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GEOLOGIA

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TALPIMMAGINI

TALPIMMAGINI

Le aree carsiche della Toscana, un nuovo censimento

di Siria Panichi, Leonardo Piccini

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Fig. 1. Carta della Toscana con riportata l’estensione delle formazioni potenzialmente carsificabili, classificate in base al loro grado di carsificabilità e i limiti delle aree carsiche individuate (elaborazione grafica Siria Panichi).

Nel corso del 2015, grazie ad un accordo fra la Regione Toscana e il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Firenze, è stato possibile riprendere in mano il lavoro già iniziato negli anni ’90 sulle aree carsiche della Toscana, aggiornandolo sulla base delle nuove conoscenze e rendendolo maggiormente fruibile grazie all’impiego delle attuali tecnologie informatiche.

Introduz one

Nel 1927, quando la redazione de “Le Grotte d’Italia”, organo ufficiale dell’Azienda Autonoma di Stato delle Regie Grotte Demaniali di Postumia, chiese ai gruppi speleologici di inviare le schede delle cavità conosciute all’epoca su tutto il territorio nazionale, Bianchi, Ciaranfi e Levi, del Gruppo Speleologico Fiorentino, risposero all’appello segnalando quarantasei grotte, rappresentative del fenomeno carsico conosciuto a quell’epoca nel nord della Toscana. Le aree in cui si trovano queste cavità erano state allora ripartite in bacini afferenti al principale corso d’acqua cui questi fenomeni erano ritenuti in collegamento.

Qualche decennio più tardi Paolo Marcaccini, raccogliendo i molti studi effettuati su buona parte del territorio toscano, pubblicò un quadro riassuntivo delle informazioni disponibili sul carsismo in Toscana, pur con la consapevolezza che si trattava di un elenco incompleto.

Le informazioni di base furono tratte dal primo nucleo del catasto grotte, pubblicato nella “Rassegna Speleologica Italiana” nel 1954, e arricchite da un’accurata ricerca bibliografica. Nello studio, pubblicato nel 1961, non viene considerata solo la presenza di carsismo profondo per la definizione del fenomeno carsico, ma anche dei fenomeni superficiali.

Le aree in cui questo fenomeno venne riscontrato sono: • Alpi Apuane e Monte Pisano;

• parte orientale dell’Appennino Toscano (Corfino, Soraggio, Lima, Sassalbo, Monsummano); • Monti della Calvana (e Monte Morello); • Valli dell’Era e dell’Elsa e territorio senese (Orciatico, Casciana, Montagnola, Monte Pilleri, Poggio del Comune); • dintorni di Massa Marittima (Cecina, Merse, Campiglia); • rilievi della Toscana Marittima Meridionale (Albegna, Orbetello, Argentario, Capalbio); • Toscana interna meridionale e orientale (Monte Civitella, Castell’Azzara, Campiglia d’Orcia, Rapolano, Monte Cetona).

Fig. 2. Carta della distribuzione dei fenomeni carsici della Toscana, estratta dall’articolo di Marcaccini (1961).

Bisogna tuttavia attendere la Legge Regionale 2 aprile 1984, n. 20 “Tutela e valorizzazione del patrimonio speleologico. Norme per lo sviluppo della speleologia” per sentir parlare di “aree carsiche”. Nel testo infatti non si parla di salvaguardia e valorizzazione delle sole grotte ma anche delle aree carsiche, come luoghi di rilevanza scientifica, culturale, estetica e paesaggistica.

In attuazione della legge fu fatto un primo censimento di queste aree presentato congiuntamente da parte del mondo della ricerca (il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Firenze) e dell’amministrazione pubblica (la Regione Toscana) al X Congresso Internazionale di Speleologia (Forti et al., 1990). L’annuncio della realizzazione del catasto delle aree carsiche toscane fu pubblicato anche sul numero 6 di questa rivista (Dicembre 1992).

Tale catasto è stato in seguito ampliato e aggiornato dal Dipartimento di Scienze della Terra in collaborazione con la Federazione Speleologica Toscana (Piccini, 2001) nonché riorganizzato secondo il protocollo messo a punto in precedenza dalla Società Speleologica Italiana.

Nel frattempo l’utilizzo sempre più vasto dei sistemi informativi geografici, non solo nel campo della gestione del territorio e della ricerca scientifica, ha fornito lo spunto per riprendere in mano le conoscenze sulle aree carsiche, trasferirle in una banca dati geografica, e avviare, contestualmente, un nuovo lavoro d’individuazione, censimento e delimitazione.

I sistemi informativi geografici consentono, infatti, di archiviare, manipolare, interrogare, aggiornare, editare e pubblicare informazioni memorizzate all’interno di banche dati che, a differenza di un normale sistema informativo, sono arricchite dalla localizzazione del dato in un contesto territoriale definito all’origine.

Ogni tema che è andato a confluire nella banca dati come strato informativo autonomo, è stato quindi georeferenziato. Oltre alla componente geografica, che permette anche di individuare l’oggetto nel territorio, ogni strato informativo viene collegato ad una tabella di attributi in cui troviamo le informazioni che sono state considerate basilari e peculiari, in questo caso nella caratterizzazione degli oggetti che compongono un’area carsica. Il formato vettoriale che è stato utilizzato per l’archiviazione di questi dati è lo shapefile, che descrive gli oggetti territoriali tramite punti, linee o poligoni.

L’approccio, rispetto ai lavori fatti in precedenza, è stato quindi abbastanza diverso e di carattere meno soggettivo, avendo messo alla base del censimento quelle forme del territorio che dal punto di vista idrogeologico, morfologico e litologico fanno delle aree carsiche zone facilmente riconoscibili rispetto al paesaggio circostante. La raccolta e l’analisi di questi dati hanno posto in seguito le basi per la delimitazione delle aree.

Prima di illustrare i dati che sono stati raccolti e su quali basi sono stati inseriti all’interno della banca dati è necessario però fare due precisazioni. Innanzitutto la raccolta dei dati è stata fatta quasi esclusivamente basandosi sull’edito, da intendersi non solo come pubblicazioni tradizionali ma anche banche dati geografiche e cartografia di base da cui estrarre dati pertinenti. Solo in alcuni casi è stato possibile compiere dei sopralluoghi volti ad accertare quello che via via è emerso dall’analisi della bibliografia, poiché per compiere delle indagini accurate su tutte le aree carsiche della Toscana, sarebbero necessari anni di ricerca e non pochi mesi come in questa circostanza.

Un’altra precisazione da fare riguarda la scala di lavoro. Nella cartografia digitale la definizione di scala intesa come nella cartografia tradizionale perde il suo significato, potendo adattare la scala alla visualizzazione che ci interessa, ma avendo un limite temporale per la realizzazione della banca dati è stata assunta una scala di lavoro, intesa come scala di acquisizione dei dati, impostata su 1:10.000. Oltre che per ottimizzare i tempi di lavoro, la scala assunta è sembrata un compromesso accettabile anche per dare uniformità alle informazioni reperibili nell’edito, soprattutto riguardo alla bibliografia tradizionale.

Le formaz on geo og che

potenz a mente cars f cab

Il lavoro è iniziato con l’individuazione e la classificazione delle formazioni geologiche potenzialmente carsificabili. Il dato esisteva già

ma è stato necessario estrapolarlo dal nuovo Database Geologico in scala 1:10.000 della Regione Toscana, selezionando quelle rocce che hanno una componente predominante in termini di solfati (gesso e anidrite) e carbonati (calcite e dolomite), costituite cioè da minerali a solubilità medio-alta. Queste rocce potenzialmente carsificabili sono state quindi estrapolate dallo shapefile poligonale che contiene tutte le unità litostratigrafiche - ULF (formazioni, membri o litofacies) presenti nella regione Toscana e salvate in un nuovo strato informativo che è stato arricchito dall’inserimento di 4 attributi necessari per la classificazione delle formazioni in tre gradi di carsificabilità, basati in prima approssi

Le pr nc pa forme cars che

e pseudocars che

Costituita questa base di partenza è iniziata la raccolta di tutta la documentazione utile per l’individuazione delle principali forme carsiche e pseudocarsiche, con particolare riferimento alle doline di dimensioni maggiori. Queste informazioni sono state trovate principalmente in lavori specifici (tesi di laurea ed elaborati inediti in corso di redazione) e integrate attraverso una

Sopra e a pag. 8: Tabella 1. Elenco delle unità litostratigrafiche (ULF) potenzialmente carsificabili classificate per grado di carsificabilità. Abbreviazioni: sigla_cart = sigla della cartografia geologica regionale in scala 1:10.000, nome_ULF = nome della unità litostratigrafica, grado_cars = grado di carsificabilità relativa (1,2 o 3), descr_grad = descrizione del grado (alto, medio o basso).

Nella pagina a fianco, lo scosceso versante meridionale della Pania di Corfino, che incombe sulla valle de Il Fiume. Si tratta della più importante area carsica della dorsale appenninica toscana, foto L. Piccini.

analisi mirata di foto aeree e cartografia tecnica regionale (CTR nelle scale 1:10.000 e 1:5.000). Solo in rari casi è stato possibile riportare dei dati rilevati direttamente sul terreno.

L’archiviazione di queste informazioni è stata possibile grazie alla creazione di due gruppi di strati informativi distinti: • uno per le doline; • uno per le altre forme carsiche.

Per il censimento delle doline sono stati creati due strati informativi, uno poligonale per la delimitazione di quelle doline che abbiano una larghezza minima maggiore o uguale a circa 20 metri (che diventano 2 mm, l’unità minima cartografabile alla scala di lavoro 1:10.000), e uno puntuale per l’indicazione di una dolina di dimensioni non sufficienti per essere cartografabile alla scala 1:10.000. Per le doline rappresentabili con una delimitazione areale è stato comunque creato un dato puntuale (il centroide del poligono) da poter utilizzare in quelle elaborazioni in cui il dato poligonale non è utilizzabile o necessario.

L’inserimento all’unità cartografabile è stato inoltre valutato caso per caso; se in linea generale vengono archiviate le doline con dimensione minima maggiore o uguale a 20 metri si possono verificare casi in cui questa dimensione sia inferiore ma l’altra è più estesa.

Spesso con il termine dolina sono state in pas

sato identificate anche depressioni di origine non carsica, come ad esempio il Lago degli Idoli del Monte Falterona (Pratovecchio-Stia, AR) o il Lago di Casoli (Bagni di Lucca, LU), di origine incerta. In altri casi con il termine sinkhole o voragine catastrofica, sono indicate in realtà delle depressioni di crollo di origine antropica. Per questo lavoro sono state prese principalmente in considerazione, all’interno delle aree carsiche, sia le segnalazioni relative alle depressioni ricadenti negli affioramenti di rocce carsificabili sia quelle segnalate in formazioni non carsificabili (evidenziate dall’assenza del dato relativo alla litologia nella tabella degli attributi) perché possiamo trovarci di fronte a depressioni coperte da formazioni diverse rispetto a quelle in cui queste forme si sono realmente create.

Trattandosi di un lavoro svolto quasi esclusivamente su fonti non verificate sul terreno direttamente da noi, sono state inserite nell’archivio anche alcune depressioni che si trovano in aree non carsiche ma indicate in bibliografia come depressioni carsiche, in modo da non perdere la segnalazione, in attesa di poterne verificare la reale natura sul terreno.

Anche per il censimento delle altre forme carsiche sono stati creati due strati informativi, uno puntuale e uno poligonale, da utilizzare in base alla tipologia riscontrata. La distinzione fra le varie forme è possibile grazie all’informazione

Il crinale della Scala Santa sui Monti di Campiglia (LI), foto di G. Dellavalle.

relativa alla tipologia contenuta nella tabella degli attributi.

Lo strato informativo puntuale è stato utilizzato per indicare gli assorbimenti in alveo, le valli cieche e le valli chiuse, dove il punto indica rispettivamente il luogo in cui il drenaggio passa da superficiale a sotterraneo, l’inghiottitoio che determina la fine della valle e la sorgente da cui inizia la valle.

Lo strato informativo poligonale contiene vari tipi di forme superficiali indicate con diversi nomi nella bibliografia consultata (karren, karren a crepacci, karren liberi e campi solcati, rilievi ruiniformi, depressione a contorno complesso, bacino chiuso, polje): è stato quindi necessario adottare una terminologia unica per indicare le forme analoghe. Nonostante l’indicazione di queste aree sia a volte di tipo puntuale (simbolo grafico, senza indicazione di un limite dell’area indagata) abbiamo deciso di definire degli areali, vista la natura del dato che dal punto di vista concettuale rappresenta delle aree dove si manifestano alcuni fenomeni (che abbiamo per il momento riunito nei seguenti casi: Foto 1

bacini chiusi, karren, polje, rilievi ruiniformi, semi-polje e vallecole carsiche a fondo piatto). Trattandosi di un censimento preliminare e sperimentale, le tipologie riscontrate non sono da considerarsi esaustive rispetto a tutte le forme che possono trovarsi in un’area carsica, ma sono legate alle tipologie rilevate nelle aree per cui sono stati condotti e pubblicati degli studi più approfonditi.

Le cav tà d or g ne cars ca

o pseudocars ca

Il passo successivo ha riguardato l’inserimento delle cavità naturali che presentano accessi transitabili all’uomo, censite nel Catasto delle Grotte della Toscana, gestito dalla Federazione Speleologica Toscana e integrato nel sistema cartografico regionale come “Censimento delle grotte”. Tale elenco contiene in realtà anche numerose cavità di origine non strettamente carsica, ma legate ad altri fenomeni (spesso di origine gravitativa), ma si è ritenuto preferibile non creFoto 2

are un duplicato per le cavità naturali, rispetto a quello del catasto grotte, essendo la loro natura specificata in un attributo contenuto nella tabella di riferimento.

Da questo elenco sono state estratte tutte le informazioni relative alla localizzazione degli ingressi, successivamente catalogati sulla base delle caratteristiche idrologiche e morfologiche secondo una matrice di classificazione già collaudata per la zona delle Alpi Apuane. Purtroppo l’elenco non è completo poiché per qualche cavità mancano i dati relativi al posizionamento geografico.

Le prnc pa sorgent

cars che e, quando note,

e oro

aree d a mentaz one

L’ultimo dato raccolto riguarda le principali sorgenti carsiche (con portata media stagionale maggiore di 5 l/s) del territorio regionale, che sono state caratterizzate dal punto di vista idro

logico. Le informazioni presenti in bibliografia in questo caso sono piuttosto esaustive per quanto riguarda la zona delle Alpi Apuane, mentre sono molto lacunose per quasi tutto il resto della Toscana. Per integrare i pochi dati conosciuti abbiamo raccolto le indicazioni presenti in alcune tesi di laurea condotte sulle aree carsiche e in altri lavori specifici.

È stato utilizzato anche il Catasto delle Fonti Sorgive gestito dal Servizio Idrologico Regionale, da cui sono state estratte le entità ricadenti o prossime alle aree carsiche, anche se purtroppo le informazioni a corredo di questo dato sono lacunose rispetto alla portata, solitamente elevata nel caso delle sorgenti carsiche, indicata genericamente per le sorgenti più copiose come superiore a 50 l/min (0,83 l/s).

Per quanto riguarda le aree di alimentazione, al momento sono stati indicati solo i casi in cui lo spartiacque sotterraneo, accertato tramite colorazioni, è significativamente diverso da quello superficiale; situazione che al momento è conosciuta solo per la parte centrale delle Alpi Apuane.

Veduta dalla sommità del Monte Labro, sui versanti settentrionali dell’omonima area carsica, foto F. Lunghi.

Fig. 4. Scheda documentativa sull’Area Carsica dei Colli di Chianciano (elaborazione grafica Siria Panichi).

Fig. 5. Scheda documentativa sull’Area Carsica di Poggio Pozzagone (elaborazione grafica Siria Panichi).

L’analisi combinata e l’integrazione delle banche dati geografiche descritte sinora, sono state la base per la delimitazione territoriale, sempre in scala 1:10.000, delle zone con caratteristiche tali da essere considerate aree carsiche. Aree potenzialmente carsificabili dal punto di vista litologico, in cui sia stata rilevata la presenza di forme carsiche significative, come cavità sotterranee, doline, altre forme e sorgenti carsiche, sono state prese in esame per la delimitazione, basata su criteri di validità generale in grado di garantire un prodotto il più possibile oggettivo e omogeneo, realizzata seguendo elementi topografici rappresentati cartograficamente sulla CTR 1:10.000 (es.: strade, corsi d’acqua, crinali, ecc.), dove presenti in prossimità delle esigenze di delimitazione.

La presenza di cavità naturali conosciute non è stata considerata una caratteristica necessaria, poiché si ritiene che solo una piccola percentuale delle cavità realmente presenti in un territorio abbia accessi aperti in superficie e praticabili dall’uomo. Per questo motivo sono state inserite fra le aree carsiche alcune zone del tutto prive di grotte censite.

La presenza di sorgenti, che per la loro portata

e per le loro caratteristiche idrodinamiche siano da considerarsi di tipo “carsico”, è invece una caratteristica di cruciale importanza per l’individuazione di un’area carsica, anche in assenza di elementi morfologici di superficie (forme carsiche epigee) o sotterranee (cavità), poiché l’assetto idrogeologico che le caratterizza è legato all’elevata infiltrazione, causata da fenomeni di dissoluzione superficiale, che rendono le fratture molto permeabili, dalla presenza d’inghiottitoi e da un drenaggio sotterraneo ben strutturato che convoglia le acque in pochi punti di fuoriuscita di portata relativamente elevata.

Alcune aree sono state invece considerate “aree carsiche” anche in assenza di grotte, doline e sorgenti carsiche in base alla sola presenza di rocce a elevato grado di carsificabilità.

Le aree cars che de a Toscana

Parlando in termini numerici le aree carsiche della Toscana individuate secondo i criteri sopra descritti sono adesso 65, per una superficie totale pari a circa 2400 km 2 che corrisponde al 10,5% dell’intero territorio regionale, per lo più collocate nella Toscana meridionale.

L’area maggiore è quella delle Alpi Apuane con 653 km 2 di superficie. Contrariamente a

Sotto e a pag. 16: Tabella 2. Aree Carsiche presenti in Toscana.

quanto ipotizzato in un primo momento si è ritenuto di non individuare come area a se le “Alpi Apuane Meridionali” per la difficoltà a trovare un limite oggettivo.

Altre aree di notevole estensione sono: la Montagnola Senese (180 km 2 ), l’area di Monte Morello (120 km 2 ), i Monti di Prata (93 km 2 ), i Monti della Calvana (92 km 2 ), la Val di Lima (91 km 2 ) e l’area di Poggio del Leccio (86 km 2 ), per limitarsi alle principali.

Si tratta di aree già note agli speleologi e ricche di cavità conosciute da anni, con l’eccezione

dei Monti di Prata, in cui sono al momento catastate solo poche grotte di limitata estensione.

Il quadro che ne viene fuori è un’elevata varietà di situazioni sia dal punto di vista geologico sia dal punto di vista geomorfologico e paesaggistico, avendosi aree con situazioni che vanno da quelle tipiche di carso “alpino”, come le Apuane, alle aree carsiche costiere e insulari; da aree in calcari molto puri a quelle in rocce calcareo-marnose che hanno i caratteri di area carsica solo in particolari condizioni; dalle zone in rocce metamorfiche a quelle in rocce solfa-

Una depressione di origine carsica in prossimità del crinale del Monte Labro, foto S. Panichi.

tiche (gessi); per non parlare delle aree in cui la presenza di mineralizzazioni ha non solo caratterizzato i fenomeni carsici dal punto di vista genetico, ma ha determinato la presenza di un paesaggio minerario che in certi casi è fortemente interconnesso con quello strettamente carsico, come è il caso dei Monti di Campiglia.

Il nuovo censimento delle aree carsiche vuole essere innanzitutto una banca dati di tipo geografico, facilmente aggiornabile e modificabile, in grado di fornire utili indicazioni a tutti quei soggetti, enti pubblici, professionisti, turisti e appassionati, che operano sul territorio e per il territorio.

Anche per gli speleologi questo strumento, una volta reso consultabile nell’insieme di banche dati geografiche della Regione Toscana, rappresenterà un utile strumento per condurre ricerche sul terreno, sia per l’individuazione di nuove grotte in aree dal potenziale speleologico già noto, sia per l’individuazione di nuove zone dove indirizzare la propria attività di ricerca.

Durante il lavoro di riconoscimento e indagine sulle aree carsiche regionali ci si è spesso imbattuti in zone che presentano elevate potenzialità benché al momento non siano conosciute grotte o siano noti solo rari fenomeni isolati. Ci sono ad esempio aree anche piuttosto vaste, come Poggio del Comune, Monte Pilleri o i Colli di Chianciano che presentano evidenti fenomeni carsici superficiali e una circolazione prevalentemente sotterranea, in cui al momento non sono praticamente conosciute grotte.

Siamo abbastanza convinti che ricerche sistematiche, condotte con criteri basati su caratteri geologici e geomorfologici, possano portare a interessanti e inaspettate scoperte.

Un caso emblematico è quello delle aree costituite dal calcare noto come Alberese (in gergo tecnico Formazione di Monte Morello) che presenta un carsismo intensamente sviluppato praticamente nella sola area dei Monti della Calvana, mentre in tutte le altre zone, tra cui alcune molto estese e con fenomeni superficiali di chiara origine carsica, non sono conosciute grotte.

Ci sono poi alcune aree di piccole dimensioni, come ad esempio l’area nei gessi di Poggio Pozzagone, nella bassa valle del Cecina, in cui indizi

morfologici lasciano presupporre l’esistenza di un carsismo sotterraneo ben sviluppato. Lo stesso dicasi di altri piccoli ma significativi affioramenti di calcari ben carsificabili presenti nella zona delle Colline Metallifere. In conclusione, riteniamo che questo nuovo censimento si possa dimostrare presto uno strumento utile non solo per le pubbliche amministrazioni, cui è primariamente destinato, ma anche per gli speleologi e per una sempre maggiore e accurata conoscenza del variegato mondo sotterraneo della nostra Regione.

Rngraz ament

Si desidera ringraziare Luigi Micheli e Guido Lavorini della Regione Toscana, Giampaolo Mariannelli per i dati riguardanti le doline delle Alpi Apuane, Odoardo Papalini per aver fornito dati inediti su alcune aree della Toscana Meridionale.

La lunga lista bibliografica che segue contiene alcuni dei lavori consultati per la raccolta dei dati. Oltre a questi lavori altre informazioni provengono dal Catasto Speleologico Regionale curato dalla Commissione Catasto della Federazione Speleologica Toscana (CC – FST, 2014), dalla Carta delle Sorgenti delle Alpi Apuane curata ed edita dalla Commissione Scientifica della Federazione Speleologica Toscana (CS – FST, 2014), dal Catasto delle Fonti Sorgive curato dal Servizio Idrologico Regionale della Regione Toscana (SIR-RT), dal Continuum Geologico in scala 1:10.000 della Regione Toscana (ContGeo RT) o raccolte in campagna tramite GPS, come nel caso dei dati inviati da Odoardo Papalini (Papalini, 2015).

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Lungo la forra che incide gli affioramenti calcarei dell’area carsica della valle dell’Albegna, foto F. Lunghi.

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