&Magazine - Luglio 2011

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diritto - economia - cultura

Una luce nel buio Come quotarsi in borsa senza burocrazia Non Turisti, viaggiatori

www.studiospinapolice.it • € 3,50 • ISSN: 2239-8244

Smartphone per astronauti

Magazine - Numero 1 - 3 luglio 2011





editoriale

E’

sempre difficile dare inizio a qualcosa, scrivere le prime parole di un racconto, tracciare le linee guida di un’idea, renderle comprensibili senza abusare della pazienza di chi legge, intraprendere una nuova strada che, in quanto nuova, è in salita, così com’è duro raccogliere il coraggio di avviarsi per percorrerla, perché ignota. Insomma, la molla che ci spinge ad iniziare un cammino è l’aspettativa della riuscita, della realizzazione dell’Idea che diventa obiettivo, è il gusto di combattere per raggiungerla, dopo averla plasmata, affinata, vista crescere. Quando ho proposto ai miei Partners di fondare l’&magazine, ho riscontrato grande ed inaspettato entusiasmo. Tutti pronti a partecipare al nostro trimestrale, un magazine che vuole raggiungere in casa o in azienda la nostra attenta ed esigente clientela. Il nostro obiettivo è quello di aprire una finestra sul mondo del diritto, dell’economia e della cultura, di costruire un editoriale grazie al quale condividere, assieme ai nostri lettori, interessi, soluzioni, gusti, novità e tendenze. Grazie alla redazione del nostro Ufficio Press, diretto dalla tenace ed instancabile Martina Selmin, abbiamo quindi realizzato un altro progetto ambizioso: il nostro Studio Legale, oltre a proporre consulenza finanziaria, analisi e soluzioni di risk management, ora può continuare ad affiancare l’impresa con una costante e approfondita informazione, e perché no, è nostro precipuo desiderio anche accompagnare il lettore durante il suo tempo libero, proponendo argomenti di attualità e più in generale di cultura, che offrono spunti e riflessioni utili per chi affronta tutti i giorni il mondo nel suo continuo divenire. La cura con cui sono scelti i contenuti, molto ricercati nelle immagini, negli argomenti e quindi negli articoli, nelle interviste e

Cupola di San Carlo al Corso nei cui edifci storici è ubicata una sede dello studio Spinapolice&Partners

nella stessa fine rilegatura e patinatura delle pagine, fa dell’&magazine il fiore all’occhiello della nostra struttura e mi rende orgoglioso del Team con il quale condivido lavoro e passioni, perché sono profondamente convinto che sono le persone a fare la differenza.

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sommario

pg. 10 diritto Una luce nel buio pg. 16 economia Basilea III Le banche italiane pronte al cambiamento pg. 28 cultura Verdi, Muti, un coro: il simposio perfetto del Nabucco pg. 36 diritto Clausola salva amministratori pg. 40 economia Come quotarsi in borsa senza burocrazia

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sommario

pg. 54 diritto Tra critiche e consensi pg. 64 cultura VeritĂ e bugie sulla supernova che presto esploderĂ pg. 72 cultura Smartphone per astronauti pg. 76 economia Bestiario fiscale pg. 82 cultura Non turisti, viaggiatori

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Una luce nel Buio


diritto

D

Varata la norma che consente di sperare nella durata ragionevole dei processi

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opo innumerevoli buoni propositi, accenni di riforma mai efficaci e proclami meramente propagandistici, finalmente si vede luce in fondo al tunnel che ogni cittadino di questo paese deve imboccare ogni qualvolta si trova costretto a chiedere giustizia nelle aule dei Tribunali Civili. La legge 18 giugno 2009 n. 69, infatti, ha introdotto nel nostro codice di rito gli articoli 702 bis, 702 ter e 702 quater, che delineano e disciplinano il “PROCESSO SOMMARIO DI COGNIZIONE”. In estrema sintesi, si tratta di un rito che presenta elementi tipici del processo cautelare e del processo a cognizione piena, che è potenzialmente in grado, almeno per alcune tipologie di controversie, di ridurre in maniera radicale la durata della causa. Nonostante l’oramai radicata approssimazione del nostro legislatore che lascia parecchie perplessità di ordine squisitamente giuridico sull’intera architettura del rito, si può ben dire che trattasi finalmente di un approccio serio al drammatico problema dei tempi della giustizia.


diritto

"si vede luce in fondo al tunnel che ogni cittadino di questo paese deve imboccare"

Per tentare di rendere comprensibili i presupposti e l’iter del procedimento appare d’obbligo cercare di chiarire innanzitutto a quale tipo di controversie il procedimento sommario di cognizione risulta applicabile. La risposta è ricavabile dal tenore del comma III dell’art. 702 ter c.p.c. che riferisce di come il giudice debba preliminarmente valutare se trattasi di controversia per la cui decisione sia sufficiente un’istruzione probatoria sommaria. Assolutamente lampante è che l’intero meccanismo processuale ruota intorno al concetto d’istruzione sommaria. I lavori preparatori della riforma e i radicati principi processuali inducono a ritenere sommaria l’istruzione probatoria in cui, al fine di addivenire alla decisione, non si debbano utilizzare le prove costituende. In estrema sintesi, trattasi di tutte quelle controversie in cui non è richiesta un’istruzione probatoria complessa sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo. A mero titolo esemplificativo si parla delle cause prettamente documentali quali, ad esempio, le azioni revocatorie. Fatta questa premessa, è ora necessario capire come dovrà svolgersi questo processo. La domanda viene introdotta mediante ricorso al giudice competente sia territorialmente che per materia il quale fissa un’udienza di comparizione delle parti, previa assegnazione di termine all’attore di notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza. Il convenuto, nel costituirsi, oltre che difendersi in maniera specifica, deve indicare i mezzi di prova di cui intende avvalersi. 13


diritto

A questo punto, il giudice è nelle condizioni di valutare, in base alla domanda dell’attore, alle difese del convenuto ed ai mezzi di prova allegati dai contraddittori, se trattasi o meno di controversia in cui è applicabile il processo sommario di cognizione oppure se trattasi di causa che necessita di cognizione piena. Nel primo caso, il giudice in prima udienza provvede con ordinanza all’accoglimento ovvero al rigetto delle domande. Nel caso opposto e sempre con ordinanza, fissa l’udienza di prima comparizione ai sensi dell’art. 183 c.p.c., provvedendo in tal modo a “mutare” il rito da sommario a pieno. Ricorrendone i presupposti, quindi, ci si trova nell’effettiva potenziale possibilità di ottenere un provvedimento paragonabile nella sostanza ad una sentenza, non più a seguito di anni di causa ma addirittura in sede di prima udienza di comparizione. In conclusione agli operatori del sistema giustizia è stato fornito uno strumento che probabilmente consentirà di ridurre, almeno per alcune tipi di causa, i tempi di durata del processo. Tutto sta a verificare che tipo di utilizzo magistrati ed avvocati vorranno fare in concreto di tale opportunità. 14




Basilea iii

le Banche italiane pronte al camBiamento


economia

A

l via nel 2012 le nuove regole globali sui patrimoni di vigilanza delle banche. La crisi ha insegnato che ci vuole severità nel valutare il capitale 'reale' degli istituti. Possibili innovazioni sui crediti fiscali preoccupano gli intermediari italiani. La crisi sta pian piano allentando la morsa, ma il sistema bancario non è ancora del tutto al riparo da fenomeni finanziari di rischio. Nel frattempo, però, le imprese vanno sostenute senza eccessivi timori dal sistema creditizio, in modo da dare respiro a un'economia che tenta con fatica di rilanciarsi. Il sistema internazionale di regole sui requisiti patrimoniali delle banche sarà modificato da una riforma che manderà in pensione l'accordo 'Basilea 2' in favore del cosiddetto 'Basilea 3'. Tuttavia i tempi non saranno brevissimi: il nuovo quadro regolatorio entrerà in vigore a partire dal 2012, ma nel breve termine ci sono delle risposte da dare agli imprenditori che hanno 'sete' di finanziamenti e non riescono ad abbeverarsi a un rubinetto creditizio che gocciola appena.

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Non a caso il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, ha chiesto al Comitato di Basilea di "completare tempestivamente il programma di riforme" per un "sistema bancario più solido" e in grado così di "sostenere la crescita economica nel lungo termine". Dall'Abi, si auspica un nuovo patto tra intermediari e imprese, un tavolo di confronto allargato anche alle istituzioni per attenuare la prociclicita' di Basilea 2 che sta danneggiando l'industria e le Piccole e medie imprese.


“BASILEA 2” e l’innovazione di "BASILEA 3" Per chi non lo avesse chiaro, 'Basilea 2' è in soldoni il sistema di rating adottato da ogni banca per inquadrare la situazione patrimoniale e la rischiosità finanziaria delle imprese sue clienti. Com'è naturale, da questi parametri dipendono il destino degli impieghi e dunque la condizione patrimoniale della banca stessa. Senza entrare in difficili tecnicismi, si può dire che 'Basilea 3' da una parte rende meno astratta la valutazione sull'impresa e la cala nella realtà economica e territoriale del cliente, mentre dall'altra fa tesoro della crisi che ha mandato gambe all'aria diversi grandi istituti di credito, rendendo più stringenti i parametri di analisi della qualità del patrimonio di vigilanza dei prestatori di denaro. In sostanza, si cerca di chiarire il dato fondamentale sul capitale autentico della banca, limitando il Tier 1 al capitale ordinario, riparametrando il Tier 2 senza strumenti ibridi di para-capitalizzazione e abolendo il Tier 3. Si tratta di aspetti tecnici di cui si è a lungo discusso. Uno dei più interessanti riguarda la modifica del calcolo dei crediti fiscali da dedurre sul patrimonio di vigilanza. In pratica, le imposte anticipate dalle banche - che diventano un credito nei confronti dello Stato dovrebbero essere inserite negli attivi di bilancio solo entro una certa quota pro-

porzionale al capitale di migliore qualità. Ciò dovrebbe servire ad omogeneizzare i diversi trattamenti fiscali nazionali, limitando il peso finanziario di questi 'tax assets' e decurtando così voci di bilancio poco tangibili. Non a caso Bankitalia ha messo sull'avviso i nostri istituti, poco esposti rispetto alla crisi internazionale ma storicamente portatori di forti crediti fiscali per le perdite sugli impieghi. Ed ecco che le banche chiedono un sostegno fiscale al governo, a fronte di una possibile revisione della deducibilità dei tax assets. Nel frattempo, il Financial stability board (Fsb), spinge affinché gli intermediari sveltiscano l'irrobustimento dei loro patrimoni, anche se questo dovesse ripercuotersi sugli utili e sui bonus per soci e manager. Proprio l'Fsb, guidato dal governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, presenterà al prossimo G-20 di giugno un'analisi preliminare su possibili azioni da mettere in campo per gestire la questione dei soggetti finanziari troppo grandi per fallire (in inglese 'too big to fail'): in pratica quelle istituzioni il cui collasso rappresenta un rischio sistemico talmente enorme da rendere meno costoso un intervento pubblico di salvataggio. 19


economia dalla riforma dovrà uscire un sistema finanziario più prudente, in grado di affrontare la crisi da una posizione di maggiore solidità

Gli obiettivi della riforma La crisi che ha colpito due anni fa il sistema finanziario internazionale e che tuttora produce effetti negativi per l’economia mondiale ha fatto ritenere indispensabile un complessivo ripensamento della regolamentazione prudenziale. Sebbene la crisi sia stata la conseguenza di molti fattori concomitanti, certamente l’apparato regolamentare e di supervisione del settore finanziario non è stato in grado di prevenire l’eccessiva dilatazione dei rischi o di imbrigliare la trasmissione della turbolenza finanziaria.

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I requisiti regolamentari hanno immediatamente perso la loro funzione di riferimento per valutare l’adeguatezza patrimoniale di una banca. Alle autorità tecniche è stato anche chiesto di disegnare regole prudenziali e standard contabili che evitino di accentuare la tendenza del settore finanziario a favorire la crescita – talvolta euforica – del credito all’economia nei periodi di maggiore espansione e a ridurla drasticamente all’inversione del ciclo. Parallelamente è stato chiesto il rafforzamento delle regole per il controllo del rischio di liquidità.


economia

L’eterogeneità delle regole non ha favorito la gestione integrata della liquidità per i gruppi cross-border, limitandone la mobilità, generando inefficienze e tensioni nei momenti di maggiore pressione sui mercati. E’ stato inoltre affermato il principio che tutte le istituzioni finanziarie e le infrastrutture di mercato sistemicamente rilevanti siano assoggettate a forme adeguate di controlli, per evitare l’accumulazione di rischi sistemici e il gioco degli arbitraggi regolamentari. Le

linee generali del piano d’azione sono state trasposte in proposte operative dal Comitato di Basilea. L’insieme delle misure mira a ridefinire aspetti importanti dell’assetto regolamentare, in linea con gli obiettivi ambiziosi fissati dal G20. Dalla riforma dovrà uscire un sistema finanziario più prudente, in grado di affrontare le crisi da una posizione di maggiore solidità, riducendo i costi che potrebbero essere addossati alle finanze pubbliche e all’economia reale in caso di dissesto.

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economia

L’IMPATTo DI BASILEA 3 SULLE BANChE ITALIANE In Italia, gli effetti della crisi sono stati meno forti grazie a un modello di intermediazione tradizionale, sostenuto da un quadro regolamentare e una vigilanza prudenti. Le banche italiane sono entrate nella crisi con un’esposizione complessivamente contenuta verso i prodotti della finanza strutturata e una minore dipendenza dai mercati della raccolta all’ingrosso. Il nostro sistema bancario era e resta caratterizzato dalla prevalenza dell’attività di intermediazione creditizia a favore di famiglie e imprese, dal radicamento sul territorio, da una leva finanziaria contenuta e da una struttura di bilancio nel complesso equilibrata. La limitata operatività nel campo della finanza innovativa e nella negoziazione di prodotti di credito strutturati induce a ritenere che l’impatto dell’inasprimento dei requisiti patrimoniali sul trading book risulterà in media contenuto. L’introduzione della leverage ratio non dovrebbe comportare conseguenze importanti. Non ci si può però nascondere che le modifiche regolamentari proposte dal Comitato di Basilea richiederanno alle banche italiane adeguamenti non trascurabili. Sebbene esse partano da una situazione migliore di quella di altri sistemi bancari sul fronte, ad esempio, della qualità del patrimonio, rimangono aperti aspetti importanti delle proposte che potrebbero determinare conseguenze di rilievo. Ho in precedenza fatto riferimento alla deduzione dal patrimonio delle attività per imposte anticipate, degli interessi di minoranza e delle partecipazioni bancarie, finanziarie e assicurative. Tali opzioni potrebbero avere impatti non trascurabili sul nostro sistema. Le proposte che abbiamo presentato a livello internazionale potrebbero contribuire a contenere gli effetti di queste deduzioni. Quanto alle regole sulla liquidità, l’effetto dipenderà dal disegno finale dei due indicatori. Appare tuttavia chiara sin d’ora la necessità che le banche italiane aumentino le scorte di attività prontamente liquidabili. Se da un lato il profilo di liquidità del sistema appare complessivamente migliorato, anche grazie alla rafforzata azione di monitoraggio avviata dal 2007 dalla Banca d’Italia, dall’altro permangono sui mercati elementi di incertezza. 22


economia

ANALISI DEGLI EffETTI MACroECoNoMICI Attraverso lo studio d’impatto quantitativo, il Comitato valuterà compiutamente le interazioni tra le diverse misure al fine di identificare le aree sulle quali possono rendersi necessari interventi migliorativi o correzioni. Con la progressiva conclusione dei lavori sugli strumenti anticiclici e sulle istituzioni sistemiche potrà essere analizzato il funzionamento complessivo della riforma, anche al fine di procedere alla eventuale razionalizzazione e semplificazione delle proposte. Tale analisi – bottom-up perché basata sui dati raccolti presso le banche – sarà integrata da una valutazione su quale sia il livello più adeguato di capitale che il sistema bancario internazionale nel suo complesso dovrebbe detenere, bilanciando l’esigenza di garantirne la capacità di fronteggiare le perdite connesse con eventuali crisi finanziarie e quella di evitare effetti indesiderati sulla sua capacità di sostenere la crescita economica. Non ci si può nascondere che si tratta di un progetto ambizioso, che richiede l’utilizzo di modelli molto complessi e di dati – relativi a molti paesi – affidabili e confrontabili. Alcune autorità e la stessa industria hanno già avviato lo sviluppo di modelli macroeconomici in grado di valutare gli effetti della regolamentazione prudenziale sull’economia reale e sulla probabilità di crisi, consentendo prime analisi dei costi e dei benefici delle nuove misure.

affinché i benefici della revisione in atto possano effettivamente concretizzarsi è fondamentale definire standard credibili e criteri condivisi per il loro enforcement 23


economia È impegno delle autorità evitare impatti significativi sull’economia reale.

L’analisi macroeconomica contribuirà alla calibrazione definitiva del pacchetto complessivo, ma non possiamo aspettarci che essa fornisca tutte le risposte. La scelta definitiva sarà necessariamente il risultato di valutazioni quantitative e di buon senso. È impegno delle autorità evitare impatti significativi sull’economia reale. Le nuove regole – che entreranno in vigore alla fine del 2012 a condizione che si sia manifestato il consolidamento della ripresa economica – saranno introdotte con la necessaria gradualità, anche attraverso la previsione di disposizioni transitorie, incluso un periodo di grandfathering sufficientemente lungo, al fine di dare agli intermediari il tempo di adeguarsi e di non ostacolare il superamento della crisi. Credo che si possa fare

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affidamento sulla sensibilità delle autorità di supervisione e delle banche centrali all’esigenza di gestire con accortezza il ciclo economico, per dissipare i timori di una reazione eccessivamente rigorista. Non si intende punire il settore bancario, tassello fondamentale dello sviluppo economico. Tuttavia, è chiaro sin d’ora che i livelli di redditività registrati in passato – superiori a quelli degli altri settori produttivi – potranno difficilmente ripetersi in futuro. Essi sono stati il risultato dell’esposizione a rischi troppo elevati, non adeguatamente coperti da risorse patrimoniali e di liquidità. L’insieme dei provvedimenti in discussione potrà determinare una contrazione dei profitti delle banche, ma comporterà anche un positivo contenimento dei rischi assunti.


economia

CoNCLUSIoNI Le proposte del Comitato di Basilea, sebbene richiedano ulteriori riflessioni e affinamenti, muovono nella direzione indicata dalle massime autorità politiche a livello globale. Esse pongono basi solide per rimediare alle criticità emerse durante la crisi e costituiscono il contributo della comunità dei supervisori al più ampio ripensamento delle regole che devono guidare uno sviluppo equilibrato del sistema finanziario. Pur confermando sostanzialmente la filosofia di fondo di Basilea 2, si prende atto di alcuni limiti della disciplina e si introducono i correttivi necessari a migliorarne il funzionamento e a garantire che essa consegua gli obiettivi per cui era stata ideata. Aspetti, anche non marginali, del nuovo pacchetto di Basilea potranno essere rivisti, modificati e perfezionati anche alla luce dei commenti ricevuti. Deve essere chiaro tuttavia che la struttura complessiva della riforma non è in discussione: in futuro non dovranno ripetersi casi di carenti dota-

zioni patrimoniali, gestione irresponsabile del rischio di liquidità, avventata crescita degli attivi seguita da repentini fenomeni di deleveraging. Il rallentamento del processo di revisione delle regole a livello internazionale – che da alcune parti sembra auspicarsi – sarebbe una scelta miope. Si potrebbero determinare fughe in avanti di alcuni paesi, facendo naufragare definitivamente il tentativo di definire un terreno di gioco realmente livellato. Analogamente, si deve contrastare il pericolo che regole troppo severe siano poi applicate in modo eterogeneo. Affinché i benefici della revisione in atto possano effettivamente concretizzarsi, è fondamentale definire standard credibili e, almeno in Europa, criteri condivisi per il loro enforcement. Se così non fosse, ne risulterebbero penalizzati soprattutto gli operatori appartenenti alle giurisdizioni tradizionalmente più rigorose. 25





Verdi, Muti, un coro:

il siMposio

perfetto del nabucco Un’antologia di evocazioni nell’appello più toccante delle celebrazioni per i 150 anni d’Unità d’Italia. di letizia StramBi


cultura Un’eccitazione impalpabile lo deve prendere quell’attimo prima dei due tocchi di bacchetta che richiamano al silenzio. Eppure, questa volta ci dev’essere stato qualcosa di più. Era tutto sul volto di quest’uomo così italiano per la sua eleganza, per la sua compostezza e, al tempo stesso, per quella irascibilità che conviene a un direttore d’orchestra. Per questo Riccardo Muti rappresenta l’esecutore perfetto dell’allestimento del Nabucco. Una miscellanea di elementi si risvegliano e chiudono un composito scrigno di significati. L’opera più patriottica di Giuseppe Verdi, musicista simbolo del Risorgimento, per una forma artistica di spettacolo che nacque e fu cullata in questo Paese, il melodramma, e che tuttora nel mondo intero continua a diffondere la nostra lingua quale irrinunciabile idioma di classicismo e purezza. “Siamo un popolo unito non soltanto dalla lingua, ma da 150 anni di esperienza nazionale, abbiamo bisogno di rivivere l'attestazione di quest'avvenimento per ricordarcene” avverte Riccardo Muti. Ecco perché poco prima di quell’attimo in cui hanno risuonato le bacchette sul reggispartito nell’eco sordo del teatro, il carico di pensieri e di simbolismi si è fatto grave. Come Verdi, Muti avrà temuto per le conseguenze di quello che rappresentava molto più di un allestimento verdiano. Dagli aristocratici invasori ai morigerati presidenti della repubblica, dalle cortigiane alle escort: tutto appariva mutato e allo stesso tempo identico, come quel coro ugualmente potente: un richiamo all’attenzione, alla dignità della speranza.


Il Nabucco di roma Il Teatro dell’Opera ha ospitato il debutto della la manifestazione musicale più importante e rappresentativa in Italia per le celebrazioni del centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia: la messa in scena del Nabucco di Verdi, opera risorgimentale per antonomasia. Sul podio il Maestro Riccardo Muti, Leo Nucci nella parte di Nabucco. La regia e le scene del Nabucco portano la firma di Jean Paul Scarpitta, i costumi sono di Maurizio Millenotti, le luci di Urs Schönebaum. Dirige il Coro dell’Opera Roberto Gabbiani. Nel cast Leo Nucci nel ruolo di Nabucco (e Giovanni Meoni per le repliche), Antonio Poli (Ismaele), nel ruolo di Zaccaria Dmitry Beloselskiy (e Riccardo Zanellato per le repliche), nel ruolo di Abigaille si alterneranno Viktoriia Chenska ed Elisabete Matos, nei panni di Fenena si alterneranno Anna Malavasi ed Ezgi Kutlu. Dopo il debutto lo spettacolo avrà una tournée in cui tocca anche San Pie-

troburgo, al Teatro Marijinskij, sempre con la direzione del Maestro Riccardo Muti. Verdi con il Nabucco, attraverso il dramma degli Ebrei assoggettati al dominio babilonese, riporta in musica i valori del Risorgimento italiano. I temi della patria oppressa e della riscossa nazionale sono alla base di un capolavoro principalmente corale, il cui apice è raggiunto dal famoso "Va pensiero". Opera grandiosa e solenne, segna il primo grande successo popolare di Verdi nel 1842. In questo nuovo allestimento il regista Jean Paul Scarpitta concepisce l’impianto drammaturgico come una riflessione sulla Storia, piuttosto che come una sua illustrazione, e il Coro degli Ebrei ne incarna il profondo legame con il trascendente. Il dispositivo scenico è reso essenziale per mezzo dell’utilizzo di pochi elementi su un fondale di ciclorama ispirato alle illustrazioni bibliche di Gustave Doré.


La Virtù della Libertà: note di scena del regista Un conflitto immaginario scandito nella distanza dal tempo e dallo spazio. Non bisogna mettere in scena il dramma stesso, ma il riflesso che esso ha nella coscienza. La messa in scena vuole essere quindi una riflessione sulla Storia più che una rappresentazione. Un teatro, tragedia della riflessione. Un distacco dal reale. Una distanza necessaria tra il dramma e la rappresentazione. Non si tratta di un’analisi della realtà, bensì della dolorosa consapevolezza della deludente realtà che ci circonda e nella quale viviamo. Questa distanza non è però l’occasione di una chiara presa di coscienza: piuttosto essa mescola le carte e moltiplica all’infinito il dramma iniziale, in un gioco di specchi in cui la coscienza si riflette. Come non eliminare, allora, ogni traccia del divino, ogni manifestazione del trascendente, e adottare il punto di vista dell’uomo? Sono le donne e gli uomini del Coro a definire il cielo innalzando le braccia! Ogni accessorio, ogni gesto, ogni movimento dei cantanti ha un significato, ed è estraneo a un qualsivoglia intento decorativo. Ogni cantante costruisce il proprio personaggio, partendo non da un’intuizione sul carattere, ma dal rapporto che esso intrattiene con gli oggetti, con il mondo. È un modo per dare più importanza alle individualità, privandole di ogni patetismo, 32

affinché il loro scontro appaia più coinvolgente; mostrare in qualche modo delle belve che combattono... tra il popolo... Più che le espressioni contano i loro gesti... Il canto degli Schiavi viene dal profondo della terra... in fondo alla scena un cumulo di rovine, che non sono la rappresentazione della distruzione di Babilonia, ma le sue vestigia abbandonate. Per quanto riguarda i costumi, Maurizio Millenotti ha cercato di dare una sorta di tocco pittoresco, un colorito locale che l’illuminazione notturna di Urs Schönebaum addolcisce con una sfumatura nostalgica, rinviando così più al sentimento malinconico della decadenza degli imperi che alle visioni apocalittiche proferite da qualcuno, come San Giovanni. Anche se Nabucco è più un oratorio che un’opera dotata di una vera drammaturgia, non bisogna assolutamente voltare le spalle a questo genere di teatro, così innovatore per la sua epoca. Bisogna far volteggiare nell’abbozzo del proprio dramma ogni personaggio, come il Coro, che appare silenzioso e quasi nudo sulla scena immersa nella penombra. Donne e uomini sorgono dalle tenebre muovendo all’assalto del pubblico tra la vita e l’illusione... Il genio di Verdi ci rimanda al nostro tempo, ai nostri drammi, e li chiarisce, poiché oggi più che mai, il nostro destino è la politica.


cultura Il nostro non è un lavoro definitivo. Questo Nabucco non può essere definito: deve continuare ad evolversi. La musica, diretta da Riccardo Muti, pone in tutta la sua importanza la domanda di cosa sia Verdi per il nostro tempo. L’importante è che Riccardo Muti sappia mettere la sua grande arte non al servizio di una conclusione troppo perfetta ma al servizio di un nuovo inizio. Riccardo Muti nobilita il discorso verdiano. L’Opera di Verdi non si basa su una struttura narrativa lineare, ma sull’intreccio di quattro parti che illustrano gli effetti dell’intolleranza attraverso un episodio della Storia reinventato... senza tuttavia togliere a Babilonia la sua dimensione mitica. A questa serie di avvenimenti catastrofici segue, alla fine dello spettacolo, una nuova nascita... l’apparizione di una bella e giovane donna di oggi che culla tra le braccia un bambino, in mezzo a giovani uomini d’oggi, cuori puri appassionati di libertà... Essi interrompono,

con una nota di speranza, la spirale eterna e tragica della morte programmata senza fine. Alcune donne del Coro, allora, si svestono per sfoggiare i colori di un vestito moderno. Se la città non può essere salvata, che almeno lo sia l’umanità! Questo messaggio dovrebbe risuonare nel cuore degli uomini che vedono un’Europa che stenta a costruirsi, mentre le dittature stentano a disfarsi, a scomparire. E se la Storia odierna non è più dominata dall’intolleranza, allora Babilonia non sarà caduta invano né Verdi avrà composto Nabucco invano! L’energia, il vigore ritmico, l’efficacia delle sfumature, l’orchestrazione dal respiro epico, a volte sgargiante, a volte con un tempo moderato, trattenuto... al violoncello... ci portano al cuore delle nostre vite... Quando la fonte è pura e vera come l’ispirazione di Verdi e l’interpretazione di Muti, la goccia che si attinge non può essere impura. Jean-Paul Scarpitta

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cultura

Genesi dell’opera Nell’ambito dei festeggiamenti per il centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia, quest’opera rappresenta un fulcro che ci richiama alla storia. E’ centrale nel Risorgimento la figura di Giuseppe Verdi che con il Nabucco in particolare segnò il patriottismo inesploso. Nel coro, tutto il sogno di libertà e di indipendenza italiana, espressa in quella che allora era la forma di spettacolo più vicina al popolo. La musica era la maglia che teneva insieme gli italiani a venire, superando le differenze di classe e culturali, tutti gli strati di una civiltà ancora contadina e analfabeta che aveva tuttavia orecchie per sentire e cuore per combattere. Questo spostare in avanti il coro piuttosto che le arie dei singoli tenori o soprani, ha dato vita a una scelta unica, ricca di significati, in cui le comparse diventano protagoniste e non commentano più, ma gridavano le loro emozioni perdendo finalmente il ruolo di gregari, come si sperava fosse anche per i rivoluzionari. Il popolo puntuale aveva risposto all’appello per la prima del Nabucodonosor nel 1842, e nel sentire il coro struggente che intonava “Va pensiero sull’ali dorate…” applaudì senza sosta. La musica non era più solo la colonna sonora del Risorgimento, ne diveniva protagonista attiva nei teatri della Scala di Milano e della Fenice di Venezia. Il Nabucco fu un trionfo travolgente che aprì a

Verdi le porte della fama internazionale, e al Risorgimento quelle dell’unità. Bisogna ricordare però che Nabucco nasce nel periodo più brutto della vita di Giuseppe Verdi. Nel 1840 il maestro soffrì di angina e appena convalescente lavorò per contratto ad un’opera buffa. Fu presto interrotto in questo impegno perché anche il suo bambino Icilio si ammalò morendo in pochissimo tempo. Subito dopo il funerale si ammalò anche la piccola Virginia, seguendo il fratello. Di lì a poco sarà il turno della compagna di Verdi, Margherita, e come Verdi stesso racconta: “una terza bara esce da casa mia nel volgere di due mesi”. Disperato si trovò lo stesso a mantenere l’impegno di scrivere un’opera buffa (Un giorno di regno) che ovviamente fu un insuccesso clamoroso. Il maestro sembrava non voler più lavorare e quando gli arrivò il libretto del Nabucodonosor dall’impresario Bartolomeo Morelli. Non voleva neanche leggero ma… Il coro fu il tratto decisivo, una folgorazione, come egli stesso racconta in una lettera a Giulio Ricordi: “Rincasai e con un gesto quasi violento, gettai il manoscritto sul tavolo, fermandomi ritto in piedi senza sapere come, i miei occhi fissano la pagina che stava a me dinanzi e mi si affaccia questo verso: Va pensiero, sull’ali dorate, scorro i versi seguenti e ne ricevo una grande impressione”.



diritto

clauSola Salva amministratori La clausola di esonero di responsabilità degli amministratori delle società di Antonio FrAncese

U

na recente sentenza della Corte di Cassazione è intervenuta sull’annoso tema dell’efficacia e validità delle clausole e degli accordi di esonero di responsabilità degli amministratori di società. Ciò che sino ad oggi ha costituito il nodo cardine intorno al quale si sono avvicendate una serie di pronunzie che fondamentalmente delineavano un quadro nel quale occorreva fare un distinguo tra responsabilità dell’amministratore verso la società, e manleva nei confronti dei terzi per danni ad essi derivati dal suo operato e dei quali viene chiamata a rispondere la società. 36


diritto

In particolare sino ad oggi la clausola con cui si pattuiva “l’esonero da ogni responsabilità dell’amministratore”, nel mentre poteva avere valenza ai fini dell’esclusione della possibilità per la società di esperire azione di responsabilità verso l’amministratore ex artt. 2393 e 2476 cod. civ., di certo non esonerava l’amministratore uscito da responsabilità per danni derivati a terzi dal suo operato e dei quali la società fosse stata chiamata a rispondere. Questa conclusione derivava da un consolidato orientamento secondo cui tale clausola era da considerarsi invalida per indeterminatezza dell’oggetto, il che significa che l’esonero di responsabilità per i danni cagionati a terzi poteva derivare solo da clausola in tal senso esplicita. La richiamata massima degli ermellini ribalta tale consolidato orientamento stabilendo che la manleva per i danni azionati da terzi ben può operare anche dove non esplicitata, purché possa desumersi dal contenuto dell’atto transattivo. Allo stato, quindi, appare indispensabile prestare la massima attenzione al contenuto di tali clausole. Di tutta evidenza l’importanza per le società di ben specificare, al momento dell’esodo dell’amministratore, che l’esonero riguarda esclusivamente l’azione di responsabilità e non anche l’azione di rivalsa per danni azionati da terzi. Quotidianamente nelle grandi aziende si verifica un riordino ed un avvicendamento nel management. In questi casi sicuramente la società è in grado di valutare quali eventuali responsabilità abbia l’amministratore uscente e quindi se sia o no il caso di stipulare un accordo che escluda l’azione di responsabilità. Ciò che sicuramente non è in grado di stabilire è se l’operato dell’amministratore abbia danneggiato soggetti terzi che possono agire anche ad anni di distanza dall’esodo, con l’evidente effetto che una clausola in cui ad esempio sia inserito un esonero da ogni e più ampia responsabilità potrebbe pregiudicare l’azione di rivalsa. In conclusione possiamo sostenere che clausole di tal genere debbano essere preventivamente studiate con attenzione in modo da evitare di vedersi coinvolti in un’azione risarcitoria esercitata da terzi, avendo pregiudicato ogni possibilità di chiamare l’ex amministratore a rispondere del proprio operato. 37





come Quotarsi in Borsa Senza Burocrazia fINANzIArSI DAL MErCATo PEr LE PICCoLE E MEDIE IMPrESE


economia

di Marcello BArtoli

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a Borsa italiana alla fine del 2010 ha realizzato una capitalizzazione complessiva delle società nazionali quotate pari a 429,9 miliardi di euro, che corrisponde al 27,6% del pil. L’anno 2010 si chiude con 332 società quotate sui mercati di Borsa Italiana. In particolare si tratta di 272 società del mercato MTA (mercato azionario ufficiale della Borsa Italiana), di cui 75 del segmento STAR ((Segmento Titoli ad Alti Requisiti), 36 dell’MTA International (segmento di Borsa Italiana dedicato ad azioni di emittenti di diritto estero già negoziate in altri mercati regolamentati comunitari), 5 del mercato MIV (mercato unico per i fondi di investimento), 11 dell’AIM Italia (dedicato alle PMI ad alto potenziale di crescita) e 8 del MAC (Mercato Alternativo del Capi-

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tale). Le IPO (Offerta Pubblica Iniziale per la quotazione in borsa) nel corso del 2010 sono state 10: Tesmec (MTA Star), Enel Green Power (MTA), PMS (AIM Italia), Poligrafici Printing (AIM Italia), Fintel Energia Group (AIM Italia), Methorios (AIM Italia), Vita Società Editoriale (AIM Italia), First Capital (AIM Italia), Rosetti Marino (MAC), Editoriale Olimipia (MAC). Le Ipo erano state 7 nel 2009 e 6 nel 2008. Le società complessivamente ammesse sui mercati di Borsa Italiana nel corso del 2010 sono state 10 (8 nel 2009 e 10 nel 2008). Il numero di società revocate, 10, è in diminuzione rispetto agli anni precedenti (12 nel 2009 e 18 nel 2008). Gli scambi di azioni hanno raggiunto una media giornaliera di


economia 2,9 miliardi di euro e 243.306 contratti. Complessivamente sono stati scambiati 62,0 milioni di contratti e un controvalore di 746,3 miliardi di euro. Nel 2010 sono stati raccolti 9,3 miliardi di euro da parte di società già quotate o di nuova ammissione. Le 10 società che si sono quotate sui mercati di Borsa Italiana attraverso Initial Public Offering (IPO) in fase di collocamento hanno raccolto 2,5 miliardi di euro. Numeri eccellenti, quindi, per la Borsa Italiana, registrati peraltro in un contesto storico affatto brillante per l’economia domestica e per quella internazionale. Ma nonostante ciò, lamenta Lamberto Cardia nel suo addio alla Consob: la piccola e media impresa italiana è sottorappresentata alla Borsa di Milano, il divario tra i numeri dell’apparato produttivo e quelli del listino è vistoso. E offre dei dati alla riflessione: nei maggiori mercati europei le società con capitalizzazione inferiore ai 100 milioni di euro sono il 60% delle imprese quotate, da noi il 40%. Se si considera la soglia dei 50 milioni, troviamo negli altri mercati la metà delle imprese quotate, in Italia un quarto. Lo stesso Cardia parla della necessità di un «cambiamento culturale», parla della «leva delle regole» e invoca «maggiore flessibilità degli adempimenti». Ma che cosa ne pensano i piccoli e medi imprenditori italiani? Che cosa li trattiene dal fare quel “salto culturale”, che poi è soprattutto patrimoniale e finanziario? Quali “opacità” caratteriali o fiscali trattengono dallo spartire con altri la propria azienda e rendere conto a terzi del proprio operato? La quotazione in Borsa offre una risposta a queste sfide e rappresenta una scelta chiave per il futuro dell'azienda. Molte società di successo, prima o poi, affrontano un momento in cui valutano l'ipotesi di quotarsi in Borsa. Per esempio la società ha un piano di nuovi investimenti da finanziare o vuole affrontare un

Quali “opacità” caratteriali o fiscali trattengono dallo spartire con altri la propria azienda e rendere conto a terzi del proprio operato?

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economia

ricambio generazionale. Oppure ancora, alcuni membri della famiglia fondatrice o investitori istituzionali cercano un'opportunità per uscire dall'investimento. Pertanto una società deve valutare attentamente tutti gli aspetti della quotazione e le implicazioni che lo status di società quotata implica sulla gestione aziendale. L’accesso al mercato dei capitali tramite la quotazione in Borsa è uno strumento importante per tutte quelle imprese che desiderano confrontarsi in scenari competitivi sempre più complessi che richiedono visione strategica, piani industriali solidi e importanti capitali per realizzarli. Sebbene non sia dimostrato che la quotazione è in grado di migliorare la redditività delle imprese, si può tuttavia affermare che l’utilizzo del capitale di rischio consente una maggiore flessibilità nel finanziamento dei progetti di investimento, rafforzando lo spazio di manovra delle imprese per quanto riguarda la definizione delle strategie. Se dunque l’autofinanziamento non riesce a garantire un patrimonio sufficiente a sviluppare i progetti di investimento e l’ulteriore indebitamento rischia di indebolirne il profilo finanziario, 44

le piccole imprese possono essere ancora più motivate delle grandi a ricorrere al mercato borsistico per raccogliere le risorse finanziarie ritenute necessarie alla realizzazione delle strategie di consolidamento e sviluppo della loro attività. Alcuni dati che supportano tale affermazione: • le imprese quotate sono caratterizzate da elevati tassi di sviluppo che la quotazione aiuta a mantenere nel tempo: il fatturato cresce pre-quotazione del 22% annuo e del 18% dopo, a fronte di un dato medio del 7%; • 4 imprese su 5 dichiarano che senza la quotazione il tasso di sviluppo aziendale sarebbe stato inferiore; • il 40% delle risorse raccolte in sede di Initial Public Offering sono destinate all’attività di crescita per linee esterne: il 70% delle imprese effettua almeno un’acquisizione e mediamente si osservano, post-quotazione, 4 acquisizioni per impresa • in corrispondenza dell’accesso al mercato azionario le imprese effettuano significativi investimenti: il tasso di investimento annuo passa dal 15% pre-quotazione al 23% negli anni successivi.


economia LA QUoTAzIoNE IN BorSA La quotazione in borsa può essere vista come il momento culminante della carriera di un’impresa, ed inquadrata da un lato come parte di un processo di ristrutturazione e di riequilibrio finanziario del passivo, grazie all'afflusso di nuove risorse finanziarie a titolo di capitale di rischio; dall'altro come strumento ottimale che permette di perseguire ed accelerare i programmi di sviluppo senza, di nuovo, squilibrare la struttura finanziaria (anzi potenziandola), e senza individuare uno specifico partner. Una volta quotata, la società può disporre di un ampio spettro di soluzioni per finanziare le proprie opportunità di crescita e sviluppo interno, esterno e collaborativo. Avrà, infatti, accesso diretto al mercato mobiliare e, in via complementare, al canale bancario, troppo spesso considerato come unica fonte di finanziamento, svincolando, così, l'impresa dalle disponibilità del gruppo di controllo e aprendo la strada alla raccolta di capitale su un mercato ben più ampio. La scelta di "sbarcare in Borsa" muove essenzialmente dalla volontà di guardare al futuro, di costruire, nel medio-lungo termine, un'impresa "diversa", trasformata: la quotazione diviene, così, un primo importante punto di partenza, un'opzione che consente di ottenere benefici immediati e futuri. Inoltre, si può considerare la quotazione come una strategia finanziaria ottimale per perseguire in modo fisiologico il necessario sviluppo dell'impresa, il che vuol dire "usare" il mercato sia come canale di finanziamento stabile, duraturo ed "equo", sia come interlocutore importante per le strategie, ed infine come una fonte di opportunità. La quotazione non è, quindi, una scelta riconducibile alla semplice decisione di apertura di un nuovo canale di finanziamento, ma deve essere interpretata come l'inizio di un processo che coinvolge l'impresa in cambiamenti sostanziali, producendo ef-

fetti sul sistema proprietario e manageriale, sui rapporti con l'ambiente finanziario e con gli altri stakeholder, tra cui clienti, fornitori, personale, ecc.Tale scelta, quindi, non è adatta all'impresa che non voglia fare un salto dimensionale o all'imprenditore che non voglia aprire con trasparenza le porte dell'impresa e che non abbia una "mentalità amichevole" nei confronti della quotazione.

PrESUNTI SVANTAGGI DELLA QUoTAzIoNE Ed infatti, a fronte dei numerosi vantaggi bisogna poi considerare alcuni svantaggi, o presunti tali, che il passaggio da una impresa familiare ad una società quotata inevitabilmente comporta. Innanzitutto la possibile perdita del controllo societario da parte degli azionisti attuali e l’ingerenza di terzi nella gestione aziendale. Non di meno bisogna considerare anche gli obblighi di trasparenza imposti ad una società quotata nonché tutte le esigenze di reporting e di controllo di gestione. 45


economia I VANTAGGI DELLA QUoTAzIoNE PEr I DIVErSI SoGGETTI Impresa - Management - Azionisti e gruppo di controllo E’ possibile individuare una serie di aspetti positivi potenziali, nonché di svantaggi presunti, derivanti dalla quotazione. Tali fattori impattano principalmente sui seguenti "giocatori": l'impresa, in primis; il management, attuale e potenziale; il gruppo di controllo e gli azionisti attuali (in particolare quelli di tipo "familiare").

I VANTAGGI DELLA QUoTAzIoNE PEr L’IMPrESA I vantaggi della quotazione per l’impresa possono essere di carattere prettamente economico-finanziario o extra-economici. Fra i primi rientrano, in primis, il rafforzamento della struttura finanziaria, grazie all'acquisizione di nuovo capitale di rischio (ricapitalizzazione). La quotazione permette, infatti, di reperire capitale "fresco", altrimenti non disponibile, caratterizzato da stabilità e svincolato dalle limitate disponibilità degli azionisti di controllo. Di fatto, si contiene il costo del capitale dell'impresa, perché permette di raccogliere fondi direttamente, senza l'interposizione "istituzionale" del sistema creditizio. Al tempo stesso, la raccolta sul mercato non impone la costituzione di garanzie reali a carico dell’imprenditore, né presenta limiti quantitativi connessi a situazioni endogene al sistema bancario (p.e. le strette creditizie). Con la quotazione non si accede solo a un finanziamento una tantum, ma si apre la strada per l’ottenimento di risorse finanziarie in più riprese: la Borsa è un canale di finanziamento "aperto", una fonte continuativa di fondi. La possibilità di richiedere aumenti di capitale rivolti a una base 46

più allargata di potenziali finanziatori con elevati sovrapprezzi permette: di ridurre il costo di raccolta di nuovi mezzi finanziari; di formare il "fondo sovrapprezzo azioni", che può essere distribuito in esenzione fiscale con aumenti di capitale gratuiti o misti, evitando la distribuzione di dividendi in forma liquida, tanto più onerosa, quanto più l'impresa necessita di risorse finanziarie per crescere. Lo status di azienda quotata e la maggiore solidità finanziaria


hanno poi un positivo "effetto di trascinamento" sulla capacità di credito dell'impresa e sul suo standing nei confronti dello stesso sistema creditizio. Per quanto concerne i vantaggi più di tipo extraeconomico, la quotazione su un mercato efficiente e con una immagine di qualità elevata potenzia la visibilità e la notorietà dell'impresa, del suo marchio e dei suoi prodotti. Questa "referenza" è molto importante in particolare per le Pmi, che usufruiscono di un risparmio su ingenti spese di marketing e promozione spesso fuori dalla loro portata. L'appartenenza ad un "circolo elitario" mette la società quotata sotto i riflettori di operatori e media nazionali ed internazionali, senza che la Pmi stanzi un corrispondente budget pubblicitario, superando con facilità i confini nazionali sia per il mercato di sbocco, sia per quello dei capitali , sia, infine, per il "mercato del management". Il c.d. reputation capital guadagnato con la quotazione diviene

per la Pmi, prima poco o per nulla conosciuta, un importante strumento, una leva di marketing e un asset da valorizzare. L'immagine di impresa quotata tendenzialmente induce maggior sicurezza negli attori che operano nel sistema competitivo, consapevoli dei controlli a cui l'impresa è assoggettata, così come del maggior senso di responsabilità di cui essa si fa carico nei confronti del mercato. La quotazione richiede infatti precise e trasparenti regole di corporate governance che progressivamente "spersonalizzano" ed istituzionalizzano l'impresa, soprattutto nei casi di società a matrice di proprietà familiare. E' proprio questa evoluzione che, unita all'acquisizione del c.d. reputation capital, segna l'auspicata completa transizione da impresa familiare ad impresa manageriale a controllo familiare, consentendo di "ingaggiare" risorse manageriali professionali e qualificate. La società quotata è, per queste ultime, un forte stimolo ed una "vetrina" su cui dimostrare le proprie capacità, valutate indirettamente dal mercato con le performance dei titoli quotati.

I VANTAGGI DELLA QUoTAzIoNE PEr IL MANAGEMENT Nelle imprese familiari non quotate i manager "professionisti" tendono a non entrare per le scarse prospettive di carriera (la successione è predefinita e spesso segue la logica del cognome e non del merito), o di crescita culturale, svolgendo un ruolo di meri esecutori. Il management di una società quotata invece beneficia anche di notevoli vantaggi legati alla possibilità di partecipare a particolari operazioni finanziarie della società con distribuzione di azioni a titolo gratuito o a titolo oneroso, unendo alla retribuzione fissa una consistente retribuzione variabile, legata ai risultati riconosciuti dal mercato sull'efficacia del proprio operato, 47


economia con un'ottica di medio-lungo periodo. Un forte meccanismo incentivante, molto sviluppato soprattutto nei paesi anglosassoni, è la realizzazione di programmi di stock option, che permettono di legare, ancora meglio, il management (ed i dipendenti) con il mercato, il quale da un lato conferisce ai titoli liquidabilità e "visibilità", dall'altro consente di trasformare la crescita (potenziale e futura) in maggior valore nel prezzo di mercato.

I VANTAGGI DELLA QUoTAzIoNE PEr GLI AzIoNISTI DEL GrUPPo DI CoNTroLLo La quotazione produce una serie di effetti positivi sulla società emittente, tuttavia oltre a questi, che apportano ovviamente benefici indiretti in capo agli azionisti, vi sono alcuni vantaggi specifici a favore dei soci dell’impresa. Oltre alla possibilità di ricapitalizzare l'azienda senza immettere capitali personali e senza perdere il controllo, gli azionisti hanno l’ulteriore possibilità di monetizzazione parziale dell'investimento fin qui effettuato. Ciò consente una diversificazione del patrimonio familiare e favorisce la possibilità di realizzare operazioni finanziarie sui titoli grazie alla liquidabilità e al miglior apprezzamento del titolo. Altro vantaggio per gli azionisti da non sottovalutare è l’eliminazione delle garanzie reali e personali prestate a favore dell'impresa.

PoSSIBILITà E PoTENzIALITà DI EMETTErE AzIoNI DI rISPArMIo Ma i vantaggi di una quotazione in borsa non si esauriscono qui. La società quotata può infatti contare su successivi incrementi di capitale che potrebbero essere effettuati attraverso l’emissione di strumenti finanziari "esclusivi" delle quotate quali le azioni di risparmio, prive del diritto di voto, o obbligazioni con warrant, ed altri ancora. Ipotizzando un capitale sociale di partenza pari a 100 e la volontà di raccogliere fondi sotto forma di capitale di rischio senza perdere il controllo, si può effettuare un’emissione di azioni ordinarie nel limite massimo di 100 e poi un successivo collocamento sul mercato di azioni di risparmio nel rispetto dei vincoli imposti dalla legge (le azioni risparmio possono essere emesse per un valore non superiore alla metà del capitale sociale finale). Supponendo che, come spesso accade, le azioni di risparmio siano emesse con uno sconto (pari al 40% rispetto alle ordinarie), si ottiene un capitale sociale di arrivo di circa 320 e una 48


economia raccolta complessiva pari a circa il 2,2 volte del capitale di partenza. Il tutto senza alcuna perdita di controllo: non si ha assolutamente perdita di controllo finché si detengono quote maggiori del 50% del capitale sociale rappresentato da azioni con diritto di voto.

CoME QUoTArE UNA PICCoLA/MEDIo AzIENDA SENzA BUroCrAzIA

non è prevista una soglia minima di azioni sul mercato in termini di flottante

Borsa Italiana ha studiato appositamente per le piccole e medie aziende un mercato con notevoli facilitazioni nelle procedure di quotazione, obblighi limitati e capitali finanziari disponibili per l'investimento. Questo mercato è l’AIM Italia (Alternative Investment Market): un tipo di mercato che, grazie alla propria semplicità, ha funzionato egregiamente in Inghilterra dove il mercato gemello inglese annovera più di 900 società quotate. AIM Italia è un MTF (Multilateral Trading Facility), cioè un mercato regolamentato da Borsa Italiana e per questo non sottoposto alla vigilanza dell’Autorità di Controllo. In fase di ammissione non è richiesta la pubblicazione di un prospetto informativo ai sensi della direttiva prospetti e successivamente non è richiesta la pubblicazione dei resoconti trimestrali di gestione. Non è richiesta una capitalizzazione minima o massima della società e non è prevista una soglia minima di azioni sul mercato in termini di flottante. In tema di corporate governance, non sono previsti requisiti particolari, così come non sono previsti requisiti economico-finanziari specifici.

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economia

È il mercato stesso, grazie alla figura del Nomad, a definire la dimensione ideale delle società che concretamente verranno ammesse al mercato

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Requisito indispensabile per la quotazione all'AIM Italia è la presenza continua del Nomad (cioè di una banca-consulente) sia nel periodo precedente l'ammissione che in quello seguente l'ammissione. Il Nomad (Nominated Adviser) è una novità per il mercato italiano che è stata importata dall'Inghilterra; è il soggetto responsabile nei confronti di Borsa Italiana, incaricato di valutare l’appropriatezza della società ai fini dell’ammissione e in seguito di assisterla, guidarla e accompagnarla per tutto il periodo di permanenza sul mercato AIM. È il mercato stesso, grazie alla figura del Nomad, a definire la dimensione ideale delle società che concretamente verranno ammesse al mercato, il flottante che sarà opportuno collocare per garantire adeguata liquidità al titolo ed i presìdi in termini di governance per tutelare gli azionisti di minoranza. La società per l’ammissione all' AIM Italia deve solo dotarsi di un Nomad (Nominated Adviser) che la deve accompagnare e seguire a partire dalla fase di ammissione e per tutto il successivo periodo di permanenza sul mercato con un’attività di tutoring continua, per fare in modo che la società sia sempre in


economia grado di rispettare gli adempimenti previsti dal regolamento del mercato AIM Italia. I Nomad devono essere ammessi da Borsa Italiana e sono iscritti in un apposito registro (fra cui emergono i nomi di Banca Akros S.p.A., Banca Finnat Euramerica S.p.A., MPS Capital Services Banca per le Imprese S.p.A. Bayerische Hypo und Vereinsbank AG, Centrobanca S.p.A. e altri ancora). Il Nomad può essere una banca d’affari, un intermediario o una società che opera prevalentemente nel settore corporate finance. Deve garantire la trasparenza informativa nei confronti degli investitori, deve stimolare l’attenzione da parte della società al rispetto delle regole derivanti dall’essere quotata su AIM Italia, massimizzandone i benefici, e più in generale - deve mantenere la qualità e la reputazione del mercato. La società che vuole quotarsi in borsa per iniziare deve redigere soltanto il documento di ammissione, che riporta le informazioni utili per gli investitori relative all’attività della società, al management, agli azionisti e ai dati economico-finanziari. La società, dopo la quotazione, non deve presentare i resoconti trimestrali di gestione, ma solo il bilancio e la relazione dell'ultimo semestre. Tuttavia prima di avviare il processo di quotazione è meglio analizzare attentamente gli aspetti societari e gestionali e pianificare la preparazione alla quotazione al mercato AIM Italia. E' consigliabile anche predisporre un serio piano industriale che sia credibile, migliorare i sistemi di controllo di gestione. Gli investitori, apprezzeranno la chiarezza e aderiranno al processo di quotazione. Chiarezza e poche formalità quindi per quotarsi al mercato Aim Italia in tempi ristretti.

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diritto

trA crItIcHe E consensi

riforma della giustizia e revisione costituzionale

di Giovanni spinApolice e paola lucia cArellA

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diritto

I

l DDL di riforma del Titolo IV della Costituzione è stato approvato dal Governo il 10 marzo 2011 e non sono mancati contrasti e riserve. Il progetto è formato da quindici articoli la cui approvazione, per trovare concreta attuazione, dovrà essere seguita da un’intensa attività legislativa, il cui iter parlamentare sarà presumibilmente molto lungo, viste le controversie relative alle importanti innovazioni che la riforma comporterebbe a livello costituzionale. La riforma, innanzitutto, prevede una distinzione fra Giudici e Pubblici Ministeri e ne separa le carriere allo scopo di perseguire una maggiore parità fra le parti nel processo penale e al fine di modificare le garanzie previste dall’ordinamento giudiziario per i magistrati requirenti. Questa distinzione vi era già nella Costituzione del 1948, che di-

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stingueva i magistrati-giudici dai magistrati-pubblici ministeri, la cui posizione avrebbe dovuto essere garantita in maniera diversa. L’articolo 107 della Costituzione vigente, infatti, fissa le garanzie dei magistrati-giudici e rimanda per il pubblico ministero alla legge sull’ordinamento giudiziario. Tuttavia, la tesi attualmente prevalente è quella che fonda le sue ragioni sull’articolo 102 della Costituzione medesima, dal quale si desume che Giudici e Pm sono sottoposti alle medesime garanzie. Si sono susseguiti nel tempo numerosi tentativi, rimasti tali, di modifica della Costituzione: l’espressa distinzione fra giudici e pubblici ministeri; il rafforzamento della riserva di legge così da assicurare la separazione delle carriere; l’istituzione di due Csm,


diritto

il Consiglio Superiore della Magistratura giudicante e Consiglio Superiore della Magistratura requirente; l’istituzione, all’interno della nuova Corte di disciplina, di due sezioni distinte. A tale proposito, alla luce della nuova riforma che va nella direzione appena evidenziata, il presidente dell’Anm (Associazione Nazionale Magistrati), Luca Palamara, ha sostenuto che il sistema del doppio Csm equivale a “dire che la magistratura è subalterna alla maggioranza di governo contingente”. Dall’altra parte ha risposto il guardasigilli Angelino Alfano che ha smentito quanto sostenuto da Palamara, aggiungendo che tale riforma è anzi necessaria per “recidere i legami tra le correnti della magistratura e la possibilità di fare carriera”. Grandi perplessità nella fazione controriformista hanno suscitato anche le innovazioni che mirerebbero a ridimensionare gli “esorbitanti” poteri della magistratura, riportandola al concetto del c.d. potere nullo, in base al quale essa dovrebbe limitarsi ad applicare, ai casi di specie, esclusivamente quanto fissato in via generale dal legislatore. In particolare sulla questione le modifiche più importanti riguardano: • La modificazione della rubrica del Titolo V: non più “La Magistratura” bensì “La Giustizia”. • L’affermazione implicita che i magistrati-giudici costituiscono un “ordine” e non un “potere”, contribuendo a sciogliere il nodo circa l’interpretazione dell’articolo 104, comma I, della Costituzione, il quale recita: “La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”. Il nuovo testo, va precisato, non inciderebbe però sulla facoltà di sollevare conflitti di attribuzione dinanzi alla Corte Costituzionale. • Il mutamento del rapporto tra giudici togati e non togati di ciascuno dei due Csm: attualmente i togati rappresentano i 2/3 più due membri nominati di diritto; diventerebbero, secondo la riforma, metà e metà, più un membro di diritto togato. • L’estensione dell’articolo 105 ai due Csm nuovi e l’emendamento del medesimo articolo, che non dà ai 57


diritto

Csm la possibilità di adottare atti di indirizzo politico, nonché quella di esercitare funzioni diverse rispetto a quelle stabilite nella Costituzione. • L’istituzione di una nuova Corte di disciplina divisa in due distinte sezioni ed avente il compito di emanare provvedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati. La sua regolamentazione verrebbe affidata alla legge e, inoltre, non si fa alcun riferimento alla composizione dell’Organo. • La previsione che la legge definisca le modalità con cui Pm e Giudici potranno disporre della polizia giudiziaria (ex articolo 109). Essa era presente anche nel testo della Commissione D’Alema del 1990 con lo scopo, affatto velato, di eliminare la tendenza di alcuni Pm a disporre indagini senza che ricevessero notizie di reati. Il trend da spezzare era, secondo la Commissione, quello di andare alla ricerca di reati da perseguire. Tuttavia l’impianto delle indagini così regolato pone la magistratura in un rapporto di dipendenza con la legge, in quanto verrebbero stabiliti i limiti entro i quali i magistrati possono disporre della polizia giudiziaria. “Ciò è inaccettabile”, affermano i controriformisti, l’attuale formulazione, che al momento della sua entrata in vigore aveva il sapore di un’importante conquista, lede gravemente l’indipendenza della magistratura verso gli organi di polizia e le connesse autorità amministrative. • L’onere in capo al ministro della Giustizia di presentare alle Camere un resoconto annuale sullo stato della giustizia, sull’esercizio dell’azione penale e sull’uso dei mezzi d’indagine. Il progetto di riforma, inoltre, conferma i caratteri di autonomia 58

e indipendenza dei Pm già previsti dall’attuale formulazione, ma con riferimento all’intero ufficio e non ai singoli Pm. L’articolo 112 della Costituzione, nell’assetto attuale, invece prevede semplicemente l’obbligo per il Pm di esercitare l’azione penale. Con il nuovo assetto l’azione penale dovrebbe essere esercitata solo in base a precisi criteri stabiliti dalla legge. Ebbene, questo è un altro dei punti nodali della riforma sul quale si è a lungo dibattuto e la polemica non accenna a terminare. Secondo i “riformisti”, il lodevole principio generale ed astratto subisce, in concreto, delle limitazioni inaccettabili ed è oggetto di un’applicazione selettiva. Difatti, poiché perseguire tutti i reati allo stesso modo è obiettivamente impossibile, in concreto i Pm hanno la possibilità di darsi i propri criteri e stabilire le priorità e ciò avviene in maniera del tutto arbitraria e personale, il che potrebbe allontanare l’esercizio del potere giudiziario dai principi di uguaglianza ed imparzialità. Ed è per tale motivo che i “riformisti” intendono affidare la determinazione dei criteri alla legge del Parlamento, visto che la politica criminale e giudiziaria è una materia oggetto di scelte di indirizzo politico. I contrari, invece, invitano a fare attenzione e a ponderare con più calma e lucidità questa scelta, perché si potrebbe finire con l’assoggettare la pubblica accusa al governo e con il giustificare ingerenze politiche assolutamente inaccettabili e antidemocratiche. Ognuno di noi, ovviamente, può protendere per questa o l’altra tesi, ma restano ferme alcune fondate perplessità in ter-


diritto mini di attuazione, perché resta difficile prevedere quale reale impatto avrebbe sulla “Giustizia” lasciare al potere legislativo le decisioni sulle priorità dell’azione giudiziaria. Il DDL mira anche a rendere più efficiente e rapido il funzionamento della giustizia. Non solo è prevista la soppressione della limitazione delle funzioni attribuite ai singoli giudici, anche i magistrati onorari potranno svolgere funzioni collegiali, ma viene modificata la disciplina dell’inamovibilità dei magistrati. In questo modo si consente ai Csm di destinare magistrati ad altre sedi esclusivamente per ragioni di carattere organizzativo - funzionale. Ed ancora, in base al nuovo articolo 111, comma 9, della Costituzione il doppio grado di giurisdizione per determinati reati sarebbe assicurato solo a vantaggio del condannato. In caso di assoluzione, perciò, è sancita la non appellabilità della sentenza. Spetterebbe al legislatore post riforma la facoltà di limitare gli appelli del Pm contro le sentenze di proscioglimento, scegliendo quali reati rendere inappellabili da parte della Pubblica Accusa. E’ ovvio che comunque la si voglia vedere, tale modifica appare contraddittoria ed involutiva per il diritto, in quanto elimina la parità tra accusa e difesa, parità invece invocata come pilastro della riforma stessa. E’ sempre inammissibile ridurre le garanzie di un impianto processuale che deve in ogni caso tendere a fare

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diritto “Giustizia”, sia che la si veda dalla parte dell’imputato, sia che la si veda dalla parte dell’accusa. E’ questa l’eccezione sollevata da più fronti. Lo Stato invece di ammettere la propria incapacità di affrontare la riforma del Sistema Giustizia nel nostro Paese, per coprire le inefficienze del proprio organismo giudiziario, afflitto dai tempi lunghi, irrisoluti ed ingiusti, effettua interventi scoordinati ed incoerenti, tesi a limitare, magari, il ricorso ai tre gradi di giudizio, oppure la possibilità di riconoscere, riducendo al minimo l’errore giudiziario, l’imputato colpevole o innocente. E’ vero che è necessario ed improcrastinabile incidere profondamente sui tempi del processo per renderlo più breve e giusto, è altresì fondamentale, però, riportare e mantenere la Bilancia della Giustizia in equilibrio, gestendone l’efficienza in favore del “garantismo”. A questo pensavano i Padri Costituenti quando si riunivano attorno ad un tavolo per concepire l’assetto del nostro Stato di diritto e a questo

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diritto dobbiamo pensare anche noi, eredi della tradizione giuridica più antica del mondo. Tornando ai contenuti della riforma, essa affronta anche la questione della responsabilità civile dei magistrati, diffusamente analizzata nel corso degli anni. Il DDL approvato prevede l’introduzione dell’articolo 113-bis che sancirebbe, in virtù dell’articolo 28 della Costituzione, di sottoporre i magistrati allo stesso regime di responsabilità degli altri funzionari dello Stato e con l’aggiunta di una responsabilità civile più specifica per i casi di ingiusta detenzione o per una qualunque altra indebita limitazione della libertà personale. Questa modifica costituzionale prende le mosse dalla legge n.117/1988, che prevedeva la responsabilità civile in caso di: dolo; frode; concussione; denegata giustizia; colpa grave. La legge, tuttavia, non è stata mai ampiamente applicata, anzi da alcune stime è stato rilevato che essa prevedeva dei filtri di ammissibilità tali che si è proceduto solo in circa dieci casi in venti anni. Ed è proprio per questo motivo che il progetto di riforma propone l’introduzione di una norma costituzionale. Questa è, dunque, la linea di riforma che il Governo intende seguire e ancora non si assopiscono critiche e dibattiti che infuocano talk show e vari programmi televisivi, animati da siparietti e liti, spesso avvilenti, tra le personalità di spicco del momento.

I botta e risposta invadono anche le testate giornalistiche che dedicano molto spazio alla questione in un susseguirsi di editoriali e interviste. Sono in molti a chiedersi se sia questo il modo giusto per rendere più efficiente e rapido il nostro sistema giudiziario, anche se al di fuori dei confini nazionali, in molti ordinamenti la situazione è simile a quella che si vorrebbe creare nel nostro Paese con questo progetto. Ma questo, a ben vedere, dovrebbe non significare nulla, alla luce del fatto che ogni popolo ha una propria coscienza e cultura giuridica. A questo punto non possiamo non farci qualche domanda. Gli operatori del diritto e gli stessi cittadini dovranno accettare la riforma ad occhi chiusi? E vale come giustificazione il fatto che la maggior parte delle modifiche previste dal DDL sono state riprese testualmente o parzialmente dal progetto della Commissione D’Alema della fine degli anni ’90, oppure che in altri paesi la giustizia funziona così come prevede la riforma, o ancora che un magistrato onorario dà le stesse garanzie di uno togato? A meno di non voler fare un dibattito politico preelettorale tra le due fazioni contrapposte, dobbiamo riconoscere che questi argomenti allontanano lo sguardo dal nocciolo della questione. La vera ed unica domanda è: come vogliamo, noi Cittadini, nel profondo delle nostre coscienze che sia il nostro Stato di Diritto? E’ questa l’unica cosa che dovrebbe contare per tutti!

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cultura

BETELGEUSE DISTA SoLo 640 ANNI LUCE

Verità e BUgie Sulla SupernoVa che presto eSploderà Betelgeuse, supergigante rossa a 640 anni luce da qui, sta morendo. Massimo Turatto, direttore oA Trieste, rivela in quest'intervista cosa succederà davvero quando sarà giunta la sua ora (entro i prossimi milioni di anni), cosa si vedrà dalla Terra e perché sarebbe meglio non affacciarsi dalla finestra.

U

di daniela cipolloni

na mattina ci sveglieremo e, guardando fuori dalla finestra, vedremo due soli risplendere sopra la città. Non proprio due dischi, come in Star Wars, ma un’altra nuova sorgente abbagliante nel cielo, benchè puntiforme. Fantascienza? No. È lo scenario che verosimilmente si presenterà (e durerà per alcuni mesi) quando la supergigante rossa Betelgeuse, ormai in fin di vita, metterà fine ai suoi giorni, disintegrandosi in un’esplosione catastrofica, visibile a occhio nudo, data la sua vicinanza a noi: è a soli 640 65


cultura anni luce da qui, nella costellazione di Orione. È bastato che il fisico Brad Carter, dell’Università del Queensland, dichiarasse al sito news.com.au che l’evento può accadere prima del famigerato 2012, o in ogni momento nei prossimi milioni di anni, per scatenare le Cassandre dell’Apocalisse, terrorizzare i seguaci della profezia Maya, galvanizzare gli appassionati della celebre saga di George Lucas, esaltati al pensiero della Terra come il mondo Tatooine. Ci spiace fare la parte dei guastafeste. Ma c’è poco da temere, e forse men che meno da festeggiare. Massimo Turatto, direttore dell’INAF – Osservatorio Astrono-

mico di Trieste in quest’intervista svela verità e bugie sulla supernova che “presto” esploderà. Leggetela con calma, tanto è inutile precipitarsi fuori casa. Nessuno sa quando andrà in scena lo spettacolo, ma è assai improbabile che avvenga proprio ora. Inoltre, potrebbe non essere così conveniente stare in prima fila a guardare. Stiamo pur sempre parlando di una mega-bomba atomica che scoppia nella nostra galassia. Massimo Turatto, è possibile che Betelgeuse esploda prima del 2012? Non c’è assolutamente modo di

Nella foto in basso: Massimo Turatto Direttore INAf osservatorio Astronomico di Trieste

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cultura

prevederlo. Quello che sappiamo con certezza è che stelle di questo tipo, al termine della loro evoluzione, si autodistruggono con una spettacolare deflagrazione. Quasi tutto il materiale viene espulso nello spazio interstellare alla velocità di 30 mila chilometri al secondo, si sprigiona una quantità impressionante di energia e per alcuni giorni la supernova fa più luce dell’intera galassia. Alla fine, restano solo le “ceneri”: una stella di neutroni estremamente compatta, o un buco nero. Betelgeuse è destinata a fare questa fine abbastanza presto: è una supergigante rossa, 20 volte più grande del Sole, ormai in fase terminale. Significa che può morire domani o fra milioni di anni: in termini cosmologici, si tratta comunque di una frazione di tempo brevissima. Come si riconosce una stella

“in fin di vita”? La temperatura degli strati esterni di Betelgeuse è di circa 3.500 °C, molto inferiore rispetto a una giovane stella delle sue dimensioni. Giunta a queste fase, si sta per esaurire il combustibile che alimenta le reazioni termonucleari nel nucleo, vera e propria centrale della stella, dove il calore può arrivare a decine di milioni di gradi. Che cosa si vedrebbe dalla Terra, in seguito a un disastro nucleare del genere? Se Betelgeuse scoppiasse nel momento in cui è angolarmente vicina al Sole, sarebbe così brillante che la vedremmo in cielo come un puntino luminoso, anche di giorno, ma non immaginiamo una palla infuocata, tipo il Sole! Sarebbe comunque un’ immagine puntiforme , molto brillante ma puntiforme. 67


cultura

È mai successo di vedere una supernova a distanza ravvicinata? Esistono testimonianze storiche di eventi simili nei secoli e millenni scorsi, come l’esplosione di una supernova nel 1054, nella costellazione del Granchio. Nel 1572 l’astronomo danese Tycho Brahe ne osservò una, nel 1604 Giovanni Keplero e Galileo Galilei ne videro un’altra a occhio nudo, nella Via Lattea. L’ultima, osservabile senza ausilio di telescopi, risale al 1987: si trovava nella grande nube di Magellano, galassia satellite alla nostra. Paradossalmente, è più difficile scoprire oggetti di questo tipo nella nostra galassia, perché le nubi di polveri e gas sul piano galattico ne oscurano la vista. Quanto sono frequenti le esplosioni di supernovae? I telescopi spaziali e a terra riescono a rilevarne decine ogni giorno in tutto l’Universo osservabile. Nella Via Lattea se ne conta in media una ogni 50 anni. C’è da dire che Betelgeuse non è l’unica candidata a un’imminente esplosione. Ci sono decine di stelle massicce e anziane, abbastanza vicine a noi e allo stesso stadio. Ci sarebbero conseguenze per noi? Qualche preoccupazione ce l’avrei, almeno nelle prime ore. Oltre alla luce visibile, innocua, saremmo investiti da un flusso di radiazioni elettromagnetiche non visibili, in particolare raggi X e ultravioletti, che potrebbero teoricamente modificare l’atmosfera terrestre, ionizzandola e abbassandola. Da Betelgeuse ci arriverebbe una quantità di energia di questo tipo tra le 5.000 e le 10.000 volte superiore rispetto al Sole, ma essendo protetti dall’atmosfera, è difficile fare una stima quantitativa dell’impatto sulla salute e l’ambiente. Quasi certamente, un evento del genere manderebbe in tilt le telecomunicazioni satellitari e potrebbe bruciare i sensori delle camere montate sui telescopi spaziali, non tarati per radiazioni così intense. Una supernova potrebbe cambiare gli equilibri del pianeta? 68


cultura Per gli astronomi sarebbe un’opportunità grandiosa di osservare da vicino un fenomeno che può dare origine ai buchi neri.

Alla distanza a cui si trova Betelgeuse no. Tuttavia, nelle prime ore ci sarebbero dei rischi. Non è da escludere, in generale, che una supernova molto vicina alla Terra possa causare seri danni. Secondo alcuni, è una delle ipotesi per spiegare l’estinzione di massa dei dinosauri. Cosa potrebbero scoprire gli scienziati in un’occasione simile? Moltissimo. Le osservazioni del 1987 hanno permesso di confermare che l’esplosione della stelle massicce avviene per collasso gravitazionale e hanno rivelato 20 neutrini, particelle che piovono continuamente sulla Terra ma non si lasciano afferrare. Per gli astronomi sarebbe un’opportunità grandiosa di osservare da vicino un fenomeno che può dare origine ai buchi neri. Anche il Sole è destinato a fare questa fine? No, il destino di supernova riguarda principalmente stelle con masse superiori a 8 masse solari. Ma il Sole nasconde altri misteri. Per esempio mi affascina l’idea che abbia mantenuto la sua radiazione abbastanza costante per miliardi di anni in modo da permettere lo sviluppo della vita e della vita intelligente. 69




ChIAMATA IN ArrIVo: IN orBITA

Smartphone per astronauti Presto i test per far funzionare un cellulare nello spazio: dovrĂ essere a prova di raggi cosmici e resistere a forti sbalzi di temperatura. Gli inquilini della Stazione Spaziale Internazionale potrebbero ricevere telefonate. Il modello si basa sul sistema operativo Android. di luca noBili

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I

cultura

l giorno in cui potremo chiamare gli astronauti al cellulare, mentre soggiornano sulla Stazione Spaziale Internazionale, non è così lontano. Un gruppo di ricerca della Surrey Satellite Technology Limited (SSTL), una ditta specializzata nella costruzione di piccoli satelliti a basso costo, sta infatti progettando un test che verifichi resistenza e performance di un comune telefonino mandato a quote orbitali. Presto cadrà uno degli ultimi limiti tecnologici: le telefonate nello spazio (dopo il via libera a quelle in aereo). Il modello di cellulare sarà scelto tra quelli che possono essere acquistati in negozio a un prezzo inferiore ai 450 euro. Unica richiesta: deve basarsi sul sistema operativo Android sviluppato da Google, in quanto è di tipo open source e può quindi essere liberamente modificato in base alle necessità richieste dal test. In precedenza erano già stati eseguiti esperimenti simili su telefonini legati ad un pallone e lasciati salire ad alta quota: ad

esempio lo scorso anno la stessa Google aveva mandato uno smartphone della serie Nexus S a 18 chilometri di altezza. Ma questa volta si intende andare molto più in là, raggiungendo altezze di alcune centinaia di chilometri, più o meno dove orbita la Stazione spaziale internazionale. A tali quote le condizioni ambientali sono estreme per via delle intense radiazioni e delle forti variazioni di temperatura, per questo il telefonino sarà inserito all’interno del satellite, piccolo appena 30 centimetri, che lo porterà in orbita. Chiuso e al sicuro, se resisterà potrà riprendere immagini dello spazio esterno attraverso un buco presente su una parete. In questo primo test non sono previsti collegamenti diretti tra telefonino e centro operativo a terra: sms e immagini saranno spediti attraverso un ponte radio garantito dal satellite. Se la prima parte del test avrà successo si procederà alla seconda fase, nella quale la memoria del telefonino sostituirà il computer di bordo del satellite per impartirgli brevi ordini. Per Chris Bridges della Surrey Satellite Technology Limited “la dimostrazione che un comune smartphone è in grado di funzionare anche nello spazio può aprire la strada a nuove tecnologie a basso costo”. Una prospettiva che conferma in pieno la politica da sempre perseguita dalla sua compagnia, i cui piccoli satelliti sono rinomati proprio per il basso costo dovuto all’utilizzo di componenti economici, nati per i computer portatili e riadattati per il loro uso all’interno dei satelliti. Di questo passo non è da escludere che presto il telefonino possa essere utilizzato anche per svolgere il suo compito iniziale: far parlare le persone, permettendo la chiamata diretta tra gli astronauti e i familiari a terra senza passare per i centri di controllo della NASA o dell’ESA. 73




"tassa sull'ombra"


economia

BeStiario FiScale In italia si tassa di tutto

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n Italia si tassa di tutto. Non c’è limite alla fantasia italiota ed anche il Fisco non è da meno. Chi avrebbe mai pensato a tassare l’ombra o ad istituire una tassa sull’aria? Uno normale, no! Ma l’Erario nostrano sì. Ed invero non si ferma lì: esiste pure la tassa sulla voce e la tassa sulle suppliche. Ovviamente si dirà che sono tutte gabelle giuste e necessarie e soprattutto pensate ed applicate nel rispetto dell’individuo e per il suo stesso interesse sociale, giammai voluttuarie e sconsiderate.

di Marcello BArtoli

E allora cosa dire delle tasse sulla morte? Voi non ci crederete, ma il Fisco nostrano non ha perso l’occasione di pescare qualche euro anche in punto di morte (forse per rifarsi dei mancati incassi futuri visto che, finora, il contribuente morto è refrattario a pagare le tasse). Ma tant’è che l’incauto che pensava di gabbare il Fisco semplicemente morendo, non ha fatto bene i suoi calcoli perché sono state istituite, direi quasi appositamente, la tassa sul morto, la tassa sul feretro e la tassa sui tumuli. 77


economia Ah, dimenticavo, se qualche malcapitato parente volesse piangere in pace i suoi morti e caso mai accendere sulla tomba un lumino alla sua memoria, esiste la tassa sui lumini. Qualora poi qualcuno volesse fare il furbo e pensasse alla cremazione, anche qui, puntuale, ci pensa il Fisco Italiano: una bella tassa sulla dispersione delle ceneri rimette le cose a posto, con giusta equità fiscale per tutti i deceduti. Ma tutta la vita del contribuente è stata analizzata e attentamente valutata dal nostro legislatore fiscale. Anche in un momento gioioso, o presunto tale, della nostra vita, il giorno del matrimonio – il fisco non ci lascia mai soli, ed ecco che snocciola la tassa sugli sposi (ius primae gabellae). E la sua attenzione ci segue sempre e ovunque, anche quando siamo in disgrazia. Sei pressato dai debiti: ecco una bella tassa sui debiti e anche la tassa sulle cambiali, e se per caso ti affanni a fare ricorsi, opposizioni e altri atti difensivi sulle imposte che ti piovono addosso, ecco una tassa sui tartassati. Se poi, disgrazia vuole, sei rimasto senza lavoro e non sai come tirare avanti, non ti preoccupare ci pensa in Fisco: ed è pronta per te la tassa sulla disoccupazione. Ma c’è di più, il Fisco in questo caso si è proprio surclassato, bisogna dargliene atto: udite, udite.. c’è pure la tassa sulle imposte!

tassa sulle suppliche

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tassa sui lampioni


tassa sulle invenzioni

Se poi, per caso, caro contribuente ti venisse in mente qualcosa di geniale, di unico, con cui speri non solo di risolvere i tuoi problemi, ma anche di dare lustro con la tua idea all’Italia ed al genio italico, ricordati che il fisco ne sa una più del diavolo: ecco la tassa sulle invenzioni. Insomma: in Italia pure Archimede Pitagorico non avrebbe vita facile! In ogni caso nulla sfugge all’occhio attento dell’Erario, c’è la tassa sulle botole, la tassa sui tubi, la tassa sui lampioni, la tassa sugli ascensori e montacarichi e financo la tassa sui tralicci. Che dire poi delle imposte sulle discariche e della tassa sulle fogne (anche se mancano). Ma non finisce qui, c’è anche la tassa sulle paludi e la tassa sulle centrali fantasma (anche se non esistono). Però bisogna dire che queste tasse sono costruite bene e sono fatte per durare nel tempo. In pratica non muoiono mai: pensate che paghiamo da tanti anni, inconsapevolmente, anche la tassa sulla guerra in Abissinia (1935). Ma anche altri eventi tragici sono stati presi come spunto per nuove tasse: si pagano infatti le tassa sul disastro del Vajont (1963), per l'alluvione di Firenze ( 1966), per il terremoto nel Belice (1968), per il terremoto del Friuli (1976), e per quello del-

l’Irpinia (1980), e godono tutte di ottima salute! Anche le missioni di pace non sfuggono alla scure del Fisco e dal 1983 si pagano tasse per la missione in Libano, e dal 1996 per la missione in Bosnia. Che poi tutte queste sciagure siano finite da tempo, non ha alcun significato: la tassa non muore mai! In questo tripudio di tasse, imposte e gabelle, non poteva non mancare anche la tassa sul patriottismo. Sei un italiano convinto, dimostri spirito nazionale e patriottico, bene perché in questo caso ecco pronta per te la tassa sul tricolore, così impari a fare il risorgimentale! Vien da riflettere che anche Robin Hood, qualora fosse nato sul suolo italico e non dalle parti della foresta di Sherwood, davanti a tanta fantasia vessatoria nostrana avrebbe certamente perdonato le piccole angherie di Re Giovanni e dello sceriffo di Nottingham. Non credete ancora a tutto questo? Non fa niente, abbiamo deciso di proporvi in dettaglio un approfondimento sul prossimo numero, con tanto di cifre e di norme, ma, nel contempo, caro lettore …. , fai attenzione! Sei sicuro che in questo preciso momento, mentre leggi tranquillamente queste poche righe, non sei soggetto a qualche tassa…. 79


diritto

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non turisti, ViAggIatorI di letizia StramBi

Giro del mondo alla ricerca del viaggio quale essenza dell’esperienza e della conoscenza


cultura

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avigare sul delta del Mekong, attraversare in treno l’India dei Maharaja, fare un safari in mongolfiera in Botswana, immergersi in un bagno termale giapponese, passeggiare su una spiaggia immacolata in Malesia, dormire in un palazzo imperiale o sotto le stelle di un deserto: viaggiare diventa sempre più un’esperienza di vita. E le desti-

nazioni non sono più soltanto luoghi, ma parte definitiva del nostro essere, della crescita umana. Lo spostamento è divenuto un patrimonio globale, mentre la tendenza, per il vero viaggiatore, è ormai quella della ricerca dell’esclusività, non più data dal lusso in sé stesso, ma dalla diversità del messaggio che porta con sé lo spostamento.

Più che viaggiatore: astronauta Al top delle esperienze c’è senz’altro il viaggio destinato a pochi eletti, quello del giro del mondo sullo shuttle Virgin Galactic. Danilo Curzi, managing director Idee per Viaggiare che rappresenta con Your Private Italy la compagnia Virgin in Italia racconta: “E’ un viaggio adatto a persone che hanno avuto già molto e vogliono qualcosa di più; si fa un controllo medico preliminare in Italia poi vengono prenotati con largo anticipo i voli che hanno una grande risposta in tutto il mondo. Quando si parte si va alla base, nel Nevada, dove per cinque giorni si sostiene un breve corso da astronauti”. L’esperienza reale dura cinque ore e si effettua in una sorta di aeroplano agganciato al centro dell’ala dello shuttle. Si va nella stratosfera e si ridiscende planando fino a 130 km di altitudine da dove si osserva il nostro pianeta.

Giro del Mondo Per chi ha più tempo di cinque ore per farsi un giro del mondo l’operatore Quinto Mondo, specializzato in viaggi fuori del comune, formula diverse proposte. Racconta la direttrice Barbara Palamides: “Di solito si parte dall’Oriente, da Bangkok, Singapore oppure Hong Kong, per poi toccare l’Australia o la Nuova Zelanda, farsi un tuffo in Polinesia, Isola di Pasqua, Cile, un approdo in Sud America, oppure Los Angeles o New York se si vuole un assaggio di Stati Uniti”. In tutte queste tappe si possono trovare dei must irrinunciabili. La Thailandia, ad esempio, è una meta che può essere di lusso a poco prezzo. Il mare è Nella foto di lato alto: virgin-galactic Nella foto di lato in basso: Beach Thailandia

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Beach Thailandia

cultura

Se poi fate tappa a Pechino, dopo la Grande Muraglia e la Città Proibita, non mancate la Casa della Seta

quello del film The Beach. Ci sono tanti modi di affrontarlo, ma tra le esperienze più esclusive valutate quelle proposte da Viaggi dell’Elefante, operatore sempre attento al recupero della storia e delle tradizioni con il suo catalogo Eco Luxury, che finanzia, con i viaggi acquistati dai turisti, la crescita territoriale e umana delle destinazioni. Nel mare delle Andamanne, ad esempio, propone una crociera su antiche barche restaurate sulle rotte dei pescatori. Lo stop a Bangkok impone invece una visita serale a quello che è un obbligo imperdibile: un aperitivo al Moon Bar dell’hotel Vertigo, una terrazza di un grattacielo all’aperto (una delle poche al mondo) da cui si vede la città. Singapore e Hong Kong, come Bangkok, sono città ideali per i febbrili amanti dello shopping. Quindi la fermata in oriente vi costerà senz’altro un bagaglio in più. Se poi fate tappa a Pechino, da bravi italiani, dopo la Grande Muraglia e la Città Proibita, per

ripercorrere nel vostro immaginario i passi de “L’Ultimo Imperatore” (primo e ultimo film girato negli interni), non mancate la Casa della Seta, dove vi costruiscono uno smoking Armani su misura per 30 euro in 2 ore, un capo che persino lo stilista stenterebbe a riconoscere rispetto all’originale per taglio e qualità di stoffa. La tappa successiva che ci indicava Barbara di Quinto Mondo era l’Australia o la Nuova Zelanda. Territori immensi e diversissimi. La natura imponente consente visioni incredibili come laghi completamente rosa per i sali minerali e deserti spettacolari. Se volete avere un colpo d’occhio c’è Outback Ballooning, uno degli operatori turistici più longevi d’Australia che offre giri panoramici in mongolfiera e propone ultimamente una nuova esperienza su Wilpena Pound nel Flinders Ranges a partire da aprile di quest’anno.

Bangkok moon bar vertigo

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Il mare Il mare ritenuto indispensabile in un giro del mondo è la Polinesia, una meta non necessariamente scontata. Tutti fanno il solito giro nell’Arcipelago della Società atterrando a Thaiti e vedendo poi Moorea e Bora Bora. Tuttavia la parte più bella, per alcuni, è l’Arcipelago delle Tuamotu. “Sono gli atolli, piccoli anelli di sabbia - racconta Barbara Palamides – quindi non è possibile costruirci grandi alberghi, ma solo piccolissimi resort; vederli spostandosi in barca è l’ideale”. Anche in nuova Nuova Caledonia, prediletta attualmente per i viaggi di nozze, troviamo la stessa prospettiva: è vero che l’Isola dei Pini è splendida, ma se si vuole fare l’esperienza di 20 chilometri di spiaggia tutta per sé occorre soggiornare almeno qualche giorno in isole come Ouvéa. In questo senso, per le coste il privilegio assoluto è ormai la solitudine: fare un bagno con una testuggine e poi guardarsi intorno e non vedere nessuno. Il prezzo da pagare non è alto in denaro, si tratta di destinazioni inesplorate, dove le strutture devono integrarsi con l’ambiente senza intaccarlo, sono quindi piccole e con i comfort minimi. La meta più vicino a noi per un vero incontro con la natura incontaminata è Cipro Nord, a sole tre ore di aereo da Roma propoNuova CAledonia laguna

Palloni nelloutback australiano

sta da 4 Winds. Da Bogaz, un piccolo villaggio di pescatori, si arriva a Salamis pregustando quello che sarà la vera destinazione del viaggio: la penisola di Karpaz, una regione che è un unico parco naturale con Dipkarpaz per capoluogo. Questo lembo di terra che si protende verso la Turchia è un luogo remoto, costellato di spiagge bianche non attrezzate e scogliere. Si pernotta in piccole locande, ma la zona è assolutamente priva di


cultura

Nella foto di lato: Spiaggia personale di ouvea sotto: Socotra e una testuggine

pericoli e rimane incontaminata proprio per i disagi che si affrontano in un’area dove l’elettricità è arrivata da un paio di anni. Lungo le strade si incontrano villaggi, chiese ortodosse in rovina, monasteri. Ci si immerge tra stelle marine, testuggini e razze. Gli amanti del profondo blu potrebbero fare una scoperta incredibile nel Golfo di Aden dello Yemen. L’isola di Socotra, la principale dell’arcipelago omonimo, è orlata da spiagge bianchissime e altipiani con impressionanti gole. E’ ricca di diverse specie di piante rare e di uccelli, ha fondali colmi di coralli, ma la ricettività è per amanti dell’avventura. Se non volete correre rischi e amate i fondali della barriera corallina non potete perdere la Malesia. Qui, oltre la giungla del Borneo, una foresta pluviale unica al mondo, sono consigliabili i poco noti tesori nascosti del Sabah. “Mataking, Lankayan, Pom Pom sono tre isole talmente piccole che bisogna cercarle sul mappamondo” racconta Vincenza Andreini di Tourism Malaysia. Ogni isola ha un solo resort, quello di Pom Pom ha aperto da un paio di anni. Arrivate, lasciate le scarpe e le rimettete quando partite. Nel Sabah troviamo anche uno dei posti per il diving più belli del pianeta: l’isola di Layang raggiungibile solo in barca. L’estensione mare più naturale per l’Africa sono invece le Seychelles dove è possibile affittarsi anche una parte di un’isola solo per sé. C’è una scelta completa sul catalogo Iter Sublime di Idee per Viaggiare .“Si arriva in elicottero – dice Danilo Curzi – e si viene alloggiati in una villa con piscina immersa nella vegetazione”. Ci sono poi le Maldive con gli ormai celebri resort Six Senses, che hanno le palafitte in acqua o e sugli alberi, dove maggiordomo, cameriera e chef sono a completa disposizione. 87


Nelle foto in alto e in basso a sinistra: spiagge della Malesia Sabah -

Infine i Caraibi. Molti li preferiscono alla Polinesia, in alcune parti dell’Honduras soprattutto. Meno visitata di un tempo la Jamaica conserva tutto il suo fascino che unisce a un mare caraibico la leggenda di un modus vivendi riassumibile nella frase di Bob Marley “everything is gone be all right”. Qui troviamo uno dei resort più belli a livello internazionale appena atterrati a Montego Bay: l’Half Moon, una vera città verde dove ogni camera singola è una villetta con piscina dietro e spiaggetta personale davanti. Una Spa mai vista, con la direttrice che ti fa

fondale della Malesia


Jamaica

una scheda in base ai tuoi problemi e raccoglie nell’orto misteriose e antiche erbe, regalandoti infusi per il bagno nel bush (una vasca da Paolina Bonaparte nelle giungla) solo dopo un bel massaggio in una palafitta sul mare. Half Moon ha anche una baia dove vivono due delfini che vi attendono per il bagno. 300 dollari per 40 minuti spesi a giocare e carezzare questa splendida coppia di mammiferi.

Jamaica

Maldive

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cultura sciate nel deserto, partenze in mongolfiera, senza scordare il fantastico parco ferrari World di Abu Dahabi particolare dell’oman e ferrary world

Esperienze da sceicchi Specialista su Dubai Idee per Viaggiare può realizzare negli Emirati arabi qualsiasi sogno. Escursioni in idrovolante sopra la Palma, gare in auto simili a formula uno su pista, sciate nel deserto, partenze in mongolfiera per un safari itinerante verso l’Africa, tè nel deserto, senza scordare il fantastico parco Ferrari World di Abu Dahabi. “Oppure arrivare in Oman per trascorrere una vacanza a Musandam in un resort costruito in un punto talmente particolare che per arrivarci, dopo aver lasciato le tue valige al concierge, ti butti con il deltaplano… naturalmente se rifiuti la jeep”.

In alto: Spiaggia del mughsayl oman In basso: te nel deserto oman

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cultura

Viaggi d’altri tempi Se dovete scegliere un treno d’epoca nulla potrebbe rivelarsi meglio di un viaggio in India, che già di per sé è una mèta prediletta da chi vuole riscoprirsi. Perché dunque non affrontarlo con pizzico di stile aristocratico a bordo dell’esclusivo Maharajas’ Express? Un treno di lusso, con cui farsi condurre tra suggestivi paesaggi e città leggendarie del Rajasthan. Da Delhi si arriva ad Agra, famosa in tutto il mondo per il bellissimo Taj Mahal e da qui si riparte per il Ranthambore National Park riservato alla protezione e la custodia della tigre che è possibile vedere in un safari in jeep. Passando per la città rosa Jaipur, la capitale del Rajasthan, un gioiello punteggiato di palazzi, forti e templi, si visita la medioevale Bikaner, e da qui si raggiunge la splendida Jodphur: nota come la “città blu”, che sorge tra le sabbie dorate del deserto del Thar. Dopo Udaipur conosciuta come Venezia dell’Est, si fa tappa a Vadodara, prima di concludere il viaggio a Mumbai.

In alto ristorante del treno Maharajas' Express presentato in basso

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cultura

Un mondo di animali Bruno Liconti viaggia per la Rai dal 1971, in media 15 viaggi all’anno. Ovviamente tutti gli fanno sempre la stessa domanda: qual è il posto più bello del mondo? e lui risponde “Le Galapagos”. Gli animali sono, per molti viaggiatori, un’esperienza di contatto indispensabile. Sentire il soffio delle balene a largo del Labrador, trovarsi faccia a faccia con un alce canadese, osservare tra le paludi l’aggrovigliarsi delle marmotte mentre veniamo mangiati dalle zanzare, affrontare ore di trekking per vedere dal vivo un coccodrillo o un elefante, oppure nuotate per toccare uno squalo: nulla supera queste emozioni. Tuttavia il vero regno degli animali è l’Africa. In questo senso

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Afrincan Explorer, o Viaggi di Levi rappresentano due operatori specializzati per chi vuole andare oltre il Kenya e il bellissimo Sud Africa. Per chi opta per il Sudan, o vuole trovare i leoni in Nubia tra le piramidi nere, passare per la Namibia dove il deserto finisce su mare gelido dei pinguini subito dopo aver lasciato alle spalle elefanti e rinoceronti. Ci sono Stati, come la Zambia, che sono ancora quasi inesplorati (400 i turisti italiani ogni anno). Si può partire sotto le Cascate Vittoria, una delle sette meraviglie del mondo, e prendere una canoa per navigare il fiume Zambesi attraverso 19 parchi naturalistici. Se invece avete ambizione di stare tra i rarissimi gorilla il vostro Paese è l’Uganda dove è appena partito un programma di tutela degli animali e della popolazione attraverso l’ospitalità ecosostenibile (www.ugandawildlifesce-ne.com). Ma, se assieme agli animali cercate un paesaggio che nessuno ha mai visto, uno degli spettacoli dopo-safari più belli che la natura può offrirvi sono le poco note colline di Tsodilo, un deserto completamente bianco di sale nel Botswana.


cultura

Cavalieri hilton roma

L’Italia Il nostro paese è talmente spettacolare che tante avventura non ci interessano. Dormire tuttavia può divenire un’esperienza senza uguali in alcuni casi. Pochi alberghi raggiungono dei livelli da provare almeno una volta nella vita. Unici, in questo senso, sono gli Orient Express, per il top di servizi che rappresentano. Tra le catene più note al mondo la Hilton, che ha due gioielli nel nostro Paese, uno a Venezia, il Molino Stucky, e poi il Cavalieri di Roma. I proprietari, appassionati collezionisti di arte l’hanno reso un tempio. Potrete prendere un drink al bar “Tiepolo”dove sono appesi 3 quadri del pittore e dormire in suite dove ammirare pezzi di Andy Warhol mentre vi fate un bagno nella piscina idromassaggio del vostro appartamento. Catena lanciata recentemente è Ora Hotels che sta avendo un ampio sviluppo nel mondo. In Italia pochi alberghi, ma gestiti perfettamente in location meravigliose. Immancabile l’Hotel di Catania: 18 suite e servizio limousine per la scoperta di una Sicilia etnea del tutto diversa. Nel catalogo Ecoluxury di Elefante troviamo invece uno degli alberghi di maggior successo dello scorso anno: le Grotte della Civita nei Sassi di Matera, dove gli incassi turistici contribui-

hilton di Venezia

scono a finanziare il restauro delle chiese rupestri basiliane nel parco dei Sassi. Tanti luoghi sono stati citati, ma altrettanti sono stati lasciati in disparte in questo brevissimo excursus: dal Giappone alla Birmania,dal Guatemala alla Lituania fino alle meraviglie del Tibet o dei Paesi scandinavi. Nei prossimi numeri ci sarà lo spazio e la giusta dimensione per ogni dettaglio di ogni meta, per i segreti inaspettati che ci riserva questo spettacolare pianeta. Se dovesse interessarvi un’esperienza in particolare fra queste cui abbiamo fatto cenno, l’unico consiglio che si può dare a un vero viaggiatore che non vuole essere solo turista, è quello di un’approfondita ricerca preliminare, perché un abito da sartoria è sicuramente meglio di uno confezionato, e non sempre costa molto di più, ma richiede la pazienza delle prove. Così per i viaggi non bisogna comprare facendo riferimento al nome più altisonante della pubblicità, ma a chi la garanzia ce la dà con gli anni di esperienza che ha di una destinazione, fidandovi di quello che vi sta invitando non tanto a comprare, ma a visitare, perché lui per primo, o per prima, se ne innamorò molti anni fa, al punto da dedicare la sua impresa e la sua vita a raccontarvela.





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&magazine - Anno I - Trimestrale n° 1 Luglio 2011

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Vico del Grottino, 13 - 00186 rM Tel. 06.68300018 fax 06.68216386

Direttore responsabile Marcello Bartoli

Direttore di redazione Martina Selmin

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Collaboratori

Antonio francese, Salvatore Inicorbaf, Letizia Strambi, Paola Lucia Carella. Si ringrazia l’Istituto Nazionale di Astrofisica per la gentile collaborazione.

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Giovanni Spinapolice e Martina Selmin

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Testi, fotografie e disegni contenuti in questo numero non possono essere riprodotti, neppure parzialmente, senza l’autorizzazione dei rispettivi titolari dei diritti. Pubblicazione trimestrale. registrazione presso il Tribunale di roma n. 144/2011 del 05/05/2011 ISSN: 2239-8244

Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana 97





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