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Anno IX n°5 • settembre - ottobre 2017
ACSI PER VIVERE
LA TUA PASSIONE
UEC Road European Championships 2017 - Herning -Denmark - Photo by Bettiniphoto
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MONDO ACSI
LE PEDALATE
DEL CUORE Granfondo dei Sibillini - un’immagine della partenza dello scorso anno
E
state intensa quella di ACSI Ciclismo e, tra le varie manifestazioni granfondistiche, spuntano anche numerose iniziative benefiche, com’è di uso e costume dell’ente di promozione sportiva con più eventi ciclistici in Italia. Tra di esse si è distinta certamente la 27ª edizione della Granfondo dei Sibillini, questa volta cicloturistica. A Caldarola (MC) la gara non doveva andare in scena, ma alla fine è uscita comunque allo scoperto con un’edizione atipica, con lo scopo di valorizzare e rilanciare i territori duramente colpiti dal sisma, raccogliendo così fondi per la ricostruzione. E sono stati in molti a raccogliere la sfida, con il Team Giuliodori Renzo - Bike Club Café a portare il maggior numero di corridori, ma sono state ben 135 le società che hanno deciso di “scendere in campo”. ACSI e la Nuova Sibillini ASD hanno anche omaggiato i concorrenti con
una maglietta gentilmente offerta dalla Granfondo Roma, con i loghi della manifestazione romana e della Granfondo dei Sibillini. I percorsi lungo di 126 chilometri e corto di 90 chilometri hanno poi fatto il resto, con anche i bambini a divertirsi lungo una gimkana appositamente allestita per loro, prima che “i grandi” tornassero dalle proprie fatiche cicloturistiche e si rifocillassero con un gustoso pranzo costituito da tre primi a scelta, tre secondi, tre contorni, vino, frutta a volontà, dolci e Vernaccia. A Longiano (FC) una competizione benefica è stata invece recentemente presentata nel corso di una conferenza stampa. La “2xBene” quest’anno andrà in scena il 17 settembre, mentre il giorno prima toccherà ai riconoscimenti, con il consueto premio alla carriera consegnato quest’anno ad una delle ‘vecchie glorie’ del ciclismo. E sarà il “grillo” Paolo Bettini, campione
olimpico su strada ai Giochi di Atene 2004 e campione del mondo di specialità nel 2006 e nel 2007, a ricevere l’ambito premio che tradizionalmente viene assegnato a chi “ha fatto del bene” al mondo delle due ruote. Bettini potrà ritirare ciò che gli spetta al Teatro Petrella di Longiano, direttamente dalle mani di Roberto Landi, fondatore ed ideatore della “2xBene”, in collaborazione con la ASD Fausto Coppi di Cesenatico, la cui filosofia è diffondere la pratica del ciclismo, improntandola al miglioramento degli stili di vita, della condizione fisica e psichica nonché delle relazioni sociali. Un gruppo che annovera circa 500 iscritti e che - in mezzo secolo di attività - ha raggiunto punti d’eccellenza organizzativa, fulcro di svariate attività rivolte anche al panorama giovanile, e che ha nella storica Granfondo Internazionale “Nove Colli” la propria chicca sportiva, arrivata a raggiungere il
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Una coppia impegnata nella cronometro 2xbene
A cura della Redazione
Nel calendario dell’ente sportivo si moltiplicano le iniziative benefiche e solidali. Dalla Granfondo Sibillini alla “2XBene”, ecco gli appuntamenti che nobilitano il ciclismo amatoriale
numero record di 12.500 partecipanti. ACSI Ciclismo ha dunque l’onore di far parte di iniziative che racchiudono la crème de la crème del ciclismo amatoriale italiano, un ente di promozione sportiva sempre in prima linea quando si tratta di salire in sella ad aiutare il prossimo. Settembre mese intensissimo, abbiamo detto, e dopo la Granfondo Città di Cassino e la tradizionale Granfondo Pantanissima nei luoghi ove “il pirata” ebbe terreno fertile ed ove si trova la scultura lui dedicata, i cicloamatori il 10 settembre si recheranno a Recanati (MC) per la Fondo Leopardiana ed in Valdobbiadene (TV) per una ‘bevuta’ alla Prosecco Cycling. La prima si dividerà fra i percorsi corto, lungo e randonnèe nei luoghi che hanno reso Giacomo Leopardi uno dei poeti più amati, la seconda avrà invece un percorso unico di 96.4 chilometri e un dislivello complessivo di 1550 metri,
2x bene sulle rampe di Longiano
nel cuore delle colline del Prosecco, con un ristoro davvero unico nel panorama nazionale, sul Muro di Ca’ del Poggio a San Pietro di Feletto, dove i ciclisti troveranno Prosecco e scampi. L’ultima competizione settembrina sarà invece la Granfondo Bike Division di Peschiera del Garda (VR), un successo sin dalla prima edizione all’interno della cornice del Lago di Garda per vivere una giornata all’insegna dei valori dello sport, che per ACSI Ciclismo contano più di ogni altra cosa. Ultima, ma non ultima, un’altra manifestazione all’insegna della solidarietà, si tratta della Granfondo Don Guanella dell’8 ottobre, raccontata da Don Agostino Frasson: “L’obiettivo è quello di organizzare un evento sportivo di notevole rilevanza: bello sotto il profilo del contesto
ambientale; impegnativo sotto il profilo sportivo; efficiente dal punto di vista organizzativo; capace di suscitare interesse verso Cascina don Guanella, il nostro progetto sociale. Vogliamo rivolgerci agli sportivi, ma anche alla città, al territorio, per raccontare quello che stiamo realizzando perché vogliamo che il nostro progetto sia davvero un bene comune, tangibile e concreto. La nostra manifestazione sarà una festa, perché vogliamo condividere con la città l’entusiasmo che abbiamo nel cuore”. E non faranno mancare il proprio apporto stelle del calibro di Cadel Evans, Claudio Chiappucci, Alex Zanardi, Gianbattista Baronchelli, Gianni Bugno, Giancarlo Perini, Marzio Bruseghin, Giacomo Nizzolo ed Antonio Rossi.
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MONDO ACSI
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Vuelta a Burgos 2017 - Opera d’arte by Bettiniphoto
SOGNANDO UN AUTUNNO
TINTO
D’AZZURRO
Archiviati i grandi giri, il mondo del ciclismo pedala compatto verso gli appuntamenti iridati di Bergen, in Norvegia. E come tutti gli italiani, anche noi incroceremo le dita nella sincera speranza di vedere un azzurro primeggiare nel Mondiale dei fiordi. Il mondo amatoriale, invece, ha ormai santificato tutti gli appuntamenti più importanti, anche se - per chi vuole continuare a pedalare - non mancano nel calendario le occasioni per allungare la stagione. A chi, invece, ha già appeso la bicicletta al chiodo, auguriamo buon riposo, magari aspettando la nuova edizione dell’InBici Top Challenge, che qui presentiamo in anteprima nazionale. Per il resto, la stagione autunnale offrirà l’abituale bouquet di fiere ciclistiche, tra cui eccelle - noblesse obblige - il Cosmobike di Verona, per numeri e progettualità la più importante kermesse continentale dedicata al mondo delle due ruote. A tal proposito, non possiamo non sottolineare le difficoltà dell’ultimo Eurobike di Friedrichshafen, dove la diminuzione congiunturale di visitatori e l’assenza di alcuni grandi brand industriali hanno, di fatto, aperto ufficialmente la crisi di una formula che - per mille ragioni (non ultima la collocazione nel calendario) impone a tutto il settore una profonda riflessione. E allora, con l’auspicio di un autunno colorato d’azzurro, ringraziamo i nostri lettori per averci scelto, augurando a tutti “buona lettura”! Maurizio Rocchi
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MONDIALI JUNIORES
SPICE
GIRLS L’esultanza di Martina Fidanza medaglia l’oro nello Scratch - Photo by Art Foto Studio
I
l ciclismo rosa continua a regalare grandi soddisfazioni allo sport italiano. I Mondiali Juniores svoltisi dal 23 al 27 agosto al Velodromo Fassa Bortolo di Montichiari, ad esempio, senza alcuna retorica, hanno consegnato alla storia le “azzurrine” del commissario tecnico Dino Salvoldi. Il ricco medagliere italiano al termine della rassegna (4 ori, un argento e 2 bronzi) è tutta farina del loro sacco. La Nazionale rosa è stata capace con le sue imprese di infiammare il pubblico di casa sin dalla primissima batteria di gare. Nelle qualificazioni dell’inseguimento a squadre Letizia Paternoster, Chiara Consonni, Vittoria Guazzini e Martina Fidanza hanno fatto registrare il nuovo record del mondo della disciplina (4’23’’229): un risultato che faceva già sognare ad occhi aperti in vista delle semifinali che si sarebbero tenute il giorno successivo. Ci ha pensato però Martina Fidanza a sbloccare nello stesso pomeriggio il medagliere azzurro. La bergamasca si è imposta infatti nello Scratch 7,5 km conducendo una prova
magistrale. La sua rincorsa all’oro parte a tre tornate dal termine, quando ricuce lo strappo sulla belga Shari Bossuyt e contiene poi in volata i ritorni dell’olandese Mylen De Zoethe e dell’australiana Alexandra Martin-Wallace. Con queste premesse l’attesa per la finale dell’Inseguimento a squadre era cresciuta a dismisura. Una pressione che le quattro “frecce azzurre” hanno però retto al meglio. Prima liquidando la Francia in semifinale e poi dando l’assalto all’oro con la Nuova Zelanda. Non c’è stata gara: il quartetto rosa ha dominato la sfida ritoccando ancora il primato mondiale. Il cronometro si è fermato sul 4’21’’554. Per dare l’idea della portata di questo tempo basti pensare che sarebbe valso il bronzo ai Mondiali Elite di Honk Kong. La scena, dal terzo giorno in poi, se l’è presa invece Letizia Paternoster. La campionessa della Val di Non, già plurimedagliata ai campionati europei, ha condotto con autorità da veterana l’Omnium. Alle avversarie ha lasciato solo la soddisfazione di primeggiare nello Scratch, vinto
dall’australiana Alexandra Martin-Wallace, e nella Tempo Race, dove si è imposta la canadese Maggie Coles-Lyster. Nelle ultime due prove però, Eliminazione e Corsa a punti, è stata semplicemente irresistibile. Lo show della trentina, sostenuta dai numerosi tifosi giunti dalla sua terra natale, è proseguita il giorno successivo: nell’inseguimento individuale ha staccato il secondo tempo lanciando il guanto di sfida alla neozelandese Ellesse Andrews, autrice del record del mondo nelle qualifiche. In finale però Paternoster si è dovuta accontentare dell’argento, mentre alle sue spalle ha conquistato il bronzo un’ottima Elena Pirrone. Intanto rifà capolino Chiara Consonni, impegnata nella Corsa a punti. Ottima la prova che l’ha vista chiudere al terzo posto, pur con un pizzico di rammarico. La russa Marila Novolodskaya infatti, a parità di punti, gli ha soffiato l’argento solo per effetto del miglior piazzamento nell’ultima volata. Il medagliere azzurro, secondo solo a quello della Russia, viene poi ritoccato dalle stesse protagoniste nell’ultima giornata.
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Le azzurre conquistano la Madison
A cura di Davide Casarotto
Le azzurrine del Ct Savoldi regalano spettacolo sull’anello di Montichiari: quattro ori, un argento e due bronzi. Per i maschi, invece, più rimpianti che risultati Le ragazze vittoriose sul podio
Di nuovo loro, Letizia Paternoster e Chiara Consonni, sul gradino più alto del podio. Stavolta nella Madison, la staffetta del ciclismo su pista. Una delle discipline più difficili: tempismo, visione del tracciato, velocità, strategia e resistenza. Le due azzurre sanno coniugare tutto questo, mettendo in riga le forti coppie russe e francesi. E i ragazzi? Non è stato certo un Mondiale fortunato quello del team del ct Marco Villa. Tanti piazzamenti e il buon tempo segnato nell’inseguimento a squadre: Giulio Masotto, Samuele Manfredi, Emanuele Amadio e Michele Gazzoli fissano in 4’06’’843 il nuovo record italiano. La sfortuna poi si è abbattuta sull’azzurro più atteso, Michele Gazzoli. Il neocampione europeo su strada giocava in casa, lui che è bresciano di Ospitaletto, e nutriva grandi speranze nell’Omnium. Sabato 26 agosto però è incappato in una delle giornate più difficili della sua carriera. Prima la caduta, senza conseguenze, nella qualifica, poi, nell’ultimo giro della prova di Scratch, un altro incidente molto più rovinoso che l’ha visto
coinvolto insieme ad altri tre corridori. Per lui la frattura scomposta della clavicola e il via alla corsa contro il tempo per recuperare e provare ad essere presente ai Mondiali su strada di metà settembre. Se vogliamo citare un’altra figura che ha scritto a caratteri cubitali il suo nome in questi Mondiali bisogna spostarsi di nuovo in campo femminile. Si tratta della francese Mathilde Gros: la pistard transalpina ha conquistato oro e record del mondo nello Sprint individuale (10’’709), nuovo oro ed altro record nel Time Trial 500 metri (33’’937) e infine, nell’ultima giornata, il terzo titolo nel Keirin. Da segnalare, nella giornata conclusiva della manifestazione, il record dell’ora sperimentale (categoria paralimpica MB2) tentato da Stefano Cecini in tandem con il ciclista non vedente Pierre Amighini. Il risultato sportivo è stato fissato in 156 giri percorsi, ma più di tutti è contato il messaggio lanciato dai due: lo sport è la “cura” a qualsiasi forma di disabilità. Il loro sogno ora è quello di partecipare alle Paralimpiadi di Tokyo 2020.
Tutte queste emozioni sono state vissute all’interno del Velodromo Fassa Bortolo di Montichiari, unica pista coperta presente in Italia: 9.200 metri quadrati di struttura, capacità di 2000 posti, un tracciato che permette di raggiungere gli 87 km/h di velocità e rivelatosi in occasione dei Mondiali, con sei record del mondo stabiliti, tra i più performanti a livello internazionale. Riportare nella struttura bresciana eventi di tale portata è tra gli obiettivi primari della nuova gestione, che fa capo alla neonata società ASD Energy, fondata da quattro imprenditori della zona che dopo soli otto mesi di attività si sono cimentati con successo nell’organizzazione di questo Mondiale. L’intento è quello di valorizzare a 360 gradi il Velodromo, rendendolo più confortevole, moderno e dotato di tutti i servizi necessari ad ospitare rassegne così importanti. Il prossimo appuntamento sarà dal 2 al 6 di ottobre: sull’anello monteclarense andranno in scena i campionati Italiani Assoluti su Pista 2017/18.
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ACSI DIVENTA UN
MARCHIO
QUALITÀ D DI
uemila società affiliate ed oltre cinquantamila tesserati. Sono i numeri, prima di tutto, a certificare - sotto la “legislatura” di Emiliano Borgna - la crescita esponenziale di Acsi Ciclismo. Una crescita inarrestabile che, per quanto riguarda il settore ciclismo, ne fanno già oggi l’ente di promozione sportiva più importante del Belpaese. Un risultato grandioso, ma non sorprendente, figlio di una strategia di sviluppo e consolidamento che il responsabile Acsi ciclismo ha pianificato - con scrupolo e tenacia già diversi anni fa, anche andando in contrasto con chi, al contrario, voleva continuare a gestire l’ente con logiche obsolete, per non dire giurassiche. Sotto la spinta innovatrice di Emiliano Borgna, Acsi Ciclismo ha ribadito la centralità dei suoi precetti fondanti - “lo sport come medium di aggregazione lontano dalle esasperazioni dell’agonismo” - riorganizzando i comitati locali e formando i delegati territoriali su nuove logiche. Non è un caso che oggi le più importanti granfondo italiane sono affiliate Acsi, così come non è un caso il boom di affiliazioni degli ultimi anni (esaltante soprattutto il dato riferito alle donne), a documentare la bontà di un lavoro sempre più strutturato e capillare. Dalle iniziative benefiche e solidaristiche alla promozione di eventi finalizzati alla crescita del ciclismo amatoriale, Borgna ha saputo - meglio di tutti - interpretare i cambiamenti di una società che, anche a livello amatoriale, esigeva nuovi standard qualitativi, dalla sicurezza all’assistenza logistica. Oggi Acsi non è solo la sigla di un ente di promozione sportiva, ma è un marchio di qualità sotto il quale si identificano tutti coloro che - animati da sincera passione - condividono lo spirito più genuino dello sport.
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L’INTERVISTA
GIANLUCA
SANTILLI L’avvocato Gianluca Santilli intervistato nell’occasione della presentazione Granfondo Campagnolo Roma
A cura di Maurizio Coccia
Necessità per gli organizzatori di passare dall’artigianalità al professionismo elevato, selezione necessaria delle troppe granfondo in calendario e soprattutto riprendere il meglio da alcune granfondo estere, quelle che si rivolgono ad un pubblico molto più ampio e che hanno surclassato le nostre manifestazioni. L’agonismo? Meglio gestirlo per eliminarne le esasperazioni e concentrarlo nelle gare a circuito.
L
a sua prossima “sfida” si chiama Bike by Night, una stracittadina in bici con finalità solidali, preludio della granfondo di due giorni dopo, evento aperto a tutti, al calar del sole, su una delle ciclabili più belle del mondo, quella che attraversa il centro costeggiando il Tevere sulle sue ampie banchine passando sotto i ponti illuminati: partenza verso le 18:00 dalle Terme di Caracalla e poi tutti in bici su una ciclabile stupenda, per l’occasione tutta illuminata, una ciclabile che neanche tanti romani conoscono; la si percorrerà per 6 km e poi si farà marcia indietro per tornare indietro verso il Villaggio Granfondo delle Terme di Caracalla, quando si saranno percorsi poco meno di quindici kilometri: è questa l’ultima idea di Gianluca Santilli, presidente del Comitato organizzatore della Granfondo Campagnolo Roma, l’evento granfondistico che in soli 5 anni si è indubbiamente conquistato un posto di rilevo tra
le granfondo più importanti del panorama italiano e mondiale e che di anno in anno vince la scommessa di mettere in piedi un grande evento sportivo di massa in un contesto di certo non facile come è quello di una grande e caotica metropoli come Roma e di un congestionato anche se meraviglioso contesto come quello dei Castelli Romani. Appunto: Bike by Night sfida lo è per le mille problematiche che esistono quando si organizzano eventi del genere nella Capitale. È agosto, mancano circa sessanta giorni alla granfondo ma grazie alla credibilità che l’organizzazione si è conquistata, l’Amministrazione Capitolina e l’ACEA, che gestisce l’energia a Roma, stanno collaborando fattivamente per l’illuminazione della ciclabile prevista per l’occasione: «Si lavora fianco a fianco per superare le mille problematiche burocratiche. E’ stata ben compresa l’importanza di supportare chi organizza eventi e voglia lasciare al territorio che li ospita,
vantaggi ci cui si potrà godere anche dopo la manifestazione. La stracittadina sulla ciclabile del Tevere in notturna può promuovere un modo nuovo di godersi Roma in bici tutto l’anno, favorendo la qualità della vita dei romani ed attirando i turisti stranieri, avviando la mutazione in grande ciclovia di quella che oggi è una ciclabile poco sfruttata ed ai più sconosciuta. Solo creando una collaborazione che vada ben oltre i 3 giorni di un evento, promuovendo iniziative che siano un reale vantaggio per la città si può organizzare un evento le cui complessità non sono neanche immaginabili. Il coordinamento tra i vari enti competenti non è ancora sufficiente. L’italica burocrazia è asfissiante, mancano tutte le competenze che sarebbero necessarie ma comincio a percepire l’umiltà, intanto di noi organizzatori ma anche degli Amministratori, di voler imparare, di condividere, di discutere con spirito costruttivo. Chiamiamolo “labora-
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Una immagie suggestiva della Granfondo col passaggio dei ciclisti nella storia
torio”. La strada è ancora lunga ma la luce all’uscita del tunnel si comincia ad intravvedere. Se penso che GF Campagnolo Roma è partner di Prudential Ride London in World Association of Cycling Events (WACE) che si è corsa giusto una settimana fa, da un lato ne sono molto orgoglioso ma dall’altro anche un filo invidioso perché conosco bene quanti e quali supporti l’organizzazione gode da parte dell’Amministrazione di Londra. Ma sarebbe un delitto piangersi addosso e pensare che solo all’estero si possano fare certe cose. Sono anzi convinto che in pochi anni, lavorando bene, il gap si possa colmare perché Roma e l’Italia non sono secondi a nessuno». Secondo Gianluca Santilli cosa le granfondo italiane dovrebbero copiare dalle granfondo che si organizzano all’estero? «Copiare è un termine che non mi piace. Diciamo che dovrebbero prendere spunti positivi e fare in modo di favorire lo spirito verso il quale sta andando tutto il ciclismo di massa nel mondo. Non dimentichiamo che le granfondo, tanti anni fa, le abbiamo inventate noi in Italia anche se la più antica ho saputo che è la Vatternrundan che si corre da oltre 50 in Svezia e che fa parte di WACE.
Inizialmente le nostre granfondo erano senza classifica. Da una ventina d’anni si assiste ad un progressivo incremento di una assurda esasperazione agonistica che tiene lontani moltissimi potenziali partecipanti che di questo spirito di interpretare gli eventi in bici hanno letteralmente paura. Posso testimoniarlo direttamente. Mia figlia Giulia, con la quale spesso pedalo alle granfondo, mi ha detto di non volerle più fare perché è terrorizzata dal clima quasi di guerra che si scatena in specie nei primi chilometri, dalle urla di chi vuole sorpassare a tutti i costi neanche dovesse vincere il Tour de France, da una aggressività a mio avviso totalmente fuori luogo. Il ciclismo per tutti all’estero è esattamente il contrario, è quello del “vieni anche se hai alle scarpe da ginnastica” e soprattutto del “vieni perché ci divertiamo in sicurezza”. Non per caso la Granfondo Campagnolo Roma è inserita in WACE, quel circuito di eventi ciclistici di massa del quale fanno parte sei grandi appuntamenti sparsi per il mondo, nel Sud Africa con la sua Cape Argus, in Inghilterra con la Prudential Ride London, negli Stati Uniti con la newyorkese TF Five Boro, in Francia con l’Etape du Tour e in Svezia con la Vatternrundan. L’appartenenza a WACE ci offre la possibilità di sfruttare sinergie, di confrontarci con i più importanti organizzatori al mondo e soprattutto di capire dove sta andando il ciclismo di massa nel mondo». Dove? «Il ciclismo di massa nel mondo si rivolge intanto davvero a tutti; anche a chi è in sovrappeso e si vuole divertire semmai dimagrendosi in modo sano, a chi vuole divertirsi e godere del semplice arrivare in fondo tagliando il traguardo. Questo spirito crea all’interno e attorno alla gara un clima di fe-
sta, esattamente come era nelle granfondo italiane di tanti anni fa. Bene, a mio parere noi dobbiamo tornare a quello». Quale è lo stato di salute del granfondismo in Italia oggi? «Non lo vedo bene. Le granfondo sono davvero troppe, credo che a livello nazionale abbiamo superato il numero dei 500 eventi l’anno. In Inghilterra ce ne sono venti, in Francia un centinaio e pensa che dicono che sono troppe, in Spagna meno di venti. A mio parere bisogna alzare moltissimo il livello di sicurezza e gli standard di qualità per i partecipanti e si dovrebbe arrivare ad avere solo manifestazioni con chiusura quasi totale del traffico. Qui da noi pare un’utopia ed anche le più importanti e partecipate non possono garantire la chiusura del traffico. Solo la Maratona dles Dolomites lo è e da un paio d’anni Roma che gode di 3 ore di totale blindatura del traffico il che le consente di far pedalare tutti divertendosi in totale sicurezza. A mio avviso le granfondo che gravitano nella stessa area geografica dovrebbero consorziarsi tra di loro e creare un unico grande evento, questo anche perché oggi gli sponsor più importanti, stante l’enorme numero di eventi, vanno solo a caccia dei più grandi. È per questo motivo che in Italia si sta creando un gap, per cui le granfondo che possiamo definire di mezzo, cioè quelle che hanno tra i 1000 ed i 1500 partecipanti soffrono, e quelle ancor più piccoline sono in grave crisi. La soluzione per queste ultime potrebbe essere quella di qualificarsi come eventi di nicchia, manifestazioni esclusive, magari a numero chiuso molto limitato, con una ampia offerta di servizi anche per gli accom-
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pagnatori. Ma devono svolgersi in territori, contesti o aree che abbiano qualche cosa di esclusivo e unico da offrire». In fondo, anche eventi come la Nove Colli o la Maratona delle Dolomiti propongono un formato che si ripete da anni tale e quale. Non dovrebbero rinnovare qualcosa? «Parliamo di due eventi che hanno fatto scuola, che sono straordinari modelli vincenti ed ai quali ho avuto il piacere di partecipare molte volte. Ed a maggior ragione mai mi permetterei di dare loro consigli, semmai mi piacerebbe riceverne. Penso che entrambi siano eventi che si stanno sempre più professionalizzando come è giusto che sia e noto in specie da parte della Nove Colli, una serie di modifiche del modello che a mio parere vanno nel senso corretto: l’implementazione del turismo in bici nel loro territorio e l’internazionalizzazione. Se posso approfitto per dare un suggerimento a tutti gli organizzatori però. Andate a vedere che cosa fanno all’estero. Il mondo amatoriale italiano dovrebbe analizzare con attenzione ed umiltà cosa sta succedendo fuori dai nostri territori. E questo, non a caso, vale anche nel mondo del professionismo, come dimostra il fatto che l’Italia, da un’assoluta e totale predominanza e anche di guida di tutto ciò che ruotava attorno al ciclismo, oggi rischia di diventare marginale. Se il movimento professionistico italiano in pochi anni passa da 12 squadre a zero, se una giovane manifestazione sportiva di massa a Londra, in cinque anni diventa le-
ader mondiale, se da noi il ciclismo amatoriale è solo quello di chi ha le gambe depilate e di chi fa almeno trentacinque all’ora di media, beh se il ciclismo è tutto questo forse è il caso di farsi qualche domanda…e nessuno penso possa avere la certezza che se le cose sono andate sempre bene, così sarà per sempre». «Inoltre, si deve interloquire con le Regioni e gli Enti competenti per far sistemare strade oggi ridotte a un colabrodo in tutta Italia pretendendo di far chiudere interamente il percorso al traffico, spiegando le enormi opportunità della bike-economy e del cicloturismo. Ci si deve sforzare di fare in modo che l’onda dell’evento duri tutto l’anno, non soltanto il giorno o i giorni della gara. Torno alla Maratona dles Dolomites perché è stata di esempio. Ha fatto capire a chi gestisce il suo meraviglioso territorio il business del cicloturismo. Resta che invece molte granfondo sono autoreferenziali, fine a sé stesse e probabilmente destinate a funzionare sì, ma a rimanere così non si sa per quanto ancora. E parlando dei modelli esteri mi viene in mente una manifestazione come l’Etape du Tour, che di partenti ne fa quindicimila, nella quale sul Col Du Var e sul Col d’Izoard la metà dei partecipanti la salita la faceva piedi. Qui da noi, se un fondista sul Passo Manghen o sul Giau scende dalla bici e va a piedi viene considerato come un incapace, gli si dice “che sei venuto a fare qui?”. Io, invece, credo che noi in Italia dobbiamo fare in modo che il mondo del granfondi-
smo torni quello che era virando decisamente verso il ciclismo per tutti. Per i contesti davvero agonistici penso alle gare a circuito, ma non a quelle non fatte attorno al bar del paese spesso senza neanche le autorizzazioni; no, penso alle gare a circuito con elevatissimi criteri di sicurezza e anche di spettacolarità. L’agonismo vero riportiamolo lì, sulle gare corte a circuito, dove c’è gente che sa andare meglio in bici, dove ci sono medie più alte e dove in un’area più circoscritta è più facile garantire la sicurezza. Le granfondo devono sposare la formula del ciclismo per tutti, perché oggi moltissimi che vorrebbero partecipare se ne tengono alla larga perché le considerano eventi pericolosi». Cosa, se lo è, è cambiato nel mondo amatoriale in Italia negli ultimi dieci anni? «Poco, ma qualcosa è cambiato: sto notando che c’è da parte di vari organizzatori la consapevolezza di dover modificare modelli non più adeguati. Noi della Granfondo Campagnolo Roma badiamo molto ai feedback del mondo social, ai risultati dei questionari che annualmente rivolgiamo ai partecipanti. Tutto questo ci da un polso abbastanza attendibile della situazione e stiamo verificando un certo apprezzamento ai cambiamenti che la nostra granfondo ha apportato negli ultimi anni, primi tra tutti la formula delle cronoscalate e la premiazione delle sole classifiche sulle stesse. Non a caso allo stesso formato quest’anno sono arrivate anche la Granfondo del Prosecco e
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Il passaggio dei ciclisti sul Campidoglio davanti al Monumento nazionale a Vittorio Emanuele II, meglio conosciuto con il nome di Vittoriano o Altare della Patria
la Granfondo Stelvio Santini. Non solo, alla “Stelvio” anche chi ha vinto le cronoscalate si è divertito tantissimo, ha dato tutto in salita e se la è goduta con gli amici sul resto del percorso. Se anche l’agonista di vertice apprezza, significa che il formato funziona. Noi siamo stati i primi ad applicarlo e ci siamo anche assunti il rischio di un probabile crollo degli iscritti che invece non c’è stato, anzi. Ora questa formula sta diventando assai frequente e a mio avviso dovrebbe essere la regola, come ad esempio succede in Svizzera, dove negli eventi agonistici amatoriali in bicicletta è obbligatoria la neutralizzazione della corsa in discesa. E che qualcosa stia cambiando lo dimostra la creazione di Formula Bici, un’associazione che raccoglie praticamente tutti i più importanti eventi di ciclismo di massa. Ciò dimostra la voglia di unirsi e confrontarsi per crescere assieme. Quale presidente di Formula Bici ti confesso comunque che fatico un po’ a far passare certi messaggi agli altri associati, a far fare loro un passetto in avanti, a provare a vedere che succede se si provasse a lasciare solo le classifiche delle cronoscalate o almeno a neutralizzare i tempi sulle discese e sui tratti potenzialmente pericolosi. Ma finalmente se ne sta discutendo e senza malcelata diffidenza. Certo c’è un po’ di paura che il “cliente” tipo, quello oramai acquisito, possa non essere d’accordo. Ma oggi ci si deve sforzare di attingere ad un bacino molto più ampio e quasi vergine per trovarne molti altri, anche
correndo il rischio di perdere alcuni clienti acquisiti. In Italia il mondo di chi usa la bicicletta è fatto di due milioni utenti, io credo che sia più logico guardare a questi piuttosto che continuare a rivolgersi solo ai centomila che corrispondono ai ciclisti tesserati che ben conosciamo. Tornando al nostro evento, posso dire che il title sponsor, Campagnolo, ha capito che In Bici ai Castelli (la manifestazione cicloturistica contemporanea con la Granfondo, ndr) è il vero scivolo di ingresso al granfondismo, è il principale strumento attraverso cui trovare nuovi praticanti. Invece in Italia il fulcro dell’evento granfondo è considerato sempre e solo il percorso lungo, ancora meglio se duro oppure estremo. Bisognerebbe forse invertire completamente questo punto di vista». Cosa la “tua” granfondo deve ancora migliorare? «La domanda dovresti farla a chi, come te, partecipa. Ma provo a risponderti. Diciamo che dobbiamo sforzarci ancora per far capire che la Granfondo Campagnolo Roma non è solo Roma, la sua storia e i suoi monumenti. La granfondo è anche i Castelli Romani e i suoi paesaggi straordinariamente belli. Negli scorsi anni, da romano, ho sentito molti commenti di non romani che si stupivano della bellezza, della monumentalità e assieme a queste della tecnicità del nostro percorso, un percorso che mai avrebbero immaginato di trovare. Credo che questo sia il messaggio che ci dobbiamo sforzare di far
passare. Il percorso, non lo dimentichiamo, ricalca quello del Giro del Lazio, una delle più grandi ed importanti classiche finita, come sempre più spesso capita in Italia, nel cassetto di chi la organizzava. Prova a leggerne l’albo d’oro e troverai i nomi di Bartali, Gimondi, Bugno, Bettini, Bartoli, Tafi, De Vlaeminck e di tanti altri grandissimi campioni. E l’ultima l’ha vinta nel 2014 un certo Valverde. Gara durissima quasi mai vinta in volata. E quest’anno a GFCR Gimondi, Tafi, Bettini verranno per pedalare tra noi assieme a tipetti come Ballan, Museeuw…sarà bellissimo averli nel gruppo. E poi dobbiamo far capire a tutti che alla Gran Fondo Campagnolo Roma ci si diverte, ci si emoziona guardando il Colosseo alle tue spalle, in griglia si ride, non ci sono volti seri e scuri perché concentrati sulla gara che sta per partire. E se qualcuno sarà troppo serio troveremo il modo di far ridere anche lui. Ma fondamentale sarà accoppiare la granfondo con un grandissimo evento ciclistico professionistico che qui a Roma manca. Un po’ come succede a Londra, dove alla Prudential Ride London si è unita una gara professionistica che oggi è diventata appuntamento World Tour. E siccome Roma (e l’Italia) non si sente seconda a nessuno... Agli eventi esteri dobbiamo provare a far capire che noi non ci siamo addormentati e tantomeno rassegnati. Dobbiamo acquisire la consapevolezza che non abbiamo nulla di meno, anzi. Ma dobbiamo fare un salto di qualità deciso, salvaguardando la passione artigianale che è il nostro
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GRANFONDO CAMPAGNOLO ROMA 2017 IN PILLOLE: TANTE CONFERME E MOLTE NOVITÀ. La Gran Fondo Campagnolo Roma 2017 è in programma il prossimo 8 ottobre. Sarà l’edizione numero sei e come per le ultime due la Granfondo premierà i migliori solo sulla base delle classifiche sulle quattro salite cronometrate, più quella relativa alla somma delle quattro cronoscalate, che fregerà i vincitori del titolo di “Re” e “Regina” di Roma. Come da sempre nella storia di questa granfondo, anche quest’anno i partecipanti saranno tenuti ad indossare la maglia ufficiale dell’evento, inserita all’interno del pacco gara, con la novità che quest’anno ci sarà anche una maglia riservata alle donne. E per valorizzare, incentivare e promuovere la partecipazione femminile, l’organizzazione ha ideato la “Volata delle Vestali”, che premierà il gruppo di donne più numeroso che, all’interno di un intervallo di tempo di trenta secondi, taglierà il traguardo posto a ridosso delle Terme di Caracalla. Il gruppo di vincitrici avrà diritto alla partecipazione gratuita nel 2018 oltre a una grande festa sul palco delle premiazioni. A proposito di premiazioni: i vincitori delle salite cronometrate riceveranno, come lo scorso anno, le maglie del Campagnolo Climbing Championship. I percorsi? Identici a quelli delle ultime due edizioni, con 120 kilometri molto tecnici (2000 metri di dislivello) che da Roma muovono verso la riserva verde più bella e vicina
alla Capitale, l’area dei Castelli Romani. Altra piccola variazione, quella dello striscione d’arrivo, non più sotto la monumentale (ma stretta) Porta San Sebastiano, a ma ridosso delle mura Aureliane, che danno più respiro e spazio ai fondisti che hanno appena portato a termine la loro fatica. E per tutti i “finisher”, pronte all’arrivo ci saranno non le canoniche medaglie di partecipazione, ma i famosi sesterzi personalizzati “Gran Fondo Campagnolo Roma 2017” che per la prima volta saranno dotati di un laccetto per poter essere sfoggiati al collo. Numerosissime saranno inoltre le manifestazioni collaterali: tutte quante avranno nel villaggio granfondo (che quest’anno si chiamerà Villaggio Mediolanum e che aprirà i battenti venerdì 6 ottobre) il loro fulcro. Si inizierà dunque venerdì 6 ottobre alle 18:00 con la Bike by Night for Luconlus, un’inedita ed affascinante pedalata di quindici kilometri che si snoderà su una delle piste ciclabile più belle delle Capitale, quella che costeggia il Tevere attraverso le sue ampie banchine. Si tratterà di un evento aperto a tutti, che cercherà ancora una volta di valorizzare la bici (anche quelle a pedalata assistita) quale strumento principe della mobilità urbana. La Bike by Night è completamente gratuita, ma sarà collegata ad un’iniziativa di beneficienza per i bambini del Policlinico Umberto I. Sem-
pre dedicate ai bambini sarà la Minifondo organizzata domenica mattina in contemporanea con la granfondo, nella zona delle Terme di Caracalla. Qualche minuto dopo la Granfondo, a muoversi da Via dei Fori imperiali saranno poi i partecipanti della cicloturistica “In Bici ai Castelli” e anche per loro come per i fondisti, ci sarà l’opportunità di fare un ampio giro nel centro storico della Capitale, prima di muoversi verso sud per raggiungere il Lago di Albano e poi fare ritorno a Roma dopo 60 kilometri. “L’Imperiale The Appian Way” è invece il nome della ciclostorica collegata alla Granfondo Campagnolo Roma: spazio a biciclette d’epoca (ante 1987) per arrivare attraverso l’Appia antica fino al lago di Albano e poi fare poi ritorno a Roma dopo 60 kilometri. La novità di quest’anno è inoltre che “L’Imperiale” avrà anche l’opzione di un percorso “light”, da trenta kilometri, per tutti coloro che con le pesanti biciclette d’epoca non possono o non sono in grado di affrontare la salita. Infine, la #pedaloxamatrice è la stracittadina con scopo benefico, destinata ai residenti delle zone del sisma dello scorso anno, cui tutti potranno partecipare domenica mattina con partenza sempre dalle terme di Caracalla: 10 kilometri in tutto, ma per chi volesse continuare a “girare” in bici,
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DOPING ALLA GRANFONDO ROMA 2017: L’ORGANIZZAZIONE FA SUL SERIO E CHIEDE I DANNI “In caso di positività ai controlli antidoping in occasione dello svolgimento della Gara, ovvero di positività accertata successivamente alla Gara […] il concorrente è tenuto a corrispondere al Comitato Organizzatore la somma di euro cinquantamila a titolo di risarcimento dei gravi danni all’immagine arrecati alla Gara ed agli organi deputati all’organizzazione della stessa”. È questa la clausola inserita nella sezione “Sanzioni” del regolamento di molte delle principali manifestazioni di fondo che si svolgono sul territorio italiano. È una clausola nata qualche anno fa assieme alla Five Stars League, quella lega tra le migliori manifestazioni di fondo che si svolgono sul territorio italiano. Ora, i fatti vogliono che nell’edizione dello scorso 2016 ben tre degli otto convocati ai controlli antidoping della Granfondo Campagnolo Roma siano poi risultati positivi ai rigorosi controlli incrociati previsti per l’occasione, cioè svolti con protocollo di analisi su “sangue e urine”. Ora, di mesi, dalla comunicazione della positività di tre atleti sono passati undici, sono state emanate 3 sentenzi di squalifica
per 4 anni. Cosa dunque dobbiamo aspettarci Avvocato Santilli? «Quella clausola risarcitoria è oramai notissima visto che è stata recepita da moltissimi eventi a cominciare dai più importanti. L’organizzazione della Granfondo Campagnolo Roma ha ovviamente atteso l’emanazione delle sentenze emesse dal TNA ed i conseguenti provvedimenti del giudice sportivo. Stiamo quindi andando avanti con tre richieste di risarcimento delle quali non psso dare dettagli specifici, stante la loro natura. Ci auguriamo una positiva conclusione anche perché la clausola prevede che le somme dovranno essere devolute a favore del ciclismo giovanile». Dobbiamo insomma aspettarci tempi lunghi? «Non so dirlo, ma ci stiamo seriamente lavorando…ci interessa molto valorizzare i principi etici ed il grande auspicio è che la piaga del doping amatoriale venga sanata o almeno molto limitata. Perché in un evento che ha il divertimento quale priorità, stonano e molto i controlli antidoping all’arrivo… ».
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STRADE SELVAGGE
SICUREZZA
FACCIAMO MEA CULPA A cura di Gian Luca Giardini
Per dirimere l’infinita diatriba fra automobilisti e ciclisti, a volte, basta un pizzico di civiltà. Ecco perché, nella jungla delle strade italiane, vi dico: sempre meglio un cenno di scuse che un “vaffa…”
È
da troppo tempo, forse anni, che leggiamo continuamente di gravi incidenti che coinvolgono i ciclisti durante gli allenamenti. Ogni volta, come un riflesso incondizionato, scatta l’appello alla prudenza, ma in concreto, non si fa mai nulla per migliorare questo aspetto. Per affrontare l’argomento in maniera propositiva vorrei innanzitutto smarcarmi dal solito, stucchevole dilemma: sono i ciclisti sempre in mezzo alla strada oppure gli automobilisti indisciplinati ed irrispettosi? Subito una premessa: se sbaglia un ciclista, l’automobilista perde, al massimo, cinque secondi ad una rotonda, mentre quando è il contrario il ciclista può perdere anche la vita! Da sola questa semplice equazione dovrebbe indurci a tutelare maggiormente la cosiddetta “parte più debole”. Purtroppo siamo italiani ed è “sempre colpa degli altri”. Che essi siano ciclisti o automobilisti non importa, “sempre gli altri…”. Oltretutto molti soggetti circolano per strada in doppia veste: al mattino in auto e nella pausa pranzo in bicicletta! Quando un automobilista si trova a dover superare un gruppo di 20 ciclisti in una stretta fondovalle piena di curve, impreca perché non riesce a superarli, perdendo così forse 30 secondi, magari
un minuto del suo preziosissimo tempo. Ma se quei 20 soggetti fossero in auto, alcuni per andare a pesca o a pranzo dalla suocera ed altri per i fatti propri, in quella stessa fondovalle ci sarebbero 300 metri di colonna inquinante. Se poi al comando ci fosse il classico signore con la Prinz ed il cappello, la velocità sarebbe di poco superiore a quella dei ciclisti! Al signore imbestialito in furgone che si reca al lavoro ed è terribilmente in ritardo potrei controbattere che quando è lui a procedere lentamente intralcia me e la mia auto sportiva di grossa cilindrata mentre mi sto recando ad un importante appuntamento d’affari e sono quasi in ritardo… Fatte tutte queste premesse, per la verità un pizzico faziose, noi ciclisti dobbiamo anche avere il coraggio di fare “mea culpa”, confessando i nostri numerosissimi comportamenti scorretti. Spesso chiacchieriamo in fila per tre su strade trafficate, non rispettiamo i semafori, non diamo la precedenza, non segnaliamo un cambio di direzione e, a volte, vorremmo gareggiare in 20 persone lungo la statale. Cari amici ciclisti avrete già capito che l’elenco dei nostri peccati potrebbe andare avanti per pagine e pagine. Cerchiamo quindi di dimostrarci più civili di chi guida un mezzo a motore. Viaggiamo
affiancati solo su strade secondarie e quando le condizioni del traffico lo permettono. Mettiamo il piede a terra ai semafori ed agli incroci. In poche parole, mostriamoci più educati e civili di loro! Personalmente, mentre sono in bicicletta e qualcuno mi suona il clacson, da quando ho smesso di mandarli immediatamente a quel paese ed ho iniziato a sollevare il braccio in segno di scuse, ho ottenuto molti più risultati. Così facendo, merito il loro rispetto semplicemente per avergli fatto capire che mi dispiace fargli perdere qualche secondo e spesso il tanto vituperato automobilista contraccambia amichevolmente il segno di pace. Cari amici ciclisti, sulle strade dimostriamo a tutti che siamo educati e disponibili! Solo così potremo essere rispettati.
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ULTIMO CHILOMETRO
LIVIGNO L’ELDORADO DEI CAMPIONI Il team Quick Step Floors nel ritiro in altura di Livigno
S
taccare la spina per prepararsi in altura e affrontare al meglio la seconda parte di stagione. Nella preparazione di un atleta, il periodo in altura a metà anno è molto importante, in quanto il momento è propizio sia per riposarsi che per lavorare al meglio in vista degli ultimi impegni previsti nel calendario. L’altura è fondamentale sia per gli stradisti che per i bikers e la priorità è quella di scegliere una località che sorga più in alto dei 1600 metri di altezza sul livello del mare. In Italia, Livigno è senza dubbio una delle località più gettonate sia dai professionisti che dagli amatori, in quanto la sua altezza (1816 metri) e la conformazione del territorio (più di 20 km di pianura, ideali per fare lavori di riscaldamento o di scarico) permettono a tutti di potersi allenare nel migliore dei modi, sia per chi è un semplice cicloturista sia per chi vuole fare un impegnativo lavoro di recupero e di preparazione. Proprio questi ultimi due concetti sono fondamentali per chi vuole affrontare un ritiro in quota in estate: gli amatori e i professionisti arrivano stanchi dalle fatiche affrontate nella prima
parte di stagione, quindi è giusto affrontare un primo periodo di adattamento in quota e di scarico, dopodiché è possibile dedicarsi a carichi di lavoro più importanti che daranno frutto nelle ultime uscite dell’anno. A Livigno, siamo andati a fare visita a una delle strutture studiate principalmente per sportivi e per ciclisti in particolare, senza dimenticare l’accoglienza per le famiglie: l’Alpen Village Hotel ha ospitato infatti, nella stagione 2017, un ritiro in altura della Quick Step Floors, squadra favorita per la vittoria finale del ranking Uci riguardante la classifica per team. La struttura, guidata dalla famiglia Galli, ha pensato che ospitare un team numeroso e importante come la Quick Step sarebbe potuta essere una grande opportunità promozionale: la formazione belga, non a caso, ha potuto lavorare al meglio ed ha affrontato un Tour de France e una Vuelta da grande protagonista. A testimoniare l’ottima riuscita del lavoro in altura è Maximiliano Richeze, uno dei corridori più brillanti della Quick Step: “Livigno è una zona ottima per svolgere lavori di recupero e di preparazione in altura, ci sono salite di
tutti i tipi, sia facili che particolarmente difficili. La struttura, inoltre, ci ha messo sempre in condizione di lavorare perfettamente. E’ stata una prima parte di stagione particolarmente impegnativa ma ricca di soddisfazioni per me, in quanto il mio compito era quello di lavorare per Fernando Gaviria e credo che quest’anno, al suo primo Giro d’Italia, abbia dimostrato ampiamente di essere uno dei migliori velocisti al mondo. Fernando ha un carattere un po’ particolare: all’inizio può sembrare molto timido ma quando poi si apre diventa un colombiano vero, con la voglia di ridere e di scherzare. E’ un ottimo motivatore ed è un piacere lavorare per lui”. Numerosi sono i velocisti che decidono di andare in altura per preparare la seconda parte di stagione. Uno di questi è Sonny Colbrelli, il corridore del Team Bahrein Merida che è reduce da una prima parte di 2017 molto promettente: “lavorare in altura è molto importante per me - afferma Corbelli - in quanto mi sono sempre trovato bene e il lavoro svolto qui a Livigno mi offre la possibilità di esprimermi molto bene anche allo sprint. Tanti commettono l’errore di
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Il velocista del Team Bahrein Merida Sonny Colbrelli - Photo by Bettiniphoto
A cura di Carlo Gugliotta
Scalatori, velocisti e bikers: a fine estate tutti in alta quota per ricaricare le batterie e prepararsi ad un grande finale di stagione. Richeze: “Zona perfetta per recuperare energie”. Colbrelli: “Qui preparerò al meglio i miei ultimi sprint”
pensare che il ritiro in quota possa essere produttivo solo per gli scalatori, ma non è così: stare in quota per così tanto tempo permette di far girare bene le gambe con l’aria rarefatta, quindi si riesce a recuperare un pizzico di esplosività in più quando le gare terminano allo sprint”. Il bresciano affronterà una seconda parte di stagione che dovrebbe portarlo anche a vestire la divisa della nazionale italiana: “Correrò sia all’estero che in Italia - annuncia - lo scorso anno ho fatto molto bene quando ero ancora con la Bardiani-CSF e vorrei ripetere le mie belle prestazioni nelle classiche italiane di fine anno. Speriamo che il lavoro svolto possa portarmi a difendere i colori della nostra nazionale in occasione del mondiale”. Anche per chi pratica la mountain bike il ritiro in quota è una specie di rito: potersi allenare sulle cime delle montagne, a circa tremila metri di altitudine, è un lavoro che offre grandi frutti in vista delle ultime gare di coppa del mondo e del mondiale. Nadir Colledani, vice campione europeo tra gli Under 23, ha svolto un lungo periodo in quota prima di andare a vincere
l’ultima tappa di CDM in Val di Sole, successo che è stato per lui la ciliegina sulla torta di una stagione ricca di tantissime vittorie e numerose soddisfazioni. “Lavorare a Livigno è in primis molto divertente - spiega il giovane corridore friulano - prima di tutto perché ci sono dei percorsi in discesa che sono fantastici, quindi quando abbiamo voglia di divertirci un po’ possiamo svagarci senza troppi problemi. Bisogna poi dire che qui è possibile trovare tutti i tipi di percorso, da quello più duro a quello più semplice. Quest’anno sono riuscito a trovare le giuste motivazioni e la giusta cattiveria: sono felice di aver svolto una bella stagione e spero di poter continuare questo mio processo di crescita anche quando passerò tra gli Elite”. Appartengono già alla massima categoria i gemelli Luca e Daniele Braidot, anch’essi reduci da una bella stagione nelle ruote grasse. Divertimento e concentrazione sono sempre le due parole-chiave di un ritiro in quota: bisogna recuperare e concentrarsi in vista degli obiettivi più importanti della stagione. Al di là degli aspetti agonistici, durante l’estate non sono mancate sfide
particolari, una di queste è l’Everesting, attività estrema che consiste nel raggiungere gli 8848 metri di dislivello affrontando più volte una sola salita, simulando così una scalata all’Everest, la vetta più alta del mondo. L’israeliano Erez Zarum ha fatto registrare questo record per la settima volta nella propria carriera, percorrendo per 100 volte una salita di un chilometro e mezzo, che lo ha portato dalla rotonda degli impianti di risalita del Mottolino fino all’Alpen Village Hotel. Il record è stato raggiunto con grande autorevolezza, e ora Zarum si prepara a sfide ancora più estreme, come il doppio Everesting del Gavia (oltre 17000 metri di dislivello). Una grande sfida contro se stessi che in Italia sta prendendo sempre più piede tra gli appassionati: non solo correre, ma anche affrontare le grandi difficoltà che le salite pongono davanti. L’importante è sempre fare un bel lavoro in quota, di almeno 10 giorni: sarà poi possibile sentire i benefici per un lungo periodo, fino a quando non penseremo di fare uno stacco in vista dell’inverno, prima di ricominciare un’altra preparazione per una nuova stagione.
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COSMOBIKE SHOW 2017
LE GRANDI AZIENDE SFILANO A VERONA La grande esposizione dei marchi all’interno dei padiglioni nell’edizione dello scorso anno
A cura della Redazione
Shimano, Merida e KTM tra i primi ad aderire alla grande rassegna scaligera di settembre: “Parteciperemo per esporre le nostre novità, ma anche per contribuire ad accrescere la cultura della sostenibilità ambientale e dei trasporti ad emissione zero”
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opo il successo planetario dello scorso anno, CosmoBike Show 2017 si prepara ad un’altra edizione da record, rinnovando l’appuntamento a tutto il mondo della bike-economy dal 15 al 18 settembre a Veronafiere (www.cosmobikeshow. com). E intanto, forte del suo successo crescente, l’evento riceve l’adesione da parte di aziende internazionali ed opinion leader di tutto il settore ciclo. Aziende che condividono il progetto e, insieme alla rassegna, contribuiscono a creare un’immagine della bici nuova e diversa. L’obiettivo comune, del resto, oltre ogni logica commerciale, è soprattutto quello di sostenere la cultura della bicicletta. Così, ad esempio, la pensa lo storico mar-
chio Shimano la cui mission, come spiega l’Amministratore Delegato Eduardo Roldan “è quella di fornire componenti di altissima qualità e ad alte prestazioni per ogni tipo di bicicletta, da quella realizzata per i migliori atleti del mondo a quella per il praticante di tutti i giorni. Per questo motivo - aggiunge Roldan - noi di Shimano abbiamo quale obiettivo quello di sostenere la diffusione di una cultura ciclistica fondata sullo sport, ma anche sui valori della mobilità sostenibile, che speriamo incoraggi sempre più persone a utilizzare la bici, con la conseguente diffusione di uno stile di vita più eco-compatibile e la promozione della tutela ambientale”. Anche quest’anno, dunque, in perfetta sintonia con lo spirito della rassegna, Shi-
mano ha confermato la sua presenza a CosmoBike Show, “una rassegna fieristica di riferimento in Italia - prosegue Roldan - che offre al consumatore la possibilità concreta di toccare con mano tutte le novità 2018 e quindi presentare il meglio della nostra offerta di componenti, accessori e abbigliamento per la bici”. “Abbiamo confermato la partecipazione a CosmoBike Show 2017 - interviene Massimo Sganzerla di Merida Italy - perché desideriamo incontrare i nostri clienti, parlare di biciclette e presentare tutte le novità al maggior numero di appassionati possibile. Stiamo vivendo una fase intensa della nostra attività e gli stimoli e la frenesia dei giorni di fiera ci daranno la giusta carica
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per affrontare la nuova stagione commerciale”. “KTM già da molti anni si è confermata tra i leader del mercato delle due ruote a pedali ed oggi ci definiamo un’azienda sempre molto attenta agli sviluppi e alle esigenze di questo mercato dichiara Fausto Maschi responsabile per l’Italia di KTM -. Crediamo fermamente nell’esigenza di un contatto diretto con il pubblico, che in questo momento solo un evento come CosmoBike Show è in grado di offrire in Italia. Ktm presenterà in anteprima italiana tutti i modelli novità 2018 proprio a CosmoBike”. CosmoBike Show è l’appuntamento fieristico a servizio del mondo bici e di un intero sistema e si dimostra, grazie alla sua grande capacità attrattiva in termini di pubblico, lo strumento migliore di marketing e comunicazione a disposizione delle aziende per supportare la loro primaria e fondamentale esigenza che è quella di allargare il proprio mercato: “E’ riduttivo definirci una semplice fiera - dichiara il
I grandi brand presenti al Cosmo Bike Show
Project Manager di CosmoBike Paolo Coin - noi vogliamo essere i principali testimonial della mobilità sostenibile, della circolazione ‘ad emissioni zero’, della bicicletta intesa come stile di vita, come sorgente di benessere e come simbolo planetario delle smart city. E l’adesione di aziende leader del mercato rappresenta la conferma dei risultati tangibili che la Fiera è in grado di assicurare”. A CosmoBike Show tornerà, per il terzo anno consecutivo, anche CosmoBike Tourism, area speciale dedicata al mondo del turismo in bicicletta. Il cicloturismo genera in Europa un indotto economico di 44
miliardi, con 2 milioni di viaggi e 20 milioni di pernottamenti, secondo le rilevazioni dell’Enit. In Italia ha un valore potenziale di 3,2 miliardi, e sta crescendo ad un ritmo costante. Una stima della Fiab (Federazione italiana amici della bicicletta) calcola che una persona che va in bici per una giornata ed effettua un pernottamento vale 80 euro di spesa. Una pista ciclabile può costare fino a 400 euro al metro, ma studi internazionali dimostrano che ogni euro investito in questo settore ne restituisce 4 o 5 alla collettività in meno di tre anni.
Giro d’Italia 2017 - Photo by Bettiniphoto
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INBICI TOP CHALLENGE 2018
IL CIRCUITO PIÙ BELLO DI SEMPRE
A cura della Redazione
Otto appuntamenti (e una prova jolly) con quattro new-entry di prestigio. Dal ciak di Laigueglia al gran finale con la Charly Gaul, definito ufficialmente il calendario della terza edizione del circuito granfondistco
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opo i frenetici colloqui dell’ultima ora, è stato definito ufficialmente il calendario 2018 dell’InBici Top Challenge, il circuito granfondistico che il prossimo anno festeggerà la sua terza edizione. Un’edizione che si annuncia ancora una volta esaltante con sei regioni rappresentate (Emilia Romagna, Toscana, Lombardia, Veneto, Liguria e Trentino Alto Adige) per un totale di otto appuntamenti, un circuito che - tra conferme e new-entry - punta a diventare nel 2018, per qualità delle manifestazioni e numero di abbonati, il circuito italiano di riferimento dell’intero setto-
re gran fondo. Quattro le novità, tutte di grandissimo prestigio: dalla Gran Fondo Davide Cassani (uno degli eventi più longevi del calendario italiano) alla Gran Fondo degli Squali di Cattolica e Gabicce (rassegna giovane ma in vertiginosa crescita) passando per la “Green” Fondo di Paolo Bettini e finendo con la “3 Epic Cycling Tre Cime di Lavaredo”, che ha preso il posto della Marcialonga. Il calendario partirà ufficialmente ai primi refoli di primavera - il 25 febbraio - con la Gran Fondo Laigueglia, da sempre evento di apertura della stagione amatoriale italiana. Si tratta di un evento ormai consolidato che - sotto
l’egida del Gs Alpi di Vittorio Mevio - porterà nel territorio savonese i ciclisti più temerari, quelli che non hanno timore si sfidare i rigori di una stagione meteorologicamente ancora incerta. Si prosegue il 18 marzo a Faenza con la Gran Fondo Davide Cassani, l’evento che vede il commissario tecnico della nazionale italiana di ciclismo nelle vesti di testimonial per una nobile causa: il finanziamento dell’attività ciclistica giovanile. Un mese dopo - il 15 aprile - tutti in Toscana, in quel di Pomarance (provincia di Pisa) con la Gran Fondo “eco” Paolo Bettini - La Geotermia. A maggio, invece, si vola in Romagna: il 6
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tutti a Cervia per la storica Via del Sale, un’edizione particolarmente rinnovata nella formula e soprattutto nella data (in passato la corsa si è sempre svolta ad aprile). Una settimana dopo il grande popolo del pedale si dà appuntamento tra Cattolica e Gabicce Mare per la Gran Fondo degli Squali, la manifestazione più giovane, ma anche quella che, nelle prime tre edizioni, ha mostrato i margini di crescita più importanti. Il 10 giugno si abbandona la calura della riviera e si sale in alta quota con la novità della “3 Epic Cycling - Tre Cime di Lavaredo”, corsa per grimpeur di razza nell’impareggiabile scenario delle Dolomiti d’estate. Il 24 giugno si resta in altura con la Gran Fondo Gavia & Mortirolo all’Aprica (So), mentre il gran finale è sempre fissato a Trento, quando l’8 luglio si celebrerà una nuova edizione della Gran Fondo “La Leggendaria Charly Gaul”. Anche quest’anno, infine, il circuito propone una “prova jolly”, a cui gli abbonati dell’InBici Top Challenge potranno partecipare gratuitamente. Si tratta della Gran fondo Nevio Valcic, che si disputerà il 25 maggio in Croazia. Nell’Istria Meridionale, tra i tornanti della scenografica Riviera di Medulin, un’occasione per una corroborante vacanza sui pedali che, già nella precedente edizione, ha riscosso grandissimo successo. “L’InBici Top Challenge - spiega Maurizio Rocchi - quest’anno riserva tante novità. Ma ci tengo a precisare che il ‘turn over’ di rassegne non intende in nessun modo promuovere né tanto meno bocciare nessuno. Si tratta semplicemente di una rotazione che consente ai nostri abbonati di provare, anno dopo anno, manifestazione sempre nuove, alla scoperta dei territori e delle tante ricchezze culturali che l’Italia offre. La selezione delle corse del circuito, in ogni caso, continua a seguire rigidi principi di qualità: dell’InBici Top Challenge, infatti, fanno parte solo ed esclusivamente quelle granfondo che, sul piano delle sicurezza, della logistica e della ricettività, sono in grado di garantire agli iscritti standard di qualità elevati. E in questo senso, mi pare di poter dire che gli eventi inseriti nel calendario 2018 sapranno essere tutti all’altezza delle aspettative”.
La partenza della La Leggendaria Charly Gaul a Trento - Photo by Newspower.it
Una immagine della granfondo Via del Sale di Cervia
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LA PARTNERSHIP
FIORI D’ARANCIO FRA GRAN FONDO CASSANI E INBICI TOP CHALLENGE La partenza dei ciclisti alla Granfondo Davide Cassani
A cura della Redazione
Il prestigioso evento faentino entra ufficialmente nel circuito. Siglato l’accordo fra Franco Chini e Sara Falco. Con la benedizione del Ct azzurro: “Garanzia di crescita”
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n attesa della cerimonia di premiazione della stagione 2017, prende forma il nuovo calendario dell’InBici Top Challenge, il circuito granfondistico internazionale che si appresta a celebrare la sua terza edizione. Come l’anno passato, il circuito partirà ufficialmente il prossimo mese di febbraio con la Gran Fondo Laigueglia, classicissima d’apertura del calendario italiano amatoriale. Tante le novità messe a punto dallo staff di InBici: una delle più allettanti è senza dubbio l’inserimento nel calendario 2018 della Gran Fondo Davide Cassani che disputerà la sua 24ª edizione il prossimo 18 marzo. L’accordo - voluto in primis dal Commssario Tecnico della Nazionale Italiana di ciclismo Davide Cassani - è stato siglato dal direttore organizzativo della Granfondo faentina Franco Chini e dalla responsabile dell’InBici Top
Challenge Sara Falco. A celebrare il nuovo connubio, come detto, è stato lo stesso commissario tecnico della nazionale di ciclismo, secondo cui “l’accordo porterà interesse e nuovo entusiasmo alla nostra granfondo” perché - ha proseguito Cassani - “l’InBici Top Challenge ha dimostrato in questi due anni di essere un circuito di grande credibilità, composto da appuntamenti di prestigio”. Grande soddisfazione ha espresso anche lo stesso Franco Chini: “Sono anni che InBici lavora nel mondo del ciclismo amatoriale - aggiunge l’organizzatore dell’evento - per cui incontrarsi è stato naturale. Col circuito, del resto, condividiamo le stesse finalità e lo stesso entusiasmo. Entrambi lavoriamo per un ciclismo pulito dedicato, in particolare, alle nuove generazioni. Non dobbiamo infatti dimenticare che tutti i proventi della Gran Fondo Cassani saranno reinvestiti, come
negli anni passati, per finanziare l’attività giovanile della Sc Ceretolese di Casalecchio di Reno e della Polisportiva Zannoni di Faenza. Con InBici, l’obiettivo comune è quello di continuare a creare eventi sportivi che diventino, prima di tutto, splendidi momenti di aggregazione”. Parla invece di “new-entry di prestigio” Sara Falco, editrice di InBici, secondo cui “La Gran Fondo Cassani, per il nome che porta e per la sua storia più che ventennale, rappresenta oggi uno degli appuntamenti amatoriali più importanti d’Italia. Si tratta di una delle gare d’apertura del calendario granfondistico, dunque un appuntamento atteso da migliaia di appassionati. Sono anni che seguiamo l’evento come media partner, essere riusciti ad inserire la Cassani nel nostro circuito è per noi motivo di grande orgoglio e soddisfazione”.
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LAIGUEGLIA IN ROSA POWERED BY BIANCHI
GRAN FINALE COL
GENTILSESSO A cura della Redazione
Il 15 ottobre a Savona, su un tracciato di 71 chilometri, l’omaggio alle donne del Gs Alpi. Iscrizioni a 30 euro entro mercoledì 11 ottobre
L
aigueglia in Rosa powered by Bianchi del 15 ottobre porta con sé la pozione magica di una soluzione vincente, perché dunque non concedersi una giornata in bicicletta assieme ad altre atlete del gentil sesso? Vittorio Mevio, vulcanico organizzatore di eventi ciclistici - memore dell’adagio secondo cui “il dolce si gusta sempre alla fine” - conclude la stagione nel migliore dei modi, ovvero con un tributo alle donne, spesso protagoniste negli eventi firmati GS Alpi. La stagione del comitato organizzatore è partita proprio da qui, a Laigueglia (SV), con la Gran Fondo Internazionale di fine febbraio, subito baciata dalla passione incontenibile di migliaia di cicloamatori, tra i quali si celavano numerose concorrenti “rosa”. Sempre nella provincia savonese si è passati poi al “muretto degli innamorati” di Alassio, in una gara spettacolare che ha
visto primeggiare il francese Bousquet davanti a corridori del calibro di Stefano Cecchini e Paolo Castelnovo, pronti a sfidarsi nuovamente anche alla Granfondo Torino della domenica successiva. Da Alassio a Novara per una “scorpacciata di chilometri” nel Novarese, sfida anche in questo caso raccolta da un folto numero di atleti. Ora, come detto, dopo la GF Torino e la GF Don Guanella di Lecco, toccherà nuovamente a Laigueglia accettare il “guanto” del GS Alpi, aprendo dunque i battenti sabato 14 ottobre al palazzetto dello sport in Piazzale San Sebastiano a Laigueglia, dalle ore 14.30 alle ore 19.30, con la verifica tessere e consegna dei pacchi gara. Domenica 15ottobre il rito si ripeterà alle prime luci dell’alba, dalle ore 6.30 alle ore 8.30 sempre nella medesima location, con partenza prevista in Corso Badarò come alla Granfondo Laigueglia tradizionale. Una magnifica sfilata di 71 km interamente ‘rosa’ condurrà poi le
concorrenti direttamente al pasta party rifocillatore, previsto per le ore 12.30. Un programma allettante con tante curiosità ancora da definire, cui si può aderire alla cifra di 30 euro entro mercoledì 11 ottobre alle ore 20, con le iscrizioni riaperte poi direttamente in loco con un sovrapprezzo di 5 euro nelle giornate di sabato 14 e domenica 15 ottobre. In provincia di Savona le fuoriclasse delle due ruote potranno gustarsi i panorami marittimi, gli olivi e le montagne circostanti, che comunque renderanno il dislivello di gara facilmente affrontabile. Tre le salite previste (Ligo, Paravenna e Colla Micheri) con un succulento ristoro al termine di ognuna, ove si potrà decidere se farsi cronometrare entrando in classifica oppure rilassarsi, vivendo al 100% lo spirito dell’ultima manifestazione annuale sfornata dal GS Alpi. Per info: www.laiguegliainrosa.it
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SIGLATA L’INTESA
INBICI PEDALA CON GLI SQUALI A cura della Redazione
La Granfondo di Cattolica e Gabicce diventa tappa ufficiale del circuito granfondistico. Cecchini e Rocchi: “Incontro inevitabile fra due realtà emergenti”
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opo la Granfondo Cassani, un altro evento di grande fascino e prestigio arricchirà l’edizione 2018 dell’InBici Top Challenge. Si tratta della Granfondo degli Squali, in programma tra Cattolica e Gabicce nel secondo weekend di maggio (11, 12 e 13). Un evento “giovane” (siamo solo alla 3ª edizione), ma già consolidato, come certificano i 2400 iscritti dell’edizione passata, un numero davvero clamoroso per un evento così acerbo. Merito di uno staff organizzativo affiatato e ambizioso, ma merito anche di un tracciato che, soprattutto nel mese di maggio, offre scorci panoramici unici ed esclusivi con l’arrivo a Gabicce Monte con vista mozzafiato sulla riviera adriatica di Romagne e Marche immersi nel parco naturale di Monte San Bartolo. “Il successo della manifestazione - spiega Massimo Cecchini, presidente del Velo Club Cattolica - è tutto nell’entusiasmo di un gruppo di organizzatori che, ormai da tre anni, pedala forte e nella stessa direzione. La collaborazione con il Cicloteam di Gabicce proce-
de in perfetta sintonia, così come l’apporto di Filippo Magnani, l’uomo che ha saputo declinare l’evento in chiave turistica, creando delle efficaci strategie di marketing e di promozione che hanno aumentato sensibilmente il numero degli iscritti. Io credo che il segreto del successo dell’evento sia proprio nell’affiatamento del team, persone ambiziose che conoscono molto bene l’ambiente dei cicloamatori e che lavorano da anni con entusiasmo e anche, lasciatemelo dire, con ottime capacità e competenza”. L’evento, per altro, sta iniziando a regalare anche riverberi importanti sul piano ricettivo, visto che il cicloturismo è, da sempre, garanzia di nuove presenze sul territorio: “Corriamo su un territorio a forte vocazione turistica - conclude Cecchini - dove il il filone cicloturistico può offrire un indotto importante in un periodo di bassa stagione. E’ chiaro che il territorio deve marciare unito, pubblico e privato devono collaborare sempre di più. In questo modo, anche a Cattolica e Gabicce Mare, come già avviene in altre località della costa roma-
gnola, potrebbero in futuro considerare il turismo in bicicletta una voce sempre più importante dell’economia della vacanza”. L’ingresso della Granfondo degli Squali nell’InBici Top Challenge è dunque una sorta di incontro scontato fra realtà emergenti del territorio: “I nostri numeri, così come quelli del circuito - osserva Cecchini - negli ultimi anni sono cresciuti in maniera quasi esponenziale. Segno che, in entrambi i casi, si sta lavorando nel modo giusto”. Una visione condivisa anche da Maurizio Rocchi, coordinatore dell’InBici Top Challenge: “In una giungla di granfondo - spiega - quella degli Squali si è subito distinta per qualità e propensione all’innovazione, due principi sui quali anche noi crediamo fermamente. Incontrarci è stato quindi quasi inevitabile. Siamo convinti che la Granfondo degli Squali possa dare al nostro circuito ulteriore credibilità e prestigio e auspichiamo che anche i nostri abbonati diano alla GranFondo di Gabicce e Cattolica quel ‘valore aggiunto’ che merita”.
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LA NEW-ENTRY
“IL GRILLO”
ANCHE NELLA FAMIGLIA DI INBICI A cura della Redazione
La “Green” Fondo di Paolo Bettini entra nel circuito. Il direttore tecnico Gazzarri: “Calendario di assoluto prestigio, avvertiamo un po’ di soggezione…”
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n’altra new-entry di assoluto prestigio per l’InBici Top Challenge che, dopo aver siglato le partnership con la Granfondo Cassani di Faenza e con la Granfondo degli Squali di Cattolica e Gabicce, annuncia l’ingresso ufficiale nel circuito anche della Granfondo Paolo Bettini-La Geotermia: “Da anni - spiega il coordinatore tecnico Stefano Gazzarri - abbiamo un rapporto di intensa collaborazione con la rivista InBici. Dunque, il nostro ingresso nel circuito è una sorta di evoluzione naturale di un rapporto di stima e fiducia reciproca che dura ormai da tempo. Siamo davvero orgogliosi di far parte dell’InBici Top Challenge, che riunisce eventi particolarmente prestigiosi di fronte ai quali, non lo nascondo, nutriamo anche un pizzico di soggezione. Però noi abbiamo un certo Paolo Bettini e dunque, grazie al suo nome, ogni complesso d’inferiorità svanisce d’incanto”. L’accordo, tra l’altro, si celebra in concomitanza con una ricorrenza importantissima: il prossimo mese di aprile, infatti, il Veloetruria di Pomarance festeggerà la 21ª edizione della Granfondo che - come tradizione impone - si snoderà sempre nella provincia di Pisa e in particolare nella valle del Diavolo
dove si produce Green Energy: “La data è il 15 aprile - anticipa Gazzarri -. C’era, per la verità, anche l’idea di tornare sui tracciati originari sui quali si disputò la prima edizione. Ma esistono problemi logistici importanti e dunque i percorsi, alla fine, saranno quelli delle ultime edizioni, anche se l’ultima parola, in questo senso, spetta sempre a Paolo Bettini”. La Granfondo, che debutta nell’InBici Top Challenge, riproporrà dunque anche quest’anno i suoi percorsi storici con il muro del Cerretemberg e l’ascesa di Castelnuovo Val di Cecina. Su queste stesse erte, vale la pena ribadirlo, si sono disputate alcune tappa della Tirreno-Adriatico di cui Pomarance è stata sede di arrivo nelle
due ultime edizioni: “Sono terreni molto familiari ai professionisti - conclude Gazzarri - percorsi tecnicamente eccellenti, oltre che molto suggestivi sul piano paesaggistico e naturalistico. Del resto, il messaggio della granfondo è sempre quello: grande attenzione per l’ecologia e per le energie sostenibili, una campagna per l’ambiente che come Velo Etruria continueremo a portare avanti con l’abituale entusiasmo”. Alla consolle dell’evento, come al solito, il presidente Maurizio Maggi, l’uomo che ha voluto fortemente questa corsa a Pomarance, affidando all’immagine di Paolo Bettini il senso di una sfida che, dopo oltre vent’anni , può dirsi ampiamente vinta.
Il Campione Paolo Bettini alla partenza della sua granfondo
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LA LEGGENDARIA CHARLY GAUL – UCI GRAN FONDO WORLD SERIES
LA LEGGE DI
CECCHINI Il vincitore della Granfondo Stefano Cecchini - Photo By Newspower.it
L
a diretta Rai ha premiato una strepitosa giornata di sport, ideale anche per le condizioni meteo fra Trento ed il Monte Bondone e la Valle dei Laghi, con l’abbondante pioggia della notte a rinfrescare l’aria e a concedere tutte le condizioni per far sì che “La Leggendaria Charly Gaul” numero 12 potesse essere una grande gara. Tracciati avvincenti, entrambi culminanti in località Vason sul Monte Bondone, teatro della leggenda del lussemburghese Charly Gaul, in una giornata indimenticabile, quella dell’8 giugno 1956. Una fiumana di cicloamatori ha aperto le danze di primo mattino, con il tridente del Nettuno a dare il via ad una competizione che ormai da tempo è una “piccola ossessione” nel calendario di ogni atleta. Il primo a presentarsi sul traguardo del percorso mediofondo di 57 km e 2.000 metri dislivello, visibilmente affaticato dopo aver affrontato gli ultimi 17.5 km d’impennata sul Bondone (38 tornanti con media dell’8% di pendenza), è stato il fiorentino Davide Lombardi (1:57:56), abile a staccare
Andrea Zamboni (1:58:45) sull’ultima salita, dopo che il trentino era stato in testa per lunghi tratti della gara: “Siamo rimasti subito in tre e Zamboni faceva l’andatura, mettendomi in difficoltà. A tre quarti di salita siamo rimasti io e lui e ad un chilometro e mezzo dalla fine ho allungato, decidendo di andare via da solo. Ho scelto il tracciato corto perché venivo da una serie di granfondo molto dure, e tutte su percorsi lunghi, non me la sono sentita di andare oltre”. Terzo classificato il veronese Andrea Pontalto (1:59:05), felice del terzo posto anche perché l’erta del Bondone “non perdona”. Al femminile la favorita assoluta sul mediofondo era Serena Gazzini, atleta di casa che spesso e volentieri lascia solamente le briciole alle altre specialiste delle medie distanze. La trentina ha condotto in solitaria la propria prova dall’inizio alla fine, giungendo in solitaria al traguardo: “E’ il regalo più bello per i miei figli, ma devo dire grazie anche alla caporeparto dell’azienda in cui lavoro che mi ha permesso di saltare la giornata lavorativa; sarebbe stato
impensabile per me andare al lavoro alle ore 2 dopo aver affrontato una salita come questa. La gara è partita velocissima ma è bastato non andare fuori giri all’inizio della salita, cercando di pedalare più agili e regolari possibile”. In seconda posizione Olga Cappiello (2:22:55), che già era giunta seconda alla cronometro di Cavedine (TN) del venerdì prima, altra prova UCI Gran Fondo World Series sempre organizzata dall’APT Trento, Monte Bondone, Valle dei Laghi ed ASD Charly Gaul Internazionale. Terza la vicentina Deborah Rosa (2:24:33) davanti ad un’altra trentina, Jessica Leonardi (2:26:40), arrivata praticamente negli stessi istanti di Jury Chechi, campione olimpico appassionato di bicicletta. Decisamente appassionante la contesa granfondo, esaltata dalla diretta della televisione nazionale, con 141 km e 4000 metri di dislivello ad emozionare e a far salire l’appeal de “La Leggendaria Charly Gaul”, anche perché vi partecipava una miriade di appassionati di ciclismo, e tanti corridori che ogni domenica fanno il
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A cura della Redazione
Il toscano supera l’amico-rivale Enrico Zen. Emma Delbono trionfa nel femminile su Simona Parente e Manuela Sonzogni. Mediofondo al fiorentino Davide Lombardi e alla trentina Serena Gazzini
bello e cattivo tempo sulle strade d’Italia. Un drappello di atleti è rimasto compatto sino a 7 km dall’arrivo, con Stefano Cecchini sempre a condurre il gruppo, al quale gli altri corridori non hanno nemmeno lasciato il diritto di rifiatare un momento, nessuno ha voluto inserirsi e fare da traino per un po’, lasciando tutto nei piedi del corridore toscano. Un “seccato” Cecchini, non ha dunque avuto scelta: vincere rimanendo in testa dall’inizio alla fine. E dopo 4 ore e 10 minuti di gara è ancora al comando, con Enrico Zen in terza posizione ed in seconda… un inatteso protagonista, il cubano Pedro Portuondo Enrique Torres. Un fuoco di paglia tuttavia, perché il duello fra Enrico Zen e Stefano Cecchini si protrae ancora una volta sino alle ultime fasi della contesa pedalistica. Un duello che tuttavia non ha risvolti “epici”, poiché agli ultimi tornanti che conducono al traguardo Cecchini si stacca lasciando a Zen il compito di tenere a bada Mauro Facci per la lotta fra il secondo ed il terzo posto. Cecchini si conferma ‘killer’ e giunge in so-
litaria fra gli applausi alla finish line davanti ai vicentini Zen (4:31:16) e Facci (4:31:29), una prova egregia per il toscano che chiuderà in 4:29:27 con un media di oltre 30 km/h: “Sono contento di aver vinto - sono le prime parole di Cecchini - è stata una bella vittoria, la dedico ai miei compagni, a Matteo e a Paolo, ed in particolare a quest’ultimo che sta lottando per la vita. Zen è un rivale fortissimo, è giovane ed un grande atleta, è sempre un piacere gareggiare contro di lui. Qualche volta riusciamo anche ad allenarci assieme, siamo amici anche perché io non ho nemici. Non ho visto nulla dietro di me, ho fatto la mia andatura ed ho attaccato per vincere alla ‘o la va o la spacca’. L’avversario numero uno è sempre e comunque uno solo: Enrico Zen”. “Qui non ci sono tanti tatticismi - afferma Zen - si arriva tutti assieme sull’erta finale e poi chi ne ha di più arriva primo al traguardo. Lo lotta tra me e Cecchini dipende dal momento, e molto dallo stato di forma di ognuno. Tengo particolarmente a fare i complimenti a Elda Verones e a tutta l’organizzazione perché come al solito le strade trentine state sono impeccabili”. “Ho provato a tenere Cecchini - sono invece le dichiarazioni di Mauro Facci - ma bisogna ammettere che aveva una marcia in più. Sono rimasto qualche chilometro
anche assieme a Zen ma alla fine mi ha staccato, peccato, lo vedevo sempre a 200 metri di distanza. Ero veramente a tutta, più di così non potevo fare, ma nelle corse più importanti arrivo sempre fra i primi. Io sono di Santorso, di solito lavoro fino alle 5, alle 5.30 prendo la bici e parto per quattro ore almeno, spesso torno a casa anche alle 10”. Emma Delbono (4:57:49) riprende invece un discorso interrotto dalla maternità, che le ha portato una bella bimba, la bresciana risale in sella e come al solito stravince: “L’anno scorso non ho partecipato alle gare - ricorda - perché ero incinta, qui ho vinto due anni fa ed ora nuovamente, la salita è sempre dura da affrontare”. Seconda e terza classificata rispettivamente Simona Parente (5:07:14) e Manuela Sonzogni (5:09:26). Bilancio più che positivo per l’organizzazione dell’APT Trento, Monte Bondone, Valle dei Laghi, con una splendida giornata di sole baciata dall’entusiasmo, dalla grinta e dalla voglia di rivivere le gesta “leggendarie” di Charly Gaul, imprese che ancor oggi riecheggiano fra i tornanti del rilievo trentino. Come sempre impeccabile il gran lavoro di centinaia di volontari. Informazioni www.laleggendariacharlygaul.it
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DORELAN
TUTTO SU MISURA: DALLA BICI AL LETTO PERSONALIZZATO, ECCO IL SEGRETO DEI CAMPIONI La linea di molle twin system l’eccellenza dell’innovazione dei brevetti dorelan in ambito di tecnologie applicate al riposo
A cura della Redazione
“I nostri interlocutori sono i ciclisti, sia amatoriali che professionisti, i patiti delle due ruote: eppure nel nostro lavoro il punto di partenza non è la performance. Prima di tutto viene il benessere”. Parola di Renato Potunno socio fondatore di VeloSystem.
L’
azienda è un’autorità nel campo della biomeccanica applicata al ciclismo: una scienza che studia il movimento dell’individuo allo scopo di migliorare il gesto tecnico e l’interazione con la bicicletta, per permettergli di esprimere la sua massima potenza muscolare. Il “trucco” è uno solo: bisogna adattare un mezzo meccanico, di per sé perfettamente simmetrico, uscito dalla fabbrica in tante copie uguali, a un esemplare di essere umano unico, con le sue caratteristiche morfologiche e posturali. “Noi compensiamo questa differenza. Prima di tutto effettuiamo un check up completo del ciclista, poi utilizziamo questa base di dati per regolare la bicicletta, compensando tutti gli aspetti critici” spiega Potunno. “Il risultato? Migliora l’equilibrio frontale, la parte destra e sinistra del corpo lavorano insieme, si incrementa la rotondità della pedalata. Sono interventi di precisione, molto delicati, perché una cattiva regolazione può portare anche a pato-
logie croniche delle articolazioni”. Ma per quanto appassionato, un ciclista trascorrerà sempre la maggior parte della giornata lontano dal sellino. Perciò è importante mantenere sane abitudini e posture corrette in ogni momento della giornata e della notte, poiché trascorriamo un terzo del nostro tempo dormendo. Anche il materasso e il cuscino sono veri e propri strumenti, e possono essere adattati alle esigenze dei ciclisti. “La bicicletta sollecita il corpo in particolari aree critiche” racconta Potunno. “Le gambe, naturalmente, ma anche la schiena, specialmente nel tratto lombare e cervicale. Pedalare costringe ad assumere una posizione a cui non siamo abituati, e crea delle tensioni che è importante recuperare. Un cuscino adatto, un materasso che sostiene nel modo giusto diventano così molto importanti. Il sistema letto personalizzato rappresenta un vantaggio strategico innegabile, perché aiuta a recuperare dopo un allenamento, e prepara alle sfide del giorno successivo.
Ed è qui che scende in campo la tecnologia: Dorelan, azienda italiana leader nel settore sonno, ha ideato e brevettato dei supporti e dei materiali esclusivi, capaci di migliorare sensibilmente la qualità del riposo. L’azienda adotta una filosofia simile a quella di VeloSystem. Il punto di partenza è sempre il benessere, inteso a 360°. Grazie alla ricerca scientifica e tecnologica è in grado di disegnare un sistema letto su misura rispetto alle esigenze dell’atleta che necessita di un sonno ristoratore per migliorare le proprie performance sportive in allenamento e in gara. Due i prodotti di punta: la linea di molle Twin System e il Myform Air. Per merito di queste e altre innovazioni Dorelan ha ricevuto, come sigillo di garanzia, la certificazione Ergocert: i suoi materassi hannoottenuto un Indice di Comfort medio elevato, e quindi sono certificabili per quanto concerne l’area biomedica www.dorelan.it
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LA BIZANTINA - TUTTI FRUTTI
QUESTA VOLTA…
SCATTO IO Il fotoreporter Roberto Bettini in attesa di uno scatto esclusivo durante una gara ciclistica - Photo by Guido Rubino
A cura della Redazione
Organizzato dal fotoreporter Roberto Bettini, il prossimo 24 settembre - tra Punta Marina e Forlì - il primo cicloraduno aperto a tutti i mezzi a pedale. Con sosta emozionale al museo del campione olimpico Ercole Baldini
A
lla consolle c’è il più celebre fotografo di ciclismo del mondo, quel Roberto Bettini che - ormai da decenni - racconta con i suoi scatti su La Gazzetta dello Sport (ma non solo) le pagine più belle ed emozionanti del ciclismo moderno. Sua l’idea di organizzare, il prossimo 24 settembre, “La Bizantina - Tutti Frutti”, cicloraduno (con animo storico) sulle strade sterrate da Punta Marina a Forlì: “Era da tempo che avevo in mente un’iniziativa legata al ciclismo - spiega Bettini - del resto, anche i miei stessi amici mi dicevano: ‘ma come, tu vivi da sempre, 365 giorni l’anno, nel mondo del ciclismo e di tuo non organizzi nulla?’. E così, con l’aiuto di qualche collaboratore, ci siamo inventati questo cicloraduno. E’ la prima edizione e dunque
neppure noi sappiamo esattamente cosa aspettarci”. La corsa, aperta e tutti i mezzi a pedale, si snoderà lungo un tracciato dal mare alle campagne romagnole, tra asfalti e vecchie strade bianche lungo il fiume Montone fino a Villanova di Forlì. Il tracciato di circa 85 km (partenza alla francese) toccherà anche le località di Chiesuola, San Pancrazio, Roncalceci, Madonna dell’Albero e Classe: “E’ un itinerario molto noto ai ciclo-amatori romagnoli - prosegue Bettini - un tracciato suggestivo, non particolarmente impegnativo e, quindi, adatto veramente a tutti. Per questo al via ci aspettiamo bici da corsa, bici d’epoca e mtb”. A metà percorso è previsto un ristoro alla casa del campione olimpico Ercole Baldini (detto “La locomotiva” della Romagna): “Baldini, a casa sua, ospita un
autentico museo di cimeli e rarità legate al ciclismo - spiega ancora Bettini - è una location fantastica, forse non sufficientemente reclamizzata, ma chi ama il ciclismo non può non visitarla almeno una volta. Ercole, come al solito, ha accolto la nostra idea con grande entusiasmo e, per l’occasione, accoglierà i ciclisti con un rinfresco”. Le iscrizioni - costo 10 euro comprensivo di due ristori, pacco gara e t-shirt celebrativa - si raccolgono fino ad esaurimento al bagno Susanna di Punta Marina, dove fra l’altro è allestita un’esposizione di bici storiche curata da Paolo Ballardini. In programma anche una lotteria con premi ad estrazione. Riconoscimenti anche alle prime tre società più numerose.
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ZEN DUCA DI SUPERGA GRANFONDO INTERNAZIONALE TORINO
Il podio della Granfondo, da sx Paolo Castelnovo, Enrico Zen Paolo e Lorenzo Fanelli - Photo By Newspower.it
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l bassanese Enrico Zen, portacolori dell’ASD Team Terenzi Green, è il vincitore della Granfondo Internazionale Torino partita lo scorso 3 settembre dal Parco del Valentino, tra il Castello e il Borgo Medievale. Oltre 1.700 gli iscritti, ‘richiamati alle armi’ dal condottiero del GS Alpi Vittorio Mevio, promotore di una Granfondo scoppiettante. Due i percorsi preparati per questa Granfondo, valevole tra l’altro per i circuiti Prestigio, Zero Wind Show, Gran Trofeo GS Alpi e Nord Ovest Road Cup 2017: un itinerario medio di 99 km e 2274 metri di dislivello ed uno lungo di 128 km e 2667 metri di dislivello. Una delle tante novità che Vittorio Mevio ha tirato fuori dal cilindro per quest’anno è stata proprio la partenza a pochi metri dal Castello del Valentino: scattati al via sbandierato dall’assessore torinese allo sport Roberto Finardi, i cicloamatori hanno avu-
to poco più di 3 chilometri per riscaldare i muscoli, incontrando subito la prima salita di giornata in direzione di Pino Torinese. Già qui, dopo aver guadagnato i 600 metri di altitudine in meno di mezzora, qualcuno ha provato a rendere più vivace la gara: si è così formato in testa alla corsa un nutrito gruppo di circa trenta atleti. I cicloamatori sono poi scollinati in picchiata verso Castiglione Torinese, per poi darsi ai saliscendi in mezzo a quelle terre buone da tartufi che hanno immesso gli atleti nell’Astigiano: qui si è assistito alla concretizzazione della sfuriata di un tenace terzetto costituito da Riccardo Donatello, Simone Piazza e Andrea Natali, capaci di staccare il gruppo di un buon minuto. La situazione del trio era però destinata a cambiare molto in fretta, in quanto al 47° km i granfondisti hanno abbandonato i mediofondisti.
I più ‘dediti al sacrificio’, infervorati forse dalla visione delle Alpi sullo sfondo, hanno infatti aggiunto alla propria fatica quotidiana anche l’erta fino a Cocconato d’Asti, per poi ricongiungersi con quelli del percorso medio in località Boscorotondo. Mentre Piazza e Natali giravano per il lungo, Donatello si trovava così da solo in testa al medio. Dietro però non erano certo d’accordo e a riprenderlo ci hanno quindi pensato Niki Giussani e Aldo Ghiron, i quali prima l’hanno risucchiato e poi l’hanno staccato: i due hanno fatto comunella fino all’ultima imponente salita verso la Basilica di Superga, dove in volata Ghiron (2h59’37”), atleta di Pecetto Torinese portacolori del team Dottabike, ha saputo staccare l’esperto Giussani, comasco del team Marville. “È il terzo anno che partecipo - ha commentato Ghiron - le altre volte ero arrivato sempre quarto, quest’anno mi
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A cura della Redazione
Il portacolori dell’ASD Team Terenzi Green si impone nel percorso lungo. Aldo Ghiron trionfa nel medio. Tra le donne gli acuti di Manuela Sonzogni e Olga Cappiello Podio femminile percorso mediofondo: da sin. Annalisa Prato, Olga Cappiello, Roberta Pilotto
sono migliorato decisamente”. “Siamo rimasti in tre fino ad una ventina di chilometri dal traguardo - ha detto invece Niki Giussani - quando Donatello è stato preso dai crampi. Così ci siamo contesi la volata io e Ghiron, che però mi ha passato di potenza. Mi sarebbe piaciuto ripetere la vittoria dell’anno scorso, ma va bene così”. Terzo Mattia Magnaldi, mentre Donatello, preso dai crampi, ha chiuso in nona posizione. Nel percorso medio, invece, successo per Olga Cappiello, melfitana trapiantata a Torino del team De Rosa Santini che, insieme alla sua compagna di squadra cuneese Annalisa Prato la Cappiello, ha rifilato alla terza arrivata Roberta Pilotto più di 10 minuti: “È stata una gara molto dura - ha raccontato la Cappiello - avevo perso contatto dalla mia compagna di squadra Annalisa Prato, ma poi sono rientrata e abbiamo fatto tutto il percorso insieme, devo ringraziar-
la perché essendo la mia gara di casa non abbiamo fatto la volata e me l’ha lasciata”. Mentre i vincitori del medio festeggiavano all’ombra della basilica, i granfondisti si davano però ancora battaglia: al passaggio davanti al Santuario Don Bosco, un nutrito gruppetto spingeva per recuperare Piazza e Natali, per poi riformare insieme a loro una locomotiva a più teste. A 10 chilometri dalla fine erano rimasti in sette a dettare il tempo, mentre ai piedi dell’ultima ‘fatale’ salita, sono stati Enrico Zen (3h43’15”) e il professore bocconiano del team MP Filtri Paolo Castelnovo a fuggire in volata. L’impetuosa scalata del già professionista Zen non ha lasciato però scampo al pur coriaceo atleta milanese, che si è così dovuto accontentare del secondo posto, davanti al compagno di squadra fiorentino trapiantato a Milano Lorenzo Fanelli.
Tra le donne del percorso lungo i pronostici sono stati traditi da una ruota birichina, ma soprattutto dal senso di amicizia: la neo campionessa del mondo del team Isolmant Simona Parente ha infatti guastato la ruota anteriore all’inizio dell’ultima salita, perdendo così tempo prezioso. Riuscita a recuperare la testa della corsa verso le ultime curve anche grazie all’aiuto del suo team, ha voluto comunque lasciare la gloria della vittoria alla compagna di squadra bergamasca Manuela Sonzogni, rifilando anche in questo caso dieci minuti alla terza classificata, ovvero all’atleta del Team De Rosa Santini Chiara Costamagna, che nel 2016 si era invece guadagnata il primo posto nel medio. Per quanto riguarda i Team, nuova vittoria per i cicloamatori del team Rodman Azimut, veri aficionados delle gare di Mevio, ancora una volta vero vincitore di giornata.
UEC Road European Championships 2017 - Herning –Denmark, Alexander Kristoff-Elia Viviani-Moreno Hofland - Photo by Bettiniphoto
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GIRA LA RUOTA DELLA GRANFONDO DON GUANELLA
SOLIDARIETÀ Gruppo di ciclisti alla partenza della GF Don Luigi Guanella
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iclismo e solidarietà pedalano in tandem alla Granfondo Don Guanella in programma il prossimo 8 ottobre a Lecco. Ad un mese dall’evento, infatti, è stata rinnovata la partnership tra il GS Alpi di Vittorio Mevio e Don Agostino Frasson, “volto” della comunità religiosa (e sportiva) lecchese: “Abbiamo avuto modo di collaborare con il GS Alpi in diverse occasioni – afferma Don Agostino -. L’idea di una Granfondo dedicata a Don Guanella è nata quasi per scherzo, quasi per poterci contare, per osservare quante per-
sone hanno potuto incrociarsi e conoscersi, attraverso la passione per il ciclismo declinata verso il bene comune e la comunità in senso ampio, a favore dei nostri giovani. Ebbene, questo ‘scherzo’ ha preso molto presto una forma, ha aggregato nuove persone, nuove risorse, suscitando nuove ed antiche passioni. Abbiamo creato una squadra, un gruppo di lavoro e… eccoci qua, siamo pronti alla sfida!”, conclude soddisfatto. L’impegno che gravita attorno a questa comunità va riconosciuto ed ammirato: “Casa don Guanella – prosegue il Don - è una co-
munità educativa dove si accolgono minorenni e giovani ‘affidati’ dai tribunali per svariate ragioni: si tratta a volte di minori stranieri, arrivati in Italia come clandestini e senza figure adulte che si occupino di loro; a volte invece sono ragazzi che hanno commesso reati durante la minore età e pertanto all’interno del circuito penale-minorile; altre volte sono ragazzi allontanati dalle loro famiglie perché in situazione di pericolo o di disagio o di grave difficoltà dei genitori. Per questo Casa don Guanella è soprattutto ‘una Casa’, dove scoprire il sapere ma an-
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Da Sx: Vittorio Mevio, patron GS Alpi e Don Agostino Frasson
A cura della Redazione
L’8 ottobre a Lecco si rinnova l’appuntamento nato dalla sinergia tra il GS Alpi di Vittorio Mevio e Don Agostino Frasson: “Perché anche il ciclismo può diventare un formidabile mezzo di integrazione”
che il sapore dell’esistenza. Una Casa vera, aperta ed orientata alla vita, dove si pensa al futuro dei ragazzi, alla loro emancipazione”. Ad Agostino Frasson piace anche pedalare, e non poco: “Mi è sempre piaciuto fare sport, confrontarmi con la fatica, con la forza di volontà, con il piacere di raggiungere degli obiettivi. Ho scoperto che andare in bicicletta apre a nuovi orizzonti, perché si ha l’opportunità di ammirare le bellezze del creato, della natura, dell’ambiente, ma anche di intrattenere e sviluppare relazioni umane davvero feconde. Credevo che il ci-
clismo fosse uno sport per ‘solitari’, invece ho scoperto che è uno sport di squadra, di solidarietà, di partecipazione. Dall’esperienza sportiva del ciclismo ho ricevuto molto: ho imparato a conoscere meglio chi sono, i miei limiti e i miei bisogni; ho conosciuto meglio altre persone, ho condiviso momenti indimenticabili che vanno ben oltre il gesto sportivo, ricchi di solidarietà e condivisione. Ho potuto anche osservare che le stesse motivazioni sembrano contagiare anche alcuni dei ragazzi che stiamo accompagnando, e allora non mi resta che assecondare la loro passione per la bicicletta”. La Granfondo Don Guanella ha per forza di cose diversi traguardi da raggiungere, vista la “portata” dell’evento: “L’obiettivo è quello di organizzare un evento sportivo di notevole rilevanza: bello sotto il profilo del contesto ambientale; impegnativo sotto il profilo sportivo; efficiente dal punto di vista organizzativo; capace di suscitare interesse verso Cascina don Guanella, il nostro progetto sociale. Vogliamo rivolgerci agli sportivi, ma anche alla città, al territorio, per raccontare quello che stiamo realizzando perché vogliamo che il nostro progetto sia davvero un bene comune, tangibile e concreto. La nostra manifestazione sarà una festa, perché vogliamo condividere con la città l’entusiasmo che abbiamo nel cuore”. Ai nastri
di partenza dal Lungolago Isonzo a Lecco ci sarà infatti una parata di campioni da fare invidia a molte manifestazione blasonate: in primis Cadel Evans, due volte campione del mondo nel cross country, passato al professionismo su strada, nel 2001, aggiudicandosi il campionato del mondo di ciclismo su strada nel 2009 a Mendrisio, la Freccia Vallone nel 2010 e il Tour de France nel 2011. Con lui anche il “Diablo” Claudio Chiappucci, sempre presente quando si tratta di eventi solidali. Per non parlare di Alex Zanardi, il quale non ha di certo bisogno di presentazioni, con una pregevole carriera da sportivo. Gianbattista Baronchelli sarà “ospite d’onore” presente anche nei progetti recenti della cascina. Gianni Bugno non si è fatto di certo pregare, così come Giancarlo Perini, Marzio Bruseghin, gregario di lusso e corridore completo che, pur facendo della cronometro la sua specialità migliore, vanta diversi piazzamenti tra i primi dieci nelle classifiche finali di Grandi Giri; Giacomo Nizzolo, campione italiano in linea 2016 che ha vinto per due volte la classifica a punti del Giro d’Italia (2015 e 2016) ed Antonio Rossi, pronto questa volta a dare una “pagaiata” per aiutare la solidarietà. Per info ed iscrizioni: www.granfondodonguanella.it
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Chi è Gian Luca Giardini Giornalista esperto di ciclismo, Conduttore televisivo del programma “InBici passione sui pedali” visibile su SanMarino RTV Voce e opinionista di Bike Channel
IL PUNTO DI VISTA
CERVIA LABORATORIO (SPONTANEO) DI PASSIONE SUI PEDALI A cura di Gian Luca Giardini
Nella città del sale cresce e si consolida l’aggregazione nel segno della bicicletta. Un fenomeno che non può essere ignorato
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a sempre il Gruppo Editoriale Inbici sottolinea con particolare attenzione due argomenti: la sicurezza ed il turismo sportivo legato alla bicicletta. Naturalmente molto più grave ed importante il primo, anche perché senza non può esistere una vera cultura del turismo legato alla bici. Abbiamo parlato più volte del rispetto reciproco tra ciclisti ed automobilisti, dello stato delle strade e di tutto quello che ne consegue. La nostra tesi esce ulteriormente rafforzata da questa stagione estiva appena conclusa. Vorrei prendere ad esempio la nostra amata Romagna. Oltre alle numerose organizzazioni tipo BIKE Hotel, ecc. ecc... ogni anno nascono numerosi poli ciclistici spontanei in ogni località della Riviera. Uno degli esempi più calzanti è ciò che sta accadendo da alcune stagioni a Cervia e che ogni anno cresce e si consolida. Ce ne sono altri simili in quasi tutte le località della costa: Cesenatico, Bellaria, Riccione ecc., ma qui esistono particolari peculiarità. Si è autonomamente formato un gruppo di ciclisti
che aumenta di anno in anno. Molti di loro hanno la seconda casa o passano qui le loro vacanze con la famiglia da anni. Diverse stagioni fa hanno istituito un ritrovo per le partenze mattutine al semaforo delle Saline, nel piazzale del mitico signor Guerrino “il radiatorista”. Un simpatico ex artigiano-ciclista in pensione che mette a disposizione di tutti il cortile della propria abitazione. Anno dopo anno i ciclisti sono aumentati, anche per merito di una incredibile aggregazione con le società ciclistiche locali: Aquilotti, Polisportiva 2000, Team Pirata e Lelli BIKE, per un totale di oltre 250 tesserati in un paese di soli 30.000 abitanti. Nel 2015 è stata formata una pagina Facebook “Cervia Summer Bike” e conseguentemente un gruppo WhatsApp attraverso i quali si pubblicano i percorsi. I membri suggeriscono in privato agli amministratori - Giorgio ed Andrea - e loro partoriscono l’idea definitiva. Alcune regole ferree: l’orario di partenza 7:30 (oppure 7:00 in occasione dei megagiri tipo Cippo, Fumaiolo ecc.), ci si aspet-
ta in vetta alle salite, se qualcuno ha un guasto tutti si fermano e soprattutto si ritorna insieme, con una piccola deroga negli ultimi chilometri (sapete come sono i ciclisti, senza un po’ di agonismo non ci si diverte!). Si parte, specialmente in agosto, sempre in oltre 100 persone. Immancabile la tappa caffè e la grande bevuta di birra e gazzosa, la mitica “bicicletta”, all’arrivo nella piazza di Cervia, da Enrico (l’unico barman senza la gazzosa Zero Calorie!!!). Naturalmente ogni tanto ci scappa pure un bel pranzetto in spiaggia da Claudio, l’organizzatore della gran fondo “La Via del Sale” oppure una cena romagnola in pieno centro storico, dal ciclista Luciano, osteria diventata un vero e proprio covo di ciclisti. Riflettendo su questo ho realizzato: ma possibile che le varie Aziende del Turismo non possano tentare di gestire il fenomeno? Il ciclista è un turista, un consumatore, quindi un patrimonio per queste terre! Naturalmente però, prima bisogna asfaltare le strade!
Factor Techlace Photo: ©TDWsport.com
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VISION METRON 4D FLAT M.A.S. Vision Metron 4D Flat M.A.S una delle novità esposte ad EuroBike
A cura della Redazione
Una curva da cronometro/triathlon che prevede un fissaggio modulare delle appendici aero. Trovare la posizione è semplice. E quando serve la si può anche usare come curva da strada.
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La curva che andiamo a presentare ha un nome complesso, “Metron 4D Flat M.A.S.” non tanto perché alla Vision piaccia complicare la vita ai suoi clienti, ma più che altro perché sottende una tecnologia molto articolata, oseremmo dire unica nel suo genere. Stiamo infatti parlando di un prodotto da cronometro/ triathlon che eredita tutto il suo grosso patrimonio ergonomico dalla Metron 4D, la curva “di quarta dimensione” della gamma Vision, cioè quella che alle canoniche “altezza”, “larghezza” e “profondità” aggiunge una ideale dimensione spaziale in più, proprio a testimoniare la particolarità di forme così studiate per migliorare le caratteristiche ergonomiche e anche quelle aerodinamiche del componente. Alla progenitrice Metron 4D (che rimane
assolutamente in gamma) si aggiunge dunque oggi questa variante Flat M.A.S. Ve la descriviamo proprio partendo dalla sigla. Appendici modulari Rispetto alla Metron 4D la versione “Flat M.A.S.” ha un profilo della porzione altocentrale piatto, appunto “Flat”: questo, almeno, è quel che si conviene a una curva destinata alle discipline di velocità, che richiedono di opporre la minore resistenza possibile all’aria preveniente frontalmente. Ma non è tutto: la morfologia piatta di quella porzione del componente consente di dar corpo alla tecnologia proprietaria M.A.S, che sta per “Modular Aero System”: si tratta di un sistema di fissaggio delle appendici di tipo diretto, che consente di installare sulla curva le appendici aerodinamiche dedicate, che a
loro volta sono regolabili in altezza grazie a quattro spessori distanziali. Ogni cronoman o triathleta potrà in questo modo ottenere la posizione di guida più consona al proprio stile o alla gara in programma e, quando necessario, potrà anche rimuovere le appendici e utilizzare il componente come fosse una normale curva manubrio da strada. Pesi, specifiche, prezzi La Metron 4D Flat M.A.S. è realizzata in carbonio, pesa 733 grammi (appendici incluse) ed è disponibile in tre misure, da 40, 42 e 44 centimetri. Reach e drop? Rispettivamente di 125 e 80 mm. Il prezzo al pubblico è di 649 euro. Contatti Fsa tel. 039/6885265 www.visiontechusa.com
INBICI TOP CHALLENGE - 2018 IL CIRCUITO GRANFONDISTICO NAZIONALE che racchiude in sé alcune tra le più PRESTIGIOSE MANIFESTAZIONI CICLISTICHE ITALIANE. In rappresentanza di sei regioni - Emilia Romagna, Toscana, Lombardia, Veneto, Liguria e Trentino Alto Adige - INCLUDE 8 GRAN FONDO DI ASSOLUTO RILIEVO.
LE GARE DEL CIRCUITO 1. Gran Fondo Internazionale di Laigueglia 2. Gran Fondo Davide Cassani 3. Gran Fondo Paolo Bettini 4. Gran Fondo La Via del Sale 5. Gran Fondo degli Squali 6. Gran Fondo 3Epic Cycling - Tre Cime di Lavaredo 7. Gran Fondo Gavia & Mortirolo 8. Gran Fondo La Leggendaria Charly Gaul
Laigueglia (SV) Faenza (RA) Pomarance (PI) Cervia (RA) Cattolica (RN) Auronzo di C. (BL) Aprica (SO) Trento (TN)
25 Febbraio 2018 18 Marzo 2018 15 Aprile 2018 06 Maggio 2018 13 Maggio 2018 10 Giugno 2018 24 Giugno 2018 08 Luglio 2018
Gran Fondo Nevio Valcic PROVA JOLLY (Omaggio) Medulin (Croazia) 27 Maggio 2018
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6 Granfondo 170€ Costo Abbonamento 8 Granfondo 210€ Costo Abbonamento
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HOTEL ON BIKE
NASCE IL PORTALE DELLE STRUTTURE
“BIKE-FRIENDLY” A cura della Redazione
Sara Falco: “Non solo un contenitore di proposte, ma anche un marchio certificato che indichi al turista-biker gli alberghi realmente in possesso di certi requisiti”
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i chiama “Hotel On Bike” (abbreviato HOB) ed è il nuovo portale online dedicato alle strutture alberghiere “bike-friendly”, vale a dire quegli hotel che presentano un carnet di servizi indispensabili per chi sceglie - e sono sempre di più - una vacanza sui pedali. Il progetto, del resto, è nato e si svilupperà in base alle indicazioni del mercato turistico, sempre più proiettato verso i format della cosiddetta “vacanza green”. Un filone che necessita di strutture ad hoc, con servizi specifici ed una filosofia gestionale non “improvvisata”, ma realmente proiettata verso un turismo smart ed eco-sostenibile. “Hotel On Bike” - nato dalla collaborazione fra INBICI MAGAZINE e la società di servizi marchigiana AG Selling - è un contenitore d’informazioni costantemente “working in progress” in cui il ciclista-viaggiatore può trovare, selezionati per categoria, tutti i migliori bike-hotel d’Italia e d’Europa. Una piattaforma non aperta a tutti, ma soltanto a quelle strutture ricettive realmente in possesso dei requisiti necessari per ospitare i ciclisti: dalla bike room alle guide per le uscite in bicicletta, dall’officina
meccanica per la manutenzione ordinaria fino alla possibilità di portare la propria bicicletta in camera. Dunque, non solo servizi pratici, ma anche una politica gestionale che assecondi realmente la mentalità e le abitudini culturali del ciclista-tipo. Il portale è stato ideato, in maniera equilibrata, tanto per le strutture ricettive quanto per i potenziali turisti: i primi infatti possono reclamizzare la propria struttura rivolgendosi ad un pubblico selezionassimo di biker-tourist, mentre questi ultimi hanno la possibilità di consultare, in maniera veloce e selezionata, tutte quelle strutture certificate dal marchio “HOB” che possiedono i requisiti per una vacanza a misura di ciclista. “Il biker - spiega Sara Falco, editrice di InBici Magazine - è un turista particolare con delle esigenze non negoziabili perché viaggia con biciclette spesso molto costose che non possono essere parcheggiate in una raggiera davanti all’hotel. Lavorando tanti anni nel mondo del ciclismo e viaggiando negli alberghi di tutta Europa ci siamo fatti una cultura piuttosto approfondita su quelle che sono le aspettative generali del turista biker. Da qui
abbiamo redatto una sorta di protocollo con quelle che, a nostro avviso, rappresentano i punti salienti che una struttura che si definisce ‘bike-friendly’ deve assolutamente possedere. E nel nostro portale abbiamo inserito solo quegli alberghi in possesso di tali requisiti. Hotel On Bike, del resto, non vuole essere solo un contenitore di proposte, ma anche un marchio certificato che viene assegnato solo a chi, realmente ed in maniera verificabile, s’impegna ad offrire al ciclista un certo campionario di servizi”.“Hotel On Bike”, oltre ad essere un sito web, è anche una APP che si può scaricare gratuitamente su tutti gli apparecchi android e presto anche sulle piattaforme Apple. Un modo semplice per restare sempre aggiornati ed avere sul proprio smartphone, in teampo reale, le proposte ed i last minute che gli alberghi offrono. Info www.hotelonbike.com
UEC Road European Championships 2017 - Herning –Denmark - Photo by Bettiniphoto
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MENTE IN SELLA
LO PSICOLOGO VIETATO AI MAGGIORI SC Mazzano un laboratorio sperimentale per giovani ciclisti
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uando un allenatore di una squadra ciclistica incontra una psicologa dello sport con la quale condivide il desiderio di accompagnare nella crescita i giovanissimi atleti, la collaborazione che ne deriva non può che sfociare in un progetto entusiasmante. Il ciclismo, infatti, è uno “strumento” educativo molto efficace attraverso cui i giovani atleti - al di là dell’attività motoria e dell’apprendimento della tecnica e delle regole - possono anche accrescere e sviluppare le proprie abilità mentali ed umane. Ad
averlo capito molto bene è Domenico Fagoni (classe 1972), ex ciclista amatore e ad oggi vicepresidente del Team MTB Italia che dal 2013 veste anche il ruolo di allenatore della S.C. Mazzano, una società ciclistica bresciana di cui ad oggi fanno parte ben 27 bambini dai 6 ai 12 anni d’età. In un mondo, quello dello sport, in cui ancora oggi si nutre non poca diffidenza nei confronti della psicologia sportiva, Domenico da ex atleta coglie l’importanza di lavorare sulla MENTE fin da quando il ciclista è ancora un bambino ed è per questo che ha deciso di avvalersi della
mia collaborazione di psicologa dello sport nell’allenamento dei suoi giovani atleti. Fare mental training con dei piccoli atleti significa accompagnarli nella crescita (sia dal punto di vista sportivo ma soprattutto umano e valoriale) e per coinvolgerli in questo percorso non esiste migliore strumento del GIOCO! Ma come si svolgono, nel concreto, le sedute di mental training con ciclisti così giovani? I bambini, proprio come i grandi, hanno le loro paure, fanno fatica a gestire la tensione del pre-gara e spesso si sentono in balìa di
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Chi è Claudia Maffi Laureata in Psicologia all’università Cattolica, specializzata in psicologia dello sport presso Psicosport di Milano. Conosciuta nel mondo sportivo come Psicologa dello sport e Mental Training per atleti.
A cura di Claudia Maffi
Un supporto alla crescita dei giovani atleti? Focus sul mental training e sul laboratorio sperimentale della Sc Mazzano
emozioni che non riescono a comprendere; alcuni di loro faticano a mantenere la concentrazione, a gestire le pressioni esterne e le aspettative altrui, altri credono poco in se stessi e si demotivano facilmente. Per questo è fondamentale riservare agli atleti, fin da giovanissimi, uno spazio in cui abbiano la possibilità di riconoscere ed imparare ad affrontare le loro paure, uno spazio in cui attraverso il gioco possano esprimere ed elaborare le loro emozioni. Nello specifico, il Mental training con i più piccoli consiste in giochi educativi (psico-
La psicologa Claudia Maffi con i giovani atleti
giochi) creati ad hoc che, al di là dell’aspetto ludico evidente di queste attività, hanno per obiettivo il creare degli spazi in cui i giovani abbiano la possibilità di esprimere il loro vissuto emotivo legato all’attività sportiva praticata. Attraverso il disegno, per esempio, il bambino racconta la sua percezione delle gare, degli allenamenti, il rapporto con l’allenatore e - contemporaneamente - riconosce ed elabora le sue emozioni. Con me i bambini dell’S.C. Mazzano, attraverso il racconto di fiabe e visualizzazioni mentali, hanno sperimentato la tecnica di rilassamento del Training Autogeno con lo scopo di imparare a trovare dentro di sé una condizione di calma e serenità che gli permetta di gestire anche i momenti di tensione come appunto gli istanti pre-gara. Una volta a settimana, fra un allenamento e l’altro su pista, da mesi i giovani ciclisti dell’S.C. Mazzano partecipano con me a dei laboratori in cui protagonista è il GIOCO EDUCATVO perché a questa età è FONDAMENTALE per i bambini IMPARARE divertendosi. Insieme lavoriamo sulla concentrazione, sul potenziamento dell’auto efficacia, sulla consapevolezza dei punti di forza e creiamo dei momenti di confronto pre e post-gara, sedute dedicate all’alimentazione del ciclista e riflessioni a partire dal-
la visione di filmati e dall’ascolto della musica. Attraverso il gioco i bambini imparano a conoscere il proprio corpo e prendono consapevolezza delle potenzialità della propria mente e, contemporaneamente, rafforzano quelle abilità mentali che saranno loro utili sia nello sport ma soprattutto nella vita. Gli effetti positivi del Mental Training, a distanza di qualche mese, sono ben evidenti dall’allenatore e dai genitori: i bambini appaiono più sereni, più attenti e l’impegno profuso in allenamento e la grinta espressi in gara sono notevolmente migliorati. Augurando ai giovani atleti dell’S.C. Mazzano un in bocca al lupo per le prossime gare della loro stagione agonistica mi auguro che sempre più società sportive ed allenatori diano l’adeguata importanza agli aspetti mentali nel supporto alla crescita del giovane atleta. Per chi fosse interessato a saperne di più sulla mia attività può seguirmi sul sito www.claudiamaffi.it Per chiedere consulenze od informazioni contattami all’indirizzo mail info@claudiamaffi.it *Dott.ssa Claudia Maffi (psicologa dello sport e mental trainer)
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LA MOSERISSIMA
PACE FATTA. O NO? La stretta di mano fra Giuseppe Saronni e Francesco Moser, con un testimone d’eccellenza il campione Gianni Motta - Photo by Newspower.it
A cura di Mario Pugliese
A “La Moserissima” lo storico incontro fra Francesco Moser e Giuseppe Saronni. Tra battute e sorrisi di circostanza, tanta nostalgia ed una certezza: rispetto sì, ma amici mai
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el 1956, Marino Basso - campione del mondo nel 1972 era poco più di un bambino. Eppure, benché vissuta con gli occhi ed il cuore acerbo di un undicenne, Sulla loro rivalità epocale - seconda in Italia solo a quella fra Coppi e Bartali - si erano scritti romanzi e best-seller. Da una parte la tenacia di uno “Sceriffo” dal volto spigoloso, dall’altra la faccia d’angelo di un finisseur elegante ma spietato. Quarant’anni dopo ci voleva “La Moserissima” perché il calumet della pace venisse condiviso fra Francesco Moser e Giuseppe Saronni. Una rivalità “leggendaria” che, oggi come ieri, ha segnato in calce il weekend di grande ciclismo messo in piedi in Trentino dall’organizzazione dell’APT Trento, Monte Bondone, Valle dei Laghi ed ASD Charly Gaul Internazionale. Oltre ai due eterni sfidanti (qualche frecciatina non è mancata nemmeno questa volta) e alla famiglia Moser al gran completo, all’appuntamento del Giro d’Italia d’Epoca erano presenti tanti volti noti che, per tante ragioni, hanno fatto la storia del ciclismo nostrano, quali Renato
Laghi, Simone Fraccaro, Palmiro Masciarelli, Filippo Pozzato, Imerio Lucchini, Imerio Massignan, Roberto Poggiali, Claudio Torelli, Luciano Armani, Stefano Giuliani ed un Marino Basso come sempre in splendida forma sulla sua Bianchi degli anni ’70. Malgrado i rigori dell’anagrafe, in tanti si sono cimentati con il percorso “lungo” di 94 km e 943 metri di dislivello con partenza ed arrivo in Piazza Duomo a Trento, con qualcuno dubbioso, visto il gran caldo, se svoltare per il “corto” di 57 km e 590 metri di dislivello. Dalla mano tesa di Francesco Moser ad inizio gara: “le gare sono finite, non ci sono più frizioni”, alle simpatiche provocazioni di Beppe Saronni: “allora, quando si comincia a far sul serio?”, è andata in scena una giornata consacrata al ciclismo vintage, quello che gli appassionati ricordano con maggior affetto. E non sono mancati, nella pancia del gruppo, gli immancabili aneddoti regalati da qualche atleta “minore” che - a suo dire - vantava incredibili duelli spalla a spalla con Gimondi o “cuore matto” Bitossi, per non parlare di un corridore vicentino vestito con un
improbabile maglione a maniche lunghe decisamente più adatto alla Siberia che all’afa estiva di quei giorni in Trentino. Comunque, al di là dei gradevoli momenti di folklore, è stato rispettato con il consueto rigore il canovaccio della manifestazione che prevede il rispetto delle caratteristiche principali del ciclismo d’epoca, quindi maglie di lana, caschi in cuoio, puntapiedi e cinghiette, pantaloncini d’un tempo, e biciclette fabbricate rigorosamente prima del 1987, per un affresco che, ciclisticamente parlando, sembrava aver fermato il tempo. Un’atmosfera gioviale ha regnato, dal primo all’ultimo chilometro, fra i concorrenti, “aiutati” anche dai ristori alle cantine trentine lungo i percorsi. Ma sul fatto che l’ascia di guerra fra “lo sceriffo” ed “il bimbo” sia stata sotterrata del tutto non metteremmo l’ultima parola… Il galateo di facciata ha soppiantato ogni ruggine tra i due, ma quei sorrisi di circostanza non hanno cancellato decenni di sfide roventi. Perché i due non si sono mai amati e, anche 40 anni dopo, ci piace ricordarli così. Rivali (forse) non più, ma amici mai.
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FASHION ON THE ROAD
EL IMBATIDO DAL FANGO AI TRIONFI A cura di Eleonora Pomponi Coletti
L’epopea del glorioso Team Kelme è stata sempre scandita dai successi dei suoi ciclisti. Fino al 2006, quando l’Operacion Puerto cambiò i destini e l’immagine del team maschile più longevo di sempre. Da Santiago Botero a Valverde, storia di campioni in cerca di riscatto
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ianco, verde, azzurro. Erano questi i colori della Kelme (precedentemente Transmallorca), squadra spagnola di ciclismo su strada nata nel 1980 e rimasta attiva per ben 27 stagioni e che ha segnato la storia del ciclismo moderno come il team maschile più longevo di sempre. Una divisa studiata, questa, per attirare l’occhio dello spettatore, una “mise” nata sicuramente con l’intento di rimanere ben scolpita nell’immaginario collettivo. Il nome, Kelme, preso dal suo principale sponsor, rimase tale sino al 2004, anno in cui la Comunidad Valenciana prese il suo posto. La squadra partecipò più volte al Tour de France ed al Giro d’Italia e, naturalmente, alla Vuelta Espana, oltre a numerose altre corse sul territorio spagnolo. Alcuni atleti di fama hanno militato nelle sue fila: tra i più rappresentativi Santiago Botero, Roberto Heras, Aitor Gonzalez e Alejandro Valverde Belmonte, quest’ulti-
mo il suo componente più celebre, non soltanto per le sue vittorie. Il 20 agosto 2006 infatti, la società si sciolse successivamente all’implicazione di alcuni componenti del suo staff e di alcuni suoi corridori in una delle pagine nere della storia del ciclismo, che prese il nome di “Operacion Puerto”. Tra il mese di febbraio e quello di maggio dell’anno 2006, infatti, prese vita la più massiccia indagine sul doping che il ciclismo ricordi e la Kelme , già divenuta Comunidad Valenciana, venne travolta in pieno dallo scandalo, poiché uno dei suoi corridori di spicco (Valverde) ed il medico della società (Fuentes) furono tra i protagonisti di questa brutta pagina sportiva. Dopo le dichiarazioni dell’ex ciclista Jesus Manzano, le indagini portarono fino al medico del team Kelme (che seguiva molti altri gruppi sportivi) Eufemiano Fuentes. Furono coinvolti ben 58 ciclisti professionisti di varie nazionalità, ma fu il
nome di Alejandro Valverde a segnare per sempre la sorte del team, poiché Manzano dichiarò che Valverde aveva fatto uso di testosterone durante la Vuelta Espana del 2002, quando correva per il team Kelme appunto. Alejandro Valverde Belmonte, classe 1980, prese il nomigliolo di “El Imbatido” in giovanissima età, quando in 3 anni - tra gli 11 ed i 13 anni - si aggiudicò la vittoria di circa 40 corse consecutive. E’ ancora oggi uno dei grandi interpreti del ciclismo: veloce nello sprint e competitivo nelle prove a cronometro, grazie alle sue caratteristiche poliedriche, lo spagnolo è in grado di affrontare in maniera egregia sia i grandi giri che le gare di un giorno. Il suo passaggio al professionismo avviene con il suo approdo nel team Kelme, nel 2002, quando con la maglia a fondo bianco a righe verdi e azzurre partecipa alla Vuelta Espana senza però riuscire ad imporsi come avrebbe voluto; l’anno succes-
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sivo fu quello della consacrazione sotto le insegne del team Kelme, poiché andò a segnare le sue prime importanti vittorie, prima tra tutte come importanza la conclusione della Vuelta Espana sul terzo gradino del podio, ed un secondo posto alla prova in linea del campionato del mondo di Hamilton (Canada). Nel frattempo la vicenda sul doping regala un clamoroso colpo di teatro: nell’agosto del 2007, viene resa nota la “black list” ufficiale dei 58 corridori coinvolti nell”Operacion Puerto: ebbene, malgrado il clamore mediatico, il nome di Valverde non figura nell’elenco. Il 29 agosto 2007, tuttavia, l’UCI nega a Valverde la partecipazione ai mondiali poiché, malgrado il clamoroso epilogo dell’indagine spagnola, il corridore viene riconosciuto come “persona possibilmente responsabile di aver fatto uso di sostanze dopanti”. L’UCI dopo queste dichiarazioni esortò la federazione spagnola a fare indagini su di lui poiché nelle 6000 pagine di dossier relative all’Operacion Puerto avrebbero trovato la documentazione che sarebbe servita ad inserirlo a tutti gli effetti nella lista dei corridori coinvolti. Dopo il fermo rifiuto da parte della federazione spagnola di voler procedere con le indagini sul corridore, L’UCI rimane sulle proprie decisioni e annuncia che a Valverde - sul quale pesano gravi e documentati indizi di colpevolezza - non verrà concessa la possibilità di partecipare ai campionati del mondo. La federazione spagnola però non si arrende e così, il giorno precedente alla prova in linea e grazie alla sentenza del Tas di Losanna, manda Valverde ai campionati mondiali a competere per la sua nazione. I guai per lui però non sono finiti; 2 anni più tardi, infatti, il CONI si allinea alla posizione dell’UCI, sostenendo che il nick “Val-Piti” - trascritto dal dottor Fuentes nei suoi appunti - identifica senza ombra di dubbio Alejandro Valverde. Secondo il CONI la prova verrebbe da un controllo fatto sul sangue del corridore spagnolo a luglio dell’anno precedente, quando il Tour de France transitò da Prato Nevoso e lo spagnolo venne controllato insieme ad altri atleti. Il 1 aprile 2009 Valverde viene squalificato per le gare su territorio Italiano per due anni e, un anno più tardi, il Tas di Losanna accoglie il ricorso fatto da
Alejandro Valverde
Roberto Heras
UCI e WADA ed estende la squalifica già in vigore su territorio italiano aggiungendo anche la cancellazione di tutti i risultati ottenuti dal campione spagnolo nel corso della medesima stagione. Valverde torna a gareggiare nel 2012, firmando con Movistar, ma resta perseguitato per sempre da domande senza risposta. Il suo intento però a questo punto è uno solo: tornare a vincere. Desiderio che, dopo la vicenda Operacion Puerto, era divenuta per lui una sorta di ossessione, di riscatto. Ed il riscatto lo ottiene al Tour de France e poi alla Vuelta Espana, ottenendo il secondo posto dietro Contador, per finire poi con un bronzo ai mondiali. E così “El Imbatido” torna ad essere imbattibile; certamente tra gli addetti ai la-
vori aleggiava il sospetto che quel ritorno trionfale potesse essere il frutto di una ricaduta nelle vecchie abitudini, ma la verità fu che - dopo la massiccia Operacion Puerto - l’intero mondo ciclistico ed il suo modo di affrontare la questione doping cambiarono radicalmente e dal canto suo, Alejandro Valverde, ne uscì profondamente cambiato, così come molti altri corridori che, come lui, furono travolti dallo scandalo. Il suo cambiamento lo rese desideroso di riscatto, riscatto che poteva avvenire solo con la vittoria, e vincere fu quello che fece, ridando così lustro a se stesso, alla Kelme e a quella maglia a fondo bianco e a strisce verdi e azzurre che per troppo tempo erano rimasti nell’ombra e ricoperti dal fango del sospetto.
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ANTICIPAZIONI 2018
BKOOL SMART
PRO 2 Il ciclotrainer interattivo Bkool
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n un mondo dove tutto è “smart” non poteva mancare anche un rullo etichettato così: Smart Pro 2, infatti, è l’ultimo arrivato in Casa Bkool, azienda iberica specializzata nelle soluzioni tecnologiche interattive per lo sport e per i videogiochi. Lo Smart Pro 2 è il successore del modello Pro, rispetto al quale fa significativi passi avanti in merito al look, ma soprattutto per quel che riguarda la compatibilità con le varie tipologia di bici e la facilità nell’utilizzo. Appunto, Smart Pro 2 è un rullo smart perché facile, immediato nel montaggio del mezzo sul telaio e intuitivo nella fruizione delle numerose funzioni disponibili. Il telaio in acciaio permette di alloggiare mozzi posteriori delle bici da corsa, delle mountain bike e in genere delle biciclette con ruote il cui diametro compreso tra i 20 e i 29 pollici.
La struttura La struttura dello Smart Pro 2 prevede un’unità di resistenza che si adatta automaticamente alle dimensioni della ruota utilizzata. Il telaio ha un design moderno e accattivante, impreziosito da un design design bicolore, dove il nero si unisce al giallo fluorescente. L’architettura del telaio è pieghevole, così da assicurare il minimo ingombro quando non utilizzato, ma che una volta aperto garantisce il massimo nella stabilità, anche grazie ai due piedini telescopici che consentono di aumentare l’area di appoggio a terra e di conseguenza limitare le oscillazioni e gli ondeggiamenti anche quando sul rullo si spinge “a tutta”, come forsennati. A proposito: lo Smart Pro 2 è capace di raggiungere un picco di resistenza pari a 1200 watt, che per intenderci corrisponde al wattaggio che spigiona uno sprinter di medio livello quando è impegnato nel
massimo sforzo o se preferite corrisponde a una salita con pendenza del 20 per cento. Eccellenti sono inoltre le qualità inerziali dell’unità di resistenza: significa che, anche quando usato a basse resistenze e alte cadenze, lo scorrimento risulta sempre estremamente fluido, riproducendo in tutto le reali condizioni che si percepiscono su strada, quando ad esempio di si affronta un tratto scorrevole oppure si è in discesa. Da parte loro, l’architettura interna dell’unità di resistenza e assieme a questa i materiali con cui è costruito il rullino di scorrimento, rendono lo Smart Pro 2 molto silenzioso: a una velocitò di 30 kilometri orari l’emissione sonora è pari a 75 decibel, che per intenderci corrisponde al rumore tipico di una normale conversazione tra più persone. L’interattività Smart Pro 2 comunica via wireless con il
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A cura di Maurizio Coccia
Un ciclotrainer interattivo, con un telaio robusto e look esclusivo. L’unità di resistenza riproduce fedelmente le sensazioni provate su strada, sia ad alti che a bassi livelli di potenza applicata. E il funzionamento è silenziosissimo.
Simulatore, cioè il software proprietario in grado di rendere il interattivo e virtuale il rullo. Infatti, grazie al doppio protocollo di connessione Ant+ e Bluetooth lo Smart Pro 2 può interfacciarsi in modo wireless con smartphone, tablet e pc. Si potranno in questo caso percorrere migliaia di percorsi programmati in 3D, di viverli attraverso forma di paesaggio che avanza sullo schermo oppure visualizzare sotto forma di puntino su una mappa il tracciato che si sta percorrendo. Il Simulatore consente inoltre di tenere costantemente e precisamente sotto controllo informazioni quali velocità, cadenza e potenza, tutte espresse sia nella loro espressione corrente, media oppure massima. Infine, oltre a ingaggiare competizioni con gli avversai “virtuali” presenti nelle varie corse, il Simulatore consente anche di collegarsi con altri utenti reali che utilizzano il Simulatore della Bkool: con loro si potrà con-
dividere l’allenamento oppure competere in contemporanea. Il Simulatore è incluso nel kit dello Smart Pro 2, che è disponibile al pubblico a 574 euro.
Produttore: Bkool, www.bkool.com Distributore: Larm, www.larm.it tel. 051/6053020 info@larm.it
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LA SVOLTA
LA VIA DEL SALE SI CORRERÀ
IL 6 MAGGIO La partenza da Cervia della Granfondo Via del Sale
A cura della Redazione
Dopo 21 anni posticipata la partenza della Granfondo cervese. Claudio Fantini: “Periodo più consono per i turisti della bicicletta”. Importanti novità anche per i tracciati. Iscrizioni in aumento e nel 2018 ci sarà una griglia in più.
È
ancora fresco il ricordo dell’ultima edizione, ma la Granfondo Via del Sale - fedele all’adagio secondo cui “non ci si ferma mai” - sta già preparando per il 2018 una nuova manifestazione con grandi novità. Dopo ventuno edizioni, come preannunciato da Claudio Fantini, patron di Sportur ed organizzatore dell’evento, la ventiduesima Granfondo Via Del Sale (che anche quest’anno farà parte dell’InBici Top Challenge) non si correrà più nel mese di aprile, bensì domenica 6 maggio. Una scelta ben ponderata, che mira a garantire ai partecipanti un weekend di sport ancora più caldo e consentire anche ai granfondisti provenienti da ogni parte del mondo di trascorrere un’intera settimana di bicicletta, mare e benessere nella terra di Romagna. Oltre al cambio data, saranno davvero
tante le novità della prossima edizione, che si svolgerà come ormai da tradizione nello straordinario palcoscenico offerto dalla Riviera, dalle colline dell’Emilia Romagna e dallo splendido hospitality ‘vista mare’ del Fantini Club di Cervia. NUOVI PERCORSI: 174 Km – 118 Km – 77 Km Il percorso lungo della Via del Sale si arricchisce di due nuove salite, a Montefinocchio e a Montepetra, che vanno a sostituire quella di Ciola. I chilometri totali passano così dai 150 della scorsa edizione a 174 chilometri della prossima, con un dislivello complessivo di 2400 metri. La prima parte del percorso rimane invariata con partenza dalla spiaggia libera di Cervia e prima salita a Teodorano/Montecavallo fino a Luzzena. Poi si scende a Borello, e da qui il nuovo percorso prende
per Borgo delle Rose, Piavola, San Romano, Linaro e sale fino a Montefinocchio, salita panoramica immersa nel verde, con 618 mt di altezza, 5,2% di pendenza media e 6,9 km di lunghezza. Si scende poi a Sarsina, città di Plauto e San Vicinio, e si sale l’inedita salita di Monte Petra, con i suoi 6 km di lunghezza, 6,7% di pendenza media (14% la massima) e 616 mt di altitudine. Poco falsopiano, soprattutto nei primi due chilometri e ben sedici tornanti distribuiti lungo tutta la salita, rendono il tratto impegnativo ed affascinante. Il paesaggio, poi, all’inizio chiuso, si apre negli ultimi tratti in tutta la sua bellezza. Da Monte Petra si procede verso la bella ed emozionante salita di Monte VecchioCima Pantani, ormai simbolo della Via del Sale (4 km di lunghezza e 15% di pendenza massima) per poi scendere in località
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San Carlo, proseguire verso l’ultimo ristoro di Collinello e procedere per gli ultimi chilometri fino al traguardo, davanti al Fantini Club di Cervia. Novità anche per chi sceglie di pedalare il percorso medio, che si arricchisce delle bella salita di Montevecchio-Cima Pantani, fino alla scorsa edizione affrontata solo dai granfondisti del percorso lungo. La salita, resa ancora più emozionante dalle scritte sull’asfalto che inneggiano al Pirata ed il cippo dedicato a Pantani sulla cima del monte, porta a 118 i chilometri totali del percorso (anziché i 107 delle precedenti edizioni), con un dislivello complessivo di 1500 metri.
Alcuni passaggi della Granfondo via del Sale sulle colline della Romagna
NOVITA’ PROGRAMMA: spettacoli e intrattenimento per tutta la famiglia fino a sera Anche il programma degli eventi collaterali alla Granfondo Via del Sale si arricchisce di grandi novità. Sportur Bicycle Expo, la più grande fiera outdoor d’Italia, interamente dedicata al mondo della bici, che si svolgerà da venerdì 4 a domenica 6 maggio nell’esclusiva location del Lungomare di Cervia, resterà aperta anche sabato sera fino alle ore 22, con oltre cento aziende tecniche attese, ma anche nuovi spazi dedicati alle famiglie dei ciclisti, che troveranno aree gioco e intrattenimento per bambini e ragazzi di tutte le età. Sabato 5 maggio, dalle ore 20 alle 22, l’appuntamento è con l’imperdibile Granfondo Party, che vedrà la spiaggia ed il lungomare di Cervia animarsi con musica, spettacoli, ospiti speciali del mondo del ciclismo, premiazioni e fuochi d’artificio in riva al mare. PARTENZA ANTICIPATA e UNA GRIGLIA IN PIU’! Per la prima volta la Granfondo Via del Sale partirà alle ore 7.00 invece che alle ore 8.00 per consentire agli appassionati di pedalare sfruttando le ore più fresche della mattina, a maggior ragione considerando l’aumento chilometrico dei percorsi lungo e medio. Quest’anno, inoltre, sono previsti migliaia di partecipanti, ben oltre i numeri dello scorso anno! Per cui è stata aggiunta una nuova griglia di partenza, la griglia Ciclamino (da 2501 a 3500). Maggio-
ri dettagli sulla composizione delle griglie sul sito della manifestazione alla sezione regolamento. APERTURA ISCRIZIONI 1° DICEMBRE: partenza in prima griglia per i primi 500 Chi ha già effettuato la pre-iscrizione potrà convalidarla dall’1 al 15 settembre alla quota di 43 euro. Per tutti, la corsa ai pettorali si aprirà invece dalla mezzanotte del primo dicembre alla quota invariata di 50 euro. I primi 500 iscritti più veloci
avranno diritto alla partenza in prima griglia. Per iscriversi sarà sufficiente andare sul sito granfondoviadelsale.com, dove effettuare iscrizione e pagamento online con pochi click (per chi preferisce restano disponibili anche i moduli in pdf, da inviare unitamente alla ricevuta di pagamento). Tutte le info sul sito granfondoviadelsale.com
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NUOVO STORE BASSO BIKES & LEE COUGAN
RESPIRANDO CICLISMO
Il nuovo Concept Store Basso Bike & Lee Cougan a San Zenone degli Ezzelini
A cura della Redazione
A San Zenone degli Ezzelini in provincia di Treviso l’azienda veneta ha creato il nuovo Concept Store, punto di vendita e di aggregazione per la community dei ciclisti
È
uno spazio moderno e innovativo dedicato a tutti gli appassionati di ciclismo su strada e mountain bike. E’ un punto di ritrovo speciale per tutti i ciclisti della zona e per i turisti stranieri che pedalano su queste strade. E’ un luogo pensato per supportare la community di ciclisti e per offrire loro nuove opportunità di interazione con altri appassionati, grazie alle pedalate di gruppo organizzate negli orari post lavoro e nei fine settimane. Inoltre, durante questi appuntamenti, è sempre possibile testare direttamente le nostre bici Basso e Lee Cougan. Nel mese di luglio, intanto, presso lo store è stato presentato il nuovo gruppo Campagnolo Disc, dando la possibilità agli utenti
finali di interagire e discutere direttamente con i produttori.Tutte queste iniziative rendono il nostro store unico: un posto pensato e fatto per i ciclisti che desiderano avere un punto di riferimento, sia per acquistare i nostri prodotti sia per avere un punto di ritrovo dove poter bere un caffè respirando la vera passione per la bici. Presso lo store è possibile visionare l’intera collezione 2018 delle nostre bici Basso e Lee Cougan ed è possibile acquistare direttamente l’abbigliamento ufficiale di Basso Bikes, Lee Cougan e MAAP, oltre ai vari accessori legati alle bici da strada e da mountain bike. E’ possibile anche noleggiare le nostre bici di alta gamma: cosa c’è di meglio che salire verso il Monte Grappa utilizzando in sella
ad una Basso o divertirsi nei bikepark della zona con una Lee Cougan? Per seguire tutti gli eventi in programma e per maggiori informazioni seguiteci sulla nostra pagina Facebook “Basso Bikes & Lee Cougan Concept Store” oppure contattaci a shop@stardue.it Gli orari di apertura sono i seguenti: - Da martedì a venerdì dalle 12.00 alle 20.00 - Sabato dalle 10.00 alle 18.00 - Lunedi e domenica chiuso Info generali: Basso Bikes & Lee Cougan Concept Store, San Zenone degli Ezzelini, Via San Martino 25, 31020 Treviso TV
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L’EROICA
CONTRO IL LOGORIO DEL CICLISMO MODERNO
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omenica 1 ottobre a Gaiole in Chianti si celebra, per il 21° anno, il rito laico de L’Eroica, la cicloturistica d’epoca nata da un’idea di Giancarlo Brocci per la salvaguardia delle Strade Bianche della provincia di Siena. L’Eroica vuole riscoprire le radici autentiche del ciclismo, sport di grande popolarità e fascino attraverso il quale rivivere “la bellezza della fatica ed il gusto dell’impresa”. Il ciclismo proposto da L’Eroica, infatti, è quello degli eroi di questo magnifico sport, capace di insegnare la cultura del sacrificio, quando sete, fame e stanchezza si fanno sentire in tutta la loro brutalità. “Il ciclismo de L’eroica diffonde rispetto e crea legami tra avversari leali - sottolinea spesso Giancarlo Brocci oggi è anche un esempio di valorizzazione del Patrimonio ambientale, di Stile di Vita Sostenibile, di ciclismo pulito che, guardando al passato, indica il futuro”. Lo scorso anno a Gaiole furono oltre settemila i ciclisti
a partecipare, di cui un terzo circa dall’estero. Il castello di Brolio, le vedute di Siena; i borghi medievali di Radda e Castellina, nel Chianti; di Buonconvento e Lucignano d’Asso; la rocca di Montalcino; e la partenza e arrivo sulla piazza di Gaiole. Questi i punti fermi di un evento che si muove veloce, acquista consensi, diventa format e si esporta oggi come una bottiglia di Chianti di ottima annata. Il format dell’evento sportivo dal carattere vintage ha infatti conquistato molti paesi nel mondo. La pensata nostalgica e geniale è di un gruppo di amici che nel ’97 del secolo scorso decidono che il ciclismo non si tocca, che la passione non si tocca, che le strade e il paesaggio si lasciano intatte. Niente asfalto, nessun carosello al seguito e nientemeno elicotteri ballonzolanti sopra maglie in lana merino e caschetti vecchio stile. Ben cinque i cinque percorsi de L’Eroica disegnati tra le magnifiche colline della provincia di Siena.
PASSEGGIATA 46 KM E’ il percorso che tradizionalmente scelgono i neofiti de L’Eroica, il più facile ma comunque d’un certo impegno. Condivide con tutti gli altri percorsi la fase iniziale di circa 20 km passando dal Castello di Brolio per poi pianare su Pianella, dopo una sosta fotografica presso il “Leccione” del 17° chilometro PERCORSO CORTO 75 KM Percorso interamente all’interno delle zone di produzione del Chianti Classico, con i “must” dei passaggi dal Castello di Brolio, da Vagliagli e la vallata dell’Arbia ancora giovane, il centro storico di Radda in Chianti che si trasforma per l’occasione in un paesino d’altri tempi, con il popolo in costume ad offrire ristoro e assistenza ai ciclisti de L’Eroica. La stessa cosa farà a Panzano il Cecchini, il re della “ciccia”. Dopo aver affrontato la parte più dura del percorso, attraverso lo sterrato che con-
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A cura della Redazione
Il 1 ottobre a Gaiole in Chianti la 21ª edizione della cicloturistica d’epoca. Cinque i percorsi, migliaia le adesioni nel ricordo del compianto Luciano “Lucky” Berruti
duce verso il poggio di Volpaia, vi aspetterà il ristoro più rinomato de L’Eroica, in uno dei casali della Fattoria di Lamole. PERCORSO CHIANTI CLASSICO 115KM Il nuovo percorso transiterà per tutti i comuni del Chianti Classico. Sarà identico agli altri percorsi chiantigiani fino alle prime case di Vagliagli, quando devierà a sinistra, subito duro, attraverso una rampa al 12%. Si proseguirà poi in cresta, su strada bianca, fino quasi a Castellina in Chianti per poi discendere attraverso Fonterutoli e San Leonino fino a Lilliano, Bibbiano e Fizzano. Poi Cispiano e Sante Dame. Nel tratto da Bibbiano a Sante Dame, quasi tutto di strada bianca, si salirà con pendenze anche oltre il 26%. Fonterutoli è il punto dove fu tracciato il confine tra le Repubbliche di Siena e Firenze. Tornando al percorso, dopo Pietracuta, su asfalto, si passerà dalla sede del Consorzio del Chianti Classico a Sambuca e
Immagine suggestiva delle colline Senesi
poi dalla salita di Fabbrica, Tignanello. Si ricomincia con le strade bianche da Santa Maria a Macereta e, sfiorando la Badia a Passignano, si sale a Testalepre con punte del 18/20%. PERCORSO MEDIO 135 KM Si cambia totalmente scenario. La partenza all’alba, il passaggio da Brolio in chiaroscuro illuminato dalle fiaccole a olio, il sole che sorge mentre si incominciano a vedere le torri di Siena all’orizzonte. Emozioni che vi resteranno, indelebili, nella mente e nel cuore. Poi Murlo, con il passaggio attraverso il Castello, i cui abitanti pare conservino nel loro sangue l’ultimo DNA etrusco. La Valdarbia e le Crete di Asciano, lo spauracchio del Monte Sante Marie, il rientro in Chianti. Perderete molto tempo per guardarvi intorno ma a L’Eroica il tempo non conta. PERCORSO LUNGO 209 KM Fino alla Valdarbia, strade e sensazioni saranno le stesse del percorso da 135. Poi il gioco si farà duro. Si salirà verso Montalcino da Castiglion del Bosco, la salita santificata dall’arrivo del Giro del 2010, quando i ciclisti avevano tutti la maglia dello stesso colore, quello del fango. Si riprenderà poi fiato anche grazie al tempo che potrete dedicare a buttare un occhio a destra e
a manca per godere delle viste sulla Valdorcia che vi si pareranno davanti, fino a ritornare a Buonconvento attraverso Pieve a Salti. Luoghi che molti conoscono già grazie a Nova Eroica e Eroica Montalcino. Poi ci si ricongiungerà con il percorso da 135km, per Asciano, Monte Sante Marie, Castelnuovo Berardenga, Radda. Quando riuscirete a vedere le prime case di Gaiole scendendo da San Donato e Vertine, anche se saranno illuminate nella notte, potrete incominciare ad assaporare l’emozione di potervi definire “veri eroici”!. Ma l’edizione 2018, tra le pieghe della festa, sarà listata a lutto. Il 13 agosto scorso, infatti, è scomparso Luciano Lucky Berruti, protagonista e ambasciatore de l’Eroica di Gaiole. Fondatore del Museo della bicicletta di Cosseria ha reso vivo il suo amore per le due ruote collezionando e correndo sulle strade del mondo. Era un collezionista speciale, voleva conservare la bellezza del ciclismo, quello fatto di fatica e dello spostarsi guardando il mondo, per questo cercava gli oggetti che tutto questo ricordano. E’ stato l’Eroe numero 1, e non poteva essere che lui. La sua storia, nata in bicicletta, è finita come forse lui sognava: sui pedali.
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PILATES
DOSSIER SPORT E MEDICINA
E TERZA ETA’ U
n’attività fisica appropriata: 1) implementa il generale stato di benessere; 2) migliora globalmente la salute fisica e psicologica; 3) implementa e permette di conservare l’autosufficienza; 4) riduce il rischio di sviluppare alcune patologie degenerative (cardiopatia, ischemia, ipertensione, ecc…); 5) permette di minimizzare le conseguenze del’invecchiamento riducendo i sintomi artrosici nonché contribuendo a prevenire e trattare l’osteoporosi. Il PILATES PER ANZIANI è una ginnastica ideale, poiché aiuta a mantenere e ripristinare la flessibilità e la mobilità articolare
perdute con l’avanzare dell’età. Si tratta dunque di un tipo di esercizio molto utile a combattere problemi legati all’artrosi, all’osteoporosi e alla coxartrosi, ovvero all’alterazione e la perdita di mobilità articolare dell’anca. Il Pilates è considerato la migliore ginnastica per anziani. Non c’è disciplina migliore per mantenere un buon tono muscolare, donare mobilità alle articolazioni ed evitare gli acciacchi che con l’età si possono presentare più di frequente. Le ricerche scientifiche hanno dimostrato che, attraverso l’allenamento, le cellule staminali muscolari che nel corso degli anni vanno
pian piano diminuendo si possono autorigenerare, creando una vera e propria barriera contro l’invecchiamento. Su quali muscoli agisce il Pilates e quali sono i benefici specifici per la Terza Età? Nel Pilates si lavora principalmente sui muscoli addominali, nonché sui muscoli erettori della colonna vertebrale; rafforzando tali distretti muscolari si correggono i difetti posturali più comuni, come la gobba o l’atteggiamento cifotico, e si limita il rischio di prolasso degli organi, soprattutto a livello della vescica, evitando la comparsa di sintomi di incontinenza.
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A cura delladott.sa Chiara Gnucci
ideostampa.com
Oltre ai benefici fisici e psicologici, la pratica di un’attività ginnica adeguata e regolare può aiutare gli anziani a concepire il trascorrere del tempo in modo positivo
Inoltre il Pilates è indirizzato al rafforzamento e all’allungamento dei muscoli, mantenendo il più possibile una discreta flessibilità articolare che con l’avanzare dell’età va incontro necessariamente ad un irrigidimento. E’ vero che il Pilates allevia i dolori articolari? Il Pilates, basato su un’armonia profonda tra respirazione ed esecuzione degli esercizi, ha un’azione rilassante sul corpo, portando beneficio anche all’apparato cardiocircolatorio e donando sollievo ai dolori articolari. Le sedute di Pilates infatti uniscono attività motorie vere e proprie, volte al rinforzo muscolare, alternate ad esercizi di rilassamento: lo stretching, eseguito per l’allungamento dei muscoli ed abbinato a tecniche di respirazione e concentrazione, molto utili per allontanare dal corpo le tensioni psicofisiche. Il Pilates è una ginnastica sicura? Nel Pilates tutti i movimenti sono eseguiti con controllo e accuratezza e ciò consente di evitare traumi, il che soprattutto a una certa età è molto importante. Il Pilates mantiene una colonna vertebrale più mobile? Il Pilates pone enfasi sulla mobilità della colonna vertebrale tanto che il suo inventore, Joe Pilates, era solito dire: “Se la tua colonna vertebrale è rigida a 30 anni tu sei vecchio, se invece è ancora mobile a 60 anni tu sei giovane”. Quale metodo migliore quindi per invertire il processo biologico e sentirsi ancora dei ragazzini?
Col Pilates addio osteoporosi? Il Pilates si concentra sulla forza muscolare e sulla flessibilità incrementando la densità ossea, fondamentale per prevenire e combattere l’osteoporosi, soprattutto per le donne. Con la menopausa, infatti, la perdita di tessuto osseo può raggiungere il 5% della massa totale all’anno. L’osteoporosi è una condizione abbastanza comune negli anziani. Con questa patologia, lo scheletro diventa più fragile e più suscettibile alle fratture, anche dopo un trauma apparentemente minore può provocare mal di schiena a causa di contratture muscolari o microfratture e deformità della colonna vertebrale, con la diminuzione in altezza del femore e della colonna vertebrale che di solito sono le parti più colpite da osteoporosi. Siccome il metodo Pilates lavora anche per rinforzare i muscoli, la probabilità di frattura diminuisce esponenzialmete, sia perché gli anziani pilates praticanti hanno un migliore equilibrio e miglior facilità di movimento, sia perché le loro ossa sono protette da una adeguata massa muscolare. Quindi, se siete in età avanzata e volete evitare gli effetti negativi di una vita sedentaria o accusate già un dolore alla schiena e altre parti del corpo, provare Pilates per gli anziani può essere la vostra soluzione. Il risultato può sorprendere e apparire più velocemente di quanto si pensi... provare per credere!
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PUROSANGUE DA COMPETIZIONE
BASSO DIAMANTE A cura di Maurizio Coccia
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on poteva che essere di altissima gamma una bici che si chiama Diamante: parliamo infatti di uno dei fiori all’occhiello della produzione Basso, un modello che in questa versione 2018 è stato completamente riprogettato. Diamante è la quintessenza della bicicletta racing: con una formula originale ed esclusiva accoppia forme affusolate ed aerodinamiche ad una struttura rigida, scattante, che impiega carbonio di serie Toray T1000 e T800, cioè il migliore per l’utilizzo ciclistico. Non solo: il Toray utilizzato dalla Diamante è reso ancor più resistente ad urti e sol-
lecitazioni grazie all’impiego di particolari resine aggiuntive alle fibre. Il telaio ha sezioni e forme generose, che ottengono il duplice risultato di migliorare gradevolezza estetica e qualità strutturali. Prima tra tutte va in questo senso menzionata la zona sterzo: ha fattezze “monolitiche”, funzionali ad irrigidire l’avantreno e poi ad ospitare una forcella dedicata e semi-integrata, la cui architettura prevede speciali spessori distanziali che consentono di ottenere sia una posizione racing, sia una posizione di guida più comoda e rialzata, ma tutto questo senza inficiare il look della bici nel suo insieme. Diamante è disponibile in sette taglie (45,
48, 51, 53, 56, 58, 61 cm) tutte con una leggera impostazione sloping. Numerosi i montaggi previsti di serie, che partono da una base di 4850 euro. Per il kit telaio (telaio, forcella, serie sterzo, reggisella e attacco manubrio) occorrono invece 3620 euro.
CONTATTI Prodotto da: Basso Bikes, tel. 0444/980053 www.bassobikes.com Distribuito da: Stardue www.stardue.it
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LE CITTÀ DELLA BICICLETTA
CICLOITINERARIO
DA BOLZANO A FERRARA A cura di Silvia Badi
Immagine del Duomo della Città Estense
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n cicloitinerario da Bolzano a Ferrara lungo circa 400 km che permette di visitare numerose città d’arte italiane. E’ un progetto in via di sviluppo di cui però possiamo già immaginare il percorso. Questo percorso segue il naturale flusso dei corsi d’acqua alpini dalla sorgente, alla valle, fin quasi al mare in cui sfociano. Si pedala da nord a sud senza mai incontrare particolari difficoltà né tratti tecnici. L’itinerario si mantiene inoltre su stradine a bassa intensità di traffico o piste ciclabili già esistenti immerse nella natura. Dai paesaggi alpini di Bolzano si attraversano le valli ed i boschi tipici dell’Alto Adige, quindi il percorso continua all’interno di aree naturali e parchi protetti spesso lungo il corso di qualche fiume. Il punto di arrivo del tragitto è Ferrara, città simbolo delle biciclette. Il cicloitinerario permette anche di attraversare le città di Trento, Rovereto, Riva del Garda, Mantova. Le piste ciclabili lungo la Città di Ferrara
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BASSO KONOS
BICI DA CRONO PERSONALIZZABILE ED ERGONOMICA A cura di Maurizio Coccia
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truttura monoscocca in carbonio UD, forme affusolate che riducono la resistenza frontale e laterale all’aria, zona anteriore bassa per favorire posizioni “areo”, angoli di sterzo e di sella ottimizzati per favorire le prestazioni nelle gare contro il tempo e ancora freni integrati nella struttura del telaio per offrire la minore resistenza possibile ai flussi d’aria: le carte per essere annoverata tra le top-bike da cronometro/triathlon la Konos le ha tutte, ma a queste aggiunge caratteristiche tecniche e strutturali che la rendono anche estremamente adattabile alle diverse conformazioni fisiche e alle diverse esigenze di guida. Il manubrio integrato nello sterzo, in-
fatti, è totalmente adattabile alle varie esigenze sia in altezza che in lunghezza che larghezza; permette agevolmente di trovare il proprio assetto su una bici oggettivamente “difficile” come è una TT bike, e quindi di non aver altro pensiero se non quello di pedalare in modo fluido e costante per massimizzare le velocità e minimizzare i tempi. Da parte sua, la slitta dello speciale reggisella è regolabile, in modo da poter modificare in modo fine anche l’angolazione virtuale del tubo verticale La Konos è disponibile in tre taglie, 51, 53 e 55 cm. Il prezzo al pubblico del kit telaio (telaio, forcella, reggisella e manubrio integrato aero) è di 3390 euro.
BASSOBIKES Prodotto da: Basso Bikes tel. 0444/980053 www.bassobikes.com Distribuito da: Stardue www.stardue.it
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BORRACCIA TERMICA I.GLOO 550cc di fresca idratazione ed energia, realizzata con doppia barriera e intercapedine riflettente. La nuova borraccia termica I.GLOO è stata studiata nei minimi dettagli nei laboratori Raceone® per garantire un’alta efficienza di isolamento, ergonomia ed igiene. I materiali sono in linea con le leggi internazionali per l’uso alimentare e rimane la garanzia del 100% Made in Italy.
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BASSO VENTA
LA BICI PER TUTTI IL COMFORT È IL SUO PUNTO FORTE
A cura di Maurizio Coccia
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na bici facile da utilizzare, perfetta per chi non è abituato a posizioni di guida “estreme”, con un’impostazione geometrica maneggevole e soprattutto con ottimi requisiti in merito al comfort e all’assorbimento delle vibrazioni. Ecco in sintesi il modello Venta, realizzato al 100 per cento in carbonio UD di serie Toray, con fibre TR50 e TR60, cioè proprio quelle che, rispetto alle fibre ad alto modulo impiegate sui modelli da competizione, migliorano le capacità del telaio di assorbire le vibrazioni trasmesse dall’asfalto. Se poi a que-
sto aggiungiamo la geometria “rilassata” del triangolo principale (tubo sterzo alto, carro posteriore più lungo rispetto ai modelli racing) il risultato che si percepisce su strada è un comfort di pedalata superiore, che si apprezza tanto più le distanze percorse crescono. Venta inoltre è un modello “alu-free”, cioè il telaio in composito non fa alcun uso di accessori interni in alluminio (come ad esempio boccole per i cuscinetti dello sterzo o del movimento centrale). L’assemblaggio di serie sterzo e movimento avviene infatti direttamente “a battuta” nel telaio, negli appositi alloggiamenti previsti.
Questo evita fastidiosi rumori e scricchiolii. Venta è compatibile sia con gruppi trasmissione meccanici che elettromeccanici. Sei le tagli disponibili, 45, 48, 51, 53, 56, 58 cm. Prezzi? Il kit telaio (forcella e telaio) costa 1290 euro, mentre gli allestimenti partono da una base di 1900 euro. Prodotto da: Basso Bikes tel. 0444/980053 www.bassobikes.com Distribuito da: Stardue www.stardue.it
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CERAMICSPEED PART OF THE VICTORY A cura della Redazione Tecnica
CeramicSpeed è un’azienda specializzata nella produzione di cuscinetti ad altissime prestazioni. Costruiti a mano in Europa, precisamente in Danimarca, questi prodotti offrono la migliore qualità, la massima tecnologia e la maggior durata nel settore dei cuscinetti ceramici applicati al mondo della bicicletta.
Le pulegge OPSW montate sulla trasmissione di una bici da cronometro con ruota posteriore lenticolare full carbon
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cosa servono i cuscinetti ceramici: I cuscinetti CeramicSpeed aiutano la bici dell’atleta ad andare più veloce risparmiando preziose energie. Sia per un amatore che per un professionista - la corsa - è sempre una lotta contro il tempo; questa può essere la differenza tra vincere e perdere. Qualunque sia la disciplina praticata, dalla strada alla mtb o al triathlon, i cuscinetti CeramicSpeed aiutano ad migliorare la performance aumentando la velocità massima della bicicletta. Inoltre, le sfere ceramiche CeramicSpeed, riducono l’attrito ed incrementano la vita utile del cuscinetto rendendolo più longevo. I test dimostrano che si possono risparmiare dai sei fino ai nove Watt utilizzando mozzi, movimento centrale e puleggine del cambio equipaggiate con cuscinetti ceramici CeramiSpeed, rispetto ad una serie di cuscinetti standard. I test sono stati effettuati utilizzando esattamente gli stessi cuscinetti forniti alle squadre professionistiche sponsorizzate da CeramiSpeed; i medesimi prodotti di serie che vengono poi proposti nel catalogo aziendale. Le pulegge OSPW (Over-
Le pulegge OPSW montate sulla trasmissione di una bici da corsa tradizionale con ruota posteriore in carbonio ad altissimo profilo
size Pulley Wheel) Le pulegge OSPW sono estremamente importanti quando si tratta di risparmiare watt. E’ stato calcolato che – sulla bici di un ciclista con gli upgrade più idonei - il risparmio medio arriva addirittura fino al 60% di energia. Le nuove pulegge CeramicSpeed a diciassette denti riducono l’attrito del 60% rispetto a delle pulegge che si trovano normalmente sul mercato. Questo sistema, unico nel suo genere, è stato sviluppato in stretta collaborazione con numerose squadre World Tour e molti triatleti di livello mondiale. La tecnologia OSPW è il risultato di un rigoroso programma di test su strada con oltre diecimila chilometri percorsi e di prove con il laboratorio indipendente Friction Facts. Grazie alle dimensioni maggiorate delle pulegge si ha un risparmio già a partire da 2,4 watt. Equipaggiate con i cuscinetti ceramici CeramicSpeed, le pulegge OSPW , garantiscono minore attrito ed una durata da tre a cinque volte superiore alla pulegge tradizionali. In sintesi i principali vantaggi delle pulegge OSPW - Risparmio di energia grazie all’attrito estremamente basso
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Bassa resistenza al rotolamento che per mette un migliore trasferimento della forza durante la pedalata Aumento della velocità massima grazie al migliore trasferimento della forza Cuscinetti ad altissime prestazioni fabbricati utilizzando sfere ceramiche di ottima qualità. Le sfere ceramiche utilizzate da CeramicSpeed hanno una superficie del 100% più liscia e sono il 15% più dure rispetto ad altre sfere in ceramica sul mercato
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SICUREZZA IN PRIMO PIANO
L’ASSISTENZA MEDICA NELLE GARE CICLISTICHE A cura di Silvano Antonelli
Dalle cronometro alle granfondo ecco tutto quello che c'è da sapere per garantire agli atleti un "pronto intervento" efficace e tempestivo
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onoscenze e adempimenti preliminari Il medico che accetta l’incarico dovrà: a) - comunicare all’organizzatore il numero del telefono cellulare di cui intende servirsi il giorno della gara; b) - portare con sé il necessario per la sua missione; c) - presentarsi al direttore di corsa almeno un’ora prima della partenza della gara per confermare la propria presenza, verificare l’equipaggiamento delle ambulanze e la qualifica professionale dei rispettivi equipaggi; d) - segnalare tempestivamente all’organizzatore eventuali ritardi tali da pregiudicare il rispetto dell’orario di partenza della gara (che non può essere superiore ai 30’); e) - attivarsi personalmente per trovare un sostituto nel caso di un suo improvviso impedimento; f) - ritirare dall’organizzatore la documentazione inerente le caratteristiche della gara, compresi i recapiti telefonici degli ospedali allertati, di chi fornisce il servizio delle ambulanze e del personale a bordo, per stabilire un adeguato piano di primo intervento.
Nella vettura del medico, possono trovare ospitalità solo le persone designate dal medico stesso. Mezzi e personale In una gara ciclistica, serve: a) - un medico con esperienza di pronto soccorso, oppure due medici di cui uno rianimatore; b) - una o due ambulanze (di cui almeno una attrezzata per la rianimazione) condotte da equipaggi comprendenti almeno un abilitato professionale ; c) - una vettura (di altezza non superiore a m 1,66) per ciascun medico, condotta da un autista esperto di gare ciclistiche, non impressionabile alla vista di soggetti traumatizzati o feriti; d) - una moto nel caso di tratti stradali inadatti al transito delle vetture; e) – un apparato radio ricetrasmittente su tutti i veicoli dell’assistenza sanitaria. Nel caso di più medici uno di questi può essere collocato a bordo dell’ambulanza. Facoltà, compiti e responsabilità Il medico di gara (o capo-medico quando siano più di uno) ha la responsabilità generale dell’assistenza sanitaria, che la eserci-
ta in autonomia, coordinando l’attività dei collaboratori e dei mezzi di soccorso, la cui posizione iniziale, data dai regolamenti sportivi, potrà essere modificata a seconda dell’evoluzione della corsa e di concerto con il direttore di corsa. In caso di incidente o caduta, spetta esclusivamente al medico di gara decidere se il corridore potrà riprendere la gara, obbligarlo al ritiro, oppure ricoverarlo. Il mancato rispetto del divieto a proseguire la gara comporta l’espulsione dell’atleta da parte della Giuria. Il medico ed il personale delle ambulanze è tenuto ad annotarsi i numeri degli atleti assistiti e trasmetterli alla direzione corsa. Il medico di gara, in ragione della sua importante missione e dell’autorità che riveste quale “pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni”, è opportuno indossi una apposita pettorina di riconoscimento. Per ragioni di privacy e per evitare allarmismi incontrollati, è bene non vengano comunicati via radio le condizione effettive degli atleti soccorsi, salvo la doverosa se-
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Chi è Silvano Antonelli Fondatore e Presidente del G.S. Progetti Scorta. E' ideatore del "Premio sicurezza" (patrocinato dalla Presidenza del Consiglio e dal Ministero dell'interno) dal 2016 opinionista televisivo nel programma "InBici passione sui pedali" Sky 520 Il personale medico durante il primo soccorso
gnalazione dei loro numeri dorsali affinché possano seguire gli opportuni interventi da parte dei loro direttori sportivi, giuria e direzione di corsa. Il medico che decide il ricovero di un atleta deve darne immediata comunicazione (via radio o cellulare) al direttore di corsa, specificando l’ospedale verso il quale è stato avviato e se egli stesso lo accompagnerà, come talvolta può essere necessario. Quando le conseguenze di una caduta o di un sinistro sono tanto gravi da suggerire la necessità di sospendere la gara, neutralizzarla oppure annullarla è bene che le comunicazioni tra medico e direttore di corsa avvengano in modo riservato, a voce o tramite cellulare. Qualora la gara resti priva di medico e di ambulanza spetta al direttore di corsa decidere di far comunque proseguire la competizione oppure sospenderla (per un tempo non superiore ai 30’ e se le condizioni atmosferiche lo consentono) in attesa che l’assistenza sanitaria venga ripristinata, oppure annullarla se questo non è possibile. Il personale dei mezzi che ha trasportato i
corridori al pronto soccorso, appena possibile si metterà in contatto con il direttore di corsa per decidere il tragitto migliore per rientrare rapidamente al seguito della gara. Il servizio medico-sanitario di una gara ciclistica, seppure imposto per garantire la giusta assistenza ad un evento di rischiosità superiore alla norma, può essere temporaneamente utilizzato per l’assistenza a cittadini che ne abbiano urgenza, se posti nelle vicinanze, secondo la regola civile che l’assistenza la si da a chi ne ha immediato bisogno. La posizione dei veicoli in gara In linea – I regolamenti sportivi dispongono che la vettura del medico di gara sia collocata dietro al gruppo dei corridori in quarta posizione, preceduta soltanto dalle vetture della giuria, direttore di corsa e cambio-ruote, garantendo al medico di poter intervenire con più rapidità. L’ambulanza invece dovrà collocarsi quale penultimo veicolo del seguito, davanti a quello con il cartello “Fine gara ciclistica”. Nel caso di ulteriori ambulanze, queste si
posizioneranno in coda al gruppo delle vetture di società (ammiraglie), lasciandosi alle spalle tutto il resto. Quando la corsa si fraziona (fuggitivi-inseguitori-gruppo-attardati), è il medico che decide se rimanere nella posizione iniziale, oppure - di concerto con il direttore di corsa - spostarsi più avanti, in prossimità di quei corridori che per consistenza dei gruppi o furia agonistica, come nei finali di gara, sono esposti a rischi maggiori. Il medico che si porta in posizione più avanzata facendosi seguire dall’ ambulanza (nel caso ne siano presenti almeno due), una volta giunto alle spalle dei corridori si collocherà sempre in quarta posizione o comunque davanti alla prima “ammiraglia”, mentre l’ambulanza si posizionerà quale ultimo veicolo di quelli presenti in quel tratto. In presenza di più medici, è giustificato che uno di questi si porti sui fuggitivi o gl’immediati inseguitori quando tra questi ed il grosso del gruppo esiste un intervallo di almeno tre minuti. A cronometro – In que-
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L’immediato intervento dell’equipe medica a tutela del ciclista
sto genere gare contro il tempo, il servizio di assistenza sanitaria poggia su presidi fissi stabiliti di comune accordo tra direttore e medico di gara, considerati i mezzi a disposizione. Di norma il medico ed una ambulanza stazionano in prossimità della partenza, dove la direzione corsa riceve ogni genere di informazione, mentre le restanti ambulanze vengono dislocate lungo il percorso. Per un miglior servizio è bene che il direttore di corsa predisponga uno stralcio planimetrico con indicata la posizione della varie ambulanze ed il recapito telefonico dei loro equipaggi, per consentire interventi dalle postazioni che più riducono il rischio di interferire con la marcia dei corridori in transito. Granfondo – In queste manifestazioni, dove partecipa un elevato numero di concorrenti, di cui una minoranza con ambizioni agonistiche e una maggioranza con spirito puramente cicloturistico, i criteri dell’assistenza medico-sanitaria variano a seconda della consistenza della manifestazione stessa. Ad esempio, in una granfondo di media entità, con 1.500 partecipanti, è opportuna una assistenza con 2/3 medici e 4/6 ambulanze, razionalmente suddivisi tra percorso medio e percorso lungo. Su ciascun percorso, almeno un medico ed una ambulanza, prenderanno posizione dietro al grosso dei concorrenti e comunque prima dei veicolo “Fine gara ciclistica”, mentre i restanti medici e le restanti ambulanze andranno a coprire lo spazio, ben più ampio, tra il veicolo “Fine gara ciclisti-
ca” e quello “Fine manifestazione”, di concerto con il direttore di corsa, a cui spetta il monitoraggio costante dei mezzi dedicati all’assistenza sanitaria suggerendo di volta in volta la loro miglior dislocazione. Quando i partecipanti fossero parecchie migliaia, sarà cura dell’organizzatore, insieme al direttore di corsa ed al responsabile dell’assistenza sanitaria, stabilire un piano di pronto intervento composto di mezzi al seguito ed in postazione fissa, in quantità sufficiente per i rischi prevedibili. Modalità di intervento In caso di caduta, la vettura del medico si ferma sul lato destro della carreggiata, lasciando fra sé e i corridori lo spazio per fare defluire quei mezzi al seguito che hanno ragione di continuare la propria marcia. Il medico scende dal lato destro della vettura, seguito a breve dal suo autista, che lo aiuterà in quel che gli sarà chiesto, come ad esempio: a) - chiamare via radio l’ambulanza; b) – avvertire la direzione corsa ; c) - segnalare la presenza di corridori a terra e favorire il passaggio della restante parte della corsa; L’ambulanza che si porterà sul posto, si posizionerà dietro la vettura del medico, nel caso gli atleti incidentati necessitano di elementari medicazioni, oppure, davanti la caduta e in prossimità del corridore da soccorrere quando per questi si preveda: d) - impiego delle apparecchiature di rianimazione; e) - immobilizzo e trasporto al pronto soccorso; f) - osservazione diagnostica in luogo protetto e discreto; g) - inter-
venti di prima necessità su ferite, fratture e traumi di una certa entità. In questi frangenti la presenza sul posto del direttore di corsa è fondamentale per: h) - evitare che nel luogo della caduta si crei un affollamento che ostacoli le operazioni di soccorso; i) - allontanare il pubblico e i curiosi; l) - approntare paraventi che proteggano il corridore e la riservatezza dell’intervento medico; m) - predisporre le opportune segnalazioni perché le persone e i mezzi impiegati nell’assistenza sanitaria non siano a loro volta investiti dai veicoli in transito. Il posizionamento dell’auto del medico e dell’ambulanza, nei tratti in discesa o in prossimità di curve con scarsa visibilità, dovrà avvenire tenendo conto delle traiettorie seguite dagli atleti in recupero e della loro forte velocità. E’ ammessa l’assistenza medica da vettura in movimento, ad esclusione dei tratti in salita e degli interventi prolungati. Il medico é responsabile del comportamento della sua vettura e dei suoi componenti, non consentendo alcun aiuto tendente a facilitare, con scia o appoggio, la permanenza od il rientro in gruppo del corridore cui ha prestato le sue cure. A conclusione della gara Il medico è tenuto a rilasciare al direttore di gara la certificazione firmata contenente il numero dorsale degli atleti assistiti, la diagnosi possibile dei danni fisici riportati, con i conseguenti provvedimenti adottati, quali: medicazione, ricovero ospedaliero, ritiro coatto.
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COME NUTRIRSI
DIETE
I PERICOLI DEL "FAI DA TE" L a moda, si sa, rappresenta una forza trainante che - una volta innescata - si rivela spesso in grado di condizionare persone, mezzi e risorse, spingendole verso una determinata direzione a prescindere da un reale e concreto vantaggio in merito. Questo - oltre a rivelarsi vero nei confronti di capi di abbigliamento, prodotti tecnici o specifiche attrezzature - si rivela altresì vero anche per quanto riguarda il mondo della nutrizione e di conseguenza dell’integrazione, della supplementazione e della nutraceutica. Infatti, molto spesso assistiamo a soluzioni “rivoluzionarie” adottate sull’onda di quanto fatto da soggetti particolarmente in vista: atleti professionisti, soggetti appartenenti al mondo dello spettacolo o più semplicemente opinion leader nel contesto di una squadra o di un ambito agonistico, in assenza di reali basi scientifiche o di reali
riscontri che non siano le mere “sensazioni” riferite dai loro promotori. E così, improvvisamente, a diverse ondate, troviamo vere e proprie epidemie di presunte intolleranze al lattosio celiachia, gluten sensitivity solitamente auto-diagnosticate in assenza di qualsiasi evidenza medica e fortunatamente auto-risolventi in quanto - finita la moda - tutto generalmente tende a tornare alla condizione iniziale. Con dinamiche simili è possibile assistere all’ascesa e alla successiva caduta dei consumi di integratori, supplementi e prodotti nutraceutici che, a volte, sono semplicemente utilizzati fuori contesto (ovvero non per le applicazioni nei cui confronti mostrano efficacia), mentre altre si rivelano essere praticamente inutili, ma nonostante tutto periodicamente vengono usati in gran quantità. Anche se da un lato è comprensibile che il desiderio di migliorarsi conduca fuori strada portando a
non accettare che magari un atleta professionista oppure un compagno di squadra sia più forte in quanto fisicamente superiore o meglio allenato e quindi inizia la ricerca del “segreto” alimentare o “nutraceutico”, dall’altro occorre interrogarsi sui potenziali rischi derivanti da alcune di queste condotte, che non sempre si rivelano innocue. A questo proposito risulta molto interessante riflettere su due tra le più famose “tendenze alimentari” che hanno sofferto di queste “dinamiche” negli ultimi anni, l’intolleranza al lattosio e quella al glutine (a volte proposta come vera e propria celiachia mentre altre semplicemente come gluten sensitivity). L’intolleranza al lattosio viene ipotizzata generalmente dal medico o dal nutrizionista sulla base di precisi sintomi gastro-intestinali ed è dimostrabile mediante un esame diagnostico chiamato Breath test al lattosio che permette di formulare anche un giudizio
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Chi è il Dr Alexander Bertuccioli Biologo nutrizionista - Perfezionato in Nutrizione in Condizioni Fisiologiche Professore (a.c.) - Laboratorio di valutazione antropometrica Dipartimento di Scienze Biomolecolari DISB - Scuola di Scienze Biomediche, Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo” www.uniurb.it Comitato scientifico Associazione Italiana Fitness e Medicina - AIFeM - www.aifem.it Comitato scientifico Federazione Italiana Fitness – FIF - www.fif.it A cura del dott. Alexander Bertuccioli
Quando le mode prendono il sopravvento sulle evidenze scientifiche: guardatevi dalle auto-diagnosi, dal "passa parola" e dai "guru" da social
di natura quantitativa che guida la diagnosi, questa volta di esclusiva pertinenza medica. Dietro testimonianze di presunti incrementi di performance o miglioramenti fisici di diversa natura, spesso accompagnate da argomentazioni più o meno filosofiche del tipo “l’uomo è l’unico animale che assume latte dopo lo svezzamento (se è per questo è anche l’unico animale che fa attività fisica per allenarsi e che usa strumenti tecnici di locomozione come la bicicletta…), l’astensione dal lattosio viene periodicamente proposta anche a soggetti che non soffrono di un reale disturbo e che spesso e volentieri non hanno nessun concreto beneficio se non quello ascrivibile in un primo momento all’effetto placebo. Ma quali possono essere i problemi derivanti da tale condotta? Prevalentemente di natura carenziale, dovuti innanzi tutto a una minore assunzione di proteine dall’alto valore biologico che -
contrariamente ad altri prodotti di origine animale (come la carne e il pesce) e alcuni di origine vegetale - si mostrano prive di purine (molecole piuttosto problematiche se assunte in eccesso in quanto alla base del carico di acido urico dovuto al consumo di alimenti che le contengono). Ma, oltre alla carenza proteica, possono essere favoriti altri stati carenziali a carico del calcio e soprattutto della vitamina D. Che dire del glutine? Innanzi tutto la celiachia è una patologia che viene sospettata in base a quadri sintomatologici piuttosto caratteristici e viene diagnosticata mediante specifici esami ematochimici, valutazione endoscopica e relativa biopsia; la gluten sensitivity invece può sussistere anche in assenza di tutti questi elementi e viene quindi solitamente diagnosticata per esclusione, andando ad escludere con opportuni test tutte le malattie che potrebbero fornire sintomi simili. Anche in questo caso l’auto-diagnosi e l’astensione dal consumo di prodotti contenenti glutine in assenza di un percorso medico strutturato comporta una serie di problematiche piuttosto importanti, questo anche non considerando l’elevato costo dei prodotti senza glutine ingiustificato per chi non realmente affetto. Innanzitutto, una volta sospeso il consumo di glutine, se si volesse dimostrare con i suddetti test l’esistenza di una patologia sarebbe necessario consumarlo nuovamente fino all’eventuale ricomparsa dei sintomi, ritardando notevolmente un eventuale diagnosi, protraendo i tempi per avere un’assistenza efficace e causando, dopo un periodo di eventuale relativo benessere, ulteriori sofferenze. In secondo luogo è necessario sapere che molti prodotti senza glutine sono formulati
aggiungendo quote importanti di grassi per la necessità tecnologica di sopperire all’effetto amalgamante/addensante del glutine, questo ricordando che - in quanto proteina - il glutine ha meno della metà delle calorie proprie di sostanze di natura grassa, è in grado di esercitare una superiore azione dinamico-specifica (capacità di richiedere calorie per la digestione/assorbimento) e contribuisce a ridurre l’indice e quindi la risposta glicemica che si sviluppa in seguito all’assunzione di un alimento. La somma di questi effetti spesso si traduce in una maggiore tendenza nell’acquisire peso da parte di soggetti che consumano una dieta priva di glutine. Ultimo - ma non meno importante - elemento, recenti pubblicazioni scientifiche hanno correlato la dieta agglutinata allo squilibrio nelle popolazioni batteriche intestinali dei soggetti presi in esame, configurando un vero e proprio caso di disbiosi intestinale. Ovviamente questi effetti negativi sono più che giustificati per soggetti che realmente non possono consumare glutine in quanto celiaci o affetti da gluten sensitivity, ma non ha alcun senso da parte di un soggetto realmente non affetto correre questi rischi per presunti benefici (da nessuno mai dimostrati) nella performance o nella condizione fisica. Questa essenziale disamina dovrebbe aver permesso di chiarire come le mode e il "fai da te", molto spesso finiscono non solo con il rivelarsi inutili, ma spesso anche potenzialmente dannose. Il consiglio dei professionisti della salute accreditati per la nutrizione (Medico, Biologo e Dietista) e l’aderenza a eventuali percorsi medici strutturati costituisce la sola vera solida garanzia di sicurezza, efficacia e utilità per l’utente finale.
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FSA K-FORCE MODULAR SUPERCOMPACT BB386 EVO A cura della Redazione Tecnica
Corone a dentatura ridotta per una pedaliera che è più agile e più leggera di una compact. Fino a ieri Fsa la declinava solo sulle guarniture di fascia media e medio/alta. Ora è proposta anche in questa variante al top, di classe K-Force.
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uarantotto e 32 denti; o se volete rapporti ancor più demoltiplicati 46 e 30 denti: sono queste le due dentature disponibili sulle corone supercompact della Fsa: come suggerisce il nome le guarniture supercompact propongono di serie ingranaggi a dentatura ridotta rispetto alle compact, cioè quelle pedaliere con corone da 50 e 34 denti. Componenti di questo tipo sono indirizzati non solo ai praticanti meno evoluti o a chi è a corto di allenamento, ma più generalmente si adattano a chi è disposto a ripensare la scala dei rapporti disponibili sulla propria bici stradistica, o se preferite sulla sua gravel-bike. Le supercompact sono infatti guarniture compatibili con trasmissioni a 10 e 11 velocità (Shimano e Sram) e consentono in questo modo di realizzare “scale” di rapporti alla ruota molto compatte, oltre ad ottenere linee catena migliori rispetto a quel che accade quando la corona grande è troppo grande. Fino alla scorsa stagione Fsa realizzava guarniture supercompact solo per le famiglie di componentistica di classe Gossamer, Omega, Vero Pro ed Energy. La novità per il 2018 è che il componente sarà proposto anche in versione K-Force, che per chi non lo sapesse identifica i prodotti di al-
tissima gamma del marchio italo-taiwanese Le caratteristiche tecniche L’ultima arrivata tra le supercompact di Fsa ha un’architettura strutturale mutuata esattamente dalla “sorella maggiore” K-Force in versione standard: troviamo dunque una struttura del corpo in carbonio internamente cava, con un’elegante finitura superficiale in fibra unidirezionale. Gli ingranaggi sono realizzati in pezzo unico, grazie ad una accurata lavorazione al 100 per cento al Cnc che parte da una lastra di alluminio di serie 7050. Con la stessa lega di alluminio è rea-
lizzato l’asse, che prevede un’interfaccia con la scatola movimento con standard BB386. Lunghezze disponibili? Da 170, 172.5 e 175 millimetri, mentre di 148 mm è il fattore Q, in pratica esattamente lo stesso della K-Force in versione standard, cioè con corone da 53 e 39 denti. Il peso, nella versione 46/30 denti, è di 572 grammi, mentre il prezzo al pubblico è di 669 euro. Contatti Fsa Tel. 039/6885265 www.fullspeedahead.com
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EURO BIKE2017 NOVITÀ E TENDENZE
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ontani i tempi in cui le fiere della bicicletta erano spartiacque netto tra una stagione commerciale e l’altra; lontani quelli in cui i saloni di fine estate e inizio autunno proponevano al pubblico o ai dealer novità esclusive che non si erano mai viste in giro sino a quel momento. La frequenza sempre più fitta con cui i marchi introducono nuovi prodotti, e assieme a questa il fatto che non esiste più un momento prestabilito per lanciare ciò che è nuovo, fanno sì che anche in una fiera importante e di portata internazionale come è la tedesca Eurobike le novità merceologiche davvero degne di questo nome siano poche. Del resto la storia produttiva degli ultimi anni ci ha insegnato che è in primavera, e soprat-
tutto all’inizio dell’estate, che si concentra il “lancio” della maggior parte delle novità prodotto per la stagione a venire: è appunto per questo che anche la quasi trentennale fiera di Eurobike il prossimo anno ha deciso di anticipare la data a luglio (si svolgerà la prima decade del mese e sarà destinata esclusivamente agli addetti ai lavori, non più la pubblico) e soprattutto è sempre per questo che la funzione che per noi della stampa specializzata può avere il salone che da 26 anni si svolge sulle sponde del lago di Costanza è principalmente quello di termometro per intuire dove sta andando il mercato internazionale del pedale, quali sono le tendenze emergenti, quali gli scenari emergenti e quali quelli che stanno invece retrocedendo. Andia-
mo dunque a raccontarvi come è andata non prima di aver fatto una premessa importante: in questo articolo parleremo principalmente di mondo “strada” e non di off-road, essenzialmente perché il primo è il settore che più direttamente interessa e riguarda chi scrive, che da anni recensisce, testa e descrive biciclette e accessori legati al mondo del bitume. Precisato questo, però, a livello generale, è impensabile omettere l’evidenza più netta emersa all’ultimo Eurobike: la presenza sempre più importante di e-mountain-bike, cioè di mtb a pedalata assistita. E-MTB: è boom Se quello delle pedelec, cioè delle bici a pedalata assistita elettricamente, è il
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E-MTB, è boom al salone di Eurobike
La E-MTB è percepita come un mezzo moderno e
A cura di Maurizio Coccia
Archiviata l’edizione numero 26 di un salone nato come evento nazionale dedicato alla mtb, cresciuto a dismisura nel corso del tempo e che oggi comincia a domandarsi sulla sua ragione di esistere, prima di tutto proponendo un cambiamento di data dal 2018. Basterà a salvare un formato un po’ vecchio? Chissà. segmento in maggiore crescita all’interno del mercato globale della bicicletta, il primo responsabile di questo incremento sono i modelli destinati al fuoristrada, le e-mountain bike. A Eurobike 2017 le prove tangibili di tutto questo sono state due: da una parte la gran quantità di emtb che campeggiavano nei vari stand, dall’altra la grande visibilità e l’importanza che i rispettivi produttori danno oggi a tali modelli, ormai considerati prioritari rispetto alle mtb di tipo tradizionale. La mountain-bike è in effetti la tipologia di bici che meglio accoglie i vantaggi della pedalata assistita: bici di questo genere superano in modo brillante l’ostacolo che irrimediabilmente allontana chi è a corto
COOL
di allenamento dalle ripide strade di montagna o dagli irti single-track. Questo non significa affatto che le e-mtb siano destinate ai principianti o a chi ha problemi fisici: tutt’altro, quel che si respirava girando per gli stand del salone tedesco è che la e-mtb è percepita come un mezzo giovane e “cool”, destinato no solo a chi è poco allenato ma anche agli evoluti che vogliono divertirsi più in discesa piuttosto che faticare in salita. Lo stesso trend non si registra affatto se parliamo di mondo “strada”, nel senso che gli esemplari di e-road bike continuano a contarsi quasi sulle dita di una mano. “Quasi”, sì, perché rispetto alla quasi totale assenza di e-road bike che potevamo rilevare lo scorso anno, in fiera abbiamo invece avuto modo di vedere dei modelli di e-road bike della Bianchi (la Impulso) e della Fantic (la egravel), che a dire il vero sono più che altro delle e-gravel bike e non delle e-road bike. Tant’è: tra i due mondi, cioè quello delle e-mountain bike e delle (poche) e-road bike, esistono tutte le altre numerosissime tipologie di bicicletta oggi declinate in modo “elettrico”: prima di tutto le e-city bike o e-urban bike che dir si voglia, poi i modelli da cicloturismo, le cargo bike e le bici cruiser. Uniche ancora assenti in questo senso (e abbiamo dubbi che la lacuna sarà colmata… ) sono le bici da bambino
e le bmx. Questo per dire che quello delle e-bike è un mondo ormai affermato, consolidato e maturo, che ha definitivamente superato la percezione iniziale che voleva bici di questo tipo destinate agli ultracinquantenni. No, le e-bike è bici giovane e di tendenza, è bici che, per riprendere le parole di Claus Fleisher, direttore della Bosh e-Bike System,: «nel giro di dieci anni di sicuro supererà nei numeri di vendita le biciclette tradizionali». Staremo a vedere: quel che è certo ad oggi, per quel che riguarda il livello europeo, è che la vendita complessiva di biciclette ha registrato un calo del 2.2 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, mentre nello stesso periodo il trend delle e-bike ha segnato un “+12 per cento”, passando da 540000 a 68000 unità. In Italia? In Italia il trend “elettrico è ancor più lusinghiero, con un “+120 per cento” nel confronto tra le vendite 2016 rispetto a quelle del 2015 (dati Ancma). Si tratta di numeri da tenere in grossa considerazione. Bici da corsa, fine della segmentazione Bici da granfondo, bici aero e in certi casi bici da salita: sono definizioni largamente in uso nella suddivisione merceologica che i costruttori hanno utilizzato per progettare e soprattutto per presentare al pubblico i loro modelli nel corso degli ultimi anni. Si
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BMC Team Machine SLR01, la polivalenza secondo BMC
tratta di una classificazione, o se preferite di una “segmentazione”, che ha riguardato soprattutto i modelli di altissima gamma e che ha portato molti marchi a realizzare telai dove il requisito tecnico prioritario privilegiasse ora il comfort – appunto con le bici da granfondo – ora l’aerodinamica – con le aero bike – e ora la leggerezza- con le bici da salita. Prodotti del genere esprimono il loro specifico “pedigree” non solo nelle forme, nelle caratteristiche e nella struttura del telaio, ma anche nel tipo di componenti montati. Negli intenti dei costruttori una strategia di questo tipo punta a moltiplicare, specializzandola, l’offerta nell’ambito della fascia di altissima gamma, con l’evidente obiettivo di incrementare il fatturato globale. Nella realtà dei fatti questa logica non sempre ha pagato, perché obbliga il pubblico a scegliere tra modelli che brillano per determinate caratteristiche tecniche a scapito di altre, dimenticando che l’aspetto prevalente che un praticante si aspetta da una bicicletta da corsa è il suo adattarsi facilmente ai mille contesti e alle mille situazioni di percorrenza cui un’uscita in bici normalmente espone. È esattamente per questo che molti costruttori hanno iniziato a fare dietrofront: molti tra i nuovi telai visti in fiera fanno della polivalenza e non più
della specializzazione il loro punto di forza, si fanno largo bici versatili, capaci di adattarsi a tutti i terreni, a tutti i tipi di corsa e a tutte le competizioni. Rispecchiano esattamente questa logica la nuovissima Scott Foil Disc, la Colnago V2-R, la Bmc Team Machine Slr01 e la Specialized Tarmac, solo per citare i modelli di vertice di alcuni dei grandi marchi del panorama internazionale. Quanto appena detto non significa affatto che siano del tutto scomparsi modelli di bici più votati per questo o per quel terreno, più adatti per questa o per l’altra tipologia di gara, ma semplicemente che l’offerta di altissima gamma è ritornata ad essere più generalista di quanto visto nelle ultime due to tre stagioni. Freni a disco, in crescita nonostante tutto Lungi da noi dal volerci sbilanciare sul “se” e sul “quando” saranno introdotti nelle corse Pro Tour. Chi lo ha fatto, negli ultimi tre anni, è stato spesso smentito, o quanto meno la decisione è stata rimandata a data da destinarsi. Forse lo avrete capito, ci riferiamo ai freni a disco e alla annosa querelle che oppone fautori e detrattori del loro impiego nelle gare professionistiche Uci. Cosa c’entra questo discorso con
quanto visto al salone di Eurobike? C’entra eccome, perché mai come nel caso del mondo professionistico stradistico le scelte fatte dai corridori influenzano le scelte che poi i consumatori fanno in negozio. Il motivo per cui il mercato delle bici da corsa con freno a disco ha stentato a decollare come qualcuno voleva e prediceva da tempo è principalmente questo, ed è lo stesso che creato non pochi problemi all’altro grande attore in grado di influen-
Garmin Edge 1030, riconosce i percorsi più popolari
stesso che creato non pochi problemi all’altro grande attore in grado di influenzare le scelte del pubblico, cioè il mondo dei costruttori. La reticenza generalizzata che i corridori hanno verso il “disco” ha obbligato tante aziende della telaistica (e anche altre della componentistica) a tenere in stand-by progetti e prodotti “disc” già pronti da tempo. La fiera di Eurobike ci ha in realtà dimostrato che il vento in questo senso sta cambiando: nonostante i tentennamenti dei pro le aziende hanno ulterior-
mente potenziato e sviluppato tutti i loro progetti “disc”, assegnando a questa opzione una importanza e una dignità maggiori rispetto a quelle che fin a ieri aveva l’opzione rim-brake, cioè del freno tradizionale, sulle bici da corsa. Diremo di più: le bici più nuove provviste di freno a disco sono bici aero, a riprova che è stato definitivamente superato quel malinteso che voleva il freno a disco come meno aerodinamico del rim-brake: questa soluzione frenante è ad esempio oggi applicata come prima
Zipp, a ogni ruota la sua gomma per essere più aero
Ruote: profili altissimi, larghezza oversize. E i tubeless? Parlando del segmento “ruote”, e in particolare di ruote di altissima gamma, l’offerta di mercato che si profila nel 2018 testimonia un redivivo impulso del segmento delle altissimo profilo in carbonio. Ruote del genere erano infatti già comparse sul mercato tre o quattro stagioni fa, ma nel corso degli ultimi anni erano state un po’ relegate in secondo piano dai vari produttori di settore. Sicuramente a ridare spinta a questo segmento sono stati da una parte i progressi applicati nel settore del carbonio (sì, perché ovviamente parliamo di cerchi solo e soltanto in fibra), dall’altra la richiesta di ruote sempre più veloci e filanti da parte dei corridori. Sta di fatto che la nuova generazione di ruote ad altissimo profilo si differenzia per due motivi rispetto ai medesimi modelli, ma appartenenti alla vecchia generazione: la prima è l’adozione di una larghezza della gola sempre maggiore (26 millimetri di larghezza ormai sono la regola, non più l’eccezione) , in sintonia con quel sovradimensionamento in larghezza che ormai caratterizza tutti i cerchi in carbonio di altissima gamma; la seconda è la disponibilità di questa tipologia di ruote anche in versione per freno a disco, appunto a conferma di quel che poco sopra si diceva a
opzione su molte bici da velocità di nuova produzione, come ad esempio la Giant Propel Disc presentata giusto qualche tempo prima del salone di Eurobike. Concludiamo il paragrafo dedicato ai dischi dicendo che, salvo qualche eccezione (ad esempio quella di una cover aerodinamica utilizzata sulle bici da triathlon della Parlee) non abbiamo visto ad Eurobike traccia alcuna di carter protettivi per i rotori del disco. Forse è il segno che quella che i rotori tagliano la pelle in caso di caduta è una “bufala”?...
Vision, la Metron 81 diventa disc
proposito dello sviluppo di questo standard frenante. In merito alla larghezza oversize, c’è addirittura chi, come Zipp, ha stilato una lista di sezioni di pneumatici più indicati, che a livello aerodinamico si adattano alle varie tipologie e larghezze di cerchi presenti nelle rinnovate famiglie Firecrest e Nsw. Per liquidare il capitolo “ruote” una menzione la facciamo infine all’argomento “tubeless per bici da corsa”, sì, proprio quello, quello di cui si parla da quindici anni ma che nella realtà dei fatti non è mai decollato veramente. Eurobike 2017, ma in genere alcune novità che sono state lanciate anche prima della fiera tedesca, hanno rimesso sul banco in modo serio ed importante questo standard, quello che è a metà strada tra copertoncino e tubolare per quel che riguarda gli aspetti prestazionali (meglio del copertoncino, peggio del tubolare), ma che rispetto al tubolare ha innegabili vantaggi di tipo pratico ed economico. Quel che serve, dunque, è solo la spinta e l’investimento della grande industria affinché questo standard sia diffuso in modo massivo e non rimanga una nicchia come invece è adesso. Segnali importanti in questo senso sono arrivati da Mavic, che utilizzando lo standard proprietario Ust Tubeless due mesi ha lanciato fa una linea di ben 15 ruote stradistiche tubeless, ma anche da Fsa e ancora da Zipp.
RUOTE: la larghezza della GOLA
sempre
maggiore
Gravel-biking, gradita conferma Se la moda delle fat-bike (cioè delle bici destinate a neve e sabbia, quelle che qualche anno fa guadagnarono uno spazio di mercato esagerato rispetto alle loro effettive potenzialità) è completamente esaurita e sorpassata, non altrettanto si può dire delle gravel-bike, cioè delle bici a cavallo tra bici da corsa e
EUROBIKE 2018
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si cambia data per risollevare un formato in crisi
Basso Diamante SV, il reggisella assorbe le vibrazioni mountain-bike, che ha conosciuto il boom in corrispondenza con la Eurobike 2016 e che anche nella fiera appena conclusa ha dato segni di ottima vitalità. Quella del gravel-biking è infatti una disciplina concreta e vera, che, per carità, può avere in sé anche degli elementi di tendenza e “cool”, ma che ha una concreta ragione di essere e di esistere, seppur nei limiti di nicchia del mercato globale della bicicletta. Nonostante sia più simile a una bici da corsa che a una mtb, la “gravel” è bici con una matrice culturale più legata al fuoristrada ed è probabilmente per questo che in Italia, nazione dove lo zoccolo duro dei praticanti è fatta da stradisti, fatica ancora un po’ a decollare. L’altro limite è legato alla carenza di manifestazioni del genere che vengono organizzate entro i nostri confini, manifestazioni che di sicuro rappresentano il vettore e il collettore privilegiato attraverso cui una nuova disciplina si sviluppa e conquista nuovi adepti. Quel che è certo è che a Eurobike 2017 abbiamo visto una buona continuità di investimenti da parte delle aziende che credono in questo genere e anche da parte di quelle che nel 2016 per la prima si erano timidamente affacciate al mondo “gravel”. Una spinta e uno sviluppo ancora maggiori rispetto a quelle viste la scorsa stagione lo ha ricevuto invece il settore merceologico del bike-packing, cioè di tutta quella accessoristica come borse e sacche da viaggio che vanno fissate alla propria gravelbike per effettuare in sicurezza e in modo pratico i lunghi raid o le ultra maratone, cioè i campi di utilizzo migliori di questo tipo di bici. A chi non lo sapesse lo ricordiamo: a differenza delle vecchie borse da viaggio che si applicavano ai lati delle ruote, il bike-packing
Al momento di “chiudere” il giornale ancora non sono stati resi noti i numeri di visitatori della Eurobike 2017. Ma una cosa è certa, gli stand iperaffollati cui eravamo abituati qualche anno fa sono solo un lontano ricordo e di code da fare quest’anno si deve parlare solo per quel che riguarda il traffico visto sulle strade che conducono alla fiera. Salvo il caso di partire ben prima dell’alba, infatti, per un addetto ai lavori è impossibile risparmiarsi almeno un’ora e mezzo di viaggio prima di entrare in salone. Questo vale almeno per quelli, e sono la stragrande maggioranza, che raggiungono la fiera in auto provenendo da alberghi che in quella zona della Germania non si trovano certo con facilità, e che costringono il visitatore ad allontanarsi da a Friedrichshafen. La questione ripropone di anno in anno il problema di una fiera nata piccola (nel 1991 fu lanciata quasi come fiera regionale dedicata al mountain-bike), che negli anni è cresciuta a dismisura, ma che è posizionata in una zona che, per quel che riguarda la ricettività alberghiera, è del tutto sottodimensionata rispetto al numero dei visitatori. Come abbiamo già detto nel 2018 la fiera ciclistica tedesca anticiperà la sua data di quasi due mesi, passando da fine agosto
a inizio luglio, sperando in questo modo di riconquistare tutti quei grandi costruttori che negli ultimi anni non sono andati ad Eurobike, e di farlo offrendo loro la possibilità di esporre in un periodo dell’anno senza dubbio più giusto per presentare le novità. Solo per fare qualche nome, nella lista di costruttori assenti quest’anno ad Eurobike c’erano colossi come Trek, Cannondale, Giant, Specialized e Pinarello; mancavano inoltre Focus, BH, Rose e Orbea. Come dire, oltre la metà del panorama globale dei costruttori non c’era. Da qualche anno a questa parte, infatti, la strategia dei grandi marchi è sostituire la partecipazione alle grandi fiere con degli eventi dedicati, di circa una settimana, eventi in cui l’azienda “coccola” i suoi dealer e magari anche la stampa e che alla fine dei conti hanno un costo complessivo uguale o inferiore a quello di una grande fiera. Si pensi che per un’azienda l’allestimento, il noleggio e la gestione di uno stand di grandi dimensioni ad Eurobike ha un costo che può arrivare fino al mezzo milione di euro. Anche quest’ultimo aspetto fa sorgere più di qualche dubbio sul fatto che l’anticipo di data possa ridar vita ad una fiera che oggettivamente è in sofferenza. Se poi a questo aggiungiamo che nel mese di luglio quella zona della Germania è piena di tedeschi che se ne vanno in vacanza sulle sponde del Lago di Costanza, beh, la prospettiva che di delinea per il 2018 non è certo delle migliori… Staremo a vedere il prossimo anno se avevamo ragione.
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Wilier Triestina 110NDR, il carro ammortizza come su una soft-tail
Fsa, ecco le guarniture supercompact, c'è il 48/32 è tutta quella serie di accessoristica che si può fissare alla bicicletta senza che questo implichi una limitazione nella libertà della pedalata, in particolare nel gesto del fuorisella. È un dettaglio che può sembrare di poco conto, ma che se vi cimenterete in un lungo viaggio vi accorgerete che non lo è. E appunto Eurobike 2017 ce lo ha ricordato. Trasmissioni: elettromeccanica e versatilità. Concludiamo con il capitolo “trasmissioni”, che ormai da anni fanno notizia principalmente nelle loro declinazioni elettromeccaniche (ma attenzione, sul mercato c’è anche la proposta idraulica del Rotor Uno che ha ottime possibilità di sviluppo). In questo senso uno spazio obbligato va riservato a Fsa e Shimano: al salone di Eurobike l’azienda nipponica ha assegnato al nuovo gruppo
Fsa K-Force We Disc, reparto wireless per freni a disco
Ultegra di classe R8000 il massimo della visibilità e la maggiore attenzione possibile. Del secondo “reparto” della collezione (è subito dietro al vertice rappresentato dal Dura-Ace) il messaggio che vuole far passare il produttore è non solo incentrato sulla grande interfacciabilità e sulle funzioni Syncro che la versione Di2 ha ereditato dall’omonimo Dura-Ace Di2, ma più che altro sulla grande versatilità connessa ad una trasmissione che prevede anche rapportature demoltiplicate (fino a 32 o addirittura 34). Finalmente con l’Ultegra R8000 anche per Shimano non sono più un taboo mondi che agli occhi di qualcuno le erano ancora preclusi, primo tra tutti quello del gravel-biking. Tutto questo accade con l’affidabilità, l’efficienza e la durevolezza nel tempo che contraddistinguono storicamente i prodotti siglati “Shimano”. Fsa? Nonostante qualche ritardo legato alla
produzione, l’azienda italo/taiwanese prosegue sulla via della trasmissione elettromeccanica wireless intrapresa lo scorso anno con il K-Force WE: il passo avanti per il 2018 riguarda l’introduzione della versione “disco” di questo reparto in parte a gestione elettronica, in parte wireless: oggettivamente molto belle a vedersi, le pinze sono state sviluppate in collaborazione con Formula, i rotori disponibili hanno un’anima in alluminio e una pista frenante in acciaio, mentre i comandi sono stati progettati per assicurare la stessa ergonomia e le stesse operatività del K-Force WE per freni tradizionali. Oltre a quella Disc, Fsa ha introdotto anche la variante da cronometro di questo reparto che nel 2018 dovrebbe essere utilizzato dai team pro equipaggiati da Fsa, sperando però che non ci siano ritardi nella produzione come invece è accaduto nel 2017.
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3EPIC MTB
SAMULE PORRO BRIVIDI PRE-MONDIALI
Samuele Porro vincitore della 3Epic - Photo by A. Billiani
L'
atleta azzurro Samuele Porro (Team Trek Selle San Marco) si è aggiudicato la 3Epic, preludio della rassegna iridata in programma nel 2018. Il biker comasco ha conquistato con tenacia un'emozionante vittoria, superando i rivali ma soprattutto le difficoltà di un tracciato duro e selettivo, funestato dal maltempo dei giorni precedenti, ma accompagnato dal sole che ha fatto capolino per l’intera durata della gara riscaldando gli animi degli oltre 1600 bikers al via. La prova, inserita nell’U.C.I. Mountain Bike Marathon Series, è stata combattuta ed incerta fino alla fine ed il tracciato
della 3Epic - così come la sapiente macchina organizzativa curata dagli uomini del Team Pedali di Marca - non ha certo deluso le aspettative. Tante le emozioni e i colpi di scena lungo i 95,8 km che, con oltre 3183 metri di dislivello, si snodavano tra gli incantati scenari delle Dolomiti che circondano Auronzo di Cadore e Misurina. Ad accendere la corsa ci pensa subito il colombiano Paez che anticipa gli avversari sfruttando le prime ascese. Allo scollinamento di Col de Varda, dopo due ore di gara, si toglie di ruota anche la scomoda compagnia del campione europeo Tiago Ferreira, spiccando il volo in solitaria.
Ai 45km di gara, all’inseguimento di Paez, si forma una coppia composta da Samuele Porro e dall’austriaco Hochnwarter che a Malga Rimbianco transita con 1’ di ritardo. Dopo tre ore, al transito di Malga Maraia, Paez inizia a dare segni di cedimento e da dietro gli inseguitori si fanno sempre più vicini e minacciosi. Un inseguimento che vede l’epilogo prima degli ultimi 25 km, quando prima di affrontare le ultime tre rampe, al comando si forma un terzetto. Porro è il più attivo, coglie l’attimo e sorprende tutti sferrando l’attacco decisivo, guadagnando metri e secondi preziosi, mentre Paez accusa il colpo e viene risucchiato nelle retrovie.
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A cura della Redazione
Il due volte tricolore si aggiudica di forza una terza edizione baciata dal sole. Gara strepitosa per l’austriaco Hochnewarter che precede sul podio il ceco Hynek. La campionessa europea Kollmann vince tra le donne davanti alla svizzera Lüthi e alla campionessa italiana Nisi
Il finale è da cardiopalma con l’azzurro che sfrutta i tratti tecnici e veloci delle ultime discese, terreno a lui più congeniale, per scongiurare un ritorno dell’austriaco Hochnwarter, rischiando l’impossibile, regalando suspense ed emozioni al pubblico assiepato lungo il rettilineo d’arrivo. Arrivo solitario, a braccia alzate e con un filo di emozione, per Samuele Porro che taglia il traguardo fermando il cronometro sul tempo di 4h 37’ e 30” precedendo di 28” un entusiasta Hochnwarter, mentre devono trascorrere oltre 4’ per scoprire l’inatteso terzo posto di Kristian Hynek autore di una strepitosa rimonta nelle battute finali: "E' stata una gara da paura - ha detto 'a caldo' Samuele Porro -. Ab-
La vincitrice 3Epic Women, Christina Kollmann
biamo praticamente corso assieme io e Uwe dandoci cambi regolari e senza mai mollare su Paez che si era avvantaggiato nelle fasi iniziali. Sul finale siamo riusciti a rientrare sulla testa, Leo era in difficoltà quindi io ho preso coraggio e ci ho provato, prima in salita poi in discesa, scendendo come se non ci fosse un domani. Sono contentissimo, direi un bel test in vista del mondiale 2018". Molto soddisfatto Uwe Hochnwarter che parlando di "gara della vita". ammette di aver centrato "un risultato che non mi aspettavo su un tracciato bellissimo dopo una gara entusiasmante. In discesa - ha concluso l'austriaco - mi sono divertito tantissimo e con Samuele è stato pazzesco, abbiamo inseguito Paez di comune accordo, poi ce la siamo giocata. Sono molto felice per questo secondo posto". Raggiante anche il terzo uomo da podio,Kristian Hynek: "E' un risultato inatteso. Fino alla settimana scorsa non stavo bene e, fin dalle prime battute di gara, ho faticato molto. Mentre scorrevano i chilometri mi sentivo sempre meglio, quindi ci ho creduto, e alla fine ho recuperato molte posizioni". Al femminile è la neo campionessa europea Christina Kollmann (Team Texpa Simplon) a regalare l’ennesima sorpresa
ed emozione di giornata, aggiudicandosi la vittoria dopo una partenza lenta e prudente. La Kollmann chiude la sua prova con il tempo di 5h 34’ e 39” precedendo di oltre 4’ la svizzera Lüthi e di ben 19’ una soddisfatta Maria Cristina Nisi, protagonista ed attaccante nelle prime fasi di gara capace nel finale di recuperare le posizioni perse nei tratti tecnici in discesa. ORDINE D’ARRIVO 3EPIC U.C.I. MOUNTAIN BIKE MARATHON SERIES MEN ÈLITE: 1. Samuele Porro Team Trek Selle San Marco 04:37:30 2. Uwe Hochnwarter Craft Rocky Mountain +00:28 3. Kristian Hynek Topeak Ergon +03:11 ORDINE D’ARRIVO 3EPIC U.C.I. MOUNTAIN BIKE MARATHON SERIES WOMEN ÈLITE: 1. Christina Kollmann Team Texpa Simplon 05:34:39 2. Ariane Lüthi Team Spur +04:41 3. Maria Cristina Nisi Bike Innovation Focus Pissei +19:03
DOMANDE A... A cura di Mario Pugliese
ROSARIO RANNISI Rosario Rannisi, nelle biografie di wikipedia, viene ricordato come ex "inquilino" della Casa del Grande Fratello 6 e come vincitore di un'edizione del reality "La Fattoria". Dieci anni dopo quell'esperienza, Rosario è diventato un cantautore di successo, uno dei più promettenti "one man show" del mondo dello spettacolo italiano.
Rosario, se dico bicicletta cosa ti viene in mente? Penso alla libertà di una passeggiata nella natura, al privilegio di scoprire luoghi e scorci panoramici che, con l'automobile, di solito, non raggiungi mai. Ricordi dell'infanzia? Purtroppo brutti. Come quelli della mia prima, amatissima bicicletta Bianchi che, una mattina, non trovai più sotto casa. Come ti sei ripreso? Smisi di piangere solo quando mio padre si presentò a casa con una Bmx Atala. Desenzano, dove vivi, è una località bike-friendly? Direi proprio di sì. Pedalare a bordo lago, del resto, è un lusso non da tutti. Però tu sei nato a Catania… Dove andare in bicicletta era un po' più complicato per via di quelle strade che, in un modo o nell'altro, pianeggianti non sono mai.
Il campione del ciclismo che più ti ha appassionato? Pantani. Se non ci avessero già pensato in troppi, gli dedicherei volentieri una canzone. L'idolo dell'infanzia? Avevo 5 o 6 anni e rimasi folgorato in tv davanti a Francesco Moser sulla bici 'lunare' utilizzata per il record dell'ora… Pratichi ciclismo? Appena posso salgo sui pedali, anche se il mio sport prediletto resta il tennis. Chi vincerà il prossimo mondiale di Bergen in Norvegia? Punto su Elia Viviani Un ciclista ideale per un reality? Dico due nomi: Filippo Pozzato e Mario Cipollini.
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DIMENSION
LA NUOVA SELLA DI PROLOGO
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he le gommature stradali di tipo Tubeless si pongano al vertice della corrente tecnologia del “copertoncino” non è mistero per nessuno. Tale tecnologia, seppure con vari contrattempi, rappresenta di fatto la prossima generazione di pneumatici per biciclette. I vantaggi che offre sono molteplici: ottima resistenza al rotolamento (grazie all’assenza di una camera interna e i suoi inevitabili attriti con il copertone) ed una probabilità più bassa di foratura (soprattutto per pizzicamento). Il nome DIMENSION racchiude l’impor-
tanza del progetto stesso: creare un prodotto innovativo per design, dimensioni comfort e prestazioni. Comfort, Performance, leggerezza e prevenzione dei problemi della regione pelvica sono i suoi punti di forza. La sella ha un naso corto (3/3,5 cm più corto rispetto alle selle tradizionali) per eliminare qualsiasi tipo di contatto e pressione nella zona frontale, specialmente nella fase di massima spinta. Il design e le dimensioni sono completamente nuove e rivoluzionarie (più corta e larga di una sella tradizionale):
245X143mm con un peso di 149gr nella versione nack. Sella ergonomica, leggera e anti-prostata adatta a clienti super esigenti che ricercano il massimo. Larghezza aumentata a 143mm aiuta a distribuite il peso dell’atleta su una superficie più ampia, assicurando un maggior comfort per lungo tempo. Il canale PAS che corre lungo la sella, riduce il contatto e la compressione dei tessuti molli e dei tendini, eliminando così intorpidimento e prevenendo l’insorgere di patologie legate alla prostata.
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SHIMANO S-PHYRE RC9 Foto 1 - Con scarpe Shimano corrono oggi molti ciclisti dei team del World Tour
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onsensi diffusi presso i corridori il colosso Shimano li ha acquisiti non solo all’interno di quello che è il suo core-business costituito dai componenti per la trasmissione, ma anche in un altro segmento importantissimo della “filiera” ciclistica, le scarpe. Con scarpe Shimano, fateci caso, corrono oggi molti corridori dei team del World Tour (FOTO 1). È il segnale evidente, questo, che il livello qualitativo raggiunto da questi prodotti è elevato. Proprio dalla scorsa estate i professionisti che calzano “Shimano” hanno iniziato ad usare il nuovo modello di vertice della collezione, lo stesso che è stato poi ufficializzato nelle fiere dello scorso autunno e che noi abbiamo avuto modo di provare. Il modello in questione si chiama S-Phyre RC9 (FOTO 2), rimpiazza al vertice le precedenti R321 (che escono definitivamente di gamma) e che rappresenta l’articolo più rappresentativo e più carico di contenuti tecnici della nuova linea prodotto chiamata appunto S-Phyre, nella quale trovano spazio anche
altri capi di abbigliamento, e in particolare maglia, pantaloni e calzini estivi. Struttura compatta ed integrata Le S-Phyre RC9 sono inquadrabili in quella categoria di scarpe ciclistiche che è assai frequente ai nostri giorni, dove la struttura della tomaia è costruita in pezzo unico, senza cuciture (FOTO 3); scarpe di questo tipo si distinguono subito per un design elegante, ma più che altro garantiscono maggiore uniformità alla calzata, evitano qualsiasi possibilità di sormonti interni di materiale (potenzialmente fastidiosi per la pelle), aumentano il coefficiente aerodinamico e non da ultimo riducono il peso della calzatura nel suo complesso. Ma alla base della leggerezza estrema delle SPhyre RC9 c’è anche e soprattutto altro: la suola è ovviamente in carbonio (FOTO 4), ed è accoppiata alla tomaia con un procedimento particolare, che ha permesso di eliminare il sottopiede interno sul quale solitamente si cuce la tomaia. In questo caso, infatti, la tomaia è unita struttural-
mente alla suola attraverso un supporto perimetrale che garantisce una coesione stabile, duratura e precisa tra le due parti. Il risultato sulla bilancia parla chiaro: 528 grammi per il paio in taglia 44 che abbiamo testato. Non finisce qui, perché l’accoppiamento particolare tra tomaia e suola delle S-Phyre RC9 consente anche di ottenere una scarpa che ha un profilo più basso nella zona sottostante i malleoli (FOTO 5), a tutto benefico della migliore libertà possibile della articolazione del piede. Tornando alle caratteristiche della tomaia, questa è costruita con la microfibra sintetica Teijin Avail, molto leggera e anche molto sottile, tanto da asciugarsi anche molto velocemente se si prende l’acqua. La tomaia è inoltre microforata praticamente lungo tutta la porzione anteriore, ovviamente con finalità di maggiore ventilazione. Misure, compatibilità, prezzo Le S-Phyre RC9 sono in vendita a 350 euro. Sono proposte in una gamma misure che
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A cura di Maurizio Coccia
Focus sulla nuova scarpa che Shimano dedica alle competizioni professionali. In poco più di 500 grammi al paio condensa tecnologia all’avanguardia: la tomaia in pezzo unico è saldata alla suola con un procedimento particolare. La calzata è affusolata e aderente, ma si adatta facilmente a qualsiasi anatomia del piede
CONTATTI: Shimano Italy Bicycle Components tel. 0331/936911 www.shimano-italy.com
Foto 2 - Il modell S-Phyre RC9
Foto 3 - Design elegante garanendo maggiore uniformità alla calzata
va dalla 36 alla 48, con mezze misure dalla 37 alla 47. È inoltre prevista anche la versione destinata ad utilizzatori con pianta del piede largo, e in questo caso le misure vanno dalla 40 alla 48. La compatibilità è con tacchette pedali con fissaggio a tre fori e a tal proposito bisogna aggiungere che, diversamente dalle precedenti scarpe Shimano, in questo caso la disposizione delle asole in cui sono alloggiate le viti di fissaggio consente una regolazione delle tacchette aumentata di 11 millimetri in avanzamento e in arretramento (FOTO 6). Colori disponibili? Oltre al nero le SPhyre RC9 sono proposte nelle varianti blu, giallo fluo e bianco. Foto 4 - Suola in carbonio
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Foto 5 - Miglior libertà possibile della articolazione del piede
Foto 7 - Strutturata per le esigenze del piede tipicamente “magro” e affusolato
IN PROVA
Pedalare con un paio di scarpe da 528 grammi al paio, soprattutto se fino al girono prima eri abituato a calzare un modello da circa un etto in più, equivale letteralmente a mettere le “ali” ai piedi. Questa l’impressione immediata che ho ricevuto ai primi colpi di pedale don le S-Phyre RC9. La calzata (FOTO 7) è strutturata per le esigenze del piede tipicamente “magro” e affusolato tipico dei corridori (accade loro questo perché, trascorrendo molte ore della giornata a pedalare, il piede tende progressivamente a modificare la sua anatomia) e devo effettivamente riconoscere che il contenimento delle estremità è abbastanza preciso e privo di punti laschi, ma già dopo qualche uscita la tomaia tende presto a plasmarsi sulla pianta del piede e questo accade anche se hai un piede non perfettamente magro come succede a chi in bici corre per professione. Il merito di tutto questo è sia della qualità del materiale che realizza la tomaia, ma soprattutto del fatto che quest’ultima è realizzata in pezzo unico. Capitolo “distanza sulla pedale”: siamo davvero a livelli minimi, anche oltre molte scarpe di altissima gamma che ci è capitato di provare nel recente passato. La trasmissione di potenza ci guadagna, così
Foto 6 - Regolazione delle tacchette aumentata di 11 millimetri
Foto 8 -Pomello Boa posto sul collo fissato su fibbia alta 4 centimetri
come a ringraziare è anche la performance in discesa, visto che una suola così sottile ti obbliga ad abbassare un “pelo” la sella, a tutto vantaggio della guidabilità in discesa. Inoltre, nonostante sia sottilissima, la suola non lascia percepire alcuna perdita di rigidità, e questo sia sul piano longitudinale, ma quel che è più significativo sia sul piano laterale, ad esempio quando al scarpa è soggetta al a tipica tendenza alla torsione di quando si scatta in fuorisella. Soletta interna: le S-Phyre RC9 sono fornite di un plantare preformato con caratteristiche di spiccata ergonomia, che poi è ulteriormente personalizzabile con dei supporti metatarsali removibili, disponibili di serie in due diverse altezze, media oppure alta, da utilizzare a seconda delle personali esigenze. Per quel che mi riguarda posso dire che inserendo i supporti metatarsali “alti”, la sensazione di tenuta e di contenimento del piede è stata ancora maggiore. Qualche nota sul sistema di chiusura: pochi dubbi sulla affidabilità e sulla funzionalità del sistema micrometrico di parte terza qui impiegato (il famoso Boa, con il modello IP), ma quel che conta ed è importante dire è come questi sistemi di allaccio e rilascio automatico vengono di volta impiegati dai vari produttori che se ne servono: nel caso delle S-Phyre RC9 i pomelli Boa
sono due, tra di loro disegnano una linea che non è parallela al collo del piede ma trasversale, secondo un principio per cui in questo modo si ottiene la migliore distribuzione della pressione possibile sul collo del piede, anche a gradi elevati del livello di ritenzione. Inoltre, se il Boa posizionato in punta distribuisce la sua tensione su una cinghia di allaccio posta internamente rispetto ad essa, per il Boa posto sul collo del piede la collocazione del laccio è opposta, cioè esterna ad esso. Si tratta quindi di una architettura asimmetrica del sistema di chiusura, che è senza dubbio un ulteriore segreto della validità dell’allaccio. Aggiungiamo infine che il pomello Boa posto sul collo è fissato su di una fibbia alta quasi 4 centimetri (FOTO 8), che garantisce una pressione uniforme sulla pelle. La nostra considerazione finale va al prezzo: 350 euro sono una cifra importante per un paio di scarpe da bici, ma si tratta di un dato allineato a calzature omologhe di altri importanti marchi del settore. Ribadiamo poi che il livello prestazionale di queste S-Phyre RC9 è davvero elevato e, lo ripetiamo, è suggellato da un peso complessivo da record se si considera che stiamo parlando di una scarpa provvista di chiusura micrometrica multipla, la cui presenza non può che incidere sul peso finale della calzatura.
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Ekoi Perso Evo con colorazione Quick-Step Floors
EKOI PERSO EVO E GUERRA A cura di Maurizio Coccia
Del marchio che quest’anno sponsorizza la Quick-Step Floors vi presentiamo il Perso Evo, usato dal team di Boonen e Kwiatkowski, con lente extralarge, estrema leggerezza e look aggressivo. Diamo spazio anche al modello Guerra, con design più compatto.
A
zienda dell’abbigliamento, dei caschi e degli accessori, Ekoi ha in catalogo anche una linea di occhiali di tutto rispetto, come conferma il fatto che gli articoli di questo marchio francese sono quest’anno utilizzati dal team professionistico Quick-Step Floors di Tom Boonen e Michał Kwiatkowski. Non solo: con occhiali Ekoi corrono anche numerosi atleti singoli, corridori che hanno scelto di vestirli deliberatamente, cioè senza alcun vincolo di sponsorizzazione con il marchio. Il più famoso di questi è senza dubbio il nostro Fabio Aru, che da più stagioni im-
piega occhiali Ekoi. In particolare i modelli di cui ci occupiamo in questa presentazione sono i Guerra e i Perso Evo. Iniziamo da questi ultimi, che qui proponiamo esattamente nella versione grafica approntata per la Quick-Step Floors. Perso Evo, specifici per i pro Lente unica e ampia, assenza di montatura nella porzione superiore ed inferiore: queste le caratteristiche peculiari del modello Perso Evo, queste le caratteristiche tecniche che i professionisti più ricercano da un occhiale; lo sanno bene gli atleti della Quick-Step Floors, per i quali questo
occhiale è stato espressamente progettato e che effettivamente è uno tra i modelli più gettonati tra quelli messi a disposizione da Ekoi.La struttura del Perso Evo in effetti esalta la visione panoramica, visto che l’assenza di montatura nella zona perimetrale superiore ed inferiore allarga il raggio visuale e non da ultimo permette anche di contenere il peso. Sul piatto della nostra bilancia elettronica il Perso Evo ha fatto segnare solo 31 grammi. Lenti fotocromatiche La lente montata di serie sul Perso Evo sono fotocromatiche, adatta cioè il grado
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Ekoi Guerra
Il modello Guerra ha il nasello regolabile
di filtraggio della luce in base alle effettiva condizioni di esposizione luminosa di quel momento. Per la precisione la lente è fotocromatica Grigia di Classe da 1 a 2: significa che è in grado di filtrare la luminosità solare del 92 per cento. La lente ha inoltre una serie di quattro fori nella parte alta e due nella parte inferiore, che facilitano la ventilazione ed evitano la possibilità di appannamento. Ventilate sono anche le astine, grazie a una serie di tre fori posti nella parte iniziale e in quella centrale. Oltre a quelle fotocromatiche il Perso Evo è inoltre disponibile con lente Revo Blu, Revo Rossa e Revo Verde, provviste, cioè, di schermi solari differenti, per le varie condizioni di esposizione luminosa.
Il modello Perso Evo con lenti fotocromatiche
Guerra Diversamente dal Perso Evo il modello modello Guerra ha una struttura più compatta ed una montatura “classica”, che cioè delimita la lente nella porzione superiore. Anche in questo caso la montatura propone una serie di fori, sei in tutto, che svolgono il ruolo di favorire il flusso d’aria e limitare la formazione di condensa all’interno della lente. I terminali delle astine sono regolabili, esattamente come regolabile in base al volto dell’utilizzatore è il nasello, che tra l’altro è compatibile con l’inserto per l’utilizzo di lenti oftalmiche. La lente è protettiva ed avvolgente, disponibile nella versione Fume (Categoria 3, da portare in estate con luminosità normale), in quella
Revo (Categoria 3, da portare in estate con luminosità intensa) e infine fotocromatica (Categoria 1 e 2, che si adatta a qualsiasi condizione di esposizione luminosa). Il peso dell’occhiale Guerra? 36 grammi. Prezzi e colori I Perso Evo con colorazione Quick-Step Floors e con lenti fotocromatiche che abbiamo presentato sono disponibili a 100 euro. 70 euro è invece il prezzo dei Guerra, nella colorazione nera e con le lenti Fume. Aggiungiamo che, come tutti gli occhiali Ekoi, anche i modelli che abbiamo presentato sono al cento per cento personalizzabili sia nei colori sia nel tipo di lenti grazie al configuratore on-line del sito www.ekoi.fr
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IL COACH
FUNGHI MEDICINALI ELISIR DI LUNGA VITA D
agli anni ‘60-‘70 la scienza occidentale ha iniziato ad interessarsi ai funghi oltre che da un punto di vista prettamente alimentare, anche sotto un profilo curativo. I funghi infatti sono il segreto di alcune tra le popolazioni più longeve del pianeta e tutt’ora sono oggetto di numerosi studi scientifici e ricerche. Ma cosa s’intende per “funghi medicinali” e quali origini hanno? L’utilizzo dei funghi a scopo curativo è patrimonio delle millenarie medicine tradizionali, tra le quali la Medicina Tradizionale Cinese. Secondo i testi orientali, il corpo è “un tutto” indiviso ed un buon equilibrio energetico garantisce armonia e benessere psicofisico. Qualsiasi alterazione di questo equilibrio comporta un indebolimento delle capacità difensive e l’insorgere di una patologia. La cura di ogni malattia si basa quindi sul riequilibrio energetico Yin-Yang attraverso diverse tecniche terapeutiche e discipline, come dietetica, farmacopea, massaggi, bagni, esercizi terapeutici, tecniche di rilassamento e meditazione che tendono alla conservazione di uno stato di
buona salute. Nel 2000 la FDA statunitense, massima autorità nella tutela e promozione della salute pubblica, ha ufficialmente definito i funghi medicinali super-alimenti, attribuendo loro proprietà di prevenzione e sostegno per una vasta gamma di patologie, incluse quelle croniche e degenerative. Ma quante tipologie di funghi si conoscono in natura? Agaricus: il piu potente fungo modulatore del sistema immunitario Tra i funghi medicinali è quello che contiene una maggiore concentrazione di β-glucani, le sostanze più coinvolte nella stimolazione e nella regolazione del sistema immunitario e attive nel combattere gli agenti patogeni e i microrganismi dannosi per la salute. Inoltre contribuiscono a ridurre i grassi nel sangue, i livelli di colesterolo e a mantenere le arterie elastiche. L’Agaricus è ricco di fibre che ritardano l’assorbimento degli zuccheri nell’intestino e di ergosterolo (provitamina D), che ha un ruolo antivirale. Viene anche considerato un protettore del fegato. Auricaria: il fungo della circolazione Le componenti di questo fungo esercitano una serie
di azioni che favoriscono, in primis, la salute dell’apparato cardiovascolare. In primo luogo si distingue per essere un potente fluidificante del sangue e, grazie ai suoi effetti anticoagulanti, sostiene la salute di vene e capillari. Inoltre interviene sul metabolismo di grassi e zuccheri, riducendone l’assorbimento e favorendo la riduzione di colesterolo e glicemia. Coprinus: il fungo che regola la glicemia Tra i funghi medicinali è quello più attivo nel contenere i livelli di glicemia grazie alla presenza congiunta di vanadio, minerale che interviene sul metabolismo dell’insulina per ridurre il glucosio nel sangue, e di ferro, che contrasta l’azione del vanadio stesso nell’inibire l’azione di alcuni enzimi. La modulazione del metabolismo dei glucidi favorisce la riduzione del grasso addominale. Cordyceps: il fungo dell’efficienza psicofisica In natura cresce a grandi altezze, dove l’aria è più rarefatta e sviluppa strategie specifiche per ottimizzare il consumo di ossigeno e produrre energia cellulare: per questo ha un ruolo così importante nell’imprimere tono ed energia. Il
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Anti-ossidanti, curativi, energetici e preziosi alleati del sistema immunitario: alla scoperta della micoterapia
Chi è Iader Fabbri E’ consulente nutrizionale di tutte le Nazionali italiane di ciclismo e commentatore tecnico, in ambito nutrizionale, per la testata giornalistica Rai Sport, per la quale – nell’ultimo Giro d’Italia – ha curato e condotto una striscia quotidiana. E’ relatore in convegni e seminari su sport e alimentazione e collabora, nel settore ricerca, con le Università di Firenze e Pavia. Coach di diversi atleti professionisti di livello mondiale, collabora con diverse riviste giornalistiche nazionali, per le quali cura personalmente rubriche dedicate allo sport, alla nutrizione e al benessere.
Cordyceps, considerato un vero e proprio ricostituente, aumenta infatti i livelli di ATP, ovvero la molecola che rilascia energia alle cellule. Ganoderma: il fungo dell’immortalità Denominato anche Reishi, è soprattutto grazie alla presenza di germanio che questo fungo si mostra particolarmente efficace nello stimolare il sistema immunitario e come disintossicante grazie alla sua capacità di eliminare i metalli pesanti. Questo fungo gode inoltre di spiccate proprietà antivirali dovute alla presenza dell’interferone, proteina attiva contro i virus. Per le sue proprietà antinfiammatorie, viene definito un “cortisone naturale”. Grifola: il fungo della sindrome metabolica e del controllo del peso È considerato un fungo amico della linea perché contribuisce a ridurre l’accumulo di lipidi nel fegato e nei tessuti e perché stimola l’organismo ad utilizzare gli alimenti assunti, limitandone il deposito sotto forma di grassi e migliorando il processo di termogenesi. Aiuta inoltre a stabilizzare il colesterolo buono e a tenere sotto controllo sia il colesterolo cattivo sia la glicemia. In particolare attiva
il metabolismo del glucosio. Hericium: il fungo dell’apparato gastro-eneterico È il fungo con la più spiccata proprietà di rigenerazione degli epiteli a livello gastrico e intestinale, rinforzando le mucose e favorendo il ripristino di una corretta flora batterica, soprattutto quando quest’ultima viene alterata da terapie antibiotiche. Agisce inoltre sul sistema nervoso, grazie alla sua capacità di stimolare la sintesi di mielina, che trasmette correttamente gli impulsi nervosi. Lentinula: il fungo amico della flora intestinale I ricercatori hanno dimostrato che, grazie alla presenza di trealosio, uno zucchero di cui è ricco il Lentinula, stimola la formazione dei batteri benefici per il colon, favorendo il benessere di tutto l’organismo. Gli vengono riconosciute proprietà antivirali, contribuendo a rafforzare il sistema immunitario e le difese in generale. Ad un’altra sostanza attiva contenuta in questo fungo e che prende il nome di lantionina vengono inoltre attribuite proprietà antifunginee. In aggiunta è stato dimostrato come il Lentinula sia efficace contro la proliferazione dei batteri della bocca, nel riequilibro del colesterolo e nel prevenire la formazione di ostruzioni nelle arterie. Pleurotus: il fungo che regola i lipidi e l’infiammazione È un fungo ricco di fibre che riducono l’assorbimento intestinale di zuccheri e grassi e di lovastatina, sostanza attiva nel combatte-
re il colesterolo cattivo. La ricerca ha inoltre dimostrato le sue proprietà nel contrastare il dolore infiammatorio cronico. Contribuisce a modulare la risposta del sistema immunitario e favorisce la crescita di microrganismi attivi per il benessere del colon. Grazie alla presenza dell’acido nicotinico, il Pleurotus stimola la produzione di enzimi antiossidanti che hanno una funzione particolarmente efficace nel proteggere il fegato. Polyporus: il fungo dell’apparato urinario È un ottimo coadiuvante per la salute dei reni e del sistema genitourinario. In particolare favorisce la produzione di urina, aiuta a combattere la ritenzione idrica e il gonfiore delle gambe, migliora la stasi linfatica, drena e depura dalle tossine con una caratteristica unica rispetto ai farmaci con funzioni analoghe: consente infatti di eliminare sodio e cloro senza disperdere potassio. Poria: il fungo diuretico e sedativo È un fungo i cui composti attivi sono particolarmente digeribili e assimilabili, con importanti proprietà diuretiche e depuranti ed è quindi indicato nel caso di ritenzione dei liquidi. Attivo nell’eliminare il sodio, correlato con stati di gonfiore e ipertensione, consente invece di risparmiare potassio, indispensabile per preservare l’equilibrio idrico. Il Poria gode di proprietà ansiolitiche che lo rendono un ottimo coadiuvante nel trattamento di disturbi di origine psicosomatica.
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La Vecia Ferovia Dela Val De Fiemme 2017 - Photo by Newspower.it
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3TBIKE
MENSI E MAZZUCOTELLI,
ACUTI FINALI L’arrivo vittorioso di Daniele Mensi - Photo by Newspower
S
orprese, colpi di scena, pathos e verdetti insospettabili. Tutto questo e molto altro ancora è stata la “3TBIKE” di Telve Valsugana (Tn) dello scorso 27 agosto, l’ultimo “coup de théâtre” per i bikers di Trentino MTB presented by Rotalnord. Un’edizione rinnovata ed innovativa, che ha messo “spalle al muro” i competitors: dare il massimo per garantirsi un posto d’onore nell’olimpo delle premiazioni del challenge che meglio si adatta alla pratica sportiva delle ruote grasse. Nelle prime fasi della contesa Daniele Mensi faceva coppia con il livignasco Mattia Longa, voglioso di conquistare l’ambito titolo assoluto di Trentino MTB, dopo
aver sfilato in classifica il cileno Franco Nicolas Adaos Alvarez, mentre al femminile Simona Mazzucotelli si batteva come una leonessa assieme alla trentina Veronica Di Fant. La pioggia della notte ha reso “prelibato” il tracciato, scovato letteralmente dal comitato organizzatore del GS Lagorai Bike, il quale ha deciso di premiare dal passaggio della gara ancor più comuni valsuganotti oltre ai consueti Telve, Torcegno e Telve di Sopra, ovvero Carzano, Samone, Castel Ivano e Scurelle, “allungando” a 42.5 km e 1785 metri di dislivello di sole salite l’itinerario. Dalla frescura del mattino alla calura che ha attanagliato i concorrenti con il passare delle ore, resa ancor più
intensa dal ritmo imposto dai primi due, Mensi e Longa, i quali hanno deciso di fare l’andatura sin dalla prima impennata di Sant’Antonio, con Oliva, Emanuele Crisi, Depaul, Zamboni e Adaos Alvarez già intenti ad inseguire, mentre tra le donne la Mazzucotelli ha allungato su Di Fant, Zocca, D’Amato e Boscoscuro. Sul primo GPM di Frisanco, dedicato a Giovanni Rigon, Mensi dava il primo segnale di allungo, con Longa a lottare per rimanere a contatto, mentre il “re delle cronoscalate” Andrea Zamboni seguiva ad oltre trenta secondi. Veronica Di Fant era dominatrice nel tratto cronometrato ma, nonostante la Mazzucotelli non sia una scalatrice, pareva
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Simona Mazzucotelli alle prese con un passaggio insidioso
A cura della Redazione
A Telve Valsugana gli ultimi emozionanti verdetti del Trentino MTB presented by Rotalnord
comunque una lepre sulla bici e fuggiva via in solitaria. L’acciottolato della ripida salita delle Fontane non perdona e Mensi e Longa guadagnano terreno sulle coppie Depaul e D’Agostino, Hofer e Adaos Alvarez, Zamboni e Oliva, Lenzi e Wohlgemuth, mai in grado di impensierire il fuggi-fuggi del duetto di testa. Al femminile la situazione non cambia, con Mazzucotelli regina delle ruote grasse e Di Fant e Zocca al disperato inseguimento. Fin qui tutto bene, la sfida ricalcava in buona parte la passata edizione ed i corridori hanno potuto spingere sui pedali come meglio credevano, ma la seconda parte era totalmente inedita, e questo poteva scompaginare non poco le carte. Su-
bito una complicata discesa in single track conduceva al guado sul torrente Maso e la successiva salita fino al maso Placido, con un ultimo tratto da urlo tra le piantagioni di piccoli frutti. Fra gli up&down di Samone, Spera e Scurelle la “3TBIKE” approdava al Parco Fluviale di Carzano, ove Mensi poteva già considerare il proprio successo in cassaforte, con oltre un minuto di vantaggio su Longa, potendo asciugarsi il sudore dalla fronte ed amministrare il vantaggio fino alla finish line. Mensi ha chiuso così con il tempo di 1h53’54” che è il nuovo riferimento per il tracciato di 42.5 km, con la buona media di 22.12 km/h. Mattia Longa (1h55’08”) si mette comunque in saccoccia la seconda posizione garantendosi il trono assoluto del circuito Trentino MTB, un bel bottino per il team Cannondale RH Racing contando anche il terzo posto nel challenge di Emanuele Crisi. Terzo invece alla “3TBIKE” Franco Nicolas Adaos Alvarez, che conquista il secondo posto assoluto nel challenge. Questa volta il cileno che doma gli sterrati del Trentino è stato (per una volta) aiutato dalla fortuna, poiché al Parco Fluviale era tallonato da Marco D’Agostino il quale, nel tentativo di agganciare il rivale, usciva dalla traccia nel guado e nel superare
un sasso demoliva la ruota, con la gomma che gli finiva tra i raggi. D’Agostino si è così fatto gli ultimi 3.5 km a piedi, bici in spalla, concludendo 57° la propria prova: la mountain bike è anche questo. Dietro ad Alvarez nell’ordine Depaul, Zamboni, Roberto Crisi, il pupillo locale Alberto Lenzi, Emanuele Crisi, Oliva e Wohlgemuth a chiudere un’annata “fra i grandi” tutto sommato più che positiva. Tra le donne nessuna sorpresa per quanto riguarda il contest del GS Lagorai, con Simona Mazzucotelli a tagliare il traguardo dopo una cavalcata solitaria concludendo in 2h34’52” davanti a Di Dant. Anche il circuito è della Mazzucotelli, con la veronese Zocca ad accontentarsi della classifica dello Scalatore ed il titolo assoluto a sfuggirle per un soffio; il gradino più basso del podio alla “3TBIKE” le lascia l’amaro in bocca. Applausi a scena aperta, dunque, per questa decima edizione sfoggiata dal GS Lagorai, il nuovo percorso è piaciuto veramente a tutti e verrà certamente riproposto anche nelle prossime annate. Le premiazioni conclusive di Trentino MTB presented by Rotalnord si terranno il 14 ottobre a Trento presso la Sala Don Guetti di Cassa Centrale Banca.
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Clif Energy Bar
CLIF-BAR
UN SALTO DI QUALITÀ NEL MERCATO DELL’INTEGRAZIONE ALIMENTARE. A cura della Redazione Tecnica
C
iff-Bar, una realtà sana e moderna: Nel corso dell’attività sportiva, specialmente in una disciplina di endurance come il ciclismo, è fondamentale apportare energia al fisico per prolungarne l’autonomia e, allo stesso tempo, ridurne la fatica. I prodotti di Clif-Bar - azienda leader nel settore dell’integrazione alimentare - sono stati studiati
proprio per questo: salvaguardare il benessere e il rendimento dell’atleta sia in gara che in allenamento. Il brand Clif-Bar, inoltre, fonda la propria mission su cinque punti cardine di una metaforica ruota a razze: • Sostenere il pianeta, utilizzando solo materie prime naturali • Sostenere il business, investendo costantemente nell’azienda
• Sostenere il marchio, mantenendo e sviluppando integrità, qualità e autenticità • Sostenere le risorse umane, credendo fortemente nell’equilibrio tra lavoro e vita dei propri dipendenti • Sostenere le comunità, promuovendo ed investendo nella crescita della comunità.
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Clif Energy Gel
Clif Energy Bar Clif Energy Bar è una barretta energetica naturale. Ogni barretta della Clif Bar contiene elementi naturali ricavati dal grano più proteine e fibre, zero contenuto di grassi, ottime per qualsiasi attività. Quando utilizzarla: prima, durante e dopo l’attività fisica. Le sue caratteristiche: • Ricca di carboidrati, fibre, proteine e cereali • Undici vitamine e minerali • Gustose ma non eccessivamente dolci • Tutta energia, nessun grasso aggiunto e priva di latticini (contiene: avena, farro e soia. Potrebbe contenere tracce di: grano, segale, arachidi, latte, noci) • Gusti disponibili: cioccolato bianco, cioccolato a scaglie, mirtilli, arachidi, noci e uvetta, cioccolato e mandorle, cioccolato e cocco • Peso: 68 gr. (circa il doppio peso, ad un prezzo molto conveniente, di una normale barretta in abitualmente in commercio)
Clif Shot Gel Clif Shot Gel è il risultato un nuovo approccio nella nutrizione per lo sport: apporta all’atleta solo ciò che serve per ricaricarlo durante allenamento e gare. Gli ingredienti biologici conferiscono una risorsa di energia e idratazione. Perché utilizzarlo? Fornisce carboidrati facilmente digeribili per un apporto energetico immediato durante l’attività fisica. Quando utilizzarlo: prima e durante l’attività fisica, sia ad alta che bassa intensità. Le sue caratteristiche: • Composizione semplice per alta digeribilità a base di carboidrati derivati da maltodestrine diluite in zuccheri semplici, per una veloce assimilazione • Energia immediata, entra in circolo in meno di 5 minuti • Privo di oli idrogenati, ne sciroppo di fruttosio o aromi artificiali, nessun OGM. • Confezione studiata per rispettare l’ambiente. • Gusti disponibili: cioccolato, lampone • Peso: 34 gr.
Il Produttore - Clif Bar - www.clifbar.com Il Distributore per l’Italia - Beltrami TSA Via Euripide, 7 - 42124 Reggio Emilia - Tel: +39 0522 307803 - Fax: +39 0522 703106 E-mail: info@beltramitsa.it - Web site: www.beltramitsa.it
Clif Shot Bloks
Clif Shot Bloks I Clif Shot Bloks sono l’ultima invenzione nel campo degli alimenti energetici, indicati per atleti che praticano sport di endurance. I Bloks sono cubetti di trentatre calorie da masticare, ottime se si vuole modulare l’apporto calorico durante la gara. Perché utilizzarli? Forniscono carboidrati facilmente digeribili per un apporto energetico immediato prima e durante l’attività fisica. Quando utilizzarli? Prima e durante l’attività fisica, sia ad alta che bassa intensità. Le loro caratteristiche: • Semi-solidi, facili da trasportare e comodi da ingerire anche durante l’attività fisica. 6 cubetti per confezione (equivalenti all’apporto di 2 gel); 3 cubetti = 100 calorie, 70 mg. di sodio e 20 mg. di potassio. In pratica, con una confezione di Bloks, si ha un risparmio medio di 50,00 centesimi al pezzo – pari al 25% in meno di costo ogni due gel • Un equilibrio ottimale di carboidrati e elettroliti • Non contengono gelatine, conservanti e nemmeno OGM; sono adatti anche ai vegani, privi di frumento e derivati dal latte • Gusti disponibili: fragola, mora • Peso: 60 gr.
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Chi è Paolo Mei Giornalista sportivo e speaker ufficiale del Giro D’Italia
L’ATLETA DEL MESE
DAMIANO FERRARO
IL DIESEL DELLA TREK SELLE SAN MARCO Damiano Ferraro - Photo by Alessandro Billiani
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amiano, siamo quasi al termine di un 2017 che, in termini di soddisfazioni, è stato un po’ avaro nei suoi confronti, anche e soprattutto a causa di quell’operazione subita poco tempo fa. Che bilancio possiamo fare? Sì, in effetti non è stata una grande annata, solo una vittoria in una granfondo, qualche buona prestazione alla Cape Epic e nulla di più. Ma con la testa sono già proiettato al 2018. L’inizio di stagione prometteva bene, dopo i risultati del 2016. Insieme al suo team, la Trek Selle San Marco, avete incominciato in Sud Africa con la durissima Cape Epic. Che esperienza è stata? Alla Cape Epic eravamo tutti prontissimi, forse con la migliore condizione di sempre però purtroppo - a 2 giorni dallo start - tre di noi sono stati messi ko da un virus intestinale, quindi abbiamo dovuto stringere i denti e cercare di salvare il salvabile. Rimane comunque l’esperienza più bella ed impegnativa che io abbia mai fatto, e solo quando ci sei dentro capisci l’importanza di un evento simile.
Che cosa possiamo dire della parte centrale della stagione, prima dell’operazione? Per me la parte centrale di stagione resta un grosso punto di domanda; ad ogni gara non capivo mai perché il fisico mi abbandonasse dandomi segnali ai quali però io non riuscivo a dare una risposta. Abbiamo provato di tutto, modificando anche tante cose ma il risultato era sempre lo stesso,anzi sempre peggiore. Io sentivo che qualcosa in me non andava e, infatti, con il senno di poi, qualcosa che non andava c’era davvero... L’abbiamo vista in Val di Sole a fare da spettatore durante le finali di coppa XCO. In futuro potrebbe esserci un suo impegno in questa specialità? Mi piace tanto il cross-country, è proprio spettacolare ma purtroppo le mie caratteristiche fisiche sono molto lontane da questa specialità. Come hai detto tu sono un diesel... Il 2 settembre invece lei era impegnato sul percorso della 3 Epic, ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo, purtroppo non da corridore, ma a sostegno (tecnico) dei suoi
compagni durante la gara. L’anno scorso una delle sue più belle affermazioni, se non la più bella in assoluto fu proprio la 3 Epic. Che impressione ha avuto della gara e del livello sei suoi colleghi dal bordo dei single tracks? Ho voluto essere presente essendo il vincitore del 2016 anche perché volevo già farmi una prima idea di quello che sarà il mondiale marathon della prossima stagione. Inoltre, sapendo che i miei compagni avrebbero potuto vincere, non ho voluto mancare. Comunque gara molto dura a detta degli atleti, resa ancora più impegnativa dal fondo viscido e sopratutto dal livello altissimo dei corridori al via. E’ stata una bella battaglia. A proposito: il suo team mate Samuele Porro ha dato l’ennesima dimostrazione di classe andando a vincere con una condotta in crescendo molto intelligente, ma su un percorso molto diverso rispetto a quello della sua vittoria targata 2016. Quale dei due percorsi preferirebbe trovare nell’edizione 2018, che sarà valida come campionato del mondo marathon?
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A cura di Paolo Mei
Focus su uno dei migliori specialisti italiani delle “lunghe distanze”, capace di ottenere un 5° posto ai Mondiali Marathon: “Il 2017 anno da dimenticare, mi gioco tutto la prossima stagione” Damiano Ferraro atleta del Team Trek Selle San Marco
Quando Samuele è in ottima condizione fisica come nelle ultime corse diventa letale, perché la sua testa gli permette di fare sempre la differenza. Non ho mai visto un atleta con cosi tanta forza mentale. Per quanto riguarda il percorso mi è stato riferito che quest’anno era più tecnico e divertente, però forse preferisco il vecchio perché c’erano meno tratti da fare a piedi e io a piedi vado veramente piano. Da 1 a 10 quanto le ha fatto male rimanere “fuori” per oltre un mese? Stare fuori dalle competizioni fa sempre male per un atleta, sopratutto guardare le gare da bordo strada, quindi dico 7/8. Tornando al mondiale 2018, crede che sarà possibile per lei ripetere o, addirittura, migliorare il suo splendido quinto posto tra gli Elite ottenuto nel 2015 in Alto Adige? Nel 2016 ho dovuto rinunciare al mondiale per un problema fisico, quest’anno mi hanno danneggiato la bici in partenza mettendomi fuori gara dopo circa 5km, quindi ho voglia di rivincita e la mia testa, come dicevo, è già focalizzata sul 2018. Sono con-
sapevole che non è mai facile, ma è anche vero che, quando tutto fila liscio e io sono in condizione, posso fare delle ottime prestazioni, quindi conto di fare altrettanto bene, se non meglio. Quando pensa di rientrare in maniera decisa alle corse? Seriamente oramai rientrerò nel 2018, però se il mio fisico me lo permetterà e non mi darà fastidi vorrei già rientrare verso metà settembre per fare le ultime corse di stagione, chiaramente senza grosse pretese. Ci sarebbe poi la Roc d’Azur… La Roc mi piace un sacco, credo sia una delle gare più belle e spettacolari quindi conto di esserci. Chiudere la stagione con questa manifestazione è sempre bellissimo e divertentissimo. In casa Trek Selle San Marco, almeno a quanto pare, si respira una grande aria. Sembra una piccola famiglia, fatta di top rider che sanno il fatto loro. Qual è il suo punto di vista? Il nostro team è nato nel 2012 quasi per sbaglio: un gruppo di amici che, anno dopo anno, sono cresciuti sempre di più fino a
diventare quello che siamo adesso. Ovviamente bisogna sempre ringraziare tutti gli sponsor, e il nostro punto forte credo sia proprio il gruppo perché prima di essere un team vogliamo che per tutti noi questa squadra sia una seconda famiglia. E tutti sanno che quando stai bene in famiglia tutto diventa più facile è bello!!! I big del settore XCO, premesso che ormai tutti corrono con le ruote da 29, sembra siano ormai orientati nel 90% delle gare sulle full suspended. Quali sono le vostre scelte tecniche in questo senso ? Nell’ XCO ormai quella è la soluzione migliore vista la tecnicità dei percorsi, mentre per quanto riguarda il settore marathon bisogna sempre valutare in base ai percorsi. In Italia non sono tantissime le gare che richiedono una full suspended, mentre all’estero si trovano percorsi spesso molto più tecnici, quindi in quel caso la si utilizza. In poche parole è inutile portarsi un chilo in più su una gara di 4-5 ore se poi le discese sono tutte facili. Ad una Cape Epic invece la full è fondamentale.
100 Km dei Forti - Photo by Newspower
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LA VECIA FEROVIA
LA VERA LOCOMOTIVA
È RABENSTEINER
L
a “Vecia Ferovia dela Val de Fiemme”, penultima tappa dello spettacolare circuito Trentino MTB presented by Rotalnord, è partita da Ora, in provincia di Bolzano, e si è conclusa dopo 40 chilometri e 1056 metri di dislivello, in località Piazzol, fresco lariceto sopra l'abitato di Molina di Fiemme, in provincia di Trento. Uno scoppiettante inizio in territorio bolzanino ed un arrivo tutto trentino, dunque, per una gara che lo scorso 6 agosto ha fatto anche il pieno di iscritti (oltre mille), a partire dagli appassionati di cross country per arrivare agli assi delle granfondo. Ragguardevole il parterre con una folta schiera di big intenzionati a conquistare il podio, chi per la gloria, chi per guadagnare posizioni nella classifica generale del circuito Trentino MTB. Erano presenti Martino Fruet, eterno compagno di allenamenti di Silvano Janes e
giunto terzo nella scorsa edizione, il livignasco Mattia Longa alla ricerca di punti preziosi nel challenge, ed un Franco Nicolas Adaos Alvarez a fare di tutto per mantenere la leadership. E ancora l’insidioso Michele Casagrande, così come Efrem Bonelli, abilissimo in discesa, e Fabian Rabensteiner, ottimo nella tappa della Val di Sole. Il marosticense Stefano Dal Grande è un osso duro, per non parlare del “vecchio leone” Marzio Deho. Fra le donne la favorita numero uno era senz’altro Maria Cristina Nisi, recente campionessa italiana e vincitrice lo scorso anno a Molina, Edi Boscoscuro, autrice sempre di prestazioni costanti, Veronica Di Fant a promettere spettacolo, e ancora una Lorena Zocca a pochi passi dal titolo assoluto stagionale, la quale mancava però ancora d’un acuto. Simona Mazzucotelli l’acuto l’aveva invece sferrato alla “Dolomitica Brenta
Bike”. E se alla partenza il gruppone si è mostrato compatto nell'uscire dall'abitato di Ora, già alla fine della prima salita dopo il biotopo di Castelfeder si è iniziato a capire che l'alta velocità può correre anche su una ferrovia abbandonata degli anni Sessanta: al primo traguardo volante di Pinzano, a dodici chilometri dal via, un terzetto composto dal cremonese Vittorio Oliva, dall'altoatesino Diego Cargnelutti e dal veneto Sebastiano Frassetto provava già a creare il vuoto, senza però riuscirci. A breve distanza seguiva infatti un trenino guidato da due ‘vecchie conoscenze’ della Vecia Ferovia, ovvero Mattia Longa e Fabian Rabensteiner. I due del resto non sono stati a guardare, anzi. Già a Masi di Doladizza, al diciassettesimo chilometro, Rabensteiner e Longa erano passati al comando, andando a dettare il ritmo per i chilometri a venire di un nutrito gruppetto composto anche da Domenico
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A cura della Redazione
Nel giorno del suo 27° compleanno l'atleta del Team Treck Selle San Marco trionfa nella “Vecia Ferovia dela Val de Fiemme”. Nella gara femminile il bis annunciato di Maria Cristina Nisi I vincitori della La Vecia Ferovia dela Val de Fiemme 2017, Fabian Rabensteiner e Maria Cristina Nisi Photo by Newspower.it
Valerio, Efrem Bonelli, Martino Fruet e da un Elia Favilli in grande spolvero. Il gruppo di testa non ha certo perso tempo a rimirare il panorama e, infilate una dopo l'altra tutte e cinque le gallerie che caratterizzano il percorso – l'ultima delle quali offriva un tuffo acustico nella storia, riportando alle orecchie dei bikers il caratteristico fischio delle vecchie locomotive – si è ritrovato ai piedi della salita che porta al punto più alto della competizione, ovvero Passo San Lugano e i suoi 1099 metri sul livello del mare. Di prepotenza Rabensteiner è riuscito a mantenere le sue ruote davanti a quelle del vercellese Valerio e dello stoico livignasco Longa, tampinato a sua volta dal valsuganotto Martino Fruet che proprio nella seconda metà della gara ha dato il meglio di sé. Dopo aver conquistato il Gran Premio della Montagna, però, Rabensteiner ha
pensato bene di non mollare più la prima posizione così da poter festeggiare nel migliore dei modi il suo ventisettesimo compleanno che, guarda caso, cadeva proprio quel giorno. Sarà stato il suo periodo di gran forma, sarà stato il tifo del pubblico, sarà stata proprio l'euforia del compleanno, sta di fatto che nemmeno il temibile Muro della Pala - salita impervia con una pendenza media del 18,25% - ha saputo scoraggiare Rabensteiner, vera forza della natura che ha affrontato la scalata quasi senza fatica. Resistendo ai temibili attacchi in discesa di uno spericolato Fruet, e recuperando poi nuovamente terreno nella salitina finale, l'atleta del Team Treck Selle San Marco ha così tagliato per primo il traguardo con tanto di braccia alzate. Senza storia la gara femminile con il dominio assoluto, incontrastato e plateale della ‘locomotiva’ Maria Cristina Nisi, già
vincitrice della scorsa edizione. L'atleta toscana trapiantata in Liguria, campionessa italiana marathon 2017 e carica come non mai, ha spiazzato tutte le altre concorrenti creando il vuoto dietro a sé e facendo impallidire non pochi maschietti. Dietro di lei, staccata quasi di 5 minuti ma comunque protagonista di una gara tutta sprint, l'ossolana e campionessa italiana di cross country Serena Calvetti, la quale a sua volta ha distanziato di 8 minuti la terza classificata Veronica Di Fant, atleta trentina che è così orgogliosamente riuscita a condividere il podio con le due leonesse azzurre. Gara, premiazione, pasta party: come sempre l'organizzazione della Polisportiva Molina di Fiemme e dei due coordinatori Alberto Di Lorenzo e Mauro Dezulian si è rivelata perfetta.
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EMISSIONI ZERO
ECCO LA HIT DELLE CITTÀ
“CYCLE-FRIENDLY” Amsterdam: Una delle capitali della bicicletta in città
A cura della Redazione
Con 500 chilometri di piste ciclabili, l'olandese Amsterdam capeggia la classifica planetaria delle capitali “pedalabili”. E spigolando tra Europa e States, non c’è traccia dell’Italia…
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ual è la città migliore per andare in bici? Se l'è chiesto un po' di tempo fa il sito The Active Times che, dopo aver analizzato alcuni parametri, ha emesso la sua sentenza: Amsterdam. Oltre il 50% dei suoi abitanti usa infatti quotidianamente la bicicletta. Merito di una cultura civica fortemente avvinta all'eco-sostenibilità, come si evince dai quasi 500 chilometri di piste ciclabili presenti nella capitale olandese. Qui - non a caso - le politiche a favore dei ciclisti sono state avviate negli anni sessanta, quando in nel resto d'Europa si pensava solo alla "macchina". Ma ecco la top-ten delle città "più pedalabili", dove - hainoi non c'è traccia di Italia. 1) Amsterdam (Paesi Bassi) - Nella capitale dei Paesi Bassi le aree di parcheggio delle auto separano spesso la pista ciclabile dalla strada, in modo da creare una barriera tra il traffico e i ciclisti. Qui è nata l’idea del woonerf, una strada con ampi marciapiedi e cartelli segnaletici molto grandi, dossi, attraversamenti pedonali rialzati e rotatorie dove pedoni e ciclisti hanno la precedenza e le auto devono rispettare limiti di velocità molto rigidi. 2) Portland (Oregon) - Capitale statuni-
tense delle biciclette, grazie a decenni di politiche e progetti a favore delle due ruote (il 10 per cento degli spostamenti totali si fa in bici e ci sono più di 400 chilometri di piste ciclabili). Ha vinto la medaglia di platino della Lega dei ciclisti statunitensi. 3) Copenaghen (Danimarca) - Il 32 per cento degli abitanti va al lavoro in bici. I ciclisti percorrono in tutto 600mila chilometri ogni giorno e hanno una segnaletica pensata apposta per le ciclabili. Ci sono perfino dei poggiapiedi per i ciclisti fermi a un incrocio. La spesa per le infrastrutture utili alle bici è di 10-20 milioni di euro all’anno. 4) Boulder (Colorado) - Trecento giorni di sole all’anno e quasi 500 chilometri di percorsi ciclabili, oltre a un programma che promuove l’uso della bicicletta per andare a scuola. 5) Davis (California) - Città di riferimento per i ciclisti statunitensi, la prima degli Stati Uniti a promuovere le piste ciclabili (nel 1967), che oggi sono presenti nel 95 per cento delle strade cittadine. Negli ultimi dieci anni ha speso 14 milioni di dollari per progetti legati alle due ruote. Oggi ospita la U.S. Bicycling Hall of Fame. 6) Trondheim (Norvegia)- Ogni giorno 32mila persone usano la bici. C’è anche un
ascensore per bici (il primo al mondo, sul modello dello skilift) che permette di salire sulle colline della città senza pedalare. 7) Minneapolis (Minnesota) - Un programma di bike-sharing, cittadini pazzi per la bici e percorsi per le biciclette dentro e fuori la città (incluso il Cedar Lake Trail, considerato il più bel tragitto per ciclisti degli Stati Uniti). 8) Berlino (Germania) - Più di 400mila berlinesi percorrono ogni giorno 620 chilometri di piste ciclabili per andare al lavoro e il governo investe ogni anno 3 milioni di euro per la mobilità su due ruote. Si può consultare il sito dei trasporti della città per capire come spostarsi in bici. 9) Barcellona (Spagna) - Ha un “ring-verde” di cento chilometri pensato solo per le biciclette, un efficiente programma di bikesharing, Bicing, e percorsi ad hoc anche per i turisti. Barcellona ha installato su una delle vie principali un “contabici” che segna quante ne passano ogni giorno e quanto manca per raggiungere il numero di tragitti in bici fissato per quell’anno. 10) Basilea (Svizzera) - Piste ciclabili in tutta la città, corsie di svolta a sinistra per i ciclisti e percorsi da fare sui pedali anche fuori la città.
Passo Buole Xtreme 2017 - Photo by Newspower.it
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MONGOLIA BIKE CHALLENGE PRESENTED BY SELLE SMP
SULLE ORME DI
GENGIS KHAN
Photo by Paolo Martelli
I
l Mongolia Bike Challenge è una delle gare a tappe in mtb più spettacolari al mondo. Come suggerisce il nome, una sfida in Mtb in Mongolia. Le tappe - sei quest'anno (di cui l'ultima a cronometro) - percorrono il vasto e immenso territorio della Mongolia che conserva ancora intatta la sua natura. I percorsi sono interamente sterrati e si procede su piste lunghissime e tratti in montagna, tra la tundra e la steppa, con divertenti e impegnativi guadi da affrontare. Per ogni tappa c’è un limite di tempo entro cui arrivare per poter accedere alla tappa successiva. Concluse tutte le tappe si ottiene l'ambito premio-ricordo: la maglia di finisher, che
rappresenta molto più che un premio. Scrivere, perciò, che è una gara a tappe ci sembra di sminuirla... La definizione esatta è una grande avventura in mtb che ti proietta in un altro mondo, in un'altra dimensione del pedalare. Per due settimane si abbandonano tutte le abitudini e la quotidianità per vivere un'altra vita con la tua passione, la Mtb! "L'edizione migliore di sempre, per la prima volta sold out già a gennaio…". Esordisce in questo modo Willy Mulonia, il creatore del Mongolia Bike Challenge, raggiunto al telefono a pochi giorni dal suo rientro in Europa. "C'è stata un'interazione bellissima tra tutti i 108 atleti, numero massimo stabili-
to per dar modo di conoscersi e di creare legami. Mai come quest'anno ho percepito tanta amicizia e solidarietà tra persone di diversa provenienza - ben 25 paesi rappresentati - e di diversa cultura. La mia filosofia è sempre stata quella di perseguire, nel mio lavoro, la qualità e non la quantità. La stessa filosofia che perseguo anche con il mio sponsor principale Selle SMP. Un rapporto duraturo che si basa sulla fiducia e la stima reciproca, coltivato e cresciuto attraverso l'amicizia e un'attiva collaborazione. Prima di tutto io sono stato, e sono tuttora, un fruitore di Selle SMP perché avevo problemi al soprasella da non riuscire più a pedalare. Assieme ai fratelli Schiavon,
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A cura della Redazione
Nell'immenso territorio asiatico, tra gli sterrati della tundra e della steppa, una straordinaria avventura in bicicletta lunga otto anni. Per pedalare nell'infinito e ritrovare se stessi
con pazienza e vari test, abbiamo risolto il mio problema e sono ritornato a pedalare per lunghe distanze. Insomma, siamo partiti da una sella per costruire un rapporto che dura oramai da dodici anni. Se posso fregiarmi di un merito, dopo otto anni di Mongolia Bike Challenge, è quello di aver contribuito alla conoscenza e alla diffusione della passione per il ciclismo nel Paese di Gengis Khan, considerando ovviamente che gli abitanti della Mongolia sono tre milioni. I mongoli sono ciclisti molto forti". Tra i 108 atleti c'era anche un tandem condotto da Alessia Candellora e Giorgio Marini. Una coppia di biker di Torino che, dopo cinque anni di matrimonio, hanno
deciso di regalarsi questa straordinaria avventura: "E' stata un'emozione immensa, indescrivibile. Al di là dell'aspetto agonistico - racconta Alessia - quello che mi ha entusiasmato di più è stato il legame tra le persone, molto intenso e particolare nonostante le differenze. Il nostro obiettivo era quello di arrivare nei tempi limiti e ce l'abbiamo fatta. Ma lo scopo principale di questa nostra avventura, era raccogliere fondi per acquistare alcuni tandem per ciechi e ipovedenti attraverso l'associazione 'Sportella' di Alessandria. Grazie a questo viaggio ci siamo liberati di un sacco di cose inutili e abbiamo acquisito la consapevolezza che il 'troppo' non arricchisce, anzi toglie. Più rinunci e più ri-
trovi il contatto con te stesso. I nostri cellulari sono rimasti spenti tutto il tempo e abbiamo imparato a dare il giusto ordine alle cose. Il ricordo più bello che ci resterà sempre nel cuore sono i sorrisi dei bambini mongoli e l'immensità della Mongolia. Il Mongolia Bike Challenge è duro perché le tappe sono lunghe ma, soprattutto, è molto impegnativo mentalmente perché non hai mai punti di riferimento, non siamo abituati a vedere l'immenso e in questo sta proprio la straordinarietà del Mongolia Bike Challenge". Le date dell'edizione n. 9 del Mongolia Bike Challenge sono 10-18 agosto 2018. I 30 Early Bird sono già andati tutti. Rimangono 78 posti!
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E-BIKE UN MONDO INTORNO A TE
DAGLI ALBORI
AI GIORNI NOSTRI Photo by Paolo Martelli
"La vita è come andare in bicicletta: se vuoi stare in equilibrio devi muoverti"
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(Albert Einstein)
li italiani sono un popolo di inventori e fantasisti, anche quando si parla di due ruote ad emissioni zero. Nel nostro “bel paese”, come in altre parti del mondo e soprattutto nel nord Europa, la bicicletta elettrica è entrata prepotentemente nella nostra vita cambiando – in meglio – il modo di muoversi sulle due ruote a pedali. Questo accade in città, in campagna, al mare o in montagna. Per
lavoro, per sport o nel tempo libero si ha sempre più voglia di evadere, assimilando stili di vita sani ed ecologici. Brevi cenni di storia La storia delle bici elettriche è stata scritta da personaggi geniali, a volte un po' folcloristici, che hanno inseguito testardamente il loro sogno per una vita vedendolo purtroppo svanire nel nulla. Solo negli ultimi anni i fallimenti di quei tempi pionieristici si stanno trasformando sempre più in realtà. Forse in pochi sanno che le bici elettriche hanno una storia antica, molto più remota di quanto si possa pensare. Ripercorrerla significa tornare indietro di circa centocinquant’anni, addirittu-
ra fin da quando furono introdotti i primi velocipedi cercando di applicare ad essi i motori a vapore allora in voga. Solamente tra la fine del diciannovesimo e l’inizio del ventesimo secolo cominciarono ad apparire le prime biciclette con motori elettrici. All’epoca il problema principale - che ancora oggi in parte sussiste - erano le batterie con dimensioni e peso enormi rispetto a quelle usate attualmente. Purtroppo, in un’epoca caratterizzata dal grande sviluppo industriale del dopo guerra, dal poco rispetto per la natura e dal basso costo del petrolio, l’interesse verso le bici (sia elettriche che muscolari) andò progressivamente a scemare.
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A cura della Redazione Tecnica
Anche l'Italia è ormai entrata nell'era della mobilità eco-sostenibile. Ecco i modelli, i prezzi, le innovazioni e le caratteristiche tecniche per orientarsi nella jungla del mercato
Negli anni settanta, con il prepotente aumento del costo dei carburanti, la diffusione dei primi movimenti ecologisti e l’austerity, la curiosità per i mezzi elettrici, tra i quali le E-Bike, ricominciò a prendere piede. Oggigiorno la situazione, sotto questo punto di vista, sta decisamente migliorando. Innanzitutto le innovazioni tecnologiche hanno portato le batterie ad essere sempre più leggere e capienti. Negli ultimi venti anni i modelli di bici elettriche a disposizione del pubblico si sono moltiplicati; molti produttori europei ed asiatici hanno sperimentato soluzioni tecniche innovative per realizzare un’integrazione sempre più perfetta fra la pedalata, l’assistenza del motore ed il ciclista.
Ma cos’è una bici elettrica? A volte di vedono in circolazione biciclette elettriche che raggiungono velocità elevate (superiori ai 30/40 km/h in regime di assistenza) oppure dotate di acceleratore, che ne permette l’avanzamento senza imprimere forza sui pedali. È bene precisare che questi mezzi sono classificati dal codice della strada come “ciclomotori” e, in quanto tali, è necessario averne l’omologazione, la targa, l’assicurazione e il casco da moto. Inoltre, molto spesso, le loro caratteristiche meccaniche e di telaio non sono sufficienti a sopportare gli sforzi cui vengono sottoposte a causa della velocità elevata, il che le rende poco affidabili.
Questo tipo di biciclette, se così vogliamo chiamarle, va a “inquinare” quello che è il vero mercato delle E-Bike con pedalata assistita a norma di legge. Di sicuro più appetibili, chi le acquista si ritrova però con un veicolo dotato sì di maggiori requisiti prestazionali, o che non richiede l'obbligo di pedalare, ma proprio per questo molto più simile a un ciclomotore che a una eco-bike elettrica. Cosa dice il codice della strada in Italia L’articolo 50, che regolamenta le caratteristiche di base della bicicletta elettrica, sottopone tre punti cruciali ed obbligatori: la potenza massima di 250 watt (o, in modo equivalente, 0,25 Kw), la velocità massima di 25 km/h, la necessità di
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pedalare nella direzione di avanzamento da parte del ciclista. Nei loro metodi di produzione i costruttori di bici elettriche devono attenersi anche alla normativa europea EN 15194, che va a completare nel dettaglio quanto stabilito dal codice della strada vigente in Italia. La normativa non riguarda solamente la parte elettrica della bicicletta, ma interessa anche la parte meccanica a seconda della tipologia di prodotto (EN 14764 per le trekking, la EN 14766 per le MTB, la EN 14781 per le road e la EN 14765 per le bici da bambino). Per quanto riguarda la parte elettrica, sono previste diverse prove legate alle prestazioni (potenza massima in continuo, erogazione della potenza, velocità massima, ecc…) e soprattutto alla compatibilità elettromagnetica. I componenti della bici, infatti, non devono interferire con altre apparecchiature (come per esempio il telefono cellulare o il telecomando del cancello elettrico) e non devono essere influenzati da altri sistemi elettronici nelle vicinanze del mezzo. Infine, ma non meno importante, la normativa regola l’etichettatura del prodotto e l’informazione all’utente finale. Cosa offre il mercato Tornando alle nostre bici elettriche il mercato è davvero molto vario. Si parte dalle circa 300/400 euro delle E-Bike in vendita nei centri commerciali (notoriamente economiche e, a nostro giudizio, poco affidabili) per arrivare agli oltre 4.000/5.000 euro dei modelli più costosi. Logicamente il prezzo di acquisto cambia in base alla qualità dei componenti elettrici e meccanici, al livello degli accesso-
ri con cui vengono montate le bici e alla garanzia (solitamente, per legge, di due anni) della casa costruttrice. La sola condizione richiesta è che ci si rivolga, nel periodo in garanzia, ai rivenditori ufficiali autorizzati e qualificati o presso il punto vendita dove è stato acquistato il mezzo. La formazione del punto vendita Noi, secondo la nostra esperienza, pensiamo che la formazione tecnica dei rivenditori sia uno step fondamentale per lo sviluppo della bicicletta elettrica. Molto spesso i negozi sono gestiti da meccanici/ ciclisti che non hanno mai trattato componenti elettrici o hanno scarsa conoscenza della materia. Quindi, in caso di problemi, si rivolgono alla casa madre per informazioni o per la riparazione del mezzo allungando i tempi d’attesa dei clienti. Le aziende, con i corsi di formazione dedicati agli operatori specializzati, devono puntare a una maggiore indipendenza dei rivenditori così da velocizzare la risoluzione delle problematiche e migliorare il servizio all’utente finale. Caratteristiche tecniche La sostanziale differenza che esiste tra una normale bicicletta di serie e una bicicletta elettrica è proprio la pedalata assistita. Agevolare la spinta sui pedali con l’aiuto di un motore ecologico e silenzioso è la rivoluzione tecnologica di questi ultimi anni nel mondo delle due ruote. Dal motore, cuore pulsante dei nostri mezzi, otteniamo la spinta mentre dal cervello, ovvero la batteria, giungono gli impulsi che daranno il via al movimento delle gambe e alla pedalata.
Facendo esperienza negli anni e dopo attente valutazioni, i costruttori hanno optato, per i loro modelli di punta, per il posizionamento del motore nella parte anteriore della bicicletta e più precisamente integrandolo nel mozzo della ruota. In questo modo, anche confrontandoci con alcuni rivenditori che ci hanno confermato l’utilità dell’esperimento, la bici elettrica acquista maggiore stabilità e la presa diretta della ruota sul terreno garantisce più fluidità durante la marcia. Malgrado questa tendenza oramai diffusa e consolidata, in circolazione troviamo dei validissimi modelli di biciclette elettriche (in particolare quelle con “un’anima” leggermente più sportiva) che mantengono il tradizionale posizionamento del motore sull’asse posteriore oppure centralmente, integrandolo sulla parte bassa del telaio nella scatola del movimento centrale. Queste scelte, prestando particolare attenzione anche al giusto equilibrio fra rapporti, geometrie del telaio stesso e trasmissione, conferisce un rendimento ottimale alla pedalata e consente al ciclista di mantenere un alto ritmo sullo sterrato o in salite molto ripide e di sostenere in pianura elevate velocità con assoluta padronanza del mezzo. La scelta del motore e della batteria Quasi all'unanimità, il motore scelto dalle aziende produttrici è un Brusheless da 250 watt (0,25 Kw per 36 V), che garantisce, nel limite della normativa imposta, la giusta potenza assistendo la pedata in modo continuo e affidabile. Va sottolineato che il grande vantaggio di questi nuovi motori senza spazzole è di essere quasi privi di manutenzione; men-
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tre le batterie al litio polimeri di ultima generazione, oltre a mantenere una durata di carica decisamente superiore rispetto alle loro “sorelle” al piombo, sono più leggere e si estraggono facilmente dalla loro collocazione, che può essere orizzontale sotto il portapacchi posteriore, verticale sul piantone centrale o scomparsa lungo la parte obliqua del telaio. Unico punto cruciale della batteria restano, da sempre, la ricarica e i suoi tempi. Anche in fatto di autonomia sono state comunque apportate concrete migliorie (mediamente 70-80 km a ricarica in regime di assistenza normale); ciò non toglie che questo dipenda molto da come viene utilizzato il mezzo e dai percorsi sui quali si decide di pedalare. Maggiori saranno i tratti pianeggianti, più lunga sarà la durata della carica. Viceversa, fastidiosi saliscendi o salite dalle pendenze impegnative possono ridurre in modo considerevole l'autonomia della batteria e l'efficienza della nostra E-Bike. Accessori e componenti Gli accessori e i componenti che le aziende presentano di serie sulle nuove biciclette elettriche hanno contribuito parecchio a “svecchiare” i modelli del passato. Primo fra tutti il cambio, del quale sono oramai dotati quasi tutti i mezzi esistenti sul mercato (tranne, ovviamente, le monomarcia o cosiddette single speed). Shimano ne detiene a tutti gli effetti il monopolio, fornendo gruppi completi molto affidabili e facili da usare come Nexus a 7 o 8 velocità o TX a 6 o 7 velocità (per le city bike); oppure i più affermati gruppi per MTB come l’XTR, l’XT o l’SLX, solo per citare i più diffusi.
Di grande utilità è l’LCD in dotazione ormai su quasi tutti i modelli. Di solito posizionato nella parte centrale/anteriore del manubrio, il suo display multifunzionale non si limita a indicare la velocità o l’ora corrente, ma fornisce tutte le informazioni necessarie alla marcia, all’assistenza, alla potenza del motore, allo stato di carica della batteria, ecc… Cavalletto centrale, lucchetto antifurto, impianto luce e led, borse laterali, portapacchi, cestini anteriori e posteriori, seggiolini per bambini sono tutti accessori che incrementano il valore e la comodità del mezzo; a seconda delle esigenze e dell’utilizzo che si desidera farne, turistico o professionale, basta scegliere quello più adatto. Target della clientela Fino a qualche tempo fa, la maggior parte dei clienti che entravano in negozio per provare o acquistare una bicicletta elettrica erano persone non più giovanissime che necessitacano di un mezzo comodo per gli spostamenti quotidiani in città, che in genere non sono superiori ai 15-20 chilometri al giorno. In questi ultimi anni, però, con la promozione e il supporto da parte dello Stato dell'eco-mobilità sostenibile e della diffusione dei veicoli elettrici sulle strade del nostro paese, si è registrata una maggiore richiesta anche da parte di una fascia di età più bassa: i 40/50enni che hanno l'esigenza di sostituire l’automobile o lo scooter per recarsi al lavoro, abbattendo i costi di gestione, evitando i problemi di parcheggio e di traffico cittadino o l'impossibilità di entrare nelle ZTL. Da un recente sondaggio è emersa non
solo la volontà, da parte dei produttori, di apportare dei cambiamenti di tendenza alle linee, alle grafiche e alle soluzioni tecnologiche proposte negli ultimi anni. Abbiamo riscontrato con piacere che l’obiettivo comune è quello di indirizzare l’utilizzo di questo mezzo di trasporto verso un pubblico sempre più giovane. Ci vorrà ancora del tempo, ma i risultati cominciano già a farsi vedere. Valutazione di acquisto o noleggio con relativi costi La valutazione dei costi è, a questo punto, il passo decisivo e più importante per capire l’effettiva convenienza di una bicicletta elettrica rispetto ad un mezzo a motore; essa va ponderata con attenzione, in modo particolare nelle città sempre più congestionate dal traffico metropolitano in continua espansione. Nella valutazione dei costi dobbiamo tenere presente come prima cosa la frequenza di utilizzo, il percorso abituale (presenza di salite, distanza ecc.) che siamo soliti fare, il prezzo di acquisto e – elemento di basilare importanza – il costo della batteria di ricambio. Al momento attuale, il noleggio delle biciclette elettriche è poco sviluppato e diffuso in Italia (contrariamente a quanto, invece, accade in molti atri paesi europei, principalmente al nord), ragion per cui i prezzi possono variare anche in base al tipo di mezzo messo a disposizione. La media attuale si attesta intorno ai 40/50 euro giornalieri (8/10 euro l’ora) ed effettivamente conviene solo se l’utilizzo è saltuario. In caso di uso quotidiano, invece, l’acquisto risulta essere di gran lunga la soluzione più economica.
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EMILIA ROMAGNA
DA BOLOGNA A PARMA IN BICICLETTA
A cura di Gianluca Comandini Un suggestivo itinerario lungo la via Emilia, partendo dalla Rocca dei Bentivoglio per arrivare - tra vecchie ferrovie e le vestigia degli antichi manieri - nel ridente borgo di Quattro Pastella
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l tempo è un lusso in un’epoca in cui la rincorsa alla lancetta dei secondi è un "must". Nella pianificazione di un viaggio da Bologna a Parma, perciò, il dubbio ricorrente è se optare per la veloce e noiosa autostrada o scegliere la direttrice della via Emilia, più lenta ma che, guadando le città, rende meno monotono il tragitto. Ma se la lentezza è una ricchezza di cui potete godere il consiglio è quello di montare in sella alla vostra bici e scegliere una terza opzione quella che, una volta abbandonato il caos della metropoli emiliana, vi por-
Castello di Spezzano - Fiorano Modenese
terà ai piedi dei primi contrafforti appenninici ad attraversare una pianura fatta di frutteti e castelli, vigneti e graziose cittadine a misura d’uomo, in un territorio dove l’agricoltura è molto più che una vocazione e si traduce in una cucina che, per tradizione, sa trasformare in sapore il saper fare di chi lavora la terra e alleva gli animali. Una volta abbandonato il capoluogo bastano poco più di venti chilometri per raggiungere Bazzano. La Rocca dei Bentivoglio che domina l’abitato è stata nei secoli oggetto di contesa fra signorie e comuni della zona, oggi è una
delle mete dei turisti curiosi che si avventurano fuori dai percorsi consueti. Proseguendo verso ovest il rosso delle ciliegie sugli alberi lungo la strada preannuncia l’arrivo a Vignola, la capitale italiana di questo gustosissimo frutto. Una volta giunti in città l’attenzione viene forzatamente attratta dal massiccio castello che negli ultimi anni ha subito un ottimo intervento di restauro ed è completamente visitabile, dalle segrete fino alle torri. Dopo una breve deviazione per apprezzare il recupero della vecchia ferrovia trasfor-
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Maranello la sede del Cavallino in via Enzo Ferrari
Parma il Duomo
mata in una pista ciclabile che arriva fino a Modena, si svolta verso Maranello, la città della “rossa”, con gli stabilimenti Ferrari e il museo che raccoglie le auto che hanno fatto sognare generazioni di appassionati di tutto il mondo. Superato Fiorano, il paese che ospita l’autodromo in cui vengono verificate le prestazioni dei bolidi del cavallino, in pochi minuti si entra a Sassuolo, cittadina nota per il maestoso palazzo che i duchi di Modena utilizzavano come residenza estiva. Si continua a pedalare in un territorio pianeggiante, ma mai uguale a se stesso,
fra casolari di campagna che testimoniano l’antica vocazione agricola di queste zone e caseifici che producono il pregiato parmigiano-reggiano, con le prime colline all’orizzonte a fermare lo sguardo. Attraversando il fiume Secchia si entra nella provincia di Reggio Emilia e ci si dirige verso la Rocca dei Boiardo nella cittadina di Scandiano. Il capoluogo è a pochi chilometri, ma rimanendo sulle strade di campagna si raggiunge il borgo di Quattro Castella con le fortificazioni che lo sorvegliano dai colli circostanti.
Gli ultimi chilometri scorrono tranquilli fra i campi, Parma è ormai vicina, lo si avverte dall’accento delle persone che sempre più spesso parlano con la tipica inflessione della città che fu di Maria Luigia d’Austria, e per raggiungerla si pedala piacevolmente lungo il torrente che attraversa la città e ne condivide il nome. Il grande polmone verde del parco ducale sull’altro lato dell’argine rappresenta un ottimo punto di arrivo per ritemprarsi all’ombra dei grandi alberi prima di concedersi una visita a questa città modello.
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A cura di Silvia Baldi
NATURALMENTE INBICI
ESCURSIONE IN MOUNTAIN BIKE A LUSERNA
L
userna è uno dei più importanti centri dell’Alpe Cimbra, un piccolo paese di montagna posto a circa 1.333 metri di altezza. Dall’abitato si diramano numerosi tracciati per la mountain bike che si sviluppano nei boschi e nei prati che circondano il paese. Quello proposto è un breve itinerario di 12 km particolarmente intensi dal punto di vista paesaggistico e ambientale. Si pedala attraverso boschi di abete rosso, su alte vette e dossi erbosi che dominano pascoli sconfinati. Lungo il percorso la mano dell’uomo si nota a malapena, tanto è in armonia con la natura. Partendo dal paese, la strada sterrata conduce presto in salita verso il
“bike chalet” Bait del Neff. Quindi si prosegue su sterrati ben battuti che si inoltrano in vasti prati ed alpeggi d’alta quota. Si arriva poi presso una delle principali fortezze belliche del Trentino, il Forte di Luserna, che domina dall’alto tutto il panorama del paese. Il forte merita certamente una visita poiché era il più grande della zona ed è stato recuperato magnificamente. Superato il forte, il percorso si avvia in discesa e rientra nel centro storico di Luserna. La cittadina ha una lunga tradizione culinaria di eccellenza: da provare le Kaiserschmarren, grosse crêpes servite con marmellata di mirtilli, il formaggio Vezzana ed il miele di montagna.
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