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SPELEOTEMI

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MEMORIE

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Tante grotte, tanti archivi del clima passato

Dati preliminari della convenzione INGV-FST

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di Ilaria Isola 1 , Giovanni Zanchetta 2 , Eleonora Regattieri 3

1 Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Pisa; 2 Dipartimento di Scienze della Terra, Pisa; 3 Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria CNR, Roma.

Utilizzando le grotte come archivi del clima passato (vedi Bruschi et al., 1999; Zanchetta et al., 2002, 2006), ed in particolare le concrezioni, abbiamo più volte messo in evidenza come uno dei maggiori vantaggi sia la possibilità di poterle datare con accuratezza e precisione con il metodo U/Th (Hellstrom, 2006).

La crescita delle concrezioni è già di per sé un importante indicatore ambientale e rappresenta uno strumento fondamentale per inquadrare cronologicamente l’evoluzione dei sistemi carsici, almeno nella loro fase finale. La crescita di una concrezione è principalmente legata alla presenza di acqua allo stato liquido, in grado di penetrare nel suolo sovrastante la grotta e disciogliere il carbonato per poi riprecipitarlo all’interno della cavità. Per questa ragione nei deserti e nelle zone con suoli perennemente ghiacciati (permafrost) le concrezioni sono rare se non assenti. In questo contesto, le datazioni di antiche fasi di crescita di concrezioni possono ad esempio indicare fasi più umide o fasi di scioglimento del permafrost (Vaks et al. 2006; 2013). In generale l’analisi comparata delle fasi di crescita di più cavità carsiche può quindi fornire importanti informazioni climatiche, come il verificarsi di fasi glaciali e/o aride. Nel caso di precipitazioni meteoriche sufficienti, il tasso di crescita delle singole stalagmiti dipende da numerose variabili come la temperatura, il tasso di gocciolamento, il contenuto di calcio nella soluzione e il suo grado di sovrasaturazione (Genty et al., 2001), anch’essi tutti parametri ricollegabili alle condizioni climatiche esterne.

Attraverso l’analisi spaziale ed altitudinale di tutti i dati cronologici provenienti dalle diverse grotte, è quindi possibile individuare le fasi di crescita o assenza di crescita e i tassi di deposizione delle concrezioni, tutti elementi che possono avere un significato climatico a scala regionale.

Nell’ambito della convenzione firmata tra INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) e la Federazione Speleologica Toscana, che prevedeva ricostruzioni paleoclimatiche nell’area toscana partendo dall’uso di concrezioni di grotta (Isola et al., 2013), sono state selezionate diverse cavità carsiche in cui è stato effettuato un campionamento preliminare.

La selezione, i primi sopralluoghi preliminari ed il prelievo dei campioni da queste cavità hanno visto la partecipazione attiva di molti gruppi speleologici toscani.

Per questo progetto sono state visitate numerose grotte, in dieci delle quali (segnate in rosso in Fig.1) sono stati prelevati campioni di concrezioni tramite carotaggi a basso impatto ambientale e/o raccogliendo frammenti di stalagmiti preferibilmente già rotte (Figg. 2, 3).

In totale sono stati raccolti 33 campioni. Le singole stalagmiti sono state tagliate, lucidate (Fig. 4) e selezionate in base a morfologia, stratificazione, presenza di detrito ecc.

Fig. 1. In rosso localizzazione dei campioni raccolti all’interno della Convenzione INGV – FST, in blu localizzazione di dati presenti in letteratura.

Su quelle più promettenti, sono stati prelevati i primi campioni per le datazioni U/Th. Solitamente in questa fase vengono anche effettuate sezioni ni, ma di questo parleremo più diffusamente in futuro, quando le serie geochimiche realizzate saranno ancorate ad un maggior numero di datazio

LA CRESCITA DI UNA CONCREZIONE È PRINCIPALMENTE LEGATA ALLA

PRESENZA DI ACQUA ALLO STATO LIQUIDO, IN GRADO DI PENETRARE

NEL SUOLO SOVRASTANTE LA GROTTA E DISCIOGLIERE IL CARBONATO

PER POI RIPRECIPITARLO ALL’INTERNO DELLA CAVITÀ.

sottili per valutare la qualità del materiale da datare e per scegliere gli intervalli più idonei (cioè meno contaminati da materiale clastico) per le datazioni. Il progetto prevedeva inoltre, lo studio geochimico isotopico di alcuni di questi campio

ni. Le datazioni effettuate fino ad ora (molte altre saranno in arrivo nei prossimi mesi) nei campioni delle grotte selezionate nell’ambito del progetto, sono rappresentate nel grafico di Fig. 5, distribuite secondo le quote di campionamento (asse Y).

A queste sono aggiunti i dati derivanti da studi pregressi relativi a speleotemi del Corchia (Drysdale et al., 2004, 2005, 2007, 2009; Zanchetta et al., 2007; Regattieri et al., 2014a), della Tana che Urla (Regattieri et al. 2012, 2014b), della Buca della Renella (Drysdale et al. 2006; Zhornyak et al. 2011) e della Grotta del Vento (Piccini et al., 2003). I dati ottenuti al Corchia negli anni, sono molto più numerosi di quelli riportati in figura, ma abbiamo fatto riferimento solo ai dati sostanzialmente già pubblicati o in corso di pubblicazione. In figura è riportata inoltre, la curva isotopica globale dell’δ 18 O ricavata dai gusci dei foraminiferi bentonici marini (piccoli organismi unicellulari con guscio calcareo che vivono nei fondali oceanici), che rappresenta, in prima approssimazione, le grandi variazioni climatiche terrestri con l’alternarsi di periodi glaciali (valori maggiori) ed interglaciali (valori minori) (Lisiecki e Raymo, 2005). Come si può vedere dall’immagine (Fig. 5), generalmente le datazioni (all’interno del margine di errore), ricadono principalmente in corrispondenza delle fasi con valori isotopici tipici degli interglaciali. In particolare durante l’interglaciale più recente (MIS1 o Olocene) si concentra il massimo numero di datazioni. Questo suggerisce che una parte importante del concrezionamento delle grotte studiate si sia sviluppata durante l’ultimo periodo caldo. L’ultimo periodo glaciale (ca. 70-11 ka) vede invece un minor numero di datazioni, suggerendo fasi di minor concrezionamento. Durante questo intervallo di tempo, possono essersi verificati, alle quote più elevate, periodi di congelamento del suolo con conseguente mancanza di stillicidio, mentre per grotte situate a quote più basse, la drastica diminuzione di concrezionamento può essere imputata ad un notevole aumento dell’attività fluviale all’interno delle cavità stesse, come è sicuramente riscontrabile in alcune grotte apuane. Una fase di crescita importante si osserva anche durante il penultimo periodo caldo (conosciuto in generale, sulla base della nomenclatura delle curve isotopiche marine come MIS5e). Questa fase è sicuramente presente in Corchia e alla Tana

che Urla, ma tracce se ne individuano anche alla Buca Cava dell’Onice e alla Grotta di Punta degli Stretti. È interessante notare la presenza di un ulteriore periodo di concrezionamento molto più antico che sembra ancora una volta corrispondere ad un periodo interglaciale, il MIS9, sicuramente ben documentato al Corchia ma che risulta presente anche alla Tana degli Istrici e alla Grotta di Cala dei Santi. Questo quadro molto preliminare fornisce certamente delle indicazioni che fanno ben sperare per il proseguimento delle ricerche, in particolare per quanto riguarda lo studio dell’Olocene, periodo che rappresentava il focus principale del progetto sviluppato con la FST. I dati riguardanti i periodi più antichi invece, suggeriscono un futuro potenzialmente promettente, non solo per quanto riguarda le ricerche paleoclimatiche, ma anche per lo studio dell’evoluzione delle cavità stesse, aiutandoci a comprendere se esistano fasi comuni di sviluppo dei sistemi carsici anche a scala regionale. Queste ricerche preliminari ci fanno quindi ben sperare e suggeriscono l’esistenza di numerose cavità, al di là di quelle già note e studiate, che possono rivelarsi

preziosi archivi per lo studio del clima passato e dell’evoluzione carsica e morfologica della nostra regione. Crediamo che questa sia una ulteriore opportunità di collaborazione tra enti di ricerca e Federazione Speleologica Toscana, collaborazione fino ad oggi foriera non solo di grandi risultati scientifici ma anche di crescita comune.

Rngraz ament

Un sentito ringraziamento va agli Organi Federali che si sono succeduti in questi ultimi anni e,

in particolare, a tutti coloro che si sono interessati a queste ricerche dedicandovi tempo e fatica di seguito menzionati in rigoroso ordine sparso (con l’auspicio di non dimenticare nessuno): Ilaria Baneschi (IGG-CNR), Carlo Cavanna (SNSM), Luca Deravignone e Davide Fucile (GSM), Giovanni Gatti (GSC), Marta Lazzaroni, Emilio Poggetti e Luca Tinagli (GSAL), Leonardo Piccini (UNIFI), Silvia Tamburini, Enzo Barlacchi e Davide (USC), Adriano Roncioni e Andrea Tori (GSL).

Fig. 3. Tracce dei carotaggi effettuati nella Grotta di Cala dei Santi.

In alto: Fig. 4a. Sezione della stalagmite FB4 (Grotta di Fonte Buia). Fig. 4b. Sezione della carota CDS-C1(Grotta di Cala dei Santi). La scala indica 5cm (rettangolo nero).

In basso: Fig. 5. Distribuzione delle datazioni di speleotemi toscani (cerchi rossi) secondo le quote di campionamento (in nero la barra di errore , 2σ). In azzurro i valori isotopici marini relativi ai cicli glaciali/interglaciali globali (Lisiecki e Raymo, 2005). Sono evidenziati con rettangoli azzurri i periodi caldi relativi al MIS1, MIS5e e MIS9e.

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