balossKipedia Contributo della compagnia dei baloss
TIZIANA TORCELLO (VE) - S. FOSCA UNA SANTA OSCURA Risale al XI secolo, ha pianta a croce contornata da un portico ottagonale con archi a piede rialzato e capitelli scolpiti. L’interno presenta un'insolito raccordo tra la pianta quadrangolare della base e la pianta circolare della cupola, stile architettonico molto raro. E' il più antico monumento veneto che si sia ispirato al gusto ravennate. Appartiene al raro gruppo di chiese di forma circolare, che ricordano gli antichi templi pagani. L'edificio è intitolato a S. Fosca, vergine e martire, le cui spoglie furono trasportate dall'oasi di Sabratha in Libia fino a qui nel 1011. Fosca, nata da una famiglia pagana di Ravenna, quindicenne volle a tutti i costi farsi cristiana. Lo disse alla nutrice Maura che insieme andarono dal prete Ermolao che le istruì e le battezzò. Il padre Siroi, contrario a questa scelta, denunciò la figlia al prefetto Quinziano, ma la polizia, al momento dell'arresto, arretrò spaventata, dal fatto che la trovarono in compagnia di un angelo. Fosca e Maura, per non fuggire di fronte alla loro nobile scelta, senza paura di annunciarlo al mondo intero, si presentarono spontaneamente a Quinziano, che, senza scrupoli, le fece arrestare, processare e crudelmente torturare, infine decapitandole il 13 febbraio. I loro corpi furono gettati in mare o rapiti da marinai e trasportati in Tripolitania dove ebbero sepoltura nelle grotte presso Sabratha (od. Saqratha). Molti anni più tardi, un cristiano di nome Vitale per divina ispirazione riportò le reliquie in Italia, nell'isola di Torcello, nella laguna veneta, dove venne eretta una chiesa in onore delle due sante. Fosca etimologicamente significa "oscura" e non è un caso se l'interno di questa chiesa è caratterizzato da quest'insieme di giochi tra luci e ombre. L'ambiente è molto scuro, ma l'insieme di finestre poste strategicamente sulle pareti fanno entrare raggi di luce indirizzandoli in punti molto precisi.
Torcello (Venezia) Il Ponte del Diavolo è uno dei due ponti dell'isola di Torcello, nella Laguna Veneta. È assai caratteristico in quanto, assieme al Ponte del Chiodo a Cannaregio, ha le fattezze degli antichi ponti veneziani, senza parapetto. Scavalca uno dei pochi canali interni dell'isola, quello che che collega il piccolo centro storico di Torcello con la laguna. Le recenti indagini archeologiche hanno confermato che la sua edificazione risale al XV secolo, in quanto nel terriccio presente tra l'arco in mattoni ed il piano di calpestio, anch'esso in mattoni, sono stati ritrovati reperti databili a quel periodo. Si è però potuto constatare che le sue fondazioni si innestavano su fondazioni preesistenti, databili al XIII secolo, appartenenti ad un precedente ponte probabilmente piano e più stretto dell'attuale di circa un metro. L'origine del nome del ponte è ancora inspiegabile. Taluni affermano che Diavolo fosse il soprannome di una famiglia locale, altri la fanno risalire a una leggenda. La leggenda narra che durante l’occupazione austriaca una ragazza veneziana si innamorò di un ufficiale dell’esercito occupante. La famiglia di lei non era d’accordo e per questo uccise l’ufficiale di nascosto. La ragazza era disperata a tal punto da fare, mediante una maga, un patto con il diavolo, il quale promise di ridare vita al ragazzo se in cambio gli avessero offerto l’anima di sette bambini. Il giorno dell’appuntamento la ragazza scappò con il suo uomo attraversando il ponte. A questo punto la maga doveva consegnare le sette anime entro una settimana, ma morì prima per cause naturali. Da allora, secondo la leggenda, ogni notte il diavolo si presenta sul ponte per aspettare le proprie anime.
I pozzi e le vere da pozzo a Venezia Un elemento che non può essere disgiunto dai campi, campielli e corti veneziani, e che era parte integrante della vita che si svolgeva nella città, fino alla costruzione del primo acquedotto (fine ‘800), era il pozzo. VERA DA POZZO è un termine tipicamente veneziano; con esso si definisce la costruzione lapidea sovrapposta alla canna del pozzo ed a protezione della sua apertura. All’inizio fu un elemento semplicissimo con funzioni di sola sicurezza e, col passare del tempo, divenne un ricco e pittoresco ornamento di piazze e cortili. Il pozzo veneziano era un impianto abbastanza complesso e costoso, una vera e propria cisterna sotterranea di acqua potabile. L’acqua era quella pluviale che veniva filtrata dalla massa di sabbia posta in un bacino impermeabile, reso così artificialmente da uno strato di argilla, le cosiddette "cree", che si estendeva per tutta la superficie di un campo o di una corte; era quindi raccolta attraverso la canna centrale in muratura formata da speciali mattoni detti appunto “pozzali”. A Venezia si ebbe un numero più che notevole di pozzi e ciò ai fini di sopperire al bisogno di acqua potabile per una città che, pur essendo circondata e penetrata dalle acque, «è in aqua et non ha aqua» (M. Sanudo ). La vera, che con termine architettonico si dice puteale, nel corso dei secoli venne acquistando forme d'arte sempre più elaborate e complesse. Modeste o sfarzose, sopraelevate di uno o più gradini rispetto al piano stradale (qualche volta con vaschette alla base per la sete dei cani e dei piccioni), assumono il carattere di piccoli monumenti a forma cubica, circolare, poligonale; hanno forma di capitello, si arricchiscono anche di sostegni marmorei o metallici sui quali applicare la carrucola per farvi scorrere la corda del secchio. Variatissima e fantasiosa la decorazione a rilievo: piante, festoni di frutta e di fiori, fogliami arricciati, putti, angioli reggiscudo, pavoni affrontati, teste leonine, motivi allegorici, iscrizioni morali. Il pozzo privato reca sovente l'arma della famiglia patrizia che lo ha commissionato (di tali stemmi non risulta esservi esempio prima del secolo XIII"); i pozzi pubblici recano lo stemma del magistrato edile, ma anche il nome (od i nomi se più d'uno), che ne ordinò la costruzione, o l'effigie della Giustizia, alghe, tridenti, delfini e motivi analoghi messi a simbolo della repubblica dominatrice dei mari. Problema di vitale importanza, quello dell'acqua, per i veneziani, che fin dalle origini si diedero alla costruzione di rudimentali cisterne sotterranee (impropriamente chiamate «pozzi») costituite da un semplice scavo con canna murata per la raccolta, la depurazione e la conservazione delle acque piovane o di quelle dolci prelevate dai fiumi Brenta e Sile, poi trasportate a Venezia con burchi per essere versate nei cosiddetti pozzi. Una corporazione, istituita nel 1386 e detta appunto “degli acquaioli” era incaricata di questo servizio pubblico; essa era sotto la giurisdizione del “Magistrato della Sanità” e del “Collegio della Milizia da Mar” (Tassini). Il pozzo veneziano è un vero e proprio impianto di utilità pubblica e, ovviamente, di prima necessità. La “vera da pozzo” che, sopraelevata di uno o più gradini, si ammira in mezzo ai campi e che è spesso vera opera d’arte, non è che la parte terminale e più appariscente di un’opera ben più complessa e laboriosa che si trova sotto il livello del selciato pedonabile. Il pozzo infatti, come si è visto sopra, non è il risultato di una trivellazione per raggiungere una falda freatica del sottosuolo; solo al Lido, a S. Nicolò, vi è stato anticamente un caso del genere; il pozzo veneziano è invece una vera e propria cisterna sotterranea per la raccolta, la depurazione, e la conservazione dell’acqua piovana. Come si è visto l’acqua piovana viene raccolta dando le opportune pendenze alla pavimentazione del campo; talvolta però, per ricavare meglio l’impluvium o limitare la profondità dello scavo, ma anche per evitare l'ingresso di acqua salata a seguito di alte maree ( "acque alte"), il piano del campo viene rialzato in parte, come per i due pozzi di Campo S. Angelo, o del tutto, come per il pozzo in Piazzetta dei Leoncini o quello davanti alla chiesa di S. Trovaso. Dalla descrizione che abbiamo dato, si comprende come la costruzione di un pozzo sia sempre stata una opera piuttosto impegnativa; notevole infatti è l’entità delle masse di materiale spostato, e per di più sotto il livello dell’acqua della laguna, per cui erano necessari casseri e palancolate di protezione; necessitava poi una particolare accuratezza di esecuzione e completa conoscenza della situazione del luogo, onde non turbare gli equilibri statici, talvolta delicati, delle costruzioni circostanti. Anche sotto l’aspetto economico l’onere dell’opera non era certo indifferente. D’altra parte l’approvvigionamento dell’acqua potabile per una città come Venezia, isolata ed esposta in mezzo alle lagune, è
stato sempre un problema importantissimo, sia per il benessere alimentare sia per l’aspetto strategico e politico. Ciò spiega perché il Governo della Repubblica ha sempre in tutti i modi incoraggiato la costruzione e la manutenzione dei pozzi. Data la necessità che i pozzi fossero sempre in ordine, soprattutto dal punto di vista sanitario, la Repubblica aveva assicurato un'assidua sorveglianza (oltre ai fanti dei Provveditori alle Acque, Sanità e Comun) dovevano esplicare i controlli anche i parroci e i capicontrada ai quali era affidata la custodia delle chiavi delle cisterne, che si aprivano due volte il giorno: mattino e sera, al suono della «campana dei pozzi». Per quanto i cortili interni dei palazzi e anche di costruzioni non proprio lussuose, fossero spesso forniti di un pozzo privato, era titolo di benemerenza per il cittadino abbiente o per la famiglia con possibilità economiche, offrire un pozzo alla Città. Stemmi nobiliari e scritte commemorative sono spesso scolpite sulle vere dei pozzi, in segno di riconoscenza e a ricordo dell’impianto pubblico eseguito. La ricchezza privata dei veneziani trovava anche così il modo di essere posta al servizio della comunità, non per paternalistica elargizione alle classi più povere, ma per cosciente e calcolata necessità pratica.
La Mira Lanza è una storica azienda italiana che produceva candele steariche, saponi e detersivi. La Mira Lanza S.A. nacque, il 9 maggio 1924, dalla fusione di due antiche aziende italiane: la veneziana Fabbrica di candele di Mira e la torinese Premiata Reale Manifattura di saponi e candele steariche fratelli Lanza. La Mira Lanza arrivò a detenere la leadership della produzione di detersivi in Italia negli anni '60 e '70. Lo stabilimento di Mira (Venezia) nel 1989 prende il nome di Reckitt Benckiser dalla multinazionale che l'ha acquistata con sede amministrativa a Milano e sede principale a Londra. Oggi a Mira oltre lo stabilimento Reckitt Benckiser è presente anche il Centro Ricerche e Sviluppo di Reckitt Benckiser. Storici sono i personaggi che pubblicizzavano i prodotti Mira Lanza su Carosello, fra questi Calimero e l'olandesina con Corrado come testimonial. Molto popolare e diffusa nelle famiglie italiane fu la raccolta dei punti premio che si trovavano nelle confezioni dei prodotti, sotto forma di figurine di cartoncino; questi punti venivano conservati e sommati per ottenere oggetti regalo casalinghi da scegliere su un apposito catalogo. (Comunque, da parecchi anni la sirena della Mira Lanza non scadenza più le giornate dei miresi. Io me lo ricordo ancora bene il suo forte suono.)
La storia della Autobianchi Bianchina (1957 - 1969) La Autobianchi Bianchina nacque nel 1957, nell'Italia del boom economico, come alternativa alla Fiat 500, dal cui progetto era nata. E nei primi anni di produzione questa piccola 3 volumi riuscì a vendere anche più della sorella. Perchè la Bianchina era un'auto che faceva distinguere l'acquirente, che spesso era, per le famiglie benestanti, la seconda auto, quella comoda per andare al lavoro oppure quella guidata dalle prime donne al volante. La Bianchina, nella sua versione tre volumi, divenne poi famosa per essere l'auto sfigata di Fantozzi. La versione più amata della Bianchina fu la Bianchina Cabriolet, presentata nel 1960 a Ginevra, a rappresentare la sua vocazione internazionale, per la quale peraltro era stata concepita. Costava più della 500, ma era una vettura particolare e che piacque molto. Piccola ma sportiva, simpatica, particolare, queste le sue caratteristiche principali. In grado, peraltro, di raggiungere ottime prestazioni, grazie ai 21 cavalli di potenza che la spingevano ad una velocità massima di 100 km/h. Oggi la Autobianchi Bianchina Cabriolet è quella più ricercata dai collezionisti, con quotazioni che, per vetture ben tenute e originali, possono raggiungere quotazioni ragguardevoli, anche di 10.000 euro. Altre versioni della Bianchina sono state la Panoramica, una versione 4 posti con bagagliaio abbastanza ampio, e quella furgonata, da lavoro, molto utilizzata da commercianti ed artigiani per la sua capacità di carico che la rendeva adatta ai piccoli trasporti nel traffico cittadino. Solo nel 1969 la Bianchina uscì di produzione, ma le vetture, prodotte in oltre 300.000 esemplari, rimasero a lungo sulle strade italiane, a dimostrazione del successo ottenuto e dell'affidabilità della sua costruzione.
Scala Contarini del Bovolo Nascosta all'interno di una piccola corte, alla fine di una stretta calle, laterale al Campo Manin, emerge singolare in tutta la sua straordinaria eleganza la Scala Contarini del Bovolo. È uno dei più singolari esempi dell'architettura veneziana di transizione dallo stile gotico, ben radicato nella cultura locale, a quello rinascimentale. Alla fine del '400 Pietro Contarini fece aggiungere al suo palazzo tardo gotico di S. Paternian un nuovo corpo di fabbrica, probabilmente opera di Giovanni Candi, allo scopo di qualificare visivamente la facciata interna del palazzo prospicente un piccolo cortile, un tempo protetto da una cinta muraria. Una serie di logge sovrapposte congiunge i vari piani alla aerea scala che si snoda a chiocciola - in dialetto veneziano "bovolo" all'interno di una torre cilindrica traforata da archeggiature ascendenti. Il linguaggio adottato si ispira al Rinascimento, ma si inserisce in una struttura che nella forma ricorda i modelli delle torri scalari bizantine, mentre nello spirito è ancora gotica per l'indifferenza verso la modularità e la simmetria classiche e per il ricordo delle facciate colonnari aperte dei palazzi di fine Quattrocento. La salita della Scala si conclude con un belvedere a cupola dal quale si può ammirare uno splendido ed inconsueto panorama: i tetti, i campanili, le cupole di San Marco, con una visuale sull'intera città.
Conterminazione lagunare I primi progetti di delimitazione della laguna risalgono all’inizio del 1600, ma solo ne 1784 la Serenissima approvò la linea di con terminazione che fu poi definita nel 1971 con la posizione di 100 cippi ( i primi in terracotta sostituiti poi ne corso dell’800 con gli attuali in pietra d’Istria). La finalità di questo progetto era di definire una netta separazione giuridica e fisica tra i territori soggetti alle “acque salse” e quelli emersi, considerati terraferma. All’interno della conterminazione vigevano leggi particolarmente severe atte a preservare il fragile ambiente lagunare. La linea di conterminazione subì con gli anni molti aggiustamenti dovuti al modificarsi del territorio lagunare, sia per cause naturali che per l’intervento dell’uomo. Dei 100 cippi originali molti sono stati distrutti o rimossi, alcuni si trovano in posizione inaccessibili altri ancora sono sepolti nel terreno. Nella zona di Giare di Mira ci sono 9 cippi, dal n° 92 al n° 100 e il loro stato di conservazione è alquanto precario.
ENI Imprecare contro il sistema di fronte all'"omm de preja" o "sciòr Carera"... I milanesi che desiderano sfogarsi e imprecare contro qualcuno o qualcosa, lo possono fare davanti all'omm de preja o sciòr Carera, una statua di marmo sita in corso V.Emanuele, all'altezza del civico tredici. Detta statua risale, ad esclusione della faccia e parte del basamento rifatti a posteriori, al terzo secolo d.C. L'omm de preja, in milanese "uomo di pietra", in quanto tale non si lascia toccare da ciò che accade sotto di lui ed ascolta paziente senza battere ciglio, ma lancia a tutti un monito, scritto in latino sulla parte alta del basamento: "Carere ( da qui il nome sciòr Carera) omni vitio qui in alterem dicere paratus est" "DEVE ESSERE PRIVO DI OGNI VIZIO CHI SI PREPARA A PARLARE CONTRO QUALCUN ALTRO". Massima saggia e di grande attualità.
Palazzo Rocca Saporiti a corso Venezia... Fu lo scenografo della scala, Giovanni Perego, a disegnare, nel 1812, il mosso prospetto di palazzo Rocca Saporiti, una dimora neoclassica evidenziata da una grande loggia a colonne e da una balaustra che corona l'attico e su cui sfliano le dodici statue degli Dei Consenti. Gli Dei Consenti erano un gruppo di dodici delle maggiori divinità della mitologia romana che avrebbero consentito con Giove nelle loro deliberazioni, ed erano, oltre lui, Marte, Nettuno, Apollo, Mercurio, Vulcano, Giunone, Vesta, Minerva, Cerere, Venere e Diana.
MARIANGELA Il Colosso di San Carlo Borromeo si trova nel comune di Arona, nel territorio del basso Lago Maggiore, ed è comunemente identificato dai cittadini come il Sancarlone, simbolo della città.
Notevole è il significato di questa imponente e maestosa statua che rende omaggio al beneamato Santo concittadino, rappresentandone il "gigantismo" nella fede. San Carlo sembra accogliere la gente con aria benevola e allo stesso tempo severa; con la testa leggermente china, il Santo benedice la sua città natale alzando la mano destra, mentre la mano sinistra regge il grosso codice degli atti della chiesa milanese. Costruita dal 1614 al 1697 su progetto di Giovanni Battista Crespi, consiste in un'anima in muratura e tralicci di ferro e legno, ricoperti da lastre di rame, mentre il capo e le mani sono in bronzo. 23,40 metri di altezza sopra gli 11,70 del piedistallo granitico fanno di questa statua una tra le più grosse al mondo. E' possibile accedere al suo interno attraverso una scalinata che conduce fino alla possente testa, punto di vista d'eccezione da cui si gode di un incantevole panorama. La statua sorge su una collina in cui si sviluppa una Via Crucis ispirata agli episodi significativi della vita del Santo, culminante con la colossale opera. Purtroppo vicissitudini storiche relate alla diffusione di epidemie, guerre e carestie ne impedirono la realizzazione completa; furono infatti edificate soltanto tre cappelle, una chiesa e un seminario. La chiesa, del sec. XVII, è un maestoso e sobrio edificio barocco e al suo interno è presente una ricostruzione, fortemente voluta dai fedeli, della "Camera dei tre laghi", ovvero la stanza della Rocca di Arona in cui, nel 1538, naqcue il Santo. Ai lati dell'altare, in armadietti a muro con ante lignee scolpite, sono custodite le reliquie del Santo, il calco del volto dopo la morte e tessuti intrisi del suo sangue, raccolto durante l'imbalsamazione. Altre informazioni: L’opera è stata eseguita dal 1614 al 1697, disegnata da Giovanni Battista Crespi, detto il Cerano, ed eseguita da Siro Zanella e Bernardo Falcone. La statua è in grossi fogli di rame uniti da altrettanti grossi chiodi e al suo interno vi è una ripida scala che rende possibile l’accesso fino in cima alla statua, da dove si può osservare il panorama circostante.
Altezza totale m. 35 Altezza della statua m. 23,50 Altezza del piedistallo m. 11,50 Giro della testa m. 6,50 Larghezza della faccia m. 2,40 Altezza del naso m. 0,85 Larghezza dell'orecchio m. 0,75 Larghezza degli occhi m. 0,50 Larghezza della bocca m. 0,75 Larghezza del braccio m. 9,10 Altezza del breviario m. 4,20
Larghezza della mano m. 1,45 Lunghezza del pollice m. 1,00 Larghezza del pollice m. 1,40 Circonferenza del pollice m. 1 Lunghezza dell'indice m. 1,95
LA ROCCA DI ARONA e SAN CARLO BORROMEO Il 2 ottobre 1538, nella camera detta dei tre laghi (la sua forma trapezoidale con tre finestre permetteva di godere di altrettante viste sul lago), nasce San Carlo Borromeo, quartogenito di Gilberto II Borromeo e della marchesa Margherita Medici. Il luogo della nascita era stato scelto dal padre, che preferiva la Rocca al Palazzo Borromeo ubicato nel borgo sottostante. Numerosi pellegrini già dai primi anni del XVII secolo salivano in visita alla camera del Santo e, dal momento che la stanza era stata adibita ad infermeria, venivano dirottati in un altro luogo limitrofo. Nel 1677 la camera viene poi convertita in oratorio e sull'altare viene collocato un grande quadro rappresentante San Carlo. I resti della camera dei tre laghi, inseriti tra quelli del Salone delle Armi e della Porta del Soccorso, sono ancora presenti e visibili nel parco della Rocca. Gli arredi sono invece stati trasferiti in una cappella dietro l'altare della Chiesa dedicata a San Carlo, sul colle omonimo, per riproporre a fini devozionali la stanza natale del Santo. Nel 1573, durante il suo cammino episcopale, San Carlo, spesso in contrasto con il governo spagnolo, arriva a scomunicarne il governatore. Quest'ultimo non si limita a far circondare il palazzo vescovile milanese, ma ordina pure l'occupazione della Rocca che verrà restituita ai Borromeo solo sei anni più tardi. Sotto i Savoia, nel 1797 (anno dell'abolizione dei feudi), i Borromeo perdono i diritti feudali sulla Rocca. Alla prima discesa di Napoleone in Italia, tra il 1796 e il 1798, Arona risponde accogliendo pacificamente i francesi (dicembre 1798). Gli Austriaci però rioccupano la Rocca pochi mesi dopo. Quando, il 1° giugno 1800, le truppe napoleoniche pongono nuovamente la fortezza di Arona sotto assedio, gli Austriaci resistono una ventina di giorni per poi arrendersi. Poche settimane dopo Bonaparte ordina la distruzione totale della Rocca perché poteva costituire, in mano al nemico, un duro ostacolo per il transito delle sue truppe da e per la Francia (nel 1805 Napoleone farà costruire la sottostante Strada del Sempione per collegare, attraverso lomonimo passo, Milano a Parigi). L'opera di demolizione della fortezza, mediante cariche esplosive a spese della città e dell'intera provincia dell'Alto Novarese, durerà quasi un anno. Nel 1807 i Borromeo rientrano in possesso della Rocca (ma non dei diritti feudali), con la condizione di ...non poter cambiare faccia del luogo.... Perso il suo ruolo, la fortezza viene prima mantenuta priva di vegetazione per non diventare nascondiglio di eventuali nemici, poi viene utilizzata a scopo agricolo nelle zone piane e nei terrazzi. Con mezzadria e affitto l'attività si basava sull'allevamento di maiali e bovini e sulla coltivazione della vite. Dopo anni di abbandono delle aree coltivabili, unitamente all'invasione della vegetazione spontanea, la Famiglia Borromeo ha concesso l'utilizzo della Rocca al Comune di Arona a condizione che fosse adibita a parco pubblico, aperto nel 1970. La Rocca è poi rimasta chiusa negli ultimi dieci anni finché nel settembre 2011, grazie ad un nuovo accordo con la Famiglia Borromeo, il suo parco, risistemato e messo in sicurezza, è stato riaperto al pubblico (solo nei weekend fino alla fine di ottobre e poi nuovamente in primavera).
LORY Le colonne di San Lorenzo sono un'antica costruzione di epoca romana di Milano; situate di fronte alla basilica omonima in prossimità della porta Ticinese medievale, rappresentano uno dei rari reperti superstiti della Milano imperiale. Si tratta di sedici colonne in marmo con capitelli corinzi che sostengono la trabeazione che fu di un edificio romano risalente al III secolo, probabilmente delle grandi terme volute dall'imperatore Massimiano. Le colonne vennero trasportate nell'attuale locazione nel IV secolo a completare la nascente basilica di San Lorenzo. Appoggiati alla basilica vi sono altri corpi, tra cui notevole è la cappella di sant'Aquilino con mosaici di età romana. Le colonne rivestono un significato affettivo per alcuni milanesi in quanto testimonianza visibile dell'antica Mediolanum, che ha resistito alla furia distruttiva dei Goti, del Barbarossa, dei bombardamenti dell'ultima guerra mondiale e anche alla furia ricostruttrice dei suoi cittadini. Fino al 1935 lo spazio tra la chiesa e le colonne era interamente occupato da vecchi edifici popolari, a ridosso della facciata stessa della basilica, che di fatto era interamente circondato da vecchie case. Nonostante i progetti per salvare questo angolo cittadino estremamente pittoresco, il piano di rinnovazione decise di aprire la piazza demolendo le strutture fatiscenti, liberando la chiesa frontalmente.
Il vicolo è dedicato ai lavandai e non alle lavandaie, perché nell'Ottocento ad occuparsi del servizio di lavaggio erano gli uomini, organizzati in una vera e propria associazione. La confraternita dei Lavandai di Milano risale al 1700. Sant'Antonio da Padova è il loro protettore e a lui è dedicato un altare nella chiesta di Santa Maria delle Grazie al Naviglio, ubicata a 100 metri circa dal Vicolo dei Lavandai, lungo l'Alzaia Naviglio Grande. Al numero 6 del Vicolo dei Lavandai si trova inoltre una centrifuga dei primi del 1900, quando ancora non esistevano le lavatrici. Il ruscelletto (el fossett, in dialetto milanese) è alimentato dalle acque del Naviglio Grande. Un tempo le lavandaie, munite di secchio, sapone-spazzole e candeggina stavano inginocchiate sul “brellin” di legno, strofinando i panni sugli stalli di pietra ed ancora visibili nel vicolo. Il materiale, detersivo usato dalle lavandaie, era costituito dal cosiddetto “palton”, una paste semidensa a base di cenere, sapone e soda.
MARIA ANTO BRICCOLA E PALINA La città di Venezia si raccoglie e si proietta sui lidi, sulla gronda lagunare ed oltre, lungo i ghebbi e i canali, attraverso isole, barene, velme, valli e paludi, con un moto incessante che è quello delle maree. E attraverso l’acqua è il suo essere laguna e luogo urbano totale. I Fondatori, mediante i pali e l’azione del palificare, si sono però allargati quanto comportava il sito del luogo, supplendo al difetto della natura con l’arte. Briccola: segnali speciali, costituiti da pali o gruppi di pali, piantati nella laguna veneta, lungo i bordi dei bassi fondali e sporgenti dall’acqua in modo da indicare alle navi le rotte e i canali navigabili e servire eventualmente da ormeggio. Nella laguna di Venezia si trovano dei pali conficcati nel fondo a volte singoli (palina) a volte uniti a gruppi di tre o più (bricola). Servono per segnalare il limite tra un canale navigabile e la secca. Già dal 1439 esisteva una normativa relativa alle briccole e da allora nulla è cambiato eccetto che per l’applicazione di un catarifrangente, e talvolta di una luce, che aiuta la navigazione notturna. Il legno più adatto per le briccole è la rovere, quasi indistruttibile, anche se la marea e il moto ondoso prima o dopo hanno il sopravvento. Per segnalare l’inizio di un canale si ha una briccola con il palo centrale più alto degli altri. Altri tipi di paline sono quelle che si trovano all’interno dei canali cittadini con funzione di ormeggio.
CHIARETTA Milano p.le Accursio - Stabilimento Alfa Romeo anni '60 - Architettura industriale. La sirena della fabbrica mi accompagnava al ritorno da scuola e la sera alle 17,00 quando i lavoratori tornavano alle loro case. Le sirene delle fabbriche non ci sono più a scadenzare la giornata dei cittadini milanesi.
Scuderie de Montel - San Siro. Bagni curativi e rilassanti, massaggi, fanghi, cure estetiche e terapeutiche. Come in una qualsiasi stazione termale. Solo il panorama sarà un po’ diverso: niente montagne o laghi color smeraldo, ma l’Ippodromo di San Siro. Le terme stanno per arrivare a Milano. Nelle ex scuderie De Montel (tra via Fetonte e via Achille), la palazzina liberty dei primi del Novecento da anni abbandonata all’incuria nonostante le proteste del comitato di quartiere. Pochi giorni fa la svolta: la società «Consorzio Stabile» (una rete di 25 imprese, la maggior parte milanesi) si è aggiudicata l’uso dello spazio per 35 anni vincendo un bando pubblico del Comune. La gestione dell’impianto sarà affidata al marchio «Terme di Saturnia»: nella palazzina di due piani scorrerà «acqua scientificamente testata e di grande valore terapeutico».
La Milano romana e la rocca del palazzo imperiale- Era una città multietnica in cui convivevano popoli di razze dai tratti mediterranei, nordici, orientali, caucasici, negroidi. Un testimone dell'epoca, il poeta gallico Ausonio, rievoca lo splendore architettonico di Mediolanum negli anni fra il 380 e il 390 d.c.: " A Milano ogni cosa è degna di ammirazione. Vi è profusione di ricchezze e innumerevoli sono le case signorili. La popolazione è di grandi capacità, eloquente ed affabile. La città... è circondata da una duplice cerchia di mura: vi sono il circo, dove il popolo gode degli spettacoli, il teatro con le gradinate a cuneo, la rocca del palazzo imperiale, la zecca, il quartiere che prende il nome dalle celebri terme erculee. Le sue costruzioni sono una più imponente dell'altra e non ne sminuisce la grandezza neppure la vicinanza con Roma".
Il primo modello di Bianchina fu appunto denominato Trasformabile per la versatilità con cui si trasformava da berlina a cabriolet una volta abbassata completamente la capote in tela vinilica. Anche se i posti totali come recitava il “libretto di circolazione” erano quattro, ben difficilmente un adulto e ancor meno due avrebbero potuto trovare facile collocazione sulla rudimentale panchetta posteriore quali passeggeri, ma potevano ospitare due bambini, o all'occorrenza, le valige e l'attrezzatura per le prime gite fuori porta. Da tener presente che l'alternativa alle piccole utilitarie made in Italy per gli spostamenti di lavoro, come per le gite domenicali, era il torpedone, la motocicletta (Vespa o Lambretta che sia) o nella maggior parte dei casi una bella e sana bicicletta .
Proprio per merito del Rito Ambrosiano, mentre tutto il resto dell'Italia ha già finito di festeggiare, il carnevale arriva a Milano. Meneghin e Cecca: le maschere milanesiMeneghino, è la maschera di Milano, compare sullo scorcio del Seicento come personaggio nelle commedie dialettali di Carlo Maria Maggi. Porta il tricorno, un cappello con tre punte, la parrucca con un codino, la giacca lunga rossiccia e marrone, i calzoni in cima al ginocchio verdi e in fondo le calze a righe rosse e bianche. Sotto la giacca indossa una camicia gialla con ai bordi del pizzo e un fazzoletto intorno al collo. Le scarpe sono marroni, della forma di una volta, con fibbia davanti. In mano porta un ombrellino rosa. Il suo vero nome è Domenico, mentre il diminutivo è "Domeneghin". Chi è Meneghino? E' lo zotico servo domenicale (donde il nome), dotato della saggezza popolare fatta di luoghi comuni, credulone, devoto ai padroni, tutto sommato simpatico e generoso, che ricorda in chiave moderna certi personaggi portati sullo schermo da Renato Pozzetto. Più tardi venne affiancato dalla "Cecca" e in coppia venivano effigiati fino a mezzo secolo fa quale portafortuna per le case milanesi. Personifica la maschera milanese che risponde, sempre pronto, alle domande spiritose.
una colonna di granito antico-romana all'interno della Basilica, poggia il Serpente di Mosè, che scappò all'ira iconoclasta del re Ezechia. È un scultura in bronzo (in passato creduta quella originaria di Mosè) donata dall'imperatore Basilio II nel 1007. Al serpente si indirizzano preghiere per scacciare alcuni tipi di malanni e si dice che la fine del mondo verrà preannunciata dalla sua discesa da questa colonna sulla quale è accoccolato. .....I tipi di malanni sono: il mal di pancia ecc.ecc.
IRENE PIAZZA S.PIETRO...CHIAVENNA (SO) piazzetta, alla quale si accede da una vietta in leggera salita, è delimitata da un lato dalla costruzione dell´ex convento delle Agostiniane e dall´annessa chiesa di San Pietro, ora sconsacrata, e dall´altro dall´ex palazzo Pretorio. A partire dal XIII secolo, qui si tenevano le riunioni del consiglio del comune, convocato con il suono della campana del campanile di San Pietro, che era anche torre civica.
Proprietà del Comune di Chiavenna, ubicato nel confinante Comune di Piuro. Donato con testamento dalla Sig.ra Maria Eva Sala, moglie dell'ultimo proprietario, l'Ing. Luigi Bonomi, con la condizione, fra l'altro, che fosse mantenuto il posto di lavoro al giardiniere di palazzo, il quale inconsapelvolmente , forse unico caso in Italia, si è trovato titolare di un posto pubblico senza procedure concorsuali o selettive, ma semplicemente per eredità. Il complesso che comprende palazzo, rustici ed un sistema di aree a verde con diversificate caratterizzazioni funzionali, sorge all'estremità nord dell'abitato di Prosto, in una posizione isolata rispetto al borgo di Piuro, distrutto da una frana nel 1618. Edificato presumibilmente nella seconda metà del 1500 dai fratelli Luigi e Guglielmo Vertemate Franchi, il complesso rappresenta uno vera rarità nel territorio della Provincia di Sondrio, dove la conformazione geologica, le condizioni climatiche ed il frazionamento proprietario tipico delle valli alpine, rendono difficile l'affermarsi di tale tipologia. Il complesso è costituito da un elegante palazzo signorile dai prevalenti caratteri cinquecenteschi, cui sono annessi in un contiguo recinto, i rustici legati alla conduzione del fondo agricolo circostante: la casa del custode, il torchio, la cantina, le stalle, la ghiacciaia. Grazie alla posizione climaticamente privilegiata, l'antica Roncaglia, si è potuto dar luogo, oltre al vigneto per la produzione del
Bianco Palazzo Vertemate Franchi, al frutteto dominato da un'esedra monumentale, all'orto, al giardino all'italiana con peschiera in pietra locale, nel versante a valle del palazzo, e al castagneto nel versante o monte; queste attività sono state mantenute a lungo, sebbene con alterne vicende, in un sito abitato pressochÊ fino al 1985, quando passò al Comune di Chiavenna per lascito dell'ultimo proprietario.
FLAVIO CASTELLO DI VARANO DE MELEGARI Le vicende storiche del borgo di Varano sono inscindibili da quelle del castello, che viene costruito nel XV secolo a presidio della valle. Nel 1452, dopo la riconquista del feudo da parte di Rolando il Magnifico, l'edificio torna stabilmente sotto il possesso dei Pallavicino e assume l'assetto attuale, che lo differenzia dagli altri castelli parmigiani del Quattrocento per molti aspetti, e tra questi: le quattro torri non angolari, la facciata di sud-ovest con le tre torri allineate, e il portale d'accesso che si apre su un fianco della torre, con una soluzione certamente insolita ma tatticamente molto efficace. Nel 1805 i Levacher subentrano ai Pallavicino nella proprietà del castello, e la conservano fino al 1965. Il castello è oggi di proprietà comunale.L'attuale struttura fortificata, a pianta rettangolare e torri angolari, conserva ancora l'assetto quattrocentesco con beccatelli sporgenti e scarpa basamentale. Le strutture interne dell'edificio mostrano invece ripetuti interventi di ristrutturazione e adeguamento attuati a partire dal XVIII secolo, con la creazione dello scalone ad opera di Alessandro Pallavicino nel 1715, fino al XX secolo, con la parziale trasformazione operata nel primo dopoguerra dalla famiglia Levacher. Il Signore e la corte: Rolando Pallavicino, detto "il Magnifico" (1394 - 1457), nato nel 1394, svolge un ruolo primario nella complessa e contraddittoria vicenda parmigiana nella prima metà del XV secolo. Coinvolto, con i Rossi e i Terzi, nello scontro fra le fazioni per il controllo dei passaggi strategici del Po, della viabilità sulla via Emilia e della zona delle saline di Salsomaggiore, Rolando Pallavicino, noto anche per aver imprigionato e derubato il legato pontificio Branda Castiglioni nel 1410, svolge numerose imprese militari e diplomatiche per i duchi Visconti di Milano, in un'epoca che vede la massima estensione territoriale dei possessi del casato milanese.Con la morte di Rolando nel 1457 si ha lo smembramento in più signorie dello stato pallavicino e la sottomissione del casato alla volontà dei duchi di Milano..A Rolando si deve la costruzione del castello di Varano: roccaforte strategica a salvaguardia della vallata del Ceno, costituiva uno dei migliori esempi di architettura difensiva dell'inizio del Quattrocento
Valceno, fontanella di campagna queste fontanelle vennero costruite negli anni '50 nelle case di campagna, prima non esisteva la rete idrica e per l'acqua si adoperavano i pozzi
casina de pom - lungo la martesana L’atmosfera della Martesana, dove sorge la Cassina Dé Pom, aveva un fascino tale da fare di questa “cascina” anche un albergo. Ora, dopo il restauro che ne ha conservato l'antica struttura, è un rinomato posto dove ritrovarsi nella zona Greco/Direzionale. Subito dopi il ponte posto alla destra della Cassina Dé Pom, negli anni '60 iniziarono i lavori per la copertura totale del Naviglio Martesana crendo così una grande arteria stradale (Via Melchiorre Gioia).
la chiusa e il ponte sulla martesana nei pressi della casina de pom
la casetta Mascazzini sulla martesana :-) andando avanti si arriva alla cassina de pom all'ustaria
sempre lungo la martesana
finestre sulla martesana
interni lungo la martesana Da quel momento iniziò per la Martesana un periodo di grande attività che durò fino a tutta la seconda metà dell'Ottocento e
che ebbe il suo culmine dopo l'apertura del Naviglio di Paderno nel 1777. A Milano giungevano derrate alimentari fresche (frutta, verdure, bestiame da macello, formaggi), foraggi e paglia, vino, granaglie (frumento, orzo, miglio e mais, la cui cultura era stata introdotta nel ducato nel 1519), materiali da costruzione e laterizi, calce, sabbia, manufatti, utensili vari, sedie e mobili. Dalla città partivano filati e stoffe e i manufatti delle numerosissime botteghe artigiane di ogni genere. C'è però sempre il problema delle piene del Lambro a creare difficoltà: essendo giudicata troppo costosa la ricostruzione del ponte-canale, si rimedia con un ponte di legno su cui possono passare barcaioli e cavalli quando il fiume ingrossa troppo per essere guadato. Le tasse, i pedaggi e le gabelle sono pesanti e non si distingue tra barche piene o semicariche[19]. Tra Trezzo e Brivio prosperano i mulattieri addetti ai trasbordi. Dopo il 1777, il traffico è più pesante: ferro, marmo, sempre più legname, carbone. Nell'occasione, il governo austriaco sospende i "dazi di catena"[20] e garantisce alle barche il carico di ritorno con il trasporto del sale a Lecco. Nel 1782 si apre una regolare linea per i passeggeri dal tombon de San Marc alla città lariana e nel 1800 inizia il servizio el barchett de Vaver (Vaprio), la barca corriera resa celebre dal film di Ermanno Olmi, L'albero degli zoccoli.[21][22] Il bacino della Cassina de'pomm, grazie anche alla conca che tratteneva le acque, era diventato il porto per sabbia e ghiaie, merci che raramente arrivavano a San Marco[23]. La strada alzaia risaliva con la Martesana a sinistra e un canale sulla destra. Derivato dal naviglio poco a monte, azionava tre grossi mulini ("bianco" per il frumento, "giallo" per il grano turco e "terzo mulino" perché costruito per ultimo) e si ricongiungeva alla Martesana, con una rumorosa cascata, subito dopo la conca. Oggi la stessa roggia è quella che alimenta il ruscello e i giochi d'acqua del piccolo Parco della Cassina de' pomm.[24]
L'assetto della Martesana variò periodicamente alla ricerca dell'equilibrio tra la funzione irrigatoria e di navigazione; la descrizione che segue si riferisce ai dati riportati da Carlo Cattaneo nel 1844,[3] che rispecchiano la situazione di stabilità raggiunta dopo i lavori ordinati dal duca di Albuquerque, governatore di Milano (1574), fino alla chiusura della fossa interna nel 1929. La presa d'acqua a Concesa avveniva a fianco di uno sfioratore a sperone lungo 268 metri, con cinque scaricatori e 29 porte per evitare, in caso di piene dell'Adda, una portata eccessiva; altri scaricatori (che potevano però funzionare anche come "affluenti") erano sistemati agli incroci coi fiumi, Molgora, Lambro e Seveso in particolare; l'eventuale ulteriore surplus d'acqua veniva sversato nel Redefossi con uno scaricatore a dodici porte. Tutto il sistema era concepito per raccogliere le piene smaltendole a valle. Le acque per l'irrigazione erano estratte da 75 bocche a sinistra e dieci in sponda destra. Nel suo percorso attraversa i territori dei comuni di Trezzo sull'Adda, Vaprio d'Adda, Cassano d'Adda, Inzago, Bellinzago Lombardo, Gessate, Gorgonzola, Bussero, Cassina de' Pecchi, Cernusco sul Naviglio, Vimodrone e Cologno Monzese; entra nel territorio di Milano in via Idro, alla periferia nordorientale della città, e scorre a cielo aperto fino alla Cassina de' Pomm, all'angolo con via Melchiorre Gioia sotto il cui manto stradale si infossa, dal 1968, con una brusca curva a sinistra. Seguendo la via, riceve il torrente Seveso e raggiunge i bastioni di Porta Nuova dove dà origine al Cavo Redefossi. Nel passato, dopo aver superato la conca della Cassina de' pomm, con il medesimo percorso ma alla quota del piano di campagna, la Martesana raggiungeva porta Nuova, sottopassava la strada di circonvallazione (Ponte delle Gabelle) e i Bastioni (Tombon de San Marc), incontrava prima la conca dell'Incoronata, dava origine al laghetto di San Marco e, attraverso la conca omonima, raggiungeva la fossa interna dei navigli.[4]
La storia cartacea del Naviglio Martesana iniziò il 3 giugno 1443 quando Filippo Maria Visconti (1412-1447) approvò, con una disposizione intitolata Ordo rugie extrahendi ex-flumine Abdua, il progetto, che gli era stato presentato da un gruppo di illustri cittadini milanesi guidati da Catellano Cotta, amministratore ducale del Monopolio del sale e fratello del feudatario di Melzo. Essi chiedevano di derivare le acque dell'Adda per realizzare un canale utilizzabile sia per l'irrigazione, sia per azionare sedici mulini (il duca ne autorizzò dieci). Il corso individuato prevedeva che il canale venisse alimentato da una presa d'acqua (incile) situata poco a valle del castello di Trezzo sull'Adda, in un punto in cui il fiume ha una strettoia e la corrente sarebbe stata sufficiente per garantire un flusso costante. Il canale avrebbe poi costeggiato l'Adda per dirigersi a occidente dopo Cassano d'Adda, raggiungere Inzago, seguirne per un tratto il fossato di cerchia e puntare verso Trecella e Melzo per confluire nel torrente Molgora.
La conca dell'Incoronata nel 1920
... e dallo stesso punto di vista, nel 2010 Filippo Maria Visconti morì nel 1447 e, dopo la parentesi della Repubblica Ambrosiana, gli successe Francesco Sforza che nel 1457 promanò un editto, sottoscritto da Cicco Simonetta, che diede il via alla progettazione del Navilio nostro de Martexana, dove l'utilizzo dell'aggettivo nostro non è casuale ma è atto a sancire l'aspetto di pubblica utilità dell'opera. In seguito agli eventi che videro Milano in guerra con Venezia e che portarono alla pace di Lodi, lo Sforza aveva compreso il valore militare ed economico di un canale utilizzabile per la navigazione, in quella che era considerata un'area di frontiera strategica per il ducato, e ne modificò il percorso, portandolo a raggiungere Milano, per inserirlo in un più vasto disegno di collegamento della città con l'Adda e il Ticino.[5] Un decreto del 1º luglio dello stesso anno segnò l'inizio dei lavori guidati da un folto gruppo di ingegneri ducali, cui spettava il compito di reclutare le maestranze, procurare i materiali e dirigere i lavori. Fra questi il più noto era Bertola da Novate, che già ai tempi dei Visconti si era occupato del canale, e a lui il duca affidò la direzione dei lavori; citato in un appunto leonardesco fu erroneamente ritenuto per lungo tempo l'unico progettista ed esecutore dei lavori. Il primo tratto della Martesana fino al Seveso (Cassina de' pomm) fu completato in otto anni e reso navigabile nel 1471, quand'era duca Filippo Maria; la fossa interna fu raggiunta nel 1496, durante il ducato di Lodovico il Moro.
Il Naviglio della Martesana (anche noto come Naviglio Piccolo), è uno dei navigli milanesi. È situato a sud del Canale Villoresi. La Martesana è un canale navigabile largo dai 9 ai 18 metri, profondo da uno a 3 metri e lungo 38,7 km (di cui alcuni interrati) che collega Milano con il fiume Adda dal quale riceve le acque a Concesa poco a valle di Trezzo sull'Adda. Ebbe il nome Martesana, per il contado che avrebbe attraversato, da Francesco Sforza nel 1457, ancor prima che iniziassero nel 1460 i lavori per costruirlo. Il dislivello tra l'incile e il Naviglio di San Marco, superata la conca dell'Incoronata, era di 19 metri.[2] L'appellativo piccolo gli deriva dal confronto con il precedente e ben più importante Naviglio Grande.
MARINA
Lago di Varese .., E .. Piccolo piccolo .. Come pozzanghere dai mille colori di un arcobaleno .. Tante forme di vita in libertà .. Per me .. Ricordi .. E dolci speranze ! .. Nelle pozzanghere i più bei sogni ... Nei sogni .. I più bei colori ., .... E che arc en ciel .. Sia ! .. M. R . Varese 29/4/2012 Ps . Nascosto tra gli alberi ..occhieggia S . Monte di Varese ..,
Io .. Sono nata a Milano e ci vivo ! .. Ma ho ritenuto anche bello parlare e postare immagini di un posto a me molto caro ..,che mi videro bambina .. Che mi vedono donna .. Ed ora mamma felice ! Ed ora due parole ..: Posto ai piedi delle prealpi varesine , a 238 m s . L . M , con una profondita media di 11m e massima di 26 m , con una superficie di 14, 95 kmq , ha l ' inconfondibile forma di scarpa . Il lago di varese Non ha affluenti .ma alimentato da Acqua sorgiva ! .. Si formò circa 15. 000 anni fa - assieme al Maggiore - col ritiro del ghiacciaio del Verbano . Bagna nove comuni ( Varese - Azzate- Bardello - Biandronno - Bodio lomnago -Buguggiate -galliate lombardo -Cazzago Brabbia e Gavirate )..anticamente infatti era noto come lago di gavirate .. Negli anni ' 20 - diventata capoluogo Varese - acquisendo una buona parte di sponde . Cambio denominazione in lago di Varese ! La flora è un alternarsi di vegetazione acquatica con ampi canneti , salici ed ontani - riserva naturale che tutela uno degli esempi meglio conservati di torbiera di pianura . La fauna è composta da circa 170 specie di volatili. .anche molto rari ( moretta tabaccata . La canapiglia come il Tarabusco e l ' airone rosso ) ..e cigni .. Cuculi gallinelle in quantità e in quella ittica : persico reale - black bass - luccio anguilla - cavedano . Carpa . Tinca - pesce gatto .. E gambero rosso della Louisiana. .. E aggiungo io .. Rane .. Rane ..,rane .. Dagli splendidi concerti !!!!! . Sotto il comune di Biandronno .. Bellissima la piccola isola . Denominata " isolino virginia " . Dove nel 1863 furono ritrovati resti di civiltà palafitticole conservate ora al museo Ponti sull ' isola stessa . Il lago è anche un eccellente campo di gare di canottaggio . Infatti la Canottieri di Varese è organizzatrice di eventi renieri .. Nazionali ed internazionali .. Riportando la canottieri di gavirate numerosi successi quali la coppa Montu nel 2007//8/9 . A piedi splendide passeggiate sulla pista ciclo pedonale attorno al lago per una lunghezza totale di 28 km circa .. Imprime negli occhi e nel cuore .. Immagini a mio parere commoventi e singolari .!
Rotonda di Buguggiate .. Lungo il lago che porta alla pista ciclabile del lungo lago di Varese . Nel centro un aereo Aermacchi simbolo Dell ' industria varesotta . Attorno , ricordo degli ultimi campionati mondiali di ciclismo che qui fece passaggio obbligatorio ..
Eni Girometta La colonna del leone... Davanti alla facciata della basilica di S.Babila, a Milano, si eleva la "colonna del leone", opera di Giuseppe Robecco. Le origini di questa statua si confondono tra storia e leggenda: pare che in tempi remoti i veneziani volessero impadronirsi della città con un colpo di mano. Giunsero a notte fonda fino alla cinta delle mura, per preparare l'attacco nei pressi di Porta Orientale, che allora si apriva a pochi metri di distanza dalla basilica. A lanciare l'allarme fu un panettiere che accortosi dei soldati in agguato, azionò il suo buratto (un setaccio speciale per abburattare la farina per fare il pane) al massimo, producendo un forte rumore che svegliò i milanesi e li fece correre in massa con le armi in pugno per cacciare gli invasori. Nel caos che ne seguì, venne dimenticato sul campo il leone simbolo di S.Marco. Proprio quello che scolpito in pitra d'Oira, dall'alto della colonna sembra da sempre montare la guardia alla nostra città.
Raccolta e impaginatura fatta da Irene Cappello Aprile 2012