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MARIO BIONDI A ZURIGO
Il 7 aprile sbarcherà con il suo fortunatissimo tour al Kaufleuten di Zurigo, Mario Biondi. La voce più calda d’Italia, soprannominata negli Stati Uniti “The Voice”, che negli ultimi 5 anni ha tenuto 150 concerti in oltre 40 Nazioni. Il cantante catanese delizierà il pubblico con successi come “This Is What You Are”, con cover internazionali come “My girl” dei Temptations e porterà in scena il suo ultimo disco “Dare”, uscito nel gennaio scorso, per festeggiare i suoi primi cinquant’anni di vita. Una vera e propria celebrazione del suo trentennale percorso artistico, che mescola le sue origini jazz e soul con audaci sperimentazioni a base di funk, disco, pop e perfino rock. Nella tracklist, 16 brani tra inediti, cover (“Strangers in the Night” di Frank Sinatra; “Cantaloupe Island” di Herbie Hancock; “Jeannine” di Eddie Jefferson; “Someday We’ll All Be Free” di Donny Hathaway) e 2 remix. Featuring con amici storici come Dodi Battaglia, Il Volo, la band londinese degli Incognito, la musicista tedesca Olivia Trummer, i The Highfive Quintet di Fabrizio Bosso, oltre che con la sua attuale band, che da anni lo accompagna in giro per il mondo. Infondo il titolo del disco si presta a due letture, perché “dare” in inglese significa osare, un credo che non ha mai abbandonato il crooner siciliano, così come la generosità. Mario, lei ha già suonato in Svizzera. Cosa pensa del pubblico elvetico? Il pubblico svizzero è speciale come quello di qualsiasi altra parte del mondo che ho visitato con i miei spettacoli: non riesco mai a vedere delle differenze originate dal genere o la provenienza tra le persone. Dopo 30 anni di concerti qualcosa è cambiato? Amo profondamente quello che faccio e ogni sera mi emoziono come se fosse la prima volta. Specialmente in questo momento, che segue un lungo periodo di stallo, di incertezze e paure a causa della pandemia. Ci può anticipare qualcosa della sua performance a Zurigo? Purtroppo no. La scaletta cambia ogni sera, perché ogni sera è come parlare con una persona diversa. E poi sono uno spirito inquieto. E desideroso di creare sempre la giusta empatia con chi mi sta davanti, per percepirne le emozioni e il calore. È soddisfatto della sua ultima fatica discografica? “Dare” è un progetto al quale sono particolarmente legato, anche perché coincide con i miei 50 anni. Comunque, tra i brani più sentiti c’è il remix di “Simili”, una canzone che ho scritto con i Table, alla fine degli anni ’90 e che mi ero promesso di riproporre, pure per rendere omaggio al fondatore del gruppo, Giovanni Cleis, un grande ispiratore della musica elettronica, che ci ha lasciati una decina di anni fa. “Dare” ha la presunzione di essere un ‘live in studio’ senza sovra incisioni. Un capriccio, un azzardo o cosa? Ho provato un grande piacere nel realizzarlo, e questo è l’importante, è quello che cercavo. Sul lavoro mi pongo sempre in maniera spontanea, non mi faccio mai problemi di tipo commerciale. Un bilancio umano e professionale dall’alto delle importanti ‘cronotappe’ raggiunte? Il bilancio è sicuramente positivo, sono soddisfatto, anche se ci sono decine di progetti che non ho ancora potuto realizzare per questione di tempo, ma che metterò in cantiere appena possibile.
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