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Anno VIII n°7 • ottobre 2016
Photo by Newspower.it
NUOVO
circuito granfondistico
NAZIONALE 2017
Vuelta Spagna 2016 - Opera d’arte by Bettiniphoto
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L’INTEVISTA
VITTORIO MEVIO, ANIMA E CORPO DEL
G.S. ALPI
Al centro Vittorio Mevio con l’avvocato Gianluca Santilli e il presidente Renato Di Rocco - photo by Newspower.it
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etti una camicia (molto spesso gialla, come i colori del suo Team organizzativo), la barba brizzolata e curata, gli occhiali da vista e quello sguardo intenso che scruta fisso di fronte a sé e ti accorgi subito di avere di fronte un personaggio dalle idee molto chiare. Un uomo del nord, un imprenditore delle manifestazioni che hanno come protagonisti i ciclisti e ovviamente le due ruote. Quell’uomo è il timoniere di un gruppo che si chiama G.S. Alpi e che negli ultimi anni ha organizzato un numero importante di eventi in buona parte della penisola. Quell’uomo ha i modi gentili ma decisi, ha il carisma del leader, quell’uomo si chiama Vittorio Mevio. Se lo si incrocia alle corse, è una di quelle persone che ti rimangono impresse. Se lo si incrocia altrove, è bene sapere che lui, la testa, ce l’ha sempre “sintonizzata sugli eventi sportivi e, soprattutto, prima di tutto, sulla sicurezza degli stessi. Vulcanico e diretto, Vittorio è solito regalare ai suoi affezionati clienti (che poi sono
i granfondisti e mediofondisti) succulente novità per il nuovo anno. E per il 2017, oltre ad alcuni punti fermi del suo lavoro, le novità sono tantissime. Un programma, quello dell’anno venturo, che si preannuncia pieno di impegni, a partire dal 26 febbraio, con la Granfondo Laigueglia. Poi la Granfondo di Alassio, la Granfondo di Novara, la Granfondo Gavia e Mortirolo, la Granfondo di Torino, la Granfondo delle Cinque Terre e la Granfondo Don Guanella. Buongiorno Vittorio, lei e il G.S. Alpi siete ormai un binomio affermato nel mondo delle due ruote. Come e perché nasce questo sodalizio organizzativo? Nasce più di vent’anni fa a seguito di una battuta di un esponente della Federazione Ciclistica Italiana, che mi disse: “anche voi della Valtellina potreste organizzare qualcosa”. E’ scattata subito la sfida, con il carattere dei montanari, per dimostrare che quel “anche voi” poteva e doveva portare a qualcosa di buono. Lì è nato il GS Alpi spaziando inizialmente tra Strada,
MTB e Downhill, seminando qua e là eventi per ogni specialità. Qual è stata la sua prima fatica organizzativa? Risale alla fine degli anni 90,quando il GS Alpi firma la prima Granfondo su strada: la Granfondo delle Alpi con partenza e arrivo a Chiesa in Valmalenco. L’anno successivo arrivò invece la prima Granfondo MTB: la Costiera dei Cech a Morbegno. Quanto sono cambiati i percorsi, gli eventi e i praticanti? Per quanto riguarda percorsi ed eventi si è sempre più alla ricerca del coinvolgimento del territorio, con le sue peculiarità, le sue bellezze, tradizioni, cultura e storia. Il fatto di scoprire tutte le nostre bellezze dovrebbe a mio avviso lo scopo primario di una granfondo. Per i praticanti, ahimè c’è forse oggi troppa esasperazione, un eccessivo agonismo che certamente rischia di non portare del bene al movimento. Forse credo sia arrivato il momento di cercare soluzioni che
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A cura di Paolo Mei
Due chiacchiere con uno dei più conosciuti organizzatori di granfondo ciclistiche in Italia, analizziamo il nuovo circuito “INBICI TOP CHALLENGE”, quello patrocinato proprio dalla nostra rivista. Vittorio Mevio preannuncia un 2017 stellare.
abbassino un po’ i toni nell’interesse di tutto il movimento. Ottobre e novembre sono i mesi del riposo, ma un buon organizzatore in questi mesi deve avere ben chiare le idee sulla stagione successiva. A giudicare dal suo programma, da noi descritto nell’introduzione, a voi non mancheranno gli impegni. Cosa vi spinge ad aumentare, anno dopo anno, il carico di lavoro? E’ la voglia di mettersi sempre in gioco anche se a dire il vero l’impegno che mi ero recentemente preso era quello di tagliare almeno un evento per l’anno 2017. I risultati invece dicono esattamente il contrario con l’inserimento di nuovi eventi, entrambi dettati, per motivi diversi, l’uno dal cuore e l’altro dalla gratitudine. Nel primo, la GF Don Guanella a Lecco, c’è solo cuore e solidarietà che vengono da un rapporto straordinario consolidato in questi anni con Don Agostino, direttore di Casa Don Guanella a Lecco. Tutto il ricavato della gran fondo servirà
al completamento della cascina in fase di realizzazione e nella quale il Don sta impegnando oltre settanta giovani profughi. Questo succede quando lo sport diventa solidarietà !!! Come si fa a chiamarsi fuori ? L’altro evento invece è un debito di riconoscenza nei confronti un un amico che mi ha chiesto questo ulteriore sforzo e al quale, per stima e amicizia, non ho potuto e voluto dire di no. C’è una gara a cui è particolarmente affezionato? Ormai per me le gare sono un po’ come i figli. Si è per forza affezionati a tutte le proprie gare, anche se quella che ti frulla sempre per la testa rimane sempre quella dell’Aprica, forse perché nata come Granfondo Pantani. Ancora oggi nonostante abbia più volte modificato il nome nella testa della gente rimane sempre “la Pantani”. D’altro canto Gavia, Mortirolo e Santa Cristina non ce li siamo mica inventati noi. Per quanto riguarda il 2017, ecco l’arrivo della nostra sfida: INBICI Top Challenge. Sei gare, piuttosto blasonate in Italia, con l’aggiunta di una prova “jolly” in Croazia. Qual è la sua opinione in merito? Credo sia uno dei circuiti più belli del panorama nazionale con sei gare di altissimo livello. Per quanto riguarda poi la prova jolly piace quel tocco di ulteriore internazionalità e poi diciamolo francamente: una prova che si chiama Granfondo Nevio …!!! Tra le sei gare, due sono sue “creature”, ovvero la Granfondo Laigueglia, che andrà in scena il 26 febbraio e la Granfondo Gavia e Mortirolo (La campionissimo) in scena il 25 giugno. Quali sono le novità delle due gare in questione? Si torna indubbiamente ai percorsi originari in quanto in entrambi i casi il 2016 ha visto percorsi ridotti causa frane. Laigueglia sarà una divertente cavalcata tra mare e monti in totale sicurezza grazie alle strade chiuse al traffico mentre il 25 giugno ci aspetta il sogno del Gavia con i suoi paesaggi incantevoli e, perché no, purtroppo anche la sofferenza del Mortirolo con le sue terribili pendenze. In sintesi: gran fondo per uomini veri. Quali sono le sue aspettative in termini di partecipazioni e adesioni sia al circuito sia alle sue due gare? Organizzare un circuito in modo intelli-
gente e interessante, organizzare poi le prove con professionalità, serietà e coscienza non può che portare del bene, sia in termini di immagine che di numeri. Sono assolutamente fiducioso che il 2017 sarà veramente l’anno delle piacevoli sorprese. Il vostro “marchio di fabbrica” è sempre stato la sicurezza del ciclista. Ma quali sono gli altri punti fermi che sono necessari per essere dei buoni organizzatori in questo periodo storico? Non esistono altri punti fermi. Si può oggi investire di meno su tutto ciò che ruota attorno a un evento ma non si può rinunciare alla sicurezza. Oggi ancor più di ieri, con il traffico sempre più caotico che troviamo sulla strade, con gli automobilisti, e ci mettiamo anche noi, che dopo tre minuti di coda cominciano a imprecare, con una sopportazione che ormai non c’è più. E’ un buon organizzatore colui che investe sulla sicurezza e che investe tanto. Se ne partono in duemila ne devono tornare duemila perché tutti hanno una famiglia da ritrovare la sera e un cartellino, magari, la mattina dopo da timbrare Vittorio, la ringraziamo per le sue parole e per la sua disponibilità e ovviamente le auguriamo buon lavoro sulle strade italiane. Grazie a voi per la disponibilità che mi avete dimostrato e un grosso in bocca al lupo al nuovo circuito!
RICORDIAMO LE DATE DEL CIRCUITO INBICI TOP CHALLENGE 2017: GF LAIGUEGLIA INTERNAZIONALE 26 Febbraio 2017 GF VIA DEL SALE - SELLE ITALIA 02 Aprile 2017 GF DELLA VERNACCIA 07 Maggio 2017 GF MARCIALONGA CYCLING - CRAFT 04 Giugno 2017 GF GAVIA MORTIROLO (LA CAMPIONISSIMO) 25 Giugno 2017 GF LEGGENDARIA CHARLY GAUL 09 Luglio 2017 PROVA JOLLY *GRANFONDO NEVIO VALCIC ISTRIA (CROAZIA) Domenica 28 Maggio 2017 *Prova gratuita per tutti gli abbonati
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EDITORIALE
a cura di Maurizio Rocchi
IL NUOVO INBICI TOP CHALLENGE 2017
a cura della Redazione
L’OCCHIO DI MAGRINI SUL LOMBARDIA
a cura di Fabio Panchetti
InBici Magazine Direzione e Amministrazione
Via Delle Scalette, 431 - 47521 Cesena (FC)
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Direttore Responsabile Mario Pugliese Direttore Generale Maurizio Rocchi In Redazione Riccardo Magrini, Wladimir Belli, Mario Pugliese, Dr. Roberto Sgalla, Paolo Aghini Lombardi, Fabrizio Fagioli (Equipe Velòsystem), Dr. Iader Fabbri, Gianluca Comandini, Equipe Enervit, Aldo Zanardi, Mario Facchini, Roberto Bettini, Paolo Mei, Roberto Zanetti, Dr. Alessandro Gardini, Dr. Piero Fischi, Bruno Filippi, Nicola Zama, Fabio Panchetti Fotografi Playfull, Studio5, Foto Castagnoli, Bettini Photo, Newspower Archivio fotografico Gianni Rocchi
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LE PARALIMPIADI
a cura di Gianluca Comandini
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Distribuzione Italian Business Management LTD Progetto grafico Federico Lodesani Responsabile Marketing Sara Falco Responsabile Facebook Gianni Rocchi Stampa La Pieve Poligrafica Editore Villa Verucchio Srl
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COSMOBIKE SHOW
a cura della Redazione
Inbici magazine
Inbicimagazine
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LA GESTIONE FISICA DELL’ATLETA
a cura di Bruno Filippi
MONDO ACSI
a cura della Redazione
IL COACH
a cura di Iader Fabbri
10 DOMANDE A...
a cura di Mario Pugliese
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a cura di Paolo Mei
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RUOTE ROVENTI
a cura di Roberto Sgalla
inbicimagazine
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a cura di Mario Pugliese
L’ATLETA DEL MESE
Diritti e proprietà INBICI MAGAZINE - SARA FALCO EDITORE - Reg imprese n° REA FO 323603 Iscrizione Registro Tribunale di Forlì nr. 3/2013 del 5 aprile 2013. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione anche parziale di articoli, foto e disegni senza autorizzazioni della SARA FALCO EDITORE.
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EL DIABLO E FERRON
DONNA IN BICI a cura di Paolo Mei
Vuelta Spagna 2016 - Opera d’arte by Bettiniphoto
AUTUNNO ricco di
NOVITÀ
L’autunno è la stagione dei bilanci, ma anche del futuro, come ci ha ricordato l’ultima edizione del Cosmobike di Verona, la vetrina più prestigiosa per il ciclismo che verrà. Quella scaligera, dopo solo due anni, è diventata numeri alla mano - la rassegna di riferimento per gli expò dedicati al pedale, segno che, malgrado il proliferare di vari “cloni”, la qualità non è mai facilmente replicabile. E, a proposito di qualità, annunciamo in anteprima - e con un pizzico di orgoglio - che le premiazioni ufficiali della prima edizione del circuito “InBici Top Challenge”, si svolgeranno nella prestigiosa cornice del Technogym Village di Cesena il prossimo 11 novembre alle ore 17. Nell’occasione verrà anche ufficialmente presentata la seconda edizione del circuito, sempre più ricca e accattivante. Cresce ancora dunque l’universo InBici e si arricchisce, di pari passo, anche il nostro organico di giornalisti. Dopo Riccardo Magrini, Wladimir Belli, Gianluca Giardini e Nicola Zama, diamo il benvenuto anche a Fabio Panchetti, altra voce autorevole di Eurosport, che da questo numero entra a far parte della nostra grande famiglia. A lui il nostro più cordiale benvenuto, a voi cari amici di InBici - il consueto augurio di buona lettura. Maurizio Rocchi
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IL NUOVO CIRCUITO 2017
INBICI TOP CHALLENGE
GIÀ PARTITE LE ISCRIZIONI A cura della Redazione
Nel calendario una novità dell’ultim’ora: al posto della Gran Fondo del Capitano di Bagno di Romagna entra la prestigiosa Gran Fondo Gavia - Mortirolo
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opo il formidabile successo del debutto, è stata presentata ufficialmente la seconda edizione dell’InBici Top Challenge, il circuito granfondistico nazionale che anche quest’anno riunirà, sotto un’unica insegna, alcune tra le più prestigiose e spettacolari Gran Fondo d’Italia, in rappresentanza di ben cinque regioni (Emilia Romagna, Toscana, Liguria, Lombardia e Trentino Alto Adige). Sono già aperte le iscrizioni al circuito che propone, come sempre, per sette appuntamenti, tariffe promozionali: 170 euro per gli uomini, 160 per le donne, 130 per gli atleti diversamente abili. E chi si abbona entro il 31 dicembre riceverà il prestigioso “Welcome Pack”. Rispetto al 2016, il prossimo anno si partirà ancora prima: ad inaugurare il calendario sarà infatti il 26 febbraio 2017 la Granfondo Internazionale Laigueglia, che si dispute-
rà, per il diciottesimo anno consecutivo, in provincia di Savona. La seconda tappa si svolgerà sulla costa romagnola, il 2 aprile a Cervia, teatro della 21ª edizione della Gran Fondo Via del Sale - Selle Italia. A maggio l’InBici Top Challenge propone la suggestiva Granfondo della Vernaccia, che si disputerà domenica 7 maggio a Colle di Val d’Elsa, nel cuore della rigogliosa campagna senese. La quarta tappa sarà una prestigiosa new-entry: la Granfondo Marcialonga Cycling Craft, la cui undicesima edizione sarà in programma a Predazzo (Trento) il 4 giugno 2017. Il 25 giugno, invece, il calendario propone una novità dell’ultim’ora: al posto della Gran Fondo del Capitano di Bagno di Romagna (uscita dall’InBici Top Challenge per ragioni logistico-organizzative), si correrà la Gran Fondo Gavia - Mortirolo, l’affascinante manifestazione dell’Aprica che gli appassionati, negli anni scorsi, ricordavano come “La
Campionissimo”. Poi gran finale il 9 luglio a Trento con la Gran Fondo Charly Gaul, prova regina del circuito ed un’unica tappa italiana dell’Uci Gran Fondo World Series. Fuori dal calendario, la tradizionale prova Jolly, che quest’anno è programmata per il 28 maggio in Croazia, nella splendida Istria, teatro della Gran Fondo Nevio Valcic. Per tutti gli iscritti al circuito la partecipazione alla manifestazione balcanica è gratuita. Alla consolle organizzativa, come sempre, l’Asd Inbici Cycling Team che - in virtù di una lunga esperienza nel mondo del ciclismo ha selezionato per questo nuovo circuito sette tra le più affascinanti gran fondo del Belpaese, quelle che, oltre ad avere una valenza tecnica di prim’ordine, si svolgono in territori di grande suggestione e che sanno abbinare al pathos della gara anche il patrimonio storico e naturalistico di località turisticamente all’avanguardia.
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Il circuito granfondistico nazionale che racchiude in sé alcune tra le più prestigiose manifestazioni ciclistiche italiane. In rappresentanza di cinque regioni Emilia Romagna, Toscana, Lombardia, Liguria, e Trentino Alto Adige include sei Gran Fondo di assoluto rilievo.
LE GARE DEL CIRCUITO
PROVA JOLLY
GRAN FONDO NEVIO VALCIC - Istria (CROAZIA) DOMENICA, 28 maggio 2017 PARTECIPAZIONE GRATUITA PER TUTTI GLI ABBONATI COSTO ABBONAMENTO 2017 UOMINI • Euro 170 DONNE • Euro 160 DIVERSAMENTE ABILI • Euro 130
CHI SI ABBONA ENTRO il 31/12/2016 RICEVERA’ IL PRESTIGIOSO“WELCOME PACK”
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info@inbicitopchallenge.net - iscrizioni@dapiware.it tel. ufficio 0547 300826 • cell. 393 983 8319 • cell. 335 126 6441 • cell. 391 491 7418
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2017
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UNDERWEAR
INBICI TOP CHALLENGE nBici Top Challenge, il circuito granfondistico nazionale che anche quest’anno riunirà, sotto un’unica insegna, alcune tra le più prestigiose e spettacolari Gran Fondo d’Italia, in rappresentanza di ben cinque regioni (Emilia Romagna, Toscana, Liguria Lombardia e Trentino Alto Adige). Sono già aperte le iscrizioni al circuito che propone, come sempre, per sette appuntamenti, tariffe promozionali: 170 euro per gli uomini, 160 per le donne, 130 per gli atleti diversamente abili. E chi si abbona entro il 31 dicembre riceverà il prestigioso “Welcome Pack”. Rispetto al 2016, il prossimo anno si partirà ancora prima: ad inaugurare il calendario sarà infatti il 26 febbraio 2017 la Granfondo Internazionale Laigueglia, che si disputerà, per il diciottesimo anno consecutivo, in provincia di Savona. La seconda tappa si svolgerà sulla costa romagnola, il 2 aprile a Cervia, teatro della 21ª edizione della Gran Fondo Via del Sale - Selle Italia. A maggio l’InBici Top Challenge propone la suggestiva Granfondo della Vernaccia, che si disputerà domenica 7 maggio a Colle di Val d’Elsa, nel cuore della rigogliosa campagna senese. La quarta tappa sarà una prestigiosa new-entry: la Granfondo Marcialonga Cycling Craft, la cui undicesima edizione sarà in programma a Predazzo (Trento) il 4 giugno 2017. Il 25 giugno, si correrà la Gran Fondo Gavia - Mortirolo, l’affascinante manifestazione dell’Aprica che gli appassionati, negli anni scorsi, ricordavano come “La Campionissimo”. Poi gran finale il 9 luglio a Trento con la Gran Fondo Charly Gaul, prova regina del circuito ed un’unica tappa italiana dell’Uci Gran Fondo World Series.
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Tour of California 2016 - Opera d’arte by Bettiniphoto
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L’OCCHIO DI MAGRINI SUL LOMBARDIA
COLOMBIA POWER Johan Esteban Chaves vincitore del Giro di Lombardia 2016 - Photo by Bettiniphoto
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i può discutere se sia stato il più duro di sempre, con 8 asperità disseminate in 240 km e dislivello oltre i 4mila metri, da tappone. Si può affermare che abbia non battuto, come fa ogni anno, ma addirittura stracciato, per difficoltà, ogni altra classica, monumentale e non, del calendario. Si deve infine, però, anche applaudire alla scelta dell’organizzazione RCS Sport. Mai così selettivo, forse, sicuramente incerto e appassionante come poche altre volte, il Giro di Lombardia, edizione numero 110 e pagina che fa storia con il primo successo di sempre, in una corsa monumento, di un colombiano. Percorso e cronache recenti alla mano, il trionfo di Julio Esteban Chaves Rubio non
può sorprendere, sebbene storico. Lo scatto vincente di sette giorni prima, sul San Luca, nel Giro dell’Emilia, era il manifesto, nei giorni di vigilia e pronostici, sullo stato di grazia del 26enne in forza alla Orica Bike Exchange. Nel palpitante finale a 3 di Bergamo, con Rosa ed Uran, è parso comunque lui avere le gambe migliori: 2° al Giro e 3° alla Vuelta, a Bergamo Chaves rende il suo personale 2016 strepitoso e punta, nell’immediato futuro e a ragione, alla conquista di un Grande Giro. Per Diego Rosa, battuto di mezza ruota e rimproverato a caldo dal diesse Martinelli, l’amarezza della vita ma quando l’avrà smaltita sarà piena consapevolezza. Questa corsa può, deve, essere sua. Per l’altro colombiano Uran, il più stanco
dei 3 davanti, un podio senza recriminazioni. Per Fabio Aru infine, la degna chiusura di una stagione negativa, certamente non salvata dall’unico acuto, in Delfinato. Di tutto questo Lombardia, zeppo di contenuti, chiediamo spiegazioni alla sua voce di Eurosport, Riccardo Magrini da Montecatini Terme. Il “Magro” del ‘54, una raffica di successi da giovane prima del professionismo, una botta vincente al Tour, una al Giro, tra battute e imitazioni che lo resero un personaggio di quei magnifici anni addietro. Riccardo, troppo duro un tracciato così per una classica monumento o il senso futuro del Lombardia deve rimanere questo? “Deve rimanere questo. Sento però di un
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Diego Rosa protagonista indiscusso Photo by Bettiniphoto
A cura di Fabio Panchetti
Su un tracciato mai così duro il trionfo di Julio Esteban Chaves Rubio. Dai rimproveri a Rosa all’ennesimo flop di Fabio Aru, l’occhio sagace di Riccardo Magrini l’ha vista così
possibile ritorno a Como, per cui il profilo potrebbe di nuovo cambiare e alleggerirsi. Già ai miei tempi il Lombardia era la classica più dura, se la giocava con la Liegi ma era più dura. Era sempre stato così dalle origini, poi è vero che sono arrivati anni in cui il percorso si è alleggerito, anche troppo decisamente. Personalmente questo 110° Lombardia l’ho trovato piacevole, molto. Mi ha divertito e, fosse per me, lo farei sempre di questa durezza”. Il finale è stato convulso, ma l’impressione è che abbia vinto il più forte. Non hai anche l’impressione che si stia un po’ sottovalutando Chaves? “Chaves aveva una gran gamba, eppure qualche errore lo stava commettendo e
poteva pagarlo. Poi, in un finale effettivamente convulso, ha avuto la meglio. Non sono sicuro che fosse il più forte, però è risultato il migliore e questo è. Non lo vedo sottovalutato, almeno da parte mia. Tengo in grande considerazione sia lui che tutto il movimento colombiano. Avevano già Quintana, Uran, ora anche Chaves, in più hanno Gaviria per le Grandi Classiche. Per ciò che riguarda Chaves, gli manca solo un Grande Giro, a quel punto avrà la stessa popolarità, in patria, di Quintana. Ci è andato già vicino e mi sembra maturo per il massimo risultato. E’ un corridore che sa fare la differenza, come Quintana, senza dimenticare Henao. I colombiani sono fortissimi, la verità è questa. Me ne sono accorto da un po’”. Cosa pensi della corsa di Rosa e dei rimproveri di Martinelli ? “Rosa scattava continuamente, lo vedevo con una grandissima gamba. Ma per vincere una corsa come il Lombardia, come questo poi, non puoi commettere certi errori. Se vuoi arrivare da solo - e lui lo voleva - una botta secca e via. C’ho parlato, nel dopo gara. Se Martinelli lo ha rimproverato per il suo bene, che gli sia di lezione per il futuro, ha fatto benissimo. Mi ha detto che ha preso quell’ultima curva un po’ piano, invece là doveva buttarsi dentro. Aveva preso dieci metri su Chaves, bastava poco ed era fatta, penso. Solo che in quella curva era caduto 2 anni fa e da questo si è fatto condizionare. Cosa gli vuoi dire?”. Che prima di appendere la bici al chiodo, Rosa vincerà almeno un Lombardia e ci aggiungo anche la Liegi. “Può vincere sicuramente questa corsa. Un
anno fa è stato determinante per Nibali, qui ci è andato a un soffio. Mi sento di dire che la vincerà. Sulla Liegi, al momento, ho dei dubbi”. Uran terzo e Bardet quarto senza di che rimproverarsi, pare... “Bardet ha provato a rincorrere, ma aveva speso molto. Uran ha già fatto tanto a rimanere davanti. Avevo pensato, a un certo punto, che potesse vincere facile. Poco dopo è andato in crisi, vero che è riuscito a rientrare, ma era il più stanco dei tre”. Male, anche al Lombardia, come in tutta la stagione, Fabio Aru. Eppure in giugno, con il tuo commento su Eurosport, aveva lasciato un grande segno in Delfinato. Cosa è successo dopo? “Effettivamente ho visto e commentato il suo unico lampo di una brutta stagione. Fabio saprà meglio di me cosa è successo e cosa non è andato. Certo, se fai una stagione in questo modo, Lombardia compreso, qualcosa devi aver sbagliato e qualcosa devi rivedere. Io dico la preparazione e l’approccio alle gare, ma più la preparazione. Forse troppi ritiri e poche gare. Mi viene in mente Valverde che dice sempre di allenarsi, massimo, 100-120 km. Perché molto allenamento lo fa in corsa, gareggia ed è protagonista da febbraio a ottobre. Anche ai miei tempi ci si allenava correndo tanto e sarebbe il caso di rinfrescarsi la memoria. Anche di tornare un po’ al passato”. Riccardo Magrini non aveva un gran rapporto con il Giro di Lombardia... “No e ribadisco no. Non c’era un gran feeling. Non ne ho mai finito uno. Era a fine stagione. Non faceva per me e si è visto”.
Tour de France 2016 - Photo by Bettiniphoto
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L’EUROPEO DI WLADIMIR BELLI
QUESTA RASSEGNA HA UN FUTURO La grinta di Moreno Moser - Photo by Bettiniphoto
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ggettivamente un successo senza precedenti a Plumelec, Bretagna, la prima rassegna europea della strada (22ª in toto) con in gioco, oltre a junior e under, anche i professionisti. Un successo, questo conta della 5 giorni svoltasi tra 14 e 18 settembre, andato così oltre le attese che ci si chiede se a Nizza, sede originaria dell’evento (rinuncia obbligata dopo i fatti terroristici del 14 luglio), sarebbe andata così. Bene, nel complesso, l’Italbici, con un bilancio di 7 medaglie, (un oro, le altre equamente divise tra argento e bronzo), 3 nella giornata inaugurale. Un 14 settembre partito in oro e argento, grazie a Lisa Morzenti e Alessia Vigilia (crono junior) e in argento chiuso, con Filippo Ganna (crono under 23). Terza medaglia d’argento (e delle junior di Dino Salvoldi) con Elisa Balsamo, prova in linea che in campo uomini (under) ha visto Albanese sfiorare il colpaccio (ripreso ai 500 metri) e Vendrame conquistare il bronzo. Stessa medaglia per Moreno
Moser, in una crono priva dei grandissimi nomi e vinta dall’iberico Castroviejo. Per il 25enne trentino una prova di valore e il vezzo storico del primo pro italiano che va a medaglia europea, primo e unico alla fine dei salmi bretoni. L’Italia biforcuta, pensata da Cassani per la prova in linea, classico anello del Gp Plumelec (17 giri da 13.9 km , totali 232) non va oltre il nono posto di Ulissi, mentre l’altro leader, Colbrelli, stecca. Proviamo nell’ultimo giro con Moser e poi Villella, ma non ce n’è contro Sagan. Alle spalle, sbriciolati con una devastante “sgasata ai 200 metri”, Alaphilippe e Dani Moreno. Sul podio di Plumelec, pubblico da mondiale (cinquantamila sullo stadio finale di Cote de Cadoudal), a 26 anni, lo slovacco è contemporaneamente campione d’Europa e del mondo. Una dozzina di successi e la saga di Sagan sarà da 100. Sagan, la sua corsa europea, l’Italia e la rassegna di Plumelec. Ne parliamo con Wladimir Belli, voce tecnica di Eurosport per la prova del 18 settembre. Sulla bici, 20
Grandi Giri e 15 conclusi con 4 piazzamenti top ten, tra 1993 e 2006. Nel ‘91 vinse il Giro dilettanti su Pantani, da pro anche 11 centri e bei piazzamenti (4 volte terzo tra ‘Svizzera e ‘Romandia), in 15 stagioni. Wladimir, partiamo dalle ragioni del successo inatteso di questa prima rassegna europea aperta ai professionisti... “La collocazione in calendario, in primis. Ben studiata in origine, per cui merito all’Unione Ciclistica Internazionale e a quella Europea. Brave anche le Federazioni Nazionali a recepire da subito l’importanza di un evento nuovo, per cui da verificare, ma che aggiunge una nuova maglia di campione in gruppo, accanto a quella iridata. Quasi tutte le nazionali hanno portato i migliori per il tipo di percorso. Tutti, anche gli organizzatori, si sono comportati con la consapevolezza di trovarsi di fronte non a un esperimento, ma ad una cosa che avrà grande futuro. E che ha avuto gran successo di pubblico, va detto”. Plumelec ha proposto un percorso più
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L’arrivo vittorioso di PeterSagan - Photo by Bettiniphoto
A cura di Fabio Panchetti
Il successo di Sagan, l’oro della Morzenti e la “solita” Italia senza finisseur. L’appuntamento continentale ha regalato corse vere ed emozioni forti. Parola di Wladimir Belli che, a Plumelec, l’ha vista così L’azzurro Davide Villella in azione - Photo by Bettiniphoto
facile rispetto a quello originario di Nizza, ma comunque interessante… “Vero, bel percorso che tanti già conoscevano, per il Gp di Plumelec. Sarà un evento dal futuro assicurato, dicevo, per cui è anche giusto dare spazio a tutti e alternare i tracciati. Nizza era molto più duro, ma rinunciare era inevitabile dopo le note vicende terroristiche. Nei prossimi anni non vedo nulla di strano nel proporre un europeo adatto agli scalatori e molto meno a quegli uomini da classiche che a Plumelec, bisogna dirlo, sono stati i più favoriti”. Sagan avvicina le 100 vittorie in carriera (mancano una dozzina). Era un predestinato, adesso la freddezza sembra pari alle gambe. Straordinaria. “Me lo ricordo al primo anno, 2010. Vent’anni, ma già qualche successo. Era agli inizi ma c’era sempre, si capiva che avrebbe vinto tanto in futuro ma soprattutto era già al livello dei migliori, da subito. Quando i migliori, per citarne due, erano Boonen e Cancellara, entrambi all’apice. Normale che pagasse dazio, a loro e all’inesperien-
za. Normale che si piazzasse, che lo criticassero e che lui non la prendesse bene. In gara era nervoso. E’ maturato anche nel fisico, ma molto più di testa. Il calo fisiologico di Boonen e soprattutto Cancellara ha agevolato la crescita mentale di Sagan. A Plumelec ma già prima l’ho visto correre con piena consapevolezza della propria forza. Il modo in cui ha vinto a Plumelec è proprio quello di chi è assolutamente sicuro dei propri mezzi e di come muoversi in gara”. Per cui non c’era nulla da fare contro un Sagan così, neppure per l’Italia: 9° posto per Ulissi, nell’ultimo giro gli attacchi da lontano di Moser e da vicino di Villella. Come l’hai vista? “Siamo stati gli unici a provarci, va detto. Col senno di poi, dico che Moser è andato davvero forte e che lui e Villella avrebbero potuto invertire i ruoli. La realtà è che entrambi hanno fatto una buona azione e che, chiaro, ma c’è chi lo ha pensato, Villella non è affatto andato a stoppare un compagno di nazionale. Moser aveva
finito le energie, si vedeva bene in TV. Era giusto provare ad anticipare a quel punto. Il problema è stato un altro: gli uomini che finalizzassero quel lavoro, il Bettini della situazione, che oggi non abbiamo. Un nono posto non è gran risultato, alla fine”. Senza il guaio meccanico, sarebbe stato Moscon, ha detto Ct Cassani, a provare dentro l’ultimo km. E avrebbe fatto male... “Concordo. Si era ben comportato nelle classiche canadesi ma andava forte anche dopo, al Trittico. Il percorso e quel finale erano adatti a lui. Avesse fatto l’azione nel finale, avrebbe fatto male. Secondo me”. Nei km conclusivi, con Moser ancora in fuga, quella frenata dei polacchi… “Prima cosa da dire è che ha inciso poco, se non niente. Certo, non è stata una bella cosa da vedere. Avevano Golas per il finale, sì, ma credo fossero altre, per quell’arrivo, le nazionali con i corridori giusti. Toccava a loro e non alla Polonia. Però la frenata ha inciso poco e alla fine ha vinto, nettamente, il più forte.
Vuelta Spagna 2016 - Opera d’arte by Bettiniphoto
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AMICI MAI A cura di Mario Pugliese
Dopo tanti anni Chiappucci e Ferretti si ritrovano uno di fronte all’altro. E tra aneddoti e provocazioni, emerge un dettaglio: “Ci è mancato pochissimo per lavorare assieme”
METTI UNA SERA A CENA CON
“EL DIABLO” E FERRON
il campione di ciclismo Claudio Chiappucci
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uando, un po’ all’improvviso, si sono ritrovati uno di fronte all’altro in una sera di inizio autunno, è scattato - spontaneo - un caloroso abbraccio.Ma prima che il destino li facesse nuovamente incontrare (l’occasione è stata, lo scorso 24 settembre, la prima edizione del Mi.Ma. Pedal Party di Milano Marittima), Claudio Chiappucci e Giancarlo Ferretti - diciamo la verità - non si erano mai troppo amati. Benché protagonisti di una carriera esaltante - il primo in bicicletta e il secondo in ammiraglia - “Il Diablo” e “Ferron” sono sempre stati antagonisti, anche se - come entrambi confermano - in più occasioni le loro strade avrebbero potuto incrociarsi: “Chiappucci è stato un formidabile campione - ammette Ferretti - del resto, non si vincono una Milano - Sanremo, tre tappe al Tour de France e una al Giro d’Italia, se non
sei un grandissimo. Però, nella sua carriera - lo punzecchia sorridendo - ha commesso un errore: quello di non venire mai a correre in una mia squadra. Claudio ha vinto tanto, ma senza nulla togliere ai bravissimi direttori sportivi che ha avuto, con me, ne sono certo, avrebbe vinto anche di più”. Chiappucci lo ascolta sorridendo e poi ammette: “In effetti, il direttore mi aveva fatto un’offerta, ma in quel momento non me la sono sentita e sono rimasto dov’ero. Si vede che il destino voleva così…”. Due personalità forti, forse troppo, per lavorare assieme, anche se Ferretti di campioni veri - da Gimondi a Baronchelli, da Bartoli a Bettini - ne ha governati parecchi: “Quando presi Petacchi - ricorda - gli davo uno stipendio da 40mila euro lordi. Quando se n’è andato ne prendeva tanti ma tanti di più. Ho sempre valorizzato i miei corridori e
tutti oggi mi sono riconoscenti”. “Ferron è stato un grande - ammette El Diablo nel ciclismo, dalla Bianchi alla Fassa, ha gestito progetti importanti che potevano contare anche su budget enormi. Lui ha saputo dare una svolta manageriale alle squadre di ciclismo, troppo spesso gestite secondo logiche artigianali”. Benché lontano dalle corse ormai da 16 anni, Chiappucci non ha perso la simpatica vis polemica che l’ha sempre contraddistinto. Ma tra tutte le sconfitte, quella che ancora non ha digerito, è stata - udite udite - il secondo posto all’Isola dei Famosi del 2006, quando finì in finale alle spalle di Luca Calvani, attore un po’ sparito dalle scene: “Sono convinto - dice ancora oggi che al televoto avvenne qualcosa di poco chiaro, ma comunque mi rallegra il fatto che in tanti, ancora oggi, mi considerano il vincitore morale di quell’edizione”.
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LE CITTÀ DELLA BICICLETTA
PORTOFINO TRADIZIONI D’ÉLITE A cura della Redazione
Incastonata nel cuore delle Cinque Terre, l’elegante località ligure è un meraviglioso affresco dai colori pastello. Da non perdere la piazzetta che declina verso il mare ed il Castello Brown avvolto dalla rigogliosa natura mediterranea
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i lei Maupassant disse: “Un piccolo villaggio che si allarga come un arco di luna attorno a questo calmo bacino”. Di origini romane, anche Plinio il Vecchio parlò delle straordinarie bellezze di Portofino, definendola “Portus Delphini” in relazione alle tante specie di delfini che popolavano le sue acque. Benché meta da anni del turismo d’élite, con porticcioli e baie affollati da lussuosi yacht, oggi le tradizioni marinare e artigianali sono ancor vive a Portofino, località ligure delle Cinque Terre dagli inconfondibili colori pastello. Almeno quattro le cose “da vedere assolutamente”. In primis, la celebre Piazzetta che declina e termina nell’acqua del porticciolo. Qui da sempre - e ancora oggi - i marinai portano le barche a secco. Fanno da cornice a questo affresco fuori dal tempo, i portici con i negozi, i ristoranti e gli american bar. Molto suggestivo anche il Castello Brown, avvolto da un parco mediterraneo con tutto intorno lo scenario affascinante del golfo. Chiamato anche Ca-
stello di San Giorgio, risale probabilmente al XIV secolo. Recentemente sono stati trovati i resti di un’antica torre di avvistamento romana in corrispondenza del castello. Riportata alla luce grazie gli scavi dell’ultimo dopoguerra, la Chiesa di San Giorgio risale invece al 1154. Vi si conservano i resti sacri del Santo patrono di Portofino, trasportate dai marinai ritornati dalle Crociate. Infine il Teatrino, salotto intellettuale e cuore di incontri tra genti di risonanza internazionale.
Portofino
Portofino è anche una meta molto ricercata dai cicloturisti. Da non perdere, in particolare, il classico giro panoramico che segue la costa Ligure nell’area del Tigullio, offrendo scorci da cartolina. Si parte da Chiavari andando ad immettersi sulla Aurelia in direzione Genova. La strada alterna tratti in salita in falsopiano e in discesa. Da Chiavari si sale subito e si incomincia a vedere la parte sud del golfo del Tigullio verso Sestri Levante.
Marcel Kittel Tour de France 2016 - Photo by Bettiniphoto
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TESORI D’ITALIA
LAIGUEGLIA PERLA INCONTAMINATA DELLA LIGURIA A cura di Gianluca Comandini
Meno mondana di altre località della costa, ha saputo mantenere intatta, nel corso degli anni, la sua identità verace di antico borgo di mare
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7.500 chilometri di coste che perimetrano il nostro paese sono un patrimonio veramente inestimabile. Da nord a sud il continuo susseguirsi di pinete, spiagge e graziose cittadine che si specchiano sul mare, rende quasi impossibile stilare una classifica delle località più attraenti d’Italia. Ma c’è una piccola parte di questo litorale che, per condizioni climatiche e bellezze paesaggistiche, può ritenersi davvero particolarmente fortunata. Un giardino che profuma di ulivi e limoni, dove l’estate cede il passo a un inverno che sa di primavera: il ponente ligure. Percorrere le strade che da Genova portano verso il tramonto è un’esperienza che emoziona sempre. Qui, che lo sguardo si posi sulle colline che lasciano presagire in lontananza i primi contrafforti delle Alpi, o si lasci attrarre dal luccichio del sole sulle onde del Mar Ligure, la sensazione è sempre quella di essere sospesi fra il mare e il cielo e soltanto l’incontro con i piccoli paesi che punteggiano la costa riporta piacevolmente... con i piedi per terra. Quando si viaggia utilizzando come bussola il profilo delle spiagge poco dopo Savona ci si imbat-
te in Laigueglia, il più piccolo comune della provincia, uno dei paesi che in questo lembo di Liguria ha saputo conservare meglio la sua bellezza, senza cedere alle lusinghe del turismo di massa, per mantenere intatte le sue antiche caratteristiche legate alle origini marinare. Laigueglia è uno di quei luoghi in cui la natura e le opere della gente che li ha abitati, hanno saputo sposarsi alla perfezione nel corso dei secoli. Meno mondana e chiassosa di altre famose località della zona, offre ai visitatori molteplici possibilità: si può passare la giornata sulla spiaggia di sabbia finissima su cui da anni sventola la Bandiera Blu europea, oppure raggiungere la vicina Alassio, passeggiando sullo splendido lungomare, o fare shopping nei negozi del “budello”, il “corridoio” creato dalle case che si sviluppa parallelo al mare e che rappresenta il vero cuore di questa cittadina che ha mantenuto l’aspetto dei tempi in cui era nota soprattutto per la pesca del corallo. Quando si cammina fra le case a due passi dal mare, con i loro colori tenui e le barche tirate in secca, non ci si stupisce affatto che questo piccolo gioiello della riviera ligure sia entrato a far parte del ristretto club dei
“Borghi più belli d’Italia” e si rimane stupiti quando si oltrepassa il portone della chiesa parrocchiale di San Matteo, un vero capolavoro del barocco. Si può vagabondare per gli stretti carrugi ed emozionarsi quando questi si aprono improvvisamente regalando una meravigliosa vista sul mare, oppure si può salire verso le colline attraverso i frutteti e la macchia mediterranea, in bicicletta o a piedi, per ammirare dall’alto quella “Baia del Sole” incastonata fra i promontori di Capo Santa Croce e Capo Mele in cui il clima, anche in pieno inverno, si mantiene sempre piuttosto mite. E per chi ama la storia è d’obbligo un’escursione a Colla Micheri, un piccolo villaggio medievale in cui il famoso esploratore norvegese Thor Heyerdal scelse di passare i suoi ultimi anni. Gli odori e gli indimenticabili scorci sul mare che regala il sentiero che si snoda sulle colline, sono il miglior aperitivo prima di passeggiare fra le strade lastricate e gli edifici in pietra del piccolo nucleo in cui sembra che il tempo si sia fermato. Il pre-dinner ideale prima di tornare in città a sorseggiare un profumatissimo bicchiere di vino bianco e assaggiare le specialità di pesce tipiche della cucina ligure.
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PARALIMPIADI
I SOGNI HANNO LE GAMBE LUNGHE
A cura di Gianluca Comandini
Dalle teorie di Guttmann alle imprese di Zanardi, la crescita esponenziale dello sport per disabili
Alex Zanardi
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i sono uomini che vengono schiacciati dal dolore, che lo vivono come un muro invalicabile, un peso da trascinare che impedisce loro di andare avanti, come la parola “fine” al film della loro vita. Ce ne sono altri che, da quella sofferenza, trovano l’energia per ripartire, per iniziare un nuovo film. E a volte è proprio dalla più terribile sofferenza che nascono le “storie” più grandi. Inghilterra, 1939. Il dottor Ludwig Guttmann ricomincia la sua vita in un nuovo paese. Ha quarant’anni ed è un uomo che conosce bene il “lato oscuro” dell’esistenza. Per molto tempo è stato uno dei più stimati neurologi tedeschi, ha fatto parte dello staff dirigenziale dell’ospedale di Breslavia, il primo al mondo dedicato a curare le vittime degli incidenti sul lavoro. I suoi studi gli hanno dato grande fama anche in ambito accademico, ma questo non basta per metterlo al sicuro dalle nubi che si stagliano sull’orizzonte della storia del mondo. Gli anni ‘30 in Germania sono quelli che
segnano l’irrefrenabile ascesa al potere di Adolf Hitler e del nazional-socialismo e il “Reich” non è un buon posto dove vivere se si è di origine ebraica. Emigrare, se c’è la possibilità, è molto più che una buona opzione. Il governo di Sua Maestà accoglie a braccia aperte uno scienziato di questa levatura e nel 1944 gli affida la direzione dell’ospedale di Stoke Mandeville, una struttura non molto distante da Londra in cui impiantare un centro di ricerca sulle lesioni spinali. I pazienti della piccola clinica sono per lo più reduci di guerra, veterani della Royal Air Force o dell’esercito che, a causa delle gravi ferite che hanno subito, sono costretti su una sedia a rotelle. Sono uomini colpiti due volte, nel fisico e nella psiche, e che ora temono di restare ai margini di una società in cui un disabile non ha futuro. Guttmann non è soltanto un ottimo dottore, è anche uno sportivo appassionato e ha una grande intuizione: la terapia medica può curare soltanto i danni del corpo, per le ferite dell’anima serve altro. E cosa può
esserci di meglio, per migliorare l’umore e l’autostima di queste persone, dello sport agonistico? E’ da questa idea che il 28 luglio del 1948, lo stesso giorno dell’inaugurazione delle Olimpiadi di Londra, nascono i Giochi di Stoke Mandeville. Il primo germoglio della pianta che diventerà il movimento paralimpico mondiale è formato da quattordici militari britannici e da due donne ferite durante i bombardamenti aerei nazisti, sedici atleti che si misurano nel tiro con l’arco nel cortile dell’ospedale. Un evento che può sembrare insignificante ma che, all’epoca, quando i pazienti con quel tipo di lesioni erano destinati ad avere una brevissima aspettativa di vita e con condizioni a dir poco precarie, è assolutamente rivoluzionario. Da quella primissima esperienza la creatura di Guttmann continua a crescere senza soste, anche nella considerazione del mondo sportivo dei “normodotati”. Nel 1952 ai Giochi partecipa una delegazione olandese; quattro anni dopo, durante le Olimpiadi di Melbourne, il medico viene insignito di
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un’importante onorificenza da parte del rato e Zanardi, a fine stagione, abbandona CIO e nel 1960 i Giochi lasciano per la prima il mondo delle corse. Almeno per un po’. volta il paesino del Buckinghamshire per Nel 2001 si rimette al volante di una CART, trasferirsi a Roma, nelle stesse location in ma la sua nuova squadra ha ancora molto cui si disputano le gare olimpiche. Vi parte- da migliorare e la stagione non parte beniscipano circa quattrocento atleti provenienti simo. da 23 paesi: è la nascita delle Paralimpiadi. Il 15 settembre il “circus” fa tappa all’auSir Guttmann dirà un giorno: “Sogno il gior- todromo tedesco del Lausitzring. Sono no in cui i Giochi di Stoke Mandeville diven- passati soltanto quattro giorni dai terribili teranno un evento davvero internazionale e attentati negli Stati Uniti e gli organizzatori la fama mondiale delle donne e degli uomi- sono indecisi sul da farsi: “the show must ni con disabilità sarà pari a quella degli at- go on” o fermare le gare in segno di lutto? leti olimpici”. Il suo sogno è stato realizzato Lo spettacolo prima di tutto, la gara si farà tanti anni dopo da uno straordinario atleta e si chiamerà “American Memorial”, proprio italiano. per omaggiare le vittime delle torri gemelle. Bologna, primi anni ‘80. Alex Zanardi è un Zanardi è molto indietro nella griglia di ragazzino con la passione per le auto ve- partenza, ma al verde del semaforo scatta loci. La domenica guarda il Gran Premio e come un fulmine e inanella una serie di giri sogna: un giorno anche lui piloterà uno di velocissimi che gli fanno guadagnare posiquei bolidi che vede sfrecciare in tv. zioni su posizioni. A tredici tornate dal terA 16 anni debutta nel Campionato Italiano mine è in testa quando una macchia d’olio Kart, poi passa alle “formule minori”, le “pa- gli fa perdere il controllo della vettura. La lestre” in cui i giovani piloti più talentuosi si monoposto va in testa coda, s’intraversa fanno le ossa. Alex continua a lavorare per sul tracciato e viene letteralmente tagliata migliorare la sua guida senza perdere mai in due dall’auto di un altro concorrente. Il di vista l’obiettivo finale: la Formula 1. violentissimo schianto gli amputa entramLa grande occasione arriva nel 1991. Man- be le gambe all’istante e il pilota bolognese cano tre gare al termine del mondiale viene portato in condizioni disperate a Berquando Eddie Jordan lo chiama a sosti- lino, dove i medici riescono per un soffio a tuire il brasiliano Moreno. Il bolognese ha salvargli la vita. Tre mesi e una quindicina “stoffa” e lo dimostra subito con un paio di di interventi chirurgici dopo viene dimesso buoni piazzamenti, ma nell’automobilismo dall’ospedale, si sottopone a lunghe sedute il talento da solo non basta. Il patron della di riabilitazione e ben presto torna alle corscuderia irlandese vorrebbe confermar- se con risultati più che lusinghieri. lo, è convinto che abbia i numeri per fare Ma c’è ancora qualcosa rimasto in sospeso bene, ma le casse della squadra sono quasi da portare a temine. Due anni dopo l’incivuote. Servono soldi, tanti soldi e Zanardi deve lasciaCorreva l’anno 1948, nascono le Paralimpiadi re il team per fare spazio a un pilota che porti in dote grandi sponsor. Non avere alle spalle dei finanziatori diventa il vero ostacolo della sua carriera che procede fra alti e bassi fino a quando non decide di tentare la sorte negli Stati Uniti. E’ la mossa giusta. Al termine del suo primo campionato CART è terzo, poi vince le due edizioni successive. Per il pubblico americano quell’italiano sorridente diventa subito un idolo, ma lui continua ad avere in testa il suo primo amore, la F1. Per questo nel ‘99 decide di tornare in Europa dove Frank Williams gli offre un posto nella sua scuderia. Le cose però non vanno come spe-
dente è nuovamente sul circuito tedesco in cui ha subìto quel terribile trauma e percorre quegli ultimi fatidici 13 giri. Ora ha veramente vinto la sua personale battaglia contro la sfortuna. Nel 2007 partecipa per la prima volta alla maratona di New York su una handbike e ottiene un sorprendente quarto posto che segna l’inizio della sua seconda vita sportiva. Si prepara al meglio, come ha sempre fatto in tutta la sua carriera da atleta e nel 2012 a Londra partecipa per la prima volta alle Paralimpiadi. E ancora una volta stupisce. L’Inno di Mameli risuona per due volte nel cielo britannico: è medaglia d’oro sia nella cronometro che nella prova in linea. Pochi giorni fa, alla soglia dei 50 anni, si ripete a Rio de Janeiro, vincendo la prova contro il tempo e mettendo al collo l’argento della gara su strada. Oggi Zanardi è la punta di diamante di un movimento paralimpico che è sempre più vicino a realizzare il sogno di Guttmann e che, anche nel nostro paese, porta ad affrontare la disabilità con un approccio diverso. Campionesse di sport e di vita come la schermitrice Beatrice Vio, le velociste Martina Caironi e Giusy Versace o la pesista Assunta Legnante, sono il miglior esempio possibile di come una grave menomazione fisica non sia un ostacolo insuperabile per avere una vita felice e ricca di soddisfazioni. Perché, come disse una volta Alex Zanardi, “Quando mi sono risvegliato senza gambe ho guardato la metà che era rimasta, non quella che era andata persa”.
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LA GESTIONE FISICA DELL’ATLETA
A cura di Bruno Filippi
SI FA PRESTO A DIRE MASSAGGIO...
Dietro ad un esercizio elementare si nasconde, in realtà, un complesso campionario di regole dal quale, molto spesso, dipende il risultato. Dalle esigenze del corpo a quelle della mente, ecco il vademecum del trattamento manuale perfetto
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iassumendo sinteticamente quello che abbiamo detto fin’ora, sottolineo ancora una volta che l’approccio manuale (il termine “massaggio” è limitante) richiede varie doti e conoscenze, oltre ad esperienza e casistica. Si parte sempre - sulla base delle informazioni forniteci dall’atleta interessato - da un’attenta osservazione dei “distretti” da trattare e da ciò che le nostre mani percepiscono dai vari strati di tessuto. Prima di agire, quindi, bisogna essere sicuri di quale siano gli obiettivi da raggiungere pianificando un percorso logico ed ottenere, così, il risultato atteso. Ricordo che il raggiungimento del risultato significa dare ed avere fiducia e sicurezza, e garantirsi negli incontri successivi maggior spazio di azione. Col tempo il rapporto operatore-atleta si consolida fino a raggiungere un feed-back di estrema importanza. L’operatore deve diventare un punto di
riferimento capace di risolvere i problemi strutturali che disturbano, a volte seriamente, il gesto atletico, la performance e, di conseguenza, la condizione psico-
logica. Anche l’atteggiamento è di fondamentale importanza; si deve essere sereni, tranquilli e senza indecisioni o timori, perché queste sensazioni vengono invo-
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lontariamente trasmesse e quindi recepite, rendendo – di fatto - precario già in partenza un risultato. Vediamo adesso di focalizzare con attenzione cosa andiamo ad evocare lavorando manualmente sulle fasce muscolari. La pressione esercitata con le mani ha una scala di sensibilità molto ampia, che si diversifica non per trattamento, ma per punti. Mi spiego: non fate mai l’errore di adottare una sola pressione durante tutta la seduta di trattamento, ma adattatela a seconda di quello che passa sotto la mano, punto per punto, sempre con l’intento di raggiungere la finalità prescelta. Tutto questo per il semplice motivo che stiamo lavorando su strutture strettamente collegate ad un sistema nervoso complesso che le comanda e le condiziona nella loro attività a seconda degli stimoli che arrivano. Tali stimoli, inoltre possono essere di diversa natura… provenire dall’esterno del corpo (temperatura, contatto,stimolo doloroso) oppure dall’interno (dolore, sensazione disagevole, temperatura tissutale ….). Elemento fondamentale, facente parte delle categorie sopra menzionate, è il sistema riflesso miotatico.
sostanzialmente da due tipi di recettori che si localizzano fra tali fasci: gli organi tendinei del golgi, sensibili a variazioni di tensione del muscolo, e i fusi neuromuscolari, sensibili, invece, a variazioni di lunghezza del muscolo. Attraverso due cellule nevose, tali strutture comunicano in tempo reale le informazioni ricevute al midollo spinale e questo, dopo un’elaborazione, determina una risposta che può essere in contrazione o in rilassamento. Già dalla spiegazione anatomica di questo sistema si capisce chiaramente che le sollecitazioni che noi applichiamo durante un trattamento muscolare possono evocare risposte ricercate volutamente; ma nello stesso tempo anche risposte indesiderate che compromettono il trattamento stesso e provocare addirittura danni al tessuto. Ovviamente questo non deve succedere assolutamente, per cui ancora una volta sottolineo l’importanza di un’adeguata preparazione anatomica. Personalmente, durante il trattamento di un muscolo, utilizzo le diverse zone della mano in questo modo: • Durante la valutazione “sensibile” dei piani = intera superficie del palmo e polpastrelli delle 5 dita;
In sintesi è un sistema riflesso primitivo, cioè presente fin dallo sviluppo embrionale, che fa parte dell’attività comportamentale muscolare. La peculiarità è che viene controllato esclusivamente dal midollo spinale e non può essere condizionato volontariamente (da un comando proveniente dal cervello). Gli stimoli meccanici che raggiungono fasci muscolari e tendinei vengono raccolti
• Durante le pressioni attive di trattamento = calcagno, pollice e 4 dita assieme. La scelta di questi punti è spontanea, cioè mi adatto a seconda di dove devo agire e con quale profondità e pressione. Mentalmente pensate sempre in quale porzione anatomica vi trovate, rispettando prominenze ossee e distinguendo zone tendinee da zone muscolari. Come già accennato negli articoli prece-
denti, inizialmente le fasce vanno portate in temperatura attraverso manovre di scivolamento e di scarico, durante le quali si ha modo di percepirne le condizioni. Dopo di che si lavorano eventuali punti contratti e di accumulo con movimenti pressori e semicircolari a frizione utilizzando calcagno e pollice. Alternate sempre con scarico in direzione dei linfonodi più vicini. La direzione delle manovre è sempre prossimo-distale, ad esempio nel massaggio di un arto inferiore si parte dall’inguine e si scende gradualmente verso il piede in modo da “svuotare” prima a monte ciò che potrebbe ostacolare lo scarico a valle. Importante saper percepire se nello strato sottocutaneo c’è ritenzione e ristagno di liquidi, problema frequente e soggettivo negli sportivi. In questo caso è preferibile trattare prima tale disagio con un trattamento di tipo linfodrenante per poi passare allo strato muscolare più profondo. Evitare possibilmente di voler gestire entrambe le situazioni andando direttamente sull’impastamento muscolare. Così si rischia di sommare l’accumulo liquido con il rilascio di tossine e di ingolfare troppo la gamba senza riuscire poi a pulirla completamente al termine del trattamento. Cercare di gestire la durata del trattamento senza però rischiare di interromperlo incompleto. Anche questo, purtroppo, è un problema frequente legato all’organizzazione lavorativa nel contesto in cui si opera. La cosa migliore è sempre quella di poter dedicare il giusto tempo ad ogni problematica fino a quando non si è terminato il lavoro.
David De La Cruz - Photo by Bettiniphoto
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MONDO ACSI
BORGNA: “IL CICLISMO AMATORIALE È CRESCIUTO” Emiliano Borgna Responsabile nazionale Acsi ciclismo
A cura della Redazione
Una volta esistevano solo le gare nei circuiti, oggi anche gli amatori si dilettano con le discipline più innovative: “Il movimento ha fatto passi da gigante e noi, negli anni, abbiamo accompagnato questa crescita. Con l’abituale entusiasmo, ma senza mai snaturare i nostri principi”
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uesta volta dei numeri (tanto per cambiare, in vertiginosa crescita) non vuole parlare “perché - dice - non siamo in competizione con nessuno e non ci interessa essere autoreferenziali”. Ma al di là dell’elegante low-profile del suo presidente, il 2016, per Acsi ciclismo, va in archivio con una serie di prestigiose conferme, segno che la politica di Emiliano Borgna “un freno all’agonismo e più spazio all’aggregazione” - comincia a sortire gli effetti sperati. Una crescita confermata anche dal presidente nazionale dell’Acsi Antonino Viti che, tracciando un bilancio dell’annata ormai al crepuscolo, ha incoronato urbi et orbi il ciclismo come la “disciplina ammiraglia” dell’intero ente promozionale. “Siamo stati lungimiranti nel comprendere che, rispetto a qualche anno fa, il ciclismo amatoriale stava cambiando in maniera radicale - osserva Borgna - prima le gare erano circoscritte ai circuiti, negli ultimi anni invece il settore è cresciuto e si è specializzato, tant’è vero che, oggi quando si parla di ciclismo amatoriale, si
intende un campionario estremamente complesso di discipline, che va dalle granfondo alle mountain bike, dal downhill al ciclocross fino alle attività propedeutiche nelle scuole o per i diversamente abili, senza dimenticare tutti quei filoni della bicicletta che, come le mode del momento, potrebbero evaporare nel giro di poco tempo, ma anche diventare dei movimenti importanti” e strutturati. Un cambiamento che Acsi ha seguito con grande attenzione, mantecando il tutto con la sua filosofia di sport, ovvero ciclismo per tutti e sicurezza in primo piano, concetti ribaditi di recente anche al vernissage romano di “Formula Bici”, l’associazione nata da una comune “dichiarazione d’intenti” fra Acsi e Federazione che punta a rivoluzionare l’anima del ciclismo amatoriale italiano: “Come nelle competizioni ciclistiche - spiega Borgna anche noi lavoriamo in gruppo, da soli si fa poco. Il nostro compito nell’ambito di questo progetto è quello di individuare e certificare quegli eventi che raggiungono standard organizzativi e di sicurezza di qualità”. Un progetto nato in sintonia ge-
ometrica con gli ideali statutari di Acsi, come ribadisce lo steso Borgna: “La nostra ‘mission’ è quella di migliorare, in maniera trasversale, l’ambiente della bicicletta, limitando l’agonismo sfrenato e bandendo il doping, ma soprattutto coinvolgendo tutti gli appassionati del pedale che oggi ci guardano da fuori, assicurando loro totale sicurezza negli eventi a cui decidono di partecipare”. Insomma, anche se i principi restano quelli originari, il movimento ciclistico Acsi continua a crescere in maniera esponenziale, un fatto oggettivo che, senza snaturare lo spirito delle manifestazioni (ben sintetizzato dal circuito “Zero Wind Show”), necessita comunque di nuove logiche organizzative e gestionali: “Le manifestazioni crescono per numeri ed importanza - ammette Borgna - e dunque lo sforzo organizzativo, in primis per questioni di sicurezza, deve aumentare di pari passo. Noi mettiamo a disposizione il nostro know-how a chiunque, fedele ai principi del ciclismo pulito e aggregante, voglia crescere insieme a noi, condividendo i nostri valori e la nostra passione”.
Momenti eroici 2016 - Photo by Giordano Cioli
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CHIANCIANO TERME
SORGENTI DI SALUTE A cura della Redazione
L’elisir di lunga vita? Cercatelo nel cuore della provincia di Siena tra le acque curative dei più antichi centri termali Basilica di San Biagio alle porte di Chianciano Terme
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hianciano Terme è un centro termale in provincia di Siena ricchissimo di acque minerali ad azione curativa, situato a circa 550 metri sul livello del mare. La località, a forte vocazione turistica, offre tutti i vantaggi climatici derivanti dalla sua felicissima posizione geografica, a cavallo tra la Val d’Orcia con le sue crete (dal 2004 patrimonio dell’umanità dell’UNESCO) e la fertile Valdichiana, tra le colline dei vini di Montepulciano e le bellezze rinascimentali di Pienza. Circondato da colline boscose di querce, faggi, lecci e castagni, immerso in un ambiente incontaminato, Chianciano Terme ha conservato una rilevante quantità di verde nei parchi termali e nei giardini pub-
blici, di ville ed alberghi. Luogo di cura e di relax, Chianciano è anche il punto di partenza per scoprire le bellezze della Toscana e della vicinissima Umbria. Ha avuto nel periodo 1915-1920 un rapido sviluppo con la costruzione di un acquedotto, di uno stabilimento di imbottigliamento e con la ristrutturazione dello stabilimento dell’Acqua Santa. Uno sviluppo proseguito nel secondo dopoguerra con la trasformazione degli stabilimenti termali e l’aumento delle strutture ricettive. Le proprietà benefiche delle acque minerali di questa cittadina erano già apprezzate da Etruschi e Romani, che avevano occupato stabilmente la zona edificando un importante centro abitato. Il periodo ellenistico vide la nascita di alcuni santua-
ri dedicati alle divinità delle acque, anche se alcuni erano già sorti in precedenza. Tra questi il più famoso è il Tempio dei Fucoli; trovato nell’omonima collina ci ha restituito parte dei suoi frontoni in terracotta che raffigurano scene mitologiche. È proprio in quest’epoca, però, che la civiltà etrusca entra in decadenza sia per problemi interni sia per la sempre crescente romanizzazione. I Romani divisero dunque le terre del Chiancianese in vasti latifondi, che hanno contribuito a eliminare il ceto di piccoli proprietari terrieri che in periodo etrusco si affiancava alla nobiltà. Di questo periodo è la fattoria tardo-etrusca di Poggio Bacherina che ci ha restituito vasche per la produzione di vino ed olio.
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COSMOBIKE SHOW
LA BICICLETTA
NON È UN OGGETTO,
MA UNO STILE DI VITA Filippo Pozzato, Andrea Fedi, Matteo Busato ospiti allo stand SIDI nell’occasione di CosmoBike Show Verona
È
scritto tutto nei numeri - 60mila visitatori (+20%) in quattro giorni! - il grande successo della seconda edizione di CosmoBike Show, il salone internazionale dedicato al mondo della bicicletta organizzato da Veronafiere dal 16 al 19 settembre. Con quasi 500 aziende espositrici da 23 Paesi, 35mila metri quadrati di superficie espositiva e un programma di oltre 40 appuntamenti, la manifestazione si consolida, dopo appena due anni, come la rassegna di riferimento per tutti gli appassionati delle due ruote a pedali. Mobilità, sostenibilità e cicloturismo, ma anche sport, tempo libero e innovazione tecnologica sono i temi che hanno attraversato la quattro giorni veronese dedicata al
settore che ha registrato quest’anno la partecipazione di oltre 300 giornalisti, rispetto ai 100 accreditati nel 2015. “Anche in questa seconda edizione – commenta Paolo Coin, project manager della manifestazione – abbiamo proposto un’idea di bicicletta intesa come ‘stile di vita’ più che come semplice ‘oggetto’, preferendo creare scenari che esposizioni. Cosmobike guarda ovviamente con grande attenzione al mercato della bicicletta che, però, non può ridursi soltanto ad un segmento commerciale o alla competitività fra aziende. In Fiera abbiamo ospitato marchi prestigiosi e novità formidabili, ma l’aspetto più interessante emerso da questa edizione del Cosmobike è la consapevolezza che, al di là delle difficoltà di un mercato
che inevitabilmente paga lo scatto di una crisi planetaria, la sensibilità dell’opinione pubblica verso la bicicletta cresce in maniera importante e, con essa, le esigenze di una platea di potenziali utilizzatori che reclamano non solo biciclette di buon livello, ma anche politiche pensate per l’utenza debole con spazi urbani sicuri e protetti. Veronafiere con Cosmobike Show - prosegue Coin - punta già da oggi a costruire per gli appassionati un’edizione 2017 ancora più ricca ed interessante. C’è indubbiamente da recuperare una serie di aziende che, facendo tesoro delle esperienze passate, potrebbero decidere di avvicinarsi alla nostra manifestazione, ma ci sono da migliorare anche alcuni aspetti, come ad esempio un rappor-
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A cura della Redazione
Cosa resta della formidabile rassegna veronese? Sessantamila visitatori in quattro giorni, 500 aziende espositrici ed una lezione di cui far tesoro: “Più del mercato conta il ciclista”
to più strutturato col mondo granfondistico o un nuovo format per i test-bike, che non possono ridursi a momenti riservati solo ad una ristretta cerchia di interessati. Perché Cosmobike quest’anno è stata visitata da migliaia di neofiti, persone cioè che - più del top di gamma - cercano semplicemente delle risposte alle loro legittime esigenze di mobilità sostenibile. A questo pubblico noi dobbiamo regalare suggestioni, ma soprattutto soluzioni concrete”. Per il presidente di Veronafiere, Maurizio Danese: “CosmoBike Show è una manifestazione che sa dare spazio all’intero mondo della bici: dal business agli appassionati, fino alla tecnologia, il turismo, senza dimenticare le politiche sulla viabilità sostenibile,
tema centrale del forum-anteprima CosmoBike Mobility, che ha preceduto la manifestazione. In concomitanza con la Settimana europea della mobilità, CosmoBike Show ha rappresentato un importante momento di dialogo con le istituzioni, dal locale al nazionale, nonché l’occasione di fare il punto sulle opportunità e prospettive di crescita”. “Anche nel settore della bicicletta Veronafiere esprime la sua vocazione all’internazionalizzazione e alla realizzazione di un piano di sviluppo del comparto al di fuori dei confini nazionali. In questo – commenta il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani – risiede il successo di un appuntamento giovane ma pieno di potenzialità. Il programma di incoming realizzato con Ice-
Italian Trade Agency ha portato a Verona 40 top buyer da 18 paesi, tra cui una collettiva di Taipei, sede della principale rassegna mondiale della bici. Proprio con la Fiera di Taipei – conclude Mantovani – CosmoBike Show ha siglato un Barter Agreement, un accordo che porta l’Italia in prima fila tra i Paesi leader del comparto”. Il passato… Nei ricchi padiglioni particolarmente apprezzata l’area dedicata alle origini della bicicletta: CosmoBike Show Legend, con aziende che hanno fatto la storia della bicicletta nel mondo. Tra i pezzi più rari esposti in fiera ricordiamo le più belle biciclette utilizzate da Fausto Coppi nelle sue mitiche imprese dal Mont Ventoux al Sestier, dalla Cuneo-Pinerolo al Pordoi, in rosa e in
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Patrizia Piu, Ivana Ruppi, Paolo Coin e Denise Muraro
giallo. Molti i miti del ciclismo tricolore rappresentati nell’area Legend, anche se uno in particolare ha riacceso i ricordi di tutti gli sportivi italiani: Marco Pantani. Legend significa anche grandi marchi che nel corso degli anni hanno saputo rinnovare ed far evolvere la bicicletta attraverso i suggerimenti dei grandi campioni, accettando anno dopo anno nuove sfide in ambito produttivo per dettare nuovi trend per il futuro. Tra queste non si può che citare la Wilier Triestina, che dal 1906 ad oggi è una delle
più autorevoli rappresentanti dei ciclismo made in Italy: all’azienda veneta, celebre per il tipico rosso-ramato delle sue biciclette, è stata dedicata un’intera area dove l’azienda ha allestito il proprio museo della bici.… e il futuro Innovazione, materiali all’avanguardia e design avveniristici per la bici e il ciclista del terzo millennio. E ancora, ebike multi-terreno con doppia batteria, ma non solo. Dai guanti hi-tech per controllare i device tecnologici mentre si è in sella a pedalare, all’allenatore virtuale che monitora
i parametri biometrici, fino ad una linea di integratori tutta al femminile: l’evoluzione corre sempre più veloce, anche sulle due ruote a pedale. A premiarla è CosmoBike Tech Award, il riconoscimento che valorizza l’impegno e gli investimenti nella ricerca applicata da parte delle aziende, selezionate tra le 500 presenti in questi giorni a CosmoBike Show, manifestazione di riferimento in Italia per il mondo della bicicletta, in corso in Fiera che si concluderà domani. Pensate dalla giuria specializzata per essere il più possibile trasversali ed accogliere anche le nuove tendenze tech e lifestyle, sono in tutto otto le categorie che hanno gareggiato: innovazione, qualità del design, qualità tecnica, prodotto green, prodotti per bambini, miglior servizio Bike Friendly e premio speciale della giuria e bike adventure. Tra i premiati, il sistema da braccio che permette di misurare la condizione organica dell’atleta, la bici da corsa con freni a disco e linea aerodinamica, le ruote da mountain-bike che permettono l’aggancio dei raggi senza alcuna foratura sul cerchio e la sella realizzata con materiali riciclati e senza l’utilizzo di colle chimiche. Tra le novità, la linea di integratori per le donne che praticano sport di resistenza e il casco per bambini ripreso da quello degli adulti. Inoltre, l’e-bike multi terreno dotata di doppia batteria. Su trentacinquemila metri quadrati di superficie Cosmobike ospita quasi 500 aziende provenienti da 23 paesi insieme ad abbigliamento, accessori, servizi e cicloturismo.
Prior to the advanced development of Graphene, there was always the requirement of compromising between speed, grip, durability and pucture protection. Effectively, the introduction of Graphene allows for the natural barriers of rubber to be removed, which means that there is no longer the need for such compromises. All these features are now reaching their maximum possibilities. vittoria.com #NO COMPROMISE
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LA LEGGENDARIA CHARLY GAUL
PARTE LA CACCIA AI PETTORALI
La Leggendaria Charly Gaul 2016 - Photo by Newspower.it
“S
iamo in bilico nell’indecisione di un gioco con la tranquilla sicurezza di vincere. Siamo soli senza nemmeno il contatto con la terra, che le nostre ruote sfiorano appena, quasi in balia del vento, contro il quale lottiamo come un uccello. Non è il viaggio o la sua economia nel compierlo che ci soddisfa, ma la facoltà appunto di interromperlo e di mutarlo, quella poesia istintiva di una improvvisazione spensierata, mentre una forza orgogliosa ci gonfia il cuore di sentirci così liberi”. Sono le parole dello storico, poeta e scrittore Alfredo Oriani, e questa sensazione di libertà, gioia ed armonia con la propria bicicletta verrà riproposta anche nel 2017 con la dodicesima edizione de “La Leggendaria Charly Gaul”, firmata ancora una volta dalla penna dell’APT Trento, Monte Bondone, Valle dei Laghi e
dell’ASD Charly Gaul Internazionale. Venerdì 7 luglio andrà in scena la velocissima cronometro di Cavedine (TN) lungo gli spettacolari scenari della Valle dei Laghi, sabato 8 luglio si rinnova la passione per il ciclismo d’epoca con la ciclostorica “La Moserissima”, mentre domenica 9 luglio si festeggerà la dodicesima edizione de “La Leggendaria Charly Gaul”. Le iscrizioni per partecipare sono già aperte ed a prezzi davvero vantaggiosi. Le promozioni speciali si concluderanno l’ultimo giorno del 2016, ad una cifra di 32 euro riservata ad un numero massimo di 500 pettorali, comprensiva di un pacco gara costituito da dorsale di gara personalizzato, gadget tecnico, ristori sul percorso e all’arrivo, rivista ufficiale de “La Leggendaria Charly Gaul UCI Gran Fondo World Series”, assistenza medico-sanitaria, alcuni prodotti tipici del territorio trentino,
pranzo conclusivo e servizio trasporto indumenti dalla partenza all’arrivo. Per gli indomiti che volessero competere sia alla granfondo/mediofondo che alla sfida contro il tempo della cronometro di Cavedine il prezzo, sempre per un massimale di 500 pettorali, sarà di 50 euro. La terza ciclostorica “La Moserissima” rimarrà invece ‘accessibile’ a 20 euro fino al 31 dicembre al raggiungimento di un numero massimo di 300 pettorali, offerta comprensiva di dorsale di gara, ristori con prodotti tipici sul percorso e all’arrivo, rivista ufficiale “La Moserissima”, assistenza medico-sanitaria, prodotti tipici del territorio, pranzo e servizio trasporto indumenti. La direttrice dell’APT Trento, Monte Bondone, Valle dei Laghi, Elda Verones, in collaborazione con l’ASD Charly Gaul Internazionale, farà nuovamente affidamento su istituzioni, collaboratori e volontari che
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A cura della Redazione
Già aperte le iscrizioni per la dodicesima edizione della grande classica trentina. E come al solito chi arriva prima… spende meno
hanno reso grande la scorsa tre-giorni de “La Leggendaria Charly Gaul”, a cominciare dalla sfida a cronometro in una delle zone territoriali più suggestive del Trentino, con il percorso arricchito dalla spettacolare salita conclusiva in direzione Castel Madruzzo e Lasino ad esaltare le doti dei cronomen, una prova veloce e suggestiva, capace di abbinare la velocità di una gara di questo tipo ad un’erta finale inusuale per una cronometro. Di tutt’altra ‘pasta’ ed atmosfera invece “La Moserissima”, raduno ciclostorico dedicato a Francesco Moser, il ciclista italiano più vincente della storia. Tanti i corridori che solitamente affollano il via, regalandosi una giornata vintage fatta di caschi in cuoio, maglie di lana, puntapiedi e cinghiette, pantaloncini d’un tempo e biciclette d’acciaio, a ricordare il ciclismo dei tempi passati assieme ai tan-
ti campioni che lo rappresentarono. La dodicesima edizione de “La Leggendaria Charly Gaul” costituirà nuovamente un appuntamento irrinunciabile per tutti gli arditi pedalatori che vorranno arricchire con la propria presenza una manifestazione avvincente, unica ed ipercompetitiva, con la partenza nuovamente dalla città tridentina e l’arrivo sul Monte Bondone, erta che ha fatto la storia del ciclismo nostrano ed internazionale, in particolar modo con la storica impresa del 1956 firmata dall’“angelo della montagna”, il lussemburghese Charly Gaul, cui si deve la titolazione della sfida. “La Leggendaria Charly Gaul” sarà l’unica tappa italiana dell’ambito circuito internazionale UCI Gran Fondo World Series, sicuramente un incentivo ed un richiamo rivolto a tutti i corridori stranieri per venire a competere alla manifestazione trentina, la quale, forte di un team organizzatore collaudato negli anni, offrirà numerosi servizi, come il trasporto indumenti da Trento all’arrivo sul Monte Bondone ed il servizio navetta destinato ai ciclisti che dopo l’arrivo desidereranno rientrare dal Monte Bondone a Trento con autobus riservato (idem al mattino per chi pernotterà negli alberghi del Bondone). Il programma dell’evento comprende inoltre la possibilità di usufruire della Trentino Guest Card, la quale permette di entrare in oltre 40 musei (Muse e Mart inclusi), 15
castelli e più di 40 attrazioni tra cui anche l’Arena di Verona. Con la Trentino Guest Card si può inoltre viaggiare su tutti i trasporti pubblici del Trentino ed usufruire di un cospicuo numero di sconti, risparmiando fino a 350 euro a settimana. Confermati dunque gli scenari palpitanti ove si svolgeranno le manifestazioni, partenza da Trento, città connubio di arte, storia e scienza, capace di attrarre nel corso dei secoli elementi di tradizioni fra loro molto diverse, provenienti dal Nord e dal Sud Europa, fondendole in un mix davvero particolare e suggestivo. Un capoluogo che ha un cuore sportivo, una città dotata di una rete incalcolabile di piste ciclabili e di percorsi per praticare attività sportiva immersi nel verde, accogliendo inoltre il ritiro estivo di importanti e numerose squadre di calcio. Da Trento al “regno dell’acqua” a soli quindici minuti dal centro città, la Valle dei Laghi, fra castelli medievali, borghi ed un’attività ciclistica che si integra alla perfezione con questa spettacolare scenografia paesaggistica di un territorio che mette bene in vista i propri ‘gioielli’, chiudendo dove ‘tutto è cominciato’, il Monte Bondone, denominata la montagna in città, perché a pochi chilometri da Trento è in grado di offrire tutto quello che un appassionato di natura e di sport può desiderare, circondato dalle spettacolari vette dolomitiche, nel silenzio e nella pace dei boschi.
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RECON JET TUTTE LE INFORMAZIONI SONO SOTT’OCCHIO A cura di Roberto Zanetti
Prodotti da Recon Instruments e distribuiti - in Italia - da Beltrami TSA, gli occhiali Recon JET sono un vero computer indossabile pensato per le attività outdoor, in grado di mostrare i dati in tempo reale sul display posizionato davanti all’occhio destro.
C
hi è Recon?: La Recon ha base a Vancouver - in Canada – e nasce dall’idea di un triatleta che, mentre si allenava a nuoto, pensò come poter visualizzare le informazioni dei suoi allenamenti negli occhialini. Presto decise di applicare questa sua idea ad altri sport nei quali fosse importante per l’atleta avere la possibilità di accedere in modo veloce e semplice a tutta una serie di informazioni legate all’allenamento. Oggi Recon, oltre a produrre l’occhiale Jet, fornisce la propria tecnologia Head-Up Display anche ad altre aziende leader nel settore dell’occhiale sportivo e delle mascherine da sci/snowboard quali Oakley e Smith. Notizia di questi giorni la Recon Instruments è diventata di totale proprietà di Intel, che ne ha rilevato tutte le quote. Intel, infatti, da semplice azionista è di fatto diventata proprietaria in toto dell’azienda canadese, questo a dimostrazione di quanto interesse ci sia in questa nuova categoria di prodotti i cosiddetti “smart glasses”. Una categoria nella quale colossi come Google, Luxottica o la stessa Intel – per l’ap-
punto - stanno facendo degli investimenti di dimensioni molto importanti. Le funzioni e la tecnologia dei Recon JET: Quello che si vede dai Recon JET - grazie alla tecnologia Head-Up Display già adottata da alcune case automobilistiche - non è un mondo virtuale, bensì una vera e propria realtà amplificata: questo significa che l’atleta, mentre rimane concentrato sulla strada che sta percorrendo o mentre si allena, può consultare altre informazioni in tempo reale, senza distogliere lo sguardo davanti a se. Pensati e testati per i ciclisti e per i runner, ma dal molteplice utilizzo, gli occhiali intelligenti mettono a disposizione dello sportivo un vero proprio computer di ultimissima generazione con la possibilità di connettersi tramite i più sofisticati sistemi: WiFi 802.11b/g/n e Bluetooth 4.0. É anche possibile collegare gli smartglass allo smartphone per ricevere notifiche, messaggi e controllare la riproduzione della musica. Mentre per gli utenti “maniaci” della misurazione c’è anche il supporto ANT+ che consente di usare accessori compatibi-
li, come i cardiofrequenzimetri o misuratori di potenza espressa in watt. Il display, posizionato sulla lente destra, ha una risoluzione WQVGA con elevati contrasto e luminosità. Con i Recon JET sarà come guardare le immagini su uno schermo da 30 pollici (pari a un televisore di uguale misura) a una distanza di circa due metri. Inoltre sono presenti per le attività professionali e, al contempo, anche molto divertenti una fotocamera da 2,1 Megapixel, speaker e due microfoni che permettono di scattare foto, registrare video, visualizzare distanza, durata e mappe. Ovviamente non si può fare a meno delle opzioni di condivisione sui più noti social network come Facebook, Instagram e Twitter, oltre una App Recon Engage (gratuita!) per iOS e Android per visualizzare le attività fisiche e confrontare i progressi fatti nel tempo, allenamenti o gare che siano. Caratteristiche tecniche: All’interno degli occhiali Recon JET (85 gr di peso, appena 30 gr in più rispetto ad un normale occhiale da sole sportivo) si concentra un numero notevole di tecnologie.
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Per gestire tutte le funzioni ci si avvale di un processore dual core, affiancato dalla connessione Wi-Fi integrata, Ant+ (per il trasferimento di dati, utilizzato per dispositivi come podometri e cardiofrequenzimetri), Bluetooth, una videocamera HD che permette di scattare foto e realizzare video della durata fino ad 1’ e che possono anche essere postati direttamente dall’occhiale sui Social Network. Non ultimo poi, l’occhiale integra un GPS cartografico con la possibilità di scaricare tramite il sito https://engage.reconinstruments.com/ mappe dettagliate di moltissime località per analizzare e condividere i percorsi con gli amici. A questo su unisce poi una funzione che permette di vedere dall’occhiale anche la posizione di eventuali altri “amici” qualora indossino anche loro l’occhiale Jet. Ovviamente poi a questo si affiancano anche una serie di sensori che vanno dall’accelerometro, al giroscopio, al magnetometro, altimetro, termometro, etc… Gli occhiali Recon JET basano il loro software su una piattaforma di sviluppo (Android) aperta a tutti coloro che volessero sviluppare delle applicazioni dedicate.
Questo, come logico, moltiplicherà in modo esponenziale le funzionalità possibili per questo prodotto già così com’è decisamente rivoluzionario. Come si può vedere dalle foto del servizio, l’Hud è posto sul lato destro degli occhiali; più indietro, invece, è situato il touchpad (ottico, utilizzabile anche indossando i guanti) per impartire i comandi. Recon garantisce il funzionamento perfetto in tutte le condizioni meteo e di luce. Sia la batteria che il display sono facilmente rimovibili senza l’utilizzo di nessuno attrezzo, per poter usare i Recon JET anche come un occhiale tradizionale mentre le lenti – intercambiabili - si possono sfruttare con il sole, con le nuvole o nelle svariate condizioni di luce in cui ci si trova a praticare lo sport preferito. Conclusioni: Si tratta sicuramente di un oggetto dal costo importante (449,00 € al pubblico, IVA inclusa) ma la sua unicità, le molteplici funzionalità ne giustificano abbondantemente il costo. Se pensiamo di sommare infatti il prezzo di un buon GPS cartogra-
fico a quello di una foto/videocamera e, a questo, aggiungiamo poi degli occhiali sportivi di buona qualità avremmo di certo superato il prezzo di questo prodotto eccezionale. Senza, tra l’altro, avere tutto questo in un solo dispositivo!
Il Produttore: Recon Instruments Vancouver - Canada www.reconinstruments.com engage.reconinstruments.com Il Distributore per l’Italia: Beltrami TSA Via Euripide, 7 42124 Reggio Emilia Tel: +39 0522 307803 Fax: +39 0522 703106 E-mail: info@beltramitsa.it Web site: www.beltramitsa.it
Vuelta Spagna 2016 - Opera d’arte by Bettiniphoto
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IL COACH
SI FA PRESTO A DIRE
YOGURT A
nche se il frigor fa l’eco, lui non manca mai. Parliamo dello yogurt, il più conosciuto tra i prodotti fermentati del latte. Le sue origini lo fanno derivare da una casualità: un’acidificazione naturale del latte munto dalle popolazioni caucasiche. È un prodotto comunque molto antico, già citato nella Bibbia e conosciuto persino da Aristotele, Erodoto e Plinio. I latti fermentati che si conoscono sono, oltre allo yogurt, il Kefyr derivato dal latte di mucca e di capra; il Kumys Komiss prodotto in Mongolia sia dal latte di mucca che di cavalla e il Gioddu, prodotto da latte di vacche e ovini sardi. La definizione di “latte fermentato” deriva dal fatto che il latte viene inoculato con colture lattiche che lo fermentano, convertendo parte del lattosio in acido lattico, insieme a CO2, acido acetico, ecc. Questa conversione ha un effetto conservante sul latte, dovuto all’abbassamento del pH che inibisce lo sviluppo dei batteri putrefacenti e dei batteri anti caseari. La durata della fermentazione del latte per produrre yogurt è normal-
mente compresa tra 3 e 9 ore a circa 42-43 gradi centigradi e la quantità finale di acido lattico presente nello yogurt è compresa tra 0,8 e 1,3%. Esso è presente in forma di isomeri D e L, derivanti dall’attività fermentativa rispettivamente del Lactobacillus bulgaricus e dello Streptococcus thermophilus. Queste specie batteriche, dette probiotiche, sono poi state affiancate da altre specie, normalmente presenti nell’intestino come il Lactobacillus acidophilus e Bifidobacterium spp. che possono essere aggiunte prima del confezionamento. Circa il 20-40% del lattosio viene trasformato in acido lattico, quindi il lattosio residuo alla fine del processo è di circa 2,5-3,0%. Se vengono aggiunti altri zuccheri, la quantità di zuccheri totali finali presenti nello yogurt può essere anche del 5%. ASPETTI NUTRIZIONALI Il latte fermentato ha il grande vantaggio di conservare tutti i principi nutritivi del latte, ma può essere consumato anche da chi è intollerante al lattosio e che quindi non può bere il latte. L’intolleranza al lattosio è dovuta alla deficienza nell’individuo dell’en-
zima Beta-galattosidasi, detto anche lattasi, prodotto dalle cellule epiteliali dell’intestino tenue. L’attività lattasica intestinale nell’uomo è massima alla nascita, comincia a diminuire con lo svezzamento, fino a giungere nell’adulto a un residuo che può essere il 10% dell’attività massima. L’azione probiotica dello yogurt è un altro aspetto nutrizionale fondamentale: i batteri lattici hanno la capacità di colonizzare l’intestino umano favorendo l’instaurarsi di condizioni contrarie allo sviluppo di germi del gruppo Coli-Aerogenes, putrefacenti, considerati dannosi. Essi sono in grado di arrivare all’intestino, in quanto resistenti agli acidi gastrici e biliari, aderiscono alle cellule intestinali creando una barriera che ostacola l’adesione di eventuali batteri patogeni. Per svolgere un’azione probiotica, i batteri lattici devono possedere buone capacità adesive alle mucose intestinali; devono essere in grado di formare degli aggregati stabili ed essere in possesso di effetti antagonisti sulla microflora stanziale dell’intestino, oltre alla capacità di poter essere coltivati,
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A cura di Iader Fabbri
Citato nella bibbia e nato da una “casualità” è il più consumato tra i prodotti fermentati del latte. Ma occhio alle intolleranze (e alle imitazioni)
Chi è Iader Fabbri E’ consulente nutrizionale di tutte le Nazionali italiane di ciclismo e commentatore tecnico, in ambito nutrizionale, per la testata giornalistica Rai Sport, per la quale – nell’ultimo Giro d’Italia – ha curato e condotto una striscia quotidiana. E’ relatore in convegni e seminari su sport e alimentazione e collabora, nel settore ricerca, con le Università di Firenze e Pavia. Coach di diversi atleti professionisti di livello mondiale, collabora con diverse riviste giornalistiche nazionali, per le quali cura personalmente rubriche dedicate allo sport, alla nutrizione e al benessere.
sopravvivere al processo di fermentazione e di rimanere vitali nei prodotti. I benefici che possono dare all’organismo sono molteplici: possono curare la diarrea, ridurre il colesterolo nel sangue, rinforzare il sistema immunitario, ridurre il rischio di cancro all’apparato digestivo, alleviare i sintomi di malassorbimento intestinale (intolleranza al lattosio). TIPOLOGIE DI YOGURT In commercio lo yogurt si può trovare compatto oppure liquido da bere o ancora congelato tipo gelato, ma le ditte produttrici devono comunque attenersi a due specifiche circolari del Ministero della Salute: la n.
2 del 4/1/1972 e la n. 9 del 3/2/1986, le quali prescrivono sostanzialmente che lo yogurt ed i latti fermentati debbano avere dei batteri lattici vivi. I latti fermentati, pastorizzati prima del confezionamento, non possono perciò essere definiti yogurt. Zuccheri e altri dolcificanti possono essere usati quali ingredienti nella preparazione dello yogurt: saccarosio, glucosio, fruttosio, sciroppi, ecc. La quantità di zuccheri utilizzata non supera di norma il 10% perché livelli superiori possono ostacolare lo sviluppo dei fermenti lattici e ritardare la velocità di acidificazione. Per la produzione di yogurt dietetici light vengono invece utilizzati dol-
cificanti a basso contenuto calorico, come l’aspartame. Il contenuto di grasso nello yogurt, invece, va da un livello di grasso minimo del 3.0% nello yogurt intero, a un livello compreso tra 0.5% e il 3.0% in quello parzialmente scremato, ad un livello di grasso massimo dello 0.5% nello yogurt magro. Per concludere, lo yogurt grazie all’azione dei batteri lattici attivi presenti stimola i meccanismi di difesa immunitaria dell’uomo, che oggi vengono spesso compromessi da stili di vita e alimentari scorretti e squilibrati. Per questo può essere definito un “alimento funzionale”, utile per il benessere della vita e della salute umana.
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CONSIGLI E RIFLESSIONI
TABELLE DI ALLENAMENTO? MEGLIO ASCOLTARE
LE GAMBE A cura di Gian Paolo Mondini
Giusto pianificare il vostro training, ma la fatica è una “spia” che non può essere ignorata. Quindi, per migliorare le perfomance, in primis date retta alle vostre sensazioni
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ono sempre di più gli amatori che seguono tabelle d’allenamento (più o meno dettagliate) fornite da esperti preparatori o consigliate da amici o, magari, semplicemente trovate su internet. Valide o meno che siano, il problema fondamentale resta solo uno: le tabelle non pensano... Non sono cioè in grado di dirvi qual è il vostro reale grado di affaticamento al momento dell’allenamento, perché nessuno vi ha spiegato qual è l’obiettivo di un esercizio specifico. Partendo dalla considerazione che le regole per le quali l’acido lattico si accumula nei muscoli e impedisce (di fatto) la prosecuzione dello sforzo sono piuttosto semplici... ora ci troviamo di fronte ad un paradosso. Abbiamo bisogno che un “componente esterno” ci dica che stiamo cominciando a fare fatica... ma come?
Se le gambe cominciano a “bruciare” e ad indurirsi, che bisogno ho che il cardiofrequenzimetro e/o il wattometro mi dica che sto lavorando ad un ritmo medio della soglia anaerobica? E’ ormai consueto trovare atleti professionisti o amatori che, avendo smesso di cercare di capire quali sono le proprie sensazioni, semplicemente dicono: non mi si alzano i battiti. Scusate, ma in questi casi basterebbe dire: sono stanco... oppure mi fanno male le gambe. Invece no. Viviamo con l’ansia di allenarci, di non perdere neanche un giorno scritto nella “sacra” tabella, come se si rischiasse una “scomunica” da tutte le classifiche agonistiche e sociali! Non è così. Siamo tutti diversi, ma le leggi fisiche alle quali il nostro corpo risponde sono imprescendibilmente uguali per tutti! Ho male alle gambe, quindi riposo... recupero. Non vorrei banalizzare. L’argomento è
senza dubbio complicato e il percorso di autoconoscenza è motivo di culto perfino da parte di alcune religioni. Del resto siamo nel 2016 e le tecnologie ci affiancano e ci aiutano. Ma non si sostituiscono a noi. Possiamo verificare da noi stessi che, quando cominciamo a sentire mal di gambe, i battiti o i watt ci danno un valore, ma non si tratta di un dato assoluto: un numero primo indissolubile nel tempo. Si tratta di un dato che può variare di giorno in giorno e, normalmente, può decrementare durante un allenamento. Il fattore fondamentale in questi casi è il recupero. Basare un allenamento lungo su parametri calcolati in laboratorio può essere pericoloso, perché non viene preso in considerazione il recupero. Specie se, come capita non di rado, si parte da casa già con il mal di gambe!
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Campionati Europei - Plumelec - 2016-Strada Uomini Elite- Photo by Bettiniphoto
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L’EROICA 2016
BICI D’EPOCA, VINO E RIBOLLITA
Anche il campione Felice Gimondi con la figlia Norma presenti all’Eroica 2016 - Photo by Giordano Cioli
A
nche quest’anno, nella suggestiva cornice di Gaiole in Chianti, si è svolta la ventesima edizione de L’Eroica. Un popolo composito di appassionati, oltre settemila, in cerca di avventure da condividere con tante altre migliaia di persone provenienti da tutto il mondo, per assaporare la popolarissima cultura del ciclismo eroico, fatto di pane e sudore, di polvere e di gloria. Il magnifico popolo dell’Eroica, composto da migliaia di appassionati provenienti da 65 Paesi di tutti i continenti, ha vissuto in questo lembo di Toscana la splendida emozione dei venti anni. Un successo formidabile per l’evento che celebra il ciclismo di altri tempi in tutta la sua essenza: “la bellezza della fatica ed il gusto dell’impresa” in un contesto unico ed inimitabile come la provincia di Siena.
Questi 209 chilometri di strade in gran parte bianche (ma tenute con cura) che si snodano dal Chianti senese, alla Val d’Arbia, alla Val d’Orcia, fino a Montalcino (e ritorno) sono diventati, in questi vent’anni, il sogno segreto nel cassetto degli appassionati delle due ruote in tutto il mondo. L’Eroica è sempre più una suggestione ed un’avventura alla quale, prima o poi, si finisce per cedere: “Come organizzatori non potevamo chiedere di più – ha commentato la sera Giancarlo Brocci, con ancora centinaia di ciclisti sulle tracce di Gaiole in Chianti – a decine di migliaia hanno arricchito questa bellissima giornata. Tra quelli che sono andati in bicicletta e quelli che sono venuti a supportare l’impresa dei ciclisti fino ai semplici curiosi, davvero abbiamo raggiunto cifre impensabili fino a qualche anno fa”. L’Eroica piace perché innanzitutto è l’oc-
casione per mettere insieme la passione e l’amore per il ciclismo nei suoi valori immortali e condividerli con tanta bella gente. Il territorio, chiamato a fare da sfondo all’avventura che i ciclisti vivono pedalando su uno dei cinque percorsi a disposizione, si presta benissimo alla giornata da vivere senza alcuna fretta e vissuta alla riscoperta del paesaggio e dell’avventura. All’Eroica ognuno può scrivere e raccontare la sua piccola impresa e può firmare la sua partecipazione da raccontare da domani ad amici e colleghi di lavoro in un’ammirazione contagiosa che non ha più confini. I ciclisti si cimentano su un tracciato che evoca le foto in bianco e nero dei Giri d’Italia con i campioni coperti di polvere, che da queste strade passavano. Un anello che ha come punti estremi Radda in Chianti e Montalcino, attraversando Ga-
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A cura di Giordano Cioli
Lo scorso 2 ottobre a Gaiole in Chianti la 20ª edizione di una corsa già entrata nel mito del ciclismo. Riviviamola assieme ad uno dei settemila intrepidi al via
iole (il ritrovo), Castelnuovo Berardenga, Asciano, Pianella e sfiorare Siena. Si passa dai paesaggi del Chianti alla zona più aspra di Montalcino, alle Crete senesi. Per ritornare a borghi, vigne castelli e poggi. Ma c’è la possibilità di due percorsi più brevi. Tutto scandito da punti di ristoro trasformati in un trionfo della cucina toscana (c’è anche la ribollita!) dove non si passa di corsa per un “rifornimento”, ma ci si siede in compagnia a mangiare. All’Eroica c’è sempre una novità da raccontare. Quest’anno ha fatto il suo debutto un nuovo percorso, di 115 chilometri, denominato Chianto Classico. Il percorso si è rivelato molto impegnativo, dunque da Eroica e dunque da affrontare con allenamento adeguato. Avrà enorme successo in futuro innanzitutto perché stimola e solletica il gusto dell’impresa che tanti ciclisti amano provare durante L’Eroica ed
anche perché il territorio che si attraversa è ricco di fascino e storia. Tanti, a dire la verità tantissimi, hanno già prenotato la propria partecipazione a L’Eroica 2017. Non c’è da chiedere la data, solo aspettare la prima domenica d’ottobre, come sempre da vent’anni a questa parte. L’Eroica poteva nascere solo in Toscana. Questione di anima, di terra, di strade bianche, di paesaggi, di vino e buon cibo, di cultura e di passioni, di storia e di Bartali. Hanno iniziato venti anni fa in 92, partenza e arrivo a Gaiole in Chianti. In un certo senso, eroici sul serio. La prima edizione si disputò per la precisione il 5 ottobre, una settimana dopo la Granfondo Gino Bartali. E nacque soprattutto per consumare tutto il “ben di dio” dei ristori che non era stato consumato la settimana precedente. Ma l’idea di Giancarlo Brocci
fu quella di lanciare un piccolo messaggio ai tanti appassionati toscani nostalgici di un ciclismo ormai scomparso: venite in sella a biciclette chiuse ormai da anni in cantina e se possibile con le maglie storiche delle vecchie squadre. Da lì fu un crescendo continuo ed inarrestabile. Oggi Eroica, conosciuta in tutto il mondo per la sua gente speciale ed i suoi valori, racchiude in sé l’idea della Toscana bella, capace di proporsi al mondo per uno stile di vita che guarda al futuro, nel rispetto di identità e ambiente, alla ricerca delle radici autentiche di un grande sport come il ciclismo: “Quel ciclismo che ha ispirato tanta letteratura, quello con una grande anima popolare – dicono Marinangeli e Brocci -. Con cui si può riscoprire la bellezza della fatica e il gusto per l’impresa. Ma insieme per il paesaggio. Bisognerebbe fare il giro a ogni cambio di stagione”.
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DIRETTORI DI CORSA A cura di Gianluca Barbieri
Due figure qualificate ed indispensabili alla buona riuscita di una competizione. Ruoli differenti e professionalitá al servizio della sicurezza e del corretto svolgimento della gara Raffaele Babini Direttore di Corsa del Giro d’Italia col Capo Scorta della Polizia Stradale
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uante volte, alla tv o dal vero, in occasione delle gare ciclistiche, si assiste alla sfilata di una lunga carovana di auto che le precede
(o segue)? E’ legittimo chiedersi il perché della presenza di una miriade di automobili. La curiosità aumenta quando si notano alcune persone sporgersi al di fuori del tettuccio. Una premessa, pur senza scendere in troppi tecnicismi, va fatta: in tutte le gare italiane, esistono due soggetti fondamentali per il ciclismo nostrano, oltre agli atleti, ovvero il Direttore di Corsa – figura che esiste solo in Italia - ed il Giudice di Gara. Molto spesso, queste due figure non sono conosciute bene dagli atleti e tanto meno dagli amatori, ma sono cruciali per la buona riuscita delle manifestazioni. Direttore e Giudice svolgono, nel “dietro le quinte”, un’attività di preparazione e gestione della gara non facile, seppur con ruoli diversi, tanto che a distinguerli vi è, spesso, anche una maglia: blu scura per il Giudice, a scacchi per il Direttore di Corsa. La differenza sostanziale sta nel fatto che il Giudice di Gara ha la competenza sui “fatti
di corsa”, quindi sulle classifiche e sul corretto svolgimento, dal punto di vista sportivo, della manifestazione. Il Direttore di Corsa ha, invece, il compito di gestire la corsa dal punto di vista della sicurezza, della logistica, del percorso e del soccorso, divenendo per tale ragione figura basilare e garante nelle competizioni ciclistiche. E’ proprio tale ruolo di responsabilità che giustifica il gran lavoro da parte della FCI nel creare nuove leve nel settore, tuttavia l’età media dei Direttori di Corsa italiani è aumentata notevolmente e sono sempre meno i giovani disposti ad assumersi tale compito. Occorre ricordare però che senza il Direttore di Corsa, la gara non può avere luogo, poiché è figura richiamata anche nelle autorizzazioni prefettizie; ciò comporta inoltre continui esami e corsi d’aggiornamento cui devono sottoporsi i Direttori, indispensabili al rinnovo della loro tessera. E’ ovvio che tra le figure che compongono una gara ciclistica occorre la massima collaborazione, sempre più frequente, al giorno d’oggi, tra Giudici e Direttori di Corsa. Non è dunque strano che un Direttore di Corsa si accorga di un’infrazione e ne informi i col-
leghi Giudici, così come questi ultimi, ravvisando mancanze organizzative, mettano in allerta i Direttori. Il mondo del ciclismo sta cambiando ed è anche per questo che a livello federale, sempre più spesso, nei corsi nazionali, le componenti di questo sport vengono fatte sedere al medesimo tavolo, al fine di far crescere in maniera organica l’intero settore, integrando e facendo interagire i diversi soggetti che compongono il movimento, esaltandone così le professionalità.
Giudice internazionale al foglio firma
L’Eroica 2016 - Photo by Giordano Cioli
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LOGO TI
MASSIMA LIBERTÀ DI MOVIMENTO
ealizzata da Nalini per la collezione invernale 2016/17, la maglia Logo Ti fa parte della linea di abbigliamento Red Label, concepita per offrire al ciclista la massima libertà di movimento e il meglio dal punto di vista del comfort e della prestazione. Così come avvenuto per la sua versione estiva, la Logo Summer Ti, questa maglia sta riscuotendo un ottimo successo nel mercato italiano grazie ai suoi punti di forza, quali il design essenziale, l’ottima vestibilità ed il giusto rapporto qualità/prezzo. La maglia Logo Ti è garzata internamente e si compone di tessuti che sono in grado di mantenere il corpo caldo e protetto special-
mente in autunno e primavera. Il trattamento Mantodry a cui è stato sottoposto, garantisce a questo capo delle elevate performance dal punto di vista dell’asciugatura e della traspirabilità. Per aprire e chiudere la maglietta si utilizza una zip integrale con tiretto Cam Block, mentre sul retro sono posizionate tre pratiche tasche portaoggetti. Amici ciclisti, ora che il gran caldo è ormai alle spalle comincia il periodo ideale per pedalare, ricordatevi solamente di prestare attenzione ai giusti accorgimenti che ogni cambiamento stagionale richiede al vostro vestiario.
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VACANZE SUI PEDALI
TE LA DO IO LA
COSTA BLANCA A cura della Redazione
Tornano a gennaio i ciclo-soggiorni negli angoli più suggestivi della Spagna. Strade come biliardi, clima ideale ed una guida d’eccezione: l’ex professionista Wladimir Belli
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ormula vincente non si cambia. E così, dopo il grande successo delle prime edizioni, torna la “Settimana in Bicicletta” (7-14 gennaio e 14-21 gennaio 2017) organizzata in Costa Blanca dai consorzi della vacanza InBici Holiday e Marche and Bike, in collaborazione con “Albir Playa Hotel & Spa”. Una vacanza a misura di ciclista, un pacchetto “all-inclusive” ritagliato, come un abito sartoriale, sulle esigenze specifiche di chi, quando parte, non vuole rinunciare al piacere di una rigenerante pedalata oppure, supportato da una condizione fisica ottimale, vuole provare a misurare la gamba sulla ruota di un ex professionista. Il tutor della vostra vacanza sarà infatti Wladimir Belli, ex professionista di Brescialat, Fassa Bortolo, Festina, Lampre, Domina e Diquigiovanni, uno che nel 1990 vinse il Giro d’Italia Dilettanti davanti ad un certo Marco Pantani. La scelta della location in Costa Blanca - nel triangolo spagnolo di Alicante, Benidorm ed Altea - è il frutto di una scrupolosa selezione. In questo angolo suggestivo di Penisola Iberica, infatti, il clima, soprattutto nel mese
di gennaio, è ideale per l’attività sportiva e le strade, oggetto di un recentissimo restyling, sono perfette per pedalare in sicurezza: “In effetti - conferma Wladimir Belli - ho un ricordo molto nitido di quell’angolo di Spagna. In Costa Blanca ho corso diverse gare e, in qualche stagione, ci ho ha fatto anche i ritiri con la squadra per la preparazione. A gennaio la temperatura è ideale e anche le strade, sgombre dal traffico frenetico delle grandi città, consentono pedalate davvero entusiasmanti”. Il territorio ha inoltre una consolidata cultura ciclistica, visto che ha ospitato, in passato, alcune rassegne ciclistiche di straordinaria importanza, come i campionati mondiali di ciclismo del 1992, quando – sotto il traguardo di Benidorm – sfrecciò proprio il nostro Gianni Bugno: “Il mio compito - prosegue Belli - sarà quello del ‘tutor’: effettuerò cioè dei test biomeccanici sui cicloamatori, darò loro dei consigli e, soprattutto, pedaleremo assieme. Metterò a disposizione le mie conoscenze e la mia esperienza cercando di trasmettere quel patrimonio di informazioni che ho accumulato in quattordici anni di professionismo. Sarò il loro consulente, il
riferimento a cui rivolgersi per chiarirsi ogni dubbio legato alla postura, alla preparazione e all’interpretazione delle corse”. La quota promozionale di 715 euro a persona comprende sette notti in camera doppia nell’elegante “Albir Playa Hotel & Spa” con trattamento di pensione completa (acqua ai pasti inclusa). Inoltre nel pacchetto è compreso l’accompagnatore al seguito, il test “valutazione ed allenamento” con Wladimir Belli, un ingresso gratuito alla Spa dell’hotel, cinque percorsi di allenamento con guida, briefing quotidiano su ogni tour in saletta privata, una bottiglia di acqua al giorno, hi-fi gratuito, prodotti esclusivi per i ciclisti by Inkospor, il deposito custodito per le biciclette, servizio di officina, riparazioni e ricambi, il trasferimento da e per l’aeroporto di Alicante e l’assicurazione medico-bagaglio. Info 377 1153061 marcheandbike@gmail.com 391 4917418 redazione@inbici.net
Costa Blanca - Spagna
Alicante - Benidorm - Altea
l’arrivo di Silver Lazzari nel percorso corto della Granfondo Vernaccia
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Luce, qual è il tuo rapporto con la bicicletta? Di odio e amore. Da bambina avevo una Graziella bianca con la quale andavo su e giù per Ravenna. Poi, un giorno, per salutare un mio amico, ho tolto le mani dal manubrio e sono finita gambe all’aria. Mi ruppi un dente e questo bastò per farmi passare la voglia di fare la spericolata sui pedali.
DOMANDE A... A cura di Mario Pugliese
LUCE
CAPONEGRO Lei è Luce Caponegro, l’araba fenice dello star-system, più che una donna uno sciamano capace di reincarnarsi anche nella vita terrena. Sepolta per sempre Selen, l’ex biondina di San Bartolo si è re-inventata una nuova vita, allontanandosi dalla carnalità del suo corpo e sposando l’universo taumaturgico delle discipline olistiche. E, ancora una volta, è diventata la numero uno.
Capitolo chiuso, dunque? Affatto. La bicicletta evoca sempre libertà e dunque non posso non amarla. Diciamo che, semplicemente, da quel giorno, senza mani non vado più. Tuo figlio va in bicicletta? Sì, ma preferisce decisamente di più il tennis... E cosa pensi dei ciclisti? Non posso che ammirarli. Praticano uno sport molto salutare, andare in bicicletta garantisce tanti benefici, sia sul piano fisico che emotivo. Tu sei romagnola come lo era Marco Pantani... L’ho conosciuto Marco. Di lui conservo gelosamente ancora una foto assieme. Era un giovane dal cuore buono schiacciato da un sistema malato.
Il ciclista preferito? “Di recente ad un evento ho conosciuto Claudio Chiappucci. E devo dire che mi è stato subito molto simpatico.
Tra i clienti del tuo centro ci sono ciclisti? Qualcuno, ma vorrei che fossero molti di più. Del resto, abbiamo molti servizi per loro: dalle sedute di mental coaching ai più elementari trattamenti estetici, come ad esempio l’epilazione definitiva. Ce ne parli... E’ un trattamento effettuato con la cosidetta “luce pulsata”, ovvero uno shoot di luce che, seduta dopo seduta, disattiva per sempre i bulbi piliferi. Uno dei vantaggi è che, a differenza della ceretta, la seduta è assolutamente indolore”. Si dice che siano però trattamenti costosi... Falso. Bisogna tener presente, infatti, che garantisce un risultato definitivo. Dopo quando si vedono i primi risultati? I risultati sono soggettivi. Diciamo, però, che nella maggior parte dei casi, già dopo cinque sedute, l’epilazione può considerarsi quasi ultimata. Nei casi più ostici, invece, servono altre sedute, ma non si supera mai un ciclo di 18 trattamenti.
Luce Caponegro
Photo by Ottavio Giannella
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PROSECCO CYCLING
CIN CIN SUI PEDALI
Il gruppo prima della partenza
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nche quest’anno, nella suggestiva cornice di Gaiole in Chianti, si è svolta la ventesima edizione de L’Eroica. Un popolo composito di appassionati, oltre settemila, in cerca di avventure da condividere con tante altre migliaia di persone provenienti da tutto il mondo, per assaporare la popolarissima cultura del ciclismo eroico, fatto di pane e sudore, di polvere e di gloria. Il magnifico popolo dell’Eroica, composto da migliaia di appassionati provenienti da 65 Paesi di tutti i continenti, ha vissuto in questo lembo di Toscana la splendida emozione dei venti anni. Un successo formidabile per l’evento che celebra il ciclismo di altri tempi in tutta la sua essenza: “la bellezza della fatica ed il gusto dell’impresa” in un contesto unico ed inimitabile come la provincia di Siena.
Questi 209 chilometri di strade in gran parte bianche (ma tenute con cura) che si snodano dal Chianti senese, alla Val d’Arbia, alla Val d’Orcia, fino a Montalcino (e ritorno) sono diventati, in questi vent’anni, il sogno segreto nel cassetto degli appassionati delle due ruote in tutto il mondo. L’Eroica è sempre più una suggestione ed un’avventura alla quale, prima o poi, si finisce per cedere: “Come organizzatori non potevamo chiedere di più – ha commentato la sera Giancarlo Brocci, con ancora centinaia di ciclisti sulle tracce di Gaiole in Chianti – a decine di migliaia hanno arricchito questa bellissima giornata. Tra quelli che sono andati in bicicletta e quelli che sono venuti a supportare l’impresa dei ciclisti fino ai semplici curiosi, davvero abbiamo raggiunto cifre impensabili fino a qualche anno fa”. L’Eroica piace perché innanzitutto è l’oc-
casione per mettere insieme la passione e l’amore per il ciclismo nei suoi valori immortali e condividerli con tanta bella gente. Il territorio, chiamato a fare da sfondo all’avventura che i ciclisti vivono pedalando su uno dei cinque percorsi a disposizione, si presta benissimo alla giornata da vivere senza alcuna fretta e vissuta alla riscoperta del paesaggio e dell’avventura. All’Eroica ognuno può scrivere e raccontare la sua piccola impresa e può firmare la sua partecipazione da raccontare da domani ad amici e colleghi di lavoro in un’ammirazione contagiosa che non ha più confini. I ciclisti si cimentano su un tracciato che evoca le foto in bianco e nero dei Giri d’Italia con i campioni coperti di polvere, che da queste strade passavano. Un anello che ha come punti estremi Radda in Chianti e Montalcino, attraversando Ga-
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A cura della Redazione
Cicloamatori provenienti da 26 nazioni e tre continenti hanno celebrato l’evento che, anche quest’anno, ha coniugato, in grande stile, ciclismo e territorio. Il trevigiano Matteo Lavina e la bellunese Gloria Bee i più veloci sulle salite di Ca’ del Poggio, via dei Colli e Collalto. Sul traguardo una madrina d’eccezione: la nuova Miss Italia, Rachele Risaliti
Il sindaco Luciano Fregonese con Miss Italia
La premiazione dell’Asd Limana
iole (il ritrovo), Castelnuovo Berardenga, Asciano, Pianella e sfiorare Siena. Si passa dai paesaggi del Chianti alla zona più aspra di Montalcino, alle Crete senesi. Per ritornare a borghi, vigne castelli e poggi. Ma c’è la possibilità di due percorsi più brevi. Tutto scandito da punti di ristoro trasformati in un trionfo della cucina toscana (c’è anche la ribollita!) dove non si passa di corsa per un “rifornimento”, ma ci si siede in compagnia a mangiare. All’Eroica c’è sempre una novità da raccontare. Quest’anno ha fatto il suo debutto un nuovo percorso, di 115 chilometri, denominato Chianto Classico. Il percorso si è rivelato molto impegnativo, dunque da Eroica e dunque da affrontare con allenamento adeguato. Avrà enorme successo in futuro innanzitutto perché stimola e solletica il gusto dell’impresa che tanti ciclisti amano provare durante L’Eroica ed
anche perché il territorio che si attraversa è ricco di fascino e storia. Tanti, a dire la verità tantissimi, hanno già prenotato la propria partecipazione a L’Eroica 2017. Non c’è da chiedere la data, solo aspettare la prima domenica d’ottobre, come sempre da vent’anni a questa parte. L’Eroica poteva nascere solo in Toscana. Questione di anima, di terra, di strade bianche, di paesaggi, di vino e buon cibo, di cultura e di passioni, di storia e di Bartali. Hanno iniziato venti anni fa in 92, partenza e arrivo a Gaiole in Chianti. In un certo senso, eroici sul serio. La prima edizione si disputò per la precisione il 5 ottobre, una settimana dopo la Granfondo Gino Bartali. E nacque soprattutto per consumare tutto il “ben di dio” dei ristori che non era stato consumato la settimana precedente. Ma l’idea di Giancarlo Brocci
fu quella di lanciare un piccolo messaggio ai tanti appassionati toscani nostalgici di un ciclismo ormai scomparso: venite in sella a biciclette chiuse ormai da anni in cantina e se possibile con le maglie storiche delle vecchie squadre. Da lì fu un crescendo continuo ed inarrestabile. Oggi Eroica, conosciuta in tutto il mondo per la sua gente speciale ed i suoi valori, racchiude in sé l’idea della Toscana bella, capace di proporsi al mondo per uno stile di vita che guarda al futuro, nel rispetto di identità e ambiente, alla ricerca delle radici autentiche di un grande sport come il ciclismo: “Quel ciclismo che ha ispirato tanta letteratura, quello con una grande anima popolare – dicono Marinangeli e Brocci -. Con cui si può riscoprire la bellezza della fatica e il gusto per l’impresa. Ma insieme per il paesaggio. Bisognerebbe fare il giro a ogni cambio di stagione”.
A cura della Redazione
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Da una parte un trentino ruvido e testardo, dall’altra un piemontese di Novara lunatico e permaloso. Storia di un dualismo che, negli anni ottanta, ha spaccato in due l’Italia del ciclismo
LE GRANDI RIVALITÀ DEL CICLISMO
LE GRANDI RIVALITÀ
MOSER E SARONNI: AMICI MAI I campioni del nostro ciclismo Giuseppe Saronni e Francesco Moser
A
spettando di capire come evolverà il dualismo Aru-Nibali, l’ultima grande rivalità del ciclismo italiano è stata quella fra Francesco Moser e Giuseppe Saronni, la sfida che - a cavallo degli anni ‘80 - vide, per la prima volta nel mondo delle due ruote, nascere il tifo organizzato in club. Francesco Moser assomma sino a 53mila appassionati nel suo magico 1984, anno che annota il doppio primato dell’ora in Messico, la vittoria nella Milano-Sanremo e, dopo tanti tentativi infruttuosi, il successo nel Giro d’Italia. Più o meno lo stesso numero di tifosi contabilizza Saronni nei primi anni ottanta, dopo la vittoria nella corsa rosa edizioni 1981 e 1983 con in mezzo il trionfo iridato di Goodwood dopo l’argento di Praga. Ma al di là degli albi d’oro - per entrambi ricchissimi - il dualismo fra Moser e Saronni
si alimenta, soprattutto, per ragioni extrasportive ed affonda le sue radici nella genealogia dei due contendenti. Da una parte Moser, trentino ruvido e testardo, dall’altra Saronni, piemontese di Novara, altrettanto orgoglioso, ma più lunatico e permaloso. Da una parte il passista, incapace di vertiginosi cambi di ritmo ma efficacissimo nelle sue progressioni; dall’altra il velocista un po’ sonnacchioso, bravo a nascondersi tra le pieghe del gruppo, ma letale negli ultimi metri quando - a gomiti spianati - bisogna sferrare l’ultimo colpo di reni. Moser è il simbolo iconografico della fatica e del portatore d’acqua che si guadagna “sul campo” le stigmati del capitano; Saronni, invece, baciato dal talento, è l’uomo che sfrutta il lavoro dei gregari che gli “apparecchiano” sul rettilineo finale quella volata che, con formidabile tempismo, non sbaglia mai.
Moser è un “Bartali” dei tempi moderni, saggio, brontolone e sempre spietato contro i “succhiaruote”; Saronni è un mix tra Baronchelli e De Vlaeminck, capace come pochi di ottimizzare le sue energie. Moser è soprannominato “Lo sceriffo”, per quell’aria da lider maximo con cui pedala nel cuore del gruppo; Saronni invece lo chiamano “Il Bimbo” perché ha poca barba e per quell’imprevedibilità che solo l’infanzia può garantire. Protagonisti di memorabili scaramucce sotto il traguardo, alimentate con telegenica scaltrezza da Adriano De Zan, Moser e Saronni non si sono mai amati. Divisi da una profonda antipatia reciproca, si sono sfidati fino all’ultima stilla di sudore, dividendosi equamente vittorie e delusioni. Sempre con tenacia e rispetto. Ma - come diceva Venditti - “amici mai”.
Tour of Croatia 2016 - Photo by Bettiniphoto
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L’ATLETA DEL MESE
MARZIO DEHO,
IL SIGNORE DELLE GRANFONDO
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arzio Deho, 48 anni e non sentirli. O meglio, non volerli sentire nemmeno per scherzo. Il bergamasco è una vera e propria icona del movimento italiano delle ruote grasse. Ha cominciato a pedalare quando ancora non esisteva la differenza tra cross-country, granfondo e marathon. Capace di battere anche un certo Julien Absalon proprio nell’XC, Marzio è certamente un motore Diesel di altissima cilindrata, oltre che persona dalla semplicità disarmante. Lo abbiamo contattato in agosto mentre era in altura a far girare il suo motore. Marzio, un quarto di secolo, anzi qualcosa in più, in sella alla mountain bike a faticare come un matto in giro per il mondo. Vecchi giornali storici di MTB asseriscono che lei provenga, sportivamente, dall’alpinismo e dal basket: tutto giusto?
Sì, lo posso confermare, ho praticato diversi sport da quando ero ragazzo: dal calcio al basket, oltre ad atletica e sci alpinismo Ricorda la sua prima gara? E la sua prima vittoria? La prima gara è stata anche la prima volta che salivo su una MTB. Nel 1990 con amici che mi avevano prestato un rampichino (come lo chiamavano allora) ho partecipato ad una gara libera a tutti che si svolgeva vicino a casa, esattamente a Orezzo in Val Seriana. Ricordo la gran fatica ma, nonostante tutto, il risultato fu buono. La prima vittoria, nel 1991, è arrivata al debutto stagionale in una gara svolta su un percorso pianeggiante ad Arzago d’Adda nella pianura bergamasca. Come si fa ad essere competitivi ad alto livello per un periodo così lungo? Per prima cosa ho avuto la fortuna che il fisico mi ha sempre sorretto. Poi c’è la
grande passione sia per la MTB che per l’agonismo. Questo mi ha spinto ad andare avanti per tutti questi anni con tanta dedizione e spirito di sacrificio cercando di essere competitivo in ogni manifestazione. Lei, dall’alto della sua esperienza, è una delle persone più indicate per rispondere a questa domanda: quanto è cambiata la mountain bike rispetto agli indimenticabili anni ‘90? Decisamente è cambiata in tutto, ad iniziare dai mezzi, dove c’è stata una continua evoluzione, dai materiali alle geometrie dei telai, un tempo solo da 26” (acciaio, titanio, alluminio, mentre ora quasi totalmente carbonio) a qualsiasi tipo di componente. Qualche esempio che possiamo ricordare: si è passati dai comandi del cambio a leva per 6/7 velocità alle attuali 12velocità con monocorona, mentre inizialmente sulle pedivelle si montavano 3 corone ovali, senza gli attuali studi per
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A cura di Paolo Mei
Palmarés alla mano, è uno dei più forti bikers italiani da lunghe distanze di sempre. Nato nel 1968, il bergamasco ha vissuto tutte le epoche della mountain bike, spaziando dal crosscountry alle marathon, fino alle corse a tappe in territorio straniero. Atleta completo e grintoso, non disdegna lo sci alpinismo nella cui disciplina riesce talvolta anche a vincere avere una pedalata rotonda ma con un gran punto morto. Dalle forcelle rigide in acciaio alle prime ammortizzate ad elastomeri o a molla per arrivare alle attuali idrauliche con bloccaggio. I pedali erano con la gabbietta prima dell’arrivo dei primi Shimano SPD, ruote solo per camera d’aria per arrivare a tubolari e tubeless e molto altro ancora. Lo spirito e l’approccio a questa nuova disciplina è passata in poco tempo da una semplice passione ad un’attività agonistica vera e propria. Come in tutti gli sport c’è stato un continuo miglioramento della preparazione atletica, con un approccio sempre più professionale, con un costante innalzamento del livello agonistico e una sempre più evoluta ricerca delle massime prestazioni. Ha incominciato così presto, che la MTB non era sport olimpico, poi, proprio quando ad Atlanta le ruote artigliate divennero materia Olimpica, lei incominciò a specializzarsi sulle lun-
Marzio Deho per il secondo anno consecutivo vince l’Himalayan Highest Ladakh Mtb Race, la corsa a tappe più alta del mondo con i 5.602 m.s.l. del Khardung La Pass. Photo by Michele Olivato
ghe distanze (specialità non Olimpica). Non ha qualche rammarico a riguardo? Da quando ho cominciato a praticare questo sport ho sempre amato le gare su un percorso unico e ho proseguito la mia carriera su questa linea. L’Olimpiade certamente è il massimo appuntamento a cui un atleta può ambire, nel mio caso è rimasto solo un sogno irrealizzabile. Eppure, quando ha partecipato ai cross-country, i risultati sono comunque arrivati, come quella volta che a Brescia non lasciò spazio nemmeno ad un certo Julien Absalon... Nella mia carriera qualche vittoria e risultato nell’XC l’ho ottenuto, incluse partecipazioni a campionati mondiali ed europei, piazzamenti sia ai campionati italiani che a prove internazionali. Ma quella degli Internazionali d’Italia è stata una vittoria speciale, in quanto non volevo nemmeno partecipare ma fui convinto all’ultimo momento dal mio team manager Mari-
no Pizzo. Fu una vittoria inaspettata con una grande prestazione in una gara di alto livello. Il mio massimo risultato, per quel che riguarda il cross country, ricordo che fu una gara molto esaltante fino allo sprint finale con Absalon, anche per il numeroso pubblico presente. Tutti hanno una “bestia nera”. Chi è stato il suo avversario più ostico? In tutti questi anni non posso dire di avere avuto una bestia nera, ho avuto la fortuna di essermi cimentato con diverse generazioni di biker e con molti di questi sono riuscito a confrontarmi, a vincere o perdere. Posso ricordare negli anni ’90 Mario Noris, mio ex compagno di squadra poi diventato team manager; atleti come Claudio Vandelli, i fratelli Bruschi avversari in tantissime gare, Alessandro Chechuz, i miei concittadini Bramati e Acquaroli, senza dimenticare Massimo De Bertolis e Hannes Pallhuber che sono ancora in sella. Le ultime stagioni fino ad ora, con le
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Photo by Michele Olivato
nuove generazioni di grandi biker, è storia recente per cui è semplice per tutti ricordare il presente. E l’atleta che più l’ha impressionata? Il primo biker che mi ha veramente impressionato è stato agli inizi John Tomac, una leggenda. Bellissimi ricordi di quando la disciplina era ancora giovanissima. Oltre a vederlo vincere un mondiale sono pure riuscito a gareggiare insieme a lui in qualche gara di coppa del mondo. Biker di altissimo livello, ma comunque non professionista al 100%. Come si svolgono le sue giornate? Questa è stata una scelta personale di non dedicarmi a tempo pieno a questa attività. Da parecchi anni sono dipendente presso la PmpBike, azienda specializzata nella produzione di componenti di alto livello del settore ciclo, dove ho la possibilità di dedicare una parte della giornata al lavoro e nell’altra sono libero per potermi allenare, mentre nei fine settimana sono impegnato nelle varie competizioni. A quanto pare lei se la cava bene anche con le pelli di foca in inverno... Lo Ski Alp è da sempre la mia grande passione nella stagione invernale oltre che un valido allenamento in alternativa alla MTB. Anche qui c’è un grande movimento a livello agonistico e in ogni stagione sono
coinvolto a cimentarmi in qualche gara con buoni risultati. Affascinato dalla strada? Sì, la strada mi ha sempre affascinato anche se mi sono avvicinato alle 2 ruote come biker. Sin dagli inizi mi sono sempre allenato con i più forti professionisti bergamaschi (gente che ha vinto due Giri d’Italia, come Gotti e Savoldelli), ma purtroppo nei primi anni non l’ho presa troppo in considerazione ed il tempo è passato, un piccolo rammarico per non aver avuto la possibilità di provare nel grande ciclismo. Venticinque anni fa la bergamasca era zona di bikers di altissimo livello. Oggi, nel 2016 le cose sono cambiate? In effetti in quegli anni Alessandro Paganessi e Mario Noris, vincitori delle primissime edizioni dei campionati italiani, sono stati i pionieri del professionismo nella MTB provenendo dalla strada e per alcuni anni sono stati tra i dominatori. Con Luca Bramati e Dario Acquaroli abbiamo avuto i primi veri professionisti del fuoristrada, mentre negli ultimi 10 anni nella provincia di Bergamo il numero dei biker amatori e appassionati è sempre elevato ma a livello elite il solo Johnny Cattaneo è ancora oggi un azzurro ad alti livelli.
Tra due anni le primavere saranno 50, ma a quanto pare l’età non è rilevante per uno come lei. Obiettivamente fino a quando può continuare a pedalare (e vincere)? Mahh… speriamo il più possibile! Fisicamente mi sento ancora bene, ho sempre tanta passione per questo sport, mi sento ancora competitivo ma sicuramente il 2017 sarà il mio ultimo anno da Elite. Per festeggiare le 50 primavere vedremo di organizzare la partecipazione alla Cape Epic tra i GranMaster, la più grande corsa a tappe del mondo, alla quale non ho mai partecipato. Prima di chiudere, ci regali il ricordo del suo momento più bello, ovviamente a proposito di sterrati. E’ difficile ricordarne solo uno, possiamo dire per l’XC i già citati internazionali d’Italia, per le corse a tappe fu indimenticabile la Trans Rockies in Canada vinta in coppia con l’amico Johnny Cattaneo, riguardo alle marathon estere la vittoria della Roc d’Azur, in Italia la Dolomiti Superbike ed il primo campionato italiano marathon della storia disputato a Selva di Val Gardena. Come gara sugli sterrati di casa non posso dimenticare una delle gare storiche e inseguita con tanti piazzamenti prima di arrivare al successo come la Speedylonga.
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DONNA IN BICI
ANNA POTOKINA SOGNANDO IN ROSA Anna Potokina
A
nna, come e quando è nata la sua passione per le due ruote? Avevo 11 anni quando una mia amica mi fece conoscere un allenatore di ciclismo nella mia città. Rimasi così colpita da questo sport tanto da farlo diventare, negli anni, la mia professione. Quali sono le sue caratteristiche tecniche? Mi definisco una passista-scalatrice. Ha un ricordo della sua prima corsa? Certo, la ricordo molto bene: era una cronometro che disputai nella mia città. Tre anni nella Lointek (2012/2013) e poi ecco l’arrivo alla Footon Servetto, dal 2014 sino ad oggi. Ma qual è stato il suo percorso prima di diventare professionista?
Prima di quel periodo correvo sostanzialmente in Russia, ad eccezione di alcune uscite con la Nazionale. Scorrendo il suo palmarés troviamo una vittoria al Tour de Brétagne féminin nel 2011. Qualcosa di speciale da ricordare? Tra i ricordi più belli, oltre alla tappa del Tour de Brétagne, ricorderei volentieri il mio primo campionato europeo nel 2007 vinto dalla grandissima Marianne Vos. Parliamo dei primi due anni di professionismo nel team Lointek: che ricordi conserva di quell’esperienza che le regalò anche la medaglia d’argento ai campionati nazionali su strada? Il secondo posto ai campionati nazionali
è senz’altro uno dei miei migliori risultati. Anche se in quel periodo non sono mancati, purtroppo, anche momenti negativi… Poi l’arrivo alla Servetto Footon, una famiglia prima che un team: che atmosfera si respira nel team diretto da Dario Rossino? Nel team Servetto FOOTON ho trovato l’ambiente ideale per correre in bicicletta, c’è tranquillità e professionalità da parte di tutti. Ho raggiunto per la prima volta la vittoria al campionato nazionale e ho corso il mio primo campionato del mondo, spero di rimanere in questa squadra fino a fine carriera, mi trovo benissimo! Il 2016 le ha portato un nono posto in
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A cura di Paolo Mei
Accendiamo i riflettori su una professionista russa, competitiva sul passo e brillante in salita. Già campionessa nazionale ed oggi portacolori de La Servetto Footon, andiamo alla scoperta di un’atleta che ha le idee chiare e un sogno nel cassetto: vince il Giro d’Italia femminile Photo by Flaviano Ossola
classifica generale al Giro del trentino e un 56° posto al Giro Rosa: che bilancio possiamo fare ad oggi di questa stagione? Innanzitutto mi aspetto di fare un ottimo finale di stagione e ci sono tutte le premesse che questo avvenga. Ad oggi sono abbastanza soddisfatta di quanto fatto finora anche se alcune cadute mi hanno penalizzato nei risultati. In ogni caso, prima del 2016, voglio provare a vincere almeno una corsa. Il ciclismo moderno è sinonimo di multidisciplina. La Servetto Footon ha ingaggiato, proprio in quest’ottica una delle più forti bikers del mondo: Jolanda Neff.
Che cosa ne pensa di questa scelta? Jolanda è un fenomeno e ha aiutato tutte noi a migliorare. A me piace il ciclocross e non nascondo che mi piacerebbe provare a praticarlo in futuro. A proposito di multidisciplina, lei pratica (o ha in passato praticato) anche altre discipline del ciclismo? Sino ad ora, solo strada, ma, ripeto, non escludo di provare col cross. Parliamo di bicicletta: è pignola nella preparazione del suo mezzo? Sì, sono pignola ed esigente in questo senso. Il team ha dei meccanici validissimi e preparati che svolgono al meglio il loro compito mettendoci nelle condizioni migliori per gareggiare.
Che ruolo ricopre l’attenzione all’alimentazione per una professionista che deve affrontare parecchie corse del panorama World Tour? L’aspetto alimentare è importantissimo, in questa squadra ho capito, grazie all’aiuto del nostro staff, l’importanza dell’alimentazione, cambiando totalmente le mie abitudini e, non a caso, migliorando in modo significativo il mio rendimento fisico e atletico. Qual è la corsa dei sogni di Anna Potokina, quella che vorrebbe vincere a tutti i costi? Non so se mai ci riuscirò, ma il mio sogno è vincere la corsa più bella del mondo: il Giro Rosa!
Vuelta Spagna 2016 - Photo by Bettiniphoto
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LA FORZA DELLA MENTE
L’ATTEGGIAMENTO
MENTALE VINCENTE Photo by Bettiniphoto
“I
campioni che praticano sport di resistenza, come il ciclismo e la mountainbike ad esempio, possiedono delle caratteristiche mentali particolari, e diverse, rispetto agli altri atleti?” questa è una delle prime domande alle quali, in passato, la psicologia dello sport ha cercato di dare una risposta. Ebbene, la risposta c’è ed è affermativa! Un gruppo di ricercatori in psicologia, a seguito di osservazione ed esperimenti condotti su differenti campioni di atleti, ad oggi afferma che i campioni di sport di resistenza possiedono, a livello mentale, tutta una serie di caratteristiche ben precise. Questo dato è molto interessante per tutti coloro che praticano sport estremi e che, magari, pensano ad intraprendere una carriera agonistica in questo settore. Sapere che esistono delle capacità mentali che, se ben sviluppate, possono contribuire all’esecuzione di una performance ottimale rappresenta di certo uno stimolo ad affiancare alla preparazione atletica
classica anche una pratica di allenamento mentale. La letteratura psicologica evidenzia ben 4 abilità che, messe assieme, compongono l’atteggiamento mentale caratterizzante gli atleti di successo, ossia qualità che favoriscono lo sportivo nel raggiungimento di una buona prestazione; E attenzione! Non sto parlando di chissà quali “virtù divine” innate e immutabili, bensì di un atteggiamento mentale che chiunque, anche gli atleti che ne sono sprovvisti, possono allenare e sviluppare al pari di altre abilità fisiche. Troppo spesso ci si dimentica che dietro ad un campione c’è, prima di tutto, un uomo e come tale non è fatto solo di muscolatura sviluppata e doti atletiche ma anche di valori, esperienze di vita, una vita affettiva composta da familiari e amici.. Ogni atleta, oltre alla “gamba buona”, possiede una personalità sua, propria, ed è principalmente questa a guidarlo nelle sue scelte di vita e anche di allenamento; e così nello sport, come nella vita, il giusto atteggiamento menta-
le favorisce l’impegno e la buona riuscita nella prestazione. Vediamo assieme le 4 caratteristiche che compongono l’atteggiamento mentale “vincente”: 1-Molti atleti di successo possono essere definiti “realisticamente ottimisti” e per ottimismo non mi riferisco al far finta che non esistano le difficoltà, tutt’altro! L’atleta ottimista, semplicemente, è ben consapevole delle difficoltà ed imprevisti nei quali potrebbe incappare in gara e le accetta, fiducioso di poterle affrontare. L’ottimismo di facciata, all’opposto, consiste nell’ imbrogliare se stessi ripetendosi degli incoraggiamenti che l’atleta per primo sente come falsi, per cui costituisce un modo assolutamente controproducente di affrontare le difficoltà; il falso ottimista finisce soltanto per illudersi e così facendo, di fronte ai primi ostacoli di gara, sarà portato più facilmente ad abbattersi: <<ecco, essere ottimisti non serve a niente! Io ci ho provato a pensare che andasse tutto bene, però mi è andata male anche oggi>> . Convincersi che andrà tutto bene,
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A cura di Claudia Maffi Psicologa dello sport e Mental Training per atleti
senza però esserne davvero convinti, non aiuta affatto l’atleta in difficoltà; un vero campione non perde tempo “piangendo” una gara andata male o un errore commesso durante la competizione ma cerca, piuttosto, di capire dove ha sbagliato, cosa è andato storto e guarda già avanti, riflettendo su cosa può concretamente fare per andar meglio la volta successiva; 2-Un’altra importante abilità, caratterizzante gli atleti di successo, è la capacità di “tollerare le frustrazioni” e consiste nel perseverare verso i propri obiettivi agonistici, nonostante le sconfitte. Nel ciclismo e nella MTB frustrazioni ed incognite sono all’ordine del giorno: quante volte avete la sensazione di impegnarvi tanto eppure i risultati sembra che non arrivino? Quante volte arrivate alla fine di una gara e dite “Oggi mi aspettavo di ottenere di più? E come vi sentite quando un brutto infortunio manda a monte un intero anno di preparazione? Come ben sappiamo i risultati di un atleta in gara non dipendono esclusivamente dalla sua dotazione fisica,
o dall’impegno profuso in allenamento, sono anche molte altre le variabili che possono ostacolare la performance finale! Gli atleti che scelgono questo sport stringono un patto quotidiano con la fatica e la frustrazione ed è con queste due “amiche” che dovranno fare i conti ogni giorno; 3-Un’altra abilità mentale, ben sviluppata in molti atleti di successo, è “l’auto- efficacia” ossia la stima nelle proprie capacità di riuscita; ciò non vuol dire sopravvalutarsi ma riconoscere sia i propri punti deboli sia i punti di forza per porsi obiettivi realistici in linea con le proprie potenzialità. Gli atleti professionisti guardano alle gare principalmente come ad una sfida continua nei confronti di sé stessi e dei propri limiti, non come ad eventi nei quali aver paura di un’ eventuale sconfitta. Un atteggiamento mentale di questo tipo favorisce nell’atleta la nascita di un sentimento di curiosità e la volontà di mettersi alla prova che, relegando in secondo piano l’ansia per la possibile sconfitta, pre-
dispone mente e corpo a fare del proprio meglio nel momento presente; 4-Da ultimo, ma non ultimo, in un atleta di successo non può mancare l’ Autodisciplina, la quale riassume un po’ tutte le abilità appena elencate e consiste nella capacità di porsi obiettivi reali e concreti adatti alle proprie capacità personali, impegnandosi a fondo nel raggiungerli con la consapevolezza dei sacrifici e difficoltà che si dovranno affrontare. Tutti possono acquisire la “ mente del campione”, iniziando con lo sviluppare ciascuna di queste caratteristiche e per farlo il primo passo consiste nel riflettere sui propri abituali modi di pensare: lasciate a casa i pensieri controproducenti e demotivanti, prendete consapevolezza di ciò che potete e sapete fare ed inseguite i vostri obiettivi a suon di pedale, lasciandovi guidare dal gusto della sfida con voi stessi.
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ALESSANDRO PAULETTI
PEDALO PER PASSIONE. E INTANTO VINCO A cura di Paolo Mei
Ultimo discendente di una famiglia di ciclisti, Alessandro Pauletti è la bandiera del Pedale Feltrino: “La bicicletta è il mio primo amore. Dopo mia figlia ovviamente…” Alessandro Pauletti
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lessandro, perché la bici fa parte della sua vita? Che io diventassi ciclista era praticamente scritto nel mio DNA: nella mia famiglia tutti hanno praticato ciclismo e, di conseguenza, la passione mi è stata trasmessa dai miei parenti più stretti. Ha qualche ricordo della sua prima bici? Certo che sì! La mia prima bicicletta da corsa mi venne regalata, in prima elementare, come premio per la promozione. E la sua prima gara invece? Che emozione! Avevo nove anni. Da quel giorno, anno dopo anno, la passione è cresciuta parallelamente agli allenamenti che sono diventati sempre più costanti. Momenti anche duri, che mi hanno formato non solo nel fisico ma anche nel carattere. Fino a quale categoria corse in bici in maniera “seria”? Fino alla categoria dei dilettanti. Sono stato un corridore di buon livello, ma mi è sempre mancato quel ‘quid’ che mi avrebbe fatto diventare un professionista. Mi è mancato, come si dice in gergo, solo l’ultimo passo,
quello più importante, ma a conti fatti dico che sono felice lo stesso. Quando decise di smettere con il ciclismo vero? Accadde nel 2001: avevo 26 anni. La pausa durò tanto, ben 10 anni. Ma nel 2011 arrivò il momento di riattaccare il fatidico numero quando decisi di partecipare alla mia prima granfondo. Scelsi la gara di casa, una delle più dure d’Europa, la Sportful che si disputa ogni anno a Feltre in un’atmosfera di festa incredibile, con oltre 5000 partecipanti, tra cui gli olimpionici di diverse discipline che si misurano nella “Sfida Olimpica”. Partecipano a questa gara personaggi del calibro di Paolo Bettini, Antonio Rossi, Pietro Piller Cottrer, Silvio Fauner, Cristian Zorzi, Antonio Rossi, Yuri Chechi, Gabriella Paruzzi, Paola Pezzo, Graziano Galtarossa e molti altri ancora. Quanto tempo occupa il ciclismo oggi nella sua vita? Occupa un posto importante, pur sapendo che la bici per noi amatori non può che essere passione. Da quando ho ricominciato
comunque, mi sono ritrovato a svolgere un’attività granfondistica sempre più costante tanto che lo scorso anno ho pedalato per 18.000 km e ho partecipato a ben 18 granfondo! Qual è il suo impiego nella vita di tutti i giorni? Il mio lavoro è quello di insegnante e istruttore di scuola guida, in un’autoscuola che gestisco insieme ad altri tre soci. Ma la mia vita è riempita soprattutto dal mio grande amore, Naike, mia figlia di dieci anni. Come riesce a fare conciliare gli impegni famigliari e lavorativi col ciclismo pedalato? Non è semplice, ma riesco comunque ad allenarmi in media 4 mattine a settimana, grazie al fatto che riesco a concentrare la mia attività lavorativa soprattutto nella seconda parte della giornata. Cura in maniera particolare l’aspetto alimentare? Direi di sì. E’ un po’ il retaggio del mio passato agonistico che mi ha forgiato anche in questo senso.
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LUNGA VIA DELLE DOLOMITI
LÀ DOVE PEDALANO LE AQUILE A cura della Redazione
Alla scoperta della “Lunga Via delle Dolomiti”, la pista ciclabile della Val Pusteria con scorci mozzafiato ed una storia che, ancora oggi, incanta
“L
unga Via delle Dolomiti”: è questo il nome della pista ciclabile che prende il via da Calalzo di Cadore e termina a Dobbiaco, in Val Pusteria. L’opera è stata ricavata dal tracciato della vecchia ferrovia delle Dolomiti costruita durante la Prima Guerra Mondiale e dismessa nel 1964. Lungo il tracciato si possono ancora vedere le originali stazioni ferroviarie, le gallerie ed i ponti una volta attraversati dal “Trenino delle Dolomiti” ed oggi a disposizione di pedoni e ciclisti. Lungo i 48 km la ciclabile permette di visitare tutti i paesi fra Calalzo e Cortina ammirando i panorami più suggestivi dell’arco dolomitico patrimonio UNESCO. Il miglior punto di partenza è senza dubbio la stazione di Calalzo di Cadore; a circa 800 metri di quota troviamo l’insediamento più antico del Cadore, Lagole. In breve si esce dall’abitato e subito la vista si allarga su di una spettacolare veduta delle Marmarole. Si passa nei pressi di Pieve di Cadore dove,
nel 1477, nacque il pittore Tiziano Vecellio. Proseguendo verso Valle di Cadore, si entra nella valle del torrente Boi¬ te, dove si inizia a scorgere l’Antelao, una delle più eleganti montagne delle Dolomiti. La pista si sviluppa elevata dal fondovalle attraversando boschi e piccole frazioni, dando così la possibilità di ammirare il pro¬ filo del monte Pelmo che ci accompagna verso Borca di Cadore e San Vito. Iniziano quindi a comparire le montagne ampezzane introdotte dalla Croda da Lago con il massiccio delle Tofane. In breve si giunge a Dogana Vecchia, storico posto di frontiera fra il regno d’Italia e l’impero asburgico; qui la pista abbandona il vecchio tracciato ferroviario per scendere tra i boschi di questo tratto selvaggio e solitario del fondovalle che termina a Campo di Sotto. Si torna di nuovo a pedalare sul vecchio tracciato ferroviario, per giungere al piazzale della sta¬ zione tra i prati e le case di Cortina d’Ampezzo. La pista qui si inoltra nei radi boschi dei ghiaioni ai piedi del Pomagagnon dove, nei pressi di
Fiames, inizia il tratto sterrato, il più alpestre e solitario del percorso. Si raggiunge quindi il valico di Cimabanche per entrare nell’Alto Adige costeggiando il lago di Landro da dove si vede il monte Cristallo e, più a destra, appaiono maestose anche le Tre Cime di Lavaredo. Si prosegue fino a Dobbiaco attraversando l’omonimo lago per entrare poi in Val Pusteria, luogo d’arri¬ vo di questo straordinario percorso. La Lunga Via delle Dolomiti è percorribile anche in compagnia dell’Applicazione CiclabileDolomiti. Disponibile gratuitamente, sia per dispositivi iOS che Android, fornisce tutte le informazioni sulle bellezze architettoniche, le tradizioni ed i sapori di questi luoghi. Inoltre è possibile trovarci report, informazioni sul percorso, descrizioni dettagliate, mappe e cartine, dislivelli e distanze, servizi, links, forum e molto altro. L’applicazione si può scaricare gratuitamente collegandosi al sito www.ciclabiledolomiti. com, un’iniziativa promozionale a cura del network NuovoCadore.
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EMILIA ROMAGNA
LA“DOTTA” E LA “BELLA” Le due torri di Bologna
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100 chilometri che le dividono non bastano a giustificare quanto Bologna e Firenze siano diverse l’una dall’altra. La linea ininterrotta di monti che le separa ha fatto sì che - nel corso dei secoli - storia, architettura e tradizioni culinarie le rendessero differenti come se si trattasse di capitali di due nazioni diverse e, al tempo stesso, le ha legate in un rapporto a doppio filo fatto di amicizia e rivalità come avviene spesso fra “vicini di casa”. In mezzo, in quei 100 chilometri che sono da sempre l’anello di congiunzione fra nord e sud dello stivale, le identità cittadine si
indeboliscono paese dopo paese. Il cantilenante accento emiliano si affievolisce avvicinandosi alla cima delle montagne per lasciare posto alla tradizionale “c” aspirata toscana diventando un miscuglio lessicale inestricabile e singolare. Fino all’inaugurazione dell’Autosole nel 1964, la “Strada della Futa” è stata la via maestra per chi doveva superare l’Appennino, ora è una delle mete preferite delle uscite domenicali dei bolognesi amanti delle due ruote. Con e senza motore, meglio fare attenzione alle spericolate manovre dei centauri. Il viaggio parte sotto le due torri, il monu-
mento simbolo di Bologna e, dopo aver attraversato l’elegantissima via Santo Stefano e aver superato i famosi Giardini Margherita, continua sulla via Toscana, il nome che la strada provinciale 65 (come viene denominata dalla burocrazia) assume nel centro del capoluogo emiliano. Pochi minuti e si raggiunge il territorio del comune di Pianoro dove, con una piccola deviazione, si sale verso il santuario posto sulla vetta del monte delle formiche da cui si gode una splendida vista sulla riserva naturale realizzata nella vallata sottostante. Superato Loiano e il suo osservatorio astronomico si continua a salire verso Mon-
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A cura di Gianluca Comandini
Bologna e Firenze sono divise “solo” da 100 chilometri: ecco il percorso ciclistico ideale che collega, non solo idealmente, i due capoluoghi
ghidoro, il paese natale di Gianni Morandi che nell’antichità fungeva da stazione doganale di confine fra il territorio bolognese e quello della signoria fiorentina. Il Mugello è a un passo e da qui - curva dopo curva - con pendenze anche piuttosto severe, si arriva a scalare i 962 metri del passo della Raticosa che viene comunemente considerato come il confine storico della Romagna. Una volta scollinato, si può tirare il fiato per un po’ scendendo verso Pietramala prima di tornare ad alleggerire i rapporti per affrontare il passo della Futa. Sono gli ultimi 11 chilometri impegnativi prima di iniziare la discesa verso Firenze e
si snodano attraverso bellissimi paesaggi di montagna. Durante la seconda guerra mondiale il tracciato della Linea Gotica, il fronte su cui i tedeschi si erano attestati per impedire l’avanzata degli Alleati, passava proprio di qui e lungo la strada si incontrano diverse lapidi commemorative di episodi tragici. La testimonianza più imponente di quel periodo è costituita dal imponente cimitero germanico che si staglia sul valico. Dopo una sosta per apprezzare la cucina locale che in questa terra di confine unisce le migliori peculiarità delle due regioni, si riparte verso la meta finale in una lunga e
piacevole discesa attraverso il Mugello fra viti, uliveti e meravigliose ville di campagna. Una volta raggiunto il lago di Bilancino mancano soltanto una trentina di chilometri al traguardo, ma prima di entrare in città è d’obbligo un’ultima sosta per godere della vista mozzafiato che si gode dalla collina di Fiesole e per ammirare questo piccolo borgo ricchissimo di vestigia e di tesori architettonici. E’ la cupola di Santa Maria del Fiore a indicare il cammino da seguire per l’ultimissima parte di questi 100 chilometri attraverso il centro storico. I 100 chilometri più ricchi di diversità di tutto il nostro Paese.
ValdiNon Bike 2016 - Photo by Newspower.it
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Grande successo per la prima edizione della “Pedalata col campione” andata in scena a fine settembre a Milano Marittima. E dopo l’arrivo grande curiosità per la conferenza di Iader Fabbri e Luce Caponegro
MI.MA. PEDAL PARTY
TUTTI IN BICI CON
CLAUDIO CHIAPPUCCI Claudio Chiappucci
U
n centinaio di ciclo-amatori ha partecipato lo scorso 24 settembre al “MiMa Pedal Party”, la prima edizione della pedalata col campione organizzata dall’hotel Michelangelo di Milano Marittima sotto l’egida del Csi. Alle 9 in punto, da viale 2 giugno, baciato da uno splendido sole, è partito il plotone dei corridori con in testa un monumento del ciclismo moderno: quel Claudio Chiappucci capace di vincere nel corso della sua straordinaria carriera una Mila-
no - Sanremo, tre tappe al Tour de France e una al Giro d’Italia. I corridori hanno percorso un tracciato di circa 60 chilometri, da Cervia a Bertinoro, ad un’andatura che lo stesso Chiappucci ha definito “tranquilla, ma non troppo…”. Poi, tornati al quartier generale, prima del ricco pasta-party, hanno partecipato alla conferenza tenuta dal consulente nutrizionale di Jorge Lorenzo Iader Fabbri e dalla life-coach Luce Caponegro. Per gli atleti anche un ricco “pacco-gara” con la maglia celebrativa della prima edi-
zione ed alcuni integratori “MTBNËSS”, e ricchi premi: un weekend per due persone in bed & breakfast a Canazei, un televisore da 42 pollici Lg, un prosciutto ed una cassetta di olio pregiato. Alla fine, come ha sottolineato il responsabile del Csi Ciclismo di Ravenna Fabrizio Merli “uno spot meraviglioso per tutto il cicloturismo”, mentre Oscar Foti - ideatore dell’evento - ha confermato l’intenzione di dare continuità al progetto, dando appuntamento a tutti i cicloamatori al possimo anno.
TENBOTA! durante Per D.G. (20g) Energia kj 267/kcal 63 Grassi < 0,5 g di cui acidi grassi saturi < 0,1 g Carboidrati 12,1 g di cui zuccheri 2,1 g Proteine 0,7 g Sale 0,835 g Cloruro 145,7 mg Potassio 424,8 mg Magnesio 148 mg Fosforo 315,9 mg Tiamina (Vitamina B1) 2,2 mg Vitamina E 10,9 mg Zinco 9,95 mg Glutammina 400 mg Carnosina 80 mg Tè verde e.s. 200 mg
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A cura della Redazione
Viaggio nelle monumentali sale del Muse, l’innovativo museo delle scienze di Trento progettato da Renzo Piano che, dopo soli tre anni, è già stato visitato da oltre un milione di persone
DAL GIURASSICO AL FUTURO IL MUSE
Muse, il museo delle scienze a Trento - Photo by Hufton&Crow
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iaggio nelle monumentali sale del Muse, l’innovativo museo delle scienze di Trento progettato da Renzo Piano che, dopo soli tre anni, è già stato visitato da oltre un milione di persone Qual è la ricetta per il successo di un museo? Prendete una vecchia area industriale dismessa, un architetto di straordinario talento, le splendide montagne del Trentino e un’idea geniale su come deve essere realizzata un’esposizione. Il risultato finale, se tutto sarà stato amalgamato con sapienza, sarà il Muse, l’innovativo museo delle scienze di Trento progettato da Renzo Piano che, dopo soli tre anni di vita, ha già staccato più di un milione e mezzo di biglietti d’ingresso diventando una delle istituzioni culturali più visitate d’Italia. A dispetto della classificazione museale, il museo trentino è quanto di più lontano si possa immaginare rispetto alla classica esposizione fatta di grandi sale cupe e silenziose. Qui la protagonista assoluta è la luce che pervade tutti gli ambienti, dalla terrazza affacciata sulla valle dell’A-
dige al seminterrato dove sono ospitate la più grande mostra di dinosauri dell’arco alpino e la serra tropicale. “The big void” (il grande vuoto) che collega tutti i livelli è “occupato” da animali tassidermizzati sospesi con sottilissimi fili d’acciaio per creare nel visitatore l’illusione di fluttuare nello spazio mentre interagisce con i monitor o osserva gli oggetti esposti sui grandi tavoli di legno chiaro. Ogni aspetto del Muse è mirato a coinvolgere attivamente il visitatore: al quarto piano, dedicato alle “Alte Vette”, si trovano il tunnel multimediale in cui si può vivere l’esperienza multisensoriale di volare sopra i ghiacciai alpini, sciare a tutta velocità lungo una parete ripidissima o essere travolti da una valanga. Scendendo di un livello si viene catapultati in un sentiero di montagna in cui provare l’emozione di un incontro con un animale selvatico, mentre al “+2” una serie di suggestive installazioni mostra le mutazioni epocali del nostro pianeta durante le ere geologiche e, in particolare, il processo di formazione delle Alpi. Il primo piano affianca la preistoria della
“time machine”, una grotta multimediale dove vivere l’esperienza di un antichissimo rito, all’imminente futuro del FabLab dove sperimentare stampanti digitali e altre attrezzature all’avanguardia. Il piano terra è dedicato all’infanzia con la sezione “maxi Ooh!”, dedicata alle esperienze sensoriali per l’infanzia e la Palestra della scienza dove chi è rimasto bambino dentro potrà giocare a riprodurre dei piccoli esperimenti di fisica o scienze naturali. Infine, la proposta del MUSE si arricchisce, a partire dal 16 luglio e fino al 30 giugno 2017, di una importante mostra temporanea dedicata A tema delle ESTINZIONI, un’ esposizione di grande respiro che invita a riflettere sul rapporto tra uomo e natura. Una percorso che parla di catastrofi e gradi sfide, ma anche di fortune e grandi successi. Dalla maestosità dei dinosauri e degli ultimi grandi mammiferi al destino della più ingombrante delle scimmie: l’uomo. Per continuare a scoprire le tante sorprese che il museo trentino riserva ogni giorno vi consigliamo di visitare il sito www.muse.it
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3TBIKE
E LONGO CENTRA IL TERNO L
a 3TBIKE diventa… 3Longo Bike. Il primierotto Tony Longo, lo scorso 2 ottobre, ha fatto centro per la terza volta nella gara decollata da Telve Valsugana e che ha coinvolto anche Carzano, Telve di Sopra e Torcegno nello sforzo organizzativo del GS Lagorai Bike in quella che era la sesta e conclusiva prova del “Trentino MTB”. Alla vittoria di Longo ha fatto eco il successo di Lorenza Menapace in una 3TBIKE che per lei, classifica alla mano, suonava come un appello ultimativo: vincere la gara per vincere il “Trentino MTB”, il suo dichiarato obiettivo stagionale. Le previsioni meteo non annunciavano nulla di buono ma fortunatamente, tolta una fastidiosa pioggerellina poco prima del via e per qualche minuto in gara, il tempo ha poi graziato i concorrenti che hanno affrontato un percorso di mtb “vecchio stile”, di quelli tosti con salite e disce-
se da bikers navigati. Una gara… Longo & Longa. Tony Longo e Mattia Longa hanno infatti acceso la sfida fin dai primi colpi di pedale: Longa a dare tutto in salita, ben conscio della competitività in discesa del rivale. La competizione insomma è vissuta sul confronto tra il primierotto e il valtellinese, poi nell’ultima discesa Longo ha dato prova delle sue innate doti e a Longa non è rimasto altro da fare che difendere il 2° posto. La 3TBIKE è un continuo up&down, così tutta la gara è stata molto vivace e ne ha giovato il numeroso pubblico disseminato lungo i 32 km del percorso e soprattutto concentrato nei tratti più spettacolari. Se la sfida si è accesa e… spenta col duello Longo-Longa, alle loro spalle c’è stata una gara nella gara con Dal Grande e Vito Buono, al via col numero 1 in virtù della vittoria 2015, a suonarsele di santa ragione. Non si sono certo risparmiati, poi nel
A cura della Redazione
A Telve Valsugana il primierotto duella fino in fondo con Mattia Longa e centra la terza vittoria. Sul podio anche Dal Grande. Tra le donne Lorenza Menapace irresistibile: sua la gara e il Trentino Mtb (seconda Gastaldi)
finale hanno temporeggiato un pochino ed hanno concesso ancor più vantaggio ai due in fuga. Longo, sempre molto determinato, non ha mai mollato ed alla fine ha chiuso con un bel tempo, 1h24’54”, che non ha riferimento sul passato visto che il percorso quest’anno è stato leggermente modificato ma che è però significativo nel confronto col tempo impiegato da Longa, 1h26’15”. Sono trascorsi un paio di minuti per capire chi tra Stefano Dal Grande e Vito Buono sarebbe salito sul terzo gradino del podio: Dal Grande ha avuto però quel guizzo che con 11” gli è valso un terzo posto significativo. Poi è continuata la sfilata sul traguardo a cominciare dai passaggi di Vieider, Bonelli e quindi Valsecchi, che col 7° posto (primo tra i master) si è assicurato la vittoria assoluta di Trentino MTB. Poi per completare i primi dieci si sono presentati Schweiggl, Zamboni e
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Podio Men Longa, Longo, DalGrande - Photo by Newspower.it
Depaul. La gara delle donne è stata senza storia. “A volte il vincitore è semplicemente un sognatore che non ha mai mollato” ha detto un giorno Jim Morrison dei Doors, e così è stato per la trentina Lorenza Menapace, il cui sogno era vincere a tutti i costi: è partita a tutta ed ha costretto la romagnola Elisa Gastaldi a rincorrere per tutti e 32 i chilometri. La Menapace è arrivata così dopo 1h51’48” con la doppia vittoria in pugno, 3TBIKE e Trentino MTB. Non ha voluto trovar scuse Elisa Gastaldi per il suo secondo posto, nemmeno una rovinosa caduta sull’asfalto nel finale. E nessuna scusa nemmeno per la veronese Lorena Zocca, terza al traguardo in una stagione non certo esaltante, lei che puntava al terzo successo consecutivo di Trentino MTB. Il circuito ha così celebrato i propri campioni: Matteo Valsecchi (Assoluta-Elite master), Lorenza Menapace (Assoluta-Open
femminile), Mattia Longa (Open), Michael Wohlgemuth (Junior), Andrea Zamboni (M1), Ivan Degasperi (M2), Claudio Segata (M3), Michele Bazzanella (M4), Daniele Magagnotti (M5) e Piergiorgio Dellagiacoma (M6). Il titolo di Scalatore è andato, secondo pronostico, ad Andrea Zamboni e Lorenza Menapace, con quest’ultima e Michael Tumler più veloci di giornata nella cronoscalata di Torcegno. La 3TBIKE chiude i battenti di una lunga stagione per il blasonato circuito trentino, ma chiude anche un’era. La gara il prossimo anno sarà tutta un’altra cosa, sottolinea Enrico D’Aquilio presidente del GS Lagorai Bike. Non sarà sicuramente una ‘point to point’, il percorso sarà diverso, ma la società nel 2017 avrà anche un altro grande impegno: proporre la seconda edizione del Dolomiti Lagorai MTB Challenge. Sulle tabelle portanumero dei concorrenti campeggiavano un fiocco e una dedica
a Gianni, per ricordare Gianni Vesco, uno dei promotori della 3TBIKE scomparso per un tragico malore durante la gara del 2014. Info: www.gslagoraibike.it Classifica maschile 1 Longo Tony Wilier Force Squadra Corse 01:24:54.51 2 Longa Mattia Cannondale Rh Racing 01:26:15.02 3 Dal Grande Stefano Soudal Parkpre Racing Team 01:28:18.76 Classifica femminile 1 Menapace Lorenza Team Carpentari 01:51:48.33 2 Gastaldi Elisa Team Passion Faentina 01:54:05.49 3 Zocca Lorena Sc Barbieri 01:59:32.11
La Vecia Ferovia dela Val de Fiemme - Photo by Newspower.it
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SELLE SMP
LA GIUSTA SELLA PER OGNI DONNA
T
uttavia in bici, il peso del corpo grava prevalentemente sulla sella e l’utilizzo di un modello non corretto dal punto di vista ergonomico può determinare gravi conseguenze per la salute ed il benessere. In particolare le donne accusano frequentemente un’ampia gamma di disturbi più o meno intensi e invalidanti: formicolii nella zona genitale e perineale con occasionale interessamento degli arti, cambiamenti nell’equilibrio ormonale, dolore cronico alle diverse parti della vulva, anorgasmia. Le selle SMP nascono per risolvere tutte queste problematiche. Grazie alla collaborazione con una prestigiosa equipe italiana di urologi e andrologi guidata dal Dr. Prof. Breda, SMP ha sviluppato un concetto rivoluzionario di sella che rappresenta la soluzione definitiva: si tratta della filosofia “DESIGNED ON YOUR BODY”, oggetto di ben 4 brevetti mondiali, che rende uniche le caratteristiche delle selle SMP. L’azienda propone tre linee di selle con differenti caratteristiche tecniche, in funzione del tipo di utilizzo. La linea SMP4BIKE Professional - sviluppata in costante collaborazione con team e atleti professionisti, ma
anche ciclisti amatori - è caratterizzata da materiali selezionati senza compromessi in termini di prestazioni, qualità e resistenza. E’ la linea Top destinata agli sportivi più esigenti. La linea SMP4BIKE Tourism è concepita per l’utilizzo quotidiano od occasionale su brevi distanze: ideale per bici Trekking/ Touring, City ed E-Bike, incontra le esigenze anche dei ciclisti più giovani, senza però tralasciare i praticanti più sportivi. Infine la linea SMP4BIKE Triathlon, - ultima arrivata in casa SMP - è stata studiata per incontrare le specifiche esigenze del Triathlon ed è articolata in CINQUE MODELLI differenti, in funzione della propria conformazione fisica e preferenze personali Le selle SMP sono assolutamente unisex. Generalmente la donna, a parità di corporatura, rispetto all’uomo necessita di una sella più larga. Le ricerche svolte hanno dimostrato che, nel 75% dei casi, la larghezza delle tuberosità ischiatiche è correlata alla larghezza delle pelvi. Per tale ragione Selle SMP consiglia, alle donne “normopeso”, di considerare la taglia dei pantaloni come fattore introduttivo nella scelta della sella (per qualsiasi informazione visitare http://
sellesmp.com/smp4bike/it/supporto/tabella-di-selezione). Ma spesso la questione è resa più complessa dall’unicità delle strutture ossee (spazio e forma delle tuberosità ischiatiche, forma del ramo alto dell’ischio, sinfisi pubica) e delle parti molli (dimensioni e forma delle vene, nervi pudendi, organi genitali interni ed esterni, muscoli) di ciascuna persona. Se poi la donna ha avuto un parto, con le conseguenti modificazioni al bacino, necessiterà sicuramente di un modello di sella più largo rispetto a quella utilizzata prima del lieto evento. Infine è necessario considerare la posizione in sella (legata principalmente alla specialità praticata, ma influenzata anche da fattori personali) e altri aspetti, come il peso e l’altezza. Di conseguenza è importante l’esecuzione di prove finalizzate a trovare il modello che meglio si adatta alle caratteristiche di ciascuna donna. Per rispondere a questa esigenza, Selle SMP ha predisposto un programma test disponibile presso i negozi aderenti. Per ulteriori informazioni è sufficiente scrivere all’indirizzo e-mail info@sellesmp.com
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RUOTE ROVENTI
IL CHECK UP DEL CICLISTA L
a preparazione sportiva quando vuole essere razionale e scientifica non può non tenere conto di un aspetto fondamentale, quale la valutazione funzionale dell’atleta allo scopo di ottimizzare l’impegno svolto sulla bici in termini prestativi, nonché per trarre il massimo beneficio fisico dalla pratica realizzata in termini di benessere. Una valutazione funzionale necessita di un sistema riproduttivo della pedalata, di una analisi della frequenza cardiaca costante, della rilevazione del consumo di ossigeno e della soglia anaerobica. Per far questo i principali test utilizzati per la valutazione del ciclista sono quelli che vanno a valutare le caratteristiche fisiologiche maggiormente coinvolte nel definirne il profilo funzionale. Tra questi ricordiamo Test della soglia anaerobica (SA) è fondamentale per individuare la frequenza cardiaca alla soglia e i Watt di potenza sviluppati alla soglia. Questo test è particolarmente utile per seguire nel tempo gli effetti dell’allenamento di un atleta confrontato con se
stesso. Sulla base della definizione di massimo lattato allo stato stazionario (MLSS) la SA può essere valutata tramite la metodologia diretta di tipo rettangolare che però richiede più prove di lunga durata (almeno 30 minuti) diverse tra loro per quanto riguarda il carico di lavoro, ciascuna a intensità costante (Faina et al, 1988). Durante ogni prova sono necessari più rilievi della lattatemia (ogni 5-10 min) per verificare l’eventuale aumento, in modo da trovare, procedendo per tentativi, quale sia l’intensità del carico più elevata che può essere mantenuta senza accumulo di lattato nel sangue (Soglia Anaerobica Reale SAR,). Essendo una metodica troppo lunga e poco pratica, la SA viene di solito valutata utilizzando metodiche indirette, attraverso test incrementali, ossia metodiche che analizzano il transient, cioè le variazioni dell’andamento di alcuni parametri (per esempio quello lattatemico, ventilatorio, cardiaco, ecc.) durante il passaggio dal solo metabolismo aerobico a quello misto aerobico-anaerobico. Fino al 1976 quando Mader suggerì di conside-
rare come intensità di SA il carico di lavoro corrispondente al valore di 4 mM di lattato ematico, l’unico metodo utilizzato era stato il rilievo della variazione dell’andamento della Ventilazione (VE) relativamente a quello del VO2 (Wasserman et al 1973); la VE ha infatti, durante una prova a carichi crescenti, una relazione lineare con il VO2 fino ad un determinato carico oltre il quale (Ventilation Breaking Point) essa aumenta più di quanto non aumenti il VO2 diventando sproporzionata rispetto alle richieste organiche di ossigeno. Tale punto può essere considerato la SA del soggetto. Un altro metodo per la determinazione della SA è il metodo Conconi, un test da campo che mette in relazione la frequenza cardiaca con il carico lavorativo e indica, nel punto in cui generalmente si perde la relazione lineare tra questi due parametri, la frequenza cardiaca e l’intensità della SA. Questo avverrebbe poiché, a causa, o in coincidenza, della produzione di ATP l’intensità lavorativa aumenterebbe più della FC, facendo anche registrare un aumento brusco del
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Chi è Roberto Sgalla Dott. Roberto Sgalla Direttore Centrale delle specialità della Polizia di Stato: Polizia stradale, Polizia ferroviaria, Polizia postale e Polizia di frontiera
A cura di Roberto Sgalla
Analisi della frequenza cardiaca costante, rilevazione del consumo di ossigeno e soglia anaerobica: la “prestazione perfetta” parte in primis da questi parametri
polso di ossigeno (V’O2/FC). Il metodo proposto da Mader (Mader et al., 1976) si basa sulla determinazione della curva lattatemica durante alcune prove (3-4) a carichi crescenti, ciascuno della durata di 5-6 min, con una pausa tra ciascun carico e il successivo sufficiente a effettuare il prelievo di sangue. Lo scopo è quello di evidenziare il passaggio della curva lattatemica attraverso il valore di 4mM. Questo valore secondo l’autore rappresenta il punto di SA. Test del massimo consumo di ossigeno (VO2 max) per calcolare la “cilindrata” del motore aerobico dell’atleta. Si tratta fondamentalmente di un test incrementale massimale al cicloergometro con incrementi del carico di lavoro di intensità e durata variabile fino al raggiungimento del massimo carico tollerabile o del VO2max. Il VO2max (o massimo consumo di ossigeno) è il parametro di valutazione funzionale che, meglio di tutti gli altri, rende l’idea delle potenzialità prestative di un ciclista. Da un test di valutazione del VO2max si può individuare un potenziale campione dal resto della popolazione cicli-
stica. Possiamo definirlo come la “quantità massima di ossigeno che un individuo può utilizzare per fini energetici nell’arco di un minuto”. L’ossigeno respirato dai polmoni si riversa nel sangue e, attraverso arterie e capillari, va a fornire energia ai mitocondri, le componenti della cellula specializzate nella resintesi dell’ATP di derivazione aerobica. Quindi, più ossigeno arriva ai muscoli, maggiore sarà la capacità di prestazioni. Il valore del VO2max è allenabile ed è strettamente legato alle caratteristiche genetiche dell’individuo. Dai test effettuati in fisiologia dello sport è stato constatato che i miglioramenti che si possono ottenere sono molto variabili e variano da individuo ad individuo. Applicando lo stesso protocollo di allenamento, si sono registrati miglioramenti variabili addirittura tra il 5 e il 50%. Inoltre è stato dimostrato che l’efficacia dell’allenamento sul VO2max è riscontrabile nelle prime 8-12 settimane di allenamento, dopodiché i carichi di lavoro non portano più benefici apprezzabili. L’individuo più dotato geneticamente raggiungerà valori di 75-85
ml/min/kg mentre il cicloamatore di medio livello si attesterà su valori di circa 55-65 ml/ min/kg. Test Anaerobici: tra i test anaerobici il WINGATE, è sicuramente, il più diffuso. Proposto nel 1974 da Ayalon et al. il test consiste nell’effettuare una prova al cicloergometro ad attrito frazionale della durata di 30 secondi; il soggetto è invitato a pedalare alla massima velocità possibile contro una resistenza costante che di norma è relativa al peso corporeo. Alla fine del test vengono misurati 3 parametri: il picco di potenza, che rappresenta la più alta potenza sviluppata (tale picco si raggiunge normalmente entro i primi 5 secondi); la potenza media, definita come valore di potenza media sviluppata durante i 30 secondi; il decremento di potenza , dal suo livello massimo al suo livello minimo. Dott.ssa Maria Rosaria Squeo, Dott.ssa Eliana Tranchita scuola di specializzazione in medicina dello Sport Sapienza Università di Roma
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FOCUS SULLE AZIENDE
AKEN,
LA PASSIONE CORRE SUI PEDALI A cura di Sara Falco
Sempre più stretta la partnership fra l’azienda romagnola ed il Rally di Romagna di Riolo Terme
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el mondo del ciclismo nasce una nuova partnership, quella fra il marchio Aken e il Rally di Romagna di Riolo Terme, uno degli appuntamenti emergenti nel calendario nazionale del settore Mtb. AKEN è un marchio dell’universo Solmec che, nel corso degli anni, grazie al costante sviluppo dei materiali, si è ritagliato un ruolo di primo piano nel ciclismo di alta gamma (sia su strada che in Mtb). Tutti i componenti Aken, dopo la fase di progetto e prototipo, vengono testati secondo i rigorosi protocolli UNI EN14766/14781 e collaudati per migliaia di chilometri prima di essere immessi sul mercato. Solo così si garantiscono prodotti sicuri, affidabili e tecnologicamente avanzati, frutto del lavoro di tecnici competenti ed appassionati che, in virtù di una costante ricerca, sviluppano componenti dalle elevatissime caratteristiche meccaniche. Punto di forza dei prodotti AKEN è la progettazione e la realizzazione totalmente made in Italy. Nulla è costruito o assemblato al di fuori degli stabilimenti Solmec; questo consente la realizzazione di prodotti dal design unico e dal peso record, adatti ad assem-
blare Specialissime fuori dagli standard. Tra i fondatori del marchio Aken c’è Maurizio Cenni, uno dei soci dell’azienda romagnola nata nel 1984 nel settore della meccanica di precisione ed elettromedicale. La passione per le due ruote lo ha spinto a sfruttare tutto il know-how maturato nel settore sanitario per creare componenti per la bicicletta e la moto. Cenni - originario di Massa Lombarda, ma da sempre residente a Borgo Rivola (paese di Loris Capirossi) - è un grande conoscitore del territorio dell’entroterra faentino e dell’Appenino e ha sempre contribuito ad aiutare il comitato organizzatore del Rally di Romagna Mtb: “Quando venne da me Stefano Quarneti – ricorda Maurizio Cenni – e mi chiese cosa ne pensavo di portare a Riolo Terme una gara a tappe in mountain bike, mi si accese una lampadina e sposai subito con entusiasmo l’idea che, ieri come oggi, ho sempre ritenuto magnifica. Il cicloturismo, che sia con una bici da strada o da mountain bike, è un efficacissimo veicolo di promozione del territorio, un’opportunità che le amministrazioni locali hanno il dovere di cogliere. Se l’obiettivo dev’essere la
valorizzazione del territorio, un ente locale non può non sostenere una manifestazione come il Rally di Romagna che porta benefici per tutti e rappresenta un volano per le economie locali”. La collaborazione fra Aken e Rally di Romagna sarà sempre più stretta: “Con gli amici Stefano Quarneti e Davide De Palma - conclude Cenni - c’è totale sintonia di vedute. La bici è la mia passione da sempre e dunque, anche se il tempo per praticarla è sempre più scarso, farò tutto ciò che è nelle mie possibilità per sostenere la manifestazione di Riolo”. Dunque, sale l’attesa per l’edizione del 2017 del Rally di Romagna che si terrà sempre a Riolo Terme (RA) dal 1 al 5 giugno. Le iscrizioni sono già aperte, è possibile registrarsi sul web site www.rallydiromagna.com (speciale promozione fino al 31/10/2016).
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TRENTINO MTB
VALSECCHI, LA REGOLARITÀ PRIMA DI TUTTO
I vincitori assoluti del circuito Trentino MTB Matteo Valsecchi e Lorenza Menapace - Photo by Newspower.it
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a spettacolarità di Trentino MTB non ha eguali nel panorama sportivo dei circuiti dedicati alle mountain bike e la stagione 2016 del challenge sulle ruote grasse ne ha dato l’ennesima dimostrazione. Ad emettere il verdetto ci ha pensato la “3TBIKE”, coronando le prodezze sportive del lecchese Matteo Valsecchi, vincitore assoluto del circuito grazie a performance prive di acuti significativi ma contraddistinte da un’inappuntabile regolarità che gli ha fatto inanellare buoni risultati in tutte le prove della stagione firmate “100 Km dei Forti”, “Dolomitica Brenta Bike”, “La Vecia Ferovia dela Val de Fiemme”, “Val di Sole Marathon” e appunto “3TBIKE”, con l’eccezione dello zero ottenuto alla “ValdiNon Bike”. Al femminile si annunciava ben più ardua
la situazione di Lorenza Menapace, la quale doveva assolutamente vincere la sesta gara per aggiudicarsi il titolo. E la trentina ce l’ha fatta, portandosi a casa gioco, partita, incontro alla “3TBIKE” di Telve Valsugana. Un successo che sa di trionfo per la Menapace e che l’atleta trentina non vedeva dal 2013, dopo le annate nettamente favorevoli alla veronese Lorena Zocca. A completare il podio assoluto al maschile ci hanno pensato il livignasco Mattia Longa ed il trentino Ivan Degasperi, lo scorso vincitore di Trentino MTB, mentre fra le bikers “in rosa” Elisa Gastaldi e Veronica Di Fant hanno fedelmente rispecchiato l’andamento stagionale posizionandosi rispettivamente in seconda e terza posizione. Da segnalare come le prime tre bikers abbiano ottenuto il bonus di 900 punti per aver svolto tutte e sei le prove di Trentino MTB, nel
segno di un’affezione che aumenta sempre più nel corso degli anni. Il livignasco Mattia Longa, secondo nel challenge, può invece consolarsi aggiudicandosi la sfida fra gli Open, primeggiando davanti a Simone Linetti e Franco Nicolas Adaos Alvarez, rimasto a bocca asciutta dopo aver condotto il challenge per lunghi tratti della stagione. Valsecchi regna sovrano anche fra gli Elite Sport, con Mattia Lorenzetti ed Andrea Zampedri rispettivamente secondo e terzo. Lorenza Menapace, dopo aver ‘sudato’ per portare nella sua Val di Non il titolo Assoluto e Femminile, non ha invece avuto problemi nell’aggiudicarsi con un netto vantaggio la classifica dello Scalatore, la quale somma il tempo ottenuto dai bikers nel tratto più spettacolare ed impervio di ogni gara del circuito. In questa classifica
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A cura della Redazione
Grazie ad una stagione senza acuti ma dal rendimento costante, il lecchese si è aggiudicato il circuito maschile davanti al livignasco Mattia Longa e al trentino Ivan Degasperi. E tra le donne vittoria al fotofinish per Lorenza Menapace
terminano invece quasi appaiate Elisa Gastaldi e Patrizia D’Amato, con Veronica Di Fant quarta assoluta. Al maschile dominio fra gli ‘scalatori’ di Andrea Zamboni su Ivan Degasperi e Michele Bazzanella, un gran risultato se si considera che quest’ultimo fa parte degli M4. Fra gli junior Michael Wohlgemuth ha quasi doppiato Peter Menghetti e Damiano Trentin mentre, nell’ordine, Andrea Zamboni ha trionfato nettamente fra gli M1 su Francesco Vaia ed Andrea Clauser, medesima sorte per Ivan Degasperi negli M2, davanti ad Alessandro Forni e alla sorpresa Andrea Borgogno, mentre ben più serrata è stata la sfida tra Segata e Gottardini negli M3, con il primo bravo a spuntarla relegando in terza posizione Mauro Giovanetti. Scontato il trionfo di Michele Bazzanella fra gli M4, mentre l’onore di una delle dispute più
competitive del challenge va agli M5 con la poderosa rimonta di Daniele Magagnotti su Tarcisio Linardi, quasi sempre al comando della graduatoria ma fermato da un imprevisto meccanico occorsogli nell’ultima tappa valsuganotta, con Giuseppe Baricchi terzo ma a pochi punti dal primo classificato. Nessuna sorpresa invece fra gli M6, con Piergiorgio Dellagiacoma che, visto il ritiro (con molti se e molti ma) del “tasso” Silvano Janes, può finalmente esultare, mentre Edoardo Sandri conclude la propria cavalcata in seconda posizione e Agostino Oss finisce al terzo posto. Fra le squadre primeggia il Team Zanolini Bike Professional davanti al Team Todesco e al Vertical Sport Ktm Team. A porre la ciliegina sulla torta di un’annata così competitiva, sono interessanti alcuni dati snocciolati dagli organizzatori del cir-
cuito: 19 regioni e 68 province rappresentate in Trentino MTB, con una provenienza del 37% dal Trentino-Alto Adige, qualche presenza straniera e un 62% dal resto d’Italia, un dato significativo, quest’ultimo, a dimostrazione che il circuito non coinvolge i soli bikers trentini ma tutto il paese. E ancora: più di 100 bikers hanno partecipato a tutte e sei le prove, con più di 1 milione di km percorsi complessivamente dai partecipanti del circuito, registrando il record assoluto per il circuito di ben 301 agonisti, a dimostrazione dell’ottimo livello organizzativo delle sfide di Trentino MTB, un challenge che ha visto incrementare di oltre 500 concorrenti le partecipazioni rispetto all’annata precedente. Lunga vita ai bikers! Lunga vita a Trentino MTB!
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BIKE PASSION
IL FUOCO DELLA PASSIONE
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Molto più di un semplice “punto vendita”. Potrebbe essere questo uno dei tanti slogan per descrivere il Bike Passion di Faenza, il multistore della bicicletta in grado di soddisfare ogni esigenza, anche la più specifica. Al di là delle dinamiche commerciali, infatti, nel dietro le quinte di questo autentico Eldorado del pedale, batte il cuore di un vero appassionato di ciclismo - Marco Stradaioli - che quando c’è l’occasione di dare una mano al mondo della bicicletta non si tira mai indietro. E così eccolo impegnato direttamente, lo scorso mese di settembre, nell’ultima edizione del Piccolo Giro di Romagna, la “tre giorni” di Riolo Terme organizzata assieme all’amico Davide De Palma. Un evento, ancora una volta, di grande successo, anche grazie al supporto logistico dello staff di Bike Passion.
E mentre le iniziative outdoor si avviano al loro naturale crepuscolo, prosegue a gonfie vele l’attività del punto vendita faentino, uno spazio da grandi store, con campionari infiniti e quella gamma assortita di servizi sempre aggiornati e dunque sempre all’avanguardia. Qui il cliente viene servito in base alla filosofia, tutta americana, del “gestion-time”. Hai un problema? Il meccanico ti fissa un appuntamento in giornata. Tu porti la bicicletta allo store e, mentre in officina risolvono il problema, tu ti fai un giretto nei 600 metri quadrati del negozio, ti bevi un caffè o ti guardi Bike Channel: “E’ un format innovativo per l’Italia ma di grande successo - spiega il titolare Marco Stradaioli - perché il cliente oggi ha una cultura ciclistica molto elevata e dunque ha aspettative diverse rispetto al passato. Noi abbiamo provato ad assecondare le esigenze del mercato, rivolu-
zionando radicalmente il modo di vendere biciclette. E devo dire che i risultati ci hanno dato ragione. Tant’è vero che, a primavera, con ogni probabilità apriremo un nuovo punto vendita anche a Imola”. Il secondo aspetto è un’altra condizione ineludibile per il mercato attuale della bicicletta: la ricerca della qualità. Tra i marchi trattati al Bike Passion tutti leader del settore, oltre ai migliori brand dell’abbigliamento tecnico, ricambistica e l’eventuale valutazione di una permuta. Per questo è fondamentale l’aggiornamento e anticipare, con lucidità e lungimiranza, tutte le prossime novità del mercato. Come, ad esempio, le tanto celebrate E-bike: “In realtà, in Italia, la bicicletta elettronica non è ancora partita definitivamente, perché permangono delle resistenze culturali. Però - assicura Stradaioli - i primi segnali parlano di un grande
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A cura della Redazione
Il brand faentino protagonista anche del Piccolo Giro di Romagna andato in scena lo scorso mese di settembre a Riolo Terme. Focus sul mega-store di 600 metri quadrati dove gli amanti della bicicletta si sentono a casa
interesse da parte del cliente, in particolare nel segmento delle mountain-bike, dove soprattutto le aziende americane propongono oggi dei modelli davvero interessanti e molto divertenti”. Il terzo aspetto che caratterizza Bike Passion è l’assortimento delle proposte commerciali. Nello show room faentino - oltre seicento metri quadrati di esposizione - si trova praticamente tutto lo scibile del mercato della bicicletta: da quella da corsa alla mountain bike, dalla bmx al trekking bike, dalla city alle bici per i più piccoli, senza dimenticare i capi d’abbigliamento tecnico, gli accessori, le cyclette e le attrezzature per il fitness: “Il mercato sta rispondendo alla grande - conclude Stradaioli - e anche se le esigenze cambiano, permane alto l’interesse per il mondo del pedale. E di questo non possiamo che essere contenti”.
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AZIENDE EMERGENTI
KYKLOS , LA BICICLETTA DEL KILLER
La nuova Killer Aero
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yklos in greco significa “cerchio – ruota - giro”. Sei lettere che racchiudono l’idea che ha ispirato questo nuovo marchio: realizzare una bicicletta dalle prestazioni elevate e con uno stile tipicamente italiano. Materiali e tecnologie Le migliori fibre in carbonio Toray T800 e T700 unidirezionale (Ud) - il materiale più forte e performante disponibile oggi sul mercato - le resine
di nuova generazione più adatte per la costruzione di telai racing, la miglior tecnologia per la realizzazione di tubazioni e monoscocche, la tecnica dell’incollaggio a giunzione, il design italiano: tutto questo è racchiuso nelle bici Kyklos, specialissime che hanno un DNA unico, innovativo, vincente. Al triangolo principale - tutto full carbon - è stato applicato il monoscocca in modo da avere un rinforzo nelle zone più sollecitate
come, per esempio, nella parte del movimento centrale e nella parte della serie sterzo. Con l’incollaggio a giunzione la parte posteriore del carro, sempre in monoscocca, viene assemblata con il triangolo principale. Caratteristiche Triangolo principale, carro posteriore, inclinazione della forcella e del piantone, solidità nella zona del movimento centrale e nella zona del tubo sterzo: un
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adesivi aggiuntivi: la soluzione più lineare per l’integrazione della trasmissione elettronica di Kyklos. La forma aerodinamica, il carbonio Toray, gli accessori in lega che permettono la regolazione con una precisione millimetrica, conferiscono al reggisella un peso leggero. Esso è progettato e realizzato per resistere alle massime sollecitazioni anche nelle competizioni più difficoltose. A questo si associa la massima comodità per l’uso quotidiano, per percorsi di qualsiasi difficoltà e nelle più diverse condizioni. Le sezioni dei tubi del telaio, della forcella e del reggisella sono innovativi, fendono l’aria e danno un vantaggio aerodinamico impareggiabile. Per ogni punto del telaio è utilizzato l’esatto quantitativo di materiale necessario, senza eccessi o difetti. Tale livello di meticolosità è possibile solo grazie alla perfetta combinazione di materie prime di altissimo livello e accuratezza nei processi di lavorazione.
sua gamma varie personalizzazioni per i clienti più esigenti. Con trent’anni di esperienza ciclistica ad altissimo livello in tutto il mondo, in questo momento, Kyklos offre agli appassionati un’esperienza unica di pedalata.
Le forme sono studiate per avere tutto ciò che si potrebbe desiderare da una bicicletta top di gamma: massima rigidità alla trazione, assoluta aerodinamicità per le più alte velocità, elevata guidabilità nei cambi di direzione, guida estremamente sicura. Le geometrie Kyklos sono il frutto dell’esperienza decennale nel mondo delle gare professionistiche. Nata dalla passione delle corse su strada, Kyklos è cresciuta fino ad includere nella
unidirezionale (UD) per avere massima resistenza contro le rotture. Il risultato è massima rigidità alla trazione, totale comfort sulle lunghe distanze, alta guidabilità nei cambi di direzione. Il carro da 410 mm e l’angolo di sterzo rendono Killer SLR la bici ideale su tutti i terreni con una tenuta alla velocità senza eguali. Il reggisella è progettato e realizzato per resistere alle massime sollecitazioni, dal diametro di 27,2 mm in carbonio Toray T800
Progettazione e produzione Il sistema di progettazione con scanner 3D permette di effettuare e superare i più severi controlli dimensionali del telaio. Il tutto partendo dalla visione, dal disegno, dalla manualità e dall’artigianalità italiani. I test di collaudo dei telai rispondono alle più severe norme internazionali quali la UNI EN ISO 4210-6. Kyklos è un’azienda con sistema qualità certificato UNI EN ISO 9001:2008. I MODELLI DI KYKLOS Killer SLR Un telaio dai grandi numeri in soli 800 gr. di peso costruito con il carbonio Toray T800
Testi e Foto di Kyklos Arrangiamento tecnico Roberto Zanetti
Un progetto imprenditoriale di successo ed un ex professionista - Danilo Di Luca - come consulente tecnico: storia di un marchio di qualità pronto a conquistare, con idee ed innovazione, il mercato del pedale
insieme di elementi concepiti per soddisfare gli atleti e i ciclisti più esigenti. Creare un insieme armonioso tra mezzo meccanico e atleta: tutto è studiato per avere una bici compatta e il più possibile scorrevole ad ogni velocità su qualsiasi tipo di terreno. I ferma guaine specifici e il supporto batteria offrono un’interfaccia perfetta per tutti i sistemi di trasmissione elettronica in commercio senza necessità di fascette o nastri
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UD, accessori in lega che permettono la regolazione con una precisione millimetrica, un peso sorprendente di 200 gr. Il tubo sterzo da 1,5” a 1-1/8” nella sezione superiore raggiunge la stessa rigidità di un sistema full da 1,5”. Si ottimizza il peso e, per una guida più decisa e sicura, si ottiene il massimo trasferimento di potenza e una maggiore rigidità alle sollecitazioni in curva. Il peso della forcella è di appena 335 gr. Il Press Fit BB30 è l’elemento in più della Killer SLR perché ha la caratteristica di avere le calotte inserite all’interno del movimento centrale. Questo consente di realizzare la scatola del movimento centrale in carbonio e aumentare il diametro dei cuscinetti, tutto a beneficio della rigidità torsionale e del risparmio assoluto di peso. Killer AERO La Killer Aero è la bici più aerodinamica e veloce della gamma prodotti Kyklos. Due le novità rispetto alla SLR: il Press Fit BB86 e la cromatura di parte del telaio. Il Press Fit BB86 è la novità della Killer Aero. Le calotte sono inserite all’interno del movimento centrale la cui scatola è in carbonio; il diametro nella zona del movimento centrale è maggiore, tutto a beneficio di rigidità torsionale e del risparmio assoluto di peso. Il processo di verniciatura è effettuato interamente a mano; la parte cromata è ottenuta con un procedimento assolutamente ecologico, protetta con vernici a ridotto peso specifico e resistenti a oli, grassi, benzine ed alcool. Tutti i prodotti vernicianti utilizzati sono classificati ed etichettati secondo il regolamento CE 1272/2008 e conformi al regolamento CE 1907/2006 REACH
per il rispetto della normativa ambientale vigente. Il telaio aerodinamico pesa soli 950 gr. nella taglia M. Il reggisella ha un peso complessivo di 240 gr. Il tubo sterzo da 1,5” permette di ridurre le superfici creando meno impatto con l’aria. Per una guida più decisa e sicura si ottiene il massimo trasferimento di potenza e una maggiore rigidità alle sollecitazioni in curva. Il peso della forcella è di 370 gr. Il sistema forcella/cannotto di sterzo conico della Killer AERO garantisce rigidità laterale e frontale per una tenuta precisa in curva e un adattamento verticale, fondamentale per assorbire le imperfezioni della strada. Endurance Simile alla Killer SLR, la Endurance ha le seguenti caratteristiche: • foderi del carro posteriore posizionati più in basso per assorbire le irregolarità dell’asfalto • carbonio Toray T700 unidirezionale (UD), • Press Fit BB30. • Peso: 900 gr. totali La scelta del carbonio Toray T700 garantisce massima resistenza alle rotture, massimo comfort e un peso eccezionalmente ridotto del telaio. Le nostre forme sono studiate per avere tutto ciò che si possa desiderare da una bicicletta con performance superiori: • massima rigidità alla trazione • totale comfort sulle lunghe distanze • alta guidabilità nei cambi di direzione Il carro da 410 mm - insieme all’angolo di sterzo - rende Endurance la bici ideale su tutti i terreni e con una impeccabile tenuta alla velocità. Il reggisella ha un diametro di
27,2 mm, è dotato di accessori in lega che permettono la regolazione con una precisione millimetrica, un peso sorprendente di 210 gr. Il tubo sterzo, da 1,5” a 1-1/8” nella sezione superiore, raggiunge la stessa rigidità di un sistema full da 1,5”. Si ottimizza il peso e, per una guida più decisa e sicura, si ottiene il massimo trasferimento di potenza e una maggiore rigidità alle sollecitazioni in curva. Il peso della forcella è di appena 345 gr. Killer Continental Nata dalla partnership tra Vélobici e Kyklos, vintage nell’estetica, la Continental si ispira alle aggressive ed elevate performance della Killer SLR. Per una bicicletta più responsive, telaio e forcella sono realizzati con il miglior carbonio sul mercato: il Toray T800Unidirezionale (UD). La tecnica monoscocca del telaio, pensato in modo artigianale ma costruito con le più moderne tecnologie, consente al ciclista moderno, innamorato dello stile vintage, di andare oltre le aspettative. Il telaio pesa solo 800 gr, il carro di 410 mm, insieme all’angolo dello sterzo, garantisce alla Vélobici Kyklos Continentalun grip incomparabile e un bilanciamento senza pari ad alta velocità. Pur riducendo il diametro del tubo dello sterzo da 1 ½” a 1 ⅛”, il set di testa garantisce comunque la stessa rigidità senza sacrificare una corsa dinamica e sicura. Il peso della forcella è solo di 335 gr. La Press Fit BB30 è una peculiarità della Continental. La sua più innovativa caratteristica è il cappuccio integrato all’interno del movimento centrale permettendo, quindi, la sua costruzione in carbonio e
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l’aumento del diametro dei cuscinetti. I risultati sono rigidità di torsione e risparmio in termini di peso. Ogni modello, inoltre, dispone di un esclusivo numero seriale per gli amanti dell’unicità. Marino D’Amico: “La bici quasi per caso” Nella mia attività di imprenditore non avrei mai pensato di iniziare una nuova avventura nel mondo delle bici. Sono un appassionato di motori e ho sempre pensato che andare in bici fosse solo per pochi fanatici appassionati. Ho conosciuto Danilo Di Luca nel 2014 in occasione di una gara automobilistica a Budapest. Danilo mi parlò del progetto Kyklos che lui aveva già avviato qualche anno prima. Io, da tempo, cercavo una nuova attività da avviare in settori completamente diversi da quelli in cui opero da più di venticinque anni. Abbiamo trovato subito una buona intesa cominciando così a pensare a quali mercati, a quali prodotti offrire, a quali strategie di marketing adottare, a come organizzare al meglio il processo produttivo. L’idea è stata quella di valorizzare al meglio tutta l’esperienza maturata da Danilo in tanti anni di attività agonistica sulle bici da corsa, sia da dilettante che da professionista. Per questo abbiamo deciso di costruire esclusivamente delle specialissime per il mercato dei cicloamatori e dei professionisti, offrendo prodotti di media ed alta gamma. Oltre alle alte caratteristiche tecniche abbiamo curato con attenzione gli aspetti estetici - come la grafica e la verniciatura - per creare bici dalle linee essenziali ma comunque espressione di innovazione e tecnologia. I nostri prodotti si collocano quindi nella nicchia di mercato di quei ci-
clisti che cercano un prodotto fuori dal comune; un brand unico dal design tutto italiano. Il nostro sguardo è rivolto a quei mercati fuori dall’Italia, all’Europa e ai paesi in forte crescita per il ciclismo come il Giappone e l’Australia, ma anche paesi del Medio Oriente e della Cina. Abbiamo avviato collaborazioni con altri brand come Vélobici, marchio inglese che produce abbigliamento per il ciclismo in linea con la nostra idea di design e qualità, che ci ha aperto a nuove conoscenze ed opportunità sicuramente di successo. È una grande sfida ma il nostro entusiasmo e la voglia di fare bene, grazie anche ad un gruppo di collaboratori capaci e vincenti, ci porteranno al raggiungimento dei traguardi fissati. Da più di sei mesi ho venduto la mia auto sportiva ed oggi quasi sempre mi muovo con una bici Kyklos. Ho anche perso 10 Kg. Non male. Marino D’Amico CEO Kyklos Danilo Di Luca: “Pedalando s’impara” Durante la mia carriera di ciclista professionista sono anche stato un tecnico del mezzo meccanico. Così nel 2010 ho deciso di iniziare l’avventura come costruttore di bici con il marchio Kyklos. Ciò che cerco di portare sulle bici Kyklos è la mia esperienza delle corse e dare delle risposte alle esigenze degli amatori; su qualsiasi modello cerco di ottenere una bici la più completa possibile per tutti i terreni e tutti i livelli di competizione o di svago. Attualmente, dopo qualche anno di lavoro, siamo riusciti ad avere quattro prodotti esclusivi con caratteristiche identiche alla filosofia del brand Kyklos: massima tec-
nologia e massimo stile. Sono riuscito a portare nelle biciclette Kyklos la mia esperienza che concerne l’allenamento, la tipologia di bici da scegliere, i tipi di percorsi da affrontare. Ogni ciclista ha bisogno del suo tipo di allenamento rapportato al tempo che si ha a disposizione, al lavoro e alla professione che si pratica se non si è un professionista e al recupero che bisogna avere senza mai esagerare. Insomma, ogni ciclista deve cercare la migliore combinazione tra mente e corpo. Ogni atleta sceglie il mezzo specifico in base alle proprie esigenze e caratteristiche. La tipologia di bici è fondamentale per la caratterista di ogni singolo ciclista: se si predilige la salita essendo uno scalatore, la pianura se si è un passista o la volata se si è uno sprinter. Per il futuro delle bici la tecnologia va sempre avanti alla ricerca di nuovi materiali sempre più performanti e leggeri, forme sempre più aerodinamiche con un occhio sempre attento alla sicurezza. Kyklos garantisce a ogni cliente sicurezza sui prodotti scelti, qualità sui compositi e le resine utilizzate, aerodinamicità e garanzia su tutti i telai e le verniciature che realizziamo in Italia. Il mio spirito battagliero non è mai cambiato da quando lottavo per vincere le tappe e i giri più importanti. E il mio spirito ha trovato in Kyklos la combinazione perfetta: creatività insieme ad equilibrio, potenza, aerodinamicità. Tutto ciò con un tocco di stile e di design italiani. Inimitabili.
Danilo Di Luca Responsabile tecnico Kyklos
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MONTE BONDONE, PARADISO PER FAMIGLIE
A cura di Gianluca Comandini
Tra sport e divertimento, un ricco campionario di opportunità per gli amanti del relax e della “vacanza attiva”
Il Monte Bondone – Le Tre Cime - Photo by G. Cavulli
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a Montagna di Trento A pochi minuti da Trento, il Monte Bondone offre fantastiche opportunità per una vacanza a misura di famiglia. Natura incontaminata, panorami mozzafiato, palestra all’aria aperta vi aspettano per stupirvi. Il paradiso veste di bianco Il Monte Bondone offre fantastiche opportunità per una vacanza sulla neve a misura di famiglia. Hotel, kindergarten e skibar direttamente sulle piste, scuole sci, noleggi, campo “primi passi”, baby cross, animazione e tanto divertimento. Snowboard & freestyle…adrenalina pura Lo snowpark Monte Bondone sfida la fantasia e l’abilità dei fan della tavola, con i migliori passaggi, salti e rail per riders più scatenati: un park tra i migliori dell’arco alpino, un’organizzazione ormai collaudata,
un impianto che funziona anche by night due volte a settimana. Immergetevi nel bianco Chilometri e chilometri di piste da fondo, decine di mete per escursioni con le ciaspole o le “pelli di foca”, con la certezza di vivere sempre un ambiente incontaminato. Benessere oltre lo sci L’inverno non è solo sci, ma anche una passeggiata con le ciaspole, un percorso di nordic walking o una divertentissima discesa in bob e per concludere la giornata una pausa relax nei meravigliosi centri benessere degli hotel. Infinite sono le opportunità per gli appassionati della neve che amano unire fitness e natura in piena libertà. Senza dimenticare passeggiare in città per scoprire gli angoli più nascosti del centro storico di Trento sotto la neve. Starbene nella natura, la vacanza dai mille colori
“Starbene nella natura” significa rigenerarsi in un ambiente incontaminato, vivere a contatto con la natura alla scoperta di bellezze artistiche, architettoniche e naturalistiche per trascorrere una vacanza autentica e di totale relax. Trekking urbani e passeggiate nel bosco, degustazioni di prodotti locali, osservazioni di stelle e costellazioni e visite guidate alla scoperta della biodiversità vegetale dell’ambiente alpino. Sono davvero tante le attività per scoprire il territorio. Info: APT Trento, Monte Bondone Valle dei Laghi Tourist Board Tel. +39 0461 216000 info@discovermontebondone.it www.discovermontebondone.it
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MONTE BONDONE, A PARADISE FOR FAMILY
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rento’s mountain Just few minutes away from Trento, Monte Bondone offers fantastic opportunities for a solida on the snow, ideal for families. Unspoilt nature, breathtaking landscapes, outdoor gym will surprise you. White veiled paradise Monte Bondone offers fantastic opportunities for a holiday on the snow, ideal for families. Hotels, kindergartens and ski bars directly on the slopes, ski schools equipment rentals, “first steps” field, baby cross, entertainment and lots of fun. Snowboard & freestyle…pure adrenaline The Monte Bondone Snowpark puts the most experienced snowboarding enthusiasts’phantasy and abilities to the test with the best trails, jumps and rails to sate the most extreme snowboarders out the-
re. One of the best parks in the Alps, a well established organization ski lifts running even by night two times a week. Sorround yourself with white…cross country & relaxation Miles and miles of cross-country skiing tracks, dozen of destinations for snowshoeing or ski mountaineering excursions, and the certainty of being always surrouned by an unspoilt environment. Well-being when not skiing Winter is not only skiing but also snowshoeing or Nordic Walking or a fanny bobsledding descent and – at the end of the day – some relax in the wellness centres of the hotels. A plenty of opportunities for the snow fans loving the combination among fitness, sport and nature. And then a walk in Trento to discover the most hidden corners of the old town in the snow.
Wellbeing in nature – a colorful holiday “Starbene nella natura” (wellbeing in nature) means regenerating in a pristine natural environment, discovering treasures of art, architecture and nature and experiencing an authentic and totally relaxing holiday. Urban trekking itineraries and walking paths in the woods, tastings of local products, stars and constellation observations and guided tours to discover the biodiversity of the Alpine environment: many are the activities offered to explore our region. Info: APT Trento, Monte Bondone Valle dei Laghi Tourist Board Tel. +39 0461 216000 info@discovermontebondone.it www.discovermontebondone.it
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SICUREZZA IN GARA
PIANO SANITARIO A cura di Gianluca Barbieri
Profonda è la differenza tra piano sanitario tra gare su strada e mountain bike: vediamo perchè.
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hi ha l’opportunità di seguire in toto il mondo del ciclismo, potrà aver notato la differenza che c’è tra la preparazione di una gara su strada ed una di mountain bike. In questo numero parliamo di un segmento della corsa che molto spesso viene gestito con superficialità o magari lasciato al caso, da parte dell’organizzatore, che questa materia dovrebbe conoscerla a memoria a tutela anche dei propri interessi: il “piano sanitario” Prendiamo spunto da alcuni fatti successi in diverse granfondo per fare una riflessione su cosa è accaduto e come si dovrebbe intervenire per evitare spiacevoli inconvenienti. Parliamo in particolare di un caso accaduto ad un biker che durante una granfondo di mtb è caduto rompendosi il femore: inizialmente la prognosi sembrava ben più importante. L’ambulanza ha ritardato l’intervento perchè, a detta dei sanitari,
non era del posto e non conosceva bene la zona d’intervento; a detta poi dei responsabili del servizio, la stessa ambulanza ha ritardato rispetto l’orario di ritrovo con i responsabili di percorso, dove questi smistavano le varie squadre di controllo e soccorso sul percorso. Le riflessioni che vogliamo portare ai nostri lettori sono le seguenti: -rimarcare da parte dell’organizzatore la puntualità di tutto il personale rispetto l’orario di ritrovo: un eventuale ritardo anche di una sola squadra crea scompiglio. -Nella mountain bike la conoscenza dei percorsi di gara diventa determinante a differenza delle gare su strada, poichè l’ambulanza nel secondo caso segue la corsa, nel primo deve cercare il punto d’incidente. -Se alcune squadre di soccorso non conoscono il territorio perchè a supporto, devono essere formate squadre miste, cioè con almeno un addetto che conosca bene i sentieri ed i luoghi; nel caso i gruppi di
soccorso non conoscano il territorio, va fatta per tempo formazione. -Nel caso di trasporto dell’infortunato, attraverso elisoccorso, almeno un sanitario (medico) deve accompagnare il ferito al punto d’incontro per verificarne sempre la stabilità (anche solo per tenergli la mano). -Mettere in contatto per tempo il medico di gara con i gruppi di volontari, per predisporre a tempo debito, le modalità di soccorso ed il materiale in dotazione ai mezzi di soccorso. -Importantissimo il servizio radio dedicato all’apparato sanitario e collegato al Direttore di Corsa. Queste sono solo alcune considerazioni legate al piano sanitario: ovviamente è una materia vasta e le possibilità per addentrarsi in modo specifico sono molte. L’importante è ricordarsi che partire con l’organizzazione di una gara, avendo un piano sanitario ben curato, significa essere già a metà dell’opera.
TRAINING CAMP
CANARIE 2017 DAL 23 AL 30 GENNAIO 2017
UN’OCCASIONE DA NON PERDERE
Sono aperte le prenotazioni al Training Camp, affrettatevi! Una settimana completamente dedicata al ciclismo da passare assieme, tra panorami spettacolari ed emozionanti, per condividere la passione che ci unisce.Il clima e i dislivelli di questo posto meraviglioso lo rendono il luogo ideale per la preparazione invernale.
Offriamo la possibilità di scegliere tra due tipologie di alloggio
LOPESAN BAOBAB RESORT
CORDIAL GREEN GOLF BUNGALOWS
1165.00 €
860.00 €
Caratteristiche: • trattamento di mezza pensione; • la quota è a persona in camera doppia; • nel prezzo non è compreso il costo del volo aereo; • prenotazioni entro il 15/11/2016.
Compreso nella quota: • divisa personalizzata dedicata al Training Camp; • integratori alimentari Named durante gli allenamenti; • servizio di assistenza con furgone al seguito degli atleti; • reportage fotografico e video di tutto il Camp.
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PAOLO TEVERINI
L’AUTUNNO CHE SCALDA IL CUORE Lo Chef Paolo Teverini
A cura della Redazione
Le ricette dello chef stellato ed il relax di un paesaggio meraviglioso
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autunno ha il suo grande fascino. I colori della natura, i profumi dei frutti del bosco, gli aromi della tipica cucina di stagione. Ed il gusto di potersi immergere nelle calde acque termali quando all’esterno la temperatura è decisamente più bassa ogni giorno. Tutte sensazioni che è possibile gustare all’Hotel Tosco Romagnolo, dove lo chef Paolo Teverini vi condurrà in un percorso dove gusto e benessere passeggiano insieme in piena serenità. Tutto questo vale per la coppia, il gruppo di amiche e le famiglie; ed anche per i biker, che tra i boschi stagionali sull’appennino a cavallo tra Romagna e Toscana possono trovare soddisfazione in sella ed a tavola, pedalando e rigenerandosi in un ambiente ricco di suggestione. E’ così che tra i pacchetti “all-inclusive”, è possibile
trovare anche un fine settimana sui pedali con la possibilità di essere accompagnati da una guida escursionista alla scoperta degli scorci panoramici più suggestivi dell’Appennino tosco-romagnolo. Una “full-immersion” nella natura più incontaminata, in un luogo dove l’ospitalità è una religione. Qui i cicloturisti, oltre ad una cucina dietetica calibrata in base alle loro specifiche esigenze, troveranno una bike-room professionale, che può ospitare 25 biciclette ed altrettanti armadietti personalizzati. Disponibile anche l’officina attrezzata e l’area riservata al lavaggio delle biciclette. E per gli atleti più esigenti (e le loro compagne) piscina con acqua termale con idromassaggi e cascata defaticante e accesso al centro sportivo Body art Village di Bagno di Romagna, a pochi passi dall’hotel, che offre tre cam-
pi da tennis regolamentari ed area fitness “griffata” Technogym. Aperta ai bikers anche l’elegante Beauty Farm con accesso al bagno di vapore con lettini relax, il servizio di lavanderia per abbigliamento tecnico (su richiesta ), il “Welcome Drink” con la consegna del materiale informativo della zona, degustazioni di marmellate, vini e formaggi e servizio di transfert dagli aeroporti e assistenza per il trasporto bagagli (su richiesta). E per una vacanza “a misura di ciclista”, non potevano mancare cinque escursioni in bicicletta negli scorci più suggestivi della Valle del Savio: dal tour storico della Gran Fondo del Capitano all’antico Eremo monastico di Camaldoli, da Cortona (nel cuore della Val di Chiana) al Giro dei laghi, fino alla città plautina di Sarsina.
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LA RODIOLA ROSEA
COME DIFENDERSI DALLA STANCHEZZA FISICA E MENTALE
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a Rodiola, detta anche radice artica o radice d’oro, è la radice della Rhodiola rosea L., una pianta perenne che cresce spontaneamente nelle zone montagnose e fredde della Siberia, della Scandinavia, della Russia e dell’Asia. E’ un rimedio naturale usato fin dall’antichità nella medicina tradizionale di questi paesi, e ancora oggi utilizzato dai fitoterapeuti di tutto il mondo per le sue benefiche proprietà sostenute da centinaia di studi clinici. Infatti, già nei primi anni settanta, ricercatori tedeschi descrissero benefici sulle cefalee, emorroidi e come antinfiammatorio, addirittura i vichinghi sembra che la utilizzassero per aumentare la resistenza e la forza fisica. La rodiola è stata classificata come adattogeno da ricercatori russi che ne hanno evidenziato la capacità di aumentare la resistenza di particolari agenti chimici e biologici del nostro organismo, con conseguente aumento della resistenza fisica e del senso di benessere. Le proprietà adattogene della rodiola, in particolare sono state attribuite a due suoi principi attivi il para-tirosolo ed il salidroside. Questi influenzano i livelli di alcuni mediatori nel cervello e nei tessuti periferici, cardiovascolare e respiratorio.
Tra i composti più farmacologicamante attivi, vi sono anche la rosavina e i fenoli. Oggi, grazie ai numerosi trial clinici sui suoi costituenti, i maggiori impieghi dell’Artic Root sono in alcuni stati depressivi lievi e moderati, nell’astenia del soggetto anziano, nella prevenzione da deficit cognitivi, nella sindrome da affaticamento cronico da eccessivo carico di lavoro, nella sindrome da Burnout, nell’astinenza da nicotina , nel mantenimento di alte prestazioni sportive ed alte prestazioni psichiche e lavorative . Il razionale d’uso della rodiola nell’ambito sportivo è giustificato da evidenze scientifiche sul meccanismo d’azione dei costituenti attivi. E’ stato infatti dimostrato che la Rosavina, attivando un’enzima, l’adenilatociclasi a livello delle cellule adipose, promuove il rilascio degli acidi grassi dal sangue. La mobilizzazione di questi determina un aumento di substrato energetico per la produzione di ATP che sarà disponibile per il fabbisogno muscolare. Come conseguenza si è avuto un miglioramento delle prestazioni fisiche e un aumento della resistenza alla fatica . Questo è stato dimostrato anche recentemente, in uno studio del 2013, dove la singola somministrazione acuta di un estratto di rodiola ha diminuito la fre-
A cura del Dr.Alessandro Gardini Responsabile Reparto Sport e Nutrizione Farmacia del Bivio alessandrogardini@gmail.com
quenza cardiaca in risposta all’esercizio sub ottimale . Tra le sue principali proprietà benefiche vi è la normalizzazione del tono dell’umore. L’assunzione di rodiola porta infatti ad un aumento dei livelli di serotonina nel sangue proprio grazie alle sue capacità di interagire con particolari mediatori del sistema nervoso per questo utilizzata nella depressione lieve e moderata e negli stati di ansia generalizzata. Le funzioni della serotonina sono in qualche modo legate al controllo dell’appetito, del sonno e del comportamento, sulla memoria e sulle capacità di adattamento, come conseguenza anche sulle nostre capacità mentali in corso di attività fisica di endurance e nel recupero post attività. La Rodiola appare un rimedio sicuro, per la scarsità di effetti collaterali nella maggior parte degli studi clinici, tuttavia a dosi eccessive può causare irritabilità ed insonnia . Non va assunto in caso di patologie epatiche e renali. Per questo invitiamo comunque l’utilizzatore finale di preparati fitoterapici, di rivolgersi sempre a figure mediche professionali e preparate in materia erboristica, prima di utilizzare qualsiasi integratore contenente derivati “naturali”, per evitare possibili effetti collaterali, interazioni con medicinali e alimenti.
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MARCIALONGA RUNNING
TUTTI DIETRO ALLE GAZZELLE DEL
KENIA
Kipkorir Maritim Philimon vince la 14.a Marcialonga Running Coop - Photo by Newspower.it
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ome nasce un’idea geniale? Spesso per caso, a un tavolino di un bar, davanti a un caffè o a un bicchiere di vino e, a volte, può succedere che di quell’idea non venga percepita immediatamente tutta la grandezza, nemmeno da chi l’ha generata. E’ nell’estate del 1970 che a quattro amici della Val di Fiemme, appassionati di sci di fondo, si accende la classica “lampadina”: perché non organizzare una rievocazione della leggendaria Vasaloppet, la mitica “ultramaratona” svedese sulla neve che ogni anno porta migliaia di atleti a percorrere con gli sci ai piedi i 90 chilometri che separano il villaggio di Salen dalla città di Mora? I quattro amici trentini tracciano un percorso impegnativo, con partenza da Mo-
ena e arrivo a Cavalese, per 70 chilometri di fatica attraverso le valli di Fassa e di Fiemme. Alla fine sono piuttosto soddisfatti della loro creatura, prevedono di poter contare su almeno un centinaio di partecipanti. Invece ai nastri di partenza di quella prima avventura saranno più di mille. Così è nata la Marcialonga, una delle migliori idee mai sviluppate nel mondo dello sport, cresciuta nel corso degli anni in numero e valore dei partecipanti ed oggi un vero e proprio brand internazionale per gli appassionati di endurance in tutte le sue forme: nel 2003 infatti gli inarrestabili organizzatori trentini hanno affiancato alla “Skiing” la “Running Coop” e nel 2007 - a grande richiesta - è arrivata anche la “Ciclyng Craft”, dedicata agli appassionati
del pedale. L’edizione numero quattordici della versione “pedestre”, svoltasi come da tradizione ormai consolidata la prima domenica di settembre, per l’ennesima volta non ha deluso le aspettative del pubblico in attesa lungo i ventisei chilometri del percorso per salutare il passaggio dei 1400 concorrenti. Attesa favorita anche da una bella giornata di sole dai tratti tipicamente estivi. I favori del pronostico erano tutti per i kenioti Philimon Kipkorir Maritim e Viola Jelagat e le due gazzelle africane non solo li hanno rispettati appieno, ma si sono addirittura impadroniti dei nuovi record della manifestazione, fermando i cronometri a 1h19’21” e 1h31’1”, nonostante la temperatura insolitamente alta sulle strade valligiane non fosse proprio ideale per
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A cura della Redazione
Pronostici rispettati nella 14ª edizione della corsa podistica della Val di Fiemme La partenza della 14a edizione della Marcialonga Running- Photo by Newspower.it
andare a caccia di tempi di rilievo. Il rinnovato tracciato della gara prevedeva, dopo la partenza dal centro di Moena, una lunga discesa costeggiando il torrente Avisio e come previsto il ritmo è stato subito velocissimo con i kenioti Maritim e Samoei a menare le danze e l’ucraino Vasyl Matviychuk a cercare di non perdere contatto con i due africani. Una situazione durata veramente pochissimo visto che, al quarto chilometro, Maritim si era già liberato della compagnia involandosi in perfetta solitudine, con il connazionale e l’ex sovietico che ormai da tempo vive a Domodossola a controllarsi a distanza e dosare le energie in vista dell’ancora distantissimo traguardo. Chiariti subito i valori in campo la gara è andata avanti senza grossi scossoni fino
agli ultimi tre chilometri dell’impennata finale verso Cavalese dove Maritim si è preso il lusso di tirare il fiato mantenendo comunque un tranquillizzante vantaggio di circa tre minuti, mentre solo per un soffio Samoei, apparso molto stanco per la lunghissima stagione agonistica, è riuscito a resistere all’impetuoso ritorno di Matviychuk che alla fine risulterà staccato di soli 2 secondi. Stessa musica nella gara in rosa in cui la Jelagat ha messo in chiaro fin dai primi metri di corsa quali fossero i valori in campo. Allo sparo la portacolori della Run2gether è scattata velocissima e le sue avversarie hanno soltanto potuto guardare le sue spalle farsi sempre più distanti: il distacco di 4’13” rifilato a Deborah Toniolo, valente fondista vicentina in forza
al gruppo sportivo della Forestale, la dice lunga sullo strapotere della keniota. Terzo posto con un po’ di rammarico per la comasca Ivana Iozzia autrice di un curioso siparietto in partenza. Infatti al momento di mettersi agli ordini dello starter la runner lombarda, fresca vincitrice dello scudetto del Campionato di Corsa su Strada con il club della Corradini Rubiera, non occupava il suo posto in griglia ma si trovava nel bagno di un bar di Moena per un’improvvisa necessità. Una volta sentito il colpo di pistola si è risistemata in fretta e furia e si è lanciata in un indiavolato inseguimento che l’ha portata fino al bronzo, a un minuto di distacco dalla Toniolo.
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FILOSOFIE OLISTICHE
L’ELISIR DI LUNGA VITA A cura della Redazione
Migliora la respirazione, controlla il peso corporeo, favorisce la quiete mentale. Ecco perché andare in bicicletta con regolarità aumenta l’aspettativa di vita anche di 5 anni
L
a passione per il ciclismo è prima di tutto un concetto etico. Chi si arrampica curva dopo curva mettendo alla prova un corpo prostrato dalla fatica lo sa bene: correre a cavallo della bicicletta è un tuffo nell’ebbrezza, fa sfiorare le nuvole del cielo e mette a dura prova resistenza, fatica, scoraggiamento. Ecco perché insegnare a un bambino a andare in bicicletta è trasmettere l’entusiasmo per uno stile di vita. Probabilmente tutti noi ricordiamo il senso di incertezza e la grande emozione del momento storico in cui da piccoli, tolte le ruotine, finalmente si conquista l’equilibrio necessario per pedalare da soli, senza sostegno, senza nessuno che ci tenga per mano o ci sorregga. La bicicletta è il primo mezzo con cui un bambino ha la possibilità di sperimentare la velocità e l’autonomia: la due ruote diviene compagna di giochi e permette i primi piccoli spostamenti che consentono di diventare un pizzico più indipendenti, raggiungere gli amici, in due parole “sentirsi grandi”. Chi ha reso la bi-
cicletta la passione di una vita è allenato, possiede un fisico asciutto e scattante; è attento all’incolumità propria e degli altri, ama la natura, rispetta l’ambiente. Uno studio scientifico effettuato nel 2008 in ambito inglese indica che i ciclisti mostrano più energia e resistenza alla fatica rispetto chi non pratica questo sport: le ricerche evidenziano che - dopo sei settimane di bicicletta a moderata intensità - inizia a modificarsi la sensazione di stanchezza e si alza il livello di prestanza fisica e vigore. Andare in bicicletta aiuta la salute del sistema cardiocircolatorio, muscolare, nervoso e contribuisce all’equilibrio dell’organismo: gli anziani presentano una forza maggiore insieme a un benessere che è fisico quanto psicologico e mentale. Secondo un’indagine pubblicata nel sito del US National Library of Medicine National Institutes of Health i ciclisti che hanno partecipato al Tour de France possiedono un’aspettativa di vita superiore di otto anni rispetto alla media: come evidenziato dagli studi sull’argomento è l’intensità dell’esercizio ciò che
apporta reali effetti benefici. Pedalare a un ritmo sufficientemente elevato può aumentare l’aspettativa di vita anche di cinque anni, oltre a migliorare respirazione, muscolatura e quiete mentale al pari di una vera e propria meditazione. Affrontare la strada, con le sue salite e le discese non meno pericolose è, in fondo, una metafora esistenziale: la vita, che ci impone ogni giorno di attraversare picchi e vallate, momenti di acuta felicità e depressioni spaventose, può essere un esercizio di resistenza quando diviene capacità di mettere alla prova le nostre debolezze e paura. Come spiegano gli scienziati i benefici che rendono un individuo indipendente e sicuro di sé non dipendono tanto dalla quantità di eventi in grado di renderci felici, quanto dall’abilità e la consapevolezza a sapersi riprendere dai fatti negativi trasformando un trauma in una lezione da cui imparare. Proprio come in bicicletta: si cade, ci si rialza. Si continua a sfrecciare verso l’orizzonte illuminato, da cui trarre forza e coraggio.
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