tonelli e Marchi (21h53’36”), mentre Brusarosco e Tamanini, pur arrivando a pari tempo (5h27’57”) con i toscani Biondi e Corsi, si sono aggiudicati il quinto posto assoluto (21h57’21”).


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LA VECIA FEROVIA DELA VAL DE FIEMME

LOCOMOTIVA A PEDALI

Greta Seiwald protagonista dell’edizione 2016 - Photo by Newspower.it

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ischia il trenino fischia! “La Vecia Ferovia dela Val de Fiemme”, firmata dalla Polisportiva Molina di Fiemme capitanata da Alberto Di Lorenzo e Mauro Dezulian, presidente del circuito Trentino MTB presented by Rotalnord, è sicuramente una delle gare più amate dai bikers; sarà la lunga storia che l’accompagna, la tradizione insita nel percorso o l’organizzazione impeccabile, fatto sta che i bikers sembrano salire in sella sempre molto volentieri in quel di Molina di Fiemme (TN). La lunga carovana di bikers partirà il 6 agosto a ritmo ‘inferocito’ come fosse inseguita dai predoni della sierra o da un gruppo di Navajos del selvaggio West. La manifestazione sarà nuovamente pronta a scattare da Ora, in Alto Adige, per concludersi a Molina di Fiemme, in Trentino, dopo aver superato 40 km e 1056 metri di dislivello sugli sterrati che ripercorrono il tracciato dell’antico trenino della Val di Fiemme fra viadotti, stazioni e gallerie, tra le quali si

sentirà anche “fischiare” il vecchio treno. Un altro motivo per cui la ‘Vecia Ferovia’ è così partecipata sono gli allettanti premi. Verranno infatti assegnati numerosi trofei, riconoscimenti e premi in denaro, anche ai più veloci a presentarsi ai traguardi volanti, tra cui un favoloso soggiorno di una settimana per due persone in pensione completa, a scelta in Calabria o Puglia in Hotel & Resort Buonevacanze. Ci saranno in palio inoltre skipass, biciclette fiammanti, occhiali tecnici, skiroll, materiale tecnico da MTB, premi in natura e molto altro ancora da svelare. I bikers sono già ‘caldi’ e non vedono l’ora d’impegnarsi sul GPM di San Lugano o il terribile Muro della Pala, introdotto nel 2011 e con pendenze del 20% a dir poco considerevoli. Fremono anche i piccoli atleti, ai quali verrà dedicata la “Mini Ferrovia”, all’insegna del divertimento puro e anche per sostenere la ricerca sulle malattie dei bambini. I giovanissimi fino ai 16 anni (nati 2001 –

2017) indosseranno il caschetto protettivo e si cimenteranno con la “Mini Ferrovia” sabato 5 agosto in località Piazzol a Molina di Fiemme. Topolini, pulcini, baby, cuccioli, ragazzi e giovani, maschi e femmine, si renderanno protagonisti su di un breve circuito da percorrere più volte in base alla categoria. E subito dopo il termine della gara largo ai festeggiamenti, con un omaggio personalizzato a tutti i partecipanti della manifestazione. “La Vecia Ferovia” piace sempre anche per l’atmosfera gioviale che accompagna i bikers, dal primo all’ultimo. Lo scorso anno la manifestazione ha compiuto vent’anni ed è stata una vera festa, con un bel numero di tesserati, tante atlete donne e corridori d’élite. Le iscrizioni per partecipare sono a disposizione alla cifra di 30 euro da saldare entro il 23 luglio. “La Vecia Ferovia” rappresenta la penultima tappa del circuito Trentino MTB presented by Rotalnord, che avrà la propria conclusione a fine agosto in Valsugana, ma sui binari corre anche un gemel-


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A cura della Redazione

Il 6 agosto nel cuore del Trentino si rinnova l'appuntamento con una delle gare più attese dai bikers. Mai così ricchi i premi, grande spazio ai baby Andrea Tiberi e Maria Cristina Nisi vincitori dell’edizione 2016

laggio e accordo con la giovanissima ma già grande prova umbra “Spoleto Norcia in MTB” (www.laspoletonorciainmtb.it), da quest’anno anche agonistica, organizzata da un super staff presieduto da Luca Ministrini che è riuscito a coinvolgere lo scorso anno ben 1500 bikers tra i quali il testimonial Francesco Moser: “Siamo lieti ed orgogliosi di annunciare, come Race-Partner per l’edizione 2017, “La Vecia Ferovia dela Val de Fiemme”, gestita dalla Polisportiva Molina di Fiemme, giunta quest’anno alla XXI edizione”. La condivisione riguarda alcune iniziative come le agevolazioni delle iscrizioni combinate: 40 euro per partecipare ad entrambe le manifestazioni, sia alla “Spoleto Norcia in MTB” sia a “La Vecia Ferovia dela Val de Fiemme”, oltre ad uscite con guida nei sentieri più suggestivi per conoscere il territorio nei giorni antecedenti le due prove. E sul binario due, il trasformato ufficio gara con la distribuzione dei numeri e pacchi gara gestito in collaborazione con

il personale Decathlon Bolzano, partner 2017 nonché azienda specializzata nella produzione e vendita di articoli sportivi con il miglior rapporto qualità prezzo del mercato e con più di 70.000 collaboratori nel mondo che condividono gli stessi valori e la stessa mission: "rendere accessibile al maggior numero di persone i piaceri ed i benefici dello sport". Quest’anno gli iscritti a “La Vecia Ferovia” potranno inoltre fruire di un buono sconto sulla manutenzione base della propria bici. Lo scorso anno “La Vecia Ferovia dela Val de Fiemme” festeggiava il prestigioso ventennale, ma chi ha festeggiato più di tutti è stato il piemontese di Oulx Andrea Tiberi, che con una vittoria di classe ha voluto rifinire la preparazione in vista dell’appuntamento olimpico di Rio. Un primo posto sudato (e non solo per la bella giornata di sole) per contenere gli attacchi di Longa e Fruet, a fargli compagnia sui tre gradini del podio in quella che era la quarta tappa del circuito Trentino MTB. Al successo del biker

occitano fece eco la vittoria al femminile della toscana Maria Cristina Nisi, sul podio con Greta Seiwald e Mara Fumagalli, in una gara che, dal punto di vista degli atleti, non è facile come sembra, anche a detta del livignasco Mattia Longa: “La Vecia Ferovia non è una gara facile, parti al gancio e arrivi al gancio, alla fine dei 40 chilometri rimane chi ne ha di più”. E, dunque, in tema di indiani d’America e cowboys, chi sarà il prossimo Tex Willer sulla MTB? Spesso il celebre ranger uscito dalla penna bonelliana doveva darsi un bel da fare nell’affrontare, in sella al proprio cavallo, gli assalitori che osavano depredare le locomotive spesso ricche di “carichi importanti”. Ma i carichi importanti de “La Vecia Ferovia” saranno come consuetudine i ricchi premi e la “vittoria morale” insita nella possibilità di aggiudicarsi la ventunesima edizione ed una delle prove più fascinose di Trentino MTB presented by Rotalnord, il challenge sulle ruote grasse più amato del nord Italia.


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L'INTIMO TECNICO DI OUTWET®

L’INTIMO TRASPIRANTE

IN TUTTI I COLORI

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l mondo, durante questa stagione, lo vediamo un po’ più colorato. Questa vivacità l’abbiamo voluta trasmettere anche ai nostri smanicati in rete, perché se la comodità conta, è altrettanto vero che anche l’occhio vuole la sua parte. Blu, celeste, azzurro, turchese, viola, lilla, ciclamino, geranio, piombo, marrone, glicine, salmone, pavone, verde menta, verde acqua, verdone, vinaccia, rosso, arancio e giallo fluo: tanti sono i colori dei nostri capi per soddisfare tutte le esigenze. Lo smanicato colorato - che nel nostro gergo si chiama LP1 COLOR - è il consiglio per l’estate. Il colore è la parte più evidente di un capo d’abbigliamento che parla di qualità. Grazie

all’uso del polipropilene e alla lavorazione del tessuto a rete, questo indumento superleggero permette al corpo di rimanere asciutto. Ideale ancora una volta, quindi, per la stagione estiva. Ma non è finita qui. La particolare composizione del capo accoglie il sudore, senza assorbirne l’odore, trasferendolo lungo la superficie della fibra fino all’esterno del tessuto, rilasciandolo affinché evapori. Meccanismo che si traduce in una perfetta traspirabilità. La capacità di veicolare il sudore all’esterno unita alla specifica lavorazione del tessuto crea una barriera isolante e protettiva che mantiene un’ottimale termoregolazione corporea.

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100km dei Forti - Photo by Newspower.it


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ORTLER BIKE MARATHON 2017

NELLA TELA DI…

RAGNOLI

Juri Ragnoli Vince Ortler Bike Marathon 2017 - Photo by Newspower.it

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uri Ragnoli ha vinto la Ortler Bike Marathon 2017 scattata da Glorenza (BZ) lo scorso 3 giugno con al via circa 1500 iscritti. In una delle prove agonistiche su mountain bike più scenografiche e competitive d’Italia, Ragnoli ha tagliato il traguardo col tempo di 3:38:01, frantumando i record precedenti della manifestazione. Un risultato che dà l’idea del valore dell’atleta poiché ai nastri di partenza si registravano molti quotatissimi competitors come Roel Paulissen, il quale partiva inevitabilmente da favorito essendosi portato a casa le prime due edizioni della sfida, oltre ai compagni di squadra del belga come Mattia Longa, Hannes Pallhuber e Roman Gufler, e ancora gli atleti del Soudal Racing Team, dello Scott Racing Team con al via anche Paolo Colonna e Cristiano Salerno reduce da un infortunio alla clavicola, il Team Polimedical-Frm-Calvinetwork di Mara Fumagalli, la Wilier Force Squadra Corse di Johnny Cattaneo ed anche lo Silmax X-Bionic Racing Team. A giungere secondo alle spalle del bravo

Ragnoli è stato il “cowboy” bergamasco Johnny Cattaneo, un atleta che quando c’è da competere non si tira mai indietro. Cattaneo è giunto secondo in 3:42.14, mentre il gradino più basso del podio è stato appannaggio di Roel Paulissen, il quale non può certo lamentarsi dopo due primi posti ed un terzo posto nelle tre edizioni finora disputate della fresca ma “sentita” competizione altoatesina. Al femminile Esther Süss, campionessa del mondo nel 2010 e d’Europa nel 2008, non è stata da meno ed ha letteralmente dominato le avversarie, chiudendo in 4:23.09 davanti a Mara Fumagalli (4:31.52) e Katazina Sosna (4.36.31), due che sono abituate a vedere il nulla davanti a loro. Questo per quanto riguarda il destino dei bikers nell’itinerario di gara di 90 km e 3000 metri di dislivello, ma uno spazio importante va dedicato anche ai concorrenti del tracciato di 51 km e 1600 metri di dislivello. Il successo questa volta è andato ad un atleta “di casa”, ovvero l’altoatesino Johannes Schweiggl, primattore con il tempo di

2:03.37 davanti al trentino Marco Rosati (2:04.50) e a Fadri Barandun (2:04:55). Al femminile addirittura tre tedesche a dominare il podio: Jana Zieschank (2:37:12), davanti a Sarah Marquart (2:39:15) e a Veronika Weiss (2:40:02). Con Ragnoli e Süss non c’è stata storia, i due si sono dimostrati davvero di un altro pianeta, mentre nel classic la battaglia è stata accesa e con distacchi più contenuti. Ma la manifestazione ha permesso anche di mettere per un po’ da parte l’agonismo, grazie ai vividi paesaggi ed al verde circostante che in Val Venosta abbonda, con i bikers ad attraversare l’abbazia di Monte Maria, il maniero di Castel Coira, a godersi il borgo di Glorenza, per non parlare del “simbolo” venostano del campanile di Curon che spunta dalle acque del lago di Resia, “meno solo” nell’assistere al passaggio dei poderosi bikers. Concorrenti dalle provenienze variegate, con vittorie di un’atleta svizzera (Esther Süss), di un italiano (Juri Ragnoli), di una tedesca (Jana Zieschank) e di un italiano proveniente proprio dall’Alto


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Roel Paulissen e Johnny Cattaneo in azione

A cura della Redazione

Il bresciano dello Scott Racing Team si è imposto nella gara di Glorenza frantumando ogni record. Sul podio il “cowboy” bergamasco Johnny Cattaneo e il sempre-piazzato Roel Paulissen

Adige, Johannes Schweiggl. Soddisfatto anche il vero artefice di questo successo organizzativo, assieme a tutti i 400 volontari prodigatisi nei giorni di gara, Gerald Burger, impegnatosi allo sfinimento e perdendo anche diversi chili: “Terza edizione super, siamo contenti in principal modo per il numero delle iscrizioni ed anche il meteo ci ha aiutati, i bikers sono felici ed è questo il nostro obiettivo, abbiamo tanti vincitori provenienti da luoghi differenti e questo dimostra che la Ortler Bike Marathon è in grado di coinvolgere bikers da ogni parte d’Europa, che torneranno a casa con un bel ricordo della Val Venosta, una regione di e per bikers. Siamo già motivati per la quarta edizione vista l’adrenalina e l’entusiasmo che ci ha lasciato questa giornata”. La Ortler Bike Marathon fa parte di prestigiosi circuiti, quali il tedesco “Ritchey Mountainbike Challenge”, “Bikeworld Zerowind Cup” ed “Il Prestigio”, capaci di portare nella zona una marea di bikers. Tanti eventi di contorno hanno poi arricchito la

terza edizione, come l’expo e la vendita di articoli sportivi e prodotti regionali, prima di una festa che ha deliziato i palati, il “kit donna marathon” dedicato a tutte le donne, per non parlare della Mini-Ortler, con ogni bambino a ricevere direttamente al traguardo una medaglia e delle sorprese come gadget di gara, e lo spettacolare bike show del campione del mondo Thomas Öhler, sulle note del gruppo “Sorry’s”. Realizzare un evento di questo tipo abbinandolo a tutte queste iniziative richiede grandi sforzi di collaborazione, per questo il comitato organizzatore intende ringraziare tutti gli sponsor che hanno dato il proprio contributo alla Ortler Bike Marathon 2017, la Provincia di Bolzano – Marchio Südtirol – Comuni della Val Venosta e le aree vacanze, e soprattutto tutti i 400 volontari che ogni anno si mettono a disposizione del C.O. per far risuonare positivamente il marchio Val Venosta in tutto il mondo.

La Val Venosta è anche terra di suggestive leggende ed in tempi lontani si dice sia stata popolata da giganti… e tra questa mitica gente vi era un giovine di nome Ortles che cresceva ogni giorno di più. La sua statura sembrava non arrestarsi mai, ma con essa cresceva anche in superbia. Venne un giorno però che uno gnomo assai furbo, per punire l’arroganza del gigante, si arrampicò fin sulla testa dell’Ortles, e prese a cantare… “Povero gigante Ortles, quanto sei piccolo, sei cresciuto ma a cosa serve, se lo gnomo Nudelhopf qui sulla tua testa è più grande di te”. La belva tentava così di afferrare il nano dispettoso, ma mentre si lamentava e piangeva il corpo si trasformò pian piano in ghiaccio e roccia, e così rimase per l’eternità. Da quel giorno in Val Venosta si può ammirare l’Ortles (Ortler in lingua germanica), e con esso la propria derivazione sulle ruote grasse…


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Chi è Paolo Mei Giornalista sportivo e speaker ufficiale del Giro D’Italia

DONNA INBICI

MARA FUMAGALLI, CLASSE E CARATTERE

Mara Fumagalli

A cura di Paolo Mei

Non è una professionista, ma visti i risultati, la domanda sorge spontanea: dove potrebbe arrivare se si dedicasse soltanto alla bicicletta?

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sempio di carattere e di tenacia, la “Donna INBICI” dei mesi estivi è una fortissima Mountain Biker che ha doti psico-fisiche fuori dal comune. Amante dei percorsi tecnici e scivolosi, Mara Fumagalli è già una realtà del movimento internazionale delle long distance. Mar, partiamo dall’inizio: a che età ha iniziato a pedalare? Ho incominciato un po’ tardi: avevo 19 anni. Ricorda la sua prima gara? In realtà non ricordo con precisione il luogo, ma faceva parte dello storico circuito lombardo “3 province”. Lei è indubbiamente una delle più forti atlete italiane nelle lunghe distanze: quali sono stati, fino ad oggi, i suoi migliori risultati? Sicuramente il 5º posto al mondiale dello scorso anno in Francia a Laissac, oltre alla vittoria di 2 prove U.C.I. Marathon Series nei mesi scorsi. Ma diciamo che raramente sono scesa dal podio in tutte le gare di gran fondo o marathon a cui ho preso parte. Quali sono le sue caratteristiche tecniche?

Diciamo che mi conoscono tutti per la mia ottima tecnica soprattutto in discesa, ancor meglio su fondo bagnato, ma alla fine me la cavo bene anche nelle altre situazioni. Il tipo di percorso che ama e quello che proprio non riesce a digerire? Adoro i percorsi tecnici con poco asfalto e delle belle discese dove potersi divertire. Non amo invece le salite lunghe su asfalto o i tracciati in cui ci sia poco fuoristrada. Lei non è una professionista, nonostante i suoi ottimi risultati. Vuole raccontare ai lettori la sua settimana tipo? La mia settimana inizia, a periodi alterni, tra le h. 6.00-13.30 e le h. 13.30-21.00 essendo turnista in un azienda cartotecnica da 12 anni. Nella restante metà giornata salgo in sella e pedalo! Ho il mio appartamento e riesco a gestirmi molto bene; sono ben organizzata tra preparazione pranzo-cena pulizia e quant’altro. Insomma, diciamo che con la volontà si riesce a fare tutto. Ci sono possibilità di vederla diventare in qualche modo professionista? Onestamente non so cosa rispondere: al momento no.

Se i suoi risultati attuali, lavorando, sono questi, sino a dove potrebbe arrivare? Intanto non è detto che se smettessi di lavorare le mie performance sarebbero migliori, anzi magari le mie prestazioni calerebbero. Più che altro bisognerebbe provare ma per ora non c è la possibilità. Ci metto passione e di conseguenza prenderò le opportunità step by step. Ha un modello sportivo, un idolo, non necessariamente ciclistico? Nella mia carriera ho imparato molto da persone semplici e umili che sanno cosa vuol dire fare fatica per guadagnarsi qualcosa, loro sono i miei idoli (preferisco non fare nomi)! Quali sono i suoi prossimi obiettivi? La Dolomiti Superbike, l’italiano marathon in Val di Sole e non escludo la mia partecipazione all’italiano Cross Country. In settembre sarò alla 3 Epic, che sarà sede del mondiale marathon 2018. Questi sono quelli sicuri, poi dovremmo presenziare a qualche altra manifestazione, sempre con l’obiettivo di raggiungere il miglior risultato possibile.


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FOCUS SULLE AZIENDE - SELLE SMP

UN SUCCESSO LUNGO ANNI

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A cura della Redazione

Dal 1947 al 2017 una grande storia fatta di persone e di idee coraggiose. E per celebrare l’importante traguardo è già pronta una versione Special Edition

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a lunga storia di Selle SMP inizia nel 1947, anni difficili del dopoguerra, della ricostruzione e della voglia di rinascere. Ed è proprio in questi anni che, in una soffitta del centro storico di Padova, Martino Schiavon inizia a dar forma, con coraggio, alle sue idee. Dal 1947 ad oggi sono passati ben settant’anni in cui l’azienda SMP (acronimo di Schiavon Martino Padova) è rimasta fedele alle idee del fondatore. Idee che spesso hanno dovuto fare i conti con un ambiente, quello del ciclismo, molto conservatore. Ma il coraggio delle idee di Martino è stato trasmesso ai figli Maurizio e Franco, un coraggio che è stato, con il tempo, premiato e riconosciuto dal mercato. Questi i passaggi fondamentali della recente evoluzione di Selle SMP:

Nel 2004 è stata introdotta la rivoluzionaria linea SMP4BIKE, con ben quattro brevetti internazionali. Il 2005 è l’anno del riconoscimento della comunità scientifica internazionale. E’ il “Journal of Sexual Medicine”, infatti, a sancire la superiorità delle selle SMP nel preservare la salute, il benessere ed il comfort dei ciclisti. Nel 2007 nasce il primo modello in carbonio prodotto da Selle SMP al quale sono seguite altre importanti innovazioni, come la tecnologia brevettata dello speciale Gel SMP per la linea SMP4BIKE Tourism. A distanza di 70 anni, c’è un dato certo e consolidato: Selle SMP ha rivoluzionato il concetto di sella per bicicletta, diventandone un simbolo. Oggi, Selle SMP vende in oltre 65 paesi in tutto il mondo ed è leader mondiale tra i produttori di selle ergonomi-

che di alta gamma. Non poteva mancare, dunque, una linea 70YEARS Special Edition per fissare nella memoria e nel cuore questo straordinario anniversario. La linea particolare presenta speciali cuciture tono su tono, realizzate con un filo di ultima generazione, caratterizzato da particolare morbidezza. Una grafica speciale celebrativa dei 70 anni, esclusive placchette metalliche posteriori verniciate a mano, nonché viteria speciale realizzata su misura da un’azienda italiana di alta minuteria. Le selle 70YEARS Special Edition sono sei e già disponibili nei punti vendita SMP. Per tutti i dettagli inerenti alle selle SMP Special Edition www.sellesmp.com


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HERO SÜDTIROL DOLOMITES 2017

TRIPUDIO TRICOLORE

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i librano nell'aria le note dell'inno di Mameli alla HERO Südtirol Dolomites 2017, che ha iscritto nell'albo d'oro di questa ottava edizione i nomi tutti italiani di Juri Ragnoli ed Elena Gaddoni. Un tripudio tricolore sotto il traguardo di Selva di Val Gardena, con buona pace del colombiano Leo Paez che, dopo aver conquistato quattro HERO, questa volta deve accontentarsi del secondo posto, lasciando Daniele Mensi a completare il podio. Gaddoni, invece, al culmine di un crescendo rossiniano, mette in fila le due austriache Christina Kollmann e Carmen Buchacher, rispettivamente seconda e terza. Sono stati 4017 i biker al via della più affascinante gara di mountain bike marathon del mondo. L'atleta più giovane aveva 19 anni, il più anziano 73, la maggior parte uomini, il 22% stranieri, quasi la metà tra i 40 e i 50

anni, ciascuno con la propria motivazione e la propria storia da raccontare. Nelle gambe settimane di allenamenti, nella testa uno slogan che, un po' per tutti, è il chiodo fisso: “We can be heroes, just for one day”. La gara maschile ha un padrone indiscusso: Juri Ragnoli. Il campione italiano marathon, classe 1988, domina dall’inizio alla fine e taglia il traguardo di Selva Gardena per primo in 4:29’30”. Ad attenderlo c’è Claudia, la fidanzata, che lo abbraccia: il primo luglio i due sono convolati a giuste nozze. Dopo Ragnoli, anche Elena Gaddoni riesce a firmare l’albo d’oro della HERO. La romagnola della Cicli Taddei centra infatti un successo con le lacrime agli occhi che ancora mancava nella sua bacheca. Chiudendo i 60 chilometri del percorso femminile in 4:03’21” conquista per la prima volta la durissima gara. Il suo è stato praticamente un monologo. Dopo essere transitata sul

Dantercepies con 13 secondi di ritardo da Maria Cristina Nisi, Gaddoni si prende il comando e non lo lascia più. Macina chilometri e le avversarie non la vedono più. Ancora visibilmente emozionata, racconta così la sua giornata incredibile: "Vincere una gara del genere - spiega Elena - regala emozioni indescrivibili, la considero un po' il coronamento di un'intera carriera. Dopo tanti tentativi, finalmente è un sogno che si avvera". Per vincere la Hero serve la "gara perfetta" e la Gaddoni, dal primo all'ultimo chilometro, non ha davvero sbagliato nulla: "Sono partita subito forte - racconta - imprimendo un ritmo che, chilometro dopo chilometro, ha fatto la selezione che speravo. Poi ho tenuto duro sulla salita del Pordoi, dove di solito si decidono questo genere di gare. Nell’ultimo tratto la fatica si è fatta sentire e, ad un certo punto, ho temuto di non averne più, ma ho stretto i denti, non mi sono più voltata


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Elena Gaddoni vince la HERO Südtirol Dolomites 2017 femminile

A cura della Redazione

L'Italia domina l'ottava edizione della Mtb Marathon con i trionfi di Juri Ragnoli ed Elena Gaddoni. La gioia della faentina: "E' il coronamento di una carriera" Elena gaddoni e Juri Ragnoli vincitori della HERO Südtirol Dolomites - Photo by wisthaler

indietro ed ho pensato soltanto a porre fine, il primo possibile, a quella sofferenza. Ho vinto una gara davvero dura su un percorso che non ammette bluff. Colgo l'occasione per fare i complimenti all'organizzazione che ha lavorato in maniera esemplare. Al resto hanno pensato gli scenari gardenesi, una cornice unica. E' sempre stupendo correre qui". Per il futuro, la Hero guarderà a Oriente. L’ha annunciato l’ideatore e presidente della gara, Gerhard Vanzi, ex direttore marketing del comprensorio sciistico Dolomiti Superski: «L’obiettivo è quello di attirare sulle Dolomiti i turisti del Middle East, per cui stiamo studiando anche un accordo con la federazione ciclistica asiatica». Un filone d’oro che potrebbe incrementare ulteriormente l’indotto stimato di circa 4 milioni di euro che genera sul territorio un evento perfetto anche dal punto di vista del marketing.

HERO Südtirol Dolomites 2017 Classifica HERO Südtirol Dolomites 2017 Uomini (86 chilometri)

Classifica HERO Südtirol Dolomites 2017 Donne (60 chilometri)

1. Juri Ragnoli (ITA) 4:29.30,4 2. Hector L. Paez Leon (COL) 4:36.23,3 3. Daniele Mensi (ITA) 4:41.00,8 4. Uwe Hochenwarter (AUT) 4:42.20,2 5. Tony Longo (ITA) 4:42.48,8 6. Markus Kaufmann (GER) 4:43.59,6 7. Cristian Cominelli (ITA) 4:46.01,0 8. Urs Huber (SUI) 4:51.34,2 9. Luca Ronchi (ITA) 4:52.10,6 10. Cristiano Salerno (ITA) 4:53.20,2

1. Elena Gaddoni (ITA) 4:03.21,8 2. Christina Kollmann (AUT) 4:07.24,4 3. Carmen Buchacher (AUT) 4:11.29,1 4. Maria Cristina Nisi (ITA) 4:14.00,3 5. Costanza Fasolis (ITA) 4:14.19,4 6. Sabine Sommer (AUT) 4:15.40,9 7. Andrea Böttger (AUT) 4:16.24,8 8. Elisa Gastaldi (ITA) 4:22.21,9 9. Elisabeth Steger (ITA) 4:28.57,0 10. Katrin Schwing (GER) 4:33.19,3


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MONTE BONDONE L’EDEN DEGLI SPORTIVI Vivere lo sport immersi nella natura - Photo by N. Angeli

A cura della Redazione

Arrampicata, deltaplano, wind surf sui laghi, wake-board, kayak e trekking: se siete stanchi di rulli e tapis-roulant, la “palestra naturale” del Monte Bondone e della Valle dei Laghi vi regala una gamma inesauribile di opportunità

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iete stanchi dell’inverno e avete bisogno di attività fisica all’aperto. Avete trascorso gli ultimi mesi rintanati fra quattro mura domestiche sollevando pesi, sudando sui rulli o spingendo su pedali di biciclette che non si spostano di un millimetro? Tranquilli, il peggio è passato. Se adesso - sbocciata l’estate - siete alla ricerca di un’alternativa alla solita corsetta nel parco sottocasa, la risposta è a Trento, dove si trova la “palestra naturale” più grande del mondo, quella che, a pochi minuti dal capoluogo, si estende per centinaia di chilometri quadrati nel comprensorio delimitato dal Monte Bondone e dalla Valle dei Laghi. Tapis roulant? No, qui si corre fra i prati fioriti, nei sentieri fra i boschi o fra i vigneti del Teroldego e del Pinot Nero. Spinning? Perché mai restare chiu-

si in una stanza a guardare la schiena del compagno di fatica quando si può salire fra i boschi ammirando dietro ogni curva un nuovo scorcio mozzafiato e respirando l’aria salubre e corroborante delle montagne? Se invece preferite gli sport acquatici, gli specchi d’acqua cristallina della valle sono lì ad aspettarvi con i loro centri dedicati al wind surf, sul lago di Cavedine, o al wakeboard, sul lago di Terlago, oppure potrete decidere di passare la giornata mulinando la pagaia di un kayak o facendovi trasportare dalla vela di una piccola deriva godendovi il paesaggio delle montagne che vi circondano. L’offerta sportiva di questo territorio è talmente vasta e diversificata che comprimerla in un elenco è un’impresa davvero titanica. Si va dai percorsi per gli appassionati di trekking alle pareti roccio-

se attrezzate per chi ama l’arrampicata. Chi ha detto che lo sci di fondo sia soltanto uno sport invernale? Basta munirsi di bacchette, aggiungere le ruote agli sci e lo ski-roll diventa un divertente surrogato nell’attesa che torni la neve; se invece le bacchette preferite usarle per camminare vi troverete in buona compagnia con i tanti praticanti di nordic walking che trovano nella Valle dei Laghi il luogo ideale per praticare questa disciplina. Tutto questo vi sembra troppo tranquillo, lo sport per voi è adrenalina pura? Niente paura qui c’è posto anche per i più temerari. Salite sulla cima delle montagne e provate l’emozione di volare sulle Alpi con un deltaplano o con la vela di un parapendio. Perchè questa terra è così, una “palestra” che non ti stanca mai.


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MONTE BONDONE

THE EDEN OF SPORTS LOVERS By the Editorial staff

Rock climbing, gliding, windsurfing on the lakes, wake-boarding, kayaking and trekking: if you are tired of spinning and treadmills, the “natural gym” offered by Mont Bondone and the Lakes Valley offers a wide range of exciting opportunities

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id you spend your winter lifting weights inside your house, sweating on the treadmill or pedalling away on bikes that never move a single inch? Well, if now that summer is here you’re looking for something different from the usual jog around your neighbourhood, the answer is Trento, home to the world’s biggest outdoor “gym” - the one just a few minutes from town, that extends for hundreds of square kilometres in the area between Monte Bondone and the Valley of Lakes. Treadmills? No way! Here, you get to run through wildflower meadows, on woodland trails, and across the vineyards of Marzemino and Nosiola. Spinning? Why would you stay indoors and look at someone’s back when you can head

up into the woods, and discover a new breathtaking view around every turn, while breathing in the clean mountain air? If instead you’re keener on water sports, the area’s crystal-clear lakes and streams are ready to welcome you with an assortment of activities. Go windsurfing on Lake Cavedine, try wakeboarding on Lake Terlago, spend the day paddling your kayak along picturesque torrents, or simply let your boat drift gently as you take in the spectacle of the mountains all around you. The area’s wealth of possibilities for outdoor enthusiasts - from scenic hiking trails to a plethora of equipped rock formations for climbers - is such that even compiling a list is near impossible. And who said cross-country skiing has to be

a winter sport? Just grab some poles, add wheels to the skis, and enjoy roller skiing, a fun summer surrogate where no snow is needed. If instead you’d rather use the poles for walking, you’ll be in good company among the many nordic walking aficionados who consider the Valley of Lakes a perfect setting for this discipline. Does this all sound too relaxed? Is your idea of sport a rush of pure adrenaline? No problem, options abound even for the boldest and most fearless of tourists... Climb up to the mountaintops, and experience the thrill of flying through the Alps on a hang glider or paraglider. It’s that kind of place: a “gym” you’ll never get bored of, and which you surely will never forget.


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A cura di Silvia Baldi

NATURALMENTE INBICI

CICLOTURISMO TRA

BERGAMO ED IL LAGO D’ISEO Lago d'Iseo

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elle campagne tra Bergamo ed il Lago d’Iseo si trova un percorso ciclabile ideale per esplorare la Val Seriana e la Val Cavallina attraverso il Passo del Colle del Gallo. Lungo circa 94 km, è da affrontare in almeno due giorni per godere con calma dei paesaggi locali. L’itinerario completo presenta tre salite, due molto semplici e brevi ed una più difficile: quella del Colle del Gallo (circa 8 km). Il punto di partenza è la graziosa cittadina di Lovere affacciata all’estremo nord della sponda orientale del Lago d’Iseo. Lovere è ideale anche come base per escursioni nella vicina Val Camonica. Il percorso si dirige quindi verso sud costeggiando il lago lungo una meravigliosa pista ciclabile. Il panorama che si può ammirare dalla ciclabile spazia su buona parte del lago abbracciando in particolare il Monte Isola, la più grande e alta isola lacustre dell’intera Europa. Arrivati a Sarnico, il percorso devia verso est procedendo per diversi km

sempre in pianura fino al centro abitato di Trescore Balneario nella Val Cavallina. Superato il paese bisogna prepararsi per affrontare le prime salite previste dall’itinerario. Quindi in discesa si raggiunge la pista ciclabile della Val Seriana che corre parallela al fiume Serio. Si prosegue sulla pista per circa 5 km per poi svoltare in salita verso destra dopo il paese di Albino. La salita che si intraprende è quella del Colle del Gallo, la più impegnativa dell’itinerario. In cima al colle è posto un monumento al ciclista dove una sosta è d’obbligo. La discesa dal colle è piuttosto impegnativa con curve e tornanti che richiedono massima attenzione. In poco tempo tuttavia si arriva nel territorio della Val Cavallina nei pressi del Lago di Endine. Si segue fedelmente il profilo del lago per circa 6 km e mantenendo la stessa direzione si torna a Riva di Sotto sul Lago d’Iseo. Il percorso si conclude quindi di nuovo a Lovere.



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