Anno IV -
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N˚ 9 Sette mbre 2012
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Granfondo Sitè Da Prìa
Pietra Ligure (SV) 30 settembre 2012
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ABANO TERME ABANO LA CITTÀ TERMALETERME ALLE PENDICI DEI COLLI
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EUGANEI
Abano Terme è oggi una delle più famose località termali d’Europa. Grazie alla sua enorme potenzialità ricettiva, che si basa su un notevole numero di alberghi tutti attrezzati con reparto per i trattamenti la città termale dei colli euganei termali, può vantare il primato alle della piùpendici grande città termale del mondo. Il centro cittadino è caratterizzato da un’ampia isola pedonale si affacciano edificitermali antichi ed’Europa. moderni, grandi alberghi con i Abano Terme è oggi una delle su piùcifamose località Grazie alla sua LAenorme CITTÀ TERMALE ALLE PENDICI DEI COLLI EUGANEI ricettiva, basa su un notevole numero di alberghi loro curatipotenzialità giardini, negozi e locali, e che tra lesivarie testimonianze storico-monumentali racchiudetutti anche Abano è oggi una delle piùper famose località termali allaMontirone. sua enorme potenzialiattrezzati con reparto i trattamenti termali, può vantare il primato della più unaTerme delle più importanti testimonianze delle terme di d’Europa. Aponus, il Grazie Colle del grandeche città termale del mondo. Il centro cittadino è caratterizzato un’ampia tà ricettiva, si basa su un notevole numero di alberghi tutti attrezzati con reparto per ida trattamenti isola pedonale su ci sidella affacciano antichi moderni, grandi alberghi con i termali, può vantare il primato più grandeedifici città termale dele mondo. Il centro cittadino è caratteloro curati giardini, negozi e locali, e tra le varie testimonianze storico-monumenAbano Terme è considerata la stazione rizzato un’ampia isola pedonale su ci si affacciano edifici antichi e moderni, grandi alberghi con i talida racchiude anche una delle più importanti testimonianze delle terme di Aponus, termale più importante d’Europa e tra le loroil curati giardini, negozi e locali, e tra le varie testimonianze storico-monumentali racchiude anche Colle del Montirone. Il ruolo le deriva da delle una terme di Aponus, il Colle del Montirone. unaprime delle al piùmondo. importanti testimonianze qualità ricettiva e terapeutica all’avanguardia e capace di integrarsi alla perfeAbano Terme è considerata la stazione Abano Terme è considerata la stazione termale termale più conta importante e tratermale Abano oggi d’Europa 78 alberghi più importante d’Europa e tra le prime al monprime al mondo. Il ruolo le deriva da una li i quali offrono una capacità totale do. Il ruolo le deriva da una qualità ricettiva di e qualità ricettiva e terapeutica all’avan10.500 posti letto, 120 episcine, camterapeutica all’avanguardia capace di50 integrarguardia capaceparchi di integrarsi allalaperfesi nell’ambiente che circonda. pialla daeperfezione tennis, e giardini, servizi di Abano conta oggi 78 alberghi termali ofalta qualità nel campo delle curei quali termali Abano conta 78 alberghi termafrono una capacità totale di 10.500 posti letto, alle quali si oggi abbinano oggi la cura esteti50 una campicapacità da tennis,totale parchi di e giarli i 120 qualipiscine, offrono dini, servizi di alta 120 qualità nel campo delle cure 10.500 posti piscine, 50 camgrado di letto, rigenerare l’organismo in ogni termali alle quali si abbinano oggi la cura estetipi da tennis, parchi e giardini, servizi di suo aspetto. La città di Abano accoglie del corpo, il fitness,delle tutto ciò che è in grado altaca qualità nel campo cure termali annualmente più di 250.000 ospiti con rigenerare l’organismo in ogni suo aspetto. alle di si abbinano oggiad la cura esteti2quali milioni di presenze; attirare un così La città di Abano accoglie annualmente più di gran numero di turisti è la caratteristica 250.000 ospiti con 2 milioni di presenze; ad grado di rigenerare l’organismo in ogni tepraticamente unica dei componenti attirare un così gran numero di turisti è la casuoratteristica aspetto. praticamente La città di Abano accoglie rapeutici per i quali la città è famosa : unica dei componenti annualmente piùi quali di 250.000 ospiti con terapeutici per la città è famosa: l’acqua 2 milioni presenze; termaledied il fango. ad attirare un così gran numero di turisti è la caratteristica praticamente unica dei componenti teRomani, che già 2.000 anni fa si curavaConosciuta sfruttata dai dei Romarapeutici ie quali la fin città ètempi famosa : no ad per Abano (l’antica Aponus) , l’acqua ni, che già 2.000 anni fa si curavano ad Abano termale ha da poco svelato il segreto nebulizzata in aereosol o inalata contri- Gli stabilimenti termali di Abano sfruttano le qua(l’antica Aponus), l’acqua termale ha da poco - lità terapeutiche delle acque salsobromoiodiche della sua provenienza. Studi approfonsvelato il segreto della sua provenienza. Studi litiose radioattive che sgorgano alla temperatura di tà curative dell’acqua termale, la città si diti condotti dall’Università di Padova e approfonditi condotti dall’Università di Padova quasi 90° C. Romani, che giàStudi 2.000 anni fa“Pietro si curavaD’Aba- distingue per le particolari strutture teCentro Studi Termali Termali “Pietro D’Abano” edal dalCentro no ad (l’antica Aponus) , l’acqua Gli stabilimenti termali di Abano sfruttano le qualità terapeutiche delle acque A differenza no”Abano hanno consentito di come stabilire come hanno consentito di stabilire le falde di rapeutiche degli alberghi. salsobromoiodiche litiose radioattive che sgorgano allaAbano temperatura di quasi 90° C Gli stabilimenti termali di sfruttano le quanebulizzata in aereosol o inalata contritermale ha da poco svelato il segreto delle altre stazioni termali italiane o strale falde di acqua termale presenti nel acqua termale presenti nel sottosuolo dell’inte- lità terapeutiche delle acque salsobromoiodiche della sua provenienza. Studi approfonsottosuolo dell’intero bacino euganeo niere, dove esiste normalmente un unico ro bacino euganeo giungano dalle precipitaziodell’acqua la cittàitaliane si litiose radioattive che sgorgano alla temperatura di diti ni condotti dall’Università di Padova e tà curative A differenza delle altretermale, stazioni termali piovose delle Prealpi, in particolare dai Monti stabilimento al quale tutti devono accegiungano dalle precipitazioni piovose quasi 90° C. perledove lecure, particolari strutture te-unico dal Lessini CentroPrealpi, StudiVerona. Termali “Pietro D’Abao straniere, esiste normalmente sopra Per compiere dere per ogni albergo diun Abano delle in particolare dai questo Montidistingue stabilimento al quale devono accedere nel per di di circa 100 kmcome ed arrivaalberghi. A differenza no”tragitto hannosotterraneo consentito stabilire possiededegli infatti untutti reparto curativo Lessini sopra Verona. Per compiere que-rapeutiche le cure, stazioni ogni albergo Abano possiede infatre euganea, le acque impiegano un delle altre termali italiane o strale falde dizona acqua termale presenti nel km proprio interno chedirende agevole e constonella tragitto sotterraneo di circa 100 ti un reparto nel proprio tempo stimato dai 25 ai 30 anni,euganeo nel corso del dove esiste normalmente uninterno unico che sottosuolo dell’intero bacino fortevole il curativo trattamento fangoterapico, ed arrivare nella zona euganea, le acqueniere, rende agevole e confortevole il trattamento fanquale si arricchiscono di decine di sali minerali al quale tuttiche devono accegiungano dalleunprecipitazioni piovose grazie anche al fatto ciascun alberimpiegano tempo stimato dai 25 aistabilimento diversi e aumentano la propria temperatura fino goterapico, grazie anche al fatto che ciascun le cure, ognitermale albergoda di un Abano delle30Prealpi, particolare daisiMonti estrae l’acqua proprio anni,nel incorso del quale arricchi-deregoper ad 80/90 gradi prima di compiere la risalita ver- albergo estrae l’acqua termale da un proprio infatti un reparto curativo nel di Lessini sopra Verona.diPer compiere que- epossiede pozzo abitualmente situato nell’area scono di decine sali minerali diversi so la superficie. La composizione chimica delle pozzo abitualmente situato nell’area di sua proprio interno che rende agevole e consto acque tragitto sotterraneo di circa 100 km sua pertinenza. è fondamentale nel momento in cui vie- pertinenza. ed arrivare nella zona euganea, leuna acque adaggiunta 80/90 gradi prima di compiere la risa-fortevole il trattamento fangoterapico, ne al fango per produrre particoanche al fattoabbinate che ciascun alberimpiegano tempovegetale stimato dai 25nel ai cor-grazie Le cure curedeidei fanghi, abbinate alle classiLe fanghi, alle classiche teclarissima un microflora e animale termalee da un proprio del30 anni,nel corsoacque del quale si arricchiniche dil’acqua massoterapia di tonificazione so del processo di maturazione. A quel punto chimica delle è fondamentale nelgo estrae abitualmente nell’area di per scono di decine di asali minerali diversi e pozzo corpo e alle di intervento ilmomento fango è pronto condurre la propria azione in cui viene aggiunta al fango cazione delmoderne corposituato eazioni alle moderne azioni benessere dell’organismo, costituiscono oggi terapeutica nel una campo delle malattie reumatipertinenza. per produrre particolarissima micro-suaildi intervento per il benessere dell’organisoluzione migliore per chilacerca il recupero che, nell’osteoartrosi, dolori articolari, ad 80/90 gradi prima di nei compiere la risa- nei la smo, costituiscono oggi soluzione mipsicofisico in pienoabbinate relax ma senza trascurare postumi di traumi e di fratture, nonché nelle dei fanghi, alle classiprocesso di maturazione. A quel puntoLe cure malattie dell’apparato respiratorio che nel l’acqua lo svago all’insegna della cultura, l’arte, la- stochimica delle il fango è acque prontoèafondamentale condurre la propria co in pieno relax ma senza trascurare lo termale nebulizzata in aereosol o inalata contri- ria offerta dai luoghi che circondano la città. Il momento cui viene aggiunta al delle fangoma-cazione delall’insegna corpo e alle moderne azione in terapeutica nel campo svago della cultura,azioni l’arte, la buisce a combattere. Oltre alle proprietà curati- tutto riempito da una qualità di vita e di tradiper lattie produrre una particolarissima micro- neidi intervento per ildai benessere dell’organireumatiche, nell’osteoartrosi, storia offerta luoghi che circondano ve dell’acqua termale, la città si distingue per le zionale accoglienza frutto di ben 2000 anni di oggi la soluzione mi- di dolori articolari, postumidegli di traumi esmo, la costituiscono città. Il tutto riempito da una qualità esperienza nel settore. particolari strutture nei terapeutiche alberghi. processo di maturazione. quel punto - di di fratture, nonché nelleAmalattie dell’ap- vita e di tradizionale accoglienza frutto il fango è pronto a condurre la propria pieno relax senza trascurare lo parato respiratorio che l’acqua termaleco in ben 2000 annima di esperienza nel settore. azione terapeutica nel campo delle ma- svago all’insegna della cultura, l’arte, la lattie reumatiche, nell’osteoartrosi, nei storia offerta dai luoghi che circondano
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PIETRA LIGURE Un Gioiello dalle sfumature Verdi e AzzurrE Fra le più belle località turistiche della Riviera Ligure di Ponente, Pietra Ligure si estende per tre chilometri lungo un tratto di costa caratterizzato dalla spiaggia bianca e sabbiosa e dal mare cristallino. Fa da sfondo un meraviglioso paesaggio collinare, dove orti, frutteti e oliveti, si mescolano rigogliosamente a ginestre e macchia mediterranea, grazie al clima mite in ogni periodo dell’anno. Un posto che regala serenità solo allo sguardo.
La Liguria, si sa, è una meravigliosa regione che non ha nulla da invidiare ad altre località della nostra bella Italia, poiché offre una molteplicità di scenari in una lunga striscia di terra fertile, fra monti e mare, unica per il clima temperato. Dalla Riviera di Levante a quella di Ponente, è un diadema costellato da località balneari note per le numerose offerte turistiche di ogni tipo e di ogni livello. Fra queste spicca Pietra Ligure, centro di villeggiatura eletto a meta dal turismo di ogni età, non solo per le sue caratteristiche climatiche ma per il mare fra i più belli e i più puliti di tutta la Riviera Ligure di Ponente.
teristica rara per queste zone, che consente la balneabilità anche a chi ha meno familiarità con l’acqua. Basta, poi percorrere pochi metri al largo e il mare si fa più profondo, regalando ai più temerari, lo spettacolo di un meraviglioso fondale, adatto a indimenticabili immersioni. Il mare è uno spettacolo che può essere goduto anche semplicemente camminando lungo l’ampia passeggiata del Lungomare: l’ombra delle svettanti palme ne fa un’oasi di tranquillità e serenità. L’azzurro del mare, il verde delle palme e i colorati prospetti del-
simili alle vicine Alpi. Le vette culminano nel Monte Carmo (1389 m s.l.m.) e riparano la Riviera dalle correnti fredde provenienti dall’entroterra. È per questo che qui il clima è così salubre e la natura regna rigogliosa. Se il mare e i dintorni offrono le attrattive maggiori, non da meno è il centro storico della cittadina, sviluppato attorno all’originario nucleo antico, ora protetto da una vasta zona pedonalizzata. Caratteristici sono i tipici viottoli liguri, i “caruggi” che sorprendono con i loro scorci suggestivi e altrettanto interessanti sono le architetture religiose e l’importante castello medievale abbarbicato sulla roccia che dà il nome alla città.
L’ottima posizione di Pietra Ligure, poi, ne fa un punto favorito di partenza per raggiungere Genova (a circa 80 km), capoluogo ligure con il suo famoso Acquario, le importanti mostre di Palazzo Ducale, e il particolare centro medievale.
Alcuni scorci di Pietra Ligure, fra cui la bella fontana sulla passeggiata del Lungomare.
A Levante il torrente Botassano separa Pietra Ligure da Borgio Verezzi, a Ponente sono le terre splendidamente coltivate che la dividono da Loano. In questo tratto di costa, fra Caprazoppa e Capo di Borghetto, la spiaggia sabbiosa degrada dolcemente per diversi metri fino a lambire l’acqua, con il bianco della sabbia che si mescola gradatamente all’azzurro intenso del mare ligure. Una carat-
le case che si affacciano al percorso arricchiscono questa variopinta tavolozza, completata dalle cangianti sfumature delle dolci colline alle spalle. Sfumature che vanno dal verde degli uliveti e della macchia mediterranea, al giallo delle mimose e delle ginestre. Ancora sullo sfondo delle colline coltivate, si elevano le montagne con caratteristiche
L’Autostrada dei Fiori ben collega la cittadina con altri centri quali Savona, Voltri, Sestri a Levante e Ventimiglia a Ponente, fino ad arrivare al confine francese che dista circa 100 km. Non manca, poi, il collegamento ferroviario, la linea Genova-Ventimiglia, che costituisce una comoda alternativa per gli spostamenti lungo tutta la Riviera, sia verso la Costa Azzurra che per il resto d’Italia. Pietra Ligure è quindi una località unica che varrebbe la pena di includere in un diario di viaggio per tutto quello che offre agli occhi e alla mente: un magnifico paesaggio e puro relax.
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SOMMARIO 10
72
a cura di Maurizio Rocchi
a cura di Leonardo Olmi
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84
L’Editoriale
Grandi Eventi
Protagonisti
In copertina
a cura di Paolo Mei
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L’Intervista
Energia e integrazione Inbici
a cura di Andrea Agostini
a cura di Equipe Enervit
32
92
a cura di Fabrizio Fagioli e Raffaele Biondi
a cura di Diego Madeddu
40
96
a cura di Leonardo Olmi
a cura del Dr. Maurizio Radi
48
102
Bike Evolution - Uniti per la vittoria
Biomeccanica Inbici
Donna In... Bici
Dossier sport e medicina
Integratori per campioni a cura del Centro ricerche Keforma
I nostri giovani a cura di Ivan Cecchini
58
110
a cura di Andrea Pelo Di Giorgio
a cura di Enrico Cavallini
68
112
a cura di Roberto Zanetti
a cura di Mario Facchini
Prossime gare
Inbici per il mondo
Donne al Comando
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Nuovo usato e informazioni
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Direzione e Amministrazione Via Delle Scalette, 431 - 47521 Cesena (FC)
Direttore Responsabile Andrea Agostini Vice Direttore Maurizio Rocchi Capo Redattore Maurizio Rocchi In Redazione Fabrizio Fagioli (Equipe VelòSystem), Equipe Enervit, Centro Ricerche Keforma, Gian Paolo Mondini, Nicoletta Brina, Bruno Achilli, Fabrizio Montalti, Enrico Cavallini, Matteo Gozzoli, Mirko D’Amato, Mario Facchini, Leonardo Olmi, Ivano Ognibene, Andrea Pelo Di Giorgio, Dr. Maurizio Radi, Gianluca Barbieri, Daniele Moraglia, Roberto Bettini, Paolo Mei, Roberto Zanetti, Andrea Passeri, Ivan Risti, Dr. Alessandro Gardini, Diego Madeddu, Arnaldo Priori Fotografi Playfull, Studio5, foto Castagnoli, Bettini photo, Ido Talenti, Leonardo Morelli, Newspower, Frex8 Archivio fotografico Gianni Rocchi Collaboratori Carlo Brasini Distribuzione S. Service Consulting S.r.l. Responsabile Grafica Angelica Mascella Impaginazione Loredana Cramarossa Responsabile Facebook Nicola Negosanti Stampa Graffietti Stampati Responsabile marketing Sara Falco Resp. relazioni esterne Massimo Scagnelli. Diritti e proprietà Gruppo MY RY Productions S.r.l. - Iscriz. Registro Tribunale di Forlì n° 24/09 del 04/11/2009 Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione anche parziale di articoli, foto e disegni senza autorizzazioni della MY RY Productions S.r.l.
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Alessandro Garrone a cura di LEONARDO OLMI
Un Grande Dirigente, uomo di mare innamorato di montagna È il Vice Presidente del Gruppo ERG Spa. Vive e lavora in riva al mare, a Genova, ma preferisce trascorrere il suo tempo libero sulle vicine montagne del Piemonte, che adora a 360°; dalla caccia alla bici, ma ama soprattutto lo sci alpinismo. E infatti, non a caso, è anche il Presidente dello Sci Club Sestriere.
Nasce a Genova nell’Aprile del ’63, si laurea in Economia e Commercio nel ’91, ed entra subito a far parte dell’azienda di famiglia, la multi-energy ERG Spa. Inizialmente spazia un po’ in tutti i settori, lavorando dalla raffineria in Sicilia a Roma, per poi fermarsi sul ruolo di Amministratore Delegato per 10 anni nella sede di Genova. È dall’aprile di quest’anno che assume la carica di Vice Presidente Esecutivo. Il vicino Sestriere, sinonimo di sci, è frequentato da sempre dalla famiglia Garrone, che ama trascorrere su queste montagne anche la maggior parte delle sue vacanze e dei weekend estivi, oltre che a quelli invernali. Una passione Il Vice Presidente della ERG Alessandro Garrone in tenuta da ciclista nella sua casa del Sestriere. Ovviamente la sua bici è una Vipera, la Top di gamma su misura di Max Lelli.
a 360° per la montagna e verso tutti gli sport a essa collegati, non solo lo sci, ma anche il trekking, la caccia, la mountainbike ed il ciclismo su strada; una passione che da 8 anni eleva Garrone anche alla presidenza del prestigioso Sci Club Sestriere. Un club, anzi un associazione multisportiva, come l’ha definita lui che, nonostante il nome possa trarre in inganno, non si occupa solo di sci, ma anche di molte altre discipline, tra cui il ciclismo, dalle ruote grasse a quello su strada. La bicicletta, amata dal suo stesso Presidente, che preferisce pedalare in salita, lentamente, per ammirarsi i panorami unici che solo la montagna è capace di offrire. E non a caso, infatti, Garrone si è già fatto 5 medi alla Maratona dles Dolomites. Ma facciamoci raccontare da questo uomo di mare il perché di questa grande passione verso le due ruote e la montagna. Presidente Garrone, perché un genovese ama così tanto la montagna? «La mia famiglia viene qui al Sestriere da sempre. Basta guardarsi intorno e ci vuole poco a capire perché sia così facile innamorarsi di questi paesaggi e di queste montagne, che si possono vivere e godere in tutte le stagioni dell’anno. L’inverno, fino a primavera inoltrata, o meglio fin che c’è neve, amo dedicarlo allo sci-alpinismo, quello con le pelli di foca, per intenderci, che consente di muoverti e farti vedere sempre posti nuovi. Mentre la primavera-estate, oltre alla caccia di montagna, che è la mia passione più grande, amo dedicarla, quando ho tempo, alla bicicletta. Questa passione è nata da quando, dopo un infortunio ai legamenti del ginocchio che mi sono procurato con lo sci, ho iniziato ad usarla per la riabilitazione. Ecco perché, non mi definisco un ciclista, ma un grande appassionato di montagna. Non a caso, infatti, amo pedalare soprattutto su questi colli mitici delle Alpi che hanno fatto la storia del ciclismo, o sugli Appennini della Liguria, quando sono intorno casa. Evito assolutamente la pianura, che è di una monotonia unica. Ovviamente pedalo ai miei ritmi, non farò più di 1000 km l’anno, proprio perché per me la bici non vuole essere un modo di fare agonismo, ma di godermi la montagna. Non a caso, infatti, ho avuto il piacere di partecipare a 5 Maratone delle Dolomiti, che è stata un’esperienza incredibile, proprio per via della chiusura delle strade che ti consente di pedalare su quei passi senza il traffico di auto e moto. La mia terza e più grande passione legata alla montagna, come dicevo prima, è la caccia di montagna (una passione di famiglia), quella di camosci, cervi, ecc., che vuol dire star fuori tutto il giorno, camminare, quindi fare trekking, facendo molta fatica. Ossia, anch’essa, un attività molto impegnativa, che si può fare sia da soli che in compagnia.» Ci parli un po’ delle attività dello Sci Club Sestriere, che presiede, e cosa debba aspettarsi chi viene al Sestriere, oltre allo sci legato alla neve e all’inverno? «Noi abbiamo la fortuna di essere una stazione sciistica d’alta quota, oltre i 2000 m, da dove si può sciare fine a 2800 m slm. In un solo giorno, dal Sestriere si può fare il giro di tutto il comprensorio senza mai togliere gli sci o la tavola da snowboard dai piedi. Partendo da Sestriere si può, infatti, percorrere
la famosa Via Lattea (400 km di piste) che passa da Sauze d’Oulx, Claviere, Oulx, Cesana, San Sicario, Pragelato e Monginevro (i cosiddetti Monti della Luna), attraversando dalla Val di Susa alla Valle del Chisone. A Pragelato abbiamo una bellissima pista da sci di fondo, che fu costruita per le Olimpiadi. 40 dei nostri atleti, sui 270 iscritti al club, si dedicano infatti a questa disciplina. Tanto per dare un altro numero, sono 30 i nostri allenatori e maestri delle varie discipline. Nonostante lo sci sia uno sport regionale, molto importante per il Piemonte, in Regione si fa molta fatica a ricevere aiuti che ci consentano di migliorare impianti, logistica e ricettività, come invece avviene per alcune regioni del nord-est d’Italia, che sotto questo aspetto sono da considerarsi più fortunate. Essendo un associazione multi sportiva, all’interno dello Sci Club è poi nato un Bike Club, più che come associazione agonistica, come associazione che servisse a promuovere la bici per far fare attività ai ragazzi, anche per prepararli atleticamente. Quindi, organizziamo gite in mountainbike, gare di Mtb, ma più per i giovani che altro, anche se a queste attività si può unire chiunque venga a trovarci qua in estate. Dal Sestriere, oltre alla possibilità di fare tanti percorsi su strada, si possono fare anche tanti itinerari in mountainbike, tanto è vero che ci sono anche vari negozi dove è possibile noleggiare le bici, sia da Mtb che da Down Hill. Il DH, è un’altra delle discipline che si possono praticare al Sestriere, con la pista permanente che è stata realizzata due anni fa, adesso aperta a tutti. Che tra l’altro mi dicono sia molto tecnica ed impegnativa, io faccio fatica solo a scenderla a piedi! Ci vuole una gran follia per buttarsi giù, quei ragazzi devono avere davvero un gran fegato per farla. Anche il weekend del 21-22 luglio scorso ci ha visti organizzatori del Campionato Italiano di DH, che ha avuto un grande successo.» (come si può leggere su questo n. di INBICI alla pag. 120) Ma oltre alla Mtb ed al DH, avete anche qualche altra giovane iniziativa che vi lega al Ciclismo su strada ed alle pedalate su alcuni dei più famosi colli (italiani e francesi) che hanno fatto la storia del ciclismo, giusto? «Sicuramente. Nata l’anno scorso da un gruppo di amici dello Sci Club Sestriere, appassionati anche di ciclismo su strada, si è svolta anche quest’anno quella che abbiamo chiamato la Sestriere-Montecarlo, ossia una pedalata a tappe che in tre giorni ci portava da Sestriere a Montecarlo, attraversando alcuni dei più belli e famosi colli percorsi nella storia dai grandi Tour de France e Giri d’Italia. L’idea è nata grazie alla grande amicizia che lega sia il sottoscritto che altri membri del club a Max Lelli, un grande campione, ex professionista toscano che non ha bisogno di presentazioni, ma mi piace ricordare che in carriera ha alle spalle 14 Tour de France, 7 Giri d’Italia e 23 vittorie. La prima esperienza è andata a buon fine, ed ha avuto un gran successo, e così per quest’anno abbiamo deciso di estenderla sia ad un numero maggiore di partecipanti che di giorni. Da 20 ciclisti, l’abbiamo aperta ad un numero massimo di 40-50 partecipanti (gestirne di più sarebbe complicato), e l’abbiamo estesa ad una lunga settimana, da sabato a sabato. Ogni partecipante poteva decidere la quantità di giorni in cui essere presente, senza nessun vincolo da parte nostra. Questa edizione, che si è svolta dal 21 al 29 luglio scorsi, come quella dell’anno scorso, ha avuto un grande successo, ed i fortunati che vi hanno aderito, oltre a trovare le temperature ideali per andare in bici, dal 14-16° della mattina, ad un massimo di 26-28° nelle ore di punta, hanno trovato anche un bel sole splendente per tutta la settimana. Le montagne scalate sono state quelle più epiche e famose del Tour e del Giro, dal Monginevro ed il Col du Lautaret all’Alpe d’Huez, dal Colle delle Finestre al Col d’Izoard e quello de La Bonette, ecc., ecc.; non a caso, infatti, il titolo dell’evento di quest’anno era Le Grandi Montagne del Tour e del Giro. Un esperienza fantastica che consiglio a tutti gli amanti di ciclismo senza stress, da cerchiare in rosso sul loro calendario, poiché sicuramente, con l’amico Max Lelli, la rimetteremo di nuovo in programma per luglio 2013.» (come si può leggere su questo n. di INBICI alle pag. 72/73/74)
Alessandro Garrone con Max Lelli di fronte all’entrata della bellissima casa completamente in legno e pietra del dirigente della ERG al Sestriere.
Dalle sue parole, mi sembra di carpire che in bici con la compagnia di Max Lelli si è trovato bene, quindi continuerà a pedalare? «Devo dire che la professionalità in un atleta è molto importante, ma ci vuole anche la simpatia ed il piacere di stare insieme. Con Max si sta bene, si riesce ad andare in bici in modo tranquillo e senza stress, perché ti mette a tuo agio. Posso dirlo perché con lui ho fatto il medio dell’ultima Maratona delle Dolomiti, anzi è lui che l’ha fatta con me in quanto mi ha dovuto aspettare. Sicuramente continuerò ad andare in bici, è una delle tante cose che amo praticare nel periodo primaveraestate legate alla montagna. Ovviamente cercherò di mantenere anche un minimo di allenamento, quello che mi consenta, quando vado a farmi un bel passo alpino, di arrivare in cima alla salita, tanto so che prima o poi ci arrivo, non ho nessun obbiettivo agonistico. Anche se continuerò a partecipare a manifestazioni come la Maratona delle Dolomiti e la Sestriere-Montecarlo, che mettono assieme la montagna, la compagnia ed il piacere di stare insieme.»
Per Info sulle attività dello Sci Club: Sci Club Sestriere, www.sciclubsestriere.it / 0122-76.154 Info su “Le Grandi Montagne del Tour e del Giro” (Sestriere-Montecarlo) Sci Club Sestriere: Simona 338-597.7089 - Giorgio 335-569.9505 Max Lelli: cell. 346-120.4150 / www.maxlelli.com / info@maxlelli.com
Evviva il made in Italy Il made in Italy, parole famose, sentite spesso fino alla fine degli anni novanta, ricercato in tutto il mondo. Concetto messo in crisi oggi dalla prevalenza del consumismo, caratterizzato sempre più dal mordi e fuggi, dalla scomparsa del culto dell’oggetto di classe, duraturo, modaiolo e non solo. Concetto in lenta ripresa e del quale mi ritengo cultore, perché ritengo che se abbiamo una possibilità di combattere con i mercati emergenti, contro la cosiddetta “industrializzazione del far-est”, questa possibilità è rappresentata dalla riscoperta della nostra famosa “bandiera”. Sono convinto, e sono in possesso di dati che supportano questa mia tesi, che all’estero il made in Italy sia ancora di moda e che la ricerca del “bello e buono” sia ancora importante per una nicchia di mercato che non sia di massa. Strategie di marketing di brand blasonati hanno insegnato che la crisi si può combattere. Se è vero che è diminuito il volume di denaro in circolazione, destinato alla spesa per i beni di non primaria necessità, è anche vero che il consumatore con disponibilità medio-alta c’è ancora ed è alla ricerca costante di prodotti di qualità. L’Italia è piena di esempi che hanno dato il meglio di noi all’estero: la grande industria sartoriale, l’automobilismo con Ferrari, Lamborghini e Maserati, l’industria del Wellness con Technogym e tanto al-
tro ancora. Ed ecco inserirsi tra questi marchi di prestigio i grandi costruttori di biciclette, quelli che hanno inventato le specialissime in tutto il mondo. Fare un elenco sarebbe facile ma troppo lungo perché il nostro paese è pieno di artigiani capaci e con una scuola di altissimo livello. Da quelli più blasonati, che hanno applicato alle capacità artigianali anche le nuove strategie di marketing a quelli che invece hanno continuato a produrre nella propria bottega a livello famigliare con un raggio di mercato di soli poche decine di chilometri. Bando quindi al low-cost e ai saldi su internet e viva la ricerca della perfezione, del su misura e del particolare creato dell’artigiano. Viva il made in Italy
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L’EDITORIALE
l’editore MAURIZIO ROCCHI
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IN COPERTINA 2a Granfondo Sitè da Prìa
Tante novità in cantiere. Anche la cronometro al venerdì sera. Un programma eventi da vera festa di fine stagione. Ultima prova del Gran Premio Mare d’Autunno. Pietra Ligure (SV) – La Granfondo Sitè da Prìa del prossimo 30 settembre, sarà un’ottima occasione per terminare la propria stagione granfondistica al mare insieme alla famiglia. Tante le novità di questa seconda edizione: in primis il cambio di logistica che dall’angusta piazzetta centrale passa alla ben più vasta zona dell’ex campo sportivo a poche decine di metri. Qui si troveranno tutte le strutture necessarie, dalla segreteria al pasta party, dal villaggio espositivo alle docce. La partenza e l’arrivo resteranno ancora sul lungo mare Don Giovanni Bado. Altra novità sarà la cronometro individuale del venerdì sera: un evento collaterale per dare un’occasione in più a chi ha la possibilità di giungere a Pietra Ligure già dal venerdì. L’iscrizione alla cronometro sarà gratuita per tutti i ciclisti che si iscriveranno alla granfondo entro il 31 agosto. La Granfondo Sitè da Prìa, sarà valevole come ultima prova del Gran
Premio d’Autunno, che vedrà proprio qui la sua premiazione finale, al termine di quelle della granfondo. Un ricco programma di eventi è quello che sta si sta delineando per mano dei LoaBikers diretti da Pier Nicola Pesce: tre giorni di divertimento, ma anche di relax al mare. La cronometro il venerdì, lo spinning il sabato e la granfondo la domenica, saranno i punti chiave, ma il comitato organizzatore sta lavorando alacremente per una serie di attività volte a creare uno splendido fine settimana di mare. Misurerà poco meno di 92 chilometri il percorso unico che verrà affrontato da tutti gli iscritti, per un dislivello totale di 2100 metri. Si partirà da Pietra Ligure, per proseguire sull’Aurelia fino a Spotorno, dove comincerà la scalata verso Tosse, Vezzi Portio e Magnone a cui segue la rapida discesa. Si torna quindi a salire in direzione San Filippo, San Giorgio e nuovamente a Vezzi Portio, Magnone, quindi verso Voze da dove si affronterà l’ascesa alle Manie, proseguendo poi per tutto l’altopiano. Rapida discesa verso Finale Ligure, quindi verso Calvisio, Boragni e scalata a Orco Feglino. Discesa verso Feglino e nuova salita in direzione Carbuta per scollinare al passo del Melogno, da dove si inizierà la lunga e rapida discesa che porterà all’arrivo posto sul lungo mare.
foto PLAYFULL NIKON
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RAVENNA CITTÀ D’ARTE Una Città storiCa dove arte e CUltUra si fondono insieme
ria romana di Ravenna all’apertura di nuovi siti archeologici, dalle nuove stagioni espositive ai grandi eventi di spettacolo, alla cultura che pervade tutto il territorio. La bellezza dei mosaici quindi ma non solo: a Ravenna si può passeggiare tra le torri campanarie e chiostri monastici, passando dal romanico al gotico, dagli affreschi giotteschi di Santa Chiara al barocco dell’abside di S. Apollinare Nuovo; dalle testimonianze dell’ultimo rifugio di Dante Alighieri ai Palazzi che videro gli amori di Lord Byron.
Ravenna è uno scrigno d’arte, di storia e di cultura di prima grandezza, il suo passato glorioso: fra V e VIII secolo fu tre volte capitale e la magnificenza di quel periodo ha lasciato rilevanti testimonianze giunte fino a noi. Ravenna è la città del mosaico: l’arte del mosaico non ha avuto origine qui, ma qui ha trovato la sua più alta espressione in una commistione di simbolismo e realismo, di influenze romane e bizantine ed ancora oggi questo antico sapere delle mani rivive nelle scuole e nelle botteghe. Tra le sue antiche mura si conserva il più ricco patrimonio di mosaici dell’umanità risalente al V e al VI secolo. Per questa ragione i suoi edifici religiosi paleocristiani e bizantini sono stati riconosciuti patrimonio mondiale da parte dell’Unesco: il semplice involucro del mausoleo di Galla Placidia nasconde uno scrigno di stelle infinite; la raffinata composizione che decora il Battistero neoniano si ispira a una colta tradizione ellenistica, ripresa anche dal Battistero degli ariani; la regalità della Basilica di sant’apollinare nuovo rivela le sue origini di chiesa palatina, eretta da Teodorico il Grande, re degli Ostrogoti; oltre cento delizio-
si piccoli uccelli introducono nell’intimità della Cappella di sant’andrea, dove si celebra il Cristo trionfante; maestoso il mausoleo di teodorico, coperto dal poderoso sasso della cupola; la Basilica di san vitale, massimo tesoro dell’età paleocristiana, custodisce il ritratto della corte imperiale bizantina; fuori città, elegantissima, la Basilica di sant’apollinare in Classe esalta nell’abside Cristo e Sant’Apollinare, primo vescovo e patrono. L’offerta culturale a Ravenna inizia dagli 8 monumenti riconosciuti patrimonio dell’Umanità dall’Unesco nel 1996 e da questi trova stimolo di continua crescita ed innovazione. Gli esempi sono molteplici ed evidenti nella vita e nella produzione culturale della nostra città che negli ultimi anni ha visto importanti mutamenti: dal recupero della sto-
Chi la incontra se ne innamora oggi come avvenne nel passato a Boccaccio, che vi ambientò una delle sue più belle novelle, a Gustav Klimt che ne trasse ispirazione manifestamente, ad Hermann Hesse che la visitò dedicandovi alcuni versi. Ravenna è romana, gota, bizantina, ma anche medioevale, veneziana e infine contemporanea, civile e ospitale, ricca di eventi culturali e manifestazioni di prestigio internazionale che la rendono proiettata verso il futuro.
Collezione primavera estate Batmania calzature - Via F.lli Rosselli, 8 - 47023 Cesena (FC) - t. 0547.612001
Moa Sport fondelli performanti Serie2.1 Seam Stretch: la protezione c’è, ma non si vede, ed aumenta le prestazioni degli atleti!
Com’è possibile? Semplicemente regolando lo scambio d’ossigeno: quando il ciclista è scomodo a causa di una scarsa protezione, i suoi movimenti diventano scomposti, implicando un elevato dispendio di energia e di conseguenza un maggior consumo di ossigeno. Per contro, utilizzando un buon fondello, la situazione si inverte, permettendo a chi lo indossa di incanalare meglio l’energia e di sfruttarla a suo favore, abbassando quindi il consumo di ossigeno. Il mercato di settore sa bene quanto è fondamentale investire continuamente in ricerca e soluzioni tecniche il più possibile performanti, ecco perché Moa Sport studia e realizza modelli sempre nuovi e all’avanguardia. La Serie2.1 Seam Stretch presenta fondelli appositamente studiati per i professionisti, caratterizzati da un’eccellente vestibilità e da materiali innovativi e stabilizzati nel punto sella, che aiutano il ciclista ad assumere la corretta posizione. Le squadre Astana e Lampre ISD, per fare un esempio, hanno scelto il fondello della Serie2.1: la struttura è monodimensionale e i diversi volumi sono dati dall’utilizzo di schiume di diversa densità, il tessuto è elasticizzato, la forma è ergonomica, ed assicurano una perfetta traspirabilità per una costante sensazione di freschezza anche durante gli sforzi più estremi. Ma la notizia davvero elettrizzante è che tutti coloro che desiderino commissionare all’azienda la realizzazione di divise personalizzate, possono scegliere di avere gli stessi fondelli utilizzati dai professionisti e godere quindi degli stessi benefici. Le varianti presenti nella Serie2.1 Seam Stretch sono diverse e finalizzate ad utilizzi diversi: - fondelli Pro, ideati per i ciclisti più esigenti, sempre in competizione con le proprie prestazioni, in cui lo spessore è ridotto, la densità adeguata per un minor ingombro ed una perfetta ergonomia. Questi fondelli sono estremamente protettivi e non si avvertono durante la pedalata; - fondelli Long Distance concepiti per lunghi allenamenti e lunghi percorsi, sia su strada che su sterrato; anche il loro spessore è ridotto, la densità alta per un’elevata protezione ed una perfetta ergonomia, ma soprattutto per un maggiore comfort e per una protezione prolungata in sella; - fondelli Training sviluppati per ogni tipo di ciclista, principiante o amatore, sia per lunghi percorsi, che per i primi passi su bici da strada o MBT; lo spessore è sempre ridotto, la densità media per un’eccellente ergonomia ed un’alta protezione. Le caratteristiche che accomunano tutte queste tipologie di fondelli, sono l’impiego di materiali ad alta traspirazione per mantenere sempre la pelle asciutta, uniti all’utilizzo di schiume di ultima generazione a cellule aperte per un migliore assorbimento degli urti e favorire l’aerazione.
Fondello Serie 2.1M 8/80 lavanda: Il fondello Serie2.1M 8/80 utilizzato dai corridori delle squadre Astana e Lampre ISD – Densità 80kg/m2, spessore 8mm.
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L’INTERVISTA a cura di ANDREA AGOSTINI
Denis Menchov Denis Menchov è uno dei capitani del Team Katusha per le grandi gare a tappe: in carriera ha vinto un Giro d’Italia, due Vuelta a Espana e al suo attivo ha un podio al Tour de France. Quest’ultima corsa era anche il suo grande obiettivo stagionale, ma purtroppo la resa è stata al di sotto delle aspettative.
Ne abbiamo parlato con lui all’inizio della Vuelta a Espana dove punterà, insieme a Purito Rodriguez, al colpo grosso. Denis, prima di tutto vorremo chiederle qualche considerazione sulla sua performance al recente Tour de France. Dopo un buon avvio ha avuto una giornata nera a La Toussuire. Cosa è successo? Ha perso la motivazione dopo quel giorno? «Una crisi come ne succedono tante in uno sport difficile e sempre al limite come il ciclismo di alto livello. Ero partito bene e mi sentivo gasato e determinato a fare molto bene. Poi quella giornataccia a La Toussuire e poi I classici due/tre giorni per recuperare quella scoppola. Per quanto riguarda la motivazione devo dire che è normale che io non sia stato più super mentalmente da quel momento in avanti, ma dire che non avevo più motivazione è esagerato. D’altronde come detto prima le crisi capitano e noi non siamo macchine.» Lei aveva impostato la sua stagione sul Tour de France. É in cerca di rivincite alla Vuelta oppure sarà la spalla di Purito? «Di sicuro ho voglia di fare una bella gara. Questo non vuol dire che cerco il risultato personale massimo, ma solo che voglio andare forte per me e per il mio Team. Quello che conta è che la Katusha possa ottenere un buon risultato. Purito è sicuramente fresco perché viene da un periodo di riposo dopo una prima parte veramente di altissimo livello e il percorso gli si adatta molto bene. Puntiamo a fare almeno un podio.» foto BETTINI PHOTO
La Vuelta si può dire che sia la “sua” corsa: l’ha vinta due volte ed è sempre andato molto forte. Anno scorso ha accompagnato Cobo alla vittoria e si è preso il 5° posto della Generale. Ha come obiettivo un’altra grande performance? «Come ho detto prima, sì. Il mio obiettivo è essere competitivo, ma questo vuol dire anche esserlo per aiutare un compagno come è successo anno scorso. Certo che se dovessi trovarmi davanti a lottare per la vittoria non tirerei certo i freni.» Cosa ne pensi del percorso di quest’anno? «Penso che è molto simile a quello dell’anno scorso: una cronometro a squadre iniziale di una quindicina di km una a metà gara individuale di una quarantina e tanta salita prima e
Denis Menchov
soprattutto dopo. Non penso però che sia così dura come dicono perché le frazioni non sono così lunghe: saranno nervose e dure nei finali. Insomma un percorso che sembra disegnato per il mio compagno Rodriguez anche se, come sempre, saranno i corridori a fare la corsa.» Ha provato qualche tappa? «No, perché conosco la maggior parte di queste strade. Mi rinfresco la memoria con il libro della corsa e con internet. Se devo scegliere una tappa, però, dico la quindicesima. Perché è nella terza settimana e perché si arriva su una salita lunga e pedalabile come il Lago di Covadonga.»
Quali saranno i principali rivali? «Mah, io metterei in testa Contador e anche il mio compagno Purito. Poi Froome, Valverde, Anton, Cobo.» Ma Froome lo mette in secondo piano dopo quello che ha fatto vedere al Tour? «Certo che se andrà come in Francia se la giocheranno lui e Contador, ma è anche vero che la Grande Boucle è una gara stressantissima e, normalmente, dopo hai bisogno di recuperare. D’altra parte è anche la prima volta che avrà per sé stesso tutta la squadra e quindi sarà motivatissimo. Staremo a vedere.»
King George, il 17°
George Hincapie con la sua 17ª partecipazione al Tour de France stabilisce un record che rende unica la sua straordinaria carriera e conquista un trono dal quale, per molto, nessuno potrà scalzarlo. Siamo orgogliosi che questo atleta eccezionale indossi la maglia della BMC. Ulteriori informazioni sulla sua teammachine SLR01 al sito: www.bmc-racing.com.
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brina@gocom.it
LUCA PILERI a cura di NICOLETTA BRINA
Una nuova sfida imprenditoriale, al centro di un grande progetto chiamato Raceway La passione per le due ruote è nel Dna della famiglia Pileri, che pone le sue basi e nel tempo poi ,diventa punto di riferimento del motomondiale, creando il team MARLBORO PILERI sotto l’egida della Honda con il papà Paolo, prematuramente scomparso. Il team Marlboro Pileri fu negli anni punto di riferimento per innovazione e tecnologie sviluppate nel settore delle moto. tra i sui piloti ebbe Fausto Gresini, Loris Capirossi, Alex Barros. Nel 1993 il team Marlboro Pileri fu il primo a dare la grande opportunità a Valentino Rossi di scendere in pista a Misano con una moto ufficiale Honda. Oggi quella grande tradizione prosegue in quello mondo delle due ruote a pedale,che sempre ha affascinato il giovane Luca uno dei due figli. Una nuova sfida imprenditoriale che vede Luca Pileri al centro di un grande progetto chiamato Raceway.
A presentare l’azienda faentina Raceway, appunto la realtà nata dagli “eredi” di Paolo, è Luca, classe 1983 e idee chiare. Raceway è una nuova realtà nel mondo del ciclismo, da quanto tempo esiste e da quale idea è nata? «Come progetto è nato 3 anni fa, poi la Raceway, come società, è nata a maggio di quest’anno. Ci ha condotto verso questo tipo di progetto la storia della Honda, nell’ambito del motomondiale, una storia di famiglia praticamente e di grandi successi. Io ero piccolo negli anni in cui mio padre vinceva col team, ma era un mondo che mi affascinava tantissimo, tant’è che quando mio padre si è fermato con l’attività del team nel ’99, io ho lavorato diversi anni con alcune squadre nel motomondiale. Poi tre anni fa ho intrapreso questa attività: utilizzando le conoscenze che avevo sulle fibre di carbonio, materiale molto utilizzato nel motomondiale, ho cominciato a fabbricare bici in carbonio e in titanio. Da maggio ho fuso la mia attività con altre due persone e rappresentiamo un’azienda giovane, ma con un passato importante.» Dunque una storia legata a doppio filo con la moto… «Nel campo delle competizioni motociclistiche, lo studio sui materiali è molto avanti, sia negli stampi che relativi al carbonio. Io avrei voluto continuare l’attività sportiva di mio padre, ma quello che è l’ambiente del motomondiale ha budget difficili da raggiungere, ho preferito optare per qualcosa alla mia portata. In verità ero molto appassionato di moto, ero lì lì per diventare pilota di professione e la bici è stata il mezzo col quale mi allenavo, era un allenamento che mi aiutava ad essere più in forma, così come fanno tanLuca Pileri
tissimi piloti. Poi sono partito 3 anni fa con questa idea e mi hanno aiutato diverse persone che lavoravano nel mondo del moto Gp, ho utilizzato le conoscenze che avevo, dovendo partire da zero.» S-Light è il marchio spot per bici da strada e mtb, inoltre qual è la filosofia di questo brand? «È un marchio che vuole richiamare il made in Italy come filosofia costruttiva. In Italia, il concetto bici-competizione è sempre stato un legame inerente l’aspetto sportivo. Ciò che a noi piacerebbe, sarebbe tornare a vincere come squadra, come team. D’altro canto, abbiamo iniziato come produttori a fare bici che siano fruibili maggiormente per chi di bici si intende, dunque, partendo dalle stesse geometrie dei telai e dai pesi, ci rivolgiamo allo sportivo che desidera un mezzo particolarmente prestante o a chi fa proprio competizioni.» Quali sono le principali caratteristiche di S-Light ? «Una bici molto curata sotto il profilo estetico, ma che ha un orientamento prettamente sportivo, e con un allestimento di componenti in alta gamma. Sulle linee in carbonio, utilizziamo la fibra Toray, azienda giapponese che sin dagli anni ’90 era leader nella produzione di carbonio per la costruzione dei telai per le moto del motomondiale. È proprio per l’esperienza acquisita nel campo dei motori che oggi ci rivolgiamo ai medesimi fornitori di allora, peraltro lo stesso fornitore di carbonio di Pinarello.» Così giovani, ma già con le idee ben chiare, insomma… «Basti dire che quest’anno saremo presenti a due importanti appuntamenti fieristici internazionali come Eurobike che si terrà a Friedrichshafen in Germania dal 29 agosto al 1° settembre ed a ExpoBici di Padova, dal 22 al 24 settembre due delle vetrine tra le più importanti in Europa. Siamo una realtà giovane e piccola e non è il nostro obiettivo quello di fare grandi numeri. La cosa vantaggiosa, per quel che ci riguarda, è comunque il prezzo, perché non avendo altri intermediari, i nostri prezzi sono più accessibili, pur parlando di alta gamma e siamo una delle poche aziende al mondo che fornisce l’alta gamma sia in carbonio che in titanio, tanto sulla mtb che sulla bici da strada, con un catalogo decisamente ampio.» Quali sono gli obiettivi di Raceway e le novità per la nuova stagione 2013? «A Padova presenteremo 12 modelli di cui due novità, vale a dire due 27,5” sia per mtb che per strada, presenteremo una bici da strada in carbonio che monta un 29 e una in titanio da 27,5. Per quel che riguarda gli obiettivi, indubbiamente, ci preme poter dare spazio alle corse, potendo così unire il nostro prodotto ad una squadra e valuteremo se puntare al professionismo o arrivarci gradualmente. Ci piacerebbe poter fornire ad un team le nostre mtb o bici da strada anche per consolidare il marchio a livello nazionale. Sotto questo profilo, siamo vicini, a livello di filosofia marketing, alla Bmc, nel senso che vogliamo dare spazio tra un negozio e l’altro, per non svalutare il marchio stesso. Abbiamo molti modelli e facciamo anche componentistica abbinata al kit telaio che dà un vantaggio a livello di peso e garantisce il risparmio sul portafoglio. Crediamo sia importante impostare il lavoro in maniera tale da crescere di pari passo con chi ha creduto in noi.»
office@leonardoolmi.com
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MILANO-ROMA IN 4 TAPPE a cura di LEONARDO OLMI
“Tre Campioni di Vita” compiranno questa impresa dal 18 al 21 ottobre per sensibilizzare la Ricerca sulla Fibrosi Cistica Massimiliano Lelli, Gianfranco Comanducci e Matteo Marzotto, pedaleranno insieme quattro giorni per trasmettere un grande messaggio di solidarietà proiettato verso la raccolta di fondi per la ricerca di una delle peggiori malattie genetiche conosciute dalla medicina moderna, la Fibrosi Cistica.
Da Milano a Roma in bicicletta per più di 600 km. Ci saranno delle tappe, quattro, ma ci sarà una sola squadra, quella composta da “Tre Campioni di Vita”, che non correranno per conquistare un trofeo, ma per portare sul gradino più alto del podio il messaggio per sensibilizzare la raccolta di fondi verso la Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica. Giusto per usare un altro termine ciclistico, a contribuire a far alzare le mani al cielo alla ricerca scientifica, saranno tre personaggi famosi, dai ruoli distinti nella loro vita pubblica, ma amici nella loro vita privata e legati da una passione comune, quella della bicicletta. I “Tre Campioni di Vita” citati nello slogan che lancerà la Milano-Roma saranno: Massimiliano Lelli: Uno Sportivo dai Valori Assoluti Gianfranco Comanducci: Un Dirigente di una Grande Azienda di Comunicazione Matteo Marzotto: Un Capitano d’Impresa
sticati circa 200 nuovi casi all’anno: ogni settimana nascono circa 4 nuovi malati. Da alcuni anni la Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica (come troviamo scritto sul loro sito e di cui Marzotto è Vice Presidente), si è data l’obiettivo di contribuire a sconfiggere la malattia genetica più diffusa nel nostro Paese. Il traguardo si sta avvicinando, ma non sappiamo ancora quando si potrà cantare vittoria. Ciò che ha colpito la Fondazione è stato l’interesse dimostrato per la ricerca, le sue metodologie e la sua organizzazione da parte di vari mezzi di comunicazione e media che stanno dedicando a questi argomenti spazi sempre più ampi come, appunto, sta facendo iNBiCi con questo articolo e come faranno altre carte stampate e Tv documentando l’impresa della Milano-Roma, ad esempio.
foto LEONARDO OLMI
Ecco perché i “Tre Amici Campioni di Vita” hanno pensato di sfruttare la loro popolarità e la loro grande passione comune, quella della bicicletta, per sensibilizzare la gente alla donazione di L’evento si svolgerà dal fondi per aiutare la ricer18 al 21 ottobre, ed antica verso questa terribile ciperà un altro grosso apmalattia. Le quattro tappe puntamento, organizzato andranno a toccare le città sempre dall’inarrestabile dove sono presenti alcune Max Lelli (dove saranno di tra le più importanti Deleganuovo presenti Comanduczioni e Gruppi di sostegno ci e Marzotto), ossia quello alla FFC (Fondazione per la della 1° ed. della TirrenoRicerca sulla Fibrosi CistiAdriatico (vedi iNBiCi di ca) del centro Italia. «Ancoagosto), aperto ad un masra non abbiamo stilato un simo di 25 ciclisti, che si programma ben preciso» svolgerà la settimana succome ci racconta Max Lelli cessiva durante il weekend «ma possiamo dire che la del 27-28 ottobre. La par1° Tappa sarà di circa 210 tenza sarà da Porto Santo km da Milano a Bologna, Stefano (Argentario) e l’arpercorrendo la Via Emilia. rivo a Ravenna, con stop di Poi proseguiremo con la una notte a Perugia. Anche 2° tappa che da Bologna ci questo evento, sarà una ciporterà a Prato, via Casticloturistica non agonistica glion dei Pepoli e Barberino che avrà lo scopo della racI tre campioni di vita, Massimiliano Lelli, Gianfranco Comanducci e Matteo Marzotto di Mugello, dove c’è un’alcolta di fondi per la stessa tra importante Delegazione. fondazione onlus. Con la 3° Tappa vorrei attraversare il Chianti per arrivare a Siena, dove L’idea nasce da una tragedia che, purtroppo, ha colpito la famiglia trascorreremo la terza notte. Quindi proseguiremo con la 4° ed ultima dell’imprenditore Matteo Marzotto: «Mia sorella aveva un anno quan- Tappa di domenica 21 ottobre che da Siena (via Capalbio) ci porterà do si capì che la sua era una malattia ereditaria. La verità fu subito a Roma. Saranno un totale di oltre 600 km». Grazie alla presenza di chiara: non c’erano cure risolutive» racconta Marzotto «… respirava a Gianfranco Comanducci (Vice Direttore Generale della RAI), l’evento fatica e non aveva mai fame… i miei genitori sono portatori di fibrosi ed il messaggio saranno passati o meglio trasmessi anche da un altro cistica. Si scopre con un esame. L’ho fatto anch’io… mia sorella si importante media, quello della televisione. chiamava Annalisa, se n’è andata a 32 anni, nel 1990. È la fibrosi cistica che l’ha uccisa, una malattia ereditaria, una condanna scritta Per info e iscrizioni: nei geni.» La Fibrosi Cistica è la più comune delle malattie genetiche Max Lelli gravi. Nel mondo ne sono colpite circa 100.000 persone. Grazie ai Marsiliana (GR) tel. 0564-60.99.20 / cell. 346-120.4150 progressi della ricerca e delle cure, i bambini che nascono oggi con www.maxlelli.com / info@maxlelli.com questa malattia hanno un’aspettativa media di vita di 40 anni ed oltre, mentre non superavano l’infanzia cinquanta anni fa, quando la Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica malattia fu scoperta e si cominciò a curarla. In Italia vengono diagno- www.fibrosicisticaricerca.it
Comune di Città di Castello
A FAVORE DELLA RICERCA PER LA FIBROSI CISTICA
26/27/28 ottobre 2012
* Venerdì 26 ottobre 2012 - km 143 * Sabato 27 ottobre 2012 - km 117 * Domenica 28 ottobre 2012 - km 141
REALIZZATA ANCHE GRAZIE AL SUPPORTO DELLA A.S.D. CICLOSPORT SELCI
info Tirreno Adriatico: info@maxlelli.com
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MAURO GRILLINI a cura di NICOLETTA BRINA
PROMOTORE DEL CICLISMO MADE IN ITALY
Una vetrina del Made in Italy a Kiev in Ucraina per le novità nel mondo del ciclismo. La Fiera di Kiev è un nuovo trampolino di lancio per il made in Italy del pedale: alla sua seconda edizione, dal 14 al 17 marzo 2013, organizzata dalla KDM International srl con sede a Bologna, offre importanti spunti per lo sviluppo del mercato italiano all’estero. Grande attenzione da parte dei dealer ucraini è infatti riposta nei confronti dei marchi italiani che vengono ricercati, richiesti e voluti e la qualità è indubbiamente di alto livello. Artefici di questo importante passo verso il mercato ucraino, Mauro Grillini per quanto concerne il management italiano a Kiev e Luciano Zaccheroni, per quanto riguarda invece il collegamento Ucraina-Italia. Sig. Grillini, come nasce KDM e cosa rappresenta? «Insieme alla mia socia, Daniela Lassandro, abbiamo avviato l’attività nell’86 con la FinMar, partendo come agenti dell’Italia alla fiera di Vienna, portando quindi le aziende nostrane in questa fiera. Nell’89, con la caduta del muro, si è aperta davanti a noi una grande opportunità e ci siamo buttati in queste aree con piccole partecipazioni alle fiere esistenti, puntando inizialmente sull’arredamento ed il food. Si andava in Polonia e nei paesi dell’Est, spostandoci poi verso l’ex Unione Sovietica con collettive italiane in fiere già esistenti. Nel ‘93 abbiamo cominciato in Ucraina con fiere stanziali e di settore, in particolare la termoidraulica, divenuta oggi una delle fiere maggiori. Nel 2010, un gruppo inglese
ci ha chiesto di vendere queste fiere. Dal canto nostro avevamo acquisito grande esperienza ed abbiamo identificato quei settori che secondo noi potevano avere un grosso potenziale, individuando così il settore della bici, insieme alla motocicletta.» Così è nata la fiera di Kiev? «Quest’anno abbiamo organizzato la prima edizione, più che altro per valutare l’interesse da parte dei rivenditori e degli importatori, inserendo cosi’ di fatto il settore ciclo in contemporanea con moto ed active sport. Abbiamo riscontrato molto interesse da parte del pubblico e degli operatori. Altra condizione favorevole, la facilita’ di collegamenti aerei dall’Italia. La capacità di spesa è molto importante, basti pensare che l’Ucraina è il terzo mercato europeo per la vendita di macchine di lusso e, dall’altra parte è un terreno vergine per il settore bici. Si inserisce peraltro in un paese, nel quale la cultura è fortemente orientata verso l’educazione fisica.» Si è fatto quindi promotore del ciclismo made in Italy? «Di fatto, la fiera la organizziamo noi e stiamo spingendo in particolar modo verso i brand italiani. L’immagine dell’Italia è molto apprezzata e c’è grande considerazione per la nostra cultura. Peraltro non si tratta solo di mettere insieme i dealer, ma anche di organizzare eventi ed iniziative che possano attirare gli interessati. Nella scorsa edizione infatti erano già presenti marchi italiani ben noti al mercato ucraino.»
È una terra in espansione sotto il profilo ciclistico? «Assolutamente sì perché si parte da zero. La cultura c’è, ma bisogna fare cultura e informazione e quindi non solo organizzare una fiera commerciale. L’intenzione, infatti, è proprio quella di curare l’aspetto dei workshop, dei convegni su tutto ciò che ruota attorno al ciclismo.» Quali possibilità offre il mercato ucraino? «Sicuramente il mercato dell’accessorio è vergine, hanno una grossa capacità di apprendimento ed hanno sete di cultura. Siamo presenti in Ucraina da oltre 20 anni e posso dirle che c’è molta curiosità verso il nostro paese e le nostre produzioni. La capacità di spesa di questo popolo è molto elevata e la classe media è in notevole espansione. Desiderano il marchio italiano ed il livello qualitativo richiesto per il prodotto è medio-alto. Noi ci rivolgiamo ad un target ben preciso, quella classe sociale emergente ed esigente, che associa il prezzo basso ad un prodotto di bassa qualità. È un mercato che va alimentato lentamente: ci si fa conoscere inizialmente e si cresce con esso, deve essere monitorato, anche perché la ‘toccata e fuga’ da parte dell’importatore, è indubbiamente mal vista. Il popolo ucraino tiene molto in considerazione il rapporto personale, vuole che si coltivino le relazioni ed i contatti, che si consolidi una fiducia. Da parte nostra, abbiamo fatto crescere la fiera, senza troppo forzare. C’è anche da dire che il mercato ucraino ama l’Italia: c’è infatti una predilezione nei confronti dei vini italiani, della calzatura, dell’arredamento, settori che vedono la cultura italiana in prima linea.» Sig. Zaccheroni, quali dati sono stati registrati nella scorsa edizione e quali erano le aziende presenti? «Nelle tre fiere (bici, moto, active sport, ndr.) abbiamo avuto una grande affluenza di pubblico registrando oltre 26mila visitatori. Gli spazi espositivi della fiera per il cinquanta per cento erano dedicati al mercato motociclistico, considerando che la fiera, in questo preciso settore esordì 9 anni fa, mentre la restante parte della fiera fu suddivisa equamente tra bici e active sport. Gli espositori del settore ciclo sono rimasti molto soddisfatti tra l’altro erano presenti rivenditori di marchi prestigiosi come Focus, Bergamont, Colnago, Carrera, San Marco e Bmw. È stata una fiera del made in Italy nella quale hanno esposto i dealer locali. Nel settore della bici il marchio italiano è indubbiamente leader, sia per una questione di vicinanza, sia per l’occhio di riguardo col quale l’Ucraina guarda all’Italia».
Mauro Grillini General Manager KDM International srl
Kiev, Ucraina 14-17 marzo 2013 www.bikeexpo-kiev.com
KDM International Srl Via di Corticella 205 • 40128 Bologna • Italy Tel. +39 051 3540411 • Fax +39 051 3540423 info@kdm-international.com
PROEXPO Gorkogo Str. 172, Off.1318 • 03680 Kiev • Ukraine Tel/fax: +38 044 5212181 luciano@ukrnet.net
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Roberto Luconi a cura di NICOLETTA BRINA
Gruppo Schiavoni e Team Cicli Copparo: 10 anni di feeling Roberto Luconi, responsabile amministrativo del gruppo industriale, illustra il segreto del tandem con la squadra anconetana. «Fieri di aver associato il nome dell’azienda ad una formazione che vince».
la grande crisi economica che i mercati stanno attraversando.» Che collegamento ha il Gruppo anconetano con lo sport? «Beh, come gruppo sponsorizza molte attività sportive locali, per lo più il ciclismo, nel senso che c’è un buon feeling tra il titolare dell’azienda e la Cicli Copparo, per lo più tramite me, dato che Raffaele Consolani (patron della Cicli Copparo, ndr.) è un mio caro amico. La sponsorizzazione con la Copparo festeggia quest’anno i 10 anni di partnership nel segno della passione per le due ruote.» Quindi lei per primo pratica ciclismo? «Da ben 15 anni: ho smesso di giocare a calcio e insieme ad alcuni amici mi sono avvicinato al ciclismo. Prendo parte a gare sia su circuito che granfondo e ho partecipato a 8 maratone delle Dolomiti e 6 Nove Colli, tralasciando poi il resto, queste sono le più saporite. Del ciclismo apprezzo soprattutto il fatto che ti permetta di raggiungere certi livelli anche ad una età più avanzata e ti mantenga in forma.»
Roberto Luconi con Barbara Lancioni
Da una parte il Gruppo Schiavoni, complesso sistema aziendale, punto di riferimento in terra marchigiana nel settore elettrotecnico, e dall’altro il team Cicli Copparo, formazione al top nel panorama nazionale in tema di granfondo. Due eccellenze insomma nei rispettivi settori. Roberto Luconi chi è e cosa c’entra con Cicli Copparo? «Sono il responsabile amministrativo del noto gruppo industriale marchigiano Schiavoni. Ho 48 anni e sono nato e vivo ad Ancona. Con Cicli Copparo? Beh sono un ciclista, ho già detto tutto.» Di cosa si occupa il Gruppo Schiavoni? «In senso lato direi che si occupa di quadri elettrici, nel senso che dagli anni ’60 è attivo nel settore dell’elettrotecnica. Ancora oggi, dopo oltre 50 anni dalla nascita, la figura dell’imprenditore Sergio Schiavoni è il
punto di riferimento del complesso sistema aziendale che trova però nella seconda e nella terza generazione già importanti punti di continuità: i figli Camilla e Giampiero alla guida del settore commerciale, Claudio protagonista del ramo d’azienda industriale e delle energie rinnovabili, mentre Francesco Bugaro, nipote e figlio di Nicoletta, è da poco entrato in azienda. L’innovazione, la conquista di nuovi mercati, in Italia e all’estero, l’evoluzione e il miglioramento dei propri prodotti unitamente alla soddisfazione dei propri clienti è da sempre la stella polare dell’intero gruppo. Per questa ragione tutte le società che lo compongono hanno raccolto la sfida della globalizzazione collaborando con i grandi gruppi industriali del oli & gas, della cantieristica navale e delle industrie elettromeccaniche, con i quali collabora, è riuscita ad affrontare meglio di altri e in maniera brillante
Fa parte della squadra anche lei? «Esattamente, sono circa 14 anni che sono tesserato con la Cicli Copparo, quindi questo tandem è ancor precedente rispetto alla sponsorizzazione da parte del Gruppo Schiavoni. Dall’altra parte ho fatto un po’ da collante con la mia azienda affinché si avvicinasse a sostenere una società sportiva di punta per Ancona, come la Copparo.» Come valuta l’inizio stagione della Cicli Copparo? «Indubbiamente eccezionale, anche se per l’azienda è importante che giri il proprio marchio. C’è tuttavia da dire che questo team anconetano è fonte di grandi soddisfazioni e l’azienda non può che essere fiera del fatto di aver associato il proprio nome a quello di un team vincente.»
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La partenza
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Tirreno-Adriatico a cura di LEONARDO OLMI
Saranno 3 e non più 2 i giorni che ad ottobre vedranno Max Lelli alla guida del gruppo Aggiornamenti e dettagli dalla prima amatoriale dei due mari che l’ultimo weekend di ottobre vedrà impegnati un piccolo gruppo di ciclisti attraversare il centro Italia da est a ovest per lanciare un messaggio di sensibilizzazione a favore della Ricerca sulla Fibrosi Cistica.
Come avevamo accennato sul numero di Agosto di iNBiCi, sarà l’ultimo weekend di ottobre, quello che vedrà partire 25 ciclisti dall’Argentario, dal Tirreno, per giungere fino a Ravenna, sull’Adriatico. Ma considerata la notevole distanza, per rendere abbordabile un po’ a tutti i livelli di preparazione la lunga pedalata, senza stressare troppo la gamba in sole due tappe con planimetrie eccessivamente lunghe, è stato pensato di compiere l’evento in tre e non in due giorni, come programmato inizialmente. Quindi, con partenza venerdì mattina 26 ottobre da Porto Ercole (Argentario), ed arrivo a Ravenna domenica 28 ottobre intorno alle 14,00. Prendendo spunto dalla corsa dei professionisti, la cosiddetta Corsa dei Due Mari, Max Lelli ha avuto l’idea di realizzare una pedalata amatoriale, poiché non vi saranno ne chip, ne cronometri, ne vincitori, ne vinti, ma a salire sul podio sarà, primo tra tutti, il Messaggio che l’evento vuole dare per sensibilizzare la raccolta di fondi da devolvere alla Fondazione onlus per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica. Una brutta malattia genetica ereditaria che, purtroppo (e come avevamo già scritto sul n. di agosto), oltre a portare a morte certa chi ne è affetto entro i 40 anni, a soli 32 anni ha stroncato anche la vita di Annalisa Marzotto, sorella dell’imprenditore Matteo Marzotto, legato da una forte amicizia con Max Lelli. Oltre allo stilista milanese, farà parte del gruppo anche un altro volto noto, un importante Dirigente d’azienda, l’Avv. Gianfranco Comanducci (Vice Direttore Generale della RAI), anch’egli legato da una grande amicizia sia verso il campione toscano Lelli (con il quale condivide la passione della bicicletta), che con Marzotto. I Tre Campioni di Vita (frase coniata da Comanducci), infatti, non a caso dal 14 al 18 ottobre, pedaleranno da Milano a Roma, sempre in favore della stessa causa. Non sono previste pause pranzo, in quanto vi saranno dei ricchi rifornimenti volanti gentilmente offerti dallo sponsor Corsini, rinomato produttore di dolci e biscotti del Monte Amiata. Ma vediamo nei dettagli le tre tappe:
La prima tappa di venerdì 26 vedrà il gruppo partire dal piccolo e colorito Porto Ercole (dominato dalle sue imponenti fortezze spagnole9 intorno alle 8,00 di mattina, salutati dall’Amministrazione locale e dalle autorità del Comune del Monte Argentario, alla volta del primo Il parco di Chianciano Terme
stop di giornata, ossia Chianciano Terme. Saranno 139 km durante i quali i ciclisti pedaleranno su alcune tra le più belle strade della Maremma Grossetana, attraversando, in primis, il paese nativo del Cinghialino toscano, Manciano. Dopo questa prima asperità di giornata se ne affronterà un’altra, quella verso una delle più belle città etrusche costruite sui massicci tufacei tipici della zona, Pitigliano, sede anche di una nota granfondo. Poi, ancora immersi nella storia e circondati dalle colline ondulate della Toscana, raggiungeremo un’altra delle nostre ricchezze e patrimoni, la città di foto LEONARDO OLMI
1° Tappa: Porto Ercole – Chianciano Terme, 139 km/1689 m dsl
Max Lelli alla guida di una delle sue bici durante un allenamento sul Sestriere
Acquapendente. Il computerino ci segnalerà 90 km percorsi, ne mancheranno ancora 50 per raggiungere Chianciano Terme, che con l’arrivo previsto intorno alle ore 17,00 segnerà la fine delle nostre fatiche per questa 1° tappa. Quindi un meritato ristoro e cena in una delle più belli città termali del centro Italia.
2° Tappa: Chianciano Terme – San Giustino, 109 km/704 m dsl Con questa seconda tappa che partirà intorno alle 10,00 di mattina, i ciclisti lasceranno la Toscana per entrare in Umbria, dove dopo aver percorso 109 km raggiungeranno la località di San Giustino, per passarci la notte. Una tappa che, tutto sommato sarà facile, senza particolari asperità ed abbastanza ragionevole come distanza. I primi chilometri vedranno ancora l’attraversamento di altri paesi e borghi immersi tra le bellissime colline toscane, come Montepulciano prima, Torrita di Siena e Sinalunga poi. Dalla provincia di Siena, entreremo quindi in quella di Arezzo, con l’attraversamento di Cortona, antica città etrusca posta in posizione elevata e circondata da mura ciclopiche, oltre che ad essere famosa per i suoi vini. Quando il nostro computer segnerà una 70ina di km, vorrà dire che avremo già attraversato anche Castiglion Fiorentino, e che ne rimarranno altri 40
per raggiungere la nostra meta finale, il cui arrivo è previsto intorno alle 16,00. Oltre a portarci in provincia di Perugia, l’arrivo a San Giustino ci avrà fatto varcare anche il confine tra Toscana e Umbria. Toccare questo paese ha un valore affettivo sia per l’Avv. Comanducci, in quanto nelle vicine località di Pistrino e di Selci vi sono nati
rispettivamente il Padre e la Madre del Vice Dir. Gen. della RAI, che per Max Lelli, in quanto legato da una forte amicizia con l’ASD Ciclo Sport Selci, che si occuperà di organizzare sia la logistica che la cena del sabato, ma sarà anche la società che il giorno successivo fornirà l’assistenza e la scorta tecnica.
Il Castello Bufalini di San Giustino in provincia di Perugia
Per info e iscrizioni: Max Lelli Marsiliana (GR) tel. 0564-60.99.20 cell. 346-120.4150 www.maxlelli.com info@maxlelli.com Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica www.fibrosicisticaricerca.it
Mausoleo di Teodorico a Ravenna
3° Tappa: San Giustino – Ravenna, 139 km/846 m dsl Quest’ultima tappa che partirà intorno alle 8,00 di mattina, vedrà il gruppo attraversare Sansepolcro dopo solo un paio di chilometri, mentre dopo altri 30-40 km porterà i ciclisti ad affrontare qualche asperità pri-
ma di raggiungere un’altra bella città termale, Bagno di Romagna, che segnerà anche il passaggio dall’Umbria all’EmiliaRomagna. Il percorso sarà ondulato fino a Mercato Saraceno, e poi dominato dalla pianura fino a Cesena da dove, dopo altri 40 km di strade dritte e piatte, si giungerà (sempre accompagnati dalla scorta tecnica
dell’ASD Ciclo Sport Selci di San Giustino) a Ravenna, che decreterà la fine dell’impresa. Le autorità locali ed il Comune di Ravenna (così come sarà precedentemente avvenuto all’arrivo nei Comuni di Chianciano Terme e di San Giustino) saranno presenti per dare il benvenuto al gruppo, il cui arrivo è previsto intorno alle due di pomeriggio.
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BIOMECCANICA INBICI a cura di Fabrizio Fagioli e Raffaele Biondi - LABVELò Cesenatico - FC
La Lunghezza della Pedivella - seconda parte
Dopo aver presentato nella prima parte, le valutazioni tecniche attualmente utilizzate per l’individuazione della lunghezza ideale della pedivella, cerchiamo ora analizzare in modo più approfondito gli aspetti biomeccanici alla base di questa scelta e come valutare con maggiore scientificità e oggettività l’efficienza delle diverse lunghezze. Come già accennato nella prima parte, per comprendere gli aspetti biomeccanici correlati alla lunghezza della leva pedivella ideale occorre analizzare il sistema di leve all’interno del quale è inserita la pedivella. La pedivella infatti, risulta essere la leva di collegamento fra il Sistema Biomeccanico Propulsivo dato dalla gamba del ciclista, e il Sistema Meccanico di Trasmissione della forza che dal movimento centrale arriva alla ruota. Per quanto riguarda il Sistema Biomeccanico Propulsivo, ovvero la gamba del ciclista, occorre comprendere se la proporzione di lunghezza dei singoli segmenti, femore, tibia e piede può condizionare e modificare la scelta riferita alla lunghezza totale della gamba.
una maggior lunghezza di questo elemento, favorisce l’efficienza con una pedivella più lunga e viceversa. Queste affermazioni derivano da uno studio statistico effettuato dal laboratorio Velosystem® su oltre trecento ciclisti eterogenei in termini di età e livello di pratica. Lo studio è stato eseguito incrociando i valori antropometrici (lunghezza cavallo, femore, tibia e piede nonché la loro proporzione reciproca) con il risultato del test di efficienza realizzato con apposito potenziometro sulle diverse lunghezze di pedivella. Lo stesso tipo di test può oggi essere realizzato in modo empirico ma con una buona affidabilità, su strada da ogni ciclista, utilizzando il potenziometro a pedale o al mozzo posteriore o altri potenziometri che permettano una facile variazione di lunghezza pedivella. In pratica, dopo aver scelto un percorso test di piccola lunghezza (5-15 km) con difficoltà differenziate, pianura salita e discesa, si effettua la pedalata ogni volta con la pedivella della lunghezza desiderata (es. 170 mm, 172,5 mm, 175 mm) andando poi a confrontare i valori medi e massimi di potenza, rpm, velocità e frequenza cardiaca. L’avvertenza da utilizzare sarà solo quella di modificare l’altezza della sella in funzione della lunghezza pedivella: pedivella più lunga comporterà un abbassamento della sella di uguale entità e viceversa. Una maggiore efficienza sarà riscontrata a seguito di un valore di potenza media espressa più alto con impegno metabolico (frequenza cardiaca) uguale o addirittura inferiore. La disponibilità di potenziometri di facile utilizzo e a prezzi relativamente accessibili rende possibile l’effettuazione di questo test da parte di chiunque desideri una risposta strumentale oggettiva circa la lunghezza ideale della propria pedivella. Per quanto riguarda il condizionamento del Sistema Meccanico di Trasmissione (corone anteriori e pacco pignoni posteriore) sulla lunghezza di pedivella possiamo sintetizzare le seguenti considerazioni.
Come già visto con le tabelle presentate nella prima parte, vi è una proporzionalità diretta fra lunghezza della pedivella e lunghezza delle gambe, ovvero altezza cavallo. A parità di lunghezza arti inferiori si possono riscontrare proporzioni diverse nella lunghezza di femore e tibia con l’ulteriore variabile di una diversa lunghezza del segmento piede. Ciò può condizionare la correlazione altezza cavallo-lunghezza pedivella. Una maggior lunghezza femore in proporzione alla tibia, a parità lunghezza gambe, favorisce l’efficienza con una pedivella più lunga e viceversa. Lo stesso dicasi nel caso della lunghezza del piede,
Non esiste una motivazione razionale che giustifichi la variazione della lunghezza pedivella in funzione della dimensione delle corone utilizzate; una corona 50 non richiede una lunghezza pedivella diversa rispetto ad una 53 in quanto varia solamente lo sviluppo metrico che in funzione dei valori del pacco pignoni utilizzato risulta di solito molto simile. Una considerazione specifica deve essere fatta, invece, per l’utilizzo delle corone non circolari. Questo tipo di corona infatti aumenta il braccio di resistenza sulla catena (raggio di resistenza verticale) sulla fase attiva della spinta (45° - 135°); ciò giustifica l’utilizzo di una pedivella più lunga capace di favorire la fase attiva della spinta della pedalata.
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INKO…minciamo a parlare chiaro: integratori tutti uguali? a cura del reparto Research&Development Nutrichem Diät+Pharma
Ma secondo voi: • • • •
Per un ciclista telai, ruote, cambi........ sono tutti uguali? Per un maratoneta le scarpe............. sono tutte uguali? Per un tennista le racchette............... sono tutte uguali? Per uno sciatore gli sci, gli scarponi.... sono tutti uguali?
Noi della Inkospor non ci stiamo ad esser associati alle altre aziende solamente perché tutti vendiamo integratori. Il nostro marchio è prodotto da Nutrichem Diät+Pharma Gmbh azienda tedesca leader nel settore dell’alimentazione clinica enterale, della dietetica e della nutrizione sportiva (www. nutrichem.de). L’azienda è certificata ISO 9001:2008: ricerca, competenza, certificazione, utilizzo delle migliori materie prime, e questo ci rende consapevoli dell’alta qualità dei nostri prodotti, integratori alimentari naturali, che tutelano e garantiscono il consumatore finale. Inkospor vuole sfatare questo mito che gli integratori sono tutti uguali, perché fa gioco a troppe aziende che sfruttano la disinformazione in materia per speculare e guadagnare ai danni del consumatore. La soluzione c’è: si chiama “trasparenza”. Inkospor da anni attua “PORTE APERTE ALLA INKO’’ questo vuol dire offrire a chiunque lo desideri l’opportunità di visitare lo stabilimento di produzione. Questa è trasparenza: perché molte aziende inondano il consumatore di messaggi pubblicitari che esaltano le qualità dei propri prodotti ma senza offrire la certezza e la chiarezza necessarie per un corretto confronto dei prodotti Infatti i prodotti Inkospor sono i pochi, per non dire unici, il cui contenuto corrisponde a quanto dichiarato in etichetta senza usufruire della tolleranza (±15% ) consentita dalla legislazione italiana e che riportano l’esatto valore biologico (VB) delle proteine.
L’importanza delle proteine e della loro integrazione Le proteine costituiscono l’elemento fondamentale della nutrizione per la costruzione dei tessuti e per il loro mantenimento. Gran parte del nostro corpo è costituito da proteine: la struttura dei muscoli, degli organi, delle cellule nervose, dei geni è costituita da proteine. Pertanto l’apporto e la qualità delle proteine riveste un ruolo fondamentale. Un regime alimentare con un basso apporto in proteine compromette alcune funzioni importanti dell’organismo quali la sintesi di proteine muscolari, la formazione di globuli rossi, la riduzione degli anticorpi, la rottura delle fibre collagene, una compromissione generica del sistema immunitario.
Ma qual è il fabbisogno di proteine giornaliero? I principali indirizzi nutrizionali riportano (proteine/kg peso corporeo): • Sedentari..................................... 0,8 gr • Attività media intensità.................1,5 gr • Allenamento per la forza/sport ad alta performance.1,8-2,5gr ed oltre Le proteine in natura sono classificate in base al loro VB, cioè al loro contenuto di aminoacidi. Non tutte le proteine alimentari sono uguali ma differiscono per il loro VB. Questo è un indice importante perché rappresenta la qualità proteica nella sua attività biologica: quindi è meglio assumere una quantità modesta di proteine ad alto VB piuttosto che un’alta quantità di proteine di basso VB. Per scegliere un integratore proteico di qualità dobbiamo conoscere alcune caratteristiche: • Sapere se l’azienda che lo produce è un’azienda farmaceutica o meno e se esistono protocolli di lavoro con quegli integratori, certificazioni ISO, etc • Verificare le caratteristiche fisiche del prodotto: aroma, solubilità, digeribilità, effetti sull’intestino • La composizione della proteina deve essere simile alla proteina ideale nella sua composizione in aminoacidi essenziali • Accertarsi che il VB sia alto Una proteina di qualità pertanto viene ben digerita senza fermentazione, né nausea, né formazione di gas intestinale. Inoltre una proteina ben purificata e con bassa carica batterica si conserva per un buon periodo senza fermentare e dare odori sgradevoli tipo ammoniaca.
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brina@gocom.it
Team Renova – Ruffilli&Grillanda a cura di NICOLETTA BRINA
Una nuova stella nel mondo delle gare amatoriali Nata nel contesto forlivese e legata all’apprezzato marchio romagnolo. La stagione è iniziata, ma il project manager Maurizio Giardini non vuole fare pronostici: «Vogliamo dare lustro al marchio Renova»
Una nuova realtà ciclistica che, sin dall’inizio del 2012, si è proposta come interessante formazione alle granfondo nazionali. La Renova - Ruffilli & Grillanda è una squadra amatoriale nata in territorio forlivese ma che non ha alcuna intenzione di restare relegata alla realtà di provincia. A spiegare come sia sorta questa squadra e chi ne faccia parte, è Maurizio Giardini, project manager del gruppo.
foto andrea gorini - www.photokina.it
Una realtà assolutamente giovane, dato che è stata presentata soltanto a febbraio. Com’è nata l’idea di creare questa formazione? «L’idea è nata frequentando il negozio di Gabriele Limarzi, che è l’ideatore e il mago dei telai marcati Renova, essendo il suo un prodotto interamente italiano, dalla progettazione all’esecuzione, ed essendo un prodotto giovane si
è pensato di costituire una squadra amatoriale che partecipasse alle granfondo nazionali, sia per far conoscere il prodotto sia per far avere un feed back aggiuntivo a Gabriele.» Quindi lo scopo fondante della squadra è quello di far ben figurare corridori e marchio? «Assolutamente sì, il team è nato per veicolare il marchio Renova e farlo conoscere il più possibile, è per quello che non abbiamo particolari sfide da vincere. Essendo la nostra una squadra nuova, intanto vediamo di farci conoscere, i risultati arriveranno col tempo.» Peraltro il team ha radici molto radicate in Romagna… «Beh il main sponsor è un’azienda forlivese, appunto la Renova che è un nome noto nel campo
delle bici e dei telai, quindi non ci può essere garanzia migliore per chi fa parte della squadra e per chi la segue, in termini di serietà.» Com’è formata la squadra? «È lo stesso Limarzi ad occuparsi del team e nell’organico svettano cinque romagnoli, ossia il riminese Marco Gasperoni, il secchianese Marco Magnani, il forlivese Andrea Ragazzini e il padovano d’origine, ma cesenaticense d’adozione, Manuel Martinello. Si tratta di ciclisti che hanno esperienza nel mondo del pedale, ma non c’è l’ossessione del risultato. Ciò che ci interessa è che la squadra porti avanti in maniera coesa questa passione e con essa riesca a dare più luce possibile a Renova ed al suo prodotto assolutamente di qualità made in Italy».
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L’Opinione a cura di ANDREA AGOSTINI
Wiggins Froome e le regole non scritte
Tutti gli sport sono fatti di regole non scritte e spesso coincidono con un concetto di moda: il fair play. Nel ciclismo, le regole sono più numerose che in altre discipline. Forse perché si pratica sulla strada, dove le insidie sono maggiori rispetto a quelle che si troverebbero in uno stadio o in una pista di atletica. Vediamone alcune: segnalare un ostacolo sulla carreggiata; non frenare all’ultimo momento in curva per guadagnare posizione, a meno che non si tratti degli ultimi chilometri, in preparazione allo sprint finale; non interferire nel treno di altri quando è organizzato per l’inseguimento della fuga o per preparare lo sprint; non gettare la borraccia in strada, col rischio che intralci chi segue; il rispetto dei ruoli. E proprio quest’ultima norma è la più facile da eludere se si fa da “furbi”. A livello professionistico, infatti, la storia è piena di racconti di subalterni ribellati agli ordini di scuderia e al proprio capitano. Spesso questi sono diventati a loro volta ciclisti di primo piano e capitani. Una ruota che gira, direte voi. Ma anche qui c’è modo e modo. Per fare due esempi eclatanti, citerei il Pantani che stacca tutti, compreso il capitano Chiappucci, per diventare poi quel campione che la storia recente ha raccontato. Oppure il “vado, non vado” di Froome di fronte al leader Wiggins, segnalato con gesti eclatanti e poco eleganti. Probabilmente avrete già capito
dal mio tono che sono d’accordo sul primo e non sul secondo modo di fare. Provo a spiegarvi il perché. Nel primo caso, quando la differenza tra i due protagonisti era così grande, era inutile mettere le briglie al giovane rampante: il Chiappucci di quegli anni era lontano dall’essere il leader di una grande corsa a tappe, mentre il Pantani, con ancora qualche ciuffo di capello in testa, era assolutamente di un altro pianeta. Nel secondo caso, invece le differenze erano minime e soprattutto Wiggins era in maglia gialla. Non c’era alcun motivo per agire diversamente. Senza contare poi l’atteggiamento mentale dell’inglese in testa alla classifica: questi vedeva Froome come un compagno di squadra e quindi “amico”, perciò era poco pronto psicologicamente alla battaglia. Correre con la pressione del pronostico e le insegne del liderato sulle spalle, pesa. Io dico, controcorrente, che Wiggins avrebbe vinto anche da avversario di Froome e che quest’ultimo era invece in una condizione psico-fisica ottimale che gli ha permesso di esprimersi al meglio. Ecco perché Froome ha sbagliato due volte: la prima, nel cercare di sovvertire i ruoli, la seconda per aver mostrato in mondo visione quei gesti plateali che ogni direttore sportivo con carattere e mestiere avrebbe poi condannato, in privato ovviamente.
Bradley Wiggins e Chris Froome foto BETTINI PHOTO
office@leonardoolmi.com
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Ilaria Rinaldi
Donna In... Bici
a cura di Leonardo Olmi
Ilaria Rinaldi La Principessa delle Granfondo In bici fin da bambina per un gioco d’amore, poi si impegna sul serio facendo tutta la gavetta fino ad Elite. Oggi è una tra le dominatrici indiscusse delle granfondo al femminile. Il suo primo tifoso è papà Domenico Sono ormai due anni (ossia da quando ha cominciato a gareggiare nel mondo amatoriale) che andando a leggere le classifiche delle granfondo più blasonate di tutto lo Stivale, oltre a quelle della Toscana, dove risiede, leggiamo sempre il suo nome tra i primi tre della classifica delle donne, oppure la vediamo su uno degli scalini più alti del podio (di solito il primo) con in braccio Camilla, la sua mucca di peluche por-
ta fortuna regalatale dalla pelletteria Sapa, uno dei suoi sponsor. Il suo nome riempie spesso i titoli dei giornali e le sue foto colorano le pagine dei comunicati stampa del dopo gara di Playfull-Nikon e dei maggiori media. Parliamo di Ilaria Rinaldi, la simpatica biondina toscana di Castel Fiorentino (FI), portacolori del Team Parkpre-DMT-Giordana, che vediamo spesso in prima griglia alla partenza, sempre sor-
ridente e allegra, ma anche sempre pronta a scherzare, con i maschietti che fanno a sgomitate per apparire in una foto al suo fianco. Molti di loro, a meno che non rimangano col gruppo di testa, la rivedranno solo all’arrivo, poiché a biondina toscana “mena” di brutto. Oltre alla coda che le esce dal casco, recentemente la “Principessa” Rinaldi è riconoscibile anche per l’accoppiata fatta dal completino più bici di colore rosa, la linea donna che patron Marco Ricci di Parkpre ha voluto dedicare al gentil sesso. Nata il 25 febbraio dell’85, la Rinaldi segue tutto il percorso ciclistico giovanile fino a diventare Elite; corre per varie squadre fino al 2010, alternando la strada al ciclocross, dove conquista anche la maglia tricolore nel 2007. Con lo sguardo rivolto al futuro, la ragazzina dagli occhi azzurri di Castel Fiorentino si rende conto che le prospettive economiche tra le Elite non le offrono molto, mentre l’impegno richiesto per gli allenamenti è tanto e tale da non consentirle di fare altro. È così che nel 2010, Ilaria decide di terminare la sua ottima carriera da professionista, per poi passare, nel 2011, tra gli amatori, dove può continuare a coltivare la sua passione per la bici. Anche se si rende subito conto che in mezzo agli uomini (seppur amatori) non si dura meno fatica, anzi, ma c’è meno stress che le consente di alternare alla passione anche un lavoro part-time che le assicura un futuro economico più regolare, oltre che potersi togliere molte soddisfazioni. Ma facciamoci dire tutto da lei. Ilaria, perché questa passione per la bici? Avevi forse qualcuno in famiglia che praticava questo sport? «Assolutamente, a differenza di altre colleghe che avevano familiari o parenti, la mia passione è nata quasi per gioco, per attirare l’attenzione di un amico che sapevo aveva corso in bici. Quindi, mi son detta: ma se un giorno gli passo davanti in bicicletta vestita da ciclista riuscirò a far colpo su di lui? Era il cosiddetto colpo di fulmine, un piccolo innamoramento da bambini, in quanto io avevo solo 11 anni e lui ne aveva 20. Così mi sono iscritta alla prima società sportiva, mi sono vestita da ciclista e gli sono passata davanti dove lavorava, presso un distributore di benzina vicino a casa mia; abbiamo fatto due chiacchiere, ma purtroppo il piano strategico non ha funzionato, ed è finito tutto li. Ma in compenso, ho continuato ad andare in bici ed è nata la passione per questo sport che ho continuato a praticare sempre più assiduamente. Sono partita dalle categorie dei giovanissimi G5 e G6, per poi passare a Esordienti, Allievi e Juniores, e quindi Under23 fino a raggiungere l’Elite nel 2005. I primi due anni ho corso per il Team Frw, poi dal 2006 al 2007 nella Michela Fanini-Record Rox, e quindi altri due anni per la Fenys-Edilsavino-Colnago. Dal 2009 al 2010 ho invece corso per la Michela Fanini-System Data. Durante questi anni ho ottenuto molti buoni piazzamenti ed un
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redditizia che mi garantisca un minimo di futuro.» Ricordaci un po’ le tue conquiste nelle granfondo? «Ce ne sono veramente tante, ma giusto per citare le più importanti, qui nella mia regione ho vinto per due anni consecutivi il Giro del Granducato di Toscana, con le varie prove della Versilia, la Bettini, la Inkospor e la Vernaccia. Mentre fuori regione, l’anno scorso ho vinto alcune delle più belle prove del Prestigio, tra cui la 10 Colli, la Cunego, la Colnago e la Merckx. Quest’anno, invece, sono molto orgogliosa di aver vinto la mitica Charly Gaul, staccando di 300 m allo sprint in salita colei che era considerata imbattibile, la belga Edith Van den Brande, vincitrice anche dell’ultima Maratona delle Dolomiti. La considero una delle mie più belle vittorie poiché, innanzi tutto, la Van den Brande è una Elite (ma fuori dal Belgio le è consentito partecipare alle granfonLa bella biondina Ilaria Rinaldi, con bici e completino do, ndr) e poi perché la vincitrice rosa che Parkpre le ha dedicato dopo le sue ripetute (quindi la sottoscritta) veniva selevittorie nel panorama nazionale al femminile. zionata dalla UCI per partecipare alla prossima Coppa del Mon3° posto al Giro di Bolzano, conquistando do in Sudafrica, veramente un gran bella sia la maglia a punti che quella dei gpm. Con- soddisfazione, e vi terrò aggiornati in merito. temporaneamente ho anche fatto molte gare Mentre in entrambe le stagioni 2011-2012 di ciclocross (dal 2002 al 2007), sia a livello ho dominato sia la Straducale che la Giornazionale che internazionale, dopo che ero dana, che non potevo perdere in quanto è stata convocata in Nazionale. Il 2007 mi ha la granfondo di uno dei miei sponsor. Ovviaregalato il titolo di Campione Italiano. Sono mente mi riferisco ai percorsi lunghi e non alle stati anni molto belli, dove ho gareggiato a mediofondo. Tra le vittorie più belle dell’anno fianco delle campionesse attuali, dalla Lupe- scorso ci metterei anche il Campionato del rini alla Cantele, dalla Bronzini alla Guderzo e Mondo UISP 2011, che si è svolto a Pontedera (FI), mentre è di luglio scorso la recente la Baccaile.» vittoria del Campionato Europeo 2012 che E poi cos’è successo? Perché il ritiro dal si è corso a Imola. Tra i miei obbiettivi ci sono professionismo e nel 2011 il passaggio anche le quattro gare della Five Stars League (Maratona dles Dolomites, Sportful, Gimondi, alle granfondo tra gli amatori? «Perché il professionismo tra le donne Elite Pinarello e Cycling Marathon) alle quali potrò non ti da un futuro, le retribuzioni sono mol- partecipare solo tra due anni, nel 2014, ossia to basse e non ci si riesce a campare facil- dopo aver trascorso tre anni dal ritiro dal promente. Pensa che la media si aggira intorno fessionismo, come da regolamento.» ai 300-400 euro al mese, per arrivare fino ad un massimo di 500 euro mensili. Quindi Parlaci un po’ dei tuoi allenamenti e dei ti lascio immaginare quali possono essere le tuoi progetti futuri? prospettive di un futuro da Elite… L’impegno «Sicuramente adesso mi aiuta molto l’espetra allenamenti e gare a tappe, specialmente rienza che ho fatto negli anni. Poi un corso quelle all’estero, è tale che una professionista per Direttore Sportivo di 2° livello per allenare no ha tempo di fare altro. Invece, passando i bambini, anche quello mi ha aiutato molto. tra gli amatori, posso continuare a coltivare Inoltre ho un mio biomeccanico di fiducia ed la passione per la bici, anche facendo un la- un trainer che mi seguono da molti anni, più voro, se pur part-time, dato che comunque per un discorso mentale per affrontare le gare, corro intorno casa, anche se durante l’anno che non per seguire delle tabelle vere e profaccio alcune trasferte per correre fuori regio- prie, poiché ormai vado molto a sensazioni. ne. Così facendo, posso usare la mattina per Quando, infatti, impari a conoscerti sai cosa gli allenamenti e posso avere un entrata più devi fare e non hai più bisogno di seguire
schemi particolari. Nasco come velocista, ma mi son dovuta adattare ad essere una scalatrice, in quanto le granfondo attuali sono fatte principalmente da salite dure. Nelle Elite non si trovano percorsi così lungi e così duri, ci sono al massimo salite di 3-4 km, non salite di un ora come un Gavia o un Mortirolo. Quindi ho dovuto fare tutto un lavoro per cambiare le mie caratteristiche, concentrandomi di più sulle salite ed utilizzando metodologie diverse d’allenamento in confronto a quello che facevo prima. I percorsi lunghi (ma a volte anche i medi) delle granfondo attuali, sono sicuramente nati per essere fatti dagli uomini e non dalle donne, ma aggiungerei più a livello dei professionisti che degli amatori. Infatti, trovo difficile da pensare come una persona che lavora, trovi il tempo di prepararsi ed allenarsi a fare una granfondo che lo tiene in bici per più di 7 ore con oltre 4500 m di dislivello. È un qualcosa di massacrante per un uomo, immaginiamoci per una donna. Quindi, il mio pensiero è rivolto anche alle donne che vogliono avvicinarsi a questo sport, trovando nei
foto newspower canon
Ilaria Rinaldi vincitrice dell’ultima edizione della Charly Gaul
lunghi delle granfondo (mi riferisco principalmente a quelli oltre i 130-150 km) dei percorsi troppo duri. Come progetti futuri, c’è sicuramente quello di continuare a correre nelle granfondo, dove con me ci sarà sempre il mio primo tifoso, ossia mio padre Domenico, che mi ha sempre appoggiato verso questo sport, seguendomi fin da piccola in tutte le gare.» Parkpre-DMT-Giordana www.teamparkpre.it
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brina@gocom.it
Andrea Gurayev a cura di NICOLETTA BRINA
L’ex pro entra nei negozi per promuovere le novità 2013 di Bmc La maison ciclistica svizzera svela, attraverso il suo key manager, i must per la prossima stagione, tutta all’insegna dell’hi-tech e dell’aerodinamica, perché anche gli amatori possano sentirsi, una volta in sella alle loro bici, dei professionisti.
Un passato da professionista ed un presente da volto di Bmc Italia. Andrea Gurayev si inserisce all’interno della scuderia della maison svizzera, in veste di promotore del marchio, a stretto contatto con i rivenditori. L’occhio, ma anche la gamba allenata, diventano così elementi fondamentali per lo sviluppo sempre più hi-tech della Bmc, che affronta la galleria del vento per telai top, a portata di granfondista.
macchina perfetta. Inoltre, nel mio particolare ruolo, questo scambio di informazioni ed i test diretti, mi permette di meglio rappresentare e comunicare quelli che sono i
Qual è la risposta dei negozianti e cosa chiedono? «L’utente finale è sempre più attento, meticoloso nella scelta del prodotto ed attento alle evoluzioni in termini di tecnica e avanguardia. Di conseguenza il dealer richiede alta qualità ed efficienza nel rispondere a tali richieste. Viene chiesta la priorità nell’effettuare il servizio di garanzia e la reperibilità di materiali top di gamma nell’arco della stagione vendite.»
Qual è il suo ruolo in Bmc e di cosa si occupa precisamente? «Il mio ruolo è quello del key account manager Italia, in buona sostanza sono il volto dell’azienda, a contatto con il dealer/ concessionario di Bmc». Nel panorama ciclistico, lei peraltro non è un volto anonimo… «In effetti ho corso per due anni da professionista, con il team Amore&Vita. Mi sono poi dedicato per sei anni alle Granfondo, prediligendo le gare a tappe in Sud America e mentre ero in attività collaboravo con aziende produttrici e che distribuivano il carbonio».
Andrea Gurayev
È con Bmc da quattro anni, ma quanto è importante provare le biciclette, nel lavoro che svolge? «Direi che è fondamentale. Sin dal progetto iniziale, con i productor manager nella sede di Grenchen, abbiamo la possibilità di confrontarci, testando direttamente insieme le biciclette, con uno scambio serrato di feedback che ci giungono anche dal team Pro Tour e dal team Mtb. Ciò aiuta lo sviluppo e consente quindi di realizzare una
zione a lasciare ampi spazi geografici, onde garantire il massimo respiro alla vendita e dall’altra parte la fidelizzazione del cliente finale al marchio Bmc-Stromer Bergamont.»
nuovi concetti che sottendono al prodotto, all’utente, vale a dire ai dealer e, di conseguenza al cliente finale.» Qual è il punto di forza di Bmc? «Indubbiamente l’alta qualità, l’esperienza e l’affidabilità di un’azienda hi-tech che mantiene uno sguardo ben rivolto al futuro, ma che non perde di vista l’attenzione verso il dealer. Da questo punto di vista, cerchiamo la fidelizzazione del cliente, in maniera tale da sviluppare un lavoro mirato alla sua soddisfazione. Nel contempo, si fa molta atten-
Qual è la novità che funziona maggiormente in questo 2012? «Sicuramente il top di gamma Impec-SLR01 GF01, è tra i più richiesti, anche se un prodotto di nicchia. Dall’altra parte c’è molta attesa e molte aspettative per la nuova gamma alle porte che presenta telai sempre più aerodinamici con geometrie che garantiscono la massima penetrabilità dell’aria. Sono telai testati e realizzati nella galleria del vento e nel New Velodromo di Grenchen e che presentano materiali sempre più all’avanguardia carbon hi-tech, testati in primis da professionisti del calibro di Cadel Evans, Gilbert, Ballan. Questi campioni di indiscussa fama, hanno messo a disposizione la loro esperienza nel realizzare nuove piattaforme, per far sì che anche l’utente finale possa pedalare su bici nate dal e per il reparto corse, registrate e ufficializzate con l’approvazione Uci, fino ad arrivare nelle vetrine dei nostri dealer/punti vendita.»
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GRANFONDO del Monte Peglia a cura di Andrea Passeri
Nikandrov e Cecconi DOMINATORI DELLA GARA Dmitry Nikandrov della Val di Foro Kyklos e Irene Gemignani dell’As Roma Ciclismo vincono nel percorso lungo, mentre Matteo Cecconi del Team Terenzi e Manuela Rinaldi del New Team Essebi si impongono in quello corto. Sono questi i verdetti della 4^ Granfondo del Monte Peglia-8° Trofeo il Presidente, organizzata a Marsciano (PG) dalla Marsciano Bike, Domenica 26 agosto. La manifestazione era prova del Circuito Umbria Green Cycle e del Campionato regionale Fondo e Mediofondo Fci. Quest’anno era prevista anche la PegliaLonga: partenza libera su entrambi i percorsi. Il via agonistico è stato dato alle 8,30 dal Parco Ammeto dal presidente della Federciclismo umbra Carlo Roscini. Nella granfondo l’epilogo è sotto il diluvio. A giocarsi la vittoria allo sprint in leggera salita sono due atleti: Dmitry Nikandrov della Val di Foro Kyklos e Davide D’Angelo della Mg.K.Vis Gobbi Lgl Miche. A spuntarla è il corridore russo. Per lui è l’ottavo sigillo di stagione. In campo femminile successo per Irene Gemignani dell’As Roma Ciclismo. La mediofondo viene decisa da uno sprint in leggera salita disputato da un ristretto drappello di atleti. A vincere è il laziale Matteo Cecconi del Team Terenzi. Per lui è il sesto successo stagionale. In campo femminile si impone Manuela Rinaldi del New Team Essebi.
E dopo la fatica via con il pasta party, organizzato al Parco Ammeto in collaborazione con la 16^ Festa dei Primi Piatti di Ammeto: antipasto con bruschette, prosciutto e melone e poi due primi, crostate alla marmellata di varie qualità e frutta di stagione. Ricche anche le premiazioni: oltre alle maglie appositamente realizzate per gli assoluti dall’azienda Pissei, cesti realizzati con prodotti esclusivamente umbri (vino, birra, salumi, lenticchie e miele).
Ordine d’arrivo maschile granfondo: 1) Dmitry Nikandrov (Val di Foro Kyklos), 2) Davide D’Angelo (Mg.K.Vis Gobbi Lgl Miche), 3) Emanuele Marianeschi (Gs Hotel Ristorante Peppe e Rosella Maté), 4) Peter De Cupis (Bicimania La Base Terni), 5) Romano Neri (Prestigio Royal Team)
La manifestazione faceva parte di Respira lo Sport, campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi della Lega italiana Fibrosi Cistica Onlus. Per chi è affetto da questa malattia è fondamentale condurre uno stile di vita sano, abbinato ad una corretta attività sportiva e fisiorespiratoria. Proprio per questo la Lega italiana Fibrosi Cistica Onlus ha dato il via a Respira lo Sport, che prevede un ricco calendario di eventi sportivi a livello nazionale, tra cui era stata inserita la Granfondo del Monte Peglia.
Ordine d’arrivo maschile mediofondo: 1) Matteo Cecconi (Team Terenzi), 2) Gregory Bianchi (Bikeland Team Bike 2003), 3) Nicola Roggiolani (Dynamis Biking Team), 4) Danilo Sensi (Timebike), 5) Davide Caroti (Tondi Spoleto)
Ordine d’arrivo femminile granfondo: 1) Irene Gemignani (As Roma), 2) Gabriella Asci (idem), 3) Gloria Ragagli (Team Maggi Off Road).
Ordine d’arrivo femminile mediofondo: 1) Manuela Rinaldi (New Team Essebi), 2) Valentina Battisti (World Truck Team), 3) Silvia Di Paola (Gc AAMPS 2009), 4) Roberta Chiappini (Gc Bevagna), 5) Debora Morri (Medinox).
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Una Granfondo per FRW Il 14 ottobre a Ravenna, il debutto targato Team Rossetti e Freewheeling. L’evento, inserito in una due giorni dedicata al ciclismo, è prova conclusiva del Romagna Challenge e del Brevetto dell’Appennino
L’Asd Team Rossetti, in collaborazione con la Freewheeling, organizza a Ravenna il 14 ottobre, la prima edizione della Granfondo Frw. Intitolata al marchio di biciclette tutto ravennate, la competizione ha l’ambizione di divenire una classica di fine stagione nel panorama granfondistico italiano. Il Team Rossetti, dal canto suo, come frequentatore di granfondo, pone al servizio della buona organizzazione della gara, la sua esperienza, al fine di soddisfare il sempre più esigente popolo del pedale. Ecco quindi che già dall’orario di partenza vi è un occhio di riguardo per chi giunge da fuori località: fissato alle 10 del mattino, questo permetterà anche a chi approda alla manifestazione nella giornata stessa di gara, di arrivare con una certa calma. Quanto alla scelta dei percorsi, questa è ricaduta su itinerari che sono per il team ravennate, una sorta di palestra d’allenamento con salite poco conosciute ai ciclisti provenienti da fuori territorio, ma che costituiscono indubbiamente un percorso tecnico e divertente. La gara sarà evento conclusivo di una due giorni dedicata al ciclismo che vedrà il sabato una cronometro femminile e due convegni (CoScienza Sportiva e Oro Nero) nella sede di Freewheeling (Zona artigianale, Fornace Zarattini di Ravenna) che in quei giorni celebrerà il tradizionale evento annuale “Porte Aperte” con la possibilità di vedere da vicino biciclette e accessori dell’orbita Frw. La Granfondo Frw è anche prova conclusiva di due differenti circuiti regionali: il Romagna Challenge e il Brevetto dell’Appennino, per
Il panorama romagnolo dalle colline di Bertinoro ( FC )
i quali alla conclusione delle gare ci saranno le premiazioni per le classifiche finali. Inoltre il percorso corto sarà valevole come prova del Campionato Erba Vita Udace/Acsi. Entrando nel merito dei tracciati, partenza e arrivo per entrambi i percorsi (corto 111 km, dislivello 950m e lungo di 136, dislivello 1600m) a casa Frw, in zona Fornace Zarattini a Ravenna, per poi portarsi verso la collina e la prima salita, con la divisione dei percorsi a Meldola: si toccheranno Teodorano, Rocca delle Caminate, Montevescovo, Predappio, Castrocaro, Terra del Sole, fino alla panoramica offerta dallo strappetto dei Sabbioni che permette di spaziare con lo sguardo fino al mare. Poi si torna in territorio ravennate per gli ultimi chilometri, fino all’arrivo. Per coccolare i ciclisti dopo la faticaccia, sarà allestito un pasta party, nonché un servizio massaggi grazie allo Staff del Ravenna Medical Center e del noto fisioterapista Max Foschini e ci sarà un valido servizio docce, il tutto corredato dal servizio parcheggio bici. Il regolamento completo della manifestazione, insieme alle news sempre aggiornate, può essere consultato all’indirizzo www.granfondofrw.it. Peraltro si richiede il mantenimento di un comportamento corretto e rispettoso verso la propria salute, quella degli altri e la natura e chi verrà sorpreso a gettare cartacce a terra, sarà squalificato. Il Team Rossetti è peraltro impegnato nella sensibilizzazione del movimento, ribadendo in questa occasione l’impegno alla pulizia a 360° nella propria attività, mediante il progetto “CoScienza Sportiva” (www.teamrossetti.it).
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info@keforma.com
INTEGRATORI PER CAMPIONI a cura del CENTRO RICERCHE KEFORMA
OMEGA 3
Cosa sono gli omega 3 Sono Acidi grassi polinsaturi essenziali EPA Acido Eicosapentaenoico DHA Acido Docosaesaenoico Omega 3 Acidi Grassi “essenziali” Una molecola viene definita essenziale quando il corpo non è in grado di sintetizzarla da solo e la deve assumere con l’alimentazione, esattamente come avviene per le vitamine e i sali minerali.
• Agiscono sul microcircolo (utile per cellulite ed edemi). Omega da trigliceridi o da etil-estere? Pochi conoscono la reale differenza tra le due forme con cui viene somministrato l’olio pesce. È prassi “popolare” considerare gli omega 3 derivati da trigliceridi di origine naturale, mentre quelli etil-estere di sintesi. Come spesso accade alle credenze popolari, queste vengono smentite dal metodo scientifico, che analizza in maniera analitica ed empirica il fenomeno e non considera opinioni e sentimenti soggettivi. Gli Omega 3 che troviamo in commercio vengono prodotti con un processo di produzione denominato MULTI-STEP. Fasi di lavorazione MULTISTEP
Dove si trovano gli Acidi grassi essenziali? • Nell’organismo tutte le cellule sono racchiuse da una membrana composta da Fosfolipidi e Acidi grassi essenziali da cui dipende la funzione vitale (Barriera selettiva di regolazione), la regolazione ormonale e la comunicazione con le altre cellule. • In natura gli acidi grassi essenziali sono contenuti in elevate concentrazioni nel pesce azzurro. Funzioni degli omega 3 • Evitano l’accumulo dei grassi più pericolosi, trigliceridi e colesterolo, sulle pareti arteriose, bloccando l’indurimento dei vasi. • Aumentano in modo significativo la funzione delle prostaglandine: modulano la risposta alle flogosi. • Proteggono il sistema cardiovascolare: il sangue, reso più fluido dall’assenza dei grassi “cattivi”, circola meglio, facendo funzionare bene il cuore e allontanando il rischio di malattie cardiocircolatorie. • Attenuano le reazioni infiammatorie sia acute che croniche e il dolore che da essi ne deriva. • Favoriscono la vitalità delle cellule del sistema nervoso centrale, con funzione adattogena. • Aumentano le difese immunitarie e in particolar modo le difese della pelle. (elasticità, tono, idratazione).
1) Deodorizzazione 2) Etilazione (trasformazione in EE) 3) Distillazione molecolare e ulteriore concentrazione 4) Frazionamento (rimozione grassi saturi) 5) Decolorazione Con questo sistema si ottengono Omega 3 in forma etil-estere. Per ottenere la forma trigliceride è necessario compiere un’ulteriore lavorazione molto costosa, denominata Riesterificazione. Questo processo viene svolto quotidianamente anche dal nostro organismo, attraverso il fegato. La trans-esterificazione è un comune processo biologico svolto dalla ghiandola epatica. Le due forme con cui vengono commercializzati gli oli di pesce risultano praticamente simili dal punto di vista dell’assimilazione. A sopporto della equivalenza di biodisponibilità e biofunzionalità si riporta uno studio effettuato in doppio cieco presso “Department of Medicine, Oregon Health Sciences University, Portland”. In un campione di normolipemici, ogni soggetto ha ricevuto un pasto di prova, contenente 28 g di acidi grassi sotto forma di: 1) trigliceridi 2) etil-estere 3) ester-etilici da olio di oliva Il controllo conteneva olio d’oliva.
Quando è stata somministrata la quantità equivalente di acidi grassi attraverso i pasti, l’aumento di concentrazione di chilomicroni e trigliceridi plasmatici è risultata simile; gli acidi grassi contenuti erano simili dopo la somministrazione di etil-esteri o trigliceridi. Gli etil-esteri sono stati ben assorbiti e hanno prodotto simili risposte a livello di trigliceridi plasmatici e chilomicroni, risultando in certi fasi nettamente migliori dei trigliceridi. Anche dopo 24 ore gli acidi grassi assimilati dai pasti, sono risultati avere una concentrazione plasmatica simile. Questo studio ha mostrato che gli acidi grassi da olio di pesce, introdotti come ester etilici o trigliceridi sono ugualmente ben assorbiti.
Perché Omega 3 XXL • 1200 mg per perla • Altissima concentrazione
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LANCIANO E IL CICLISMO 360° NEL MONDO DELLA BICI A LANCIANO IL CICLISMO E LA BICICLETTA PROTAGONISTI PER DUE GIORNI.
360° nel mondo della Bici. È quello che proporrà BICIAMO la prima fiera dedicata al mondo della bicicletta in Abruzzo. Un evento unico dove poter toccare con mano, testare e acquistare l’oggetto dei desideri, ma anche assistere a manifestazioni, convegni, e partecipare alle iniziative e prendere parte alle esibizioni live. Una fiera di bici in Abruzzo è una novità assoluta nel panorama delle esposizioni dedicate alla bicicletta, al ciclismo e ai ciclisti. L’Italia centro meridionale vanta un mercato dai numeri in continua crescita ma carente di eventi e manifestazioni fieristiche in grado di soddisfare la voglia di novità da parte degli appassionati.
Oltre ad essere esposte Mountain bike, bici da corsa, da città, la Fiera avrà anche delle Aree dedicate a settori come l’abbigliamento e gli accessori, la meccanica, il Fitness, l’Alimentazione per sportivi, l’Editoria specialistica. Ampio risalto sarà dato alle ultime novità riguardanti le bici elettriche. Un evento unico, per gli appassionati di ciclismo dell’Abruzzo e non solo che ha già sulla lista delle presenze confermate negozi storici e aziende del settore come: BEVILACQUA SPORT, TOP BIKE, DIGIOTEK BIKE, CICLI FALASCA, CICLI DI STEFANO, DI RENZO, BICI MANIA, CICLI CASALANGUIDA, ECOCITYCAR, SANGRO BIKE, ed inoltre i visitatori potranno ammirare i prodotti di aziende importanti del settore come BMC, TREK, CIPOLLINI, FOCUS, BIANCHI, ORBEA, DT SWISS, FULCRUM, GARMIN, KTM, PINARELLO, RIDLEY, OAKLEY, POLAR, CAMPAGNOLO, BONTRAGER, SIDI, ZIPP, SELEV, SALICE, AMBROSIO. L’attenzione della Fiera sarà rivolta soprattutto alle società ciclistiche che solo in Abruzzo sono oltre 150 con migliaia di iscritti, vera anima della nostra regione mettendo loro a disposizione la professionalità e la competenza degli espositori.
Una veduta panoramica dei dintorni di Lanciano (CH)
BICIAMO si svolgerà presso l’Ente Fiera Lanciano in provincia di Chieti i prossimi 20 e 21 ottobre dove gli appassionati potranno trovare 8.000 mq. di pura passione e divertimento in tutte le sue sfaccettature: Freestyle, Mountain Bike, BMX, Bici da Corsa, con un padiglione di mq. 3.500 con mini circuiti dedicato a show, prove dal vivo e dimostrazioni. L’Ente Fiera è raggiungibile dall’Aeroporto di Pescara in soli 20 min d’auto, da Roma, percorrendo la A25 in circa 2 ore e da Ancona in 90 minuti, da Bari in 2 ore. Tutto ciò cattura l’interesse degli operatori del settore di tutto il Centro Sud Italia ed inoltre i visitatori avranno a disposizione circa mq. 20.000 di parcheggio interno fiera gratuito e convenzioni con Hotel e ristoranti della zona.
Inoltre nei due giorni di Fiera verranno organizzati eventi e manifestazioni collaterali come ad esempio 4 sedute di spinning foto OLIVIER JULES - GNUFDL con la SPINNING ITALIA, che delizieranno gli appassionati con sessioni mattutine e pomeridiane. Molto interessante sarà assistere alla fase finale del “Pinocchio in bicicletta”, il programma della Federazione Ciclistica che si propone l’avvio all’uso della bicicletta per i più piccoli, e che vedrà impegnati i bambini nella prova pratica di educazione stradale all’interno di un circuito prestabilito. Le novità su BICIAMO non finiscono qui: per rimanere sempre aggiornati su tutti i progetti, incontri e gli altri eventi in programma basta collegarsi al sito internet www.biciamo.it oppure contattare la pagina Facebook omonima che verrà sempre aggiornata e da dove potrete acquisire informazioni utili sulla manifestazione.
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TRIATHLON OLIMPICO a cura di Ivan Risti - Sport Time
Hyde park si illumina per il triathlon La quarta edizione della triplice ai giochi olimpici La prima giornata è sabato 4 agosto, alle 9 della mattina vanno in scena le donne. La seconda è martedì 7, quando alle 11.30 ci sono gli uomini. Si nuota nella Serpentine, il laghetto che caratterizza lo storico parco londinese, per poi affrontare sette giri passando per Bukingham Palace e l’arco di Wellington, gli ultimi 10 km su quattro giri sono intorno al lago. Impressionante la cornice di pubblico, anche perché tra i favoriti ci sono proprio 3 ragazzi inglesi: i due fratelli Brownlee, dominatori della scena internazionale maschile, e Helen Jenkins, campionessa del mondo e vincitrice della pre olimpica l’anno precedente. Gli azzurri in gara sono tre: due uomini e una donna. Anna Maria Mazzetti, Fiamme Oro, è la più forte esponente italiana del triathlon olimpico e si è qualificata grazie al suo ottimo rendimento nel circuito mondiale. Tra gli uomini il Carabiniere Alessandro Fabian, qualificato ormai da tempo grazie alle costanti e positive prestazioni nelle prove di World Series, infine Davide “Uccio” Uccellari, Fiamme Azzurre, il più giovane della prova Londinese, qualificato negli ultimi mesi grazie ad alcuni risultati di punta, come il secondo posto in Coppa del Mondo dello scorso aprile. Alessandro Fabian foto Delly carR / ITU media
Le donne La gara femminile si avvia con la giovane inglese Lucy Hall a dettare il ritmo, lei che era stata convocata proprio per fare da gregaria alla favorita Jenkins. I distacchi nel nuoto non sono esagerati, probabilmente l’utilizzo della muta (temperatura dell’acqua inferiore ai 20° C) ha limitato i distacchi tra le forti nuotatrici e le meno avvezze a questa frazione. In bici si forma quasi subito un gruppo con 22 atlete. Ci sono alcune delle favorite: Jenkins, Densham (AUS), Spirig (SUI), Norden (SVE),Hewitt (NZL). Ma dietro sono staccate altre atlete in grado di giocarsi il podio, compresa la nostra Anna Maria, che però è quasi subito coinvolta in una caduta che purtroppo le compromette una buona gara. Il gruppo di testa tiene alta l’andatura per tutti i 40 km del percorso intorno ad Hyde Park. L’intento è scontato: mantenere a distanza le inseguitrici per evitare il rientro delle forti podiste. Si arriva alla seconda transizione con il gruppo di testa compatto e le inseuitrici a più di un minuto. Partono subito forte le favorite. Il gruppetto di testa corre unito fino a superare i 5 km, poi una ad una si staccano, per prima è proprio la padrona di casa Jenkins a subire il ritmo imposto da Norden e Spirig, poi si stacca anche la Hewitt e l’americana Sarah Groff. Resta un gioco a tre con la Spirig che sembra averne di più. Il traguardo si avvicina e la volata sembra dover decidere il podio. Ai trecento metri la Spirig parte guadagnando qualcosa, il suo cambio di ritmo lascia la Densham legermente staccata, mentre Lisa Norden reagisce e gli ultimi 100 metri sono un testa a testa appassionante. È fotofinish! Norden o Spirig? La svizzera era in testa di poco, ma negli ultimi metri le due sembravano davvero appaiate. La foto decreta vincitrice Nicola Spirig, seconda è Lisa Norden e terza Erin Densham. Incredibile e appassionante l’arrivo che dopo due ore di gara vede l’oro e l’argento classificate con lo stesso tempo e con soli pochi centesimi a dividerle. Finisce al 46° posto Anna Maria Mazzetti tradita dalla caduta in bici. Per lei resta la soddisfazione immensa del sogno olimpico. E il tempo per conquistare un’altra gara a cinque cerchi, vista la sua giovane età (24).
Top 10 donne 1.
Nicola Spirig
SUI
01:59:48
2.
Lisa Norden
SWE
01:59:48
3.
Erin Densham
AUS
01:59:50
4.
Sarah Groff
USA
02:00:00
5.
Helen Jenkins
GBR
02:00:19
6.
Andrea Hewitt
NZL
02:00:36
7.
Ainhoa Murua
ESP
02:00:56
8.
Emma Jackson
AUS
02:01:16
9.
Jessica Harrison
FRA
02:01:22
10.
Kate McIlroy
NZL
02:01:28
Uomini Quasi lo stesso copione tra gli uomini. Il nuoto viene da subito impostato su ritmi altissimi. Nel quintetto di testa c’è Varga (SVK) che detta il ritmo, seguito da uno dei super favoriti, lo spagnolo Javier Gomez, con loro anche il nostro Ale Fabian e i due fratelli Brownlee. Si formano tre gruppi, il primo inseguitore è di circa 20 atleti, poi uno di 30, in quest’ultimo si trova anche Davide Uccellari. All’uscita dalla prima transizione il quintetto di testa se ne va senza voltarsi. Si guardano per pochi secondi e capiscono di avere l’opportunità concreta di fare la differenza. Fabian c’è. I cinque spingono a fondo, ma quando dietro riescono ad organizzarsi, il vantaggio di 50” inizia a calare. Dopo 15 km circa vengono ripresi. Il nostro Ale rimane protagonista mantenedosi nella testa del gruppo che però ora conta più di 20 atleti tra cui il campione in carica Jan Frodeno (GER). Come nella prova femminile si tira a fondo per evitare il rientro degli inseguitori tra cui ci sono alcuni podisti forti che potrebbero inserirsi nella lotta per i primi posti.
foto Delly carR / ITU media
Alessandro Fabian
La seconda transizione è spettacolare e la partenza per i 10 km di corsa è su ritmi elevatissimi. I fratelli Brownlee, Alistair e Jonathan dettano il ritmo, solo Gomez tiene, mentre dietro i francesi Hauss e Vidal, Frodeno, Brukhankov (RUS) e Riederer (SUI) perdono qualche metro. Si capisce subito che gli inglesi vogliono “ammazzare” gli avversari nei primi chilometri. Gomez regge, il passaggio ai 5000m è da record, 14’25”. Il primo a cedere però è Jonathan, sfiancato dall’andatura imposta dal fratello maggiore. Il giovane inglese deve poi scontare anche 15” di penalty causa un errore in transizione. Javi Gomez stringe i denti ma a 3 km dalla fine inzia a cedere. Si stacca di qualche metro, ma non molla. Per Alistair è oro con gli ultimi metri in passerella a festeggiare con i 100.000 di Hyde Park che lo acclamano. Javier Gomez arriva a 11” conquistando l’argento, preziosa medaglia per lui che nel 2008 partito come favorito finì quarto. Jonathan arriva terzo, nonostante i 15” di stop&go. Ma la gara da seguire per noi è anche quella di Ale Fabian. Il padovano corre forte, non molla un metro agli avversari e conquista un’ottimo decimo posto. Bravo Ale! Anche Uccio si difende con un 29° posto che non è male per il più giovane in gara. Ha ancora tempo per crescere e puntare a essere protagonista.
Top 10 UOMINI 1.
Alistair Brownlee
GBR
01:46:25
2.
Javier Gomez
ESP
01:46:36
3.
Jonathan Brownlee
GBR
01:46:56
4.
David Hauss
FRA
01:47:14
5.
Laurent Vidal
FRA
01:47:21
6.
Jan Frodeno
GER
01:47:26
7.
Alexander Bryukhankov
RUS
01:47:35
8.
Sven Riederer
SUI
01:47:46
9.
Joao Silva
POR
01:47:51
10.
Alessandro Fabian
ITA
01:48:03
Qualche notizia interessante Javier Gomez, Ailstair Brownlee e Jonathan Brownlee
Australia sempre a podio: in quattro edizioni è sempre medaglia tra le donne. Argento nel 2000, argento nel 2004, oro e bronzo nel 2008, bronzo nel 2012. Spirig d’acciaio: la svizzera aveva partecipato meno di due settimane prima a un Ironman 70.3 ad Anversa, prova su distanze 1.9 nuoto – 90 bici – 21 corsa. Ovviamente ha vinto. Alistair vola: il vincitore della prova maschile ha coperto i 10 km di corsa in 29’07” (compresi ultimi metri di passerella a rallentatore). Poco più di 1’30” di distacco dal campione Olimpico Mohamed Farah, solo che Alistair prima ha nuotato 1500 m e pedalato 40 km. Non male. Svizzera in testa al medagliere: 2 ori (2000 e 2012) e 2 bronzi (2000 e 2004) è la nazione più medagliata nel triathlon insieme all’Australia, che però ha vinto un solo oro.
foto Delly carR / ITU media
brina@gocom.it
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NOVITà DaI PRODUTTORI a cura di NICOLETTA BRINA
Carnosina, l’alleata del ciclista Dall’accordo tra Sixs e Lvm Tecnologies nasce Osmosixs: il principio attivo, grazie all’osmosi, aumenta il suo assorbimento e rallenta la produzione di acido lattico. Più riposato lo sportivo, più positiva la prestazione
Che l’abbigliamento sia sempre più di ausilio ad una miglior prestazione sportiva, è ormai cosa nota, ma in questi ultimi anni, anche l’industria del “pret à porter” ciclistico si è evoluta sempre più in termini di materiali, linee e, soprattutto ritrovati tecnici. Ecco quindi che una banalissima (si fa per dire) maglia da intimo per il ciclista, diviene vettore principale e per osmosi di sostanze che permettono di combattere il nemico più ostico dello sportivo, ossia la fatica. Dalla Sixs, e dalla sua esperienza nel campo dell’abbigliamento, e grazie all’accordo con Lvm Technologies, nasce Osmosixs. A spiegare di cosa si tratti, Marco Dall’Olmo, responsabile di Sixs. A fine luglio è stata presentata questa nuova linea di abbigliamento, qual è la novità? «Si tratta di un ausilio per lo sportivo nel migliorare l’efficacia delle sue prestazioni. Sixs fabbrica abbigliamento e utilizzando la nostra esperienza nel settore, insieme alla tecnologia Lvm, Marco Dall’Olmo Manager di Sixs presenta Osmosixs
abbiamo creato capi che hanno inserito nella loro struttura tessile un film molecolare che è in grado di fornire con costanza e al posto giusto e, soprattutto nella quantità richiesta, il principio attivo. In questo caso, si tratta di carnosina che è l’antagonista dell’acido lattico.» Cos’è la carnosina? «È un principio attivo presente nel nostro sangue sin dalla nascita, poi il tasso, durante la crescita, si riduce sempre più e quindi ristabilendo il picco di saturazione riportiamo alla fase giovanile lo stato della persona. In pratica questo nuovo materiale permette di rallentare la produzione di acido lattico e quindi migliora la prestazione sportiva.» Quale effetto ha la carnosina applicata tramite i capi Osmosixs? «Il fatto è che la carnosina quando viene assunta per via orale, permette un ridottissimo assorbimento da parte dell’organismo, circa
l’8-10 per cento. Per via trans-dermica invece viene assorbita dagli strati più profondi dell’epidermide, in quantità maggiore e già localizzata. Dunque, indossare i nostri capi – e di volta in volta ricaricarli – permette di saturare il sangue dell’atleta, combattendo quindi l’acido lattico. Peraltro la carnosina non è sostanza dopante, ma permette di poter allungare per così dire la prestazione dal punto di vista dello sforzo e consente un recupero più rapido. Il film molecolare ha infatti il vantaggio di permettere l’assorbimento della sostanza per via osmotica e, va sottolineato, che il brevetto l’abbiamo acquisito da una società che opera in campo biomedico, quindi l’efficacia è comprovata da studi medici.» Che significato ha la collaborazione con Lvm? «Lvm è il detentore del brevetto ed è il laboratorio che ha sviluppato questa scoperta. Abbiamo così potuto realizzare un test con capi trattati per verificare su di un campione di atleti e su esercizi in bicicletta se effettivamente c’era un miglioramento della prestazione ed il risultato è stato positivo.» Le applicazioni valgono solo per il ciclismo? «Assolutamente no, il materiale si può applicare in qualsiasi sport, certo è che il ciclista, proprio per la tipologia di sforzo cui si sottopone, evidenzia maggiormente le caratteristiche del nostro prodotto e questo aiuta ad arrivare più freschi al termine dell’attività in bici. Le nostre maglie hanno peraltro delle zone di rilascio su avambracci e bicipiti, i gambali invece su coscia e polpaccio, inoltre disponiamo di una calza che ha la pianta del piede con questi innesti, ciò permette di effettuare applicazioni sia durante l’esercizio, ma anche in fase di riposo, per esempio quando si dorme.»
andigio@alice.it
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INBICI PER IL MONDO a cura di ANDREA PELO DI GIORGIO
La potenza della sfida Quella sensazione che ti scatta dentro non appena un tuo senso ne percepisce l’entità
Nemmeno il tempo di valutare, di studiare come dove e quando che qualcosa dentro è variato e ti ha già detto: - Ci sarai !!! Così nasce un pensiero nuovo, che si crea un suo spazio e sarà presente giornalmente dentro di te aumentando l’intensità con l’avvicinarsi del momento. Pensiero In stretto contatto col cuore di cui ha la capacità di variare la velocità e l’intensità del battito. È emozione vera, pura e limpida. Ero ancora deluso per non esser stato selezionato, per il secondo anno consecutivo, alla Bad Water quando mi arriva una mail dal patron della NoveColli Running Mario Castagnoli. «Giovedì 17 maggio 20 km di nuoto Venerdì 18 maggio NoveColli Bike Sabato/Domenica 19/20 maggio NoveColli Running» Il tempo di un respiro e dentro era già cambiato tutto.
Una sfida, una sfida per pochi (non importava la non ufficialità- solo il Running lo era), un qualcosa che mi proiettava ancora una volta in una dimensione misteriosa dalla quale non sai mai come e se ne uscirai finisher. Iscritto, ero dentro a quel recinto immaginario che per i mesi a venire avrebbe tenuto dentro di se la mia mente producendo dubbi, incertezze e regalandomi emozioni. 20 km di nuoto lunghi e sicuramente distruttivi/alienanti se fatti (come abbiamo fatto) indossando la muta con l’acqua a 28°. Le 800 vasche da 25 metri non sono un problema, ci si abitua a fare su e giù e diventano anche mentalmente utili oltre che offrire un riposo più riposante quando si decide di fermarsi per mangiare/bere; non lo sono neanche i 20 km in fondo, certo come in tutti gli sport la fatica si fa e provocherà dolori, indolenzimenti vari ma in fondo l’abitudine a tenere il corpo in movimento c’è. L’effetto “distruzione” verrà fornito dai crampi che dai 5.000 metri in poi saranno presenti e costanti su tutta la parte inferiore del corpo. Polpacci, dita, arcata plantare… una tragedia continua, che pian piano non ti permetterà neanche di darti la spinta da bordo vasca. A nulla varranno gli oltre 8 litri di liquido reintegrante/recupero più altre bevande, compresa l’acqua della piscina (bevevo anche quella), incamerate durante le mie oltre 7 ore di nuoto. La lotta era divenuta mentale, attenzione, giochi, astuzie comportamentali, pensiero positivo tutto era valido purchè permettesse di combatterli senza ricorrere ad aiuti esterni e quindi doversi fermare. Il tempo passa inesorabilmente, è l’unica una certezza, si tratta solo di trovare la strada giusta per lasciarlo passare nella maniera più scivolosa e meno dolorosa possibile. 17 minuti dopo le 7 ore arriva, accompagnata da un gran sorriso, la fine della mia prova natatoria mentre 47 minuti dopo le 7 ore riesco ad alzarmi dalla mia posizione di atleta, con la muta, steso sul pavimento con le gambe appoggiate in alto. L’uscita e la prima mezz’ora fuori dall’acqua confermavano la durezza della prova consegnandomi un fisico provato. - Non sono state facili. Il riposo e il reintegro a riposo diventa una parte basilare per l’affrontare in buono stato fisico e mentale lo sforzo della giornata successiva. Così dopo una buona cena una serata rilassante mi accompagna ad un sonno tranquillo, con il grande vantaggio di essere a casa mia, tra le mie cose, con i miei cani e soprattutto dormire nel mio letto. È buffo il pensare di come la NoveColli Bike, la rinomata gran fondo con le sue nove salite impegnative fosse, in questa sfida, la prova di recupero/“riposo”. Così doveva essere, non aveva nessun senso “sradicarsi” le gambe per andare forte in quella giornata e rischiare di patire le pene dell’inferno o saltare nei giorni successivi. Tutti sapevamo cosa significa affrontare la NoveColli Running, tutti avevamo già provato la sofferenza di quell’ultramaratona.
Puntuale 7.30, dal porto di Cesenatico, con un meteo favorevole la giornata ciclistica prende il via supportata da un auto di accompagnamento. La differenza in quella giornata ciclistica l’avrebbero fatta in tempi di riposo/recupero che gentilmente ci concedevamo dopo aver affrontato le salite, specialmente nella seconda parte. Del resto, per quanto si possa andare piano o prenderla sottogamba, rimane pur sempre la NoveColli e la muscolatura delle gambe e del resto del corpo avrebbero comunque registrato la fatica fisica. L’aspetto mentale era sicuramente la diversità più importante, il vivere “bighellonando” quella giornata ha fatto sì che si potesse paragonare la prova ad un uscita tra amici (come del resto siamo) che durante un allenamento lungo parlano ridono e scherzano tranquillamente (nella giornata precedente era un po’ più complessa visto che la testa rimaneva per la maggior parte del tempo sotto al pelo dell’acqua) Uno dopo l’altro i temibili NoveColli sono scivolati sotto le gambe riportandoci quasi tutti (purtroppo Alfiero è stato vittima di una caduta che lo ha messo fuori gioco) a Cesenatico dopo 11 ore e 02 minuti (oltre un ora di sosta nell’incidente ). Stanco fisicamente (sempre 11 ore sono) ma fresco mentalmente per la leggerezza di quella giornata piena di allegria mi preparavo al meritato riposo e reintegro con un 2 su 3 che rappresenta sempre un ottimo potere sulla mente pur sapendo benissimo che il duro sarebbe arrivato dal domani Alle ore 12,00 dal porto di Cesenatico, dopo i convenevoli delle grandi occasioni, il classico colpo di pistola ufficializza la partenza della NoveColli Running ultramaratona su strada più dura d’Italia e sicuramente una tra le più dure al mondo. 163 gli sfidanti, ognuno col suo obiettivo, ognuno col suo traguardo in testa, tutti con il sorriso sul viso. La mia condizione di pre-gara era buona, mi sentivo bene sia fisicamente che mentalmente, certo attanagliato dai dubbi su come avrei reagito alle fatiche dei giorni prima ma in fondo una buona sensazione che si rivelò, ahimè, non azzeccata appenda dopo 500 metri di corsa. Il respiro era corto, l’escursione dei muscoli addominali/toracici breve ed ero costretto ad un respiro quasi affannato per stare dietro alla mia corsa lenta. Difficile non farsi minare la testa con brutti pensieri e supposizioni ma ho imparato che, nelle ultra, tutto può succedere e come, a volte, gare partite con impressioni favolose si sono trasformate in “tragedie” poteva succedere anche l’inverso questo oltre alla considerazione che il ritiro dalla competizione è l’ultima possibilità possibile dopo l’ultima. Testa bassa e avanti imponendomi uno stato di concentrazione iniziale molto più dispendioso e forte del solito. Isolato da tutti anche se mi trovavo tra molti altri, pochi scambi di parole e più distante dal mio ruolo di “show man”. Questa è stata la cura, la tecnica iniziale che mi ha portato ad arrivare al secondo start (quello dove non ci sono più le auto che controllano il ritmo) in ritardo di qualche minuto e permesso di ripartire solo con me. Poi sono iniziati i giochi mentali, il guardare tutto e tutti, l’ imprimere nella mente gli avversari, i loro modi di affrontare le parti in salita piuttosto che in discesa, il cercare di capire se il ritmo di quella persona sarebbe durato ne tempo o meno, imparare a conoscere l auto degli accompagnatori dei miei “avversari” in modo da poter avere un parametro di distanza e un sacco di altri giochi impegni mentali che pian piano mi hanno portato via da quello stato di tensione causato dall’affaticamento respiratorio (residuo delle fatiche precedenti) restituendomi un Andrea Pelo di Giorgio in una condizione stupenda. Andrea che sentiva si tutta la fatica ma con una forza di reazione e resistenza al dolore fisico provocato dalle tante ore si sforzo fisico sopra ai livelli pensati.
Andrea Pelo di Giorgio (7 h 17’ – 11 h 02 – 26 hh 56’)
La mente soprattutto lei che, grazie ad una forte motivazione, imponeva ordini al fisico gestendo poi tutto il sistema dolori, fatica ecc. ecc. Il cambio di ritmo nella seconda salita verso Pieve di Rivoschio, prima il momento in cui ti rendi conto di non aver più quella sensazione di malessere poi la bellissima sensazione fisica che si avvia ad una sorta di lenta ma proficua cavalcata trionfale. La preziosa assistenza degli amici cari con i quali ho riso e scherzato per molto tempo sono la prova che in poco tempo tutto era cambiato dentro di me ed avevo in pugno le sorti di quella competizione pur essendo ancora tanto distante la linea di finisher. Da quella seconda salita mai un pensiero negativo, mai un dubbio sul fatto che avrei potuto non finire la gara, mai il morale basso, solo sorrisi battute scherzose con gli amici parallele ad uno stato di concentrazione che lavorava in simbiosi col corpo. Dal Barbotto in poi un compagno di gara prezioso come Giuseppe Dal Priore (compagno di squadra) che mi è stato molto utile per correre lunghi tratti nei quali magari avrei anche camminato e al quale so di essere stato utile per la gara. Dalla quinta salita in poi si cammina di buon passo risparmiando le gambe che correranno poi nelle discese e pianure facendo la differenza. La poesia della notte ci accompagna in mezzo a quei luoghi che in quei precisi momenti ti sembrano così fori dal mondo, distanti dalla realtà dove la tua caparbietà e la tua voglia di riuscire si accentuano
per raggiungere l’alba che sarà un altro tangibile segno del tempo che passa e del traguardo più vicino. Gli ultimi monti, le ultime salite poi il temibile Gorolo ci srotola sotto gli occhi i durissimi (almeno 25 km su 30) km finali. Chilometri dove la mente non può più giocare con i numeri dei Colli fatti o da fare, dove la fatica sulle gambe sulle giunture fisiche diventa un dolore costante e corroborante, dove la fatica di imporre al tuo corpo la corsa si decuplica e dove la mente impone un paraocchi immaginario a te stesso. Da questo punto diventa un ordine un imposizione continua perché è la mente che ti da la forza che ti porterà a vincere la tua sfida. Qualsiasi appiglio pur di correre è valido, non si contano più i km mancanti ma i ristori (sono di meno), il tempo tra uno è l’altro è interminabile… è vero… e la sofferenza fisica che si prova è ai livelli estremi ma ti accorgi che pian piano ti vengono incontro mentre senti la sensazione di fierezza farsi largo violentemente dentro al tuo io. Non è possibile rinunciare
passo… ormai è dentro, nel sangue, nella pelle, nella mente, ormai è tua... Intimamente tua. Arrivano i capannoni di Villa Marina prima e i due cavalcavia subito dopo… “ gli ultimi colli”… dico sorridendo. Il semianello in discesa ci butta nella pista ciclabile verde con direzione mare, gli applausi i complimenti cominciano ad entrarti decisamente dentro alle orecchie mescolandosi a quel tourbillon di emozioni che ti sta sconquassando. - “Arriviamo con un passo allegro” ci diciamo in perfetto accordo io e Giuseppe. È un passo che non fa pensare a 200 km nelle gambe, quello che abbiamo nelle gambe all’entrata del lungomare. Davanti a noi, 700/800 m., lo striscione Arrivo ci strizza l’occhio. Corro, sorrido, mi commuovo mentre il pensiero corre ad un veloce ma intenso ringraziamento a Giuly e a tutti loro che dall’alto mi proteggono e accompagnano sempre, il segno della croce lo sguardo che si perde verso l’alto. - Grazie… grazie… grazie. Poi c’è la gioia, c’è quella sensazione nuova, intensa, profonda… quella condivisione con Giuseppe. I protagonisti della NoveColli Challenge: Maritati Giacomo, Bortolotti Gabriele, Tassinari Alfiero, Beppe Scotti, La certezza di esser stato imporAndrea Pelo di Giorgio (7 h 17’ – 11 h 02 – 26 hh 56’) tante per il raggiungimento del suo obiettivo e al tempo stesso la consapevolezza che la sua presenza ha voluto dire la stessa cosa per me in quel lo splendido atto a quell’emozione che già senti così potente e unica. Così parti e corri conclusivo della… “NoveColli Challenge” sfida che, vista da fuori fino al ristoro successivo. Cominciavo a “godere di me stesso” dentro, sembrava, insormontabile. a trasportarmi con l’immaginazione sul lungomare di Cesenatico, la Lo speacker ci annuncia, 100 metri forse, ho già le braccia tese al percezione degli angoli della bocca che si girano verso l’alto, gli occhi cielo mentre il rumore colorato degli applausi, le voci della gente che si inumidiscono e il respiro che varia diventando profondo e pronto invadono in sottofondo il mio io. ad assorbire quell’aria che stavamo facendo diventare magica è netta Aria magica, emozioni uniche… metto il mio nome in un altro angoIl difficile era ormai superato, sapevo bene dov’era il punto di converlo di vita… della mia vita e lo faccio lasciandomi un segno che sarà sione, il punto in cui quell’enorme fatica che ti senti dentro comincia a sempre in grado di riportarmi dentro a quella sensazione. tramutarsi in una possente emozione. Lo sguardo a Giuseppe: - È la gloria !!! Sala di Cesenatico… l’Ultimo Ristoro, quello era il punto. Perfettamente sincronizzati attraversiamo quella linea così grande Un rinfresco veloce due sguardi fieri si incrociano, imbocchiamo ed importante per entrambi. quella “discesa” che ci accompagnerà sussurrandoci le emozioni Solo tre passi e un sincero abbraccio avvolto “grazie” sancisce due fino a Cesenatico. vittorie personali regalando emozioni uniche. Le orecchie, il corpo, la mente assorbono la sinfonia passo dopo
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Memorial Giovanni Pascoli a cura di ENRICO CAVALLINI
alla scoperta di un territorio dalle bellezze mozzafiato Chi il 9 settembre verrà a San Mauro Pascoli per partecipare alla quinta edizione del Memorial Giovanni Pascoli, prova di chiusura del Romagna Sprint, si tufferà in un territorio di incomparabile bellezza. Uno scrigno che racchiude gioielli, sia artistici sia naturalistici, preziosi e unici. San Mauro Pascoli (Fc) – Sarà davvero una chiusura in grande stile quella che l’Ecology Team del presidente Dino Tamburini sta preparando per domenica 9 settembre, quando andrà in scena il 5° Memorial Giovanni Pascoli, ultima prova del circuito di granfondo non agonistiche Romagna Sprint, che si terrà a San Mauro Pascoli, terra natale del grande poeta italiano, di cui quest’anno ricorre il centenario della morte.
fanciullezza. C’è poi il Mausoleo della Famiglia Pascoli, che si trova nel cimitero del paese, dove sono sepolti i componenti della famiglia tranne il poeta e le sorelle Ida e Mariù, che riposano invece a Castelvecchio Pascoli, frazione del comune di Barga. E vanno poi ricordate le fornaci romane che, rinvenute nei pressi di Villa Torlonia, erano utilizzate per la fabbricazione di laterizi. Ci sono anche la piccola chiesa della Madonna dell’Acqua, costruita nel 1616, e l’ex Oratorio San Sebastiano, che risale alla seconda metà del XVIII secolo.
Tre i percorsi: il granfondo di 113 chilometri (dislivello di 1757 metri), il fondo di 85 chilometri (dislivello di 1088 metri) e il turistico di 50 chilometri (dislivello di 385 metri). La partenza, rigorosamente alla francese, si terrà dalle 6,30 alle 8 (solo per il percorso turistico fino alle 8,30) dalla splendida location di Villa Torlonia, detta La Torre, dove Giovanni Pascoli trascorse la propria infanzia. Si tratta di un complesso costituito da un edificio centrale con un’area cortilizia interna, attorno al quale sono disposti simmetricamente corpi diversi sorti in funzione delle varie attività svolte. Sembra che l’attuale Torre abbia avuto origine dall’antica Giovedia (Tempio di Giove), risalente all’80 a.C. circa. Si dice che Giulio Cesare, dopo aver attraversato il Rubicone, si sia soffermato nel tempio. Le cantine, ancora oggi visitabili, rappresentano la parte più antica dell’edificio e corrispondono alle fondamenta della torre fortificata dell’IX secolo.
Queste non sono però le uniche bellezze che i partecipanti troveranno nel corso delle loro pedalate. C’è ad esempio Sogliano al Rubicone, che i partecipanti al turistico incontreranno dopo circa 25 chilometri dal via, al culmine di un’ascesa di 4 chilometri (dislivello di 162 metri, pendenza media del 4% e massima del 9%). I mediofondisti e i granfondisti, invece, toccheranno questa località in discesa: dopo circa 62 chilometri i primi e dopo circa 100 i secondi. È una località conosciuta per la produzione del formaggio di fossa. All’interno del paese è stato realizzato un percorso poetico dedicato a Giovanni Pascoli, profondamente legato al “piccolo grandemente amato paese di Romagna”. Passeggiare per il parco pascoliano significa percorrere sia un cammino nei luoghi fisici che fecero parte della vita del poeta e che costituirono fonte di ispirazione artistica sia uno nella poetica pascoliana attraverso la lettura delle poesie che si incontrano a ogni tappa. Seguendo tale percorso si giunge al centro del paese, dove in Piazza Garibaldi si trova il Palazzo della Cultura (Palazzo Ripa-Marcosanti), che ospita la Raccolta Veggiani (5000 volumi di diverso genere, materiale fotografico e diapositive e numerosi reperti fossili e minerari, fra cui il prezioso ovoide d’ambra di 625 grammi recuperato presso la frazione di Campaolo), la Collezione d’Arte Povera (foglietti, figurine e santini) e il Museo della Li! nea Chri sta (materiali bellici utilizzati dagli eserciti che nel secondo conflitto mondiale combatterono sulle colline soglianesi). In Via Giovanni Pascoli sorge invece l’ex monastero delle Agostiniane, fondato nel 1824 a fianco dell’antico Oratorio della Pietà (1518), oggi chiamato Chiesa della Madonna dello Spasimo. Nella vicina Piazza della Repubblica si trova il
Villa Torlonia si trova all’estremo limite di San Mauro Pascoli, che nel 1932 cambiò il suo nome originario, San Mauro di Romagna, in onore di Giovanni Pascoli, nato nel centro del paese, nella casa della madre, nel 1855. Le prime attestazioni scritte risalgono alla fine del XII secolo. Tra le bellezze che il paese ospita c’è Casa Pascoli, al cui interno si trova il “Museo Casa Pascoli”, che custodisce oggetti appartenuti alla madre del poeta, la sua culla, i mobili dello studio di Bologna e documenti come quasi tutte le prime edizioni delle opere pascoliane, dediche, fotografie e i carteggi del Fondo Murari. Il giardino della casa, invece, è stato allestito con un percorso botanico-poetico: versi pascoliani che ricordano le piante presenti anche durante la sua
Dopo il primo tratto di pianura, i percorsi porteranno i partecipanti a pedalare lungo degli emozionanti saliscendi, che senza dubbio entusiasmeranno i ciclisti e metteranno alla prova le loro doti atletiche e la loro preparazione. E non vanno dimenticate le diverse salite presenti, vera essenza del ciclismo. La fatica sarà comunque resa meno dura dalle diverse bellezze che i partecipanti potranno osservare pedalata dopo pedalata.
palazzo comunale, al cui interno è conservato un antico stemma in marmo con il leone di San Marco risalente agli inizi del secolo XVI. In Piazza Giuseppe Mazzini si trova la Chiesa del Suffragio, costruita verso il 1679. L’annessa torre civica risale invece al 1867. All’interno della chiesa sono conservati dipinti di notevole valore, tra cui un grande quadro ad olio risalente al XVIII secolo e raffigurante la sacra famiglia. In Piazza Giacomo Matteotti si trova la Fontana delle Farfalle, ideata dall’artista Tonino Guerra. Altra località che mediofondisti raggiungeranno dopo circa 25 chilometri dal via e i granfondisti dopo circa 43, entrambi mentre la strada sale, è Talamello, anch’essa famosa per il formaggio di fossa “battezzato” Ambra di Talamello da Tonino Guerra. Il paese è posto alle pendici del monte Pincio. Un cenno lo merita il piccolo cimitero sito vicino al paese, in cui si trova la cella che racchiude piccoli tesori artistici: affreschi della prima metà del XV secolo di Antonio Alberti da Ferrara. A Talamello c’è anche uno splendido Crocifisso del ‘300, da molti attribuito a Giotto, che è conservato sull’altare maggiore della seicentesca chiesa parrocchiale di San Lorenzo, nella quale si possono ammirare anche una statua policroma lignea di Madonna con Bambino del ‘400 e un crocifisso ligneo del XVI secolo. Il patrimonio pittorico di Talamello è stato arricchito nel 2002 con l’apertura del Museo Pinacoteca Gualtieri - Lo splendore del reale, costituito con oltre 40 tele che il pittore di origini talamellesi Fernando Gualtieri ha donato al Comune. Altra località da menzionare è San Leo, che i granfondisti toccheranno dopo circa 63 chilometri di gara nel corso della discesa che da Villa Grande porta a Novafeltrina. Fa parte dei Borghi più belli d’Italia e sorge su un masso imponente di forma romboidale con pareti strapiombanti al suolo. Una placca rocciosa, di formazione calcareo-arenacea, risultato della tormentata genesi che ha portato alla formazione del paesaggio della Val Marecchia. Le vicende storiche di San Leo sono leggibili soprattutto grazie ai preziosi monumenti d’arte che la città conserva gelosamente quali il forte rinascimentale, la Pieve, il duomo, la torre campanaria, il convento e la chiesa di Sant’Igne, il palazzo mediceo, il palazzo della Rovere e il palazzo Nardini. E non va poi dimenticato il museo d’arte sacra. È un vero scrigno ricco di gioielli, dunque, il territorio che sarà interessato dalla manifestazione. Un elemento che, aggiungendosi agli altri a cui l’Ecology Team sta lavorando alacremente, renderà ancora più indimenticabile questa quinta edizione del Memorial Giovanni Pascoli. Info: www.ecologyteam.it
foto SPORTOGRAF
Marco Poccianti (Cicli Poccianti Sesto fiorentino - FI) 1째 ass. M1 Granducato di Toscana 2012 (lungo) e 1째 ass. M1 Assi delle Granfondo 2012 (medio)
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Riccardo Zannoni a cura di NICOLETTA BRINA
una nuova sfida chiamata TiTiCi Il patron di LGL continua a mettersi in gioco. Dopo le partnership con la Corsa Rosa, il sostegno a Viner ed MgKvis, Zannoni punta ora sulla prestigiosa formazione Pro Mtb TiTiCi LGL. Il sogno? «Portare almeno un nostro atleta al Mondiale Marathon ad ottobre in Francia».
Riccardo Zannoni, titolare di LGL, azienda che produce etichette adesive, è un volto noto nel panorama ciclistico: partner del Giro d’Italia e di altre classiche, è da sempre impegnato nel mondo dell’agonismo. Con partnership attive con la Viner e la MgkVis, si è lanciato oggi in una nuova avventura targata TiTiCi LGL, formazione che tiene a battesimo una squadra professionistica di mtb. Un imprenditore che punta sullo sport, in particolare sul ciclismo. Perché la scelta di questo sport e come si abbina alla sua attività? «Sono uno sportivo e quindi tutti gli sport mi attraggono. Ho fatto tante attività sportive, tra le quali il calcio, il karate e dal ’99 ho iniziato con la bici da strada. Mi sono ritrovato in un mondo che fino a quel momento non conoscevo e mi sono appassionato talmente tanto da voler sponsorizzare degli amici che ho incontrato in questo ambiente. La mia azienda produce etichette adesive, che possono utilizzare tutti i settori, dall’alimentare, all’industria, alla cosmesi, fino ai trasporti e quindi tutti i praticanti e appassionati di ciclismo (e oggi sono veramente tanti) possono essere potenziali clienti.» Parlando della sua passione per la bici, com’è nata? «Come già detto prima, vado in bici dal ‘99, e la passione è arrivata così, per caso. Finito un ciclo di tanti anni di calcio amatoriale assieme ad alcuni amici, abbiamo deciso praticamente all’unanimità di dedicarci al ciclismo, comprando una bici da corsa ed inaugurando dunque una nuova stagione di sport.» La partnership riguarda formazioni piuttosto rinomate come la Viner e la MgkVis, quindi già affermate nel panorama strada. Che tipo di rapporto si è creato con questi team? «Collaboriamo con queste realtà dal 2006. Sin da subito si è istaurato un rapporto di stima reciproca. Sono team di tutto rispetto e professionisti nel mondo della bici da strada: avendoli conosciuti sui terreni di gara, ho potuto constatare, infatti, toccando con mano che sono realtà importanti in questo settore e non hanno nulla da invidiare a squadre di professionisti». Il team TiTiCi LGL è, a tutti gli effetti la “sua” squadra. Fiore all’occhiello la formazione Pro Mtb… «Essa conta sei atleti Elite: Alessia Ghezzo, già azzurra al mondiale Marathon di Montebelluna
del 2011 e ben otto vittorie assolute nella stagione in corso; Francesca Bugnone, campionessa italiana Marathon 2001 under 23 e azzurra ai mondiali Marathon 2011; Mattia Longa, secondo assoluto alla gara a tappe Mille Grobbe, nono assoluto alla gara a tappe internazionale Transalp, altri podi assoluti che confermano il valore di questo giovane atleta dal futuro ambizioso; Francesco Figini, in coppia con Longa nono assoluto alla gara a tappe Transalp; Andrea Zamboni, anche per lui vari podi e buoni risultati nella stagione in corso. In camera di regia il direttore sportivo Ruggero Giardini e il team manager Francesco Bondi.» Qual è stata l’evoluzione del team? «Dopo i primi tre anni di esperienza, il team ha allargato notevolmente il proprio raggio d’azione sia in campo organizzativo che agonistico. Pur restando cauti, crediamo molto nel nostro progetto iniziato tre stagioni fa e che avrà una valenza di cinque anni. In questo quinquennio vogliamo capire, approfondire, valutare, mettere in atto e proporre tutto quello che è utile e necessario per il mondo del ciclismo a 360° gradi. La crescita si è registrata anche nel numero di soci, almeno 70 provenienti da diverse regioni d’Italia, Trentino, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Piemonte, Sardegna e praticanti sia ciclismo su strada che mtb. Nell’ultima stagione, inoltre, abbiamo ampliato il nostro settore giovanile e continueremo a prestare attenzione a questo mondo in cui crediamo molto perché i giovani atleti rappresentano il futuro ed è quindi importante lavorare per la loro crescita personale e sportiva. La nostra realtà e l’attività portata avanti sono descritte e di volta in volta aggiornate nel nostro sito internet (www. cyclingperformance.it), importante strumento che
Riccardo Zannoni il titolare di LGL Etichettificio
vuole porsi da tramite tra la società ed i tesserati, tra gli sponsor ed i media, tra coloro che amano e praticano il ciclismo e coloro che vorrebbero avvicinarsi al ciclismo, in quanto crediamo nella comunicazione, nello scambio delle idee ed iniziative. Tutto questo, ed altro, ha portato alla costituzione dell’attuale team, volto comunque a crescere in quanto le nostre ambizioni ci porteranno ad allargare ulteriormente i nostri orizzonti, pur consapevoli delle difficoltà che dovremo affrontare. L’unione fa la forza e la nostra forza è riuscire a tenere unita questa unione.» Quali sono gli obiettivi della stagione in corso? «Oltre ad ottenere prestigiosi risultati nelle gare nazionali ed internazionali a cui abbiamo preso e prenderemo parte, confidiamo nella partecipazione con almeno un nostro atleta al mondiale Marathon che si svolgerà in terra francese a inizio ottobre.» LGL è un importante partner anche in manifestazioni del panorama ciclistico… «LGL è conosciuta anche perché per diversi anni ha fatto pubblicità in diverse manifestazioni sportive dal calcio al ciclismo. Eravamo presenti per diversi anni al Giro D’Italia e ad altre classiche. Ultimamente stiamo fornendo sostegno economico a qualche granfondo e cicloturistiche importanti.»
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Il telaio ideale a cura di Roberto Zanetti
BMC GRANFONDO GF01: let’s go and ride it!!! Quando penso all’imprenditoria svizzera, la prima cosa che mi vengono in mente sono le prestigiose aziende specializzate nella produzione degli orologi. Tuttavia, ho scoperto che anche nel settore del ciclo esiste una realtà altrettanto evoluta sotto l’aspetto tecnologico e imprenditoriale: BMC. Marchio giovane, cresciuto velocemente negli ultimi anni e con le idee ben chiare: lavorare sodo per raggiungere la perfezione, sempre e comunque.
Passaggio in salita sul pavé
Il test: Se è vero che spesso “le cose belle” sono quelle che si conquistano con maggiore difficoltà, allora posso proprio dire che la BMC Granfondo GF01 me la sono davvero “sudata”. Piccola ma necessaria precisazione: la bici in oggetto, ovviamente, non è di mia proprietà, ma è lo strumento di lavoro che mi ha permesso di realizzare questo servizio, e l’ho attesa così a lungo – direi oltre tre settimane – che a un certo punto ho seriamente temuto che non sarei più riuscito a testarla. E invece: eccola qua. Confesso che ero molto curioso di provare questo nuovo modello e di verificarne le qualità che tester eccellenti come gli atleti del team professionistico BMC (in prima persona corridori del calibro di Alessandro Ballan e Thor Hushovd, due recenti ex campioni del mondo su strada)
gli hanno sempre attribuito. A test fatto, mi sento di confermare quanto i miei illustri compagni di pedalata hanno detto a proposito della GF01. Sembra quasi un paradosso che una bici da corsa possa essere così “facile”. Non più se consideriamo che la GF01 è stata progettata dagli ingegneri dell’azienda elvetica proprio per gli atleti del team BMC, impegnati sul micidiale pavè della Parigi-Roubaix, e per essere utilizzata in condizioni spesso estreme nelle più impegnative classiche del Nord. Normalmente una specialissima dedicata al mondo dei prof ha geometrie molto accentuate, decisamente più racing, e un posizionamento in sella più aggressivo. La GF01 no. In netta controtendenza, presenta un telaio studiato per essere prima di tutto comodo, indicato per le lunghe distanze e confortevole anche dopo molte ore di guida sulle più svariate tipologie di percorso. Questa bicicletta, che ha nel triangolo principale (la base in carbonio su cui è costruita), nella sezione dei tubi e nelle angolazioni particolari dei punti di giunzione (Angle Compliance) la sua caratteristica distintiva, rappresenta nel suo segmento di mercato un prodotto polivalente e una valida alternativa alla rigidità estrema di alcune sue dirette concorrenti, che alle volte sono troppo orientate solo alla performance e poco confortevoli. Ecco, in breve, il BMC pensiero, da cui è nata la GF01: che “per sentirsi a proprio agio dopo un’uscita di parecchie ore, bisogna tornare a casa con un sorriso al posto di una smorfia e, se possibile, godersi serenamente il resto della giornata”. In evidenza: Ho analizzato con cura il telaio della GF01 che esteticamente può piacere o non piacere: il gusto, le abitudini e direi anche le mode sono sempre molto soggettive. A prescindere da questa considerazione, mi hanno colpito le sue forme “generose” e la sagoma dei tubi in carbonio,
Caratteristiche Tecniche: - Telaio: in carbonio con sistema TCC (Tuned Compliance Concept), Angle Compliance, DTI (Dual Transmission Integration) e guida catena integrato - Cambio: Shimano Ultegra Di2 elettronico - Deragliatore: Shimano Ultegra Di2 - Guarnitura: Shimano Ultegra Di2 compact 50x34 – mm 172,5 - Catena: Shimano Ultegra Di2 - Ruota libera: Shimano Ultegra Di2 12x25 - Movimento Centrale: Press Fit BB86 - Freni: Shimano Ultegra Di2 - Forcella: In carbonio con sistema TCC. Tubo sterzo conico 1-1/8”x1-1/2”, 380 gr di peso - Serie sterzo: FSA - Attacco manubrio: Easton EA70 in alluminio – cm 10 - Piega manubrio: Easton EA70 in alluminio – cm 40 c/c - Reggisella: in carbonio con sistema TCC che permette elasticità verticale e arretramento standard di 18 mm/27,2 mm - Sella: fi’zi:k Aliante con forchetta in manganese - Cerchi: Easton EA90 RT Tubeless - Coperture: Continental Grand Prix 4 Season Tubeless 28” - Mozzi: Easton R4 - Pedali: non forniti - Strumentazione: non fornita - Portaborraccia: Elite Pria Pavè - Taglie: le taglie sono sei: 48, 51, 54, 56, 58, 61 - Colori: le colorazioni sono il Team Red (come il modello in foto usato per il test) a cui si aggiungerà, da fine ottobre, lo Stealth - Peso telaio: 995 gr (size M – 54, forcella esclusa) - Peso bici completa (come in foto): 7,40 kg (senza pedali)
soprattutto quello obliquo, che nell’insieme le conferiscono una robustezza superiore alla media, che si fa sentire nella rigidità dell’intera struttura. Insieme a questa sua inconfutabile rigidità, la GF01 però si fa apprezzare, come ho già accennato, per la sua comodità e facilità di guida, grazie alla soluzione tecnologica del sistema TCC (Tuned Compliance Concept) applicata nei punti nevralgici del telaio. Testandola, ho potuto verificare proprio su alcuni tratti di pavè che l’apposito reggisella, il carro posteriore all’altezza della giunzione bassa dei foderi verticali e dei forcellini e la forcella in carbonio sono le parti strutturali (Angle Compliance Technology), appositamente studiate per assorbire senza problemi sobbalzi e vibrazioni, in grado di conferire al telaio grandi doti di elasticità, senza compromettere l’efficacia della spinta e la fluidità della pedalata. Da rivedere: Sotto l’aspetto tecnico e strutturale non ho nulla da eccepire. Mi sento solo di fare una breve osservazione su come la GF01 che ho avuto in prova è stata allestita. Mi riferisco alle inedite coperture tubeless da 28”. Siamo tutti d’accordo che queste coperture garantiscono una sicurezza e un confort invidiabile, ma purtroppo penalizzano questa specialissima in quanto ad agilità e scorrevolezza, ne appesantiscono molto la linea e costituiscono un piccolo handicap nella conduzione del mezzo nei tratti maggiormente tecnici (tornanti su discese veloci, inserimenti in curva ad alta velocità), dove è richiesta una guida più brillante e decisa. Questa propensione “turistica” e poco sportiva non permette alla GF01 di essere performante al 100% su tutti i terreni (gare veloci in circuito, per
Batteria del cambio elettronico Shimano Ultegra Di2 posizionata centralmente sotto la scatola del movimento Guida catena integrato nel telaio all’interno della guarnitura
Passaggio stretto fuori sella in salita
In vendita a partire da: La versione di lancio Ultegra Di2 è già disponibile. Le altre versioni saranno pronte, a seconda degli allestimenti, a partire dai primi giorni di ottobre. Da fine settembre, come mi ha comunicato in anticipo l’azienda, oltre al modello in carbonio troveremo anche la corrispondente versione in alluminio: la Granfondo GF02. Sarà assemblata con montaggi Sram Red, Shimano Ultegra e 105 e avrà le stesse geometrie della sorella maggiore. Per quanto riguarda le caratteristiche di confort e assorbimento, la nuova piattaforma costituirà una vera rivoluzione nel mondo dell’alluminio, con un peso del telaio di poco superiore (circa 100 gr) alla versione carbon. Da notare che, nella versione Sram Red, il peso della bici completa è di 6,9 kg. Tempo di consegna: Data la disponibilità della versione scelta, la consegna verrà effettuata presso il rivenditore ufficiale BMC in circa 1 settimana dalla data dell’ordine. Prezzo: Il modello che ho testato costa 4.999,00 euro al pubblico, IVA inclusa. I listini delle altre versioni disponibili da ottobre 2012 sono: − Dura Ace Di2 compact (colore Stealth) 7.999,00 euro al pubblico, IVA inclusa, da fine gennaio 2013 − Ultegra compact (colore Lime) 3.999,00 euro al pubblico, IVA inclusa, da fine ottobre 2012 − Frameset (solo telaio + forcella colore Team Red) 2.599,00 euro al pubblico, IVA inclusa, da fine ottobre 2012.
Cerchio in alluminio Easton EA90 con Tubeless Continental Grand Prix 4 Season da 28”
esempio), anche se – come indicato dai consigli del costruttore stesso – essa può dare il meglio di sé sulle lunghe distanze. In generale, penso che una bicicletta di questo livello così ricca di soluzioni e contenuti tecnologici dovrebbe essere sempre allestita per renderla competitiva. Ritengo che il binomio comoditàperformance (quest’ultima da non perdere di vista) possa essere il vero valore aggiunto della GF01. Detto questo, ho deciso di togliermi al volo questa curiosità e di allestire la GF10 con una coppia di ruote diverse da quelle fornitemi da BMC. Ho montato due ruote in alluminio con copertoncini da 23” e – come supponevo – la rigidità strutturale della GF10 è aumentata molto a discapito della comodità. Ho potuto così apprezzare quello spunto agonistico che prima con i tubeless da 28” non avevo riscontrato. E se avessi montato delle ruote in carbonio medio/alto profilo con tubolari da 23” o 21”? Ve lo lascio solo immaginare... Consigli per l’acquisto, perché comprarla? Già dal nome della specialissima in oggetto, Granfondo GF01, si evince quanto affermato e sostenuto da BMC (e che mi trova perfettamente d’accordo): “Questa bici è il partner perfetto per i ciclisti che vogliono godersi il lato più rilassante del ciclismo”. L’elasticità e le caratteristiche di stabilità di questo telaio permettono di coprire lunghe distanze senza sollecitare e affaticare troppo la schiena, e di affrontare anche le discese più impegnative in completa tenuta e sicurezza.
Azione di spinta da seduto che mette a dura prova, su fondo stradale sconnesso, il reggisella, il carro posteriore (foderi verticali e orizzontali) e la forcella in carbonio, punti cruciali del telaio costruiti con la tecnologia “Angle Compliance” Prospettiva dell’attacco dei foderi alti al tubo verticale del telaio (Angle Compliance Technology)
Il Produttore: BMC Trading AG Sportstrasse 49 CH-2540 Grenchen Tel: +41 (0)32 654 14 54 E.mail: info@bmc-racing.com Web site: www.bmc-racing.com Il Distributore per l’Italia: BMC Italia srl Strada Vivero, 75 10024 Moncalieri (TO) Tel: +39 011 19820212 Fax: +39 011 19825070 E.mail: info@bmc-racing.com
Accessori e materiali utilizzati per il test: Gli accessori e i materiali che ho usato per il test sono: - Casco: Limar 777 www.limar.com - Occhiali: SH+ RG 4220 Pro Line www.shplus.com - Scarpe: Diadora Jet Racer www.diadora.com - Abbigliamento: BMC Team Replica Set www.bmc-racing.com - Strumentazione: GPS Garmin 500 www.garmin.it - Pedali: Look Keo Karbon www.lookcycle.com
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GRANDI EVENTI a cura di Leonardo olmi
Le Grandi Montagne del Tour e del Giro (Sestriere – Montecarlo) Una settimana sui pedali in compagnia di Max Lelli per scalare le montagne che hanno fatto la storia del ciclismo Per il secondo anno consecutivo, Max Lelli e lo Sci Club Sestriere hanno portato a buon fine e con grande successo quella che dal 21 al 29 luglio scorso è stata una settimana che ha lasciato impressi, nelle memorie dei ciclisti che hanno fatto parte del gruppo, ricordi indimenticabili di imprese epiche memorabili. dedito anche a tutti gli altri sport estivi, tra cui le due ruote, dalla Mountainbike al Down-Hill ed ovviamente alla bici da strada. All’interno del club, presieduto da Alessandro Garrone (Vice Pres. del Gruppo ERG Spa, anch’egli appassionato di bici e parte del gruppo), vi è infatti una sezione dedicata al ciclismo che si chiama Bike Club Sestriere, e si occupa di varie cose. Come infatti mi racconta Simona Novara (Responsabile Comunicazione) «… ci occupiamo dall’accompagnamento ed il training dei bambini, all’organizzazione di gare, in particolar modo quelle di DH», come è successo nel primo weekend in cui eravamo presenti anche noi, che ha visto lo svolgersi del Campionato Italiano di DownHill. «Questo Chi, quindi, megrazie alla pista glio del Cinghialipermanente di no di Maremma, Down-Hill del Sepoteva fare da stiere» aggiunge “gregario” a quei Maurizio Poncet fortunati, o me(Direttore) «… una glio, oserei dire, delle più belle e a quegli astuspettacolari d’Itati appassionati lia, sempre aperta di ciclismo, che a chi vuol provavolevano scalare il brivido della re le montagne discesa». Lo Sci che ogni anno Club Sestriere è, ci vengono proinfatti, stato fonposte e raccondamentale nella tate con grande settimana della entusiasmo dai Sestriere-Montetelecronisti del carlo, sia per la Giro d’Italia e del logistica che per Tour de France? l’assistenza. La Nessuno!!! MassiFoto di gruppo sotto al pallone di Biemme, che aveva realizzato la divisa della Sestriere-Montecarlo base per gli iscritti miliano Lelli, oltre ad essere un esperto di ciclismo, di tecnica, di capire di non essere in ottima forma, a me invece era l’hotel a 4 stelle Cristallo, con la mezza penbiciclette (poiché le produce) è anche una per- pare che abbia perso poco o niente da quando sione, mentre l’assistenza era fatta attraverso i sona che, nonostante la sua notorietà, sa stare correva; sta salendo una pendenza che supe- furgoni di Max Lelli e dello Sci Club Sestriere, in gruppo con tutti indistintamente. Ti aiuta, ti da ra il 10-12% con il 52-25 fischiettando, mentre che facevano sia da scorta tecnica, con mecconsigli, ti sprona a far meglio, e più che altro ti molti di noi fanno fatica a seguirlo con il 34-25, canico, ricambi, rifornimento idrico, barrette, gel trasmette la passione della bicicletta, il piacere di ed in bici un po’ ci andiamo. È proprio vero, i e integratori Enervit a volontà (tutto compreso pedalare guardandosi intorno, ammirando i luo- muscoli hanno una memoria, e ad un prof basta nel prezzo, con tanto di pacco gara); che da ghi dove sei, senza lo stress di dover stare a capo poco per riacquistare e mantenere la “gamba”. trasporto di bici e persone, sia per raggiungere il posto di partenza, per rientrare dal punto basso a seguire la ruota di chi ti precede, come succede spesso nelle attuali granfondo amato- L’altra componente fondamentale per l’ottima di arrivo a fine pedalata o semplicemente per riali in giro un po’ in tutta Italia. A un certo pun- riuscita dell’evento, è stato senza dubbio il sup- salire a bordo se e quando stanchi. Per comto, salendo verso il Monginevro mi ha detto: «… porto logistico messo a disposizione dallo Sci memorare l’evento, gli organizzatori avevano molti dei professionisti, quando smettono, non ci Club Sestriere che, nonostante il nome faccia preparato anche una bella divisa tecnica dedimontano più in bici. Io, che forse sono sempre pensare subito e solo ad un club che si occupa cata, firmata Biemme, che poteva essere ordirimasto legato alle biciclette, anche perché le di sport legati all’inverno e alla neve, invece è nata ed acquistata separatamente al pacchetto. produco, non ho mai smesso di pedalare ed ho sempre un buon passo; ma adesso, che posso alzare la testa al cielo e non ho più lo stress e la pressione che avevo in corsa, posso finalmente ammirare queste montagne e godermi, come voi, le bellezze che ci circondano; guarda che meraviglia, che spettacolo!». Max sorride a piena bocca, la gioia gli si legge in faccia. È rilassato, così come lo siamo noi che lo seguiamo; ha ragione, queste sane passeggiate in compagnia sono le più belle; ci godiamo lo spettacolo delle montagne verdi con i ghiacciai bianchi che le sovrastano, senza stress alcuno. Lui tenta di farci
foto leonardo Olmi
Sono stati il bel tempo, il sole delle Alpi e le gradevoli temperature degli oltre 2000 metri di altitudine del Sestriere (base iniziale dell’evento), i primi autori dell’ottima riuscita di quella che è stata la 2° edizione consecutiva della Sestriere-Montecarlo, intitolata Le Grandi Montagne del Tour e del Giro. La garanzia portava la firma di un ex professionista, uno dei grandi del ciclismo italiano, di nome Max Lelli. Un idea nata da colui che queste montagne le ha vissute per 6 anni, quando correva per la Cofidis, scalandole più volte con i suoi 14 Tour de France e 7 Giri d’Italia. Il toscano è così popolare da queste parti, che tutt’ora non lo lasciano andar via senza prima essersi fatti fare l’autografo.
foto leonardo Olmi
Il bello di questo evento è che sia Max Lelli che lo Sci Club Sestriere non ponevano vincoli sul numero di giorni a cui partecipare, ma si poteva scegliere dall’uscita singola in compagnia di Max Lelli e del gruppo a soli 35 euro; al weekend del primo sabato e domenica a 50 euro (solo per le uscite escluso l’albergo, adatto a chi risiedeva in zona); oppure la trasferta Sestriere-Montecarlo dal venerdì successivo (con arrivo in albergo il giovedì) alla domenica conclusiva a 300 euro (comprensiva di 3 notti in hotel a mezza pensione); o del pacchetto completo da sabato a sabato ad una cifra veramente modesta ed adatta a tutte le tasche, ossia 670 euro, comprensiva di tutte le uscite accompagnate in bici e le 8 notti in hotel a 4 stelle a mezza pensione, più assistenza e rifornimenti Enervit. Se facciamo bene foto leonardo Olmi i conti di quanto ci costano sommate le singole granfondo (tra iscrizione, benzina, autostrada e a Foto di gruppo al Colle della Scala, fatto il primo giorno della Sestriere-Montecarlo volte una notte in albergo) durante l’anno, ci rendiamo conto che a fine stagione fanno una bella opposto di quello del giorno prima), quindi disce- Bourg d’Oisans, da dove si imboccava (con 100 cifra. Vi posso garantire che farsi una settimana sa a Briançon, da dove iniziava la lunga salita di km nelle gambe) la mitica salita dell’Alpe d’Huez, su queste montagne epiche a questi costi e con 28 km verso il Col du Lautaret a 2058 m slm (le una delle salite simbolo del Tour de France: 14 questa compagnia, è davvero allettante e merita pendenze iniziali non superano il 3%, mentre gli km con pendenze max del 13% e media del di essere preso in considerazione. Tra coloro che ultimi 5 km salgono fino al 5-6%), per poi scen- 8%. «… sembra facile a dire: perché non scatta non si potevano certo perdere questo appunta- dere lungo la strada che costeggia il fiume a Le ora», borbotta Max mentre mangiamo un panimento, anche molti no seduti in un bar del degli atleti del Team caratteristico paese I cartelli con le indicazioni stradali in vetta al Col du Galibier. Max Lelli della Veromonimo una volsilia, accompagnati ta raggiunta la vetta da Stefano Pezzini «quando si guarda la (Responsabile Gecorsa da casa seduti stione Teams). Al comodi sul divano; gruppo si è unita prova a scattare vai, anche la simpatipoi lo vedi quanto ca Michela, moglie duri…» conclude con di Lelli, sempre un ghigno sulle labpronta a dare una bra. Altre due battumano al marito, te da ciclisti, cambio che abbiamo visto di maglietta e quindi anche sui pedali rientro in pulmino; con qualche spoL’interminabile scalata radica apparizione. di 18,5km al Col du Galibier, scandita ogni chilometro da questi cartelli in muratura che indicano altitudine e distanza rimanente
foto leonardo Olmi
I primi cinque giorni prevedevano appunto, come base, l’Hotel Cristallo del Sestriere, dal quale si partiva e si tornava in bici, oppure si usavano i pulmini per raggiungere il punto di partenza in Francia, del nostro giro previsto, per poi usarli al rientro a pedalata finita. Per i più allenati, invece, era possibile anche un rientro in bici, dove sicuramente non si rifiutava (anzi) si aggregava subito anche Max. Il sabato del primo giorno ci ha visto compiere il giro del Monginevro, con partenza e ritorno in bici da Sestriere. Il tour prevedeva la scalata del Colle della Scala, foto ricordo di gruppo, e via in discesa verso un paese mitico per il Tour de France, Briançon, quindi la scalata del Monginevro e poi rientro al Sestiere: totale 92 km per 1900 m dsl. Il secondo giorno (domenica), ci ha di nuovo accolti al risveglio con un bel sole ed una temperatura di 16°, perfetto per uscire in bici. Ancora giù in discesa dal Sestriere, per poi scalare il Monginevro (dal versante
foto leonardo Olmi
Foto ricordo in cima al Colle delle Finestre, con Max Lelli a dx della foto
oppure si poteva proseguire lungo la bellissima discesa dal lato opposto nella Vallèe du Ferrand, per poi salire in pulmino a fine discesa. Il lunedì ci ha invece visti scalare una delle accoppiate mitiche del Tour, ossia il Télégraphé-Galibier, che messe assieme (sono due salite separate solo da una discesa di 4,5 km) diventa un’impresa unica di 35 km per 1924 m dsl. Per far ciò abbiamo usato il pulmino dello Sci Club Sestriere per raggiungere Modane (in Francia) attraversando il traforo del Frejus. Da Modane ci siamo scaldati con una sgambatina fino a Saint Michel de Maurienne (a quota 718 m slm), da dove ha inizio il mitico Col du Télégraphé, con i suoi 12 km di ascesa. A termine della salita inizia, appunto, subito la discesa di 4,5 km, alla fine della quale si attacca l’interminabile, ma spettacolare, ascesa di 18,5 km verso la montagna di Pantani (a 4 km dalla vetta si trova infatti una stele in memoria del Pirata) il Col du Galibier, che ci porta a quota 2642 m. Da qui, dopo la foto ricordo di rito, manicotti, gambali e mantellina e giù in discesa per 8 km fino al Col du Lautaret. Quindi salita sul pulmino per i più stanchi, oppure discesa fino alla base del Monginevro (sempre via Briançon), relativa scalata, ancora discesa verso Claviere-Cesana e via di nuovo in salita alla volta del Sestriere. Ovviamente, Max Lelli ed altri due coraggiosi scalatori non si sono persi il rientro al Sestriere in bici, comprensivo del racconto di uno dei tanti aneddoti, che il campione toscano conserva ancora perfettamente intatti nella sua mente, forse ce ne potrebbe raccontare uno a tornante: «… mi ricordo ancora quando dopo aver scollinato il Galibier, dopo gli 8 km di tornanti in discesa siamo arrivati qui al Col du Lautaret, da dove inizia questa lunga discesa di 28 km verso Briançon; vedevo l’elicottero più avanti nella valle a 3-4 km, voleva dire che l’ì c’era Armstrong, che era in fuga, quindi mi buttai giù a tutta per far rientrare il gruppo…», e noi ci immaginiamo e rivediamo la scena insieme a lui, lo inseguiamo a ruota e ci immedesimiamo nel gruppo dei prof che lui tirava quel giorno, bellissimo. Il lunedì è stato il giorno di uno dei passi mitici del Giro, il Colle delle Finestre (2176 m
slm), divenuto famoso quando, nella 19° tappa del Giro d’Italia del 2005, vide transitare per primo Danilo di Luca. La Regione Piemonte gli ha infatti dedicato un monumento. Per chi non lo ricordasse, gli ultimi 8 km di questa salita, lunga 18 km, sono sterrati, per poi proseguire lungo una bellissima discesa asfaltata fino alla statale 23. Il dislivello, partendo da Susa, è di 1694 m. Il quinto giorno del mercoledì, ha visto i “cinghialini” tornare in Francia per la scalata del Col du Granon. Poi, un meritato giorno di riposo al giovedì, e via con la 2° ed. della Sestriere-Montecarlo fatta di 3 tappe. Quindi, bagagli sul pulmino e via in sella al venerdì mattina per la 1° tappa da Sestriere a Col de Vars, attraversando il Monginevro ed un altro dei passi epici del Tour, il Col d’Izoard (2361 m slm) per un tot. di 100 km. Cena e riposo in albergo e poi via per la 2° tappa del sabato da Col de Vars a St. Martin de Vesubie, attraversando prima un’altra delle salite storiche del Tour de France, il Col de La Bonette (conosciuto per la sua strada che i francesi hanno fatto passare ai 2802 m slm, facendolo diventare il passo più alto d’Europa), per concludere con il Col Saint Martin (1500m slm), per un tot. di 133 km. Infine, la tappa conclusiva di 77 km della domenica, che da St. Martin de Vesubie portava a Montecarlo Cap Ferrat, scalando il Col de Turini prima ed il Col de Castillon poi. La festa della Sestriere-
Montecarlo si è conclusa con un bel pranzo di gruppo a Mentone in riva al mare. A giro concluso, il computerino ci dava un totale di 762 km per 17.787 m di dislivello! Chi aveva un accompagnatore al seguito, ha scelto di farsi seguire in auto fino a Mentone, per poi rientrare a casa da li. Mentre chi aveva lasciato la macchina a Sestriere veniva riaccompagnato in Pullman. Davvero un eccellente servizio ad un prezzo molto modico. Complimenti sia a Max Lelli che allo Sci Club Sestriere per questa loro iniziativa e proposta a chi ama godersi la bici senza stress. Un esperienza che gli organizzatori riproporranno sicuramente agli appassionati di ciclismo per il 2013. Per info: Max Lelli Marsiliana (GR) tel. 0564-60.99.20 / cell. 346120.4150 www.maxlelli.com / info@maxlelli.com Sci Club Sestriere www.sciclubsestriere.it / 0122-76.154 info: Simona 338-597.7089 - Giorgio 335569.9505 Hotel Cristallo**** Sestriere tel. 0122-750.707 www.cristallohotel-sestriere.com
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Granfondo della Nocciola a cura di Roberto Zanetti
Piccola ma bella La Langa è sinonimo di buona cucina, ma non solo… La GF della Nocciola ha portato un evento sportivo internazionale in mezzo ai vigneti e ai noccioleti di queste “dolcissime” colline piemontesi. Una manifestazione che anno dopo anno cresce (+30% di iscritti in quest’ultima edizione), migliora e si consolida in calendario come l’appuntamento fisso dopo le vacanze estive.
Griglia di partenza da Corso Paolo Della Valle a Bossolasco (CN)
foto Roberto Zanetti
lombo (Team Cinelli Glass’ngo) conquistava l’ennesimo podio stagionale con il tempo di 2h51m24s. Nel corto, vincitore assoluto è stato Fabio Oliveri (Bicistore Cycling Team), in 1h27m36s, e in campo femminile Erica Magnaldi, figlia d’arte e anche lei mia compagna di squadra (UC Ezio Borgna Hersh Bike Team).
foto FOTO SERVICE-CN
A Bossolasco (CN), conosciuto come il “paese delle rose”, domenica 26 agosto si è svolta la VI Granfondo della Nocciola – Alta Langa. Organizzata dall’ASD Fausto Coppi on the Road in collaborazione con la Comunità Montana Alta Langa, la prova è stata anche la tappa finale del Piemonte Bike Tour 2012, nuovo circuito regionale al suo primo anno di vita. Tre sono i percorsi che 534 ciclisti (tra cui 29 donne) provenienti da 7 diverse nazioni (Italia, Francia, Australia, Germania, Inghilterra, Portogallo e America) hanno potuto scegliere per godersi una splendida giornata di fine agosto: 120 km il lungo, 84 il medio e 49 il corto. Tutti i tracciati hanno avuto come denominatore comune i suggestivi paesaggi collinari tipici di questo territorio, che, in passato, ha visto protagonisti campioni del calibro di Jacques Anquetil, Fausto Coppi, Marco Pantani, Charly Gaul, Gino Bartali e Louison Bobet. Le vittorie assolute sono state assegnate: nel lungo, al giovane Andrea Gallo (ASD Pedala Sport Canale), che ha corso i 120 km in 3h41m40s, e tra le donne a Olga Cappiello (Team Cinelli Glass’ngo), in 4h17m32s. Nel medio, dopo il trionfo all’ultima Nove Colli, ancora un ruggito del “leone di Mondovì” (e con orgoglio anche mio compagno di squadra) Leonardo Viglione (UC Ezio Borgna Hersh Bike Team), che ha chiuso la sua prova in 2h29m59s, mentre la valenzana Raffaella PaLa GF della Nocciola pedalata da Roberto Zanetti
foto FOTO SERVICE-CN
Emma Mana, organizzatrice della GF della Nocciola, al banco delle iscrizioni presso la sede della Comunità Montana “Alta Langa”, con un responsabile della F.C.I.
Emma Mana, presidente dell’ASD Fausto Coppi on the Road e famosa “patron” della storica Granfondo Fausto Coppi di Cuneo, è anche l’anima e il cuore della Granfondo della Nocciola. Sempre sorridente, cosa che la contraddistingue e ne accresce la simpatia e disponibilità, ha risposto così ad alcune mie domande: Emma, innanzitutto complimenti per la macchina organizzativa che hai messo in pista anche per questo evento. Mi sorge spontanea una domanda: perché proprio Bossolasco? Quali motivi ti hanno portato a scegliere quest’incantevole location?
«Bossolasco è la sede della Comunità Montana Alta Langa. Sei anni fa sono stata contattata dall’allora assessore allo sport Lido Ferrari per organizzare una granfondo tra queste splendide colline. Da qui è nata l’opportunità di lavorare in questa location.» La “tua” GF Fausto Coppi - Selle San Marco è considerata oramai una classica internazionale, sia per i partecipanti che per gli sponsor. Come hanno risposto le aziende e le amministrazioni locali che hai coinvolto tuo progetto per quanto riguarda l’Alta Langa? «Per quanto riguarda i comuni interessati e la Comunità Montana devo dire di avere avuto molta collaborazione, purtroppo un po’ meno sotto il profilo sponsor, nonostante la presenza di grandi aziende sul territorio. Visto che la manifestazione non è più un prodotto di nicchia ma, di anno in anno cresce, spero che anche gli sponsor se ne possano accorgere...» 534 partenti, 7 nazioni rappresentate, 30% di iscritti rispetto alla precedente edizione. Come mi giustifichi, ovviamente in modo positivo, questo successo di numeri e di consensi? «Ritengo che questa crescita sia dovuta al fatto che sia la gara che il paesaggio piacciano davvero molto. Anche se nella zona non ci sono le grandi montagne come, per esempio, alla GF Fausto Coppi - Selle San Marco, anche nella Langa gli amanti della fatica possono trovare dei percorsi altrettanto tecnici e impegnativi.»
Il Relais Il Monticello si trova a 2 km dal centro di Montefiore Conca, uno dei Borghi più belli d’Italia, nello stupendo paesaggio della Valle del Conca. Da questa posizione privilegiata si può godere della vista panoramica sulla vallata e sulle colline circostanti, fino a raggiungere la costa della Riviera Adriatica col mare all’orizzonte. Poco distanti dalla Fiera di Rimini, 3 km dalla famosa Fiera di San Gregorio di Morciano che si tiene a marzo, 13 km da Cattolica, 17 km da Riccione e 40 km da Urbino. Luogo ideale per chi cerca la tranquillità, l’eleganza o la riservatezza di una fuga romantica. L’ampio giardino fa da cornice ad una esclusiva piscina con cascata, terrazza con vista sulla vallata, angoli suggestivi, zone relax per i massaggi all’aperto e tanto verde e spazio per una sana vita nella natura.
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Alessandro Gardini a cura di NICOLETTA BRINA
un farmacista sui pedali Dieta ed integrazione per lo sportivo: meglio affidarsi a personale competente perché le indicazioni non possono essere uguali per tutti. «Sono numerosi i fattori che le condizionano, dallo stile di vita agli obiettivi di allenamento. Ma nessun integratore può sostituire una dieta corretta».
la farmacia da allora. Prima di me, la gestiva mio zio, proprio nel pieno del boom di interesse sulla nutrizione. Ad oggi posso dire che vi è sempre più attenzione verso l’alimentazione nello sport ed una maggior cultura della nutrizione ed integrazione, sebbene in contemporanea sia evidente una sorta di confusione, nel senso che ormai è facile trovare determinati prodotti nei negozi ma la loro assunzione o prescrizione, pur non essendo medicinali, dovrebbe comunque avvenire dietro controllo da parte di persone competenti. Non si tratta di fare allarmismo, ma il ragionamento parte dal presupposto che nutrizione ed integrazione non possano essere uguali per tutti, o standard: è per questa ragione che occorre affidarsi a qualcuno che sia professionalmente competente in materia.»
Alessandro Gardini titolare della farmacia del Bivio a Bivio Montegelli (FC)
Uno stile di vita sano, che contempli anche lo sport, non può non dipendere anche dal giusto grado di integrazione e da una dieta che tenga presente tutta una serie di esigenze che, chi la segue, ha la necessità di soddisfare al meglio, al fine di permettere al proprio organismo di funzionare alla perfezione e senza accusare “scompensi”. È parimenti importante che dieta ed integrazione, viaggino di pari passo e siano indicati da personale valido e che abbia le competenze per farlo. L’improvvisazione, infatti, in questi casi, così come il “fai da te” determinato magari dal passaparola, rischia di pagarsi cara. A spiegare quali sono i meccanismi della nutrizione e dell’integrazione sportiva, è il dottor Alessandro Gardini, titolare della Farmacia del Bivio, di Bivio Montegelli. Dottor Gardini, innanzitutto quali sono le sue qualifiche e qual è il panorama attuale in tema di nutrizione? «Mi sono laureato in farmacia, con specializzazione in scienze dell’alimentazione nel 2003 e dirigo
Lei stesso è un ciclista. Com’è nata la sua passione per questo sport? «La passione è nata con me, dal momento che sono sempre andato in bicicletta. Il contesto stesso nel quale sono nato e cresciuto, è stato poi caratterizzato da una delle asperità più amate, ma al contempo odiate dai ciclisti, vale a dire il leggendario Barbotto, praticamente davanti a casa: probabilmente senza questo, non sarei salito in bici. È risaputo che il Barbotto sia una sorta di bestia nera per i ciclisti, passaggio obbligato di grandi corse. Per me invece era normale affrontarlo, dal momento che sono cresciuto in quella zona. Poi come tutti i ragazzini ‘normali’, i miei genitori avevano paura di comprarmi il motorino e, di conseguenza, inforcavo la bici per spostarmi. La tradizione famigliare ha poi contato parecchio: a partire dal nonno Ottavio che aveva il ristorante a Savignano di Rigo, tuttora attivo, ad arrivare allo zio Antonio, tutti erano amanti della bicicletta.» Quindi è partito subito in salita, pronto alla sfida? «Beh, nella nostra zona, la pianura non c’è, salvo qualche tratto che congiunge il Barbotto con Savignano di Rigo. In realtà poi, ho partecipato a qualche gara, per mettermi alla prova, ma ero un ragazzo con le abitudini dei ragazzi e quindi facevo tardi, studiavo ed ero impegnato nel lavoro al ristorante di mia madre e di conseguenza non avevo troppo tempo per allenarmi. Avevo più voglia di pedalare nel tempo libero che di mettermi alla prova alla ricerca di un risultato sportivo. Ora vado via due volte la settimana e mi dedico anche al nuoto.» Come abbina questa alla professione sanitaria?
«Grazie alla pratica del ciclismo, la mia passione poi all’Università di Bologna, in occasione dei miei studi, sono diventati gli integratori per lo sport. Mi occupo e studio questi prodotti da oltre 15 anni, quindi mi sono specializzato nell’ambito dell’integrazione alimentare ed ho tuttora un ampio reparto dedicato in farmacia. Facendo molto sport ed utilizzando questi prodotti, ecco che magari nella mia attività sono più preparato: provo i prodotti per primo perché comunque io per primo li utilizzerei.» Che tipo di risposte riceve dai ciclisti che si rivolgono a lei? «Sono contenti – peraltro seguono anche la mia rubrica su Inbici – specie perché non c’è molta preparazione nel mondo del ciclismo in termini di integratori, di approfondimenti sul come alimentarsi in gara, su come i vari prodotti, siano essi sali, amminoacidi o proteine, che vi sono in commercio possano aiutare. È invece importante sapere che avere un organismo che funziona bene in occasione della prestazione sportiva, equivale ad avere un mezzo all’avanguardia, curato ed integrato a dovere.» Quali sono le raccomandazioni più frequenti che fa a chi pratica ciclismo? «Bisogna partire dal presupposto che chi si avvicina al ciclismo lo fa per motivazioni diverse, con esigenze diverse e provenendo da stili di vita diversi. Questo significa che dieta ed integrazione saranno diversificati da persona a persona, per questo ho introdotto nella mia farmacia la presenza di un nutrizionista abilitato. Urge diffidare dal trattamento standard che non tenga conto di queste differenze, in realtà cruciali per il buon rendimento. Un altro punto importante è che gli integratori non possono, anzi, non devono mai sostituire una dieta, anche perché il corpo necessita di carburante ed ha quindi bisogno di essere nutrito con sostanze adatte a far ben funzionare la macchina.» Entrando nel merito, quali sono gli aspetti che condizionano la scelta della tipologia di integrazione? «Gli elementi che influiscono sulla scelta di integratori, partono senza dubbio dalla nutrizione di base, dunque la dieta, cui si aggiunge la struttura fisica, la tipologia e quantità di uscite settimanali, il programma di allenamento, gli obiettivi, le condizioni in cui si svolgono le uscite, ma anche la vita stessa che lo sportivo conduce.»
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Protagonisti a cura di Paolo Mei
MARTINO FRUET Cari lettori di INBICI in questo numero conosceremo ancor più uno dei grandi protagonisti delle due ruote grasse, Martino Fruet vent’anni ad alti livelli tra i Bikers di tutto il mondo. Il suo sogno per coronare una carRiera sarebbe diventare commissario tecnico.
Ciao Martino, cominciamo dall’inizio: da dove nasce la tua passione per la MTB? «Ciao, beh direi che la mia passione nasce quasi contemporaneamente alla nascita della mtb stessa, mi ricordo che ad un certo punto, era il ’91, si vedevano i primi ‘rampichini’ ed era l’oggetto del desiderio, io mi adoperai per comprarne una prima di tutti, lavorai tutta l’estate da mio zio e come premio ricevetti la mia prima mtb. Un vero e proprio ‘cancello’ se ci penso ora, ma nessuno della mia età ne aveva una anfoto NEWSPOWER CANON
cora e per me fu amore a prima vista. Nessun altro mezzo mi portava dove andavo con la mia mtb poi però per l’agonismo dovetti aspettare fino al ’93, al tempo si poteva correre solo dopo i 15 anni.» Hai incominciato negli anni 90, forse potremmo chiamarli “i favolosi anni 90”, per le novità, per lo spirito ancora pionieristico di questa specialità: c’è un campione che a tuo avviso ha lasciato davvero il segno? «Sì tanti sono stati i personaggi che in qualche modo hanno lasciato il segno, io posso dirti chi ha lasciato il segno in me, il primo è stato Tinker Juarez perché sul primo giornale che comprai c’era una sua foto e mi sembrava uno di qualche strana tribù e quella tribù era la mtb, poi il mio vero idolo che ha veramente lasciato il segno John Tomac quello a cui mi ispiravo, forte in salita, e in discesa un manico!! Un vero personaggio. Mi sarebbe piaciuto essere come lui e infine un’altra icona Tomboy Frischknecht per me un grande e diventato anche mio amico. Se poi devo fare un nome per il più forte atleta xc non ho dubbi Julien Absalon.» La tua carriera, iniziata nel team Carraro, ti ha visto già protagonista nel lontano 1993 con un 11° posto agli italiani di Pila, quando eri ancora un allievo. Eri un predestinato? «Io non lo so se ero un predestinato, so solo che a me piaceva andare in mtb come mi piace ora perciò andavo alle corse, qualcosa ho vinto in carriera lascio a voi decidere se ero predestinato.» Gli appassionati di mtb, non hanno dimenticato un binomio: BUI-FRUET. Quanto è stato importante per voi due crescere insieme agonisticamente parlando? «Sì eravamo una bella coppia, da giovani non ce ne era per nessuno, lui atleticamente era più forte io invece lo ero tecnicamente, se si è più di uno ad alto livello si da qualcosa in più per primeggiare questo magari ci ha aiutato agonisticamente.» Raccontaci di quel podio mondiale di Are nel 1999 alle spalle di Marco Bui e di un certo Cadel Evans. Tre uomini, tre destini diversi. «La gara era stata fatta a tavolino il giorno prima, io attaccavo sulla prima discesa e Marco a ruota di Evans e così feci io e fece Bui. Io rimasi davanti solo fino al ultimo giro poi un problema alla catena e dovetti cedere il passo
a Cadel e Marco che inseguivano. Bui sull’ultima discesa ebbe la meglio e vinse. Mi ricordo il titolo sulla gazza, Bui-Fruet comanda l’Italia. Poi chi mangia di ciclismo conosce il resto.» Terminata l’avventura in Carraro (Martino Fruet ritornerà comunque alla corte di Paolo Garniga n.d.r.), hai avuto la possibilità di far parte del Team Ritchey ufficiale alla corte di un certo Thomas Frischknecht: che cosa ti rimane di quegli anni? «Beh un’esperienza indimenticabile, pronti via un mese negli USA a casa di Tom Ritchey, vale già tanto poi ho imparato cosa vuol dire il professionismo e soprattutto mi è rimasta la cosa più importante, l’Amicizia con Frischi.» In maglia Ritchey, nel 2000, a Mazatlan, l’impresa della tua vita, che cosa ha rappresentato per te? Quanto è gratificante sapere che ancora oggi tra gli italiani in attività,sei l’unico ad aver vinto in World Cup? «Sembra incredibile con quella gara sola ho guadagnato il rispetto di tutto il mondo delle mtb di quei tempi, per me alla fine è stata una gara come un’altra perché l’ho vinta lontano dalla mia gente. Però adesso vedendo che così pochi in Italia ne hanno vinte mi gratifica molto.» Hesjedal, Evans, Sagan, Peraud, Cioni, Rasmussen, tutti grandi bikers poi diventati straordinari stradisti. Non ci hai mai pensato alla strada? «Certo, ci ho pensato, ma non mi sentivo tanto stradista e l’ambiente umano non è lontanamente paragonabile tra mtb e strada così non ho mai insistito per provare.»
Martino Fruet e le Olimpiadi. C’è chi sostiene che al fianco di Fontana, Fruet avrebbe meritato la convocazione, come premio alla carriera. Che cosa ne pensi? «Beh non so chi lo possa sostenere, ma io dico solo che deve andare chi se lo merita, io adesso non lo merito ma in passato sicuramente sì però non mi ci hanno mandato e di questo sono dispiaciuto. La mia speranza ora è di poterle fare un giorno da ct, chissà prima o poi…» La programmazione è nel tuo DNA, riesci sempre ad essere in forma quando gli eventi contano. Dove sta il segreto? «Non credo ci siano segreti una volta che sai allenarti bene e arrivare in peso-forma nel periodo delle gare giuste la differenza la fa la testa con ovviamente un pizzico di fortuna che negli ultimi anni mi è un po’ mancata.» Che cosa farà Martino Fruet una volta sceso dalla bicicletta? «E chi scende!?!? No dai non credo passerà ancora tanto, ma una cosa è certa dopo 20 anni di bici è dura cambiare quindi resterò nell’ambiente, qualcosa mi inventerò…» Come vedi il movimento italiano attuale. Ci sono volti nuovi che a tuo avviso potrebbero diventare protagonisti? «Beh uno c’è già ed è un bel personaggio, Fontana e credo darà ancora tanto alla mtb italiana, poi abbiamo un altro talento Gherry spero che non si perdi, loro sono gli esempi per i giovani ed averne due in Italia può far solo bene. Come spero di averne fatto io nel mio piccolo.» Grazie Martino e in bocca al lupo per le prossime gare «Prego grazie a voi…e crepi il lupo!!!»
foto NEWSPOWER CANON
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Agrituber tartufi a 360° Dalla micorizzazione delle piante, fino alla produzione di alimenti a base di tartufo, l’azienda di Cimadolmo offre consulenza pressoché totale ai suoi clienti al fine di realizzare delle vere e proprie colture di questo fungo tutto made in Italy.
Agrituber (www.agrituber.it) è un importante punto di riferimento a livello nazionale, per quel che concerne la produzione di tartufo. Dallo studio dei terreni, alla produzione finale di alimenti a base di questo fungo tanto apprezzato, questa azienda trevigiana, con la propria squadra di esperti, segue il proprio cliente fino alla fase del ritiro, nel post produzione. A spiegare di cosa si occupa più precisamente Agrituber, la dottoressa Daniela Guglielmi, esperta dell’azienda. Che cos’è Agrituber? «Nata da una piccola serra casalinga, quella di Giovanna Doimo, a Cimadolmo (Tv) e dalla volontà di approfondire l’interesse verso il singolare e complesso mondo dei tartufi e l’arte della tartuficoltura, Agrituber oggi è un’azienda che si distingue nel settore dei vivai specializzati nella produzione di piante da tartufo micorrizate e in un servizio completo di progettazione, consulenza e assistenza mirato alla realizzazione di tartufaie sul territorio nazionale.» Che tipo di servizi offre? «Un team di esperti tartuficoltori, periti tecnici e agronomi lavorano con impegno e dedizione per produrre piante di eccellente qualità e affiancare il cliente nel suo progetto di coltivare tartufi in modo produttivo e continuativo. La filiera verticale di Agrituber consente di affiancare i clienti nella realizzazione di una tartufaia in modo completo ed esaustivo, fornendo un piano di analisi, consulenza, progettazione ed assistenza utile a consentire lo sviluppo integrale ed efficace del singolo progetto. Agrituber, infatti, è produttore di piantine micorrizate, che vende direttamente al cliente, ma anche consulente che lo accompagna nella fase di formazione e trasferimento delle istruzioni tecniche pre-impianto, nonché esperto tartuficoltore che, mediante un team di periti tecnici e agronomi, fornisce un’adeguata e puntuale assistenza tecnica post impianto, effettua la verifica della produzione di tartufi e ne garantisce il ritiro.» Dunque Agrituber segue sin dal principio la realizzazione della tartufaia? «Esatto. Verifica l’idoneità del terreno alla coltivazione dei tartufi, progetta l’impianto tartufigeno e fornisce le giovani piante di nocciolo, carpino, quercia, rovere, roverella e leccio micorrizate in modo ottimale nelle proprie serre; istruisce e assiste il cliente nella fase di preparazione del terreno idoneo alla messa a dimora delle piantine, lo affianca negli interventi agronomici utili alla loro cura e protezione mediante controlli ciclici; lo accompagna nella verifica della produzione dei corpi fruttiferi e provvede, se necessario, alla loro raccolta, fino ad occuparsi del ritiro dell’intera produzione. Dalla fase di consulenza e verifica di fattibilità della nuova tartufaia alla fornitura di piante da tartufo ecocompatibili, dalla progettazione dell’impianto tartufigeno al ritiro dell’intera produzione di tartufi, Agrituber è in grado di erogare un servizio globale e necessario alla realizzazione di una tartufaia sana e razionale.» Agrituber gode di importanti collaborazioni… «La creazione di nuovi semenzai ci consente di ottenere gran parte del materiale vivaistico direttamente da seme italiano, fornito dal Centro Nazionale per lo Studio e la Conservazione della Biodiversità Forestale di Peri (TN), facente parte del Corpo Forestale dello Stato.
Con l’Università di Padova abbiamo invece stipulato una convenzione per il monitoraggio e la visione degli apparati radicali delle nostre giovani piantine: un docente e dei ricercatori del dipartimento TESAF oggi seguono le innovazioni e la crescita qualitativa dei nostri prodotti. Scopo finale è vedere nascere il tartufo e noi siamo convinti che seguendo i nostri consigli i risultati si ottengono.» Non solo coltivazione, ma anche produzione di alimenti al tartufo per Agrituber… «Ci impegniamo a ritirare il prodotto delle tartufaie da noi seguite e a lavorarlo attraverso le mani esperte di artigiani italiani per ottenere originali e gustosi alimenti al tartufo.»
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ENERGIA E INTEGRAZIONE INBICI a cura di EQUIPE ENERVIT
LA COSTANZA DELLA FATICA CHE FA BENE
Le difese immunitarie ovvero la resistenza alle infezioni, dell’organismo di un ciclista, di un triatleta o di un maratoneta possono aumentare o diminuire a seconda dei casi, distinguendo quello che succede come conseguenza dell’attività fisica praticata con regolarità (“effetti cronici”) e quello che capita, invece, dopo ogni allenamento (“effetti acuti”). I vantaggi dell’attività fisica - Coloro che praticano sport d’abitudine senza dubbio tendono ad essere avvantaggiati nei confronti di chi non ne fa, dal momento che nel sangue di un soggetto ben allenato aumentano certi globuli bianchi importanti proprio nella difesa dalle malattie infettive: le cellule NK - “Natural Killer”, vale a dire “assassine naturali”- che sono attive soprattutto nei confronti dei batteri e le cellule T che sono efficaci nel combattere i virus. Dopo un singolo allenamento - La conseguenza di una singola seduta è un aumento del rischio di incorrere in malattie infettive (in particolare nel mal di gola, nel raffreddore o in una bronchite), che risulta di entità media se non si fa nulla. L’entità è minima se l’attività compiuta è moderata, mentre con un incremento dello sforzo il rischio tende a crescere, fino a salire ben sopra i valori medi quando l’attività fisica è, in valore assoluto o in rapporto alle pro-
prie abitudini, intensa e prolungata. Lo stress dell’impegno, infatti, fa aumentare nel sangue il livello del cortisolo che abbassa la resistenza alle infezioni. Dopo una competizione di lunga durata Dopo una granfondo, una maratona o un triathlon, le difese immunitarie rimangono basse per alcuni o vari giorni. In una ricerca effettuata alcuni anni fa, si era visto che, nella settimana successiva a una maratona, chi l’aveva completata aveva sofferto di infezioni alle prime vie aeree nel 13% dei casi, mentre coloro che non avevano partecipato alla ma-
ratona, pur avendo compiuto un allenamento simile a chi l’aveva corsa, si era ammalato soltanto nel 2% dei casi. Allenarsi con cura per evitare rischi - La maniera migliore per non ammalarsi, in definitiva, è quella di fare sport con costanza, preferibilmente aumentando con lenta gradualità l’intensità e la durata dell’impegno. Se, poi, si decide di partecipare a una maratona o a un triathlon, vale la pena di prepararsi con molta cura, tenendo presente che, nei giorni successivi alla gara, oltre al mal di gambe si rischia il mal di gola.
L’ENERGIA CHE NON DEVE MAI MANCARE Nelle prove di fondo, l’organismo dell’atleta richiede un continuo rifornimento di energia con l’assunzione di miscele di carboidrati per limitare il progressivo consumo delle riserve di glicogeno. In tutte le discipline di endurance, le prestazioni migliorano se durante gli allenamenti lunghi e le gare si fanno rifornimenti con le giuste fonti energetiche. Nell’organismo umano, i muscoli sono in grado di lavorare con il supporto di quattro basi energetiche, che sono già presenti nel corpo prima di iniziare l’attività sportiva: glicogeno muscolare: maggior riserva di carboidrati che si può quantificare in circa 300 g in atleti ben allenati; glicogeno epatico: riserva di carboidrati che può raggiungere circa 100 g; grassi circolanti nel sangue: pochi grammi disciolti nel siero ematico; grassi muscolari, gli IMTG (intramuscular triglycerides): quantità variabili da individuo a individuo. L’energia disponibile ricavata dal glicogeno muscolare ed epatico può arrivare a 1400-1800 calorie. I grassi invece sviluppano circa 9 calorie per minuto, quindi bruciando circa 100 grammi di grassi si hanno a disposizione quasi 1000 calorie. L’allenamento corretto e protratto per anni, aumenta gli IMTG, ma anche il glicogeno contenuto nei muscoli e il grasso che arriva per via ematica. Quando, però, i muscoli hanno consumato la maggior parte del glicogeno, l’efficienza di essi si abbassa e l’atleta riduce inevitabilmente la sua velocità. Durante una competizione di fondo come il ciclismo l’atleta deve rifornirsi costantemente in prevalenza con carboidrati, meglio se si tratta di una miscela di maltodestrine e fruttosio, in forma liquida o in gel, oppure in tavolette. Molti sportivi iniziano il rifornimento di carboidrati anche 30-50 minuti prima del via con un innovativo integratore in gelatina che dà fruttosio e isomaltulosio, zuccheri che superano velocemente lo stomaco, ma che vengono assorbiti lentamente, mentre la gara è in corso. Il percorso energetico, tuttavia, inizia molto prima. Con il rifornimento giusto di energia. Per sfatare un mito interviene il prof. Enrico Arcelli, presidente del Comitato Scientifico dell’Equipe Enervit che precisa: «Prima di una gara di fondo o di una lunga uscita in bici, gli atleti di endurance, come i maratoneti o i marciatori, non devono assumere grandi quantità di glucosio, di maltodestrine o di zucchero da cucina (saccarosio), ossia carboidrati che vengono assorbiti velocemente e che impedirebbero all’inizio della gara di utilizzare grassi, determinando di conseguenza un consumo molto alto di glicogeno che, dunque, si esaurirà precocemente. Devono, invece, prendere una o due gelatine di zuccheri a lento assorbimento, ossia di fruttosio e di isomaltulosio». Il segreto durante: «Nel corso di tutte le gare di durata superiore ai 70-90 minuti è necessario assumere carboidrati. – dice il prof. Arcelli - Ideale è una miscela di carboidrati che, nel corso dello sforzo, garantisce i massimi vantaggi, quella costituita da maltodestrine e fruttosio, in un rapporto di 1,3 a 1, secondo la formula definita ‘C.OX’, con l’aggiunta di poca caffeina per rendere più assorbibili i carboidrati».
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Granfondo Noberasco a cura di ENRICO CAVALLINI
Tante novità per la Granfondo del 23 Settembre Sarà unico il percorso di questa edizione. La Granfondo Noberasco del prossimo 23 settembre sarà l’ultima prova del Giro delle Regioni e della Coppa Liguria.
foto ENRICO CAVALLINI / PLAYFULL NIKON
vede la spettacolare discesa degli armenti dalla montagna verso la piana, che interessa la cittadina di Mendatica il sabato precedente, purtroppo lascia le strade non altamente appropriate al passaggio delle biciclette. Il nuovo percorso ricalca per metà quello originario, lasciando inalterata la prima scalata a Caprauna, con la bella e lunga salita fino al colle. Da qui l’altrettanto bella e veloce discesa sino alla Statale del Colle di Nava. Dopo la facile ascesa al colle ci si dirigerà a Pieve di Teco, per proseguire sino a Borghetto d’Arroscia dove inizierà la terza scalata di giornata verso Aquila d’Arroscia. Giunti alla cima, un lungo tratto di sali e scendi, lungo la panoramica mezza costa, attraverserà gli abitati di Onzo e Vendone per ridiscendere a Villanova d’Albenga e da qui fare ritorno al punto di partenza, per un totale di 116 chilometri e un dislivello di 2144 metri. Nulla di estremo, ma non sarà neanche una passeggiata.
Albenga (Sv) – Ci saranno alcune importanti novità per la Granfondo Noberasco che si terrà il prossimo 23 settembre ad Albenga. La prima è la riduzione del tracciato ad un unico percorso. La fortuna ha arriso troppe volte all’organizzazione e a fine settembre salire fino ai 1600m slm del Passo delle Salse potrebbe causare dei problemi in caso di brutto tempo. Inoltre la classica transumanza che
Non poteva essere altrimenti! Il pacco gara della Granfondo Noberasco del prossimo 23 settembre avrà come protagonista uno snack 100% frutta prodotto dalla stessa Noberasco, azienda leader del settore. Il protagonista si chiama Fruttime, la frutta al cubo di Noberasco. Con Fruttime, il primo snack di sola frutta a cubetti, Noberasco reinventa il modo di consumare la frutta: comodo, veloce, sano e gustoso. Partendo dalla frutta, senza aggiunta di succhi concentrati, Noberasco propone agli sportivi una modalità innovativa di gustare la frutta. Fruttime si differenzia perché è sola frutta, racchiusa in pratiche bustine da 30 grammi facilmente richiudibili.
La seconda novità è legata ai circuiti: saranno ben quattro i contenitori che vedono la Granfondo Noberasco come prova integrante. La manifestazione farà infatti ultima prova del Gran Trofeo, seconda prova del Gran Premio Mare d’Autunno e, vista la disdetta organizzativa della Granfondo della Spezia, sarà anche la prova finale del Giro delle Regioni e della Coppa Liguria.
La formulazione è semplice: solo 100% di frutta a cubetti, senza zuccheri aggiunti, senza pectine, coloranti, gelificanti o succhi di mela, nelle quattro varianti: Albicocca, Prugna, Pera, Frutti di bosco. Uno snack nuovo e naturale, ideato per soddisfare le richieste di quanti desiderano curare maggiormente la propria alimentazione. Adatto al consumo in ogni momento della giornata, Fruttime è così naturale che conquisterà la fiducia degli sportivi ed è così equilibrato da soddisfare le esigenze di chi ama mantenersi in forma e ha a cuore il benessere del proprio corpo, grazie alle poche calorie per porzione e all’alto contenuto di fibre. I pratici cubetti 100% frutta non appiccicano, non ungono e non sporcano le mani, e forniscono al fisico la carica necessaria per affrontare le fatiche in bicicletta. Inoltre la confezione ergonomica e di piccole dimensioni consente una immediata impugnatu-
ra e trova facilmente posto in tasca nello zaino o in borsa. L’esclusiva busta, datata di zipper, è comodamente richiudibile. Fruttime è il risultato di un progetto di innovazione dall’azienda leader, interamente realizzato nel proprio stabilimento in Italia, nella convinzione che una corretta alimentazione sia il primo passo per mantenersi in buona salute. Gli studi scientifici indicano che sono sufficienti cinque porzioni al giorno di alimenti vegetali per ritrovare il benessere, ma non sempre frutta e verdura sono a portata di mano. E anche se i consumatori preferiscono gli snack salutari, con un basso contenuto di zuccheri e grassi, senza colesterolo, è pur vero che desiderano trovare prodotti buoni e soprattutto pratici. Noberasco, attenta alla qualità da sempre e con notevoli investimenti, è impegnata a creare nuove opportunità di consumo di frutta. E Fruttime ne è un esempio. Fruttime sarà quindi inserito nel pacco gara dei granfondisti già il 23 settembre, mentre sarà presente nei grandi supermercati dal mese di ottobre. Ovviamente insieme a Fruttime, nel pacco gara troveranno posto anche altri articoli tecnici che verranno definiti nei prossimi giorni.
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BIKE EVOLUTION UNITI PER LA VITTORIA a cura di DIEGO MADEDDU
3° G.P. Provincia Granda Bike Evolution scende in pista
foto ENRICO CAVALLINI / PLAY FULL NIKON
Quando la Bike Evolution scende in pista, per gli avversari restano solo le briciole. La riconferma giunge nelle prime giornate di agosto, in occasione della terza edizione del Granpremio Provincia Granda. È, infatti, ancora la Bike Evolution ad aggiudicarsi per il secondo anno consecutivo la kermesse ciclistica. Presentatasi ai nastri di partenza con i suoi migliori atleti, da Camussa, a Soro, fresco del secondo Mondiale, da Merlo, Bravo, Tagliavacche, a Gaggioli, la squadra ha fatto subito capire che la sua presenza non sarebbe stata certamente di contorno, ma di assoluto protagonismo. Ebbene, le cinque prove, di cui una cronometro, una cronoscalata e tre corse in linea, hanno visto il dominio assoluto del Team di Busalla già dalla crono d’esordio, il giovedì sera: Camussa, con un tempo di 2.21 secondi, ha chiuso al 1° posto i 2 km del percorso ricavato nella centrale Corso Nizza/Piazza Galimberti di Cuneo. Dopo il successo del giovedì sera, che ha segnato l’esordio positivo del team, Camussa ha fatto davvero incetta di premi: si è, infatti, aggiudicato anche la cronoscalata e le restanti gare in linea del sabato e domenica. Di questo successo di Piergiorgio il merito va anche ai “gregari di lusso” che lo hanno supportato per il raggiungimento della vittoria.
Piergiorgio Camussa grande protagonista di stagione
PATRIZIA CABELLA veloce come il vento
Una donna, veloce come il vento, quel vento che, in Sud Africa, ha rischiato di allontanarla dal sogno iridato. E invece Patrizia Cabella, del Bike Evolution, ha stretto i denti e si è meritatamente piazzata al terzo posto. Non una gara qualsiasi, ma i Campionati Mondiali Uci di Pietermaritzburg, in Sud Africa, lo scorso 26 agosto, competizione che l’aveva vista nel 2011 mettersi al collo la medaglia d’argento. La ligure, ha fatto sua quella di bronzo Women 50-54. Su un percorso di 61 km ed un dislivello di 1200 m, contraddistinto, come si diceva, da un vento fortissimo, l’atleta della Bike ha tentato sino alla fine di farsi sotto alle fuggitive,
senza mai mollare. A fregarla, si fa per dire, il suo peso, troppo leggero per contrastare le due avversarie e oltretutto il vento. Il gruppo, sin dalle battute iniziali, poco dopo la partenza si è disposto in fila indiana, fino alla prima salita. Le atlete più forti, ivi compresa la Cabella, si mettono immediatamente in luce. Alla prima pendenza, sono quattro le fuggitive, tra le quali anche la portacolori di Bike Evolution, a due minuti dal gruppo che insegue. I cambi vengono fatti in maniera regolare, fino all’attacco della seconda salita, in corrispondenza della quale la Cound e la Vien cominciano a spingere sui pedali e ad aumentare l’andatura. La Cabella tenta più volte di prendere la pedalata e agganciare le
due fuggitive, ma si deve arrendere. Mantiene la posizione di distacco, ossia un minuto da chi la precede e, senza poter utilizzare il riposo dettato dai cambi – condizione che indubbiamente facilita la Cound e la Vien che corrono insieme fino alla fine – e giunge infine a coprire gli ultimi chilometri. Mentre in testa, quindi l’ultimo chilometro vede la volata finale al cardiopalma tra la Cound e la Vien, giunte poi rispettivamente prima e seconda, alle loro spalle, la Cabella arriva di buon passo piazzandosi così al terzo posto del Mondiale. Un buon risultato per l’atleta della Bike Evolution che, di fatto, non tradisce i propositi che la davano tra le favorite, grazie anche all’argento conquistato l’anno passato.
foto PLAYFULL NIKON
PATRIZIA CABELLA, Medaglia di Bronzo ai recenti campionati del mondo
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DOSSIER SPORT E MEDICINA a cura del Dr. Maurizio Radi - Centro Fisioradi Pesaro
FRATTURA/LUSSAZIONE TESTA DELL’OMERO
Frattura/lussazione di spalla Le fratture a tre e quattro parti dell’epifisi prossimale dell’omero sono lesioni estremamente gravi che possono comprometterne la vitalità. Sia la valutazione sia il trattamento possono essere estremamente difficili. Tuttavia, una conoscenza approfondita dei rapporti gleno-omerali normali e l’accurata attenzione rivolta a fattori quali il tipo di frattura, la qualità dell’osso, la motivazione e le aspettative del paziente consentono di ottimizzare il trattamento. Come vengono classificate le fratture? Le fratture e le fratture-lussazioni dell’omero prossimale rappresentano un complesso spettro di lesioni che includono fratture composte, scomposte a tre e quattro frammenti, con “head splitting” e fratture da impatto della testa omerale . Le fratture scomposte in tre e quattro parti possono alterare irreversibilmente la congruità articolare dell’articolazione gleno-omerale e hanno un’alta probabilità di necrosi ischemica in seguito all’interruzione delle strutture vascolari che irrorano l’omero prossimale (cioè, il ramo ascendente dell’arteria circonflessa omerale anteriore) Come avviene il primo soccorso in questo infortunio? In attesa dell’arrivo del medico, è importante non muovere la parte lesa e non compiere movimenti inutili e pericolosi. Ciò serve ad evitare fastidiose e pericolose complicazioni. All’osservazione dell’arto traumatizzato, si evidenziano in corrispondenza della spalla e del braccio gonfiore ed ecchimosi, dolore e impotenza funzionale. Il trauma può aver causato lesioni neuro vascolari associate. L’eventuale frattura scomposta non va assolutamente toccata in attesa dei soccorsi. Una radiografia al pronto soccorso confermerà la diagnosi. Se il grado di scomposizione della frattura è dubbio, è indicato uno studio TC. Nel caso in cui quest’ultimo mostri uno spostamento di cm.1 o più abbiamo indicazione per un trattamento chirurgico.
Tutte le fratture guariscono completamente? Purtroppo in queste fratture si possono riscontrare complicanze. Quelle immediate sono legate al possibile danno vascolare (a.omerale) o nervoso (nervo circonflesso) causato dai frammenti di frattura. Inoltre, è possibile che il trauma causi la rottura della cuffia nei pazienti più anziani. Una complicanza precoce è l’infezione del focolaio di frattura, evenienza, per altro, poco frequente. Nelle tardive, le complicanze più comuni sono: la necrosi avascolare (NAV) dell’epifisi prossimale dell’omero, il ritardo di consolidazione, la pseudoartrosi e la sindrome da conflitto sotto-acromiale. Quali sono gli obiettivi della riabilitazione dopo una frattura della testa dell’omero? Riduzione del dolore post-operatorio, recupero del ROM passivo e poi attivo, recupero della propriocezione, recupero del forza muscolare dell’arto operato e di tutto il segmento motorio coinvolto ed infine il recupero ad un livello di funzionalità soddisfacente per la vita quotidiana della persona. Come vengono riabilitati i pazienti dopo intervento chirurgico? La riabilitazione post-operatoria viene iniziata il giorno dopo l’intervento chirurgico. Il braccio del paziente viene tolto dal tutore e si inizia un esercizio di articolarità del gomito, della mano e del polso. Viene fatta una mobilizzazione passiva dell’arto superiore in avanti fino ad una articolarità di 90°/100° sul piano scapolare. Si istruisce il paziente ad eseguire movimenti passivi in avanti con l’aiuto dell’arto controlaterale. In questo periodo, si effettuano anche massaggi paracervicali e parascapolari per evitare o ridurre le rigidità muscolari, inoltre si effettua della terapia fisica di supporto per ridurre il
Come avviene il trattamento chirurgico? Le opzioni per il trattamento delle fratture a tre e quattro parti dell’omero prossimale includono il trattamento con riduzione e sintesi percutanea e a cielo aperto, l’endoprotesi e la protesi inversa. La scelta del trattamento è determinata dal tipo di frattura, età del paziente e qualità dell’osso. Tecniche per riduzione e sintesi comprendono l’uso di fili di Kirshner, placche e viti e inchiodamento midollare. La sintesi con placche e viti, pare essere il sistema di fissazione più stabile dal punto di vista biomeccanico. Le indicazioni per endoprotesi si sono evolute in base ad un’attenta analisi dei risultati della riduzione e sintesi a cielo aperto di queste lesioni. La fissazione nell’osso osteoporotico può essere a rischio e pertanto, in questo tipo di pazienti, si preferisce una sostituzione protesica. La prevenzione esiste? Non si può fare molto per prevenire questo trauma, poiché avviene tramite due meccanismi:
Fratture / lussazioni
• uno traumatico diretto, con forza applicata sul versante anteriore, laterale e postero–laterale; • uno traumatico indiretto, nel quale la frattura viene determinata da un carico assiale trasmesso all’omero attraverso il gomito o attraverso la mano e l’avambraccio, con atteggiamento del gomito bloccato in estensione.
Frattura a 4 frammenti
Quanto tempo ci vuole per guarire da una frattura? I tempi di guarigione biologici, normalmente oscillano tra le quattro e le sei settimane. È comunque importante un monitoraggio radiografico durante detto periodo per valutare l’evoluzione della formazione del callo osseo.
dolore post-operatorio. Dal 30° giorno in aggiunta al lavoro sopra descritto si associano esercizi attivi in acqua per iniziare il recupero attivo. Si prosegue con questo tipo di lavoro per circa 4560 giorni. Successivamente si inizia un lavoro di recupero muscolare con elastici. Possiamo definire che il livello di funzionalità ottenuto e pressoché definitivo quando, nonostante il continuo impegno da parte del paziente e del fisioterapista, vi sia un arresto nella progressione, protratto nel tempo. Le capacità motorie raggiunte variano in relazione a diversi fattori: età, motivazione del paziente, patologia, tipo di intervento, qualità dei tessuti. In questi casi un protocollo riabilitativo può durare dai 6 ai 12 mesi.
Protesi testa omero
Protesi testa omero Intervento frattura
Intervento frattura Uno schema di intervento
brina@gocom.it
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VelòSystem a cura di NICOLETTA BRINA
IL CICLISMO SEMPRE PIù UNO SPORT TECNICO IL PROTOCOLLO VELòSYSTEM NASCE PER L’ESIGENZA DI UN CICLISTA SEMPRE PIù PREPARATO E TECNICO DISPOSTO A MIGLIORARE E MIGLIORARSI
Il ciclismo sta divenendo sempre più uno sport tecnico: insieme alla grande avanguardia in termini di materiali e di accessori ad uso e consumo di chi pratica questa disciplina, si fa largo negli ultimi anni anche lo studio della biomeccanica applicata a questa attività. Maggior attenzione al gesto, alla postura, ma anche all’alimentazione ed al comfort che diventano elementi determinanti nella prestazione sportiva. VelòSystem, sotto questo punto di vista, ha fatto dello studio di biomeccanica, una delle punte di diamante della propria attività. A Fabrizio Fagioli, titolare di VelòSystem, il compito di spiegare l’evoluzione di questo protocollo.
Fabrizio Fagioli titolare di VelòSystem
Che cos’è VelòSystem e di cosa si occupa? «È un’azienda che opera principalmente nell’ambito dei servizi per il ciclismo, in particolare per quel che riguarda la biomeccanica, la consulenza atletica e tecnica. Questa ha sviluppato un prodotto denominato appunto ‘VelòSystem’ che consiste in una serie di strumentazioni ed un protocollo unico e condiviso con una trentina di punti VelòSystem sul territorio, mediante un franchising di servizi dedicati appunto al ciclismo. VelòSystem ha una lunga esperienza nel campo, nascendo da un’attività di consulenza che fonde le sue radici negli anni ’90 e raccoglie, di fatto, il background tecnico sviluppatosi in tutti questi anni.» Recentemente si è tenuto un meeting per illustrare le novità di VelòSystem: cosa c’è di nuovo? «Attualmente, come si diceva, abbiamo una trentina di centri sul territorio nazionale che utilizzano strumenti e protocollo comune e, due volte l’anno, viene effettuato l’aggiornamento tecnico e marketing. D’inverno si tengono due master, uno a Milano e uno a Roma, mentre d’estate a Cesenatico, area nella quale è nato, di fatto VelòSystem, si tiene un meeting unico. Nel corso del meeting di Cesenatico, abbiamo presentato il nuovo protocollo per la regolazione delle tacchette delle scarpe del ciclista, poi ci sono stati degli aggiornamenti software; è stato altresì presentato un progetto per la creazione di una scuola di ciclismo per amatori sul territorio.» Una scuola di ciclismo, di che si tratta precisamente? «Molti dei centri che sono legati a VelòSystem proporranno questi corsi per amatori: gli ambiti saranno 4, ovvero la meccanica, quindi, per esempio la manutenzione ordinaria della bici, la biomeccanica, quindi come sostituire le tacchette, come regolare la sella, ovvero quelle operazioni da fare dopo il test di biomeccanica, infine una parte riguardante l’allenamento e una l’alimentazione. A questi, si aggiunge anche il modulo di tecnica e tattica. Proporremo così questa scuola ed ogni modulo si compone di 5 ore, ovvero due serate da due ore e mezza a numero chiuso per amatori. Credo sia la prima esperienza di questo. È un fornire all’amatore tutta una serie di informazioni utili per poter imparare o migliorare il loro approccio con la bici.» Quanto è importante la conoscenza da parte dell’amatore degli aspetti di biomeccanica? «Il ciclismo è uno sport che contiene molto tecnicismo, purtroppo a fronte di una tecnologia che ha fatto passi da gigante, lo stesso non si può dire per gli operatori ed i praticanti. Anzi forse sono cresciuti più i praticanti degli operatori. Devono crescere le competenze per fare questo sport. Facendo un esempio, gli studi di biomeccanica sulla postura in bici sono importati perché una postura sbagliata ha ripercussioni su tre ambiti: perdita del comfort, della performance e in termini di sovraccarichi funzionali e tensioni fisiche. Se il ciclista prende una bici che è perfetta come misure, ma non vi monta ad esempio una sella comoda perché non tiene conto della sua conformazione fisica, ne può perdere sotto questi tre aspetti. Insomma, basta sottovalutare anche un singolo e banale componente che ne va della prestazione stessa e, talvolta, anche in termini di salute.»
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MEDAGLIA OLIMPICA a cura di GIANLUCA BARBIERI
MEDAGLIA DI BRONZO PER MARCO AURELIO FONTANA
foto LA PRESSE / DANIELE BADOLATO
L’Italia festeggia la prima medaglia olimpica della storia nella mtb maschile
foto CARL DE SOUZA
Marco Aurelio Fontana
Londra, 12 agosto 2012 – Nella giornata conclusiva delle Olimpiadi Marco Aurelio Fontana regala una splendida medaglia di bronzo all’Italia e a tutto il ciclismo azzurro. La gara del cross country si è conclusa con la volata a due con la vittoria e la medaglia d’oro per il ceco Kulhavy, primo in 1.29.07, e l’argento allo svizzero Nino Schurter staccato di un secondo. Alle loro spalle però il bronzo è tutto di Fontana che ha chiuso terzo in 1.29.32. Un risultato importante che regala all’Italia la prima medaglia della storia in campo maschile da quando il cross country fa parte del programma olimpico. Si tratta della terza medaglia olimpica per l’Italia della mountain bike alle olimpiadi dopo i due ori conquistati da Paola Pezzo ad Atlanta 1996 e Sydney 2000. Sullo spettacolare e tecnico circuito dell’Hadleigh Farm Fontana ha dimostrato grinta e carattere conducendo la corsa dal primo all’ultimo dei 7 giri
foto GRAHAM WATSON / BETTINI Photo
Gerhard Kerschbaumer
previsti in testa, con il terzetto dei migliori formato dall’italiano assieme al ceco Jaroslav Kulhavy e allo svizzero Nino Schurter. Giro dopo giro il terzetto ha imposto il suo ritmo tagliando fuori dalla lotta gli avversari. Gli unici che hanno provato a resistere rientrando su di loro sono stati il sud africano Burry Stander e lo spagnolo Jose Antonio Hermida che però poi negli ultimi due giri hanno definitivamente perso contatto. Un’impresa straordinaria quella di Fontana che è stato più forte anche della sfortuna. Nell’ultimo giro infatti il biker azzurro in una delle fasi più concitate della gara, in un tratto in discesa molto tecnico, probabilmente a causa delle sollecitazioni del terreno, ha perso la sella. Fontana che però aveva già accusato un piccolo cedimento, ha visto scappare via definitivamente il treno per l’oro con Kulhavy e Schurter, però non si è fatto prendere dall’agitazione e ha saputo reagire con lucidità. L’azzurro ha mantenuto calma e concentrazione e ha continuato pedalando fuori sella, non senza difficoltà, fino al traguardo resistendo alla rimonta dello spagnolo Hermida e del sudafricano Stander, andando così ha prendersi meritatamente la medaglia di bronzo. «Vincere una medaglia alle Olimpiadi era il mio sogno e adesso ci sono riuscito» spiega commosso Fontana, quest’anno già tre volte terzo in Coppa del Mondo e quinto ai Giochi Olimpici di Pechino 2008. «Sono felice è una grande emozione, questa gara era l’obiettivo di un intera stagione, mi sono preparato scrupolosamente; sapevo di stare bene, ci credevo, ma ogni gara ha la sua storia e basta poco per compromettere tutto, comunque penso di avere fatto la gara migliore da quando corro in mountain bike. Per vincere questa medaglia sono serviti testa e gambe, penso di avere corso tatticamente molto bene. Dopo l’episodio
della sella ho cercato di mantenere la calma e reagire ma l’ultimo km e mezzo è stato infinito, gli ultimi metri ho pedalato con il cuore, volevo troppo questa medaglia. Una medaglia che dedico prima di tutto alla mia famiglia e agli amici che hanno sempre creduto in me e sono venuti anche oggi qui a sostenermi e poi alla squadra e a tutto il movimento del fuoristrada italiano. Siamo una grande squadra, questa medaglia dimostra che ci siamo e spero che possa incentivare tanti giovani ad avvicinarsi a questo bellissimo sport.» «Marco oggi è stato davvero straordinario, questo bronzo vale quasi come un oro» dice il C.T. Hubert Pallhuber. «Speravamo in un buon risultato, ma conquistare una medaglia alle Olimpiadi non è impresa semplice. Fontana è partito fortissimo e ha corso con grande intelligenza sempre a ruota di Kulhavy e Schurter mettendosi però in testa nell’ultimo giro e provando anche ad attaccare facendo capire agli avversari che non era li con loro per caso. Peccato
per l’episodio della sella, nella mountain bike gli imprevisti sono sempre dietro l’angolo, però non penso che questo episodio abbia influito sul risultato finale della gara. Nell’ultima salita quando Schurter ha attaccato ho visto che Marco pedalava ancora seduto ed è in questo punto che ha avuto un cedimento e si è staccato leggermente dalla coppia di testa, quindi prima del problema alla sella. Il ceco e lo svizzero hanno dimostrato di avere qualcosa in più ma Marco ha comunque fatto una prestazione maiuscola andando a prendersi questa medaglia importantissima per lui, per la nostra squadra e per tutta l’Italia delle due ruote.» Da segnalare anche l’ottimo esordio olimpico dell’under 23 azzurro Gerhard Kerschbaumer, protagonista di un grande finale tutto in rimonta dalla ventesima alla tredicesima posizione a 2’55” dal vincitore. Con questi atleti oggi la mountain bike azzurra può davvero sorridere guardando con fiducia e soddisfazione sia al presente che al futuro.
Fiore all’occhiello per l’italia anche Fulvia Tosi, unico giudice donna in questa disciplina
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I NOSTRI GIOVANI a cura di IVAN CECCHINI
10° GP Città di Gabicce Mare - Memorial Elio Clementi A Case Badioli di Gabicce Mare quella di mercoledì 8 agosto è stata una ricchissima giornata dedicata al ciclismo giovanile. Sedici le gare disputate in rapida successione e record di adesioni (570 atleti iscritti) provenienti da ogni parte d’Italia hanno onorato il notevole sforzo organizzativo fatto dal Nuovo G.C. Gabicce Mare in collaborazione con l’Amministazione Comunale per allestire questa riuscitissima classica kermesse pre-ferragostana.
foto Ettore Bartolini’12
foto Ettore Bartolini’12
Luca Pacioni in azione
Il vincitore della categoria Under 23 Luca Pacioni (Team Colpack)
Le gare più importanti della serata Tripla gara per gli allievi divisi in batterie (erano ben 130 gli iscritti alla vigilia). Belle vittorie per Federico Olei della Juvenes CIS Rsm, Francesco di Felice della Digiotek Team Pescara e Filippo Rocchetti del Free Photobike. Nel frattempo sale nell’aria il profumo delle cozze alla marinara cucinate nello stand a bordo strada nella mega pentola da guinness realizzata dalla ditta SEA di Gabicce. Tra gli Juniores l’azzurrino Francesco Pedante (Acqua&Sapone Masciarelli) vince una gara tiratissima ed incerta fino all’ultimo. Arrivano i fuochi d’artificio e colorano il cielo di Gabicce Mare creando uno spettacolo nello spettacolo in attesa del gran finale con gli Elite Under 23. Una corsa condotta sul filo dei cinquanta all’ora e successo che va al romagnolo Luca Pacioni (Team Colpack) si conferma infallibile su questo traguardo con sette partecipazioni ed altrettante vittorie imponendosi nettamente sul tandem della S.C. Reda Mokador Stacchiotti e Riciputi.
Alla fine le ricchissime premiazioni come sempre, con il Sindaco di Gabicce Mare, Corrado Curti, l’Assessore allo Sport Vittorio Annibalini e le varie autorità sportive con il Presidente del C.R. Marche, Vincenzino Alesiani, Mario Tittarelli e Ferruccio Silipigni rispettivamente presidenti dei C.P. di PesaroUbino e Rimini. Presenti anche l’ex professionista pesarese e tre volte campione d’Italia Enrico Paolini ed il noto giornalista sportivo Giorgio Martino. Il prestigioso Memorial Elio Clementi (consegnato dal fratello Sergio) va al team Colpack, società di appartenenza del vincitore della prova E U23 Luca Pacioni. È stata una vera e propria maratona organizzativa con numeri da record ed un successo di adesioni inaspettato. Siamo pienamente soddisfatti, ci dice Carlo Messersì, attivissimo presidente del club organizzatore. Oltre alle gare abbiamo curato e puntato molto sull’ospitalità, offrendo a tutti gli intervenuti un maxi rinfresco a base di cozze, pesche nettarine e dolciumi. La risposta degli sportivi presenti è stata eccezionale, possiamo affermare che gli atleti in gara hanno corso con oltre duemila persone presenti a bordo strada: un colpo d’occhio veramente unico e straordinario! Di questo io e il mio staff ne siamo molto orgogliosi. Concludo ringraziando, dal primo all’ultimo, tutti quelli che hanno collaborato per la perfetta riuscita della manifestazione, con la speranza di poter riproporre nell’agosto del 2013 un altra splendida edizione.
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ÖTZTALER RADMARATHON a cura di Scolari Pizzinini
STEFAN KIRCHMAIR è IL TRIONFATORE PER IL SECONDO ANNO CONSECUTIVO SUL PODIO FEMMINILE L’ALTOATESINA ILMER MARINA. uno degli appuntamenti piu attesi del mondo granfondistico internazionale punto di arrivo per chi ama confrontarsi con se stesso e vivere un’emozione a contatto con la grandezza dolomitica Ötztaler Radmarathon 238 km e 5.500 m di dislivello
Sölden/Ötztal (Austria) – Sono partiti in 3841 alla 32.ma edizione della Ötztaler Radmarathon che ha visto in gara 3636 uomini e 205 donne in rappresentanza di 30 nazioni. Gli iscritti erano oltre 4.000 sorteggiati tra le 19.000 richieste di partecipazione cresciute visibilmente rispetto alle 15.500 dello scorso anno. Clima mite e nuvole hanno accompagnato il serpentone, che alle 6.45 è partito da Sölden. L’incognita pioggia è stata scongiurata almeno alla partenza e durante la gara, il sole ha accompagnato per diversi tratti i ciclisti, che si sono cimentati in questa che è considerata la gara più dura delle Alpi. Con i suoi 238 km e 5.500 m di dislivello, è un traguardo personale che, solo chi ha nelle gambe chilometri di salite, riesce ad affrontare. Anche quest’anno i più numerosi sono stati i tedeschi con 2.343 iscritti, seguiti dagli austriaci con 1.018 e dagli italiani con 715 ciclisti provenienti da 73 province. Ad aggiudicarsi, per il secondo anno consecutivo il podio della 32°
Ötztaler Radmarathon 2012, competizione ciclistica aperta a professionisti e dilettanti, il tirolese Kirchmair Stefan con il tempo di 7.06.31. Il brutto tempo dei giorni scorsi, non ha influenzato la gara che ha visto una partenza all’asciutto e temperature in rialzo durante la prima parte della giornata, così da facilitare i partecipanti, che nel pomeriggio invece hanno dovuto fare i conti con il freddo e la pioggia. La fatica è il comune denominatore di questa sfida fatte di grandi e lunghe scalate. I passi più duri sono quelli di fine gara, dove lo sforzo richiesto è davvero tanto. Il primo è stato il Kühtai, 18.5 km dopo l’avvio in discesa verso il fondovalle del tratto iniziale. Alla volta del Brennero, il percorso è poi sconfinato in Italia a Vipiteno (Bz) per affrontare successivamente le salite degli altri due passi, il Giovo a 2090 m e il massacrante Rombo a 2059 m. Al secondo posto, si è classificato il belga Bury Bart con il tempo di 7.01.03 mentre terzo si
è classificato il locale Neurater Armin di Oetz con il tempo di 7.15.03. Sul podio femminile si è riconfermata la belga Vanden Brande Edith classe 1982 Veltec team Granfondo che vince per il quarto anno consecutivo con il tempo di 7.51.25 pressochè identico a quello dello scorso anno, che era di 5 centesimi superiore, davanti all’italiana Ilmer Marina a +14.24 e l’austriaca Mayer Barbara con il tempo di 8.24.09 Una gara contrassegnata dallo sprint del tirolese Kirchmair, che ha subito evidenziato un ottimo tempo durante tutto il percorso, trascinando i rivali le cui performances sono state superiori alla media degli scorsi anni con tempi ottimi. Senza mai mollare e sempre all’attacco, come esige questa granfondo, hanno affrontato con le ultime forze rimaste il durissimo Passo Rombo con i suoi 2059 m. di altezza e 28.7 km di salita, per poi lasciarsi andare in discesa verso l’arrivo di Sölden alla velocità di 100 km orari. Il giovane ciclista tirolese Stefan Kirchmair, classe 1988 è sempre stato in gara affrontando per primo il Passo Rombo a 6.27.39 seguito da Bury Bart e da Armin Neurater. Il vincitore riconferma la vittoria al Tirolo anche quest’anno, dopo che per molti anni erano stati gli italiani a predominare, ma che in questa edizione non hanno raggiunto posizioni importanti, al settimo posto il ligure Caddeo Manuele mentre ottavo il vicentino Cunico Roberto. «Una vittoria importante, una riconferma che mi fa gioire. Quest’anno, in seguito a una frattura, non ho potuto gareggiare molto, mi sono concentrato solo su due, tre granfondo. È sempre una fatica pazzesca, ma sono partito bene e ho tenuto per tutta la gara con tempi davvero importanti. Per poco non sono riuscito a scendere sotto le 7 ore, ma sono soddisfatto e molto felice di questo traguardo».
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Marco Giovannini a cura di NICOLETTA BRINA
il passista col vizio di vincere
foto IDO TALENTI
New entry della Speedy Nonsolotetti, l’autista ferrarese non nasconde la sua determinazione: «So razionalizzare le energie anche quando non sono in forma e se mi va bene, qualcosa vinco sempre.»
Marco Giovannini in azione
Puntare su di lui? Forse conviene, perché sul podio, bene o male, ci finisce sempre. Lui, appunto, è Marco Giovannini, 44 anni, autista di Argenta, in provincia di Ferrara, e neo acquisto della formazione cesenate della Speedy Nonsolotetti. Lui è uno che vince, insomma. E di ironia in tutto questo, ce n’è davvero poca. Passione, determinazione e, giustamente, la voglia di arrivare prima di tutti gli altri.
Giovannini, da quanto tempo va in bici e da dove è nata questa passione? «Vado in bici dall’età di 16 anni, colpa, si fa per dire, di mio padre e dei miei amici. Mio papà andava e va tuttora in bicicletta: si gira per la zona di Argenta e con lui esco di frequente. È davvero una bellissima esperienza poter uscire con lui. Con gli amici invece ho iniziato a gareggiare: sono stati infatti loro a portarmi a fare le prime gare da allievo.» Una carriera fulminea la sua… «Indubbiamente ho cominciato tardi, ma mi sono sentito subito a mio agio. Ho iniziato
a vincere le prime coppe ed i primi trofei intorno ai 16-17 anni, da allievo. Le qualità c’erano poi ho continuato fino ai 23 anni a correre.» Da quanto tempo corre nel team Speedy? «In verità è la mia prima stagione con questa squadra. Mi trovo molto bene, è un bel gruppo, certo, sono un po’ lontano da casa, ma riesco a rientrare a Ferrara ed a spostarmi con il team nel weekend in occasione delle gare. Poi si organizza qualche pizzata durante la settimana. Il clima è molto bello: sono ragazzi che conoscevo già da qualche tempo, perché ci trovavamo alle gare e ora siamo compagni di squadra molto affiatati». La descrivono come un passista veloce che non perde occasione per salire sul gradino del podio, è così? «È così (ride, ndr.), sono queste le mie caratteristiche: sono abbastanza potente e veloce e, bene o male, riesco sempre a portare a casa qualche premio. Sono uno sul quale si può contare insomma. Mi sono reso conto che, anche in condizioni
non ideali di forma, sono in grado di razionalizzare le forze, sfruttando le mie caratteristiche e di arrivare a podio. In questa stagione, per esempio, non sono ancora in condizione perfetta, eppure le mie 7-8 gare sono riuscito a vincerle ugualmente. D’altra parte la corsa è comunque una passione ed ho la fortuna di fare un lavoro che mi permette di allenarmi, anche se per me non è un’ossessione.» Qual è stata la soddisfazione più grande? «La gara più bella che ho vinto è stato il Mondiale nel 2008: a parte la notorietà nell’ambiente, hai la possibilità di indossare per un anno quella maglia. In più, l’anno successivo ho fatto il secondo posto e mi sono presentato, orgoglioso, come l’uomo da battere. Nello stesso anno ho vinto il Giro di Sardegna, è stata una bella soddisfazione.» Prossime gare? «Non mi piace programmare, non voglio che la bicicletta diventi motivo di stress tra preparazione e altro. Ho una famiglia, ho dei figli e quando mi va pedalo. E se va bene, vinco.»
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PROSSIME GARE a cura di ENRICO CAVALLINI
Il 16 settembre accetta La Sfida! Nasce dalla mente di Maurizio Rocchi, editore della rivista INBICI. La metterà in atto la Holiday Sport insieme al Team Fausto Coppi di Fermignano. Una staffetta, due specialità. 6000 € di montepremi. Non resta che accettare la sfida.
Acqualagna (Pu) – Nasce dalla fervida mente di Maurizio Rocchi, editore della rivista INBICI, l’idea di una gara tutta nuova, che verrà messa in opera dalle sapienti mani di Loris Ducci, presidente della Holiday Sport e vice presidente del Team Fausto Coppi di Fermignano. Si chiamerà “La Sfida – Trofeo INBICI” e avrà luogo il prossimo 16 settembre ad Acqualagna (Pu). «Questa idea mi è venuta in mente per creare una competizione – spiega Maurizio Rocchi – che unisse le due anime del ciclismo: quello su strada e quello in MTB, così come è la nostra linea editoriale». L’idea si basa sul concetto della staffetta che vedrà in scena una coppia composta da uno stradista e un biker, i quali dovranno dare il meglio di loro stessi nella frazione che compete loro. I primi a partire saranno gli stradisti, che dovranno percorrere una distanza di 100 chilometri circa suddivisi in più giri in un circuito altamente spettacolare, capace di raccogliere a sé numerosi spettatori. Terminata la sua gara lo stradista giungerà in zona cambio e passerà il testimone al compagno biker, che si lancerà sul circuito ad egli dedicato per percorrere altri 30 chilometri circa. La vittoria andrà quindi al primo biker che giungerà al traguardo. «Ho voluto creare qualcosa di nuovo – continua Rocchi – che andasse un po’ fuori dagli schemi e che fosse altamente spettacolare». La partecipazione sarà limitata a 50 coppie, e sarà “open”, aperta quindi ad amatori, dilettanti e/o professionisti. I componenti della coppia potranno appartenere a società differenti, ma dovranno indossare la stessa maglia. Il montepremi sarà sicuramente alettante: 3000 € alla coppia prima classificata, 2000 € alla seconda e infine 1000 € alla terza, per un totale di 6000 €. IL TRACCIATO SU STRADA Un percorso di 21,7 chilometri da ripetere cinque volte per un totale di 108,5 chilometri. Il dislivello di ogni singolo giro, suddiviso in due salite principali intervallate da uno strappo, è di 318 metri per un totale di 1590 metri complessivi. Dopo i primi 500 metri la strada inizia a salire con una pendenza del 6% e punte fino all’8%. Seguono qualche rampa e alcuni tornanti per circa 3 chilometri e un breve tratto al 2/3% per 800 metri che porteranno al
GPM. 5/600 metri di falsopiano che precedono i 4 chilometri di discesa che porta a Fermignano, dove si passerà al di fuori dalle mura della cittadina. Da qui 2 chilometri pianeggianti porteranno al bivio per affrontare le rampe della seconda salita del circuito. Sono circa 3 chilometri con una pendenza media del 4% e massima del 10%. 3/400 metri di falso piano e poi giù in picchiata per 4 chilometri per la discesa tecnica. Si raggiunge il bivio che immette nella strada principale in direzione di Acqualagna a 4 chilometri dall’arrivo. La strada è ampia e pianeggiante con una tendenza a scendere del 2%. Quando si entrerà nel centro abitato verrà segnalato l’ultimo chilometro. La zona dell’arrivo sarà di circa 300mt con una sede stradale ben conservata e molto ampia. Qui sarà situata anche la zona di cambio. Il percorso è altamente spettacolare e si presta ad accogliere curiosi ed appassionati, soprattutto sulle due salite e, ovviamente, nella zona di cambio, dove gli spettatori potranno affollarsi per gustarsi i vari passaggi e il cambio del testimone. Visto nel dettaglio il percorso riservato agli stradisti, andiamo ora alla scoperta di quello destinato ai biker. Il Tracciato del fuoristrada Il tracciato misura 12,7 chilometri per un dislivello di 396 metri da ripetersi due volte per un totale di 25,4 chilometri e 792 metri di dislivello. Si parte subito con una salita di 3.5 chilometri con pendenza media dell’8,4% e punte al 17% che porterà alla cima del Ronco. Si resterà in quota, avvolti da paesaggi mozzafiato per circa cinque chilometri tra numerosi sali e scendi. Gli ultimi quattro chilometri saranno di discesa tecnica, ma molto divertente e veloce, che riporterà i concorrenti ad Acqualagna per riprendere un nuovo giro. Sarà quindi compito del biker, una volta ricevuto il testimone in zona cambio, concludere al meglio delle possibilità la gara, portando, di fatto, il risultato alla coppia. Non resta che accettare la sfida! Le iscrizioni sono già aperte sia online sul sito MySDAM che in modalità canonica attraverso l’apposito modulo che si può trovare sul sito www.teamfaustocoppi.com.
Obbiettivo sulle organizzatrici d’eccellenza
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DONNE AL COMANDO a cura di MARIO FACCHINI
Elda Verones = Leggendaria Charly Gaul. Non c’è dubbio.
foto NEWSPOWER CANON
Elda Verones con gli Olimpionici Yuri Chechi e Antonio Rossi presenti alla recente Charly Gaul
Il sorriso sempre sulle labbra, Elda di professione fa il direttore dell’Azienda per il Turismo di Trento, Monte Bondone, Valle dei Laghi, in Trentino. Ma è anche il deus ex machina della famosa granfondo dedicata a Charly Gaul, eppure lei con le bici non ha nulla in comune. Ci ha messo il naso qualche anno fa, quando il territorio chiedeva a gran voce un evento che facesse promozione e che insieme riempisse gli alberghi in un periodo di stanca. Detto fatto, Elda Verones si è messa in moto ed ecco una gara che è decollata rapidamente. Come tutte le donne manager non si ferma
davanti a nessun problema. Lei non li aggira gli ostacoli, li abbatte. Ascolta sempre i consigli di tutti, li valuta e poi agisce. In pochi anni ha portato la Leggendaria Charly Gaul a raggiungere traguardi inattesi, e non si è abbattuta quando la gara entrò in un circuito importante come il “Prestigio” e ci fu qualche problema sui ristori causato da un disguido nella distribuzione dei prodotti. Pronta l’ammissione di colpa, pronta la replica con uno sconto significativo a chi sarebbe ritornato l’anno dopo e pronta la reazione. Ha chiamato un nutrizionista, ha deciso di qualificare l’offerta dei ristori con i prodotti
d’eccellenza del Trentino, ha organizzato i rifornimenti dei prodotti “in tempo reale” con i furgoni frigo e l’anno successivo i ristori erano eccellenti. Ecco, Elda Verones è un vero bulldozer e col suo sorriso riesce a farsi dire di sì anche dalle persone più irremovibili. I maschietti (organizzatori) quando c’è un problema si arrabbiano, alzano la voce, lanciano parolacce. Lei no. Un sorriso, e chi le sta di fronte come può dire di no? È lei che contatta gli sponsor e porta a casa ogni anno contributi e materiali, ma soprattutto prodotti che qualificano l’evento.
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spazio alle granfondo, quest’operazione ha dell’incredibile. La forza di un sorriso… E che forza. A volte si è portati a pensare che Elda abbia un sacco di cloni. La trovi dappertutto, sempre pacata e con quel benedetto sorriso ammaliante. Lei sdrammatizza: «Piano, piano con le lodi. La nostra gara è il frutto del lavoro di tanti volontari. Io coordino (ma dai, Elda!), li stimolo, ma sono loro il cuore della Leggendaria Charly Gaul. A me piace quando gli albergatori mi chiamano per ringraziare di essersi trovati l’hotel “full”, mi piace quando i concorrenti ci scrivono facendo i complimenti sulla sicurezza, sui ristori, sull’organizzazione. Mi piace quando ci dicono che ritornano perché si sono trovati bene.»
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Elda Verones
Elda Verones con Elvira Widmann responsabile 118 – Elicotteri – Trento
Quest’anno alla gara che ha consumato fiato e muscoli sul Monte Bondone di tantissimi appassionati c’erano ristori con prodotti tutti del territorio trentino, a parte le necessarie banane (ah, il potassio!). Pane fresco prodotto appositamente dai panificatori trentini, così come le crostatine fresche con la marmellata dei frutti di bosco di Sant’Orsola, marmellata disponibile anche per spalmare
sul pane, Grana Trentino, mele Melinda, acqua Peio e per il pasta party la pasta Felicetti e la carne salada del Consorzio Salumifici Trentini. Ed è stata lei che con un sorriso si è recata dal Commissario del governo e dal
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Questore ed è riuscita ad ottenere la scorta delle forze dell’ordine e la chiusura delle strade per un’ora. E quando ha saputo che a Verona gli organizzatori potevano contare anche sull’Esercito per il controllo delle strade non si è persa d’animo, ha chiesto un colloquio col comandante della Caserma di Trento e dopo due minuti si è ritrovata la disponibilità di un pullman con 50 alpini. Un fiore all’occhiello di Elda Verones è anche la diretta RAI di 3 ore. Nell’anno in cui RAI Sport taglia
Ci incuriosisce poi il fatto che Elda Verones non sia una che pedala: «Beh, in effetti mi sono trovata catapultata in questo mondo per lavoro, io non sono proprio una ciclista, ma una sportiva sì. Amo praticare il trekking e vivere nella natura dei nostri luoghi e d’inverno sciare. Però mi piace organizzare e pianificare bene il mio lavoro e penso che questo lo si possa fare anche se non si ha una passione specifica per uno sport. Anzi, spesso in tali occasioni si lavora senza nessun condizionamento. Sono disposta ad imparare perché vorrei continuare a far crescere la Leggendaria Charly Gaul, in cui credo molto». Il mondo del ciclismo e del granfondismo ha bisogno delle donne, donne con le palle… (consentiteci questo appellativo) perché in questi momenti di crisi occorre eccellere, avere eventi di cartello e che diano la massima soddisfazione ai granfondisti, che sono “clienti” e non “portatori di pecunia”, gente che va gratificata sotto ogni punto di vista. Allora, donne, fatevi avanti. Con un bel sorriso, ovviamente!
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Alessandro Degasperi a cura di Daniele Moraglia – Sport Time
Alessandro Degasperi è nato il 23 novembre del 1980 e vive a Panchià, una località della Val di Fiemme, assieme a sua moglie Federica e suo figlio Luca. La Val di Fiemme è anche il luogo in cui si allena tutto l’anno. Il punto nevralgico dei suoi allenamenti è il centro sportivo di Predazzo dove può allenarsi professionalmente e in piena serenità. Spesso sfrutta anche i centri sportivi del CUS Trento per allenarsi insieme ai ragazzi del programma UNI.Team. Laureato in Economia Politica presso l’Università degli Studi di Trento con la quale continua una collaborazione in qualità di Tutor Sportivo del programma Uni.Team. Allenato da Alberto Bucci; per consigli medici si affida al Dr. Nicola Bronzini e per riprendersi dagli infortuni o recuperare dagli allenamenti alle fatate mani di sua moglie Federica, fisioterapista. Per i lettori di inbici cerchiamo di capire meglio chi è Degasperi
foto ALBERTO DIODATO
DALLA VAL DI FIEMME ALLE GRANDI IMPRESE
De Gasperi in azione
Alessandro Degasperi continua la sua strepitosa stagione. 3° al Triathlon Long Distance dell’Alpe d’Huez e 3° all’Ironman 5150 di Zurigo.
Alessandro, spiegaci brevemente cos’è il triathlon e come ti sei avvicinato a questo sport. «Per me il triathlon è uno stile di vita. Mi sono affacciato alla triplice nel 1996, assieme alla Dolomitica Nuoto, squadra allenata da Al-
berto Bucci. Nello stesso anno ho vinto il primo campionato italiano di categoria. A differenza del nuoto, sport al quale mi sono affacciato tardi, mi sono stato rapito da questa disciplina, che mi ha poi accompagnato durante tutta la mia evoluzione, passando dalla maturità, alla laurea, al matrimonio e al diventare padre.»
Quanto conta per te lo sport? «Come credo si sia potuto intuire conta molto, ha condizionato e comunque indirizzato molte scelte della mia vita, mi ha fatto conoscere persone stupende (tra cui mia moglie) e mi ha aiutato a crescere come persona.»
Sei marito e padre, atleta professionista e da poco hai intrapreso l’attività lavorativa, come riesci a conciliare il tutto? «È abbastanza difficile, bisogna fare molti sacrifici e molte scelte, ma d’altronde così è la vita, e lo è anche per moltissime altre persone, con il vantaggio che almeno ciò che faccio mi piace e mi dà soddisfazione. Sicuramente devo ringraziare la mia famiglia, i miei genitori, e soprattutto mia moglie Federica che mi appoggia e mi sostiene, anche nei momenti difficili (che per un atleta sono molti). È grazie a lei, infatti, che ‘va avanti la baracca’, è lei che, nonostante lavori molto, ha il carico maggiore della famiglia, anche se, io cerco di organizzarmi per cercare di darle una mano il più possibile.» Hai vissuto il triathlon in tutte le sue “forme”, dall’essere un PO a protagonista del circuito IM 70.3, cosa è cambiato? «In effetti si può dire che abbia conosciuto il triathlon in quasi tutta la sua evoluzione: ho vissuto la realtà delle categorie giovanili, del passaggio dal triathlon no draft a quello con scia,
da sport non olimpico a sport olimpico, ho visto passare tante persone e tante, invece, rimanere; evoluzione da un lato e staticità dall’altro. Il mio rapporto con la federazione purtroppo è sempre stato un po’ conflittuale, già da subito, quando ero ancora nella categoria juniores. Purtroppo l’ambiente, dal 1996, anno in cui ho iniziato a conoscerlo, non è mai cambiato, non si è mai rinnovato ed è sempre stato gestito in modo quasi feudale da poche persone, poco disponibili al dialogo e al confronto. Sicuramente, dopo aver detto addio a inizio del 2007 alla possibilità di qualificazione olimpica a causa di un infortunio alla spalla che mi ha impedito di nuotare per parecchi mesi, ho trovato più serenità e forse la mia giusta dimensione nelle gare più lunghe e senza scia, in particolare in quella che era la neonata distanza del mezzo Ironman, noto come Ironman 70.3. Qui ho trovato subito buoni riscontri e ottimi risultati. Riuscire a fare il professionista all’inizio è stato un po’ difficile, soprattutto trovare degli sponsor che ti diano la possibilità di allenarti con serenità, e in parte lo è tutt’ora. Ecco perché non sono stato mai di fatto atleta a tempo pieno: prima ho studiato, e ora mi sto comunque organizzando per il futuro.» Quanto conta l’alimentazione? Cosa mangi? «Ti dirò: mangio tanto. Ho sempre fame e se cerco di fare delle diete per perdere magari un chilo o due mi alzo la notte con la fame. Quindi, ho deciso di mangiare un po’ di tutto, cercando di evitare il più possibile i grassi, soprattutto quelli saturi, ma senza seguire un regime particolare. L’unica cosa cerco di privilegiare i carboidrati durante il giorno e le proteine la sera, senza però mai escludere completamente gli uni o gli altri all’interno di ogni pasto.» L’episodio più bello e quello più brutto legato alla vita da atleta? «Gareggiando molto, episodi belli e brutti ce ne sono tantissimi e, purtroppo o per fortuna, molti passano nel dimenticatoio o si affievoliscono. Ricordo ancora bene la grandissima soddisfazione che ho avuto nel vincere i miei primi campionati italiani categoria allievi nel primo anno di attività e il secondo posto al primo 70.3 a cui ho partecipato, praticamente 10 anni dopo proprio in quel Wiesbaden dove gareggerò nei prossimi giorni. I momenti brutti forse sono anche di più di quelli belli, ogni volta che avviene un’ infortunio, oppure una caduta in bicicletta, oppure una gara che va male e non capisci il perché.»
Risultati 2012 2° 3° 3° 3° 4°
Ironman 70.3 Italy Ironman 70.3 Sri Lanka Triathlon Long Distance Alpe d’Huez Ironman 5150 Zurigo Ironman 70.3 St. Poelten (AUT), St. Croix (US Virgin Island) e Singapore
2011 10° Ironman 70.3 World Championships 2° Ironman 70.3 Italy 3° Ironman 70.3 South Africa 4° Ironman 70.3 St. Poelten (AUT) 5° Ironman 70.3 San Juan e St. Croix 2° 5150 Darmstadt (GER) 4° 5150 Liverpool (UK) 2009 3° Ironman 70.3 Switzerland e Texas 2008 2° Ironman 70.3 European Championship 2007 2° Ironman 70.3 European Championship 2006 13° European Championship, Autun (FRA) 2005 10° World Cup, Corner Brook (CAN) 13° European Championship, Losanna (SUI) 2004 9° World Cup, Amburgo (GER) 2002 3° U23 European Championship 7° U23 World Championship Medaglia d’argento ai Campionati Italiani 2005, 2007 e 2008
volta delle basi solide, si potranno poi ottenere i miglioramenti e quindi i risultati attesi.»
Il sogno? «Ora come ora è quello di vincere il mondiale 70.3, anche se più realisticamente sto ancora aspettando la vittoria di una gara del circuito. Vuoi perché rientro sempre nelle gare più partecipate, vuoi perché a volte sbaglio qualcosa, vuoi perché a volte gareggio troppo e forse non arrivo al 100% in alcune gare, ho una collezione di podi e di top 5 impressionante e ancora nessuna vittoria.»
Tra non molto sarai impegnato ai Campionati Europei di Ironman 70.3 di Wiesbaden, obiettivo? «A dire il vero non lo so. Ho partecipato il 25 luglio al Triathlon dell’Alpe d’Huez, long distance; era la mia prima gara sopra le 4 ore e ho faticato a recuperare più di quanto pensassi. Ho avuto un ottimo riscontro, al di la del terzo posto ottenuto, ma temo di aver un po’ compromesso questa gara. Proverò comunque a fare un nuoto e una bici al massimo e poi valuterò la situazione di corsa in base alle sensazioni e all’andamento della gara.»
Cosa consigli ai giovani che vogliono avvicinarsi al triathlon? «Di farlo per divertirsi, senza cercare il risultato subito e a tutti i costi. È molto importante la costanza, perché solo costruendo un po’ alla
A settembre, invece, sei qualificato sia per partecipare alla finale del 5150 di Des Moines che ai Campionati Mondiali di Ironman 70.3 di Las Vegas. Ci sarai? «Ho deciso, anche a causa di questo rallenta-
mento della preparazione dopo l’Alpe d’Huez, di rinunciare al mondiale di 5150 e di concentrarmi su quello di 70.3. Spero di migliorare il decimo posto dell’anno scorso, anche se il livello in queste gare è sempre più alto e gli avversari sempre più numerosi.» Hai qualcuno da ringraziare? «Come già detto mia moglie e mio figlio, che sono i miei primi tifosi e coloro che mi danno la gioia e la tranquillità per andare avanti; i miei genitori, che anche loro mi hanno permesso di coltivare i miei sogni e su cui posso sempre contare, e i miei suoceri, anche loro sempre disponibili ad aiutare e ottimo punto di appoggio. Al di là della famiglia ringrazio il mio allenatore e ‘stratega’ Alberto Bucci, nonché socio dell’attività di cui faccio parte (Sport Time) e gli altri due, Ivan e Daniele, che si sobbarcano spesso il lavoro più grosso. In ultimo i ragazzi dell’UNI.Team. Trento, ottimi compagni di molti allenamenti.»
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Circuito del Castello a cura di GIANLUCA BARBIERI
la notte magica di Squarcina e Capece La settima edizione del “Circuito del Castello” si ricorderà come l’edizione dei record: di caldo, ma anche di pubblico e partecipanti. La gara, sotto l’egida dell’ACSI Padova, era valida come tappa della Coppa Colli Euganei abilmente organizzata dal Team Estebike guidato da Renzo Zordan, Ilario Merlin e Francesco Menesello. Nei Super B, Luigi In- giungeva Luca Selmin (Estebike). Nei debuttanti glesi (San Bortolo) pre- Nicolò Galetto (2 Torri) dominava la gara seguito valeva su Graziano Mo- a 2’ da Mattia Righetto (T-Bike). sca (Due Torri). In campo femmini- Ore 21,15, partiva la terza batteria di gare; a quele, Monica Squarcina sto punto già la torre faro con i 10.000 Watt era in (Estebike), atleta di funzione. Partenza a razzo per le categorie Vetecasa, dopo una par- rani e Cadetti; qui i tempi sono stati micidiali: nei tenza, come detto, Veterani ci ha pensato Gianfranco Mariuzzo (FTP anomala, ha dovuto in- Industrie) a mettere il sigillo nella categoria, ma il seguire per agguantare più veloce della batteria e in assoluto dell’intera la prima posizione bat- serata in questa edizione del Circuito del Castello tendo l’avversaria ed è stato il romagnolo Mattia Capece (KTM forti e liamica Luisa de Lorenzo beri) che con un tempo di 28’03” stabiliva un vero Poz (MTB Biga) e giun- record per questa gara. te prime due assolute Nella categoria veterani secondo e terzo si sono in batteria; le due sono piazzati rispettivamente Davide Battistello e Anstate seguite da Miriam drea Cogo ambedue del team XDrive. Agosti (Restena Bike) Nella categoria cadetti, invece, secondo e terzo e Marina Allegro (111 si sono piazzati Gianluca Boaretto (Racing Bike) Team), per la categoria e Daniel Boschetto (cicli Olympia). Donne B. Nelle donne A dominio di Valentina Nella quarta ed ultima batteria due sono stati i La vincitrice Monica Squarcina del Team Estebike Donà (TBike) seguita da protagonisti: Manuel Piva (Stones Bike) negli JuElisa Cappellari (Stones nior e Christian Fabbri (Team Passion Faentina) nella categoria cadetti. Una gara tiratissima, dove Già arrivando dalla statale 10 per raggiunge- Bike) e Marta Masato (Euganea Bike) i due, anche se non erano della stessa categoria, re Este (Pd), si capiva che stava succedendo qualcosa nel centro storico della città euganea. Alle ore 20,30, Guido Barbato, coadiuvato dal hanno dato vero spettacolo, specie nella parte Ben oltre 10.000 Watt di luce sono stati installati due dei giudici ACSI Andreose - Ruzzarin spea- collinare retrostante il castello e dove erano asper illuminare il rettifilo d’arrivo allestito all’om- ker della serata, dava il via di una sconda batteria siepati gli appassionati di questa specialità legata bra del Castello Marchionale degli Estensi, sede agguerrita, che prevedeva Gentleman e Debut- alle ruote grasse pedalate. I due alfieri di categoria hanno preceduto rispettidella settima edizione di questa Kermesse, che tanti assieme. quest’anno ha dimostrato di piacere ai bikers di Qui è stata una vera lotta: nei gentleman Enrico vamente: Filippo Lazzarotto (XDrive) e Boschetto tutto il Veneto e non solo, viste le importanti pre- Bailoni (Sc Barbieri) doveva tirare fino alla fine, Emanuel (Euganea Bike) negli junior; Mosè Sasenze extra regionali. Una gara particolare, svi- poichè marcato a vista da Roberto Ambrosi vegnago (Restena Bike) e Raccanello Francesco luppata su un tracciato misto di 1350 mt e 36 mt (Falchi di Tuxon), arrivato a soli 9”, mentre terzo (2 Torri). di dislivello al giro, che ha messo a dura prova il Il vincitore Mattia Capece del Team KTM Forti e Liberi, intervistato dopo l’arrivo cuore dei bikers, ma che ha proposto la possibilità di guidare la bike e fare vera mtb, anche nelle ore serali di fronte ad un numerosissimo pubblico assiepato lungo le transenne a tifare tutti, dimostrando senso sportivo e fair play. Erano previste 4 batterie da 25 minuti + un giro, che raggruppavano le varie categorie. Alle 19,45 sono partite: Super G, Donne e Primavera. A dire il vero qui c’è stata una partenza anomala, ma alla fine ha vinto il migliore. In questa batteria si sono distinti i ragazzi del Team Pederzolli di Arco di Trento della cat. Primavera, con Stefano Bertamini, primo assoluto di batteria,seguito da Matteo Zanon (Due Torri Rovigo). Nella categoria SGA Giampietro Garofolin (Club Colli Euganei) l’ha spuntata su Paolo Chiodetto (Cicli Morbiato) e Maurizio Cherubin (Biciverde Monselice)
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Campionati Italiani Mtb DH Sestriere a cura di LEONARDO OLMI
Due splendide giornate di sole per assegnare le maglie tricolore Una grande vittoria quella di Lorenzo Suding ai campionati italiani di Sestriere. L’atleta del team Pila Black Arrows si laurea campione italiano 2012 vincendo sulla veloce pista italiana davanti a Gianluca Vernassa (Devinci Global Racing) e a Claudio Cozzi (GT 360 Degrees). Fra le donne vince Elisa Canepa (Riviera Outdoor), seconda classificata Alia Marcellini (Torpado Surfing Shop). Tutto sotto l’ottima regia dello Sci Club Sestriere. 390 metri). Un tracciato non da “scendere” ma da “aggredire” reso tecnico e fisico dai numerosissimi passaggi delle ultime giornate, questo il parere dei bikers all’arrivo. La pista si presenta su un pendio spoglio di alberi nel primo tratto con curvoni molto veloci e salti adatti a tutti da aggredire o affrontare in maniera soft. Dopo il primo toboga velocissimo ci si butta in un tratto di bosco con contropendenze impegnative sino ad arrivare al famoso ponte di legno che porta poi sui due spettacolari salti che hanno offerto grande spettacolo al pubblico. Il tratto finale, poi, ha raccolto tantissime persone con il temuto rock garden che ha mietuto vittime illustri come Alia Marcellini, e Walter Belli che ha cercato di ingoiare in un colpo solo tutta la pietraia beffato poi dalla sponda finale che lo ha fatto cadere quando aveva forse il miglior tempo. A laurearsi Campione Italiano di specialità per il terzo anno consecutivo, è l’atleta del Team Pila Black Arrows, Lorenzo Suding, con il tempo di 3’17.22, che precede di poco più di 2 secondi il portacolori della Devinci Global foto OMAR PISTAMIGLIO
È stato il sole del Sestriere, ormai capitale italiana del Down-Hill, ad accogliere, come lo scorso anno, il Campionato Italiano di Mtb DH, sulla ormai rinomata pista Down Tower che si snoda sul Monte Fraiteve. Una pista tecnica molto spettacolare, che è stata anche “omologata” da World Cup dai fratelli Atherton in una loro sosta nel comprensorio Alpi Bike Resort del quale Sestriere fa parte. Il Bike Club Sestriere, facente parte dello Sci Club Sestriere (presieduto da Alessandro Garrone – Vice Pres. ERG Spa), organizzatore dell’evento, ha visto premiati tutti i suoi sforzi
Racing, Gianluca Vernassa, giovanissima promessa della Mtb Downhill (3’.19.85). Terzo al traguardo, Claudio Cozzi del GT 360 Degrees con il tempo di 3’23.41. Tra le donne bella rivincita per Elisa Canepa del Riviera Outdoor, 2° l’anno scorso a causa di problemi meccanici, che si impone con il tempo di 3’58.88 sulla campionessa italiana in carica, Alia Marcellini del Torpado Surfing Shop che chiude con 4’13.46; terzo gradino del podio per Veronika Widmann del Egna Neumarkt con il tempo di 4’23.22. Continua con questa due giorni l’inesorabile ascesa del Colle di Sestriere e della Pista Down Tower nei cuori degli appassionati della disciplina e prosegue l’obiettivo dell’Alpi Bike Resort di diventare una bike destination dove quantità e qualità dei percorsi si accompagnano ad una serie di servizi di alto livello. Sci Club Sestriere – Bike Club Sestriere tel. 0122-76.154 / www.sciclubsestriere.it info@sciclubsestriere.it Maurizio Poncet (Direttore) cell. 348-654.2690 Simona Novara (Responsabile Comunicazione) cell. 338-597.7089 Alpi Bike Resort Pinerolo tel. 0121-794.003 www.alpibikeresort.com / info@alpibikeresort.com Hotel Cristallo**** Sestriere tel. 0122-750.707 www.cristallohotel-sestriere.com
La premiazione con tutte le maglie tricolore dei neo laureati Campioni Italiani nelle varie categorie. foto OMAR PISTAMIGLIO
Il Campione Italiano 2012 Lorenzo Suding in azione sulla Down Tower del Sestriere.
con i 354 atleti iscritti ed i 328 al cancelletto di partenza, record assoluto di partecipanti delle ultime edizioni della rassegna tricolore. 76 le squadre presenti provenienti da tutta Italia, isole comprese. Quella del Sestriere è una località che piace, mentre la Down Tower è una pista che entusiasma i bikers ed offre uno spettacolo dal vivo unico al pubblico presente lungo il suo fettucciato. Dal traguardo, posto al centro del paese, lo spettatore può godere di un ampia visuale di buona parte dei 2 Km di discesa mozzafiato, che dai 2345 metri del monte Fraiteve si precipita ai 2035 del Colle di Sestriere (dislivello totale di
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LESSINIA BIKE a cura di NEWSPOWER
PIRAZZOLI-GADDONI COPPIA D’ORO ALLA LESSINIA BIKE Mirko Pirazzoli vince la Lessinia Bike davanti a Marzio Deho e Thomas Paccagnella. Assolo di Elena Gaddoni imprendibile per Lorenza Menapace e Lorena Zocca. Circa mille bikers al via di Sega di Ala (TN) e sole a volontà. La Lessinia Bike era quarta prova di Trentino MTB.
Lessini preda dei romagnoli. Lo scorso 29 luglio Mirko Pirazzoli ed Elena Gaddoni hanno piazzato l’artiglio vincente sulla Lessinia Bike, in Trentino, precedendo grossi calibri come Marzio Deho e Thomas Paccagnella al maschile, e Lorenza Menapace e Lorena Zocca al femminile nella quarta tappa di Trentino MTB. Una giornata di vera estate ha accolto i circa 1.000 bikers sull’altipiano al confine con il Veneto, e la festa è stata grande per tutti, con un colpo d’occhio notevole fin dalla partenza dai prati di malga Fratte. Dopo una passerella di alcune centinaia di metri in zona partenza, il serpentone di concorrenti si era già sfilacciato al primo passaggio in salita del Monte Corno e in testa transitava un trio formato da Pirazzoli (già vincitore di questa gara
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Mirko Pirazzoli taglia il traguardo da vincitore del Lessinia Bike 2012
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foto NEWSPOWER CANON nel 2007), Johannes Schweiggl e dal bellunese Mirko Tabacchi, con subito a seguire Agostino Andreis, Ivan Degasperi e Marzio Deho. Alla Lessinia bike, il bergamasco era reduce da un’ottima anche se sfiancante Transalp, e le intenzioni erano comunque quelle di vincere, per la quarta volta in carriera, sui lessini trentini. Tuttavia, il suo esordio non è stato dei migliori, con una foratura tanto per… cominciare. I successivi chilometri, di rientro in zona partenza e poi su fino a Passo Fittanze e al Monte Cornetto, sono stati di continuo studio nella testa della corsa, nessuno osava attaccare e nessuno lasciava scappare nessuno. Così, alla seconda risalita per il Monte Corno, con le mucche al pascolo e osservatrici speciali, il trio davanti aveva solamente invertito l’ordine di transito ed era Schweiggl a tirare Tabacchi e Pirazzoli, mentre a soli 5” c’erano i soliti Andreis, Deho e Degasperi. Pochi chilometri per rifiatare, ed ecco la lunga salita di Monte Castelberto, fino a 1760 metri, dove gli amanti delle scalate hanno sempre di che gioire. E mentre la coppia Pirazzoli-Schweiggl in- La vincitrice Elena Gaddoni seriva il turbo, Deho combatteva la sua guerra con gli pneumatici e forava per la seconda volta, ma questo non lo faceva demordere perché a metà risalita era ancora terzo a 1’ dai primi, mentre dalle retrovie spuntava la maglia dell’Elettroveneta Corratec del “diesel” Paccagnella. Giunti ai 1.760 metri del Castelberto, Johannes Schweiggl decideva che quello era il momento giusto per liberarsi dello scomodo compagno di fuga, ma dopo poche centinaia di metri di momentaneo allungo era costretto ad accostare per un guaio meccanico che, in definitiva, lasciava campo libero al bolognese Pirazzoli verso il successo. «Probabilmente avevo un mezzo migliore che in discesa mi ha permesso di guidare con relativa agilità», ha commentato il vincitore al traguardo, «anche se non posso negare di avere avuto anche un po’ di fortuna dalla mia». E mentre Pirazzoli gioiva nel parterre e posava per le foto di rito, la Gaddoni ne seguiva il buon esempio in gara, e, a differenza del compagno, poteva farlo anche senza troppa difficoltà, visto che la sua leadership non è mai stata messa in discussione. Dall’inizio alla fine, infatti, la romagnola ha comandato la Lessinia Bike al femminile distaccando progressivamente le varie Menapace, Paolazzi, Zocca, Segalla e Cerati. Sul traguardo è giunta con 3’37” di vantaggio sulla trentina Menapace e quasi 9’ sulla veronese Zocca. «Ho fatto la mia gara, senza mai preoccuparmi di quello che succedeva dietro. Ho anche preso un sasso in faccia, ma fortunatamente indossavo gli occhiali e non mi sono fatta nulla», ha commentato a caldo la romagnola dopo la gara. La Lessinia Bike era quarta delle sette tappe di Trentino MTB e faceva parte anche dei circuiti Prestigio e Garda Challenge. Nella giornata di sabato, gli organizzatori della Società Ciclistica Ala hanno organizzato anche la prima edizione della Mini Lessinia Bike per i più piccoli e il divertimento non è mancato nemmeno in questo caso con oltre 70 piccoli bikers a gareggiare in sella e godersi il Nutella Party finale. Al comitato organizzatore sono giunti complimenti da tutti gli atleti in gara con una richiesta di allungare ancora il tracciato fino ad arrivare ad una marathon. Luciano Baldi e il suo team hanno già iniziato a farci un pensierino, ma per ora si sono limitati a rinnovare l’invito a tutti per la Lessinia Bike 2013.
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Terre di Siena a cura di GIANLUCA BARBIERI
alla scoperta della Val di Merse A pochi chilometri dalla città del Palio, si scopre una terra senza “biglietto da visita”, ma che nasconde sorprese e percorsi a misura di bikers.
Sono bastati dieci minuti dall’uscita di Siena Ovest, per arrivare in un territorio diverso da quello che un normale turista si aspetta andando in Toscana o meglio ancora in terra senese. Un territorio definito da chi vi abita “schietto”, che ti guarda dritto negli occhi, ma che ti ispira immediatamente fiducia, al punto tale che quando si incomincia a conoscerlo e poi lo si deve lasciare, ci si porta a presso un bel po’ di nostalgia. Parliamo della Val di Merse sede dell’omonima granfondo di mountain bike che da ben dieci anni sta diventando un appuntamento fisso della stagione dei bikers toscani e non solo. Una zona che a sorpresa non presenta il classico paesaggio “pubblicitario”, dove le colline colorate dalla terra e dal grano si confondono con l’azzurro del cielo, ma un territorio quasi montano, ricco di vegetazione, torrenti, single track divertenti e luoghi tutti da scoprire, che solo a piedi o con la bike si riescono a raggiungere. Sono quattro i comuni che compongono la Val di Merse, per i quali è stata creata una Unione: Sovicille, Suavis Locus Ille, “quel luogo soave” immersa nei boschi e nella storia, con la sua frazione Rosia sede della Granfondo; Chiusdino, che diede i natali a San Galgano e dove si eleva la famosa Abbazia a cielo aperto sovrastata dalla Cappella di Montesiepi, sacrario della leggendaria “Spada nella Roccia” di Re Artù; Monticiano, capitale del presidio naturalistico che si identifica nelle valli del Farma e del Merse, quest’ ultimo fiume dal quale prende il nome la valle e Murlo,
antico centro di origine etrusca che costituisce il confine naturale tra i rigogliosi boschi della Val di Merse e le classiche colline delle “Crete”. Siamo stati accompagnati dai ragazzi del Rosia Bike, organizzatori della Granfondo, a scoprire questi territori, che a nostro parere, nascondono tutto ciò che l’anima “zingara” del biker si aspetta: luoghi da scoprire, sentieri divertenti e tecnici al punto giusto, salite impegnative, ma non impossibili e tanta, tanta natura, il tutto condito con castelli abbandonati nei boschi e Siena a soli 10 minuti d’auto. Rosia, sede della Granfondo, presenta alcuni scorci caratteristici, come il campanile di San Giovanni Battista, con le sue bifore, trifore e quadrifore, che domina tutto il paese, fungendo da riferimento per tutto il territorio, ma anche il borghetto di Torri, all’interno del quale la gara disegna i suoi primi metri, posto in collina e usato per sgranare il gruppo alla partenza. Arrivati in vetta, poi, dopo tutta una serie di sali scendi, arriva la vera chicca per il biker incallito: la discesa della Filicaia; una discesa a tornanti, con
terreno drenante e ottimo per le ruote artigliate, che manda in estasi i cultori delle ruote grasse: qui il divertimento è assicurato e la parte finale sfocia in un ponticello con relativo strappetto che se non viene affrontato col rapporto giusto, costringe a scendere di botto dalla sella. La ciliegina sulla torta arriva quando, di fronte ad un bivio, su una freccia si legge la scritta: “Castiglion che Dio Sol Sa”. Qui la curiosità regna sovrana, si abbandona il tracciato e a sorpresa, rimaniamo senza fiato, quando dalle fronde verdi della macchia senese, nascosto, spunta un castello abbandonato, ma rimasto in ottime condizioni: Castiglion Balzetti. Questo e tanti altri scorci, poi, ci hanno accompagnato lungo il tracciato di gara e le sue varianti, attraverso i fiumi e le
abbazie della Val di Merse, un territorio misterioso, dove il silenzio regna sovrano, dove i riflettori non si accendono spesso e per questo territorio rimasto integro ed esclusivo per il vero viaggiatore, che sa dove cercarlo e che appena impara a conoscerlo, non lo potrà scordare mai. La Granfondo Val di Merse è una di quelle gare che non godono di blasone, ma che presentano un’organizzazione di alto livello, curando tutti i fondamentali sulla sicurezza e sull’ospitalità; è una manifestazione che vale la pena conoscere assieme al suo territorio, poiché riesce a mixare sport, natura e cultura in un modo talmente omogeneo che chi ne viene coinvolto poi non può che lasciarci il cuore. Tutte le info sulla granfondo Val di Merse su www. rosiabike.it , mentre per viaggiare in bici da queste parti basta cliccare su www.terredisienainbici.it
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UN TRENO DI SUCCESSO A “LA VECIA FEROVIA” a cura di NEWSPOWER
Tony Longo viaggia in “prima classe”. La 16a edizione della Vecia Ferovia dela Val di Fiemme (TN) è un successo. Longo scappa a metà gara e non lo prende più nessuno. Casagrande è 2°. Tra le donne Menapace mette tutte d’accordo, anche Serena Calvetti. La quinta tappa di Trentino MTB riconferma tutti i suoi leaders.
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Il primierotto della TX Active Bianchi domenica 5 agosto ha “sfrecciato” da protagonista sui binari della “Vecia Ferovia dela Val de Fiemme”. Partito da Ora in orario (9.30) è arrivato come un treno a Piazzol in anticipo di 2’39”, segno che oltre a vincere la 16.a edizione, quinta tappa di Trentino MTB, ha fatto suo anche il record (1h22’12”). Veloce ed in perfetto orario anche l’altra trentina Lorenza Menapace che aveva staccato un biglietto per la “prima classe” e le è andata bene, nonostante la presenza di avversarie molto quotate. La “Vecia Ferovia” è una competizione particolare, sempre molto affollata (iscrizioni bloccate a quota 1500), che piace ai campioni tanto quanto agli “escursionisti”, addirittura 400 quest’anno e dunque una gara promozionale sotto tutti gli aspetti. Come di consueto per la Vecia Ferovia, il sole ha accompagnato il convoglio lungo tutti e 39 i chilometri di gara, giornata calda e senza polvere grazie alla pioggia della
notte precedente e, altra consuetudine, con tanta gente ai bordi del tracciato. Il percorso ricalca gran parte di quello utilizzato fino agli anni ’60 dal trenino che saliva dalla Valle dell’Adige, con gallerie, viadotti e stazioni restaurati e la massicciata trasformata in pista ciclabile. Di grossi nomi per la 16.a edizione ce n’erano a bizzeffe, e sono stati loro a movimentare le prime fasi di gara: Pallhuber, Mensi, Longo, Medvedev, Porro, Fruet, Schweiggl, Casagrande, Franzoi, Bianchi, Bettelli ed il colombiano Arias Cuervo. Fino a metà gara il gruppo dei migliori ha monopolizzato l’attenzione, tenendo alto il ritmo con l’intento di limitare le fughe. Ci ha provato Mensi, che come una scheggia è andato ad aggiudicarsi il traguardo volante di Pinzano, ci ha provato due volte Tony Longo e la seconda è stata quella giusta. Dopo Doladizza, è scattato alle spalle dei migliori come un furetto e dopo poche pedalate era già davanti a fare marameo. I suoi rivali lo hanno visto
solo a Piazzol, sopra Molina, con la corona d’alloro al collo, forse un po’ invidiosi delle vallette di Trentino MTB pronte a dispensare baci al solo vincitore. Poco prima di San Lugano la gara aveva già una fisionomia ben precisa. Alle spalle del corridore della Bianchi c’erano il colombiano Arias Cuervo e Casagrande, poche lunghezze più dietro il bergamasco Johnny Cattaneo. Un minuto il distacco dei tre da Longo. Dietro, staccati di altri 30” Fruet, Franzoi, Porro, Righettini, Bettelli e Schweiggl tentavano vanamente l’aggancio. Il traguardo volante di Castello di Fiemme era preda di Longo, dietro la situazione per il podio era ancora fluida con tre pretendenti per due scalini. Tutto si decideva sul Muro della Pala, una ripida, breve ma intensa salita a 4 km dall’arrivo, e sulla successiva insidiosa discesa. A poco meno di un minuto dal nuovo record di Longo, Francesco Casagrande metteva tutti d’accordo e regolava Cattaneo e quindi
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Arias Cuervo. Per il quinto posto la spuntava Mensi su Franzoi, sempre più performante nella mtb lui che è campione di ciclocross, quindi Fruet e Schweiggl. La gara femminile ha visto protagonista assoluta Lorenza Menapace, che ha smaltito bene le fatiche della Transalp. Ha avuto ragione addirittura di Serena Calvetti (neo tricolore U23 e con quasi metà degli anni della trentina) che ha regolato Vania Rossi. Subito dietro la rivana Claudia Paolazzi. Insomma una bella quinta tappa di Trentino MTB con un… treno di complimenti per gli uomini della Polisportiva Molina. Tony Longo festeggia l’arrivo
Curiosità: La “Vecia Ferovia”, oltre che per la grande organizzazione, si distingue anche per il ricco montepremi, sia in denaro che in materiali. Longo, a parte i premi di classifica previsti dal regolamento, ha vinto una forma di formaggio Lagorai (1° GPM) e 150 Euro per il TV “Lauro Defrancesco”. Si è aggiudicato anche una bicicletta elettrica Dinghi e 250 Euro per il 2° posto della cronoscalata. I vincitori tra i master oltre al denaro hanno vinto tutti un prezioso orologio Locman. Per la cronoscalata c’erano premi per un totale di 2400 euro. Anche la prima donna si è portata a casa una bici elettrica e le prime dieci hanno ricevuto ricchi premi come una Torpado Light Pro, un rullo professionale, skipass stagionali ecc.
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Le bici elettriche impazzano. Un appassionato, e non certo giovanissimo, ha percorso tutto il tracciato di gara con una e-bike. Davvero un bel test. Nella terza galleria delle cinque disseminate sul percorso, è stato installato un altoparlante che riproduceva il fischio del treno ed il rumore dei vagoni sui binari. Più d’un concorrente preso dalla concentrazione per la gara si è spaventato!
A dare il via alla Vecia Ferovia c’era Francesco Longo, l’ultimo capotreno del trenino che fino agli anni ’60 saliva da Ora. Ha dato lo start con paletta e fischietto. In gara c’era anche Katerina Neumannova, campionessa olimpica e mondiale di sci di fondo e cittadina onoraria di Tesero, un paese poco distante da Molina. La Neumannova (11.a assoluta tra le donne) è stata la prima donna a partecipare alle Olimpiadi sia invernali che estive, guarda caso di mtb (1996). Mallet era la locomotiva a vapore che saliva lungo i binari della Val di Fiemme, e Mallet è il nomignolo dato ai veterani che hanno preso parte a tutte le edizioni della Vecia Ferovia. Chi le ha corse tutte ed ha impiegato meno tempo è Stefan Ludwig che in 16 edizioni ha pedalato per 21h52’06”. L’ultimo dei sei Mallet è Angelo Corradini, e ne va fiero! Il suo tempo totale è di 38h01’22”, un’eternità. Corradini, non più giovanissimo (anagraficamente ce lo consentirà…) è il segretario dei Mondiali di Fiemme 2013, segretario generale della Worldloppet e vicepresidente della Marcialonga. Con gli sci stretti se la cava bene, è un autentico sportivo. Nel 2013 la Val di Fiemme ospiterà per la terza volta i Campionati del Mondo di sci nordico, un evento che a fine febbraio gli sportivi non possono perdere. Una curiosità tra le tante: a differenza di altre organizzazioni mondiali in Val di Fiemme hanno ultimato gli stadi un anno prima delle gare! La stessa filosofia di grande organizzazione coinvolge anche la Vecia Ferovia. E se ne volete sapere un’altra, i Mondiali 2003 della Val di Fiemme sono stati il primo evento eco-certificato al mondo, quello del 2013 sarà il primo “accessibile” a tutti i disabili, ma non solo con stadi e strutture senza barriere architettoniche, ma con una vallata aperta a tutti, anche ai celiaci e a chi ha allergie alimentari.
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Alta Valle del Savio a cura di NICOLETTA BRINA Provincia di Forlì-Cesena
Alla scoperta dell’Alta Valle del Savio
In sella alla mtb sfogliando una guida: 12 itinerari con livelli di difficoltà diversi per apprezzare il fuoristrada nell’entroterra romagnolo.
Una guida cartacea per illustrare i percorsi più belli che si avventurano nell’entroterra dell’Alta Valle del Savio. Ad uso e consumo dei biker che potranno rinvenirvi non solo percorsi, ma anche indicazioni utili per scoprire più facilmente ciò che gli itinerari nascondono, vale a dire vedute panoramiche o tracce della storia del passato. Una quaran-
tina di pagine (costo 8 euro) e l’Alta Valle del Savio è a portata di tasca. Ad illustrare i contenuti della guida, Massimo Bardi, insieme a Cristian Abbondanza, ideatori del libretto. Com’è nata l’idea di realizzare questa pubblicazione? «L’idea è nata da una chiacchierata tra amici,
nel senso che avevamo per le mani una guida del Trentino e ci siamo soffermati sul fatto che ci sono tante manifestazioni nella nostra zona che hanno lo scopo di valorizzare questo territorio, ma di guide – che noi sappiamo – non ne sono state realizzate. Ci siamo quindi indirizzati verso la mtb e gli amanti di questa specialità, poiché molto spesso li ritroviamo in questi territori.» Com’è stata realizzata la guida? «Ci siamo affidati ad una guida del territorio e sono così stati tracciati percorsi con difficoltà diverse, sia a livello di pendenze che di chilometri, al fine di rispondere a tutte le esigenze, dal neofita a chi ama i percorsi più difficili.» Com’è strutturata? «Vi si trova una introduzione che racconta della Valle del Savio, ci sono 12 percorsi illustrati in dettaglio: il verde rappresenta un percorso facile, l’arancio l’intermedio, il rosso quello intenso. Sono presenti anche l’altimetria con punte massime, i tempi medi di percorrenza, il dislivello e la facilità. A ciò si associa ovviamente una breve descrizione del contesto con le caratteristiche del percorso, le zone d’interesse, oltre ad una cartina più ampia.» È una sorta di guida turistica? «Assolutamente no, è una guida nata ad uso e consumo dei ciclisti, seppur indicante, nella sua parte finale, quelli che sono i partner, vale a dire i ristoranti, gli alberghi ed i luoghi da noi consigliati. Si va da Sarsina e Verghereto, fino alla Valle del Bidente ed è una iniziativa che, in ogni caso, non pare avere precedenti, quantomeno per questa zona.» In quest’area peraltro viene realizzata anche la Granfondo del Capitano… «Sono due operazioni distinte, tuttavia mosse dal medesimo intento: tanto per la strada, quanto per la mtb, la volontà è quella di valorizzare e far conoscere questo territorio e con la guida si chiude in qualche modo il cerchio sotto questo profilo.» Come viene distribuita? «Si può acquistare su internet, oppure attraverso i vari partner, nei negozi di bici romagnoli o nelle cartolibrerie della Romagna al costo di 8 euro ed è formata da una quarantina di pagine. È stata realizzata da Body Art e Stampare Srl.»
La copertina della guida “La Valle del Savio in Mountain Bike”
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Danny Clark a cura di NICOLETTA BRINA
l’australiano di Forlì Una istituzione nel mondo del ciclismo mondiale, salito in sella per gioco a 13 anni, a 61 non ha alcuna intenzione di scendere. Deluso dal mondo del “dietro le quinte”, del quale non condivide l’impostazione, non perde però occasione di diffondere il “verbo” del pedale, tra i giovani.
Daniel Denny Clark uno dei più grandi pistard di tutti i tempi sia per il curriculum che ha saputo conquistarsi, sia per il valore del personaggio, capace come pochi di trasformare le sue esibizioni in grandi momenti di spettacolo. Come tutti corridori australiani si segnalò per le sue perfomance in pista in particolare nella velocità prolungata, guadagnandosi la selezione per le Qlimpiadi di Monaco (1972). Qui conquistò, non senza sorpresa, la medaglia d’argento nel “Chilometro con partenza da fermo” alle spalle del fortissimo danese Nils Fredborg. Nel 1973 passò professionista dedicandosi specialmente a quelle “Sei Giorni” che poi diverranno il teatro principale della sua fama. Sugli anelli di mezzo mondo il suo originale modo di concepire la spettacolarità delle gare su pista ne fece una specie di “sire”, ruolo che condivise per un decennio col grande corridore belga Patrick Sercu. Nel frattempo gli enormi valori tecnici e la polivalenza di Clark gli consentirono di raggiungere anche dei tangibili risultati agonistici. A diversi titoli europei nell’omnium e nell’americana (titoli importanti solo per i palati fini della pista), accostò le prime due maglie iridate della storia dei keirin: nel 1980 a Besançon battendo Morelon e Fredborg e nel 1981 a Brno su Bontempi e Kubo. Nel 1981 giunse pure secondo ai mondiali dell’individuale a punti dietro allo svizzero Freuler. Ancora nel keirin, arrivò all’argento nel 1982 a Leicester dietro Singleton e nel 1983 a Zurigo dietro Freuler. Intanto il curriculum di Clark nelle “Sei Giorni” stava divenendo impressionante, ben 30 al 1985, anno nel quale decise di cimentarsi ai mondiali stayer (mezzofondo) di Bassano dove giunse secondo dietro l’italiano Bruno Vicino. Nel 1987 con 41 successi alle spalle nelle “Sei Giorni”, conquistò a Vienna un altro argento iridato fra gli stayer dietro lo svizzero Huèrzeler.
L’anno dopo, a Gand, anche la più bella, oggi purtroppo abolita specialità, consegnò al grande Danny Clark il terzo iride della sua già cospicua carriera. A 39 anni, nel 1990 sull’anello coperto di Maebashi in Giappone, l’ormai vecchio Clark si tolse la soddisfazione di giungere ancora due volte sul podio iridato finendo terzo nell’individuale a punti e terzo fra gli stayer. A quarant’anni con 59 “Sei Giorni” vinte, il velodromo di Stoccarda lo laureò per la seconda volta Campione del mondo di “mezzofondo” al termine di una grandissima battaglia con lo svizzero Peter Steiger. Ma quel successo non segnò la fine della carriera del grande atleta australiano. Clark, ben lungi dal terminare nell’anonimato la sua leggenda, continuò fino al febbraio del 1997, accumulando altri 15 importanti successi nelle “amiche” “Sei Giorni”. Classe 1951, il 30 agosto spegne 61 anni, ancora in sella. Danny, australiano, come e quando è salito sulla bicicletta per la prima volta? «La prima volta che sono salito su una bici da corsa avevo 13 anni. Uno dei miei compagni di scuola gareggiava in bici: era alto, muscoloso e aveva un gran successo con le ragazze. Così ho detto a mio papà che volevo correre in bici anche io. Rifece il colore ad una vecchia bicicletta ed io iniziai a correre. A 14 anni vinsi le mie prime gare… insomma la determinazione, già da piccolo, non mi mancava». Nel 1972 le Olimpiadi di Monaco da giovanissimo e già con un nome importante nel mondo deI pistard. Che emozione è stata e quali sono i ricordi più forti di quell’esperienza? «Monaco 1972 ha sempre un posto speciale nel mio cuore perché erano
Una immagine del passato di Denny Clark in coppia con il compagno Patrik Sercu
Oggi partecipa a gare e le Olimpiadi. All’epoca con quali risultati? non mi rendevo conto «Io continuo a correre con dell’enormità dell’evenla stessa passione e deterto e dell’impatto che minazione di un tempo, sia avrebbe avuto sulla mia quando sono in Australia, carriera. A quei tempi sia quando sono in Italia. in Australia, i ciclisti su Negli anni dal 1999 al 2004 pista che partecipavain Italia, mi sono dedicato no alle olimpiadi non ai circuiti Granfondo e ho erano autorizzati ad vinto tutte le gare nella mia arrivare in Europa qualcategoria, circa 14 l’anno. che mese prima per Negli stessi anni ho anche allenarsi e gareggiare partecipato ai Mondiali Madurante la vostra calda ster su strada a St. Johan estate. Siamo dovuin Austria e su pista a Manti restare in Australia chester in Inghilterra con durante l’inverno e gaDanny Clark in compagnia della moglie Sabina il risultato totale di 13 titoli reggiare su strada solo Mondiali Master ottenuti». ogni domenica; non ci siamo potuti allenare neanche un giorno su pista, nei 6 mesi prima delle Olimpiadi. Facendoci C’è un sogno nel cassetto che avrebbe voluto realizzare e non un po’ di conti, arrivare a Monaco 5 giorni prima della mia gara e vincere c’è riuscito? l’argento è stato fenomenale… sono sicuro che se avessi potuto allenarmi «Il mio più grande rimpianto è di non aver corso su strada più seriamente. So che avrei potuto vincere classiche di un giorno o tappe nei su pista mesi prima in Europa, avrei portato a casa l’oro.» grandi tour ma probabilmente non sono mai stato nel posto giusto al Professionista dal 1973 al 14 febbraio 1997: quali sono le tappe momento giusto per attirare l’attenzione di qualche grande sponsor su strada; e poi c’è da dire che facevo 17 ‘Sei giorni’ in una stagione, fondamentali della tua carriera? «Il 1964 quando ho cominciato a correre. Il 1968 quando a 17 anni tutte le mie risorse e forze erano spese lì.» sono stato scelto per andare in Sud Africa: il più giovane corridore della storia a rappresentare l’Australia. Il 1970, quando ho fatto parte La soddisfazione più grande che si è tolto? del team australiano che ha partecipato ai giochi del Commonwealth a «La mia più grande soddisfazione è riuscire a correre e a competere ad Edimburgo; argento nei 4000m inseguimento individuale. 1972 giochi un buon livello alla bellezza di 61 anni e a volte riuscire a battere qualolimpici di Monaco e nel ’73 sono passato professionista. Nel ’75 mi che giovane corridore con un po’ di tattica ed esperienza. Passione e sono trasferito in Belgio e ho cominciato a gareggiare nelle 6 giorni determinazione sono rimaste quelle di una volta!» su pista. Nel 1980 è arrivato il mio primo titolo iridato nella specialità Kerin, seguito nell’81, ‘88 e ’91 da altri titoli mondiali sempre nella Com’è cambiato il ciclismo a suo parere in questi anni? «Negli ultimi 10 anni, il ciclismo è cambiato e migliorato molto: i medesima specialità.» metodi di allenamento sono più scientifici, i corridori più professioCon 74 vittorie nelle “Sei Giorni”, 4 titoli, 4 argenti, 2 bronzi mon- nali e molti più sponsor – e soldi – entrano nel circuito del ciclismo diali e un argento olimpico, Danny Clark ha detto basta – tempo- in generale, con una conseguente maggiore popolarità dello sport raneamente - al ciclismo praticato e ha provato a fare l’allenatore. stesso.» Com’è andata? «In realtà il computo è da aggiornare: 75 ‘Sei giorni’ vinte, 235 ‘Sei Ora vive a Forlì, come mai la scelta di stabilirsi in Romagna, rigiorni’ gareggiate, ancora oggi record mondiale, 13 volte campione spetto alla sua Australia? europeo, 4 campione del mondo, argento ai Giochi olimpici del ’72, e «Ho la fortuna di vivere qualche mese in Italia, a Forlì, e il resto ai Giochi del Commonwealth del ’70. Ho sempre dovuto combattere dell’anno in Australia. Mia moglie è italiana e ha tutta la famiglia a per ottenere quello che volevo, non mi sono mai mancate, sin dall’i- Forlì e in Romagna. Appena arrivato in Romagna, nel 1999 mi sono nizio determinazione e testardaggine. Quando ho smesso di gareg- innamorato delle ‘nostre’ colline e del Bel Paese in generale… dico giare come professionista, ero mentalmente stanco, ma non pronto nostre perché da due anni a questa parte ho preso con orgoglio la a lasciare il mondo del ciclismo per il quale ho tuttora una passione doppia cittadinanza: sono cittadino italiano e amo l’Italia; nello stesso profonda. Nel 1997 ho avuto l’opportunità di allenare in West Austra- tempo cerchiamo di stare vicini ad entrambe le nostre famiglie.» lia (Perth): in un anno ho visto fiorire tanti giovani talenti, i quali hanno partecipato a Campionati del mondo Il campione Denny Clark in grande forma agonistica qui lo vediamo in una recente immagine juniors, portando a casa diversi titoli iridati. Tra questi anche Ryan Baley, diventato poi Campione del Mondo e oro olimpico negli anni successivi con una splendida carriera. Invidia e compromessi non sono mai stati il mio forte e la politica nello sport, men che meno, così dopo un anno, ho lasciato Perth.» Lontano dal clima agonistico non ci sa stare e com’è andata a finire? «Mi è sempre piaciuto comunicare questa mia passione per il ciclismo ai giovani che si avvicinano allo sport e lo faccio tuttora quando me ne capita l’occasione, ma non come professione; sono rimasto scottato dalla negatività e troppa politica e poi penso di aver pestato i piedi a qualcuno, perché ho fatto domanda come allenatore in tutte le Federazioni ciclistiche del mondo, senza successo.»
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Gerhard Kerschbaumer Londra 2012 a cura di GIANLUCA BARBIERI
«ancora un giro e sarei entrato nei dieci!» Il campione in forza alla TX Active Bianchi ha ottenuto un ottimo tredicesimo posto, avvalorando quanto di buono sta costruendo in vista di un futuro ad altissimo livello. Ha condiviso a Casa Italia la camera da letto con Marco Aurelio Fontana traendo da lui grande esperienza.
In questi giorni la medaglia vinta da Marco Aurelio Fontana è ovviamente nella bocca di tutti, ma a poco più di due minuti di distanza un altro protagonista della mtb italiana ha ottenuto un risultato eccellente, con un piccolo rammarico, ma con la mentalità giusta di chi vuole ottenere grandi risultati: è Gerhard Kerschbaumer, in forza alla TX Active Bianchi, guidata da Massimo Ghirotto, che non ha nascosto la sua felicità nel vedere la prova maiuscola del Campione Alto Atesino che fa sperare per il futuro della mtb e perché no del ciclismo italiano.
Gerhard Kerschbaumer con la maglia tricolore in compagnia di Marco Aurelio Fontana e la giudice internazionale Fulfia Tosi
Sentiamo le prime impressioni di Gerhard al suo rientro da Londra Ciao Gerhard, allora, tutto bene? Intanto vorrei farti i complimenti per l’importante piazzamento conquistato. Un tredicesimo posto e in rimonta che fa ben sperare per il futuro. «Ciao a tutti i lettori di INBICI e grazie per i complimenti. Certamente, un tredicesimo posto che potrebbe essere stato anche un decimo… mi bastava un giro in più.» Della gara ne parliamo dopo, prima di tutto volevo sapere se in Casa Italia abitavate tutti assieme, se condividevi i pasti con gli atleti delle altre discipline e se girando per il villaggio olimpico hai incontrato alcuni campioni “planetari” che tutti abbiamo imparato a conoscere”. «Beh, si mangiavamo assieme ad altri atleti italiani, poi vedevo anche gli americani passare, ma io ero troppo concentrato sulla gara. Noi ciclisti avevamo un piano assieme a quelli del Triathlon, negli altri piani c’erano quelli delle altre discipline. Come sapete sono timido ed in mezzo a quei Campioni me ne stavo quatto quatto. Certo è che è stata un’emozione particolare vivere questa esperienza. L’aria delle Olimpiadi è unica.» Vuoi dire che non ti sei fatto fare nessun autografo o non hai foto da farci vedere? Eri concentratissimo allora. È stata un’esperienza non solo sportiva, ma immagino un’ importante esperienza di vita, quella che hai potuto affrontare in queste settimane. «Mamma mia, certamente. Ho in mente tutte le emozioni, tutti quei giorni, il silenzio che dopo una certa ora aleggiava nel villaggio per rispetto di tutti gli atleti. Una grande esperienza che terrò stretta nel mio cuore.»
Parliamo della gara. L’hai visto il sellino di Marco passando? Secondo te hai pagato un po’ la pressione delle Olimpiadi o sei riuscito a stare calmo e giocartela al massimo? «No, guarda, sono stato tranquillo, anche perché ero in camera con Marco e lui è la tranquillità in persona. Ho imparato tanto da lui. È un vero campione, non solo in gara, ma anche prima e dopo. Sa gestire bene le emozioni e sa tirare fuori il meglio di sé quando serve. Io sono partito piano, non capisco perché, poi ho fatto i tempi, quasi come quelli dei primi. Se avessi corso dall’inizio alla fine così, sarei arrivato entro i dieci. Non importa, per me è già un grande risultato essere andato a Londra, poi questo piazzamento mi rinfranca, perché so che ho ancora molto da dare. Non sono riuscito ad esprimermi al 100% ma di sicuro in futuro lo farò.» Ora tocca ai mondiali, quindi immagino che con la testa tu sia già lì. «Certo, so che potrò rifarmi subito, perché la condizione è ottima e le sensazioni anche. Ora devo concentrarmi per quell’appuntamento facendo tesoro dell’esperienza fatta a Londra.» Immagino che siate andati a festeggiare dopo la medaglia e che sensazioni hai avuto
nel vedere 30.000 spettatori assiepati in pochi chilometri? Vuoi dirmi che non hai fatto nessuna foto nemmeno dei festeggiamenti. «Eh si, non ne ho fatte. Me le tengo tutte per me quelle emozioni. Siamo andati anche fuori alla sera a festeggiare, in giro a vedere un po’ di movimento. Certo è che tutta quella gente difficilmente si vede e l’adrenalina era alle stelle. È stato bellissimo ed emozionante.» Alla televisione Pancani e Cassani hanno detto che avresti anche un buon futuro nel settore strada. Ci hai mai fatto un pensierino? «Non si sa mai…». Qualcuno ha detto che quello di Londra non era un percorso da mtb. Sei della stessa opinione? «Assolutamente no. È stato velocissimo e tecnico allo stesso tempo. Poi chi va più forte viene sempre fuori, qualsiasi percorso presenti. L’ordine d’arrivo ne è la dimostrazione». Bene Gerhard, ringraziandoti ancora per il tempo concesso e facendoti i complimenti per l’ottima prestazione di London 2012, ti saluto a nome di tutti i lettori di INBICI. «Grazie a voi e saluto tutti i vostri lettori».
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IL GIRO DELLE ABBAZIE a cura di LUCA ALò
Grande successo di presenze alla prima tappa del Giro delle Abbazie Si è svolta domenica 26 Agosto a Pico in provincia di Frosinone la prima tappa del Giro delle Abbazie, Santuari e Castelli nel Lazio abbinata alla manifestazione Castello Farnese Pico, alla sua prima edizione, organizzato dalla Mtb Pico-Lupi degli Aurunci. La manifestazione si è svolta in modo davvero ineccepibile e per questo allievi: lungo il tracciato si sono misurati eccellentemente i portacolori della bisogna dare atto agli organizzatori che hanno visto premiati i loro sforzi MTB Grotte di Castro che ha confermato, nella specialità a loro congeniagrazie a una qualificata presenza di oltre 150 bikers provenienti da Lazio, le come il cross country, ancora il primo posto di Luca Sabatini e il seconAbruzzo e Campania applauditi uno ad uno dai tantissimi sportivi e dagli do di Ivan Colonnelli davanti a Daniele Panzarini (Drake Team-Nw Sport) abitanti “picani” presenti lungo il percorso di 6100 metri disegnato tra il e a Fabio Sabbioni (Atletico Uisp Monterotondo) giunti rispettivamente al centro storico di Pico, il sottobosco del Monte Pote e il tradizionale single terzo e al quarto posto. Ancor più sorprendente era la prestazione dell’atleta pontino Matteo Mantrack dei Lupi con il panorama del borgo medievale. Entrando più nel dettaglio, gli atleti sono stati fatti partire con la divisione datori (Nw Sport Cicli Conte Fans Bike) che riusciva a salire sul gradino in griglie in base alla categoria di appartenenza con un intervallo di 30 se- più alto del podio nella categoria juniores rifilando oltre 4 minuti al diretto condi tra una partenza e l’altra con il seguente dettaglio dei giri percorsi: avversario Alessio Franco (Scott RC-New Limits) mentre buon terzo po5 per élite, under 23, élite sport, i master dall’1 al 4; 3 volte per juniores, sto per Danilo Cioè (Firefox Team Amaseno). Tra gli altri corridori in gara, master junior, donne master, M5, M6 e M7+; 2 volte gli allievi e 1 volta gli dominando e conquistando il successo nelle rispettive categorie, vanno esordienti. In un’ipotetica classifica generale con 5 giri all’attivo nella gara menzionati Francesco Infelli (Team Vittorio Bike) tra gli M3, il sempreverde regina, Folcarelli risultertebbe primo con 1’49” su Marco Cellini, 6’33” su iridato Giuseppe Zamparini (Cicli Montanini-Alice Ceramica Frw) tra gli M5, Massimo Campaiola (Cubulteria Bike) tra i master junior, Luciano Quintarelli Ferritto, 9’02” su Pensiero e 10’49” su Viola. Il campione europeo ed italiano in carica Massimo Folcarelli (Drake Team- (Drake Team-Nw Sport) tra gli M6, Mario Capoccia (Atletico Uisp MonteNw Sport) ha firmato la sua trentaduesima vittoria stagionale con il miglior rotondo) tra gli M7 over, Loredana Varlese (Giant Bikextreme) tra le master tempo assoluto (1.34’30”) ed il record sul giro (17’48” nel corso del primo) donna 2 e Arianna Pagotto (Bikefriends Pontinia) tra le master donna 1. facendo entusiasmare il pubblico che sin dalla mattinata ha assiepato i vi- La manifestazione si è svolta senza particolari problemi: tutto è filato licoli e i punti caratteristici del paese di Pico. La prova del corridore di Anzio scio, salvo qualche ritiro per imprevisto meccanico. Il caldo asfissante di (Roma) non è mai stata in discussione dopo aver recuperato il gap delle Lucifero ha inciso parecchio sullo svolgimento della manifestazione e i griglie e la foratura nel corso del terzo giro mentre in chiave campionato partecipanti hanno avuto un’assistenza capillare con i ristori e un ottimo del mondo master in Brasile del prossimo 16 settembre «una ulteriore iniezione di energia e fiducia, tutto ciò vuol dire che la forma c’è» ha commentato lo stesso Folcarelli leader della master 2 davanti a Guido Cappelli (Nw Sport-Cicli Conte Fans Bike) con l’ottavo tempo finale di 1.52’20”. Secondo miglior tempo (1.36’19”) per il sempre brillante atleta frusinate Marco Cellini (Cicli Taddei) che, nonostante alcuni rischi in alcuni passaggi tecnici davvero impegnativi, ha fatto vedere cose egregie e si è conquistato con una prestazione tutto sommato positiva la leadership nella sua categoria élite sport davanti a un sorprendente Federico Rosato, portacolori del sodalizio locale della Mtb Pico-Lupi degli Aurunci. Terzo miglior tempo (1.41’03”) per il campano Luigi Ferritto (US Frw Giannini Bike’s) primo tra i master 1 al termine di una gara corsa costantemente nelle posizioni di vertice precedendo Giovanni Pensiero della Nw Sport Cicli Conte Fans Bike col quarto miglior tempo finale (1.43’32”). Il campione europeo Master 4 Gianni Panzarini all’uscita dal castello Farnese Pico Quinto il bravo élite Paolo Viola (Bike Store Racing) che col quinto tempo di 1.45’19” è stato autore di una superba prima parte di gara facendo nettamente me- presidio lungo il percorso da parte dei volontari della Croce Rossa Italiana glio di Michele Tamburlini (Emporio del Ciclo) con il nono tempo di 1.52’27”. di Frosinone, il Soccorso Alpino di Piedimonte San Germano e la XIV CoSettimo tempo generale (1.51’47”) per il campione europeo in carica Gian- munità Montana dei Monti Ausoni. ni Panzarini (Drake System-Nw Sport) ancora una volta il migliore nella «Sono soddisfatto della macchina organizzativa che si è messa in moto categoria master 4. Tante le sorprese in ambito giovanile con l’uno-due per un evento agonistico di grande portata – ha dichiarato il sindaco Andel GS Fontana Anagni dove è emersa una bella ed incoraggiante vittoria tonio Pandozzi –. Il nostro paese è amante dei motori con il tradizionale di Anthony Morini nella categoria esordienti davanti al compagno di colori Rally di Pico ma la mountain bike è stata una cosa nuova e ha dato la Valerio Gratissi e a Emanuele Spuri (Vittorio Bike Montefogliano). possibilità a tante persone di visitare il nostro centro storico che merita È stata una domenica delle doppiette di squadra anche nella categoria ancora più attenzione».
foto NEWSPOWER CANON
Lorena Zocca
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Fonte del Savio Bike Montecoronaro a cura di IVANO OGNIBENE
Mikailouski Serghey a segno, nella 6^ prova del Campionato Romagna Bike Cup
Il podio
La partenza
Un week end bellissimo, e la altrettanto bella giornata di domenica 5 agosto, ha accompagnato lo svolgimento della 6^ prova del Campionato Romagna Bike Cup, di Montecoronaro, alla presenza di oltre 330 atleti provenienti da tante regioni. Il tracciato di gara prevedeva un percorso di 28 km per le categorie maggiori, 17 km invece per le categorie giovanili. Le partenze degli atleti, suddivisi per categoria, dal Parco delle Pro Loco alle 9,30, sono state distanziate di 10” tra un atleta e l’altro. Già al primo chilometro, verso la Sorgente del Savio e proseguendo in direzione dei Rifugi del Montefumaiolo, gli atleti più forti erano in testa: Serghey Mikailouski (Mondo Bici), Mattia Capace (Forti Liberi), Agostino Mazzoni (180 BPM), e Cristian Fabbri (Passion Bike), imponevano un ritmo di gara elevatissimo, che vedeva il passaggio dei rifugi, con un Mikailouski in grande spolvero, in lieve vantaggio sugli inseguitori, Capace, Mazzoni e Fabbri. Il percorso prevedeva il passaggio dal monastero di Sant’Alberico e il nuovo single track di Villa Adriana, con il passaggio degli atleti a posizioni immutate. Il percorso gara proseguiva con l’ultima salita dei Barattieri, verso la Fonte del Savio, e la zona di arrivo, posta all’interno del Parco di Montecoronaro, ha visto il trionfo di Mikailouski, con il tempo di 1h 16’ 15’’, seguito
da un ottimo Mattia Capace e terza piazza per Agostino Mazzoni. Partenza alle 9 per le categorie giovanili, con la netta vittoria di Andrea Mengozzi (Team Le Saline). Al termine della gara, dopo un ottimo ristoro finale, sono stati consegnati i premi di categoria e di società. Alle 16 la tradizionale gimcana per bimbi dai 4 ai 12 anni, che ha concluso la giornata di sport, dedicata alla Mountain Bike.
Classifiche Uomini km 28: 1° 2° 3° 4° 5°
Mikailouski Serghey - Mondo Bici Mattia Capace - Forti Liberi Agostino Mazzoni -180 BPM Cristian Fabbri - Passion Bike Matteo Bravaccini - Surfing Shop
Donne km 28: 1^ Monia Conti - Santarcangiolese 2^ Marta Maccherozzi - Gruppo T.N.T. 3^ Valeria Bartolini - Torpedo Bike
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www.miganibikes.com
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CLASSICHE DEL WEEK END a cura di Arnaldo Priori
8° Trofeo Milena Sgarella a.m. Si è svolto sabato 25 agosto a Cerello di Corbetta alle porte di Milano, l’ottava edizione del trofeo Milena Sgarella, manifestazione che ha visto una grande affluenza di pubblico e di partecipanti premiando così il lavoro svolto dell’ A.S.D. Equipe Corbettese la quale anche in questa occasione Ha dimostrato grande talento organizzativo.
I veterani e gentlemen partono subito all’attacco e alla seconda delle nove tornate sono già in fuga sei elementi, che diventano nove due giri più tardi, sei sono veterani e tre gentlemen, il gruppo cerca invano di ricucire e il vantaggio si assesta appena sopra il minuto, ma le due vittorie se le giocano i fuggitivi, alla media oraria di 41,900. Ai primi tre posti della volata, tre veterani, Giuseppe Ghilardi, Renzo Pedretti e Fabio Galloni, poco più indietro il Maurizio Ticozzelli che si aggiudica la vittoria tra i gentlemen. Alle loro spalle viaggiano i meno giovani, ma lo spirito è lo stesso, tanto che la media del vincitore sfiora i 41,489 orari. Tutti assieme sino alla settima tornata quando evadono in quattro, che nelle fasi finali diventano sette, tra loro il milanese Giuseppe Donadoni che supera in una volata a due Valerio Dell’Occhio, con Lorenzo Volpi che guarda i due contendenti da una ventina di metri, e alle sue spalle il compagno di colori Giuseppe Siviero che comincia ad esultare per la vittoria tra i super “B”, seguono Gigi Cifarelli e Dario Cornaglia, che precede di poco Vincenzo Vezzoli, secondo super “B” e ultimo dei fuggitivi, mentre sullo sfondo si intravede già la volata del gruppo vinta dal bresciano Tiziano Bardella. Cadetti-junior, con classifica unica e senior la
prima batteria, e la media schizza subito a livelli vertiginosi con la seconda tornata percorsa a poco meno di cinquanta orari per merito di Daniele Passi in compagnia del regionale junior Mario Romano, i due cercano la soluzione di forza, portando il proprio vantaggio sino a un minuto e 36’, poi però dal gruppo escono in tredici e al settimo giro l’avventura dei due battistrada termina con quindici uomini al comando, mentre il gruppo scivola oltre i due minuti. Non c’è molto accordo, troppi elementi di spicco, e quindi sorgono tentativi a più riprese con lo junior Daniele Passi tra i più attivi, ci prova in compagnia di tre compagni, ad un paio di chilometri dalla conclusione, poi in un momento di indecisione affonda e non verrà più ripreso dagli inseguitori regolati dal tricolore senior Andrea Mascheroni che brucia di poco Davide Pampagnin, che sale sul secondo gradino del podio dei giovani in compagnia di Massimo Boglia al terzo posto, completano il podio dei senior Emanuele Tira e Maurizio Russo, sesto e settimo della classifica assoluta. Ultima gara sul tracciato che unisce le frazioni di Corbetta, tutti uniti per cinque giri dei nove i programma, poi evadono in undici, che al suono della campana hanno un rassicurante minuto di vantaggio.
Il besanese Paolo Calabria, veterano, decide di lasciare i compagni d’avventura e si gode la vittoria a piccole dosi, alle sue spalle il compagno Alessandro Speroni completa il successo della Polisportiva Besanese vincendo la volata dei primi inseguitori regolando cinque compagni d’avventura, con una manciata di secondi di vantaggio sul gentlemen Pasquale Floreale che regala al suo presidente Enrico Sangalli l’ennesima vittoria di una fortunata stagione, superando di una bicicletta Angelo Panzera.
Ordine d’arrivo Veterani 2° s. Giuseppe Ghilardi – Dada Renzo Pedretti – Omnibike Fabio Galloni – Dimmidisi Gentlemen 2° serie Maurizio Ticozzelli - Free Bike Marco Castelli – Makako team Eliseo Tassan – Team 99 Mi Super A Giuseppe Donadoni – Nuova S. Elena Valerio Dell’Occhio – Zibido San Giacomo Lorenzo Volpi – Brocchetta Super B Giuseppe Siviero - Brocchetta Vincenzo Vezzoli – Pol. Besanese Vittorio Salata – Carimate Veterani Paolo Calabria – Pol. Besanese Alessandro Speroni – Pol. Besanese Pietro Triscari – Team Riboni Gentlemen Pasquale Floreale – Corbettese Angelo Panzera – Ciclissimo Enrico Pezzetti – ASDC Milano Cadetti-junior Daniele Passi – Pata Jolli Wear Davide Pampagnin – Pata Jolli Wear Massimo Boglia – cicli Boglia Senior Andrea Mascheroni – System Cars Emanuele Tira – Doctor Bike Maurizio Russo . Gaggiano Giacomel
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TIFOSI
ovvero “super-fan”
a cura di Roberto Zanetti Ogni dettaglio degli occhiali TIFOSI è stato studiato ad hoc per assicurare al ciclista massimo confort e grande praticità. Le lenti in policarbonato sono robuste, infrangibili, garantite negli anni, resistenti a qualsiasi urto. Consentono una visione ampia e chiara, e sono disponibili in un vasto assortimento di colori. “TIFOSI” è un nuovo marchio di occhiali made in Usa, diffuso principalmente nel settore del running (56% del fatturato), del ciclismo (31% del fatturato), del tennis e del golf. In Italia è distribuito in esclusiva da Freewheeling. Nato nel 2003 in Georgia (Usa), TIFOSI è un brand commercializzato in tutto il mondo da una rete di negozi specializzati in articoli sportivi. Il nome deriva dalla traduzione italiana della parola inglese “super-fan”, cui si ispira anche l’intera collezione, che è dedicata ad atleti pieni di entusiasmo, a grandi appassionati (sia uomini che donne) che vogliono distinguersi non solo nello sport ma anche nel tempo libero. Gli occhiali TIFOSI, che potete trovare presso i rivenditori autorizzati, sono venduti nell’apposita custodia rigida. Ogni confezione è dotata di una “clearing bag” in microfibra per la cura e la pulizia della montatura e delle lenti. Sempre dal vostro negoziante autorizzato di fiducia potrete acquistare o avere in sostituzione – se coperti da regolare garanzia ufficiale della casa – tutti i pezzi di ricambio (lenti, naselli, terminali, astine) di cui necessiterete. Caratteristiche tecniche del prodotto Della nuova collezione per il 2013 ho selezionato 5 modelli di “TIFOSI”, dei quali riporto nel dettaglio le principali caratteristiche:
TIFOSI Podium S Gloss Carbon: lenti intercambiabili e facilmente rimovibili, nasello e terminali delle astine regolabili in gomma idrofila, disponibilità tg S-M, 29 gr di peso.
TIFOSI Podium Metallic Red: lenti intercambiabili e facilmente rimovibili, nasello e terminali delle astine regolabili in gomma idrofila, disponibilità tg M-XL, 30 gr di peso.
TIFOSI Duro Gloss Black: nasello e terminali delle astine regolabili in gomma idrofila, lenti ventilate tramite apposita fessura antiappannamento, disponibilità tg M-L, 32 gr di peso.
TIFOSI Radius Pearl White: nasello e terminali delle astine regolabili in gomma idrofila, lenti ventilate tramite apposita fessura antiappannamento, disponibilità tg S-M, 24 gr di peso.
TIFOSI Veloce Clear Crystal: nasello e terminali delle astine regolabili in gomma idrofila, lenti ventilate tramite apposita fessura antiappannamento, disponibilità tg S-L, 28 gr di peso.
www.tifosioptics.com Distributore per l’Italia: Freewheeling srl - Via Barsanti, 10 - 48124 Fornace Zarattini (RA) Tel. +39 0544 461525 - Fax. +39 0544 462096 - E.mail: info@freewheeling.it - Web site: www.freewheeling.it