iNBiCi magazine- Anno 5 - Numero 9 - Settembre 2013

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Granfondo

SitĂŠ da Pria

domenica

6 ottobre 2013 Pietra Ligure (SV) NËš 9 Sette mbre 2013

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foto Riccardo SBT

SAN BENEDETTO DEL TRONTO

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5 min

La “Riviera delle Palme” Non ci troviamo in una località balneare d’oltre oceano ma nella nostra Italia. Un’insolita passeggiata esotica all’ombra di oltre 8.000 palme Attraverso la località turistica più nota della costa marchigiana, San Benedetto del Tronto.

tare una zona portuale recentemente ammodernata, dove si erge imponente il Faro della città, e diverse altre strutture collegate con l’attività della pesca, fra cui un importante Mercato Ittico, e strutture per la cantieristica navale. Attività che, come in nessun’altro luogo di mare, sono perfettamente integrate con la peculiarità turistica della zona. Infatti, accanto al moderno, convivono le testimonianze storiche della tradizione marinara, visibili ancora in quei vicoli dove esistono ancora le strette e alte case dei pescatori.

tonda” da dove parte perpendicolarmente al mare un altro asse, lo storico corso principale, oggi ristrutturato e completamente pedonale. Questo è il luogo d’incontro preferito dai cittadini e dagli abitanti delle zone limitrofe per la presenza di locali storici ed esercizi commerciali. L’arte moderna è, poi, onnipresente sia lungo il corso che sul lungomare: si possono ammirare sculture di Ugo Nespolo, Enrico Baj, Mark Kostabi, Mario Lupo, Aldo Serigiacomi e molti altri personaggi noti nel panorama mondiale artistico.

Sul lungomare nord c’è un punto nevralgico per la città, costituito dalla cosiddetta “Ro-

Non dimentichiamo però che il nucleo più antico di San Benedetto del Tronto si erge sulla collina poco distante dal mare, il cosiddetto “Paese Alto”. È qui il Castrum Truentinum, visibile attraverso le testimonianze recentemente scoperte di sepolture e reperti di epoca romana. Mentre prima di questi ritrovamenti, l’origine della città era attribuita a Benedetto, soldato della guarnigione romana, che avrebbe trovato sepoltura qui dopo essere stato giustiziato per aver professato la religione cristiana. Nel nucleo storico caratterizzato da stretti viottoli, lastricati in cotto, e nei dintorni, si trovano ancora le tracce di una fiorente vita medievale: i resti del Castello, la torre Gualtieri, la torre Guelfa e numerosi edifici religiosi che ancora oggi conservano capolavori artistici di grande pregio.

foto WWW.RIVIERADELLEPALME.COM

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Potrà sembrare strano ma il simbolo di questa città sull’Adriatico, San Benedetto del Tronto, è il lungomare, progettato sin dai primi anni ’30 per stupire con i suoi trenta metri di larghezza e i sei chilometri circa di lunghezza, ormai eletto a via principale di comunicazione e luogo turistico per eccellenza. Ciò che ne fa un posto unico è la presenza di una grande varietà di piante per tutta la lunghezza della passeggiata e nei suoi lussureggianti giardini tematici, che si aprono come oasi naturali sul mare. Oltre alla presenza di moltissimi stabilimenti balneari e chalet, alcuni dei quali hanno mantenuto l’aspetto originario, la passeggiata è incredibilmente attrezzata con numerose strutture per l’intrattenimento sportivo, fra cui campi da tennis, una pista di pattinaggio e una ciclabile che collega Cupra Marittima a Porto d’Ascoli, diventando parte integrante del progetto della Ciclovia Adriatica, pensato per collegare tutta la costa da nord a sud. Quest’asse, grazie anche alla presenza della ferrovia, ha avuto ed ha ancora un grande ruolo per le attività commerciali, fra cui soprattutto la pesca, altra grande vocazione di questo polo. Oggi San Benedetto può vanImmagini del Torrione e del lungomare di San Benedetto del Tronto ombreggiato dalle alte palme

Il centro storico offre ancora la possibilità di ascoltare gli abitanti parlare il caratteristico idioma locale, con echi di antiche invasioni provenienti dal mare, e per gli appassionati di tradizioni gastronomiche qui c’è l’opportunità di gustare un piatto tipico, “il brodetto alla sanbenedettese”, accompagnato dai premiati vini delle colline ascolane. foto LUCABRON

San Benedetto del Tronto è, quindi, un centro di storia, arte e cultura da cui poter proseguire per esplorare il ricco entroterra piceno, sempre se non si vuol sostare nella piacevole oasi che offre una ricettività turistica di altissima qualità, con alberghi per ogni esigenza, oltre che occasioni d’incontro, svago e sport con impianti di ogni tipo. Non c’è che da scegliere!


2 Tempo di lettura

ABANO TERME

5 min

la città termale alle pendici dei colli euganei Abano Terme è oggi una delle più famose località termali d’Europa. Grazie alla sua enorme potenzialità ricettiva, che si basa su un notevole numero di alberghi tutti attrezzati con reparto per i trattamenti termali, può vantare il primato della più grande città termale del mondo. Il centro cittadino è caratterizzato da un’ampia isola pedonale su ci si affacciano edifici antichi e moderni, grandi alberghi con i loro curati giardini, negozi e locali, e tra le varie testimonianze storico-monumentali racchiude anche una delle più importanti testimonianze delle terme di Aponus, il Colle del Montirone.

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Abano Terme è considerata la stazione termale più importante d’Europa e tra le prime al mondo. Il ruolo le deriva da una qualità ricettiva e terapeutica all’avanguardia e capace di integrarsi alla perfezione nell’ambiente che la circonda. Abano conta oggi 78 alberghi termali i quali offrono una capacità totale di 10.500 posti letto, 120 piscine, 50 campi da tennis, parchi e giardini, servizi di alta qualità nel campo delle cure termali alle quali si abbinano oggi la cura estetica del corpo, il fitness, tutto ciò che è in grado di rigenerare l’organismo in ogni suo aspetto. La città di Abano accoglie annualmente più di 250.000 ospiti con 2 milioni di presenze; ad attirare un così gran numero di turisti è la caratteristica praticamente unica dei componenti terapeutici per i quali la città è famosa: l’acqua termale ed il fango. Conosciuta e sfruttata fin dai tempi dei Romani, che già 2.000 anni fa si curavano ad Abano (l’antica Aponus), l’acqua termale ha da poco svelato il segreto della sua provenienza. Studi approfonditi condotti dall’Università di Padova e dal Cen-

tro Studi Termali “Pietro D’Abano” hanno consentito di stabilire come le falde di acqua termale presenti nel sottosuolo dell’intero bacino euganeo giungano dalle precipitazioni piovose delle Prealpi, in particolare dai Monti Lessini sopra Verona. Per compiere questo tragitto sotterraneo di circa 100 km ed arrivare nella zona euganea, le acque impiegano un tempo stimato dai 25 ai 30 anni, nel corso del quale si arricchiscono di decine di sali minerali diversi e aumentano la propria temperatura fino ad 80/90 gradi prima di compiere la risalita verso la superficie. La composizione chimica delle acque è fondamentale nel momento in cui viene aggiunta al fango per produrre una particolarissima microflora vegetale e animale nel corso del processo di maturazione. A quel punto il fango è pronto a condurre la propria azione terapeutica nel campo delle malattie reumatiche, nell’osteoartrosi, nei dolori articolari, nei postumi di traumi e di fratture, nonché nelle malattie dell’apparato respiratorio che l’acqua termale nebulizzata in aereosol o inalata contribuisce a combattere.

Oltre alle proprietà curative dell’acqua termale, la città si distingue per le particolari strutture terapeutiche degli alberghi. A differenza delle altre stazioni termali italiane o straniere, dove esiste normalmente un unico stabilimento al quale tutti devono accedere per le cure, ogni albergo di Abano possiede infatti un reparto curativo nel proprio interno che rende agevole e confortevole il trattamento fangoterapico, grazie anche al fatto che ciascun albergo estrae l’acqua termale da un proprio pozzo abitualmente situato nell’area di sua pertinenza. Le cure dei fanghi, abbinate alle classiche tecniche di massoterapia e di tonificazione del corpo e alle moderne azioni di intervento per il benessere dell’organismo, costituiscono oggi la soluzione migliore per chi cerca il recupero psicofisico in pieno relax ma senza trascurare lo svago all’insegna della cultura, l’arte, la storia offerta dai luoghi che circondano la città. Il tutto riempito da una qualità di vita e di tradizionale accoglienza frutto di ben 2.000 anni di esperienza nel settore.

foto abanothermalcare.com

foto abanothermalcare.com

Gli stabilimenti termali di Abano sfruttano le qualità terapeutiche delle acque salsobromoiodiche litiose radioattive che sgorgano alla temperatura di quasi 90° C


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SOMMARIO 6

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Franco Trentalance

Protagonisti

a cura di Mario Pugliese

a cura di Paolo Mei

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L’Editoriale

Grandi eventi

a cura di Maurizio Rocchi

a cura della Redazione

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Roberto Cunico

Biomeccanica Inbici

a cura di Roberto Zanetti

a cura di Renato Rotunno

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L’affaire Pantani

Inbici per il mondo

a cura di Mario Pugliese

a cura di Andrea Pelo Di Giorgio

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Ruote roventi

Dossier sport e medicina

a cura di Roberto Sgalla

a cura del Dr. Maurizio Radi

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Giampaolo Grisandi

Il telaio ideale

a cura di Mario Pugliese

a cura di Roberto Zanetti

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Oltre l’ostacolo

Sicurezza in gara a cura di Gianluca Barbieri

a cura di Roberto Zanetti

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Le salite mitiche dei grandi giri

Salute Inbici

a cura di Leonardo Olmi

a cura del Dr. Alessandro Gardini

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Pagine gialle

Trentino MTB

a cura di Mario Pugliese

a cura di Newspower

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Frasi celebri sul ciclismo a cura di Nicola Provenzale

Stretching nello sport a cura del Dr. Massimiliano Muccini

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Direttore Responsabile Andrea Agostini Vice Direttore Maurizio Rocchi Capo Redattore Maurizio Rocchi In Redazione Andrea Agostini, Mario Pugliese, Dr. Roberto Sgalla, Massimiliano Muccini, Fabrizio Fagioli (Equipe Velòsystem), Equipe Enervit, Gian Paolo Mondini, Nicoletta Brina, Bruno Achilli, Matteo Gozzoli, Aldo Zanardi, Anna Budini, Ricky Mezzera, Mario Facchini, Leonardo Olmi, Ivano Ognibene, Andrea Pelo Di Giorgio, Dr. Maurizio Radi, Gianluca Barbieri, Roberto Bettini, Paolo Mei, Roberto Zanetti, Andrea Passeri, Dr. Alessandro Gardini, Dr. Piero Fischi, Luciana Rota, Lorenzo Comandini Fotografi Playfull, Studio5, Foto Castagnoli, Bettini Photo, Ido Talenti, Leonardo Morelli, Newspower Archivio fotografico Gianni Rocchi Distribuzione Italian Business Management LDT Responsabile Grafica Loredana Cramarossa Responsabile Facebook Gianni Rocchi Stampa Wafra Responsabile marketing Sara Falco Piede_Inbici_red22.pdf Piede_Inbici_red22.pdf1 127/05/13 27/05/1313:20 13:20 Diritti e proprietà INBICI MAGAZINE - SARA FALCO EDITORE - Reg imprese n° REA FO 323603 Iscrizione Registro Tribunale di Forlì nr. 3/2013 del 5 aprile 2013. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione anche parziale di articoli, foto e disegni senza autorizzazioni della SARA FALCO EDITORE.


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FRANCO TRENTALANCE a cura di Mario Pugliese

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6 min

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«Il doping? Più nell’hard che nel ciclismo» Sedici anni di carriera, 440 film con oltre mille partner diverse. Lui è Franco Trentalance, professione pornoattore: «Sconsiglio il sesso prima della gara e, per non fare cilecca, meglio il mirtillo del Viagra».

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«Da oltre un anno ho scoperto il fascino della mountain bike, sebbene l’anatomia del sellino mi crei qualche scompenso...». L’incipit è di Franco Trentalance, professione pornostar, 440 film in 16 anni di carriera con oltre mille partner diverse. Rocco Siffredi a parte, il più grande porno-attore italiano del secondo millennio. Sdoganato al grande pubblico dal reality “La Talpa”, Trentalance ha saputo re-inventarsi attore, anchor-man e grande esperto di erotismo. Dall’inizio del 2009 cura infatti una propria rubrica (“Sarò Franco”) dedicata al sesso e alla seduzione all’interno del programma radiofonico “Gli Spostati” su Rai Radio 2. Franco, il sesso fa bene allo sport? «Il sesso ‘soddisfacente’ fa sempre bene, ma – da sportivo – non consiglierei mai un rapporto sessuale prima di una performance. L’amplesso allenta le tensioni, ma allo

stesso tempo, scarica mentalmente, stemperando l’aggressività. Lo sportivo agonista, invece, ha bisogno di una sana ‘cattiveria’ e non può lasciarla tutta sotto le lenzuola.» Si parla tanto di doping nel ciclismo, ma anche nel mondo dell’hard gli “aiutini” artificiali – si dice – sono all’ordine del giorno... «Se devo girare una scena alle 2 di notte, con una partner antipatica, con zero gradi centigradi, sdraiato su una lastra di marmo e con un regista che ti tiene lì inchiodato per tre ore, be’ allora anche Franco Trentalance ricorre ad un ‘aiutino’. Ma generalmente mi guardo bene dall’usare certi prodotti farmaceutici che, alla lunga, provocano assuefazione. Il rischio, infatti, è quello di diventare emotivamente dipendenti, convincendosi che – senza l’assunzione di certe sostanze – la prestazione sarà inevitabilmente scarsa. Niente di più sbagliato. Ci sono colleghi che ricorrono persino ad iniezioni genitali di alprostadil, ma è evidente che certe pratiche hanno effetti collaterali devastanti. Molto meglio, prendete pure nota, curare la propria virilità con mirtillo, vitamina E, peperoncino, zinco e bioarginina, un amminoacido basico che si acquista senza ricetta.» Il tuo rapporto con la bicicletta? «È cominciato, come per tutti, da bambini, quando – tolte le rotelle – mi regalarono una bicicletta con freno a contro-

pedale. Ricordo le derapate nelle piazzette di Bologna e i ginocchi perennemente sbucciati.» Segui il ciclismo? «Certo, ma solo quello da ‘uomini veri’. Adoro il ciclista stremato sul pavet di Roubaix, Pantani nella nebbia del Les Deux Alpes, i corridori sporchi di fango della Liegi, insomma il ciclismo consacrato alla sofferenza.» Franco, torniamo al tuo mondo: come internet ha cambiato il mercato della pornografia? «Prima del web esistevano nel mondo una quarantina di case cinematografiche che, pur non fatturando cifre astronomiche, riuscivano comunque a stare sul mercato. Con l’avvento della rete, quasi tutte hanno chiuso bottega. Oggi ci sono, al massimo, cinque grandi holding del sesso, tutte americane, che si dividono il mercato dei film a luci rosse a livello planetario. E, ovviamente, hanno profitti stellari. Anche il mondo dell’hard, in pratica, ha seguito le nuove dinamiche del commercio: nessuna speranza per le piccole botteghe e mercato dei consumi cannibalizzato dai grandi centri commerciali...» Dunque, meno lavoro anche per i pornoattori... «Non c’è dubbio. Non a caso, oggi il porno non è più il mio core-business. Al sesso devo la mia notorietà, ma in questi anni mi sono cimentato, con alterne fortune, anche in altri ambiti.»


Ma la porno-bulimia di internet non rischia di rovinare le nuove generazioni? «Sì e no. Nel senso che la fruizione quoti-

diana di materiale porno aiuta a far cadere le inibizioni e ad ispirare performance, diciamo, un po’ più fantasiose. Il rischio, però, è che – soprattutto tra le

donne – si generino illusioni spropositate ed i maschietti, sovrastati dall’ansia da prestazione, preferiscano alla fine sempre l’onanismo alla relazione.»




E a proposito di “prime volte”, troverete all’interno della rivista il nostro

Settembre parte con un fiocco azzurro: quello del nuovo sito internet di Inbici. Un nuovo prodotto giornalistico che affiancherà la rivista mensile, offrendo ai nostri fedeli lettori un’informazione capillare e, soprattutto, quotidiana. È una sfida entusiasmante e, nello stesso tempo, impegnativa, che garantirà al nostro gruppo editoriale un importante salto di qualità.

Fiocco azzurro in casa Inbici

primo gran premio ippico, così come l’abituale carrellata di corse già in archivio o ancora da disputare. Nell’angolo interviste, il re dei pornodivi Franco Trentalance ci svela che, nel mondo dell’hard, il doping è assai più diffuso che nel ciclismo, mentre per la rubrica “E tu come la pensi?” vi invitiamo a farvi un’opinione, 14 anni dopo, sul controverso caso Pantani. Il numero di settembre dedica ampi spazi anche al tema della sicurezza, così come – per la rubrica “Pagine gialle” – rivivremo la tragica morte di Fausto Coppi.

In definitiva una rivista ricca di contenuti e, speriamo, di vostro gradimento. Settembre, con le sue temperature miti e le strade finalmente sgombre di turisti, è il mese ideale per salire sui pedali. L’inverno è ancora lontano e, allora, salite in sella con noi!

La stagione degli amatori volge ormai al crepuscolo, ma il calendario propone ancora la seconda edizione della Granfondo Frw, disegnata sulle strade dell’antico impero di Bisanzio (la Ravenna di oggi).

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L’EDITORIALE l’editore MAURIZIO ROCCHI



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IN Copertina info@inbici.net

Granfondo Sité da Pria Sarà l’ultima occasione per passare una domenica al mare, la granfondo savonese del prossimo 6 ottobre. Una bella festa con un ricco programma di eventi sportivi.

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Pietra Ligure (SV) – Sarà l’ultima occasione granfondistica per passare un intero fine settimana o anche solo una domenica al mare, la prossima edizione della Granfondo Sité da Pria del 6 ottobre. Da lì a poco, la stagione fondistica vedrà il suo epilogo, così come la bella stagione, che lascerà definitivamente il posto all’Autunno, e con lui le temperature non più gradevoli e la fastidiosa nebbia che avvolge le pianure del centro nord. Ultime pedalate in un territorio, quello savonese, ancora capace di regalare emozioni, con un percorso, unico di 95 chilometri, impegnativo il giusto, ma mai impossibile, soprattutto ora, che la forma sta ormai svanendo. Lo scopo principale del gruppo dei LoaBikers, i motociclisti delle Scorte Tecniche organizzatori della manifestazione, è quello di salutare i ciclisti cui hanno garantito la sicurezza per tutta questa lunga stagione, e poi dare loro l’arrivederci alla prossima stagione. Non mancheranno certo le novità. Numerosi sono gli eventi collaterali pensati per i bambini e le famiglie dal comitato organizzatore e dall’amministrazione comunale. Ciò che non mancherà sarà il divertimento per grandi e piccini. Il ritorno in piazza San Nicolò farà poi il resto. Il centro cittadino tutto attorno, con i suoi caruggi, con i negozietti tipici, le panetterie in cui acquistare la mitica focaccia e soprattutto il mare e la spiaggia a due passi. Immancabile la visita al castello di epoca romana, costruito sopra un imponente scoglio calcareo, la Pietra, che diede il nome alla cittadina savonese. Alla Granfondo Sité da Pria ci si può iscrivere alla quota di 30 € fino al 29 settembre, mentre dal 1° ottobre fino alle ore

12 del 4 ottobre al costo di 35. Sabato 5 ottobre e domenica 6 sarà possibile iscriversi solo presso la segreteria della manifestazione in Piazza San Nicolò.

Le informazioni sulla manifestazioni sono disponibili sul relativo sito Internet (http://www. loabikers.com/gran-fondo-di-pietra-ligure).



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8 min

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Roberto Cunico a cura di Roberto Zanetti

Una stagione all’insegna del successo L’atleta del mese che vi presenterò sul numero di settembre è di quelli che lasciano il segno. Ciclista di qualità e uomo molto impegnato nel suo lavoro, Roberto Cunico corre per la Cicli Beraldo, società vicentina di solide tradizioni che lo supporta ormai da alcuni anni con amicizia e grande professionalità. Ci siamo sentiti telefonicamente prima delle ferie anche se Roberto di vacanze ne farà poche. Ha in programma ancora qualche appuntamento con la vittoria, che non è la sua fidanzata, ma l’ennesimo traguardo da tagliare con le braccia al cielo davanti ai suoi amici e rivali corridori di sempre.

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Roberto, un’annata sportiva da incorniciare con tre vittorie molto prestigiose: Nove Colli, Sportful e Charly Gaul. Per mettere “la ciliegina sulla torta” con quale altro successo di peso vorresti chiudere quest’ottimo 2013? «Mah... Credo che ormai lo sappiano tutti: sono 3 anni che punto alla vittoria assoluta all’Öetztaler Radmarathon e quest’anno sarebbe proprio una ‘ciliegiona’... In una mia intervista di qualche anno fa avevo detto che i miei sogni sarebbero stati vincere Sportful e Öetztaler, riuscire a farlo nello stesso anno sarebbe davvero fantastico!» Nelle mie interviste non vado quasi mai a parlare dei risultati conseguiti ma con te voglio fare un’eccezione. Quale delle vittorie stagionali ti ha dato maggior soddisfazione e perché? «La vittoria che mi ha dato maggiore soddisfazione è stata quella della Charly Gaul, avevo un conto in sospeso con la persona con cui ho passato quasi 5 anni della mia vita. Piccole rivincite; mi chiedeva sempre: “Roberto, quand’è che vincerai la Charly Gaul”? E io in RAI ho ripetuto quel che mi chiedeva e la risposta probabilmente doveva essere: “quando ci lasceremo”... Però l’emozione provata sul lungomare di Cesenatico (Nove Colli) o lo sprint finale nella Feltre vecchia (Sportful) non me la toglierà di mente nessuno!» foto NEWSPOWER CANON

foto NEWSPOWER CANON


A proposito di allenamento, l’altro giorno al telefono mi parlavi delle “levatacce” a cui ti sottoponi per conciliare lavoro e bicicletta. Visto i risultati ottenuti in questi anni penso proprio ne sia valsa la pena. Quanto credi di poter ancora far combaciare queste due attività così impegnative e stressanti sotto l’aspetto fisico, mentale? «Sì, levatacce che stanno dando i loro frutti. Far combaciare queste due attività diventa più semplice con una squadra come la nostra. Ci divertiamo un sacco ed è la mia valvola di sfogo. Ho un’amicizia fortissima con Enrico Zen che va aldilà della bici, poi con Mario Beraldo e Roberto Milan è uno spasso... Siamo una famiglia allargata, non una squadra!»

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Per mantenere una condizione eccellente e così ad alto livello per molti mesi hai pianificato una preparazione specifica particolare o ti sei affidato ai tuoi soliti metodi di allenamento? «Ho pianificato tutto. Diciamo che ho avuto un inverno tormentato: la fine della convivenza, la frattura al femore... Probabilmente queste due cose hanno scatenato in me un’energia positiva che mi ha fatto trovare i giusti stimoli. Sono seguito da Mattia Michelusi, un ragazzo giovane, ma molto in gamba. Con lui abbiamo organizzato gli obbiettivi e cercato di mirare la preparazione. Diciamo che è andata alla perfezione!»

Essendo un commercialista ti occupi di numeri… Roberto, compirai 34 anni a novembre: in contabilità e nella partita doppia della tua vita sportiva e privata, perdonami la domanda forse un po’ troppo personale, i conti tornano? Vorresti qualcosa in più, avresti voluto qualcosa di diverso o per ora va bene così? «Per quanto riguarda ‘il dare’ (la mia vita sportiva) ho già dato abbastanza, sarei anche felice di quel che ho ottenuto fin’ora, anche se torno a dire che mi diverte un sacco, quindi lo farò finché il fisico lo permetterà. Per quanto riguarda ‘l’avere’ (vita privata) sicuramente non posso nascondere di essere stato parecchio deluso dalla storia sentimentale più importante che ho avuto. Però credo molto nel destino, se è andata così vuol dire che non era la persona giusta per me e adesso ne sono consapevole. Ora mi diverto, sto molto bene con me stesso; non sono alla ricerca di nessuna persona in particolare certo che, se dovesse capitare quella giusta, sarebbe molto gradita ...»

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Darsi delle motivazioni, cercare sempre nuovi stimoli. Qual è il tuo metodo per continuare ad essere sempre competitivo e concentrato? Hai un segreto particolare da svelare ai nostri lettori o è solamente una “questione di testa” e di volontà? «Il mio segreto principale è fare quel che faccio perché mi fa stare bene! Cercare la forma, preparare gli obiettivi, andare alle corse con il nostro team, gestirlo a livello amministrativo... Come ti ho già detto mi fa stare bene e, soprattutto, divertire; quando ci si diverte e si è sereni viene tutto più facile. Poi ho un compagno di squadra con il quale ho un’amicizia fortissima, alle gare è il compagno ideale, quello con cui non si litiga mai per decidere chi farà il capitano, ci capiamo al volo. È tutto questo che mi fa fare i sacrifici e non mi pesa.»

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Sempre nel corso della nostra telefonata ci siamo trovati perfettamente in linea sostenendo che, a lungo andare, i sacrifici fatti pagano sempre. Pensi di avere raggiunto gli obbiettivi che ti eri prefisso quando hai cominciato a correre o vorresti ancora tagliare molti traguardi a braccia alzate prima di smettere con il ciclismo agonistico? «L’anno prossimo avremo due nuove leve nel nostro team, già attuali compagni di allenamento che vanno in linea con la nostra filosofia: amici prima di tutto e poi compagni di squadra... Il mio grande obiettivo per il 2014 sarà la Maratona Dles Dolomites, ultimo sassolino da togliere alla mia carriera granfondistica. Il resto dell’anno sarà principalmente rivolto ai miei compagni. Chiaro, se poi mi troverò a lottare io per la vittoria, non mi tirerò certo indietro.»


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INBICI ALL’IPPODROMO DEL SAVIO

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All’Ippodromo di Cesena la prima edizione del Premio InBici Magazine Grandi emozioni sull’anello del Savio per il “debutto ippico” della nostra testata.

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L’emozione si è materializzata alle ore 21.15 in punto dello scorso 9 agosto quando – come da programma – nell’ambito della serata organizzata da Teleromagna all’Ippodromo del Savio di Cesena, è scattata dai nastri la prima edizione del Premio InBici Magazine (dotazione 7.700 euro). Una vetrina di prestigio per la nostra rivista che, per la prima volta nella sua storia, ha avuto l’onore di sponsorizzare una corsa ippica dal valore tecnico assoluto. Oltre 1.600 metri di spettacolo con otto puledri in cerca d’autore (indigeni di 2 anni) pronti a contendersi il trofeo intitolato alla nostra-vostra testata.

Per gli esperti della disciplina, esito piuttosto scontato con la favorita Seattle Bi subito a tabellone e l’ospite Saquila in goal alla media di 1.19.0 sotto i perentori ordini di Beppe Lombardo (alle piazze, assai vicini tra loro, Solomon Font e Sharon Gar). Ma a dispetto dell’esito finale, la serata segna soprattutto un nuovo salto di qualità per la nostra testata, che per una notte ha siglato una partnership con il mondo – per nulla distante – della grande ippica internazionale. E, alla fine, premiazioni di rito, con in pista l’editore Maurizio Rocchi, il giornalista Mario Pugliese e la figlia Martina, fra tutti quella più a suo agio nel rigido protocollo celebrativo.



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PEDALANDO TRA I TESORI UNESCO a cura di MARIO PUGLIESE

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Il 13 ottobre a Ravenna si celebra la 2ª edizione della GranFondo Frw Giuseppe Poggi: «Ciclismo e arte binomio vincente»

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Sarà una pedalata nella storia. Quella di Ravenna, celebre per gli antichi mosaici e per i suoi otto monumenti Unesco. E cornice più suggestiva proprio non si poteva trovare per questa seconda edizione della Granfondo Frw, rassegna giovane ma dalle solide prospettive di crescita. Nell’ex impero di Bisanzio, partendo dalle campagne bonificate, sconfinando nelle terre di San Mercuriale e guadando il centro storico, come facevano le antiche legioni di Costantinopoli, il 13 ottobre andrà in scena una grande kermesse (non solo ciclistica) che, per la prima volta, intreccerà il ciclismo degli amatori con i tesori inestimabili dell’arte antica. Una corsa che ha titoli e ambizione per diventare, nel giro di pochi anni, l’unica vera Granfondo di Ravenna. Ne è stra-convinto Giuseppe Poggi, tenace coordinatore dell’organizzazione della rassegna romagnola: «Vorremmo che questo evento –

dice – diventasse, oltre che la Granfondo di chiusura del calendario romagnolo, un vero e proprio veicolo promozionale per l’intera città di Ravenna. Infatti, già per questa edizione, stiamo lavorando anche su elementi logistici collaterali alla corsa vera e propria. In qualche caso, il calendario ci aiuta, visto che in quei giorni a Ravenna è in programma la Notte d’Oro, che offrirà ai ciclisti e alle loro famiglie numerose occasioni di spettacolo e d’intrattenimento. Stiamo anche mettendo a regime, per gli accompagnatori dei ciclisti, un servizio navetta, su autobus scoperti in stile londinese, per accompagnarli ad una visita culturale ed artistica tra le bellezze della città. Il sogno, un giorno, sarebbe quello di partire da piazza del Popolo, ma vogliamo crescere con gradualità, pur avendo ben in mente dove vogliamo arrivare». Suggestivo anche il tracciato che, partendo dalla frazione di Roncalceci, toccherà l’en-

troterra forlivese, sfiorando Meldola, attraversando gli splendidi borghi di Castrocaro e Predappio, proseguendo fino al Trebbio, prima del ritorno, attraverso la via Corleto, a Ravenna: «Le condizioni meteo, fra l’altro – aggiunge Poggi – dovrebbero aiutarci, visto che le temperature di ottobre sono considerate ottimali per una corsa di questo tipo». La rassegna appartiene, come al noto, al Romagna Challenge e rappresenta la seconda grande tappa del “Costa Adriatica”, che ha celebrato il suo primo atto lo scorso maggio a San Benedetto del Tronto. Lo scorso anno, alla prima edizione, la Gran Fondo Frw schierò ai blocchi 960 corridori, provenienti da tutta Italia. Quest’anno, il parco partenti sarà ancora più numeroso. La manifestazione, infatti, benché giovane, sul piano della credibilità, ha già fatto passi da gigante: «Ravenna – conclude Poggi – ha un cuore sportivo ed è quello che vogliamo far battere forte con questa Granfondo».

foto Elisa Solida



20 a cura di Roberto Zanetti

Centro CittÀ

La bici tascabile

Lo scopo principale di una folding bike è quello di essere prima di tutto pratica e utile. Una bici di questo tipo si deve guidare facilmente, ripiegare, trasportare e riporre con il minimo sforzo; deve agevolare la qualità di vita delle persone, renderla più facile e accompagnarle serenamente nelle loro piccole attività quotidiane.

Caratteristiche Tecniche

C

Chi pensa che le biciclette pieghevoli siano la trovata dell’ultimo momento si sbaglia. La loro storia risale ai primi del “900” quando gli eserciti francesi e inglesi munirono i loro soldati (reparti di fanteria) con delle folding bike da 24 pollici per spostarsi agilmente negli spazi ristretti delle trincee. Allo stesso modo nel corso della prima guerra mondiale anche l’esercito italiano armò, se così si può dire, i nostri bersaglieri che con delle piccole bici pieghevoli legate alla schiena si muovevano (con fucili anch’essi pieghevoli) in velocità lungo la linea del fronte. Stessa sorte è toccata alcuni anni dopo ai paracadutisti britannici durante lo sbarco in Normandia che con robuste biciclettine pieghevoli venivano paracadutati direttamente in prossimità delle postazioni nemiche. Per fortuna la folding bike che andiamo a presentare non è mai stata utilizzata per scopi bellici bensì, a mio parere, è il mezzo ideale per facilitare il trasporto urbano e non solo… Songtain, questo il suo nome, è una bicicletta pieghevole con ruote in alluminio da 20 pollici che si compatta facilmente, da usare e da portare ovunque custodita nell’apposita sacca di nylon in dotazione: in macchina, sul treno, in autobus fino sul posto di lavoro e perché no, anche in barca o in aereo! Freewheeling si occuperà della distribuzione e della vendita garantendo, con la professionalità che la contraddistingue, assistenza e garanzia sul prodotto su tutto il territorio nazionale.

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Acsi sempre pi첫 al fianco degli organizzatori


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InBici diventa… quotidiano a cura della REDAZIONE

info@inbici.net

La testata inaugura il nuovo sito internet Sarà un prodotto giornalistico con refresh quotidiani, approfondimenti tecnici e, ovviamente, una vetrina virtuale a disposizione delle nostre aziende.

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Per la giovane storia della nostra rivista, non è esagerato parlare di “svolta epocale”: Inbici, nato e cresciuto sotto le insegne del mensile, da oggi infatti diventa – a tutti gli effetti – un organo d’informazione… quotidiano. L’editore e la redazione giornalistica hanno infatti il piacere di annunciare la nascita del sito internet ufficiale della testata: www.inbici.net. Identico l’indirizzo, radicalmente diversa la sua gestione che, in tutto e per tutto, assumerà tempi e modalità di un vero e proprio organo d’informazione. Non più una cover statica, aggiornata “solo” mensilmente, ma un portale wor-

king in progress, con refresh quotidiani, approfondimenti tecnici e, ovviamente, una vetrina virtuale a disposizione delle nostre aziende. Un prodotto editoriale ricco di contenuti, con una mission precisa: diventare il portale internet di riferimento del ciclismo amatoriale italiano. Numerosi, in questo senso, sono i competitor, ma Inbici non parte da zero. In questi anni ha stretto una solida e capillare rete di contatti con enti di promozione e organizzatori di Granfondo. Il nuovo sito internet servirà a mettere a regime proprio questo sconfinato patrimonio di conoscenze, assemblando un prodotto

giornalistico ricco, eterogeneo e sempre più interessante. Il sito sarà corredato da gallerie fotografiche e contributi video e, ovviamente, avrà un accesso preferenziale ai nostri forum e ai social network. Conterrà le anticipazioni più interessanti della rivista cartacea, ma offrirà anche lo spunto per dibattiti, confronti, mantenendo un canale sempre aperto con la redazione. Un sito che, pur muovendosi in ambiti familiari per gli appassionati delle due ruote, rimarcherà la propria “diversità”, offrendo curiosità e prospettive sempre originali del magico mondo del ciclismo.



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L’AFFAIRE PANTANI a cura di mario pugliese

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E tu come la pensi? L’inchiesta doping del Senato francese sul Tour del 1998 vinto dal Pirata divide l’Italia fra innocentisti e colpevolisti. Ecco, quindici anni dopo, le ragioni delle opposte fazioni.

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Secondo un dossier pubblicato dalla commissione d’inchiesta parlamentare francese che ha indagato sul Tour del 1998, Marco Pantani – in quella edizione della Grand Boucle – avrebbe fatto uso di Eritropoietina (o Epo), una sostanza dopante che, innalzando il numero di eritrociti, aumenta il trasporto di ossigeno ai tessuti e dunque migliora la performance sportiva. I documenti diramati dal Senato francese hanno ovviamente scatenato una ridda di proteste, dividendo il grande pubblico di appassionati. C’è chi considera quell’inchiesta postuma uno sfregio alla memoria e chi, al contrario – anche quindici anni dopo – rivendica il diritto alla verità. Inbici vi propone, sul tema, due opinioni antitetiche. Al lettore, come sempre, l’ultima parola. Perché va assolto È il più elementare dei principi del diritto costituzionale a dirci che Pantani non può essere processato: la morte biologica estingue infatti ogni reato e, poiché il presunto reo non è in grado di difendersi, ogni imputazione decade d’ufficio. Ma anche nel caso in cui emergessero indizi postumi tali da ipotizzare un possibile utilizzo da parte di Pantani di pratiche dopanti, non si potrà mai arrivare ad una ragionevole certezza della prova, poiché manca il relativo iter

processuale che, in questi casi, prevede – ad esempio – la possibilità da parte del corridore di richiedere le cosidette “controanalisi”. Inoltre, come molti scienziati hanno sottolineato, per lo status di conservazione dei campioni ematici, è lecito dubitare dell’attendibilità di questi esami. Ma al di là di questi elementari principi forensi, che senso ha voler riscrivere solo la storia del ciclismo del 1998 e non quella degli anni precedenti? In base a quale principio di equità, è lecito cioè circoscrivere l’inchiesta al Tour vinto da Pantani e non, magari, ai cinque vinti qualche anno prima da Miguel Indurain o da Bernard Hinault? Cancellare con un colpo di spugna le imprese epiche di Pantani è un esercizio di sterile crudeltà, perché sottrae al ciclismo degli anni ’90 le sue pagine più belle ed emozionanti. Ma togliere a Pantani i suoi trofei vuol dire anche svilire il senso della sua tragedia, nata proprio nel giorno in cui – a Madonna di Campiglio – qualcuno osò dubitare della genuinità delle sue formidabili imprese. Anche un certo Eddy Merckx inciampò nella tela del doping e, a differenza di Pantani, fu persino squalificato. Ma nessuno, dopo tanti anni, si è mai permesso di infangare la grandeur delle sue vittorie. Poiché «l’invidia – come diceva Balzac – è una confessione d’inferiorità»,


la sensazione è che i francesi, estromessi da troppi anni dagli albi d’oro delle corse più prestigiose, abbiano trovato un pretesto, tanto perfido quanto micragnoso, per “resettare” la storia e far passare in secondo piano le loro continue debacle agonistiche. Perché va condannato Se le analisi sul sangue di Pantani dimostrassero, anche 15 anni dopo, l’assunzione di Epo, sarebbe giusto cancellarlo dall’albo d’oro del Tour de France. Così come accaduto, del resto, per sette volte a Lance Armstrong ed una volta a Floyd Landis. Il grande pubblico degli sportivi, infatti, ha il sacrosanto diritto di sapere se certi corridori abbiano fatto ricorso a pratiche illecite per conquistare le loro vittorie. Non si tratta d’infierire sulla memoria di un corridore, ma solo di ristabilire una verità storica e di ribadire la “tolleranza zero” nei confronti del doping. È vero che Pantani, nella sua carriera, non è mai stato formalmente squalificato per doping, ma se i progressi della medicina ci consentono di svelare oggi nuove verità, per quale ragione dovremmo far finta di nulla? D’accordo, quelli erano altri tempi, ma può la teoria del “così fan tutti” o “del dopato tra i dopati” depenalizzare un reato? È vero che la morte esige rispetto e, sul piano penale, è un’indiscutibile livella, ma restano le responsabilità morali che il tempo non cancella. foto PAPON

Senza i progressi della genetica, ad esempio, non avremmo mai risolto, dieci anni dopo, il delitto dell’Olgiata e la Contessa Alberica Filo della Torre non avrebbe mai avuto giustizia. Ricorrere al revisionismo non significa sempre invocare la gogna pubblica per chi ha sbagliato, ma solo consegnare ai posteri verità più credibili. Da non sottovalutare, infine, il messaggio che si vuole tramandare alle nuove generazioni. Nel caso in cui si dimostrasse che Pantani ha realmente sbagliato, per quale ragione dovremmo permettere che i giovani ciclisti continuino ad ispirarsi a lui e alle sue imprese? Non sarebbe più educativo spiegare che quel corridore non può essere preso ad esempio perché lo sport ha il dovere morale di rifiutare ogni forma di contraffazione?


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GRANFONDO DEL MONDIALE

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5 min

a cura di NICOLETTA BRINA

nicoletta.brina@gmail.com

IL 21 SETTEMBRE A LUCCA SULLE STRADE IRIDATE SI ENTRA NEL CLIMA IRIDATO CON UN GRANDE EVENTO IN TOSCANA. AVVIO TURISTICO SULLE MURA DELLA CITTÀ DI LUCCA ED UNA CITAZIONE CONTINUA LUNGO IL PERCORSO. IN CAMERA DI REGIA, FOLGORE BIKE CHE AFFRONTA UNA SFIDA DAVVERO UNICA NEL SUO GENERE.

U

Una sfida che si colora di iridato e costituisce l’antipasto per l’appuntamento rappresentato dai Campionati del Mondo di ciclismo che saranno ospitati a Lucca. Il 21 settembre è la data prescelta per un evento che ha dell’irripetibile, vale a dire la Granfondo del Mondiale. L’evento, con partenza e arrivo a Lucca, prevede un avvio turistico sulle mura della città. I percorsi saranno due e tutta la logistica sarà collocata all’interno delle mura di Lucca, nella stessa area che ospiterà il villaggio dei Mondiali. Su incarico del Comitato organizzatore dei Mondiali, il team Folgore Bike si pone in camera di regia, per curare la manifestazione dal punto di vista tecnico. Paolo Aghini, presidente del Folgore, illustra gli aspetti salienti della granfondo. Data: 21 luglio. Località: Lucca. Si attende un evento di grande spessore… «Folgore Bike cura l’organizzazione della granfondo, su incarico del Comitato organizzatore dei Mondiali, in collaborazione con Lucca United che ci concede i locali dello stadio e tutta la logistica sarà concentrata in questo luogo, nel quale sarà insediata la segreteria, il pasta party, docce e servizi igienici, andando a sfruttare poi lo stesso materiale che – tempo una settimana – servirà ai professionisti per il loro grande evento. Un ricco e ghiotto antipasto per inaugurare, la domenica successiva, una ricca settimana – che si concluderà il 29 settembre – dedicata ai Mondiali.» Che caratteristiche avranno i due percorsi? «Partenza fissata alle 10 per la granfondo e medio fondo, vale a dire per chi parteciperà alla corsa da 130 e 78 chilometri. Per scaldare le gambe, 10-12 km tranquilli, per poi iniziare a salire lungo la salita più importante, il San Baronto, asperità che affronteranno anche i pro. Peraltro i due tracciati ripercorrono parte dell’itinerario che sarà solcato dai professionisti la domenica successiva. Si procederà per Casalguidi, città natale di Franco Ballerini, poi Monsummano terme, Collodi, Montecatini, per giungere ad un tratto finale con salite e strappetti. Si andranno ad attraversare le colline lucchesi per poi fare rientro allo stadio di Lucca dove è posto il traguardo. Il bivio tra il lungo ed il medio è collocato intorno al 40° km, ad Uzzano, circa.» Come verranno effettuate le iscrizioni? «Le adesioni vengono raccolte attraverso il sito www.granfondo-

mondialetoscana2013.com, pagando con carta di credito e bonifico. La quota è dall’11 settembre al 21 settembre, di 50 euro. In più ci sarà la possibilità di acquistare un completino commemorativo dei Mondiali di ciclismo. Le informazioni si troveranno sul sito che sarà aggiornato con le novità. Per ulteriori informazioni, gli interessati si potranno mettere in contatto direttamente con me, in qualità di responsabile della manifestazione, al numero 327.9941773.» Il Villaggio dei Mondiali come sarà organizzato? «Tenendo presente il grosso richiamo che avrà questa settimana, il villaggio sarà collocato in centro a Lucca, nella zona di piazza Napoleone. Saranno schierati i marchi più importanti a livello nazionale ed internazionale del settore ciclistico, Mapei peraltro ha dato l’ok come sponsor della manifestazione, ma non mancheranno anche integratori, abbigliamento e riviste specializzate. L’appuntamento, come detto, è di quelli da non perdere, quindi ci attendiamo il pubblico delle grandi occasioni.» Lucca sarà invasa, dunque, da tantissimi ciclisti, con accompagnatori e famiglie al seguito, ragione per la quale non si è dimenticato l’aspetto turistico… «La partenza ad andatura controllata è un degno tributo di rispetto al cinquecentenario della costruzione delle mura della città, che ricorre proprio quest’anno. Il passaggio ad un’andatura tranquilla sarà anche l’occasione per un’occhiata privilegiata al centro di Lucca, davvero suggestivo. Vi è poi, proprio per la richiamata ricorrenza, un calendario molto intenso di eventi organizzato dal Comune, dunque riteniamo che per chi pedala, ma anche per chi resta a terra, ci possano essere iniziative stimolanti per vivere la città.» Quali eventi collaterali coloreranno la manifestazione? «Come detto, avremo un villaggio molto ricco in fatto di espositori. Abbiamo ottenuto la conferma per avere uno spettacolo suggestivo alla partenza: a dare il via ufficiale infatti, l’atterraggio di un gruppo di paracadutisti dell’Esercito della Folgore, dopo un lancio in caduta libera, che faranno sventolare le bandiere dei cinque Comuni che sostengono il Mondiale, vale a dire, Lucca, Montecatini, Pistoia e Firenze, oltre a quella del Mondiale vero e proprio. Lo spettacolo dovrebbe avere inizio intorno alle 9.30 del mattino.»



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ROMAGNA CHALLENGE Spettacolo in otto tappe

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info@inbici.net

9 min

Giuseppe Poggi: «Sicurezza e soddisfazione degli abbonati le nostre priorità. Il sogno? Intrecciare la magia del ciclismo con Ravenna città d’arte»

foto PLAYFULL NIKON

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Giuseppe Poggi è il coordinatore del circuito Romagna Challenge articolato su otto tappe che si svolgono tutte nel territorio della regione Emilia Romagna ad eccezione della Granfondo Repubblica di San Marino che ha portato domenica 18 agosto i ciclisti a pedalare lungo le strade della Repubblica del Titano. Appassionato delle due ruote, mai scontato e banale nelle sue risposte, ha vissuto momenti importanti della vita di questo circuito, soprattutto in un momento di crisi come quello che stiamo attraversando. Tante le novità per la stagione 2014 che andremo a scoprire. Tracciamo un primo bilancio sull’andamento del circuito: presenze e qualità delle manifestazioni. «Diciamo che il primo anno di nuova gestione del Circuito è servito soprattutto per seminare. Di fatto si è registrata una tenuta nel numero di abbonati, cosa che di questi tempi rappresenta già un successo. Probabilmente se qualcuno avesse letto con più attenzione il regolamento, di abbonati ne avremmo contati qualche decina in più. Diverse squadre non hanno sottoscritto l’abbonamento pensando che, come succedeva fino al 2012, si potesse entrare in classifica lo stesso. Invece, per premiare chi ci ha dato fiducia, ci siamo allineati a ciò che

Attimi prima del via della Granfondo del Capitano 2013

fanno tutti: classifiche e soprattutto premi a chi è abbonato. Per quanto riguarda le singole manifestazioni fin qui disputate, tutte hanno avuto numeri più che confortanti. La gara di apertura, la Cassani, è tornata ai livelli numerici che le mancavano da anni; Riccione ha sfiorato il record di iscritti nonostante una primavera da dimenticare a livello climatico. Stesso discorso vale per la Pantanissima di Cesenatico. La Granfondo del Capitano a Bagno di Romagna di inizio giugno ha confermato i dati del 2012, ma a mio avviso è una gara che ha notevoli potenzialità per struttura organizzativa, percorso, ospitalità... Dopo la pausa estiva, la prima delle due prove agostane, la Granfondo della Repubblica di San Marino, alla sua prima edizione e con una data ‘molto rischiosa’ a soli tre giorni da ferragosto, ha registrato un buon numero di atleti al via e molti consensi. L’aspetto numerico – continua Poggi – seppur importante per la vita delle manifestazioni, non è quello che, come circuito, ci interessa di più. Noi puntiamo ad offrire prove che abbiano uno standard di sicurezza valido e che ci distingua per qualità. In questo contesto riusciamo a raggiungere il traguardo prefissato, grazie alla collaborazione con il GS Progetti Scorta di Ravenna che, in pratica, cura la sicurezza in corsa in quasi tutte le gare. Il livello agonistico, molto elevato a

detta anche degli atleti provenienti da fuori Romagna, impone la massima attenzione in questo senso. Ma sia ben chiaro che non vogliamo auto-lodarci. Il nostro obiettivo è il continuo confronto con i ciclisti, abbiamo aperto più canali di comunicazione con loro per raccogliere impressioni, suggerimenti, consigli e critiche costruttive. È attivo un canale ‘contatti’ sul sito www.romagnachallenge.it e siamo presenti su Facebook e sui principali forum.» Quali le novità per la stagione 2014, riguardanti il circuito, oltre alle maglie dei vari leader che avete già presentato? «Nel 2014 il nostro impegno partirà dalla stesura di un calendario con date nuove. Tutto questo è dovuto ad alcuni importanti cambiamenti nelle organizzazioni di alcune gare, un po’ anche perché la ‘doppietta’ di agosto (18 San Marino e 25 Rock Racing a Faenza) ha spaventato più di qualcuno. Collegandoci alla questione date e considerando che il circuito si corre da marzo ad ottobre, valuteremo la possibilità di inserire degli scarti di punteggio per non penalizzare troppo chi, per vari motivi, sarà costretto a saltare qualche gara. Già quest’anno abbiamo inserito la portabilità dell’abbonamento che dava la possibilità con minima spesa di cedere per una o più gare il proprio numero di abbonato


in caso non si potesse prendere il via. Altre novità, classifiche nuove, sono allo studio. Presenteremo il nostro calendario 2014 poco dopo la chiusura del 2013, magari già durante le premiazioni che per la prima volta quest’anno saranno in TV a Teleromagna, la nostra TV ufficiale, a fine ottobre.» Che cosa ne pensa delle nuove norme che riguardano l’attività amatoriale volute dalla Federciclismo? «La Federazione finalmente ha preso una posizione forte, e direi decisamente dovuta, per regolamentare le manifestazioni amatoriali che rappresentano una bella fetta del movimento ciclistico globale. Seguita giustamente dai principali e più attivi enti di promozione sportiva quali ACSI e UISP. Giudichiamo positivamente la presa di posizione riguardo la lotta al doping per la quale noi come circuito (e ancora prima come Team Rossetti del quale ho l’onore di far parte) ci siamo già schierati impedendo la sottoscrizione dell’abbonamento a chi avesse avuto problemi di doping accertati. Siamo neutrali (ma doverosamente ci adeguiamo) riguardo alla partecipazione degli ex pro. Forse più che una non partecipazione di questi ragazzi usciti da un mondo dove non è facile emergere, sarebbe bello farli partecipare magari fuori classifica, anche solo per dare a tutti il

Il folto gruppo della Granfondo Davide Cassani 2013 appena partito da Faenza

piacere di misurare la propria performance agonistica in termini assoluti.» La Granfondo Frw chiuderà il prossimo 13 ottobre il circuito, quali le novità proposte per la Gf di chiusura? «Per quanto riguarda la ‘nostra’ Granfondo FRW, stiamo lavorando duramente per offrire a chi verrà a Ravenna una gara curata nei minimi particolari. Massima attenzione alla sicurezza: presenteremo un lungo con un tracciato diverso dallo scorso anno perché abbiamo ritenuto alcune parti del vecchio percorso poco sicure per come vengono affrontate in gara. Poi abbiamo trovato un giro fantastico che crediamo piacerà molto. Altra direzione nella quale stiamo impegnandoci è quella di abbinare la Granfondo alla città. Vogliamo che la gara non resti solo della FRW e di quelle persone che si adope-

rano per metterla in piedi e farla funzionare. Vogliamo che diventi la gara di Ravenna e dei ravennati. E sarebbe un vero peccato non sfruttare i ganci reciproci che una città d’arte e una manifestazione sportiva che l’anno scorso ha portato al via poco meno di 1.000 persone, possono offrire. Quindi per chi viene a Ravenna nel week end del 12 e 13 ottobre ci sarà la Notte d’Oro del sabato pomeriggio e sera e la domenica la gara per ‘continuare’ la festa. Tanto si parte alle 10 e pertanto si può fare un po’ più tardi... Ci auguriamo che molti dei partecipanti vogliano venire a Ravenna con le famiglie, per questo abbiamo stipulato convenzioni con diversi alberghi e stiamo pensando anche a come occupare il tempo degli accompagnatori durante la gara con una sorpresa che sveleremo sul nostro sito (www.granfondofrw.it) non appena sarà ufficiale.»

Primi chilometri della Granfondo FRW di Ravenna 2012

foto WWW.FOTORAVENNA.COM


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TIRRENO-ADRIATICO

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a cura di LEONARDO OLMI

office@leonardoolmi.com

Anche nel 2013 si ripete la Corsa dei Due Mari all’insegna della solidarietà MANCANO POCO PIÙ DI DUE SETTIMANE ALL’APPUNTAMENTO CHE PORTERÀ QUEI CICLISTI CHE SI VORRANNO AGGREGARE AL GRUPPO MA X LELLI PER LANCIARE UN MESSAGGIO DI SENSIBILIZZAZIONE A FAVORE DELLA RICERCA SULLA FIBROSI CISTICA.

S

Sarà il penultimo weekend di settembre, quello che dal 20 al 22 vedrà partire un gruppo di 30-50 ciclisti dalla Maremma in direzione di Ravenna. Come l’anno scorso si svolgerà in tre tappe in modo da rendere la pedalata (dato che si tratta di un evento non competitivo) abbordabile un po’ a tutti i livelli di preparazione. La partenza sarà venerdì mattina 20 settembre intorno alle ore 8.00 da Albinia (GR), ed arrivo a Ravenna domenica 22 settembre intorno alle 14.00. Prendendo spunto dalla corsa dei professionisti, la cosiddetta “Corsa dei Due Mari”, Max Lelli ha avuto l’idea di realizzare una pedalata non agonistica (non vi saranno né chip, né cronometri, né vincitori, né vinti) dove a salire sullo scalino più alto del podio sarà solamente il messaggio che l’evento vuol dare per sensibilizzare la raccolta di fondi a favore della Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica onlus (FFC). Anche quest’anno, sarà certamente presente l’imprenditore Matteo Marzotto (appassionato di ciclismo, oltre che Presidente della FFC) al quale questa brutta malattia genetica ereditaria, purtroppo, a soli 32 anni ha portato via anche la vita della sorella Annalisa. Oltre allo stilista milanese, farà di nuovo parte del gruppo anche un altro volto noto, l’Avv. Gianfranco Comanducci (ex

Vice Direttore Generale della RAI), anch’egli grande appassionato della bicicletta e legato da una grande amicizia con il campione toscano. Durante i 427 km totali del percorso, per un dislivello di 4.716 m, non sono previste pause pranzo, in quanto vi saranno dei ricchi rifornimenti volanti gentilmente offerti dallo sponsor Corsini, rinomato produttore di dolci e biscotti del Monte Amiata. La 1a Tappa di venerdì 20 settembre vedrà i ciclisti partire da Albinia con destinazione Todi (PG), durante la quale saranno percorsi 136 km con un dislivello di 1.656 m. Durante questo primo giorno, oltre ai panorami toscani mozzafiato, saranno attraversati i paesi di Manciano (località nativa di Lelli), Pitigliano ed il bellissimo Lago di Bolsena nel Lazio, per poi raggiungere Todi in Umbria. Quindi tre regioni in un giorno. La 2a Tappa di sabato 21 settembre vedrà il gruppo partire da Todi in direzione nord verso Città di Castello, per 109 km con 974 m di dislivello. Con questa seconda tappa, completamente in territorio umbro, si toccherà anche la città di Perugia, circa a metà percorso. La 3a ed ultima Tappa di domenica 22 settembre porterà Max Lelli ed il suo gruppo da Città di Castello a Ravenna. Da non perde-

foto LEONARDO OLMI

Max Lelli (al centro della foto) con gli amici Gianfranco Comanducci (alla sua dx) e Matteo Marzotto (alla sua sx) durante l’edizione dello scorso anno, che lo affiancheranno anche nell’edizione 2013

re la cena del sabato sera nella Taverna di Mastro Dante Renzini, esperto nell’arte antica dell’alta norcineria e Vicepresidente del Consorzio di Tutela IGP Prosciutto di Norcia, nei pressi della località Coldipozzo a Città di Castello. Durante la serata, oltre alla gastronomia tradizionale, i ciclisti potranno degustare i salumi di Cinta umbra e le specialità di prosciutti crudi e cotti, accompagnate dai vini della Cantina Albea di Alberobello. Poi, avranno sicuramente modo di smaltire quell’eccesso di peccati di gola che si sono concessi da Renzini la domenica mattina, quando affronteranno il “tappone” di 180 km per 2.086 m di dislivello, che li porterà in Romagna attraverso Sansepolcro, il Passo di Viamaggio ed Monte Carpegna, dove sarà posto il GPM in onore a Marco Pantani. L’appuntamento a Ravenna sarà presso il Camping Pineta di Casalborsetti di Francesco Bacchilega, ex ciclista dilettante che assieme all’amico Max Lelli, sarà impegnato nell’organizzazione che, come l’anno scorso, includerà il tanto atteso pranzo finale a base di pesce per tutti i partecipanti, un motivo in più per non perdersi questa 2a ed. della Tirreno all’Adriatico. Per info e iscrizioni: Max Lelli cell. 346.1204150 / info@maxlelli.com Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica www.fibrosicisticaricerca.it SPONSOR: Il Raduno (Agriturismo): www.ilraduno.com - Marsiliana (GR) 0564.609920 / 346.1204150 Camping Pineta Via Spallazzi, 5 - Casal Borsetti (RA) a soli 12 km da Ravenna www.campingpineta.ra.it tel. 0544.445152 – cell. 335.7058133 Corsini (Dolci e Biscotti) Monte Amiata (GR) - www.corsinibiscotti.com Renzini (Alta Norcineria) Sede centrale azienda: Montecastelli (PG) www.renzini.it - www.prosciuttodinorcia.com Ristorante La Taverna di Mastro Renzini Località Coldipozzo - Città di Castello (PG) tel. 075.8648133


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RUOTE ROVENTI

a cura di Roberto Sgalla Tempo di lettura

10 min

INCIDENTALITÀ E RESPONSABILITÀ

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Una delle più conosciute definizioni di incidente stradale è quella adoperata dall’ISTAT nella nota metodologica che ogni anno accompagna la pubblicazione dei dati riguardanti la rilevazione e l’analisi statistica dell’incidentalità stradale in Italia. Per il nostro Istituto nazionale di statistica l’incidente stradale è quell’evento che si verifica in una strada aperta alla circolazione pubblica, in seguito al quale una o più persone sono rimaste ferite o uccise e nel quale almeno un veicolo è rimasto implicato. Una definizione largamente condivisa anche se riduttiva perché, a partire dal 1991, sono esclusi gli incidenti stradali senza infortunati. Non è una differenza da poco solo se si considera che gli incidenti censiti dall’Istat secondo la definizione successiva al 1991, cioè escludendo quelli senza infortunati, sono circa duecentomila l’anno1 mentre quelli complessivamente liquidati dal sistema assicurativo sono oltre tre milioni 2. Definizioni analoghe sono state elaborate dalla dottrina e dalla giurisprudenza, per finalità diverse; tutte oggi comunque non possono prescindere dal coinvolgimento di almeno un veicolo, in quanto protagonista principale della circolazione. Veicolo è, per il Codice della Strada 3, una macchina di qualsiasi specie circolante su strada e guidata dall’uomo, dunque anche la bicicletta. Ad ogni incidente stradale conseguono, in maniera congiunta o separata, tre diverse forme di responsabilità per i protagonisti: penale, civile ed amministrativa. La responsabilità penale è la conseguenza delle lesioni o della morte subiti da una o più persone coinvolte nell’incidente. Possono concretizzarsi altri reati, anch’essi colposi, quali l’incendio, l’aborto, ecc., ma sono ipotesi più rare. Cagionare per colpa la morte di una persona con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale è punito dal codice penale con

la reclusione da due a sette anni ovvero da tre a dieci anni se il fatto è commesso da soggetto in stato di ebbrezza alcolica e/o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope. Nel caso di morte di più persone, ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma non può superare gli anni quindici. Anche il reato di lesioni personali colpose, punito con pene detentive e pecuniarie rapportate alla gravità delle lesioni stesse, prevede sensibili aumenti di pena se l’incidente


probabile posto che per la circolazione dei velocipedi non sussiste l’obbligo della copertura assicurativa sulla responsabilità civile verso terzi. Parzialmente diverse sono le conseguenze sotto il profilo della responsabilità amministrativa. Trattandosi difatti di veicolo per la cui conduzione non c’è l’obbligo di una patente o di un titolo abilitativo non possono foto Filippo Venezia

Rimini, scontro tra due ciclisti

stradale che le ha determinate è accaduto per violazione di norme sulla disciplina della circolazione stradale. Il reato di omicidio colposo è perseguibile d’ufficio mentre quello di lesioni a querela di parte. La responsabilità civile è conseguente al danno provocato, sia a persone che cose (veicoli, infrastrutture, ecc.), per cui sorge l’obbligo di risarcirlo ai sensi dell’art. 2043 del codice civile. Tra le varie forme di responsabilità è, nel nostro caso, la meno afflittiva, in quanto le conseguenze, almeno nei limiti dei massimali stabiliti nella polizza assicurativa, non ricadono direttamente sul responsabile dell’incidente ma sulla compagnia presso la quale il veicolo è assicurato. La responsabilità amministrativa deriva dalla violazione di norme poste a tutela della circolazione stradale e che è stata la causa dell’incidente. Infatti, qualora da una violazione delle norme del Codice della Strada derivino danni alle persone, il giudice applica con la sentenza di condanna la sospensione o la revoca della patente. Queste sanzioni accessorie sono di norma irrogate prima della sentenza, in via provvisoria e cautelare, dal Prefetto 4 del luogo della commessa violazione. In alcuni casi è applicabile anche la revisione della patente, revisione che paradossalmente e “ingiustamente” può colpire anche la vittima incolpevole dell’incidente se ricoverato in coma per più di 48 ore. Per quest’ultimi soggetti, infatti, i responsabili delle unità di terapia intensiva o di neurochirurgia hanno l’obbligo di informare gli Uffici provinciali del Dipartimento per i trasporti terrestri al fine accertare la loro ulteriore idoneità alla guida. Il conducente di una bicicletta può essere tanto vittima quanto responsabile di un incidente. Si pensi ad esempio al ciclista che investe il pedone che sta transitando sugli attraversamenti pedonali procurandogli gravi lesioni o al ciclista che omette di dare la precedenza ad un’autovettura, il cui conducente per evitarlo travolge altri veicoli e persone. In tali casi egli risponderà dell’eventuale omicidio o lesioni colposi allo stesso modo del conducente di un veicolo a motore e dovrà risarcire il danno provocato, con le proprie risorse se non è assicurato, cosa molto

applicarsi le sanzioni amministrative accessorie della sospensione e della revoca della patente ancorché il responsabile dell’incidente ne fosse titolare. Su questo punto occorre ricordare che la previsione normativa che consentiva l’adozione di tali provvedimenti, anche quando l’infrazione che li prevedeva era stata commessa con un veicolo per la cui guida non è richiesta la patente, è stata abrogata 5. Tuttavia, in questi casi, a carico del ciclista titolare di patente di guida che provoca un incidente stradale può essere disposta la revisione della stessa se con la sua condotta ha fatto sorgere dubbi sulla persistenza dei requisiti fisici e psichici prescritti o sulla sua idoneità tecnica. Come si vede il ciclista è sì considerato un utente debole della strada6, meritevole per il Codice della Strada di una particolare tutela dai pericoli derivanti dalla circolazione, ma non è esente da nessuna delle tre forme di responsabilità tradizionalmente collegate ad un incidente stradale, addirittura è più esposto alle conseguenze civili poiché, spesso, non è assicurato. Giuseppe Franco Sost. Commissario - Servizio Polizia Stradale Dipartimento della Pubblica Sicurezza Note 1 Per la precisione, secondo la stima preliminare resa nota il 18.06.2013, nel 2012 si sono verificati in Italia 184.500 incidenti. 2 Gli incidenti soggetti a risarcimento, a differenza di quelli registrati dall’Istat, comprendono non solo gli incidenti con solo danni ai veicoli ma anche quelli non rilevati dalle forze di polizia. Nel 2011 il numero totale dei sinistri pagati e a riserva è stato di 3.109.657. 3 Cfr. art. 46 C.d.S. 4 Cfr. artt. 222 e 223 del Codice della Strada. 5 Introdotta dalla legge n. 94/2009 tale disposizione è stata abrogata dalla legge n. 120/2010. 6 Cfr. art. 3, p. 53-bis, C.d.S.


L’Eroica:

nelle Terre di Siena, tra strade bianche, biciclette d’epoca e cultura sportiva L’Eroica – che oggi è anche un percorso permanente – è nata per amore verso quel ciclismo che fece scrivere un bel po’ di storia e tanta letteratura italiana, con l’intento di ricercare le radici autentiche di uno sport bellissimo, con una grande anima popolare, nonché per riscoprire la bellezza della fatica ed il gusto dell’impresa. Inoltre, L’Eroica è una Fondazione il cui scopo è la salvaguardia del patrimonio di strade bianche della Toscana. Da queste concezioni romanticamente attuali è scaturita l’idea della Manifestazione ciclistica nata nel 1997. Al via, all’epoca, furono in 82 i “cacciatori di sentimenti e emozioni “; oggi l’Eroica è un esempio di valorizzazione del Patrimonio ambientale, di Stile di Vita Sostenibile, di ciclismo pulito che

guardando al passato indica il futuro. Questo è testimoniato dai numeri, che confermano un successo dovuto alla passione dei suoi organizzatori e ideatori: oltre 5.000 iscritti a numero chiuso, 15.000 persone l’indotto, comprese le famiglie. Da quest’anno, per sottolineare l’impegno nello sviluppo della educazione alla sostenibilità ambientale, si è voluto dare spazio a un’area dedicata alle Aziende che si impegnano particolarmente in questo settore. È solo un altro esempio di come il concetto dell’Eroica possa essere quanto mai attuale e coinvolga sempre più realtà, anche internazionali. Oltre alla cicloturistica d’epoca più famosa al mondo, dal 2013 L’Eroica è anche L’Eroica Japan, L’Eroica x 36h e L’Eroica Sud. E dal 2014 anche L’Eroica UK.

19 maggio

Fuji Kawaguchiko

L’Eroica Japan

21-23 giugno

Buonconvento (SI)

L’Eroica x 36h

23 giugno

Buonconvento (SI)

L’Eroica Sud

6 ottobre

Gaiole in Chianti (SI)

L’Eroica

L’Eroica

GAIOLE IN CHIANTI 2 - 6 Ottobre 2013 IL PROGRAMMA MERCOLEDÌ 2 Ottobre Gaiole in Chianti ore 21:00 – auditorium ex Cantine Ricasoli proiezione filmati sul ciclismo eroico GIOVEDÌ 3 Ottobre Castelnuovo Berardenga - Piazza Marconi ore 9:00 - partenza escursione guidata in bicicletta sulle strade dell’Eroica Gaiole in Chianti ore 15:00 - ex Cantine Ricasoli apertura mostra fotografica di Cicloturismo Apertura museo delle Bici d’Epoca ore 21:00 – auditorium ex Cantine Ricasoli “L’ENIGMA BOTTECCHIA” narrazione teatrale di e con Massimo Poggio, Matteo Marsan e Gualtiero Burzi. VENERDÌ 4 Ottobre Gaiole in Chianti - Via Ricasoli ore 9:00 – apertura mostra scambio biciclette e accessori d’epoca, registrazione accrediti invitati, verifiche iscrizioni e consegne pettorali Cantine del Castello di Brolio ore 10:45 –Aspettando l’Eroica… Il fascino del luogo dove nacque il Chianti Classico, il piacere di imparare a degustarlo! Mini-corso di degustazione dei migliori vini dell’azienda Barone Ricasoli, esaltati da abbinamenti appositamente studiati con specialità tipiche del territorio toscano. ore 15:00 - ex Cantine Ricasoli apertura iscrizioni Registro Bici Eroiche verifiche iscrizioni e consegne pettorali

ore 21:00 - auditorium ex Cantine Ricasoli “BELLEZZE IN BICICLETTA - L’emancipazione su due ruote” narrazione teatrale di e con Massimo Poggio, Matteo Marsan e Gualtiero Burzi. SABATO 5 Ottobre Gaiole in Chianti ore 9:00 registrazione accrediti invitati, verifiche iscrizioni e consegne pettorali, registrazione Bici Eroiche apertura mostra scambio biciclette e accessori d’epoca ore 14:30 partenza escursione guidata in bicicletta “… la prima volta” aperta a tutti ma soprattutto per quelli che non conoscono l’Eroica partenza passeggiata ecologica con guida “Trekking a Gaiole e dintorni” ore 15:30 partenza della Mini-Eroica, manifestazione non agonistica riservata ai giovanissimi, Merenda Party all’arrivo. ore 16:00 - acquisto prenotazione “Cena degli Eroici” ore 17:00 - auditorium ex Cantine Ricasoli - “Eroica – Japan 2013” racconto fotografico - Novità 2014 “L’Eroica UK” - L’Eroica per Emergency - Presentazione libri ore 20:00 - Cena degli Eroici DOMENICA 6 Ottobre - L’Eroica Gaiole in Chianti ore 4:45 - ex Cantine Ricasoli verifica iscrizioni e consegna numeri ore 5:00 - 7:00 partenza percorsi km 205 e 135 ore 8:30 - 9:30 partenza percorsi km 75 e 38 ore 10:00 apertura mostra scambio biciclette e accessori d’epoca

PER ISCRIZIONI: iscrizioni@eroica.it Informazioni turistiche e prenotazione servizi turistici Ufficio Turismo Terre di Siena Piazza del Campo, 56 Tel. +39 0577 280551 incoming@terresiena.it www.bici.terresiena.it



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Ciclismo e maxi-schermo a cura di Anna Budini

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Quando il cinema si alza sui pedali Da “Totò al Giro” a Kevin Kostner ne “Il Vincitore”, da Quicksilver alle miniserie su Coppi, Bartali, Pantani e Girardengo, sono tante le occasioni in cui il ciclismo è finito sul piccolo e grande schermo. Con un denominatore comune: successo garantito al botteghino!

C

Ciclismo & cinema. Se siete maschietti la mente vi corre al lato B di Anna Ammirati, la “Lola” di “Monella” che pedala con la gonna a fiori svolazzante, mostrando civettuola le natiche giottesche; se siete femminucce invece penserete al pantaloncino aderente di Kevin Kostner de “Il Vincitore”. E se siete bimbi (o meglio, lo siete stati) la mente volerà al piccolo Elliot in viaggio verso la Luna con ET sopra il manubrio. Ma al di là di queste più o meno celebri iconografie, il binomio fra bicicletta e maxi-schermo è sempre stato gettonatissimo al botteghino. Il primo a cimentarsi nel genere fu, nel 1948, il Principe Antonio De Curtis, protagonista di “Totò al giro d’Italia”, la storia del professor Casamandrei che, per amore di Doriana, partecipa al Giro d’Italia, il “pegno d’amore” per arrivare alle nozze. Con vago senso profetico, fu – per certi aspetti – il primo film sul doping nel ciclismo, anche se a potenziare, in modo disumano, le prestazioni di Totò non sarà una sostanza proibita, bensì il classico “Patto col Diavolo”. Nel cast di quella pellicola anche numerosi campioni di ciclismo dell’epoca: Fausto Coppi, Gino Bartali, Giancarlo Astrua, Louison Bobet, Ferdy Kubler, Fiorenzo Magni, Vito Ortelli oltre all’allora Campione del Mondo Alberic Schotte (da segnalare anche Tazio Nuvolari in un breve cameo). Senza nulla togliere al Principe della risata, di ben altro spessore il film del 1979 di Peter Yates “All American Boys”, la storia di Dave (Dennis Christopher), il figlio di un ex tagliapietre con una passione innata per la bicicletta e il made in Italy. In sella ad una Masi Gran Criterium con gruppo Campagnolo Record (oggi molto ricercata dai collezionisti), Dave si iscrive ad una

gara di ciclismo cittadina per battere la squadra degli snob studenti universitari. Scontato “il lieto fine” con Dave che, contro tutto e tutti, taglia il traguardo – stremato – da vincitore. Ma forse il kolossal del genere “ciclo” resta “Il vincitore” (American Flyers), film del 1985 diretto da John Badham. È la storia commovente di due fratelli, Marcus e David,

che si separano dopo la morte del padre avvenuta per aneurisma cerebrale e si incontrano di nuovo grazie alla madre. David sembra evidenziare i sintomi della malattia ereditata dal padre. All’insaputa di tutti, Marcus (che è anche un medico sportivo) sottopone il fratello ad un check-up per capire se è realmente malato. Ma i risultati sono buoni, quindi David è sano, mentre è Marcus l’erede della malattia del padre. Scena


madre la partecipazione dei due fratelli in Colorado alla gara ciclistica conosciuta col nome “L’inferno del West”. Le condizioni di Marcus precipitano e, per poco, rischia la vita cadendo in un burrone. David, invece, dopo una prestazione epica, taglierà vincitore il traguardo dell’inferno del West.

È del 1986 “Quicksilver”, la pellicola diretta da Thomas Michael Donnelly con Kevin Bacon. È la storia di un giovane broker di successo che, per un investimento sbagliato, perde tutto. Così, si ritira dagli affari e va a fare il bicycle messenger a Wall Street. Durante il suo nuovo lavoro conosce Voodoo, un suo collega che per fare soldi in fretta lavora per lo zingaro, un malvivente che recluta corrieri disposti a fare consegne per lui. Durante una gara in bici tra Jack e Voodoo quest’ultimo viene investito e ucciso dallo zingaro a causa di una precedente discussione. Jack assiste alla scena, ma decide di non far niente per paura di ritorsioni. Spettacolare l’epilogo: un intrepido inseguimento in bici fra Jack e lo zingaro, a tutti gli effetti il primo duello sui pedali della cinematografia mondiale. Dal grande al piccolo schermo con “Il grande Fausto”, una miniserie tv in due parti mandata in onda dalla Rai. La fiction ripercorre la vita di Fausto Coppi, mito del ciclismo, ritraendo una pagina storica dell’Italia e coinvolgendo un altro gigante della bicicletta, il suo eterno rivale Gino Bartali. Diretta da Alberto Sironi, la fiction fu scritta dal regista insieme a Gianni Celatti e Giuseppe Tornatore.

“Appuntamento a Belleville” è invece un film d’animazione del 2003 scritto e diretto da Sylvain Chomet, presentato fuori concorso al 56º Festival di Cannes. Il film ha avuto un buon successo per il suo stile originale “vecchio stampo”. Il protagonista è Champion, un bimbo che sembra felice solo sui pedali. Crescendo, si appassiona al ciclismo a tal punto da guadagnarsi la partecipazione al Tour de France. Durante la gara, Champion viene rapito assieme ad altri due concorrenti e portato oltremare, nell’immaginaria città di Belleville, da una banda di gangster, intenzionata a sfruttarlo in un giro di scommesse clandestine. Champion viene obbligato a pedalare su un macchinario che simula una gara ciclistica assieme ai suoi sfortunati colleghi. Anche in questo caso, scontato il “lieto fine”.

5.571.000 telespettatori (22,97% di share). Nel 2006, invece, esce “Gino Bartali – L’intramontabile”, un’altra miniserie tv di Rai1. È composta da due puntate che ripercorrono la vita di Gino Bartali, mito del ciclismo e di un’Italia tutta da ricostruire. E sull’onda del successo del filone ciclistico, la Rai produce nel 2010 anche la miniserie “La leggenda del bandito e del campione”, dedicata a Costante Girardengo e al suo amico bandito Sante Pollastri, interpretati da Beppe Fiorello e Simone Gandolfo. La prima puntata della miniserie, andata in onda nell’ottobre 2010, viene seguita da 7.042.000 telespettatori, con uno share del 25,17%.

Per gli amanti del genere “anime”, da non perdere “Melanzane – Estate andalusa”, pellicola del 2003 diretta da Kitaro¯ Ko¯saka. È la storia di Pepe Benengeli, un ciclista della Vuelta a España, che torna nel suo paese natale, l’Andalusia. È una rimpatriata familiare che, in perfetto stile nipponico, regala un epilogo enigmatico. Tra i film di maggior successo in ambito ciclistico, impossibile non citare “Il Pirata – Marco Pantani”, film per la televisione, che racconta la storia di un ragazzo di provincia come tanti che ad un certo punto scopre la passione per la bicicletta.

Nel film diretto da Claudio Bonivento, Pantani è interpretato da Rolando Ravello. Le vicende più significative della vita di Pantani, sono state tratte dal libro “Pantani. Un eroe tragico”, scritto da Pier Bergonzi, Davide Cassani e Ivan Zazzaroni. In tivù viene visto da

L’ultima pellicola del genere è “Senza freni”, un film del 2012 diretto da David Koepp, con protagonista Joseph Gordon-Levitt. È la storia di un pony express in bicicletta, che si reca alla Columbia University dove la giovane Nima gli affida il compito di consegnare entro 90 minuti una busta ad un preciso indirizzo di Chinatown. Wilee utilizza una bici ultraleggera, a scatto fisso e senza freni, senza paura di affrontare il traffico. Quella che sembrava una consegna come tante, si rivela per il messaggero un’avventura al cardiopalma quando scopre che un poliziotto corrotto vuole impossessarsi della misteriosa busta.


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GRANFONDO CITTÀ DI PISA a cura di NICOLETTA BRINA

nicoletta.brina@gmail.com

SI ANNUNCIA LA NOVITÀ 2014 IN TERRA DI TOSCANA IL DEUS EX MACHINA DI FOLGORE BIKE, PAOLO AGHINI, ILLUSTRA LA NEONATA MANIFESTAZIONE CHE VA A PRENDERE IL POSTO DELLA INKOSPOR DI CASCIANA TERME… E SI FESTEGGIA IL CAPODANNO PISANO IN SELLA ALLA BICICLETTA.

P

Paolo Aghini, presidente di Folgore Bike, è segretario del Granducato di Toscana, organizzatore del primo Tour dell’Elba e della Pisa-Livorno per il ciclismo giovanile. Oggi ha in cantiere una nuova manifestazione per il 2014, vale a dire la Granfondo Città di Pisa che, nei fatti, andrà a sostituire formalmente la Granfondo Inkospor di Casciana Terme. Le iscrizioni sono già aperte.

gia tra Amministrazione comunale di Pisa, Folgore bike, Federalberghi di Pisa, Confesercenti e Assoturismo di Pisa per lanciare nel panorama nazionale delle granfondo un evento importante in una città d’arte importante.» Come sarà strutturata la gara? «La partenza sarà fissata a Lungarno Galilei, in prossimità del Ponte di Mezzo di

sarà in via Benedetto Croce, in prossimità di piazza Vittorio Emanuele, nel centro di Pisa, dove sarà allestito tutto il villaggio expò, il pasta party e tutti i servizi disponibili per i ciclisti.» Come sarà organizzata la partenza? «I granfondisti e mediofondisti partiranno la domenica da Longarno Galilei alle 10 di mattina, mentre i cicloturisti avranno una finestra, per la partenza alla francese, che resterà aperta dalle 9 alle 9.45.» Capitolo iscrizioni, come avvengono? «Le iscrizioni sono già iniziate, in concomitanza con Eurobike. Possono essere effettuate attraverso il sito internet www. granfondocittadipisa.com: per i cicloturisti la quota è e resta di 15 euro; i fondisti fino al 23 settembre pagano 25 euro, dal 24 settembre al 30 dicembre, 30 euro, fino al 19 marzo, 35 euro e dal 20 al 23 marzo, l’adesione costa 45 euro. Attraverso il sito, è possibile poi sottoscrivere una delle interessanti offerte ‘soggiorno+pettorale’, oppure che comprende il noleggio del camper, per vivere in maniera diversa questa competizione.»

Aghini, di cosa si tratta? «Parliamo di una 4 giorni di ciclismo che inizierà venerdì 21 fino a lunedì 24 marzo, in occasione del Capodanno pisano (fedele alla tradizione della sua antica Repubblica Marinara, Pisa festeggia il proprio Capodanno il 24 marzo, in coincidenza con il giorno dell’Annunciazione e quindi nove mesi esatti prima della nascita di Gesù – Anno Pisano ab Incarnatione Domini, ndr). L’evento, che andrà a sostituire la Granfondo di Casciana Terme, nasce da una siner-

Pisa, con un primo percorso di 5 chilometri che condurrà i ciclisti attraverso i luoghi suggestivi e poi si uscirà fuori dalla città per intraprendere la gara vera e propria. I percorsi saranno tre, medio, lungo e corto, rispettivamente di 120, 150 e 62 chilometri (l’ultimo è una cicloturistica, ndr). Nel finale, sia il medio che il lungo affronteranno la salita del Monte Serra e ci sarà un passaggio anche da Casciana Terme, una sorta di consegna del testimone da quella a questa manifestazione. L’arrivo

Non solo gara nei 4 giorni… «Lo spirito è quello di coinvolgere il più possibile i ciclisti, gli accompagnatori e la città, facendo sì che possano regalarsi un full immersion in Pisa. Daremo la possibilità di vivere ‘Pisa con i piedi’, facendo attività di fitwalking per chi non pedala, potendo visitare il Parco naturale di San Rossore e fare percorsi all’interno di esso; chi vorrà restare in centro, potrà contare su guide di Pisa che proporranno percorsi storici all’interno della città. Saranno organizzate attività per i bimbi, fornite da Pisa for children, con personale qualificato che curerà i bambini per 4 giorni, organizzando attività ludico-motorie e didattiche. Raccoglieremo fondi in favore dell’associazione Soccorso Clown ed organizzeremo una Granfondina per i più piccoli.»



40 foto LEONARDO OLMI

TERMINATO ANCHE IL CIRCUITO DEL CUORE 2013 a cura di Leonardo olmi

office@leonardoolmi.com

LA PRATO-ABETONE E LA FONDO DELLA VALDARBIA SONO STATE LE ULTIME DUE PROVE LA CLASSICA PRATESE DEL 7 LUGLIO SCORSO E LA CORSA SENESE DEL 1° SETTEMBRE HANNO DATO FINE ALLE 8 PROVE DEL CIRCUITO TOSCANO DEDICATO ALLE GRANFONDO SU STRADA.

L

La Prato-Abetone nacque 32 anni fa per gioco, e oggi si riconferma ancor di più una delle “classiche” più ambite dai granfondisti toscani e delle regioni limitrofe. Non solo con il percorso Classico, ormai denominato Mediofondo, di 72 km, ma anche con quello Granfondo introdotto qualche edizione fa (molto più impegnativo) di 143 km, che vede nel valico del San Pellegrino in Alpe (pendenza max 22%), l’asperità più dura da superare. Il rinnovato Comitato Organizzatore della Prato-Abetone, ha visto schierarsi al fianco del mitico Silvano Melani anche Simone Colligiani (Presidente del Team Olimpia Bolis di Bagnolo di Montemurlo – Prato), la cui esperienza nell’organizzazione di gare ciclistiche amatoriali è stata fondamentale per l’ottima riuscita della rinnovata 32a edizione. Una edizione che la calda e soleggiata domenica 7 luglio, alle 7.30 in punto, ha riconfermato la

partenza (molto gradita da tutti i ciclisti) dal Viale Piave anziché dal Piazzale Falcone e Borsellino, come nelle precedenti edizioni. Meta finale per entrambi i percorsi, come ogni anno, era la piazza dell’Abetone dove ad attendere i ciclisti c’era l’aria fresca di montagna ed un biglietto gratuito dell’ovovia per il Monte Gomito, dove l’altitudine suggeriva di indossare la felpa. Un regalo molto gradito da tutti i ciclisti che così potevano avere una breve tregua dal caldo torrido di quei giorni. Così come è stato molto gradito l’ottimo pasta party nel ristorante ai piedi dell’ovovia. È stata invece la 18a Fondo della Valdarbia quella che ha calato il sipario sul Circuito del Cuore 2013. La manifestazione era anche la 1a prova del circuito Terre di Siena – Strada & MTB, una novità nel panorama dei circuiti dove si sfidano alla pari bikers e stradisti. Un

totale di quattro prove, due sulle ruote grasse e due su strada, tutte dislocate nella provincia di Siena. Sotto il punto di vista logistico rimanevano invariate le sedi di partenza ed arrivo, e come nel 2012 veniva riproposta la classifica a coppie maschili-femminili, una chicca della Ciclistica Valdarbia, con a capo il suo inesauribile Luciano Fusi. Ogni concorrente femminile poteva infatti, a richiesta, abbinarsi ad un concorrente maschile del medesimo percorso (lungo con lungo / medio con medio). L’abbinamento doveva essere dichiarato al momento dell’iscrizione. Per determinare la coppia vincente venivano sommati i tempi di gara conseguiti dagli atleti di ciascuna coppia, quella con il tempo più basso risultava, ovviamente, la vittoriosa. In caso di parità sarebbe prevalso il migliore piazzamento femminile. Veramente una bella inventiva, da poter suggerire anche

foto LEONARDO OLMI

Lo squadrone del Team Olimpia Bolis con i leader di classifica dei due percorsi con la maglia disegnata da PISSEI, al nastro di partenza della Prato-Abetone

ad altri organizzatori. Così come abbiamo trovato molto pratica la decisione di far partire separati da un intervallo di 5 minuti i ciclisti del lungo (partiti per primi) da quelli del medio. Anche quest’anno sono state toccate alcune tra le località più belle della zona delle “Crete Senesi”, paesi che sicuramente meritavano una breve visita tu-

ristica prima o dopo la granfondo. Tra queste ricordiamo Buonconvento, Monte Oliveto Maggiore, Asciano, Montalcino ed ovviamente Monteroni d’Arbia dove si trovavano partenza e arrivo. Circuito del Cuore www.circuitodelcuore.it Prato-Abetone www.pratoabetone.com Fondo della Valdarbia www.ciclisticavaldarbia.it



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Giampaolo Grisandi a cura di MARIO PUGLIESE

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Due gambe come pistoni ma un cuore (troppo) buono Nel luglio del 1985 al velodromo Mercante di Bassano del Grappa si laurea, a soli 19 anni, campione del mondo nell’inseguimento a squadre. Ma in quella che doveva essere una carriera da campionissimo mancherà sempre il salto di qualità: «Il mio limite? Mi è mancata la cattiveria del vincente».

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Ha due gambe che sembrano pistoni, anche un quarto di secolo dopo la memorabile impresa iridata nell’inseguimento a squadre. Lui è Giampaolo Grisandi, 48 anni (la metà dei quali trascorsi nella Forestale), soprannominato il “colosso di Ravenna” per la statura da armadio (180 centimetri per 90 chili di potenza) e, soprattutto, per quelle cosce grandi come tronchi, che gli hanno regalato il campionato del mondo di Bassano del Grappa: «Il segreto? La Romagna è una terra di passisti, quando esci in bici, la prima collina è a Bertinoro dopo più di 30 chilometri di pianura e di vento. Il passo ti viene per forza». Il merito di aver messo in bici il futuro iridato è tutto della Ciclistica Ravenna di Claudio Brusi, attuale numero uno di Frw, la fabbrica raven-

nate di bici che negli ultimi anni ha conosciuto un vero e proprio boom. Un sincero grazie poi va «all’allora direttore sportivo Giuseppe Galanti che da junior mi ha fatto capire come ci si allenava. Ricordo gli anni ’70 con grande piacere, fu un periodo meraviglioso nel quale ho imparato le regole dello sport e della vita». La leggenda dice che, per tenere a bada gli ormoni dei ragazzini, qualcuno si era inventato la frottola del naso. Se era molliccio significava che al suo esuberante proprietario, come canta Lucio Dalla, «era partita dolcemente la mano». Così prima di una corsa poteva capitare che i baby ciclisti venissero messi in fila per una generale tastatina del naso. Sgarrare il controllo era un’umiliazione insopportabile. Una gioventù di privazioni che però non ha

generato rimpianti. «Il ciclismo – dice – in realtà non mi ha tolto proprio niente. Anzi, ho imparato presto a guardarmi dentro, a gestire le emozioni e a crearmi degli obiettivi». Una serena determinazione che lo porterà già a 19 anni e qualche mese – il Griso è nato il 4 dicembre 1964 – alle Olimpiadi di Los Angeles del 1984 come riserva del quartetto azzurro dell’inseguimento a squadre. Un ruolo che al talento ravennate sta un po’ stretto visto che l’anno prima si è laureato campione italiano dell’inseguimento individuale e ha conquistato un argento individuale e un bronzo a squadre ai mondiali militari di Barletta. Gli allenamenti sono massacranti: 130-140 km su strada la mattina e due ore di specializzazione in pista il pomeriggio. Grisandi gira fino allo sfinimento nel mitico Giampaolo Grisandi con la passione sportiva di sempre indossa la divisa di frw e ci mostra la maglia iridata anello “Servadei” di Forlì sotto gli occhi del commissario tecnico Mauro Orlati. L’inseguimento a squadre è una specialità che non si improvvisa. A talento e forza bisogna saldare disciplina, armonia e senso del ritmo. Se il quartetto perde la sincronia dei cambi, comincia a steccare ed è la fine. Sono quattro chilometri da fare a tutta, senza esitazioni e, se va bene, da ripetere quattro volte: qualificazioni, quarti, semifinale e finale. Nel luglio del 1985 al velodromo Mercante di Bassano del Grappa il quartetto azzurro suona una melodia incantevole. Assieme a Grisandi ci sono Silvio Martinello, Roberto Amadio e Massimo Brunelli. «Eravamo forti ma non i favoriti», precisa Grisandi. All’epoca c’erano gli Atleti dell’Est, gente da scrivere con la maiuscola tanto era grossa e determinata a battere l’“occidente corrotto e capitalista”. Un piazzamentino insomma era già onorevole. Gli italiani invece fanno il miracolo già dalla qualificazione, volata a 54,5 di media (con partenza da fermo per chi vuole fare i conti con precisione). «Il nostro leader era Martinello – spiega Giampaolo –


Il quartetto dell’inseguimento a squadre campione del mondo 1995 con Massimo Brunelli, Silvio Martinello, Giampaolo Grisandi, Roberto Amadio

era quello che faceva quasi sempre 20 metri in più. Nei velodromi scoperti di una volta, poi, bisognava organizzare la squadra in modo che il più forte si trovasse sempre a tirare col vento in faccia e il più debole col vento a favore. Noi non sbagliammo niente». Il capolavoro arriva in semifinale con l’eliminazione dei sovietici, tra cui un giovanissimo Viatcheslav Ekimov: «Lì capimmo che ce l’avremmo fatta». In finale difatti non c’è storia: la Polonia crolla e l’Italia trionfa con mezza pista di vantaggio. Campioni del mondo con la soddisfazione di sentire raccontate le proprie gesta da Adriano De Zan. Ancora oggi la telecronaca dell’immortale voce del ciclismo emoziona Grisandi e compagni. Di quella sera Giampaolo ha sempre nelle orecchie il suono delle trombe da segnalazione navale: «Altro che vuvuzela: ho fatto sette mondiali ma un simile tifo non l’ho più sentito». Campione del mondo a neanche 20 anni, ai quarti nell’inseguimento individuale, Grisandi ha tutta una vita davanti per confermarsi. Le soddisfazioni, però, arrivano a singhiozzo. Campionati italiani a squadre e individuali come piovesse – alla fine saranno cinque – ma in campo internazionale ‘solo’ il sesto posto a squadre alle Olimpiadi di Seul e l’argento nell’individuale ai giochi del Mediterraneo. Poi più niente. Il quartetto si era smembrato già nel 1986, perdendo tutta la sua magia. Martinello si sarebbe avviato a una grande carriera tra i

professionisti e anche Amadio aveva fatto il grande salto. Grisandi è costretto a rimanere dilettante: «A quei tempi il passista veloce non era molto ricercato. Il ciclismo ruotava attorno al blocco Moser-Saronni: erano preziosi solo gli uomini che servivano a loro due. Che peccato, fossi nato qualche anno più tardi avrei potuto fare l’apripista di qualche

velocista». Se la pista è un po’ snobbata, neanche ventotto successi su strada gli aprono le porte del ciclismo ‘che conta’. Della sua generazione ha più fortuna gente come Roberto Conti o Fabiano Fontanelli: altri fisici, altre caratteristiche ma stessa determinazione. A Grisandi non resta che fare da chioccia ai rampanti Fabio Baldato, Giovanni Lombardi e molti altri. Poi nell’88, dopo Giampaolo Grisandi in azione con la maglia azzurra Seul, la Nazionale lo lascia definitivamente ai margini. Dopo sei anni la motivazione dell’addio è un po’ burocratica: “Cambio del gruppo di lavoro”. Grisandi entra nel Corpo forestale dello Stato – «è stato una specie di investimento, meglio che passare professionista» – e continua a prendersi le sue belle soddisfazioni considerato che nel ’90 è ancora tricolore nell’inseguimento individuale. Smette nel ’94, a 30 anni, per poi rientrare come tecnico a cavallo del nuovo secolo, esperienza che dura fino al 2008. Nel frattempo la scuola ravennate della pista continua a mietere successi in tutto il mondo con Andrea Collinelli, altro ciclista della Forestale. Una carriera encomiabile, quella di Grisandi, ma con un difetto che, a seconda del punto di vista, appare come un grande pregio: «Non sono mai stato un agonista esasperato. Il mio limite è non avere avuto la cattiveria del vincente. In tanti anni di ciclismo, pista e strada, non credo di avere mai fatto scorrettezze a qualcuno».


INTEGRATORI R-CODE E IPER MASS IL SEGRETO DEL RECUPERO PERFETTO

Il tris vincente, per la linea di integratori Lifecode, è qualità, performance e occhio al prezzo: sono queste infatti le tre caratteristiche che contraddistinguono i prodotti posti in commercio dall’azienda. Si tratta di prodotti che ben si adattano non solo a chi fa sport, fornendo, a chi fa attività, il giusto supporto prima, durante e dopo la performance, ma anche a chi, nel suo quotidiano, non rinuncia a voler caricare le batterie per affrontare con l’energia adeguata le sfide di tutti i giorni. Prodotti di altissima qualità ed al giusto prezzo. Nella gamma si trovano polveri, capsule e compresse altamente performanti per sportivi professionisti, atleti non competitivi, persone che hanno la necessità di recupero post operatorio, donne post parto, persone logorate dallo stress. Insomma, si tratta di prodotti che si adattano ad ogni tipo di carenza, mediante un supporto nutrizionale di alto livello. Il messaggio, da parte del pubblico, è stato favorevolmente compreso, tanto che la linea del tutto innovativa è molto apprezzata e ricercata dagli sportivi. I prodotti della linea di Lifecode sono studiati per interagire tra loro, per integrarsi, riuscendo così a fornire il giusto apporto energetico, proteico e di nutritivi, a seconda dell’attività che si vuole intraprendere o che si è praticata. In particolare, il momento successivo all’attività sportiva risulta fortemente determinante anche delle prestazioni future, ciò perché un recupero ottimale dallo sforzo, consente poi di poter intraprendere nuovamente, anche in un breve lasso di tempo, lo sport che si stava praticando. Importante è soprattutto il momento nel quale si assumono, dopo lo sforzo, le sostanze integrative. Il consiglio che giunge direttamente da casa Lifecode, è quello di non lasciar passare troppo tempo – anche un’ora può incidere tanto nel recupero post-sforzo – tra il termine dell’attività e l’assunzione di integratori, al fine di migliorare l’assorbimento dei princìpi attivi e conseguentemente anche il ripristino delle normali condizioni dell’organismo. Ecco dunque che, appena scesi dalla bicicletta e prima ancora di buttarsi in doccia, i ciclisti hanno la possibilità, a seconda della

durata della prestazione, di ripristinare il loro stato fisico, attingendo a due prodotti della linea Lifecode. R-Code è un integratore a base di carboidrati, aminoacidi, sali minerali e vitamine, perfettamente solubile, ideale per il recupero da attività intensa di livello medio, vale a dire non superiore alle tre ore e mezza. Laddove la prestazione si estenda fino alle 5-6 ore, o comunque superi le tre ore, si pensi, per esempio ad una granfondo, piuttosto che ad una competizione di mtb, con un dispendio energetico ancora superiore, è consigliabile l’assunzione di Iper Mass: questo prodotto, al pari del precedente, permette di riequilibrare l’organismo, specie quando a seguito di un prolungato sforzo fisico, il corpo brucia in quantità più elevata le scorte di glicogeno, aumentando la scomposizione proteica. L’assunzione di tali integratori, consente di ristabilire l’equilibrio energetico dell’organismo, integrando i nutrimenti che sono stati bruciati nel corso dell’attività sportiva. La differente formulazione tra i RCode e Iper Mass, tiene presente proprio la differenza nel fabbisogno di sostanze nutritive del corpo a seconda della durata dello sforzo cui l’atleta è stato sottoposto. Molto importante poi, la facilità di assorbimento che questi integratori hanno, tale da non sottoporre l’organismo ad un ulteriore sforzo nell’attività di digestione-assimilazione. È importante sottolineare poi, che per un corretto recupero, sarà consigliabile assumere un pasto particolarmente leggero, proprio per non costringere il corpo ad una nuova corsa alla sintetizzazione del cibo. A questi prodotti, si affiancano anche prodotti da assumere durante l’attività fisica, altri gel di veloce assimilazione ed articoli dedicati al recupero non necessariamente sportivo. Una linea varia che ha la prerogativa di supportare i clienti nelle attività quotidiane e nel recupero psicofisico indotto dalla prestazione sportiva, ma anche dal tran tran della vita moderna. A sposare la filosofia Lifecode, sportivi di alto livello: il Campione del mondo della mtb Ilias Periklis, nonché la bandiera del nuoto italiano, Filippo Magnini ed il pugile romagnolo, Matteo Signani.


Chicchi e Gatto del Team Fantini Selle Italia


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FINALI UWCT 2013 SEMPRE PIÙ VICINE a cura di NEWSPOWER

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6 min

pressoffice@newspower.it

TRENTO E MONTE BONDONE VERSO L’IRIDE Finali del Campionato del Mondo Master e Cicloamatori – UWCT 2013 dal 19 al 22 settembre. Staffetta in centro a Trento, cronometro in Valle dei Laghi e granfondo sul Monte Bondone. Oltre 1.200 ciclisti di 41 nazioni in gara. “Pedalando con Gilberto Simoni” in favore della solidarietà.

S

Settembre è il mese che porta con sé i colori dell’arcobaleno nel panorama delle ruote fine, con due grandi appuntamenti che si correranno tra Trentino e Toscana. A Trento, sul Monte Bondone e in Valle dei Laghi dal 19 al 22 saranno di scena le finali del Campionato del Mondo Master e Cicloamatori – UWCT 2013, mentre in Toscana approderanno i Campionati Mondiali di Ciclismo su strada UCI. Si tratta di un gran bel bottino per lo sport italiano e non mancheranno certo sorprese e spettacolo. In terra trentina si lavora alacremente senza lasciare nulla al caso. Gli organizzatori

foto NEWSPOWER CANON

dell’Asd Charly Gaul Internazionale e dell’Apt Trento, Monte Bondone, Valle dei Laghi non sono nuovi ai grandi eventi. Nella seconda metà di settembre, dunque, l’appuntamento sarà con i campioni del ciclismo amatoriale per quella che è a tutti gli effetti la prima edizione italiana del Mondiale Master e Cicloamatori UWCT. Nel capoluogo trentino si attendono atleti da 41 Paesi, tra cui Australia, Brasile, Costa Rica, Oman e Singapore. Come sempre grande attenzione sarà prestata alla sicurezza sui percorsi, con le strade presidiate da un vero e proprio esercito di volontari e forze dell’ordine e diverse interruzioni della circolazione che saranno prontamente comunicate in loco e sui canali informativi di riferimento. Il calendario si aprirà con il test event della staffetta a

squadre che si disputerà il 19 settembre, a partire dalle 17.00, sull’anello di 2 km che sarà allestito nello splendido contesto del centro storico di Trento. In gara ci saranno 10 team nazionali composti da 4 atleti ciascuno. Trattandosi di un debutto assoluto non saranno assegnati titoli ufficiali. Alle 19.15 seguirà la cerimonia di apertura con la sfilata delle delegazioni nazionali, accompagnate dalla Banda Sociale di Cavedine e dal Coro della Polizia Municipale. Il giorno successivo si volerà nella verdeggiante Valle dei Laghi per le gare a cronometro di Cavedine. Lungo il circuito di 24,6 km si daranno battaglia oltre 400 sprinter per contendersi maglie e titoli di categoria. Vista la partecipazione numerosa, le partenze saranno suddivise in due tranches, una al mattino ed una al pomeriggio. foto NEWSPOWER CANON


foto NEWSPOWER CANON

La degna conclusione scatterà infine domenica 22 settembre dalla scenografica Piazza Duomo di Trento con le due varianti Granfondo (112 km e 2.974 m/dsl) e Mediofondo (60 km e 2.000 m/dsl solo per categorie Donne 45+ e Uomini 65+). Da Trento si salirà a Palù di Giovo, paese natale di “Gibo” Simoni e della dinastia dei Moser, per poi calarsi sulla piana dell’Adige e di nuovo in città per la biforcazione dei percorsi. Mentre il “medio” imboccherà l’ardua “salita Charly Gaul” che conduce sul traguardo di Vason dopo 1.375 m/dsl in poco meno di 18 km, i granfondisti scenderanno ancora lungo gli argini dell’Adige per Ravina, Aldeno e poi Pomarolo, da cui inizierà la salita verso il Lago di Cei. In discesa ci si riporterà ai piedi del Monte Bondone per intraprendere i leggendari tornanti che conducono ai 1.650 m slm del traguardo iridato di Vason.

A quel punto ci si trasferirà nuovamente in Piazza Duomo per le premiazioni ufficiali. L’intero weekend dalle tinte arcobaleno potrà contare su un’ampia copertura mediatica. A partire dal 21 settembre Rai Sport seguirà i momenti salienti delle finali del Campionato del Mondo Master e Cicloamatori UCI e domenica 22 sarà in diretta dalle strade trentine e, in contemporanea, da quelle toscane dove aprirà la settimana dei Campionati del Mondo di Ciclismo su strada. Non mancheranno nemmeno trasmissioni e collegamenti su Rai3 Trentino Alto Adige. Info: www.uwctfinal.com foto NEWSPOWER CANON

Sabato 21 la giornata sarà dedicata al riposo e alla scoperta degli scorci più incantevoli della città, grazie anche alle visite guidate promosse all’interno dei pacchetti turistici costruiti ad hoc per la manifestazione. Nel pomeriggio, alle 15.00, si potrà salire in sella in compagnia del campione Gilberto Simoni per la pedalata non competitiva di circa 10 km “Pedalando con Gilberto Simoni”, organizzata dall’Associazione Trentina Fibrosi Cistica e dall’APT Trento. Il ricavato sarà interamente devoluto al Centro Provinciale Fibrosi Cistica presso il reparto di Pediatria dell’Ospedale di Rovereto (info e iscrizioni: www.associazionetrentinafibrosicistica.it).


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Sicurezza in gara

a cura di GIANLUCA BARBIERI

AUTO AL SEGUITO NELLE GARE CICLISTICHE:

OBBLIGATORIA LA MASSIMA ATTENZIONE

gianlucabarbieri.inbici@gmail.com

Le auto al seguito in una gara ciclistica sono una componente fondamentale. Vanno gestite in maniera oculata e chi le guida deve avere coscienza e rispetto per le altre componenti in gara.

Certo, con tante auto al seguito, tutto può succedere e l’attenzione non può essere al 100% su oltre 130 km di gara, come nel caso citato, ma allora, se siamo coscienti di questa situazione, cerchiamo di prevenire, prima che curare.

Come detto, la gara ciclistica non è una pista da rally per le auto o una pista da velocità per le moto; chi opera in una gara ciclistica deve sempre ricordare che al suo seguito ci sono persone appassionate che alle loro spalle hanno una famiglia

foto Stefano Dalle Luche

L

La mitica “carovana”, in una gara ciclistica, è forse la parte più bella e coreografica della manifestazione. L’imponenza e l’importanza di una gara ciclistica si misura anche dalla dimensione della sua carovana. Auto delle Giurie, dei Direttori di Corsa, auto dell’organizzazione e ammiraglie, auto dei medici, ambulanze, inizio e fine gara, cambio ruote e organizzazione, nonché moto che operano con molteplici mansioni. Tutti questi mezzi devono avere delle regole e devono seguire scrupolosamente quanto impartito dalla Direzione di Corsa o Giuria, in base alla tipologia di gara. Da questa premessa si evince che se in gara tutti si mettessero a fare i cosiddetti “piloti”, il rischio di incidente diventerebbe elevatissimo. Quante volte si vedono ammiraglie delle società operare sorpassi azzardati ed inutili, quante volte nelle auto al seguito vengono fatti salire bambini, anche se non autorizzati dal regolamento, quante volte vengono concesse autorizzazioni ad auto inutili nelle gare ciclistiche e poi basta un niente per rovinare quella che dovrebbe essere una festa dello sport. È proprio di questi giorni la notizia di un Direttore di Corsa Internazionale vittima di un tamponamento importante, con conseguenze altrettanto importanti.

e che magari il giorno dopo devono recarsi al lavoro. Non si può affrontare una gara ciclistica con l’egoismo, pensando solo a se stessi o ai propri corridori, lo si deve fare nel rispetto di tutti e delle regole basilari dello sport. Un monito, quindi, a chi opera sui mezzi delle gare ciclistiche, affinché l’attenzione sia sempre al massimo, limitando il più possibile manovre rischiose, anche se a volte queste possono comportare qualche minuto di ritardo sulle proprie esigenze. La vita e la salute delle persone valgono di più di una borraccia data qualche chilometro prima…


Distributore per l’Italia: Freewheeling s.n.c. - Via Barsanti, 10 Fornace Zarattini - 48124 Ravenna, ITALY Tel: +390544-461525 Fax: +390544-462096


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Dietro le Quinte

a cura di ANDREA AGOSTINII

Il sistema di raffreddamento foto Enzo Vicennati/Compagnia Editoriale

L

Lo sport professionistico nella preparazione atletica ha fatto passi da gigante negli ultimi anni. La scienza applicata all’allenamento è oggi il plus, soprattutto in quelle discipline dove le differenze sono minime. Nel ciclismo, gli atleti di vertice, che si cimentano in una cronometro sono costantemente alla ricerca di tecniche di allenamento e attrezzature innovative per dare loro un vantaggio sulla concorrenza. Una delle ultime frontiere è il raffreddamento dell’atleta in fase di riscaldamento. Il tutto avviene indossando un giubbottino refrigerante, che riduce la temperatura interna del corpo mentre le gambe rimangono calde. Questo induce una maggiore spinta del sangue al cuore facendo aumentare la gittata cardiaca con conseguente maggiore flusso di ossigeno alle gambe e una spinta più proficua nei primi 10/20 minuti dello sforzo. Secondo uno studio Nike, preraffreddando il cuore, un atleta può migliorare le prestazioni del 21% e secondo un altro studio effettuato dall’Istituto Australiano dello Sport (AIS), l’atleta ha mostrato maggiori prestazioni, resistenza e minor percezione della fatica. A livello di elite questo può significare la differenza tra vincere e perdere. Quindi nessuna sorpresa se i maggiori Team hanno adottato questo sistema per i propri ciclisti di vertice impegnati nelle prove contro il tempo. I primi ad avvicinarsi a queste tecniche sono state le formazioni anglosassoni da sempre più attente alle prove a

agostini@gocom.it

Alcuni attimi prima della partenza in una crono, un atleta del team bmc indossa il giubbino refrigerante

Joaquim Rodriguez del team Katusha in una fase prima della crono

foto Italianjet.com

cronometro e di conseguenza più vicine alla ricerca delle miglior prestazioni. Ma negli ultimi anni la nascita di Team internazionali hanno fatto sì che atleti anche se appartenenti a scuole di ciclismo più tradizionali come la Spagna, l’Italia e la Francia abbiano dovuto adeguarsi alle nuove correnti.


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*Titolo* a cura di ...

*CATENACCIO* *Sommario*

*mail*


52 a cura di Leonardo Olmi

Le Salite Mitiche Dei grandi giri

Come affrontare le salite che hanno fatto la Storia del Ciclismo con i suggerimenti di Max Lelli

Alpe d’Huez

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info@maxlelli.com

16 min

PER QUESTA SECONDA PUNTATA CI TRASFERIAMO IN FRANCIA, DOVE ANDIAMO A SCOPRIRE UNA SALITA MITICA CHE HA FATTO LA STORIA DEL TOUR DE FRANCE. COME CI RACCONTA ANCHE ALAN MARANGONI (CANNONDALE PRO CYCLING – REDUCE DA GIRO E TOUR 2013), DURANTE L’EDIZIONE DI QUEST’ANNO, E PER LA PRIMA VOLTA NELLA STORIA DELLA GRANDE BOUCLE, L’ALPE D’HUEZ È STATA SCALATA PER BEN DUE VOLTE.

Ecco uno dei primi tornanti affrontati da Max Lelli

P

Per i francesi non è una salita qualunque, ma è “La Salita”, che loro amano chiamare semplicemente l’Alpe. La sua difficoltà è talmente leggendaria, che su ognuno dei 21 tornanti che portano al culmine, c’è una targa commemorativa per ricordare gli eroi che l’hanno conquistata per primi. Ogni curva è dedicata ad un grande campione, e siccome il Tour passa spesso da queste parti, una volta esauriti i tornanti a disposizione, gli organizzatori hanno dovuto ricominciare da capo, affiancando alle targhe del passato quelle del presente. La più eclatante, forse, per la controversia che rappresenta è la duplice dedica del primo tornante, dove accanto alla targa con il nome di Coppi c’è quella dedicata a Lance Armostrong. Al di là delle targhette e delle memorie che si sovrappongono, i tornanti che portano in cima sono una benedizione, poiché senza queste provvidenziali curve sarebbe davvero difficile portare a termine la scalata. Gli interminabili rettilinei sono sfiancanti e se non ci fossero i tornanti per tirare un po’ il fiato la salita sarebbe quasi impossibile. Il dislivello complessivo è di 1.158 metri e la sua lunghezza si aggira intorno ai 15 km. La salita gode di una fama enorme, soprattutto oltralpe, e questo nonostante la sua comparsa al Tour risalga soltanto agli inizi degli anni Cinquanta. Ci sono salite francesi che vantano ben altra storia, eppure i suoi tornanti non solo sono diventati uno dei grandi simboli del Tour, ma rappresentano ormai un’icona del ciclismo in genere, a tutti i livelli. Ogni anno folle di appassionati convergono qui per cimentarsi con la salita più celebre di Francia e con la sua leggenda, e in molti prendono parte alla Marmotte, una delle più importanti granfondo del calendario internazionale il cui arrivo, dopo ben 174 km, è posto proprio in cima all’Alpe d’Huez. Al ciclismo italiano questa salita ha regalato emozioni indimenticabili. Il primo ad arrivare in cima, quando per la prima volta nel 1952 il Tour passò di qui fu il mitico Fausto Coppi. Dopo l’Airone furono necessari

foto LEONARDO OLMI

quasi quarant’anni perché un altro italiano conquistasse l’Alpe d’Huez; fu Gianni Bugno che si impose due volte di fila, nel ’90 e nel ’91. Nel ’94 fu la volta di Roberto Conti e nel ’99 di Giuseppe Guerini. Ma probabilmente le due vittorie che sono rimaste più impresse nel cuore degli italiani sono quelle di Marco Pantani, che qui trionfò nel ’94 e nel ’95. Il Pirata detiene ancora oggi il record assoluto nella scalata dell’alpe d’Huez stabilito nel 1997, con 37 min/3 sec alla stratosferica media di 23,08 km/h, un tempo semplicemente pazzesco! Max raccontaci da dove si parte e come si presenta l’inizio dell’Alpe? «La salita che ci aspetta ’sta volta, come hai già detto tu, è poco più di 15 chilometri per 1.158 metri di dislivello. La sua imponente serpentina di tornanti sovrasta la valle della Romanche e il paese di Le Bourg d’Oisans, tradizionale punto di partenza per l’ascesa. Infatti, dopo aver imboccato la statale in direzione Briançon, si attraversa il Pont de la Romanche e si svolta a sinistra per Sarennes. È qui che ha inizio ufficialmente la scalata, con tanto di striscione (c’è anche un sistema di cronometraggio che permette a chiunque di rilevare il tempo di scalata: il diploma vi sarà offerto in omaggio dal locale ufficio turistico, mentre le foto sono a pagamento e sono piuttosto care). Dopo poche centinaia di metri pianeggianti la strada si alza di colpo in modo perentorio, imponendo il ricorso ai rapporti più agili che si hanno a disposizione. Raccomanderei quindi di montare un 34 come corona piccola, ed una scala di rapporti che minimo salga fino al 28. La parte più difficile è all’inizio, non ci sono dubbi! Non c’è tempo di scaldarsi, né di prepararsi psicologicamente, si comincia a soffrire fin da subito! I primi tre chilometri sono molto duri, con pendenze che sfiorano l’11%. Per arrivare al primo tornante c’è un lungo rettilineo che spezza le gambe già all’inizio e scoraggia i meno preparati.


foto PHOTOBRETON

Leonardo Olmi, autore del servizio, affronta gli ultimi tornanti dell’Alpe d’Huez

Abbiamo fatto solo poche centinaia di metri e notiamo subito che le gambe stentano a girare. La costante durezza della strada già fin dalle prime rampe impone di trovare una cadenza di pedalata che non porti in affanno. Ricordate che l’ascesa è lunga e impegnativa fino alla fine, e andare fuori giri qui significa dover pagare più avanti. Anche dopo la prima curva le pendenze rimangono ostiche, sempre intorno all’8%, e anche se non si tratta mai di pendenze impossibili, bisogna ricordarsi che qui la difficoltà è costante e i momenti di tregua sono rari e brevi.» I tornanti sono numerati e dedicati a dei Campioni, vero? «Sì esatto, come sullo Stelvio, anche qui i tornanti sono numerati in ordine decrescente, a scandire a ritroso l’interminabile fatica sui pedali; su ciascuno di essi un cartello segnala un vincitore, cominciando dai più remoti, e il 21 è dedicato, ovviamente, a Fausto Coppi, primo a trionfare su questa montagna nel 1952. Da qualche anno il Campionissimo divide il cartello con Lance Armstrong (vittoria del 2001). Passato il secondo tornante, gli altri si susseguono a distanza più ravvicinata, ma tutta questa prima parte di salita rimane sempre ostica. Ricordate che si tratta di 2,5 km tremendi dal primo all’ultimo metro, che non concedono mai respiro fino al diciassettesimo tornante (quello di Joaquim Agostinho, vincitore nel 1979; a lui è dedicato anche un monumento commemorativo più avanti, al tornante 14). Qui la pendenza inizia finalmente a calare e all’altezza di La Garde la strada spiana per pochi metri, quel tanto che serve per riprendere fiato. Il chilometro che segue, al 7%, è uno dei più agevoli di tutta l’ascesa. Successivamente la strada si assesta su pendenze decisamente più impegnative, mentre i tornanti successivi, dal n. 13 al n. 8, si susseguono a distanza regolare. Qui la strada è ampia e ben tenuta, ma l’ombra è cosa rara e il sole picchia senza riguardo, aggravando non poco la fatica di chi sale. Quindi ricordatevi di mantenervi ben idratati.»

foto GRIFFE PHOTOS

Allora posiamo dire che da qui in avanti siamo nel cuore della salita? «Sì esatto, il tornante numero 7, a quota 1.390 m dopo aver percorso più di 8 km di salita, è il primo dei due dedicati a Gianni Bugno, che qui vinse nel 1990 e nel 1991, e a lui si lega uno dei tratti più duri de tracciato. Passata la chiesetta di St. Ferréol il paesaggio cambia e per la prima volta si intravede la meta. Ricordatevi che subito dopo il tornante, sulla destra, c’è una fontana per rifornirsi d’acqua. Purtroppo non avremo molto tempo per ammirare il panorama, perché subito le pendenze tornano a sfiorare il 10%, mentre all’uscita del tornante successivo toccano addirittura il 12-13%, la punta massima dell’ascesa. Arrivati all’incrocio della Patte d’Oie, a tre chilometri circa dalla fine, la strada si divide: il percorso ufficiale impone di prendere a sinistra in direzione Station entrée Ovest, ignorando l’altra opzione. In caso contrario, si arriva ugualmente in cima ma si perdono gli ultimi tornanti, e i due che arrivano subito dopo sono dedicati alle vittorie di Marco Pantani nel 1995 e nel 1997. Da qui in poi le pendenze si fanno sentire senza pietà, mentre la stanchezza accumulata comincia ad appesantire la

Il nostro Leonardo Olmi durante l’ascesa dell’Alpe d’Huez, documenta con la sua GoPro montata sul casco tutto il percorso


foto archivio TOUR DE FRANCE

Leonardo Olmi ha quasi raggiunto la vetta dell’Alpe d’Huez

foto PHOTOBRETON

pedalata: è il momento di stringere i denti, perché manca poco. L’ultimo tornante, che sarà sicuramente accolto con molto sollievo, immette a una rampa assai dura di circa 700 metri che conduce a Place Paganon (1.764 m), dove è posto lo striscione d’arrivo, ma non fatevi trarre in inganno e tirate dritti, perché non è qui che la salita finisce. Bisogna andare ancora avanti per più di un chilometro ancora e raggiungere quota 1.857. In compenso sono finite le tribolazioni, perché la salita continua ormai senza cattiveria e i pochi metri che restano per raggiungere Avenue du Rif-Nef, il tradizionale arrivo del Tour, sono quasi una passerella trionfale.»

Alan, raccontaci quali sono state le tue emozioni durante la doppia ascesa all’Alpe d’Huez? La gente, la fatica, il secondo passaggio per la prima volta nella storia del Tour e il terzo posto di Moser? «Le emozioni quel giorno sovrastavano di gran lunga la fatica! Quello che ho vissuto scalando l’Alpe è stato qualcosa di indescrivibile, tutte quelle migliaia di persone dai tanti colori a fare casino in tutte le maniere possibili, solo per Il professionista Alan Marangoni (Cannondale noi, indimenticabile. MoPro Cycling) durante il Tour 2013 ser quel giorno è andato in fuga all’inizio e quindi io non sono stato di aiuto per lui, ma è stato molto bello festeggiare il suo terzo posto sul podio insieme a tutta la nostra squadra.»

Nome

Alpe d’Huez

Dove si trova

Grenoble, Oisans, Francia

Da dove si parte

Le Bourg d’Oisans

Dove si arriva

Alpe d’Huez

Altitudine partenza

699 m

Altitudine arrivo

1.857 m

Dislivello

1.158 m

Pendenza max

13%

Pendenza media

7,72%

Lunghezza

15,5 km

A questo punto, visto che quest’anno hai fatto Giro e Tour, vorrei chiederti quale dei due è più emozionante? Cosa si prova arrivando a Parigi, anche qui per la prima volta nella storia del Tour di sera al tramonto? Foto aerea dell’Alpe d’Huez «Sicuramente il Tour ha una marcia in più rispetto al Giro, sulle strada francesi per tre settimane trovi davvero gente di ogni paese. Il pubblico è davvero esagerato e l’atmosfera che si respira ogni giorno è quella di un mondiale. La posta in palio è davvero alta, tutti i giorni corri sotto gli occhi del mondo. Il gran finale ai Campi Elisi in serata è stata la chiusura perfetta di un’esperienza davvero unica per un ciclista. Il boato continuo nel circuito finale mi rimarrà per sempre nel cuore.»

Tornanti

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Servizi Foto Alpe d’Huez:

Tempo record ascesa

37 min/35 sec (Marco Pantani)

Griffe Photos

Giri/Tour

28 Tour de France dal 1952 al 2013

Photobreton

DATI TECNICI SALITA

Come anticipato nel titolo, ho chiesto al prof. Alan Marangoni (Cannondale Pro Cycling – alla sua prima esperienza al Tour de France e reduce anche dall’ultimo Giro d’Italia) al quale ero seduto di fianco nel corso della 23a puntata di A Tutta Bici (dove ho avuto l’onore di essere ospite in rappresentanza del nostro magazine INBICI), la sua testimonianza su questa salita mitica, che nel Tour di quest’anno veniva affrontata (prima volta nella sua storia) per ben due volte, e dove il suo compagno Moreno Moser è salito sul terzo scalino del podio nella tappa vinta dal francese Riblon.

www.griffephotos.com www.photobreton.com

Altimetria dell’Alpe d’Huez



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Le due ruote in un clic

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5 min

a cura di MARIO PUGLIESE

È l’inglese www.cyclingnews.com il sito ciclistico in assoluto più cliccato della rete. L’Italia si difende con tuttobiciweb, mentre il portale in lingua iberica più autorevole è lo spagnolo biciclismo.es. Tra colossi editoriali e prodotti di basso profilo, c’è una sola certezza: anche nel mondo della bici l’informazione si sta spostando sul web.

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Nel mondo del ciclismo professionistico è il sito britannico www.cyclingnews.com il portale in assoluto più cliccato della rete. Sempre aggiornatissimo (24h su 24h) dedica ampie sezioni al ciclismo su strada, alla mtb, al track, al cyclocross e al triathlon. Una bibbia delle due ruote che, negli ultimi anni, grazie anche ad alcune inchieste coraggiose, ha saputo conquistarsi grande credibilità. Per il tempismo negli aggiornamenti e l’autorevolezza dei suoi redattori, oggi viene considerato dagli “addetti ai lavori” il sito ciclistico numero uno al mondo. In Italia, invece, il sito internet più famoso è senza dubbio tuttobiciweb.it, prodotto editoriale aggiornatissimo creato dal celebre giornalista Pier Augusto Stagi. Nato come versione web della rivista tuttobici, è un avamposto di grande informazione, caratterizzato da toni moderati e da uno stile british. Molto aggiornato ma su posizioni più “borderline” è il portale cicloweb.it, da diversi anni in rete e noto per le sua vis polemica e per le sue posizioni particolarmente “ostili” nei confronti del doping. Grazie ad una redazione dinamica, è senza dubbio il portale emergente dell’informazione ciclistica italiana. Allargando lo zoom, un’altra voce autorevolissima è lo spagnolo biciclismo.es, in assoluto il portale in lingua iberica più prestigioso della rete, mentre sul mercato americano, la pole position è tutta di velonews.com, l’oracolo del ciclismo a stelle e strisce. Segue a debite distanze ciclismoweb.net, portale più proiettato verso gran fondo e cicloturismo, così come ciclonews.it, inesauribile data-base anche dell’attività ciclistica giovanile. Per chi invece interpreta il ciclismo nella sua essenza più vera, anteponendo la tecnica all’etica, uno dei siti più aggiornati della rete è senza dubbio cycling.it, con una ricca sezione dedicata all’ecommerce. Il portale è una passerella virtuale in cui le aziende più prestigiose espongono i loro articoli vincenti. Molto cliccato tra gli appassionati anche ciclismo.it, dove è riservato anche uno spazio importante al comparto officina e al settore delle gran fondo, così come ciclismo-online.it, che – come recita il sottotitolo – si propone come la “voce della verità” del ciclismo di oggi. Piuttosto frizzante, in particolare, la room “fatti e misfatti”, nella quale vengono affrontati temi scabrosi dello scibile sportivo (in primis il doping). Per chi vuole restare informato anche sul ciclismo amatoriale e giovanile, l’indirizzo giusto è ciclismo.info, dove convergono da tutta Italia i risultati delle competizioni dilettantistiche di tutti i comitati regionali. Stessa cosa dicasi per italiaciclismo.net, concentrato in particolare sull’attività giovanile. Tra le testate giornalistiche più prestigiose, non si può dimenticare in italia il gazzetta.it che, specie per le corse RCS (Giro d’Italia in primis), offre un servizio completissimo, così come lo spagnolo marca.es e il francese lequipe.fr, storicamente molto quotato nel mondo del ciclismo (da una sua inchiesta si generò l’affaire Armstrong).



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Ciclismo & bollicine a cura di NICOLA PROVENZALE

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Pedalando nell’affresco di San Gimignano Tra calici di vino e monumenti eterni, grande spettacolo al Gran Tour Unesco in Terre di Siena.

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San Gimignano, magnifico affresco della campagna senese, ha fatto da cornice, lo scorso 10 agosto, al Gran Tour UNESCO in Terre di Siena, che ha visto ai nastri di partenza oltre un centinaio di cicloamatori provenienti da ogni parte d’Italia. La kermesse ciclistica, che abbinava sport e bollicine, si è snodata lungo un affascinante tracciato di 242 chilometri, con partenza e arrivo a San Gimignano. Il percorso ha toccato, per la prima volta, i siti UNESCO della provincia senese: oltre a San Gimignano, Siena, Pienza e la Val d’Orcia, con epilogo in piazza Sant’Agostino, teatro anche della rassegna enologica “Calici di Stelle”. I ciclisti hanno tagliato il traguardo nella notte di San Lorenzo, sotto una luce abatjour, la degna cornice per questo 1° Gran Tour UNESCO in Terre di Siena, prova valida per il Brevetto ACP Campionato Nazionale ARI, nobilitata dal raduno della Nazionale Italiana Randonneur. Partenza alle 12 in punto al cospetto delle torri di San Gimignano, dove si è radunata una folla di turisti e cittadini. Prima della partenza ufficiale, un rinfresco di benvenuto offerto dagli organizzatori Bici Club Ari Terre di Siena, a cui ha fatto seguito l’intervento del presidente Ari Fermo Rigamonti


e Luca Bonechi per il Bici Club, a cui si sono aggiunti i saluti e i ringraziamenti ai partecipanti del sindaco di San Gimignano Giacomo Bassi.

L’evento ha toccato, come detto – per la prima volta – i siti UNESCO della provincia senese ed ha coinvolto tutti i territori attraversati con un ricco programma d’iniziative collaterali dedicate alla notte di San Lorenzo e alla promozione del patrimonio storico, artistico e culturale di questa meravigliosa terra. In particolare, la suggestiva pedalata ha toccato numerosi Comuni premiati dalla “Bandiera Arancione” del Touring Club Italiano: Casole d’Elsa, Castelnuovo Berardenga, Murlo, Pienza, Radda in Chianti, San Gimignano e Trequanda. La randonnèe “Gran Tour UNESCO in Terre di Siena” si svolge nell’ambito del progetto della Provincia di Siena “Gran Tour Terre di Siena in bici” dedicato alla mobilità dolce e al cicloturismo come forma di riscoperta e valorizzazione del territorio senese e delle foto Paolo Boschini

sue numerose eccellenze culturali, paesaggistiche, artistiche ed enogastronomiche. A conferire un ulteriore tocco di eleganza all’evento l’abbinamento con la filosofia del “buon bere”, rappresentata dalla rassegna “Calici di Stelle”. La randonnèe “Gran Tour UNESCO in Terre di Siena” è stata organizzata dal GC Amatori San Gimignano, in collaborazione con BiciClub Ari Terre di Siena, e si avvale del patrocinio e del supporto logistico di Provincia di Siena, Comune di San Gimignano, associazione Città del Vino, Enoteca Italiana, Consorzio della Denominazione San Gimignano, Camera di Commercio di Siena e Centro Sperimentale del Mobile di Poggibonsi, oltre all’UNESCO e al Touring Club Italiano.




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Pagine Gialle

a cura di Mario Pugliese

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Quando l’airone ripiegò le ali 2 gennaio 1960: l’Italia piange la morte di Fausto Coppi. Giornali listati a lutto per quella “tragedia nazionale”. Riviviamo quel triste giorno con l’articolo di prima pagina del Corriere della Sera dell’epoca.

A

Anche al traguardo della morte, sebbene fosse quattro o cinque anni più giovane di lui, Fausto Coppi arrivò con un distacco lunghissimo sul “nemico” Gino Bartali, che quel traguardo lo taglierà – bontà sua – solo 40 anni dopo. Il campionissimo se ne andò all’improvviso il 2 gennaio del 1960, qualche settimana dopo aver appeso la bicicletta al fatidico chiodo, quasi che, senza il ciclismo, la sua vita non avesse più senso. Una morte che lasciò l’Italia (e il mondo) sbigottiti. Se ne andava semplicemente il “più grande”, il ciclista che, più di tutti, seppe saldare alla ruvida fatica della bicicletta la classe e l’eleganza dell’Airone. Quel freddo giorno di gennaio non ci fu un solo giornale italiano che non dedicò a quel tragico lutto un titolo a sei colonne. Ecco, come il Corriere della Sera del 3 gennaio del 1960 raccontò quella tragedia nazionale: «Credevamo che di polmonite ormai non si morisse più. E, ad ogni modo, non pensavamo che a dimostrarci il contrario sarebbe toccato proprio a Coppi, di cui avevamo sempre sentito dire che la specialità fisiologica che gli aveva consentito quegli straordinari successi era appunto l’eccezionale resistenza dei suoi polmoni e la loro capacità ad inspirare quantitativi d’aria quattro o cinque volte superiori al normale. Lo si vedeva, del resto, quando correva. Fausto, il campione più fragile che mai si sia impegnato nello sport più rude, dava sempre il senso di essere portato dal vento, più che dalla forza dei suoi garretti. I cronisti che lo seguivano scrivevano che egli macinava gli avversari, che li ‘sbriciolava’, che li ‘stracciava’; e questo era, infatti, il risultato finale delle sue corse, ma non lo stile con cui le correva. Finché non aveva tagliato il traguardo, anche se era in anticipo di decine di minuti sugli immediati inseguitori, si restava col cuore in sospeso, tale era l’impressione ch’egli dava di materiale inconsistenza. Ogni sua caduta si traduceva in una catastrofe di ossa infrante. Un piccolo strapazzo dietetico gli procurava coliche e vomito. Un po’ di vento bastava ad arrossargli gli occhi, rendendolo cieco. Non correva mai contro degli avversari; non ce ne sono mai stati che potessero tenergli testa. Correva contro gli elementi che potevano mettere a repentaglio la sua fralezza, gonfio d’aria come una rondine, facendo fru-fru con le ruote. Emilio Colombo si sarebbe trovato a disagio, con un simile campione, irrimediabilmente refrattario agli aggettivi omerici e salgariani della sua prosa. Il giornalismo sportivo aveva dovuto escogitare per Fausto Coppi tutto un nuovo vocabolario. Per lui non si poteva parlare

di ‘azione travolgente’, di ‘locomotiva umana’, di ‘cuore di atleta’, di ‘ferrea volontà’, di ‘muscoli di acciaio’. Bisognava, piuttosto, ricorrere al linguaggio della danza, così aereo e arabescato era il suo modo, più che di correre, di ‘librarsi’. Lo seguii, in automobile, proprio al Giro d’Italia in cui egli definitivamente tolse di mano a Bartali lo scettro del comando. Che anno era? Il ’47? Il ’48? Non ricordo. Ricordo solo che avvenne sulla salita del Pordoi. I due grandi rivali, dopo aver staccato tutti gli altri, procedevano affiancati, dando l’impressione di un perfetto equilibrio di forze. Aldo Zambrini, il direttore sportivo della Casa ‘Bianchi’, alla cui squadra bianco-celeste Coppi apparteneva, scuoteva il capo sfiduciato.

“Ce la farebbe – diceva – ma non osa, non osa, non osa...”. A un tratto Bartali mise piede a terra per un lieve incidente alla catena. Fu un affare di pochi secondi, ma bastò. Come liberato da un incubo che gli inceppava i muscoli e gli paralizzava la volontà, Fausto, più che accelerare il ritmo della corsa, sembrò trasformarla in un volo. Muoveva le gambe come gli uccelli battono le ali. E dava così poco il senso dello sforzo che quando, di lì a poco, fermatici per controllare il distacco, vedemmo passare Bartali, proteso sul manubrio come una belva in procinto di avventarsi, col volto chiuso come un pugno chiuso, rabbiosamente impennato sui pedali e contratto nello sforzo, credetti che stesse per riagguantare il fuggitivo. Invece, il vantaggio di quest’ultimo saliva implacabilmente, con i chilometri e il dislivello. Un minuto. Un minuto e dieci secondi. Un minuto e quaranta secondi. Due minuti. Quando arrivammo a tre e la discesa iniziava, mi voltai a guardare Zambrini, che non aveva dato più segno di vita. Due lacrimoni gli


rigavano le gote. “Be’ – feci – piangi perché Coppi vince?”. “No – rispose lui attristato – perché Bartali perde”. Quella sera egli mi condusse nella camera di Coppi mentre cenava. Era il gran giorno, il giorno della sua incoronazione, dopo la lunga attesa che l’irriducibile Bartali gli aveva imposto nell’anticamera della sala del trono. “Dire che potevi averlo già fatto da un pezzo!” gli mormorò paternamente Zambrini. Fausto scosse la testa. “Se sapesse, commendatore – rispose – cosa mi sento io, quando ho Gino alla ruota...”. “Cosa ti senti?”. “non lo so” rispose Fausto, dopo aver a lungo cercato le parole. Non ne ha mai avute molte a disposizione. E anche quelle poche sembrava sempre che incontrasse parecchia difficoltà a pronunciarle. Forse per questo, anche quella volta, non riuscii a capire se era proprio contento di essere il re, e non più il principe ereditario, della bicicletta. Ma mi parve di no arrossati dal vento e dal sole delle Dolomiti, i suoi occhi chiari avevano serbato la solita espressione triste e rassegnata. L’indomani ci rimettemmo dietro a lui col cuore in sospeso. Non restavano che due tappe da percorrere, tutte in pianura, dov’è difficile impegnare battaglie campali e ottenere vittorie decisive. Ma con Coppi non si poteva mai sapere. Una banale caduta sarebbe bastata a dirottarlo sull’ospedale col femore sbriciolato. Una fetta di mela guasta poteva mandargli all’aria lo stomaco e una lettera da casa paralizzargli lo spirito e la volontà. Con Gino sulla ruota, intento a spiare qualunque segno e ad approfittare di qualsiasi occasione, non c’era proprio da stare tranquilli. Fu con un respiro di sollievo che lo vedemmo, insieme a tutti gli altri, al traguardo finale di Milano. Tornai ad incontrarlo, anni dopo, a Parigi, quando ormai era il ‘campionissimo’. Era reduce, con Zambrini, da Londra, dove era stato invitato per i festeggiamenti del settantacinquesimo anniversario della rivista ‘Il Velocipede’. Lo avevano esibito in pubblico come

un cimelio, mentre un altoparlante lo presentava come “il più grande campione di tutti i tempi” ed elencava le sue imprese. Poi gli avevano piantato sulla bocca un tubo e lo avevano pregato di dire qualcosa. Zambrini, conoscendo l’allegria del suo pupillo ai discorsi, sudava freddo. Con sua grande sorpresa, Fausto afferrò disinvoltamente quell’imbuto e ci versò dentro, senza intoppi, un bel discorsino in un inglese pulito pulito. Nessuno aveva mai saputo che Fausto parlasse inglese; forse non aveva mai trovato le parole italiane per raccontare come lo aveva imparato, nei due anni che fu prigioniero in Egitto, durante la guerra. Sua moglie era indignata di averlo scoperto soltanto in quella occasione. Poi, vennero gli anni difficili, forse, al suo posto, qualunque altro campione, invece di mortificarsi al baccano che si scatenava intorno ai suoi casi familiari, avrebbe badato a farne un buon sfruttamento pubblicitario. Lui, no. L’avvilimento gli riverberava, oltre che nella volontà, anche nei muscoli. Correva poco. Correva male. Spesso cascava. E ogni volta erano costole, omeri o scapole che si fratturavano. Ora che sulla ruota non gli pesava più l’ombra di Bartali, ce n’erano infinite altre, a tenerlo prigioniero e irretito. Nuovi campioni nascevano all’estero. Nessuno di loro valeva Coppi, ma tutti avevano dieci anni meno di lui. Egli aveva sempre detto che voleva ritirarsi in tempo, prima della prima sconfitta, e, anzi, aveva minacciato di farlo in due o tre occasioni, per esempio la tragica morte del fratello, quando la sconfitta era ancora lontana. Invece, era rimasto, anche dopo che le sconfitte diventarono un’abitudine. Se stavolta ha fatto in tempo ad accorgersi di morire (ma spero di no), sono sicuro che non ne ha dato la colpa né alla caccia, né all’Africa, e neanche al ‘virus’ che, a quanto pare, gli ha dilaniato quei formidabili polmoni. Avrà semplicemente pensato, di quel maligno bacillo, ciò che una volta mi disse, al termine di una tappa del Giro della Svizzera in cui Bartali gli aveva portato via il primato in classifica: “Era più forte, e me le ha suonate”.»


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Frasi Celebri

Sul Ciclismo

a cura di NICOLA PROVENZALE

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Quando Brera esclamò: «Lo chiameremo l’Airone...» Dalla Locomotiva di Berna al Leone delle Fiandre, galleria dei soprannomi più celebri del mondo del ciclismo.

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Il re dei nomignoli era – noblesse obblige – Gianni Brera che, dal dopoguerra agli anni novanta, coniò alcuni soprannomi rimasti scolpiti nella memoria storica del nostro sport: dall’Abatino (Gianni Rivera) a Bonimba (Roberto Boninsegna), da Rombo di Tuono (Gigi Riva) a Simba (Ruud Gullit).

Ma il tic degli appellativi ha trovato il suo terreno più fertile soprattutto nel mondo del ciclismo, dove praticamente tutti i corridori più famosi hanno avuto il loro “alter ego”. Sull’origine dei nomignoli esiste una rigogliosa anedottistica, con cronisti, amici o semplici fans sempre pronti ad assumersene la paternità.

Djamolidine Abdoujaparov: Il Terrore di Taskent Jacques Anquetil: Monsieur Chrono Lance Armstrong: Il Texano o l’Extraterrestre Ercole Baldini: Il Treno di Forlì Gian Battista Baronchelli: Tista Gino Bartali: Ginetaccio Michele Bartoli: Leoncino Ivan Basso: Birillo Gaetano Belloni: L’Eterno secondo Daniele Bennati: De Panter Paolo Bettini: Il Grillo Alfredo Binda: Il Trombettiere di Cittiglio o Giocondo Franco Bitossi: Cuore Matto Tom Boonen: Tornado Gianni Bugno: Vedremo Fabian Cancellara: Spartacus o La Locomotiva di Berna Maria Canins: La Mammina Volante Mark Cavendish: Cannonball Claudio Chiappucci: El Diablo Franco Chioccioli: Coppino Mario Cipollini: Re Leone Alberto Contador: El Pistolero Fausto Coppi: Il Campionissimo o l’Airone

Damiano Cunego: Il piccolo principe Roger De Vlaeminck: Il Gitano Danilo Di Luca: Il killer Gilbert Duclos-Lassalle: Gibus Laurent Fignon: Il Professore Oscar Freire: Oscarito Charly Gaul: L’Angelo della Montagna Giovanni Gerbi: Il Diavolo Rosso Felice Gimondi: Nuvola Rossa Costante Girardengo: Il Campionissimo Giuseppe Guerini: Beppe Turbo Learco Guerra: La Locomotiva Umana José Enrique Gutiérrez: El Bufalo Bernard Hinault: Le Blaireau (Il Tasso) o il Caimano Thor Hushovd: Il Toro Miguel Indurain: Il Navarro Laurent Jalabert: Jaja Fiorenzo Magni: Il Leone delle Fiandre Robbie McEwen: Il Canguro Eddy Merckx: Il Cannibale Francesco Moser: Lo Sceriffo Gastone Nencini: Il Leone del Mugello Vincenzo Nibali: Lo squalo Andrea Noè: Brontolo Arnaldo Pambianco: Gabanin Marco Pantani: Il Pirata o L’Elefantino Franco Pellizotti: Il delfino di Bibione Alessandro Petacchi: Alejet Leonardo Piepoli: Il Trullo Volante Domenico Pozzovivo: La Pulce Ivan Quaranta: Il Ghepardo Riccardo Riccò: Il Cobra Jean Robic: Testa di vetro Joaquim Rodriguez: Purito Emanuele Sella: El Selbaneo Giuseppe Saronni: Il Bimbo Paolo Savoldelli: Il Falco o Baby Face Dietrich Thurau: Il bel Didì Jan Ullrich: Il Kaiser Alejandro Valverde: El Embatido

Gino Bartali

Ma qualunque sia la genesi di questi soprannomi, ciò che conta è che, in qualche modo, sono arrivati fino ai giorni nostri. E noi, in rigoroso ordine alfabetico, vi proponiamo oggi quelli che resteranno per sempre nella storia.

Eddy Merckx

Rick Van Looy: Il Sire di Herentals Rik Van Steenbergen: L’Imperatore di Herenthal Alfio Vandi: L’Usignolo Jacques Anquetil



Autunno 2013

Il vintage che piace

Dalla reinterpretazione in chiave moderna dello stile e delle costruzioni che appartengono alle passate glorie del nostro ciclismo, nasce Gara 70 di Nalini, un puro omaggio all‘Italia, ai suoi percorsi, alla sua grande tradizione sportiva, al suo mitico Giro, ai valori del sacrificio, dell‘agonismo e dell‘impegno alla base di ogni competizione, sia sportiva che di vita. Capi che rievocano la storia, piacevoli da indossare, dalla tecnicità moderna e dalle linee che seducono. Piccola chicca: 70 come l‘anno di fondazione della Moa Sport!

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Protagonisti

a cura di Paolo Mei

BOTTA & RISPOSTA CON STEFANO PIRAZZI,

Tempo di lettura

7 min

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PUNTA DI DIAMANTE DEL TEAM BARDIANI CSF-INOX, MA SOPRATTUTTO IL MIGLIOR SCALATORE DEL GIRO D’ITALIA 2013 Un personaggio mai sopra le righe, rispettoso e umile. Il suo marchio di fabbrica è l’attacco, da lontano o a pochi Km dall’arrivo. Il 2013 è stato l’anno della sua consacrazione, con la conquista della maglia azzurra al Giro d’Italia e un brillante podio ai campionati italiani a cronometro.

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Buongiorno Stefano, quando e perché è iniziata la sua passione per le due ruote? «La mia passione per la bicicletta è nata da bambino, periodo in cui preferivo giocare con la bici agli sport di squadra. Fu così che un giorno, all’età di 6 anni, decisi di iscrivermi alla squadra del mio paese, la polisportiva Fiuggi e iniziai a gareggiare.» Nelle categorie giovanili, cioè da allievo e junior, quali sono stati i suoi migliori risultati? «Nella categoria allievi ho vinto cinque gare oltre ad una serie di piazzamenti in gare di prestigio; nella categoria juniores ho vinto tre corse il primo anno e nove il secondo anno vestendo anche la maglia azzurra.» Tra gli under 23 brilla una vittoria di tappa al Giro delle Regioni. Qualche anno più tardi, nel 2010, ecco il passaggio nei professionisti. Il team è “Colnago-CSF Inox”, diretto da Bruno e Roberto Reverberi. Si dice che sia praticamente una famiglia, ce lo conferma? «Certo! Militare nella squadra di Reverberi significa vivere all’interno di una vera e propria famiglia. Un modo di vivere che ha cementato i legami all’interno del team attraverso gli anni. Il personale della Bardiani-CSF Inox è stupendo e con tutti loro il rapporto è ottimo.» A proposito di preparazione, quanti km percorre durante l’anno?

«Non saprei quantificarli con precisione, ma vi posso assicurare che non sono tanti… ma tantissimi.» Dal 2010 ha partecipato a ben 4 Giri d’Italia, con un ruolino di marcia in costante miglioramento: 120° nel 2010, 61° nel 2011, 46° nel 2012 e 44° nel 2013. Che cosa rappresenta il Giro per un corridore come lei? «Il giro lo guardavo sin da bambino. Vedevo in tv le imprese di Marco Pantani e, da allora, ho iniziato a sognare e a voler partecipare un giorno a questo evento. Vi posso assicurare che questa corsa a tappe regala emozioni fortissime, sensazioni uniche, al punto che ogni volta che la si vive, rimangono impresse nella mente. Condividerle con i tifosi, gli appassionati, è una delle cose più belle di questo sport.» Lei è uno specialista delle salite: nel 2012 ha fatto sua la maglia degli scalatori alla Tirreno-Adriatico e nel 2013 con una condotta strepitosa e regolare ha conquistato la maglia azzurra al Giro 2013. Vuole condividere con i lettori di INBICI le emozioni legate a questi due simboli del primato ottenuti? «Sì, direi che alla Tirreno-Adriatico quella maglia arrivò in modo inatteso. Fu comunque una grande conquista per me. Per contro, la maglia del Giro d’Italia 2013 rappresenta un obiettivo, poi raggiunto, che mi ero prefissato fin dall’inizio della stagione. Una volta ottenuta nella tappa di Firenze non l’ho più lasciata andar via, da allora ho combattuto e lottato come un leone fino all’ultimo traguardo su tutte


massimo, per il resto non starà a me decidere quale sarà la miglior composizione della nazionale che affronterà il mondiale di Firenze, peraltro molto selettivo.» La sua corsa preferita e quella che proprio non riesce ad amare? «La mia corsa preferita, come ormai avete capito, è il Giro d’Italia, mentre quella che non riesco ad amare non esiste, perché nel bene o nel male qualsiasi corsa di ciclismo regala qualcosa di magico da portare nel cuore.» Il suo modello, il suo idolo sportivo? «Il mio idolo sportivo è indubbiamente Marco Pantani.» Il suo sogno? «Vincere una o più tappe al Giro d’Italia e perché no, la classifica generale. Sognare non costa nulla.» Il suo avversario più ostico? «Non ho avversari ostici, per lo meno da parte mia: sono un tipo molto tranquillo.» Il fan club “Tutti pazzi per Pirazzi” la segue ovunque. Vuole parlarci di questo gruppo di amici e parenti che ha organizzato poco tempo fa una grande festa in onore della maglia azzurra al Giro 2013? «Il mio fan club è nato con il mio passaggio al professionismo e negli anni è cresciuto sempre di più. I tifosi e tesserati non sono solo laziali, ma arrivano da tutta Italia. Ultimamente anche degli stranieri si sono avvicinati al gruppo. Dopo i miei risultati della prima parte di stagione, con la conquista della maglia azzurra e il secondo posto ai campionati italiani a cronometro, il presidente del mio fan club e i suoi collaboratori hanno deciso di organizzare questa festa. Devo dire che è andata oltre le aspettative con piu di 300 persone presenti e colgo l’occasione per ringraziarle tutte! Grazie soprattutto a chi ha lavorato per far sì che tutto andasse per il meglio.»

foto BETTINIPHOTO

le salite, perché la volevo portare a casa a tutti i costi. A Brescia, quando ho realizzato di esserci riuscito, non sono riuscito a contenere la soddisfazione.» Campionato italiano a cronometro 2013 in Trentino. Vince Marco Pinotti, un vero specialista. Tutti attendono Malori e Cataldo e invece sul secondo gradino del podio ci sale lei. Se lo aspettava? Aveva preparato meticolosamente la prova contro il tempo? «Non mi aspettavo di arrivare secondo, ma di entrare nei primi cinque, forse sì. È arrivato il secondo posto e ne sono felice. Dopo il Giro avevo subito messo a fuoco entrambi gli obiettivi tricolori (corsa in linea e cronometro) perché entrambi erano adatti a me e quindi mi sono preparato per far bene.» Dalla maglia azzurra Mediolanum del Giro 2013, alla maglia azzurra della Nazionale di Bettini per i Mondiali di settembre 2013 a Firenze: credo sia lecito avere delle aspettative. È così? «Sì certo. La maglia azzurra sarà il mio prossimo traguardo da raggiungere. Da parte mia, cercherò di fare come sempre il

Il 2014 non è poi così lontano: quali sono i suoi obiettivi? «Sono ancora troppo assorbito, fisicamente e mentalmente, da questo 2013: appena finirò la stagione ci penserò con tranquillità.» C’è qualcuno che vuole ringraziare per quello che ha fatto in carriera? «Sicuramente una persona che mi ha dato molto è stato Olivano Locatelli, il direttore sportivo della squadra dillettanti Palazzago. Oltre a lui, la mia famiglia che mi è stata sempre vicino e la mia compagna.» Grazie Stefano, da parte di tutta la redazione di INBICI. «A presto. Un saluto a tutti.»


FIR Fabbrica Italiana Ruote, sempre pronta alle nuove sfide del mercato globale Con l’innovativa linea mountain Fusionlite e la R7 road Disc, Fir anticipa le nuove tendenze FIR Fabbrica Italiana Ruote, si appresta a lanciare la sua nuova linea e lo fa sospinta da uno spirito innovatore che non conosce limiti e che ne contraddistingue una storia lunga e prestigiosa. Nella linea strada spicca la ruota R7 Disc. Il mercato ha dato precise indicazioni, già dallo scorso anno, riguardo l’utilizzo dei freni a disco sulle bici da corsa e FIR si è mossa velocemente presentando una ruota con cerchio in alluminio 30 mm e mozzi per freni a disco. Con asfalto asciutto le prestazioni non differiscono molto da quelle dei freni tradizionali. In altre condizioni, nel caso si venisse sorpresi da pioggia prima di una lunga discesa, sapere di poter contare sui dischi è una sicurezza. I freni a disco sul bagnato frenano molto meglio dei freni tradizionali, hanno la stessa frenata dell’asciutto, molto fluida e sicura. Le altre novità che caratterizzano la linea strada sono la ruota Distance con cerchio in carbonio 40 mm e anima in alluminio. Una ruota tecnica ad un prezzo competitivo. La Superlite 12-16 con il nuovo colore modaiolo flou e sempre la R7 in versione color anodizzato, silver, gold e red per gli appassionati del vintage. Ma le primizie riguardano soprattutto la linea mountain con il nuovo mozzo PZR in alluminio, super alleggerito, per i diversi standard del perno passante. I perni passanti, inizialmente, erano utilizzati soprattutto dal mondo Gravity, negli ultimi due anni il mercato ne ha esteso l’uso anche a tutte le altre discipline tanto da diventarne oramai uno standard. Il mozzo anteriore PZR è proposto nella versione 15 mm con l’adattatore che lo converte in 9 mm. L’assoluta innovazione, studiata e realizzata da FIR, riguarda il mozzo posteriore che, oltre ad essere compatibile Sram 11 e Shimano, possiede degli speciali adattatori per la trasformazione da standard a perno passante nelle tre misure internazionali: 135x10 – 135x12 e 142x12. La linea ruote mountain prevede la nuova fusionlite tubeless 29” con cerchio in alluminio 20 mm e la fusionlite tubeless 27,5” sempre in alluminio 20 mm. La gamma è poi completata dal kit ricambi Fir e dalla nuova linea di abbigliamento, estiva e invernale. Ricordiamo che Ogni ruota FIR è studiata, progettata e prodotta in Italia all’interno delle Officine Parolin con tecnologie all’avanguardia e secondo procedure di produzione certificate nel rispetto degli standard ISO 9001. Un Team di esperti è sempre a disposizione del cliente per assistenza tecnica. Tutte le ruote FIR sono montate e centrate a mano e, prima di fare il loro ingresso sul mercato, sono sottoposte a severi test. Innovazione e apertura internazionale, sono queste le parole d’ordine che GIST-FIR ha fatto proprie per il prossimo immediato futuro.



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GRANDI EVENTI

a cura della redazione

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8 min

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DOPO L’INFERNO TRIONFA ROBERTO CUNICO È LUI IL GRANDE VINCITORE DELLA ÖTZTALER RADMARATHON 2013, LA GARA CICLISTICA PIù DURA DELLE ALPI.

foto Leo HOLZKNECHT

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Sölden/Ötztal (Austria) – Non bastavano le ruvide asperità del tracciato con i suoi 5.500 metri di dislivello, le rampe mozzafiato e le curve a gomito. A rendere ancora più complicata la giornata dei 3.352 ciclisti iscritti alla 33ª edizione della Ötztaler Radmarathon ci si è messo anche Giove Pluvio, scatenando un autentico nubifragio sui 238 chilometri del percorso. Sotto una pioggia battente, con la colonnina di mercurio prossima allo zero, per alcuni corridori la corsa si è tramutata, fin dalle primissime pedalate, in un autentico calvario. E non a caso, dopo l’avvio in discesa (un illusorio declivio verso il fondovalle), a Ötz dopo 18,5 chilometri dallo start, si sono ritirati in 127, tutti già stremati dal freddo pungente e dalle difficoltà spezza-gambe del Kühtai, il primo dei passi che porta verso il Brennero. Così 3.125 temerari, di cui 147 donne, sono diventati i veri protagonisti di questa giornata sportiva che i cronisti d’altri tempi non avrebbero esitato a definire “epica”.

Una gara non per tutti, riservata solo a chi ha nelle gambe chilometri e ore di salite. Eppure, come intrepide falene attirate dalla luce, pur sapendo cosa li aspetta, sempre più corridori decidono di cimentarsi su questo palcoscenico. Quest’anno, ad esempio, sono state oltre 21.000 le domande di ammissione. Di queste, per ovvie ragioni di sicurezza, ne sono state accolte soltanto 3.352. E anche quest’anno ai blocchi di partenza i più numerosi sono stati i tedeschi (2.586) seguiti dagli austriaci (1.040) e dagli italiani (780 da 37 province) per un totale di ben 53 nazioni rappresentate. Una giornata consacrata ai grimpeur, agli scalatori di razza, a quei ciclisti che si esaltano quando l’asfalto s’impenna sotto le ruote. Dopo il temutissimo Kühtai, il serpentone si è diretto verso le guglie del Brennero. Poi il percorso è sconfinato in Italia a Vipiteno (Bz) per affrontare successivamente le salite degli altri due passi, il Giovo – a 2.090 metri – e il massacrante Rombo a 2.509 metri,


foto Jan Steglich/SPORTOGRAF

l’asperità che – di solito – disegna in calce l’ordine d’arrivo. Pioggia e freddo, come detto, hanno scandito l’intera corsa, con un’alternanza frenetica di battistrada. Ma col passare dei chilometri, i valori sono emersi con più chiarezza: i bluff sono saltati, i comprimari si sono defilati ed i favoriti – le cosiddette “teste di serie” – hanno cominciato a guidare il plotone. E così Roberto Cunico e Jörg Ludewig, tra gli scorci parabolici della Val Passiria, hanno affrontato da protagonisti il temuto e faticoso ultimo passo Rombo. Per loro, come se il destino fosse finalmente sazio da tanti dispetti, alcuni sprazzi di cielo azzurro e condizioni climatiche finalmente migliori. Ad aggiudicarsi il podio della 33ª edizione della mitica Ötztaler Radmarathon 2013, competizione ciclistica aperta a professionisti e dilettanti, è stato dunque Roberto Cunico da Thiene (Vi), portacolori del Team Beraldo sine, che ha coperto il tracciato col tempo di 7h 13’ 06”. Un verdetto tutt’altro che sorprendente, visto che – secondo i bookmakers della corsa – Cunico era tra i favoritissimi della contesa. Il vincitore, classe 1979, è sempre stato nelle posizioni di testa, sferrando l’allungo decisivo proprio sul Passo Rombo, dove il tedesco Jörg Ludewig – allo stremo delle forze – gli ha consegnato la vittoria arrendendosi alla sua straripante supremazia fisica. Al secondo posto si è classificato il tedesco Jörg Ludewig – Team Alpecin RoadBike – che ha tagliato il traguardo a 12 secondi dal vincitore con il tempo di 7h 13’ 18”. A completare il podio l’italiano Enrico Zen di Bassano del Grappa (Vi), alfiere del Team Beraldo sine, con il tempo di 7h 15’ 49”, che ha avuto ragione – sul passo Rombo – del tenace belga Bart Bury. Ad aggiudicarsi il podio femminile – come da tradizione interamente teutonico – è stata invece la tedesca Monika Dietl con il tempo di 8h 29’ 43”, seguita dalle austria-

foto www.mondociclismo.com


foto Ernst Lorenzi

che Nadja Prieling (8h 52’ 06”) e Simone Käferböck (9h 07’ 44”). Il vincitore conferma la tradizione italiana in questa gara, dopo due edizioni vinte da un campione tirolese. Ottavo nella scorsa edizione, Roberto Cunico ha così commentato la sua impresa: «Ho sempre sognato di vincere questa gara. Era un mio chiodo fisso sin da quando ho iniziato a gareggiare. Sono dieci anni che inseguo questo traguardo e, oggi che ce l’ho fatta, sono al settimo cielo! La pioggia e il freddo alla partenza sono stati un ostacolo ulteriore, in quanto causavano crampi ai muscoli e mi impedivano di prendere il ritmo giusto. Poi la gara è decollata: sul passo Rombo, negli ultimi 9 chilometri che precedono la cima, ho attaccato il tedesco Ludewig che mi

ha lasciato andare perché, in quelle condizioni, ero più forte. Ma Ludewig, oltre che un avversario durissimo, resta una persona stupenda con la quale ho voluto arrivare insieme al traguardo. Dedico questa vittoria a tutta la mia famiglia, alla mia squadra e all’amico Enrico Zen con il quale ci alleniamo spesso insieme, condividendo questa passione per la bici che per noi è soprattutto divertimento». Alle ore 21.00 la tradizionale grande festa di premiazione alla Freizeit Arena di Sölden con un autentico show costellato da esibizioni, spettacoli e musica. Come al solito, fondamentale il prezioso contributo di oltre 1.000 volontari che, insieme ad un’organizzazione perfetta, hanno permesso il regolare svolgimento di questa edizione. Tutti i risultati dei partecipanti italiani suddivisi per province sono scaricabili dal sito www.oetztaler-radmaraton.com Le foto ufficiali sono scaricabili da http://bildarchiv.oetztal. com/pindownload/login.do?pin=Y01WV


freund.bz

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BIOMECCANICA INBICI

a cura di Renato Rotunno - Responsabile Tecnico Velosystem®

Fra piede e scarpa una risposta vincente per comfort e performance

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Il piede del ciclista svolge il ruolo ricevere la forza propulsiva proveniente dalla gamba e di trasferirla al pedale modulandone la direzione in ogni grado di rotazione della pedivella. La struttura del piede si è però evoluta per supportare un ruolo di appoggio e di propulsione nel cammino e nella corsa e non di trasmissione dell’impulso nel gesto della pedalata nei 360° di rotazione della pedivella. Il piede del ciclista deve, infatti, rapportarsi con un elemento assolutamente rigido come quello della suola della scarpa con l’unica variabile di variare l’inclinazione del proprio piano di appoggio fulcrato sul pedale. La pressione del piede del ciclista tende perciò a concentrarsi sempre in corrispondenza dell’asse del pedale corrispondente alla regione delle teste metatarsali del piede. Sul piano frontale il piede e con lui le articolazioni di caviglia e ginocchia rimangono orfane di un controllo, vista e considerata la carenza strutturale del piede e della gamba a svolgere questo ruolo. Ne consegue che l’inserimento di un supporto o di un’interfaccia adeguata o personalizzata per il piede nella scarpa permetterebbe di migliorare sensibilmente la sua azione di trasmissione della spinta. In termini tecnici ci riferiamo all’utilizzo di una soletta ergonomica per ciclismo. Fra le solette ergonomiche per ciclismo esistenti, un prodotto che sta conquistando giudizi estremamente positivi da parte dei suoi utilizzatori sono le Solevelò. La loro particolare forma ergonomica 3D nasce dallo studio e dall’esperienza ventennale di Velosystem® nell’ambito della biomeccanica applicata al ciclismo. Le Solevelò, costituite da strati di materiale termoformabile di diverso grado di resistenza meccanica e da inserti specifici in materiale assorbente e fibra di carbonio, supportano l’azione del piede nella pedalata rispondendo alle specifiche esigenze di comfort e di efficienza. Caratteristiche Strutturali

Vantaggi Funzionali

Forma ergonomica con replicazione delle arcate del piede

Aumento della superficie trasmissione spinta e maggiore distribuzione tensioni meccaniche

Struttura di supporto delle arcate plantari e conchiglia di stabilizzazione calcaneare

Stabilizzazione della caviglia e allineamento ginocchio sulla verticale di spinta sul pedale: - miglioramento efficienza - prevenzione tensioni

Rinforzo con strato di materiale assorbente su regione metatarsale

Riduzione tensioni fascia metatarsale

Materiale termoformabile con memoria parziale e adattamento alla morfologia del piede

Elevata capacità di adattamento e personalizzazione per ogni piede e tipologia

info@velosystem.com

Il vantaggio di un loro utilizzo, consiste nell’offrire una superficie di appoggio più ampia e distribuita su tutta la volta del piede portando in equilibrio i tre punti di appoggio nella scarpa: tallone, metatarso esterno, metatarso interno. Ciò consente di stabilizzare la caviglia e di centrare la tibia sull’astragalo riducendo sollecitazioni al ginocchio con conseguente aumento dell’efficienza di spinta. Non solo. La riduzione degli spostamenti del piede all’interno della scarpa permette una diminuzione delle frizioni e sollecitazioni meccaniche dei tessuti. L’alta specificità del prodotto ne suggerisce l’utilizzo in tutte le specialità del ciclismo, (strada, mtb, pista, chrono, triathlon) e in sport dove vi sono condizioni di scarsa mobilità del piede come sci, pattinaggio e simili.

Fig. 1a gamba wrong – 1b gamba correct 1a

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78 a cura di PIERO FISCHI

ORO ITALIANO RODMAN team

STRADA E MTB:

ALLA SCOPERTA DEI TALENTI DI ORO ITALIANO-RODMAN TEAM

info@inbici.net

ELENCO PRODOTTI 2013 La rappresentativa Oro Italiano-Rodman Team svolge la sua attività sia su strada che sui sentieri della MTB. Andiamo allora ad incontrare due esponenti di queste discipline: lo stradista Federico Fagioli, un ventiduenne di grandi speranze, ed il biker Massimiliano Peirano, un quarantenne con una sontuosa carriera alle spalle.

C

Come siete arrivati allo sport del ciclismo? F: «È stata fondamentale la passione di mio padre che, a casa nostra, da sempre, mi ha fatto respirare ‘pane e ciclismo’.» M: «Così, per gioco e per emulare gli amici. Da lì le prime garette e poi la passione è diventata quasi un lavoro.»

C’è una cosa che vi accomuna, cioè un periodo di stop con la bici in garage… F: «Sono stato circa sei mesi senza bici, ma dentro di me il ‘virus’ del ciclista non è mai morto.» M: «La mia pausa è stata di cinque anni; un periodo lungo davvero.»

Quando avete partecipato alla prima gara? F: «Ho iniziato a gareggiare a diciassette anni nella categoria Cadetti. È stata una partenza in salita, ma da quell’inizio ho imparato molto.» M: «Ho iniziato a ventidue anni, cioè molto tardi e correvo su strada anch’io.»

Poi però siete ripartiti… F: «Una sera a cena incontro Marco Fertonani, Team Manager di Oro Italiano; tra una portata e l’altra, mi parla del professionismo, delle gare, della sua squadra; io ascoltavo affascinato e sono uscito di lì con una grande voglia di pedalare. Per di più Marco mi ha dato la sua bici e quindi sono davvero gasatissimo.» M: «Alcuni amici mi hanno convinto a riprendere la bici – questa volta la MTB – ed io sono stato ben contento.»

Come è proseguita la carriera nei primi anni? F: «Ho corso per due anni alla Garlaschese, una società importante di under 23. Sono stati due anni bellissimi che mi hanno fatto capire davvero che cosa vuol dire correre in bicicletta a certi livelli: le distanze, le tattiche, gli avversari di prim’ordine sono stati tutti tasselli di un mosaico che compone un corridore. Tutt’altra cosa, insomma, che inforcare la bici e pedalare.» M: «Ricordo le sfide con gli amici, i primi piazzamenti e diverse volte sono arrivato davanti; diciamo che mi sono divertito molto.»

La ripresa è stata positiva? F: «Per me si tratta di una cosa recentissima: ho ripreso con calma, ma dopo qualche giorno ho notato che la gamba si ‘ricordava’ ancora di come si pedala e di come si spinge, visto che riuscivo a mantenere una velocità costante sui 38-40 km/h.»

M: «Devo dire che ho avuto tante soddisfazioni, tra le quali mi piace citare un bel numero di Campionati Regionali, il Giro di Torino, il Giro della Liguria XC, due importanti gare in Francia e quest’anno il secondo posto al Campionato d’Inverno MTB e la Mediofondo di Vinadio.» Ora però occhi puntati sul futuro! F: «Sì, a questo punto non vedo l’ora di cominciare, anzi di ricominciare, e di dare qualche soddisfazione a me stesso e a chi ha creduto in me. Il clima è buono, la squadra forte e quindi non resta che buttarsi e provare a fare risultati.» M: «Credo di avere ingranato bene e di essere in crescendo di forma, quindi anch’io spero di poter dare presto altre soddisfazioni alla mia squadra.» La prossima intervista allora sarà dopo una vittoria… F: «Speriamo sia molto vicina allora!» P: «Mi piacerebbe vincere ancora e ‘bene’, quindi speriamo sia così.»



a cura dell’Ufficio Tecnico MARIPOSA

Per questa ragione è necessario, a parità di altri parametri, inserire un maggior quantitativo di sigillante se lo pneumatico ha maggiori scambi con l’esterno. Nelle pratiche MTB e Ciclo-Cross si trovano ben 4 tipologie di pneumatici. Mentre pneumatici Tubeless nascono a tenuta d’aria e sono soggetti ad un’evaporazione del sigillante relativamente bassa (così come i Tubolari), pneumatici Tubeless-Ready hanno fianchi generalmente più sottili (si consigliano 10 ml in più rispetto al Tubeless) e pneumatici per camera (denominati Tube-Type) risultano ancora più porosi, necessitando di ulteriori 10 ml di sigillante rispetto al Tubeless-Ready. Nella tabella MTB i quantitativi di sigillante vengono riferiti a pneumatici Tubeless-Ready, ormai dominanti tra chi ha abbandonato la camera d’aria. Volume effettivo dello pneumatico (diametro e sezione) Questo importante distinguo risulta molto rilevante soltanto per la categoria MTB. Con un’approssimazione accettabile, abbiamo indicato nella tabella i tre diametri di ruota misurati in pollici (26, 27.5 e 29) e le relative sezioni. A parità di diametro, una sezione maggiore di pneumatico richiede più sigillante per garantire una buona protezione anti-foratura. Parimenti, la stessa sezione di un copertone per ruota di maggiore diametro richiede più sigillante rispetto alla stessa sezione riferita però ad un diametro minore. Nella nostra tabella esaminiamo sezioni da 1.80 a 2.50 pollici, che coprono la stragrande maggioranza del mercato.

Quanto sigillante a seconda della dimensione e tipo di pneumatico? Un dubbio che coglie spesso l’appassionato (ma anche il meccanico) riguarda il quantitativo ideale di sigillante da inserire nello pneumatico. Per rispondere in modo esaustivo senza eccessive complicazioni abbiamo compilato una tabella, inserendo le variabili principali, che descriviamo qui di seguito. Applicazione (MTB, STRADA, CICLO-CROSS) Non è immediato valutare quanto sigillante serve per la mountain-bike, data la varietà

di dimensioni di pneumatici: per questo rimandiamo alla tabella in questa pagina, che verrà illustrata nel paragrafo successivo. Tutto è molto più semplice per la Strada, dove 30 ml risultano sufficienti per Tubeless e Tubolare, e Ciclo-Cross, in cui l’unica variabile risulta la tipologia costruttiva.* Tipologia costruttiva (Tubeless, Tubeless-Ready, Tube-Type, Tubolare) A seconda della struttura dello pneumatico, gli scambi con l’ambiente esterno rendono più o meno accentuata l’evaporazione.

Con una pratica intensa, consigliamo di verificare l’effettiva presenza ed efficacia del sigillante ogni 2 mesi.

Come sempre, siamo disponibili per ulteriori chiarimenti e consigli ai nostri contatti abituali: • info@effettomariposa.com • nei forum Effetto Mariposa su mtb-forum.it e bdc-forum.it • allo 0172 1795146



foto PLAYFULL NIKON

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Sport per Crescere Insieme a cura di PLAYFULL

info@playfull.it

Un successo annunciato Si perpetua il successo di partecipazione della manifestazione cesenate, che conta 1200 iscritti, di cui quasi 900 al via. Ottimo successo organizzativo, accumulando solo pareri favorevoli. Tra le società si distingue la cervese Grama, davanti alla cesenate Aurora San Giorgio e la riminese Cicli Matteoni.

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Case Finali di Cesena (FC) – Un successo annunciato quello della 7a edizione della Granfondo non agonistica Sport per Crescere insieme, che domenica 4 agosto ha fatto pedalare sulle colline romagnole poco meno di 900 ciclisti dei 1.200 iscritti. Purtroppo una manifestazione concomitante ha sicuramente influito sulla partecipazione. Non se ne preoccupa certo Fabrizio Merli, vice presidente dell’USD San Marco, il sodalizio cesenate organizzatore la manifestazione: «Il nostro obbiettivo non è certo quello di fare i numeri, ma di rimandare a casa i partecipanti al massimo della soddisfazione. Ci siamo riusciti anche quest’anno – continua Merli – e non ho fatto altro che ricevere complimenti dai ciclisti.» Non solo ciclisti romagnoli, tanti dei quali abbonati al circuito di granfondo non agonistiche Romagna Sprint, di cui la Sport per Crescere Insieme è penultima prova, ma tanti anche quelli provenienti da altre regioni, anche non limitrofe. «Abbiamo ricevuto complimenti anche da società laziali e trentine – spiega Merli – che ci hanno assicurato una partecipazione maggiore per la prossima edizione. La nostra migliore pubblicità è avere dei partecipanti ultra soddisfatti.» «Il percorso è veramente splendido, i ristori sono stati eccellenti – ci racconta Rita Congiu dell’ASD Case Castagnoli – il servizio in generale è stato veramente ottimo a cui mi sento di dare come voto 10 e lode.» Un’organizzazione veramente certosina quella messa in piedi dall’USD San Marco, che ha proposto ben tre percorsi: il lungo da 110 chilometri per 2.050 metri di dislivello, il medio da 85 chilometri

Castello di Sorrivoli

per 1.100 metri di dislivello e il corto da 60 chilometri e solo 750 metri di dislivello. La partenza, alla francese dalle ore 6.30 alle ore 7.30, ha visto prendere il via dei numerosi gruppi che, usciti dagli impianti sportivi adiacenti la Parrocchia di Case Finali, si sono diretti verso le colline cesenati. La prima fatica è stata l’ascesa a Ranchio, che è stata l’aperitivo della prima vera salita: Monte Mercurio. Da qui ci si è diretti verso Pieve di Rivoschio, dove il ristoro super imbandito ha ridato forze a tutti. Qui il primo bivio, che ha riportato i ciclisti del corto a Cesena, mentre tutti gli altri si sono diretti a Teodorano e quindi sul Monte Cavallo, dove era posto il secondo ristoro, in cui era possibile approfittare di uno splendido cocomero fresco, tra le varie libagioni e bevande disponibili. A Borello il secondo bivio, che ha riportato verso la Parrocchia di Case Finali i partecipanti del percorso medio, mentre quelli del lungo hanno proseguito verso la panoramica ascesa di Montevecchio. Toccato l’abitato di Sorrivoli, è succeduta l’ultima fatica di giornata: la salita Monteleone, dove ha trovato posto, all’interno dello splendido borgo, l’ultimo ristoro. A Roncofreddo l’ultimo controllo e poi tutta discesa fino all’arrivo alla Case Finali. L’USD San Marco non ha certo lesinato con il pasta party, che ha offerto a tutti i partecipanti insalata di pasta, affettati, pane, gelato, acqua, bibite e vino; non solo ai ciclisti, ma anche ai famigliari presenti. Numerosissimi i premiati a sorteggio con prodotti tecnici e gastronomici.

Riuscitissima la premiazione delle società che ha visto consegnare premi ai primi 25 sodalizi con un minimo di tre iscritti. Tra queste ha dominato la cervese Grama, davanti alla cesenate Aurora San Giorgio e la riminese Cicli Matteoni. Stesse identiche posizioni per la classifica generale del Romagna Sprint. «Noi dell’USD San Marco organizziamo questa manifestazione solo per il bene del ciclismo – spiega Renato Quadrelli, presidente della società – e il nostro obbiettivo è di fare stare bene i ciclisti che vengono qui da noi. Anche quest’anno ci ha premiato, in termine numerico, l’ottimo lavoro svolto nelle edizioni precedenti, che ha permesso un buon passaparola tra i partecipanti che ormai riconoscono la nostra alta qualità. Abbiamo avuto ciclisti da ogni regione, ma anche espositori di grandi marche nel nostro villaggio». Numerose le attività collaterali che hanno affiancato l’evento clou: il Giro del Buongustaio, organizzato in collaborazione con l’ASD CSI Cesena e l’agriturismo “I Quattro Colli”. Il venerdì precedente è stata invece la volta del work-shop “Ciclismo a 360°”, in collaborazione con il dott. Alessandro Gardini della “Farmacia del Bivio”. Il prossimo appuntamento per il circuito romagnolo è il Memorial Pascoli del prossimo 8 settembre a San Mauro Pascoli (Fc), che sarà l’epilogo del Romagna Sprint.

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INBICI PER IL MONDO andigio@alice.it

a cura di ANDREA PELO DI GIORGIO

Lasciati entusiasmare dalle

DOLOMITI…

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11 min

… l’esperienza a piedi diventerà una Ultra-Trail per gli amanti delle sfide oppure un Trekking di più giorni… ascoltando la musica della montagna… mentre la traccia in Mountain Bike assumerà i caratteri di una vera e propria esperienza Extreme per coloro che vorranno affrontare sentieri e singletrack tutti d’un fiato…

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Portare a termine il Trail camminando, correndo o pedalando in Mountain Bike… dopo aver percorso un periplo tra Comelico, Carnia, Cadore e Alta Pusteria… sarà un’indimenticabile sfida per la conquista dell’ambito “Trofeo Dolomitico”. Il simbolo completo D+ 5.6 ti accompagnerà lungo i tratti comuni del percorso, il simbolo della scarpa lungo il Running Trail, mentre il simbolo del ciclista ti guiderà attraverso il Bike Trail. Per portare a termine il D+trail 5.6 Running/Trekking… dovrai essere un UltraTrail assetato di Avventura allo stato puro! È la profondità delle emozioni, la possibilità di poterle vivere, assaggiarle sulla propria pelle che differenzia taluni avvenimenti sportivi da altri. Rimanere a bocca aperta, estasiati sentendo la mente proiettarsi dentro l’evento solo attraverso una presentazione. Sono proprio queste caratteristiche che fanno di Dolomiti Trail un avventura che ti lascerà un segno indelebile dentro. Ideata da Michele Festini coadiuvato da una grande squadra di persone, il supporto di rifugi, B&B e dei comuni circostanti, Dolomiti Trail ha in sé poche e semplici regole da osservare. La lealtà sportiva, nessuno controllerà mai se nel tragitto sei stato corretto, se non hai usufruito di passaggi o altri stratagemmi per raggiungere il traguardo finale entro un determinato tempo, nessuno.

Il premio ti verrà consegnato, ci penserà poi la tua coscienza sportiva a ricordarti per tutta la vita la slealtà messa in campo. Parti quando vuoi… non dimenticarti di collezionare tutte le “perle di passaggio” che troverai di colore diverso lungo i 7 D+CheckPoint running, questo ti permetterà di costruire una preziosissima collana, che sarà il ricordo indelebile di un’avventura unica nelle Dolomiti, inoltre ti permetterà di ricevere gli ambiti: • Trofeo Dolomitico Oro < 48 ore • Trofeo Dolomitico Argento < 96 ore • Trofeo Dolomitico Bronzo < 144 ore “queste le altre regole”. Affascinante, estrema e piena di libertà con cui riempire i polmoni. Lontano dalla competizione e senza avversari sul campo se non la maestosa montagna che ti circonda. Dentro alla competizione perché quei cancelli finali sanciranno oltre alla vittoria personale (comunque già acquisita una volta accettata la sfida), il valore del premio (oro/argento/bronzo) creando una classifica che durerà negli anni senza assegnare in realtà il titolo di migliore. Queste le parole di Michele per descrivere più tecnicamente un evento che è sempre disponibile per chiunque volesse affrontarlo da solo o in compagnia: «Abbiamo ideato un percorso che fosse il più versatile possibile sia per adeguarlo alle capacità di un pubblico allargato, sia per riuscire comunque a trasmettere emozioni… Il percorso in bici segue strade e sentieri che attraversano i boschi millenari della nostra terra, offrono scorci sulle dolomiti del Comelico ma a volte impegnano anche le gambe e le capacità di guida… giusto per non farsi mancare nulla.»


180 km e 6.800 m di dislivello sono parecchi… C’è chi li fa in un giorno… ma i più saggi li affrontano in 2-3 giorni perché l’avventura sia anche occasione di conoscenza e apprendimento del territorio, della sua cultura, delle tradizioni e anche dei sapori… Rifugi, B&B e piccoli locali sul percorso permettono di godersi qualche giorno di montagna vera e autentica. 157 km e 7.650 m di dislivello invece per il percorso running o trekking… una galoppata sul confine italo-austriaco… lungo le trincee della grande guerra teatro di imprese epiche e battaglie sanguinose… un’occasione anche per non dimenticare… Rocce, acqua, pascoli sono gli ingredienti di questo percorso, al confine tra terra e paradiso. 2/4/6 giorni… uno decide il ritmo, la fatica che vuole fare e poi parte.. solo o in compagnia… una cartina alla mano, quattro nozioni di montagna e tanta voglia di “sapersi adattare”… Non c’è molto altro da aggiungere, è una cosa da provare… una sensazione di essere in gara ma allo stesso tempo di non esserlo… di essere in competizione con se stessi e non con il cronometro, senza l’assillo del pettorale, l’ansia pre-gara è un lontano ricordo… solo pace e tranquillità. «È una cosa da provare…» e qualcuno lo ha preso in parola. MTB sul cavalletto e spazio a gambe agili, potenti protette alle estremità da scarpe da trail, Inbici e i lettori perdoneranno questo che può sembrare un fuori tema. Loro sono due trailer romagnoli, due ragazzi che sentono nella montagna il loro habitat naturale. Atleti con una sportività innata che amano l’agonismo ma sono capaci di trasmetterti la loro felicità nel vederti all’arrivo di una competizione anche quando li hai sonoramente battuti. Niente invidia, se non quella sana, solo condivisione di una grande passione che altro non fa che regalarti gioia e che loro vivono, facendone una sorta di filosofia di vita e, in primo luogo, come una sfida personale. Cristian Mazzotti, lo stambecco Cervese (1966), e Marco (1973), il Messner Romagnolo, per la somiglianza e per l’inarrestabilità nella marcia, si sono fatti, volutamente, rapire e nel silenzio più assoluto si sono ritrovati come per magia sul luogo del “misfatto”. 4 sms, 4 telefonate con Michele Festini e un «SI FA! CI PROVIAMO». Proprio lì, dice Cristian, nelle Dolomiti che più preferisco: quelle più “wild” dove il segno dell’uomo è ridotto al minimo. Dove la montagna non è ancora stata “sfregiata”. Dove i sentieri-autostrada non sono ancora arrivati. Giovedì 25 luglio alle ore 7, zaini in spalla, e la partenza ufficiale di quello che sarà un viaggio emozionale fuori da ogni schema e pieno di quella semplice magia che solo la natura ci sa dare. Cartine alla mano per evitare errori di percorso cercando di mantenere al massimo concentrazione e lucidità mentale. Corsa, camminata di buon passo, strade bianche, sentieri scoscesi, sole, temporali, pericolose lingue di neve ghiacciate hanno messo in seria difficoltà i due atleti romagnoli che spalleggiandosi ed aiutandosi come un team navigato non hanno mai abbassato la guardia. La magia della montagna con la sua melodia diurna, colori vivi alternata alle ombre notturne create dalla bellezza di una candida luna, colonne sonore, odori completamente diversi, sono stati i compagni ideali per la marcia trionfale dei due trailer che al termine saranno i primi atleti in assoluto a concludere la prova podistica aggiudicandosi il DoloMitico d’Oro (record del percorso trail-running), ma soprattutto regalando emozioni a chi li seguiva tramite i social e a chi li attendeva festoso ai rifugi. Da entrambi parole, gioie, emozioni, considerazioni sulla bellezza di quest’evento risultano essere una fotocopia con una tale densità emozionale da non poter fare a meno di evidenziarla su Inbici per il mondo. Info dettagliate sull’evento su www.dolomititrail.it oppure sulla pagina Facebook Dolomiti Trail. Lascio alla fine la considerazione iniziale de “Riflessioni e ricordi in ordine di ‘perla’” redatto da Cristian Mazzotti (disponibile interamente sulla pagina Facebook del Surfing Shop Sport Promotion): «Decisissimo fino a qualche giorno prima di partire quando sempre mi chiedo che senso abbia andare a fare cose che si fa fatica anche solo a spiegarle. Un vero ‘conquistatore dell’inutile’ a volte mi sento e mi pesa sempre più lasciare le bimbe a casa. Ma poi, comunque, parto sempre. Perché so che ad un certo punto del viaggio la luce si accenderà e avrò la fortuna di ‘vedere’, di ‘sentire’.» Emozioni...


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MARCIALONGA RUNNING

6 min

a cura di NEWSPOWER

pressoffice@newspower.it

VINCE MOKRAJI, IVANA IOZZIA TIENE A BADA LA FAVORITA PATELLI Il marocchino Mokraji vince la Marcialonga Running in Trentino. I keniani Kosgei e Samoei completano il podio uomini. Tra le donne prima la Iozzia davanti a Patelli e Bergamo. Combinata Punto3 Craft per Debertolis e Mazzel.

ri molto forti – ha commentato alla fine Mokraji – e al 15° chilometro temevo potessero tornare sotto. Ecco perché ho alzato il ritmo e questo mi ha premiato.» Il primo italiano al traguardo è stato il biellese Alberto Mosca, quarto, che ha preceduto l’atleta di casa Massimo Leonardi, bravo quest’ultimo a superare nella parte finale l’altro marocchino Abdelhadi. Per quanto riguarda la Marcialonga Running in rosa, sfida subito rovente tra un’Eliana Patelli decisa a far propria la gara per il terzo anno consecutivo e le sfidanti compagne di squadra Ivana Iozzia e Laura Ricci. La Ricci, dal canto suo, aveva chiuso seconda nel 2012 e la voglia di rivincita era fin dall’inizio alle stelle. A Predazzo, la Patelli era avanti di pochi secondi sulle avversarie, mentre in quarta posizione trovava posto la trentina Bergamo. «Credo che la Patelli sia partita troppo forte e questo mi ha in qualche modo semplificato la gestione delle energie nella prima parte della gara». Queste le parole a fine gara della Iozzia, la quale ha atteso fino al 18° chilometro per piazzare l’attacco vincente che in conclusione l’ha portata a chiudere in 1h 33’ 03”, altro nuovo record. In seconda posizione ha chiuso la Patelli, mentre terza è arrivata la Bergamo che ha in qualche modo beneficiato di un incidente occorso alla Ricci intorno al chilometro 19. La Marcialonga Running ha chiuso il trittico della Combinata Punto3 Craft di casa Marcialonga (Skiing, Cycling, Running) e i vincitori sono Bruno Debertolis e Arianna Mazzel. Info: www.marcialonga.it

foto NEWSPOWER CANON

La partenza da Moena Il vincitore Iahcen Mokraji

Classifiche: Maschile 1° Iahcen Mokraji (GS Daini Carate Brianza) 1h 19’ 04,9” 2° Toroitich Kosgei Isaac (Run2gether) 1h 20’ 47,9” 3° Kiplagat Samoei Micah (Run2gether) 1h 21’ 28,9” foto NEWSPOWER CANON

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Parla con forte accento africano la Marcialonga Running 2013 nelle valli di Fiemme e Fassa tra le Dolomiti. Il marocchino Iahcen Mokraji oggi ha vinto la podistica trentina ed ha anche stabilito un nuovo tempo record di 1h 19’ 04”, mettendo in riga i temuti keniani Isaac Toroitich Kosgei e Micah Kiplagat Samoei, rispettivamente secondo e terzo. Nella gara femminile, la comasca Ivana Iozzia è riuscita a tenersi dietro la superfavorita e vincitrice delle ultime due edizioni, Eliana Patelli, e la trentina Mirella Bergamo. Tutto è iniziato al mattino, con il sole a riscaldare gli animi – peraltro già bollenti – dei 1.500 iscritti in gara, un’autentica sfilata di tutti i colori del mondo, con podisti di 20 nazionalità che alle 9.30 in punto sono scattati dal centro di Moena direzione Val di Fiemme. Un fiume in piena, lungo la pista ciclabile a fianco del torrente Avisio, che già nei primi chilometri metteva in primo piano i candidati al podio. A Predazzo, dopo la prima mezz’ora di gara, Mokraij transitava in compagnia di Samoei e a pochi secondi seguivano Kosgei, l’altro magrebino Abdelhadi, l’atleta di casa Leonardi e il biellese Alberto Mosca. Una particolarità del tracciato di 25,5 km della Marcialonga Running, che unisce lo start di Moena al traguardo di Cavalese, è di essere per oltre 20 km in leggera discesa o piano e solo alla fine impenna in salita. Le gambe di Mokraji sul veloce sembravano volare, e chilometro dopo chilometro il marocchino ha incrementato il suo vantaggio in maniera vistosa tant’è che al passaggio della mezza maratona vantava un distacco di 1’ 05” da Samoei. Un Samoei che però sentiva il fiato sul collo del connazionale Kosgei, che di lì a poco lo avrebbe superato in salita andando ad assicurarsi la seconda piazza dietro all’imprendibile avversario nordafricano, già seduto sul gradino più alto di giornata. «Sapevo che i keniani sarebbero stati avversa-

Femminile 1a Ivana Iozzia (Calcestruzzi Corradini Excelsior) 1h 33’ 03,5” 2a Eliana Patelli (Atl. Valle Brembana) 1h 33’ 53,2” 3a Mirella Bergamo (GS Valsugana Trentino) 1h 40’ 17,1”


Cicloturismo & Vacanze Romagna Marche Sardegna

a cura di cyclingholidays.it

Le tue vacanze al mare quest'anno rendile diverse, sportive, dedicandoti all'attività fisica che fa bene al corpo e allo spirito approfittando dei tanti percorsi cicloturistici che il territorio offre, oltre alle gare più impegnative per veri professionisti della bicicletta. Ritrova il benessere dando ampio sfogo a quella che è la tua passione per le due ruote prendendo parte alle note Granfondo che si svolgeranno nel periodo estivo tra Pesaro e Urbino. Gli hotel della riviera Adriatica e gli hotel della Sardegna, esperti e preparati nell'accoglienza della clientela con bicicletta al seguito, mettono a disposizione una serie di servizi tali per cui la vacanza con le due ruote sarà indubbiamente confortevole.

STINTINO (SS) ★★★★ Hotel Cala Rosa • 125 camere • 3 sale ristorante, eccellente cucina mediterranea • grande giardino, piscina a due vasche (di cui una per bambini) • Spiaggia privata dello Yacht Club, Diving • Attività di animazione per grandi e piccoli, junior club e mini club • wi-fi negli ambienti comuni gratis

Tel. 079 520005 - www.hotelcalarosa.it

RICCIONE ★★★ Hotel Roland

Ristrutturato, climatizzato, zona tranquilla vicino al mare, adiacente a Viale Dante, a 400 metri da Viale Ceccarini. Giardino, parcheggio privato, biciclette. Aria condizionata, parcheggio e bevande ai pasti inclusi nel prezzo. Pensione completa da € 39 a € 72. Possibilità di formula tutto compreso, piano famiglia, bimbi anche gratis. Piscina e animazione sulla spiaggia.

Tel. 0541 644236 - www.hotelroland.it

CASTELSARDO (SS) ★★★ Hotel Pedraladda

• 107 camere – 7 junior suite 2 family suite • 2 ristoranti di cui uno all'aperto in romantica terrazza panoramica con eccellente cucina mediterranea • Piscina per adulti e piscinetta per bambini • Mini-club dai 3 anni • Soft animazione diurna e serale • wi-fi gratis nelle zone comuni

Tel. 079 470383 - www.hotelpedraladda.it

PESARO ★★★ Hotel Bellevue

Direttamente sul mare senza strade da attraversare, climatizzato, animazione, mini club, piscina riscaldata, fitness center, area benessere, garage, pacchetti parchi tematici. Menù gustosi e molto curati di carne e pesce, buffet di antipasti e verdure, pasticceria della casa, colazione a bordo piscina. Tel. 0721 31970 - www.bellevuehotel.net

RICCIONE Bike Hotel Milano Helvetia

RICCIONE ★★★S Hotel Stella

In pieno centro, vicinissimo a Viale Ceccarini. Deposito bici e guide bike. Zona relax con bagno turco e grande piscina con idromassaggio. Animazione per tutta la famiglia. Giardino. Parcheggio. Wi-Fi in tutto l'hotel.

Nel cuore di Riccione, attiguo a viale Ceccarini e a 2 passi dal mare. Camere ristrutturate tutte con aria condizionata. Diete personalizzate e cucina per celiaci. Ampio e silenzioso giardino. Wi-Fi gratis in tutto l'hotel. Parcheggio.

Tel. 0541 605410 . www.hotelperciclisti.it

Tel. 0541 692070 - www.hotelstella.net

RIMINI RIvAzzuRRA ★★ Hotel Fior di Loto

RIMINI RIvAzzuRRA ★★ Hotel Gigliola

Hotel economico, cucina tipica, sala climatizzata, angolo bimbi, parcheggio. Camere: TV, cassetta sicurezza, phon, ventilatore. Spiaggia con baby club e animazione a 30 mt. Pacchetti tutto compreso. Vicino Fiabilandia e Riminiterme, convenzionato parchi. Pensione completa a partire da € 33,00 Tel. 0541 372355 - www.hotelfdl.com

Climatizzato, 50 metri dal mare. Camere con tutti i comfort: tv lcd, frigobar. Cucina casalinga. Parcheggio. Formula all inclusive a partire da 30 euro.

Scegli i nostri Bike Hotels per le tue vacanze Bike & Family. Rimini, Riccione, Misano e Cattolica. Ospitalità, deposito bici, tour giornalieri con guide. Visita le nostre offerte lastminute.

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COSTAHOTELS


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GRECIA: COSTA NAVARINO a cura di LEONARDO OLMI

A OTTOBRE INAUGURA IL PRIMO “NAVARINO BIKE FESTIVAL” SIAMO ANDATI ALLA SCOPERTA DELLE BELLEZZE NATURALI E DELLA STORIA DELLA MESSINIA. TRA LE TANTE ATTIVITÀ ALL’ARIA APERTA, TRA CUI OVVIAMENTE LA BICI, AD OTTOBRE LA COSTA NAVARINO SARÀ LO SCENARIO DEL PRIMO “NAVARINO BIKE FESTIVAL” SPONSORIZZATO DA RED BULL E UFFICIALIZZATO DALL’UCI.

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Costa Navarino è una destinazione eco-sostenibile nel Peloponneso sud-occidentale, che offre molti pacchetti dedicati alle attività sportive all’aria aperta che includono trekking, mountain bike, ciclismo su strada e in montagna. Le nuove proposte si aggiungono alla già variegata offerta di attività e offrono agli ospiti l’opportunità di scoprire l’area ancora incontaminata della Messinia e le sue bellezze naturali. Stiamo parlando di una location unica per sperimentare una vacanza

nello splendido entroterra della Messinia, una meta incontaminata con paesaggi incastonati tra il mare e la montagna. I pacchetti per trascorrere un lungo weekend a Costa Navarino, permettono agli ospiti di godere al massimo di ogni attività disponibili tutto l’anno. A Navarino Outdoors, possono essere organizzati tour su misura per soddisfare le esigenze di ciascuno, grazie anche al clima favorevole. La bike station offre un equipaggiamento di alta qualità e dispone dei marchi Ideal (un brand greco) e le ottime Scott. Con il pacchetto hiking tour di 8 giorni, gli ospiti potranno scoprire le meraviglie locali come le rovine del castello di Paleokastro del XIII secolo che offre viste panoramiche sul Mar Ionio e si affaccia sulla famosa spiaggia di Voidokilia. Un sentiero nascosto attraversa la natura selvaggia e conduce al mare, offrendo la possibilità di un tour in barca e di un rinfrescante tuffo tra le spiagge più appartate. È prevista anche una sosta alla casa di George Zorbas, dove lo scrittore Kazantzakis ha ambientato l’opera Alexis Zorbas, qui gli ospiti sono invitati ad una cena privata con rappresentazione del celebre romanzo. Infine i partecipanti possono attraversare la storica baia di Navarino e rivivere il passato della Messinia visitando i monumenti del periodo della battaglia navale di Navarino che ebbe luogo nel 1827.

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foto LEONARDO OLMI

Una delle tante e stupende piscine a disposizione degli ospiti del “ Westin Resort - Costa Navarino”

Il mountain bike tour inizia con una vista spettacolare sulle cascate di Kalamari. Gli ospiti possono raggiungere la vetta più alta della zona per godere della vista sulla costa e sull’incontaminato paesaggio. La visita al sito archeologico e al Museo del Palazzo miceneo di re Nestore permette di immergersi nella storia di oltre 4.500 anni della regione. Durante la settimana sono previste inoltre visite ai caratteristici villaggi che testimoniano le tradizioni autentiche della popolazione locale. Attraverso il bike trekking tour i partecipanti possono esplorare aree meno conosciute della Messinia, quali la suggestiva grotta di Anargiri e scoprire la gastronomia della regione attraverso la visita alle tradizionali taverne dei villaggi locali per assaporare la Grecia più autentica. A seguire, la laguna di Gialova, un sito naturale protetto dei Balcani, che ospita circa 270 specie di uccelli. La salita fino alle rovine della rocca di Paleokastro del XIII secolo regala una vista imperdibile del paesaggio sottostante, mentre il Castello veneziano di Methoni, uno dei monumenti storici della regione che testimonia la ricca storia locale. Il road bike tour è un’opportunità perfetta per immergersi nei villaggi circostanti. Gli ospiti partono attraversando uliveti, vigne e Mare e spiagge sono due delle tante meraviglie che si trovano nel Sud-Ovest del Peloponneso foto archivio LEONARDO OLMI


foto archivio LEONARDO OLMI

Sosta di fronte ad uno degli stupendi panorami offerti dalla Costa Navarino in Messinia

zione del Navarino Bike Festival, un evento a livello internazionale che costituirà un ottima occasione, sia per i professionisti che per gli amatori, per esplorare i magnifici paesaggi della Messinia. Il 12 di Ottobre ci sarà la Open Race, una gara amatoriale alla quale potranno partecipare ciclisti di tutte le età. Mentre il 13 Ottobre avrà luogo la gara internazionale di Cross Country riservata ai ciclisti professionisti. Questa gara è già stata inclusa nel calendario internazionale dell’UCI. Come sponsor ufficiale ci sarà niente meno che la Red Bull, mentre il mensile specializzato MBike sarà lo sponsor ufficiale in merito alla comunicazione.

Navarino Bike Festival Promo Video: http://youtu.be/qAfpT13KoQg Per info e iscrizioni visitare la pagina ufficiale facebook dedicata al “Navarino Bike Festival”: https://www.facebook.com/ NavarinoBikeFestival

alcuni villaggi collinari tradizionali. Nulla di meglio che sgranchirsi le gambe lungo la salita che conduce al Palazzo miceneo di Nestore e poi proseguire con la visita al museo vicino ricco di reperti archeologici. L’escursione termina con un giro in bicicletta attraverso Kalamata, la capitale della Messinia, prima di dirigersi verso l’antica e splendida Messenia costruita nel 369 a.C. e caratterizzata da sorprendenti monumenti. Le proposte prevedono una giornata di tempo libero da dedicare al relax e permettono

di usufruire della ricca offerta a Costa Navarino, come per esempio trattamenti olioterapici presso la Anazoe Spa, sperimentare i due campi da golf 18 buche firmati, The Dunes Course e The Bay Course, il kid’s club e un ricco ventaglio di ristoranti, combinati ad un soggiorno presso il The Romanos, a Luxury Collection Resort o The Westin Resort, Costa Navarino. Per gli amanti della bici è importante annotare che nel mese di Ottobre, dall’11 al 13, il SudOvest del Peloponneso ospiterà la prima edi-

Per tutte le altre informazioni e quotazioni: Acentro Turismo SpA Via Vittor Pisani, 7 - Milano 02.66711811 TEMES S.A. 5 Pentelis St., Athens, Greece www.costanavarino.com Valia Vanezi, PR & Online Marketing Manager Tel.: +30 210 949 0152 - vvanezi@temes.gr Ufficio Stampa Costa Navarino c/o AIGO Debora Agostini / Giulia Cosseddu Tel. 02 669927.1 d.agostini@aigo.it - g.cosseddu@aigo.it

foto archivio LEONARDO OLMI

Come ha fatto il nostro Leonardo Olmi, si noleggia una bici e via per le strade ed i sentieri della Costa Navarino


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RAFFAELE CONSOLANI a cura di NICOLETTA BRINA

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nicoletta.brina@gmail.com

Tanta voglia di riscatto TEAM LUCRI E ASD CICLI COPPARO: PER LORO UNA STAGIONE NON CERTO IN DISCESA A CAUSA DEL GRAVE INFORTUNIO OCCORSO A KRYS HUBERT CHE HA RIMESCOLATO LE CARTE. PER LA PROSSIMA STAGIONE, QUALCHE INCERTEZZA, MA LA SOLITA GRANDE DETERMINAZIONE.

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Raffaele Consolani è il coordinatore di due team di targa anconetana dal profilo veramente agguerrito, vale a dire il Team Lucri e l’Asd Cicli Copparo. Le due compagini schierano campioni del calibro di Michele Maccanti, Krys Hubert e Veronica Pacini, atleti che hanno alle spalle stagioni davvero ricche di successi. Una stagione difficile, quella del 2013, che ha messo a dura prova la coesione dei due team, in particolare a partire dalla metà di giugno. Lo stesso Consolani tira le somme dell’anno ciclistico. «Il bilancio può certamente definirsi positivo, quantomeno fino ad una settimana Il team manager Raffaele Consolani

prima della Granfondo Sportful quando, di fatto, il mondo c’è crollato addosso. L’incidente di Krys e la pianificazione di una stagione tutta da rivedere. Fino ad allora infatti, la stagione era stata guidata da Maccanti, ma dalla Sportful in poi, sarebbe stato Krys a prendere le redini delle gare. Purtroppo ci siamo ritrovati in difficoltà e Michele è stato molto bravo perché ha tenuto duro ed ha sempre fatto del suo meglio. A questo punto, confidiamo nella ripresa di Krys e rimandiamo le sfide alla Giordana, alla Sportful, alla Merckx e alle Dolomiti, al prossimo anno.» Anche Valeria Pacini è stata un’importante protagonista di questa stagione… «Decisamente sì, è davvero una colonna portante per il nostro gruppo. Ha fatto più di quel che era tenuta a fare, anche alla luce dei suoi impegni lavorativi ed ha onorato gli impegni che aveva preso con la squadra, rispondendo con grande serietà e determinazione. Per lei, il 2014 sarà ancora con i colori della nostra squadra.» Guardando appunto al ciclomercato, qual è il panorama per il 2014?

«Una grossa incognita è legata all’aspetto normativo e questo mi irrita non poco. Mi riferisco alla proposta di fermare per 4 anni gli ex professionisti, prima di farli rientrare tra gli amatori e l’esclusione permanente dall’attività agonistica amatoriale per coloro che sono stati condannati per doping, anche se hanno già scontato la loro squalifica. Penso al fatto che se una persona, in qualsiasi altro ambito, va in prigione, una volta uscito, è di nuovo libero. Mi chiedo perché ciò non possa avvenire anche nel ciclismo. Peraltro questo ci getta in una forte incertezza sul futuro, perché se tale normativa, che trovo davvero assurda, entrasse in vigore, il nostro Michele Maccanti non potrebbe più correre. Mi auguro vivamente che per il bene del ciclismo, non si dia seguito a questo provvedimento.» Vi state già muovendo sul mercato? «Proprio a causa dell’incertezza in cui ci troviamo, abbiamo assoldato Federico Castagnoli, un atleta umbro che corre attualmente con Bici Mania e che ha già vinto ben 12 granfondo. Dall’altro lato, riconfermiamo Krys e poi vedremo quali altre novità ci aspetteranno.» Come Cicli Copparo, le novità sono altre… «In effetti, tra una quarantina di giorni apriremo un nuovo punto vendita, insieme ad un gruppo di amici e stiamo valutando iniziative innovative, tra le quali anche la possibilità di creare una nuova formazione.» Un plauso, alla fine, a chi vi ha sostenuto… «Diciamo che se noi andiamo avanti è solo grazie ai vari amici sponsor che sorreggono la stagione e con i quali speriamo di continuare la collaborazione. Il loro contributo è davvero prezioso, poiché è l’unica risorsa che permette allo sport di andare avanti.»

Cicli Copparo - Via Beniamino Gigli, 33/38 - 60128 Ancona - t. 071 896801 - e. liala.ciclicopparo@alice.it



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Nasce POP CYCLING a cura di Ricky Mezzera

info@inbici.net

il ciclismo per tutti alla TV “ONE TV so many emotions” ch.112 DTT.

foto Ricky Mezzera

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Televisivamente parlando, la nuova stagione parte sempre da settembre e questo rito, che ci accomuna con il calcio e con quasi tutte le attività lavorative, si tramanda dalla notte dei tempi, a dispetto del calendario che vorrebbe che tutto partisse a gennaio. foto Ricky Mezzera

Per questo, non a caso, le mie prime righe scritte per questa rivista, partono da questo numero, ovvero dall’inizio di una nuova stagione che sarà (speriamo) fortunata per ONE TV. Entrando nelle vostre case, forse per la prima volta, una presentazione è d’obbligo.

Sono Ricky Mezzera con un trapassato remoto da ciclista puro ed un presente attivo nel mondo del triathlon; considerando il mio stato di fitness attuale, dopo 16 anni d’alti e bassi, potrei considerarmi un “ex” ma soddisfatto per i risultati ottenuti con anni di sacrifici. Quello che cercherò di trasmettervi attraverso la mia rubrica, sono le emozioni che si vivono stando fianco a fianco dei grandi campioni e vivendo dalla moto i momenti cruciali delle gare più importanti. Lo farò attraverso i mezzi che IRONMAN RADIO mi hanno messo a disposizione, un’emittente che fondai personalmente tre anni fa con Franco Landoni che, oltre trasmettere ottima musica, fornisce un servizio unico che fino a poco tempo fa era riservato al nostro network nazionale: la diretta radiofonica di una gara ciclistica fatta dalla moto e, nel caso del triathlon, dalla barca (nella frazione natatoria) e dalla MTB per la frazione della corsa. Tutto questo per far vivere la gara in modo avvincente, sia per chi ci segue da casa sia per chi ci segue dal luogo dell’evento attraverso Tablet o Smartphone, anche se la gara non fa parte del circuito dei grandi giri a tappe.


fisso del working in progress e così, un anno fa, è nato il nostro canale televisivo “ONE TV” che fa parte del bouquet della più famosa NBC e che trasmette sul canale 112 del digitale terrestre sul territorio della Lombardia e del Piemonte. Considerando che, in questo momento, quasi nessuna TV locale o regionale produce programmi, noi ci siamo subito impegnati varando tre format sportivi: “EXTREME PEOPLE” per lo sport estremo e il triathlon, “RUNNING FEVER” per l’atletica leggera ed infine “POP CYCLING” il programma sul ciclismo per tutti. Quest’ultimo progetto è l’anello mancante che mi ha fatto avvicinare a questa rivista. Un programma televisivo per parlare di ciclismo, gare, materiali e allenamenti attraverso le interviste ad ospiti di tutti i generi: campioni, allenatori e organizzatori. Mi scuserete se spesso vi parlerò anche di triathlon ma dopotutto la bici è una delle tre specialità per questo siamo comunque “parenti”.

foto Ricky Mezzera

IRONMAN RADIO si presenta così, uno studio centrale in prossimità dell’arrivo con registi, conduttori e opinionisti e i nostri inviati spericolati sulle moto al seguito dei campioni. foto Ricky Mezzera

foto Ricky Mezzera

Un team affiatato che ormai lavora assieme da anni. Avremmo potuto accontentarci di questo risultato, ma nel nostro DNA c’è il chiodo


94 a cura del Dr. MAURIZIO RADI Fisioterapista Centro Fisioradi Pesaro

Dossier Sport E Medicina

LA LOMBALGIA DEL CICLISTA

I

I risvolti socio economici correlati al mal di schiena hanno fatto sì che nell’ultimo trentennio si siano moltiplicati gli studi su questo argomento con la costante evoluzione delle metodiche di indagini epidemiologiche e di analisi dei risultati, soprattutto in ambito lavorativo e sportivo. Si sono ulteriormente incrementati gli studi e le analisi sia con modelli biomeccanici che con misurazioni dirette della pressione intradiscale e con l’elettromiografia diretta, studi che hanno dimostrato come alcune azioni ripetute, le posture fisse prolungate, le sollecitazioni dovute a vibrazioni ed a movimentazione gravi, determinano sulle strutture muscolari e legamentose delle forze tensili significative e delle importanti forze di compressione sulle ossa e sulle superfici cartilaginee. Il danno meccanico di una struttura può derivare sia da un sovraccarico che da un cedimento da fatica dovuto a carichi ripetuti e il tessuto osseo risente dei microtraumi ripetuti piuttosto che dei singoli eventi traumatici. In pratica, ancora oggi è difficile poter decidere su una causa o sull’altra, certo è che la possibilità che questi eventi si verifichino aumenta man mano che cresce l’impegno fisico ed aumenta proporzionalmente al tempo di esposizione ad essi. Inoltre non necessariamente la sintomatologia dolorosa viene avvertita immediatamente dopo uno o più eventi traumatici, di conseguenza l’episodio può sfuggire all’anamnesi del paziente. Oggi abbiamo la certezza degli eventi che possono causare disturbi al rachide nell’attività sportiva? Le conoscenze attuali sugli effetti dell’attività sportiva sulla colonna sono ancora frammentarie. Su tale problema c’è discordanza. La difficoltà maggiore è riuscire a chiarire la catena degli eventi che determinano i disturbi al rachide. Di certo sappiamo che per migliorare il proprio rendimento l’atleta deve allenarsi ripetendo migliaia di volte esercizi e movimenti che portano a migliorare la prestazione. Si creano così i presupposti per le patologie da sovraccarico funzionale sulle strutture organiche maggiormente esposte a seconda della disciplina praticata, per le quali grande importanza rivestono anche il tipo di attrezzature utilizzate, il tipo di allenamento, la periodicità, le condizioni ambientali e l’equipaggiamento sportivo. Nella lombalgia da sport è quindi presente una plurima sovrapposizione di cause patologiche vertebrali e non, intrinseche ed estrinseche per le quali, spesso e nella maggior parte dei casi, non è possibile identificare uno stretto rapporto tra quadro clinico e alterazioni morfologiche documentabili radiologicamente.

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Per una diagnosi corretta è necessario consigliare esami strumentali? L’osservazione di un esame radiologico privo di modificazioni sostanziali è un evento quanto mai frequente e la presenza di una sintomatologia dolorosa potrebbe confermare il sospetto di un prevalente coinvolgimento delle strutture muscolari, tendinee e legamentose nella patogenesi delle lombalgie da sport. Naturalmente questo concetto non vuole negare l’importanza delle indagini strumentali indispensabili per individuare ed eventualmente escludere cause patologiche (spondilolisi, spondilolistesi, morbo di Scheuermann, ernia del disco) per meglio orientare l’intervento terapeutico a fine prognostico. Il ciclista soffre frequentemente di lombalgia? Nel ciclismo gli atleti sono sottoposti a notevoli sovraccarichi in particolare su alcuni distretti: collo, ginocchia, mani, caviglie. Ma anche il rachide lombosacrale risulta interessato con elevata frequenza, infatti la lombalgia ha una prevalenza, secondo le casistiche più accreditate, tra il 30 e il 60%. Anche nel caso dei ciclisti infatti, quando la resistenza dei meccanismi di difesa della colonna viene ad essere vinta o messa a dura prova dalle sollecitazioni e dalle forze esterne agenti sul rachide, di intensità e durata superiore al normale, le lesioni che si determinano possono portare a sintomatologia dolorosa sia acuta che cronica e a patologie di tipo degenerativo a carico dei dischi intervertebrali e delle faccette articolari. In particolare la posizione fissa di flessione avanti della colonna, le continue vibrazioni e i sobbalzi della bicicletta creano una condizione favorevole al prodursi di sollecitazioni maggiori e di forze di tipo compressivo e di taglio che si scaricano in modo incongruo sul rachide lombosacrale atteggiato in posizione non fisiologica. Quali sono gli altri fattori che possono causare dolori lombari? Altri fattori quali l’utilizzo di rapporti molto lunghi e quindi faticosi che costringono le braccia ad esercitare una maggior pressione sul manubrio, il tipo di bicicletta, il non cambiare frequentemente la posizione delle mani sul manubrio, la posizione e l’imbottitura della sella, creano una situazione di “rischio” oggettivo e la lombalgia è il “danno” che in alcuni soggetti ne consegue a volte anche a distanza di tempo quando, cessata l’attività sportiva, viene a mancare il supporto protettivo di una muscolatura allenata. Una cosa importante è controllare la postura in bicicletta. Il normale profilo geometrico della colonna, che vede l’alternarsi di una serie di curve armoniche, viene completamente stravolto dalla posizione in sella. Le geometrie dei moderni telai, infatti, impongono l’assunzione di posizioni non sempre confortevoli, ma efficaci nell’ottimizzare la capacità di esprimere potenza sui pedali e, soprattutto, nel ridurre la superficie corporea esposta all’aria (sezione di superficie frontale), che rappresenta la maggiore resistenza all’avanzamento. È evidente che quanto più questi fattori sono ricercati, come nell’attività agonistica, tanto più la postura in sella sarà esasperata. I principali adattamenti della colonna a questa posizione riguardano prevalentemente il tratto lombare e cervicale. La necessità di posizionare il tronco più parallelo possibile al terreno, mantenendo, nel contempo, una buona visione della strada, determina un annullamento della lordosi lombare, fino all’inversione della curva, e un aumento della lordosi


cervicale. Non a caso, sono questi i distretti più frequentemente sede di problemi. Tuttavia, le cause che determinano l’insorgenza di dolore sono molto complesse e non sempre facilmente spiegabili, in considerazione del fatto che interessano solamente alcuni soggetti e, molto spesso, in assenza di evidenti alterazioni o patologie della colonna. Quali sono i consigli da dare ad un ciclista? Le maggiori carenze si riscontrano sul piano della prevenzione che, alla luce delle recenti acquisizioni scientifiche e sulla base della nostra esperienza, merita invece di essere considerata non solo concretamente possibile, ma anche indiscutibilmente efficace. In un ragazzo sano, la prevenzione del danno si può attuare solo operando nell’ottica del cambiamento laddove si evidenzino modificabili fattori di rischio oggettivo e soggettivo predisponenti all’insorgenza di microtraumi. In primo luogo e non solo per migliorare la prestazione, dovrà essere ricercata la posizione ottimale sulla bicicletta, attraverso opportune modificazioni del mezzo, al fine di ridurre l’eccessiva flessione della colonna. L’atleta dovrà imparare a cambiare spesso la posizione delle mani, a non sovraccaricare l’articolazione del gomito e a conoscere le caratteristiche della bicicletta per meglio adattarle alla sua posizione. Siamo dell’avviso che l’atleta debba essere educato perché acquisisca consapevolezza della colonna vertebrale e di una corretta esecuzione sia del gesto tecnico specifico sia degli esercizi necessari per l’allenamento organico: a tale proposito, durante le sedute di allenamento, potrebbe risultare necessario modificare la tecnica esecutiva di alcuni esercizi oppure sostituirli con altri aventi le stesse finalità ma con caratteristiche che producano minor carico; potrebbe risultare utile ridurre il numero delle ripetizioni o inserire esercizi di compenso e decontratturanti e informare l’atleta sulle norme di educazione comportamentale (back school) per imparare a gestire la colonna anche nelle normali attività della giornata. Riteniamo inoltre indispensabile affrontare la prevenzione del danno con programmi di allenamento della forza, della resistenza e degli equilibri muscolari anche nel riallenamento dopo uno o più episodi dolorosi, procedendo ad una accurata revisione dei programmi di allenamento e inserendo esercizi personalizzati che prevedano tra l’altro la correzione degli eventuali atteggiamenti viziati, degli scompensi muscolari (accorciamenti e contratture) e delle rigidità articolari. In alcuni casi, tuttavia, anche in soggetti giovani e in assenza di patologie preesistenti, l’attività ciclistica determina fastidiosi disturbi. Cosa deve fare un ciclista quando ha dolore lombare?

I medici che si occupano di ciclismo sanno che, in caso di dolore vertebrale, è innanzitutto necessario evidenziare o escludere, anche mediante esami strumentali, la presenza di patologie conclamate che necessitano di interventi terapeutici specifici e mirati. Bisogna poi evidenziare o escludere, attraverso un’attenta valutazione fisioterapica/ osteopatica, che la problematica derivi da fenomeni di disfunzione articolare (“blocchi”), che sovente si verificano in occasione di traumi anche lievi o in caso di importanti disequilibri posturali. Una volta evidenziate eventuali disfunzioni articolari, queste andranno rimosse attraverso specifiche manovre e/o manipolazioni. Va inoltre effettuato un attento esame clinico-posturale del soggetto, ricercando, in particolare, paramorfismi e dismorfismi dell’apparato locomotore, ma anche disfunzioni dei cosiddetti “recettori della postura” (apparato dentale, vista, appoggio plantare ecc.). È importante verificare e correggere la posizione in sella, anche in condizioni dinamiche (sui rulli), ponendo particolare attenzione alla postura del bacino, che potrà risultare ruotato, e al movimento della colonna lombare durante la pedalata. Sarà poi necessario ricercare eventuali stati di contrattura dei principali muscoli interessati nel compimento del gesto e istruire il ciclista sulle procedure da adottare per ottenerne il rilassamento.


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IN MEMORIA DI KAREL VERDONSCHOT

office@leonardoolmi.com

a cura di LEONARDO OLMI

TRAGEDIA AL CAMPIONATO DEL MONDO DEI GIORNALISTI IL CRONISTA OLANDESE È MORTO IN UN INCIDENTE DURANTE LA DISPUTA DEL CAMPIONATO DEL MONDO GIORNALISTI DOMENICA 25 AGOSTO A ST. JOHANN IN AUSTRIA. ECCO L’APPELLO DI LEONARDO OLMI IN FAVORE DELLA FAMIGLIA DELLO SCOMPARSO.

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Cari amici di INBICI, come molti di voi avranno già appreso da altre fonti o dal nostro stesso sito web, il Campionato del Mondo dei Giornalisti, che si è corso domenica 25 agosto a St. Johann in Tirol (Austria), è stato funestato da un terribile incidente che è costato la vita all’amico e collega olandese Karel Verdonschot. Karel stava disputando insieme al sottoscritto e ad un’altra cinquantina di partecipanti di varie nazioni alla prova in linea del Campionato del Mondo giornalisti. Questo è l’appello che io ed i miei colleghi giornalisti italiani e stranieri vogliamo fare in favore della famiglia dello scomparso, con la speranza che vi siano numerose adesioni. Purtroppo, Karel si è scontrato con un’auto durante la corsa su strada ed è deceduto sul colpo, assieme a lui sono rimasti coin-

volti nell’incidente i colleghi tedeschi Max Hilger e Patrick Choinowski, il primo è stato dimesso dall’ospedale nella stessa giornata di domenica ed è stato in grado di tornare a casa subito, il secondo ha riportato ferite più gravi ed è stato prima ricoverato a Rosenheim e quindi in una clinica specializzata. Io ho avuto molta fortuna, in quanto ero il quarto o il quinto del gruppo, ed ho evitato l’impatto per miracolo… Per rispetto alla memoria di Karel, che lascia la moglie e due figli, sono state annullate sia la cerimonia di premiazione che la terza prova del mondiale, la gara a cronometro di lunedì. I funerali hanno avuto luogo lunedì 2 settembre.

prendere, sta attraversando dei momenti difficili, è stato attivato un conto corrente nel quale è possibile effettuare versamenti. L’importo è, ovviamente, libero anche se noi colleghi abbiamo già aderito con la somma di 20 euro. Durante questi momenti anche 1 euro può fare la differenza! Queste sono le coordinate per effettuarlo: Bank: ABN/AMRO 57.79.02.644 t.n.v. de heer P.A.M. de Groot / concerning / inzake: ‘Karel Verdonschot-Fonds’. For international banking free of charge / IBAN: NL03ABNA0577902644 BIC: ABNANL2A Grazie a tutti per quanto potrete fare,

Per dimostrare solidarietà con la famiglia di Karel Verdonschot che, come potrete com-

Leonardo Olmi

Il giornalista olandese Karel Verdonschot sul podio del Mondiale Giornalisti di Creta 2012, dove conquistò quella maglia iridata della gara in linea per la quale era in lotta anche nella gara di St. Johann. foto LEONARDO OLMI


Navigazione semplice e facile Grandi pulsanti di controllo sullo schermo

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IL Telaio Ideale

a cura di Roberto Zanetti Tempo di lettura

12 min

robyzanetti@alice.it

Sulle ali del vento

Una nuova pietra miliare è stata posata in Casa Wilier. La quinta generazione di Cento1 è ora realtà. Dopo Cento1, Cento1SL, Cento1SLR e Cento1SR Wilier Triestina si spinge oltre e genera Cento1AIR.

A

foto Roberto zanetti

Il test: A un anno esatto dall’ultima recensione sul marchio dell’alabarda eccomi qui ancora a parlare di Wilier. I vertici societari rappresentati dalla famiglia Gastaldello, sempre molto attenti a comunicare tempestivamente alla stampa specializzata (tra i quali noi di iNBiCi) e ai propri dealer/rivenditori quelle che sono le novità di mercato, hanno aggiunto nel catalogo per il 2014 un modello ancora inedito (ma solo per il momento) della supercollaudata Cento1: la Cento1AIR. Costruita con il medesimo tipo di materiali utilizzati per la produzione della sua sorella maggiore alla quale si accosta per una comprovata rigidità, agilità e la facilità di guida, la neonata di casa Wilier integra la sofisticata aerodinamica e il design “filante” del modello da cronometro TwinBlade, già molto apprezzato dai cronoman in linea e nelle prove contro il vento. Il reparto tecnico che si occupa di trovare soluzioni sempre innovative ha lavorato alacremente al raggiungimento e al consolidamento di importanti sviluppi sul mezzo: forcella aerodinamica e integrata, scatola movimento centrale BB386EVO, posteriore aerodinamico, reggisella aero, placchetta guida cavi, cavi integrati, forcellino 3D, tutte qualità peculiari che sono emerse in sella alla Cento1Aero nel corso della mia pur breve prova su strada. Ed è proprio l’aerodinamicità della nuova specialissima di Wilier il fulcro di tutto il discorso, a partire dalla parte anteriore della bici, ovvero la porzione di telaio che incontra la resistenza dell’aria. Con la TwinBlade, eccellente bicicletta da crono, Wilier ha creato un nuovo standard di rigidità su una forcella aerodinamica. La Cento1AIR replica questa rigidità in una forcella dal disegno più tradizionale creando due piccoli canali sotto la testa forcella, seguendo a grandi linee il concetto della TwinBlade, che prevede un migliore controllo dei flussi d’aria. Ne consegue che il tubo obliquo, nel suo nuovo posizionamento ribassato, si integra perfettamente con la testa della forcella generando un ulteriore profilo aerodinamico capace di ridurre ancor più la resistenza delle forze contrarie e del vento. Un ulteriore vantaggio che deriva dalla nuova progettazione applicata sulla Cento1AIR sta nel fatto che, se i foderi posteriori obliqui sono tenuti il più basso possibile, l’aerodinamica complessiva dell’intero telaio ne trae beneficio. E così è stato fatto: un taglio netto, che evidenzia una “pinna” virtuale dal punto di vista aerodinamico, ma che consente di restare leggeri e allinearsi all’interno delle severe regole imposte UCI. In evidenza: I percorsi che seguono le guaine e i cavi all’interno del telaio sono stati oggetto di attentissimi studi. La progettazione e

l’analisi hanno puntato a garantire la miglior scorrevolezza possibile ai cavi di trasmissione dei comandi e a incrementare il coefficiente di penetrazione aerodinamico del telaio. La piastrina passa cavi integrata, compatta e incassata nel telaio denominata “3D Integrated Cable Routing Plate”, ha una sede studiata appositamente per garantire un raggio di curvatura ottimizzato per i diversi funzionamenti di ciascun cavo. Nel caso del cambio far sì che il cavo rimanga sospeso all’interno del fodero posteriore orizzontale. Nel caso del deragliatore, invece, far sì che il cavo raggiunga il punto di fissaggio senza forzarne il naturale raggio di curvatura. Test bike


foto FABIO DELL’OGLIO

La Cento1AIR in uno degli allestimenti più prestigiosi con gruppo Shimano Dura Ace Di2 11V e ruote Mavic Cosmic Carbon SLE

foto Roberto zanetti

I foderi posteriori orizzontali asimmetrici, come da tradizione Wilier, migliorano il rendimento della pedalata contrastando la coppia generata dalla catena

Da rivedere: Purtroppo il tempo è tiranno e quello a disposizione per la prova della Cento1AIR è stato davvero pochissimo. Io sostengo che se potessi avere il dono dell’ubiquità sarei in grado d’arrivare ovunque ma così non è… In questi periodi gli impegni di lavoro sono tanti, gli educational sempre più numerosi e veloci e per questo mi sarebbe piaciuto testare la nuova nata di casa Wilier con più calma, in modo maggiormente approfondito. Nulla da eccepire sul giudizio globale di questa specialissima; mi resta qualche piccola perplessità ma non sarebbe giusto evidenziarla prima di alcune verifiche fatte nei minimi particolari.

Caratteristiche Tecniche • Telaio: fibra di carbonio MR60H • Cambio: Campagnolo Super Record 11V • Deragliatore: Campagnolo Super Record • Guarnitura: Campagnolo Super Record – compact 50x34, pedivelle 172,5 (utilizzata solo per il modello testato) • Catena: Campagnolo Super Record • Ruota libera: Campagnolo Super Record – cassetta 12x25 • Movimento centrale: BB386EVO • Freni: Campagnolo Super Record • Forcella: carbonio Integrated Aero Fork • Serie sterzo: 1”1/8 – 1”1/4 • Attacco manubrio: Ritchey alluminio custom Wilier 110 mm • Piega manubrio: Ritchey alluminio custom Wilier 42 cm c/c • Reggisella: Ritchey Aero in carbonio custom Wilier • Sella: Selle San Marco Concor custom Wilier • Cerchi: Fulcrum Racing 3 in alluminio (utilizzati solo per il modello testato) • Coperture: Michelin Pro Race 4 • Mozzi: Fulcrum • Portaborraccia: Elite PVC • Taglie: XS-S-M-L-XL-XXL • Colori: matt blue, matt fluo, dark, rosso fluo, bianco/rosso • Peso telaio: 1.120,00 gr • Peso bici completa (come modello testato): 7.3 kg senza pedali

Consigli per l’acquisto, perché comprarla? Performante, rigida, comoda, aerodinamica, Cento1AIR è il condensato ottimale per velocisti e corridori potenti. Tramite il massiccio movimento centrale BB386EVO i progettisti di Wilier hanno disegnato dei foderi posteriori generosi e asimmetrici, mantenendo il concetto simbolo della famiglia Cento1. Dalle prove effettuate negli anni i posteriori orizzontali asimmetrici migliorano il rendimento della pedalata contrastando la coppia generata dalla catena.


Il Produttore e Distributore per l’Italia: Wilier Triestina SpA Via Fratel M. Venzo, 11 36028 – Rossano Veneto (VI) Tel. +39 0424 540442 Fax. +39 0424 540441 E.mail: info@wilier.it Web site: www.wilier.it Accessori e materiali utilizzati per il test

Il reggisella in carbonio monoscocca è frutto di un progetto Wilier Triestina in collaborazione con Ritchey. Disegnato per integrarsi perfettamente con la sofisticata aerodinamica del telaio, il meccanismo di bloccaggio è combinato. I due sistemi di fissaggio lavorano insieme: la parte interna blocca il reggisella sul telaio mentre la seconda, una fascetta, blocca il solo reggisella impedendo a quest’ultimo di slittare all’interno del tubo sella

foto Roberto zanetti

Gli accessori e i materiali che ho usato per il test sono: • Casco: Carrera Radius www.carreraworld.com • Occhiali: R&B XLITE www.carreraworld.com • Scarpe: Diadora Jet Racer www.diadora.com • Abbigliamento: Castelli by Wilier custom project www.wilier.it • Pedali: Speedplay mod. Zero www.speedplay.com

Integrated Adjuster Plate è uno speciale dispositivo di fissaggio e regolazione dei cavi comandi. La perfetta integrazione dell’IAP nel telaio rende la linea della Cento1AIR visivamente molto pulita e priva di elementi esposti alla resistenza dell’aria foto Roberto zanetti

In vendita a partire da: luglio 2013 Tempo di consegna: da 30 a 60 giorni

foto Roberto zanetti

Prezzo: • bici completa a partire da € 3.899,00 al pubblico, IVA inclusa (prezzi variabili a seconda degli allestimenti previsti). • solo kit telaio € 2.899,00 al pubblico, IVA inclusa (telaio + forcella + reggisella)

Combinato con la speciale piastrina passa cavi, posta sotto la scatola movimento, l’IAP (Integrated Adjuster Plate) mantiene i cavi ben distanziati dalle superfici interne del tubo obliquo



102 Tempo di lettura

3T BIKE

6 min

a cura di NEWSPOWER

pressoffice@newspower.it

A TELVE VALSUGANA IL GRAN FINALE DI TRENTINO MTB

foto NEWSPOWER CANON

La partenza dell’edizione 2012

T

Trentino MTB si avvia verso la conclusione, ma l’entusiasmo è ancora assai vivo. La serie 2013 era decollata con la ValdiNon Bike di metà maggio e da allora, mese dopo mese, si sono susseguite la 100 Km dei Forti sugli Altipiani di Folgaria, Lavarone e Luserna, la Lessinia Bike sui Lessini trentini, la Vecia Ferovia dela Val de Fiemme e la Val di Fassa Bike di questo mese. Ad ottobre, domenica 13, calerà il sipario sul circuito e il palcoscenico prescelto è quello della 3T Bike di Telve Valsugana. Per il 2013 e per la sua sesta edizione la 3T Bike ai piedi della lussureggiante catena del Lagorai rimescola alcune carte e propone allettanti novità. Il percorso di gara misura complessivamente 31 km con 1.330 metri di dislivello, di cui oltre metà su sterrato e acciottolato. Rispetto ai capitoli precedenti, rimangono l’intensa scalata di S. Antonio – 650 metri con oltre il 14% di pendenza – che scalda fin da subito animi e muscoli, prima di scendere lungo la strada provinciale del Manghen, imboccando la strada forestale Restena-Frisanco: in circa 1,8 km al 10% si arriva ai 970 m s.l.m. del primo GPM. Da qui, sempre su sterrato, si scende all’11-15% fino a monte della frazione di Parise (725 m s.l.m.) per risalire attraverso un tortuoso sentiero a Castellalto (830 m s.l.m.), imboccando l’impegnativa discesa del sentiero “del secio e dela secia” (25%) fino ai 620 metri a nord dell’abitato di Telve. Nel mezzo di un castagneto secolare si arriva alla frazione di Campestrini a quota 760 metri dove è posto il traguardo del tratto cronometrato valido per il Trofeo dello Scalatore. Momento cruciale successivo è il secondo GPM del colle di S. Pietro-Ziolina, che scende poi al paese di Telve di Sopra (la pendenza è del 16-20%). Poco prima del ponte sul torrente Ceggio si imboccano 700 metri di impegnativa discesa che porta fino alla località Fontane, ancora salita al 20% passando sotto la chiesa, e via, in direzione Telve. La discesa tecnica su prato di Mas dei Maseti è confermata e da qui si avanza ancora in fuoristrada lungo un arginale del torrente Ceggio fino a ridosso del tratto cronometrato in località Castagnero. Conclusa la parte cronometrata si entra nel parco fluviale, si scende su un isolotto nel torrente Maso, si guada il

corso d’acqua per due volte e dopo un frammento in mezzo a delle pietre si rientra su sterrato sulla stradina della centrale idroelettrica. Girando poi a sinistra in mezzo a coltivazioni di mirtilli e castagni si arriverà a monte di Carzano in prossimità della via Claudia Augusta. foto NEWSPOWER CANON


foto NEWSPOWER CANON foto NEWSPOWER CANON

Nel 2012 la 3T Bike fu vinta dal bergamasco Johnny Cattaneo, bravo a tenersi dietro pezzi da novanta come il greco ex iridato marathon Periklis Ilias, il campione italiano XC in carica Mirko Tabacchi e i forti Fruet, Rabensteiner, Costa e Pallhuber. Nella gara donne, la russa Vera Andreeva non ha avuto… pietà di Serena Calvetti, Lorenza Menapace e Lisa Rabensteiner. Sul sito ufficiale www.3tbike.it si possono consultare i pacchetti vacanza studiati per il weekend della 3T Bike e, qualora si decida di soggiornare più giorni, ecco per esempio le escursioni accompagnati attraverso il Lagorai, qualche simpatica e gustosa festa tradizionale, degustazioni di prodotti locali e la divertente “Mini” del sabato per tutti i mini-bikers. Il pacco gara della 3T Bike 2013 è sempre ricco con prodotti locali di alta qualità del valore complessivo di circa € 50. Le iscrizioni rimangono bloccate a € 26 fino al 10 ottobre. Sabato 12 e domenica 13 ci si può ancora registrare presso la segreteria di gara ma la quota sarà di € 30. I tesserati FCI devono completare l’iscrizione tramite Fattore K (unico sistema obbligatorio d’iscrizione per le categorie agonistiche internazionali). Gli escursionisti, invece, devono esibire il certificato medico di idoneità sportiva non agonistica al momento del ritiro del numero di gara. Il vincitore dell’edizione 2012 Johnny Cattaneo

foto NEWSPOWER CANON

Il frammento nel parco fluviale diventerà parte tecnica del prossimo Campionato Italiano giovanile del 2015 e di prova di Coppa Italia del 2014 sempre giovanile. A questo punto si arriva nei pressi dell’abitato di Telve dove è posto l’arrivo, con un ultimo strappo di 100 metri prima del rettilineo nella piazza Maggiore a ridosso della chiesa arcipretale. Altra novità dedicata ai più giovani è che la Mini 3T Bike del sabato di vigilia a Torcegno coinvolgerà i giovani bikers dai 7 ai 12 anni e la mattina sarà “Mini Mini” con il concorso di pittura “Disegna la tua bicicletta” per piccoli dai 3 ai 6 anni.


Distributore per l’Italia:

Freewheeling s.n.c.

Via Barsanti, 10 Fornace Zarattini 48124 Ravenna, ITALY Tel: +390544-461525 Fax: +390544-462096



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Oltre L’ostacolo robyzanetti@alice.it

a cura di Roberto Zanetti

Da una Syrah all’altra ma sempre 29er!

Tempo di lettura

10 min

Ormai la 29” è entrata con pieno merito a far parte del mondo delle “ruote grasse” e visto il diametro maggiorato sarebbe meglio parlare di “ruotone”. Syrah Carbon 29er appartiene a questa categoria di mountain bike con indicazioni, caratteristiche e specifiche ben precise che la distinguono nelle tante proposte italiane e straniere che il mercato ci sottopone.

E

Il test: Era il mese di gennaio quando su iNBiCi abbiamo presentato un modello della Syrah da 29 pollici in carbonio. Qualcuno potrebbe pensare che questa recensione sia un doppione dell’articolo già pubblicato. Per prima cosa sarebbe un atteggiamento poco corretto e irrispettoso nei confronti dei nostri lettori, secondariamente la bicicletta testata tra la metà di agosto e i primi di settembre

è una nuovissima mountain bike che FRW ci ha messo a disposizione e che abbiamo avuto il piacere di provare immediatamente. Invariato il diametro da 29 pollici delle ruote (le Mavic Crossmax SLR) così come è invariata la pregiata qualità del materiale, il carbonio monoscocca Swing Arm UD (unidirezionale), la Syrah 2014 si distingue e si differenzia per le forme “muscolose” delle tubazioni e degli angoli. Queste vanno a fon-

foto Daniele Platini

Bike test

dersi armoniosamente nei tre punti cruciali del telaio: nodo sterzo, nodo sella e scatola del movimento centrale conferendo quella rigidità e quella robustezza che l’hanno fatta apprezzare anche ai biker più “incalliti” nelle versioni precedenti. Personalmente ho gradito molto tale modifica costruttiva che, associata all’aggressiva colorazione “All Black”, dona alla Syrah Carbon la cattiveria giusta (in senso figurato, ovvio) che era mancata, a mio parere, alle sue sorelle maggiori. Da non sottovalutare poi come anche il fattore peso ne abbia tratto beneficio (circa 11,300 kg completa di pedali, quasi 1 kg in meno del modello 2013). Il carbonio grezzo volutamente non verniciato, abbinato a una componentistica di qualità sempre ben curata dai tecnici di FRW, ha “snellito” l’intera struttura e permette alla Syrah di scendere in campo senza timore riverenziale nella sfida con altri marchi che si sono specializzati su biciclette di questo genere. A differenza del modello 2013 che ho testato agli inizi dell’anno, più propensa a un utilizzo promiscuo tra turismo, avventura e qualche “smanettata” off road, questa Syrah Carbon 29er può tranquillamente fare la sua bella figura nelle gare dei circuiti Marathon o Cross Country. I terreni compatti, le discese veloci sullo sterrato ghiaioso (per esempio le strade bianche della Toscana) e le lunghe distanze pedalate in fuori strada sembrano fatte apposta per esaltarne le caratteristiche e cavalcare l’onda che le “ventinove” hanno segnato già da tempo. Viste le dimensioni e l’imponenza è inevitabile che negli spazi ristretti la Syrah (così come altre 29er) paghi dazio e ci si trovi penalizzati nelle manovre agili e negli spostamenti repentini, tipici delle 26 o delle 27,5, la nuova frontiera di mountain bike che il grande pubblico sta cominciando a scoprire. A tal proposito, in uno dei prossimi servizi che pubblicheremo, vi parlerò in anteprima assoluta della 27,5” che FRW sta per lanciare sul mercato ma, per ora, non posso svelare nulla; non resta che aspettare il numero di ottobre di iNBiCi e vedrete che non rimarrete delusi! In evidenza: La Syrah Carbon 29” è costruita su un telaio in carbonio monoscocca ad altissime prestazioni (30 Tons High Modulus con High Strength IMS60 Carbon pre-preg). Materiale


foto Roberto zanetti

Caratteristiche Tecniche

• Telaio: Carbonio monoscocca Swing Arm UD • Cambio: Shimano XT • Deragliatore posteriore Shimano XT • Deragliatore anteriore: Shimano XT • Guarnitura: Shimano XT doppia 38x26 • Catena: Shimano XT • Ruota libera: Shimano XT 11x36 10V • Movimento centrale: Press Fit • Freni: Shimano XT • Forcella: Rock Shox SID RL Poplock • Serie sterzo: Ritchey Pro (Taper 1-1/8” - 1-1/2”) • Attacco manubrio: Ritchey WCS in alluminio • Manubrio: Ritchey WCS in alluminio • Reggisella: Ritchey Link System WCS in alluminio • Sella: Selle Italia SL • Manopole: Ritchey • Cerchi: Mavic Crossmax SLR Ø29 • Coperture: Geax Saguaro • Mozzi: Mavic • Pedali: Shimano XT 780 • Taglie: S–M–L • Colori: colore unico All Black • Peso telaio: 1.230,00 gr (solo telaio senza forcella) • Peso bici completa (come in foto): 11,300 kg compreso i pedali di eccelsa qualità, lavorato finemente per per ottenere una bici performante con valori STW (Stifness To Weight) incrementati del 20% rispetto ad un telaio MTB tradizionale. La tecnologia dei materiali compositi altamente performanti (grafite con resina epossidica) conferisce alla Syrah Carbon 29” un ottimo assorbimento degli impatti sul terreno e un mix di rigidità/ prestazioni che non è facile da coniugare in un unico prodotto.

FRW Syrah 29er

Freno a disco anteriore e la potente pinza dell’impianto frenante Shimano XT

foto Roberto zanetti

L’imponente nodo sterzo della Syrah 29er nel quale si va a inserire la parte terminale della forcella

Da rivedere: Ho detto nel capitolo relativo alla prova effettuata quanto possa aver trovato originale (e aggressiva) la colorazione “All Black” della Syrah 2014. Confermo il tutto, peccato che le scritte leggermente in rilievo siano anch’esse scure come la restante tonalità cromatica della bicicletta. Attualmente non sono previste altre grafiche; mi piacerebbe che il produttore mettesse in previsione delle alternative di


In vendita a partire da: Settembre 2013 Tempo di consegna: Due giorni lavorativi dalla data dell’ordine

foto Roberto zanetti

Accessori e materiali utilizzati per il test Gli accessori e i materiali che ho usato per il test sono: • Casco: Ranking mod. Morrison www.ranking-helmet.com • Occhiali: Tifosi mod. Veloce Gloss Carbon www.tifosioptics.com • Scarpe: Vaude mod. Placid RC www.vaude.com • Abbigliamento: Parentini by FRW www.parentini.com • Strumentazione: GPS Garmin 500 www.garmin.it • Portaborraccia: www.elite-it.com

Il reggisella Link System di Ritchey in alluminio con la sella SL di Selle Italia

foto Roberto zanetti

colore al fine di accontentare un maggior numero di possibili clienti e appassionati. Consigli per l’acquisto, perché comprarla? Il titolo della rubrica in questione, “Oltre l’ostacolo”, calza a pennello per la Syrah Carbon 29 di FRW. Una instancabile bicicletta

foto Roberto zanetti

Forcella Rock Shox SID RL Poplock

Il comando remoto “Lockout” di Rock Shox è posizionato alla sinistra del manubrio

off road da godersi ovunque, sempre a patto che ci sia alle spalle una buona preparazione di base per spingere sui rapporti e farla “cantare”… Ideale, come è giusto che sia, per divertirsi nei boschi e sullo sterrato, grazie alle possenti ruotone da 29 pollici e ai copertoncini Saguaro di Geax,

non disdegna un passo sicuro e scorrevole anche nei trasferimenti su strada con asfalto asciutto o bagnato dalla pioggia: da provare! Il Produttore FRW bike www.frwbike.it Il Distributore per l’Italia: Freewheeling snc Via Barsanti, 10 48124 Fornace Zarattini (RA) Tel. +39 0544 461525 Fax. +39 0544 462096 E.mail: info@freewheeling.it Web site: www.freewheeling.it


Il BAR CICCIO è il luogo di ritrovo dei ciclisti della riviera, in partenza per gli itinerari e percorsi della Valle del Savio e colline romagnole. Offre agli amici ciclisti, un punto di ristoro con un ampio parcheggio privato e un prezioso servizio di lavaggio bici (rivolgersi al bar) per coloro che rientrano dai percorsi del fuoristrada. Orari abituali di partenze e ritrovi: martedì ore 12.30 • giovedì ore 12.30 • sabato ore 13.00

foto 4EVER.EU

Tutti i sabati ritrovo per escursioni in MTB Colazioni e aperitivi con ricco buffet Servizio di pagamento bollette luce, gas, acqua, telefono e multe Sala TV Sky con dirette sportive tutte le partite in diretta del Cesena con Sky HD

Sala giochi • Ricariche telefoniche • Wi-fi libero Bar Ciccio - Via Romea, 120 Cesena (FC) 47522 - t. 0547 331984 - e. barciccio@hotmail.it -

BAR CICCIO


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SALUTE INBICI

a cura del Dr. Alessandro Gardini Responsabile Integratori per Lo Sport ed il Benessere Farmacia del Bivio

Tempo di lettura

11 min

I Radicali Liberi

alessandrogardini@gmail.com

Ruolo degli Antiossidanti nello Sport

O

Oggi è un dato di fatto che l’alimentazione è alla base di uno stato di salute ottimale e che lo stile alimentare è influenzato dalle esigenze individuali. Le aggressioni all’organismo sono molteplici e si presentano sotto varie forme: fra gli agenti più dannosi vi sono certamente i radicali liberi e le specie reattive dell’ossigeno. La maggior parte dell’ossigeno che entra nei processi metabolici cellulari si lega all’idrogeno per dare acqua, ma una percentuale (2-5%) di questo ossigeno va a formare specie reattive denominate per l’appunto radicali liberi, responsabili negli anni di una potente e progressiva azione dannosa per l’organismo. Un radicale libero è una molecola instabile e reattiva per mancanza di un elettrone nelle orbite esterne, pronta a reagire con una molecola vicina. Un accumulo di radicali liberi aumenta il rischio di danno cellulare chiamato stress ossidativo, a carico di molte strutture biologiche importanti quali il DNA, le proteine e le strutture lipidiche (perossidazione lipidica). I radicali liberi aumentano l’ossidazione delle LDL con conseguente inizio del processo aterosclerotico e la probabilità del deterioramento delle strutture cellulari associate all’invecchiamento con perdita delle funzionalità del sistema nervoso e immunitario. Pur essendo noti gli effetti positivi dell’attività fisica, rimangono a tutt’oggi delle controversie sulle possibili azioni dannose, e una di queste è rappresentata proprio da un eccesivo stress ossidativo da intensa attività fisica, ovviamente proporzionale ad intensità e durata. L’esercizio fisico aerobio produce specie reattive dell’ossigeno a causa di un aumento del consumo di ossigeno, modificazione del flusso ematico, traumi e condizioni ambientali. Tuttavia l’allenamento e il lavoro fisico in genere, se da un lato aumentano questi radicali liberi, dall’altro aumentano anche il livello di enzimi presenti nell’organismo che contrastano l’azione negativa dei precedenti. Tutte quelle sostanze endogene ed esogene in grado di contrastare o annullare l’azione dei radicali liberi sono antiossidanti. Gli endogeni sono dei veri e propri “spazzini” dell’organismo e sono rappresentati da enzimi quali superossido dimutasi (SOD), glutatione perossidasi (GPx) e catalasi. Altre molecole interne all’organismo con azione antiossidante sono il glutatione, la lattoferrina, la transferrina, l’albumina, la bilirubina e l’acido urico. A questi si aggiungono i minerali quali selenio, zinco e rame. La prima linea di difesa è comunque sempre rappresentata dalla dieta che deve sempre prevedere un’adeguata dose di frutta e verdura e derivati che contengano buone quantità di agenti antiossidanti. Qualora questa non sia sufficiente e quando i carichi di lavoro sono tali da richiedere un apporto aggiuntivo, si possono utilizzare integratori con principi attivi antiossidanti. Si parla quindi di Antiossidanti esogeni classificati in tre gruppi principali: preventivi, scavenger, chain-breaking. I preventivi sono molecole che eliminano quelle specie reattive dell’ossigeno che rappresentano o producono radicali iniziatori della catena perossidativa. Gli scavenger e i chain breaker (interruttori della catena) sono sostanze di natura chimica differente tra di loro ma che fungono da seconda barriera difensiva. I primi riducono la concentrazione di radicali liberi rimuovendoli dal mezzo in cui si trovano e inattivandoli, un esempio è il coenzima Q10. I secondi interrompono la propagazione delle reazioni radicaliche a catena. Tra questi sono da citare i carotenoidi, precursori della Vitamina A, come il beta carotene ed il licopene, i tocoferoli quali beta e alfacoferolo noti come Vitamina E e l’acido ascorbico o Vitamina C. Ad essi vanno aggiunte sostanze di derivazione vegetale ad attività antiossidante come i polifenoli quercetina, epicatechina, flavonoidi, antocianidine e antocianine. Questi esercitano una particolare azione protettiva dalle lipoproteine a bassa densità LDL oltre che ad un’azione

antinfiammatoria ed antiallergica. Le fonti naturali sono specialmente la frutta e la verdura colorata e prodotti naturali da essi derivati. La più nota vitamina C, collabora a una molteplicità di processi biologici del nostro organismo, ci limitiamo qui a dire che partecipa al processo di ripristino della vitamina E dai radicali prodotti durante la perossidazione dei grassi cellulari, stimola il metabolismo cellulare, agisce come catalizzatore nella respirazione cellulare ed è essenziale per la formazione del collagene. Non viene accumulata dall’organismo, pertanto la colazione e i due pasti principali dovrebbero garantirne l’apporto giornaliero costante. Se carente si avvertono sintomi come perdita di sangue dalle gengive, fragilità dei capillari, dolori articolari, perdita di appetito e debolezza generale. Un eccesso di vitamina C può indurre diarrea, aumento della diuresi, alterazione nell’equilibrio dei minerali e calcolosi renale. Buone fonti naturali sono rappresentate dal peperoncino, dal radicchio, dagli spinaci, dai vegetali rosso-arancio in genere, aranci, mandarini, limoni, cedri, pompelmi, ribes, mirtilli, lamponi, fragole, banane e frutta acidula in genere ed è poco contenuta nelle carni. Le funzioni biologiche della Vitamina E invece si evidenziano nel contrastare, in sinergia con il glutatione, la perossidazione degli acidi grassi a livello cellulare. In questa azione produce radicali che vengono neutralizzati dalla vitamina C e successiva rigenerazione della vitamina E. Interviene nello sviluppo della muscolatura e del tessuto connettivo e contribuisce alla formazione e salute dei globuli rossi. In sinergia con la vitamina C protegge la cute dall’azione dei raggi solari UVA e UVB. Non è tossica ma se assunta in eccesso può determinare nausea, vomito, diarrea. Inoltre interferisce con l’assorbimento intestinale delle vitamine A, D e K. Alcune fonti naturali sono per esempio la carne, il latte e derivati, il tuorlo d’uovo e gli oli di germi di grano e di oliva. I carotenoidi sono invece un gruppo di pigmenti di colore rosso, arancio e giallo presenti nel mondo vegetale. L’enzima carotenasi, presente nel fegato, scinde il betacarotene in due molecole di vitamina A. Il betacarotene è il pigmento colorato della frutta e della verdura che agisce sulle piante per difenderle dai raggi solari (la stessa azione svolta dalla melanina sulla cute umana), più il vegetale è scuro tanto più pigmenti contiene, quindi più antiossidanti. I carotenoidi, in sinergia con la vitamina E e il selenio, prevengono la perossidazione lipidica. Assume diverse funzioni biologiche promovendo la nutrizione e la resistenza della cute e delle membrane mucose e contribuisce alla sintesi delle proteine, all’accrescimento di nuove cellule, alla formazione dei pigmenti visivi e all’aumento della resistenza alle infezioni. Un eccesso di vitamina A viene accumulato nel fegato e risulta tossico comportando vomito, diarrea, vertigini, debolezza, dimagrimento, ingrossamento del fegato e della milza, ipertensione endocranica. Alcune fonti naturali sono l’olio di fegato di merluzzo, il fegato di vitello, il tuorlo d’uovo, il radicchio e i pomodori, la zucca, le albicocche, le pesche e i vegetali giallo-arancio in genere. Infine quando si acquistano bevande di recupero è buona norma valutare anche la presenza di sostanze antiox oltre che di sali minerali e amminoacidi. Quando le uscite in bicicletta non sono inferiori alle tre o quattro volte settimanali, e si hanno degli obbiettivi importanti è bene sempre rivolgersi ad un nutrizionista e valutare attentamente oltre al bilancio calorico anche la giusta copertura antiossidante per prevenire quanto sopra descritto e clamorosi cali di performance. Bibliografia Alimentazione Fitness e Salute Neri Bargossi Paoli, Ed. Elika, Capitolo 20, pp.423-430 Principi di Biochimica Lehninger Cox Nelson, Ed.Zanichelli, Capitolo 13, pp. 412-16 Fisiologia Applicata allo Sport McArdle Katch, Capitolo 2, pp. 50-55 Enciclopedia della Nutrizione Murray Pizzorno, Ed. Tecniche Nuove pp. 77-89


Farmacia del Bivio è amica del cuore 1 PRESSIONE

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MAGGIO- GIUGNO 2013 SETTEMBRE - NOVEMBRE 2013


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PILA, VALLE D’AOSTA a cura di PAOLO MEI

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UN BINOMIO VINCENTE, 20 ANNI DI GARE DI MOUNTAIN BIKE ORGANIZZATE AD ALTISSIMO LIVELLO. E ORA IL SOGNO DA REALIZZARE È RIPETERE L’APPUNTAMENTO CON LA COPPA DEL MONDO IL 2-3-4 AGOSTO 2013 LA VALLE D’AOSTA HA OSPITATO LA TERZA TAPPA DEL CIRCUITO IXS EUROPEAN DOWNHILL CUP, LA COPPA EUROPA DI SPECIALITÀ. QUASI 400 DISCESISTI DA OGNI PARTE DEL GLOBO HANNO FATTO SPEGNERE LE 20 CANDELINE AL COMITATO ORGANIZZATORE PRESIEDUTO DA MAURO GRANGE E DAL DIRETTORE TECNICO CORRADO HERIN, VINCITORE DELLA COPPA DEL MONDO 1997. E COME CILIEGINA UNA MADRINA D’ECCEZIONE: PAOLA PEZZO. foto MAURO PAILLEX

È

È stata una tre giorni memorabile a Pila, teatro della terza prova della IXS EUROPEAN DOWNHILL CUP. Unica tappa italiana – incastonata nel calendario dopo le prove di Spicak in Repubblica Ceca e Leogang in Austria – la località non ha tradito le attese e ha schierato ai nastri di partenza della downhill quasi 400 downhillers di altissimo livello, in rappresentanza di 22 nazioni. Collocata a metà del calendario della Challenge IXS Downhill, che si concluderà a Maribor in settembre, la tappa italiana prevedeva un percorso molto tecnico e insidioso, con 500 metri di dislivello negativo e 2 km e 800 metri di lunghezza. Il percorso è stato disegnato da Corrado Herin, valdostano DOC, ex campione italiano della specialità, ma soprattutto vincitore della World Cup di Downhill nel 1997, con il primato di tre tappe consecutive vinte. Anche in questa occasione Herin è stato aiutato dal suo efficiente ufficio gare gestito dalla sua dolce metà, Roberta. La stazione sciistica facente parte del comune di Gressan (località di residenza di Roberta Brunet, medagliata azzurra ai Giochi Olimpici di Atlanta nell’atletica, ndr) non è nuova ad organizzazioni del genere, basti pensare che è ormai dal 2010 che la IXS fa tappa a Pila. foto MAURO PAILLEX

L’evento si è basato su una regia tedesca, in quanto gli uomini IXS sono tutti teutonici, ma dal punto di vista organizzativo nulla è stato lasciato al caso da parte del comitato organizzatore che si è avvalso dell’appoggio della Regione Autonoma Valle d’Aosta, della Pila SpA, del Casinò di Saint Vincent, del Comune di Gressan, della CVA e della Scuola Militare Alpina che ha dislocato parecchi uomini lungo il percorso della pista “Renato Rosa”, suggestivo teatro della gara. Ma torniamo alla competizione: il percorso, piuttosto lungo, non concedeva attimi di respiro ai bikers, alcuni dei quali lo avevano già potuto testare nel 2005, quando Pila era stata scelta come tappa della Coppa del Mondo di specialità. Partenza a 2.311 metri in località Chamolè e arrivo ai 1.785 di Pila, con una serie di sezioni rocciose, un doppio salto in curva e la seconda variante della World Cup 2005, un tratto in pendenza con diverse possibilità di traiettoria. A seguire una parabolica in legno precedeva la sezione delle cosiddette “gobbe” su fondo erboso. La parte finale della pista prevedeva il passaggio lungo la zona del freeride, prima di affrontare il toboga che immette nel tratto conclusivo della discesa, che si concludeva con un salto spettacolare a 200 metri dal traguardo. La giornata del venerdì serviva a prendere confidenza con mezzi, tarature e percorso. Il sabato è stato dedicato invece alle prove libere seguite dalle prove cronometrate che avrebbero disegnato la griglia di partenza della gara domenicale. Situazione meteo buona sino alle seeding run degli Elite maschili: dopo le prime discese, una decina, il cielo diventava sempre più plumbeo ed ecco che un’incredibile grandinata verso le 16.00 costringeva gli organizzatori a sospendere e quindi annullare le prove cronometrate. Il comunicato dei commissari U.C.I. annunciava che dalle 10.15 della domenica si sarebbero recuperate le seeding run Elite. Così è stato, con alcuni dei top bikers che probabilmente sono scesi in “riserva” a causa del poco tempo necessario al recupero tra le prove e la gara. Miglior tempo assoluto nelle prove cronometrate per Lutz Weber con 4’13’’. Nelle donne gran performance di Emilie Siegenthaler. Lorenzo Suding, che vive e si allena a Pila, ha subito un infortunio che lo ha costretto al ritiro prima ancora di disputare le prove. Da segnalare anche la decisione di non partire per uno dei big della Coppa del Mondo, il francese Florent Payet, già vincitore nel 2011 in questa tappa di IXS. Le condizioni del tracciato, in occasione delle finali, erano perfette, con un po’ di superficie bagnata nel tratto iniziale che si sarebbe però asciugata nel pomeriggio. Prima categoria a partire alle 12.30 di domenica 4 agosto quella dei Master, con ottima prova di Paolo Alleva, che chiudeva la sua prestazione in 4’28”58. Seconda piazza per Stencel Rotislav, Rep. Ceca, che faceva segnare 4’33’’35. Al terzo posto il primo degli amatori valdostani, Manuel Dal Pozzo, con 4’35’’22.


Le giovanissime Under 17 vedevano solo una pilota in gara, la francese Viktoria Gimenez che concludeva in 5’21”20. A livello maschile, sempre tra gli Under 17, grande affermazione del tedesco Silas Grandy (4’20’’01) davanti all’azzurro Loris Revelli (4’20’’05) e al britannico Brad Swinbank (4’22’’59). In seno alle Elite femminili, la giovanissima Tahnée Seagrave (Gran Bretagna), autrice di una seeding run lenta, tirava fuori gli artigli e dominava con 4’40’’33. Secondo posto per una contrariata Emilie Siegenthaler (Svizzera), che chiudeva in 4’40’’59. Terza posizione per la leader provvisoria della IXS European Downhill Cup, la slovena Zarja Cernilogar, con il tempo di 4’44’’32. Ed ecco i risultati della gara più attesa, gli Elite maschili. Il ciak con Jones, che non aveva terminato le seeding run del mattino e dunque partiva per primo. Per lui uno strabiliante 4’09”, dunque ben 4 secondi meglio del leader delle prove mattutine Lutz Weber. Pochi secondi dopo scendeva un altro top rider, in ritardo nelle prove mattutine: Matthew Walzer dalla Nuova Zelanda. Il suo tempo era di 4’07’’79, che gli permetteva di rimanere seduto sulla HOT SEAT quasi sino alla fine. Solo un polacco, Slavomir Lukasek, uno dei migliori nelle qualifiche, gli avrebbe tolto la medaglia d’oro, relegandolo in seconda posizione. Terza piazza per un grandissimo Dominik Gspan (4’08”47). Il neo-zelandese Dikerson chiudeva quarto e il nostro Alan Beggin della 360 degrees, tornato alle corse foto MAURO PAILLEX dopo qualche anno di assenza, brillava con un grande quinto posto assoluto. Il vicentino, già 8 volte campione italiano (nel 2008 fu campione nazionale proprio a Pila, località nella quale aveva centrato la top ten nella World Cup 2005), ha dimostrato di amare questo tracciato alla follia. La giornata si è conclusa con le premiazioni ufficiali, allietate dalla presenza di una madrina di eccezione: Paola Pezzo. La veronese, ex stella dello sci nordico azzurro, aveva iniziato la carriera nelle ruote grasse proprio nei primi anni ’90 e Pila,

foto MAURO PAILLEX

foto MAURO PAILLEX

nel 1993, aveva organizzato il campionato italiano di “fondo”, quello che oggi viene chiamato “XC”. Vinse proprio Paola, che ottenne la maglia tricolore e, nella stessa annata a Métabief, avrebbe conquistato il primo dei suoi due Mondiali. Per festeggiare i 20 anni da quel giorno, il comitato organizzatore, presieduto da Mauro Grange, ha invitato la bi-campionessa olimpica, che con grande gioia ha accettato l’invito e ha girato sulle piste da freeride con il primogenito Kevin per tutti i due giorni. Grande conclusione e festeggiamenti con premi speciali, consegnati dalla madrina ai 10 membri dello storico comitato, tra i quali figurano l’instancabile Rosario Troiano, il presidente della Pro Loco Eligio Cunéaz e il meccanico della nazionale di MTB, spesso al fianco di Paola nelle gare più importanti, Giancarlo Benato. L’appuntamento è senz’altro al 2014, con Pila che, legittimamente, attende il riconoscimento del lavoro fatto, sperando di organizzare nuovamente una prova di Coppa del Mondo Downhill. Foto donate gentilmente da Mauro Paillex


a cura di ROBERTO ZANETTI

Il capitolo Biotex sarà affrontato in due puntate: una su questo numero di settembre con gli accessori che ho utilizzato in questo periodo per gare e allenamenti. L’altra sarà pubblicata a ottobre con una rassegna di capi invernali, testati in previsione di quella che sarà la stagione più fredda e più dura per noi ciclisti La consegna dei campioni mi è stata fatta proprio nel pieno dell’estate, proprio quando il caldo torrido dell’anticiclone Caronte stava dando il meglio di sé. Sinceramente avevo pensato che qualcosa potesse non servirmi nell’immediato ma, avendo pedalato sulle Dolomiti per circa due settimane, è tornato subito tutto utile. Si sa, la montagna non perdona, e anche in bicicletta è meglio essere preparati a ogni repentino cambiamento di temperatura. Se poi, come mi è capitato, ci si trova anche nel bel mezzo di un violento temporale, allora diventa indispensabile indossare capi tecnici che mantengano il giusto microclima e la temperatura corporea adeguata. Biotex, azienda che da oltre 20 anni produce intimo “hi-tech” per lo sport e il tempo libero, ha nel proprio catalogo degli accessori che, personalmente, apprezzo molto e che all’occorrenza indosso volentieri. Manicotti, gambali, guanti lunghi e mantellina, per esempio, sono capi che non dovrebbero mai mancare nelle tasche posteriori della maglietta di ogni ciclista che si rispetti. Oppure per comodità, se si organizza un’escursione in mountain bike o una lunga uscita su strada, è opportuno metterli in uno zainetto, portarli con sé o consegnarli a una macchina al seguito e, all’occorrenza, indossarli. Nelle immagini di questo servizio con relative didascalie illustrerò tutti gli accessori usati di recente; per la collezione autunno/inverno, come ho anticipato nell’introduzione di quest’articolo, dovrete attendere la pubblicazione di ottobre con le novità Biotex per la prossima stagione.

Art. 4001 Manicotto termico nero – punto spugna polypro BTX

Ecco un capo d’abbigliamento indispensabile per affrontare un improvviso cambiamento climatico e la sensazione di fastidio (raffreddamento) che la velocità può causare su parti del corpo scoperte come, per esempio, le braccia. I manicotti Biotex in polipropilene (qui fotografati in abbinamento al guantino superlight nero fluo), termici e traspiranti, garantiscono la massima protezione a contatto con la pelle, avvolta da comfort estremo e incredibile morbidezza.

foto MICHELE DANSI

Art. 4001


Art. 2013: Guanto superlight nero/fluo – guanto super estivo con 3 zone gel sul palmo Il guantino “Superlight”, qui fotografato nell’accattivante versione nero/fluo è realizzato con un leggerissimo materiale traspirante. Abbinato alle tre zone d’appoggio in gel e agli inserti in silicone, permette alla mano di restare asciutta e saldamente ancorata alla presa e ai comandi del manubrio anche per molte ore.

Art. 2020: Tubolare multiuso Powerflex – giallo fluo

Un accessorio che all’apparenza può sembrare banale ma, in realtà, risulta essere davvero un bel “prodottino”. Il tubolare multiuso (non a caso è chiamato così) può avere molteplici funzioni: scalda collo, sottocasco, copri bocca per l’aria, da polso tergisudore, ecc… Leggero, traspirante, pratico, si indossa con facilità e può essere portato ovunque con il minimo ingombro.

Art. 2013

Art. 2020

Art. 4004: Manicotto Seamless nero/fluo – polypro BTX elasticizzato e fashion

Art. 2020

Art. 4005: Gambale Seamless nero/fluo – polypro BTX ma elasticizzato e fashion Questi due articoli in Seamless, nella nuova colorazione nero/fluo, garantiscono una compressione differenziata e un effetto contenitivo. Leggeri ma termici sono l’ideale per chi vuole un capo tecnico e curato nell’estetica. Anche dopo diverse ore in bici non si muovono e restano nella giusta posizione senza infastidire e soprattutto, sia il manicotto che il gambale, sono sufficientemente lunghi da non scendere durante la pedalata. Da provare! Il Produttore e Distributore per l’Italia: BIOTEX SRL Via Leonardo da Vinci, 16 48018 Faenza (RA) tel. +39 0546 622468 fax: +39 0546 627462 E.mail: info@biotex.it Web site: www.biotex.it

Art. 4005


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GRANPARADISOBIKE DA INCORNICIARE

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a cura di NEWSPOWER

pressoffice@newspower.it

FRUET ASPETTA LAMASTRA, MA… VINCE Gran bella gara a Cogne, in Valle d’Aosta, col successo al femminile di Serena Calvetti. I due della Carraro si contendono il successo, terzo Pesse. Lamastra vince la combinata. La gara breve di 20 km vinta dai valdostani Aresca e Berta. La GranParadisoBike era prova del circuito Alpine Pearls MTB Cup.

L

La GranParadisoBike è affare di Fruet. Il biker trentino ha iniziato il mese di settembre con un bel botto, la vittoria nella prova valdostana con solo un decimo su Giuseppe “Pippo” Lamastra. Domenica 1° splendeva il sole su Cogne e dintorni e le cime imbiancate delle Alpi si stagliavano imponenti nel cielo azzurro. Al via dalla cittadina in provincia di Aosta c’erano quasi 300 concorrenti e fin dalle prime pedalate le maglie verde fluo Arcobaleno Carraro Team di Fruet e Lamastra si sono

foto NEWSPOWER CANON

messe a fare da traino verso il Parco Nazionale del Gran Paradiso. Il primo tratto era un banco di prova non da poco fino a Gimillan, parte in asfalto e poi in sterrato per 3,5 km, con picchi del 27% e un dislivello di 425 metri. Dietro i due alfieri Carraro si è incollato subito Michael Pesse che evidentemente puntava molto sulla gara di casa, lui che è di Gressan, e in cima alla salita erano loro, insieme a Ciocca, Dorhmann e Cina, a condurre le danze. In discesa Fruet è uno che non va per il sottile e non si risparmia,

e così il primo a presentarsi ad Epinel dopo il “tuffo” da Gimillan è stato proprio il trentino, quasi 30” il suo vantaggio su Lamastra e Pesse. Fruet era in giornata, eppure Lamastra era partito con la ferma intenzione di bissare il successo dello scorso anno: la sfida era bella che lanciata. Passo passo, il vantaggio del trentino aumentava e maturava ad oltre 40” al rientro a Cogne, addirittura ad 1’ al giro di boa di Valnontey. Lamastra e Pesse sempre ad inseguire, con quest’ultimo che in un tratto tecnico proprio a Valnontey è pure scivolato a terra costringendo anche Lamastra a scendere dalla bici.

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Serena Calvetti in azione verso la vittoria nella categoria donne


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Nella gara donne Serena Calvetti si è messa in luce fin da subito, d’altra parte ricopriva senza mezzi termini il ruolo di superfavorita. Dopo Valnontey, con i camosci a salutare da lontano i bikers, la gara si inerpicava a Sylvenoire e la situazione non mutava, Fruet davanti come una furia, Lamastra e Pesse all’inseguimento e più staccati Dorhmann, Cina, Caratide, Massimino, Ciocca, Truc, Clerici e Luboz. Poco prima della salita di Lillaz, Lamastra riusciva a scrollarsi di dosso Pesse e tentava l’avvicinamento al biondo compagno di team. Tra Lillaz e Cogne la situazione era sempre la stessa, fino a che, in maniera decisamente inattesa, Fruet tirava il freno a mano in maniera piuttosto vistosa. Problemi meccanici? Nemmeno per sogno. Da buon compagno, il trentino attendeva Lamastra per lanciarlo sul traguardo, ma il cognense aveva un’esitazione nell’ultimo metro e la vittoria, per un decimo, era tutta – meritatamente – per Fruet con un tempo finale di 1h 43’ 08”. Poco dopo ecco Pesse, in ogni caso soddisfatto. I distacchi degli altri erano tutti oltre i due minuti con Cina e Dorhmann i più lesti. Per Lamastra rimaneva comunque la soddisfazione di vincere la combinata che sommava i risultati con la MarciaGranParadiso di sci di fondo. Sempre verso il finish, anche la Calvetti rallentava come Fruet, ma il problema stavolta era una ruota in disordine. La ragazza del team Torpado blindava comunque la vittoria con un 2h 05’ 02”, seguita a due minuti da Roberta Gasparini con, più staccata, la giovane di Arnad, Cindy Casadei. «Finalmente una vittoria! A tavolino ieri sera io e Pippo – ha raccontato Fruet – abbiamo fatto delle tattiche per vincere questa gara, qui l’anno scorso ho preparato il Mondiale e una prova di Coppa del Mondo, dovevamo fare bella figura.

Visto che in salita siamo riusciti a scollinare per primi, ho attaccato in discesa consentendo a Pippo di stare a ruota sul nostro inseguitore. La media della gara era molto veloce specialmente nella seconda parte. In realtà aumentavo il vantaggio, avevo una grande condizione, e sull’ultimo chilometro ho aspettato Pippo perché arrivare assieme era il massimo a cui potevamo ambire, e ci siamo riusciti». Alberto Bethaz e la squadra dell’ASD Sport in Paradiso ora tirano le somme. La gara ha grandi potenzialità con un percorso spettacolare e piacevole per diverse tipologie di

atleta. Si è riusciti a vincere la malasorte che aveva fatto annullare l’evento a fine maggio causa una nevicata inaspettata. C’è la variante ecologica – quest’anno di 20 km e 450 metri di dislivello vinta dai valdostani Davide Aresca e Martina Berta – per chi se la vuole prendere con maggiore “calma” e godersi la giornata senza stress da cronometro. Serve qualche investimento in più e coinvolgere la grande massa dei bikers. Ma di sicuro parleremo ancora di GranParadisoBike.

Il vincitore Martino Fruet con il compagno Giuseppe Lamastra e il terzo classificato Michael Pesse foto NEWSPOWER CANON




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TRENTINO MTB

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a cura di NEWSPOWER

CATTANEO E GADDONI IN PERFETTO ORARIO ALLA “VECIA FEROVIA DELA VAL DE FIEMME”

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Il bergamasco della San Marco Trek sfreccia velocissimo sul traguardo di Piazzol a Molina. Elena Gaddoni beffa nel finale Anna Ferrari e vince la sua prima “Vecia Ferovia”. L’ex iridato Paulissen, caduto in galleria, finisce 8°. Successo generale della quarta tappa di Trentino MTB proposta dalla Polisportiva Molina.

foto NEWSPOWER CANON

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“Vecia Ferovia dela Val de Fiemme”: un nome che è tutto un programma, di successo. La17a edizione è stata celebrata il 4 agosto con la solita “sferragliata” di bikers saliti da Ora, in provincia di Bolzano, fino a Molina di Fiemme, sfruttando in gran parte quello che era il tragitto del vecchio trenino – ora rimpianto da molti – che dalla Val d’Adige saliva in Val di Fiemme fino agli anni ’60. Una gara da sempre molto partecipata, che piace ai bei nomi della mtb e non solo italiana, ma anche e soprattutto ai non tesserati che nella prova proposta abilmente dalla Polisportiva Molina arrivano abitualmente a rappresentare un 30% del totale partecipanti, un vero record. Domenica 4 agosto, dopo una competizione rovente – e non solo per il caldo della giornata torrida, decisamente più fresca quando il percorso è entrato nel verde – sul gradino più alto del podio a dispensare bollicine di Vivallis a gogó sono stati Johnny Cattaneo ed Elena Gaddoni, i più “rapidi”, per mantenere un gergo ferroviario, nell’ultima discesa di Molina. Due storie diverse per le gare maschile e femminile, comunque, ma decise negli ultimi attimi della corsa. Cattaneo è stato tra i fortunati ad uscire senza conseguenza dal groviglio di pedali e manubri nella seconda delle cinque gallerie. I favoriti di giornata per il blasone che si portano addosso, Paulissen e Ragnoli, si sono arrotati ed hanno causato, nel buio, un gran “casino” amplificato dall’eco. Con Cattaneo si sono divincolati anche Longo, Cominelli e Mensi e proprio da quella situazione la gara ha avuto vita, in pratica dopo 21 chilometri. Ragnoli, Paulissen e gli altri si sono rialzati ed hanno vivacizzato il

recupero, ma pur avvicinandosi al gruppetto di testa non sono riusciti a brindare sul podio. Paulissen aveva una faccia segnata dal dolore, nel finale invece Ragnoli ha dovuto rallentare. Di stazione in stazione (davvero bello il tracciato con vecchie stazioni, viadotti e gallerie in successione) il vantaggio dei primi quattro è andato aumentando. Per un po’ al quartetto scatenato si sono aggiunti anche Ragnoli e Zamboni, poi in vista del GPM di S. Lugano i quattro si sono divincolati nuovamente. La Vecia Ferovia piace anche per la ricca e curiosa dotazione di premi, non solo per i protagonisti agonisti, ma anche per gli amatori senza tessera. Cattaneo (3° nel 2008 e nel 2012) conosce bene tali opportunità e non si è fatto scappare la forma di formaggio Lagorai in palio al GPM. A bocca asciutta invece Cominelli e Mensi. Nella successiva discesa verso Aguai, Cattaneo e Cominelli hanno allungato ulteriormente in vista del Traguardo Volante di Castello, con altro premio in denaro e i due sono transitati nell’ordine anche lì. Non sazio, il bergamasco nella discesa dopo il “Muro della Pala”, un nome una garanzia (di ascesa, ovviamente), è andato a gustarsi anche gli applausi sul traguardo di Piazzol. I 18” di distacco sono una bazzecola, ma a Cominelli pesano, altrettanto per Tony Longo, staccato

ulteriormente di 17”. Mensi si deve accontentare del 4° posto davanti a un Deho che non perde certo lo smalto. I primi bikers di casa, dopo Longo, sono Ivan Degasperi (10°) davanti ad Andrea Zamboni. Altoatesini a secco, invece. Pallhuber e Schweiggl erano in giornata no, così lo scettro del migliore è passato a Fabian Rabensteiner. La gara delle donne sembrava decisa fin da metà percorso. Anna Ferrari ha sorpreso anche Elena Gaddoni, riuscendo ad avvantaggiarsi di quasi 2’, ma sul “Muro della Pala” la Gaddoni è stata più agile ed incisiva ed in questo tratto ha staccato il miglior tempo al femminile, anche se il premio fi’zi:k è andato alla non èlite Claudia Paolazzi. Poi la Gaddoni ha agganciato la Ferrari per sverniciarla in discesa, andando a vincere con 1h 48’ 48”. La Ferrari ha chiuso dunque seconda a 43”. Il podio lo completa Lorenza Menapace davanti a Claudia Paolazzi e Lorena Zocca. La “Vecia Ferovia” merita un cenno anche per l’after race. L’area di Piazzol ogni anno diventa un parco divertimenti. C’è il ricco pasta party, ci sono le premiazioni con premi a gogó, ma soprattutto la pineta regala frescura e

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Come sempre un bel successo di partecipazione e quest’anno si è corso a Piazzol, anziché lungo gli argini dell’Avisio. La gara della Polisportiva Molina era tappa di Trentino MTB i cui leaders sono ora Johann Pallhuber (Open), Janes (M6), Dellagiacoma (M5), M. Degasperi (M4), Ludwig (M3), Zampedri (M2), I. Degasperi (M1), Felder (Junior), Vieider (Elite Sport) e Menapace (Donne). Claudia Paolazzi e Ivan Degasperi sono “Scalatori”. Numeri leggermente in calo rispetto allo scorso anno, segno della crisi, ma alla fine applausi ed arrivederci al 2014 da parte di tutti.

L’arrivo vittorioso di Elena Gaddoni

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Johnny Cattaneo «Finalmente una vittoria! Questa è la terza volta che partecipo, mi sono classificato terzo per due volte, quest’anno volevo togliermi il sassolino dalla scarpa e ci sono riuscito, sono contentissimo. Per quanto riguarda la gara, fino a Passo S. Lugano nessuno riusciva a prendere l’iniziativa, eravamo tutti abbastanza stanchi, abbiamo fatto l’ultimo chilometro fortissimo prima di scollinare, poi siamo rimasti in tre, quindi io e Cominelli abbiamo preso l’iniziativa in discesa e siamo arrivati a giocarcela sull’ultima salita.» Cristian Cominelli «Quando abbiamo imboccato l’ultima salita con lo strappo duro avevamo già un buon vantaggio io e Johnny, ho visto che lui però aveva qualcosa in più di me. Ho mantenuto il mio ritmo e l’ho lasciato andare, mi ha preso quei 10 secondi che su una discesa così facile erano impossibili da recuperare, non c’era troppo da rischiare. Sono comunque contento di questo secondo posto, il parterre era di altissimo livello, quindi un grande risultato oggi.»

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LA VECIA FEROVIA DELA VAL DE FIEMME 2013: INTERVISTE

Tony Longo «Ci ho provato, dopo la media di due vittorie in due partecipazioni, oggi un terzo posto. Sono contento, non pensavo a questo risultato perché vengo da un periodo di riposo, a metà stagione ho tirato un po’ il fiato, stamattina sono sceso direttamente dall’altura, sapevo che la mia gamba non era molto brillante ma ho dato tutto perché nelle gare qui in regione ci tengo sempre a fare bene. Adesso preparerò bene le prossime di settembre ed ottobre.» Elena Gaddoni «È la mia prima volta alla Vecia Ferovia e sono riuscita a cogliere questa vittoria. La gara è davvero dura da interpretare, sono partita bene, poi nella salita mi ha raggiunto Anna (Ferrari ndr). Non ho mollato fino alla fine, poi sono riuscita a prenderla in discesa e ho mantenuto la testa fino all’arrivo. Sono stanca perché non sono abituata a queste gare con sola salita, però questa ha il suo fascino, è stato bellissimo nella galleria dove c’era anche il rumore del treno, mi è venuta la pelle d’oca quando sono passata di là!»

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Anna Ferrari «Va benissimo così, ero consapevole che la Gaddoni era più forte di me, sono riuscita a prenderla un po’ prima del GPM, poi mi ha passata nel finale, il distacco comunque è minimo, sono soddisfatta del mio secondo posto. Questa è una gara che mi piace un sacco.» Lorenza Menapace «Molto bene, sono riuscita a mantenere il podio anche questa volta, purtroppo ancora il terzo gradino. Ho tentato di tenere sia Elena che Anna (Gaddoni e Ferrari ndr) all’inizio, poi sono scappate via come un trenino, però sono felice, davvero tanto.»

c’è anche l’occasione per gustarsi un gelato, come si faceva una volta, dal furgone del gelataio fiemmese. A dire il vero per un attimo sono comparsi anche degli ospiti inattesi, un branco di mucche attirate dal piacevole profumino di pasta al ragù, poi subito riaccompagnate nei prati circostanti dal pastore. Il giorno di vigilia come consuetudine si è tenuta la Mini Ferrovia, la gara per i più giovani.

Il podio Men da sin.: Cristian Cominelli, Johnny Cattaneo, Tony Longo


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A ESTE LA KERMESSE TRA LE MURA DEL CASTELLO

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a cura di GIANLUCA BARBIERI

Al “Circuito del Castello” Piva e Squarcina ancora protagonisti La cittadina padovana, ancora una volta, ha offerto uno spettacolo di altissimo livello grazie alla mtb. Impeccabile l’organizzazione del Team Estebike Zordan, che ha disegnato un percorso rinnovato con nuove soluzioni tecniche di altissimo spessore. Per i bikers una giornata di grande spettacolo davanti a centinaia di appassionati assiepati lungo i 1.350 metri del tracciato.

E

Este (PD) – Chi è arrivato ad Este per gareggiare o semplicemente per vivere da spettatore il mitico ‘Circuito del Castello’, è tornato a casa con un ricordo indelebile. Il dato principale che certifica il successo della manifestazione è quello riferito al numero dei partecipanti che si sono dati battaglia nelle numerose batterie che si sono succedute per tutta la serata. Sono stati 209 coloro che hanno concluso le loro fatiche (su 225 iscritti). Numeri da capogiro se si pensa alla tipologia di gara. La qualità organizzativa indiscussa del Team Estebike Zordan, del Presidentissimo Renzo Zordan, società trascinatrice anche di Atestina Superbike, e il grande successo che sta riscuotendo la Coppa Colli Euganei Wilier Triestina, coordinata da Giampaolo Ruzzarin e l’ACSI Padova col suo Presidente Giuseppe Andreose, sono il giusto mix che ha portato al successo il Circuito del Castello 2013. Un percorso misto, disegnato tra l’interno dell’anfiteatro del Castello degli Estensi, dove abitualmente si svolgono manifestazioni culturali e musicali. Si è gareggiato in una location d’impareggiabile fascino, visto

che – in questi scorci – un certo Lord Byron compose alcune tra le più significative ‘righe’ dei suoi famosi scritti conosciuti in tutto il mondo. Alle ore 19.00 in punto il via alla prima batteria che ha visto ai nastri le categorie Primavera, Super G, Debuttanti e Donne. Al via molti atleti di alta caratura, con parecchi Campioni Italiani ACSI: solo nella prima batteria, ad esempio, si potevano notare le maglie tricolori di Giampietro Garofolin e Luisa De Lorenzo Poz, atleta di casa. La gara decollava subito, mettendo in evidenza i protagonisti di batteria. Infatti Garofolin, imprimeva subito il passo nella categoria maschile, mentre l’inossidabile Monica Squarcina superava la compagna di squadra Luisa De Lorenzo Poz, imprimendo alla gara un passo insostenibile per le altre (per lei vittoria quasi 3’ di vantaggio dalla più immediata inseguitrice). Nella seconda batteria, quella dedicata alla categoria Gentleman, il verdetto è rimasto in bilico fino all’ultimo giro, quando Renato Cecchetto dell’ASD Geko Bike ha impresso il suo spunto vincente, seguito a breve distanza dal duo Massimo Milanetto (XDrive) e Roberto Ambrosi (Falchi di Tuxon) arrivati a soli 18’ dal primo, ma a 2’ l’uno dall’altro. La terza batteria riservata ai Senior, con 45 arrivati, è stata forse la più intensa ed incerta. I protagonisti sono stati Francesco Raccanello (Due Torri Rovigo) e Mauro Simion (FPT) arrivati rispettiva-

mente primo e secondo con 13 millesimi di differenza l’uno dall’altro. Qui il sistema di Timing Data Service ha dimostrato tutte le sue potenzialità in termini di qualità del cronometraggio. Terzo classificato, a 25’, Mosè Savegnago (Adventure & Bike FCI). La vera sorpresa è giunta però dalla quarta categoria, i Veterani, che a causa del numero di iscritti, quasi 70, ha obbligato l’organizzazione a suddividere in due prove la loro gara, facendo partire i primi 30 in classifica della Coppa Colli Euganei, nella prima batteria e gli altri nella seconda. La gara era a tempo su 7 giri, quindi unendo i tempi delle due prove si è potuto procedere alla stesura della classifica finale. In questa batteria i protagonisti sono stati Davide Battistello (XDrive) che ha vinto nettamente la gara, ma la seconda posizione è stata contesa fino all’ultimo da Gianmaria Pertile (2 Torri Rovigo), Michele Marini (Racing Bike) e Vanni Balboni (Green Devils), arrivati a 2’ l’uno dall’altro. A notte inoltrata è andata di scena l’ultima batteria che prevedeva le categorie Cadetti e Junior, partiti a 30’ l’una dall’altra. Questa batteria è stata dominata dagli atleti dell’FPT che hanno vinto tutte le categorie. Si tratta di Manuel Piva, Junior, vincitore assoluto della serata e Gianluca Giraldin, Cadetti. Negli Junior Piva ha staccato l’atleta di casa Fabio Capuzzo (Estebike) ed Emanuel Boschetto (Euganea Bike), mentre nei Cadetti Giraldin ha avuto la meglio su Daniel Boschetto e Thomas Meliti, ambedue portacolori della Cicli Olympia. Per completare la serata, premi speciali alle società con maggior partecipanti: al primo posto si è piazzato l’Asd T.Bike, al secondo l’Euganea Bike ed al terzo il Team EsteBike, che si sono portati a casa un bel prosciutto crudo e confezioni di vino dei Colli Euganei.


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SALZKAMMERGUT TROPHY a cura di ALDO ZANARDI

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PARTY OF BIKERS

foto Erwin Haiden

La partenza del gruppo A

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La Salzkammergut Trophy è un evento unico nel panorama della mtb. L’aspetto agonistico, benché l’impegno psicofisico sia veramente importante per chi si cimenta sulle distanze maggiori, in questa manifestazione è in secondo piano. A Bad Goisern, un piccolo paese austriaco a sud di Salisburgo, non lontano dal lago di Hallstatt e dalla città imperiale di Bad Ischl, si respira aria di vera festa. Già giovedì le stradine del borgo sono invase da bikers provenienti da tutta Europa e oltre, ben 47 le nazioni rappresentate, che qui si riuniscono per vivere tre giorni esaltanti. La birra scorre a fiumi nei vari punti d’incontro e molti si ritrovano scambiandosi informazioni sul percorso per essere preparati ad affrontarlo, pronti a fare ogni sacrificio pur di portare a termine “l’impresa”. Sì, perché il percorso A, 211,3 km con 7.049 m di dislivello positivo, è una vera impresa da portare a termine. La partenza è data alle 5.00 del mattino, con le prime luci dell’alba, e i concorrenti hanno tempo fino alle 21.00 per portare a termine la prova, ben 16 ore da passare in sella. Ovviamente per i primi l’impegno è diverso, il portoghese Luis Leon Pinto, vincitore dell’edizione 2013, ha stabilito il nuovo record della gara con il tempo di 9:53:38, all’incredibile media dei 21.4 km/h. Anche il percorso B, 119.5 km con 3.848 m di dislivello positivo, è veramente impegnativo. La partenza è alle 9.00 e con il gruppo A sono gli unici a prendere il via da Bad Goisern. Complessivamente sono ben sette i percorsi previsti. Ma i veri eroi sono i numeri rossi, il blocco A, che all’approssimarsi al traguardo vengono accolti dalla folla entusiasta, che, con urla d’incitamento, accompagna gli “eroi” nelle ultime centinaia di metri. Un fracasso assordante per gli ultimi a terminare la prova intorno alle 21.00 e abbiamo assistito a numerosissime scene di gioia, con abbracci e pianti liberatori. Anche per gli spettatori il coinvolgimento è totale, l’emozione palpabile sui volti di chi si è fermato ad aspettare mariti, fidanzati, amici o semplici sconosciuti, con i quali condividere un momento di vera gioia. L’area expo, aperta dal venerdì, accoglie oltre 90 espositori e offre la possibilità di fare buoni acquisti.

foto Erwin Haiden

Tanti sono gli eventi collaterali che riempiono le giornate di venerdì, sabato e domenica. Venerdì pomeriggio l’XC eliminator, che ha visto confrontarsi oltre 60 bikers su un percorso allestito tra i vicoli di Bad Goisern, con ostacoli artificiali posti lungo il tracciato. Il già il vincitore in Coppa del Mondo, Daniel Federspiel, è stato il dominatore, davanti a Samuel Gaze (NZL) e Karl Markt. Alle 16.30 il Bike Film Festival, proposto da Bike & More, dove sono stati presentati alcuni importanti eventi internazionali. Crocodile Trophy, DolomitiLagorai Mtb Challenge, Trans Tunisie Marathon, Milenio Titan Desert by Gaes, TransAndes Challenge e Langkawi International Mtb


foto Erwin Haiden

Challenge, sono gli eventi illustrati nel dettaglio, con la presenza dei rispettivi organizzatori pronti a rispondere alle domande del pubblico. Fino a tarda notte musica e birra sotto il tendone nella piazza e nei numerosi locali brulicanti di gente. Alle prime luci dell’alba del sabato, nei viottoli si aggiravano i bikers del gruppo A in fase di riscaldamento, pronti a schierarsi in griglia per la partenza delle 5.00. L’atmosfera ovattata veniva rotta da qualche urlo d’incitamento, poi il via, con il lungo serpentone che si allontanava silenzioso, consci del fatto che avrebbero fatto ritorno solo molte ore dopo. Alle 9.00 è il turno del gruppo B. Gli schieramenti degli altri percorsi sono in comuni limitrofi, ma tutti sarebbero poi arrivati sul traguardo di Bad Goisern per ricevere il giusto tributo alla loro partecipazione. Il percorso, veramente spettacolare e impegnativo, non ha certo dato tregua agli atleti. Lunghe salite, interminabili discese e passaggi tecnici, si alternano senza soluzione di continuità. Poi il suggestivo “Ewigen Wand”, un passaggio scavato lungo una parete di roccia strapiombante, inframmezzato da due gallerie. Questo è il tratto più conosciuto della gara, presente in tutti i manifesti, noto in quasi tutto il mondo, e vi assicuro che percorrerlo è veramente un’esperienza esaltante. Una volta raggiunto il lago di Hallstatt, e percorsa tutta la sua sponda est, il “mostro”! Una salita di 6 km, pendenza media oltre il 25%, con tratti che superano abbondantemente il 30%. Qui è stata messa a dura prova la resistenza degli atleti. L’ultimo tratto, asfaltato, ha creato non pochi problemi per chi lo affrontava a piedi, la pendenza rendeva difficile l’aderenza delle scarpette e non oso immaginare la situazione in caso di pioggia, cosa non certo rara da queste parti. Fortunatamente quest’anno il tempo è stato clemente e ha regalato a tutti tre giorni di sole e temperature gradevoli. Ma veniamo alle fasi finali. Fin dal mattino gli arrivi si susseguono, con gli atleti dei percorsi più brevi a terminare agevolmente il loro impegno. La tensione sale per l’attesa del gruppo B, quello da 119 km

foto ALDO ZANARDI foto Bettina Ravanelli

Il vincitore Luis Leon Pinto


foto ALDO ZANARDI

e soprattutto dell’A, l’extreme da ben 211 km. Poco dopo le 15.00 gli arrivi del B, con gli atleti austriaci a farla da padroni. Netta vittoria per il giovane Hermann Pernsteiner, con il tempo di 5:08:43 alla media 23,2 km/h. Secondo, a quasi nove minuti David Schöggl e dopo altri dieci minuti Martin Feichtegger. In campo femminile vittoria per l’austriaca Sabine Sommer in 6:10:25, che ha preceduto la connazionale Tamara Muhr di ben ventiquattro minuti e la tedesca Tanja Trinkwalter a 36 minuti dalla vincitrice. Sul percorso A veniva dato al comando, con buon margine, il portoghese Luis Leon Pinto, ma colpo di scena, sul

foto ALDO ZANARDI

Podio 210 km Donne

Come già detto in precedenza, il momento più toccante è stato poco prima delle 21, quando il folto pubblico si è assiepato lungo le transenne in attesa degli ultimi concorrenti. L’emozione era talmente forte che in molti sono scoppiati in pianti liberatori, consci di aver compiuto un’impresa che resterà per sempre tra loro ricordi. Ma la giornata non era ancora conclusa. In una piazzetta, attigua all’arrivo, alle 23.00 aveva inizio l’After Race Party, con DJ, musica, luci, effetti speciali, tanta birra e vino, il tutto in estrema allegria. Il programma di domenica prevedeva ancora la DH con i monocicli e le junior races, ovviamente tutto contornato dal copioso pubblico festante. L’esperienza della Salzkammergut Tropy è veramente esaltante, fuori dai canoni delle nostre gare, un’esperienza da vivere almeno una volta.

Podio 210 km uomini

traguardo si presenta solitario il ceco Ondrej Fojtik e solo poco dopo giungeva Pinto. Iniziavano le discussioni, poiché il portoghese, a poco dall’arrivo, era preceduto da una moto che ha avuto problemi meccanici. Arrivato all’ultimo bivio tra i percorsi, in mezzo ad altri concorrenti, non é stato deviato verso il traguardo dal personale di percorso e solo dopo un paio di chilometri veniva avvisato dell’errore. Alla fine la giuria, in accordo con i concorrenti, assegnava meritatamente la vittoria a Pinto, che poteva così festeggiare. Terza piazza per il tedesco Rupert Palmberger. La gara femminile è stata dominata dalla tedesca Katja Hentschel, che ha preceduto l’italiana Michela Ton, specialista delle lunghe distanze e autrice di un’ottima prestazione. A completare il podio la brasiliana, di chiare origini italiane, Daniela Genovesi.

foto ALDO ZANARDI


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Novità dai produttori info@inbici.net

a cura della REDAZIONE

Torpado 2014 Collection

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Coraggio, innovazione ed esperienza “da campioni” sul campo: così nascono e crescono le nuove mtb Torpado.

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“Nasce” in laboratorio, sotto gli occhi esperti di ingegneri e progettisti; ma, in realtà, nasce anche dal fuoristrada, dal fondamentale apporto di campioni mtb e della loro esperienza: aerodinamicamente progettata nei minimi particolari per garantire stabilità, efficienza, sicurezza e performance da numeri 1. “Cresce” guidata dalle mani esperte dei team, sui tracciati veri: quelli che non fanno sconti, dove l’adrenalina della competizione è la linfa vitale di ogni biker che si rispetti. Sgomitando su sterrato, asfalto e single track viene subito messa alla prova nei più duri palcoscenici mtb del mondo. Così una bici Torpado da prototipo diventa realtà: un vero e proprio concentrato d’alta tecnologia, adatto a tutte le tipologie di tracciato, dal Cross Country al Gravity, e ad ogni stile di guida. Torpado da sempre è all’avanguardia nei suoi progetti, guidata anche dal coraggio di chi crede nelle proprie idee perché provenienti da intuizioni di campioni affermati, dalla comprovata esperienza sul campo, e di esperti preparati, competenti e attenti alle novità. La ricerca costante, giustificata dalla forte e significativa presenza sul mercato, fa il resto. Per questo, per prima, Torpado ha introdotto lo scorso anno la Nearco 27,5”: una vera e propria innovazione dall’enorme portata, diffusasi in brevissimo tempo nel mondo mtb grazie ad uno straordinario successo sul campo. Lo sguardo va sempre rivolto avanti, al futuro e senza paura: Torpado non si smentisce e, presentando la nuova Collezione 2014, torna con la consapevolezza di aver acquisito i galloni di azienda leader nelle innovazioni e di aver dato vita ad un nuovo standard intermedio in grado di soddisfare pienamente tutti, atleti, professionisti e sportivi appassionati di mtb. È seguendo l’assunto di base “la

virtù sta nel mezzo” che nascono le novità 2014 marchiate Torpado, per mixare al meglio la stabilità e la resistenza delle ruote più grandi da 29” con la facilità di manovra di quelle più piccole da 26”; il tutto supportato da un telaio progettato ad-hoc: l’Hardtail Nearco S 27,5”, l’evoluzione 2014 della Nearco 27,5”; e l’Enduro Full-suspended Noriker 27,5”, partorita dalla mente dell’Ing. Giulio Mancini e testata direttamente dal Team Gravity nei circuiti enduro più prestigiosi: va a sostituire la Moab Carbon nella gamma Torpado, presentandosi in un mercato competitivo e “affamato” come la grande novità Torpado di quest’anno. Ad arricchire l’offerta ci saranno ancora Ribot 29”, bici di comprovata stabilità e sicurezza, Nearco 27,5” e Levizir 29”. Un nuovo corso che conferma Torpado fra i massimi produttori internazionali di mountain bike per ampiezza di gamma, tecnologia e innovazione. Le idee non nascono dagli alberi, ma sono frutto di grande esperienza sul campo, passione infinita e di un attento lavoro di ricerca, disamina e verifica costante. Torpado è tutto questo, e tutto questo è sinonimo di innovazione sicura e di successo.


Noriker 27,5” Torpado ha studiato questa full suspended da Enduro con l’obiettivo di pedalare agevolmente in salita e guidare/volare in discesa. Il format intermedio da 27,5” si sposa perfettamente con le esigenze dell’Enduro, garantendo l’agilità di manovra del 26” e la stabilità del 29” in un’unica, innovativa soluzione. Il sistema quadrilatero con escursione 160 ant e 155 post è

Caratteristiche • • • • • • • • • • • •

stato realizzato per sfruttare il vantaggio delle ruote da 27,5”. La curva di compressione dell’ammortizzatore è stata studiata appositamente dai tecnici Torpado e testata dal Team nelle più difficili gare Enduro mondiali. Geometrie come angolo sterzo 66,5, angolo tubo sella 73 e lunghezza foderi 440 mm, permettono a questa full di essere agile, reattiva e leggera.

Telaio full 3k CA monoscocca Carro AL 6061 155 mm post, 160 ant Sistema quadrilatero sviluppato da Torpado Sterzo conico Attacco deragliatore direct mount Shimano Perno passante qr 15 Ant- X12 posteriore Attacco freno post mount 180-200 ant- 160-180 post Movmento centrale b.s.a. Reggisella telescopico con cavo integrato al telaio Peso telaio grezzo taglia M circa 2.100 gr senza ammortizzatore Peso stimato mtb completa: 12,8 kg


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FONTE DEL SAVIO BIKE a cura di IVANO OGNIBENE

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FABRIO PEZZI (TORPADO SURFING S.) A SEGNO ALLA “FONTE DEL SAVIO BIKE”

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Montecoronaro (FC) – Una splendida giornata di sole ha baciato, lo scorso 4 agosto, la 7ª prova del Campionato Romagna Bike Cup, che ha visto la presenza di oltre 370 atleti in rappresentanza di oltre 45 società. Siamo a Montecoronaro, nell’Appennino Romagnolo al confine tra le tre regioni di Toscana e Romagna, un territorio molto suggestivo, ai piedi del Monte Fumaiolo, in una giornata relativamente fresca e ventilata, ideale per gli amanti delle ruote grasse. Uno spettacolo, il via di questa prova che, con oltre 370 atleti sotto l’arco di partenza all’interno del Parco di Montecoronaro, ha regalato a pubblico e protagonista una giornata di grande sport, come rimarcato anche dagli organizzatori di Pro Loco e Promosport, che non si sono risparmiati per celebrare l’evento nel migliore dei modi. La gara, un tracciato di 28 km per le categorie maggiori ed un percorso ridotto (14 km) per le categorie Giovanili, è partita dal Parco di Montecoronaro, con giro lanciato nelle vie del paese, verso il Monte Fumaiolo, per poi proseguire verso la Fonte del Savio, dove i migliori, subito all’attacco, hanno preso il largo, distanziando nettamente il resto del gruppo. Subito in evidenza Fabrizio Pezzi (Torpado Surfing) che, alle vetta del Monte Castelvecchio, transita solitario con un vantaggio di oltre 15’’ su Mattia Capace (Forti Liberi). Più staccato Cristian Fabbri (Passion Bike). La gara prosegue verso i Rifugi della Moia e San Giuseppe e s’inerpica verso l’Eremo di Sant’Alberico, che vede il passaggio dei migliori in posizioni immutate. Il percorso di gara prevede, a questo punto, l’ultima salita dei Barattieri, dove un Fabrizio Pezzi in gran spolvero, transita con 10’’ di vantaggio sui diretti inseguitori; ritorno verso la Fonte del Savio e poi a tutta velocità verso la zona di arrivo, posta all’interno del Parco di Montecoronaro, che vede netto vincitore Fabrizio Pezzi, con il tempo di 1h 23’ 15’’.

CLASSIFICHE Uomini km 28: 1° Fabrizio Pezzi (Torpado Surfing S.) 2° Mattia Capace (Forti Liberi) 3° Cristian Fabbri (Passion Bike) Donne km 28: 1a Monia Conti (Santarcangiolese) 2a Valeria Bartolini (Torpedo Bike) 3a Marta Maccherozzi (Gruppo T.N.T.)

Al secondo posto un ottimo Mattia Capace, con la terza piazza a Cristian Fabbri. Nella categoria giovanili, bellissima prova di Tommaso Acerbi (Venture Adventure), mentre nella categoria Donne MW2 netta vittoria di Monia Conti (Santarcangiolese). Al termine della gara, dopo un ottimo ristoro finale, si procedeva alla consegna dei premi per i concorrenti delle varie categorie e Società. Alle ore 16 la tradizionale Gimcana per bimbi dai 4 ai 12 anni,

al termine della quale, è partita la vera festa per i più piccoli, con il tradizionale Nutella Party, e la consegna dei premi a tutti i partecipanti, che conclude questa giornata di sport, dedicata alla Mountain Bike. Per informazioni: 338 6834464 www.romagnamtb.it E-mail: info@romagnamtb.it


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Accelerazione, Agilità e Leggerezza uniti ai vantaggi della 29”. Il pioniere della mountain bike Gary Fisher, sostiene che le ruote più grandi consentono performance migliori, grazie al fatto che riducono l’angolo di attacco (quindi facilitano il passaggio di ostacoli) e la porzione di contatto del copertone risulta maggiore. Anni di competizioni con le 26” uniti ai vantaggi della ruota più grande, hanno permesso a Torpado di sviluppare la 27,5”. Questa evoluzione, unisce i vantaggi della 29” (stabilità, sicurezza nell’affrontare l’attraversamento di ostacoli) mantenendo accelerazione, agilità e leggerezza della 26”. Le geometrie, inoltre, sono state cambiate per mantenere le caratteristiche della 26” come il movimento centrale che rimane alla stessa altezza. Questo è il motivo per il quale Torpado ha scelto la Nearco 27,5”: il giusto compromesso.

Geometria e angolo sterzo sono di 70°, Piantone 73°, lunghezza foderi orizzontali 425 mm. È stata adottata la scelta di proseguire sviluppando il tubo della T50 a forma trapezoidale che dà rigidità nella pedalata. Tutti i contenuti tecnologici che la ricerca ha messo a disposizione, sono sintetizzati in questa mountain bike.

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Stretching Nello Sport

a cura del Dr. Massimiliano Muccini

7ª PARTE La parte pratica: 1° fase Raccolta Dati Anamnestetici e Tests Articolari

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La parte pratica si divide in due fasi: la prima riguarda la raccolta dei dati anamnestetici del soggetto, per approfondire la sua storia su eventuali infortuni, traumi recenti o pregressi e per calibrare al meglio i test articolari. Inglobati nella prima fase, appunto, sono i test articolari, fondamentali per verificare la flessibilità: una volta completati, l’allenatore è in grado di programmare le sedute di stretching specifiche per lo sport prescelto. Attenzione! Affrontare lo stretching da soli può portare a conseguenze negative sia sul piano articolare e posturale, il “fai da te” è dunque caldamente sconsigliato, è invece consigliata la presenza di un esperto. Nella seconda fase si passa alla parte pratica mantenendo come riferimento le raccomandazioni indicate nella sesta parte. Partendo dal concetto di stretching (flessibilità) dobbiamo enunciare cosa è lo stretching o flessibilità: “è definita dall’abilità di flettere, estendere o circondurre le articolazioni del proprio corpo attraverso il completo raggio di azione (ROM) senza una sostanziale diminuzione della forza in ogni punto del movimento”. Una frase che ci fa capire che se noi siamo flessibili in maniera ottimale siamo anche più forti! E voi care amiche ed amici volete essere flessibili e forti, vero? Credo che tutte le discipline sportive siano orientate a perseguire questo obiettivo, nondimeno il ciclismo. Non si tratta di raggiungere gradi di flessibilità da ballerini di danza classica, ma di rendere fluidi i movimenti e quindi avere maggiore raggio di azione per il gesto tecnico e maggiore potenza erogata. Come base di partenza il professionista del fitness e della salute deve testare prima il soggetto, valutando il suo ROM. Esistono in letteratura scientifica una serie di Test fondamentali ma non esaustivi che ora vi illustro:

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una particolare tensione, significa che la flessibilità dei muscoli posteriori della coscia sono adeguati.

1) “Sit and Reach Test” utilizzato per valutare la flessibilità del tronco, dell’anca e della spina dorsale sul piano sagittale. I muscoli che limitano maggiormente la flessione del tronco sono gli ischio crurali (parte posteriore della coscia nda) Il soggetto è seduto sul pavimento, gambe tese ed unite, egli flette il busto in avanti cercando di toccare con le mani la punta dei piedi (o ancora meglio la pianta dei piedi)

foto EXRX.net

2) “Test da supino sui muscoli ischio crurali”: gambe tese ed unite, in seguito elevare la gamba mantenendola tesa sia sul piano sagittale fino a procurare tensione muscolare percepibile oppure quando si cercherà di compensare elevando la gamba opposta. Se la gamba sottoposta a test si eleva fino alla verticale senza che si sviluppi

3) “Test di estensione del tronco”: il soggetto è sdraiato prono sul pavimento come l’esercizio di piegamenti sulle braccia (le famose “flessioni”). Egli deve cercare di flettere indietro il busto stendendo le braccia e mantenendo il bacino al contatto col suolo. Un buon grado di flessibilità dovrebbe consentire di distendere completamente le braccia senza sollevare le anche.

Massimiliano Muccini, Dottore in Scienze e Tecnologie del Fitness e Prodotti della Salute, Università di Camerino, si occupa da più di ventisei anni di fitness e preparazioni atletiche per vari sport, consulente Inkospor, certificato American College of Sports Medicine Health & Fitness Specialist (l’autorità nel campo della sperimentazione e nella ricerca sportiva),Tecnico di Riequilibrio Posturale. Tesoriere Nazionale di ADISF (Ass.ne Italiana Dottori Scienze del Fitness), Presidente di ScienzedelFitness.com ASD che organizza seminari e corsi per il settore fitness e wellness. Riceve nell’ambulatorio di Via Pascoli, 172 a Rimini. Per appuntamento telefonare dal lunedi al venerdi al numero: 347.8864440 dalle 18.15 alle 19.30. Per contatti: info@muccinitrainer.it www.muccinitrainer.it


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Le trenta candeline del team Melania OmM Frw a cura della REDAZIONE

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A Riccione torta di compleanno con ciliegina: le cinque maglie tricolori

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Gli ingredienti c’erano tutti: le maglie tricolori, i calici per brindare, le hostess mozzafiato e le telecamere delle tv. La cornice ideale, insomma, per celebrare una storica ricorrenza: i trent’anni di attività del team Melania Riccione OmM Frw. Un’occasione alla quale il destino ha voluto mettere una ciliegina: le cinque prestigiose maglie tricolori conquistate a Castelluccio Inferiore, sulle strade di Potenza. Per festeggiare questi (ed altri) prestigiosi traguardi, lo scorso 13 agosto, allo chalet ristorante Ranch Saloon di Riccione, si sono dati appuntamento i grandi protagonisti di questa trionfale stagione. Sorrisi, grande senso di appartenenza, il rituale bouquet di belle donne e, ovviamente, loro, i volti vincenti di questo formidabile sodalizio: dal presidentissimo Fabrizio Petritoli alla responsabile marketing (nonché impeccabile organizzatrice) Sonia Roscioli, passando poi per Mister Frw Claudio Brusi. Tra le guest star della serata anche Walter Bartolomei (titolare della cantina Ciù Ciù di Offida), lo scalatore in carrozzina Luca Panichi, che ha annunciato la sua ultima strabiliante avventura (il giro del Gp Capodarco), il Vicesindaco di Riccione Lanfranco Francolini, Emiliano Neri (responsabile di Bicisport), Luigi Bielli (Tecnico Nazionale di Ciclocross), l’avvocato Marco Baldassarri, Sergio Marconi del Fustellificio Saf, il grande Fabio Roscioli ex ciclista professionista, le responsabili della Melania e, per InBici, gli editori Maurizio e Sara Rocchi. Una bella festa, insomma, e non poteva essere che così, con gran finale al “sabor latino” con lo show delle ballerine brasiliane. Gran cerimoniere nonché conduttore della serata è stato il giornalista sportivo Stefano Bertolotti supportato nell’occasione dal giovane Ivan Cecchini, che hanno ricostruito – con l’ausilio di filmati – i grandi

successi della Melania Omm Frw. A fare gli onori di casa, ovviamente, il Presidente Fabrizio Petritoli insieme al responsabile marketing Sonia Roscioli, che hanno accolto tutti gli invitati con l’abituale simpatia. Ma, in fondo, i veri protagonisti sono stati loro, i campioni italiani presenti – Wladimiro

D’Ascenzo, Mauro Nucciarelli, Alessandro Fantini e Davide D’Angelo – che hanno mostrato con orgoglio il loro tricolore, sventolandolo anche al momento del taglio della torta insieme alle Miss Maria Giulia e Milena, raccogliendo fragorosi applausi da parte di tutti i presenti.


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Pedalando dentro un quadro di Van Gogh a cura di Andrea Mason

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Dalle falde dei Pirenei a Santiago de Compostela, il diario di bordo di un gruppo di amici sulle vie dei pellegrini

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Avvertenze per l’uso. Sono salito in sella dopo anni e anni di maratone e, dunque, di corse a piedi. Ma pedalare da Saint-JeanPied-De-Port, alle falde dei Pirenei, in Francia, fino a Santiago de Compostela – tragitto di oltre 750 chilometri – percorrendo la via dei pellegrini più famosa del mondo mi è parsa l’offerta della vita. Praticamente a digiuno di bicicletta, forte di una buona condizione fisica, ho accettato l’invito di un gruppo di biker molto tecnici, preparati e, soprattutto, appassionati. Tutti vicentini. Marco Pasquin, Maurizio Alba, Franco Vaccari, Diego Coletini e Renzo Padoan ac-

compagnati da Massimo Mascari, che si è occupato della logistica. Tempi stretti (ahimé) quelli ritagliati dai nostri impegni. Da qui la scelta, obbligata, di pedalare in scioltezza, con i bagagli che ci hanno accompagnato su un mezzo di appoggio. Ma con l’intero tracciato percorso esattamente sulla via dei pellegrini, dunque perlopiù lontani dalle vie asfaltate spesso preferite dagli altri ciclisti carichi di borse. L’amico Pierangelo Liotto ha sopperito alle mie mancanze mettendomi a disposizione una Advance da 26 pollici in carbonio, perfettamente attrezzata per la difficoltà del cammino ma adattata ai miei requisiti di comodità (e di scarsa dimestichezza tecnica). La cavalcata che ha portato a seguire la “conchiglia” (il segnavia verso Santiago) lungo Roncisvalle, Pamplona, Logrono, Burgos, Leon, Astorga, Ponferrada, O Cebreiro, Sarria e Palas De Rei, attraverso Navarra, Rioja, Castiglia e Leon fino alla Galizia, ha rappresentato un vero e proprio pellegrinaggio. Costruito e forgiato su fatica, amicizia, passione, scoperta di un profondo senso di spiritualità da parte dei pellegrini e di un forte spirito di condivisione, solidarietà e amicizia. Impressionante il susseguirsi di paesaggi, viottoli, sentieri, alternati a impressionanti salite, discese mozzafiato estremente tecniche e continui saliscendi. Non un metro regalato al riposo, ma impreziosito dai profumi delle cortecce del

bosco, delle praterie di fiori di camomilla e di ginestra, dalla sensazione di trovarsi all’interno di un quadro dipinto da Van Gogh. La fortuna di non essere stati toccati da un goccio di pioggia lungo gli otto giorni di tiratissimo “cammino”. Tempi stretti che, se da un lato, hanno un po’ “sfumato” la personale ricerca di vicinanza con la vera essenza del pellegrinaggio, dall’altro hanno comunque permesso una totale immersione nello spirito del sentiero. Abbiamo incontrato camminatori e ciclisti da ogni parte del mondo. Molto preparati, di solito. Altre volte in format tecnici piuttosto inconsueti e tutt’altro che performanti. Ma il senso del cammino, lo abbiamo respirato fino al midollo. Abbiamo seguito le frecce gialle lungo tracciati millenari, sentieri impervi e dalla bellezza sconvolgente, a fianco di cavalieri e pellegrini accompagnati da muli affardellati. Abbiamo guadato piccoli torrenti e “cavalcato” le nostre “speciali” lungo le mesetas, i grandi altipiani tra Burgos e Leon, sentendoci dei moderni cavalieri fino a ritrovarci alla messa del Pellegrino, a mezzogiorno, con le nostre Compostele timbrate, segno della conclusione del Pellegrinaggio. I saliscendi che hanno interrotto i ritmi delle nostre pedalate fino all’ultimo chilometro ci sono stati fedeli compagni lungo un’avventura iniziata come una sfida e conclusa, personalmente, con l’essere tornato a toccare con il cuore e la mente una spiritualità vitale. Lungo un Cammino che ha saputo creare, nei tempi bui di oggi, una corrente spirituale e culturale che rappresenta un fecondo scambio tra i popoli di tutta Europa e del mondo intero. Le nostre bici hanno sostituito le gambe (ma non sempre), ma il cuore ha battuto sempre con lo stesso sentire di tutti i pellegrini. Pedalare in libertà verso dove riposano i resti di San Giacomo è stata un’avventura meravigliosa. E allora, prendete le vostre bici e provate ad immergervi lungo questo Cammino. Tornerete a casa con il pieno di energia. Che siate credenti o meno. Buon Cammino.


VALMARECCHIA MTB DAY

Ritrovo ore 07:30 c/o Superteam ARENA Strada Provinciale 15 bis - Verucchio (RN)

Prima Edizione del Valmarecchia MTB day. Escursione cicloturistica aperta a tutti, che da la possibilità di stare in mezzo alla natura nel vasto ed affascinante territorio della Valmarecchia. Tracciato diviso in 3 percorsi da 30-45-60 km, totalmente segnalati. Punti di ristoro allestiti lungo i percorsi e Pasta Party all’arrivo. Iscrizioni 29 settembre ore 07:30/09:00 con partenza alla francese. Pre-iscrizioni c/o G-Mobile (RSM), Dimodochè (Villa Verucchio) Saranno premiate le 5 squadre più numerose: 1) prosciutto di kg. 8 circa 3) mortadella di kg. 5 circa 2) prosciutto di kg. 5 circa 4) mortadella di kg. 3 circa 5) kg. 8 pasta di grano duro

Quota iscrizione € 10,00 gratuita fino a 14 anni.

Info-line: giampiero@asdsuperteam.com - Bigly-335203203 / Rocco-3280365587 CON IL PATROCINIO DELL’AMMINISTRAZIONE COMUNALE DI VERUCCHIO


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QUARTA PROVA TOUR 3 REGIONI a cura di IVANO OGNIBENE

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Un superbo Francesco Casagrande sugli scudi alla “STRACCABIKE”

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Il meteo favorevole già lasciava presagire una giornata coi fiocchi, ma alla fine, la quarta prova del Tour 3 Regioni Scott, andata in scena lo scorso 2 settembre, ha superato le più rosee aspettative. Sul meraviglioso tracciato disegnato nell’entroterra aretino di Pratovecchio, si è stabilito il record assoluto di presenze con ai nastri oltre 950 concorrenti, in rappresentanza di 74 società, provenienti da varie Regioni. E ai margini del tracciato, assiepati dietro le transenne, tantissimi accompagnatori si sono goduti le meraviglie naturalistiche della campagna toscana. Il percorso di gara, un grande classico ormai per il cicloturismo, si snodava lungo 53 chilometri con un dislivello di 1.800 metri. Sulla linea di partenza, gradito ospite Francesco Casagrande del Team Cicli Taddei. Partenza alle 9.30 da viale Roma con il lungo serpentone che si lancia a tutta velocità verso Stia. Da qui ci si inerpica verso Poggio Bellano. La corsa entra subito nel vivo ed i migliori cominciano a fare selezione. Subito in evidenza Francesco Casagrande (Cicli Taddei) che – dopo una quindicina di chilometri – transita solitario con una trentina di secondi di vantaggio sulla coppia formata da Di Marco e Rocchetti. Bisogna attendere ancora una manciata di secondi prima di scorgere Balducci, Corsetti, Vega Burzi ed

Manuele Spadi, gli altri protagonisti più attesi di questa gara. Si affronta la prima discesa tecnica verso Le Molina, per poi risalire verso Poggi di Porciano, dove inizia la galoppata in solitudine di Francesco Casagrande, che transita in vetta con un vantaggio di 2’ 10’’ su Mirco Balducci e Leopoldo Rocchetti. Il percorso prosegue lungo un crinale molto suggestivo con una discesa in sigle track verso Stia, per poi affrontare la seconda scalata di 10 km verso la vetta del Cotozzo e Bocca Pecorina, dove Francesco Casagrande, in grande spolvero, distanzia ulteriormente gli avversari e taglia il traguardo in perfetta solitudine con il tempo record di 2h 08’ 37’’. Dura la lotta alle sue spalle per le altre posizioni del podio. Alla fine a prevalere è il neo Campione del Mondo categoria Master, Mirco Balducci, che s’impone in volata su Leopoldo Rocchetti. In campo femminile dominio di Pamela Rinaldi categoria MW1, mentre nella categoria MW2 Monia Conti ha la meglio su Barbara Genga. Nella giornata di sabato, invece, è andata in scena la tradizionale Mini Straccabile riservata ai bambini da 5 a 12 anni. Oltre novanta gli iscritti per un epilogo che più dolce non si può: l’attesissimo Nutella Party. Al termine della manifestazione, il GC AVIS Pratovecchio, per non smentire la tradizionale ospitalità toscana,

ha offerto a tutti i concorrenti un pasta party completo e ristori vari con prodotti locali, per poi proseguire con la premiazione finale dei concorrenti delle varie categorie e le Società. Degno finale di una giornata da ricordare. Per informazioni: 338 6834464 www.romagnamtb.it - info@romagnamtb.it CLASSIFICHE Uomini km 51: 1° Francesco Casagrande (Cicli Taddei) 2° Mirco Balducci (Team Galluzzi) 3° Leopoldo Rocchetti (Team Cincolani) Donne km 51: 1a Pamela Rinaldi (Ciclissimo Bike) 2a Monia Conti (Santarcangiolese) 3a Mistretta Beatrice (Cicli Taddei) Leader Tour 3 Regioni FRW dopo la 4ª prova: Junior Alberto Pignati (Superbike Team) ELMT Roberto Rinaldini (Scott Pasquini) M1 Simone Lunghi (Mondo Bici) M2 Serghey Mikhailouski (Mondo Bici) M3 Fabrizio Pezzi (Torpado Surfing Shop) M4 Renato Papaveri (Scott Pasquini) M5 Perini Gilberto (Torpado Surfing Shop) M6 Marco Calise (Valle del Conca) MW1 Barbara Genga (I Briganti) MW2 Macherozzi Marta (Gruppo TNT)


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ITALIAN 6 RACES a cura di IVANO OGNIBENE

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Rocchetti sugli scudi alla “Medio Fondo del Chiasso”

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Pianello (Pg) – Una giornata splendida ha fatto da cornice, domenica 18 agosto, alla sesta ed ultima prova dell’Italian 6 Races 2013 che – con questa gara – scrive un nuovo importante capitolo della sua storia. Una tappa nobilitata dalla presenza di Francesco Casagrande (Cicli Taddei) che va in archivio con un grande successo di partecipanti (oltre 500), a conferma dell’appeal crescente di una manifestazione che, anno dopo anno, continua a guadagnare consensi. Ad iscrivere il suo nome nell’albo d’oro della 12esima Medio Fondio del Chiasso è Leopoldo Rocchetti, alfiere del Team Cingolani, mentre nella competizione femminile trionfa Monia Conti del Team Santarcangiolese. Il percorso di gara, presentato dal Velo Club Pianello, si è dipanato lungo un suggestivo tracciato di 43 chilometri con un dislivello di 1.350 metri. Partenza in mattinata dal Centro Sportivo e, dopo un breve trasferimento, l’asfalto comincia a salire sulla rampa che immette alla Fratticola Selvatica, dove Francesco Casagrande (Cicli Taddei), seguito da Leopoldo Rocchetti (Team Cingolani), Serghei Mikhailousky (Mondo Bici) e Roberto Crisi (Kento Racing) prendono il largo, distanziando nettamente il resto del gruppo. Al termine della prima discesa tecnica, che porta al guado del Fiume Chiasso, al comando in perfetta solitudine c’è proprio Francesco Casagrande, che transita con un van-

taggio di 1’ 10’’ sui diretti avversari. Il percorso prosegue poi lungo un tratto di crinale molto suggestivo, verso la salita dell’Impiccato, dove – di fatto – si decide la gara. Per un errore di percorso, infatti, Casagrande lascia campo libero a Leopoldo Rocchetti (Team Cingolani) che giunge al traguardo in perfetta solitudine, con il tempo record di 1h 59’ 25’’. Sul secondo gradino del podio Serghei Mikhailousky (Mondo Bici), sul terzo un ottimo Roberto Crisi (Kento Racing). Al termine della manifestazione, il Velo Club Pianello, che da sempre si distingue per la cultura dell’accoglienza, ha offerto a tutti i concorrenti un Pasta Party a base di prodotti locali. Al termine, secondo il protocollo di rito, le premiazioni dei concorrenti delle varie categorie e delle Società.

Per informazioni: 338 6834464 www.romagnamtb.it - info@romagnamtb.it

CLASSIFICHE Uomini km 41: 1° Leopoldo Rocchetti (Team Cingolani) 2° Serghei Mikhailousky (Mondo Bici) 3° Roberto Crisi (Kento Racing) 4° Daniele Lancioni (Parkpre Giordana) 5° Riccardo Poggiali (A&T Cycling) 6° Matteo Garattoni (Santarcangiolese) 7° Luca Chiodi (Centro Italia Bike) 8° Renato Papaveri (Scott Pasquini) 9° Michele Ghiselli (MTB Durantini) 10° Marco Pretolani (Torpado Surfing S.) Donne km 41: 1a Monia Conti (Santarcangiolese) 2a Elisa Gastaldi (Baracca Lugo) 3a Romina Perugini (Bikeland) 4a Marta Bacherozzi (Gruppo TNT) 5a Manuela Rinaldi (Team Fausto Coppi) Classifica Finale Italian 6 Races 2013 Junior Giacomo De Paoli (Ecology Team) MW1 Elisa Gastaldi (Baracca Lugo) MW2 Marta Maccherozzi (Gruppo TNT) ELMT Lorenzo Pierpaoli (Team Fausto Coppi) M1 Simone Lunghi (Mondo Bici) M 2 Serghey Mikailousky (Mondo Bici) M 3 Fabrizio Pezzi (Torpado Surfing S.) M 4 Renato Papaveri (Scott - Pasquini) M 5 Mario Rossi (Santarcangiolese) M 6 Marco Calise (Valle del Conca)



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CAMPIONATO EUROPEO UEC

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UNA KERMESSE CHE HA VISTO PROTAGONISTI I MIGLIORI BIKERS D’EUROPA

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È stata una grande settimana all´insegna della mountain bIke fortemente voluta dall’UEC, l’Unione Ciclistica in Europa, 32 le diverse partenze durante i 7 giorni di gare con 400 biker provenienti da 17 diverse nazioni che hanno partecipato con grande entusiasmo e portato a casa risultati favolosi.

italiani iscritti alla manifestazione. In una giornata caldissima con tanto sole hanno dovuto affrontare un percorso “mondiale” durissimo, lungo 104 km con 3.818 metri di dislivello per gli uomini, 84 km per le donne, ma per entrambi con la lunga discesa tecnica dallo Schöckl, la montagna di Graz.

Graz/Stattegg (Austria) – La prima parte della settimana tra il 12 e il 16 agosto è stata dedicata ai biker giovani (Allievi ed Esordienti) con oltre 100 squadre provenienti da tutta Europa, di cui ben 15 squadre italiane, manifestazione terminata con la vittoria della piemontese Martina Berta che ha portato all’Italia uno dei 4 titoli europei. Solo due giorni dopo, il 18 agosto, si è svolto nella stessa località l’altro attesissimo evento europeo, quello dedicato ai Master (MTB Marathon) con biker rigorosamente sopra i trent’anni. la gara si è disputata nell’ambito della Bike Marathon Graz/Stattegg valido anche come tappa dell’UCI Marathon World Series 2013. Tantissimi quest’anno i Master

L’UCI Serie è stata vinta dal forte austriaco Christoph Soukup che quest’anno ha ulteriormente migliorato il suo tempo di gara (4:28:55,9 già tempo da record l’anno scorso) davanti ad alcuni “nostri”, bensì il russo della Full Dynamix Alexey Medvedev e il campione italiano Juri Ragnoli. Tra le donne la vittoria è andata alla polacca Ziolkowska Michalina (4:46:38,5) che vince la gara davanti alla tedesca Katrin Schwing e Sabine Sommer (AUT). Molto attesa la gara che assegnava le maglie di Campione d’Europa Marathon riservata alle categorie Master infine vinta dal forte austriaco Georg Koch (M3) con un

tempo di 4:54:09,4 battendo i suoi forti rivali italiani Marzio Deho (secondo a 5:34,9) e Mauro Bettin (quarto). Ottimi i risultati degli italiani in gara! Infine all’Italia quest’anno vanno 4 titoli europei (vedi foto di gruppo con Marzio Deho, Marco De Polo, Gilberto Perini e Samantha Todone) dominado in molte categorie: Marzio Deho si aggiudica la categoria Master 4, Mauro Bettin giunge secondo Master 4 e Marco De Polo è primo della Master 2, Emiliano Ballardini secondo Master 3, Gilberto Perini vince nella Master 5 (è la sua quarta vittoria a Stattegg!), Nicola Corsetti arriva secondo nella Master 1, Agostino Andreis secondo nella Master 2 e infine Andrea Borgogno terzo Master 1. In campo femminile la vittoria assoluta va, come nell´edizione precedente, a Samira Todone categoria Master Women 2 con un tempo di 5:08:52,1, va sul podio assieme ad Antonella Incristi, seconda nella stessa categoria. Chiara Selva giunse terza nella Master Women 1, come anche Roberta Sacchelli ma nella Master Women 3.




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