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IL MuLINuM DI CACCAvARI

«Ho sempre avuto la passione per l’Informatica e da studente di Economia Aziendale sognavo di avviare magari una startup in America. Sono cresciuto in una famiglia di contadini, ma non mi sono mai interessato di agricoltura, finché, qualche anno fa, nel mio piccolo paese (di circa 600 abitanti), non è sorto il problema della costruzione di una discarica, una delle discariche più grandi d’Europa, che poi un comitato spontaneo di circa 5.000 cittadini, anche dei paesi vicini, è riuscito a bloccare. “Ma tu, cosa fai per difendere il tuo territorio?“, mi chiese provocatoriamente un mio caro amico, mentre era ancora in corso la lotta contro la discarica. Così maturai il concetto che la terra si protegge da usi impropri solo coltivandola e l’idea di trasformare il terreno di famiglia in un orto condiviso. In pratica, ho frazionato questo pezzo di terra in blocchi e con l’aiuto di mio zio Franco (io ho 6 zii che lavorano in Agricoltura!), che è diventato il mio ‘braccio

agricolo’, ci ho iniziato a coltivare ortaggi biologici, da far raccogliere alle famiglie che avrebbero affittato i relativi lotti. Un esperimento, che è riuscito, perché in un anno siamo arrivati a 150 partecipanti, soprattutto professioni provenienti da Catanzaro (che conta circa 100 mila abitanti e che dista da San Floro appena 15 km). Una bella comunità, che condivide gli stessi ideali: cibo buono e difesa del territorio. Così, nel 2014, è nata Stefano Caccavari, 33 anni, di San Floro (Catanzaro). Il 29 novembre il presidente la mia prima azienda, “Orti di famiglia”».

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dell’Ordine al Merito della Repubblica ha cambiato la vita… «E poi ne è arrivata un’altra Italiana: “Per il suo innovativo contributo fondamentale. “Da dove arriva rivolto alla valorizzazione del patrimonio la tua farina?”. Era il titolo di un ampio dossier realizzato da territoriale in Calabria”. Lo abbiamo una rivista di ecologia. Lì leggo incontrato, per farci spiegare tutto. che in Italia il 65% del grano arriva dall’estero, che le farine vengono raffinate, modificate, che i grani moderni hanno un glutine altamente tossico.. . io non ne sapevo nulla! Mi sono appassionato talmente tanto all’argomento che mi sono detto: “Se a San Floro facciamo gli ortaggi, possiamo

fare anche il grano!”. Vado da mia nonna Concetta e scopro che lei ai suoi tempi coltivava il grano Senatore Cappelli, un’ottima varietà, nata nel 1915, ma ormai quasi estinta perché rende poco. Riesco a trovarne i semi da un contadino della zona, pianto il primo ettaro di grano e decido di macinarlo a pietra (una macinazione lenta e a freddo), come si faceva una volta, per produrre una farina integrale al 100% (e non solo al 20%, percentuale necessaria per poterla definire tale a norma di legge), una cosa che piace tantissimo, specialmente ai nutrizionisti, perché tante fibre ci proteggono da una marea di disturbi. In seguito faccio un altro esperimento: parto con una panificazione domestica, da far assaggiare ai tanti frequentatori dell’”Orto di Famiglia”, e fioccano gli ordini per questo pane! A San Floro negli Anni Sessanta avevamo 7 mulini a pietra, ma sono andati in disuso e per macinare il mio grano dovevo andare da un mugnaio di Belvedere di Spinello (Crotone), che a un certo punto decide di vendere, a un collezionista toscano. Per salvare il mio sogno avrei dovuto almeno comprare la macina a pietra, ma non avevo abbastanza soldi. Perciò la mattina del 14 febbraio 2016 (il Giorno di San Valentino), dopo circa 3 mesi dall’esperimento del pane (quindi senza avere alcuna garanzia di successo!), mentre ero in campagna, con un post su Facebook lancio un crowdfunding per “salvare l’ultimo mulino a pietra della Calabria” e in 3 mesi raccolgo, da tutto il mondo, 100 soci, tutti privati (studenti, pensionati, professionisti, che hanno detto: io partecipo al sogno di Stefano! Vediamo dove ci porta! Che per questo sono andati dal notaio, dal commercialista e che hanno fatto un bonifico dal proprio conto a quello della società!) e mezzo milione di euro (interamente versati). Con quei soldi, in soli 4 mesi, ripristiniamo due antichi

mulini ‘gemelli’ di fine ‘800 nelle campagne del mio paese, con una centenaria macina in quarzo, che ricava solo 150 chili di farina all’ora (gli standard industriali sono almeno 10 volte tanto!) e fondiamo l’azienda agricola “Mulinum”(considerata il più grande caso di crowdfunding del settore agricolo italiano), spingendo i contadini del posto a coltivare grani antichi locali (varietà: Senatore Cappelli, Verna, Farro, Iermano, Maiorca, Rubeum), in regime biologico. Tutto questo in un territorio che non ‘aveva le carte’, perché San Floro non è terra di grano!».

Al Mulinum avete pure due forni a legna, fate pane, pizza, prodotti da forno, dolci e salati. Ci racconti...

«Il pane da noi nasce la mattina (non lavoriamo di notte, e pure questa è una bella cosa!), E Mulinum è diventato una realtà importante…. perché, utilizzando il lievito «Sì. Attualmente il Mulinum di San Floro dà lavoro a 15 giovani che prima facevano altro o niente. Abbiamo madre, non deve arrivare caldo sullo scaffale o il bancone, ma deve raffreddarsi un costituito una rete di contadini, che condividono i po’. Abbiamo sperimentato nostri stessi valori e obiettivi, che producono il grano al tantissimo per trovare la triplo, quadruplo del prezzo che pagano le industrie sul mercato, ma che sono contenti così, perché poi le farine formula giusta, poiché di grani antichi (abbandonati in tutta Italia dalla metà degli anni che producono hanno il giusto contenuto di glutine e ’70, in favore di coltivazioni un basso indice glicemico». più redditizie ed estensive) in purezza e integrali nessun manuale parla più. Il nostro pane richiede lunghi tempi di lievitazione e preparazione. E credo che sia l’unico fatto in Italia con grani locali, macinati a pietra, con lievito madre e forno a legna. Per il momento ci siamo prefissati di produrre 100 chili di pane al giorno. Sforniamo secondo antiche ricette, un pane saporito e profumato, che dura fino a due settimane, in diversi formati, pure ‘speciali’: di segale, di farro, di semi, con pomodori secchi, olive… E poi ci sono le nostre famose pizze, condite con prodotti agricoli nostri o comunque acquistati da aziende locali».

Per finire ci spieghi il tuo innovativo contributo alla valorizzazione del patrimonio territoriale calabrese?

«L’innovazione commerciale di Mulinum è stata quella di creare una filiera completa del grano, che coltiva, in maniera biologica, varietà di semi esclusivamente locali, per arrivare alla produzione di farine interamente integrali, macinate a pietra, per poi fare pizza, pane e prodotti da forno come si faceva cent’anni fa. Un modello imprenditoriale che è cresciuto con l’e-commerce durante la pandemia, quando tutti erano a caccia di farina e io ho avuto l’idea di regalare il lievito madre a tutti i nostri clienti. Un format di successo, che oggi conta oltre 300 soci sottoscrittori (i quali sostengono l’azienda con diversi livelli di coinvolgimento). Che probabilmente è la più grande delle 4/5 aziende italiane specializzate nella produzione di farine da grani antichi coltivati in regime biologico, e l’azienda agricola più seguita d’Italia, vantando ben 160 mila followers (appassionati di agricoltura, biologico, grani antichi), reali, su Facebook. Un modello che, grazie a una raccolta fondi permanente, è in continua espansione, che senza finanziamenti pubblici si sta replicando a Buonconvento (Siena), in Toscana, nel cuore della Val d’Orcia (dove ci sono voluti 3 anni di burocrazia per iniziare a costruire, contro i tempi incredibilmente rapidi in Calabria!) e a Mesagne (Brindisi), in Puglia, nel Salento. Frattanto abbiamo recuperato diverse macine di antichi mulini a pietra, rimesse a nuovo nella nostra officina e pronte a entrare in funzione nei prossimi Mulinum che costruiremo in altre regioni d’Italia. Ovviamente adattandoci alle specialità e ricette del posto».

Poi, gustando una buona pizza, scopro altro. Mulinum, infatti, non è solo un’azienda agricola che crea sviluppo economico e sociale (spingendo la gente del posto a non emigrare); che preserva le tradizioni e il territorio; che promuove un’alimentazione sana; che contribuisce al rinascimento della coltura italiana del grano, partendo dalla ricca biodiversità di semi locali. Mulinum è anche un polo di attrazione (ad oggi, oltre 60.000 i visitatori, tra amici, soci e clienti, pure dall’estero!), che promuove la solidarietà (ad esempio con la raccolta fondi in favore delle famiglie bisognose della sua Festa dei Girasoli), che produce cultura. Come la grande Scultura Sonora Partecipativa installata nel Mulinum di San Floro, in pratica un campo di sonagli e campane, provenienti da ogni parte del Mediterraneo, suonata dalla Natura e dell’Uomo, cioè dal vento e dal tatto.

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