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FACCIAMO IL PUNTO SU T A L P 52

F S T D E L L A R I V I S T A T A L P

Grotte dimenticate: la Buca della Risvolta (T/LU 158) di Leonardo Piccini

La strada che da Seravezza sale alla Galleria del Cipollaio è probabilmente una delle strade al mondo maggiormente frequentate da speleologi. Il motivo è semplice, trattandosi della strada che porta all’Antro del Corchia e al vasto sistema di grotte che costituiscono l’intero complesso carsico, uno dei più importanti e noti in Europa. La strada si stacca dalla provinciale di fondovalle prima di Ponte Stazzemese e segue fedelmente quello che era il vecchio tracciato delle rotaie della società Tramvie Alta Versilia (TAV) nel tratto da Iacco ad Arni. Questa linea ferroviaria a scartamento metrico, che utilizzava motrici a trazione elettrica, fu realizzata tra il 1923 e il 1926 per trasportare passeggeri e soprattutto per portare giù i blocchi di marmo dalle cave del Monte Corchia, del Monte Cervaiole e del bacino di Arni e Tre Fiumi. Tale tramvia è rimasta attiva sino all’immediato dopoguerra quando, intorno al 1950, fu trasformata in strada carrabile. Al fine di distribuire i quasi 750 metri di dislivello tra Seravezza e il Cipollaio su un tragitto con pendenza non elevata, la strada compie un percorso assai lungo, addentrandosi nella valle del torrente Vezza, invece di salire direttamente verso Levigliani. Questa caratteristica è oggi ben nota e gradita ai cicloamatori, che trovano lungo questo percorso una pendenza costante e senza strappi. Inoltre, sempre per esigenze ferroviarie, la strada non presenta tornanti (come fa ad esempio la strada che da Massa sale al Passo del Vestito) con una sola eccezione, che forse proprio per la sua unicità ha meritato un toponimo tutto suo: la “Risvolta”. Dopo aver percorso con guida rilassata e senza bisogno di scalare di marcia l’ampio tornante, dopo pochi metri, sulla destra, l’occhio di uno speleo non può non notare una scura caverna, al limitare di una strada secondaria e a pochi metri di distanza dalla provinciale del Cipollaio. L’im-

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bocco è quello della Buca della Risvolta, che per la sua posizione “strategica” è probabilmente l’ingresso di grotta più noto agli speleologi toscani, ma forse anche italiani. Ben pochi però si fermano, o perché presi dalla bramosia di salire al Corchia all’andata, o vittime della stanchezza o della voglia di tornare a casa al ritorno. Così è stato anche per me, che da quarant’anni percorro quella strada diretto verso la grotta che più di ogni altra ha attirato la mia attività. A dire il vero, una notte piovosa di diversi anni fa mi ero fermato, insieme ad altri amici, con l’intento di trovare un riparo asciutto, scoprendo che invece gocciolava acqua da tutte le parti e quindi ci adattammo a dormire in una marginetta lungo la strada, dopo il bivio per Terrinca. Recentemente, preso dalla curiosità e dall’intento di fare il rilievo di quella grotta, che mancava a catasto, mi sono fermato a ridare un’occhiata di ritorno da un’uscita di più giorni al Corchia. Con casco, luce e strumenti da rilievo mi addentro nella caverna iniziale, per scoprire che la grotta non consiste nel solo vano d’ingresso ma che continua verso l’alto con una sala sospesa e da qui con una galleria in ripida ascesa. Arrivato in cima, dove la volta si abbassa, tiro fuori bussola e clinometro, che tengo dentro un borsino di protezione. Nel prendere anche il distanziometro dal sacco, il borsino mi sfugge di mano e si mette a rotolare lentamente verso una depressione del pavimento. Non faccio neanche il gesto di chinarmi ad afferrarlo, aspettando che si fermi. Invece a un tratto vedo il borsino scom-


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