Una svolta sociale per le Aree protette.

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Una svolta sociale per le Aree protette. Una prospettiva sociale per la politica dei parchi nel mondo contemporaneo. dr. Ippolito Ostellino Direttore Ente Parco del Po torinese – Gruppo di San Rossore Premessa. La crisi che da anni attraversa lo sviluppo della politica dei parchi Italia, ma anche le recenti difficoltà che sistemi consolidati nel mondo stanno conoscendo, ci devono far riflettere sulla necessità di una revisione di metodo del nostro approccio al tema delle aree protette, resa obbligatoria anche dal nuovo scenario contemporaneo segnato da tanti elementi negativi. DIFFICOLTA' NELL'AFFERMARE UN MODELLO DI GESTIONE. Nonostante gli sforzi fatti e il serrato lavoro delle istituzioni e delle professionalità delle aree protette, il sistema non si presente stabile, è spesso sotto commissariamento, gestito da strutture deboli o tenute in piedi con contratti trimestrali, non dotato dei piani e dei programmi che pure la legge prevede come architravi dell'attività dei parchi. Se queste sono le situazioni chi ha la responsabilità di dare gambe agli strumenti certo deve assumersi i propri oneri, ma probabilmente non basta. E non basta ancor di più nello scenario economico nel quale ci troviamo. FARE MEGLIO, MA ANCHE IN MODO DIVERSO. Uno scenario anche contraddittorio dove, a fianco della recessione (con tutte le sue conseguenze di contrazione di forza di intervento soprattutto economico) nonché dell'emergere di fenomeni culturali regressivi, sale per contro la considerazione dell'importanza delle politiche per l'ambiente, che divengono bandiere per le più alte cariche governative del mondo. Appare quasi una situazione nella quale chi si accorge di essere andato troppo contro il tornado, ne comprende di colpo i pericoli potentissimi, ma ormai ne è stato preso nel vortice. OGGI PIU' CHE MAI OCCORRE RIPENSARE AI NOSTRI APPROCCI NELLO STATO DI DIFFICOLTA' STRUTTURALI CHE ATTRAVERSIAMO. I parchi non possono non riformulare la loro missione in questo contesto, costruendo innanzi tutto un ponte fra loro e le politiche ambientali, quel ponte che oggi appare troppo debole, come Roberto Gambino afferma nella sua indagine sulle politiche Europee, con una realtà che si muove dentro i propri confini senza essere dotata degli strumenti per uscire da essi e allearsi con le politiche generali di conservazione del suolo, dell'aria e delle acque. L'esempio forse troppo esemplificativo che possiamo prendere è quello dell'assegnazione delle deleghe sul tema nelle 1


politiche pubbliche. POLITICHE DEI PARCHI COME POLITICHE DELL'AMBIENTE. Non si tratta di rivedere priorità o principi, ma di ricollocare i valori della conservazione dei patrimoni della natura in un nuovo ordine, in una prospettiva con due volti, che mette al centro da un lato la coniugazione dei temi della natura con quelli dei territori e delle loro dinamiche di crescita, con i sistemi sociali, e dall'altro con le visioni nelle quali i cittadini che li vivono hanno di essi, ovvero delle politiche di paesaggio. Costruire quindi una dimensione del ruolo dei parchi non più ricondotta e direi appiattita ai soli valori biologico-naturali, ma una dimensione che possiamo chiamare sociale di essi. I VALORI BIOLOGICI E NATURALI IN UN CONTESTO DI POLITICHE SOCIALI E DEL PAESAGGIO. Possiamo permetterci di affermare che si tratta di applicare anche qui una nuova logica di approccio ai problemi, che viene proprio dai valori e dai concetti ispirati dalla conoscenza stessa della natura: ovvero abbandonare un modello di approccio meccanicistico per abbracciare la logica del

vivente,

una

logica

integrata

e

multivaloriale.

UNA

LOGICA

AD

APPROCCIO

MULTIVALORIALE, UNA LOGICA DEL VIVENTE E NON UN APPROCCIO TRADIZIONALE CLASSICO A VALORI GERARCHICI. E' una strada che ci indicano anche le elaborazioni recenti che vengono da Durban, che vengono dalla tradizione storico-culturale che Valerio Giacomini ci ha lasciato: è un fil-rouge che esiste sotto traccia, ma che fa fatica a emergere ed a affermarsi. Una fatica anche legata al perdurare di un clima dove domina la contrapposizione, il conflitto ambientale acuito, la mancanza di analisi puntuale a favore del dominare delle culture della polemica o dell'ideologizzazione delle rispettive posizioni. Dice lucidamente Fausto Giovannelli nel suo intervento nel volume “Per il rilancio dei parchi” in merito a parchi e competitività: “ Dobbiamo dimostrare che non siamo «isole protette» ma, piuttosto, luoghi di ricerca e sviluppo per un miglior rapporto con la natura e anche un miglior modo di vivere. Dobbiamo dimostrare che – nel bel Paese, il paese del viaggio in Italia di Goethe, nel secolo dello sviluppo sostenibile (nella crisi che dà un segno meno a tutte le produzioni del mondoma non al turismo) i parchi non solo sono «giusti ed eticamente indispensabili», ma sono preziosi. Non solo e non tanto in se stessi, ma perché sanno a volte impreziosire, o rimotivare, o costituire ex novo, valori essenziali e nuova competitività del territorio italiano. Perché sono davvero laboratori e capitale fisso di nuovi ‘Made in Italy’, materiali e immateriali, su cui l’Italia può ricostruire quel recupero di competitività di cui ha assoluto bisogno, se vuole difendere la sua qualità sociale emisurarsi con le sfide della globalizzazione.“. UNA VISIONE CHE VIENE DA LONTANO MA CHE STENTA AD AFFERMARSI Impegnarsi in tutto questo oggi è utile: la ricerca di nuovi modelli di crescita passa per un nostro 2


nuovo rapporto con le risorse della Terra, del paesaggio e della natura. Cerchiamo davvero di allontanarci dal tornado, con strategie sagge e lungimiranti, con una politica del futuro. NELLA RICERCA DEL NOSTRO EQUILIBRIO CON L'AMBIENTE STA LA CHANCE PIU' FORTE PER USCIRE DALL'ATTUALE FASE DI CIRISI ECONOMIC A EDI PROSPETTIVE DI CRESCITA. Occorre quindi prima definire un approccio di metodo, che rimette in ordine i concetti e le modalità di gestione del tema della conservazione della natura, e successivamente passare in un secondo momento ad individuare modalità e pratiche, dove la politiche del parco nel territorio si fonda su nuove procedure, e strumenti. Nell'insieme il lavoro che ci attende non è detto necessiti di nuove leggi e ordinamenti, ma soprattutto di una diversa visione, più complessa, integrata e olistica di tutti noi, chiamati a usare, usare meglio e con più fantasia gli strumenti che già abbiamo. UN LAVORO DI RIORDINO CHE NON NECESSARIAMENTE DEVE PORTARE A RIFORMARE LEGGI MA PIU' FACILMENTE A USARE MEGLIO QUANTO ABBIAMO. DEFINIRE UN METODO E DOTARCI DI STRUMENTI PIU' EFFICACI. 1. - Sul tema del metodo. Metodologicamente appare fondamentale ricollocare i valori della conservazione dei patrimoni della natura in una prospettiva duplice secondo la quale occorre porre al centro: •

la coniugazione dei temi della natura con i temi sociali e di sviluppo dei territori ovvero delle loro dinamiche di crescita.

le visioni nelle quali i cittadini che li vivono hanno di essi, ovvero delle politiche di paesaggio alle diverse scale locali e vaste.

Costruire quindi una dimensione del ruolo dei parchi non più ricondotta o appiattita ai soli valori biologico-naturali, ma una dimensione che possiamo chiamare sociale dei valori biologico-naturali. Questa scelta di metodo comporta alcune conseguenze specifiche quali: a. Mettere al centro il tema della pianificazione strategica e del rapporto con le dinamiche di sviluppo e quindi reintepretare il ruolo del piano socieoconomico come momento propedeutico alla stessa pianificazione territoriale ed al Piano per il parco. b. Costruire questi strumenti a partire dalle categorie del paesaggio, visto come bacino di risorse che per essere tutelate devono essere fatte proprie dal senso comune degli abitanti e quindi con progetti di coinvolgimento sul significato del territorio di apprtenenza: un approccio paesaggistico e non solo naturalistico che riconfigura lo stesso ruolo del confine del parco che dviene a perdere il 3


suo originale significato di competenza ma assume lo stato di buffer di riferimento, da superare e modificare in relazione alle attività individuate dagli attori territoriali. Casi di buona pratica che si rifanno a questi approcci li possiamo trovare oggi nei tanti esempi di gestione e programmazione condotta ad esempio dai parchi di area metropolitana e dalle aree protette fluviali ma anche in da tante altre realtà alpine o appenniniche. 2. - Sul fronte degli strumenti. Un approccio sociale, legato alle dinamiche economiche locali ed ai modelli di sviluppo impone una scelta di reinterpretazione degli strumenti guida di una politica di una area protetta e la riconsiderazione dei modelli della gestione da centralistico-pubblica a locale e mista. E non solo: il tema della gestione, della manutenzione territoriale ordinaria, in particolare, devono essere al primo posto, evitando le tentazioni di progettualità che mirano solo alle nuove opere, o peggio che pongono mano a progettualità che non tengono in conto i temi della loro gestione successiva. In un approccio di sostenibilità questo approccio deve invece diventare prioritario e deve infondere la visione gestionale per coinvolgere di conseguenza tutte le risorse del territorio sia pubbliche che proivate per coinvolgerle nella gestione del bene comune. Le conseguenze su questo fronte possono essere fra le altre individuate nelle seguenti azioni: a. Sviluppare percorsi di pianificazione strategica, reintepretando il ruolo del piano socieoconomico che non rappresenta più o solo il momento di individuazione delle attività economiche meritevoli di promozione, ma il luogo dove si individuano le attviità strategiche dell'ente che si misura con le capacità e le realtà sociali ed economiche del territorio per costruire il proprio progetto di tutela. Su questo terreno abbiamo paerto una sperimentazione con il Piano socioeconomico dei Parchi del Po e della Collina torinesi, dove i tre profili sociologico economico, urbanistico-territoriale ed antropologico sono stati coniugati per sviluppare un progetto di azioni di valorizzazione. b. Il Piano strategico deve pertanto declinarsi in azioni che guardano al paesaggio locale come risorsa utile per sviluppare gestione delle sue diverse componenti e tradursi con strumenti operativi. Si può immaginare di lavorare per masterplan di progetto che territorializzino le visioni di progetto e di tutela individuati negli strumenti generali, e che permettono di comprendere le progettualità e nel contempo le modalità gestionali: queste, costruendo il masterplan con un processo partecipato, possono coinvolgere le risorse economcihe locali anche private per costruire modelli di sostenibilità economica non solo per la realizzazione delle opere utili alla fruizione o delle azioni di gestione della biodiversità, ma anche e soprattutto pe rla loro successiva 4


manutenzione. Nota. Quella qui proposta fa parte di un approccio e di una una visione rintracciabile in contributi recenti di interesse come quello di Hermelindo Castro Nogueira, Presidente di EUROPARC/Spagna, e Professore di Ecologia presso l'Università di Almería “La sfida di gestione delle aree naturali nel ventesimo secolo - Andalucia naturale 20” presentato al congresso di Fedenatur a Siviglia ha in particolare messo a fuoco questo approccio olistico. I problemi con i quali si confronta la gestione delle aree naturali protette continuano ad essere di natura interna ed ambientali, ma iniziano ad assumere anche una dimensione esterna e sociale. È necessario quindi stabilire un quadro di analisi in cui il concetto di area protetta e la sua gestione deve essere riconsiderato, e adattare al ventunesimo secolo gli stessi valori secolo che hanno fino ad ora giustificato la sua creazione. Gli elementi per lo sviluppo di una nuova gestione delle risorse naturali possono essere riassunti nei seguenti: a) Il ruolo dei servizi ecosistemici: il capitale naturale come un concetto chiave. La gestione delle aree naturali dovrebbero riconoscere il valore intrinseco e strumentale degli ecosistemi e il loro ruolo nel benessere umano. La stessa Gestione delle aree naturali deve essere considerata come parte della "Valutazione dell'ecosistema", che supporto laconservazione della natura, considerando che il benessere umano dipende da una serie ampia di servizi di capitale naturale. b) Il contesto del cambiamento globale: gestire le aree naturali da un punto di vista dinamico e flessibile. Le aree naturali protette e non protette devono essere integrate in una matrice territoriale il cui obiettivo finale è quello di mantenere un flusso di servizi diversificati e di qualità. Lo sviluppo di reti rappresentative di aree protette, interconnesse e ben gestita è necessario ma non sufficiente a soddisfare la perdita di biodiversità causata dai cambiamenti globali. E 'necessario integrare queste strategie con le modalità di gestione per la conservazione della matrice territoriale. Gestione delle aree naturali deve rifarsi al punto di vista del modello di "Gestione della Resilieza" che intepreta la natura come entità dinamica e variabile. Cambiamenti di stato sono considerati inerenti ai sistemi naturali e la gestione dovrebbe portare alla creazione di capacità di adattamento (resilienza) degli ecosistemi. c) Il territorio come sistema ecologico legato e in interazione con il sistema sociale. La gestione delle aree naturali richiede una gestione complessiva del territorio, poiché i processi che determinano la salute del suo ecosistema superano i confini amministrativi e sulle relative 5


politiche settoriali: la pianificazione d'acqua, gestione del territorio, politica agricola e la conservazione della biodiversità. Il modo più sicuro per coordinare i piani e i programmi di gestione e di ottimizzare la gestione delle aree naturali è quello di considerare le unità di base della gestione, definito in base a criteri ecologici e dei governi territoriali in cui sono integrate le politiche di conservazione e la pianificazione dell'uso del territorio. La sfida è quella di incorporare questo approccio per l'organizzazione amministrativa e l'attuale quadro di competenze. Alcuni criteri per la determinazione di tali unità di gestione ambientale sono ipotizzati: - Identificare e caratterizzare, incorporando il fattore di scala per le unità di base su cui la gestione integra le politiche di conservazione e gestione dell'uso del territorio. - Criteri di convergenza per quanto riguarda lo sviluppo e la pianificazione territoriale delle politiche settoriali. - Promuovere il ruolo delle fonti dei fiumi e aree naturali nel mantenimento del ciclo dell'acqua e come connettori ecologico. - Influenza delle misure di sostegno al pascolo, di agricoltura integrata e agricoltura ecologica. - Promuovere i criteri di convergenza per il turismo sostenibile nelle aree naturali e coordinamento delle varie azioni e attività. - Articolare lo sviluppo di criteri per il trasferimento degli obiettivi di conservazione del capitale naturale, nei piani di utilizzo del territorio.

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