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LA BIENNALE ARTE DI vENEzIA

La 59a Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia, in programma dal 23 aprile (invece che a maggio, come da tradizione) al 27 novembre, sarà la più lunga di sempre. E anche una delle più ricche in assoluto, con un numero altissimo di partecipanti (ben 213, provenienti da 58 nazioni), di opere e oggetti in mostra (ben 1433, di cui 80 nuove produzioni e pochissimi video). Forse perché la curatrice Cecilia Alemani è stata incaricata poche settimane prima dell’inizio della pandemia, che poi ha portato allo slittamento di questa edizione dal 2021 al 2022. La Biennale di Venezia 2022 prende il titolo da un libro di fiabe (Il latte dei sogni) di Leonora Carrington, popolato dalle creature fantastiche che l’artista surrealista aveva disegnato per i suoi figli sulle pareti della loro cameretta. «Un libro che racconta di esseri ibridi e mutanti, che cambiano dall’umano al naturale, al meccanico, immaginando un mondo in cui tutti possono trasformarsi, cambiare e divenire altro», ha spiegato la Alemani illustrando il suo progetto curatoriale. Nato quasi tutto online a causa del lockdown. «Ho voluto pertanto scegliere le figure della trasformazione della Carrington e la Carrington stessa come compagni di un viaggio che attraversa le metamorfosi dei corpi e le definizioni di umano», ha sottolineato la curatrice, che ha, perciò, provato a riassumere nella mostra grandi questioni, anche esistenziali (quali «Come sta cambiando la definizione di umano?», «Quali sono le differenze che separano il vegetale, l’animale, l’umano e il non umano?», «Quali sono le nostre responsabilità nei confronti dei nostri simili, delle altre forme di vita e del pianeta che abitiamo?», «Come sarebbe la vita senza di noi?»), in tre tematiche («che non sono in alcun modo sezioni o parti della mostra»): la rappresentazione dei corpi e le loro metamorfosi; la relazione tra gli individui e le tecnologie; i legami che si intrecciano tra i corpi e la Terra. Sul primo punto l’esposizione presenterà le opere di artisti «che stanno immaginando una condizione postumana, mettendo in discussione la figura universale e prettamente occidentale dell’essere umano, in particolare del soggetto bianco occidentale, come misura di tutte le cose e misura del mondo. A questo modello rinascimentale e illuminista contrappongono, invece, alleanze diverse, corpi fantastici ed esseri permeabili».

Il secondo tema indagherà su luci e ombre della tecnologia, vissuta prima della pandemia come un mezzo per perfezionare il nostro corpo, dal quale si poteva, però, venire sopraffatti e, durante il Covid,

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come uno strumento che ci ha resi più vicini, ma che, in un certo senso, ci ha anche separati. Circa la terza tematica la Alemani spiega che «sempre continuando sull’idea del postumano, tantissimi artisti stanno immaginando anche un futuro e un mondo in cui dichiarano la fine dell’antropocentrismo, celebrando una nuova comunione tra gli esseri, il pianeta e altre forme di vita, in un rapporto che non sia gerarchico o estrattivo, ma un rapporto di armonia e di simbiosi con altre specie e altre forme di vita» e che, dunque, essa è sostanzialmente dedicata alla «fine della centralità dell’uomo». In questa Biennale l’Arte spicca un altissimo tasso di ‘new entry’ (180 dei 213 artisti presenti saranno al loro debutto a Venezia). E di partecipazione femminile (Christina Quarles, Carol Rama, Barbara Kruger, Ibrahim El-Salahi, Ali Cherri, Prabhakar Pachpute, Lynn Hershman Leeson, Marguerite Humeau, Rosana Paulino…), tangibile dalla sala dedicata alla pittrice e artista visiva portoghese naturalizzata britannica Paula Rego alla rievocazione della leggendaria “Materializzazione del linguaggio”, la mostra tutta ‘al femminile’ curata da Mirella Bentivoglio per la Biennale del ’78. Da sottolineare anche la massiccia, inusuale presenza degli italiani (ben 26), tra cui molti giovani (come Giulia Cenci, Diego Marcon, Sara Enrico, Chiara Enzo). Un’altra particolarità di questa Biennale è che, tra il Padiglione Centrale dei Giardini e gli spazi dell’Arsenale (le due principali sedi espositive), si inseriranno le «capsule del tempo», cinque piccole mostre tematiche a carattere storico, una sorta di interpretazione antecedente ai temi della mostra, che si confronterà con quella degli artisti contemporanei esposti, ma anche una forma di «risarcimento critico» per le artiste spesso dimenticate di vari movimenti. Nella capsula intitolata “La seduzione di un cyborg”, ad esempio, «riferita a un futuro post-umano con opere futuriste e dada», figureranno, tra le altre, Anna Coleman Ladd, Marianne Brandt, Alexandra Exter. Mentre in quella dal titolo “Tecnologie dell’incanto” figureranno artiste (Grazia Varisco, Laura Grisi, Nanda Vigo, ma anche Marina Apollonio, Lucia Di Luciano e Dadamaino) che «attraverso il linguaggio astratto e cibernetico hanno riflettuto sulle relazioni tra l’astrazione e il corpo, usando tecnologie innovative e anticipando molte delle preoccupazioni dell’era digitale». Inoltre la mostra, costata circa 18 milioni di euro (anche a causa del Covid), si preannuncia, come ha sottolineato il presidente Roberto Cicutto, particolarmente ‘green’, nel senso che, pur non potendo, al momento, raggiungere la certificazione della “neutralità carbonica”, ottenuta dalla Mostra del Cinema nel 2021, punterà, comunque, a ridurre al massimo le emissioni prodotte dagli eventi organizzati. La 59a Biennale Arte di Venezia sarà affiancata da 80 Partecipazioni Nazionali (ospitate pure nello splendido centro storico veneziano); 5 i debutti (Repubblica del Camerun, Namibia, Nepal, Sultanato dell’Oman e Uganda), mentre 3 repubbliche asiatiche (Kazakhstan, Kirghizistan e Uzbekistan) parteciperanno con un proprio padiglione per la prima volta. In particolare, il Padiglione Italia (all’Arsenale) ospiterà “Storia della notte e destino delle comete”, una monumentale installazione ambientale di Gian Maria Tosatti, che rappresenterà una visione suggestiva, ottimista e propositiva sul futuro dell’umanità. Quello svizzero (ai Giardini) ospiterà “The Concert”, una mostra dell’artista visuale Latifa Echakhch (Prix Marcel Duchamp 2013, già ospite della Biennale 2011), che coinvolgerà ritmo e suono. Il progetto francese (ai Giardini), intitolato “Les rêves n’ont pas de titre / Dreams have no titles” e firmato dalla videoartista Zineb Sedira, si baserà su un’analogia tra la filmografia italiana e quella francese per indagare il potere politico della settima arte. Quello britannico (ai Giardini), dal titolo “Sonia Boyce: Feeling Her Way”, sarà una grande installazione multimediale dell’artista afro-caraibica naturalizzata britannica, incentrata sulla vitalità delle pratiche collaborative e forse scaturita dal ‘Brexit affair’.

Per la prima volta a Venezia anche l’artista Svizzero Andreas Luethi che presenta al Centro Culturale Europeo di Palazzo Bembo un “TRIBUTE TO ROMAN OPALKA”.

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