Paper #6 - La crisi economica e sociale del mezzogiorno è una pratica della politica

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LA CRISI ECONOMICA

E SOCIALE DEL MEZZOGIORNO

È UNA PRIORITÀ DELLA POLITICA PAPER #6


LA CRISI ECONOMICA

E SOCIALE DEL MEZZOGIORNO È UNA PRIORITÀ DELLA POLITICA

Le cifre da conoscere 1. PREMESSA Il Mezzogiorno d’Italia è un’area economica fondamentale non soltanto per il nostro Paese ma per l’Europa intera. E’ un’area importante per i suoi numeri assoluti, con una popolazione di 21,4 milioni di abitanti, cioè di appena 300mila persone superiore alle popolazioni di Grecia e Portogallo insieme, ma con un PIL di 371 miliardi di euro nel 2015, di 16 miliardi di euro più alto di queste due nazioni, sempre sommate tra loro. Il PIL del Mezzogiorno d’Italia, per fornire altri confronti di immediata comprensibilità, è più alto di quelli di Romania e Finlandia insieme oppure di Danimarca e Slovacchia insieme. Il Mezzogiorno ha eccellenze territoriali nella manifattura, non soltanto nell’alimentare, nel tessile- abbigliamento e nel calzaturiero ma anche in settori avanzati come la farmaceutica, l’aerospaziale, gli autoveicoli e l’elettronica. Il valore aggiunto manifatturiero della Campania, per offrire alcuni termini di riferimento, è più alto di quello della Slovenia e il valore aggiunto manifatturiero della Puglia è più alto di quello della Bulgaria. Il Mezzogiorno possiede un importante sistema portuale da potenziare e valorizzare ed è anche l’area macro-regionale più importante dell’UE per l’agricoltura, davanti al Bassin Parisien e al Nord-Est italiano, con un valore aggiunto agricolo più alto di quello della Gran Bretagna. Il Mezzogiorno sarebbe addirittura la quarta/quinta nazione agricola dell’UE escludendo l’Italia (che è la prima nazione), dopo Francia, Spagna e Germania, ponendosi più o meno alla pari con la Gran Bretagna. Le produzioni agricole in cui il Mezzogiorno eccelle in Europa sono il grano duro, gli ortaggi, la frutta fresca e l’olio d’oliva. Il Mezzogiorno è una importante meta di turisti stranieri, con 26,9 milioni di pernottamenti nel 2015: il doppio dell’Irlanda ma meno della metà delle Isole Baleari. Il che dà una idea della rilevanza turistica del nostro Sud e delle nostre Isole ma anche del loro potenziale ancora inespresso. Premesso tutto ciò, il dato di fondo su cui qui riflettere è però che la lunga crisi economica 2008-2013 ha inferto al Mezzogiorno un colpo molto duro, ampliando il divario territoriale che, nonostante le citate eccellenze, già in precedenza teneva ancora molto distanti i livelli di sviluppo del regioni del Meridione da quelle del resto d’Italia.

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Rispetto al Centro-Nord, nel 2008-2013 il Sud e le Isole hanno registrato flessioni molto più forti del PIL, dei consumi privati, dell’occupazione e del valore aggiunto di tutti i principali settori produttivi: flessioni a volte quasi doppie o triple. E la ripresa nel 2014-16 è stata più lenta ed incerta nel Mezzogiorno che nel resto del Paese. Le più recenti statistiche dell’Istat, sintetizzate in questo Paper, offrono un quadro globale della crisi del Sud e delle Isole su cui è necessario concentrare l’attenzione per capire le dimensioni e l’aggravarsi del problema del Mezzogiorno, nonché la complessità dello sforzo che la politica deve riuscire ad esprimere per evitare che la spaccatura economica e sociale del Paese si ampli in modo irreversibile.

2. LA CRISI DEL MEZZOGIORNO: IL QUADRO MACROECONOMICO COMPLESSIVO 2008-2014 Alcune cifre chiave sintetizzano la gravità della crisi economica del Mezzogiorno ereditata dal Governo Renzi ad inizio 2014: una crisi molto più forte nel Sud e nelle Isole che al Centro-Nord. Quasi una crisi “diversa”. Vediamo innanzitutto i dati del Prodotto Interno Lordo (PIL). Rispetto al 2007, nel periodo 2008-2013 il PIL del Centro-Nord è diminuito del 7,6% mentre nel Mezzogiorno la recessione non soltanto è durata un anno di più ma il PIL, sull’arco di sette anni, dal 2008 al 2014, è crollato del 12,8% (figura 1). Tuttavia, per capire meglio la profondità della crisi del Meridione è importante considerare attentamente anche la dinamica dei consumi delle famiglie: un indice che più dello stesso PIL può fornire una idea del reale livello di benessere della popolazione e degli effetti che può produrre su di essa una prolungata crisi economica come quella che abbiamo vissuto. Ebbene, si pensi che nel 2008-2013 nel Centro-Nord i consumi delle famiglie sono diminuiti del 5,7% mentre nel Mezzogiorno nel 2008-2014 hanno avuto una flessione più che doppia: cioè pari al -13%! (figura 2) Anche nei diversi settori produttivi il Mezzogiorno è stato colpito dalla recessione molto più del Centro- Nord. Nell’industria in senso stretto, ad esempio, il valore aggiunto del Centro-Nord ha perso il 13,2% nel 2008-2013 mentre il Mezzogiorno ha sperimentato nel 2008-2014 una caduta quasi tripla del 32,3%! Il valore aggiunto delle costruzioni nel Centro-Nord è diminuito del 31,6% nel 2007-2015 mentre nel Mezzogiorno è calato del 37,8% nel 2005-2014. Nei servizi il Centro-Nord ha perso il 3,4% nel 2009-2013 mentre il Mezzogiorno ha lasciato sul campo il 6,3% nel 2008-2013 (figure 3-5).

3. LA CADUTA DEI CONSUMI DELLE FAMIGLIE NEL MEZZOGIORNO: 2008-2014 Come detto, nel 2008-2014 i consumi delle famiglie sono mediamente diminuiti nel Mezzogiorno del 13%. La tabella 1 permette di avere un quadro di sintesi del calo di tutte le tipologie di consumi, alcune delle quali erano già tendenzialmente in flessione prima del 2007. La 2


terza colonna della tabella mostra la caduta massima delle varie voci dall’inizio della crisi (o dal precedente massimo) fino al punto di minimo. Gli intervalli sono ovviamente differenti per i vari tipi di consumi. Le variazioni negative più forti (superiori al 20%) sono state segnalate con il colore arancione più scuro; quelle medie (superiori al 10%) con l’arancione più chiaro; e, infine, i cali minori (inferiori al 10%) sono stati evidenziati in arancione chiaro. Si può osservare che la flessione più forte dei consumi delle famiglie meridionali ha interessato i beni durevoli (-34,6%), cioè trasporti, mobili, elettrodomestici. Minore è stato il calo dei beni non durevoli (- 18,4%) e dei servizi (-5,1%).

4. LO SHOCK OCCUPAZIONALE DEL MEZZOGIORNO: 2008-2014 Durante la lunga crisi precedente l’avvio del Governo Renzi, il Meridione ha subito un tracollo occupazionale di portata storica. La sua è stata inoltre la più forte emorragia occupazionale in assoluto tra le diverse aree geografiche italiane nel corso della crisi. Nel periodo 2008-2013, infatti, Sud e Isole insieme hanno perso in percentuale quasi il 59% del totale degli occupati persi dall’Italia, cioè circa 570mila persone su complessive 970mila. In particolare, il Mezzogiorno ha visto diminuire di oltre 200mila gli occupati dell’industria manifatturiera e di circa 190mila quelli del settore delle costruzioni (sulla base dei dati di contabilità nazionale, vedi tabella 2). L’ampiezza della caduta occupazionale nel Mezzogiorno è stata in realtà più ampia considerando i dati trimestrali destagionalizzati delle indagini sulla rilevazione delle forze di lavoro. Tra il 2° trimestre 2008 e il 2° trimestre 2014, infatti, gli occupati nel Mezzogiorno sono diminuiti di 643mila unità: un calo del 9,9%, molto superiore a quello del Centro-Nord, che tra il 3° trimestre del 2008 e il 1° trimestre del 2013 ha perso 414mila occupati, cioè il 2,5% circa (figura 6). La disoccupazione dei più giovani nel Mezzogiorno è arrivata a toccare un tasso medio annuo massimo del 55,9% nel 2014 nella fascia di età 15-64 anni e del 31,2% nella fascia di età 25-34 anni (vedi figura 7).

5. L’EXPORT DEL MEZZOGIORNO DURANTE LA CRISI Nell’ultimo decennio l’export del Mezzogiorno d’Italia ha sofferto soprattutto nell’anno della grande crisi del commercio mondiale, il 2009, immediatamente dopo lo scoppio della bolla immobiliare e finanziaria americana. In seguito vi è stata una buona ripresa delle esportazioni ma con una dinamica differenziata tra Sud e Isole. Infatti il Sud ha visto crescere progressivamente le proprie esportazioni anche per il forte contributo dell’export di autoveicoli della Basilicata nel 2015-2016. Al contrario, l’export delle Isole, che è fortemente concentrato sui prodotti petroliferi raffinati, ha fortemente risentito del calo del prezzo del petrolio ed ha fatto registrare una sensibile flessione nel triennio 2014-2016 (figura 8). La struttura dell’export del Sud e delle Isole è abbastanza differente (tabelle 3 e 4). Il Sud presenta una composizione più diversificata delle proprie esportazioni, anche se il successo 3


dello stabilimento di Melfi del gruppo Fiat-Chrysler ha portato il peso dei mezzi di trasporto ad un significativo 34,1% del totale nel 2016. Il Sud comunque ha anche nell’agricoltura e nell’alimentare-vini (che insieme pesano per il 17,6%), nella farmaceutica (7,2%) e nelle macchine e apparecchi (7%) altre tre voci molto importanti del proprio export, senza dimenticare la metallurgia (6,8%) e il tessile-abbigliamento-pelli-calzature (6,7%). Al contrario, l’export delle Isole è notevolmente concentrato, come già detto, sui prodotti petroliferi raffinati (63,5% dell’export totale). Le altre due sole voci con quote rilevanti, superiori al 5%, sono costituite dall’agricoltura-pesca-alimentari-vini (11,7%) e dalla chimica (6,5%).

6. POVERTÀ E DEPRIVAZIONE NEL MEZZOGIORNO: LA SITUAZIONE NEL 2015 E NEGLI ANNI PRECEDENTI Secondo l’ultima indagine dell’Istat sulle condizioni di vita degli italiani1, nel 2015 il 19,9% delle persone residenti in Italia risulta “a rischio di povertà”, vive cioè in famiglie che nel 2014 avevano un reddito familiare equivalente inferiore al 60% del reddito mediano; l’11,5% si trova in condizioni di “grave deprivazione materiale”, mostra cioè almeno quattro dei nove segnali di deprivazione individuati2; l’11,7% vive in famiglie “a bassa intensità di lavoro”, ossia in famiglie con componenti tra i 18 e i 59 anni che nel 2014 hanno lavorato meno di un quinto del tempo. La popolazione italiana a rischio di povertà o esclusione sociale, pari al 28,7% (17.469.000 individui) include tutti coloro che si trovano in almeno una delle suddette tre condizioni. Secondo la stessa indagine, nel 2015 gli abitanti del Mezzogiorno a rischio di povertà ed esclusione sociale erano il 46,4% della popolazione (contro il 17,4% del Nord e il 24% del Centro). Gli individui “a rischio di povertà” nel Mezzogiorno erano il 34% della popolazione; quelli in “grave deprivazione” il 20,4%; e quelli “a bassa intensità lavorativa” il 20,3%. I dati relativi al reddito e alla bassa intensità di lavoro si riferiscono al 2014; quelli più recenti, relativi al 2015, riguardano invece la severa deprivazione materiale, le cui serie storiche sono raffigurate nella figura 9. Come si può notare, il tetto di persone “deprivate” è stato toccato in Italia e in tutte le macro-regioni italiane nel 2012, anno di picco della fase dell’austerità, ad eccezione del Nord Est in cui la percentuale storica più alta di persone deprivate è stata raggiunta nel 2013. Nel 2012 i “deprivati” nel Sud hanno toccato un massimo del 23,9% e quelli delle Isole del 29,2% rispetto alle rispettive popolazioni.

1 Istat, Condizioni di vita e reddito. Anno 2015, Comunicato stampa, 6 dicembre 2016. 2 Sono definiti individui deprivati, secondo una procedura definita in sede Eurostat, le persone in famiglie che, in base alle interviste, registrano almeno quattro segnali di deprivazione materiale sui nove indicati qui di seguito: 1) essere in arretrato nel pagamento di bollette, affitto, mutuo o altro tipo di prestito; 2) non poter riscaldare adeguatamente l’abitazione; 3) non poter sostenere spese impreviste di 800 euro; 4) non potersi permettere un pasto adeguato almeno una volta ogni due giorni; 5) non potersi permettere una settimana di vacanza all’anno lontano da casa; 6) non potersi permettere un televisore a colori; 7) non potersi permettere una lavatrice; 8) non potersi permettere un’automobile; 9) non potersi permettere un telefono.

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Si può osservare che rispetto agli anni pre-crisi, la percentuale di persone deprivate nel 2012 è grosso modo raddoppiata in Italia e in tutte le diverse macroregioni, incluso il Mezzogiorno. In seguito la percentuale è calata ed è poi rimasta sostanzialmente stabile (considerando anche un intervallo di confidenza del +/-5%). Ciò è positivo ma resta il fatto che le condizioni di deprivazione restano estremamente elevate, soprattutto nel Sud e nelle Isole, evidenziando un disagio economico-sociale molto diffuso. In particolare, nel 2015 la percentuale di individui che nel Mezzogiorno non erano in grado di sostenere spese impreviste di 800 euro era del 55,1%; sempre nel Mezzogiorno gli individui che durante l’anno non potevano permettersi una settimana di vacanza lontano da casa erano il 67,3%; coloro che avevano arretrati per mutuo, affitto, bollette o altri debiti erano il 21,1%; coloro che non riuscivano a fare un pasto adeguato almeno ogni due giorni erano il 17,4%; e, infine, coloro che non riuscivano a riscaldare adeguatamente l’abitazione erano il 29,2%. Si aggiunga a tutto ciò che la percentuale di individui poco o per nulla soddisfatti della loro condizione economica, secondo un altro tipo di indagine svolta dall’Istat, ha toccato nel Mezzogiorno d’Italia un massimo del 67,5% nel 2013.

7. TURISMO E AGRICOLTURA IN CONTROTENDENZA: LA DINAMICA 2009-2015 Durante la crisi, fortunatamente, due settori hanno parzialmente controbilanciato la negativa performance del Mezzogiorno d’Italia nell’industria, nelle costruzioni e nei servizi. Parliamo del turismo e dell’agricoltura. Il turismo internazionale è cresciuto sia nel Sud sia nelle Isole. Dal 2009 al 2015 i pernottamenti di turisti stranieri nel Mezzogiorno, pur restando ancora molto distanti dai risultati di aree di eccellenza del Mediterraneo come le Isole Baleari, sono aumentati complessivamente di oltre 6,3 milioni, toccando nel 2015 quota 26,9 milioni. Le presenze di turisti non residenti sono cresciute in tutte le regioni del Mezzogiorno ad esclusione dell’Abruzzo (tabella 5). Di un certo rilievo è il “sorpasso” del Mezzogiorno d’Italia, in termini di presenze straniere, rispetto al Sud della Francia (Provenza-Linguadoca-Costa Azzurra-Alpi), intervenuto già prima dell’attentato terroristico di Nizza dell’estate 2016 (figura 11). Anche l’agricoltura, silvicoltura e pesca del Mezzogiorno ha fatto registrare un buon andamento negli anni della crisi. Il valore aggiunto a prezzi correnti di questo settore nel Sud e nelle Isole ha mostrato un trend ascendente dal 2009 al 2015, migliore di quello del Centro-Sud della Spagna (figura 12). Turismo ed agricoltura sono due settori importanti per il nostro Mezzogiorno, che hanno margini di miglioramento significativi, legati anche ad una migliore infrastrutturazione e alla valorizzazione delle eccellenze del territorio.

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8. L’IMPEGNO DEL GOVERNO RENZI PER IL MEZZOGIORNO NEL 2014-2016 Il Governo e il gruppo dirigente PD sono stati accusati di avere sottovalutato la crisi del Mezzogiorno d’Italia. E lo stesso esito del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, in cui il no è stato nettamente prevalente al Sud e nelle Isole, è stato da molti interpretato più come una bocciatura dell’Esecutivo Renzi e delle sue politiche economiche da parte della popolazione meridionale che come un rigetto del quesito referendario nel suo merito specifico. Questa critica è ingenerosa perché Il Governo Renzi, sin dal suo insediamento nel febbraio 2014, ha immediatamente valutato la crisi economica dell’Italia che si trovava a fronteggiare soprattutto come “una crisi del Mezzogiorno”: un vero e proprio disastro produttivo ed occupazionale prevalentemente concentrato da Roma in giù. I numeri che abbiamo illustrato nei paragrafi precedenti, che pure non inglobano altre emergenze successive come le ondate migratorie o il recente terremoto del 2016 a cavallo tra Centro e Sud, lo dimostrano ampiamente. Di fronte a una crisi economico-sociale del Meridione di tale portata, il Governo Renzi è sempre stato consapevole del fatto che miracoli non erano possibili. Chi li promette oggi, come fa il M5S o certe frange populiste di sinistra e di destra, non rende un buon servizio ai cittadini meridionali. Non è illudendo gli abitanti di Napoli o di Palermo, della Calabria o della Sardegna con promesse di facili inversioni di tendenza o di un reddito universale di cittadinanza che li si può aiutare ad avere una vita migliore o più concrete prospettive di lavoro. Il Governo Renzi, non avendo la bacchetta magica che altri si vantano di avere, ha dovuto “sporcarsi le mani” con la crisi del Mezzogiorno e l’ha affrontata di petto, a cominciare dalle molte emergenze aziendali che sono state pazientemente risolte o limitate, evitando ben maggiori perdite occupazionali, o opponendosi a piaghe dilaganti come il caporalato che è stato contrastato con il varo di una legge specifica. Il tasso medio annuo di disoccupazione giovanile della fascia 15-24 anni del Mezzogiorno è sceso dal 55,9% del 2014 al 51,6% nel 2016; quello della fascia 25-34 anni nello stesso periodo è calato dal 31,2% al 30%. Più in generale, per far fronte all’emergenza economica, il Governo ha innanzitutto adottato una serie di misure trasversali a livello nazionale per restituire un po’ di reddito agli italiani dopo la mannaia dell’austerità che si era abbattuta su di loro nel 2012-2013. Tra tali misure va rivendicata l’importanza degli 80 euro, pur da molti criticati o addirittura declassati al rango di “mancia elettorale”, che sono stati in realtà una operazione redistributiva di equità. Una misura che ha portato un po’ più di denaro in tasca anche a tante persone poco agiate del Mezzogiorno: infatti, secondo le dichiarazioni Irpef 2016 relative al 2015, il bonus 80 euro è spettato in quell’anno (al netto di integrazioni e restituzioni di somme non dovute) ad oltre 3,6 milioni di cittadini meridionali per complessivi 2,7 miliardi di euro, con una erogazione media annua di 737 euro per beneficiario. Anche l’abolizione dell’IMU/Tasi sulla prima casa ha permesso alla popolazione del Sud e delle Isole di avere a disposizione un po’ di prezioso denaro in più. E nel 2014-2015 le decontribuzioni e il Jobs Act hanno stimolato nel Mezzogiorno il recupero di circa 150mila occu6


pati in media d’anno. Non è un caso, quindi, che nel 2015 i consumi delle famiglie meridionali si siano finalmente ripresi: +1,2%3. Inoltre, secondo l’Istat, la percentuale di cittadini severamente deprivati, cioè incapaci di poter accedere ad una serie di consumi basilari (vedi nota 2 a pag. 4), è scesa al Sud dal picco massimo del 23,9% del 2012 al 18,6% del 2015 e nelle Isole dal 29,2% al 24,2% nello stesso periodo. Allo stesso tempo la percentuale di cittadini meridionali poco o per nulla soddisfatti della loro condizione economica è scesa dal picco del 67,5% toccato nel 2013 - in piena fase di austerità - al 58,9% del 2016. E’ chiaro che questi miglioramenti ancora non bastano e che rimane in larga parte della popolazione meridionale un diffuso disagio economico-sociale e un senso di malcontento verso la politica a cui non il PD responsabilmente non si sottrae ma che vorrebbe almeno “condividere” con chi ha consegnato al Governo Renzi un Mezzogiorno in condizioni così disastrate (e oggi magari finge di dimenticarsene). A loro volta misure come l’eliminazione della componente lavoro dell’Irap per le imprese, l’abolizione dell’Irap agricola, il rifinanziamento della nuova Legge Sabatini e il super-ammortamento, hanno aiutato l’industria e l’agricoltura non solo nel Centro-Nord ma anche e soprattutto nel Meridione. Nel 2015 il valore aggiunto dell’industria meridionale ha finalmente mostrato un primo timido segnale positivo, +0,5%, e l’agricoltura ha messo a segno un forte progresso, +7,1%4. Il turismo, come abbiamo visto, è cresciuto e vi è stato un buon recupero anche da parte del settore delle costruzioni, sostenuto dallo sblocco dei lavori pubblici. Non è accaduto nessun miracolo, è evidente, ma vi sono stati semplicemente dei primi passi in avanti. Che saranno seguiti da altri progressi se il Jobs Act verrà completato, se miglioreranno le politiche attive per il lavoro e resi meglio funzionanti i centri per l’impiego, che nel Mezzogiorno non hanno finora ben funzionato. Le stime e le prime previsioni per il 2016 ci dicono che l’economia e l’occupazione del Mezzogiorno stanno ancora faticando. In particolare, dopo una buona ripresa nel 2015 e nella prima parte del 2016 gli occupati hanno ripreso a calare nel 3° e 4° trimestre 2016 (figura 6). Anche per queste ragioni è stata adottata specificamente per il Meridione d’Italia una misura come la decontribuzione totale sui nuovi assunti nel 2017. E sono stati implementati i fondi per il contrasto alla povertà. Nella nostra visione i problemi strutturali del Meridione d’Italia, già gravi prima della crisi 2008-2013, si possono risolvere soltanto con molto lavoro, impegno e riforme da parte di chi governa. Non con gli slogan né cavalcando il malcontento popolare per costruire un effimero consenso. Crediamo altresì nel potere catalizzante del rilancio di poli che fungano da modelli aggregatori come Pompei, la reggia di Caserta, Matera, la nuova Bagnoli, ecc. O di infrastrutture come la Salerno-Reggio Calabria e l’Alta Velocità in Puglia. Luoghi e reti “simbolo”, molto importanti anche per sconfiggere i modelli disgregatori della mafia, della camorra, delle eco-balle e della malavita organizzata. Ma, soprattutto, la vera rivoluzione che serve al Mezzogiorno è quella di una pubblica amministrazione più moderna ed efficiente, capace di offrire ai cittadini servizi migliori e diffusi. Qui il copione è ancora tutto da scrivere. 3 Mancano ancora i dati relativi all’anno 2016. 4 Mancano ancora i dati relativi all’anno 2016.

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Il PD che abbiamo in mente per il futuro vuole continuare ad essere un partito di governo non per fare miracoli ma per continuare a lavorare responsabilmente giorno dopo giorno per un vero cambiamento del nostro Paese, specialmente nel Meridione. specialmente nel Meridione.

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IN cammi no


TABELLE E FIGURE


FUGURA 1

FIGURA 2

11


FIGURA 3

FIGURA 4

12


FIGURA 5

TABELLA 1 Tabella 1

CONSUMI DELLE FAMIGLIE NEL MEZZOGIORNO

(valori concatenati, anno 2010, milioni di euro; famiglie residenti e non residenti sul territorio economico)

Tipologie di consumi

alimentari e bevande non alcoliche bevande alcoliche, tabacco, vestiario e calzature abitazione, acqua, elettricitĂ , gas mobili, elettrodomestici e manutenzione casa sanitĂ trasporti comunicazioni ricreazione e cultura istruzione alberghi e ristoranti beni e servizi vari totale consumi delle famiglie di cui: beni durevoli beni non durevoli servizi Fonte: elaborazione su dati Istat

anni di massimo e di minimo durante la crisi (o da periodo precedente)

Variazione % durante la crisi (o da periodo precedente)

2006-2014 2007-2013 2008-2013 2011-2014 2006-2013 2008-2013 2003-2013 2007-2013 2007-2013 2001-2014 2007-2013 2006-2013 2007-2014 2006-2013 2005-2014 2008-2013

-16,6% -12,4% -15,9% -3,9% -20,3% -11,4% -32,0% -9,2% -14,8% -28,2% -4,3% -21,5% -13,0% -34,6% -18,4% -5,1%

Variazione % 2015 su 2014

1,2% 8,2% 0,7% 0,9%

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TABELLA 2 Tabella 2

DIMINUZIONE DEGLI OCCUPATI NEL MEZZOGIORNO DURANTE LA CRISI 2008-2013 (variazioni assolute in migliaia rispetto al 2007) ITALIA Nord Centro Mezzogiorno TOTALE -972 -268 -136 -567 di cui: Agricoltura Manifattura Costruzioni Servizi

-93 -658 -318 93

-27 -320 -91 169

-15 -122 -34 39

di cui: commercio -136 -54 -26 alloggio e ristorazione 81 53 21 amministrazione pubblica -98 -32 -15 istruzione -159 -53 -25 sanità e assistenza sociale 148 91 29 personale domestico 181 89 60 Fonte: Istat, dati di contabilità nazionale al dettaglio macroregionale, dicembre 2016

-51 -209 -193 -114 -56 7 -50 -81 28 32

FIGURA 6

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FIGURA 7

FIGURA 8

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TABELLA 3 Tabella 3

ESPORTAZIONI DEL SUD ITALIA: 2014-2016

(Principali prodotti; valori in milioni di euro) Classificazione ATECO

2014

2015

2016

Composizione % Anno 2016

CL-Mezzi di trasporto CA-Prodotti alimentari, bevande e tabacco CF-Articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici CK-Macchinari ed apparecchi n.c.a. CH-Metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti CB-Prodotti tessili, abbigliamento, pelli e accessori CG-Articoli in gomma e materie plastiche, altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi AA-Prodotti dell'agricoltura, della silvicoltura e della pesca CE-Sostanze e prodotti chimici CJ-Apparecchi elettrici CM-Prodotti delle altre attivitĂ manifatturiere

6.623 3.744

8.734 4.046

10.754 4.172

34,1% 13,2%

2.291

2.134

2.259

7,2%

2.088

2.144

2.217

7,0%

2.164

2.024

2.137

6,8%

2.167

2.145

2.126

6,7%

1.619

1.582

1.577

5,0%

1.175

1.411

1.373

4,4%

1.156 890

1.111 977

1.132 1.090

3,6% 3,5%

873

942

972

3,1%

CI-Computer, apparecchi elettronici e ottici

499

709

843

2,7%

CC-Legno e prodotti in legno; carta e stampa

398

394

380

1,2%

26.384

29.066

31.530

100,0%

Totale Fonte: Istat

TABELLA 4 Tabella 4

ESPORTAZIONI DELLE ISOLE: 2014-2016

(Principali prodotti; valori in milioni di euro)

2014

2015

2016

Composizione % Anno 2016

10.315

8.945

7.166

63,5%

CE-Sostanze e prodotti chimici

942

1.088

880

7,8%

CA-Prodotti alimentari, bevande e tabacco AA-Prodotti dell'agricoltura, della silvicoltura e della pesca CH-Metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti

644

702

733

6,5%

506

542

582

5,2%

301

316

353

3,1%

CI-Computer, apparecchi elettronici e ottici CG-Articoli in gomma e materie plastiche, altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi CF-Articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici

515

539

326

2,9%

208

227

219

1,9%

143

147

207

1,8%

CK-Macchinari ed apparecchi n.c.a.

193

193

200

1,8%

CL-Mezzi di trasporto BB-Prodotti dell'estrazione di minerali da cave e miniere CB-Prodotti tessili, abbigliamento, pelli e accessori

167

118

121

1,1%

123

98

120

1,1%

80

93

111

1,0%

49

118

111

1,0%

14.323

13.273

11.281

100%

Classificazione ATECO CD-Coke e prodotti petroliferi raffinati

CJ-Apparecchi elettrici Totale Fonte: Istat

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FIGURA 9

FIGURA 10

19


TABELLA 5 Tabella 5 Pernottamenti di turisti stranieri nel Mezzogiorno d'Italia (numero di presenze) 2009

2010

2011

2012

2013

2014

2015

831.818

925.884

1.009.512

1.030.797

980.193

870.288

814.265

46.826

51.389

55.745

41.813

42.854

42.157

47.099

CAMPANIA

6.976.320

7.403.277

8.242.638

7.976.125

8.115.338

8.176.727

8.672.439

PUGLIA

1.646.751

1.848.669

2.177.371

2.286.595

2.446.689

2.547.305

2.675.795

158.262

155.157

154.307

148.094

172.223

215.011

228.961

1.472.171

1.399.211

1.639.946

1.645.323

1.663.416

1.618.710

1.646.288

5378455

5297512

5.904.028

6.310.821

7.148.069

7.107.368

6.967.871

4.066.558

4.023.759

4.469.248

4400649

4908201

5.316.299

5.838.536

ABRUZZO MOLISE

BASILICATA CALABRIA SICILIA SARDEGNA

TOTALE 20.577.161 21.104.858 23.652.795 23.840.217 25.476.983 25.893.865 26.891.254 MEZZOGIORNO Fonte: Istat

FIGURA 11

20


FIGURA 12

21


IN cammi no

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