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Anno VIII n°6 • settembre 2016
Photo by Newspower.it
ACSI IL CICLISMO
IN MOVIMENTO
Tour de France 2016 - Photo by Bettiniphoto
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COSMOBIKE SHOW 2016
UN MONDO A PEDALI
A cura della Redazione
Cresce l’attesa per il più importante expò italiano del settore bici che, dal 16 al 19 settembre, esporrà in anteprima assoluta tutte le novità dei più prestigiosi marchi internazionali
C
onto alla rovescia per il CosmoBike Show di Verona, il più importante expò italiano del settore bici che, dal 16 al 19 settembre, proporrà in anteprima assoluta tutte le novità dei maggiori brand internazionali. Dopo una prima edizione che si è conclusa con oltre 400 partecipanti, 70 relatori e 15 sessioni dedicate al tema della ciclabilità urbana, il grande emporio del pedale torna a proporre tre concetti-cardine: tecnologia, innovazione e stili di vita. Dunque, non solo un mercato della bicicletta, ma un grande laboratorio progettuale in cui valorizzare, in un’ottica di condivisione trasversale, tutte le politiche legate alla mobilità sostenibile. La bicicletta, del resto, racchiude un fascino speciale che CosmoBike Show vuole esaltare con un premio dedicato alle aziende che si distinguono, per questi motivi, nel settore ciclo. Un settore che, anche quest’anno, a Verona sarà rappresentato in tutte le sue più aggiornate varianti: dai test bike alla bici tradizionale, dalle mountain bike a quelle da corsa ed elettriche, dalle fat-bike alle “special needs
bike”, fino agli accessori e all’abbigliamento per ciclisti. Tra le novità di CosmoBike Show 2016, il piano di Veronafiere e Ice – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane – per il sostegno all’internazionalizzazione di un settore che nell’ultimo anno ha esportato più del 60% delle bici prodotte raggiungendo un fatturato export di 632 milioni di euro. Il tema portante dell’edizione 2016 sarà “la città dei bambini” e si concentrerà in particolare sull’esigenza di trasformare le città italiane ed europee in luoghi in cui anche i più piccoli e deboli abbiano pieno diritto di cittadinanza. L’apertura internazionale dell’evento garantirà un ampio spettro di “buone pratiche” mutuate dalle città che maggiormente si sono adoperate nel corso dell’ultimo decennio per facilitare un cambio di destinazione d’uso dello spazio pubblico e, soprattutto, delle abitudini di mobilità della cittadinanza. Il marketing esperienziale è un altro dei punti di forza del progetto fieristico di CosmoBike Show che, per quattro giorni, permetterà di toccare con mano e provare tutte le novità 2017 su percorsi appositamente disegnati
per esaltare le potenzialità dei mezzi. Visto lo strepitoso successo ottenuto nel 2015 con il circuito prova - al grido di “Prova la bici che hai sempre desiderato!” - Veronafiere metterà a disposizione dei visitatori una pista MTB ancora più ampia ed articolata oltre ed un lungo anello prova per le bici da corsa e le E-Bike di ultima generazione. Ma l’edizione 2016 del Cosmobike sarà incentrata anche sul fenomeno del cicloturismo, un segmento della vacanza che rappresenta ormai il 31% dell’attività turistica globale italiana. CosmoBike Show anche per l’edizione 2016 conferma e sostiene il settore cicloturistico, potenziando CosmoBike Tourism, un’area dedicata agli Enti del turismo, italiani e stranieri, ai bike Hotel, ai consorzi di promozione del territorio, ai tour operator e agli agriturismi che propongono la scoperta del territorio in bicicletta. Ma il cicloturismo offre opportunità di crescita anche sul piano economico: è infatti un’attività destagionalizzata, che si pratica per il 70% dell’anno, eco-sostenibile, sulla quale CosmoBike Show crede e vuole investire in maniera sempre più convinta. (Info 045.8298019).
I N T E R N A T I O N A L
B I K E
E X H I B I T I O N
VERO NA 16 /19 SE T TEMBRE/S E P TE MB E R 2 0 1 6
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EDITORIALE
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NUOVO INBICI TOP CHALLENGE
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InBici Magazine Direzione e Amministrazione
Via Delle Scalette, 431 - 47521 Cesena (FC) Direttore Responsabile Mario Pugliese Direttore Generale Maurizio Rocchi In Redazione Riccardo Magrini, Wladimir Belli,
Mario Pugliese, Dr. Roberto Sgalla, Paolo Aghini Lombardi, Fabrizio Fagioli (Equipe Velòsystem), Dr. Iader Fabbri, Gianluca Comandini, Equipe Enervit, Aldo Zanardi, Mario Facchini, Roberto Bettini, Paolo Mei, Roberto Zanetti, Dr. Alessandro Gardini, Dr. Piero Fischi, Bruno Filippi, Fotografi Playfull, Studio5, Foto Castagnoli, Bettini Photo, Newspower Archivio fotografico Gianni Rocchi
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LA LEGGENDARIA CHARLY GAUL
a cura della Redazione
Distribuzione Italian Business Management LTD Progetto grafico Federico Lodesani Responsabile Marketing Sara Falco Responsabile Facebook Gianni Rocchi Stampa La Pieve Poligrafica Editore Villa Verucchio Srl
Per la tua pubblicità: Sara Falco Cell.: +39 391.4917418 Maurizio Rocchi Cell.: +39 393.9838319 E-mail: commerciale@inbici.net Roberta Malmusi Cell.: +39 333.1430265 Ufficio Marketing: 0547.300826 Website: www.inbici.net E-mail: info@inbici.net
IL COACH
a cura di Iader Fabbri
Inbici magazine
Inbicimagazine
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IL TOUR VISTO DA RICCARDO MAGRINI
a cura della Redazione
ALESSANDRO PETACCHI a cura di Mario Pugliese
L’ITERVISTA – ANTONINO VITI
a cura di Mario Pugliese
LA MOSERISSIMA
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10 DOMANDE A...
a cura della Redazione
a cura di Mario Pugliese
L’ATLETA DEL MESE a cura di Paolo Mei
DONNA IN BICI a cura di Paolo Mei
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LA VECIA FEROVIA DELA VAL DE FIEMME a cura della Redazione
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a cura di Gianluca Comandini
inbicimagazine
a cura della Redazione
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80 52 76
Diritti e proprietà INBICI MAGAZINE - SARA FALCO EDITORE - Reg imprese n° REA FO 323603 Iscrizione Registro Tribunale di Forlì nr. 3/2013 del 5 aprile 2013. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione anche parziale di articoli, foto e disegni senza autorizzazioni della SARA FALCO EDITORE.
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a cura di Maurizio Rocchi
VAL DI SOLE MARATHON a cura della Redazione
Christopher Froome Tour de France 2016 - Photo by Bettiniphoto
MILLE
CHILOMETRI SUI PEDALI CON
INBICI
L’anno solare si avvia al crepuscolo, lasciando dietro di sé il consueto preview di immagini da conservare. Dal rosa di Nibali al giallo di Froome, proseguendo con l’oro a cinque cerchi di Elia Viviani, il ciclismo italiano aspettando il primo mondiale dell’area mediorientale consegna agli archivi un 2016 di grandi soddisfazioni e di qualche rimpianto. Prosegue invece poderosa la crescita del settore granfondistico italiano che, dopo gli anni del boom, si avvia verso un inevitabile assestamento. Il cicloamatore, come ci ricorda saggiamente in questo numero di InBici Claudio Brusi nella rubrica “Dieci domande a…”, è diventato più esigente e selettivo. La sua cultura ciclistica in questi anni è cresciuta in maniera esponenziale e dagli organizzatori oggi pretende servizi sempre più professionali ed elevati standard di sicurezza. Da questa riflessione è nato l’InBici Top Challenge che, dopo il grande successo del debutto, ha presentato in questi giorni la sua seconda edizione. In calendario sei appuntamenti, che abbiamo scelto con scrupolo quasi maniacale, privilegiando quegli eventi che offrivano - sul piano dei servizi, del fascino e della capacità organizzativa - le garanzie maggiori. Un circuito volutamente orientato verso manifestazioni consolidate o in vigorosa crescita, comunque in grado di offrire ai nostri abbonati sempre il meglio. Si parte a febbraio con la Laigueglia e si sprinta a metà luglio con la Charly Gaul. Quasi mille chilometri in bicicletta nei luoghi più affascinanti del Belpaese. E allora tutti in sella: l’inverno deve ancora cominciare, ma febbraio è già dietro l’angolo… Maurizio Rocchi
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INBICI TOP CHALLENGE
ECCO LE SEI “PERLE” DEL
2017 A cura della Redazione
Due new-entry (Laigueglia e Marcialonga), ma lo stesso format dell’esordio: “Con noi si pedala sul red carpet” Granfondo internazionale Laigueglia - Photo by Playfull
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opo il formidabile successo del debutto, è stata presentata ufficialmente i primi giorni di settembre la seconda edizione dell’InBici Top Challenge, il circuito granfondistico nazionale che anche quest’anno riunirà, sotto un’unica insegna, alcune tra le più prestigiose e spettacolari Gran Fondo d’Italia, in rappresentanza di ben quattro regioni (Emilia Romagna, Toscana, Liguria e Trentino Alto Adige). Rispetto al 2016, il prossimo anno si partirà ancora prima: ad inaugurare il calendario sarà infatti il 26 febbraio 2017 la Granfondo Internazionale Laigueglia, che si disputerà, per il diciottesimo anno consecutivo, in provincia di Savona. La seconda tappa si svolgerà sulla costa romagnola, il 2 aprile a Cervia, teatro della 21ª edizione della Gran Fondo Via del Sale - Selle Italia. A maggio l’InBici Top Challenge propone la suggestiva Granfondo della Vernaccia, che si disputerà domenica 7 maggio a Colle di Val d’Elsa, nel cuore della rigogliosa campagna senese. La quarta tappa sarà una prestigiosa new-entry: la Granfondo Marcialonga Cycling Craft, la cui undicesima edizione sarà in programma a Predazzo
(Trento) il 4 giugno 2017. Il 18 giugno, invece, il circuito farà tappa sugli appennini romagnoli, al confine con Marche e Toscana, dove a Bagno di Romagna si correrà la Gran Fondo del Capitano. Poi gran finale il 16 luglio a Trento con la Gran Fondo Charly Gaul, prova regina del circuito ed un’unica tappa italiana dell’Uci Gran Fondo World Series. Alla consolle organizzativa, come sempre, l’Asd Inbici Cycling Team che - in virtù di una lunga esperienza nel mondo del ciclismo - ha selezionato per questo nuovo circuito sei tra le più affascinanti gran fondo del Belpaese, quelle che, oltre ad avere una valenza tecnica di prim’ordine, si svolgono in territori di grande suggestione e che sanno abbinare al pathos della gara anche il patrimonio storico e naturalistico di località turisticamente all’avanguardia. “Dopo una prima edizione davvero promettente - spiega il fondatore del circuito Maurizio Rocchi - abbiamo organizzato, con grande entusiasmo, questa seconda edizione del circuito. Le modifiche che abbiamo apportato altro non sono che la sintesi delle indicazioni che, lo scorso anno, ci hanno dato atleti e società. Il circuito, da un punto di vista geografico, si sposta leggermente
verso nord, abbandonando le Marche ma raddoppiando gli appuntamenti in Trentino. La grande novità sarà proprio la Gf Laigueglia che, da sempre, segna l’inizio ufficiale della stagione granfondistica italiana. Siamo lieti poi di riproporre l’ormai storica Via del Sale, che nel 2017, celebrerà la sua 21ª edizione. Tornerà anche la Gran Fondo della Vernaccia, nella splendida località di Colle Val D’Elsa, habitat ideale per i cicloamatori di tutto il mondo. A giugno, con orgoglio, presenteremo per la prima volta la Gf Marcialonga Cycling Craft, da sempre una delle gare più prestigiose del calendario, a cui farà seguito la Gf del Capitano di Bagno di Romagna, altra rassegna emergente. Il finale poi si svolgerà tra le guglie dolomitiche di Trento, che ospiterà la Leggendaria Charly Gaul, degna conclusione di un’annata che ci auguriamo formidabile per i nostri associati”. Il format del circuito ricalcherà quello della prima edizione, con grande attenzione alla qualità organizzativa delle sei gare in programma ed un trattamento speciale per gli abbonati che, nel corso della stagione, potranno anche usufruire di promozioni e scontistiche in altre manifestazioni.
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LE GARE DEL CIRCUITO
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PUGNO DI
E
FERRO IN GUANTO DI VELLUTO
ra partito tra fulmini e saette, costretto - suo malgrado - a posticipare la “fase operativa” del suo fresco mandato per colpa di quell’astiosa polemica deflagrata all’interno della consulta degli enti di promozione che, alla fine - guarda caso - non ha sortito effetti, se non rafforzare la credibilità della sua leadership. L’avvocato Emiliano Borgna - pugno di ferro in guanto di velluto - è sempre andato dritto per la sua strada. Dopo aver gestito tutte le frizioni e consolidato la posizione dell’Acsi, ha iniziato una complessa attività di riorganizzazione del comparto ciclistico, impartendo nuove disposizioni e, dove necessario, provvedendo ad un avvicendamento dei vertici. Uomo della concretezza, poco incline ai compromessi, Borgna - anno dopo anno - ha portato il ciclismo dell’Acsi ai vertici del cicloturismo italiano, moltiplicando gli affiliati e investendo su uno sforzo organizzativo senza precedenti. Oggi i numeri - che, si sa, non mentono mai - gli danno pienamente ragione. In un ambiente ostaggio dell’improvvisazione, predicando i valori più genuini dello sport, Borgna ha portato metodo, serietà e programmazione. Ha consolidato il settore granfondistico, puntando in particolare sullo sviluppo del segmento femminile, senza dimenticare gli eventi per i diversamente abili. Ha gestito le criticità del passato, scommettendo sempre sui progetti del futuro. Un futuro che si annuncia, non a caso, sempre più luminoso ed importante.
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Tour of Croatia 2016 - Photo by Bettiniphoto
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IL TOUR VISTO DA RICCARDO MAGRINI
“FROOME DA LODE, MA I RIVALI…” Benidorm
A cura della Redazione
“Il britannico, supportato da una squadra incredibile, ha corso alla grande legittimando la sua schiacciante superiorità. Ma dietro di lui, in troppi si sono accontentati” Photo by Bettiniphoto
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l Tour è sempre il Tour, dicono i francesi con quel rivolo di accento sciovinista, ma in effetti, bisogna ammettere che la Grand Boucle, oggi come ieri, conserva sempre intatto il suo fascino antico. Fantastica la Francia nella stagione primaverile, con i colori ed i sapori della campagna, con i paesaggi che sembrano affreschi ed il pubblico che, da queste parti, non tradisce mai. Splendida insomma la cornice, un po’ più noioso il quadro con un Chris Froome padrone incontrastato della corsa, supportato da una squadra che, come hanno evidenziato molti critici, è stata una delle più forti mai viste ad una corsa a tappe. Devo dire, in ogni caso che, rispetto ad altre occasioni, mi è piaciuto il modo di correre del britannico che ha ravvivato la corsa, interpretando alcune tappe in modo davvero
spettacolare. Non mi è piaciuta invece la rassegnazione di gran parte dei suoi rivali che, benché chiaramente inferiori, secondo me non hanno fatto tutto ciò che potevano per metterlo realmente in difficoltà. Lo stesso Quintana, benché sul podio di Parigi, non mi pare sia mai andato seriamente all’attacco. Insomma, credo che, ad un certo punto, abbia prevalso l’idea di accontentarsi, un concetto che fa sempre a pugni con la sacrosanta voglia di spettacolo degli spettatori. Non mi è dispiaciuto Aru, alla sua prima esperienza. Ha avuto qualche lampo di cuore e, anche se alla fine si è arreso, precipitando a Morzine dal 6° al 13° posto nella classifica generale, ha accumulato esperienza e questa lezione gli sarà certamente utile in futuro. Non mi è piaciuta assolutamente l’organizzazione della corsa che ha confermato,
soprattutto nella tappa del Mont Ventoux, un adagio sempre attuale: al Tour della sicurezza dei corridori non gliene importa davvero nulla. Tanta gente in Provenza si poteva prevedere e quel tratto si doveva transennare, ma evidentemente non tutti ragionano con lo stesso obiettivo, che dovrebbe essere sempre e comunque la tutela dell’incolumità degli atleti in gara. Discutibile anche l’episodio della maglia restituita a Froome, con la decisione della giuria di annullare un intero tratto di gara, quando invece quello poteva essere considerato un incidente di corsa. Concludendo con le cose belle, mi è piaciuto Peter Sagan, sempre all’altezza della maglia che indossa, anche quando, con ammirevole umiltà, ha deciso di mettersi al servizio della squadra. Insomma, tra promossi e bocciati, bisogna dare ragione ai francesi: il Tour è sempre il Tour…
IL FORMAT TELEVISIVO DEDICATO AL CICLISMO
Giro d’Italia 2016 - Photo by Bettiniphoto
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OLIMPIADI
A VOLTE NON BASTA LA
GARA PERFETTA Il vincitore Greg Van Avermaet - Photo by Bettiniphoto
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ella spedizione olimpica brasiliana - quella delle dieci medaglie di legno - il rimpianto più grande ha il volto sofferente di Vincenzo Nibali. La sua Olimpiade va in archivio tra rimorsi e rimpianti e la consapevolezza che, il 6 agosto 2016 sul cielo di Rio, le congiunture astrali non erano affatto favorevoli. Per molti osservatori, prima della fatal caduta, Nibali era lanciato verso l’oro, per i più pessimisti era comunque a medaglia. Invece, Rio regala il souvenir più beffardo: una frattura alla clavicola e la disarmante
sensazione di aver perso, con il “senno di poi”, l’opportunità della vita. Altre volte, lo sappiamo, l’Italia del ciclo era finita - più o meno giustamente - sotto processo. Le critiche erano piovute copiose, in particolare, dopo l’ultimo mondiale, anche se - alla fine - tutti gli osservatori avevano dovuto riconoscere gli alibi di un percorso non congeniale e, soprattutto, di una mancanza generazionale di talenti. Questa volta, invece, sotto il peso delle attenuanti, si sono subito sgretolati - uno dopo l’altro - tutti i presunti capi d’imputazione.
Del resto, che cosa si può rimproverare a Vincenzo Nibali? Nulla. Stesso discorso per la nazionale italiana, che ha corso con impeccabile perizia, eseguendo alla lettera i compiti assegnati alla vigilia. E quali colpe si possono addossare al commissario tecnico Davide Cassani che aveva preparato la gara in maniera esemplare, riuscendo a confezionare, nel momento topico della corsa, il copione ideale? Insomma, la sensazione è che, quando lo zodiaco ti congiura contro, non c’è campione che tenga. “Il rammarico è doppio, questi ragazzi
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Vincenzo Nibali in azione Photo by Bettiniphoto
A cura della Redazione
Sembrava lanciato verso l’oro e, invece, Vincenzo Nibali è inciampato sui dispetti della sorte. Storia (amara) di una spedizione azzurra che si conclude senza medaglie. E senza colpevoli
sono stati splendidi, sempre protagonisti - ha detto il presidente della Federciclismo, Renato Di Rocco -. Per una volta, abbiamo corso con freddezza. Tutto era andato bene e avevamo l’uomo giusto al momento giusto. È un vero peccato, a Nibali non si può dire nulla”. Lo stesso Cassani, di solito per nulla refrattario all’autocritica, ha dovuto prendere atto dei dispetti della sorte: “La delusione stavolta va moltiplicata per mille - ha detto il Ct azzurro -. Abbiamo corso la gara perfetta, i ragazzi sono stati tutti straordinari, ma purtroppo una scivolata
Sul podio da sx il danese Jakob Fuglsang il belga (vincitore) Greg Van Avermaet e il polacco Rafal Majka Photo by Bettiniphoto
cancella tutto: è andata male”. Un’analisi asciutta, senza troppi orpelli, per mascherare la delusione per una medaglia sfumata per un’inezia. Il piano di Cassani, del resto, era stato perfetto. L’Italia aveva corso come un’orchestra e, al momento dell’acuto, aveva liberato il suo tenore più atteso. A quel punto solo un imprevisto poteva cambiare il copione. E, purtroppo, l’imprevisto è diventato realtà. Così, l’olimpiade del ciclismo su strada si chiude con un epilogo talmente amaro da non lasciare ai critici più severi alcun
appiglio. A quel punto, dirà qualcuno, si poteva giocare la carta Aru, ma anche in questo caso i crampi hanno scompaginato i piani. Così, per una serie di fortuite coincidenze, alla fine, ha trionfato il belga Van Avermaet che, secondo molti, nella giornata più importante della carriera, ha avuto come preziosa alleata la Dea Bendata. Gli italiani rosicano? Può darsi, ma il commento più credibile del dopo-Rio è firmato da Peter Sagan, passaporto slovacco: “Alle Olimpiadi - ha detto l’iridato non ha vinto il più forte. Perché il più forte era Vincenzo”. Per quel che conta.
Bauke Mollema_Richie Porte_Christopher Froome- Tour de France 2016 - Photo by Bettiniphoto
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TE LO DO IO IL QATAR
PETACCHI: “CHI L’HA DETTO CHE VINCERÀ UN VELOCISTA?”
A cura di Mario Pugliese
AleJet fa le carte al Mondiale di Doha: “Vento e caldo potrebbero far saltare il banco. L’Italia? Viviani merita la fiducia del gruppo. E tra Kittel e Cavendish, io scelgo Boonen”
Il campione Alessandro Petacchi con il tecnico Giancarlo Ferretti - Photo by Bettiniphoto
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ensi ai Mondiali del Qatar in ottobre e ti viene in mente una lingua d’asfalto liscia come un tavolo da biliardo. A Doha, il primo paese mediorientale ad ospitare la rassegna iridata, il pronostico sembra scritto: vincerà un velocista. Ma è davvero tutto così scontato, Alessandro Petacchi? Direi proprio di no. E’ giusto, sulla carta, ipotizzare un mondiale adatto agli sprinter, ma per vincere in Qatar servirà esperienza, grande resistenza atletica, capacità a pedalare sotto vento, una squadra all’altezza ed un’interpretazione tattica esemplare, perché in queste gare restare tagliati fuori nel momento decisivo è un attimo. Qual è il rischio più grande? Senza dubbio il vento. Con le alte temperature, è il fattore che può sparigliare le carte. Il circuito cittadino dovrebbe essere abbastanza “protetto”, ma pedalare 150 chilometri nel deserto, esposti alle raffiche del Ghibli, tra ventagli e frazionamenti, potrebbe riservare grandi sorprese.
C’è chi dice che sarà un duello tra Mark Cavendish e Marcel Kittel… Mah, Cavendish è un velocista che si adatta molto bene al vento e, se riuscirà a mantenere questa condizione fino ad ottobre, è senza dubbio uno dei favoriti. Su Kittel c’è l’incognita “squadra”, nel senso che nella Germania, con Greipel e Degenkolb, vedo un po’ troppi galletti. Chissà, alla fine potrebbe venire fuori il classico “terzo incomodo”… A chi pensa? Io curerei in modo particolare uno come Tom Boonen. E’ un velocista molto resistente, in crescendo di forma, ed il Belgio, c’è da scommetterci, correrà compatto per lui. E chi non ha un velocista di livello mondiale in squadra? Dovrà fare corsa dura fin dall’inizio, tenendo il ritmo molto alto e provando a sfiancare, uno dopo l’altro, tutti i velocisti. Potrebbe essere il caso dell’Italia, anche se io punterei deciso su Elia Viviani. Davvero, secondo lei - dopo la grande Olimpiade di Rio - Elia può regalare
un’altra impresa? Viviani non ha ancora vinto in carriera come Cavendish o Kittel, ma ha già dimostrato, in qualche occasione, di poterli battere. E’ un velocista in grande crescita e, per ciò che ha fatto in Brasile, merita la fiducia della Nazionale. Al di là di Viviani, resta il rammarico per la mancanza, ormai generazione, di uno sprinter italiano di livello mondiale… E’ un peccato perché vedo un’Italia davvero fortissima, forse una delle nazionali più complete e competitive degli ultimi anni. A Cassani manca solo il velocista di altissimo livello, quello in grado di finalizzare il lavoro dei compagni. Manca, diciamo la verità, uno come Petacchi… Senza dubbio quello di Doha sarebbe stato un percorso congeniale alle mie caratteristiche. E con dei compagni del genere me la sarei giocata fino in fondo. Ma, ripeto, le incognite sono davvero tante e non mi stupirei se questo mondiale, alla fine, non si decidesse in volata.
Christopher Froome - Tour de France 2016 - Photo by Bettiniphoto
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BENIDORM L’ELDORADO DELLA VACANZA A cura di Roberto Zanetti
In provincia di Alicante, nel cuore della Costa Blanca, una delle località turistiche più rinomate di Spagna. Tra viali spaziosi e clima temperato, ecco la destinazione ideale per gli appassionati della bicicletta. Avete ancora dei dubbi? Chiedete ad un certo Gianni Bugno... Benidorm
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ncastonata nel cuore del territorio della Marina Baixa, in provincia di Alicante, Benidorm (circa 75.000 abitanti e due milioni e mezzo di visitatori all’anno) è una delle principali mete turistiche della Costa Blanca, grazie alle sue splendide spiagge e ad una vasta offerta di hotel, ristoranti e attività di svago. Il centro storico, che si estende su un promontorio, crea un effetto di contrasto con gli spaziosi viali fiancheggiati da edifici, negozi e locali all’aperto che si snodano lungo cinque chilometri di costa. I ciclisti la ricorderanno sicuramente per un evento storico: nel 1992 l’indimenticabile vittoria di Gianni Bugno nella prova in linea dei campionati del mondo su strada. Benidorm possiede una baia di circa cinque chilometri di lunghezza, con spiagge soleggiate e protette dal vento, ottime strutture alberghiere e luoghi di interesse turistico come, per esempio, il giardino del castello nel Rincón de Loix e il Castillo de Guadalest. Una vacanza a Benidorm è raccomandata in ogni periodo dell’anno, grazie al suo clima favorevole e alla sua posizione comoda da raggiungere da ogni città d’Europa. Chi ama i parchi divertimento arriverà nel posto giusto, dato che a Benidorm si trovano alcuni parchi tematici come Terra Mítica,
il parco Terra Natura, Mundomar e Aqualandia, che la rendono una destinazione piacevole per i più piccoli e per le famiglie. Il settore del turismo vive principalmente di spiagge, con le sue moderne strutture, i servizi all’avanguardia e le feste animate. A Benidorm è inoltre possibile usufruire di offerte di speciali per gli hotel, in modo tale che possiate godere dei migliori alloggi in questa “spumeggiante” località turistica. Le spiagge principali sono quelle che si trovano sia a levante e sia a ponente, insieme a una più piccola che è la playa de Mal Pas, vicino alla quale è possibile ammirare il castello e godere della vista panoramica. Il Clima Il clima è ideale: con la sua posizione vicino alle colline è protetta dai venti dei monti della Sierra Helada a est, dell’Aitana al nord e del Tossal de la Cala a ovest. Durante i giorni d’inverno il sole splende per circa sei ore, le temperature non sono comunque troppo rigide, d’estate invece il sole scalda per dodici ore la città e di giorno c’è un po’ di umidità. I mesi più caldi sono quelli tra maggio e ottobre e il maggior numero di visitatori raggiunge questa città tra luglio e agosto. Benidorm è il posto giusto per rilassarsi e godere del proprio tempo libero grazie al suo clima temperato, gli inverni miti e le scarse precipitazioni che con-
sentono ai turisti di approfittare di tutte le bellezze che questa terra offre, come i tanti sport acquatici, quali il windsurf, le immersioni subacquee e gli sport acquatici come il vela e sci d’acqua. Cosa vedere e dove andare Tra le escursioni più interessanti che si possono fare ci sono i borghi di La Nucia, Polop, Callosa, il castello di Guadalest ed anche villaggi più vicini come Altea, con la sua tradizione marinara, l’Alfàs del Pi con il suo clima perfetto e Villa Joyosa, la più pittoresca località della Costa Blanca. Per la cena si può gustare una grande varietà di piatti tipici della cucina locale e internazionale; sono da provare i piatti a base di pesce fresco e riso. Dopo una buona cena, il divertimento può continuare nei pub aperti fino a tardi, nelle discoteche e nei luoghi di intrattenimento per tutti i gusti e tutte le età. Chi vuole godere di buona musica può approfittare del tradizionale Festival della Canzone, dove, da trent’anni, si presentano le miglior band internazionali. Durante tutto l’anno è possibile godere delle feste tradizionali, come il carnevale a febbraio, las fallas a marzo e las hogueras a giugno; a novembre si celebrano le feste patronali della Virgen de Sufragio e la Virgen de San Jaime.
Prior to the advanced development of Graphene, there was always the requirement of compromising between speed, grip, durability and pucture protection. Effectively, the introduction of Graphene allows for the natural barriers of rubber to be removed, which means that there is no longer the need for such compromises. All these features are now reaching their maximum possibilities. vittoria.com #NO COMPROMISE
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GRAN FONDO CAMPAGNOLO ROMA
L’OMBELICO DEL MONDO A cura della Redazione
Tre giorni di sport, storia e cultura nella più affascinante capitale dell’impero: l’Urbe e i suoi castelli. Con un testimonial d’eccezione: Damiano Cunego La partenza , sullo sfondo il Colosseo
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na firma d’autore per un percorso d’autore. Damiano Cunego ha inviato una splendida cartolina illustrata a tutti i granfondisti italiani dopo aver pedalato, insieme con il patron Gianluca Santilli, sul nuovo percorso della Granfondo Campagnolo Roma, in programma il prossimo 7, 8 e 9 ottobre. Cunego ha infatti dipinto il tracciato con cinque illuminanti aggettivi: “tranquillo, sicuro, impegnativo, ritmico, di qualità”. Una granfondo che coniuga agonismo, carattere ed esperienza, sicurezza, paesaggi inimitabili per bellezza, in città come fuori dall’Urbe. Un cocktail di emozioni che Cunego ha saputo vivere e trasmettere nella sua lunga pedalata. “I percorsi saranno una bella esperienza, adatti ad ogni livello”, ha commentato. Il che significa che la Granfondo Campagnolo Roma è aperta a tutti, dai più bravi e competitivi ai semplici appassionati, dai singoli ai gruppi, dai più giovani ai più anziani. Ci sono novità nel percorso: il chilometraggio è aumentato e sfiora i 130 chilometri (per l’esattezza 124,818 km) con un dislivello che supera i 2000 metri.
La partenza avverrà come sempre ai Fori Imperiali per raggiungere le Terme di Caracalla attraverso un percorso cittadino allungato rispetto alle precedenti edizioni. Un percorso disegnato per un ciclista completo, capace di pedalare con agilità e forza sui sanpietrini romani, in grado di tenere sui falsopiani che portano ai Castelli e resistente per spingere sulle salite cronometrate. Perché questa è la Granfondo Campagnolo Roma, un unicum che mette a durissima prova gli atleti. I punti cruciali del tracciato sono rappresentati dalle 4 salite che si incontrano una volta toccati i Castelli: la Panoramica (lago di Albano), il Murus (Rocca di Papa), Rocca Priora e Rostrum (Montecompatri). Quattro cronoscalate, che, per la prima volta, proprio in questa edizione, saranno valide anche per la classifica del Campagnolo Climbing Championship in cui verranno incoronati Re e Regina di Roma, e premiati con la maglia Champion i due vincitori assoluti nel computo complessivo delle prove. Il Re e la Regina avranno comunque al loro fianco altri trionfatori, con una graduatoria dettata a seconda delle varie categorie di atleti, che riceveranno a loro
volta maglie “ad hoc” una per ciascuna cronoscalata. La Granfondo Campagnolo Roma ha già in carnet una gara dedicata agli agonisti, ricca di tratti duri e anche durissimi. Da Roma ai Castelli e ritorno. Per atleti in palla. In bici ai Castelli, una pedalata molto più breve aperta a tutti con sosta gastronomica “incorporata” e arrivo sulla via Appia Antica sotto l’arco dove tutti taglieranno il loro traguardo. Per appassionati. L’Imperiale, the Appian Way, una prova vintage con partecipanti appassionati di storia della bici, vestiti come Coppi e Bartali, con bici costruite prima del 1987: sintesi tra antico e moderno con volata finale lungo quella Appia Antica fascinosa. Per sognatori. La MiniFondo e dintorni con prove tecniche, primi rudimenti, strada e mtb, norme comportamentali e del Codice della Strada. Per coloro che devono imparare a conoscere e capire crescendo con i valori sani che lo sport e la bici trasmettono. Dedicata a bambini e ragazzi. www.granfondoroma.com
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PISTA OLIMPICA
L’urlo di Elia Viviani medaglia d’oro nell’omnium - Photo by Bettiniphoto
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e vittorie più prestigiose nascono, spesso, dalle sconfitte più cocenti. Come quella di quattro anni fa sull’anello di Londra, quando - nell’ultima prova dell’omnium - passò dal primo al sesto posto. “Troppo acerbo mentalmente”, si disse allora. Può darsi. Ma il presente, per Elia Viviani, ha tutto un altro colore: l’oro luccicante di una medaglia attesa 20 anni, quattro anni dopo la beffa più atroce della sua carrie-
ra. In Brasile è oro davanti al rivale Mark Cavendish, che gli aveva soffiato l’iride con una volata beffa cinque mesi fa a Londra, e al campione uscente Lasse Norman Hansen. Chi, quattro anni fa, parlava di un “Viviani mentalmente troppo vulnerabile”, si è ricreduto con gli interessi dopo la gara di Rio, funestata anche da una caduta, che avrebbe potuto rovinare tutto, quando a 108 giri dalla conclusione della corsa
decisiva, Park Sanghoon si è urtato con Cavendish e l’azzurro non ha potuto evitare di rovinare addosso al sudcoreano: ammaccato nel fisico ma non nella convinzione, Viviani si è rialzato prontamente ed è tornato in corsa e, grazie alla neutralizzazione, è tornato nel clima della gara. Pronto per dare di nuovo battaglia e andare a prendersi, con lucida convinzione, quella benedetta medaglia: “Pensavo a questo oro da quattro anni - spiegherà
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A cura di Mario Pugliese
La storica vittoria di Rio - 20 anni dopo i trionfi di Atlanta - nasce dalla bruciante sconfitta di Londra. Lì, nei giorni della beffa, è sbocciato un campione che, giro dopo giro, ha rilanciato un intero movimento
dopo il trionfo - per me è stata la gara perfetta, la più importante della mia vita. Ho tante persone da ringraziare, cominciando da Filippo Ganna, il giovane inseguitore campione del mondo che mi ha aiutato a migliorare tanto a cronometro. Dopo avere perduto mondiali e Olimpiadi per mezza ruota, non volevo e non potevo sbagliare. Dopo la caduta ho impiegato un giro per capire in che condizioni fossi, poi ho guardato il tabellone e ho visto che
ero ancora primo, così l’adrenalina è andata a mille e ho corso ancora più veloce”. Due giornate perfette, iniziate tra mille dubbi, perché quel 7° posto nello scratch d’apertura vinto dal danese Hansen non era certo il miglior viatico per cominciare il viaggio verso l’oro. Ma l’omnium si costruisce anche con la pazienza - “step by step” - senza farsi prendere dal panico. Ed Elia proprio lì, con quel settimo posto, ha costruito le
fondamenta della sua vittoria. A fugare ogni dubbio sulle sue reali possibilità ci ha pensato già la seconda gara, l’inseguimento, nella quale il veronese ha fatto registrare il suo miglior tempo di sempre (4’17”453), finendo terzo dietro ad Hansen e a Cavendish. Poi l’annunciato prodigio nell’eliminazione, la prova in assoluto a lui più congeniale, vinta davanti al francese Boudat e al colombiano Gaviria, il vincitore degli ultimi due Mondiali. Un successo che l’ha lanciato verso il 2° posto della classifica generale, a 2 sole lunghezze dallo stesso Boudat e 8 meglio di Cavendish. La giornata decisiva si è aperta col sorpasso, grazie al terzo tempo nel chilometro, quella che un tempo era il punto debole del veronese e che ai Giochi di Londra gli costò la medaglia. Stavolta, invece, è diventata la gara decisiva a proprio favore, con tanto di balzo al comando della classifica, con 14 punti su Boudat e 16 su Cavendish, prima dell’ulteriore allungo di 2 lunghezze sullo stesso Cavendish nella quinta prova del giro lanciato, chiuso col 2° posto. Ed eccoci al gran finale. La corsa a punti che, come tradizione insegna, tutto poteva ancora ribaltare. Una lotta pazzesca, Elia sempre in testa ma braccato da Cavendish, poi da Gaviria e da Hansen capaci di prendere i 20 punti del giro di vantaggio. Punto a punto, tensione alle stelle, in cui tutti marcano tutti, poi alla volata numero 14 i cinque punti della medaglia pressoché sicura e, dieci giri dopo, un altro sprint decisivo. Quello del tripudio, che vale l’oro. Da Atlanta a Rio, dal tris firmato da Andrea Collinelli (inseguimento), Silvio Martinello (corsa a punti) e Antonella Bellutti (inseguimento), alla consacrazione di Elia Viviani. In mezzo solo un bronzo a Sydney 2000, firmato nell’americana dallo stesso Martinello in coppia con quel Marco Villa che in silenzio, lavorando sodo, con le esigue risorse a disposizione, ha portato un movimento fuori dall’anonimato e il suo uomo di punta sino al traguardo massimo: “L’oro di Viviani - spiega Villa - è un toccasana per questo sport che non sempre è alla ribalta della cronaca. Un oro certamente meritato. È sei anni che ci lavoriamo. Elia non ha pensato a questa gara solo negli ultimi due mesi, è stato nella galleria del vento lo scorso anno e quest’anno. Era un po’ in credito con la dea bendata. L’oro lo ripaga”. Con gli interessi.
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ESTATE A CINQUE CERCHI
LE OLIMPIADI
DI MAGRINI A cura deli Mario Pugliese
“Nibali? Voleva vincere e nessuno può criticarlo per questo. Viviani? La medaglia più bella” Elisa Longo Borghini medaglia di bronzo (a dx) ,Emma Johansson ( a sx) e la vincitrice Anna Van Der Breggen ( al centro)
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i solito il ciclismo lui è abituato a seguirlo “dal vivo” con il monitor sotto gli occhi e il microfono davanti al petto. Ma anche dal divano, con il telecomando in pugno, Riccardo Magrini, voce del ciclismo di Eurosport, si è perso ben poco delle ultime Olimpiadi di Rio. Si è entusiasmato per l’oro di Viviani e ha imprecato, come tutti i tifosi italiani, quando nella “trappola” di un tornante maledetto ha visto lo sguardo smarrito di Vincenzo Nibali gettare alle ortiche una medaglia sicura. Riccardo Magrini, per il ciclismo azzurro che Olimpiade è stata? Direi un’Olimpiade a due facce: indimenticabile per la pista, farcita di rimpianti per la strada. E allora, togliamoci subito il dente. La caduta di Nibali: sfortuna o errore? E’ doverosa una premessa: penso che a Rio la Nazionale Italiana di Cassani abbia corso una delle sue gare più belle e convincenti. Perfetta la tattica, splendida l’interpretazione di tutti gli effettivi, encomiabile il lavoro degli azzurri dal primo all’ultimo chilometro. Da Caruso a De Marchi fino allo stesso Aru, tutti hanno corso alla grande. Però la medaglia non è arrivata… I soliti criticoni hanno parlato di una curva
interpretata con troppa disinvoltura… mi pare un’analisi troppo ingenerosa nei confronti di un campione come Nibali. Certo, un altro corridore, a quel punto, avrebbe corso in maniera più prudente, magari accontentandosi della medaglia. Ma Vincenzo voleva l’oro e, anche se conosceva i rischi di quella curva perché l’aveva provata tante volte, nessuno può rimproverargli nulla. Lui voleva conquistare un po’ di margine per arrivare da solo al traguardo, ha corso con la mentalità del vincente. Il problema è che la jella non guarda in faccia a nessuno e stavolta è toccato a lui. Per fortuna ci ha pensato la pista a rialzare il morale dell’Italia del ciclismo. Si aspettava il successo di Viviani? Penso che quella di Elia sia stata, per pathos e coinvolgimento emotivo, la medaglia d’oro più bella delle nostre Olimpiadi. Un risultato fantastico per come è arrivato, ma anche perché qui di casuale non c’è davvero nulla. L’oro premia il formidabile lavoro del Ct Marco Villa che in questi anni, scansando anche i riflettori, ha fatto cose importanti, rifondando un movimento che, qualche anno fa, quasi non esisteva più. Ancora rimpianti invece nella Mtb… Certo, per noi italiani abituati alle imprese
di Paola Pezzo finire giù dal podio equivale ad una delusione. Ma Fontana aveva tutto per fare bene, peccato per quella foratura che ha mandato all’aria le sue più che legittime ambizioni. Come ha visto Peter Sagan sulle ruote dentate? Su di lui ho letto tante fesserie, come ad esempio quella secondo cui avrebbe forato per scarsa attitudine alla disciplina. Forse in tanti dimenticano che Sagan ha cominciato ad andare in bicicletta proprio con la mountain bike. La verità è che, nelle gare secche, l’incidente è sempre dietro l’angolo. E’ accaduto a lui, come al nostro Fontana, anche se non va dimenticato che le Olimpiadi le ha vinte lo svizzero Schurter che, mi pare, fosse il naturale favorito della vigilia. Infine, le donne hanno brindato con il bronzo di Elisa Longo Borghini… Sì, è stata Elisa a salvare la spedizione. Contento per lei e per tutto il movimento italiano del ciclismo su strada che davvero non meritava di tornare da Rio senza medaglie.
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Vuelta a EspaĂąa 2016 - Photo by Bettiniphoto
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L’INTERVISTA
ACSI A VELE SPIEGATE VERSO IL MILIONE DI
ASSOCIATI
Il presidente nazionale ACSI Antonino Viti e l’ex Sindaco di Ravenna Fabrizio Matteucci
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residente Viti, alcune discipline hanno già completato il loro calendario, altre sono ancora nel pieno della stagione, ma è possibile stilare già oggi un primo bilancio di questo 2016 per Acsi? Direi di sì e possiamo già anticipare che, malgrado le difficoltà congiunturali che sta attraversando il Paese, è stato un anno molto positivo che, per l’ennesima volta, chiuderemo in crescita. Può anticipare qualche dato? Uno su tutti: il nostro ente di promozione è ormai vicinissimo al milione di affiliazioni, un traguardo epocale che, secondo le previsioni, dovremmo tagliare a metà del prossimo anno solare. Non parlo chiaramente solo di atleti, che sono comunque oltre 600mila, ma di tessere associative complessive, che riguardano cioè anche dirigenti, impiegati, formatori ed altre figure più impegnate nei
filoni culturali. L’Ente cresce, ma i valori restano sempre quelli originari… Certo, quelli dello sport inteso ed interpretato come momento di aggregazione e, soprattutto, come mezzo per promuovere, soprattutto tra le giovani generazioni, il benessere psico-fisico. Possono sembrare concetti inflazionati e, invece, strappare i nostri figli dalla morsa dei social e portarli in una pista di atletica a correre, di questi tempi, non è affatto un risultato scontato. Cresce anche l’attività organizzativa… Quest’anno chiuderemo l’anno con circa 2500 manifestazioni targate Acsi, un risultato che dimostra, oltre ad una formidabile intraprendenza, anche il radicamento capillare del nostro ente ormai in tutte le regioni italiane. E il ciclismo recita il ruolo della locomotiva, giusto?
Sì perché il ciclismo, oltre ad essere una disciplina in vigorosa espansione, è uno sport più semplice da calendarizzare. E dovunque vi sia programmazione a medio-lungo termine, Acsi conferma le sue grandi capacità e non temi rivali. Un’iniziativa di cui va particolarmente orgoglioso? Direi tutte quelle legate al mondo della disabilità, un settore nel quale stiamo dando un contributo significativo. Cito su tutti un evento: “La Testa nel pallone”, un torneo internazionale di calcio a sei che allestiamo in collaborazione con il Dipartimento di salute mentale di Lecce. La vostra attività, tuttavia, non riguarda solo l’ambito sportivo… Vero, noi siamo particolarmente attivi anche sul fronte della cultura. Organizziamo, da anni, diversi premi letterari per le scuole di primo grado. Ricordo, ad esempio, il Premio Letterario
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A cura di Mario Pugliese
Dai valori fondanti alle sfide del futuro, il presidente Antonino Viti traccia un primo bilancio del 2106 che sta per chiudersi: “Le Olimpiadi? Una grande opportunità. A patto che…” Premio SUCCESSO ”istituito e organizzato dall’ACSI di Ravenna, all’imprenditore Nerio Alessandri.
Internazionale “Firenze Capitale d’Europa”, riservato a tutti coloro che amano scrivere. E’ una vetrina dedicata agli appassionati della poesia e della narrativa di ogni età, per meglio rappresentare le differenti sensibilità poetiche tra generazioni anagraficamente distanti. Lavorando con le giovani generazioni, avete costantemente bisogno di formatori… Certo e devono essere molto ben preparati. Quello della formazione è un aspetto centrale della nostra politica associativa. Un giovane, qualunque disciplina pratichi, deve avere dei riferimenti validi, persone in grado di trasmettere passione, competenze e quei valori che, nello sport come nella società, sono alla base di una convivenza civile. C’è un settore, in ambito sportivo, sul quale investirete in particolare nel futuro?
L’Italia, spesso lo dimentichiamo, è un paese di mare e dunque gli sport acquatici devono avere un ruolo centrale. Ma quando penso alle discipline natatorie, prima della piscina, mi viene in mente l’acqua del mare. Il cosiddetto “nuoto libero” anche nelle ultime olimpiadi di Rio ci ha regalato grandi soddisfazioni, ma anche le discipline veliche sono sempre state un nostro fiore all’occhiello. Per non parlare degli sport subacquei, dove abbiamo sempre avuto formidabili interpreti. Ecco credo che manifestazioni come il “Tavolara Sport Day”, che come Acsi organizziamo ogni mese di settembre in Sardegna, debbano essere prese ad esempio. Acsi è nata nel 1960, subito dopo le Olimpiadi di Roma. Come giudica le polemiche di questi giorni legate alla candidatura della Capitale? Io sono un uomo di sport e dunque non posso che sostenere la candidatura di
Roma per le Olimpiadi del 2024. Tuttavia credo che un evento di questa portata, come ha giustamente sottolineato lo stesso Malagò, rappresenti per il paese che lo ospita anche una formidabile opportunità. Che non può essere sprecata. Le Olimpiadi sarebbero una straordinaria occasione di crescita se garantissero risorse ed investimenti nel settore degli impianti e nella promozione dei settori giovanili. Io auspico un’Olimpiade che nasca dal “basso”, cioè che non si concentri esclusivamente sulla celebrazione delle eccellenze, ma sappia promuovere anche la cultura dello sport di base tra le nuove generazioni, un’Olimpiade insomma che cresca su fondamenta solide e che, spenti i riflettori, lasci all’Italia non cattedrali nel deserto, ma i valori seminali dello sport più genuino.
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STRESA LA REGINA
DEL VERBANO A cura di Roberto Zanetti
Tre giorni di sport, storia e cultura nella più affascinante capitale dell’impero: l’Urbe e i suoi castelli. Con un testimonial d’eccezione: Damiano Cunego
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a cittadina di Stresa si affaccia sul Lago Maggiore nei pressi del Golfo dove si trovano le scenografiche Isole Borromee (Isola Bella, Isola Madre e Isola dei Pescatori), in una posizione assai suggestiva. Questa peculiarità, unita alla dolcezza del clima e alle bellezze paesaggistiche e architettoniche qui fuse armonicamente, attrae ogni anno migliaia di turisti e rende la località una delle mete turistiche italiane più ambite già dalla seconda metà dell’Ottocento. Tra i numerosi eventi che colorano la frizzante vita culturale e musicale della città ricordiamo Stresa Festival, le “Settimane Musicali di Stresa e del Lago Maggiore”, la cui denominazione ufficiale è stata recentemente modificata. Il Lungolago, ideale per passeggiate rilassanti, è fiancheggiato da dimore storiche e lussuosi hotel in stile liberty immersi nel verde. Luoghi di ritrovo a Stresa sono la piazza dell’imbarcadero e piazza Marconi, entrambe effervescenti e movimentate. Stresa nella storia: Il primo riferimento a Stresa compare su di
una pergamena del 998: in essa si fa riferimento alla località chiamandola con nome di Strixia, termine di probabile origine longobarda che significa “piccola striscia di terra”. Nel XV secolo il piccolo villaggio abitato in prevalenza da pescatori divenne dapprima feudo della famiglia Visconti e, successivamente, fu acquisito dai Borromeo. Fin dall’Ottocento la cittadina fu scelta come tappa dei loro “Grand Tour” da numerosi intellettuali tra cui Lord Byron, Stendhal e Charles Dickens. Turismo a Stresa: Nel centro storico è visitabile la Chiesa parrocchiale di Sant’Ambrogio, di gusto neoclassico, raccoglie al suo interno alcune tele seicentesche. Alla sua destra si staglia la famosa Villa Ducale risalente alla fine del Settecento ed edificata nel medesimo stile, poco lontano si incontra il Palazzo dei Congressi: moderno e attrezzato, ospita le già ricordate “Settimane musicali”. Tale manifestazione di indubbio rilievo nel panorama dei festival europei di musica classica, accoglie al suo interno l’esibizione di artisti e complessi di
fama mondiale. Tra le residenze signorili ricordiamo anche l’ottocentesca Villa Pallavicino con il suo celebre parco, trasformato negli anni ‘50 del Novecento in parco zoologico, attirando grandi e piccini. Il lago Maggiore: Oggi è sempre più facile scoprire il lago Maggiore ed i suoi paesaggi assolati per godere della diversità del territorio: il lago contrapposto alle montagne, la città ai graziosi villaggi. Le sponde del lago Maggiore, grazie al loro fascino, rappresentano da sempre una meta ambita da poeti, scrittori e personaggi di tutti i tempi. La sua felice posizione, la ricchezza di storia e il clima mite sia d’estate che d’inverno, hanno fatto nascere lungo le sponde diversi centri residenziali, frequentati da italiani e stranieri. Inoltre il territorio offre magnifici golf resort posizionati ai primi posti della classifica dei più prestigiosi campi da golf italiani. Il golf club di Castelconturbia e il Bonora di Bogogno sono punto di ritrovo imprescindibile per tutti i golfisti più esigenti e appassionati. www.lagomaggiore.net
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INBICI TOP CHALLENGE
VAMOS IN
ESPANA
Photo by Giordano Cioli
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oveva essere, almeno nelle premesse, un grande successo e bisogna dire che - numeri alla mano - l’Inbici Top Challenge è andato oltre le più rosee aspettative. Il nuovo circuito granfondistico nazionale, che ha debuttato nel 2016, riunendo sotto un’unica insegna alcune tra le più importanti mani-
festazioni ciclistiche italiane, ha regalato grandi emozioni in tutte le categorie, grazie soprattutto ad un calendario di prestigio che ha saputo proporre ai suoi abbonati sei appuntamenti di rilievo assoluto: “Era il primo anno e dunque era normale pagare lo scotto del noviziato - spiega Maurizio Rocchi, patron dell’Asd Inbici Cycling Team - ma
bisogna dire che, da Cervia al Trentino, il circuito ha regalato sei granfondo bellissime che i nostri abbonati hanno dimostrato di apprezzare in modo particolare”. E’ stata la Gran Fondo Selle Italia Via del Sale di Cervia - che quest’anno celebrava l’edizione del ventennale - ad aprire ufficialmente lo scorso 3 aprile il calendario dell’InBici Top
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A curadella Redazione
Con la “Kufsteiner Land Radmarathon” di settembre è andata in archivio la prima edizione del nuovo circuito granfondistico. Ecco tutti i vincitori delle classifiche di categoria che parteciperanno a ottobre alla Granfondo di Tarragona, prova valida per il World Tour Championship
Challenge. A seguire, l’8 maggio, sul Colle Val D’Elsa, nel cuore della campagna senese, si è svolta la Gran Fondo della Vernaccia. Terza frazione del calendario (il 29 maggio) è stata la Gran Fondo di San Benedetto, disegnata tra le palme del suggestivo lungomare marchigiano. A giugno (5) il circuito ha fatto tappa sugli appennini romagnoli, dove
a Bagno di Romagna si è corsa la Gran Fondo del Capitano. Poi di nuovo nelle Marche, tra i tesori Unesco di Urbino che, il 26 giugno, ha ospitato la Gran Fondo Straducale. Gran finale il 17 luglio a Trento con la Gran Fondo Charly Gaul, prova regina del 1° INBICI TOP CHALLENGE, che assegnava punteggio doppio nella classifica finale. Molto
apprezzata anche l’11 settembre la prova jolly in terra austriaca della Kufsteiner Land Radmarathon, così come ad aprile era stata particolarmente gradita la promozione che consentiva a tutti gli abbonati del circuito di partecipare gratuitamente alla Gran Fondo dell’Isola d’Elba (25 aprile), prima tappa dell’Elbabiketour. Tempo di bilanci, dunque, e tempo di premiazioni. Vediamo tutti i vincitori delle graduatorie. Nella classifica per società primo posto per l’Ad Team Fausto Coppi di Fermignano che, grazie ad un’incredibile regolarità in tutte e sei le prove, ha stravinto la graduatoria con 18.559 punti, distanziando di oltre 10mila punti l’Asd Rubicone Cycling (7624) e l’As Team Forlì (4663). Nella classifica Assoluta Uomini Lungo si è invece imposto con 6610 punti il portacolori del’As Team Forlì Flavio Lanconelli, che ha avuto ragione dei due portacolori dell’Asd Team Fausto Coppi Fermignano: Gianluca Dessi (6060 punti) e Mattia Fraternali (5880). Concludono la top five Francesco Bianchi (Asd La Torre di San Mauro in Valle) e Luca Donati (Asd Team Fausto Coppi Fermignano). Barbara Genga, invece, sempre dell’Asd Team Fausto Coppi Fermignano è la vincitrice del ranking Donne (Lungo): nel corso delle sei tappe ha totalizzato 6970 punti, superando Chiara Giangrandi (Croce Rossa Lucca) e Alessandra Corina (Asd Look Cycling Pesaro). Nel Medio Uomini dominio degli alfieri della Rock Racing, che hanno piazzato bel quattro atleti nelle prime quattro posizioni: alla fine l’ha spuntata per una manciata di lunghezze Daniele Bedetti (6610) davanti a Devis Cinni (6580), Silver Lazzari (6570) e Martin Flamigni (6330). Nel medio donne brinda ancora il Team Fausto Coppi Fermignano che porta al successo Lavinia Palazzo (6880) davanti a Romina Mari (Asd Look Cycling Pesaro) e Serena Falconi (Asd Rubicone Cycling). Tutti i vincitori delle nove classifiche, lo ricordiamo, avranno il diritto di partecipare gratuitamente alla Granfondo di Tarragona - prova valida per il World Tour Championship - che si disputerà ad ottobre nella penisola iberica. Ma intanto, in casa InBici, si è già al lavoro per organizzare la seconda edizione del circuito: “Il calendario, che sarà ancora più bello ed affascinante - conclude Rocchi - è praticamente già definito. A breve lo presenteremo ufficialmente alla stampa e, ne sono certo, per i nostri amici ciclo-amatori sarà una bella sorpresa”.
Tour de France 2016 - Photo by Bettiniphoto
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LA LEGGENDARIA CHARLY GAUL UCI GRAN FONDO WORLD SERIES
SULLA SCIA DEL MITO A
ppena consegnata agli archivi la memorabile edizione dei 60 anni, nel quartiere generale dell’Apt di Trento Monte Bondone Valle dei Laghi, già si pensa alla prossima edizione de “La Leggendaria Charly Gaul Uci Gran Fondo World Series”. Il segreto del successo di questa manifestazione, del resto, risiede proprio nell’anima stakanovista dei suoi organizzatori che, ogni anno, con passione ed impagabile abnegazione, perseguono tutti assieme una grande missione: migliorare, laddove possibile, la grande kermesse del pedale “ad alta quota” che, dopo gli anni degli albori, si è ormai ritagliata una posizione
di prestigio nell’universo delle rassegne sportive italiane. Merito, va detto, di una squadra che lavora in grande armonia, coordinata dalla formidabile vervé di Elda Verones, direttrice dell’Apt, la prima a credere, con grande slancio profetico, nella valenza turistica di questa manifestazione e, in una terra consacrata agli sport invernali, la prima a decidere d’investire con decisione sul filone cicloturistico. E oggi, con il senno di poi, si può parlare di scommessa vinta visto che quest’anno ai blocchi di partenza c’erano atleti provenienti da ben 42 nazioni! Tanta voglia di crescere ancora, dunque, ma impossibile non voltarsi indietro, a
quella mattinata del 17 luglio 2016, quando - anche grazie anche alla diretta Rai - il Trentino è diventato, per un weekend, la capitale europea della bicicletta. Moser & gli altri Per l’occasione, in questo lembo di Dolomiti, si sono ritrovati i grandi campioni del passato. In primis la dinastia dei Moser: “Per la nostra famiglia - ha detto Aldo, il fratello maggiore - il ciclismo ha significato la vita. Il freddo e la fatica lungo le strade passano, la passione resta. Storica quella giornata sul Bondone quando Charly Gaul vinse in maniera epica, io riuscii ad arrivare al traguardo, ma conosco qualcuno che per giungere all’arrivo prese la macchina”. “Quando le condizioni sono
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A cura della Redazione
Lo scorso luglio - 60 anni dopo l’impresa dell’Angelo della Montagna - è andata in scena, tra le rampe dolomitiche del Trentino, l’11ª edizione della Gran Fondo più affascinante d’Italia. Tra molti campioni di ieri e di oggi, anche InBici Magazine aveva un inviato speciale...
impervie - ha aggiunto Francesco Moser trema persino la bici dal freddo. Abbiamo fatto gare in condizioni estreme che oggi vengono annullate, allora il nostro mestiere era quello di correre, ci sentivamo in dovere di portarle a termine. Tra interviste e foto di rito, al nostro arrivo negli spogliatoi trovavamo persino le docce fredde, tutti se n’erano già andati”. E tra gli eventi collaterali de “La Leggendaria Charly Gaul Uci Gran Fondo World Series”, il 16 luglio, si è corsa appunto la Moserissima: “Ho sempre usato bici d’acciaio, per questo - ha spiegato Moser prima della partenza - i corridori in questo raduno devono rigorosamente usare bici preceden-
Bernd Hornetz vincitore della GranFondo La Leggendaria Charly Gaul Photo by Newspower.it
ti il 1987”. Due i percorsi con partenza da Trento ed un nuovo tratto della storica Via Claudia Augusta. Alla fine, anche in questo caso, è stato un grande successo. E in fondo il successo è il tratto distintivo di questo evento che nasce per celebrare una memorabile impresa sportiva. Correva infatti l’anno 1956 quando, sotto una bufera di neve, Charly Gaul portava a compimento una delle più belle imprese della storia del ciclismo. Fu lui - superstite di una gara che diventò subito incubo - a rendere leggendaria la salita del Monte Bondone che, a sessant’anni da quell’impresa, lo scorso luglio ha ospitato l’undicesima celebrazione. Ai nastri di partenza, come detto, diversi
personaggi del ciclismo di ieri e di oggi: Gilberto Simoni, Franco Bitossi, Marino Basso, l’ex sciatore Kristian Ghedina e Matteo Trentin, ciclista professionista in forza alla Etixx-Quick Step, vincitore di una tappa al recente Giro d’Italia. La testimonianza Ai blocchi anche l’inviato di InBici Magazine Gianluca Giardini, che commenta così la sua partecipazione: “Ero curioso di correre questa granfondo - dice - e devo dire che la realtà è stata assolutamente all’altezza delle mie grandi aspettative. La ‘Charly Gaul’ è realmente un evento speciale, perché gli scenari sono meravigliosi ed il clima che si respira è davvero quello dell’aggregazione. Sul piano organizzativo, poi, tutto è stato
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preparato in maniera impeccabile, a cominciare dalle strade, che sono lisce come biliardi. Anche sul piano della sicurezza è stato fatto un lavoro enorme, con la chiusura dell’intero tracciato. Splendidi anche gli appuntamenti collaterali. Si vede, insomma, che l’intera comunità di Trento crede sul serio in questo evento, tanto da riuscire a mettere in rete tutta una serie di servizi calibrati proprio sulle specifiche esigenze dei ciclisti. L’unico elemento che, a mio giudizio, dovrebbe essere rivisto è la durezza del tracciato. Già scalare una volta il Monte Bondone, con i suoi 4mila metri di dislivello, non è per nulla facile, ma addirittura farlo due volte, diventa un’impresa non certo alla portata di tutti. Forse questa è la ragione che, alla fine, scoraggia molti cicloamatori,
che magari vorrebbero provare l’ebbrezza della ‘Charly Gaul’, ma poi fanno dietrofront proprio di fronte alle difficoltà, a mio giudizio esagerate, del tracciato. Sono certo che se l’organizzazione proponesse in futuro un percorso più soft, gli iscritti lieviterebbero a vista d’occhio”. La corsa Primi colpi di pedale ad andatura sostenuta in direzione nord verso la Val di Cembra, con la salita verso Giovo a segnare il giro di boa e la prima selezione del gruppo. Al ritorno a Trento presso il ponte San Lorenzo in prossimità del bivio medio-lungo la corsa si “apre”. Andrea Pontalto (Alé Cipollini Galassia) e Marco Morrone (Cannondale-Gobbi-FSA) alzano l’andatura svoltando verso il percorso medio, ma nei pressi dell’abitato di Sardagna Andrea Zamboni(Brao Caffè
- Untrthurner), aiutato dal compagno di squadra Daniele Bergamo, raggiunge la testa della corsa, rilancia ed aumenta il ritmo. Morrone e Pontalto non reggono il passo dell’atleta trentino che va così a vincere in solitaria la gara mediofondo sul traguardo di Vason. A completare il podio Andrea Pontalto (2°) e Marco Morrone (3°). La mediofondo femminile vede il trionfo di Barbara Lancioni (Somec-Mg.Kvis-LGL), già vincitrice quest’anno alla Maratona delle Dolomiti. Seconda la trentina Serena Gazzini (Team Lapierre) davanti all’altoatesina Astrid Schartmueller (Alpilatte B.R.Pneumatici Zanè). Luciano Mencaroni (ASD Cicli Copparo Liotto) è il primo a muovere le acque del gruppo nel percorso lungo, in prossimità della prima ascesa al Monte Bondone da Aldeno. Assieme a Mencaroni altri tre atleti fanno la differenza: Nardecchia, Fraternali e il tedesco Bernd Hornetz. Il drappello viaggia di comune accordo lungo la Valle dei Laghi, ma i giochi si decidono a Candriai. In testa rimangono Hornetz e Mencaroni con l’atleta teutonico che stacca il rivale e si presenta solo sul traguardo col tempo di 4h37”2, che per coprire i 141 km fa registrare la ragguardevole media, considerando il dislivello di 4000 mt, di 30,53 Km/h. Mencaroni, tradito dalle gambe, è secondo davanti a Zen che rinviene nel finale. Al femminile Simona Parente compie l’impresa di giornata, sempre sola al comando, con Marina Ilmer seconda a oltre 9’ a sua volta davanti a Gloria Bee.
Podio Medio Fondo Femminile - Gazzini Serena, Barbara Lancioni, Schartmueller Astrid - Photo by Newspower
Peter Sagan-Alexander Kristoff, Tour de France 2016 - Photo by Bettiniphoto
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IL COACH
LEGUMI: PROTEINE O CARBOIDRATI? L
a parola legume al giorno d’oggi è utilizzata per indicare un gruppo molto vasto ed eterogeneo di alimenti di origine vegetale che viene molto spesso inserito in piani nutrizionali perché considerato una fonte notevole di proteine (diversamente da ciò che riguarda tutti gli altri vegetali) e perché si pensa sia dotato di un alto potere saziante. Ma che cosa sono realmente i legumi e quali sono gli elementi nutritivi che li compongono? I legumi non sono altro che i semi commestibili delle piante della Famiglia delle Leguminose, sottofamiglia Papilionee. Le Leguminose hanno origini antiche. Il termine deriva dal latino “legere” che significa cogliere, una traduzione etimologica che lascia supporre come, anche in passato, fosse in voga l’abitudine di raccogliere a mano i baccelli. La loro coltivazione nasce in epoche pas-
sate e, per la maggior parte, sono originarie del Vecchio mondo (bacino del Mediterraneo, Medio Oriente, Asia, Africa del Nord), escluse alcune forme Phaseolus provenienti invece dal centro-sud America ed alcune del genere Lupinus attribuite al Sud America. E’ una famiglia botanica che comprende molte specie, ma tutte caratterizzate da un contenuto medio di proteine nei semi, carenti però di alcuni aminoacidi essenziali. La caratteristica comune a tutte le specie della famiglia è la presenza del legume o baccello: si tratta del frutto della pianta, formato da un carpello che racchiude i semi e che si apre non appena maturo. Questa grande famiglia include al suo interno molte varietà di semi tra cui i piselli, i fagioli, i fagiolini, le lenticchie, i ceci, la soia, le fave, i lupini, le cicerchie e le arachidi. Per fare un’analisi accurata è importante comprendere la tipologia e la quantità dei
nutrienti di cui ne sono composti con un occhio di riguardo nei confronti dell’indice glicemico, fattore molto importante che indica quanto un alimento può incrementare gli zuccheri nel sangue rispetto ad un carboidrato di riferimento come lo zucchero o il pane comune bianco. Le percentuali dei macronutrienti contenuti al loro interno sono molto variabili e dipendono dalla tipologia: 20- 45% di contenuto proteico e scarso contenuto in grasso (1-6%) a parte per alTipologia
Grammi di Grammi di carboidrati carboidrati I.G. Secchi Freschi
Fagioli
22,7 g
50,9 g
35-41
Ceci
13,9 g
46,9 g
35
Lenticchie 15,4 g
15,4 g
25-42
Piselli
48,2 g
25-45
6,5 g
A cura di Iader Fabbri
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Tra verità scientifiche e luoghi comuni, facciamo un po’ di ordine nell’universo articolato dei baccelli
Chi è Iader Fabbri E’ consulente nutrizionale di tutte le Nazionali italiane di ciclismo e commentatore tecnico, in ambito nutrizionale, per la testata giornalistica Rai Sport, per la quale – nell’ultimo Giro d’Italia – ha curato e condotto una striscia quotidiana. E’ relatore in convegni e seminari su sport e alimentazione e collabora, nel settore ricerca, con le Università di Firenze e Pavia. Coach di diversi atleti professionisti di livello mondiale, collabora con diverse riviste giornalistiche nazionali, per le quali cura personalmente rubriche dedicate allo sport, alla nutrizione e al benessere.
cune specie come soia e arachide (18-48%) ricchi in grassi di buona qualità come acido oleico, linoleico e linolenico. La restante percentuale la occupano i carboidrati (26-60%) che sono più o meno presenti per la maggior parte sotto forma di amido (75-80%) responsabile dell’assorbimento dell’acqua e della consistenza, e di fibra solubile ed insolubile. Nella seguente tabella sono elencati i legumi più “zuccherini” con un alto indice glicemico come fagioli, ceci, lenticchie e legumi. Questi legumi si differenziano molto da altre tipologie invece caratterizzate da un basso indice glicemico che sono costituiti da una minor presenza di carboidrati. Osservando questa prima valutazione si evince che si può operare una netta distinzione tra i vari legumi a seconda del quantitativo di zuccheri che apportano. Quando, ad esempio, ci troveremo al supermercato
Tipologia
Grammi di carboidrati
I.G.
Fagiolini mangiatutto
2,4 g
15
Lupini
7,1 g
15
Soia
4,5 g
15-20
sapremo quali legumi evitare e quali prediligere ed inserire nel nostro carrello come i fagiolini, i lupini e la soia più favorevoli da un punto di vista della regolazione glicemica. Quante volte vi sarà capitato di sentire nominare o cucinare “pasta e fagioli” o “riso e piselli” consigliati dalla classica dieta mediterranea e dalla cucina tradizionale? Questo abbinamento non è casuale perché i cereali inseriti in questi piatti hanno la funzione di compensare gli aminoacidi solforati mancanti nei legumi come metionina e cisteina ottenendo così un “pool” aminoaci-
dico completo. Ma analizziamo in dettaglio la componente proteica. Le leguminose vengono denominate anche colture proteaginose perché appunto più ricche di proteine rispetto al restante mondo vegetale, ma quale qualità proteica hanno? Le proteine vegetali, a differenza di quelle che derivano dal mondo animale, contengono molto meno ferro (il cosiddetto ferro ‘non eme’) che viene assorbito in quantità minore rispetto al ferro ‘eme’ e non contengono vitamina B12. Oltre a questo aspetto non va sottovalutato il valore biologico (VB) delle proteine che rappresenta la quantità di azoto effettivamente assorbito ed utilizzato al netto delle perdite degli organi emuntori. Una proteina che possiede un perfetto equilibrio tra aminoacidi assorbiti e aminoacidi ritenuti ha un valore biologico di 100. La proteina di riferimento è quella dell’uovo che presenta un
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VB pari al 100%. I legumi hanno un valore biologico basso; quello dei fagioli infatti è di 34 così come quello delle arachidi risulta essere di 43, mentre le proteine della soia hanno un valore inferiore a 75. Da questi dati si può quindi desumere che i legumi apportano sicuramente una quota proteica maggiore rispetto al restante mondo vegetale ma con valore biologico nettamente inferiore. Ora capiamo perché si tende ad associare i legumi ai cereali che in questo modo compensano la mancanza aminoacidica. Così facendo però aumentiamo ancora una volta l’indice glicemico del pasto rischiando così di avere molti zuccheri nel sangue e di richiamare insulina in eccesso. Osservando i legumi sotto questa ottica perciò importante sarebbe inserire all’interno di una corretta alimentazione una buona rotazione proteica, alternando certamente fonti proteiche vegetali (come la soia poiché buona fonte proteica con valore biologico più alto dei legumi), a fonti di origine animale ricche di proteine nobili come carne, pesce, uova, affettati e latticini in giuste quantità. Oltre a questo aspetto non sono da sottovalutare molti dei fattori antinutritivi che limitano l’assorbimento di alcuni nutrienti. Per ultimo - ma non per importanza - non vanno dimenticati i cosiddetti “fattori della flatulenza”, caratterizzati da zuccheri come raffinosio e stachiosio non digeriti dagli en-
zimi intestinali, che sono responsabili della produzione di gas e meteorismo. L’illustre oncologo F. Berrino, in un video pubblicato nell’aprile del 2015, in merito ad una discussione sulla riduzione delle Fattore antinutritivo
Effetto
Inibitori delle proteasi
Limitano l’assimilazione delle proteine
Lectine
Riducono la capacità assorbente dell’intestino
Tannini
Limitano l’assorbimento delle proteine
Acido fitico
Riduce l’assorbimento di rame, zinco, ferro e calcio
Fattori antivitaminici
Riducono l’assorbimento delle vitamine
proteine animali e vegetali in un pasto nel contesto di un’alimentazione corretta, ha sostenuto: “E’ importante ridurre i fagioli, va bene che ci siano tutti i giorni e in tutti i pasti perché fanno bene alla salute, ma una quantità moderata” (https://www.youtube. com/watch?v=c00VpgvPW4s) Ci sorgono spontanee queste domande: dobbiamo ridurli? Ci devono essere tutti i
giorni? Oppure in quantità moderata? I legumi fanno bene perché apportano un buon quantitativo di fibra soprattutto insolubile che è nota avere delle proprietà igroscopiche responsabili del miglioramento della peristalsi intestinale, ma davvero andrebbero mangiati ogni giorno? Come specificato prima, molti legumi soprattutto i fagioli, le lenticchie, i ceci e i piselli hanno un alto indice glicemico, apportano proteine non nobili e infine contengono molte sostanze antinutrizionali e potenzialmente tossiche. Vanno perciò demonizzati? La risposta è certamente no, ma non vanno dimenticate tutte le proprietà che li costituiscono e quindi consumarli con moderazione. Anche se non è un legume ma è un altro alimento ad alto indice glicemico, un pizzico di sale in “zucca” non guasta mai per capire quali siano le informazioni più attendibili e quali meno. Solo in questo modo potremo sposare le teorie che ci soddisfano maggiormente e che ci conducono verso un’alimentazione più equilibrata e consapevole. Bibliografia: • Alessandro Formenti, Cristina Mazzi (2004) Cereali e legumi nella dieta per la salute, Tecniche Nuove Edizioni
• www.youtube.com/watch?v=c00VpgvPW4 swatch?v=c00VpgvPW4s
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Tour de France 2016 - Photo by Bettiniphoto
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LA MOSERISSIMA
IL TEMPO SI È FERMATO A TRENTO D
ici Trento e subito la mente vola al Concilio, al buon vino, al Monte Bondone, ai grandi campioni che hanno scritto la storia del ciclismo: Francesco e Aldo Moser, Gilberto Simoni e Charly Gaul. Storia, sport e tradizione si sono dati appuntamento, a metà luglio, in Piazza Duomo a Trento per la seconda edizione de “La Moserissima”, 9ª tappa del Giro d’Italia d’Epoca, raduno ciclostorico dedicato alla dinastia dei Moser e, in particolare a
Francesco, il ciclista italiano più vincente della storia. Oltre 200 i ciclisti in stile vintage al via, baciati dal sole pieno di mezza estate e dal cielo terso che ha incorniciato una giornata memorabile, organizzata ancora una volta in maniera impeccabile dall’ApT Trento, Monte Bondone, Valle dei Laghi con al comando Elda Verones, in collaborazione con l’Asd Charly Gaul Internazionale. Caschi in cuoio, maglie di lana, puntapie-
di e cinghiette, pantaloncini d’un tempo, biciclette fabbricate rigorosamente prima del 1987: questi i requisiti per schierarsi ai nastri di partenza in memoria dei tempi che furono. A ricordare quel ciclismo c’erano i grandi campioni del passato: Gianni Motta, vincitore del Giro d’Italia 1966, Marino Basso, campione del mondo a Gap, in Francia, nel 1972, “Cuore Matto” Franco Bitossi, Palmiro Masciarelli, fidato gregario di Moser per dieci stagioni, e Luciano Armani,
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A cura della Redazione
Accanto a Francesco ed Aldo Moser anche Gianni Motta, Marino Basso, Franco Bitossi e Palmiro Masciarelli. In una soleggiata giornata di metà luglio è andata in scena la seconda edizione della gara dedicata allo Sceriffo. E per 200 appassionati è stato come riavvolgere il nastro della storia
uno in grado di battere Merckx in volata al Tour de France edizione 1971. Ad intrattenere il pubblico presente, nella veste di speaker dell’evento, “Il Falco” Paolo Savoldelli, vincitore di due Giri d’Italia. All’ombra della fontana del Nettuno disegnata nel 1769 da Francesco Antonio Giongo, si è ricomposto così un vero e proprio puzzle di storia del ciclismo italiano grazie ad una manifestazione in grado di “guardare al passato per esaltare la tradizione del territorio”.
Il gruppo di appassionati ha tirato le cinghiette per affrontare due percorsi (35 e 56 km) ad andatura turistica caratterizzati da tratti di strade bianche, con il “corto” a percorrere la Valle dell’Adige per far ritorno a Trento ed il “lungo” a proporre la tosta salita verso casa Moser presso il Maso Villa Warth, per proseguire ancora con il naso all’insù verso Bolleri. Malgrado il palmarés di tanti corridori in gara, l’agonismo per un giorno è stato messo al bando per lasciar posto all’alle-
gria, ai ricordi ed al buon vino dei ristori presso la cantina Cavit di Ravina e la tenuta del campione trentino. All’arrivo foto, sorrisi ed un piatto di pasta presso il quartiere fieristico per recuperare le fatiche di giornata. “Ho fatto più fatica oggi rispetto a quando facevo il panettiere”, ha commentato con un sorriso Giuliano Toller, da Malè, 69 anni. “Non mi fermo qui – ha dichiarato William Sallioli, da Carpi, consulente informatico - per alternare la sedentarietà mi
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La Moserissima brinda hai valori dello sport
sono dato alla bicicletta. In occasione della 11ª edizione de ‘La Leggendaria Charly Gaul’ proverò a scalare il Bondone con la mia bici storica. Una sola volta basta e avanza”. Nel pomeriggio, in Piazza Fiera, a seguito delle premiazioni si è celebrata l’iscrizione al Registro Storico Ufficiale Nazionale di due biciclette utilizzate da Aldo Moser nel 1973 e da Francesco Moser nel 1978. La giornata si è conclusa con l’inaugurazione del monumento dedicato a Charly Gaul a Vason, sul Monte Bondone per celebrare, a 60 anni di distanza, la stoica impresa dello scalatore lussemburghese che l’8 giugno del 1956, in una giornata da tregenda, conquistò la maglia rosa per non toglierla più e vincere così il suo primo Giro d’Italia. La famiglia Gaul ha voluto ringraziare la città di Trento inviando un messaggio: “Vorrei ringraziare l’Apt di Trento e Elda
Verones per aver avuto l’idea di organizzare ‘La Leggendaria Charly Gaul’ dal 2006 e per continuare ad onorare la memoria di mio padre. Siamo molto orgogliose che
quest’anno si inauguri anche un busto di bronzo in onore di mio padre e sicuramente verremo molto presto a Trento per ammirarlo”.
Ciclostorica di Trento La Moserissima - Photo by Newspower.it
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MOA SPORT
ELIMINA IL SUPERFLUO, INDOSSA
1NT3GRA oa Sport ha realizzato quest’anno un innovativo e originale pantaloncino destinato ai ciclisti più esigenti. 1nt3gra nasce con l’obiettivo di eliminare il superfluo e rafforzare l’essenziale. Grazie al know-how del MOALAB, è stato progettato un capo tecnologicamente avanzato, leggero, anatomico e funzionale, il primo pantaloncino da ciclismo con fondello integrato. Un’accurata ricerca di nuove linee, l’utilizzo di nuovi tessuti ed una particolare tecnica costruttiva, hanno reso infatti possibile
sostituire il classico fondello applicato con un inserto protettivo nel cavallo del pantaloncino. Questo particolare inserto è stato strutturato con diverse densità e spessori, studiati per la protezione ideale della zona ischiatica (100 kg/m³), di quella perineale/prostatica (120 kg/m³) e genitale (65 kg/m³) eliminando così tutti quelle sovrapposizioni di materiali solitamente utilizzati nell’applicazione dei classici fondelli. Indossare 1nt3gra significa provare una esperienza unica in termini di comfort, anatomicità e vestibilità e significa pedalare con una sensazione di maggiore libertà e leggerezza.
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UNA SETTIMANA
DA VERI CAMPIONI A cura della Redazione
Tornano a gennaio i soggiorni “all inclusive” in Costa Blanca per i ciclisti. Strade come biliardi, clima temperato ed una guida d’eccezione: l’ex professionista Wladimir Belli Benidorm
D
opo il grande successo delle prime edizioni, torna la “Settimana in Bicicletta” (7-14 gennaio e 14-21 gennaio 2016) organizzata in Costa Blanca dai consorzi della vacanza InBici Holiday e Marche and Bike, in collaborazione con “Albir Playa Hotel & Spa”. Una vacanza a misura di ciclista, un pacchetto “all-inclusive” ritagliato, come un abito sartoriale, sulle esigenze specifiche di chi, quando parte, non vuole rinunciare al piacere di una rigenerante pedalata oppure, supportato da una condizione fisica ottimale, vuole provare a misurare la gamba sulla scia di un ex professionista. Il tutor della vostra vacanza sarà infatti Wladimir Belli, ex professionista di Brescialat, Fassa Bortolo, Festina, Lampre, Domina e Diquigiovanni, uno che nel 1990 vinse il Giro d’Italia Dilettanti davanti ad un certo Marco Pantani. La scelta della location in Costa Blanca - nel triangolo spagnolo di Alicante, Benidorm ed Altea - è il frutto di una scrupolosa selezione. In questo angolo suggestivo di Penisola Iberica, infatti, il clima, soprat-
tutto nel mese di gennaio, è ideale per l’attività sportiva e le strade, oggetto di un recentissimo restyling, sono perfette per pedalare in sicurezza: “In effetti - conferma Wladimir Belli - ho un ricordo molto nitido di quell’angolo di Spagna. In Costa Blanca ho corso diverse gare e, in qualche stagione, ci ho ha fatto anche i ritiri con la squadra per la preparazione. A gennaio la temperatura è ideale e anche le strade, sgombre dal traffico frenetico delle grandi città, consentono pedalate davvero entusiasmanti”. Il territorio ha inoltre una consolidata cultura ciclistica, visto che ha ospitato, in passato, alcune rassegne ciclistiche di straordinaria importanza, come i campionati mondiali di ciclismo del 1992, quando – sotto il traguardo di Benidorm – sfrecciò proprio il nostro Gianni Bugno: “Il mio compito - prosegue Belli - sarà quello del ‘tutor’: effettuerò cioè dei test biomeccanici sui cicloamatori, darò loro dei consigli e, soprattutto, pedaleremo assieme. Metterò a disposizione le mie conoscenze e la mia esperienza cercando di trasmettere quel patrimonio di informazioni che ho accu-
mulato in quattordici anni di professionismo. Sarò il loro consulente, il riferimento a cui rivolgersi per chiarirsi ogni dubbio legato alla postura, alla preparazione e all’interpretazione delle corse”. La quota promozionale di 715 euro a persona comprende sette notti in camera doppia nell’elegante “Albir Playa Hotel & Spa” con trattamento di pensione completa (acqua ai pasti inclusa). Inoltre nel pacchetto è compreso l’accompagnatore al seguito, il test “valutazione ed allenamento” con Wladimir Belli, un ingresso gratuito alla Spa dell’hotel, cinque percorsi di allenamento con guida, briefing quotidiano su ogni tour in saletta privata, una bottiglia di acqua al giorno, hi-fi gratuito, prodotti esclusivi per i ciclisti by Inkospor, il deposito custodito per le biciclette, servizio di officina, riparazioni e ricambi, il trasferimento da e per l’aeroporto di Alicante e l’assicurazione medico-bagaglio. Info 377 1153061 (marcheandbike@gmail.com) e 391 4917418 (redazione@inbici.net)
Costa Blanca - Spagna
Alicante - Benidorm - Altea
l’arrivo di Silver Lazzari nel percorso corto della Granfondo Vernaccia
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Brusi, lei ha visitato la Fiera “Eurobike” di Friedrichshafen in Germania. Quali le novità? Senza dubbio l’aspetto più clamoroso è il boom delle bici elettriche che, nei padiglioni tedeschi, occupavano ormai quasi il 70% dell’intera esposizione. Dunque, anche l’Italia dovrà abituarsi all’invasione delle e-bike? Ci andrei cauto. Senza dubbio questo è il mercato del futuro, ma nel nostro paese permangono delle robuste diffidenze culturali. E poi lo scoglio del prezzo alto - almeno 2500 euro per un articolo di qualità - non è un problema marginale…
DOMANDE A... A cura di Mario Pugliese
CLAUDIO BRUSI Claudio Brusi è, da diversi anni, uno dei principali buyer del settore ciclo. Fondatore del marchio Frw, mainsponsor di numerose gran fondo di successo, è un fine conoscitore del mercato della bicicletta.
Dunque, come al solito, arriveremo in ritardo rispetto al resto d’Europa? In realtà, ci sono località che sono già attrezzate per questa tipologia di mezzo. Penso alla provincia di Trento, dove le colonnine elettriche sono ormai familiari. Ma l’acquirente delle e-bike cerca una bici “evoluta” o un’alternativa allo scooter? Credo cerchi una bicicletta con cui coprire distanze che, semplicemente pedalando, non sarebbero alla sua portata. Ma certo è che anche il settore degli scooter, presto o tardi, ne risentirà.
E il mercato delle biciclette da corsa? E’ cresciuto tantissimo negli ultimi anni, ma adesso, per la prima volta, ho la netta sensazione che si sia un po’ bloccato.
In generale, il mercato oggi è dominato dai prodotti orientali low cost oppure le aziende artigianali stanno tornano di moda? Ormai l’Oriente domina incontrastato, anche se l’utente finale non se ne rende conto perché gli articoli sono “mascherati” meglio rispetto al passato. Capitolo Granfondo: alcune si consolidano, altre scompaiono. Come vede il settore? Dopo gli anni della proliferazione indiscriminata, una selezione era inevitabile. Sta cambiando anche la figura del ciclo-amatore… Certo, oggi non lo accontenti più con la piadina dopo il traguardo, il ciclo-amatore si aspetta servizi e, soprattutto, sicurezza. Ma la sicurezza costa, dunque gli investimenti crescono, gli utili si assottigliano e organizzare questi appuntamenti diventa meno allettante. Per qualche anno, parlando di sicurezza, si è pensato che i circuiti potessero essere la soluzione ideale? Gli anelli d’asfalto sono iper-sicuri, ma pedalare dentro un autodromo, giro dopo giro, diventa un’esperienza deprimente. Il cicloamatore è abituato a pedalare tra campagne fiorite e vigneti profumati, altro che circuiti…
Claudio Brusi
Qual è una Granfondo sulla quale scommetterebbe per il futuro? Ne vedo tante, ma credo che Roma abbia un potenziale incredibile.
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2ª GRANFONDO INTERNAZIONALE TORINO
CASTELNOVO E CECCHINI MANO NELLA MANO Gli atleti appena partiti - Photo by Play Full
A cura della Redazione
Un tandem in perfetta armonia taglia il traguardo della rassegna piemontese. Tra le donne dominio assoluto della torinese Olga Cappiello
E’
stata una giornata entusiasmante quella vissuta lo scorso 4 settembre alla 2ª Granfondo Internazionale Torino. Il suggestivo arrivo di Superga è stato dominato da Castelnovo e Cecchini, che si sono presentati mano nella mano sul breve rettilineo finale e dove solo il cronometraggio ha dichiarato vincitore il milanese. La manifestazione, che già nella prima edizione aveva riscosso un grande successo, ha visto partire dal bellissimo Parco del Valentino 1500 granfondisti dei 1700 iscritti, che si sono lanciati lungo i due percorsi disegnati in territorio astigiano. Il fine settimana era iniziato il sabato prima, all’interno del Parco del Valentino, dove i partecipanti si erano riversati per ritirare il numero di gara ed il ricco pacco gara composto da una borraccia ed alcuni integratori NamedSport, una borraccia Probike, un pacchetto di Fiber Pasta, una bomboletta di lubrificante WD-40, degli utilissimi sacchetti per proteggere il telefono e la bellissima maglia celebrativa dell’evento. La corsa, partita puntuale alle 8 di domenica mattina, ha visto un avvio molto veloce, agevolato dai primi 50 chilometri di pianura dove non si sono registrate azioni di rilievo, se non alcuni allunghi in testa al gruppo.
Subito dopo la divisione dei percorsi, posta al 50° chilometro, sul lungo rimangono davanti un centinaio di partecipanti. Il gruppo di testa, col passare dei chilometri e con le pendenze che via via vanno ad incattivirsi, si assottiglia drasticamente. Ai piedi dell’ultima asperità di Superga si presentano così poche unità a giocarsi la vittoria; qui, a lanciare l’azione decisiva è il duo Castelnovo – Cecchini che di comune accordo raggiunge l’arrivo di Superga. La coppia di testa si presenterà cosi mano nella mano a tagliare il traguardo che incoronerà vincitore Paolo Castelnovo. Il terzo a presentarsi sulla linea d’arrivo sarà il coriaceo torinese Enrico Dogliotti con un distacco di soli 36 secondi. Tra le donne è assoluto dominio della torinese Olga Cappiello la quale, dimostrando una grande condizione, per gran parte del tracciato, riuscirà a far parte del gruppo di testa composto da soli uomini. Sarà una caduta nel finale di gara a impedirle di presentarsi ai piedi della salita di Superga con questo gruppo. Dietro di lei per la seconda posizione “testa a testa” tra la cuneese Valentina Picca e la genovese Silva Dondero. Sarà poi sull’ultima salita che Valentina Picca farà selezione straccando l’avversaria e tagliando il traguardo davanti alla Dondero. Nel percorso medio, tra gli uomini, dopo
la divisione dei percorsi, restano circa una quindicina di granfondisti a darsi battaglia; l’azione decisiva viene lanciata da Niki Giussani a 35 chilometri dall’arrivo. Il forte corridore brianzolo in solitaria prende subito un bel vantaggio che riuscirà a gestire fino all’arrivo. Dietro di lui, dopo un fatale momento di indecisione, sono il ligure Michael Raggio, il torinese Dario Giovine e l’altro torinese Aldo Ghiron a provare a colmare il gap. Sulle rampe finali, mentre Giussani si invola in solitaria a conquistare il successo, è Dario Giovine che con una grande azione stacca i compagni d’inseguimento portandosi a ridosso del vincitore. Taglia così il traguardo in seconda posizione davanti a Michael Raggio. Tra le donne del percorso medio la storia non cambia ed è sempre il Team De Rosa Santini a dettare legge. A giungere a Superga dopo 122 chilometri corsi sempre in testa è la cuneese Chiara Costamagna che taglia il traguardo con con quasi 9 minuti di vantaggio su Loredana Girello e più di 13 minuti su Sabrina Gelain. Tra le società, il gradino più alto del podio viene occupato dalla torinese Squadra Corse Rodman Azimut davanti all’altra società torinese Jolly Europrestige e ancora una torinese, il Team Nordovest, che occupa il terzo gradino del podio.
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A cura di Mauro Pugliese
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La rivalità fra Greg LeMond e Laurent Fignon visse il suo momento più alto nell’epica sfida del Tour de France del 1989, quando la maglia gialla si assegnò per soli otto secondi...
LO YANKEE E IL PROFESSORE LE GRANDI RIVALITÀ DEL CICLISMO
I campioni Laurent Fignon e Greg LeMond - Photo by Eric Gaillard
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a una parte il francese Laurent Fignon, il Professore con gli occhiali, il prototipo perfetto del gallico un po’ snob: capelli biondi raccolti, lo stile elegante, la postura in bicicletta sinuosa ed efficace, quasi regale. Dall’altra Greg LeMond, la freccia di Lakewood, stilisticamente non spettacolare (a volte sembrava andasse su più di spalle che di gambe), lo yankee “cheesburger e coca cola” dalla pedalata un po’ arrancante ma sempre incredibilmente potente. Il “bello” contro il “brutto”, il fioretto contro la clava, il romanticismo di un talento cristallino contro un atleta pragmatico ma capace comunque di emozionare le folle. Calcisticamente parlando, un raffinato dieci alla Antognoni contro un ruvido interditore alla Oriali. Il loro duello si consuma, memorabile e spietato, al Tour de France del 1989, teatro di una sfida epica. A contendersi la Maglia Gialla due corridori simbolo di quel periodo: Laurent Fignon, reduce dai due trionfi alla Grande Boucle del 1983 e 1984, e Greg LeMond, campione del mondo nel 1983, il passista a stelle e strisce che, solo due anni
prima, aveva rischiato la pelle dopo essere stato ferito da un colpo di fucile sparato accidentalmente dal cognato durante una battuta di caccia. Il Tour de France 1989 partì dal Lussemburgo e, come sempre, la miccia si accese alle falde delle prime montagne. 6 luglio, Cronometro di Rennes. Nei 73 km di giornata LeMond dà una lezione a tutti i rivali tornando a vestire di Giallo dopo tre anni di incubi. L’americano accumula 5” di vantaggio proprio su Fignon e resta leader della classifica per cinque giorni fino alla tappa di Superbagnares. Pedro Delgado, trionfatore nel 1988 della Grande Boucle, attacca da lontano scortato da Mottet e Millar. Lo scozzese vince la tappa e Delgado guadagna tre minuti e mezzo sul duo Fignon-LeMond. L’americano paga l’attacco del francese sull’ultima salita e la Maglia Gialla passa sulle spalle del Professore con soli 7” di vantaggio su LeMond. Fignon riesce a mantenere la leadership della corsa per altre 5 tappe fino alla cronoscalata di Orciers-Merlette. In quella tappa LeMond si scatena e rifila 50” a Fignon. Due giorni dopo, si arriva all’Alpe d’Huez. La vittoria di tappa va all’olandese Theunisse. Fi-
gnon attacca insieme allo spagnolo Delgado: i due rifilano 1’19” a LeMond. La Maglia Gialla torna sulle spalle del transalpino con 24” di vantaggio sull’americano. Il nuovo leader trionfa nella tappa seguente sull’arrivo di Villard-de-Lans. Fignon, ormai, sembra avere il Tour in mano. Nella penultima tappa l’acuto di Greg LeMond sembra la classica vittoria di Pirro. Tra i due ci sono solo 50”: l’ultimo ostacolo tra Fignon e il suo terzo trionfo in Giallo è una breve cronometro di 24 km da Versailles a Parigi. LeMond, nelle prove contro il tempo, è un mostro, ma Fignon non è certo un cronoman da retroguardia. Sembrava, quindi, impossibile che l’americano recuperasse 50” in soli 24 km. Ma il copione regala un epilogo inatteso. Fignon aveva già perso il Giro 1984 nell’ultima cronometro battuto da un Moser strabiliante. Era l’occasione per sfatare quel tabù. E invece LeMond conclude con la media spaventosa di 54,545 km/h. Un missile. Fignon chiude la crono arrivando sui Campi Elisi in 2ª posizione, ma a 58” di ritardo dall’americano. Il Tour va a LeMond per otto miseri secondi. La storia, però, è stata scritta a quattro mani.
Tour de France 2016 - Photo by Bettiniphoto
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PALLEX TERZA TAPPA: VERONA
A cura della Redazione
Correre con Pallex Italia non è mai stato cosi facile: il Network dei trasporti incontra il ciclismo e partecipa agli eventi più importanti del settore.
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DONNA IN BICI
IL CICLISMO? Un affare di famiglia E
isa è una fondista valdostana, figlia e sorella d’arte, con lo sci di fondo e la fatica nel sangue. Ha esordito in Coppa del mondo nel 2006 a Cogne, a pochi km da casa sua. In carriera ha partecipato a due edizioni dei giochi olimpici invernali, oltre a numerose apparizioni in Coppa del Mondo, utilizzando costantemente la specialissima nelle uscite estive. Elisa, da dove nasce la sua passione per lo sport? Indubbiamente dalla mia famiglia: mio padre e mio zio sono stati atleti di livello nazionale nello sci di fondo, oltre alla mia sorella maggiore, che per me è sempre stata un esempio da imitare. Ricordo bene i miei primi passi sugli sci stretti a 3 anni presa per mano da mamma e papà sulle nevi di Lillaz, una frazione di Cogne, dove 19 anni dopo avrei esordito in Coppa del Mondo
Possiamo dire che a casa vostra lo sport ha sempre occupato un posto di rilievo? Lo sport, ed in particolar modo lo sci di fondo, è sempre stato un “affare di famiglia” a casa nostra. Dopo la scuola, mia sorella ed io trascorrevamo buona parte del tempo con lo Sci Club Drink, dove siamo cresciute sportivamente e dove anche papà e zio erano allenatori. A casa, non mancavamo di seguire ogni gara di Coppa del Mondo che veniva trasmessa in televisione, e nel 1992, per noi ancora bambine, è stata un’emozione enorme assistere dal vivo alle Olimpiadi di Albertville. In quella occasione un francese mi vide sciare (sulla pista olimpica di Les Saisies) e chiese a mia madre se ero la figlia di Vegard Ulvang (allora uno dei più forti fondisti norvegesi): immaginate la mia soddisfazione nel sentire quelle parole! Nel 2006 l’esordio nella World Cup di sci di fondo, un tassello importantissimo
della sua “vita da atleta”... Esordire in Coppa del mondo è stato senza dubbio un onore perché è il circuito a cui ogni atleta ambisce, ma l’emozione più forte è stata poter fare questo passo così importante sulle nevi di casa. Cogne per me è come una seconda casa, ho passato e passo tutt’ora ore e ore di allenamenti sulle quelle nevi. Tra i giorni da ricordare, il posto più importante probabilmente è occupato da due edizioni dei Giochi Olimpici invernali, Vancouver 2010 e Sochi 2014 (dove peraltro ha ottenuto un lusinghiero 13° posto nella 30 km) a cui lei ha partecipato. E’ davvero così magica l’atmosfera dei Giochi? Direi proprio di sì e questa magia si percepisce non solo sulla pista di gara ma anche e soprattutto nell’atmosfera del villaggio olimpico, della cerimonia di apertura (che a Vancouver ho avuto la fortuna di assiste-
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A cura di Paolo Mei
Grande fondista, con due olimpiadi invernali in carriera, conosciamo meglio Elisa Brocard, la “predestinata” di Cogne con la fatica nel sangue Valentina Natali vince il giro della provincia di Alessandria
re), della torcia olimpica e di tutti i luoghi toccati dai cinque cerchi. Certo, a volte può sembrare tutto un po’ finto, ma poi, anche a distanza di anni, ti rendi conto che quella esperienza ti ha lasciato qualcosa dentro, di magico… e la magia è aver avuto la possibilità di vivere quell’esperienza. E ora è il momento di salire INBICI. Quando ha scoperto le due ruote e perchè? Avevo circa 5 anni. La mia primi bici era molto piccola con le rotelle e, come ogni bambino, la usavo molto per giocare e pedalare a più non posso intorno a casa. Dopo aver imparato ad andare senza rotelle ed essere cresciuta un po’, il gioco ha iniziato a dare spazio all’allenamento. Per la preparazione estiva infatti noi fondisti utilizziamo molto la bicicletta. Meglio la strada o la mountain bike? Ho iniziato con la mountain bike per praticità, ma poi mi sono subito appassionata alla bici da strada. In strada non ho paura
di buttarmi giù in discesa, anzi mi diverto! Mentre con il rampichino temo sempre di non avere la tecnica giusta e mi blocco un po’. Quanto è utile in termini di preparazione la bicicletta per una/un fondista di alto livello? Per noi la bici è un mezzo non del tutto indispensabile, ma quasi. Durante la preparazione estiva carichiamo molto le settimane con ore di allenamento che invece in inverno vengono diminuite per lasciare spazio a lavori specifici e qualitativi tra i quali le gare. Inoltre la bici è un valido aiuto a prevenire infortuni e a mantenere l’allenamento quando questi ci colpiscono. Quanti km percorre mediamente in bicicletta in un anno? Circa 2000 km. Il ciclismo, è “donna”, nel senso che sempre più ragazze si avvicinano a questa disciplina, forse perché permette di mantenere un fisico tonico e armonioso.
Perchè, secondo lei una ragazza dovrebbe davvero salirci, INBICI? Sicuramente per il piacere di muoversi e stare in forma e di conseguenza in salute. E poi perché in bici, che sia mountain bike o da strada, si possono percorrere e raggiungere mete naturalistiche mozzafiato. Io quando sono in vacanza non rinuncio mai ad un bel giro in bici, anche se sono a riposo dagli allenamenti: mi piace andare alla scoperta di strade e posti nuovi che in auto non riuscirei a raggiungere o ad assaporarli nella stessa maniera. Sci di Fondo e ciclismo, sembra vadano d’accordo: Elisa, alla luce di questo, la aspettiamo sulle strade del ciclismo? Sicuramente qualche classica Granfondo presto o tardi mi piacerebbe farla. Mio padre mi ha sempre descritto la Nove Colli e la Maratona delle Dolomiti come le “regine” d’Italia e per questo sono molto affascinata sia dal percorso che dall’atmosfera che potrei trovare in un “gruppone”.
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CON
JORGE LORENZO LA PRIMA RICERCA SCIENTIFICA APPLICATA AL MOTOCICLISMO Iader fabbri con il campione di motociclismo Jorge Lorenzo
A cura di Mario Pugliese
Il campione del mondo della MotoGp da due anni sta seguendo il progetto “IADERLIFE”, un programma alimentare basato su evidenze scientifiche. Il Dr Iader Fabbri sta portando avanti, nel motociclismo e negli sport Endurance, una sperimentazione che, attraverso l’analisi della saliva, permette una corretta valutazione delle variazioni ormonali durante la performance: “Jorge? un tester eccezionale”
E’
la prima ricerca scientifica al mondo applicata al motociclismo di alto livello. Una sperimentazione che, attraverso il prelievo salivare, valuta le dinamiche ormonali nei weekend di gara. Ambizioso l’obiettivo: ottenere una serie di dati che, una volta elaborati, consentiranno di modificare tutte quelle variabili che, in vario modo, incidono sulla performance del motociclista. Protagonisti di questa ricerca il consulente nutrizionale faentino Dott. Iader Fabbri e il Campione del Mondo della Moto Gp Jorge Lorenzo che, assieme ad altri atleti, ha deciso due anni fa di sottoporsi al progetto “IADERLIFE”, un programma alimentare basato su evidenze scientifiche che, attraverso programmi personalizzati, punta ad individuare la sinergia perfetta tra alimentazione, integrazione ed allenamento.
“Jorge - spiega Iader Fabbri, commentatore Rai per il Giro d’Italia e già consulente nutrizionale della nazionale italiana di ciclismo - oltre che un campione fantastico, è un professionista esemplare che esegue, con scrupolo ed il massimo impegno, tutti i passaggi di questo laborioso percorso. Assieme a lui e ad altri piloti che ho seguito personalmente nell’ultimo biennio, in collaborazione con l’università di Pavia, sto portando avanti - nel motociclismo e negli sport di endurance - questa ricerca sperimentale che, attraverso l’analisi salivare, valuta le curve ormonali nei fine settimana di gara. Studiando l’andamento di due principali ormoni strettamente correlati alla performance atletica - ovvero testosterone e cortisolo - è, infatti, possibile ottenere una serie di dati che, adeguatamente elaborati, ci indicheranno come migliorare tutti quegli aspetti che, a vario titolo, inci-
dono sulla prestazione finale del motociclista”. “Un pilota di MotoGp - prosegue Fabbri - è sottoposto ad un variegato campionario di sollecitazioni fisiche: lo sforzo ‘misto’ aerobico/anaerobico, legato all’intensità della gara, ma anche lo stress emotivo, correlato alle varie fasi della corsa, con variazioni del battito cardiaco repentine, quando si effettua o si subisce un sorpasso, ma anche con apnee ricorrenti, quando in staccata, per concentrarsi al massimo sulla manovra, il pilota è portato sovente ad andare in apnea. Tutte queste oscillazioni bioritmiche sono leggibili nell’andamento ormonale e dunque tramutabili in dati scientifici attraverso un semplice prelievo salivare. La sintesi e lo studio di questi dati ci sta portando a sviluppare, negli anni, un programma a 360° per il miglioramento della performance sportiva”.
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L’ATLETA DEL MESE
ANDREA PONTALTO LO SPECIALISTA DELLE
MEDIO FONDO A cura di Paolo Mei
Dopo un passato nelle categorie agonistiche ed un 2015 da urlo, oggi e’ un atleta versatile e sempre pericoloso nelle medie distanze. Storia di un disegnatore meccanico innamorato della bicicletta
A
ndrea, da quanto tempo corre in bici? Da quando avevo 12 anni. Quindi, facendo due conti, sono 18 anni. Quali sono le sue caratteristiche tecniche e quali sono i suoi punti deboli? Mah, diciamo che mi definisco più uno scalatore, anche se negli ultimi anni ho migliorato un po’ nel passo e nelle volate ristrette. Il mio punto debole principale è il soffrire la distanza, non avendo la possibilità di fare molti chilometri. Oltre al ciclismo, qual è il suo impiego nella vita quotidiana?
Da 9 anni anni faccio il disegnatore meccanico; lavoro in un ufficio tecnico di un’azienda che si occupa di forni industriali. Quanto tempo dedica agli allenamenti e in che modo riesce a far convivere lavoro e ciclismo? Beh, il periodo peggiore è l’inverno perché, lavorando fino alle 17, durante la settimana riesco ad allenarmi a casa sui rulli. Quando invece arriva la bella stagione riesco ad uscire la sera, diciamo che tra allenamenti e gara la domenica, penso 10/11 ore di bici. Il lavoro purtroppo porta via gran parte del tempo, quindi non appena torno a casa salgo subito in bici. Purtrop-
po non mi rimane molto tempo libero, ma quando una cosa piace, la si va volentieri, anche se comporta qualche sacrificio. Che importanza hanno nella sua vita sportiva alimentazione e riposo? Direi che sono alla base di tutto. Ho notato che ogni anno il livello di preparazione di ogni atleta è sempre più alto, quindi per poter competere al meglio, è importante curare ogni dettaglio. Lei ha vinto ben 5 medio fondo assolute nel 2015: la Primavera, la Cunego, la Merckx, la Marcialonga e la Bregonze. Una stagione, quella, passata, che possiamo annoverare tra le migliori della
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Andrea Pontalto vincitore della Marcialonga Cycling Craft 2015 Photo by Newspower.it
sua carriera. Tracciamo un bilancio? Penso che una stagione come quella dell’anno scorso non mi ricapiterà facilmente. Non nego di avere avuto anche un po’ di fortuna, ma per vincere serve anche quella. Penso che la soddisfazione più bella sia stato il podio alla Maratona delle Dolomiti, ma anche le vittorie alla granfondo Eddy Merckx e Marcialonga, a cui tenevo particolarmente, sono ricordi stupendi. Il suo 2016, alla data della nostra intervista, segna finora una sola vittoria: la medio fondo Tre Epic sulle Tre Cime di Lavaredo. Possiamo dire che quest’an-
Andrea Pontalto vincitore della Granfondo Eddy Merckx 2015 Photo by Newspower.it
no le vittorie non sono tante, ma la stagione non è finita e inoltre pare che abbia scelto bene il luogo della vittoria. Giusto? Vincere in un posto come le Tre Cime di Lavaredo è una grande soddisfazione. Gli ultimi 4km sono interminabili e tagliare il traguardo davanti a tutti ti ripaga di ogni fatica. Ho avuto un inizio anno un po’ sfortunato, tra cadute e piccoli problemi di salute. Ma la stagione non è finita e gli appuntamenti più importanti arrivano proprio adesso. Ci parli della sua squadra... Questo per me è il secondo anno che cor-
ro nella Alé Cipollini Galassia. Siamo una decina tra ragazzi e ragazze che puntano a far bene nei medi e nei lunghi. La squadra comunque è composta da un centinaio di iscritti, che si trovano nel weekend per pedalare e divertirsi insieme. Ha in programma qualche gran fondo o rimarrà fedele ai percorsi medi? Diciamo che io punto principalmente a fare i medi, perché come ho già detto prima, il lavoro mi porta via molto tempo. Non escludo però qualche lungo prossimamente. Per ora punto a divertirmi nei medi.
Castelluccio di Norcia
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TRENTO
LA TERRAZZA DELLA CIVILTÀ A cura della Redazione
Fondata ai tempi dei Romani, la città conserva intatte le vestigia di tanti imperi. Dai musei agli antichi castelli, ecco i “tesori” da non perdere
Castello del Buonconsiglio - Photo by Glauco Ulciagrai
I
ncastonata nel cuore delle Alpi, la città di Trento si sviluppò al tempo dei Romani. E di quel periodo conserva ancora parecchi elementi, a partire dallo spazio archeologico sotterraneo di piazza Cesare Battisti per continuare con la basilica paleocristiana, che offrono rari ma completi esempi di urbanistica romana, in un allestimento affascinante e suggestivo. Nel corso della sua millenaria evoluzione, Trento ha saputo attrarre elementi di tradizioni tra loro molto diversi, provenienti dal Nord e dal Sud Europa, fondendoli in un mix davvero unico, tanto da essere stata scelta come sede del Concilio della Controriforma (1545-1563). Dal punto di vista culturale la città propone una gamma davvero ampia di alternative: dalla Storia con la “s” maiuscola che si respira nell’austero Castello del Buonconsiglio (residenza dei vescovi di Trento dal XIII fino alla fine del XVIII secolo, oggi sede di diversi musei) agli aspetti particolari della vita della Chiesa presentati al Mu-
seo diocesano, fino ad arrivare alle mille iniziative ed eventi a carattere scientifico del nuovissimo MUSE Museo delle Scienze, affiancato dalla villa-fortezza cinquecentesca di Palazzo delle Albere. Da non perdere poi Le Gallerie di Piedicastello e il Doss Trento, dove ci si potrà immergere nella storia del Trentino e visitando il Museo delle Truppe Alpine. Senza dubbio il centro politico, religioso e monumentale della città è la piazza del Duomo su cui si affacciano splendidi palazzi nobiliari affrescati come le “Case Cazuffi-Rella. In questa piazza, in cui fu sepolto San Vigilio, sorge l’omonimo Duomo di San Vigilio, in stile romanico, edificato nel 1212 per volere del vescovo Federico Vanga e in cui si tennero tutte le sedute formali del Concilio di Trento. Il palazzo Pretorio e la merlata Torre Vanga del XIII sec. formano assieme al Duomo un complesso spettacolare che domina la piazza, ornata anche dalla settecentesca fontana del Nettuno. Notevoli sono anche i palazzi in stile rinascimentale-veneto e con le fac-
ciate affrescate che sorgono nell’elegante Via Belenzani. Due edifici caratteristici, entrambi del ‘500 sono la chiesa di Santa Maria Maggiore, in marmo rosso, e il palazzo Tabarelli sulla cui facciata sono scolpiti 22 profili di personaggi storici locali. Da visitare infine il Palazzo Pona Geremia del sec. XV con la scenografica facciata, decorata da affreschi raffiguranti episodi di vita della città e miti, e la Chiesa di Sant’Apollinare (XIII sec.) eretta ai piedi del Doss Trento, presso l’antico borgo di Piedicastello. Assolutamente immancabile una visita agli altri Castelli della Provincia di Trento che assieme al Castello del Buonconsiglio rendono questa zona del Trentino Alto Adige un territorio quasi fiabesco: Castello di Stenico, Castel Thun e Castel Beseno. Tutti sono sedi del complesso museale provinciale del Castello del Buonconsiglio. Da non perdere infine nel periodo natalizio un giro tra le bancarelle del mercatino di Trento e magari una visita in quelle degli altri mercatini del Trentino Alto Adige.
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GAUL
L’ANGELO della A cura di Mario Pugliese
MONTAGNA
Come era accaduto a Coppi, il ciclismo lo strappò ad un onesto lavoro di garzone. Storia di Charly Gaul, lo scalatore dai polmoni d’acciaio che, per oltre un lustro, dominò le vette aspre e impossibili delle Alpi, scrivendo pagine memorabili di questo sport Il campione Lussemburghese Charly Gaul
L
a sua specialità erano le salite. Quelle aspre e impossibili delle Alpi ghiacciate, con gli strappi verticali e senza nemmeno il conforto di un tornante dove far rifiatare i polmoni. Charly Gaul, che i francesi pronunciavano “Sciarlì Gol”, era uno scalatore puro. Non un fine stratega che procedeva con scatti assassini, ma un corridore dall’incedere potente che amava il calvario della progressione. Era capace - raccontano i testimoni dell’epoca - di tenere lo stesso ritmo per centinaia di chilometri amministrando al meglio le proprie energie, mentre gli avversari cadevano sfiancati, l’uno dopo l’altro, ai bordi della strada. Nato l’8 dicembre 1932 a Pfaffenthal, in Lussemburgo, Charly Gaul non aveva però soltanto coraggio. Sapeva correre con l’intelligenza tattica dei campioni e in salita possedeva una straordinaria abilità a giocare con i rapporti agili. Lo battezzarono “l’angelo della montagna” perchè, quando c’era da soffrire, lui metteva le ali, spuntando regolarmente dal centro del gruppo e facendo il vuoto dietro di sé. Charly aveva un fisico minuto e secco, nervoso e reattivo, un fisico tagliato per la salita. Tra quei fasci muscolari celava in-
credibili riserve di energia che sprigionava ogni qual volta l’asfalto s’impennava sulle ruote. Ma al di là delle etichette, Gaul andava forte ovunque, anche in pianura. Tra il 1956 e il 1959, si aggiudicò il Tour e, per ben due volte, anche il Giro d’Italia, sbaragliando la spietata concorrenza di Magni, Favero, Géminiani, Baldini e Anquetil. Successi netti, che certificano anche la capacità di difendersi - e a volte di dettar legge - su ogni tracciato. Come era accaduto a Coppi, il ciclismo lo aveva strappato ad un onesto lavoro di garzone. In gioventù lavorava come salumiere finché non fu in grado di mantenersi con il ciclismo. Tra i dilettanti si mise in luce vincendo il Giro dei Dodici Cantoni nel 1951 e la Freccia del Sud nel 1951 e 1953, anno in cui fece il suo esordio come professionista. I risultati non tardarono ad arrivare e il giovane lussemburghese nel 1954 trionfò nel Circuito delle Sei Province e si piazzò terzo nel Campionato mondiale di Solingen, ostacolato da uno scontro con Fausto Coppi. Da qui si originò la storica rivalità con il francese Louis Bobet, vincitore della maglia iridata, che lo relegò nuovamente nel gradino più basso del podio nel Tour de France dell’anno successivo,
quando Gaul vestì però la maglia di miglior scalatore. Il simbolo di re della montagna fu suo in carriera per due volte sia nella corsa a tappe francese (1955-56) che nel Giro d’Italia (1956, 1959). Piacque subito alla gente, per via di quella resistenza alla sforzo, per quell’incedere costante e, soprattutto, per le sue formidabili rimonte. Alla Grande Boucle del 1958 recuperò un quarto d’ora di ritardo a Raphael Géminiani. Al Giro dell’anno seguente stroncò la resistenza del divo Anquetil maltrattandolo lungo le rampe che salivano al Piccolo San Bernardo. Le sue furono imprese davvero straordinarie e solitarie, ottenute senza l’apporto di gregari eccellenti o di una grande squadra. Anche se il suo nome si lega indissolubilmente ad una della tappe più drammatiche e leggendarie del Giro, la Merano – Monte Bondone dell’8 giugno 1956, Charly regalò tante pagine epiche del ciclismo dell’epoca che allora come oggi - si nutriva soprattutto di imprese. La sua vita terminò il 6 dicembre 2005, quando venne ricoverato d’urgenza in un ospedale di Lussemburgo per un’embolia polmonare. Due giorni dopo Charlie Gaul, l’angelo della montagna, avrebbe compiuto 73 anni.
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VOUS ÊTES MON IDOLE A cura di Mario Pugliese
“Tu sei il mio idolo”. Così, in una sera di dicembre del 1997, disse Marco Pantani al grande Charly Gaul. Storia di un incontro leggendario. Con un epilogo feroce L’angelo della montagna Charly Gaul e il campione Marco Pantani - Photo by Bettiniphoto
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arco Pantani detestava i tipi alla Lance Armstrong e adorava quelli come Charly Gaul. Tanto che, nel dicembre del 1997, aveva insistito per andare a trovarlo in Lussemburgo: “Se parliamo di scalatori puri - era il pensiero del Pirata - Gaul è stato il più grande. Quello che ha fatto lui in montagna non l’ha mai fatto nessuno”. Una stima assolutamente ricambiata, visto che tre mesi dopo quell’incontro, durante un’intervista, Charly Gaul parlò così di Pantani: “Marco in questo momento è il ciclista più forte, l’unico capace di staccare tutti in salita. Gli manca un po’ di potenza in pianura, ma quando la strada sale non ce n’è per nessuno”. A quel punto, un cronista gli chiese: Pantani più forte anche di Charly Gaul? “In questo finale di millennio - era stata la risposta - Marco è il più forte di tutti. Ma la sua
storia deve essere ancora scritta e dunque a questa domanda potremo rispondere solo quando appenderà la bicicletta al chiodo”. L’incontro fra il romagnolo e il lussemburghese - in un’indimenticabile serata del 5 dicembre del 1997 - si celebrò fra sorrisi, abbracci e reciproci attestati di stima: “E’ stata una sorpresa - disse Gaul - che abbia chiesto lui di incontrarmi: non l’avrei mai immaginato”. Per Marco, invece, conoscere Charly Gaul era un desiderio che aveva fin da ragazzino quando, in tivù, sentì raccontare per la prima volta di quell’Angelo della Montagna capace di scrivere una pagine leggendaria del ciclismo battendo gli avversari e la bufera di neve sulla mitica salita del Monte Bondone. Pantani considerava Gaul il suo antesignano, il grimpeur che - più di tutti - gli assomigliava. Uno di fronte all’altro, in quella sera
di dicembre, nella casa del lussemburghese, i due si scambiarono racconti ed aneddoti. Con la riverenza che si tributa alle leggende, fu Marco - che di lì a poco avrebbe trionfato a Giro e Tour - a chinarsi di fronte a quel campione, dicendogli in un francese tremolante “Vous êtes mon idole” (Tu sei il mio idolo). Ma perché Pantani voleva incontrare prima possibile Charly Gaul? “Ormai ha la sua età - confidò ad un amico - e so anche che non sta troppo bene di salute. Ci terrei a salutarlo prima che lui muoia”. Per una feroce circostanza del destino, nel febbraio del 2004, fu Charly Gaul a presenziare, avvolto nel suo paletot grigio, ai funerali di Pantani. E ai cronisti che, con discrezione, gli chiedevano un ricordo, l’Angelo della Montagna, con la voce rotta dall’emozione, affidò queste parole: “Ora che è sceso dalla bicicletta posso dirlo, forse lui era più forte di me”.
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a Forlì & dintorni A cura di Gianluca Comandini
Attorno al “zitadòn” tanti percorsi per gli amanti del pedale. Che tra vestigia romane e testimonianze del ventennio trovano in questo lembo di Romagna il loro habitat ideale
L
a fondazione romana, il medioevo, il rinascimento, l’epoca della rivoluzione industriale, l’era fascista. I 2200 anni di Forlì sono fatti di mattoni e marmi, chiese e palazzi, architetture che si sovrappongono, si stratificano e diventano un film di pietra che racconta meglio di tante parole le mille mutazioni di
una città che ha sempre avuto un ruolo importante nella storia d’Italia. A metà ottocento per i romagnoli diventò “e zitadòn” (il cittadone) a causa dell’esplosione demografica dovuta all’industrializzazione, dopo la presa del potere da parte di Mussolini fu “la città del Duce”, oggi è una tranquilla città di provincia ricca di iniziative
culturali e sportive, circondata da un territorio molto amato dai cicloamatori per i tanti percorsi che si inerpicano verso l’Appennino Tosco-Romagnolo. Uno dei più frequentati (anche dai motociclisti, fate attenzione) è quello che dalla città porta verso il Passo del Muraglione, il valico che divide Romagna e Toscana,
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Territori delle colline Forlivesi
che attraversa alcuni piccoli paesi che meritano una visita per le loro singolari particolarità. Lasciata la centralissima Piazza Saffi e superato il monumentale Piazzale della Vittoria con le sue memorie architettoniche del “ventennio”, dirigetevi verso le prime colline. Prima di raggiungere la località termale di Castrocaro, una piccolissima deviazione vi porterà alla cittadella fortificata di Terra del Sole, l’avamposto militare voluto da Cosimo I de’ Medici che è uno degli esempi meglio conservati delle teorizzazioni urbanistiche rinascimentali. Dopo quattro passi fra i bastioni tornate in sella e proseguite sulla valle del fiume Montone. Dopo aver superato l’abitato di Dovadola vi troverete ad attraversare Rocca San Casciano, un grazioso borgo molto noto in Romagna per i resti del castello che domina il corso del fiume e per la suggestiva “Festa dei Falò” in cui ogni 19 marzo, giorno dedicato a San Giuseppe, la cittadinanza si riunisce per cenare in allegria intorno ai fuochi accesi sulla riva del fiume. Ancora pochi chilometri e la statale 67 vi porterà alla medioevale Portico di Roma-
Piazza Saffi Forli
gna e al suo “Ponte della Maestà”, una bellissima struttura in pietra a schiena d’asino. Poco dopo il paese si incontra il bivio per Premilcuore con l’impegnativa deviazione che, attraverso il Passo della Valbura, immette verso la Valle del Rabbi . Proseguendo sulla direttrice principale invece si incontra la frazione di San Benedetto in Alpe dove merita una visita l’abbazia costruita intorno all’anno 1000 dai monaci benedettini che ospitò Dante Alighieri durante il suo esilio da Firenze. Di qui ha inizio il sentiero che, in poco più di un ora di cammino, porta all’imponente cascata dell’Acquacheta, una delle escursioni più famose della Romagna. Ora la strada inizia a salire progressivamen-
te e, dopo circa tre chilometri, si raggiunge la località di Osteria Nuova che segna il confine amministrativo fra Emilia-Romagna e Toscana. La parte finale dell’itinerario è costituita da sette tornanti che attraversano un fitto bosco di latifoglie e in alcuni tratti costringono a mettersi in piedi sui pedali per superare le pendenze che raggiungono anche il 10%. Non bisogna scoraggiarsi però, la meta è vicina e, dopo alcune centinaia di metri di strada meno tortuosa, dietro un’ultima curva si incontra la parete di pietra fatta costruire per riparare i viaggiatori dal forte vento a cui il passo deve il nome. E se siete arrivati fin qui una pausa ristoratrice al rifugio ve la siete davvero meritata.
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VIVERE LA MONTAGNA
MONTE
BONDONE
IMPOSSIBILE ANNOIARSI A cura di Gianluca Comandini
Spigolando tra relax e “vacanza attiva”, scopriamo le infinite opportunità dell’Alpe di Trento dove, per dodici mesi all’anno, c’è sempre qualcosa da fare Photo by A. Russolo
S
pigolando tra lo shopping delle eleganti vetrine del centro storico di Trento ed il brivido di discese mozzafiato con le scioline ai piedi. Questo - e molto altro - si può trovare sul Monte Bondone. “L’Alpe di Trento” si trova a circa quindici chilometri dalla città ed è un punto di riferimento per gli sportivi in tutte le stagioni. Ciclisti, trekkers, ma anche semplici appassionati di passeggiate nella natura trovano qui la loro meta ideale. Durante l’estate l’imbarazzo della scelta è fra il relax, godendosi i meravigliosi scorci dolomitici, o la vacanza “attiva”, assistendo o partecipando ad uno dei tanti eventi che vengono organizzati sulle strade. Ma quando le temperature si abbassano il Monte Bondone diventa un vero paradiso per gli appassionati di sport invernali. La tradizione che lega questi luoghi allo sci ha radici lontane (basti pensare che, nel 1934, qui venne realizzato il primo impianto di risalita d’Europa che operava come slittovia) e si è mantenuta ed evoluta col tempo, creando strutture all’avanguardia e piste sempre più emozionanti. Non a caso,
su questi particolari tracciati innevati, nel 2013, si è svolta la 26ª edizione delle Universiadi invernali. La più nota è certamente la “Gran Pista”, inserita nella classifica delle 100 discese più belle del pianeta stilata dalla CNN. Questa bella “rossa” piuttosto tecnica si affaccia sul massiccio delle Dolomiti di Brenta e nei suoi 3550 metri attraversa boschi di conifere e betulle e, grazie all’ottimo impianto di innevamento programmato, è utilizzabile al meglio anche nei periodi con scarse precipitazioni. A renderla molto apprezzata dai discesisti contribuisce anche la seggiovia “Rocce Rosse” che, in poco più di sette minuti, supera i quasi novecento metri di dislivello. Anche gli snowboarder più esigenti trovano il loro habitat ideale sul Bondone. L’half pipe da 120 metri di lunghezza con pareti molto alte consente di tentare i “trick” più arditi ed emozionanti, la “linea verde small” e la “linea rossa medium” per lo slope style, l’unico limite sono l’abilità e il coraggio dell’atleta.
per mattinieri. Il giovedì e il sabato infatti lo snowpark e le piste Cordela, Diagonale Montesel e Lavaman sono illuminate fino alle 22.30, consentendo agli stakanovisti della neve di provare l’emozione di una discesa sotto le stelle. E per gli amanti dello sci nordico il Centro Fondo Viote offre 37 chilometri di piste per tecnica libera e classica tracciate lungo la soleggiata Conca delle Viote a 1.565 metri di altitudine, riconosciuta come il paradiso dello sci da fondo, tra la ricca vegetazione alpina ai piedi delle Tre Cime del Monte Bondone. E se non si è capaci o non si vuole sciare? Tranquilli, c’è posto anche per voi. Potete sperimentare l’atmosfera accogliente dei rifugi, accompagnare i vostri figli al family village o sorseggiare una bevanda calda allo skibar mentre guardate i vostri amici perdersi all’orizzonte o muovere i primi passi sugli sci. Una sola cosa non si può fare sul Monte Bondone: annoiarsi.
La “montagna di Trento” sfata anche la tradizione che vuole che lo sci sia uno sport
Per saperne di più: www.discovertrento.it/monte-bondone
AISAM! prima e dopo
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LA GARA OLIMPICA DI MTB
PER GLI AZZURRI SOLO RIMPIANTI Il vincitore Nino Schurter
I
Giochi Olimpici di Rio hanno regalato spettacolo ed emozioni a non finire con la prova della mountain bike, nella giornata conclusiva della manifestazione. Su un percorso tecnico ma scorrevole, a sorridere sono stati una giovanissima outsider svedese in campo femminile, mentre nella gara maschile il pronostico è stato pienamente rispettato. Quella di Rio è stata la sesta corsa olimpica per la disciplina della mountain bike. Da quel 1996, ad Atlanta (esordio olimpico per la MTB), è proprio il caso di dire che “di acqua sotto i ponti, ne è passata davvero tanta”. Le vittorie di Paola Pezzo e Bart Brentjens sono tanto lontane nel tempo e forse anche tanto distanti dal mountain biking attuale. Tutto diverso, a partire dai tracciati: completamente artificiale e ricco di Rock Sections quello di Rio, quasi tutto naturale quello di Atlanta. Vegetazione rada per non dire assente in Brasile, tantissimi alberi negli States. La durata della gara, per fare un raffronto, è l’elemento che più di tutti ha segnato l’evoluzione del mountain biking: 2 h 17 nel 1996 per Brentjens, 1 h 33 per colui che si è aggiudicato l’oro 2016 a Rio. A livello
tecnico poi tutto è diverso: bici leggerissime, tante full suspended, freni a disco, ruote da 29”, posizione del biker rialzata, manubri larghissimi e pressioni delle gomme portate al minimo, nel segno del grip. La gara femminile - Rio de Janeiro, Brasile. Sabato 20 agosto 2016, h 12:30: il grande giorno è arrivato per le specialiste della mountain bike. Al via si presentano in 29. Fa caldo (33°). Sei giri + il lancio. Subito in fuga la giovane svizzera Linda Indergan. Sembra la giornata delle outsider. Prima della metà gara, riassorbita la svizzera, si portano al comando le vere pretendenti: Jenny Rissveds (Svezia), Maja Wloszczovska (Polonia) e Jolanda Neff (Svizzera, già nella top ten nella prova olimpica su strada). Dopo qualche attacco, la Neff perde contatto e davanti rimangono in due. Abile in discesa, forte in salita, la Rissveds mette la freccia nell’ultima tornata. La rivedranno solo all’arrivo. Campionessa olimpica, un sogno che diventa realtà per la svedese, che anticipa di 37” una Maja Wloszczovska felicissima. Per il terzo posto derby tutto canadese con Catherine Pendrel capace di anticipare una delusa Emily Batty. Quinta la
ceca Katerina Nash. Solo 18ª, a 8’30, l’unica azzurra al via, Eva Lechner. La gara maschile - Rio de Janeiro, Brasile. Domenica 21 agosto 2016, h 12:30: è il giorno degli uomini. Cielo coperto, fresco di pioggia, che ha reso scivoloso il percorso. Sette giri + il lancio. Da giorni non si parla d’altro. Dal 7 giugno si è parlato poco dei favoriti, perché un’agenzia aveva battuto una notizia inattesa: Peter Sagan, il campione del mondo di ciclismo, sarebbe stato al via dei Giochi, ma in MTB! La notizia in pochi attimi ha fatto il giro del mondo e da allora non si è parlato d’altro. Lo slovacco, classe 1990, esaminato il percorso della gara su strada di Rio, aveva deciso di tornare al primo amore, la mtb, nella cui specialità fu campione del mondo junior nel 2008. A pochi minuti dal via, molti sono gli interrogativi: Sagan sarà in grado di impensierire i titolatissimi Schurter, fresco campione del mondo, Kulhavy campione olimpico in carica e compagnia? E poi, partendo in ultima fila, col numero 50, come farà a rimontare per essere davanti? E il nostro Fontana, reduce da un quadriennio difficile, sarà capa-
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Luca Braidot migliore degli azzurri chiude al 7° posto
Gli sfortunati di giornata Peter Sagan e il nostro Marco Aurelio Fontana Il podio femminile
A cura di Paolo Mei
A Rio pronostici rispettati nella gara maschile, mentre tra le donne trionfa un’outsider. E l’Italia? Protagonista fino a quando la jella non ci ha messo lo zampino… ce di avvicinarsi al bronzo pieno di rimpianti di Londra 2012? Veniamo alla gara: allo sparo della pistola il più lesto a portarsi in testa è Marco Aurelio Fontana. In meno di un minuto e mezzo Peter Sagan, con una partenza incredibile, si porta al terzo posto, sulla ruota del favorito: lo svizzero Nino Schurter. Nelle prime posizioni il francese Victor Koretzky e il sorprendente israeliano Shlomy Haimy. Fontana tira il gruppo con “trenate” incredibili, conducendo il mezzo con una tecnica da fuoriclasse. Sagan sembra essere in formato “Tour”, quando all’improvviso sia lui che Fontana scompaiono dalla testa della corsa: foratura anteriore per entrambi. Colpo di scena. La gara perde due protagonisti e, forse, l’interesse di molti appassionati. Stessa sorte per Koretzky e Haimy. A questo punto uno strabiliante Luca Braidot porta i colori azzurri al comando con un forcing inatteso. Braidot verrà ripreso in pochi minuti dal duo Schurter - Kulhavy, che si porta appresso lo spagnolo Carlos Coloma che, per l’occasione, sfoggia un baffo alla “Hermida”, con il trentenne francese Maxime Marotte poco distante. Braidot perde
qualche posizione e viene ripreso dal francese Juilien Absalon, uno dei big al via che in quel momento naviga attorno all’ottava posizione. Fontana è fuori dai giochi, mentre l’altro azzurro, Andrea Tiberi, pedala attorno alla ventesima posizione. In poco tempo al comando restano in due, guarda caso i due super favoriti: Schurter e Kulhavy. Tecnico e spettacolare il primo, concentrato e più incollato al terreno il secondo. Dopo aver testato la gamba del ceco, Nino Schurter rompe gli indugi e, nella salita pietrosa, allunga e se ne va verso il suo primo oro olimpico. Dopo il bronzo a Pechino e i l’argento a Londra, l’allievo di Thomas Frischknecht chiude la scalata vincendo l’oro in 1H 33’28”, con 50” di vantaggio su Yaroslav Kulhavy, 1’23” su Carlos Coloma. Quata piazza per Marotte, quinta per la sorpresa di giornata, il colombiano John Botero. Il migliore degli azzurri è il forestale Luca Braidot, che chiude settimo a 2’53” da Schurter, ma davanti a Julien Absalon. “Ho fatto una bella gara - dice Braidot - ho sofferto per i crampi, ma adesso ho quattro anni di tempo per annullare il gap coi primi: vi do appuntamento a Tokio, nel 2020! Vo-
glio dire grazie a tutti coloro che mi hanno sostenuto”. Andrea Tiberi chiude 19°, vittima anche lui di una foratura, nell’anno più difficile della sua vita. Il piemontese, campione italiano 2015, pochi mesi fa ha avuto un gravissimo problema di salute, splendidamente superato, tanto da guadagnare la convocazione olimpica nonostante una forma atletica giocoforza non ottimale. Ecco le sue parole: “Avrei preferito lottare per la top 10, ma una foratura mi ha relegato più indietro. Ho comunque vissuto un’esperienza incredibile e voglio ringraziare tutti coloro che mi hanno incitato, anche solo col pensiero”. E Fontana? Dopo ben tre forature è riuscito a chiudere ventesimo, con le lacrime agli occhi e lo sguardo comprensibilmente deluso. Ecco le sue parole, ancora una volta - sembra una maledizione - piene di rimpianti: “Oggi eravamo giusti, c’eravamo. Ho versato lacrime, voglio ringraziare tutti i tifosi, sono arrivato al top della forma. Ho attaccato subito. Ho forato, ma sono certo che potevo andare a medaglia. Grazie a tutti per il sostegno, la vita continua e adesso mi concentrerò sul finale della Coppa del Mondo”.
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DA TRENTO A NOVERETO Le piste ciclabili in sicurezza totale - Photo by R. Kiaulehn
LA VACANZA
SLOW
U
na segnaletica ben curata, percorsi adatti anche alle famiglie con bambini e “bicigrill” disseminati lungo la strada dove sorseggiare un caffè, gustarsi uno snack o controllare la pressione delle gomme. E ovviamente dei paesaggi spettacolari dovunque si posi lo sguardo. Sono questi gli ingredienti della via trentina al turismo eco-sostenibile, un percorso riservato ai turisti su due ruote che si snoda per oltre quattrocento chilometri e che permette di attraversare tutta la regione sui pedali, dalla città di Trento a quella di Ro-
A cura della Redazione
Alla scoperta della via trentina al turismo eco-sostenibile, quattrocento chilometri immersi nella natura, dalle Dolomiti al Lago di Garda
vereto, dalle Dolomiti di Brenta Patrimonio Unesco al Lago di Garda. Gli itinerari sono studiati per assecondare tutte le esigenze. Dalla salita mitica percorribile con bici da strada o mountain bike che si inerpica sulle pendici del Monte Bondone dedicata alla memoria di Charly Gaul alla pista ciclabile che attraversa la Valle dei Laghi qui trovano il loro “habitat naturale” sia il ciclista esperto che cerca la salita impegnativa sia il neofita che vuole semplicemente godersi una corroborante passeggiata con il vento fra i capelli. Si pedala fra i campi di mele o fra i vigneti,
nei centri urbani o lungo i boschi, in riva ai laghi o costeggiando l’Adige, su percorsi il cui grado di difficoltà è ben segnalato dai cartelli che aiutano il ciclista ad orientarsi e a capire se le difficoltà da affrontare sono eccessive o adeguate. Tanti tracciati, con mille caratteristiche differenti, ma accomunati da un’unica peculiarità: permettono di vivere questa esperienza in totale sicurezza. E se la stanchezza accumulata dovesse essere eccessiva tornare al punto di partenza non sarà un problema grazie alla fitta rete di trasporti pubblici che consente di trasportare le biciclette con facilità.
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LA VECIA FEROVIA DELA VAL DE FIEMME
COLPO DI RENI DI A cura della Redazione
TIBERI
Epilogo thriller per la 20ª edizione della storica corsa trentina. Completano il podio Longa e Fruet. Tra le donne mai in discussione la vittoria di Maria Cristina Nisi
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ent’anni sono un traguardo importante e, lo scorso 7 agosto, a “La Vecia Ferovia dela Val de Fiemme” sono stati festeggiati come meglio non si poteva. A soffiare idealmente sulla maxi-torta oltre 1000 bikers, i veri protagonisti della gara, valida come quarta tappa del circuito Trentino MTB. Kermesse, come sempre, molto affollata quella lungo l’antico tragitto del treno che, fino agli anni ’60, saliva dalla Valle dell’Adige in Val di Fiemme, piacevole da pedalare grazie ad un dislivello ‘abbordabile’ (1056 metri in totale), con i primi chilometri mol-
to veloci ed una seconda parte a regalare agli appassionati due salite considerevoli, che fanno de “La Vecia Ferovia” un must di Trentino MTB. Tanti i nomi d’élite al via, ma bastano i primi cinque classificati - Tiberi, Longa, Fruet, Pettinà e Kerschbaumer - per capire il livello nella gara di testa, considerando che dietro sono finiti atleti del calibro di Casagrande, Deho, Righettini, Adaos Alvarez, Vieider e Pallhuber. Partenza ad Ora, in Valle dell’Adige, subito ritmo elevato. Dopo le prime vibranti pedalate, lasciata Ora per inoltrarsi nell’ameno parco di Castelfeder, si registrano già i
primi scatti con Fruet al comando di un gruppetto composto anche da Pallhuber, Lombardi, Schweiggl e Kerschbaumer. Primo parapiglia a Pinzano per lo sprint del traguardo volante e subito Pettinà a sverniciare Visinelli; poi, sul caratteristico ponte ferroviario sopra Pinzano, il gruppo dei primi si ricompatta. Transitano a calamita Kerschbaumer, Lombardi, Schweiggl, Adaos Alvarez, Rebagliati, Degasperi e, subito a ruota, anche Fruet, Tiberi, Longa e Pettinà. “C’è sempre una luce in fondo al tunnel. Speriamo che non sia un treno”, diceva Woody Allen. Ed in questa gara proposta
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Andrea Tiberi e Maria Cristina Nisi i vincitori della 20.a edizione - Photo by Newspower.it
dalla Polisportiva Molina di gallerie ce n’erano ben cinque. All’entrata della terza un cartello avvisava “attenzione, fischio del treno” per evitare “infarti” perché un altoparlante riproduceva, come in passato, lo sferragliare ed il fischio del treno. All’uscita della galleria, a Masi di Doladizza, il primo a vedere la luce era Vito Buono, terzo lo scorso anno all’arrivo di Molina, quindi Tiberi e Longa, poi a qualche ruota di distanza c’era Fruet a movimentare l’andatura con un gruppetto composto da Adaos Alvarez, Deho, Valsecchi e Pettinà. Alla stazione di Pausa “treno” in grande anticipo rispetto al ruolino di marcia con
Vito Buono, Andrea Tiberi, Marzio Deho, Righettini, Longa, Fruet e Kerschbaumer ben decisi a tenere alto il ritmo. In vista di San Lugano, col GPM a dispensare premi di valore, Vito Buono sguscia via e si sfila dal controllo di Tiberi, Fruet e Longa, ma è solo uno dei tanti tentativi che non lasceranno tracce sul risultato finale. Poi in discesa Buono fora e dà l’addio alla comitiva. Al successivo traguardo volante di Castello, dopo il transito da Aguai, Tiberi incassa il premio di sprinter e si mette dietro Pettinà, Longa e Fruet, che invano tentano l’aggancio. La gara riservava poi l’ostica salita “Muro della Pala”, un breve ma intenso tratto da brivido. Al culmine svetta Longa con Tiberi alle calcagna, Pettinà e Fruet ancora ben lontani dall’arrendersi, anche se il traguardo finale era ad una manciata di chilometri. Nel finale Tiberi mette il turbo, scavalca Longa che non demorde e i due si presentano insieme sull’ultima erta di giornata tra un folto pubblico. Sono uno in fila all’altro: Tiberi non molla, Longa men che meno, ed è volata per il successo della 20ª edizione de La Vecia Ferovia dela Val de Fiemme, con Tiberi autore di un 1h28’47” che non ammette repliche, Longa paga 2” e - dopo altri 10”
- arriva, stravolto, Martino Fruet. Maria Cristina Nisi, un passato da professionista su strada, è partita subito veloce, ha pedalato con i più forti e non ha mai perso la testa della gara rosa. Una vittoria mai messa in discussione, con la grossetana sempre pimpante.Ha chiuso la gara con 1h41’26” con oltre 3 minuti sulla bella sorpresa di giornata, l’altoatesina Greta Seiwald, capace di mettersi dietro, anche se solo di un soffio, Mara Fumagalli, Lorenza Menapace ed Elena Gaddoni. Trentino MTB esalta le prestazioni dei suoi protagonisti ed in testa al circuito dopo la Vecia Ferovia risultano Franco Nicolas Adaos Alvarez (OPEN); Andrea Zampedri (ELITE SPORT); Lorenza Menapace (FU); Michael Wohlgemuth (JU-JMT); Andrea Zamboni (M1); Ivan Degasperi (M2); Claudio Segata (M3); Michele Bazzanella (M4); Tarcisio Linardi (M5); Piergiorgio Dellagiacoma (M6), mentre nella classifica dello Scalatore svettano Lorenza Menapace e Andrea Zamboni. Applausi a non finire per questa gara d’inizio agosto, che raduna sempre un bel numero di non tesserati (oltre 300), di donne (la più partecipata della regione da queste ultime) e corridori d’alto profilo.
ValdiNon Bike 2016 - by Newspower.it
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SMP
NUOVA SELLA SMP BLASTER,
IL TOP IN FATTO DI VERSATILITÀ PARTICOLARMENTE INDICATA PER GLI ATLETI CHE AMANO LE SELLE ABBASTANZA RIGIDE La sella Blaster si è dimostrata, attraverso scrupolosi test, molto versatile e ottima per il ciclismo su strada, il Triathlon ma anche la Mtb.
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viluppata sulla base del modello Composit con l’aggiunta di una sottile imbottitura uniformemente distribuita su tutta la superficie, la sella Blaster si adatta facilmente ad una ampia gamma di conformazioni fisiche. Blaster riprende le peculiarità dell’esclusiva filosofia Designed on Your Body di Selle SMP: ampio canale centrale che evita lo schiacciamento delle zona perineale; punta a “becco d’aquila” che libera da compressione i genitali esterni; avvallamento posteriore che previene traumi al coccige causati dalle asperità del terreno; carrello più lungo sul mercato per garantire la più ampia regolazione in termini di avanzamento/arretramento della sella. Disponibile anche nelle versioni carbon e nelle nuove colorazioni 2017 Giallo fluo e azzurro.
SCHEDA TECNICA Uso consigliato: Strada – Mtb – Triathlon Livello imbottitura: Minima Materiale Imbottitura: Elastomero espanso Rivestimento: Vera Pelle (solo per il colore nero) Microfibra (per i colorati) Scafo: Nylon12 caricato carbonio Telaio standard: Inox AISI 304 Ø 7,1 mm Telaio opzionale CRB: Carbonio unidirezionale 7,1 x 9.6 mm Dimensioni: 266 x 131 mm Peso: 255 gr – 205 gr versione Carbon Disponibile nei colori: nero, bianco, rosso, giallo, giallo fluo, verdeIT, verde, azzurro e blu Prezzo in linea con i prodotti Selle SMP Disponibile indicativamente da Novembre 2017
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L’EROICA
SULLE STRADE DI GINO BARTALI Photo by Giordano Cioli
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imenticate la fibra di carbonio, i cambi elettronici, le maglie da gara in materiale Hi-Tech. Dimenticate le ruote ad alto profilo e anche i computer fissati sul manubrio. Dimenticate che siamo nel 2016. Dimenticate la tecnologia. Qui non si parla di una gran fondo qualunque: Questa è l’Eroica. Giancarlo Brocci è un “toscanaccio” verace con due passioni: il suo paese - Gaiole in Chianti - con quelle colline che lo attorniano, famose in tutto il mondo per i panorami indimenticabili, e il ciclismo, quello autentico, fatto di fatica e di uomini d’altri tempi, che hanno scritto la storia dello sport. La voglia di unire questi due amori nel 1995 fa nascere la Gran Fondo del Parco Ciclistico del Chianti, una manifestazione creata per
raccontare ai cicloamatori quanto sia bello pedalare in quel lembo di Toscana racchiuso fra Arezzo, Firenze e Siena. Quando arriva il fatidico momento di intitolare la gara a un atleta particolarmente rappresentativo, per Brocci la decisione è più che naturale. La Toscana è da sempre la patria del ciclismo, qui sono nati fior di campioni ma ce n’è uno che - per carisma e palmares - eccelle su tutti, un protagonista dell’epica di questo sport: Gino Bartali. La corsa chiantigiana ottiene immediatamente un buon successo e, solo due anni dopo la prima edizione, la fervida inventiva di Brocci genera un‘idea vincente: premiare gli iscritti regalando loro la possibilità di partecipare ad una seconda gara realizzata ad hoc, una corsa che possa riportarli
indietro nel tempo per vivere di persona il ciclismo che fu, quello del duello fra Coppi e Bartali. Una competizione che faccia toccare con mano agli atleti di oggi quanto fosse difficile quel ciclismo “eroico”. Si dà l’addio all’asfalto e si traccia un percorso sulle strette serpentine bianche disegnate su e giù per questi colli, punteggiati di castelli e vigne a perdita d’occhio da cui si ricava un vino straordinario. Anche le bici devono essere in linea con lo spirito della corsa: l’epopea del ciclismo non è certo stata fatta su mezzi progettati in laboratori fantascientifici, ma su biciclette costruite dalle mani degli artigiani in piccole officine. Va da sè che l’abbigliamento degli atleti in gara debba rifarsi a questo stile. Banditi i completini fluo in cui i cicloamatori scia-
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A cura di Gianluca Comandini
Ad Ottobre, tra le vigne di Gaiole in Chianti, la ventesima edizione della corsa più attesa dell’anno. Dove il carbonio non esiste e i corridori sfidano gli sterrati con le stesse armi di 70 anni fa
mano sulle strade la domenica, si torna alle maglie di lana dai colori pastello, ai berretti con la visiera alzata, agli occhialoni da motociclista di inizio Novecento. Ma fin dalla prima edizione è apparso subito ben chiaro che l’Eroica non era e non sarebbe mai diventata una rievocazione storica, una vuota rappresentazione in costume. La filosofia di questa gara è quella di portare ogni partecipante a misurarsi con se stesso, senza le facilitazioni della tecnologia, fino a scoprire i propri limiti e a superarli, a compiere, secondo le proprie possibilità, un’impresa come quelle dei campioni dell’epoca d’oro del pedale. Questo approccio etico che muove chi vi prende parte è il motivo per cui quella prima pedalata, che contava novantadue
“pionieri”, è diventata una delle manifestazioni più apprezzate a livello mondiale. E le migliori testimoni sono le sue “gemelle” nate in California, Giappone, Spagna, Inghilterra, Sudafrica e Uruguay. Dal 2007 al popolo degli amatori si è affiancato anche quello dei professionisti, che con grandissima soddisfazione hanno riscoperto un modo di correre in bicicletta diverso dal solito, sia per quanto riguarda l’uso dei mezzi d’epoca, sia per le difficoltà tecniche di dover correre sullo sterrato. Per comprendere quanto sia stata qualitativamente importante la partecipazione dei Pro basti pensare che nell’albo d’oro figura per ben due volte il nome di Fabian Cancellara. I paesaggi da cartolina illustrata che vengono attraversati dai cinque itinerari tracciati
dagli organizzatori aggiungono all’Eroica un fascino intramontabile. Si scelga la Passeggiata di 46 chilometri o il percorso lungo di 209, ogni percorso porta verso luoghi di indiscussa bellezza: Siena, il Castello di Brolio, il borgo di Montalcino e i suoi filari di viti, da cui si ottiene il celebre Brunello, le vie sterrate, scrivono un racconto di incanto che sembra aver fermato il tempo. Il prossimo due ottobre, per la ventesima edizione, saranno in cinquemila ad alzare nuvole di polvere sulle strade bianche del Chianti, in una grande festa in cui ognuno è protagonista e dove l’ordine d’arrivo non è importante tanto quanto il viaggio che viene compiuto per arrivare al traguardo, sfidando se stessi e tutti gli imprevisti lungo il percorso.
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MAI DIRE
“NON MOLLARE”! A cura di Claudia Maffi
Come e quanto il tifo influenza la nostra mente? Alcune ricerche psicologiche ci indicano l’incitamento perfetto. E quelli da evitare assolutamente
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chi non è mai capitato di tifare il “corridore del cuore” con frasi del tipo “Vaaaai!”, “Non mollare!”, “Non arrenderti!”, pensando in questo modo di spronare ed incitare. Di per sé l’intenzione è ottima: tutti noi sappiamo, infatti, che il tifo - con le sue parole di incoraggiamento - trasmette forza, stimola gli atleti a tirar fuori tutte le energie di cui dispongono. Tuttavia, la psicologia dello sport sottolinea l’importanza di esprimere il tifo utilizzando sempre e comunque un linguaggio positivo (“Alè Alè! Tieni duro!”), anziché in negativo come in tanti siamo abituati a fare (“Daai!, Non Mollare!”): questo perché il “Non” non esiste nel linguaggio del pensiero o, meglio, la nostra mente per capire “cosa non dobbiamo fare” deve prima rappresentarsi quella tal cosa o situazione. Quindi, per comprendere a livello mentale il significato del “Non mollare!”, il corridore dovrà prima, in automatico, pensare al fatto di “mollare” e per un ciclista stremato dalla fatica quest’immagine non sarà certo d’aiuto. Così, seppur l’intento è di incitare, rischiamo invece di provocare l’effetto opposto. “Stai attento alla discesa! Vai, non cadere!” e la prima cosa che balenerà nella mente del corridore sarà proprio l’immagine di lui che si ribalta rovinosamente dalla bici, sollecitato da quelle parole a rappresentarsi mentalmente lo sbaglio che dovrebbe non commettere. Non sto dicendo che utilizzan-
do la desinenza “Non” indurrete sempre gli atleti in errore, tuttavia d’ora in poi sarete consapevoli dell’effetto che le vostre parole susciteranno nella mente dell’atleta. E dunque, esprimersi con frasi positive otterrà sicuramente un miglior effetto sui vostri beniamini. Anche per il ciclista stesso, durante la gara, è importante parlarsi ed incitarsi utilizzando un linguaggio positivo, il cosiddetto “self-talk”. Il principio di questa tecnica si basa sullo stretto legame esistente fra corpo & mente: i pensieri e le parole che il corridore si dice, prima e durante la gara, inviano automaticamente segnali coerenti al corpo. Così, se l’atleta impara ad incitarsi utilizzando frasi espresse in positivo, anche tutto il suo corpo andrà in quella direzione. Sottovalutarsi, all’opposto, avrà l’effetto di indebolire non solo la mente, ma anche il corpo che risponderà “svuotandosi” di energia ed il peggioramento nella performance che potrebbe derivarne avrà il probabile effetto di demotivare ancora di più l’atleta. Così come le parole ed i pensieri possono “provocare” effetti sul corpo, è vero anche il contrario: il corpo può influenzare la mente. Infatti non solo il linguaggio verbale ma anche quello non verbale (il linguaggio del corpo fatto di posture, movimenti ed espressioni facciali) ha il potere di inviare dei segnali alla mente. Ad esempio, se prima della partenza il corridore assume un’espressione tesa e preoccupata con le spalle curve in
avanti, i muscoli tesi, scuotendo rassegnato la testa, starà comunicando insicurezza e sfiducia non soltanto all’esterno, ma anche all’interno di se stesso. Questa sarà l’immagine che l’atleta auto- indurrà nella sua mente ancor prima di iniziare la competizione. Quante volte, ancora in griglia, i corridori assumono “posture ed espressioni facciali tese ed insicure”? Magari i più lo fanno senza neppure rendersene conto. Paul Ekman, docente di psicologia alla University of California, dimostrò come le espressioni facciali e la postura del corpo influenzano l’umore: il viso non è quindi soltanto un mezzo per esprimere le emozioni, ma può anche attivarle; così un’espressione positiva provocherà un istantaneo effetto anche nel cervello, inducendo l’atleta alla calma e riducendo le tensioni. Questa informazione potrebbe tornare utile soprattutto ai ciclisti più ansiosi che, in partenza, tendono ad assumere abitualmente sguardi tesi e preoccupati: accorgersi di questi atteggiamenti è il primo passo per correggerli! Se vi renderete conto di avere assunto un’espressione tesa ed insicura, per esempio, potreste sforzarvi di sorridere e questa semplice modifica nel vostro aspetto migliorerà all’istante anche il vostro umore, consentendovi più facilmente di raggiungere distensione mentale, condizione che favorirà la concentrazione durante la gara.
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VAL DI SOLE MARATHON
Un “Mig” di nome
MEDVEDEV A cura della Redazione
Nella quinta tappa del Trentino Mtb spettacolare duello con Longo poi, nel finale, il russo cambia marcia e taglia il traguardo solitario. Tra le donne domina Mara Fumagalli, a Fruet il percorso corto
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n una soleggiata, manco a dirlo, Val di Sole (Tn), i big della Val di Sole Marathon hanno dato spettacolo. Doveva essere una gran lotta fra i tanti favoriti, ma subito dopo la prima asperità Tony Longo e Alexey Medvedev hanno deciso tutto. Due lepri imprendibili, poi dopo metà gara Medvedev ha aperto il gas e per lui è stato un bel bis consecutivo. Gara decisamente dura la Marathon con 60,8 km ed un notevole dislivello e, tra le donne, a dettar legge è stata Mara Fumagalli sempre davanti a tutte per l’intera corsa. In quella che era la penultima tappa di Trentino MTB c’era anche la versione “classic” con 40 km che per metà gara hanno visto pareggiare i conti Martino Fruet e Andrea Zamboni, poi il corridore del Team
Lapierre in discesa ha fatto la differenza, proprio come la sua compagna di squadra Anna Oberparleiter: doppia vittoria per il team trentino. Novecento gli iscritti per questa quarta edizione, salutata da una giornata da cartolina con cielo azzurro e caldo da riviera romagnola, scorci tra i più belli in assoluto con le Dolomiti a fare da sfondo. Per questa edizione gli organizzatori hanno apportato alcune modifiche che ne fanno, lo hanno detto a gran voce i riders, senza ombra di dubbio la marathon più dura e tecnica del panorama nazionale. Di asfalto c’è solo l’ombra, tratti pianeggianti un pizzico, salite a go-go e discese tecniche con single track vecchio stampo a manetta.
Prima del via, alle 9.30, c’è stato un attimo di commozione col ricordo di Alessandro Bertagnolli, il presidente di Trentino MTB scomparso pochi giorni prima ed anche un minuto di silenzio per ricordare le vittime del recente terremoto. Dunque partenza affollata in centro a Malè, un breve giro di lancio ha scremato il gruppo dei più forti dalla lunga carovana di bikers. Medvedev e Longo, come detto, non hanno certo indugiato ed hanno fatto subito il vuoto. Dopo i primi single track i due di testa hanno affrontato la lunga salita di Val Meledrio con un distacco di 30” su Arias Cuervo. Più indietro arrancavano gli altri attesi protagonisti come Mensi, Ragnoli, Longa, Rabensteiner e Colonna. Al bivio “lungo–corto”, poco sopra Bel-
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Alexey Medvedev vincitore della Val di Sole Marathon 2016 - Photo by Newspower.it
vedere, la situazione era immutata con i due supersonici Longo e Medvedev a raccogliere applausi e col distacco calcolato in minuti e non più secondi. Dietro Arias Cuervo controllava Ferraro, mentre il campione italiano Ragnoli alzava bandiera bianca e lasciava Mensi, Rabensteiner e Colonna a contendersi il quinto posto. La salita verso il rifugio Orso Bruno metteva a nudo la fatica per salire fino a quota 2147 metri. Longo ha tirato per tutta l’ascesa, alla sommità Medvedev ha messo la freccia, inesorabile, ma Longo era la sua ombra. Dietro la storia era la stessa, Arias Cuervo e Ferraro, poi Mensi e Buono e ancora i due della Scott, Colonna e Salerno. La gara nel proseguo cambiava di poco, solo sull’ultima salita Medvedev metteva
i razzi ai pedali, Longo cercava di ribattere, ma il russo davvero ne aveva di più. Nell’ultima discesa da Bolentina Tony Longo giocava il suo jolly e rosicchiava al russo oltre 20”, troppo poco, perché Medvedev giungeva al traguardo per primo e faceva il bis, pareggiando le sorti proprio con Longo, chiudendo col tempo di 2h45’54”. Per il primierotto 26” di troppo, ma un’altra sorpresa sovvertiva il podio, con Ferraro terzo davanti ad Arias Cuervo. Come detto, tra le donne Mara Fumagalli ha avuto la classica marcia in più. Ha vinto con 3h51’14” nonostante uno stop nell’ultima discesa di qualche minuto, per consentire l’intervento dei soccorsi per un biker caduto. La spagnola Anna Villar Argente era lontana e si è piazzata seconda a 9’ davanti ad Elisa Gastaldi. La gara più corta, ma altrettanto bella e dura, ha dato ragione a Martino Fruet. Il trentino ha condotto oltre metà gara sempre in coppia con Andrea Zamboni, poi al giro di boa oltre la località di Daolasa ha dato il colpetto di grazia, se n’è andato e ha fatto centro con due ore nette. Nel finale Ivan Degasperi ha passato Zamboni ed il podio si è chiuso così con Fruet, Degasperi e Zamboni nell’ordine.
Anna Oberparleiter è letteralmente volata sui single track ed ha subito messo tra sè e la favoritissima Lorenza Menapace un bel distacco di sicurezza. È arrivata tutta sola dopo 2h31’30” staccando la leader di Trentino MTB di ben 10’, con Eloise Tresoldi pure a podio staccata di altri 3’. Nella salita cronometrata è svettato per un soffio Longo su Medvedev, in discesa Fruet era prevedibile facesse terra bruciata, alle sue spalle Felder secondo a 6”. La gara è stata un successo e fa ben guardare all’appuntamento tricolore del 2017; l’appuntamento era valido per il circuito Trek Zerowind, ma soprattutto era penultima tappa di Trentino MTB, i cui leader nelle rispettive categorie ora sono Lorenza Menapace per l’Assoluta e la categoria Femminile, Matteo Valsecchi per l’Assoluta maschile ed Elite Sport, Mattia Longa tra gli Open, Michael Vohlgemuth per gli Junior, quindi in successione Andrea Zamboni (M1), Ivan Degasperi (M2), Claudio Segata (M3), Michele Bazzanella (M4), Tarcisio Linardi (M5) e Piergiorgio Dellagiacoma (M6). Prossima ed ultima trappa la 3TBIKE a Telve Valsugana il 2 ottobre. Info: www.valdisolebikeland.com
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FOCUS SULLE AZIENDE
BIKE PASSION IL LUNA PARK
DELLA BICICLETTA
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er gli appassionati della bicicletta, il Bike Passion di Faenza è un un po’ come il Luna Park per i bambini, un Eldorado quasi magico, il luogo ideale per soddisfare ogni esigenza, anche la più specifica. Non parliamo infatti di un negozietto artigianale con quattro telai in croce e un’officina “fai da te”, ma di uno spazio da grandi store, con campionari infiniti e quella gamma assortita di servizi sempre aggiornati e dunque sempre all’avanguardia. Qui il cliente viene servito in base alla filo-
sofia, tutta americana, del “gestion-time”. Hai un problema? Il meccanico ti fissa un appuntamento in giornata. Tu porti la bicicletta allo store e, mentre in officina risolvono il problema, tu ti fai un giretto nei 600 metri quadrati del negozio, ti bevi un caffè o ti guardi Bike Channel: “E’ un format innovativo per l’Italia ma di grande successo - spiega il titolare Marco Stradaioli - perché il cliente oggi ha una cultura ciclistica molto elevata e dunque ha aspettative diverse rispetto al passato. Noi abbiamo provato ad assecondare le esigenze del mercato,
rivoluzionando radicalmente il modo di vendere biciclette. E devo dire che i risultati ci hanno dato ragione. Tant’è vero che, a primavera, con ogni probabilità apriremo un nuovo punto vendita anche a Imola”. Il secondo aspetto è un’altra condizione ineludibile per il mercato attuale della bicicletta: la ricerca della qualità. Tra i marchi trattati al Bike Passion tutti leader del settore, oltre ai migliori brand dell’abbigliamento tecnico, ricambistica e l’eventuale valutazione di una permuta. Per questo è fondamentale l’aggiornamento e antici-
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A cura della Redazione
A Faenza un mega-store di 600 metri quadrati con tutte le novità del mondo del pedale. Stradaioli: “L’E-Bike? Nel settore delle Mtb è già una realtà. Il freno a disco nelle bici da corsa? La clientela spinge, le aziende frenano”. E a primavera 2017 il marchio si allarga con un nuovo punto vendita a Imola
pare, con lucidità e lungimiranza, tutte le prossime novità del mercato. A proposito, l’E-bike è davvero il futuro delle due ruote? “Sicuramente in Italia la bicicletta elettronica non è ancora partita definitivamente, perché permangono delle resistenze culturali. Però - assicura Stradaioli - i primi segnali parlano di un grande interesse da parte del cliente, in particolare nel segmento delle mountain-bike, dove soprattutto le aziende americane propongono oggi dei modelli davvero interessanti e molto divertenti”.
Si parla tanto anche del freno a disco nelle biciclette da corsa. Sembrava l’approdo scontato del mercato e invece… “E invece neppure quest’anno - spiega Stradaioli riusciremo probabilmente a fare il salto di qualità. Anche in questo caso, il cliente spinge ma le aziende più importanti manifestano qualche resistenza, forse perché, sul piano strettamente tecnico, non sono ancora pronte”. Il terzo aspetto che caratterizza Bike Passion è l’assortimento delle proposte commerciali. Nello show room faentino - oltre
seicento metri quadrati di esposizione - si trova praticamente tutto lo scibile del mercato della bicicletta: da quella da corsa alla mountain bike, dalla bmx al trekking bike, dalla city alle bici per i più piccoli, senza dimenticare i capi d’abbigliamento tecnico, gli accessori, le cyclette e le attrezzature per il fitness: “Il mercato sta rispondendo alla grande - conclude Stradaioli - e anche se le esigenze cambiano, permane alto l’interesse per il mondo del pedale. E di questo non possiamo che essere contenti”.
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OLTRE IL CICLISMO
IL CAMMINO DI SANTIAGO DI COMPOSTELA
IN BICICLETTA
A cura della Redazione
Augusto Alberti di Arezzo ci ha inviato il resoconto di un viaggio unico: 972 km sui pedali. Alla ricerca di scorci mozzafiato. E di se stessi
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i chiamo Augusto Alberti e sono nato in provincia di Arezzo il 23 agosto di 56 anni fa. Da sempre appassionato di ciclismo, mio padre è stato un buon dilettante vincendo tra l’altro il giro del Casentino nel 1954, quando nell’albo d’oro figuravano nomi prestigiosi come Bartali e Nencini. Io non ho mai corso seriamente. Al massimo qualche gara tra cicloamatori e poi, nel 2000, le prime gran fondo, comin-
ciando con quella forse più affascinante: la “Maratona delle Dolomiti”, ripetuta per ben cinque volte. In seguito ho partecipato a qualche gara in Toscana, principalmente a quelle del “Granducato”, concludendo varie volte il circuito e ottenendo anche un secondo, un terzo ed un quarto posto. Quest’anno mi sono interessato ad un circuito nuovo: “InBici Top Challenge” che comprendeva gare interessanti che già conoscevo come la “Granfondo del Sale”,
il Capitano, la Straducale di Urbino, la Vernaccia ed altre che ignoravo come San Benedetto del Tronto, sorprendente per la sua attenta organizzazione e che dire de La leggendaria Charly Gaul, praticamente la ciliegina sulla torta? Tutto è andato benissimo visto che ho indossato la maglia di primo in classifica, anche se, a onor del vero, io ho potuto completare tutte le gare a differenza del mio avversario più forte. Certamente tanti
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Sono venuto in possesso di una guida al “cammino”, la via francese che parte da Roncisvalle, che può essere scaricata dal sito www.pellegrinibelluno.it di Oriano Rinaldo; leggendola ci si appassiona per la sua ricchezza nelle descrizioni: storia, costumi, paesaggi, non manca davvero nulla. Il viaggio non rappresenta quindi solo uno stimolo religioso o spirituale ma, come è scritto anche nei numerosi cartelli lungo il cammino, vuole essere un “Itinerario Culturale Europeo”. Percorrendo quel tragitto ognuno di noi può trovare dentro di sé ciò che cerca. Ma, al di là delle implicazioni interiori, si “pedala” e tanto… La mia agenzia di viaggi mi presenta la possibilità di prendere il volo Roma-Bilbao compresa la bici e il ritorno Santiago-Roma; Bilbao è un po’ lontana dal punto di inizio del “cammino”, ma con l’entusiasmo di un ventenne pianifico il mio viaggio: da
Augusto Alberti saluta i lettori di INBICI
complimenti agli organizzatori del circuito che non hanno mancato in niente e spero che anche il prossimo anno ci si possa ritrovare, magari ancora più numerosi. Ma veniamo al mio viaggio, il “Cammino di Santiago”: era da un po’ di tempo che ne avevo sentito parlare, anche da un ciclista che lo aveva percorso a piedi (da vero pellegrino); ma perché - mi sono detto - non farlo in bicicletta? Così risparmiamo tempo e pratichiamo il nostro sport preferito.
portapacchi, borse laterali e zaino sono riuscito a mantenere un bel passo e - anche grazie alla gentilezza delle persone che ho incontrato sul mio cammino - sono riuscito con facilità a rimediare agli errori che mi hanno allungato la strada. Ricordo con piacere che nella città di Vitoria non riuscivo a trovare una via d’uscita, ho chiesto aiuto ad un gruppo di ciclisti locali che, puntualmente, vedendomi in difficoltà, mi hanno accompagnato nella direzione giusta. Nella guida di Oriano Rinaldo sono descritte tappe per il “cammino” a piedi con una media di 20/25 km al giorno; calcolando di percorrere in bicicletta circa 100 km, quindi 4 tappe per volta e togliendo le prime 3 con partenza da Pamplona, né restano 28, con arrivo previsto a Santiago in 7 giorni. La prima strada che si imbocca è la NA1110, che ci permette di attraversare la Navarra (terra di Miguel Indurain) fino al
Pamplona, la cattedrale
Bilbao a Pamplona in bicicletta (perché prendere un altro mezzo? Siamo ciclisti e bisogna pedalare…). Per raggiungere Pamplona ci sono circa 160 km, ma io ne ho percorsi almeno 20 in più per qualche errore di percorso di troppo e, partendo la mattina presto, sono arrivato a destinazione alle 19:30, la strada, a parte una salita di 10 km, è scorrevole e il vento è a favore. Con la mia bici, una vecchia MB in acciaio, pesante ma robusta, allestita con
territorio della Rioja; successivamente c’è la N-120, una strada nazionale che spesso corre accanto all’autovia (autostrada). La N-120 è una strada bellissima, molto poco transitata (escluso i tratti vicini alle città) e soprattutto con una corsia laterale sufficientemente grande per pedalare in sicurezza anche quando sopraggiungono dei mezzi (a riguardo devo dire che gli autisti spagnoli sono molto attenti e rispettosi verso i viaggiatori).
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Attraversando immense coltivazioni di cereali, soprattutto di grano, già mietuto in questa stagione, la N-120 ci porta a Santo Domingo dela Calzada (meta fondamentale del “cammino”, città di antiche origini con la sua stupenda cattedrale) per poi addentrarsi nella regione della CastigliaLeon in direzione del capoluogo Burgos, forse la città che mi ha colpito di più per la sua bellezza: una cattedrale mozzafiato, il caratteristico centro storico ma anche un
di legno con all’estremità una croce di ferro e alla cui base è stato costruito un altarino di pietre poste tutte in torno dai pellegrini. Da Ponferrada si segue la N-VI che ci porterà, passando per Villafranca, a O Cebreiro, località di montagna; si sale fino a 1296 metri con un paesaggio decisamente alpino con i tetti delle case in ardesia, per poi raggiungere il territorio della Galizia. Posso confermare, come riportato anche nella guida di Oriano Rinaldo, che vedere l’alba
quelli - come chiamo io - “della domenica”, che percorrono solo l’ultimo tratto di strada, decisamente distanti da quelli che affrontano l’intero percorso, con i loro fardelli pesanti e le piaghe ai piedi (ma ognuno fa quello può…). Una cosa che non dimenticherò mai di questo viaggio e che rimarrà sempre impressa nella mia mente sono i cartelli stradali, grandi e piccoli, soprattutto quelli gialli e blu sponsorizzati dall’Unione Euro-
da O Cebreiro è uno spettacolo da non perdere prima di scendere nelle terre di Santiago, degli antichi celti, delle preziose miniere romane, delle colline e dei boschi di querce e castagni. La strada da seguire, scendendo verso Triacastela, è la LU- 633, per poi arrivare a Sarria, passando dall’imponente monastero benedettino di Samos, quindi toccare Portomarín, situato agli argini di un lago artificiale, ed arrivare a Palas de Rei, penultima tappa del mio viaggio. Per Santiago si segue la nazionale N-547, un “su e giù” di una strada molto bella, tra fattorie che ti lasciano respirare gli odori caratteristici, fino ad essere incanalati obbligatoriamente nel sentiero e percorrere gli ultimi chilometri tra piste battute e tratti di asfalto, immersi nel verde e con tanti pellegrini che si raggruppano, compresi
pea. Ecco, loro sono come dei tifosi: stanno a bordo strada, a volte nei tratti più duri, sembra che tifino per te, che ti dicano: dai forza, tieni duro, vai che manca poco... Devo ringraziare il mio sponsor, i Cicli Pasquini Stella Azzurra, che ci permette di correre dandoci la migliore assistenza possibile; il Signor Paolo Aghini, sempre sensibile alle iniziative sportive ma anche a quelle umane e soprattutto la mia famiglia che mi comprende e supporta in tutte le mie passioni e le mie scelte. Questa mia esperienza vuole ribadire quanto può essere interessante promuovere un ciclismo turistico, di cultura e di solidarietà tra le persone ed il mondo che ci circonda. La morale di questa esperienza? “Qualche volta devi fare a meno di quello che hai per poi apprezzarlo ancora di più”.
Santiago de Compostela, la cattedrale
contorno impeccabile: piste ciclabili, giardini e parchi che incorniciano la città. La N-120 prosegue per attraversare la lunga meseta castellana, nastri d’asfalto interminabili immersi nelle coltivazioni di grano che si perdono a vista d’occhio fino ad arrivare a Leon (altra grande città da non perdere) e continuare ancora in prossimità della cittadina monumentale di Astorga. In tutto, con la nazionale N-120, eccetto le deviazioni necessarie, si percorrono circa 380 km, da Logroño ad Astorga in tre tappe. Andando avanti il paesaggio cambia, troviamo più verde, boschi e salite; la strada da seguire è la LE-142 che ci porterà a Ponferrada, città di origini romane e caratterizzata da un imponente castello templare, ma prima toccheremo il picco più alto di tutto il “cammino”, a quota 1500 metri: il “Cruz de Ferro”, dove si trova un alto palo
Santiago de Compostela, la Cattedrale di notte
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LE NUOVE FRONTIERE DELLA SALUTE
L’ELISIR DELL’ETERNA GIOVINEZZA A cura della Redazione
Ha rinomate proprietà terapeutiche e formidabili effetti sull’epidermide: storia di una molecola scoperta nel 1840 ed oggi diventata la principale “alleata” degli atleti professionisti. Scopriamo perché
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zono, tradotto in chimica O3. Per moltissimo tempo, da quando nel 1840 ne fu scoperta l’esistenza da parte del chimico tedesco Schönbein, questa forma allotropica dell’ossigeno, rimase un argomento confinato nell’ambito degli specialisti della chimica. Da anni, invece, di ozono si parla sempre più spesso. I mass media, rilanciando i periodici report degli ambientalisti sullo stato di salute del nostro pianeta, hanno fatto tramutato l’ozono in un tema di discussione familiare. Il dibattito sulle concentrazioni nell’area della stratosfera di questo gas, conosciu-
to anche con la denominazione di “ossigeno attivo”, ha reso ben note a tutti le sue funzioni, indispensabili per l’ambiente terrestre, di filtro protettivo dalle radiazioni solari nocive. E’ molto meno diffusa invece la conoscenza delle sue straordinarie proprietà terapeutiche, comprovate da centinaia di sperimentazioni e da una lunga letteratura clinica. Gli studi hanno evidenziato la capacità del “fratello maggiore” dell’ossigeno di favorire la cicatrizzazione e la rigenerazione dei tessuti, di combattere le infiammazioni e le infezioni batteriche e virali, di svolgere
un’azione analgesica e di rafforzamento delle naturali difese immunitarie dell’organismo. Inoltre alcune indagini mirate all’ambito sportivo, hanno riscontrato la sua capacità di favorire il recupero degli atleti dopo un impegno muscolare intenso e prolungato. Per molto tempo la vera difficoltà nel trovare un’applicazione pratica per i benefici di questa molecola è consistita nell’individuare un valido meccanismo di somministrazione. Per le sue caratteristiche chimico-fisiche infatti, l’uso dell’ozono in forma gassosa implica il ricorso ad attrezzature particolarmente complesse e di persona-
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le medico specializzato, ma le ricerche per trovare una tecnologia che ne semplificasse l’utilizzo hanno portato a inventare un procedimento per cui la molecola, estremamente instabile in natura, possa essere “intrappolata” per lunghissimo tempo all’interno degli oli vegetali. Una metodologia che si è rivelata vincente sia per chi si occupa di dermocosmesi, sia per i fisioterapisti nel trattamento dell’affaticamento muscolare. Come avviene in tutti i settori produttivi vi sono varie tipologie e qualità di oli ozonizzati. Uno dei più apprezzati dagli specialisti
della cosmeceutica è quello della linea “Ozono Health & Beauty” di Toscana Dream, un’azienda con sedi all’Isola d’Elba, Firenze e Parma che, nel corso degli ultimi anni, è giunta in una posizione di Top Level nel settore: dalla realizzazione di laboratori altamente specializzati al meticoloso rispetto dei disciplinari di produzione, alla cura nella scelta delle materie prime, niente viene lasciato al caso per garantire che l’utente finale possa godere appieno degli effetti dei prodotti a base di olio ozonizzato. La “specialità” di “Ozono Health & Beauty” più amata dagli sportivi è certamente l’Olio Corpo Universale. La particolare viscosità dell’olio consente, infatti, di effettua-
cerca e il “know how” accumulato negli anni dalle maestranze. La miglior testimonianza dell’impegno e della passione che stanno dietro ai successi dell’azienda sono proprio le parole del suo Presidente, Franca Rosso: “L’ozono ha veramente delle ottime proprietà biostimolanti naturali. Queste, associandosi alla già ottima formulazione dei nostri prodotti, offrono un notevole valore aggiunto per la cura dell’epidermide. Si tratta di una cosmesi altamente funzionale, che viene anche definita “tecnologica” perché, grazie alle peculiarità del principio attivo, va ben oltre le tradizionali creme di bellezza, ossigenando la pelle, rendendola elastica e luminosa ed eliminandone gli inestetismi.
re un massaggio fluido e al tempo stesso non lascia la pelle fastidiosamente unta, mentre l’ozono che contiene favorisce il micro-circolo sottocutaneo e contribuisce a lenire i dolori causati dagli accumuli di acido lattico. I preparati di Toscana Dream, particolarmente ricchi di perossidi che favoriscono la naturale rigenerazione fisiologica, vengono realizzati secondo i dettami degli studi svolti in alcune università di Cuba (paese notoriamente all’avanguardia nella pratica dell’ozonoterapia) e sono protetti da un brevetto internazionale per tutelare l’impegno profuso nella ri-
I nostri prodotti hanno una larghissima Pamplona, la cattedrale diffusione. Vengono venduti direttamente nei nostri due negozi OZONO Health & Beauty di Portoferraio e Porto Azzurro all’Isola d’Elba e negli altri punti vendita ufficiali aderenti al Circuito dell’ozono. Inoltre sono distribuiti in varie profumerie, farmacie, centri estetici, fitness, spa in tutta Italia ed in alcuni paesi esteri”.
Il campionario web è sul sito www.ozono-hb.it, dove è anche possibile richiedere ogni tipo di informazione.
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3EPIC ADVENTURE RACE MTB SIXS
IL CAPOLAVORO DI
DAMIANO FERRARO T
utta un’altra 3Epic! Se la prima edizione era stata epica per le condizioni meteo proibitive - con la neve che nella serata aveva poi imbiancato le cime - questa lo è stata per il panorama, per la magia delle Tre Cime di Lavaredo che si stagliavano sullo sfondo. Le hanno sfiorate i riders, in 2000, provenienti da tutta Italia e da fuori confine, divisi tra i tre percorsi: il Misurina Ride - 61 km e 1800 metri di dislivello -, il Lavaredo Ride – 59 ma con ben 2350 metri di dislivello -, e infine lei, la regina della corsa, l’Adventure Race, una cavalcata lunga 82 chilometri con quattro GPM e 3600 metri di dislivello
tra Auronzo di Cadore (BL), il Lago di Misurina e Tre Cime. Punto più alto i 2454 metri di Forcella Lavaredo, con vista suggestiva sulle Dolomiti ma anche sul Campionato del Mondo Marathon del 2018, per il quale Massimo Panighel e il Team Pedali di Marca hanno rilanciato la propria candidatura. “Metterei la firma per ripetermi fra due anni”, dice al termine della gara un felicissimo Damiano Ferraro (Trek Selle San Marco) che, a suon di pedalate, ha scalato il podio della 3Epic fino a salire sul gradino più alto. Un capolavoro quello di Ferraro, lanciato in fuga con Tony Longo già sulla prima rampa. Nell’ascesa da Misurina verso Rifugio
Auronzo, in pochi chilometri, Damiano ha scavato poi un abisso tra sé e il compagno di avventura. Il trentino della Wilier Force Squadra Corse non ha saputo rispondere all’allungo, complice anche un problema intestinale che ha stoppato sul nascere ogni speranza di successo. Tony Longo è riuscito, comunque, a difendere coi denti un secondo posto dal tentativo di rimonta di Roel Paulissen (Torpado Factory Team). Senza storia la corsa femminile, con la grossetana Maria Cristina Nisi del Bike Garage Revolution Intense in testa dal primo all’ultimo metro. Ma andiamo con ordine. Tre le partenze, la
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Il vincitore Damiano Ferrero in azione - Photo by Alessandro Billiani
A cura della Redazione
Nel magico scenario delle Tre Cime di Lavaredo seconda e terza piazza per Tony Longo e il belga Roel Paulissen. Maria Cristina Nisi strappa il successo in rosa. In 2000 al via sui tre percorsi. E Pedali di Marca rafforza la sua candidatura per il Campionato Mondiale 2018
prima delle quali alle 8.10 dal pieno centro di Auronzo, con una griglia di partenza dove l’occhio cade inevitabilmente sulla maglia iridata di Tiago Ferreira, il portoghese del Team Protek, ed accanto a lui i top riders della specialità Marathon. Pronti via e si infiamma la corsa. Dopo appena dieci minuti, Damiano Ferraro e Tony Longo decidono di prendere di petto la salita verso Monte Agudo e al Gpm il loro vantaggio è già considerevole: a 2’ c’è un terzetto composto dai due portacolori del Torpado Factory Team – il belga Roel Paulissen e l’italiano Riccardo Chiarini – insieme a Tiago Ferreira. I due di testa non
Sul podio, Damiano Ferraro, Tony Longo e Roel Paulissen - Photo by Alessandro Billiani
accennano ad abbassare il ritmo e il vantaggio sale in progressione. Tre minuti in Val Marzon, cinque al Lago di Antorno, con il solo Roel Paulissen in grado di dimezzare il gap al passaggio del Lago di Misurina. È la voce di Paolo Mutton - live dal percorso – a spezzare la tensione che si respira al Palaghiaccio di Auronzo, con i tifosi in attesa di notizie: spaventosa l’accelerazione di Damiano Ferraro che, nella salita verso il Rifugio Auronzo, nell’arco di una decina di chilometri, rifila a Tony Longo ben cinque minuti. La picchiata verso Auronzo, con il mitico Lavaredo Supertrail, è una lunga passerella per Ferraro, che arriva a braccia
alzate tra due ali di folla al Palaghiaccio di Auronzo, dopo ben quattro ore e mezza di dura lotta con le Dolomiti. “Sono felicissimo per la vittoria”, racconta un tra le lacrime Ferraro al microfono di Paolo Malfer. “E’ stato un anno difficile, iniziato benissimo in Sud Africa, ma poi la caduta al Campionato Italiano ha complicato le cose. Tanti mi davano per finito, ma la vittoria di oggi ripaga di tutto. Ci tenevo tanto a vincere la 3Epic”, conclude Damiano, “perché volevo dedicare la vittoria a mia nonna e a mia cugina Nadia, che ci hanno lasciato, troppo presto, un anno fa”. A sei minuti giunge uno stremato Tony Lon-
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go, a oltre otto il belga del Team Torpado. A chiudere la top five, Luca Ronchi seguito da Riccardo Chiarini, vittima di una caduta negli ultimi chilometri della discesa. Appena fuori dai dieci, il campione del mondo Tiago Ferreira, che ancora deve smaltire le fatiche delle Olimpiadi di Rio e le settimane dedicate alla preparazione della più importante prova di Cross Country dell’anno. L’assolo di Maria Cristina Nisi ha invece colorato di rosa la 3Epic. Una cavalcata imperiosa quella medaglia di bronzo al Campionato Italiano Marathon, già in fuga solitaria su Monte Agudo, dove aveva dieci minuti sulle più dirette inseguitrici. Un elastico lungo 80 chilometri, col vantaggio che si riduceva fino a un minimo di 4’ in Val Marzon, per poi tornare a salire ed attestarsi ai 13 minuti con il quale la biker di Grosseto è entrata nell’albo d’oro della 3Epic. Seconda piazza per la tedesca Bettina Uhlig (RV Concordia Reute), terza la Sosna, caduta nella prima discesa. “Con questa fanno 15 vittorie stagionali”, racconta la Nisi appena tagliato il traguardo. “La 3Epic si è rivelata una gara bellissima e dura, che deve essere preparata nei minimi dettagli”. Una novità riguarda i due percorsi più brevi: nessuna classifica per il Misurina Ride e il Lavaredo Ride, ma premi a go-go per i fortunati riders che transitavano sotto il traguardo
sentendo la musichetta della Champions League. Senza l’ansia del piazzamento e del cronometro avranno sicuramente goduto di una giornata meravigliosa: alzare la testa e respirare a pieni polmoni non è mai stato così magico. Il compito di far calare il sipario su questa 3Epic è affidato al patron Massimo Panighel che in memoria del fratello Luca – scomparso nel 2003 – guida la macchina organizzativa, nel segno del numero 3: tre come il numero indicato da Luca in una foto, tre come le Cime di Lavaredo, tre come la data della corsa, tre come i percorsi proposti. “Noi vogliamo che la gente corra per divertirsi, in uno scenario unico nel suo genere, portarli in luoghi incredibili e purtroppo ancora poco conosciuti”, le prime parole di Panighel. “Abbiamo proposto tre percorsi proprio per dare la possibilità a tutti di scegliere in base alle proprie capacità. Sarebbe bello se si vivesse la giornata con un po’ meno di agonismo e più amore verso lo sport e la natura”. Discorso a parte per gli Elite, alla caccia del successo agonistico e per i quali è “work in progress” un progetto ambizioso. “Piano piano, passo dopo passo, stiamo costruendo qualcosa di buono. Ogni anno è un test event, stiamo scoprendo il territorio, i sentieri, stiamo mettendo a punto i dettagli e tutto ciò che ci permet-
terà di arrivare nel miglior modo possibile al mondiale del 2018… se ci verrà assegnato”. L’arrivederci è per il 2017, ancora a inizio a settembre, per l’edizione numero 3.
Classifica 3Epic Adventure Race UOMINI 1 Damiano Ferraro (Trek Selle San Marco) 4 ore 30 minuti 51 secondi 2 Tony Longo (Wilier Force Squadra Corse) +6’01’’ 3 Roel Paulissen (Torpado Factory Team) +8’22’’ Classifica 3Epic Adventure Race DONNE 1 Maria Cristina Nisi (Bike Garage Revolution Intense) 5 ore 58 minuti 9 secondi 2 Bettina Uhlig (RV Concordia Reute) +13’47’’ 3 Katazina Sosna (Torpado Factory Team) +19’15’’
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LA STORICA DISCIPLINA
MARATONA il dolce SUPPLIZIO
A cura di Gianluca Comandini
Inventata dal Barone De Coubertin, che si ispirò ad una leggenda di Plutarco, la più dura ed antica delle discipline olimpiche, nel corso dei secoli, ha scritto pagine epiche dello sport. Da Zatopek ad Abebe Bikila fino a Dorando Petri, ripercorriamo la genesi di una gara mistica e le imprese dei suoi interpreti più celebri
C
orrere. Correre senza soste, senza guardarsi indietro, senza mai tirare il fiato. Un passo dopo l’altro, con la mente già al traguardo per ignorare i morsi della fatica e l’andatura lievemente caracollante, tipica dei corridori di lunga lena, a testimoniare che l’acido lattico si insinua in ogni fibra muscolare ogni volta che il piede tocca terra. Un’incessante, ritmica, estenuante fatica: questa è la maratona, la gara più difficile dell’atletica leggera. L’invenzione di questo “supplizio” in forma sportiva ha origini relativamente recenti e si deve all’estro del Barone Pierre De Couber-
tin. Il fondatore delle Olimpiadi moderne, grande appassionato dei classici greci, era rimasto affascinato da una leggenda narrata dallo storico Plutarco. Milziade, comandante dell’esercito ateniese, dopo aver sconfitto i persiani presso la piana di Maratona, una cittadina nell’est della Grecia, avrebbe ordinato a un soldato di correre verso la capitale senza fermarsi mai, per annunciare la vittoria sul nemico e lo scampato pericolo per la città. Filippide, questo il nome del messaggero, avrebbe obbedito agli ordini, correndo i 40 chilometri che separano il luogo della battaglia da Atene senza pause, sotto il sole cocente
e indossando una pesante armatura. Una volta giunto nell’aula del senato, dopo aver comunicato l’esito dello scontro, il valoroso Filippide sarebbe morto inesorabilmente stroncato dalla fatica. Una chiara metafora del potere della volontà, della sfida ai propri limiti, dell’abnegazione dell’atleta che insegue un obiettivo, che non poteva lasciare indifferente l’aristocratico transalpino che vedeva proprio in questi valori i principi fondanti dell’olimpismo. La prima Maratona della storia, quella dell’edizione inaugurale delle Olimpiadi moderne nel 1896, fu perciò anche una sorta di rievocazione storica.
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Eliud Kipchoge medaglia d’oro nella Maratona Olimpica Rio 2016
Furono 17 i temerari che affrontarono quella che all’epoca sembrava più che una gara un’impresa sovrumana. Il primo ad entrare nello stadio Panathinaikon di Atene fu Spiridon Louis, un pastore che abitava in un sobborgo della capitale greca. Per vincere quella prima Olimpiade, Louis impiegò 2 ore 58 minuti e 50 secondi, un tempo che oggi è alla portata di un buon amatore e divenne il primo di una lunga serie di personaggi a cui questa specialità che è diventata sinonimo di fatica ha dato fama immortale. Fra gli atleti che hanno scritto indelebilmente il loro nome nella storia dello sport brilla-
Abebe Bikila leggenda Olimpica
no Emil Zatopek, “la locomotiva umana”, il ceco capace di vincere 5000, 10.000 e maratona nell’edizione di Helsinki ‘52; Abebe Bikila, l’etiope guardia del corpo dell’imperatore Haile Selassie, che trionfò ai fori imperiali a Roma ‘60 e fece il bis quattro anni dopo a Tokio, ma quello che, suo malgrado, è diventato una leggenda immortale è un minuto pasticcere di Carpi di nome Dorando Pietri che le Olimpiadi non le ha mai vinte. La sua vicenda ai Giochi di Londra del 1908 è di quelle che non si possono dimenticare: il giovane emiliano fu il primo a presentarsi nello stadio, ma a pochi metri dall’arrivo venne sopraffatto dalla fatica e stramazzò a
terra. I giudici di gara lo soccorsero e lo sorressero per i pochi passi che gli rimanevano, ma proprio quell’aiuto ne causò la squalifica. Quella maratona olimpica passò alla storia anche per aver stabilito una volta per tutte la distanza su cui si dovesse svolgere la gara, che all’epoca non era ancora stata codificata: 42 km e 195 metri. Una misura che non è, come si sarebbe portati a pensare, il bizzarro risultato di un’equivalenza fra miglia e sistema metrico, ma la distanza esatta fra la residenza reale di Windsor, sede di partenza, e la linea del traguardo del White City Stadium.
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GIIR DI MONT
DOMINIO STRANIERO A cura della Redazione
Lo svizzero Lauenstein e la rumena Mutter hanno vinto, a fine luglio, la 24ᵃ edizione della corsa di Premana mettendosi alle spalle oltre mille concorrenti
A
Premana (Lecco), terra di forbici ed alpeggi, il comitato organizzatore del Giir di Mont ha dovuto dare un… taglio al percorso della gara del 31 luglio, a causa della pioggia incessante della nottata precedente che ha reso insidioso il terreno su alcuni tratti del tracciato, ovvero la salita e la discesa della Bocchetta di Larec, punto più alto della corsa. Ma 2 chilometri in meno di certo non hanno alterato l’essenza della sfida premanese, quarta prova de “La Sportiva Mountain Running Cup”. Lo svizzero Marc Lauenstein, già campione di orienteering, e la rumena Ingrid Mutter hanno firmato una 24ᵃ edizione che ha visto al via mille concorrenti, mentre la Mini SkyRace, gara più breve con i suoi 20 chilometri e 1.100 metri di dislivello, ha sancito il successo di Marco De Gasperi, inatteso tra gli iscritti, e di Lisa Buzzoni. La competizione è stata vivacissima fin dalle prime battute. A mettere il turbo è stato inizialmente Carlo Bellati che si è eclissato nel primo chilometro tallonato da Bert, ma quando il tracciato ha iniziato a salire le cose sono cambiate con il rumeno Gyorgy Szabolcs a cercare di scrollarsi di dosso il maggior numero di contenden-
ti. Ad Alben, subito dopo, Szabolcs aveva in coda il keniano Surum e Bert, ma poi al passaggio all’Alpe di Chiarino, dopo circa 4 chilometri, in testa si sono staccati in quattro, Szabolcs, il keniano Surum, Gil Pintarelli e lo svizzero Lauenstein. Tra le donne, sempre a Chiarino, le due rumene Denisa Dragomir e Ingrid Mutter avevano saldamente in mano il comando della gara, con Martina Brambilla più staccata. Dopo la successiva discesa, all’Alpe Vegessa la sfida cominciava a delineare i suoi effettivi valori con Lauenstein che metteva la freccia e superava Pintarelli e Bert, con il rumeno che pareva addirittura accusare il colpo. Pintarelli ha fatto sognare il pubblico di casa fin sull’ultima salita, ma non aveva fatto i conti con l’elvetico Lauenstein in recupero e, a Deleguaggio, prima di iniziare la picchiata verso l’arrivo di Premana, il campione di orienteering passava a condurre, con Pintarelli costretto a difendere il secondo posto dal rumeno Szabolcs. All’ingresso trionfale di Lauenstein in viale Roma il campione veniva salutato da migliaia di spettatori mentre un raggio di sole illuminava il traguardo, sul quale lo svizzero aveva ancora la forza di fare un gran
Partenza 24° Giir di Mont Photo by Newspower.it
balzo sprigionando tutta la propria gioia. Pintarelli giungeva secondo a 1’53”, mentre il rumeno terminava staccato di 3’09. La gara femminile ha incoronato a pieno titolo Ingrid Mutter, con la vincitrice dello scorso anno - Dragomir - seconda a 51”. Una gara mai messa in discussione quella delle due rumene, con Barbara Bani in continua progressione ottima terza, ma ad oltre 12’. La Mini SkyRace è stata invece qualificata dal successo di Marco De Gasperi, sul podio insieme ad Andrea Rota e Diego Simon. Tra le donne invece podio con Lisa Buzzoni, Giulia Compagnoni e Angela Lizzoli. Nel corso delle premiazioni il presidente dell’AS Premana, Massimo Sanelli, ha confermato la candidatura della località ad ospitare, nel 2017, i Campionati del Mondo di Corsa in Montagna ed i Campionati di lunghe distanze in due weekend a seguire, quello del 29 e 30 luglio per le distanze classiche e del 5 e 6 agosto per le lunghe distanze, ovvero il Giir di Mont, quasi a coronamento dei 70 anni dell’AS Premana, un comitato organizzatore che con passione annualmente s’impegna a regalare competizioni di spessore internazionale.
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