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LATE GOST
La deflagrazione di potenze ambivalenti generatrici di incertezza, la dissipazione del senso, il do-minio di macchine oscure, la convivenza con parole depotenziate, post-immagini e forme disabi-tate, chiede di interagire con forze inattese in grado di dislocare il punto di vista sulla realtà. Ab-bandonando abitudini, sorvolando campi politicamente minati, rientrando nella terra ignota map-pata da nuove coordinate, la pratica dell’arte contemporanea è una grafia mancina, una scrittura a rovescio, che richiede uno specchio per per svelare il rovescio del senso. Come un presagio circondato dall’ombra di orizzonti che si fondono in un movimento infinito di apparizione e spari-zione, l’arte è uno spettro vivente e irriverente che si nutre della disubbidienza ai luoghi comuni per risvegliare dal sonno dell’attenzione. Fantasma ritardatario, ospite inatteso, volatile apparizio-ne tra onde che avanzano fluide trattenendosi nelle domande. Artisti presenti: Andrea Cereda, Sonia Scaccabarozzi, Alessio Ceruti, Dhoino, Raffaello Talò, Luigi Colarullo, Vittorio Simonini, Laura Belloli, Carlo Cecaro, Silvio Pasqualini, Sergio Zagallo, Riccardo Riva, Elisabetta Oneto.
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SERGIO ZAGALLO - HOMELESS
Gli homeless sono esoscheletri deposti sulla risacca urbana. Apolidi, noumeni umani gettati nell’assoluta alterità sequestrata della dignità. Apparizioni geologiche prima che antropologiche, presenze fossili impassibili, sguardi fuori campo attraversati dalla rimozione collettiva dell’attenzione. Storie interrotte, dislocazioni forzate che svelano i manierismi e travestimenti etnografici, presentandosi come pura presenza fenomenologica. Apparizioni come vissuti appassiti che incontrano la nostra impura intenzionalità. Orme di ombre incespicate sui territori securitari della paranoia del controllo. Calpestando territori di confine, attraversando campi politicamente minati, come pure forze biologiche debordanti oltre i recinti di protezione. Colpevoli di innocenza.
LAURA BELLOLI
Un disegno che unisce alla precisione microscopica una qualità descrittiva entomologica, una cosmogonia botanica per un mondo ibrido destinato alla mutazione.Un infinito nastro narrativo di storie dipinte che si dispongono secondo un ritmo sincronico di eventi disposti in un tempo allo stato nascente. Una genealogia di entità misteriose zoomorfe disposte su mondi paralleli. Una cartografia emozionale di un universo simbolico ed allegorico dove la metamorfosi interiore viene narrata attraverso una mitologia di esseri metamorfici. Un camouflage dell’anima dell’artista in un sottobosco di tappeti cromatici e soffuse sovrapposizioni di stesure, filtrate attraverso una natura sempre pronta ad assorbire i timbri più squillanti assimilandoli in un gioco di note congegnate per elidersi reciprocamente: affinché tutto sopravviva trasformandosi.
Milanese, poeta visivo, miniaturista, artista concettuale, pittore e performer. Minimalista dedito a pratiche di opere di “pacchettage”. Creatore dell’avventura poetica “Cartello mania”. Nei suoi cartelli l’artista si è ispirato al modulo consolidato delle transazioni immobiliari per realizzare opere aspre intransigenti di critica sociale e di poesia urbana realizzando cortocircuiti semiotici che incendiano il senso comune svelando il retroscena di alienazione etica e sociale del presente. Fondatore morale del “Ponte degli artisti” con la pratica artistica esistenziale dell’omonimo capolavoro di urban art: un’opera virale in progress di contaminazione urbana donata alla città e per ora inaccessibile a causa della chiusura dello storico ponte di Porta Genova.
CARLO CECARO CARTELLO MANIA
ANDREA CEREDA
Impossibile freeze-frame, immagine congelata nel corpo della visione, impressa nella imperma-nenza fluida dell’immagine. L’occhio è uno specchio di ghiaccio che non trattiene memoria di ciò che è guardato. “Esse est percipi” nell’evanescenza delle percezioni liquide senza alcun centro focale del fluido immemoriale. Indecisa tra sogni e visioni, nelle intermittenze delle passioni ritma-te dal metronomo di un battito di palpebre, l’immagine liquefatta in lacrime disciolte nell’anima del Mondo.
ANDREA CEREDA INNOCENTIA
ALESSIO CERUTI - LA MACCHINA DELLE CARAMELLE
Tra Willy Wonka e Lewis Carroll, una favola regressiva che diventa un apologo organico suggerendo una riconversione ai processi naturali spontanei, alle essenze naturali, sempre più scarse e dunque preziose. L’oro del futuro è nel forziere dei giacimenti dei beni primari. Occorre una macchina simbolica una slot-machine che distribuisce un jackpot di caramelle al posto dei gettoni d’oro. SI deve invertire la ruota della storia se si vuole ritornare a godere della felicità nella semplicità ed invertire il corso della tecnica per ritornare a distribuire sogni naturali, per decostruire il sogno faustiano di potere e trasformazione artificiale. La ricetta della felicità è la purezza dei cicli organici, superando il mito alchemico della pietra filosofale, non più alla ricerca della sintesi aurea che trasforma tutto in oro, ma cogliendo il dono olimpico dell’ambrosia, il nettare degli dei, il dolce spirituale dell’innocente purezza naturale.
LUIGI COLARULLO
La fotografia e il processo di post-produzione di Luigi Colarullo si interroga sulla fenomenologia della vi-sione sulle condizioni di possibilità della fotografia contemporanea e agisce sulla sulla genealogia dell’icona. L’artista è consapevole che l’immagine è sempre un enigma: un intreccio di geroglifici sfuggenti, un sistema impenetrabile di variazioni di luce che si richiude ermeticamente su se stesso, indisponibile ad una lettura umana. Visioni trascritte nel codice digitale, stringhe di istruzioni cifrate, codici di segni illeggibili, non pronunciabili: mistiche istruzioni esoteriche che contengono la formula della magia dell’apparizione dell’immagine. Un’opera concettuale che interroga lo status ontologico della luce, la sua condizione di esistenza come campo di luminescenza e la sua caratterizzazione metafisica come eco di un pensiero.
L’artista sa avventurarsi in una direzione di deflagrazione dell’immagine in una direzione de-costruttiva capace di interrogare il senso delle immagini nella loro origine liquida.
DHOINO - HISTORY OF FIVE
Stravagante enigma olfattivo evaporato nell’oblio, dove se non nell’oblio? Abitando la smemoratezza, perdendo il contatto coi segni, inconsapevole preda di delirio. Una opera totale, una incursione ai confini del lato oscuro della storia. Una allegoria da camera attorno ai simboli faustiani e ai suoi simulacri spettrali. L’imperialismo del nichilismo sempre allo stato nascente,. Il domino della moda avanza al passo d’oca attraverso i segni, il controllo delle menti, la diffusione sensoriale, il mito estetico sadomasochistico, il feticcio di derivazione decadente. Un inquietante cabaret berlinese anni trenta trasposto in un delirante shop post-moderno. La tecnica del controllo delle elites passa attraverso il possesso dei simboli, la manipolazione dell’immaginario. Messaggi subliminali veicolati attraverso la rotazione, la permutazione dei brand, fino alla apparizione finale. Una moda dispotica per un mondo distopico dove si reincarna il totalitarismo del controllo sull’uomo estetico di massa. I profumi sono gas venefici che avvelenano il sistema nervoso. L’aroma è preciso, inesorabile, implacabile nel provocare uno squarcio nella densità spazio temporale, è un coltello nella notte che dischiude una fenditura tra due eternità, futura e passata. L’odore è il vettore che varca la soglia tra smarrimento e scoperta, divaga, divaga in un tempo confuso, sembra installarsi nel passato per poi cancellarsi. La percezione olfattiva è mobile, una mutevole, incontenibile, fluttuazione. L’immagine olfattiva è la proiezione di densità differenziali di segni che colpiscono la mente, una dinamica infinita di linee di fuga divergenti, collisioni dissonanti ricombinare fino all’ossessione. La fisiologia organica del profumo si accompagna alla fenomenologia della memoria come movimento involontario di risorgenza.
ELISABETTA ONETO MYOSOTIS
Un nodo ai pensieri per ricordarsi di non dimenticare, un legame mnemotecnico per stringersi alla fedeltà con se stessi. La memoria volontaria oltre il destino della smemoratezza, la memoria involontaria intinta nel ricordo come metafora, Disposti a lasciarsi attraversare da una scia, uno strascico di conseguenze, analogie tra tempi, distratti ma non intrappolati tra istanti ed effetti non ritrattabili,
SILVIO PASQUALINI: MELODY FOR MOLOCH
L’eclissi del senso accarezza il silenzio della pittura. Nero oltre-nero non è il punto zero cromatico, ma una stazione di ascolto oltre l’apparente reticenza del soprannaturale. Soglia tra vibrazione di ciò che rimane della pittura oltre l’immobilità del concetto, complice omertà di una trascendenza silente che chiede di specchiarsi nel buio. La folgorazione notturna nell’apparizione del fantasma dell’immagine, la traduzione impossibile del geroglifico, la fuga nel mistero, il volo mistico di idee numero, di cifre del caso nella notte di un tempo antecedente.
RICCARDO RIVA BISOGNI PRIMARI
Riccardo Riva, nato a Milano, vive e lavora a Cernobbio sul lago di Como. Danzatore, pittore gestuale, scultore polimaterico. Crede nell’improvvisazione come metodo artistico e pratica creativa declinata in una molteplicità di linguaggi. Ha fatto della danza non solo un mezzo di libera espressione, ma anche occasione di terapia sociale fondando una scuola di danza terapia ispirata al Metodo Fux. Attraverso installazioni ambientali e sculture di materiali di riciclo altamente evocativi, le opere di Riccardo Riva si concentrano sul senso del rito di passaggio, l’approdo a un nuovo mondo come metamorfosi ontologica ed antropologica, riflettendo sul valore simbolico ed etico dell’oltrepassare la soglia di un orizzonte di conoscenza per una opportunità di sopravvivenza.
SONIA SCACCABAROZZI ONDA ANOMALA
Improvvisa, inattesa, dirompente oltre qualsiasi difesa, scavalca il presente e si getta nel futuro come onda eccentrica: un vettore deflagrante di linee di forza pronte a scagliare cascate di energia liquida in un movimento attorno al centro silenzioso del ciclone. Una tempesta congelata in uno slancio spezzato di traiettorie controvento che si frangono su se stesse. La forza non è la compattezza della massa, ma la direzione, la convinzione della materia di superare se stessa in mille schegge impazzite. Un misterioso potere che genera un caos meccanico di dissipazione, un’onda anarchica di distruzione creativa, un gioco meccanico che mima l’origine, già pronta a deviare oltre le traiettorie oltrepassando il prevedibile.
VITTORIO SIMONINI
Vittorio Simonini intende dare corpo all’incorporeo, penetrando il mistero della conversazione di un’anima con se stessa mostrando il ronzio vorticoso della germinazione, il suo instabile carattere libero e mobile. Il ruolo dell’artista ricalca quello di un custode dell’autenticità attraverso la cura della spontaneità e della purezza dello sguardo, unendo l’innocenza e la miracolosa forza della fragilità. Siamo dove sogniamo – sembra suggerire l’artista - dove si promette l’impossibile, dove si disattende ogni principio di realtà, dove anime sconosciute si scoprono simultanee, implicate senza nessuna ragione apparente, senza alcuna ragione sufficiente. Attraverso le sue performance e le sue opere alimenta il fuoco di una continua tensione interna di irriducibile autenticità di artista e di integrità personale. L’anima vive l’aspirazione alla pienezza della vita nella consapevolezza della ineludibile responsabilità personale e del coinvolgimento nel mondo. Dare forma alla propria arte coincide col plasmare la propria anima, un processo auto-poietico di creazione e di cura di sé. Attraverso il fuoco, per bruciarsi o temprarsi. In uno slancio iconoclasta l’artista incendia proprie sculture: smarrimento e concentrazione nella combustione. Come un monaco buddista, il darsi fuoco è un atto di fede nella possibilità di trasformare il mondo attraverso il rituale di un sacrificio personale. Uccidere le proprie opere per salvare l’autenticità del proprio essere artisti.
RAFFAELLO TALÒ
Galleggiando dentro un viaggio in surplace, tra colori rubati al fluire, svaligiando desideri in transito nel rincorrersi. La vita sfuggente lungo traiettorie controvento lungo falsi meridiani. Valige scassinate. Mappe pericolose di colori avvelenati. Soffocati dalla fine delle distanza sommersi dalla liquida ubiquità. Tutto il viaggio condensato nella ridondanza di un’unica immagine finalmente coincidente. Viaggi veloci e valige ammainate come vele. Partiti da ciò che è stato dimenticato e rimpatriati nei dintorni della libertà.