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FACCIAMO IL PUNTO SU
la Buca della Risvolta (T/LU 158) di Leonardo Piccini .
La strada che da Seravezza sale alla Galleria del Cipollaio è probabilmente una delle strade al mondo maggiormente frequentate da speleologi. Il motivo è semplice, trattandosi della strada che porta all’Antro del Corchia e al vasto sistema di grotte che costituiscono l’intero complesso carsico, uno dei più importanti e noti in Europa.
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La strada si stacca dalla provinciale di fondovalle prima di Ponte Stazzemese e segue fedelmente quello che era il vecchio tracciato delle rotaie della società Tramvie Alta Versilia (TAV) nel tratto da Iacco ad Arni. Questa linea ferroviaria a scartamento metrico, che utilizzava motrici a trazione elettrica, fu realizzata tra il 1923 e il 1926 per trasportare passeggeri e soprattutto per portare giù i blocchi di marmo dalle cave del Monte Corchia, del Monte Cervaiole e del bacino di Arni e Tre Fiumi. Tale tramvia è rimasta attiva sino all’immediato dopoguerra quando, intorno al 1950, fu trasformata in strada carrabile.
Al fine di distribuire i quasi 750 metri di dislivello tra Seravezza e il Cipollaio su un tragitto con pendenza non elevata, la strada compie un percorso assai lungo, addentrandosi nella valle del torrente Vezza, invece di salire direttamente verso Levigliani. Questa caratteristica è oggi ben nota e gradita ai cicloamatori, che trovano lungo questo percorso una pendenza costante e senza strappi. Inoltre, sempre per esigenze ferroviarie, la strada non presenta tornanti (come fa ad esempio la strada che da Massa sale al Passo del Vestito) con una sola eccezione, che forse proprio per la sua unicità ha meritato un toponimo tutto suo: la “Risvolta”.
Dopo aver percorso con guida rilassata e senza bisogno di scalare di marcia l’ampio tornante, dopo pochi metri, sulla destra, l’occhio di uno speleo non può non notare una scura caverna, al limitare di una strada secondaria e a pochi metri di distanza dalla provinciale del Cipollaio. L’im
bocco è quello della Buca della Risvolta, che per la sua posizione “strategica” è probabilmente l’ingresso di grotta più noto agli speleologi toscani, ma forse anche italiani.
Ben pochi però si fermano, o perché presi dalla bramosia di salire al Corchia all’andata, o vittime della stanchezza o della voglia di tornare a casa al ritorno. Così è stato anche per me, che da quarant’anni percorro quella strada diretto verso la grotta che più di ogni altra ha attirato la mia attività.
A dire il vero, una notte piovosa di diversi anni fa mi ero fermato, insieme ad altri amici, con l’intento di trovare un riparo asciutto, scoprendo che invece gocciolava acqua da tutte le parti e quindi ci adattammo a dormire in una marginetta lungo la strada, dopo il bivio per Terrinca.
Recentemente, preso dalla curiosità e dall’intento di fare il rilievo di quella grotta, che mancava a catasto, mi sono fermato a ridare un’occhiata di ritorno da un’uscita di più giorni al Corchia. Con casco, luce e strumenti da rilievo mi addentro nella caverna iniziale, per scoprire che la grotta non consiste nel solo vano d’ingresso ma che continua verso l’alto con una sala sospesa e da qui con una galleria in ripida ascesa. Arrivato in cima, dove la volta si abbassa, tiro fuori bussola e clinometro, che tengo dentro un borsino di protezione. Nel prendere anche il distanziometro dal sacco, il borsino mi sfugge di mano e si mette a rotolare lentamente verso una depressione del pavimento. Non faccio neanche il gesto di chinarmi ad afferrarlo, aspettando che si fermi. Invece a un tratto vedo il borsino scom-
L’ingresso della Buca della Risvolta, ben visibile dalla Strada Provinciale di Arni poco sopra l’omonima località, foto L. Piccini.
parire in un anfratto. Chinatomi per recuperarlo scopro, incredulo, che l’anfratto è un buco stretto e profondo più di due metri, dove il borsello è caduto senza essere più visibile. C’è poco da fare… gli strumenti sono al momento irrecuperabili e il rilievo è gioco forza rimandato. Non male come bilancio della mia prima “solitaria” alla Risvolta… ma ora ho un motivo in più per tornare.
Nei mesi successivi mi propongo più volte di recuperare gli strumenti, cercando anche aiuto o tra gente molto magra o tra esperti di disostruzioni pesanti. Dopo qualche mese riesco a tornare munito di mazze e scalpelli, ma prima di usare le “maniere forti” decido di fare un tentativo armato di una luce potente, che mi permette di individuare il borsino al fondo del buco, e di un gancio di ferro fissato su una stecca di legno di 3 metri di lunghezza. Dopo un’ora di tentativi infruttuosi, alla fine la pesca miracolosa riesce e gli strumenti tornano nelle mie mani. Il giorno successivo, sempre grazie ad un’uscita di buon’ora dal Corchia, dove la troppa acqua ci aveva fatto desistere dall’andare a rilevare i pozzi del terzo e quarto ingresso, convinco Andrea e Giulio a darmi una mano a fare il rilievo di quella buca, grazie anche ai potenti mezzi (leggasi un Distox modificato) prestati da Paola. E così, al terzo tentativo, riesco finalmente a portare a casa il rilievo di questa grotta, di cui “tutti” gli speleologi hanno visto almeno una volta l’ingresso, ma in cui assai pochi si sono addentrati.
La Buca de a R svo ta
La grotta, che porta il numero catastale LU 158, si apre a quota 240 metri a poca distanza dalla provinciale di Arni (SP 10) in località Risvolta. L’ingresso è un ampio portale di circa 8 m di larghezza e 5 m di altezza, che immette in un primo ambiente di pianta grossomodo rettangolare. Non è escluso che l’imbocco sia stato modificato, o addirittura aperto durante i lavori di realizzazione della tramvia.
Il lato sinistro della sala è costituito da un alto terrazzo di detrito, dal bordo ripido, che si può facilmente arrampicare sulla sinistra. Scavata nel detrito si trova una breve e stretta galleria, che potremmo definire una “grotta nella grotta”.
Dal terrazzo superiore, sormontato da un grosso blocco staccatosi dal soffitto, in alto a destra si trova un abbozzo di galleria, mentre a dritto, dove la volta si abbassa, ha inizio una ripida galleria in salita con il pavimento concreziona
to, larga sui 6-7 metri. Percorsi circa 25 metri, e superata la “trappola per bussole e clinometri”, la volta si abbassa e avendo voglia (e una tuta) si può strisciare ancora per qualche metro. Sulla sinistra della galleria, al suo inizio, si trova invece un basso ambiente di pochi metri di larghezza.
Tutto qui: sviluppo totale 85 metri, dislivello + 26 metri. Insomma niente di speciale, almeno come dimensioni. La grotta presenta però aspetti interessanti sotto molti punti di vista.
Intanto è interamente scavata nel detrito, cosa abbastanza singolare per una cavità di queste
dimensioni. O meglio, in una breccia a clasti marmorei e dolomitici a spigoli vivi, con dimensioni sino a qualche decimetro e ben cementati tra loro. Probabilmente si tratta di una breccia di versante, accumulatasi ai piedi dei ripidi pendii meridionali del Monte Alto, forse a parziale riempimento di un avvallamento. La grotta appare formatasi durante più cicli di asportazione del detrito, come testimoniano alcuni livelli di concrezioni spessi sino a 30 cm.
La domanda a questo punto è: come si può formare una grotta del genere in un detrito cementato?
Nei calcari, come sappiamo, l’acqua s’infiltra nelle discontinuità carica di CO 2 e scioglie la roccia allargando le fessure sino a che sono abbastanza ampie da permetterci di passare. Un detrito grossolano invece è già pieno di buchi, come una spugna, e l’acqua di pioggia vi s’infiltra veloce attraverso; se anche scioglie un po’ di roccia quel che si può ottenere è un leggero assestamento dei clasti in superficie, quindi non si forma niente che assomigli a una grotta, almeno per noi umani, mentre magari un coleottero troglobio avrebbe di che rilevare per anni gironzolando tra i frammenti di roccia…
È quindi difficile che le acque che entrano dall’alto possano scavare una cavità all’interno di un ammasso di detrito; potrebbero però farlo acque che arrivano da sotto: acque sottosature e abbondanti.
In effetti, il pavimento della sala iniziale è inciso da un solco, che pare scavato dall’acqua (ma forse anche dall’uomo). C’è anche una piccola sorgente, di lato, mentre dal cunicolo alla base del terrazzo sembra possa uscire acqua, almeno in particolari occasioni. Qualche decina di metri più in basso, sotto la locanda che porta ora lo stesso nome, si trova anche una vera sorgente, la cui portata media è stimata in circa 25 l/s: una discreta emergenza, quindi, e di portata decisamente alta per sgorgare dalle filladi del basamento.
Sospetto: vuoi vedere che quel detrito nasconde una sorgente sepolta? E se la vera emergenza fosse più in alto, al contatto tra Grezzoni e ba-
Fig. 1. Modello tridimensionale della Buca della Risvolta ottenuto con il programma CaveOX di Compass. Come si vede nella prima parte, i bruschi cambi di direzione introducono delle distorsioni, mentre la parte superiore, più lineare, si presenta con una forma più fedele a quella della grotta. Il box in verde ha come base 50 x 30 metri e un’altezza di 25 metri.
Vista dell’ambiente iniziale dall’alto del terrazzo. Si nota il soffitto costituito dalla breccia cementata con grossi blocchi irregolari di marmo, foto L. Piccini.
samento, e fosse poi stata coperta da una coltre di brecce di versante? E se l’attuale Buca della Risvolta fosse in realtà una sorta di “troppopieno” che entra in attività quando la portata della emergenza sepolta è troppo alta per riuscire a filtrare attraverso il detrito e uscire in basso?
In realtà esiste anche la possibilità che le acque che hanno scavato questa grotta siano quelle assorbite più a monte dalla stessa coltre di detrito, ma come si sa, noi speleologi siamo inguaribili sognatori. Per il momento queste sono solo fantasie ma spiegherebbero molte cose. Un flusso idrico occasionalmente forte proveniente da sotto potrebbe, in effetti, riuscire a scalzare il detrito, mentre la volta si reggerebbe nel tempo grazie alla cementazione dei clasti operata dalle acque d’infiltrazione, che sciolgono il calcare (marmi e dolomie) nella zona superficiale coperta di suolo e vegetazione, per poi farlo riprecipitare poco più sotto tra i pori della breccia. È anche possibile che la lingua di detrito comprendesse delle lenti con clasti filladici, quindi meno soggetti a essere cementati e più facili da essere erosi.
E perché fermarsi qui con la fantasia? Perché non immaginare che là sotto ci sia anche l’imbocco di un’antica galleria, ora sepolta da quel detrito… magari una paleo sorgente del sistema del Corchia? Insomma… chissà quante cose potrebbe nascondere questa grotta dimenticata.
Ora ci sta che la prossima volta che le passate davanti vi venga anche la voglia di fermarvi a dare una sbirciatina…
Brev note su r evo
Il rilievo di questa grotta è stato eseguito utilizzando un distanziometro laser Leica Distox310 modificato con l’inserimento di una scheda elettronica (progettata dallo svizzero Beat Heeb) che aggiunge la funzione di misura della direzione magnetica, oltre a quelle di misurazione della distanza e dell’angolo sulla verticale già in dotazione. Si tratta di uno strumento che si sta rapidamente diffondendo in ambito speleologico e che rappresenta per molti versi una rivoluzione delle tecniche di rilievo in grotta, ma come tutte
le rivoluzioni ha anche i suoi contraccolpi negativi. Di fatto uno strumento del genere richiede un ripensamento delle procedure di rilievo, rispetto a quelle utilizzate con gli strumenti classici, soprattutto se si vuole sfruttarne pienamente le potenzialità.
Con il Distox modificato le misure diventano, infatti, comode e velocissime e quindi non ha più senso cercare di ridurle al minimo, come invece si fa con gli strumenti tradizionali. Inoltre diventa semplice misurare anche l’ingombro laterale dei condotti e non solo le tratte delle poligonali su cui costruire il disegno.
Le misure sono visionabili sul monitor e registrate dallo strumento nella sua memoria interna e possono essere trascritte direttamente su un classico libretto di rilievo, oppure lasciate nella memoria e scaricate poi a casa, oppure trasferite immediatamente su un palmare o un tablet, dotati di appositi programmi, ed elaborate in modo da avere una visione in tempo reale del rilievo eseguito. Per l’occasione è stato usato un tablet da 7 pollici, dotato del software Topodroid, realizzato da Marco Corvi e scaricabile liberamente da internet.
Questa grotta di dimensioni modeste e dalla conformazione abbastanza semplice, è diventata così l’occasione di testare con comodità lo strumento in questione e provare una procedura di rilievo adeguata che serva non solo a creare una rete di misure su cui appoggiare il disegno della grotta, ma anche a sviluppare il modello tridimensionale.
Quello che appare chiaro è che bisogna cercare di raccogliere una buona mole di dati dimensionali sulla grotta, senza però eccedere in misure che poi diventano difficili da gestire. Non è certo questa l’occasione per discutere nei dettagli tutte le implicazioni metodologiche che l’uso di questo strumento impone, anche perché occorrerebbe prima una discussione a livello generale per la messa a punto di standard condivisi.
Il rilievo allegato a questo breve articolo è stato eseguito realizzando una poligonale con
L’assenza di crolli recenti testimonia l’elevato grado di cementazione della breccia, che appare quindi essere un deposito non recente, foto L. Piccini.
i caposaldi in posizione centrale, usando come base di appoggio dello strumento e del traguardo (rappresentato dal libretto di campagna) due bastoncini da escursionismo regolati a un’altezza di 120 cm. In questo modo i caposaldi hanno altezza costante dal pavimento (dove possibile). Questo metodo permette di seguire più fedelmente l’asse centrale della grotta e di avere una migliore misurazione delle sezioni trasversali ma ha il difetto di rendere difficile la marcatura dei caposaldi. In genere invece è preferibile posizionare ogni tanto un caposaldo su una parete, o meglio su qualche spuntone o blocco di roccia collocato in posizione centrale, e marcarlo visibilmente. Da ogni caposaldo è stata eseguita prima la misura del tiro di poligonale verso il successivo, che si ottiene eseguendo tre misure ripetute, quindi una serie di otto misure disposte su un piano verticale circa ortogonale alla direzione del tiro di rilievo, partendo dall’alto con angolazione ogni 45 gradi circa in senso orario. La prima, terza, quinta e settima di queste misure rappresentano quindi le ormai classiche misure di ingombro verticale e laterale nell’ordine alto-destra-basso-sinistra (up-right-down-left). A queste otto misure ne sono state aggiunte almeno altre due sul piano orizzontale e generalmente rivolte in avanti a circa 45 gradi a destra e a sinistra, rispetto alla direzione del tiro. In totale quindi per ogni caposaldo sono state eseguite minimo 13 letture, che poi si riducono a 11 nel momento che le prime tre sono mediate nel tiro principale della poligonale.
L’uso del tablet da 7” ha permesso di tracciare direttamente sul monitor un primo schizzo del contorno delle pareti, mentre il libretto è servito non solo come bersaglio per il raggio laser, ma anche per disegnare con più dovizia di particolari la conformazione della grotta in pianta e in sezione. Un accorgimento seguito è stato quel
lo di fare tiri di poligonale non troppo lunghi, anche quando sarebbe stato possibile vedersi a distanze ben maggiori. In altre parole, rispetto a quella che pare essere una procedura abbastanza diffusa, che consiste nel fare poligonali con tratte lunghe e poi da ogni caposaldo prendere molte misure di ingombro all’intorno (i cosiddetti splay), si è preferito fare tiri corti di poligonale e prendere meno misure d’ingombro. In questo modo si ottiene una tabella da cui possono essere estratti più facilmente i dati di rilievo richiesti da programmi come Visual-Topo, Compass e Therion, che permettono poi di ricavare anche un modello tridimensionale. Per la restituzione del rilievo si sono utilizzati per confronto il programma Csurvey e Compass, mentre per il disegno in bella si è utilizzato il software gratuito Inkscape. Il modello tridimensionale è invece stato ottenuto con il programma CaveXO associato a Compass, ma è evidente dalla figura che la restituzione non può essere ancora ritenuta soddisfacente.
In totale quindi la restituzione di questo rilievo ha richiesto l’utilizzo di ben quattro diversi software, rendendo quindi l’operazione piuttosto complessa, ma, di fatto, al momento nessun programma da solo soddisfa tutte le esigenze per la restituzione di un buon rilievo.
La Buca della Risvolta, nel sottrarmi “dispettosamente” per quattro mesi gli strumenti da rilievo tradizionali, ha in un certo qual modo sancito per me il passaggio alle nuove tecniche di rilievo. Il passaggio ai nuovi strumenti non è stato facile ed ha messo in luce molti aspetti ancora da mettere a punto, per evitare che quello che appare come un grosso passo avanti sul piano tecnico si risolva poi in una perdita di informazioni sulla conformazione delle grotte.
LINK UTILI Catasto online: www.speleotoscana.it/programmi_php/catasto/grotta.php?num=&num1=158&Submit=DATI+OK+Invia DistoX: paperless.bheeb.ch TopoDroid: code.google.com/topolinux Compass: fountainware.com/compass/ Csurvey: www.csurvey.it Inkscape: inkscape.it/ Therion: therion.speleo.sk/