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5 Editoriale V 6 Buone Nuove 10 Host 2017, quaranta e non sentirli VENI VIDI VINI: 18 Pit Stop a Montepulciano 26 I vini sostenibili di Podere di Pomaio 32 Viticoltura nella terra tra i due mari SORSI DI ECCELLENZA: 40 Arcaro, il Maturano che vince e convince 44 Pugnitello, vitigno ritrovato 48 Antiqvis, brivido caldo MORSI DI ECCELLENZA: 52 Agricola Gizzi, dolce lento gustare
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LA RICETTA SVELATA: 56 Gnocchetto d’autunno INTERVISTA ESCLUSIVA 60 10 domande a Francesco Saverio Russo I PAESAGGI DEL VINO: 70 Viaggio nella terra del Cesanese
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E ancora… 78 Un bicchiere al giorno... 82 Wine tv, la vite in diretta 90 Se cambi Registro... Codivin c’è! 93 Le mie degustazioni 96 Appuntamenti da gustare 99 E nel prossimo numero?
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1 ANNO con “i Piaceri della Vite”!
C
on il 2017 ormai agli sgoccioli, ecco che, un po’ per tutti, arriva il momento di fare i bilanci dell’annata appena trascorsa. E in effetti è così anche per noi de “I Piaceri della Vite”, se non altro perché questo progetto è nato esattamente un anno fa e quindi, proprio in questi giorni, arriva a spegnere la sua prima candelina. Era infatti il Dicembre 2016 quando, praticamente senza sapere se e quanto tutto ciò avrebbe avuto un seguito, pubblicammo il nostro Numero Zero, contenente l’esclusiva intervista a Bruno Vespa. Fu così che, con tanta buona volontà e un pizzico di sana incoscienza, iniziò questa bella avventura del primo DigiMag gratuito dedicato al mondo del vino italiano. Da allora, dati alla mano, “I Piaceri della Vite” ha visto crescere rapidamente consensi e gradimento non soltanto nei più accaniti enoappassionati, ma anche negli stessi Produttori, forse perché, proprio come il vino, questa rivista si affina e migliora con il passare del tempo. Ed il merito di tutto questo è anche dei tanti amici e collaboratori che, un po’ da tutta la penisola, stanno mettendo a disposizione sé stessi e la propria passione per condividere con tutti noi le loro più belle esperienze di vita ma soprattutto di vite. Questa voglia di condivisione, così libera e spontanea, è sicuramente la più bella vittoria fatta registrare da questa prima “annata” della rivista. Tuttavia questa è solo una delle tantissime soddisfazioni, alcune quasi insperate, che “iPdV” ci ha elargito in questi primi 12 mesi di vita, permettendoci di arrivare fino a qui, a questa sesta pubblicazione che vi andiamo immediatamente a presentare. La copertina non poteva che ritrarre in primo piano quello che è il principale protagonista di tutto ciò che questa rivista, da un anno a questa ooo
Federico Dini, classe ‘76, da sempre grande enoappassionato, fonda nel 2008 l’Associazione di promozione enogastronomica “Triclinium” che presiede fino al 2014. Ideatore e della rassegna nazionale “Wine Day” e organizzatore di numerosi altri eventi e format enogastronomici.
parte, cerca di raccontare e rappresentare. Trattasi, come avrete già visto di un calice di vino. Non un vino qualsiasi, ma un vino che ci sta particolarmente a cuore, un vino con il quale siamo cresciuti in tutti i sensi: parliamo del Cesanese, che abbiamo voluto porre alla vostra attenzione dandovi un piccolo assaggio di quello che il suo areale di produzione può regalare ai vostri occhi e alle vostre papille gustative. Toscana e Sicilia monopolizzano invece la rubrica “VeniVidiVini”: vi racconteremo le cantine sotterranee di Mon-tepulciano, ma anche dei vini sostenibili di “Podere di Pomaio”, per poi spostarci nell’estremo lembo nord della Sicilia, per scoprire, attraverso la penna di Giuseppe Caprì, i vini della provincia di Messina. Si prosegue con “Sorsi di Eccellenza” il nostro viaggio sensoriale all’interno delle produzioni che negli ultimi mesi hanno lasciato il segno sui nostri palati: si parte dal Maturano di Danilo Scenna, miglior bianco di “ Autochtona 2017”, passando per il Pugnitello, raro vitigno toscano, e poi concludere con “ Antiqvis”, un “fine-pasto” davvero sorprendente. Continuando a “sfogliare” troverete la nostra consueta intervista in esclusiva: ben 7 pagine ricche di tanti spunti interessanti sono il risultato della nostra bella chiacchierata con il bravo Francesco Saverio Russo, più che un blogger, un vero e proprio enogastronauta che ha fatto della sua grande passione un protocollo quotidiano da condividere con tutti noi. Infine, nell’articolo “La Vite in diretta” troverete un’ampia presentazione della bella realtà di Wine Tv che, per chi ancora non lo conoscesse, è il primo e unico canale tematico italiano dedicato al mondo del vino. Federico Dini & Andrea Vellone
Andrea Vellone, 44 anni. 20 anni di Marketing, comunicazione, grafica, design nei più disparati campi: elettrodomestici, banche, compagnie aeree, Internet Company. Almeno fin quando non decide di dedicarsi unicamente a quella che è la sua passione di sempre....il vino!
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ENOTURISMO AL VAGLIO DEL CONSIGLIO EUROPEO
AL CJASAL E’ IL MIGLIOR RISTORANTE DEL TRIVENETO
DA FERRARI - FRATELLI LUNELLI NASCE “PERLÉ ZERO”
Il Parlamento europeo sottoporrà a breve una Oral Question al Consiglio (composto dagli Stati Membri) sul tema dell’enoturismo. È questo il risultato di una colazione di lavoro che si è svolta su iniziativa della deputata europea, l’On. Isabella De Monte (Italia S&D, membro della Commissione TRAN, Trasporti e Turismo del Parlamento Europeo), e a cui la CEVI (Confederazione Europea Vignaioli Indipendenti) è stata invitata per portare la testimonianza dei Vignaioli europei, che riunisce e rappresenta. Questa procedura potrebbe in seguito far scattare una discussione durante la sessione Plenaria di Strasburgo davanti a tutti i Parlamentari europei riuniti. Al fine di rafforzare il messaggio, nel 2018 sarà anche prevista una conferenza al Parlamento Europeo sull’enoturismo. La CEVI ha portato alla luce il fatto che in Europa l'enoturismo è ostacolato da barriere burocratiche, amministrative, fiscali e legislative che solo una legge ad hoc potrebbe finalmente abbattere. In Italia ad esempio un vignaiolo che vuole praticare dell’enoturismo si vede costretto a scegliere tra l’apertura di una s.r.l. oppure di un agriturismo. Una situazione che quindi necessita urgentemente di un intervento risolutore da parte delle istituzioni europee.
È la trattoria Al Cjasal di San Michele al Tagliamento (Venezia) il ristorante emergente dell'anno selezionato dal critico gastronomico Luigi Costa e premiato dall'azienda agricola Giannitessari di Roncà (Verona). Il premio è stato consegnato dallo stesso Tessari a Stefano e Mattia Manias ed Elena Falliero, gestori del locale, in occasione della presentazione dell'ottava edizione della guida Venezie a Tavola. Con oltre 150 ristoranti e 50 tra vini e prodotti artigianali, la guida pubblicata da Venezie Post anche quest'anno conduce alla scoperta delle eccellenze gastronomiche di una vasta regione che si estende dall'Alto Adige all'Istria. Questo il riconoscimento ottenuto da Stefano e Mattia Manias e dalla pasticcera Elena Falliero che da quattro anni gestiscono il locale di famiglia dopo aver fatto esperienza nei ristoranti degli Alajmo e da Bartolini. Oggi propongono un ambiente caldo e accogliente con una formula del tutto originale: dello stesso piatto si può prendere la porzione, la mezza porzione, oppure il cicchetto: la cena può così diventare un lungo aperitivo, in cui provare decine di assaggi, abbinando ogni boccone ad un calice di vino. Una cucina certamente informale che non trascura però la qualità delle materie prime, come quelle dell'orto, coltivato personalmente da Mattia.
La celebre linea “Perlé” delle Cantine Ferrari f.lli Lunelli, si arricchisce di un fantastico dosaggio zero, che completa la gamma del suo Trento Doc. “Perlé Zero” non è un semplice “pas dosé”, ma un vino che rappresenta un lavoro di cesello che porta all’estremo la raffinata arte della creazione delle cuvée. Un mosaico che nasce dall’unione di più annate che vengono affinate con materiali diversi, come acciaio, legno e vetro per esprimere l’essenza più elevata dello Chardonnay di montagna. Dopo l’imbottigliamento, la cuvée matura almeno 6 anni sui lieviti prima della sboccatura. E, non a caso, in etichetta c’è un preciso richiamo all’anno di tirage: ad esempio, la Cuvée Zero 10, un mosaico di tre millesimi diversi, 2006, 2008 e 2009 assemblati insieme e messi in bottiglia nel 2010. E così, ogni cuvée identifica un assemblaggio unico e irripetibile. Un prodotto raffinato, caratterizzato da estrema pulizia olfattiva che regala note di pompelmo, di radice di zenzero, di ananas fresco, che lasciano spazio successivamente a ricordi di erbe aromatiche. L’ingresso in bocca è asciutto, sapido e dinamico, caratterizzato da una piacevole avvolgenza iniziale che sfuma lentamente in una lunga e sapida persistenza aromatica, offrendo così un sorso preciso, profondo ed elegante.
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DA GENNAIO INSETTI A TAVOLA A partire da Gennaio 2018 entrerà in vigore in Italia il regolamento sul “Novel Food”, con il quale si indentifica una lunga serie di alimenti e ingredienti finora non ammessi, in cui sono compresi anche gli insetti commestibili. Larve, cavallette, formiche (e loro uova) arriveranno presto nel nostro piatto. Almeno in teoria. Perché forse, nella nostra cultura non siamo ancora pronti per un cibo del genere che, per quanto sanissimo e nutriente, probabilmente farà storcere il naso e la bocca ai più. In questa fase si sta soprattutto cercando di fare sondaggi per verificare l’indice di gradimento della nostra popolazione su queste tematiche, al fine di non incappare in giganteschi flop di vendite. Tanto è vero che molti dei principali supermercati italiani non hanno in programma, almeno nell’immediato, l’introduzione sui propri banchi di questo tipo di alimenti. Molto più probabile trovarli in negozi specializzati in cibo asiatico o esotico in generale. Eppure, come detto, la dieta a base di insetti è davvero sana, perché ricca di proteine e praticamente priva di colesterolo e, in molti paesi rappresenta l’alimentazione base della popolazione. Comunque sia, al di là dell’ottimo profilo nutrizionale, è evidente che l’introduzione di questo tipo di alimenti nella patria della dieta mediterranea sarà un processo molto lento e graduale che, almeno secondo noi, potrebbe durare anche alcuni anni. Difficile pensare che, per quanto nutriente, una porzione di formiche possa sostituirsi ad un bel risotto alla milanese o che uno spiedino di larve possa soppiantare una buona salsiccia alla brace. Più realistico pensare al buon successo di farine o paste realizzate a partire da insetti, nelle quali, per lo meno, l’impatto visivo è meno sconvolgente. Quel che è certo, è che per gli italiani, sarà una novità non facile da digerire.
FLOS OLEI PREMIA I MIGLIORI E’ spagnolo l’olio migliore del mondo. Questo il riconoscimento attribuito quest’anno all’Olive Juice dell’azienda olearia Castillo de Canena. Ma è all’Italia che va il maggior numero di premi della nona edizione della guida di settore giunta Flos Olei, tra cui anche la miglior "Azienda olivicola dell'anno” è italiana, l'Agricola Biologica di Americo Quattrociocchi (nella foto), il pluripremiato frantoio che dal 1888 si dedica alla produzione dell’olio verde. L’importanza di un tale risultato per l’azienda ciociara, risiede nel fatto che, per l’edizione 2018 della guida redatta da Marco Oreggia e Laura Marinelli, sono state recensite oltre 500 aziende d'eccellenza provenienti da 51 Paesi dai 5 continenti, con ben 935 gli oli degustati da un panel di esperti assaggiatori. L'Italia domina anche nei premi di categoria, con ben 8 titoli, seguita appunto dalla Spagna. Chiudono il cerchio Croazia e Cile con un premio a testa. Da segnalare doverosamente altre realtà italiane premiate con il riconoscimento di "Azienda emergente" (alla pugliese Crudo-Schiralli), "Azienda di frontiera" (alla lombarda Comincioli) e di "Azienda del cuore" alla pugliese Donato Conserva. A latere, ma comunque degni di nota, il Premio Ristorante dell’Anno, vinto dal Danì Maison di Ischia con lo chef Nino Di Costanzo, il Premio Speciale Cristina Tiliacos, assegnato all’Oil Bar Caffè del Mercato Centrale di Livorno, e quello di Importatore dell’Anno, attribuito a Heinrich & Karin Zehetner dell’austriaca ZES - Consulting GmbH. La presentazione della Guida (di ben 876 pagine) e delle aziende da essa premiate con gli “Oscar dell’extravergine” è avvenuta a porte aperte il 9 dicembre scorso presso l’Hotel The Westin Excelsior nel centro di Roma.
DALLA SICILIA I PRIMI VINI LIQUOROSI BIO Anche Malvasia e zibibbo sono pronti a soddisfare la crescente domanda di vini biologici in Italia. E’ stata la siciliana Cantine Pellegrino, per prima, a riportare il marchio biologico sull’etichetta di vini liquorosi. Due produzioni innovative che ancora non erano presenti sul mercato italiano e che vanno incontro all’aumentata attenzione del consumatore, verso i temi legati alla sostenibilità e al rispetto dell’ambiente. Ma non solo. L’idea nasce soprattutto dalla volontà di perseguire un percorso di valorizzazione e tutela del terroir siciliano. Del resto, grazie alle favorevoli condizioni climatiche, la Sicilia è un territorio particolarmente vocato all’agricoltura biologica e, a sua volta, questo metodo di produzione rispetta la biodiversità nel vigneto.
PREMIATO UNO SPUMANTE “SUBACQUEO” DI ALGHERO Il vermentino Akenta, spumante di Santa Maria La Palma di Alghero, prima cantina subacquea della Sardegna, e' stato premiato a Londra con la medaglia di bronzo al concorso internazionale Global Sparkling Masters 2017 per vini frizzanti, organizzato dalla rivista di settore "The Drink Business". L'Akenta ha ottenuto 85 punti, piazzandosi tra i migliori vini spumanti della sua categoria. E’ prodotto da uve di vermentino selezionate, coltivate nei vigneti dei terreni del Parco Naturale di Porto Conte e poi affinato nei mari di Alghero, nella variante denominata appunto "Akenta Sub". 7
IN 15 MILA A PIACENZA PER FIVI Record di visitatori per la settima edizione del Mercato dei Vignaioli Indipendenti, organizzata dalla FIVI in collaborazione con Piacenza Expo. Una due giorni in cui circa 15.000 persone (6.000 in più dello scorso anno) hanno avuto l’occasione di incontrare i vignaioli e farsi raccontare il loro lavoro in vigna, il loro territorio e il frutto del loro operato. Ben 510 le Cantine presenti di cui anche 2 francesi. Tutte le altre ovviamente sono italiane e non c’è una regione che non sia stata rappresentata. Grande soddisfazione traspare nelle parole della Presidente della Federazione Matilde Poggi “Siamo convinti che il succes- so crescente del Mercato – ha dichiarato – sia la diretta conseguenza della credibilità che ci stiamo guadagnando a livello istituzionale, in Italia come in Europa. Abbiamo le scarpe grosse e il cervello FIVI, le mani nella terra e la testa rivolta a una causa comune”. Tante sono infatti le battaglie condotte durante l’anno in corso e tante sono ancora quelle da combattere. Dall’etichetta nutrizionale, giudicata dalla FIVI un inutile aggravio, alla regolamentazione dell’Enoturismo, di cui FIVI come componente della CEVI (Confederazione Europea dei Vignaioli Indipendenti) sta discutendo con le istituzioni europee. Ma anche e soprattutto la sburocratizzazione di un settore, quello vitivinicolo, schiacciato da una burocrazia che ostacola il ruolo di tutela del territorio che il vignaiolo riveste. Tutti temi di cui si è discusso nell’assemblea della domenica mattina, durante la quale sono stati premiati come Vignaioli dell’anno, di fronte a una platea di vignaioli commossi, Germana Forlini e Alberto Capellini, coppia in vigna e nella vita nelle Cinque Terre. Tuttavia, si guarda già alla prossima edizione prevista per il 24 e 25 Novembre 2018, occasione nella quale la FIVI festeggerà anche i suoi primi dieci anni di vita.
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IN PIAZZA PER IL TORCOLATO Con una grande festa in piazza Mazzini, Breganze (VI) si prepara a celebrare il suo vino più famoso e rappresentativo. E’ infatti prevista per domenica 21 Gennaio 2018 la cerimonia per la XXIII° edizione della Prima del Torcolato DOC Breganze. Dalle ore 14.30, sotto l'occhio vigile della Magnifica Fraglia del Torcolato, si procederà alla torchiatura dei primi grappoli appassiti di uva Vespaiola conferiti da tutte le cantine del Consorzio. La spremitura sarà anticipata dalla cerimonia di investitura dei nuovi confratelli della Fraglia. Il programma della giornata prevede inoltre la possibilità di visitare le aziende del Consorzio nel Fruttaio Tour - Scopri come e dove nasce il Torcolato con visite guidate e degustazioni dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 17.00 alle 19.00. Il Torcolato, ricordiamolo, è un vino dolce, che si ottiene dai grappoli di uva Vespaiola, varietà autoctona di Breganze, che vengono vendemmiati perfettamente maturi, selezionati e messi ad appassire in ambienti arieggiati (come i granai delle vecchie case contadine), attorcigliati con degli spaghi alle travi delle soffitte per almeno cinque mesi (da qui il nome: attorcigliato, intorcolato). Così vengono lasciati fino al gennaio successivo quando, raggiunta un'elevata dolcezza, vengono torchiati. Dopo un lenta fermentazione di almeno 100 giorni, il vino presenta ancora un sostenuto residuo zuccherino, circa 150 g/l. Così viene fatto riposare in piccole botti in legno di rovere o di acacia anche per più di due anni o almeno fino al 31 Dicembre dell’anno successivo alla vendemmia prima di essere imbottigliato e immesso sul mercato. Per tutte le info, il programma dettagliato e gli orari della manifestazione potete visitare il sito: www.breganzedoc.it
IN GEORGIA LA PRIMA CANTINA Secondo le ultimissime scoperte, si troverebbe a Gadachrili Gora, in Georgia, la culla dell’enologia mondiale. Infatti, proprio qui, precisamente in un villaggio neolitico della regione di Kvemo Kartli, gli archeologi hanno rinvenuto all’interno di alcuni resti di vasellame, i residui del più antico vino mai conosciuto. Parliamo in pratica di quella che può essere considerata la più antica cantina del mondo. Il sito archeologico è ubicato in una valle verde e fertile a circa 30 chilometri da Tbilisi dove una piccola comunità di contadini del neolitico si sono insediati per iniziare a coltivare una delle più grandi e longeve passioni della storia dell’uomo: la viticoltura. Scavando in quello che rimane delle case circolari che costituivano l’antico villaggio, sono stati riportati alla luce diversi frammenti di vasellame in cui sono bene evidenti decorazioni raffiguranti grappoli d'uva. Oltre a ciò, in tutto il terreno circostante, sono stati rilevate grandi quantità di polline di vite, che hanno permesso di datare l’inizio della produzione di vino nella regione georgiana già 6 mila anni prima di Cristo. E forse non è un caso se, in questa terra, ancora oggi le viti ancora oggi crescano praticamente ovunque. Una scoperta, quindi, dal grandissimo valore non solo scientifico ma soprattutto storico, perché svela nuovi e incredibili scenari su quelle che erano le capacità dell’uomo dell’Età della pietra. Tuttavia, prima che questo luogo diventi la nuova Mecca dell’enoappassionato, è bene precisare che il villaggio neolitico di Gadachrili Gora attualmente non risulta visitabile. E’ invece possibile visionare il vasellame oggetto dell’importante ritrovamento presso il Georgian National Museum di Tbilisi, nel quale viene gelosamente conservato e custodito. Per chi volesse approfondire, tutti i dettagli sono stati pubblicati sulla rivista Pnas.
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SUCCESSO PER “ BRUNELLO A PALAZZO ” E ASSOCIAZIONE DECANT Lo scorso 3 Dicembre 2017, presTricerchi, Colle Mattoni, Fattoria so lo storico Palazzo Caetani di Corte dei Venti, Fattoria dei Barbi, Fondi (LT), l’Associazione Decant del Pino, L’Aietta, Il Marroneto, ha proposto una nuova edizione Le Ragnaie, Pietroso, Piombaia, di “Brunello a Palazzo”, un ricco Sasso di Sole, Poggio Salvi, Podere Casisano (Tommasi), La Gerla, percorso enogastronomico dedicato al Brunello di Montalcino. Querce Bettina Sanlorenzo, Tenute Silvio Nardi, Terre Nere, Tiezzi L’evento, ha visto la collaborazioe Tornesi. ne di EnoClub Siena che, nella Davvero ricca anche l’area food, persona del Presidente Davide che ha accompagnato la degustaBonucci, ha tenuto un seminario zione dei vini con una lunga serie dal titolo “Brunello di Montalcino, annata 2007", svoltosi poco prima di assaggi di prelibatezze in formato finger, tra cui l’elegante dell’apertura dei banchi d’assagstreet food proposto dai fratelli gio nel grande salone del Palazzo Campana (da applausi!). Da semedioevale. gnalare anche la presenza di alLa bella degustazione di Brunello cuni importanti produttori locali e di Rosso di Montalcino ha visto e non solo, come ad esempio il la presenza sui banchi di oltre Caseificio Cammisa ( mozzarella cento etichette, grazie ad un pardi bufala campana) e l’Agricola ter di circa una ventina di aziende Gizzi (escargot). montalcinesi: Carpineto, Castello Un’altra riuscitissima edizione, Tri-kkkkkkkk quindi, di questo appuntamento diventato ormai un “must” per gli amanti del più famoso e blasonato dei vini toscani. Un evento che è riuscito negli anni a valorizzare non solo vini e prelibatezze gastronomiche, ma anche le bellezze architettoniche di una piccola cittadina della costiera pontina, ricchissima di storia e arte. Il merito è tutto della passione dell’Associazione “Decant”, una squadra di tre amici desiderosi di valorizzare e condividere con il grande pubblico la propria passione per le eccellenze enogastronomiche italiane. Un progetto che in pochi anni ha saputo creare, oltre a “Brunello a Palazzo”, altri due format di successo come “Decant sotto le stelle”, appuntamento estivo finalizzato a valorizzare i migliori prodotti enologici laziali e, soprattutto, " Franciacorta in Villa”, evento articolato in 2 serate, in cui vengono le più famose bollicine italiane accompagnano la migliore ristorazione locale.
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ONAV: UN SICILIANO DI 23 ANNI E’ IL MIGLIOR “ASSAGGIATORE” Gianluca Alaimo da Racalmuto è il miglior “Assaggiatore “ONAV (Organizzazione nazionale assaggiatori di vino). Il ventitreenne siculo, che attualmente studia per diventare enologo, in appena un anno, ha saputo imporsi tra le primissime fila dell’importante Organizzazione astigiana per le sue naturali doti di degustatore, grazie anche ad una vita, seppure ancor breve, passata in mezzo al vino. “Quella dell’Onav - ha raccontato - è stata una scelta dettata dalla necessità di un corso sulla degustazione tecnica quanto più approfondito possibile e tale da renderlo capace di una valutazione davvero oggettiva”. Da qui, il passo verso il concorso per “Miglior Assaggiatore” è stato davvero brevissimo: la finale lo ha visto sbaragliare la concorrenza di altri 49 aspiranti al titolo, ai quali sono stati serviti otto vini, di cui andava individuata annata e vitigno di provenienza. Gianluca li ha indovinati quasi tutti. L’unico “sgarbo” gli è arrivato dal “ Cortese”, un vitigno piemontese a bacca bianca che ha ingannato il suo fino naso. In ogni caso è arrivata la vittoria che ha quasi dell’incredibile, considerando la sua giovane età e il fatto che questo era il suo primo tentativo. Con la vittoria, al giovane fenomeno è andato anche un premio che sicuramente avrà apprezzato parecchio: un viaggio “studio” nella Valle del Douero, tempio dei vini Portoghesi. Per chi volesse partecipare alla prossima edizione del concorso del “Migliore Assaggiatore” ricordiamo che questa è un’iniziativa che ONAV propone ai Soci di tutta Italia, con l’obiettivo di dare modo agli Assaggiatori partecipanti di mettere alla prova le loro capacità degustative. Il concorso si svolge nell’arco temporale di un anno ed è strutturato su due momenti di selezione, un primo livello regionale e la finale nazionale.
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HOST MILANO 2017
e non sentirli... Quasi 190 mila visitatori per l’edizione 2017 di Host, la fiera leader nel mondo per l’hospitality a 360°, che è andata in scena lo scorso ottobre arrivando a spegnere le sue prime 40 candeline. Numeri che però da soli non bastano a spiegare il successo raggiunto e consolidato negli anni dalla 5 giorni milanese. Per questo siamo andati a dare un’occhiata...
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on potevamo di certo mancare alla festa di compleanno della più importante fiera al mondo del settore Ho.Re.Ca.: HostMilano è infatti entrata negli “anta”, un traguardo al quale si è presentata quest’anno sfoggiando stile, efficienza e modernità, forse come non mai. E anche i numeri (forniti dall’Ufficio Stampa di Fiera Milano) sembrano darle ragione: nei cinque giorni di apertura, dal 18 al 22 Ottobre, quasi 190 mila visitatori (45 mila in più dell’anno precedente) hanno superato i varchi di Milano Rho. Di questi, quasi il 39% erano operatori internazionali da ben 177 Nazioni, provenienti quindi non solo quindi dal vecchio continente ma in pratica da ogni angolo del globo, dal Canada fino alla Nuova Zelanda, ma anche dall’Africa centrale e dalla Polinesia...
HOST MILANO 2017
Un parterre di primo ordine, costituito essenzialmente da responsabili acquisti e decisori aziendali, con oltre 1.500 hosted buyer profilati, che trovato terreno fertilissimo per fare business e networking. Questo, infatti, è il luogo in cui tutta la filiera annualmente si incontra per fare il punto sulle novità e dettare le tendenze di domani nel settore dell’hospitality in tutte le sue diverse declinazioni. E sono stati oltre 500 gli eventi svolti in contemporanea negli 17 padiglioni del complesso fieristico milanese, vestito per l’occasione di un bel ciano acceso. Tra tutti, vi segnaliamo i Campionati Mondiali di Pasticceria FIPGC se non altro perché quest’anno hanno visto l’Italia posizionarsi sul gradino più alto del podio, davanti a Cina e Giappone. Ma al di là dei numeri, questa fiera è davvero un evento di portata mondiale, un appuntamento al quale è davvero importante partecipare almeno una volta, sia in veste di espositore che anche in quella di semplice visitatore. Perché varcando i tornelli dell’ingresso sud, la nostra prima sensazione è stata proprio quella di ritrovarsi nell’ombelico del mondo del foodservice e della ristorazione. Iniziamo col dire che, nonostante le considerevoli dimensioni della fiera, si ha sempre e comunque la possibilità di individuare e raggiungere il singolo stand in modo facile e veloce. Questo è senza dubbio merito della conformazione del moderno complesso fieristico di Milano Rho, con l’ampio e lunghissimo corridoio centrale che raccorda su sé stesso tutti gli accessi ai singoli padiglioni espositivi. Complice anche l’orario mattutino ci rechiamo subito a visitare i padiglioni 14 e 18, per accaparrarci prima di tutto un buon caffè. All’interno il colpo d’occhio è davvero impressionante: stand bellissimi e curatissimi nel design, alcuni davvero faraonici. Si respira un clima di cordialità e rilassatezza unita a tanta professionalità. La folla di operatori già riempie i corridoi, senza però mai trasformarsi in calca. Passando 12
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HOST MILANO 2017 tra uno stand e l’altro facciamo il necessario pieno di caffeina, finchè non arriviamo nello spazio espositivo di “MokaSirs ”, dove l’accoglienza si fa ancora più calda e cordiale. Ci troviamo costretti a rifiutare l’ennesima tazzina, ma accettiamo molto volentieri l’invito a degustare una buona birra. No, non è un errore. Si tratta della “220 gradi”, una “bionda” al caffè prodotto in collaborazione con un birrificio artigianale di Pavia. Si tratta di un prodotto dalla facile beva, fresco, delicato e dissetante, che però aggiunge nel finale un gradevole sapore amarognolo di tostatura che invoglia subito il sorso successivo. Subito dopo ci viene offerto anche un piccolo assaggio di un altro interessante prodotto, presentato proprio in fiera per la prima volta. Si tratta della “Nera”, una sambuca al caffè (100% arabica) di cui viene aperta e servita la prima bottiglia della fiera: in pratica siamo i primi in assoluto ad assaggiare questo nuovo liquore. E l’impatto con il nostro palato, nonostante la birra e gli innumerevoli caffè, è stato davvero positivo: pur non essendo dei grandi amatori del genere, rimaniamo conquistati dalla delicatezza e dall’equilibrio di profumi e sapori, che si armonizzano perfettamente insieme.
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HOST MILANO 2017 Ci spostiamo verso l’area dedicata alla gelateria. Anche qui, nemmeno a dirlo, troviamo il meglio che il settore attualmente può offrire. Giusto il tempo di un piccolo assaggio al banco frigo di “PreGel ” (sublime il pistacchio) e poi via verso il padiglione 11 per scoprire le nuove tendenze dell’arredamento di design per ristorazioni e winebar. Ci fermiamo a lungo negli ampi spazi allestiti da “Alternative Italia ”, azienda specializzata nella progettazione e realizzazione di concept esclusivi dedicati al mondo del food&beverage dal design sempre originale ed unico. Qui, negli oltre 300 metri quadrati, sono stati riprodotti esempi delle loro più recenti e riuscite realizzazioni (dal coffeebar all’enoteca, dalla sala ristorante fino al banco pasticceria). Si giocando con i materiali più disparati dal legno e metallo, fino a pietra e tessuto, ma sempre e soltanto per far si che estetica e praticità siano sempre in equilibrio perfetto tra loro. kkkkkkkk di
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Continuando il nostro giro finiamo per imbatterci nella bella e funzionale idea di “Wineemotion ”. Questa azienda si è specializzata nei dispenser automatizzati di vino al bicchiere, che permette di “gestire” nel tempo fino ad 8 bottiglie di vino destinate alla mescita. Oltre a mantenere la temperatura controllata (e differenziata per bianchi e rossi), il sistema di controllo integrato permette di allungare i tempi di ossidazione del prodotto attraverso la contestuale immissione di gas inerte all’interno della bottiglia per un volume pari al liquido versato. Il questo modo il prodotto verrà preservato fino ad oltre 30 giorni, riducendo gli sprechi drasticamente. Nella sezione food non possiamo non citare la nostra visita nella “ gioielleria” di Giuliani Tartufi, azienda umbra tutta al femminile. Qui si punta molto sull’esclusività del prodotto. Oltre allo stand, che effettivamente ricorda una esclusiva boutique di Via Montenammmmmmmm
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HOST MILANO 2017 poleone, l’immagine posta “in vetrina” è quella del pregiato tubero che diventa pietra preziosa da incastonare in un anello d’oro. E poi il prodotto base viene proposto in tutte le più stuzzicanti versioni e varianti o utilizzato per dare più gusto a tantissimi altri prodotti alimentari: dalla croccante patatina alle fettuccine, dalla frutta secca fino alla birra artigianale alla birra e così via. In ogni caso, vagando per i padiglioni si finisce per essere investiti da un miriade di spunti, di idee di soluzioni innovative relative alle nuove tecnologie, alle attrezzature, all’equipment, ai servizi, al prodotto finito. Non basterebbe un’intera rivista per raccontarvi l’infinità di novità a cui abbiamo assistito in questa nostra visita, seppur breve. Il nostro consiglio è quindi quello di mettere in cantiere sin d’ora una vostra partecipazione alla prossima kkkkkkkkkkkkkkkk
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edizione di questo goloso e tecnologico Salone. Peccato soltanto che dovrete aspettare 2 anni. ■
HOST MILANO 2017
La prossima edizione di Host, la quarantunesima, è in programma dal 18 al 22 Ottobre 2019, ancora una volta presso la Fiera Milano Rho.
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www. c odi vi n. c om
o n a i c l u p e t n o M in di Federi co D
Con il suo infinito susseguirsi di enoteche, osterie e spettacolari cantine sotterranee scavate nel tufo, il centro storico di Montepulciano rappresenta di fatto un unico ed immenso monumento al vino. E basta fermarsi qui, anche per una fugace visita di passaggio, per ritrovarsi di colpo nel paradiso dell’enoturista...
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roprio a metà strada tra Napoli a Milano, lungo la più famosa e trafficata delle arterie italiane, si trova una delle più antiche e caratteristiche città del vino italiano. Parliamo di Montepulciano, incantevole borgo medioevale della provincia di Siena arroccato su di un ripido costone tufaceo detto “sasso”. Una posizione strategica, a cavallo tra la Valdichiana e la Val d’Orcia, che rende questo antico centro una porta privilegiata per entrare al cuore della Toscana più autentica e caratteristica. Tuttavia, non è un lungo e articolato itinerario all’interno di questa incantevole regione che vogliamo suggerirvi questa volta, perché Montepulciano, proprio per la sua vicinanza all’Autosole, si presta benissimo anche per una fugace e intensa sosta di viaggio…
Effettuare una breve pausa in questo posto infatti, oltre che spezzare la monotonia dell’autostrada, può anche regalare tante piacevolissime sorprese. E’ sufficiente una breve deviazione dal normale itinerario per rimpiazzare il classico menù “rustichella” con un gustoso piatto di pici all’aglione e un buon calice di Vino Nobile, seduti in un bel ristorantino di Piazza Grande. Ecco perché il “Pit Stop” a Montepulciano è diventato ormai un “must” dei nostri frequenti sali e scendi per lo Stivale, subentrando perentoriamente al triste break nella solita area di servizio. Basta prendere l’uscita di ChiusiChianciano (viaggiando in carreggiata nord) e poi riprendere l’autostrada A1 al casello di Valdichiana (o viceversa). Ovviamente è necessario anche mettere in conto circa un’ora e mezza in più
sulla tabella di marcia, ma vi assicuriamo che ne varrà davvero la pena. Tuttavia, il bello viene qualora si abbia la possibilità di investire anche un altro paio d’ore: si potrà infatti andare anche alla scoperta del lato più bello e nascosto che questo posto può offrire, ovvero quello legato alle numerosissime attrattive puramente enoturistiche. Infatti, al di là delle pur abbaglianti bellezze architettoniche visibili alla luce del sole, questo fantastico borgo è un prezioso scrigno sotterraneo colmo di testimonianze di un passato (ancora molto presente) simbioticamente legato alla produzione del vino. Parliamo, appunto, della parte più nascosta e buia di Montepulciano, quella scavata nel tufo sotto i suoi antichi palazzi, che proprio recentemente abbiamo avuto modo di tornare a visitare.
L’entrata di una delle suggestive botteghe che si susseguono lungo il Corso principale, proponendo in assaggio e vendita le eccellenze gastronomiche e i pregiati vini del territorio.
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E’ una domenica mattina qualunque quando, in viaggio verso Verona, decidiamo di fare una rapida “scappata” nella nostra città toscana preferita. Lasciamo l’auto nell’area parcheggio subito fuori “Porta al Prato”, uno dei più importanti ingressi cittadini, per poi accedere al Corso principale, una sorta di galleria d’arte a cielo aperto che si sviluppa in salita seguendo la morfologia del crinale. Da questo punto in poi la nostra idea di passeggiata si trasforma ben presto in un estenuante, ma piacevolissimo, trekking urbano. Infatti, per quanto inclinato e faticoso, il percorso verso Piazza Grande è disseminato da una serie interminabile di botteghe e gastronomie e che fanno bella mostra di tutto di tutto il loro ben di Dio, rendendo la nostra “scalata” un crescendo di piacere per occhi e palato. Tra le varie attrazioni enoturistiche che troviamo lungo il nostro cammino, una di quelle che non ci lasciamo scappare è il “Labirinto di Bacco”: questo è un lunghissimo susseguirsi di sale e corridoi sotterranei (tra cui anche una camera tombale etrusca del II sec a.C.) utilizzato tuttora per affinare vini e stagionare formaggi. L’ingresso ( gratuito) è ubicato all’interno del punto vendita di Fattoria Pulcino, dove ad accoglierci abbiamo subito trovato un abbondante aperitivo (anche questo gratuito) con i loro vini e i migliori prodotti tipici locali come, ad esempio, la prelibata finocchiona toscana e l’ottimo pecorino di Pienza. Tra questi vi segnaliamo il “cinerino”, una formaggio di latte di pecora stagionato sotto una finissima cenere di legna all’interno di enormi orcie di terracotta. Utilizzata già dagli etruschi per favorirne l’asciugatura dell’umidità interna, questa antica tecnica di affinamento del formaggio, non solo ne garantisce una migliore capacità di conservazione, ma, soprattutto, ne esalta ulteriormente le caratteristiche organolettiche. Un obbligo quindi, sulla strada del ritorno (in discesa!), acquistarne qualche etto da riportare a casa come promemoria. 31
Solo poche decine di metri più avanti e troviamo subito un altro interessantissimo motivo per fare fermarci: è “la Città sotterranea”, il suggestivo percorso storico e gastronomico che ci propone Cantina Ercolani per riscoprire alcuni degli scorci più nascosti e caratteristici di questo fantastico borgo. Si tratta di un infinito susseguirsi di antiche sale collegati da angusti passaggi e scale scavate nella roccia, con cripte, pozzi e ampie camere con botti di rovere. Una sorta di cantina-museo, colma di testimonianze ben conservate delle storie e vicende che sono passate per quei cunicoli e per quelle sale, dove anche i ghibellini fuggiaschi trovarono rifugio. Ovviamente, anche qui il percorso si conclude con una copiosa degustazione - che non ci facciamo sfuggire - di Vino Nobile accompagnato da salumi, pecorini e ottime bruschette al tartufo, anche queste di produzione propria. Da questo punto in poi, la nostra salita lungo il Corso è un continuo susseguirsi cantine, enoteche ed osterie, ma anche palazzi nobiliari, chiese, vicoli e af-
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affacci con scorci mozzafiato sulla vallata che meriterebbero molto più che una fugace visitina. In un posto come questo, tra un assaggio e l’altro, c’è nnnnnnnn
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il rischio di sforare clamorosamente con i tempi, trovandosi poi “costretti” a pernottare in uno di quei caratteristici B&B del centro storico. Qualora invece abbiate le ore davvero contate è purtroppo necessario selezionare i luoghi e le attrazioni da visitare, perché comunque sono davvero tante. Parliamo ad esempio dell’antica Fortezza (in cui, tra l’altro, a Febbraio si svolge anche l’annuale “Anteprima del Vino Nobile”), del Museo della tortura, della casa del Poliziano, di Palazzo Avignonesi, di Cantina Contucci e di Cantina Gattavecchi o anche dell’Osteria “Acqua Cheta” dove, in un clima goliardico ed informale, è possibile sbranare una delle migliori “fiorentine” di tutta la Toscana. E’ poi obbligatorio almeno un passaggio veloce in Piazza Grande, la principale agorà cittadina, per ammirare tutta la rinascimentale maestosità della cattedrale e la bellezza del Palazzo comunale, una copia (in piccolo) del Palazzo della Signoria a Firenze. Tra l’altro, in questa Piazza, l’ultima domenica di Agosto anno, si svolge anche la rievocazione storica del “Bravio delle Botti”, tradizionale sfida tra le 8 contrade cittadine che consiste nello spingere botti di 80 chilogrammi jjjjjjjj 22
80 Kg di peso lungo un percorso in salita di 1700 metri tra le principali vie del centro, fino all’arrivo posto proprio presso il sagrato del Duomo. Altro passaggio obbligato è sicuramente quello della suggestiva “Cantina De Ricci”, anche conosciuta come “Cantina del Redi”. Il riferimento è all’aretino Francesco Redi che, nel 1685, dopo aver assaggiato ben cinquecento diversi tipi di vino, lasciò ai posteri una frase, semplice ma estremamente significativa: “Montepulciano d’ogni vino è Re...”. Questa storica cantina, considerata da molti la più bella del mondo, oggi è parte integrante di Palazzo Ricci, uno dei più importanti palazzi rinascimentali della città poliziana, ma fu in realtà realizzata su precedenti strutture medioevali seguendo le antiche regole degli statuti di Montepulciano del 1337. Essa è ubicata nella parte più alta della città, proprio nei pressi di Piazza Grande, e vi si accede attraverso una splendida scala equestre di mattoni in terracotta. Noi vi arriviamo un po’ affaticati a causa del ripido e rapido
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“La Cattedrale” è la spettacolare bottaia di Cantina De Ricci. E’ suddivisa in 3 navate longitudinali con imponenti pilastri in mattoni alti quasi 7 metri che vanno a sorreggere le ampie volte a crociera. Qui sono conservate le botti di maggiore capacità, che sono state costruite direttamente sul posto e ancora oggi sono utilizzate per l’invecchiamento del Vino Nobile
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tour de force, ma anche stavolta non resistiamo ad una veloce visitina al suo interno. Del resto l’accesso è libero ma, specie la prima volta, sarebbe consigliabile prenotare una visita guidata per poterne carpire ogni segreto (e per evitare di perdervisi all’interno!). Questa cantina infatti, è un qualcosa di davvero monumentale. Non a caso la bottaia principale, in cui vengono custodite le botti più grandi, è anche detta “La Cattedrale”. E’ uno spazio impressionante, che ricorda proprio la struttura di una chiesa, con navate, archi, colonne e un soffitto altissimo: un vero e proprio Tempio di Bacco. Questa è la nostra terza visita a questa cantina, eppure, entrando in questa sala meravigliosa, lo stupore è ancora quello della prima volta e, nonostante oggi i sapienti giochi di luce ne amplifichino la suggestione, possiamo solo immaginarci quale incredibile meraviglia potesse accogliere i cantinieri quando l’intero ambiente era rischiarato soltanto dal bagliore vivo del fuoco di torce e candele. E poi c’è la maestosità delle enormi botti di rovere di Slavonia, tuttora utilizzate per l’affinamento del Nobile, che anche stavolta ci lasciano senza fiato. Sono oggetti talmente grandi che mai sarebbero potute passare per le porte di accesso. Per questo motivo - come ci spiegano i custodi - i mastri bottai hanno dovuto trasportare le singole assi all’interno della cantina per poterle poi assemblare direttamente sul posto. Dalla sala principale, il nostro lungo giro all’interno dell’immensa cantina continua tra una serie di altri cunicoli e sale minori, nelle quali vengono conservati altri tonneaux, barrique francesi, antiche bottiglie e reperti storici e in cui 24
cui tutto è pervaso dal profumo pungente di centinaia di annate di Vino Nobile. Finalmente torniamo ad intravedere vedere la luce del giorno ma, prima dell’uscita, troviamo ad attenderci il consueto banco di degustazione, al quale ovviamente non possiamo sottrarci. E così, aiutandoci con ottime bruschette all’aglio e un’abbondante selezione di companatici locali, strappiamo anche un assaggio degli ottimi rossi di Cantina De Ricci, dal morbido Rosso Toscano IGT “Trabalze” fino al più strutturato e complesso Nobile DOCG. A questo proposito ci piace ricordare che, sebbene oggi la produzione venga effettuata nella più recente struttura aziendale di Fontecornino, l’invecchiamento del vino, nel rispetto di una tradizione pluricentenaria, avviene sempre e comunque all’interno della storica “Cattedrale”. E’ quasi inutile dire che la congiunzione di questi luoghi ai sapori locali sia un qualcosa di assolutamente perfetto, un antico connubio che elargisce ai sensi un godimento tale da far perdere la cognizione dello spazio e dello tempo a chiunque. Peccato che, non appena fuori da quelle spesse mura di tufo e mattoni di argilla, veniamo invasi da una serie di implacabili trilli che ci riportano impietosamente alla realtà: è il nostro smartphone che è tornato di nuovo a funzionare e ci rammenta fragorosamente che è giunto il momento di rimettersi in viaggio. Così torniamo velocemente al parcheggio, entriamo in auto e impostiamo il navigatore in direzione del casello di Valdichiana. Ad attenderci, altri duecento chilometri di piatto e monotono asfalto. Ma, ad accompagnarci, abbiamo ancora in bocca tutto il sapore di Montepulciano. ■ 24
UN PROGETTO DI QUALITÀ E LA PASSIONE DI UNA FAMIGLIA SICILIANA...
Da Camporeale, la città del vino.
www.marinovini.it
i Vini di Podere di Pomaio Siamo andati sulle colline aretine per scoprire la “green winery” di Iacopo e Marco Rossi, due giovani Produttori che hanno posto l’ambiente al centro della loro filosofia produttiva per “provare a migliorare il pianeta una bottiglia alla volta”… a cura di Federico Dini 26
igneti Bio + Eco-Cantina = Vini sostenibili. Questa è la formula del successo secondo Podere di Pomaio. Non il solito wine-resort toscano che produce vini onesti e un buon olio extravergine, ma una vera e propria “Green Winery”: un esempio tangibile di come, attraverso un modello moderno ed ecosostenibile, sia possibile generare una qualitativa (e redditizia) offerta enoturistica perfettamente integrata con l’ambiente circostante. Tutto ciò è solo il frutto dell’innovativo progetto di Iacopo e Marco Rossi, due giovani fratelli dalle idee molto chiare, che hanno deciso di produrre in modo naturale, per rispetto del prodotto e del consumatore.
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Il podere si trova appunto in località Pomaio, toponimo che deriva dal latino “Pomarium”, luogo dei pomi e della frutta. Siamo a 550 metri s.l.m. sull'Alpe di Poti, il rilievo che sovrasta la città di Arezzo. Questo versante offre un'eccellente esposizione a sud con un punto di vista privilegiato sulla Valdichiana e sulle meravigliose colline del Chianti che, più ad ovest, chiudono l’orizzonte. Complessivamente la loro proprietà si compone di ben 23 ettari, suddivisi tra vigneti, oliveti, boschi e aree destinate all’hospitality. Al momento soltanto tre sono gli ettari vitati, da cui si producono non più di 15-20 mila bottiglie (a seconda delle annate), tutte in agricoltura biologica. Tuttavia, sin dalla prima vinificazione, nel 2010, questa azienda ha puntato tutto sul perseguimento dei massimi livelli qualitativi che lo splendido contesto naturale può offrirle. Del resto, con soli 3 ettari produttivi, risulta anche più agevole concentrarsi sulla vigna e poi, in vendemmia, selezionare approfonditamente le uve da portare in cantina. Non vengono prodotti vini dotti vini bianchi poiché si è deciso di indirizzarsi su vi-tigni a bacca rossa come sangiovese e merlot. Tuttavia la gamma dei vini aziendali è arricchita da un ottimo rosa-
vini bianchi poiché si è deciso di indirizzarsi su vitigni a bacca rossa come sangiovese e merlot. Tuttavia la gamma dei vini aziendali è arricchita da un ottimo rosato, prodotto in sole 3 mila bottiglie, di cui vi parleremo più avanti, non prima di avervi raccontato l’illuminata strategia in chiave “green” che ha accompagnato, sin dalle fondamenta (nel vero senso della parola), ogni scelta di questa azienda. Infatti, come ci ha spiegato lo stesso Iacopo durante il nostro tour nel podere, ogni progetto e attività svolta all’interno del Podere è stata guidata da una forte cultura “verde”. L’intero concept è stato concondensato nell’eloquente frase “Think Green, Drink Red ”, Marco e slogan che Jacopo Rossi ben riassume all’interno della ed esprime loro moderna tutto il ri“Eco-cantina”. spetto di questa azienda per la natura da cui attinge per i propri vini. Qui, infatti, tutto quello che vediamo, tocchiamo e beviamo è prodotto internamente o comunque reperito in loco, dai massi ciclopici utilizzati per le mura della cantina 27
fino alle materie prime impiegate per i prodotti finali. Tutto questo solo per cercare di ridurre al minimo l’impatto sull’ambiente. Anche grazie alle condizioni ideali del suolo, della collina e alle condizioni climatiche, che hanno permesso una drastica riduzione di solfiti, l’intera gamma dei vini (ma anche l’olio extravergine) è certifica BIO. L’utilizzo della carta per attività di marketing è stato gradualmente bandito in favore del digitale (wow!) perché, come dicono qui “la miglior
carta è sempre quella non utilizzata” .
Unica eccezione a questa regola è una bellissima brochure a libro, stampata però in un solo pezzo e sfogliabile unicamente in azienda. E poi, in oltre il 40% della superficie aziendale è stata mantenuta la copertura boschiva: una scelta che consente di mitigare ulteriormente la “Carbon footprint” e arrivare verso il bilancio attivo per quanto riguarda l’immissione di ossigeno nell’ambiente. Per non parlare dell’intelligente ricorso alle energie rinnovabili (dal solare termico fino al geotermico) che, comunque, non vengono utilizzate in modo massiccio. Merito delle strutture stesse che possono vantare un fabbisogno di energia molto limitato, anche jjjjjjj
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anche perché, ci ricordano qui, che “la
migliore energia è quella non prodotta”. Basti pensare che grazie all’impie-
go di malte naturali e di massi ciclopici ritrovati durante lo scavo, la stessa cantina gode di una naturale “climatizzazione”, che non necessità assolutamente di energia per regolarne la temperatura. Questi sono solo alcuni esempi di quanto è stato realizzato in questo curatissimo fazzoletto di terra delle colline aretine, ma bastano e avanzano per capire perché nel 2014 Podere di Pomaio si è aggiudicata il premio “Terre Fiorenti” come azienda più innovativa della Toscana; o per comprendere i motivi dell’inserimento della moderna ecocantina aziendale (progettata secondo i dettami della Bio-Architettura) tra le 14 cantine più belle della regione secondo il progetto “Toscana Wine Architecture”. Ma questa maniacale attenzione verso il paesaggio e la natura non è assolutamente fine a stessa, perché poi, degustando i prodotti finali, si esplica in qualcosa di davvero tangibile. E se a tutto ciò aggiungiamo l’ottima esposizione dei vigneti, il terreno drenante e ricco di scheletro, l’altitudine e le buone escursioni termiche che ne kkkkk
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conseguono, si capisce come, in questo posto, ottenere vini molto profumati, minerali e che rispecchiano perfettamente il terroir, sia una conseguenza del tutto “naturale” . Siamo parecchio ansiosi testare i risultati di questa vera e propria simbiosi tra uomo e territorio, ma prima è d’obbligo una bella camminata tra le Vigne Bio, in compagnia di Iacopo. Il colpo d’occhio è assolutamente meraviglioso: in primo piano ci sono i filari di sangiovese che cominciano a ingiallire mentre, sullo sfondo, le verdi colline formano un anfiteatro naturale che abbraccia il Podere tutt’intorno. Facciamo ancora qualche passo, e poco più in alto troviamo un bellissimo vigneto di merlot di appena mille piante, tutte coltivate ad alberello, da cui si ottiene il cru “Clante”, prodotto in pochissime bottiglie numerate. A questo punto la nostra curiosità di assaggiare qualcosa è quanto mai matura. Ci spostiamo quindi nella panoramica sala degustazione che si trova proprio sopra la cantina, uno spazio moderno e ricercato caratterizzato da ampie e luminosissime vetrate. Questo è il luogo ideale per mettere in condizione il visitatore di godere di una visione d’insieme dell’azienda partendo dal bellissimo scorcio sui vigneti fino all’assaggio dei prodotti finali. jjjjjjjjjjj 30
Iniziamo la nostra degustazione con il “Rosantico IGT”, un sangiovese in purezza che nasce inizialmente dalla lecita esigenza di avere in gamma un prodotto più adatto ad antipasti o a piatti di pesce. Assaggiamo un 2016, annata che è stata confezionata in soli 3 mila pezzi andati velocemente ad esaurirsi. Quella che Iacopo ci stappa è infatti una delle ultimissime bottiglie rimaste, sottratta per l’occasione alla sua riserva personale. Nel calice questo vino presenta un colore veramente brillante e una vivacità che ci preannuncia quel grande bagaglio di intense fragranze che porta con sé, degne di un vino rosso. Prevalgono i sentori della frutta, ma c’è anche una piacevole nota floreale a completare il bouquet. In bocca si fa apprezzare per la buona spalla acida e per la spiccata mineralità e sapidità, che quasi ci ricordano la costiera amalfitana. Passiamo quindi al “ Pomaio IGT”, il vino d’ingresso alla ampia gamma di rossi aziendali. Anche in questo caso la produzione è limitata a sole 3 mila bottiglie. Questo è un vino pulito e dalla beva piacevole, caratterizzato dalla consueta schiettezza del sangiovese di cui è in gran parte costituito. Iacopo, nel presentarcelo, ci spiega che è stato pensato per essere un vino quotidiano o meglio “un vino da bere dal lunedì al mercoledì”. jjjjjjjjjjjjjjjjj 27
Un prodotto per bere bene anche nei giorni lavorativi più impegnativi, per poi nel weekend, magari dedicarsi ai più importanti “cru” aziendali, come ad esempio il “Porsenna IGT”. Anche questo è un sangiovese purosangue che, però, si differenzia oltre che per il diverso appezzamento, anche per il più complesso processo di maturazione, svolto prima in tini di acciaio e poi, separatamente, in botti di rovere e di castagno per circa 1 anno, prima di essere assemblato e imbottigliato. Qui le cose si fanno ancora più serie: inizialmente distinguiamo nettamente note varietali di frutta rossa matura che poi però lasciano campo a profumi terziari di liquirizia, vaniglia e spezie ben amalgamate tra loro, grazie al giusto dosaggio dei legni. In bocca, anche in questo vino, spiccano quella freschezza e quella mineralità che sono un po’ il marchio di fabbrica di quest’azienda, accompagnate però da una maggiore struttura ed un’eleganza superiore. La nostra degustazione si esaurisce qui, ma non la ricca gamma aziendale, che comprende anche un ottimo “Chianti DOCG”, oltre al già citato “Clante IGT”, altro “cru” aziendale ottenuto da merlot allevato ad alberello con bassissima resa (solo 1 bottiglia per pianta ). In generale, questa è una produzione che, sinceramente, ci ha lasciato favorevolmente colpiti. Come del resto sembra che capiti a chiunque metta piede nel Podere. Sono migliaia infatti, gli enoturisti da tutto il mondo che, ogni anno, si riservano il proprio “sorso di toscanità”, prenotando un “Wine Tour” o un soggiorno nel “Mandorlo” o nella “ Leopoldina”, le due confortevoli dimore dedicate all’hospitality: e così oltre metà delle bottiglie prodotte viene consumata in loco oppure ordinata al rientro. Tutto questo dimostra come investire nella salvaguardia dell’ambiente produttivo sia una strada percorribile (e sostenibile!) per ottenere vini sani e di grande qualità. Vini che consigliamo di provare a tutti i nostri lettori. Non solo a quelli dal pollice verde… ■ 31
Toccata e fuga alla scoperta del patrimonio enologico del messinese, terra di separazione tra Ionio e Tirreno: due mari generosi che regalano alla viticoltura del territorio il clima ideale per valorizzare al meglio alcuni tra i più importanti autoctoni della Trinacria. a cura di Giuseppe Caprì
Sommelier e appassionato comunicatore del mondo del vino e del cibo
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l territorio della provincia di Messina ha una lunghissima storia vitivinicola e se oggi può fregiarsi di essere una delle zone più ricche dell’antica Trinacria dal punto di vista propriamente enologico, lo deve anche a condizioni pedoclimatiche molto favorevoli. Ubicata lungo l’estremo lembo nordorientale dell'isola, questa ridente provincia non ha soltanto infatti la fortuna di essere l’unica ad essere bagnata da due mari (a nord il Tirreno e sul lato orientale, attraverso lo Stretto, lo Ionio) ma anche di godere anche dell’influenza benefica di ben due catene montuose, i Monti Peloritani e i Nebrodi. Condizioni ottimali per chiunque voglia perpetrare una viticoltura di qualità.
In questo contesto, seguendo un asse est-ovest che parte dal vertice orientale più estremo fino ad arrivare nel cuore della provincia messinese, si è sviluppato il nostro itinerario alla scoperta delle zone di produzione delle principali Doc e Igt del messinese: un viaggio che vi racconteremo attraverso il resoconto della nostra visita in due aziende estremamente rappresentative del patrimonio enologico di questa fertile porzione della più grande delle isole del Mediterraneo. AZIENDA AGRICOLA “LE CASEMATTE” Il progetto “Casematte” è nato nel 2008 dalla passione del proprietario Gianfranco Sabbatino, che ha visto nelle colline a nord di Messina nel villaggio di Faro Superiore, la possibilità di rendere reale il suo sogno di produrre vino legato al suo territorio. L’azienda prende nome da alcuni edifici fortificati immersi tra le vigne della proprietà, destinati a rifugio delle sentinelle nella seconda guerra mondiale (le casematte appunto). Questi simboli sono riportati nelle belle etichette dell’azienda e testimoniano il profondo legame alla terra e alla tradizione in contrapposizione con la ricerca di modernità e di pulizia che si sta portando avanti. Qui, infatti, si utilizzano unicamente vitigni del territorio ma anche tecniche di cantina e vigna che qualificano l’azienda come biologica. mmmmm
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Gianfranco ci accoglie cordialmente e ci porta a visitare le vigne a bordo del suo fuoristrada che si inerpica sul terreno scosceso tagliato da profonde ferite causate dai temporali di questi primi giorni di agosto. Il panorama che si coglie da queste colline è incantevole, siamo a cavallo dei due mari (lo Ionio e il Tirreno) che disegnano proprio qui una lingua di terra che come una spada quasi si conficca nelle sponde della vicinissima Calabria. Da quassù si domina lo Stretto di Messina e Capo Peloro dove la leggenda aveva collocato il mito di Cariddi. Di fronte, in Calabria, era invece ubicato l’antro del mostro Scilla.
Gianfranco Sabbatino, CEO dell’Azienda Agricola Le Casematte, divide la sua passione con il difensore della Juventus e Campione del Mondo Andrea Barzagli, che da buon toscano, non si è fatto scappare l’occasione di coltivare anche l’altro suo grande amore, quello per il vino.
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I vigneti di Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio, Nocera e Nero d’Avola si accompagnano a quelli di Grillo e Caricante, tutti situati su terrazzamenti che arrivano fino a 500mt di altitudine; si affacciano sul mare e ricevono le costanti carezze del vento dello Stretto, che oltre a assicurare una buona areazione delle uve, crea un microclima particolare che anche nelle stagioni calde mantiene una buona escursione termica tra giorno e notte. La coltivazione è svolta in regime di agricoltura biologica e le rese sono bassissime; non superano i 50 quintali per ettaro. Agli attuali dieci ettari presto si aggiungeranno altri terrazzamenti che saranno impiantati ad alberello. La produzione dell’azienda si concentra in quattro vini che abbiamo degustato nella nuova sala panoramica che domina le vigne. La cantina inoltre è provvista di una nuova bottaia e di tutti gli impianti necessari per la vinificazione e l’imbottigliamento. I vini per così dire base, kkkkkk
sono un IGP bianco “Peloro Bianco” (Grillo 65%, Caricante 35%) e un IGP rosso “Peloro Rosso” (Nerello Mascalese 70%, Nocera 30%), che rispecchiano le caratteristiche dei vitigni e riportano al naso e al palato le acidità e la freschezza dell’ambiente in cui sono coltivati. Ottimo, anche per il rapporto qualità/prezzo. Segue il rosato “Rosematte” da Nerello Mascalese con un colore esuberante che al naso esprime le profumazioni di piccoli frutti rossi, caratteristiche del Nerello Mascalese e richiami di fiori bianchi ed erbe aromatiche. In bocca esprime una buona acidità e una persistenza lunga che conquista per durata e pulizia. Il finale è scritto dal protagonista, il “Faro DOC” (Nerello Mascalese 55%, Nerello Cappuccio 25%, Nocera 10% e Nero d’avola 10%) che matura in barrique e tonneau di rovere francese per nove mesi e affina in bottiglia per altri 6 mesi prima kkkkkk ”
Il “Faro DOC” è il rosso prodotto dalle uve dei bellissimi vigneti che dominano lo Stretto di Messina in località “Faro Superiore”. Qui, ancora oggi, svettano le casematte risalenti alla prima e alla seconda Guerra Mondiale, che danno anche il nome all’Azienda di Gianfranco Sabbatino.
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della commercializzazione. Il colore è un rubino brillante e il naso è ricco di frutta rossa matura, nota di fiori e speziature di pepe. In bocca è estremamente bevibile ed è fedele a quanto avvertito al naso, equilibrio tra i tannini fini e la carnosità del frutto. Mostra una spiccata acidità che assicura un buon invecchiamento. Buona persistenza. Una bottiglia da tenere lì buona per qualche tempo e da stappare quando si vuole richiamare il ricordo di questo incantevole scenario. Magari in abbinamento a un buon piatto della cucina Messinese come il falsomagro al ragù le melanzanine ripiene o le braciole messinesi. Prima di riprendere il nostro viaggio ringraziamo Gianfranco per l’ospitalità e per il coraggio che dimostra portando avanti un progetto in cui convivono in armonia tradizione e innovazione; che ha scelto di valorizzare il territorio e i vitigni autoctoni con grande rispetto e senza manipolazioni. Questa è anche cultura…
CANTINA CAMBRIA Oggi la Cantina CAMBRIA incarna quanto di più importante ci possa essere, dal punto di vista di tradizioni e storia. Nata nel 1864 a Furnari, un piccolo villaggio nel Nord-Est della Sicilia, quando Matteo Cambria decide di commercializzare le prime 100 bottiglie avute da un eccesso di produzione del vino destinato al consumo di casa. La storia della Cantina ci viene raccontata appassionatamente dalla nostra guida Nancy Astone, direttore commerciale e moglie di Nino Cambria, che insieme al fratello Franco dal 1985 guidano l’azienda sulla linea della qualità e della valorizzazione delle tipicità del territorio. E il territorio di Furnari risulta perfetto per la coltivazione dell’uva, perché le sue colline ricevono le brezze marine che arrivano dal golfo di Patti, racchiuso da una parte dal promontorio su cui sorgeva la città greco-romana di Tindarys (l’attuale Tindari) e dall’altro da capo Milazzo. Di fronte le isole Eolie e alle spalle la …..
I vigneti di Cambria Vini a Furnari (ME): questo territorio beneficia di un contesto pedoclimatico ottimale per la crescita in salute della vite, poiché regolato da una buona ventilazione in quanto esposto a Nord e protetto dalle intemperie grazie all’abbraccio dei monti Tindari Nebrodi.
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catena dei monti Nebrodi che danno protezione dalle intemperie. A seguire, sullo sfondo, il vulcano Etna. In quest’ambiente troviamo le Tenute Cambria composte da 35 ettari di terreni, di cui 20 coltivati a vite. I terreni, con altezze che vanno dai 150 a 350 metri, sono derivanti da marne marine con calcare, scisto e arricchiti dalle ceneri vulcaniche dell’Etna. Qui si coltivano soprattutto vitigni locali quali Nocera, Nero d’Avola, Nerello Mascalese e Catarratto lucido, Inzolia, Grecanico e Grillo ma anche varietà internazionali come il Syrah e lo Chardonnay. Le proprietà sono organizzate in piccole Tenute (Mastronicola, Masseria, C utrigniolo, Cinque Fontane, Marraffino e Frascine) ciascuna con la propria identità, che danno vita a un catalogo di vini molto vasto a partire da quelli tipici del territorio (IGP Terre di Sicilia, Bazia e Suaviter) fino ad arrivare alle linee più importanti: “L’Eccellenza” e “La Magnificenza”. Nancy ci accompagna nella visita della cantina che dispone
dispone di tutta la tecnologia più innovativa, sia a livello di monitoraggio e controllo che di vinificazione e imbottigliamento, per produrre in modo rispettoso e netto vini fortemente radicati nel territorio. Degustiamo con piacere molte delle etichette dell’azienda ma mi soffermo sui vini più importanti e che distinguono l’azienda. Cominciamo dallo Chardonnay IGP che proviene dalle uve coltivate nella tenuta di Mastronicola. Dopo una breve macerazione a freddo, si procede alla pressatura soffice e quindi alla fermentazione condotta in barrique a temperatura controllata. Dopo due mesi di sosta in bottiglia è pronto per essere gustato. Un vino che rappresenta appieno le peculiarità del vitigno con una vivace espressione di frutta tropicale e una morbidezza che il territorio e il clima siciliano gli conferisce. Il “Rosso del Levriero” è un IGP da uve Nero d'Avola e Syrah in parti uguali, provenienti dalla tenuta di Mastronicola. Come ci racconta Nancy, il nome jjjjj
Nei 35 ettari della tenuta Cambria sono coltivati varietà autoctone a bacca rossa come Nocera, Nero d’Avola e Nerello Mascalese, ma anche piccole quantità di uve bianche come Catarratto lucido, Inzolia, Grecanico e Grillo. Tuttavia sono presenti anche altre uve non tradizionali come il Syrah e lo Chardonnay che sono state piantate negli anni ‘80 a scopo di sperimentazione .
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L’ingresso della sala di vinificazione di Cambria Vini: il sistema di vinificazione a controllo automatico "full-production" permette di poter creare vini ad altissima qualità organolettica che riescono ad esaltare a pieno la loro peculiarità. Inaugurata il 14 giugno 2009, oggi è considerata la più tecnologica cantina della Sicilia: da qui l’eloquente appellativo di “Ferrari dell’enologia”.
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deriva da una leggenda sulla nascita del paese di Furnari. Protagonista è un contadino di nome Antonio Furnari che si prese cura del levriero di Ruggero II d’Altavilla che fu ferito durante una battuta di caccia. Poiché il cane non poteva essere trasportato, il povero contadino diede la sua parola allo straniero, non riconosciuto come Re, che se ne sarebbe preso cura "finché venga". Quando dopo molti mesi il Re tornò, ritrovò il levriero guarito e per premiare il contadino lo nominò barone, donandogli le terre che oggi costituiscono il Comune di Furnari. A testimonianza dell’evento, lo stemma del Comune di Furnari riporta la figura del levriero in campo rosso con il motto “finchè venga”. Le uve di questo piacevole rosso, macerano per 16-18 giorni a temperatura controllata con rimontaggi giornalieri. Dopo la svinatura e la pressatura soffice, rimane ad affinare per 12-14 mesi in botti piccole di rovere francese e altri 6-8 mesi di maturazione in bottiglia. Un colore rosso rubino vivo con riflessi granati, al naso ha profumi di frutta matura e spezie con sentori di vaniglia. In bocca è caldo e robusto e le tipicità dei due vitigni vanno a completarsi egregiamente. L’acidità e il corpo del Nero d’Avola bilanciano perfettamente la speziatura e la morbidezza del Syrah. I tannini per nulla aggressivi sono rabboniti dall’affinamento
speziatura e la morbidezza del Syrah. I tannini per nulla aggressivi sono rabboniti dall’affinamento in botte. Una persistenza lunghissima accresce la gioia di bere. Il “Mastronicola IGP” è un monovarietale da uve Nocera proveniente dalla tenuta Mastronicola. Il Nocera è un vitigno molto antico che ha trovato l’ambiente ideale in questi luoghi. Solitamente è utilizzato in blend con altri vitigni locali nelle denominazioni DOC Faro e Mamertino. Cambria è una delle poche cantine che ha avuto il coraggio di vinificarlo in purezza. Anche in questo caso l’affinamento è in legno (piccolo e grande) per 14 mesi e altri 6 mesi di sosta in bottiglia. Il risultato finale è un vino con un bellissimo colore rosso rubino carico segnato da riflessi porpora. Il naso è incentrato sui frutti rossi maturi con accenni floreali ma non disdegna profumi complessi di cacao e vaniglia. Bevendolo il palato è colpito dal calore dovuto all’alcol, i tannini sono piacevoli e accompagnati da una forte acidità che rende questo vino ideale in accompagnamento a piatti di carne o primi al ragù. Finiamo con un altro cru, il “Giulio Cesare DOC Mamertino Rosso” costituito secondo il disciplinare con uve Nero d'Avola al 60% e Nocera al 40%, provenienti dalla tenuta di Masseria. 45
Il vino Mamertino, uno dei più antichi della storia, era già conosciuto al tempo dei romani e fu offerto da Giulio Cesare per i festeggiamenti del suo terzo consolato. Da qui il nome assegnato a questo vino che, come gli altri, è affinato in legno per almeno 14 mesi e sosta per altri 6 mesi a temperatura controllata prima che sia immesso sul mercato. Il colore è un rosso rubino molto intenso con lievi riflessi aranciati. Frutti di bosco maturi e vaniglia si apprezzano al naso con notevole complessità. In bocca mostra un grande equilibrio, una morbidezza e una struttura notevole. Da bere su pietanze elaborate di carni rosse, formaggi stagionati del territorio (vedi il Maiorchino P.A.T.), ma anche da solo per apprezzarne la gradevolezza e il grande fascino. L’intera produzione della cantina è
pervasa da una professionalità e un impegno che si evidenzia nel bicchiere al primo sorso. La Tradizione, il Territorio e la Tecnologia (come riportato dall’azienda) sono le chiavi per farci riscoprire il valore di un’autenticità che oggi è imprescindibile. ■
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ARCARO, il Maturano che vince...e convince! Nel cuore dell’Alto Adige, terra di grandi bianchi, trionfa un raro autoctono della Val di Comino: il maturano in purezza “ARCARO 2016” prodotto dalla frusinate D.S. Bio di Danilo Scenna si aggiudica il premio come miglior bianco ad “Autochtona Award 2017” A cura di Sandro Notargiacomo. Servizio fotografico di Marco Reali. 40
lea iacta est!!! Lo scorso 16 Ottobre, in quel di Bolzano, terra di grandi vini bianchi, un maturano in purezza, un vitigno praticamente sconosciuto ai più, si aggiudica il premio come miglior bianco in concorso con degustazione alla cieca. Una vittoria capace di stravolgere tutti gli schemi, anche considerando il fatto che ad “Autochtona Award 2017” hanno partecipato vini convenzionali, biologici e biodinamici e che a valutarli vi erano esperti del settore enologico di varie nazionalità. Sembra uno scherzo ma non è così. Facciamo però qualche passetto indietro. Nel cuore dell’Alto Adige, dove mmmmm
la cultura enologica è tra le più antiche d’Europa, ogni anno “Autochtona” accende i riflettori sulle denominazioni più note, così come su quelle meno conosciute del grande patrimonio vitivinicolo italiano. Quello di Bolzano è davvero un appuntamento d’eccellenza, un’importante vetrina in grado di esaltare le tipicità dei vini provenienti da vitigni unici o rari della ricca tradizione italiana. Tuttavia quest’anno, a sorpresa, tutti i riflettori sono finiti sul “Maturano”, un antico vitigno laziale, originario del basso Lazio di recente riscoperta, iscritto nel Registro nazionale delle varietà di vite da vino solo dal 2010. Precisamente si tratta di un raro autoctono ristretto nell’areale della Val di Comino in provincia di Frosinone, in quelle che un tempo furono le terre di San Benedetto. Questo è uno di quei vitigni che sono stati recuperati grazie ad un progetto dell'Arsial (Agenzia Re-k
Regionale per lo Sviluppo e l'Innovazione dell'Agricoltura nel Lazio), teso ad individuare i cloni più qualificati per vitigni già iscritti al Registro regionale delle varietà di uva da vino, per farne emergere gli elementi distintivi e permetterne lo sviluppo nel territorio. L’Arcaro 2016 (maturano IGT del frusinate) nasce proprio in queste terre, precisamente nel Comune Pescosolido ai piedi del rilievo montuoso di Serra Lunga a circa 600 metri di altitudine, dove il clima rigido e avvolgente consente al Maturano di sviluppare caratteristiche uniche, che vengono ulteriormente esaltate da una vinificazione che fa propri i dettami dell’agricoltura biodinamica: fermentazioni spontanee, nessuna filtrazione o chiarifica. E così decido di recarmi proprio qui, per conoscere di persona Danilo Scenna e il suo vino, e cercare di capire i motivi della sua grande affermazione. kkkk
Danilo Scenna, titolare dell’Azienda Agricola D. S. BIO, nella sua cantina di Pescosolido (FR). Alle sue spalle, il vaso vinario in cemento in cui affina il suo premiato ARCARO IGT del Frusinate 2016.
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IGT DEL FRUSINATE 2016 Vitigno: Maturano in purezza Vendemmia: quarta settimana di Settembre Raccolta: a mano in cassette Vinificazione: pigio-diraspatura e macerazione sulle bucce di 48 ore. L'uva viene pressata con un torchio idraulico per garantire una pigiatura soffice; successivamente viene inoculato il piede di fermentazione lasciato fermentare precedentemente in modo spontaneo. in vasche di cemento. Segue affinamento sulle fecce fini per 6 mesi e poi in bottiglia per ulteriori 6 mesi. Tutti i travasi sono effettuati per gravitĂ senza l'utilizzo di pompe. Nessuna chiarifica, ne filtrazione. Gradi alcolici:12% Solforosa totale: 19 mg/L
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D. S. BIO è un'azienda giovane, nata nel 2012 dopo un viaggio di Danilo in Borgogna, un’importante esperienza formativa che ha stravolto il suo modo di approcciarsi al vino, avvicinandolo in modo netto al mondo dei vini naturali. Sin dalla sua recente nascita questa azienda ha stabilito con il territorio un rapporto simbiotico e di profondo rispetto, con l’unico scopo di perseguire una viticoltura ecosostenibile basata sull’incastro perfetto tra la modernità e l'uso di tecniche antiche. L’assaggio del suo maturano mi conferma tutto questo: l’Arcaro 2016 si presenta nel mio calice di un intenso colore giallo oro con riflessi ambrati, da cui emana un complesso profumo di fiori ed erba fresca, ma anche sentori di pepe, limone, nespola e frutta esotica. Al palato è brioso e vibrante, ben strutturato, con una spiccata acidità e un finale praticamente interminabile. «È così semplice…è vino» mi dice Danilo sorridendo. Ma in realtà il suo Arcaro è un vino molto complesso, un vino che accarezza la memoria e che invita a scoprire le infinite sfumature dei suoi sapori. E soprattutto è un vino naturale che vince e convince...anche me. ■ 42
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vitigno ritrovato Con il “Leopoldo IGT” di Fattoria Santa Vittoria riscopriamo l’antico sapore del “pugnitello”, uno degli autoctoni toscani a bacca rossa meno conosciuti ma capace di regalare un concentrato di sensazioni inedite.
di Federico Dini 44
onosciuta e giustamente apprezzata nel mondo soprattutto per i suoi blasonati fuoriclasse a base Sangiovese e relativi cloni, la Toscana è in realtà una terra capace di regalarci tante altre grandi soddisfazioni anche attraverso i suoi autoctoni cosidetti “minori”. E’ il caso ad esempio del “Pugnitello”, una rara varietà di uve a bacca rossa che, soprattutto se vinificate in purezza, danno vita a “chicche enologiche” tutte da (ri)scoprire. Storicamente questo vitigno “nasce” ufficialmente soltanto nel 1981, quando fu rinvenuto in località Poggi del Sasso, in provincia di Grosseto. Prima di allora infatti, non esistevano fonti certe relative alla provenienza di questo vitigno, il cui
nome non è stato reperito in nessuna opera ampelografica del passato. Nemmeno il proprietario dell’azienda nella quale fu ritrovato aveva documentazioni storiche o notizie tramandate riguardanti le sue origini. L’unica ipotesi attendibile, che rimane comunque priva di conferme, riguarda il suo nome, che si pensa derivi dalla forma del suo piccolo grappolo, così tozzo e raccolto, che un po’ ricorda quella di una mano chiusa a pugno. Quel che è certo è l’unicità delle sue caratteristiche morfologiche e fisiologiche stabilita attraverso l’analisi del DNA. Analisi che, tra l’altro ha permesso di escludere ogni sua possibile relazione con il vitigno siciliano “Pignatello”. In generale, il Pugnitello è una pianta che presenta un ottima resistenza alle più comuni malattie parassitarie e che dona frutti di buona vigoria, con acini dalla buccia piuttosto spessa, coriacea e ricca di sostanze pigmentanti. Tuttavia, la sua limitata capacità produttiva, dovuta soprattutto alle ridotte dimensioni dei suoi grappoli, ne aveva decretato la quasi totale scomparsa dalle campagne toscane, soppiantato da vitigni a maggiore resa che permettevano di produrre grandi quantità di vino. Almeno finché, nel 1987, l’Università di Firenze fece partire fJJJJJ
re il progetto di raccolta del patrimonio varietale viticolo toscano, proprio con lo scopo di salvaguardare le specie autoctone meno diffuse e utilizzate dal rischio di estinzione. Finalmente, nell’Aprile 2002, si arrivò al suo inserimento nel Registro Nazionale della Varietà della Vite. Eppure, se ancor’oggi il pugnitello risulta essere un vino praticamente sconosciuto al mercato, è perché soltanto una ristretta cerchia di aziende ha voluto davvero investire sulla tipicità di queste uve. Una di queste aziende è senza dubbio l’aretina “Fattoria Santa Vittoria” di Marta e Francesco Niccolai, che abbiamo avuto modo di visitare nell’ottobre scorso. Si tratta di una splendida tenuta nelle campagne di Foiano della Chiana, il cui fulcro è una storica cantina-museo costruita dai Conti Mancini Griffoli intorno alla metà del XIX secolo. Un luogo in cui tradizione e sperimentazione si fondono perfettamente: 35 ettari di vigneto ( coltivati secondo i principi della Lotta Integrata) in cui si alternano vitigni autoctoni più comuni, quali Grechetto e Sangiovese, Trebbiano e Malvasia (per un ottimo Vin Santo prodotto con metodo tradizionale) e varietà internazionali come Merlot, Cabernet, Semillon, Traminer. Ma troviamo anche Incrocio Manzoni Bianco llllllll
Vista panoramica sui vigneti di Fattoria Santa Vittoria nelle belle campagne di Foiano della Chiana (AR). Nei 35 ettari aziendali, oltre al pugnitello, sono coltivate varietà tradizionali come il Sangiovese e alcuni internazionali. La gestione dei vigneti è affidata alla trentennale esperienza di Emilio Parati che si occupa della cantina unitamente all’enotecnico Claudio Guerrini.
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Manzoni Bianco e Nero d’Avola ( ebbene si!) e poi i rari autoctoni toscani come il Foglia Tonda e, appunto, il Pugnitello. Noi abbiamo la fortuna di degustare, direttamente in cantina, il “Leopoldo IGT 2011”, un vino che, oltre che un rispettoso omaggio di Fattoria Santa Vittoria a colui che nel 1786 per primo al mondo abolì la pena di morte, è innanzitutto una magnifica espressione di tutta la ricchezza organolettica ne
del pugnitello vinificato in purezza. Vero fiore all’occhiello dell’azienda, questo vino è ottenuto da un’attenta selezione in vigna delle uve, che vengono poi sottoposte a diraspatura soffice e fermentazione a 25° per circa 15 giorni. La maturazione, invece, si avvale di ben 12 mesi in barrique francesi di media tostatura e di ulteriori 18 mesi in bottiglia prima della commercializzazione. Nel nostro bicchiere si presenta denso, viscoso, ricco di materia, con quel suo caratteristico rosso impenetrabile appena ravvivato da riflessi di colore violaceo. Al naso prevalgono sentori di frutti rossi maturi, ciliegie, more, mirtillo, bacche di ginepro, ma anche aromi terziari di speziatura, cuoio e tabacco. In bocca è strutturato, fine ed equilibrato, con una buona acidità, un tannino vellutato e un finale lungo e avvolgente. Caratteristiche organolettiche che si legano soprattutto ai piatti più saporiti della tradizione toscana, come primi al ragù di selvaggina o secondi di carne alla brace. kkkkkkkkkkkk
I sotterranei della storica cantina con le barrique di rovere francese di media tostatura, in cui il pugnitello viene fatto maturare per circa un anno.
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Calice alla mano, il “Leopoldo IGT 2011” di Fattoria Santa Vittoria ci dimostra non solo la buona propensione del Pugnitello ad essere utilizzato in purezza e non solo in assemblaggio, ma anche la sua capacità di invecchiare senza grossi affanni. E la sensazione finale è quella di sorseggiare un vino davvero di nicchia, che difficilmente troveremo nelle “carte” dei ristoranti, anche nella stessa Toscana. Perché questo è un prodotto dedicato ad un pubblico molto ristretto, fatto di appassionati veri, alla continua e affannosa ricerca di esperienze sempre nuove, di sensazioni inedite e mai scontate. Orbene, volendo l’articolo sarebbe potuto terminare qui. Se non fosse che, entrando casualmente nei locali sottotetto della storica cantina, scopriamo l’ennesima sperimentazione di Fattoria Santa Vittoria, di cui proprio non resistiamo a darvi una piccola anticipazione: decine, anzi, centinaia di cassette in plastica traforata contenenti una selezione di grappoli sottoposti ad un appassimento controllato. Sarà il futuro “Amarone” di Pugnitello? Probabilmente si. Per assaggiarlo però, dovremo avere ancora un po’ di pazienza… ■
Sperimentazione di appassimento di uve pugnitello (in primo piano) nel sottotetto della Fattoria, stesso locale in cui viene anche lasciato a riposare il Vin santo ottenuto con metodo tradizionale (foto in alto).
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brivido caldo Un liquore a base di brandy extravecchio, rinfrescato dal gusto pungente della menta piperita del Piemonte. Questa l’idea di due Imprenditori frusinati per portare sul mercato “l’after dinner” che mancava: un prodotto davvero intrigante, poliedrico e piacevolmente...unico
di Federico Dini 48
hi ci segue sin dall’uscita del nostro “numero zero” ben saprà che solo raramente in passato ci siamo voluti cimentare nel raccontarvi di liquori o di superalcoolici in generale. Quando è capitato, è stato soltanto perché i nostri palati avevano avuto la fortuna ed il piacere di imbattersi in produzioni veramente particolari, che davvero meritavano di essere condivise con voi. Questo per dirvi che, se oggi vi trovate qui a leggere con curiosità queste righe, è proprio perché, ancora una volta, la buona sorte ci ha fatto conoscere qualcosa di unico nel suo genere. Antiqvis è uno di quei prodotti, perché è riuscito davvero a stupirci sin dal primissimo assaggio.
Anzi, ad esser sinceri, Antiqvis, con il color oro antico che l'accattivante bottiglia lascia trapelare in tutta la sua lucentezza, ci aveva conquistato ancor prima di esserci stato versato. Tuttavia, per farvi capire a fondo di cosa stiamo trattando dobbiamo andare per gradi. Innanzitutto parliamo di un liquore artigianale che nasce dall’armoniosa unione tra un brandy extravecchio e la pregiata menta piperita del Piemonte, un erba officinale dalle foglie fresche e profumate con proprietà digestive ed aromatiche ed un alto contenuto di mentolo. Il vitigno base è un trebbiano di Romagna, che viene distillato con alambicco discontinuo “Charentais” completamente in rame. Il successivo invecchiamento avviene in botti di rovere francese di Allier da 350 litri e viene protratto per ben 6 anni. Solo allora jjjjjjjjjjjjjjjjjjjj
si esegue l’infusione che permette al brandy di permearsi di tutta la freschezza della menta, per poi essere finalmente imbottigliato. Così nasce Antiqvis. E se il risultato finale riesce a raggiungere livelli di vera eccellenza il merito non è solo della qualità della materia prima utilizzata, ma soprattutto del grande coraggio imprenditoriale avuto da Alessandro Liberatori e Damiano Bondatti nel creare e realizzare una ricetta così unica ed innovativa. Ricetta che nasce, come ci raccontano gli stessi Alessandro e Damiano, come gentile omaggio allo “Stinger”, il celebre cocktail creato nei primi anni del 1900 e giunto al successo nell'epoca del proibizionismo: “Il legame tra essenze
e profumi nonché le proprietà organolettiche del mix tra cognac e crema di menta bianca - spiega Alessandro —- kkkkkkk
“ANTIQVIS” è il risultato di ben 6 anni di invecchiamento in botti di rovere francese da 350 litri, prima dell’infusione con la menta piperita del Piemonte.
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evocano in me sensazioni e ricordi molto intensi. Nei momenti più importanti della mia vita personale e professionale lo "Stinger" è stato sempre presente. Nel rispetto di questa mia passione, dell'amore verso i prodotti delle tradizioni italiane, avvalendomi della sapiente e preziosa collaborazione di Damiano, ho voluto reinterpretare lo “Stinger” conferendogli un tocco di italianità: così ho sostituito il "Cognac" con del Brandy Italiano e la crema di menta bianca con un infuso di menta piperita Piemonte e infine, riducendo contestualmente il grado zuccherino, è nato Antiqvis”. Per le sue caratteristiche organolettiche e per la sua estrema poliedricità questo liquore è un prodotto davvero molto versatile e piacevole, sia in estate che in inverno. A seconda dei gusti può essere infatti consumato liscio, tanto a temperatura ambiente quanto scaldato leggermente con il calore delle mani (come solitamente si fa per un normale brandy); può risulkkkkkkkk
tare molto gradevole anche servito fresco (8-10° C), ma è preferibile non raffreddarlo mai troppo; sconsigliato quindi “on the rocks”, perché il ghiaccio, oltre a diluirlo troppo, ne penalizzerebbe le qualità aromatiche. Infine, Antiqvis si fa apprezzare anche da diversi esponenti del mondo Bartender, che lo utilizzano come ingrediente in miscelazione. Antiqvis quindi è un prodotto che per caratteristiche proprie, si discosta parecchio da qualsiasi altro liquore classico a cui siamo abituati. Per comprendere al meglio le sue caratteristiche organolettiche e apprezzarne quindi le qualità suggeriamo di consumarlo utilizzando un “Old Fashioned” o “Tumbler Basso”: il classico bicchiere di dimensioni medio piccole dalla forma larga e un po’ schiacciata, di solito utilizzato per servire ad esempio whisky e rum, risulta perfetto per esaltare l’eleganza e la lucentezza del suo colore oro antico con sfumature ambrate, specie quando si fa jjjjjj
“ANTIQVIS”, se bevuto liscio, è un ottimo liquore da conversazione ma risulta adatto anche come ingrediente nella miscelazione.
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roteare sotto una fonte di luce naturale. Al naso Antiqvis è completo e già di per sé e appagante, grazie alle sue intense note di spezie, tabacco, vaniglia e legno tostato in cui si incunea perfettamente la balsamicità della menta piperita. Al palato poi, grazie alle sue particolari caratteristiche organolettiche, decise ma ben armonizzate tra loro, rende l’esperienza gustativa davvero affascinante: dopo la sensazione di calore del Brandy emerge la penetrante freschezza della menta che, con un intenso e gradevolissimo brivido, stempera il palato dai 35 gradi alcoolici. La percezione finale è quella di un prodotto agile e mai ridondante, che accarezza i palati giocando sull’equijjjjjjjjjjjjjj
librio delle sensazioni di calore e freschezza, lasciando una lunghissima scia di piacevolezza che invoglia a berne subito un altro sorso e poi un altro ancora. Tutto ciò rende Antiqvis un ottimo “after-dinner”, un liquore da meditazione perfetto per essere degustato con qualche scaglia di cioccolato amaro o magari con un buon sigaro, nella penombra di un camino acceso. ■ “ANTIQVIS” è un marchio A.L. International Services srl.
Per info: www.antiqvis.com
l i a t k c il co “OLD SPIRIT” INGREDIENTI BASE:
5 cl di ANTIQVIS 2 dash Chocolate Bitter 2 gr Cannella Ceylon in stecca
DECORAZIONE:
Foglie Di Menta Cannella Ceylon in stecca
TECNICA:
Stir & Strain
PREPARAZIONE:
In un mixing glass, versare 5 cl di ANTIQVIS unitamente a 2 grammi di cannella Ceylon in stecca (circa ¼ della stecca intersa) e 2 dash di Chocolate Bitter; colmare il mixing glass di ghiaccio, miscelare e filtrare in un bicchiere “old fashioned” con ghiaccio “pulito”. Guarnire con foglie di menta e cannella Ceylon. 51
dolce, lento gustare... Un allevamento di chiocciole a ciclo completo all’aperto, alimentato da sole colture locali e tutta la dedizione di una appassionata famiglia di Prossedi (LT): così rinasce uno dei piatti più gustosi della tradizione italiana
di Federico Dini 52
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ra un morso e l’altro la nostra rubrica oggi ci porta a Prossedi, o “Prùssedi” come le appena 1200 anime, che popolano questo piccolo comune della provincia di Latina, pronunciano nel dialetto locale. Prossedi è prima di tutto un bellissimo borgo e ricco di storia che, nelle sue antiche architetture e monumenti, richiama ad un passato che qui ha visto il passaggio di nobili toscani, di Cardinali, di Papi e anche della famiglia Bonaparte. Il paese, ubicato ai confini con la Ciociaria in posizione strategica, si ritrova arroccato su una panoramicissima collina dei Monti Lepini che si affaccia sulla sottostante vallata del Fiume Amaseno. Un’area da sempre caratterizzata dalla coltivazione di ortaggi, oliveti
e dall’allevamento della bufala. Oggi però, grazie all’intraprendenza di tre volenterosi e dinamici giovani prossedani, questo splendido territorio ha potuto fregiarsi anche della presenza di un’innovativa azienda elicicola, L’Agricola Gizzi è il sogno inseguito e oggi realizzato da Andrea, Marco e Pamela. Il sogno di creare un’attività di allevamento di lumache da gastronomia nel rispetto dell'ambiente e nella difesa della biodiversità del territorio. La Helix Aspersa Muller (Zigrinata o Maruzza) e la Rigatella (Eobania Vemiculata) sono le principali specie che vengono allevate su una superficie estesa per circa 5 mila mq. Tuttavia, per ottenere un prodotto alimentare contraddistinto da proprietà organolettiche e nutritive di eccellenza, le lumache vengono allevate con “ciclo completo all’aperto”, che consiste nel far crescere le lumache in appositi recinti con pascolo al naturale. Per lo stesso scopo vengono nutrite esclusivamente con alimenti freschi e completamente naturali, prodotti in loco senza utilizzo di concimi, fertilizzanti o pesticidi. Il ciclo produttivo ha inizio a Febbraio, quando viene seminato il terreno con colture come la bietola, il cavolo, il girasole nano e il trifoglio, che verranno poi utilizzate come nutrimento base. Ottenuto il nu56
trimento, nel campo vengono liberate le chiocciole riproduttrici, che provvederanno in breve tempo allo sviluppo di una estesa comunità. Soltanto a Settembre, quando i nuovi individui avranno raggiunto la maturità e le dimensioni minime, le lumache potranno essere destinate al consumo. Di fatto, è proprio questo tipo di allevamento e di alimentazione, che permette a queste carni, già di per sé morbide e pregiate, di farsi ancor più tenere e prelibate e diventare eccellenza vera. Nato come piatto povero, questo prodotto viene oggi destinato soprattutto alle attività di alta ristorazione, che lo utilizzano come base per pietanze molto ricercate. Eppure, nei nostri reiterati assaggi, questo prelibato mollusco si è fatto sempre apprezzare soprattutto nella sua connotazione più umile e semplice, proprio quella nella quale veniva consumato in passato e come viene fatto a Prossedi ancora oggi. Ecco perché il nostro consiglio è quello di cucinarlo lentamente in umido, per poi immergerlo in un abbondante sugo di pomodoro, con cipolla, mentuccia, peperoncino ed un filo di olio extravergine di oliva. Ovviamente, accompagnando il tutto con piccoli crostini di pane croccante, per la più gustosa e indimenticabile delle “scarpette”. ■ 53
Sono2 le specie di questo mollusco gasteropode allevate dalla famiglia Gizzi nei propri terreni a Prossedi (LT) Marco Gizzi, Pamela Cordaro e Andrea Gizzi, mostrano i “frutti” della loro grande passione...
HELIX VERMICULATA
Detta volgarmente “Rigatella” è una chiocciola dalla piccola taglia presente in quasi tutta l’area mediterranea e molto conosciuta territorio di Roma, perché base gastronomica della famosa e antica festa di San Giovanni. La colorazione della conchiglia può essere biancocrema uniforme o presentare bande marroni scuro o rossastre. L'ampiezza delle bande è molto variabile e irregolare e spesso sono interrotte da un reticolo biancastro. Al fine di riuscire a conferire a questo mollusco caratteristiche uniche al gusto delle carni, nell’allevamento dell’Agricola Gizzi a Prossedi è stato ricreato il suo habitat naturale e la sua normale alimentazione di vegetali è stata integrata con erbe aromatiche. 54
HELIX ASPERSA
In Italia questo gasteropode rappresenta oggi circa l’80% del patrimonio aliciclico. Viene scelto soprattutto per la sua precocità nella crescita e per la sua forte capacità riproduttiva. La conchiglia ha una forma stretta, sfregiata e gonfia con 4 oppure 5 giri e un’apertura non evidente. Raggiunge dimensioni che vanno da 30 a 40 mm di diametro e un peso intorno ai 15-20 grammi. Il color predominante è il castano pallido, ma è molto variabile a seconda dell’ambiente, mentre la colorazione di fondo va dal verdastro al grigiastro con le bande o macchie marroni, La tipologia di allevamento utilizzata è quella all’aperto: la tecnica, favorendo il pascolo su terreno libero, consente l’ottenimento di un prodotto al naturale di eccellente qualità..
Buon Natale
e Felice Anno Nuovo
Via Monti Lepini Km 6 - Frosinone - Tel. 0775 443050 - a 1 Km dal Casello di Frosinone (direzione Latina)
Gnocchetto d’autunno Un piatto cucinato dallo chef Daniele Pampena
Immerso, quasi nascosto, nel verde del Parco dei Monti Aurunci si trova “L’Appiolo”, il ristorante protagonista del nostro ultimo bivacco enogastronomico e di una gustosa ricetta stagionale a Km zero...
A cura di Federico Dini. 56
na tappa nata quasi per caso, ma che alla fine ha adeguatamente ripagato i nostri sensi. Perché arrivando al ristorante “L’Appiolo” si è subito avvolti dalla pace e dalla bellezza del contesto naturale, per poi essere ospitati in sale calde ed accoglienti, arredate con un’eleganza mai ostentata. Tutti fattori che ben predispongono chi voglia esser completamente assorbito dai piaceri della buona cucina. Almeno questo è ciò che capitato a noi in un’uggiosa giornata di ottobre, in cui un normale pranzo domenicale ha finito per prolungarsi fino a sera. Il principale responsabile di tutto ciò è Daniele Pampena, chef e titolare di questo piccolo angolo di paradiso dei buongustai, che ci ha invitato a varcare la soglia del suo mondo.
Quello che troviamo è un mondo colmo di bontà, di materie prime semplici ma ricche di gusto, di piatti tradizionali ma realizzati con quel pizzico di modernità che non guasta mai. E’ il caso ad esempio della ricetta che vi raccontiamo oggi, che punta tutto su una sapiente manualità e sulla genuinità degli ingredienti. Lo “gnocchetto d’autunno” è un piatto stagionale che sa appagare occhi e palato con i suoi colori e con i suoi sapori delicati ed autentici. E per ottenere il massimo risultato (ma non con il minimo sforzo) Daniele si avvale esclusivamente di prodotti freschissimi e a Km zero. E’ il caso della zucca proveniente dal suo orto privato, dei funghi “chiodini” appena raccolti nei boschi adiacenti e dell’olio extravergine di oliva “vallecorsana”, anch’esso di produzione propria. Ma andiamo per ordine. La prima cosa da preparare con il dovuto anticipo, è ovviamente la pasta. A “L’Appiolo” la pasta viene preparata ogni benedetta mattina e rigorosamente a mano: acqua, uovo, patate lessate e farina di tipo 00 sono gli ingredienti base. Tuttavia per questa ricetta specifica, il nostro chef aggiunge anche una buona porzione di zucca fresca direttamente nell’impasto: “Questo è un semplice ma efficace modo - ci rivela Daniele -
per donare ancora più sapore e morbidezza alla pasta che, una volta messa in bocca, si scioglierà sotto il palato inondando di gustosità e freschezza le papille gustative”.
Una volta realizzato un impasto di media consistenza si potrà procedere che con la realizzazione degli gnocchi veri e propri, ovviamente senza l’ausilio di jjjjj
macchine o strumenti particolari. L’ideale è tagliare l’impasto in piccole parti da modellare, roteandole sotto i palmi, per formare bastoncini lunghi e stretti. Infine, i bastoncini di pasta andranno a loro volta tagliati in singoli pezzi di circa un centimetro di diametro. Il consiglio, in questa fase, è quello di forgiare gli gnocchi in modo quanto più irregolare e ruvido possibile, il che si tradurrà in una maggiore capacità di assorbimento della salsa. Quest’ultima andrà preparata ovviamente al momento, sbollentando prima i funghi per 15 minuti (al fine di eliminare eventuali tossine) per poi saltarli velocemente in padella con sale e olio. Gli gnocchi andranno buttati in acqua in ebollizione e tenuti in pentola per non più di 2 minuti dal momento in cui saranno saliti a galla, per poi continuare la cottura in padella (per circa 3 minuti) insieme ai chiodini e ad un paio di pomodorini pachino tagliati a metà. Questi ultimi però, andranno e aggiunti solo verso la fine. A questo punto la nostra pietanza sarà pronta per essere porzionata. In questo caso non è così importante creare un piatto dalla struttura troppo regolare e geometrica, perché in realtà questa pietanza punta tutto sull’irregolarità delle sue forme, proprio per trasmettere, anche visivamente, un senso di artigianalità e genuinità. Tuttavia prima di servire, è consigliabile aggiungere un po’ di zucca tagliata a julienne e un piccolo rametto di prezzemolo, semplici guarnizioni che renderanno il piatto ancora più invitante donandogli un tocco di freschezza ma anche di colore. 57
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E in effetti, quello che poi ci arriva a tavola è un vero concentrato di sapore dalle tinte molto accese e gradevoli alla vista. Assaggiamo inizialmente un singolo gnocchetto per testare la consistenza della pasta e quello che subito ci colpisce è la sua scioglievolezza, che immediatamente sprigiona sul palato tutta la dolcezza della zucca. Per un attimo ci eravamo quasi dimenticati che Daniele non utilizza questo ortaggio come condimento, bensì come ingrediente dell’impasto: questo è il segreto che rende gustoso e saporito ogni boccone di questa pietanza, anche quello un po’ meno condito. Tuttavia, è solo quando accompagniamo lo gnocchetto con il fungo ed il pachino che troviamo l’equilibrio perfetto: la freschezza degli ortaggi, la delicata squisitezza del chiodino e la leggera piccantezza dell’extravergine d’oliva locale giocano a controbilanciarsi, rendendo l’esperienza gustativa davvero completa ed appagante. Ecco perché, chiaramente, abbiamo chiesto il bis. ■
Daniele Pampena,
GNOCCHETTO D’AUTUNNO Ingredienti x 2 persone: - 220 gr di gnocchetti di patata tirati a mano - 160 gr di funghi chiodini freschi - 100 gr zucca fresca - 2 pomodorini pachino - Un filo di olio extravergine d’oliva. Tempo di cottura della pasta: 5’ in acqua + 3’ in padella
Daniele Pampena 58
quarant’anni appena compiuti, nasce a Fondi, in provincia di Latina. Sin da bambino si appassiona alla cucina che diventa subito parte della sua vita. Si diploma presso la Scuola alberghiera di Cassino e subito dopo inizia il suo lungo girovagare per i ristoranti di tutta la penisola insieme alla FIC (Federazione Italiana Cuochi). Torna in provincia di Latina, dove continua ad accumulare esperienza preziosa tra i fornelli di diverse cucine, tra cui quelle del ristorante “Angeluccio” di Latina. Nel 2012 nel piccolo Comune di Lenola (LT), precisamente all’interno del Parco Naturale dei Monti Aurunci, apre finalmente un’attività tutta sua: è proprio il “Ristorante L’Appiolo”, un piccolo gioiello ubicato alle pendici dell’omonimo monte da cui prende anche il nome. Ed è qui che Daniele riesce ad offrire il meglio di sé, attraverso una cucina rispecchia in tutto e per tutto il suo modo essere: genuino, schietto e sincero. ■
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L’ABBINAMENTO: Belvedere Campòli - Chianti classico DOGC 2015 - Conte Guicciardini
Sulla nostra tavola, ad accompagnare un piatto equilibrato e soprattutto molto delicato come lo “Gnocchetto d’autunno”, c’era tutta l’eleganza del “Belvedere Campòli”, l’ottimo Chianti Classico DOCG dei Conti Guicciardini. Un vino che arriva da vigneti radicati sul crinale delle colline fra Mercatale e Montefiridolfi, una delle aree più prestigiose del Chianti Classico. Acciaio,12 mesi di tonneaux e poi almeno 1 anno di bottiglia regalano a questo sangiovese in purezza un colore rubino intenso con sfumature leggermente aranciate. Già appagante al naso con le sue intense note di frutta rossa, liquirizia ed erbe aromatiche, è comunque in bocca che sa offrire il meglio di sé: fresco, succoso, equilibrato, morbido, con una lunghissima scia di sapori che permane fino al boccone successivo. L’alcool c’è, ma non si sente. Il tutto si sposa perfettamente con la pietanza che non viene mai coperta, semmai ne risulta esaltata.
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> dI FEDERICO DINI
A casa mia il vino non era consuetudine, eppure da bambino mi ritrovavo spesso a giocare a nascondino nelle vigne di Verdicchio, dove più avanti avrei fatto le mie prime vendemmie...
archigiano di nascita e toscano di adozione. Blogger, influencer ed enogastronauta. Così si definisce all’interno del suo sito wineblogroll.com, secondo noi una delle più belle realtà italiane presenti in rete per quanto riguarda la comunicazione del mondo del vino. Non solo per la qualità e la freschezza dei contenuti, costanti e puntuali, ma anche per la passione autentica che traspare direttamente dai suoi articoli e anche semplicemente dalle sue foto, che immortalano la luce nei suoi occhi intenti ad ammirare un grappolo dorato o un calice colorato di rosso. Stiamo parlando di Francesco Saverio Russo o semplicemente Saverio, come preferisce esser chiamato… ■ Buongiorno Saverio, ti va innanzitutto di raccontarci da dove nasce questa grande passione?
<< Il vino è entrato nella mia vita a gamba tesa, in maniera fortuita, come spesso accade per le grandi passioni e per i grandi cambiamenti. E' proprio da un periodo di profondo cambiamento, da una fase particolare della mia vita che mi ha visto abbandonare la mia terra natia - Le Marche - in maniera non poco dolorosa, per trasferirmi in Toscana, che tutto è nato. A casa mia il vino non era consuetudine, eppure da bambino mi ritrovavo spesso a giocare a nascondino nelle vigne di Verdicchio, dove più avanti avrei fatto le mie prime vendemmie. I colori della vigna, i profumi e i sapori dell'uva matura hanno sempre fatto parte di me, ma non il vino! Per anni, ho fatto sport a livello agonistico e, non ci crederete, il vino era bandito dalla mia dieta! Diciamo che poi mi sono rifatto con gli interessi! E' stato proprio nel momento ho dovuto abbandonare lo sport, la mia casa, parte della mia famiglia che mi sono ritrovato in una terra nuova, a dover affrontare una serie mmmmmmm 61
Per anni ho fatto sport a livello agonistico e il vino era bandito dalla mia dieta… diciamo che poi mi sono rifatto con gli interessi…
lunghissima di sfortunati eventi – che non starò qui a raccontarvi nel dettaglio – ed il vino era lì. “C'hai bevuto su!?” penserete voi... ma non è stato così. Il mio approccio a questo mondo è passato subito dal calice alla vigna, alla cantina, al produttore. Questo perché, durante una cena con un vignaiolo, ancor prima di essere attratto dal suo vino, fui attratto da tutto ciò che sentivo esserci dietro a quel vino. Parole trite e ritrite, lo so... ma da neofita che ero, per me è stato uno stimolo ad approfondire, a cercare, ricercare e scoprire qualcosa di così nuovo, ma al contempo così familiare >>. ■ Nella pagina di presentazione del tuo sito spieghi ai tuoi numerosissimi followers la genuinità del tuo progetto che - citando le tue stesse parole “nasce da una viscerale passione per il vino alla quale devi la tua stessa vita…” Dobbiamo ammettere che questo passaggio del tuo profilo ci ha incuriosito particolarmente. Saverio, ti va adesso di rivelarci i retroscena di questa tua frase un po’ enigmatica? << Ci sono molti aspetti della mia vita che non ho voluto esplicare in maniera approfondita tramite il blog e la mia esposizione lllllllll 62
sui social media e questo è uno di essi. Mi piace tenere, almeno in parte, la mia vita privata fuori dalla mia vita “enoica” se così possiamo definirla, per il semplice fatto che non la reputo così interessante e ci sono buone probabilità che scrivendone possa venire fraintesa. Diciamo solo che, due “cose” mi hanno dato la forza di superare qualcosa di tanto inatteso quanto a me, purtroppo, già noto, e una di quelle due “cose” è la passione per il vino >>. ■ Del tuo modo di raccontare il vino condividiamo praticamente tutto, anche perché si avvicina tantissimo anche alla stessa filosofia che ha ispirato la nascita di questa rivista. Il tuo é uno storytelling emozionale, è diretto alla sostanza delle cose ed è volutamente non alterato da stucchevoli tecnicismi, peraltro incomprensibili ai più. Una scelta ti permette di arrivare ad un pubblico molto più ampio, semplicemente raccontando vere esperienze fatte in prima persona e parlando dei vini che hai davvero bevuto e non semplicemente assaggiato... E poi, soprattutto, ci piace la tua scelta di non assegnare ai prodotti punteggi numerici, bensì dei semplici
"Cuori del Vino", indicatori utili a rappresentare l'estrema soggettività ed emozionalità del Vino. A questo punto, come avrebbe detto qualcun'altro, la domanda nasce spontanea: cosa ne pensi di questi sistemi di valutazione quasi aritmetici sui quali si basano le principali guide? << Ho scritto molto (forse troppo!) di certe dinamiche, ma continuo a pensare che in un mondo in cui di spazio ce n'è per tutti, siano lettori, consumatori, mercanti e mercati a dover decidere cosa sia più o meno avvezzo al loro modo di vedere, vivere o vendere il vino. Credo che guide e punteggi abbiano una valenza importante in termini di marketing e di impatto sul consumatore, altresì credo siano, ovviamente e palesemente - ma non sto dicendo nulla di nuovo riduttivi nei confronti del lavoro del vignaiolo o del produttore, nonché del vino stesso nella sua essenza viva, dinamica e soggettiva. Io rispetto e, a tratti, invidio chi si sente così sicuro da imporre le proprie valutazioni come oggettive: di certo alcune peculiarità meramente tecniche ed alcune imperfezioni possono essere riscontrate analiticamente e quindi con una ragionevole
vole oggettività, ma questo non fa per me. Io ho optato per quello che mi ha fatto appassionare al vino, ovvero per le storie di chi il vino lo fa, per la meraviglia di quei territori in cui le viti affondano le proprie radici e per l'impatto emozionale di un assaggio, magari tenendo conto dei condizionamenti che io reputo umani dovuti al contesto, alla compagnia o al mio stesso stato d'animo di quel momento. Ecco perché l'ironica ed irrazionale scelta dei cuori, che tra l'altro ho dovuto mettere da parte nell'ultimo periodo perché spesso fraintesa e presa come indice di gradimento. Cosa che non volevo accadesse. Io non mi reputo un Wine Guru – anche perché, altrimenti, qualcuno “me ce mannerebbe a fan-guru” - sbaglio molto, sono spesso incerto durante un assaggio e molti mi chiedono come mai non mi imponga con risposte certe, invece di fare domande. Beh... io, voglio imparare e condividere ciò che imparo. Niente di più. Poi, se qualcuno vorrà vedere ciò che scrivo come un consiglio o un invito a provare a sua volta ciò che io ho provato, ben venga, ma lungi da me imporre quelle che sono sensazioni totalmente personali >>.
Io ho optato per quello che mi ha fatto appassionare al vino, ovvero per le storie di chi il vino lo fa, per la meraviglia di quei territori in cui le viti affondano le proprie radici e per l'impatto emozionale di un assaggio…
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■ Per visitare cantine e vigneti hai girato in lungo e in largo tutto il nostro meraviglioso Stivale e non solo. Ti va di raccontarci l'esperienza che più di tutte ti è rimasta impressa e perché?
<< Per continuare la sagra delle scontatezze potrei dire “quella che ancora devo visitare” e forse non sbaglierei di molto, dato che ad oggi tutti i miei viaggi hanno avuto la capacità di emozionarmi e di lasciare un segno dentro me, accrescendo la mia esperienza e non lesinando mai spunti di riflessione. Posso, però, dirvi che camminare fra le vigne con veri e propri maestri di vino e di vita come Lorenzo Corino (agronomo), Federico Staderini (enologo) o assaggiare da vasca e da botte i vini di Enzo Pontoni rappresentano quei momenti in cui c'è tutto ciò che cerco da questo mondo: meraviglia della natura, grande conoscenza, disarmante saggezza e profonda umanità. Per quanto riguarda l'andar per vigne potrei parlarti dello stupore provato nel sorvolare la Val di Cembra in elicottero, rendendomi ancor più conto di quanta bellezza l'uomo e la natura possano creare lavorando insieme per un obiettivo comune o dei profumi unici, vulcanici, che pervadono l'aria camminando nei vigneti centenari di alcune contrade dell'Etna, o ancora il senso di pace e di serenità che provo quando torno nelle mie Marche – dopo averle lasciate per la seconda volta ormai un anno fa a causa del terremoto - e posso stendermi tra i filari di Verdicchio. Ho avuto modo di visitare luoghi del vino stupendi come la Borgogna, Bordeaux, la Mosella o la valle del Douro, eppure quando mi fanno domande come questa la mia memoria emozionale e sensoriale va subito al nostro Bel Paese ed alla miriade di territori unici di cui è tempestato”. ■ Parliamo ora dei mezzi di comunicazione del mondo del vino. In principio la Guida cartacea era l’unico riferimento e in pratica era considerata il vangelo degli enoappassionati. Poi è arrivato il web e con esso sono arrivati i siti istituzionali delle cantine, sono nati i vari portali e blog tematici e, ora, quasi tutto è veicolato attraverso i social networks. Da esperto del settore, come credi che si evolverà la comunicazione della cultura del vino in futuro?
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Non mi sento un esperto, ma continuo a vedermi come un curiosissimo appassionato che, giorno dopo giorno, impara sempre qualcosa di nuovo... Ritieni che si farà un ulteriore passo verso questa condivisione virtuale, oppure pensi che, per capire a fondo un prodotto così emozionale, serva necessariamente tornare al semplice contatto diretto, il che significa approcciare personalmente ai Produttori, andarli a trovare in fiera o direttamente cantina, parlare con loro e conoscere i loro vini attraverso il proprio palato, anziché da un semplice post su facebook? << Credo che il web e, nello specifico, blog, portali, social network e, perché no, anche le stesse guide di settore, debbano fungere da viatico per il ritorno al contatto diretto. La rete – lo dice il nome stesso – ha un potere immenso di arrivare a bacini di utenza impensabili fino a pochi anni fa per dimensioni e targetizzazione e tutto questo dovrebbe essere visto come una grande opportunità per i comunicatori di far ascoltare/leggere ciò che hanno da dire/scrivere e anche per i produttori stessi che possono mostrare l'unicità del proprio territorio, far comprendere meglio la durezza e l'incertezza del proprio lavoro (vedi gli aggiornamenti su gelate, grandinate e siccità che grazie ai produttori stessi tutti noi appassionati abbiamo potuto avere in tempo reale da più parti d'Italia grazie ai social) o attirare l'attenzione sui propri vini. Oggi si può avere una comunicazione “organica” sia diretta che indiretta, che non scada nella mera pubblicità, ma muova e crei interesse intorno al vino. Quello che cerco di fare io, nel mio piccolo, è raccontare le impressioni e le emozioni legate ad un viaggio, ad un incontro e/o ad un assaggio, confidando di creare una sorta di virtuale, ma concreta empatia che spinga e stimoli il lettore a salire in macchina e ad andare a scoprire quella cantina, a conoscere quel produttore o quella produttrice e ad assaggiare quel vino”.
■ Ora vorremmo focalizzare meglio, insieme a te, la figura del “blogger”: da alcuni anni, grazie alla rete, è di fatto esplosa questa nuova e influente figura, dai contorni però non ancora ben definiti. Di base il blogger è un esperto divulgatore di una determinata materia che, con dedizione e costanza, si cimenta nella creazione di contenuti, come recensioni, articoli ed esperienze dirette, che diffonde rapidamente attraverso il web. Non può definirsi un semplice appassionato, perché spesso questa passione iniziale finisce per diventare un secondo lavoro o anche l’attività principale. Nella maggior parte dei casi non è nemmeno un giornalista, tuttavia i suoi articoli o servizi, specie su settori specifici come quelli del vino, sono a volte anche più approfonditi di quelli di un profilato reporter di una testata nazionale. Eppure, specie in campo vinicolo, sono in molti che spesso ne contestano l’affidabilità e, in molti casi, anche l’effettiva terzietà. Per non parlare poi di quei casi in cui si finisce per scadere clamorosamente nella più evidente delle “marchette”. Vivendo la questione in prima persona con la tua attività di wineblogger, che idea ti sei fatto della tua categoria e cosa fai in prima persona per garantire la qualità e la genuinità dei tuoi contenuti ai tuoi affezionati followers? << Sul fatto che il blogger sia necessariamente un “esperto” ti contraddico subito, in quanto io in primis non mi sento un esperto, ma continuo a vedermi come un curiosissimo appassionato che, giorno dopo giorno, impara sempre qualcosa di nuovo. Per quanto concerne la moderna dicotomia che vede i comunicatori divisi in due “ fazioni”, con i giornalisti da un lato ed i blogger (quelli “non giornalisti”) dall'altro, a mio hhhhhh 65
Vedo il mio blog più come un diario di viaggio senza lucchetto, come una bozza – o un bozzolo – di un “libro” scritto nei ritagli di tempo, spesso di notte, dopo degustazioni o lunghi viaggi in auto...
modo di vedere le cose non ha senso di esistere, per il semplice fatto che sono e restano due mondi differenti per quanto molti giornalisti oggi siano anche blogger. Io, ad esempio mi guardo bene dall'occuparmi di cronaca o di critica proprio perché credo che questo non sia pane per i miei denti e che sia opportuno che a farlo siano professionisti della “notizia”. Io racconto, vedo il mio blog più come un diario di viaggio senza lucchetto (il termine blog deriva proprio da web-log, ovvero “diario in rete”), come una bozza – o un bozzolo – di un “libro” scritto nei ritagli di tempo, spesso di notte, dopo degustazioni o lunghi viaggi in auto casa-vino o vino-casa. Credo che raccontare ciò che viviamo, esprimendo le proprie sensazioni, i propri pensieri e magari, a volte, dire la propria riguardo un determinato argomento enoico di pubblico dominio, non sia solo un diritto di tutti, ma a volte sia persino terapeutico! Per questo invito sempre tutti gli amici ad aprirsi un blog per scrivere delle proprie passioni o del proprio lavoro. Perché scrivere non significa imporre a qualcuno di leggerci e sarà sempre il lettore a decidere cosa leggere e cosa non leggere, quale link cliccare e quale tralasciare. E' importante, però, non cercare di sostituirsi ai giornalisti, perché in quel caso comprenderei e molto il malcontento della categoria >> .
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■ Nei precedenti numeri abbiamo intervistato alcuni grandi comunicatori del mondo del vino come Daniele Cernilli e Bruno Vespa, giusto per citare quelli che hanno meno bisogno di presentazioni. Nonostante il loro grandissimo sforzo e quello dei tanti divulgatori che portano avanti la cultura del vino, l'idea che ci siamo fatta é che ancora ci sia molto da dire e da fare per raccontare l'infinità di storie
grandissimo sforzo e quello dei tanti divulgatori che portano avanti la cultura del vino, l'idea che ci siamo fatta é che ancora ci sia molto da dire e da fare per raccontare l'infinità di storie e di realtà dello Stivale enologico che meritano di essere valorizzate e invece restano ancora quasi sconosciute ai più. A questo proposito, quali sono le prossime tappe enoiche che Saverio e “Wineblogroll” hanno già messo a cantiere per i prossimi mesi? << Non è forse questo il bello del vino ed ancor più dell'Italia enoica? Non finiremo mai di raccontarla tutta ed anche quando avremo l'impressione di non aver più nulla da dire, spunterà qualcosa di nuovo da vivere, da conoscere, da assaggiare e da condividere. Sul modo e sull'evoluzione della comunicazione “generalista” del vino c'è sicuramente ancora molto da fare, ma sono più che positivo perché, ora come ora, i mezzi ci sono, basta prenderne atto e farne buon uso. Riguardo le mie tappe, diciamo che ottobre e novembre sono mesi notoriamente ricchi di manifestazioni enoiche e per me, che amo andare per cantine, è sempre difficile trovare i produttori, impegnati nel post vendemmia, giustamente, a dover presenziare a questi eventi: il vino è bellissimo farlo, ma poi sono gli stessi produttori, spesso, a doverlo portare in giro per l'Italia e per il mondo per farlo conoscere e per venderlo! E quindi mi dedicherò anch'io ad alcuni di questi eventi. A fine mese, però, sarà Piemonte per godermi quei pochi ettari rimasti di Carema, per poi spostarmi in Friuli, Trentino, Sardegna e dedicare qualche ritaglio di tempo alle più vicine Toscana, Umbria e Marche. Dal 2018 spero di potermi dedicare molto di più al Sud, tornando in Puglia, Irpinia, Calabria e Sicilia alla scoperta di nuove realtà da condividere”.
ritaglio di tempo alle più vicine Toscana, Umbria e Marche. Dal 2018 spero di potermi dedicare molto di più al Sud, tornando in Puglia, Irpinia, Calabria e Sicilia alla scoperta di nuove realtà da condividere >>. ■ Nei prossimi 28 e 29 Aprile, la IV edizione di “Only Wine Festival” ti verrà protagonista in qualità di co-curatore insieme a Luca Martini. Un imperdibile evento dedicato ai giovani Produttori e alle piccole Cantine italiane nel cuore del centro storico di Città di Castello. Come ti stai preparando a questo importante appuntamento? << Il mio amore per l'Only Wine Festival è nato vivendo quest'evento da spettatore sin dalla primissima edizione e mai avrei pensato di poter dare un mio contributo dall'interno. L'organizzazione ha visto in me un riferimento nella valorizzazione delle piccole e giovani realtà e questo l'ha spinta a contattarmi per coadiuvarli nella selezione delle cantine e nella comunicazione delle dinamiche dell'evento. Un evento che, ci tengo a precisare, non prevedere alcun costo di partecipazione per le cantine selezionate e che ha ferrei criteri di selezione. L'obiettivo è quello di portare a Città di Castello, giovani produttori e giovanissime vignaiole di cantine che spesso non hanno jjjjjjjjjjjjjjj
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i mezzi e l'opportunità di aderire e partecipare a grandi eventi e fiere di settore per via dei costi e della mole di lavoro da fare in prima persona. Quest'anno ci saranno alcune novità sia in termini di degustazioni che di padiglioni esterni, con la riconferma di un'intera area dedicata ai produttori internazionali. Io, da par mio, sto cercando di conoscere ed assaggiare il più possibile in modo da poter portare all'Only Wine Festival produttori meritevoli di tale opportunità, consapevole dell'onore e dell'onere ricevuti. Per me quest'avventura è come ogni altra intrapresa nella mia vita un'occasione per mettermi alla prova e per imparare grazie a riferimenti come Luca Martini e ad un team davvero impeccabile >>. ■ Anche noi crediamo tantissimo in questo tipo di manifestazioni che, ancor più delle grandi fiere, riescono davvero a mettere a contatto diretto il Produttore con il suo consumatore finale. Un contatto che spesso rimane indelebile nella mente dell’appassionato e che lo legherà a quella cantina per moltissimo tempo. Secondo te cosa c’è in particolare nel vino, rispetto a tantissimi altri prodotti, che riesce a creare tali suggestioni e passioni nel cuore di così tante persone?
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Il vino è vita, ma è anche condivisione, non solo in termini di comunicazione, ma soprattutto in termini sociali…
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<< Il vino è la rappresentazione liquida di terra, storia, lavoro e passione e basta davvero poco per innamorarsene, eppure ancora oggi è preso per lo più con grande superficialità. Una bottiglia di vino è una capsula del tempo che può conservare in maniera più o meno integra la storia di quell'annata, il suo andamento climatico, le scelte umane più o meno azzeccate dell'agronomo o del vignaiolo e farci percepire la personalità di chi ha trasformato quelle determinate uve in quello specifico vino. Il vino è vita, ma è anche condivisione non solo in termini di comunicazione, ma soprattutto in termini sociali. Nell'era di una socialità limitata dalla virtualità, sedersi attorno ad un tavolo con la propria famiglia o i propri amici stappando una buona bottiglia di vino è ciò che di più mi conforta e credo valga lo stesso per tutti coloro che condividono questa passione. Questo è quello che oggi è il vino per me, ma magari domani muterà, cambierà ed è questo il bello di una passione così dinamica e mai noiosa. Ricordo un mio post di qualche anno fa in cui chiesi agli “amici” sui social di rispondere alla semplice domanda “Cos'è il vino per te?” e la cosa più bella fu non trovare neanche una sola risposta simile all'altra, per quanto si potesse reputare scontata la domanda. Il vino si fonde con la nostra personalità e tesse texture diverse di persona in persona”.
nella tua cantina per poi goderne soltanto in un’occasione particolare, magari con la persona amata… << Il mio vino preferito è... naaa! Non saprei davvero cosa risponderti! Non credo di averne uno in particolare, ma posso dirti che il Verdicchio è il mio vitigno del cuore, quello che mi fa sentire a casa ovunque io sia, ma al contempo che il Sangiovese rappresenta la mia iniziazione al vino e che tra le mie emozioni più nitide figurano tanti vini prodotti da questo nobile vitigno. Ci sono, poi, vitigni poco conosciuti dai quali si producono vini interessantissimi che io amo stappare alla cieca con gli amici per dimostrarne le grandi potenzialità come il Groppello di Revò, l'uva Longanesi (con la quale si produce il Bursòn), il Rossese Bianco, la Ribona, l'Incrocio Bruni, il Canaiolo Bianco e molti altri. Potrei elencarti infiniti vini ed infinite situazioni capaci di suscitare in me emozioni uniche, ma toglierei ulteriore spazio a pubblicazioni ben più importanti ed interessanti presenti sulla vostra rivista, quindi ti chiuderò dicendoti solo che, a prescindere dalla singola bottiglia, io mi sentirò sempre un privilegiato per gli assaggi che ho fatto e per quelli che, spero, avrò modo di fare e che auguro a tutti di provare le emozioni che ho provato io tramite un calice di vino, perché è davvero qualcosa di magico! Prosit!
■ Proviamo a farti un’ultima domanda, alla quale, però, sappiamo già che non risponderai. La tua attività di appassionato blogger ti ha portato a degustare svariate centinaia, probabilmente migliaia, di vini diversi. A questo punto siamo proprio curiosi di sapere qual’é il tuo vino preferito, quello che custodisci gelosamente nella
Grazie caro Saverio, tantissimi complimenti e un arrivederci a Città di Castello, dove sicuramente verremo a trovarti. Noi invece ti aspettiamo al nostro “Wine Day 2018”, in programma nei prossimi 6 e 7 Maggio, per brindare insieme alla decima edizione…magari con qualche vino che ti sta particolarmente “a cuore”. ■
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e s e n a s e C l e d Tre denominazioni, due varietà di vitigno e un territorio unico: siamo andati a scoprire la terra del Cesanese, tra aspre montagne, boschi selvaggi e vini davvero sorprendenti.
a cura di Andrea Vellone e Federico Dini 70
cavallo tra le province di Frosinone e Roma, dislocata su un territorio aspro ma estremamente affascinante, si estende una regione vinicola dai vini rossi robusti, corposi e profumati, protagonisti di tre denominazioni d’origine tanto interessanti quanto ancora poco celebrate: sono la DOCG del Cesanese del Piglio, la DOC del Cesanese di Affile e la DOC del Cesanese di Olevano Romano. Comun denominatore delle tre “denominazioni” è ovviamente l’utilizzo di uve Cesanese, nelle varietà “Comune” e “di Affile”, che da secoli vengono coltivate in queste zone di bassa e alta collina alle pendici dei Monti Ernici. Il nostro viaggio nella terra del Cesanese inizia proprio da questi rilievi ricoperti di boschi e puntinate da borghi antichissimi aggrappati a costoni rocciosi che dominano ampie e profonde vallate. 63
In mezzo all’apparente disordine della natura, i filari di Cesanese catturano gli occhi con una propria ordinata geometria, che fa apprezzare ancor di più il lavoro di questi umili vignaioli di montagna.
E’ il caso ad esempio di Piglio e della vicina Serrone, due pittoreschi borghi ubicati alle pendici del Monte Scalambra, caratterizzati dal classico sistema urbanistico medioevale, con vicoli stretti e ripide scalinate che salgono verso il castello: un puzzle di case di pietra, dove l’inverno profuma delle braci dei camini accesi. Atmosfere antiche, che sembrano invocare proprio un vino forte come il Cesanese. Poco più a nord, entrando in provincia di Roma, si trova invece Affile, un minuscolo paesino di 1500 abitanti fondato in epoche anteriori alla romanizzazione del territorio: da secoli sovrasta la valle dell’Aniene dall’alto dei suoi abbondanti 600 metri di quota, ma oggi si fa apprezzare soprattutto per la sua tranquillità, nascosta dai maestosi e selvaggi monti da cui è circondato. Pochi chilometri più ad ovest, arroccato sulla sommità del 70
Monte Celeste, si raggiunge il borgo di Olevano Romano: anch’esso centro di origini preromaniche, rivela un'archeologia monumentale di rilievo, tutta racchiusa dai resti della cinta muraria in opera poligonale realizzata in grossi blocchi rozzamente squadrati di pietra locale. Spostandosi per questi luoghi in pieno novembre, lo scenario più tipico che si può incontrare è quello di un paesaggio boschivo carico di colori che spaziano dal verde cupo ad un ruggine tipicamente autunnale, dove il silenzio è interrotto soltanto dal dolce crepitio dei passi sulle foglie cadute. Le vigne molto spesso si trovano immerse proprio in questi boschi: in mezzo all’apparente disordine della natura, i filari di cesanese catturano gli occhi con una propria ordinata geometria, che fa apprezzare ancor di più il lavoro di questi umili vignaioli di montagna. 71
In alcune zone, infatti, si può parlare a ragion veduta di viticoltura eroica, non solo per le elevate quote raggiunte dagli appezzamenti vitati, ma anche per tutta una serie di problematiche legate al trovarsi circondati dalla fitta boscaglia. A cominciare dalla nutrita presenza di animali selvatici, come volpi e, soprattutto, cinghiali che, affamati dai numerosi incendi estivi, sempre più di frequente scendono dalla montagne per trovare nutrimento dai grappoli; e poi ci sono tutta una serie di difficoltà nel coltivare i vigneti dovute, in primis, alle elevate pendenze, ma anche alla semplice scarsità d’acqua che, negli appezzamenti più interni, deve essere spesso approvvigionata tramite autobotti. Ci troviamo di fronte a una natura maestosa e forte, ma mai troppo gentile e clemente; rispetto a tante altre zone jjjjjj
vinicole in cui è stato l’uomo a modellare il paesaggio, in questo caso sembra che sia stata la natura ad avere la meglio sul vignaiolo che, alla fine, è riuscito a strappare ad essa solo quel po’ che ha potuto. E i vini di queste zone sono un po’ come quei boschi che avvolgono i vigneti, così cupi, intricati e selvaggi e che lasciano questa sensazione di struggente malinconia, fatta di colori cangianti e di lunghi silenzi; sono vini molto complessi da realizzare, ma che poi, dopo un lungo lavoro, diventano simili a carezze date da mani rugose, così soffici e generosi ma, allo stesso tempo, tanto forti e potenti. Del resto questi boschi raccontano così bene la vera essenza del Cesanese, tanto da legarsi indissolubilmente anche al suo stesso nome: da queste parti, infatti, la viticoltura sembra risalire a periodi antecedenti kkkk
I vini di queste zone sono simili a carezze date da mani rugose: così soffici e generosi ma, allo stesso tempo, tanto forti e potenti...
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all’anno zero, grazie a popolazioni come Ernici ed Equi che, già dal 1.000 a.c., abitavano e coltivavano queste terre; tuttavia, solo nel 133 a.c., con l’arrivo dei Romani, si iniziarono a disboscare ampi declivi per potervi coltivare la vite. Ecco, il termine “cesanese” deriverebbe proprio dal vocabolo latino “Caesae”, che indica appunto il tagliare: il Cesanese sarebbe quindi il “vino ottenuto nelle terre dagli alberi tagliati”. Questo, tra l’altro, era un vino già molto apprezzato dagli Imperatori, tanto da indurre sia Traiano che Nerone a costruirsi una villa in questi luoghi per godere delle bellezze del posto e della bontà dei suoi vini. Nel Medioevo, la coltivazione della vite è invece continuata grazie alla presenza in queste zone di diversi monasteri nei quali, tra l’altro, vennero effettuate numerose sperimentazioni. gggggggggggggg
Il crescente miglioramento della produzione fece diventare il Cesanese il vino dei preferito dei Papi anagnini (come Innocenzo III e Bonifacio VIII) finché, agli inizi del ‘900, premi e riconoscimenti alle sue qualità cominciarono ad arrivare anche dall’estero. Del resto questo vino è sempre stato un elemento cardine della cultura contadina di questi borghi che, con costanza e passione, ha continuato a tramandarsi nei secoli e si protrae tutt’ora: non a caso, la folkloristica e tradizionale “Sagra dell’Uva Cesanese” nel centro storico di Piglio è arrivata a toccare quest’anno la sua XLIV edizione, facendo registrare un’ottima partecipazione di pubblico di tutte le fasce d’età. Come se non bastasse, dal 2011 il Cesanese del Piglio è anche diventato il primo e unico vino rosso delLazio a potersi fregiarsi della DOCG. lllllll
Dal 2011 il “Cesanese del Piglio” è diventato il primo e unico vino rosso del Lazio a potersi fregiare della DOCG.
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Insomma, questi bellissimi territori avrebbero davvero tutto quello che serve per un meritato riscontro enoturistico che, purtroppo, ancora è lontano da venire. Questo forse anche perché l’estrema vicinanza dal grande bacino di Roma, che teoricamente potrebbe essere un vantaggio, in realtà risulta essere un elemento fortemente penalizzante in quanto ancora oggi catalizza a sé l’intero indotto turistico. Eppure, per la sua ricca storia, per la selvaggia bellezza dei suoi panorami e per la personalissima bontà dei suoi vini rossi che qualitativamente crescono di anno in anno, la terra del Cesanese è stato senza dubbio uno dei posti più appaganti che abbiamo avuto la fortuna di saggiare...e assaggiare. ■
DOCG Cesanese del Piglio DOC Cesanese di Affile DOC Cesanese di Olevano Romano
Due DOC e una grande DOCG: La “Terra del Cesanese”, si estende in un territorio compreso tra l’Alta Ciociaria e la parte più meridionale della provincia romana. Qui viene prodotto il vino rosso laziale per eccellenza, con tre diverse denominazioni di origine: il Cesanese del Piglio DOCG (primo rosso del Lazio ad ottenere questa denominazione), il Cesanese di Olevano Romano DOC e il Cesanese di Affile DOC. Fatta eccezione per quest’ultimo, che appunto prevede solo l’utilizzo del vitigno Cesanese di Affile, per le altre due denominazioni è consentito anche l’uso del Cesanese “comune”. La varietà “di Affile” ha foglia e acini più piccoli e nero-violacei e i vini che da esso si ottengono hanno di solito una maggiore struttura e propensione all'invecchiamento rispetto a quelli ottenuti dal Cesanese comune. Per questo, attualmente, il vino ottenuto dal vitigno Cesanese d'Affile può essere considerato come l'unico vero grande rosso da invecchiamento nel Lazio.
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Azienda Vitivinicola PILEUM - PIGLIO (FR) La prima tappa del nostro viaggio nei vini più caratteristici della Terra del Cesanese, non poteva che essere in quel di Piglio: così, siamo andati a visitare l’Azienda PILEUM, attualmente una delle realtà più vive di questo areale, per assaggiare quello che è forse il vino più rappresentativo della DOCG. Parliamo del Cesanese del Piglio Superiore Riserva “Bolla di Urbano”, un vino che vuole essere innanzitutto un gentile omaggio a Papa Urbano II che, con la bolla del 1078 sancì la presenza nel territorio del Castrum Pileum. Nel calice questo cesanese di Affile 100% ci regala un colore rosso rubino intenso e uno spettro olfattivo davvero ampio, che spazia tra netti sentori di frutti rossi e agli aromi di sottobosco tipici del vitigno, fino alle spezie e alla vaniglia, dovute alla maturazione in quercia di Slavonia. In bocca è secco, strutturato e molto concentrato, con tannini morbidi e avvolgenti e un finale amarognolo, persistente e molto gradevole. Un nettare ideale per paste con ragù di carne e secondi piatti di selvaggina. kkkkkk
Ma la vera sorpresa arriva dal neonato “Sol’Uva”, un Cesanese IGT 2015 confezionato in sole 278 bottiglie e frutto della collaborazione con gli studenti del Corso di Laurea in Viticoltura ed Enologia del DiSAAA-a dell'Università di Pisa: resa di appena 40 Q.li per ettaro, fermentazione spontanea senza aggiunta di lieviti e solfiti aggiunti e affinamento in barrique di rovere francese al terzo passaggio: un “fuori-concorso”, che esce volutamente fuori dagli schemi della Docg e che forse, proprio per questo, riesce ancor più a trasmetterci le sensazioni tipiche del Cesanese di Affile, fatte di frutti di rossi maturi e di piccoli frutti di rovo, con una freschezza davvero senza eguali. Chapeau! ■
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Azienda Agricola RAIMONDO - AFFILE (RM) Per arrivare a visitare questa interessantima azienda di Affile, ci addentriamo nei Monti Ernici fino a raggiungere una quota di 500 metri s.l.m. Circondati da pendii scoscesi ed impervi, l’Azienda Raimondi ci appare quasi come un oasi in un deserto di vegetazione, regno di volpi e cinghiali. Ma una volta entrati, a dominare la scena sono i bellissimi filari appena ingialliti dall’autunno, aggrappati all’acclive versante di arenaria locale. Qui le particolari condizioni pedologiche e le forti escursioni termiche consegnano un terroir davvero unico per la coltivazione del Cesanese: il “Nemora 2015”, Cesanese di Affile DOC, ne è la dimostrazione più tangile; questo vino, infatti, nasce dagli appezzamenti meglio esposti, dopo una raccolta (quasi tardiva) nella seconda metà di Ottobre. E’ un vino che ben rappresenta il territorio, che punta prima di tutto a lasciare in bocca la freschez-hezza kkkkkk
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freschezza della frutta rossa, senza mai aggredire il palato. Anche perché questo nettare si avvale del legno attraverso un “dosaggio” quasi farmaceutico che vuole valorizzare, senza snaturare, le peculiarità organolettiche delle uve: quindi solo tonneaux di diversi passaggi per un massimo di 12 mesi. Assaggiamo poi il “Terre Vulpis ”, selezione delle uve migliori (sempre 100% Cesanese di Affile), raccolte soltanto nelle annate particolarmente favorevoli. La bottiglia che degustiamo è risalente alla vendemmia 2015, ancora non è etichettata, ma è comunque già molto eloquente: questo vino nel calice racconta bene la finezza dei profumi del cesanese di questo territorio, il sorso è pieno e appagante con un finale lungo e un retrogusto speziato. E’ un vino atteso per questa primavera, il che non può che far presuppone ulteriori margini di miglioramento. ■
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Azienda Agricola MIGRANTE - OLEVANO ROMANO (RM) A conclusione del nostro tour, non poteva mancare una puntatina in quella che riteniamo essere una delle più belle realtà vitivinicole di Olevano Romano. Se non altro perché quella di Lorenzo Fanfarillo è una vera e propria “specializzazione” nel Cesanese, sia nella varietà “di Affile” che “comune”: non vengono infatti prodotti vini bianchi e tutte le etichette dell’ottima gamma aziendale rientrano nella DOC di Olevano Romano. L’azienda si estende su un territorio prevalentemente collinare costituito da terreni molto variegati di origine sia sedimentaria che vulcanica, su cui insistono vigneti allevati a cordone speronato molto ordinati, che ricordano un grande giardino. Le rese mai superiori ai 70 q.li per ettaro, la massima attenzione in cantina e la scelta di legni americani per l’invecchiamento, fanno della produzione Migrante una delle migliori espressioni di questa Doc. Abbiamo degustato 2 delle 4 etichette in commercio: iniziamo con il “Consilium” che il vino d’ingresso dell’azienda, quello che non passa in legno, per far apprezzare i profumi più kkkkkkkkk
autentici del Cesanese di questo territorio. Il colore è un rosso rubino con sfumature tendenti al granato, parecchio diverso rispetto ai vini di Affile e a Piglio, di solito molto più vicini a tonalità violacee. Il naso è riempito dal suo ampio bagaglio di fragranze, che spaziano tra fiori freschi e frutti di bosco ma anche, spezie e liquirizia. Il bocca, poi questo vino è davvero morbido, quasi una carezza sul palato, nonostante l’alto tenore alcoolico tipico del Cesanese, quasi sempre sopra il 14% di volume. Ma la vera “chicca” di questa azienda è l’Olevano, altro Cesanese in purezza, ma vendemmiato tardivamente (intorno agli inizi di Dicembre): è un vino prezioso, denso, corposo e molto alcoolico, ma comunque sempre equilibrato, morbido e mai stucchevole. Un vero concentrato di Cesanese, che ci ha conquistato, sin dal primissimo sorso. ■
di tutto a lasciare in bocca la freschezza della frutta rossa, senza mai aggredire il palato. Anche perché
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Un bicchiere Al giorno ...
Il vino. Non soltanto un quotidiano piacere per il palato, ma anche un impareggiabile concentrato di sostanze benefiche per la salute di tutto l’organismo. Purché il suo consumo, non diventi un mero abuso.
A cura di Marco Sarandrea. Erborista 78
ggi la platea dei consumatori di vino è in pratica divisa tra i cosiddetti degustatori”, fruitori attenti e consapevoli dei vari effetti positivi che il buon vino può avere sul palato e sui sensi, e i normali “bevitori”, consumatori molto meno consapevoli, che però costituiscono la maggioranza. Tuttavia, in entrambe le categorie, sono ancora tantissimi, forse troppi, coloro che ignorano in parte o completamente, gli effetti di questo prodotto sulla propria salute. Eppure, specie per noi italiani, che oggi possiamo vantarci di esserne uno dei principali produttori, sarebbe molto utile conoscere, oltre che il sapore, anche le infinite sfaccettature di questa antica bevanda dai mille pregi...
Anche perché la storia di questa nobile coltura accompagna da sempre il nostro presente e passato. Infatti, già con le primissime civiltà si svilupparono tecniche produttive molto raffinate, che poi grazie all’Impero Romano, si diffusero dall’Oriente fino in Europa. In seguito, furono soprattutto i Monaci Benedettini a fornire un grande contributo ed impulso, insieme alla tradizione erboristica, anche alla produzione vitivinicola. Essi erano quasi “ossessionati” dalla qualità, tanto che, durante il Medioevo, nacque una vera e propria competizione tra le varie Abbazie, che divennero subito molto famose per il loro vino. Questa inizialmente era considerata la sola bevanda conservabile e sicura e, per lo più, veniva consumata da persone facoltose. Nei secoli successivi la competizione con altre bevande di importazione quali tè, cioccolato e caffè, oltre che con la birra ed altri distillati, portò il vino a perdere il suo primato, ma anche a far sì che i produttori ne raffinassero ancora di più la qualità. Ma è solo nel XIX secolo che si raggiunse la massima euforia vitivinicola, tanto che l’economia di molti paesi in quel periodo storico si basava proprio sulla produzione di questo prodotto. Ed è grazie ad un così lungo passato legato alla cultura enologica se oggi la medicina tradizionale vanta un così grande numero di fitopreparati a base di vite e di prodotti derivati dalla fermentazione dell’uva, da soli o mesco54
lati con altre sostanze, ma sempre impiegati come medicamento. Già molti testi dell’antichità, dalla Bibbia all’Iliade e all’Odissea, elencavano ed elogiavano le numerose proprietà curative del vino. Tante sono anche le testimonianze della tradizione popolare che tramandano l’uso del vino come rimedio a qualsiasi tipo di patologia. Per l’anoressia, ad esempio, si consigliava di bere vino bianco nel quale era stato macerato dell’assenzio; per il mal di gola si consi-
gliava di bere vino molto caldo e fare gargarismi con aceto puro o diluito; per gli eritemi infantili, di spruzzare vino sulla parte interessata; per l’emicrania consigliavano di applicare sulla fronte fazzoletti imbevuti di acqua e aceto, come per far scendere la febbre; per l’infarto consigliavano di bere cognac o grappa e di massaggiare la zona precordiale con dell’alcool. E poi il vino veniva usato anche come anestetico e come rimedio all’insonnia e tanti altri esempi ancora si potrebbero elencare. Oggi è quantomeno dimostrato che le sue proprietà prevengono le malattie cardiocircolatorie, tanto che nei popoli del sud Europa (Italia, Belgio e Spagna) che producono e consumano vino per kkkkk 79
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tradizione, si nota una minore incidenza di malattie cardiovascolari rispetto ai popoli del nord europeo. Inoltre il vino è meno dannoso di molte altre sostanze alcoliche o superalcoliche (che per questo vanno sempre per questo consumate in piccole dosi) semplicemente perché contiene una quantità di alcool inferiore. Tuttavia, anche l’alcool stesso, se assunto in dosi proporzionate, possiede proprietà benefiche per la salute: incrementa il colesterolo HDL, “ buono”, contrasta la presenza di LDL, “colesterolo cattivo” ed inibisce la formazione di trombi vascolari. In sostanza, le proprietà della vite e dei suoi sottoprodotti, insieme a quella dell’alcool, fanno del vino una sostanza benefica. Per non parlare poi delle elevate concentrazioni di sostanze antiossidanti, come ad esempio le “antocianine”, contenute soprattutto vino rosso giovane. Nel bianco invece, a svolgere la stessa funzione, troviamo i “tannini”, presenti anche nel vino rosso invecchiato. La loro principale caratteristica è quella di proteggere le cellule dei vasi sanguigni dall’attacco di molti enzimi distruttivi, oltre a diminuire l’occlusione coronarica indotta dal restringimento dei vasi. Oltre all’antocianina, il vino rosso contiene altre sostanze antiossidanti chiamate “flavonoidi”, che in realtà si trovano anche in altri cibi come arance, mele, cipolle, tè, cocco e, in minor concentrazione nella birra e nel vino bianco. Il vino rosso è però quello che ne contiene la maggior quantità, come pure di “non flavonoidi”, altri preziosi antiossidanti. Recentemente, l’attenzione dei ricercatori è stata attirata proprio da un “non-flavonoide”
ne contiene la maggior quantità, come pure di “non flavonoidi”, altri preziosi antiossidanti. Recentemente, l’attenzione dei ricercatori è stata attirata proprio da un “non-flavonoide” chiamato “resveratrolo”, contenuto anche in arachidi, mirtillo e frutti di bosco, a cui sembrano essere attribuito il merito di proteggere le mucose del cuore, prevenendo la formazione di placche arteriosclerotiche e riducendo la formazione di colesterolo HDL. Questa sostanza, a cui è anche attribuita capacità di riduzione dell’’incidenza di obesità e di diabete, è contenuta soprattutto nella buccia degli acini dell’uva. E considerando il fatto che per la produzione di vino rosso è necessaria una prolungata macerazione sulle bucce, si capisce come questo tipo di prodotto contenga le maggiori conc e ntra zio ni di “resveratrolo”. Ecco spiegato perché gli effetti positivi del vino rosso sul sistema cardiocircolatorio sono di gran lunga più accentuati rispetto a tutti altri alcolici. Motivo per cui spesso se ne predilige e se ne consiglia il consumo, anche allo stesso vino bianco. Di fatto tutte le sostanze contenute nel vino non hanno alcuna controindicazione degna di nota e neanche effetti tossici rilevanti in soggetti sani anche se, è bene ricordarlo, possono ridurre l’assorbimento dei farmaci antirigetto nei pazienti trapiantati o non essere assorbite a loro volta se assunte insieme al latte vaccino. Alla fine, l’uso che se ne può ricavare è dunque quasi infinito, spaziando tra jjjjjjjjjj 79
quello di eccellente e diffusa bevanda di consumo, a quello di utile prodotto cosmetico, fino a essere impiegato come efficace medicamento. Non a caso, nella Regione di Bordeaux, in Francia, è sorto il primo Centro di “Vinoterapia” del mondo: questa terapia sfrutta le straordinarie proprietà antiossidanti dell’uva e del vino, in grado di migliorare la circolazione del sangue, attenuare le rughe e gli inestetismi della pelle del viso e del corpo. E così, di questo poliedrico frutto finisce per esserne utilizzata ogni sua parte, a partire appunto dalla buccia fino la polpa, senza però trascurare i vinaccioli (i piccoli semi che si trovano immersi nella polpa), con i quali si preparano cosmetici per trattamenti di salute e bellezza. Onestamente, da erborista e fitopreparatore, mi sento di consigliare il vino come prodotto naturale benefico per la salute. Oltre che davvero buono al palato, perché alcuni vini possono essere considerati vere e proprie opere d’arte, il vino, come già detto, contiene comprovate proprietà antiossidanti e vasoprotettrici, che aiutano a combattere
tere anche l’accumulo di grassi nel sangue. Tuttavia le raccomandazioni a farne un consumo moderato non bastano mai, poiché l’alcool, se assunto in dosi elevate, può causare, oltre che dipendenza, importanti danni all’organismo, come ad esempio ipertensione, obesità, danni epatici e alcuni tipi di cancro. E’importante quindi che il consumo di vino sia contenuto, ma comunque costante: la dose giornaliera corretta dovrebbe essere quella di 30 cl per l’uomo e di 25 cl per la donna, il famoso “bicchiere di vino a pasto”. E’ stato infatti dimostrato che il rischio di essere colpiti da una malattia cardiovascolare diminuisce del 10% per chi ne fa un consumo due volte alla settimana e addirittura del 23% per chi beve vino rosso ogni giorno. E’ bene però anche ricordare che l’alcool in esso contenuto non può essere assolutamente assunto se si soffre di scompensi cardiaci o di una ridotta efficienza di funzionamento del cuore. Motivo per cui alcuni studi ultimamente consigliano di preferire del semplice succo di uva rossa. Ma attenzione, perché da qui a dimostrare che una spremuta di uva rossa sia più salutare di un buon bicchiere di vino ancora troppo ce ne passa… ■
Il mosto d'uva, con le sue bucce e i vinaccioli, viene oggi largamente utilizzato trattamenti di bellezza e benessere di straordinaria efficacia, regalando anche un’esperienza particolarmente stimolante ed emozionante.
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wine tv, la vite in diretta! Cultura, territorio e passione vanno in onda tutti i giorni sul Canale 815 di Sky : per la gioia degli operatori del settore e dei “winelovers” più accaniti è nata WINE TV, la prima televisione interamente dedicata al mondo vino.
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n divano comodo posizionato davanti ad un bel 50 pollici ultrapiatto, il telecomando nella mano sinistra e un buon calice di vino nella destra. Così si configurano molte nostre serate dal 23 Gennaio 2017, giorno in cui Wine TV ha iniziato a trasmettere grandi emozioni sul piccolo schermo. Nemmeno un anno di vita, nel quale questo canale monotematico tutto da gustare ha saputo affermarsi quale punto di riferimento di enoappassonati e bongustai. Un successo immediato di cui siamo tutt’altro che sorpresi, perché questa era la Tv di cui tutti noi, inguaribili winelovers, sentivamo davvero il bisogno... 82
L’idea di WineTV nasce per dar voce al mondo del vino, per raccontare le storie di vite che ogni singola bottiglia custodisce e che non aspettano altro di essere narrate e condivise. Il progetto è opera dell’attento sommelier Cristiano Cini e di Atlantide ADV, agenzia di comunicazione e marketing specializzata in produzioni video per canali tematici, ma si avvale anche di una squadra di tecnici esperti ed affiatati: enologi, ristoratori, agronomi, giornalisti, grafici, registi e videomaker che hanno unito le proprie professionalità per confezionare diversi format tv di alta qualità. Filmati e immagini così appassionanti da coinvolgere lo spettatore a tal punto da farlo sentire un commensale. Questa secondo noi è la vera forza di Wine-Tv. Un altro grande merito però, è anche quello di aver stretto ottimi rapporti di collaborazione le principali associazioni di sommelierie italiane e con il mondo della ristorazione, senza ovviamente trascurare i tanti produttori di eccellenze enogastronomiche. E così l’offerta televisiva di WineTV si compone un palinsesto davvero completo in cui, oltre al vino, vengono inclusi dei focus anche su prodotti sui quali ancora non è così diffusa una conoscenza approfondita. Parliamo ad esempio, dell’aceto balsamico e del caffè, della birra artigianale e anche semplicemente dell’acqua minerale.
L’approccio di Wine-Tv a tutti questi temi è sempre impostato in maniera tale da poter accontentare i palati più esperti ma anche quelli meno consumati. Per far questo non si avvale unicamente del mezzo televisivo, ma sfrutta sinergicamente tutti i principali strumenti di comunicazione. Sul sito web vengono infatti pubblicate ogni giorno notizie fresche, nuove interviste e approfondimenti, mentre sul canale You Tube vengono caricate le ultime produzioni. Infine, tutti i giorni, vengono condivisi svariati contenuti sui social network, che offrono anche la possibilità agli spettatori di interagire direttamente con i protagonisti dei vari format televisivi. Tuttavia è evidente come ancora oggi la televisione resti ancora il media più diffuso e potente, anche se con dinamiche molto diverse rispetto al passato. L'introduzione della pay tv e delle varie offerte on demand hanno infatti cambiato per sempre il modo di fruizione dei contenuti pubblicati e si assiste, di fatto, ad un chiaro passaggio di potere. Un potere che si sta rapidamente spostando dai grandi network, che prima gestivano completamente il palinsesto televisivo, verso l'utente finale, che oggi cerca nei canali tematici le informazioni e l'intrattenimento che preferisce. Ed è così che il contenuto in sé per sé, sta diventando sempre più la principale discriminante per kkkkk
Due volti di Wine Tv: Cristiano Cini (a sinistra) e Marco Rossi (a destra).
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ottenere un'audience interessata e interattiva. Ecco perché Wine TV, essendo l’unico canale tematico dedicato al mondo del vino, sta diventando uno strumento perfetto per far conoscere e dare il giusto risalto mediatico ad un determinato prodotto o ad una zona di produzione. Anche perché, ad un solo anno dalla messa in onda, WineTV può già vantare un pubblico vasto ma anche supertargettizzato. Parliamo infatti di un pubblico mensile stimato in circa 450.000 utenti con picchi di oltre 30.000 spettatori giornalieri. Di questi circa il 57% sono professionisti del settore e per il restante 43% sono appassionati.
Come si fa per vedere wINE TV? 84
Del resto il “modello Wine-Tv” è fatto di uno story-telling emozionale condito da immagini di qualità in grado di coinvolgere il proprio pubblico in una esperienza completa. Si passa dai tipici temi legati al “food & beverage” fino al “travel” e al “lifestyle”. Si raccontano personaggi, aziende, prodotti e territori, ma si mostrano anche eventi, ristoranti e ricette. Il tutto attraverso format sempre nuovi ed originali che la platea accoglie puntualmente con grande entusiasmo ed interesse. Insomma, davvero un palinsesto da leccarsi i baffi. A questo punto non vi resta che sintonizzarvi subito su Wine TV. ■
Basta disporre di una parabola e di un decoder HD: con un qualunque abbonamento a SKY è visibile sul canale 815, oppure, con Decoder Free, è possibile vederla sul satellite HOT BIRD.
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Tutti i Format di WINE TV: Eccovi di seguito presentati alcuni tra i format più originali di Wine TV. Per ciascuno di essi vi segnaliamo alcune tra le puntate più belle. E se per caso ve le siete perse, potete comunque rivederle sul canale YouTube di Wine TV.
A CENA CON…
Format dedicato ai personaggi del vino, pronti a raccontarsi e mettersi in gioco. Una cena informale, una chiacchierata fra amici e un gioco con vini ed etichette. La cena è divisa in 3 parti, tante quante le portate e, a ciascuna, corrisponde un diverso argomento su cui vertono le domande del conduttore Cristiano Cini: azienda, vita privata e “un segreto per Wine Tv”. Per ogni pietanza inoltre vengono presentati due vini “bendati”. La conversazione spazia dalla vita professionale a quella privata: un sorso di vino, un assaggio di un piatto, il giusto abbinamento e, fra un aneddoto e una risata, emerge il profilo dell’ospite, le sue passioni, le paure, i sogni e le aspettative per il futuro. Conduttore : Cristiano Cini Durata: 44 minuti circa. Puntate consigliate: “Gianfranco Fino” - “Riccardo Baracchi”
soprattutto emozionale in cui vengono sapientemente combinate nozioni tecniche con la storia, la tradizione e la cultura vitivinicola dei vignaioli protagonisti. Il tutto raccontato attraverso l’esaltazione delle specificità che si ritrovano nei vini che vengono assaggiati durante la trasmissione e descritti con una degustazione emozionale. Conduttori : Cristiano Cini, Andrea Galanti Durata: 30 minuti circa. Puntate consigliate: “Montalcino” “Radda in Chianti”
WINE TV RACCONTA
Una presentazione emozionale fatta dai migliori sommelier d’Italia, un’esaltazione della cultura, della tradizione e del territorio abilmente modellati dalla mano dell’uomo. Dedicato a far conoscere e promuovere le eccellenze del vino italiano, prodotti di indiscussa qualità apprezzati in Italia e all’estero per le loro caratteristiche uniche e inconfondibili. Conduttore : vari Durata: 4 minuti circa. Puntate consigliate: “Decugnano dei barbi” - “Titolo di Elena Fucci” “Benedetti e Grigi - Montefalco Rosso”
CRU E TERROIR
Pensato per presentare i crù e i terroir più rappresentativi del panorama vitivinicolo italiano, attraverso il vissuto, i racconti e l’esperienza di 4 produttori a cui viene dedicata ogni puntata. Un taglio informativo, didattico ma kkkkkk 85
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GRANDI EVENTI
AGRONOMI IN VIGNA
DUE CHIACCHIERE CON…
EASY WINER
Pensato per raccontare i più grandi eventi legati al mondo del vino. Questo appuntamento ci accompagna alla scoperta della manifestazione organizzata per esaltare prodotti di eccellenza che caratterizzano una determinato territorio d’Italia: si entra negli stand e si partecipa alle degustazioni, ai seminari, ai workshop e si conoscono i protagonisti di quell’evento. Conduttore : Chiara Calcagno, Caterina Mataluna, Beunida Shani Durata: 30 minuti circa. Puntate consigliate: “Vinitaly 2017” “WineShow Orvieto 2017” - “Only Wine Festival”
Una chiacchierata informale, con una degustazione emozionale due etichette che rappresentano al meglio la cantina: un modo per conoscere i produttori di vino attraverso il racconto della loro storia, dei sogni, degli obiettivi e dei traguardi raggiunti. Un forma diversa di degustare un vino mettendo a confronto le impressioni del sommelier con le emozioni del produttore. Conduttore : Cristiano Cini, Durata: 15 minuti circa. Puntate consigliate : “Andrea Balleri”
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Due agronomi, da oltre 20 anni professionisti nel settore vitivinicolo con particolare focus sulla viticoltura per vini da alta gamma, si trasformano in investigatori per i vigneti di alcune blasonate aziende produttrici di vini, incontrando i tecnici di campo responsabili della produzione con le loro curiosità e perplessità, alla scoperta di quanto realmente accade nei vigneti destinati a produrre grandi vini. Conduttori : Marco Pierucci, Fabio Burroni Durata: 40 minuti circa. Puntate consigliate : “Vigna Barberani” - “Petrolo”
Ogni puntata è un tour urbano su Harley Davidson che fa conoscere 3 tra i ristoranti più in voga del momento, gestiti da ristoratori storici o giovani chef accomunati da una sola passione: realizzare piatti di qualità usando le migliori materie prime. Focus finale sulla cantina e abbinamenti con i piatti cult del ristorante. Durata: 20 minuti Conduttore : Maurizio Zanolla Puntate consigliate : “Montefalco e Spello”- “Dolomiti”
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LE REGOLE DELLA CASA DI SIMO
STORIA DI UN VINO DIVENTATO CULT
Simona Bizzarri ci guida alla scoperta dei piccoli trucchi di una brava sommelier e perfetta padrona di casa. In maniera semplice e divertente Simona ci spiega tutti i piccoli accorgimenti per un servizio impeccabile, come ad esempio quale calice usare a seconda dei vini o distillati scelti, a che temperatura devono essere servire le varie tipologie, come apparecchiare una tavola; ma anche come organizzare la vostra cantina perfetta. Conduttore : Simona Bizzarri Durata: 10 minuti circa.
Racconto di un vino che ha segnato, in qualche modo, la storia dell’enologia italiana. Dall’idea iniziale ai traguardi raggiunti passando per le difficoltà, le aspettative, le grandi soddisfazioni che hanno segnato il percorso. E poi qualche indicazione sul posizionamento del vino, la fascia di prezzo e i piatti per degustarlo al meglio. Il tutto condito con aneddoti e curiosità, ma soprattutto, una degustazione verticale di tre annate. Conduttori : Maurizio Filippi Durata: 30 minuti circa. Puntate consigliate : “Il Rubesco”
MADE FOR WINE
BOTTE DA ORBI
La versione enologica del programma “Come è fatto” ci spiega come nascono e come vengono realizzati i grandi e piccoli oggetti legati al mondo enologico. Un format pensato per svelare i segreti e le tecnologie che ne sono alla base e dedicato a chi ama scoprire come le materie prime diventino prodotti finiti, quali ad esempio un decanter, un cavatappi o un semplice tappo di sughero. Durata: 15 minuti.
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Una sfida in mezzo ai filari fra lavoratori di una stessa cantina: 2 squadre, ognuna capeggiata da un sommelier/ presentatore Wine Tv. La sfida comprende quiz su nozioni di enologia, prove fisiche e di abilità e la degustazione di un vino della cantina. Un programma coinvolgente, brillante che riesce a raccontare l’azienda ed i suoi protagonisti attraverso una divertente competizione . Durata: 20 minuti
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TOP WINERY
Il video-racconto che ogni cantina dovrebbe avere: una sorta di visita guidata all’interno dell’azienda vinicola, con bellissime immagini che la presentano dall’interno, ma anche dall’esterno, attraverso spettacolari riprese dal drone. Un format che descrive la cantina in maniera semplice e completa attraverso un linguaggio semplice e appassionante, ne racconta la storia, la filosofia, le particolarità e i principali progetti futuri. Durata: 25 minuti.
OGNI GIORNO UN SIGNORVINO
Questa è la sfida lanciata da Signorvino a 6 tra i più famosi blogger italiani, i quali dovranno muoversi fra gli scaffali del negozio scegliendo le etichette più adatte e rispettando un certo budget. Al loro fianco, un wine specialist, per guidarli i clienti alla scelta del vino giusto. Un viaggio nei migliori negozi del brand per incontrare i popolari concorrenti. Alla fine, sarà Cristiano cini a giudicare la prova del blogger assegnando loro un punteggio. Durata: 20 minuti Conduttore : Cristiano Cini Puntate consigliate : “Chiara Giannot-
ti” - “Francesco saverio Russo”
SORSO LUNGO
Interessante talk di approfondimento su varie tematiche legate al mondo vino e non solo, con interviste a personaggi famosi, rubriche e molto altro ancora. Durata: 15 minuti circa Conduttore : Mattia Cialini Puntate consigliate : “Bianca Mazzinghi”- “Alberto Crispo” - “Federico Terenzi”
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LE PILLOLE DEL DOTT. RADICCHI
Una serie di mini-lezioni nelle quali il bravo Radicchi dispensa le sue piccole e preziose perle di saggezza su vari aspetti della degustazione e dell’enologia in generale. Un appuntamento quotidiano da perdere per scoprire piccoli segreti e curiosità del mondo del vino. Durata: 5 minuti circa Conduttore : Dott. Radicchi Puntate consigliate : “Sentore di tappo” - “Il Metodo Martinotti” - “I tannini”
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Codivin di Mauro Di Cosimo è da sempre in prima linea nel supportare le aziende vitivinicole italiane nel far fronte a tutti gli adempimenti legislativi del settore, compreso il recente obbligo di tenuta del Registro telematico di Cantina.
Se cambi Registro... CODIVIN una storia lunga e articolata quella del registro vitivinicolo telematico, partita nel 2015 e perfezionata nell’attuazione soltanto di recente. Ad oggi, tutti coloro che detengono un prodotto vitivinicolo per l’esercizio della propria attività, sono obbligati a riportare tutte le annotazioni delle operazioni di Cantina sul registro ufficiale del SIAN, il Sistema Informativo Agricolo Nazionale messo a disposizione dal Mipaaf (Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali). Chiara e netta dunque è la direzione verso cui procede il legislatore: portare tutte quante le attività del sethhhhh 90
tore alla dematerializzazione definitiva e completa. Tuttavia, questa rivoluzione sta avvenendo non senza qualche inciampo: sono numerose le Aziende che hanno riscontrato complicanze nel passaggio, sia per una certa riluttanza, sia per le anomalie riscontrate nel sistema o per le difficoltà generali nell’utilizzo del digitale che a volte dipendono anche dall’inefficienza della rete in vaste aree geografiche dell’intera nazione. In questo quadro in costante evoluzione si è aggiunta recentemente anche la legge n° 238 del 12 dicembre 2016, entrata in vigore il 12 gennaio 2017, il cosiddetto “Testo Unico”, che riunisce le numerose disposizioni nazionali riguardanti la produzione e la commercializzazione dei vini. Fortunatamente, a supporto di tutti gli operatori del settore, è nata Codivin, impresa specializzata autorizzata dal Mipaaf a operare su tutto il territorio nazionale, che si occupa della tenuta del registro telematico e può assolvere a tutti gli adempimenti legislativi. Come? Con varie modalità, ma la più innovativa è quella dell’utilizzo della piattaforma gestionale web e mobile, messa a disposizione gratuita per tutti gli assisiti, che coadiuva nel-la gestione della Cantina migliorando, costantemente, le modalità di interscambio dei flussi di movimentazione. Un valido supporto per tutte le realtà che sono obbligate alla tenuta al Registro telematico ma preferiscono conjcon-jjjjjjjjjjj
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centrarsi su altri aspetti più pratici del proprio lavoro piuttosto che su quelli digitali e possono, quindi, delegare Codivin per tutte le incombenze. Una risposta pratica ed efficace alla dematerializzazione del legislatore che consente di alleggerire gli oneri per le Cantine e portare la digitalizzazione in un settore che non perde il suo ruolo di simbolo nella tradizione italiana. Oltre all’innovativa piattaforma, l’agenzia di Mauro Di Cosimo mette a disposizione tantissimi altri strumenti e servizi: Codivin, infatti, esonera gli assistiti dalle responsabilità documentali occupandosi anche della tracciabilità e rintracciabilità presso Organismi di controllo, della gestione lotti e delle certificazioni, delle giacenze che sono sempre aggiornate e visibili ovunque, delle dichiarazioni obbligatorie di settore, dell’assistenza generale in materia, della presenza nei controlli, della gestione completa del deposito fiscale, delle novità legislative, della conformità etichettatura e del supporto legale. Un servizio davvero esclusivo ma che può essere personalizzato secondo le esigenze di singola azienda. ■ 91
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“PARTICOLARE INEDITO” SPUM. TOSCANA - TENUTA DEL BUONAMICO IL VINO: statuario nella sua sciampagnotta scura e impenetrabile, l’Inedito sfoggia tutta la sua sofisticata raffinatezza ancor prima di essere versato. Il suo giallo paglierino cristallino veste il flute di delicata eleganza, mentre i suoi sottili fili di perle sprigionano un continuo alternarsi di fresche fragranze vegetali e fruttate che rendono l’olfazione molto interessante e sfaccettata. In bocca, spalla acida e struttura sostengono con intensità la beva, che viene prolungata anche da un gradevole retrogusto di nocciola tostata. CONSIGLIATO PERCHE': questo piacevole spumante toscano di Tenuta del Buonamico è un “Premiére Cuvée” di Pinot Bianco di varie annate, in parte affinato in tonneaux per circa 7 mesi. Particolare di nome e di fatto, questo “metodo charmat” è un esempio lampante di come l’autoclave orizzontale permetta di realizzare bollicine di livello, anche senza dover ricorrere necessariamente al più lento e laborioso metodo tradizionale.
“CABOCHON ” FRANCIACORTA BRUT DOCG - MONTE ROSSA IL VINO: fermentato in acciaio e in parte in barrique e poi affinato sui lieviti per ben 40 mesi,
il Cabochon è uno spumante dalle bollicine eleganti e dalla schiuma cremosa. Il quadro aromatico è aperto da una leggera crosta di pane, a cui seguono freschi fiori di campo e una finale nota di frutta secca, nocciola in particolare. Sapido ma equilibrato al gusto, conferma la fine armonia ben espressa già al naso. CONSIGLIATO PERCHE': questo raffinato millesimato, che oggi rappresenta uno dei punti di riferimento dell’intera Franciacorta, nasce da una scrupolosa selezione dei cru di Monte Rossa, ridente collina di che permette ogni anno di portare in cantina un frutto di elevatissimo livello qualitativo. Noi abbiamo degustato un 2012: l’idea era quella di aspettare qualche altro annetto prima di aprilo per valutare la sua evoluzione in bottiglia, ma sembra proprio che non ci siamo riusciti.
"MILLESIME’ " SPUMANTE METODO CLASSICO - BATASIOLO IL VINO: tre quarti di Pinot nero e un quarto di chardonnay per un vino dal colore giallo paglierino carico e dalla spuma soffice e persistente. Aprendosi, emana gradualmente tutta la sua fragranza, passando per note citriche, note di fiori di acacia ed erbe aromatiche. Solletica il palato con la sua sottile scia di bollicine finissime e poi scivola via, serico e fluente, lasciando in bocca lunghe tracce del suo appagante passaggio. CONSIGLIATO PERCHE' : direttamente dalle Langhe, terra famosa soprattutto per i suoi celeberrimi vini rossi da invecchiamento, arriva questo metodo classico millesimato dalla beva equilibrata e avvolgente, che rende ancor più interessante l’ampia gamma di prodotti di Batasiolo. Una “bolla” vibrante e poliedrica, che ben si adatta sia ad un aperitivo informale che ad un pasto più complesso, magari a base di frutti di mare.
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L’UNA " VERMENTINO IGT MAREMMA TOSCANA - POGGIO LA LUNA IL VINO: il colore luminoso esprime subito tutta la forza e la vitalità di questo vermentino dai profumi pieni ed intensi, con freschi sentori freschi di mela verde, leggere note floreali e un sottofondo di note erbacee perfettamente integrato. Coerente in bocca, con una buona freschezza e gradevoli sfumature minerali lievemente salmastre ci accompagnano verso un finale particolarmente lungo. CONSIGLIATO PERCHE' : solo applausi per Poggio La Luna, che è riuscita a racchiudere tutta la bontà e la bellezza della maremma in una bottiglia di Vermentino, grazie a tanti piccoli particolari gestiti con maniacale attenzione, sia in vigna che in cantina. Le uve raccolte a mano, selezionate e conservate con ghiaccio secco prima e durante la pressatura, l’utilizzo di lieviti indigeni, i frequenti batonnage e i bassissimi dosaggi di solforosa, donano alle nostre papille gustative un vino pulito, profumato e, cosa che non guasta, anche sano.
"ARCADIA” MANZONI BIANCO IGT - COLETTI CONTI IL VINO: riuscitissimo incrocio di Riesling Renato e Pinot Bianco, questo Manzoni Bianco
è un vino cristallino dalla tonalità giallo paglierino con riverberi dorati. Versato non troppo fresco schiude presto al naso con tutta la sua aromaticità, fatta di fresche note erbacee, ed agrumate e frutti tropicali maturi. In bocca, l’avvolgente grassezza è controbilanciata dalla grande freschezza, rendendo la beva impattante, densa e molto persistente.
CONSIGLIATO PERCHE' : l’Arcadia è un’interpretazione davvero unica del Manzoni Bianco che Anton Maria Coletti Conti ha impiantato nel basso Lazio su un terreno di origine vulcanica facendolo letteralmente esplodere. Perché questo è un nettare strutturato, esuberante, vitale, intenso, sapido e con una spalla acida importante che ben sostiene l’importante alcoolicità, regalando emozioni quasi sconosciute per un vino bianco.
"MOFETE ” ETNA ROSATO DOC - PALMENTO COSTANZO IL VINO: una selezione di uve di solo Nerello Mascalese coltivato ad alberello e non più di 24 ore di permanenza sulle bucce sono sufficienti al Mofete per esibire un luminosissimo ed elegante color rosa antico. Un nettare esplosivo che si palesa al naso come un prezioso mosaico di fragranze floreali, erbacee e fruttate perfettamente incastonate tra loro. Fine ed elegante, scivola piacevolmente in bocca ad ogni sorso, sostenuto dalla giusta acidità e arricchito da una mineralità presente ma mai troppo eccessiva. CONSIGLIATO PERCHE': dalla zona di Passopisciaro, ad quota di oltre 700 metri sul livello del mare, Palmento Costanzo ci regala questo intenso e freschissimo rosato, che non fa rimpiangere i più celebrati rossi del grande vulcano. Un vino che è solo l’ennesima conferma di quanto di più entusiastico sia già stato detto su questo terroir, così munifico nei confronti della viticoltura.
"CAGNULARI " ISOLA DEI NURAGHI IGT - TENUTE DELOGU IL VINO: piacevole già dal colore, un rosso intenso ma limpido, si apre al naso in tutta la sua franchezza alternando sentori di confettura, frutto maturo a sensazioni balsamiche e speziate. E poi ancora liquirizia, alloro, mirto, rosmarino e una leggera nota boisé. Il sorso è pieno e coerente con quanto anticipato al naso e il prolungato finale richiama nuovamente le note mediterranee. CONSIGLIATO PERCHE' : il Cagnulari di Tenute Delogu è un lungo viaggio sensoriale nelle campagne di Alghero, nelle quali ci trasporta si dal primo sorso con tutta la sua morbida raffinatezza. E’ un vino che si lascia bere con una semplicità disarmante, sorseggiato sia da solo, che in compagnia di carni al sangue e pecorini di media stagionatura. Finezza e complessità allo stato liquido.
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"CASTELLO DI POPPIANO " CHIANTI DOCG RISERVA - GUICCIARDINI IL VINO: c’è tutto il carattere del sangiovese in questa fantastica riserva, a partire dal suo rosso rubino intenso con quella caratteristica unghia granata che sfuma nel calice. Un vino vellutato ma di buona struttura e complessità, con tannini ammorbiditi dai due anni di permanenza in botte di rovere. Le note terziarie, acquisite nel periodo di affinamento, completano l’ampio bouquet armonizzandosi meravigliosamente con le fragranze fruttate tipiche del vitigno. CONSIGLIATO PERCHE' : la grande concentrazione di questa riserva di Chianti Colli Fiorentini è frutto prima di tutto di un moderno lavoro in vigna volto a ridurre drasticamente la produttività per ceppo, ma è anche merito del simbiotico legame che unisce un’antica famiglia fiorentina al generoso territorio di Poppiano, da cui attinge da secoli per uno dei prodotti più eleganti ed aristocratici di questo nobile areale.
"MARAVITA " PERRICONE SICILIA IGT - CASTELLUCCI MIANO IL VINO: fantastica scoperta questo Perricone, autoctono siciliano molto diffuso in epoca
prefillosserica. Vinificato in purezza dopo circa un mese di appassimento in una fruttaia acquisisce tanta concentrazione e un colore fitto ed impetrabile, che preannuncia la presenza di tantissima materia. Si apre alle narici sprigionando subito le note varietali di frutta fresca di bosco, per poi virare sui più evoluti sentori di liquirizia e spezie dolci. E ogni sorso finisce per marcare la bocca con quella sua sostanza morbida, calda e viva, che rimane a lungo impressa nel palato e nella mente. CONSIGLIATO PERCHE' : è un vino estremamente seducente che, in un quadro olfattivo
raffinato, completo ed appagante, riesce ad esprimere tutto la personalità e il fascino di un autoctono raro e prezioso, coltivato ad alberello sulle pendici delle Madonie. Da provare almeno una volta.
"TASSINAIA” TOSCANA IGT - CASTELLO DEL TERRICCIO IL VINO: dal quel suo profondo rosso particolarmente vivo e lucente lascia sprigionare progressivamente fini note di frutti maturi, pepe nero e chiodi di garofano, in cui poi vanno ad incunearsi anche fragranze più complesse di vaniglia e tabacco. Ampio, rotondo, vellutato, scivola via sul palato come un morbido drappo di seta, lasciando dietro di sé una lunghissima coda di sfumature speziate. CONSIGLIATO PERCHE': con questo assemblaggio di Cabernet Sauvignon e Merlot in parti
pressoché uguali tra loro, che segue ai 14-16 mesi di elevaggio in tonneaux di Allier, Castello del Terriccio trova la formula perfetta per soddisfare anche i più esigenti fans dei classici supertuscan della costa etrusca. Un prodotto incredibilmente complesso, elegante e, sicuramente, anche più appetibile per rapporto qualità/prezzo rispetto ai suoi celebri “cugini” bolgheresi.
"IL PASSITO " PASSERINA DEL FRUSINATE IGP - PILEUM IL VINO: un nettare raffinato che illumina il bicchiere del suo color giallo oro dai riflessi vivi e brillanti e conquista subito il naso con tutta la sua armonia di fragranze floreali, di frutti gialli maturi e una leggera nota di miele. Gratifica la bocca con quella sua delicata dolcezza che rende il sorso gradevole ma mai stucchevole. Finale avvolgente e prolungato. CONSIGLIATO PERCHE' : è una interessante variazione sul tema passerina, vitigno autoctono
del frusinate quasi esclusivamente utilizzato per bianchi freschi e secchi. Stavolta trattasi invece di una raccolta tardiva dei grappoli che poi vengono lasciati ad appassire su graticci in cantina per aumentarne ulteriormente la concentrazione. Segue fermentazione in acciaio e un anno di affinamento in caratelli di legno di appena 100 litri. Il risultato è una produzione molto limitata che rende questo elegante passito ancor più esclusivo.
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GOLOSITALIA 2018
WINE & SIENA
I MIGLIORI VINI ITALIANI
BRESCIA - Presso il Centro Fiera del Garda di Montichiari, dal 24 al 27 Febbraio 2018 torna Golositalia, un’imperdibile occasione per conoscere e valorizzazione al meglio le eccellenze enogastronomiche italiane. Un evento, giunto quest’anno alla VII edizione, che ha saputo raggiungere tutti gli attori del settore agroalimentare (consumatori, operatori Ho.RE.CA e buyers della filiera distributiva), oltre a contare su un bacino di aggregazione unico in Italia, capace di attirare anche buyers internazionali. E poi ampio spazio riservato alle attrezzature professionali con le ultime novità tecnologiche per gli operatori del settore. La fiera è aperta al pubblico e ad un ricercato gruppo di operatori del settore, abbinata che ha lo scopo di permettere agli espositori di vendere direttamente in fiera e, collateralmente, di sviluppare importanti contatti commerciali sul territorio nazionale e all’estero. Sono previste circa 700 aziende, che verranno suddivise in 6 aree tematiche: food, wine, beer, professional technology, restaurant e biovegan. Sarà presente anche un esclusiva area dedicata ai circa 100 eventi, tra corsi di degustazione, corsi di cucina, seminari, dimostrazioni in diretta, concorsi, incontri con operatori di settore e molto altro ancora. ■
SIENA - Wine&Siena è l’evento dedicato alle eccellenze enologiche nella più medievale delle città italiane. Il 27 e 28 gennaio 2018 non perdete l’occasione di godere dei capolavori del gusto a Siena. Le prestigiose location dell’evento sono le sale di Rocca Salimbeni, sede centrale del Monte dei Paschi di Siena, il Grand Hotel Continental – Starhotels Collezione, l’Università di Siena, con il Rettorato che sarà cittadella del Food, il Palazzo Sansedoni, sede della Fondazione Monte dei Paschi di Siena e il Palazzo Comunale e le storiche sale del Museo Civico. Wine&Siena, firmato dagli ideatori del celebre Merano WineFestival, vi aspetta per due giorni a passeggio nel Medioevo per scoprire i migliori produttori vitivinicoli italiani (circa 250) e i grandi artigiani del gusto. Tutti i prodotti sono stati selezionati tra i vincitori degli annuali Merano Wine Award. Wine&Siena è quindi uno dei pochi eventi a livello nazionale che garantisce una selezione davvero qualitativa dei prodotti e dei produttori presenti. Wine&Siena vuole diventare sempre di più un appuntamento annuale di richiamo internazionale per il mercato e per gli appassionati. Siena, del resto, con le sue 5 DOCG, è il baricentro della grande produzione vitivinicola Toscana, apprezzata in tutto il mondo. ■
ROMA - Ben quattro giornate, dal 16 al 19 febbraio 2018, durante le quali le porte centro espositivo del “Salone delle Fontane” (zona Eur) saranno aperte a tecnici ed appassionati che potranno accedere al suggestivo percorso di bachi d’assaggio: all’interno, le migliori etichette della produzione italiana selezionate nell’Annuario dei vini di Luca Maroni, una delle più autorevoli firme dell'enologia italiana. Un appuntamento imperdibile per conoscere più da vicino i migliori prodotti della tradizione italiana, gustarne le straordinarie caratteristiche e scoprirne i segreti del successo. Saranno presenti otre 100 espositori con più di seicento etichet-te in assaggio. L'evento sarà inaugurato da una speciale serata di premiazione su invito, durante la quale saranno premiati i migliori vini presenti nell’Annuario dei vini, una delle guide più autorevoli guide italiane del settore, giunta alla sua 24a edizione. Il biglietto d'ingresso a singola giornata ha un costo di 20€ a persona. Incluso nel prezzo, il bicchiere, la tasca portabicchiere in omaggio e l'accesso ai laboratori, previa prenotazione dal sito e fino ad esaurimento posti disponibili. Sono incluse nel biglietto di ingresso le degustazioni presso i banchi di assaggio (Wine, Food, Wine Bar). ■
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BEER ATTRACTION 2018
RIMINI – Torna, con la quarta edizione in programma da sabato 17 a martedì 20 febbraio 2017, Beer Attraction, la fiera di settore rivolta a tutti gli operatori professionali della filiera. Beer Attaction, organizzata da Italian Exhibition Group in collaborazione con Unionbirrai, nasce nel 2015 come evento internazionale dedicato alle birre artigianali. Si riparte quindi dal grande successo dell’anno scorso, con 350 espositori e oltre 14.000 visitatori. Due le nuove sezioni che dal 2017 ne hanno completato il format: Food Attraction, dedicata agli “Specialty food” e “Beer & Beverage Technologies”. Quest’ultima sezione è dedicata alle tecnologie per birre e bevande: al suo interno ci saranno i maggiori marchi europei del settore processing and packaging, completando l'intera filiera del settore, dalle materie prime al prodotto finito. Ovviamente la sezione dedicata alla birra resterà il cuore della manifestazione, concentrandosi sulle eccellenze brassicole italiane ed estere. Del resto questa, è ormai da tempo una collaudata piattaforma internazionale che permette alle aziende nazionali di sviluppare l’export e alle aziende estere di approcciare il mercato italiano. Si punterà sia alle sempre più diffuse e irrinunciabili specialità birrarie, che al mercato dei microbirrifici, con un occhio anche alle collettive regionali estere e alle altre bevande. Tra gli eventi nell’evento, sarà confermato il Premio Birra dell´Anno organizzato da Unionbirrai, insieme alle aree Beer Arena e Beer Lab, con corsi di degustazione e di spillatura, formazione per birrifici, pub e brew pub. Questi i principali ingredienti di Berr Attraction, un evento che, in sole 3 edizioni, si è affermato come l’unico evento B2B in Italia rappresentativo dell’intera filiera, dalla tecnologia al prodotto finito. ■
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SORGENTE DEL VINO
PIACENZA - Una tre giorni per gustare i vini naturali di territorio e tradizione e per incontrare i vignaioli italiani ed europei. Da sabato 10 fino a lunedì 12 febbraio 2018, negli ampi spazi del Piacenza Expo, infatti, sarà protagonista a Piacenza il vino nato dal rispetto per la terra, per le tradizioni, per le persone, con assaggi, degustazioni e approfondimenti. “Sorgentedelvino Live” è un progetto di Associazione Culturale Echofficine: un viaggio attraverso profumi e sapori, territorio dopo territorio per riscoprire quell’Italia ricca di differenze, di sapori autentici e di tradizioni vitali e radicate che ancora resiste alle tentazioni dell’omologazione. All’importante e atteso appuntamento potranno partecipare soltanto i vignaioli che hanno scelto l’agricoltura biologica o biodinamica in vigna e che in cantina intervengono il meno possibile rispettando il naturale processo di trasformazione. Accanto a loro troverete anche vignaioli che propongono vini di tradizione e territorio, cioè persone che hanno intrapreso un percorso scegliendo l’agricoltura sana in vigna, ma che in cantina sono ancora sulla strada. E poi, ad accompagnare i vini, ci saranno anche i prodotti dell’agricoltura lavorati da artigiani accorti e sapienti che proporranno le loro eccellenze: olio evo, miele, formaggio, pasta, biscotti, cioccolato e tanto altro. Tuttavia il programma prevede inoltre degustazioni tematiche e momenti di approfondimento per comprendere e assaporare fino in fondo questi vini, avvicinarsi alla cultura da cui nascono, capire meglio il terroir da cui provengono. Ristoratori ed enotecari possono accreditarsi direttamente dal sito ufficiale della manifestazione: www.sorgentedelvinolive.org. ■
OLIO OFFICINA
MILANO - L’appuntamento con la settima edizione di Olio Officina Festival ha luogo, come sempre, nelle sale e nel chiostro di Palazzo delle Stelline, a Milano. L’evento si svilupperà da giovedì 1 a sabato 3 febbraio 2018 con un ricco programma fatto di show cooking, tavole rotonde, dialoghi, interviste, scuole di cucina, buffet a tema, degustazioni guidate, sedute di assaggio, brevi corsi di degustazione per neofiti, mostre, proiezioni video e, la sera, un salotto culturale, letterario, musicale e artistico, con performance teatrali, concerti, presentazioni di libri, incontri con personaggi di grande spessore culturale. Olio Officina è rivolto a un’utenza allargata e si propone di raccogliere in momenti e spazi separati tutti gli appassionati cultori dell’olio extra vergine di oliva e della buona cucina: chef e operatori del canale Horeca, ma anche buyers e consumatori consapevoli, ricercatori e, non ultimi, i diretti protagonisti della materia prima, i produttori di olio. ■
IO BEVO COSI’
MILANO - Io Bevo Così rappresenta il nuovo trait d'union tra l’Alta ristorazione italiana e il mondo dei vini naturali. Giunta alla quinta edizione la manifestazione, che si terrà il prossimo 22 Gennaio presso l'Hotel Excelsior Gallia nel cuore di Milano, sarà dedicata solo agli operatori di settore. Ma i veri protagonisti dell'evento saranno il vino e i suoi produttori. Durante la rassegna il pubblico formato solo da giornalisti e professionisti del settore Ho.Re.Ca. potranno assaggiare e degustare più di 600 vini naturali, biologici e biodinamici provenienti da tutta Italia e da alcune regioni della Francia, Spagna e Grecia, relazionandosi direttamente con i produttori. ■
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Anno II - Numero V Dicembre 2017 Nella foto in copertina:
“Calice di Cesanese di Affile DOC nei vigneti dell’Azienda Agricola Raimondo”
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I Paesaggi del Vino: divini scorci ad Orvieto
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Si ringraziano anche: Francesco Saverio Russo, Marco Reali, la redazione di WINE TV e tutti i Produttori citati all’interno. ..................................................... “I Piaceri della Vite" è un prodotto editoriale online realizzato unicamente su supporto informatico e diffuso esclusivamente per via telematica. Visto che gli Editori non hanno fatto domanda di provvidenze, contributi o agevolazioni pubbliche e che conseguano ricavi annui da attività editoriale non superiori a 100mila euro, non sussiste alcun obbligo di registrazione al registro della stampa tenuto dal tribunale, né al R.O.C., né gli stessi sono soggetti agli obblighi di cui alla delibera dell'AGCom n. 666/08 del 26 novembre 2008. Per ricavi annui da attività editoriale si intendono i ricavi derivanti da abbonamenti e vendita in qualsiasi forma, ivi compresa l’offerta di singoli contenuti a pagamento, da pubblicità e sponsorizzazioni, da contratti e convenzioni con soggetti pubblici e privati. (“Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 maggio 2012, n. 63, recante disposizioni urgenti in materia di riordino dei contributi alle imprese editrici, nonché di vendita della stampa quotidiana e periodica e di pubblicità istituzionale”)
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