PIACERE SICILIA N. 10

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INCONTRI DI VIAGGIO

TRAPANI

a’ Jureca e la cucina ebraica

ISOLE EGADI

“Piacere Sicilia” - Periodico - Anno X / N. 10 - euro

2,30

L’incanto del mare e della riserva

SCOPELLO Il baglio e i faraglioni

MARSALA

Terra di uve e vini

BUSETO PALIZZOLO

La sasizza pasqualora


PIACERE SICILIA | EDITORIALE INCONTRI DI VIAGGIO

di Fabio Pace

Calati junco... Resilienza siciliana

I

In edicola. Nonostante tutto. Con caparbietà, con la forza gentile della resilienza. Un termine che oggi la reazione al virus SARS-CoV2 e la malattia Covid19 hanno imposto nel vocabolario quotidiano di ciascuno di noi. Ma la resilienza è nel carattere di noi siciliani. Una qualità che si rintraccia anche nella saggezza del dire popolare: “calati juncu ca passa la china”. Tradotto: “piegati giunco finché non è passata la piena”. Il fiume della storia mille volte ci ha piegato. Mille volte noi siciliani ci siamo rialzati dopo che i tempi difficili sono passati. Siamo ancora nella piena della pandemia? Vogliamo credere di no, e intanto proviamo a rialzarci, guardando con fiducia sia al presente, sia a tempi migliori e ad un futuro di ripresa che speriamo non sia troppo lontano nel tempo. In edicola dunque; non da soli. Non avremmo potuto esserci, non avremmo potuto progettare la rivista, scrivere gli articoli, impaginare, stampare, distribuire, senza i nostri preziosi inserzionisti. Che però, in questo scritto, voglio definire “investitori”. Non certo per gli aspetti economici, ma certamente il loro, e il nostro, è un investimento di fiducia nella dimensione, non solo economica, del turismo. Certi che la pandemia non abbia spezzato lo spirito dei siciliani, l’ospitalità, il gusto per il buon cibo, il legame con le tradizioni, l’orgoglio della nostra storia, la forza della nostra natura, le alchimie delle nostre architetture. Dunque, eccoci qui a proporre un numero “quasi normale” ai nostri amici turisti che, come noi, hanno scelto la “normalità” di una vacanza in provincia di Trapani. Come noi siciliani di questa terra piegati, forse, come giunco che asseconda la piena, ma spezzati no! Quasi normale, questo numero che avete tra le mani, perché a causa della pandemia e dei tempi ristretti di lavorazione abbiamo dovuto rinunciare alle attente e preziose traduzioni in inglese di Vanessa Di Stefano, ma il resto della redazione ha lavorato a pieno ritmo per offrirvi uno spaccato della nostra terra. La cucina ebraica, come la cultura ebraica, ha lasciato una traccia indelebile nella nostra gastronomia, ce ne racconta Antonella Poma. Con sguardo altrettanto interessato e curioso guardiamo “a jureca”, la giudecca, ciò che resta del quartiere ebraico di Trapani. Ancora in tema di gastronomia e buona cucina, il fritto per eccellenza della tavola trapanese: viole e sirranie. Il pane alimento centrale, come in ogni luogo del bacino del Mediterraneo, ma “u pani di casa”, quello artigianale, per intenderci, è un’altra cosa. Proviamo a raccontarlo, pur privi della fragranza dei profumi del pane appena sfornato e allo stesso modo proviamo a raccontare della “sasizza pasqualora” di Buseto Palizzolo e dei dolci conventuali ericini. La nostra terra è soprattutto mare e spiagge. Come non ricordare, allora, che Pantelleria ha meritatamente conseguito il premio delle cinque vele per la qualità delle sue acque. Quattro vele a San Vito Lo Capo ma anche alla spiaggia di San Giuliano, in territorio ericino, ma di fatto la spiaggia dei trapanesi, attrezzata anche con un lido in grado di accogliere bagnanti diversamente abili. Ed ancora il mare magico di Cala Rossa di Favignana, dei Faraglioni di Scopello e le architetture naturali dei vermeti di Makari e Castellammare del Golfo. La resilienza ci dovrà aiutare a lenire non solo le ferite del Covid19, ma anche quelle dei vasti incendi che hanno devastato la montagna di Erice, percorsa dalle fiamme appiccate da mano criminale già lo scorso anno, e di nuovo pochi giorni prima di approdare in edicola. L’incendio ha distrutto parte del demanio forestale di San Matteo e messo a rischio anche le abitazioni delle contrade costiere di Pizzolungo, Valderice e Bonagia. Anche per questo il numero che avete tra le mani, che celebra il nostro decimo anno di attività, è un numero resiliente. Festeggeremo il nostro decennale, il prossimo anno, quando ci saremo definitivamente ripresi. Lo dobbiamo a noi stessi e a tutti i nostri lettori. Buona estate, da vivere con molto buon senso, tra restrizioni e richiami alla prudenza. 2

FOTO DI COPERTINA PIERO LAZZARI

Periodico ANNO X - N° 10 LUGLIO 2021 DIRETTORE RESPONSABILE Fabio Pace REDAZIONE Stefania Martinez Audrey Vitale Paola Corso Giusy Lombardo Mario Torrente Antonella Poma Aurora Buffa Chiara Conticello Martina Palermo Jana Cardinale GRAFICA E IMPAGINAZIONE Carla Mineo STAMPA Arti Grafiche Campo - Alcamo (TP) FOTOGRAFIE Piero Lazzari Archivio “Piacere Sicilia” PUBBLICITÁ Maria Rosa Castiglione Cell. 380.5049059 mariarosa@piaceresicilia.it info@piaceresicilia.it Proprietà di: Carla Mineo Via Caserta, 5 Casa Santa - Erice (TP) info@piaceresicilia.it Tel. 0923.593745 Tribunale di Trapani Reg. n. 344


Modi di dire

PIACERE SICILIA | RUBRICA INCONTRI DI VIAGGIO di Chiara Conticello

Arrivao Spacase Nel dialetto trapanese si dice di persone che, con buona dose di scostante e presuntuosa superiorità, credono di poter risolvere situazioni che altri non sanno affrontare. Il detto ha radici antiche ed è legato alla raccolta del corallo. Trapani possiede tanti simboli rappresentativi. Uno dei più importanti è sicuramente il corallo, grazie al quale la città diventò famosa in tutta Europa. La lavorazione del corallo iniziò nella prima metà del XV secolo e comprendeva oggetti di culto come statuine, crocifissi e rosari. Successivamente, invece, venne associata ai metalli come il rame e il bronzo. Dalla storia della raccolta del corallo nacque «arrivao Spacase», uno dei modi di dire più utilizzati in città nel dialetto colloquiale. L’oro rosso del mare era abbondante nei mari trapanesi ma ben presto iniziò a scarseggiare. Ciò portò i trapanesi a spingersi fino in Tunisia e soprattutto nella città di Sfax. Lì i pescatori iniziarono a raccogliere il corallo ed anche le spugne di cui la zona era ricca. La presenza dei pescatori trapanesi a Sfax fu anche attestata nell’Annuario Scientifico ed Industriale del 1869 dove la pesca del corallo veniva descritta come una “pesca italiana” che impiegava, nella stagione estiva, circa 7000 uomini. Riuscire nell’impresa di raccogliere grandi quantità di corallo, però, era difficile e talvolta pericoloso. Il mare di Sfax, infatti, era spesso in tempesta e ciò causava gravi danni alle imbarcazioni e alle attrezzature di raccolta del corallo (‘u ‘ngegnu, l’ingegno, sorta di aratro a croce su cui montavano reti a strascico). E chi vi riusciva diventava un vero e proprio eroe che, tornato in città, si vantava delle sue grandi e importanti imprese e dei lauti guadagni. Da questi episodi nacque il termine Spacase, utilizzato per descrivere i pescatori tornati dalla città tunisina di Sfax. Fu quindi la distorsione del nome Sfax a dare vita a uno dei detti tipici trapanesi che, ancora oggi, viene utilizzato per definire una persona dotata di sicumera e che si vanta perennemente delle proprie azioni. «Arrivao Spacase», però racconta anche una storia importante: quella di Trapani e dei pescatori di corallo. Capita raramente che un detto tipico riesca ad essere così evocativo. È quasi una preziosa rarità, proprio come il corallo che diede inizio a tutto ciò.

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PIACERE SICILIA | SOMMARIO INCONTRI DI VIAGGIO

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TRAPANI 6 14 18 22

LE VIE DEI TESORI LA CUCINA EBRAICA LA GIUDECCA LA “PILA”

6 PALERMO 36 L’OPERA DEI PUPI

36 44

ISOLE EGADI 38 TRA LE MIGLIORI DESTINAZIONI AL MONDO 44 LA BELLEZZA DI CALA ROSSA

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MARSALA 48 LA SICILIA NEL BICCHIERE

BELICE

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52 I SECOLI SCORRONO SULLA PIETRA

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RUBRICHE

CIBO E SAPORI

10 12 20

30 56

LIBRI IN VALIGIA MODI DI DIRE RICETTA

VIOLE E SIRRANIE U PANI DI CASA


PIACERE SICILIA | SOMMARIO INCONTRI DI VIAGGIO

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CUSTONACI 60 I CALENDARI DI PIETRA 62 LA MONTAGNA CHE SORGE DAL MARE

SAN VITO LO CAPO

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68 IN PRINCIPIO ERA CAPUNI?

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COSTE E SCOGLIERE 64 SPIAGGE PER TUTTI I GUSTI 70 IL “MARCIAPIEDE” DA SALVAGUARDARE

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SCOPELLO 72 SCOPELLO E IL FASCINO DEI FARAGLIONI

SAN VITO LO CAPO

LEVANZO

ISOLE EGADI

PALERMO

CUSTONACI ERICE TRAPANI

SCOPELLO BUSETO PALIZZOLO

MARSALA MARETTIMO

BELICE

FAVIGNANA

BUSETO PALIZZOLO 80 LA SALSICCIA PASQUALORA 84 LA MEMORIA “CONDIVISA”

84

86

ERICE 86 LE DELIZIE DEL CONVENTO

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PIACERE SICILIA | TRAPANI INCONTRI DI VIAGGIO

LE VIE DEI

Torre Ligny

Una passeggiata alla scoperta di Trapani Colombaia Cattedrale San Lorenzo

di Audrey Vitale

T

rapani rivela la sua unicità nell’affascinante incontro fra culture e popolazioni che vi hanno abitato nei secoli. Il centro storico è uno scrigno di odori, storie, rumori e sensazioni che custodiscono l’anima vivace e accogliente di una città portuale, sin dall’antichità scalo strategico sulle rotte commerciali mediterranee. Partendo dall’estrema punta di Torre di Ligny, costruita durante la dominazione Spagnola a difesa dalle incursioni corsare e oggi custode di una collezione di importanti reperti archeologici legati al territorio, si può percorrere un viale circondato dal mare che regala un punto di vista unico sulla città. Su un isolotto poco distante spicca il profilo ottagonale della Colombaia, imponente fortezza le cui origini sono da attribuire al periodo della prima guerra punica. Addentrandosi nel centro, verso Corso Vittorio Emanuele non si può non restare incantati dalle facciate di palazzi, cortili, balconi e chiese che raccontano storie di uomini e popoli che hanno lasciato un’impronta indelebile nel volto del territorio. 6


Corso Vittorio Emanuele - Palazzo Senatorio Chiesa del Collegio

Palazzo Alessandro Ferro, ha dei particolari balconi sormontati da timpani con all’interno i busti di personaggi illustri della famiglia Ferro. Fra gli elementi caratteristici spicca un orologio “pubblico” realizzato in marmo e in piombo. Proseguendo verso il cuore della città, a colpire è la monumentale bellezza della Cattedrale di San Lorenzo, che presenta una facciata ad andamento curvilineo in stile barocco, realizzata con conci di tufo; a completare l’opera architettonica sono la cupola e il campanile elegantemente ricoperti da maioliche. Ma la spettacolarità e la forza plastica tipica del barocco è certamente il motivo predominante fra gli edifici del centro storico: proseguendo la passeggiata non si può non notare la Chiesa del Collegio, realizzata nel XVII secolo. Il prospetto è ricco di ornamenti in marmo, statue, volute e un finestrone centrale. Ai lati delle porte s’innalzano eleganti colonne con capitelli d’ordine corinzio, e sullo stipite della porta di mezzo due angeli sostengono lo stemma dei Gesuiti. Alla fine del Corso, il monumentale Palazzo Senatorio, accoglie il visitatore.

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Porta Oscura

Piazza mercato del Pesce

Via Garibaldi

Di origine quattrocentesca, l’edificio oggi sede del consiglio comunale, è strutturato su tre ordini, nell’ultimo vi sono le statue della Madonna di Trapani, di San Giovanni Battista e di Sant’Alberto e due cassoni con l’orologio ed il datario. Accanto si trova Porta Oscura, sormontata da una torre in cui è presente uno degli orologi astronomici più antichi d’Europa. Progettato nel 1596, l’orologio è composto da due quadranti circolari: quello del Sole e della Luna, e indica fra le altre cose, gli Equinozi e i Solstizi e le fasi delle Neomenie. Da qui in poi si può proseguire verso Nord per raggiungere la Piazza Mercato del Pesce con il suo

8 Chiesa di Sant’Agostino e fontana Saturno

Chiesa di San Domenico


Mura di Tramontana

ampio porticato e la fontana con la Venere Anadiomene, le Mura di Tramontana - imperdibili al tramonto - e ancora via Garibaldi, sede di prestigiosi edifici storici e religiosi e da cui, attraverso una scalinata, si può raggiungere la Chiesa di San Domenico con l’annesso Convento e i due chiostri. Proseguendo invece a Sud in direzione del Porto, si può ammirare, fra le altre bellezze, il rosone trecentesco dell’ex Chiesa di Sant’Agostino e la Fontana del dio Saturno. O ancora si può scegliere di esplorare il fitto reticolo di viuzze che cela meraviglie inaspettate, come la barocca Chiesa del Purgatorio, con un prospetto ricco di statue ed elementi decorativi, che conserva al suo interno i preziosi gruppi scultorei dei Misteri, protagonisti della spettacolare Processione del Venerdì Santo.

Gruppi scultorei dei Misteri

9 Chiesa del Purgatorio


PIACERE SICILIA | PALERMO INCONTRI DI VIAGGIO

Una tradizione affascinante

di Paola Corso

L

’opera dei Pupi o teatro di marionette è nata in Sicilia all’inizio del XIX sec. e sin da subito ebbe un grande successo tra le classi lavoratrici che si divertivano ad assistere agli spettacoli in strada, come se fossero a teatro. Le storie raccontate dai pupari, ancora oggi, evocano mondi lontani traendo ispirazione dalla letteratura cavalleresca medievale, dai poemi del rinascimento, dalla vita dei santi o dai racconti dei banditi. In passato i personaggi interpretati erano piccole star per il pubblico affezionato, ma anche occasione di riflessione e rivendicazione dei propri diritti. I pupi, ancor oggi, sono mossi mediante sottili aste di ferro e mettono in scena duelli e combattimenti, tentativi di raggiungere le amate damigelle e uccisioni di draghi improbabili, alternando movimenti frenetici ad altri inaspettati mentre le imponenti armature di ferro, emettono un rumore metallico che scandisce il passo e il valore del cavaliere. I pupi prendono vita con diversi timbri di voce che ne en-

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fatizzano i gesti ed è il puparo a dirigere movimenti e tonalità, grazie alla sua capacità di improvvisare. Nonostante in passato la maggior parte dei pupari fossero analfabeti, questi, oltre ad improvvisare, recitavano centinaia di versi a memoria. Un artista poliedrico che appare ancor più affascinante se pensiamo che una volta era lui stesso a realizzare il proprio pupo e lo conosceva così bene, da considerarlo una sua creatura e mai un giocattolo per bambini. Mosso da una passione che si tramandava da generazione in generazione, il puparo univa l’inventiva teatrale alla sua maestria di artigiano, divenendo di volta in volta falegname, pittore, sarto e fabbro. Dopo il boom economico degli anni 50, con la maggiore opportunità di lavoro, il mestiere del puparo declinò divenendo un’arte rara e quasi in estinzione; ma nell’ultimo decennio l’opera dei pupi ha ripreso slancio e a sua tutela l’Unesco nel 2008 l’ha iscritta tra i patrimoni orali e immateriali dell’umanità. In Sicilia esistono diverse scuole di appartenenza ma le più

conosciute sono quelle palermitane e catanesi. A Catania la compagnia di pupari fondata nel 1921 da Gaetano Napoli, mantiene viva la tradizione da cinque generazioni; mentre a Palermo il figlio d’arte Mimmo Cuticchio, nel 1977 fondò l’associazione “Figli d’Arte Cuticchio” e Antonio Pasqualino, nel 1975 restituì alla cittadinanza il patrimonio della sua collezione di Pupi, creando il Museo internazionale delle marionette. Sempre a Palermo, con l’intento di salvaguardare e mantenere viva questa tradizione, a novembre si assiste al Festival di Morgana che riunisce compagnie italiane e straniere, tradizionali e innovative. Un appuntamento ormai giunto alla 45° edizione che, oltre a vari spettacoli con i pupi, anima la città con un palcoscenico diffuso, realizzando incontri, mostre e presentazioni di libri. Per meglio conoscere questo mondo fantastico, non dimenticate di recarvi nelle ormai rare botteghe degli artigiani di pupi, che vi stupiranno con la loro maestria. 37


PIACERE SICILIA | ISOLE EGADI INCONTRI DI VIAGGIO

EX STABILIMENTO FLORIO

ISOLE EGADI TRA LE MIGLIORI DESTINAZIONI AL MONDO di Jana Cardinale

Un universo svelato eppure sempre da scoprire. Che incanta di luce, di immagini mozzafiato, di panorami senza confronti e di atmosfere tutte da vivere e da raccontare. Le Isole Egadi sono un affresco che germoglia in Sicilia, rendendo l’isola un contenitore di perle. Sono il sole, il mare, l’alba e il tramonto più belli; una magia da conoscere e custodire nei ricordi, fino a tornarci e arricchire il proprio sguardo e i propri giorni di relax e di stupore. Immancabili, da visitare, l’Ex Stabilimento Florio delle Tonnare di Favignana e Formica, uno dei più antichi edifici per la conservazione del pescato di tutta la Sicilia, nonché una delle più grandi tonnare del Mediterraneo. Al suo interno un’area è destinata ad un Museo dedicato alla mattanza e alla storia della 38

Tonnara, con sale multimediali, testimonianze video e filmati storici concessi dall’Istituto Luce. Chi ama viaggiare e vivere l’estate, non può rinunciare ad abbinare momenti di beata vacanza a momenti di crescita culturale. Da una parte le spiagge e i tuffi nell’acqua cristallina, dall’altra le visite alla scoperta del patrimonio storico e artistico di un territorio. E un’altra tappa d’obbligo, per chi sceglie un soggiorno alle Egadi, è l’escursione alla Grotta del Genovese, nell’isola di Levanzo. Posizionata ad un’altezza di circa trenta metri su alte e ripide pareti calcaree, quasi nascosta dalla vegetazione tipica della macchia mediterranea, la grotta rappresenta una grandiosa testimonianza dell’era paleolitica e neolitica. La struttura è rappresentata da un


LEVANZO

“santuario preistorico” dove si fondono, in perfetta armonia, religione e cultura, in un susseguirsi di graffiti e pitture rupestri di uomini e animali. C’è un’altra tappa immancabile, per chi desidera fare un’escursione sulla più lontana delle Isole Egadi, godersi un panorama mozzafiato e visitare anche il Museo delle Carceri e l’Osservatorio Foca Monaca dell’Area Marina Protetta ‘Isole Egadi’; si tratta del Castello di Punta Troia, uno dei monumenti più antichi di Marettimo, che sorge sulle fondamenta di una torretta di avvistamento costruita nel IX secolo dai Saraceni. Un sito prestigioso, ideale anche per foto panoramiche e in quanto tale scelto da alcune coppie che hanno celebrato il loro matrimonio proprio su questa meravigliosa isola. Le Egadi rappresentano il cuore della bellezza eccezionale che lambisce tutto il territorio della provincia. La peculiarità che le rende splendide è il loro ambiente, da vivere a 360°, dove si mescolano natura, storia, cultura e gastronomia. Meravigliose le spiagge di Favignana, tante e diverse, ciascuna con la sua bellezza unica. Sicuramente, con lo scirocco, un must è Cala Rossa, la più famosa, con l’acqua color turchese e la costa rocciosa caratterizzata dai tunnel e dalle cavità delle antiche cave dismesse, ma è degna di nota anche la più piccola Cala Graziosa, incastonata tra rocce forgiate dall’azione del mare con l’acqua color smeraldo. Con i venti da nord splendide sono Grotta Perciata, così chiamata per la grotta forata al suo interno, soprattutto per gli amanti dei tuffi, ma anche lo Scivolo, una caletta rocciosa vicino al lido Burrone, che è la spiaggia maggior-

GRAFFITI - GROTTA DEL GENOVESE

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PIACERE SICILIA | ISOLE EGADI INCONTRI DI VIAGGIO

40 CASTELLO PUNTA TROIA - MARETTIMO


mente frequentata soprattutto da chi cerca il servizio da lido balneare. Con il ponente è consigliatissima Cala Azzurra e al contrario, con i venti da Est, peculiare è nella zona del Faraglione la Cala del Pozzo con la sua sabbia corallina. Favignana - e ancor più Levanzo e Marettimo - non è luogo adatto a chi cerca la movida sfrenata, ma un territorio in cui regna spontanea la semplicità della natura, dove ci si può concedere una serata in allegria assieme agli amici in uno dei tanti locali dell’isola, ma soprattutto dove la vacanza è intesa come mare, cultura e buon cibo a tutto relax. Finita la stagione estiva si comincia a pensare alle manifestazioni legate alle festività natalizie e di fine anno – cresciute sia in termini di programma che di visite e apprezzamenti anche extra isolani – per continuare con i festeggiamenti per il Carnevale, le iniziative religiose legate alla Pasqua e poi le rassegne letterario/culturali, con le presentazioni di libri, e Festival che coniugano musica a intrattenimento di altro genere. Da annoverare anche i momenti legati alla celebrazione del Santo Patrono, che per l’isola di Favignana è un appuntamento da non perdere. La cucina delle isole è prevalentemente di tipo marinaro, essendo ancora oggi la pesca un’attività economica importante del territorio. La tradizione gastronomica più forte era legata al tonno e alla produzione dei suoi derivati (bottarga, lattume, ficazza…). Un altro piatto tradizionale sono le frascatole, una pietanza simile al cous cous ma con una lavorazione un po’ più grossolana, che viene condita con brodo a base di crostacei. Interessanti e gustose sono anche le polpette di pesce (tonno o sardine) preparate in agrodolce o al ragù. Per quanto riguarda i dolci, ottimi sono i cuddereddi, biscotti farciti con fichi secchi o miele e coperti da una golosa glassa bianca. Un prestigioso riconoscimento per l’arcipelago delle Egadi, riconosciute tra le tappe d’eccellenza è giunto da CN Traveller, tra i più grandi tour operator mondiali che ha stilato la classifica delle migliori destinazioni al mondo. 41


PIACERE SICILIA | MARSALA INCONTRI DI VIAGGIO

Ph: Cantina Chitarra

LA SICILIA NEL BICCHIERE di Antonella Poma

23 DOC, 1 DOCG, una tradizione vitivinicola antichissima, molte cantine sono tra le più antiche d’Italia. In origine la viticoltura siciliana si limitava solo a produrre vini da taglio, poi si rinnovò grazie alla ricerca facendo ottimi progressi. Nella seconda metà dell’Ottocento, la regione dovette fare i conti con la fillossera, un parassita del Nord America, che provocò la morte di miliardi di piante della Vitis vinifera: le ripercussioni sull’economia furono disastrose. A salvare le viti europee fu un’intuizione: innestare i vigneti sopravvissuti, sulle radici delle viti di origine americana che nel tempo avevano sviluppato una precedente resistenza alla fillossera. In Sicilia ci sono più di 110 mila ettari di viti, che interessano tutta l’isola, dalla montagna al mare, fino ad arrivare al vulcano Etna. In generale si può dire che la coltivazione delle uve bianche si è concentrata soprattutto nella Sicilia occidentale, quella delle uve a bacca rossa invece riguarda in gran parte il territorio orientale dell’isola. Il vitigno Grillo viene utilizzato soprattutto a Marsala e nelle province limitrofe, dà origine alla produzione del famoso Marsala DOC, ma viene vinificato anche in purezza con aromi floreali di zagara, sentori di agrumi 48


e frutta a polpa gialla. Con uve grillo, ma anche Insolia, Cataratto, Grecanico e uve a bacca rossa siciliane e internazionali si producono i vini facenti parte della denominazione Alcamo DOC. Quando si parla di vini rossi di Sicilia non può non venire in mente il famoso Nero D’Avola, un robusto e carico rosso con intenso e persistente aroma di frutta rossa matura. Altre vitigni a bacca rossa sono il Nerello Mascalese e il Nerello Cappuccio, nati da agricolture estreme alle pendici dell’Etna, con cui si produce l’Etna rosso. I terreni vulcanici dell’Etna conferiscono ai vini dei tratti peculiari come la venatura minerale e la struttura. L’altitudine dei vitigni etnei che si può spingere fino ai 1000 mt s.l.m. e la conseguente escursione termica tra giorno e notte, preservano quell’acidità che è fondamentale per ottenere anche vini spumante di ottima qualità. Nel sud dell’isola, c’è il Frappato con un intenso aroma di cerasa, un gusto fresco morbido e armonico, è il vitigno che insieme al nero d’Avola dà il Cerasuolo di Vittoria, unica DOCG dell’isola. Altri vitigni a bacca rossa coltivati in Sicilia sono il Perricone detto anche Pignatello (vitigno autoctono), poi il Syrah, il Merlot e il Caber-

net Sauvignon. Dulcis in fundo, ottimi per gustare al meglio dessert a base di ricotta e mandorle, ma anche formaggi molto stagionati ed erborinati ci sono i vini liquorosi. Non si può non ricordare il Marsala DOC, vinificato da uve Grillo, Inzolia e Catarratto, che prevede l’aggiunta di alcol dopo la fermentazione e va incontro a un processo ossidativo che gli regala quelle caratteristiche organolettiche inconfondibili di nocciola, legno e spezie. Lo Zibibbo invece, conosciuto anche con il nome di Moscato di Alessandria, è un vitigno a bacca bianca tipico dell’isola di Pantelleria, utilizzato per la produzione del famoso passito di Pantelleria DOC. Tra i vini dolci vi è poi la Malvasia delle Lipari con sentori di miele, arancia e albicocca, con riflessi ambrati, molto aromatico, ma più intenso e alcolico nella versione Passito. La Sicilia è uno dei territori più vitati in Italia, è una regione di antiche tradizioni vinicole. Si pensa addirittura che la coltivazione della vite e la vinificazione siano stati portati dai fenici. Dopo decenni passati un po’ troppo nell’ombra, negli ultimi anni il vino siciliano ha conosciuto un grande successo ed è sempre più apprezzato e richiesto in tutto il mondo. 49


PIACERE SICILIA | SCOPELLO INCONTRI DI VIAGGIO

Ph: Samuel Ferrara

SCOPELLO E IL FASCINO DEI FARAGLIONI LA COSTA DISEGNATA DALLA NATURA di Stefania Martinez

S

copello deve il suo nome ai faraglioni che ne caratterizzano la morfologia costiera ed il paesaggio: scogli (in latino scopulus e in greco scopelos). Anche il termine faraglione deriva dal greco «pharos», in italiano faro. Nell’antichità era uso accendere fuochi di segnalazione sulle rocce costiere. Il mito accosta Scopello alla leggendaria città costiera di Cetaria, mai individuata dagli archeologi. L’antico borgo di Scopello, a mezza costa tra mare e collina, in inverno abitato da un centinaio di persone e in estate meta di migliaia di turisti, nasce come struttura ancillare a servizio della tonnara (già in attività nel 1300) e di una settecentesca riserva di caccia reale Borbonica. I terreni sdemanializzati di quest’ultima in epoca post unitaria furono venduti a piccoli proprietari terrieri. La tonnara ha una complessa storia di trasferimenti proprietari, fino alla vendita da parte della intendenza di finanza di Trapani, intorno al 1870, a privati. Ancora oggi i proprietari sono gli eredi di quelle famiglie. Per

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l’ingresso all’area che dà accesso al mare si paga un ticket. La tonnara di Scopello con i suoi faraglioni è uno dei luoghi più belli della Sicilia, scelto come set di decine di produzioni cinematografiche e televisive. Il luogo si presta anche a giornate al mare per famiglie con bambini: l’accesso in acqua, attraverso la piattaforma in cemento della tonnara e il basso fondale di ciottoli, è agevole anche per i nuotatori non esperti. I faraglioni che si stagliano tra cielo e mare sono tre: Saetta, Stella, Scopolo, così erano indicati nelle antiche carte topografiche. Il faraglione di terra (Saetta) è collegato alla terraferma ed è alto 110 metri sul livello del mare; il faraglione di mezzo (Stella) e forse quello più affascinante, attraversato da una galleria naturale di una sessantina di metri; il faraglione di fuori (Scopolo), alto 104 metri. I tre faraglioni sono ricoperti da vegetazione endemica, sono di particolare interesse naturalistico ed esempio concreto di biodiversità. Sull’ultimo faraglione, quello più esterno, vive


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PIACERE SICILIA | TRAPANI INCONTRI DI VIAGGIO

una rarissima specie di lucertola azzurra (Podarcis siculus coeruleus), come accade presso il faraglione del Monacone a Capri. Lungo la costa di Scopello, da San Vito e fino a Castellammare, sono visibili, silenziose sentinelle sul mare, le torri di avvistamento, costruite per arginare le frequenti incursioni dei corsari barbareschi, la gran parte delle quali progettate da Camillo Camilliani. La più nota è torre Bennistra che domina sul baglio di Scopello e sulla tonnara, nei pressi: la Torre di Guidaloca, la Torre di Scopello, la Torre dello ‘Mpiso. Un’altra torre è abbarbicata sulle rocce che dominano la tonnara ma è precedente al sistema difensivo camilliano, forse coeva al primo nucleo del baglio e della tonnara. Nei pressi dei faraglioni, a poche centinaia di metri c’è la spiaggia di ciottoli di Cala Mazzo di Sciacca, luogo incantevole in cui le acque sono cristalline; prima di giungere al Baglio, sulla costa, la splendida baia di ciottoli di Guidaloca. Sia la tonnara, sia Cala Mazzo di Sciacca, sia Giudaloca sono servite da ampi parcheggi privati. Scopello è anche la porta di ingresso all’accesso sud della Riserva dello Zingaro: sei cale in successione raggiungibili a piedi da buoni camminatori e rigorosamente con scarpe da ginnastica.

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PIACERE SICILIA | RUBRICA INCONTRI DI VIAGGIO

libri

in valigia

POLIFONIA TRAPANESE di Salvatore Costanza, Mariza D’Anna, Daria Galateria, Isidoro Meli, Salvatore Mugno, Peppe Occhipinti, Giacomo Pilati, Antonino Rallo, Ninni Ravazza. Margana Edizioni (2018) – collana Cristalli di Sale, 282 pagine, € 14,00 – ISBN: 9788897549284

Nove autori, nove stili diversi, nove voci, per raccontare la città di Trapani. Ne emerge un canto polifonico, allo stesso tempo melodioso, ritmico, dissonante. Ciascuno ha scritto secondo il suo stile, ricorrendo all’artificio letterario che gli è più congeniale. Ciascuno secondo una diversa prospettiva, nelle forme della storia, del racconto, del diario, della narrazione e della visione fantastica. Dallo storico accademico Salvatore Costanza, uno dei massimi intellettuali trapanesi, allo scrittore Giacomo Pilati; dalla giornalista Mariza D’Anna al giornalista e subacqueo Ninni Ravazza; dal pittore e critico d’arte Peppe Occhipinti al saggista Salvatore Mugno. A queste voci si aggiungono le voci di due “forestieri”: Daria Galateria, docente di Letteratura francese all’Università di Roma «La Sapienza» e Voce di Radio 3, che ha scelto la città falcata come buen ritiro per le sue vacanze e Isidoro Meli, palermitano esperto finanziario e appassionato di musica rock che dopo una parentesi lombarda ha trovato lavoro a Trapani. Infine, Antonino Rallo docente di lingua inglese originario di Trapani e vicentino d’adozione, perennemente diviso fra Trapani e Marettimo.

di Fabio Pace

LA CITTÀ NEL MARE Storie di uomini, donne, pesci e cannoli di Mario D’Angelo Margana Edizioni (2018) – collana Cromìe, 336 pagine, € 12,00 – ISBN: 9788897549024 «Questa raccolta di racconti più che espressione di una tardiva vocazione letteraria vuole essere manifestazione di riflessioni e di esperienze, testimonianza di usi e tradizioni della Sicilia e di Trapani, la città nel mare». Così l’editore presenta il libro e, per proprietà transitiva, anche l’autore. Una sinossi parca di parole e sobria nell’accento alle “riflessioni” e alle “esperienze”. Vi leggiamo il profondo riguardo per l’autore, Mario D’Angelo, magistrato trapanese ora in pensione, che ha esercitato le sue funzioni a Trapani, Palermo, Sciacca e Marsala. A Trapani e Marsala è stato presidente del Tribunale. Si legge nel libro il profondo amore per questa terra, il suo essere trapanese e siciliano nell’anima, il porre un accento positivo sulla bellezza dei luoghi e delle persone. Una implicita contrapposizione, del bello a quella “bruttezza” delle incrostazioni di tanti poteri più o meno occulti e della mafia che questa terra mortificano. Un libro da cui traspare, senza mai accenni diretti alla professione di magistrato che D’Angelo ha esercitato sempre nell’isola, che “la bellezza salverà il mondo”.

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PIACERE SICILIA | ERICE INCONTRI DI VIAGGIO

Ph: Nino Lombardo

di Antonella Poma

LE DELIZIE DEL CONVENTO I dolci di “riposto” e l’arte pasticciera delle monache 86

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arte della pasticceria siciliana tradizionale si deve alle monache di clausura che impreziosirono, rivisitarono e tramandarono le ricette risalenti alla dominazione araba. Le novizie erano quasi tutte figlie di aristocratici che venivano forzate a prendere i voti. I conventi divennero opifici, fondachi in cui si vendevano i prodotti degli orti, empori di erbe medicinali, si praticava il ricamo e, soprattutto, si producevano i dolci. Gli ingredienti principali: mandorle, zucchero, attenzione alle forme e all’estetica e tanta pazienza. I dolcetti erano definiti “dolci di riposto”, dove “riposto” sta per dispensa, perché si potevano conservare per lunghi periodi. La pasticceria conventuale era riservata ai notabili che avevano contatti con le monache: alti prelati, medici, notai, le famiglie aristocratiche d’origine delle novizie. A Palermo i monasteri che producevano dolci erano: Santa Caterina, Sant’Andrea delle Vergini, il monastero del Cancelliere, il monastero della Martorana. La frutta martorana era il dolce più comune nei monasteri. Si racconta che le monache della Martorana avessero nel chiostro il giardino più bello di Palermo. Durante un’inattesa visita del re in autunno, stagione in cui gli alberi erano spogli di fiori e frutti, le monache per abbellirli avrebbero creato dei fruttini in pasta di mandorle e miele da offrire al


Ph: Archivio Comune di Erice

sovrano. Un dolce, citato anche ne “Il Gattopardo” è il “Trionfo di gola”, una torta a forma di piramide dove si alternavano strati di crema e pandispagna decorato con pistacchio e frutta candita. Le “Fedde del Cancelliere” erano panini di pasta di mandorla riempiti di crema e marmellata di albicocca preparate in uno stampo a forma di conchiglia. Nome malizioso, poiché con il termine fedde i palermitani intendevano sia le fette che le natiche. I Maria Stuarda erano un dolce tradizionale scozzese che probabilmente accompagnava il tè del pomeriggio nei salotti inglesi dei Whitaker, degli Ingham e dei Woodhouse che a fine Ottocento vivevano in Sicilia per i loro scambi commerciali. Le monache sostituirono la marmellata d’arancia con la cucuzzata (conserva di zucca). I Sospiri di monaca sono chiamati così perché si dice che le monache sospirassero per la stanchezza mentre li producevano, erano bocconcini di pasta di mandorle ricoperti di cioccolato. Il Couscous dolce, era preparato nel Monastero di Santa Maria del Cancelliere; nulla a che vedere con il cous cous trapanese (salato, a base di pesce), la versione dolce veniva preparata con mandorle, pistacchi, frutta candita, pezzetti di cioccolato e zuccata. Oggi è realizzato dalle monache del Monastero di Santo Spirito di Agrigento. I Biscotti ricci al pistacchio erano specialità del Monastero delle Reepentite, le prostitute che avevano abbandonato il meretricio per

Ph: Archivio Comune di Erice

prendere il velo. Le genovesi erano biscottoni di frolla, ripieni di crema, ricotta, gelo di mellone (anguria), o cucuzzata. Le Minne di vergini erano dolcetti glassati con in cima una ciliegina candita, a mo’ di capezzolo. Nel borgo medievale di Erice c’è il monastero di San Carlo. Qui le monache coadiuvate dalle converse (ragazze provenienti da famiglie in difficoltà), producevano i biscotti al latte e i mustazzoli grossi biscotti aromatizzati con chiodi di garofano che erano di un duro incredibile e si umettavano con la saliva per cercare di scioglierli in bocca. I mustazzoli al miele, invece, erano più morbidi. E ancora: i “dolci di badia” con pasta di mandorle e oli essenziali; gli amaretti ericini, fatti con albumi e grossi pezzi di mandorle; i cuori di pasta di zucchero si producevano con il marzapane e la cucuzzata, e finemente decorati con glassa. Le lingue di suocera erano dolcetti oblunghi di pasta frolla ripieni di zuccata o cedrata con un’apertura centrale che faceva intravedere la conserva. I brutti ma buoni, erano biscotti di mandorla dai profili irregolari, i bon bon di pasta di mandorla erano ripieni di un chicco di uva sotto spirito poi passati nello zucchero o nel cioccolato. Oggi, a produrre dolci, sono rimasti solo i conventi di Santo Spirito ad Agrigento, il monastero di Palma di Montechiaro, i conventi di clausura di Mazara del Vallo e di San Francesco di Paola ad Alcamo. 87


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www.piaceresicilia.it È anche un punto di informazione dal quale acquisire indicazioni di viaggio: luoghi da visitare, locali da frequentare, cibi da assaggiare, eventi stagionali da seguire, servizi di cui fruire. Vogliamo accompagnare per mano il turista e da buoni padroni di casa metterci a disposizione dei nostri ospiti perché possano trarre il meglio dalla loro visita e, possibilmente, parlarne bene e ritornare.


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