URBANSCAPE

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italianstreetphotography.com


Urbanscape Realizzato da Concept Curatore Editing Grafica Copertina

Settembre 2020 ISP - Italian Street Photography Angelo Cucchetto Fulvio Bortolozzo Angelo Cucchetto e Fulvio Bortolozzo Studio grafico Stefano Ambroset Dave Jordano © Tutte le foto appartengono ai rispettivi autori

Indice Insistenze Dave Jordano Mario Ferrara Antonio Armentano Francesco Viceconti Antonello Di Gennaro

Notte a Detroit Wilhelminapier Le notti quiete High Milano Barletta, una città sospesa

At t r av e r s a m e n t i Alessandro Cirillo Because the night Michele Vittori Una provincia Francesco Sammarco Paesaggi in attesa Gianmatteo Cirillo City(E)Scapes Matteo Garzonio Bassa velocità Ti p o l o g i e Marco Fogarolo Federico Galli Franco Zanin

Nuove cattedrali Lesina: presenze invisibili Architetture effimere

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Scenari Gianna Spirito Lo spazio teatrale G. Di Giulio, S. Giuntoli Place for life Stefano Forti Contemplare l’assenza

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Impressioni Carola Casagrande Fabio Viscardi Gepe Cavallero Beppe Castellani

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Tracce La città sospesa Una notte in città The little big town


Quando Angelo Cucchetto mi chiamò nell’autunno dello scorso anno a curare un volume speciale dedicato alla fotografia degli spazi urbani accolsi con vero piacere la sua proposta. Da molti anni inseguo, sia con la pratica sul campo sia con la didattica, la complessa relazione che esiste tra lo spazio edificato dagli umani e la sua traduzione in immagini. Una relazione affascinante che esiste fin dall’inizio dell’invenzione della fotografia. Basti pensare alla famosa veduta del Boulevard du Temple presa nel 1838 da Louis Daguerre dalla finestra del suo studio parigino. Già in quella immagine primigenia sono contenuti i caratteri essenziali di luogo, tempo e spazio che si ritrovano ancora oggi in ogni fotografia della scena urbana. La città è un palcoscenico ideale nel quale la presenza umana può essere assente, evocata o anche presente, ma mai preponderante. Le tracce delle esistenze sono disseminate in ogni angolo edificato, sotto ogni luce con ogni durata di tempo. Sta al fotografo mettere in azione il meccanismo visivo che trasferirà in immagini compiute il complesso fluire delle percezioni dirette. L’osservazione attenta e insistita è la chiave per estrarre le descrizioni visive più efficaci, quelle che trasferiscono il pensiero dalla scena in se stessa alle relazioni possibili con altri significati nascosti sotto l’apparenza banale del quotidiano. In questo senso, la selezione dei 20 autori qui pubblicati offre una molteplicità di approcci e soluzioni davvero interessanti. Inizialmente l’idea curatoriale voleva attenersi alla massima neutralità: un elenco alfabetico di autori. Come già avevo fatto in diversi miei progetti editoriali, per non prevaricare o privilegiare alcuna direzione. Nella dialettica fertile che ha accompagnato questo progetto, è però alla fine prevalso l’orientamento di dare delle indicazioni sulle possibili linee prevalenti di ricerca che si potevano rinvenire nei lavori scelti. Ecco quindi la divisione della pubblicazione in sezioni dai titoli evocativi. Accenni interpretativi, senza la volontà o la pretesa di costituire binari o schemi, ma solo suggerimenti di orizzonti che chi vorrà potrà confermare o abbandonare a seconda della propria sensibilità. Il curatore Fulvio Bortolozzo

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Detroit notturna Dave Jordano

In un ideale proseguo del mio precedente lavoro “Detroit: Unbroken Down” che documentava la vita di residenti in difficoltà, “A Detroit Nocturne” si basa maggiormente sull’assenza delle persone che abitano a Detroit, ma questo non vuol dire che non sono consapevole della loro presenza. Queste fotografie rappresentano un documento visivo che parla della calma determinazione dei suoi residenti, sia come gestori di negozi indipendenti sia come proprietari di case che sono sopravvissuti al lungo e difficile percorso di vita in una città post-industriale spogliata della prosperità e delle opportunità economiche. In molte città “arrugginite” come Detroit le vite delle persone proseguono poiché i quartieri si sostengono e si forniscono reciprocamente attraverso la creazione di posti di lavoro, il coinvolgimento ad hoc, la comunità, il sostegno morale e spirituale e una mentalità raffinata del fai-da-te. Con tutta l’attenzione dei media sulla rinascita e il risveglio di Detroit, è importante notare che molti quartieri della città sono sopravvissuti per anni facendo affidamento su commercianti e aziende locali che operano solo in contanti. Basandosi su un forte senso di autoconservazione, gli individui lottano per sopravvivere mantenendo un sano senso di connessione senza la paura di arrendersi. Tutti questi stabilimenti, grandi o piccoli, sono per molti versi un indicatore della storia in corso che è Detroit, una testimonianza della tenacia dei residenti della città che stanno cercando disperatamente di aggrapparsi a ciò che resta del tessuto sociale ed economico della città. Ho scelto di realizzare queste immagini di notte non solo per dare maggiore enfasi al loro ambiente, presentandole in una luce sconosciuta, ma anche per introdurre un momento di riflessione e calma. Pezzi del passato, presente e futuro sono miscelati in questo progetto. Dopotutto questi edifici sono l’evidenza fisica di dove abbiamo scolpito le nostre ambizioni collettive e vissuto i nostri sogni.

Dave Jordano Dave Jordano è nato nel 1948 a Detroit, nel Michigan. Ha conseguito la laurea in fotografia presso il Center for Creative Studies di Detroit nel 1974. Nel 1977 ha fondato uno studio fotografico commerciale di grande successo a Chicago, realizzando importanti campagne pubblicitarie per aziende come Crate & Barrel, Starbucks, Sears, Nestle, Kraft Foods , General Mills, Nintendo e Kellogg’s. Ha ricevuto per la prima volta una menzione d’onore nel progetto di collaborazione a lungo termine del Houston Center for Photography nel 2003, e poi ha ricevuto il Curator’s Choice Award l’anno successivo. È stato per tre volte finalista ai LensCulture International Photography Awards. Nel 2015 gli è stato assegnato il Peter Urban Legacy Prize e il Best of Show Award dal concorso annuale del Griffin Museum of Photography, è diventato finalista del triennale Outwin-Boochever Portrait Competition della Nation Portrait Gallery di Washington DC e ha ricevuto il prestigioso AIMIA da $ 50.000 -AGO Photography Prize in Canada per il suo lavoro a Detroit. Il suo lavoro è incluso in diverse collezioni private, aziendali e museali, in particolare nella collezione permanente del Museum of Contemporary Photography, Chicago, della Library of Congress, della divisione Prints and Photographs, del Museum of Fine Arts, di Houston e del Museum of Fine Arts, Boston, Detroit Art Institute, The Harris Bank Collection, Mary & Leigh Block Museum of Art, Northwestern University e Federal Reserve.

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Dave Jordano - Detroit notturna


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Wilhelminapier Mario Ferrara

«Nessuna immagine fissa di questa città può descrivere più di un punto di un vasto spettro di possibilità, uno spettro che dovrebbe essere quadridimensionale e comprendere la dimensione temporale. Tuttavia, sembra esserci qualcosa nella città moderna che induce poeti, pittori, pianificatori e politici a creare immagini che cristallizzino la sua vita in elementi costitutivi statici.». Oltre la città la metropoli, Milano. Triennale di Milano Electa, 1988, pag. 251. a cura di, Georges Teyssot Il quartiere di Wilhelminapier, disegnato da Sir Norman Foster nel 1992, rappresenta un progetto ambizioso che portava in un pezzo di Rotterdam ancora inesplorato nuovi teatri, gallerie d’arte, hotel e residenze. Un’idea ambiziosa che subito dopo la realizzazione delle prime architetture, fece guadagnare alla rinnovata area della città il soprannome di ‘Manhattan sulla Mosa’. Architetture di grande rilievo fanno di questo quartiere, oggi, un museo a cielo aperto: la torre telecomunicazioni dell’azienda KPN progetto di RPBW, il grattacielo per uffici Wold Port Center di Foster & Partners, le due torri residenziali Montevideo di Mecanoo e New Orleans di Alvaro Siza; ultimo in termini di realizzazione, con i suoi 150 m di altezza, il De Rotterdam di Rem Koolhaas/OMA, il secondo più grande edificio della nazione. La serie fotografica rappresenta l’‘esito di un incontro’, quello tra l’autore ed un pezzo di città contemporanea. La sequenza fotografica ritma frames culturali, pezzi di sguardo, frammenti di luogo che, insieme, restituiscono allo spettatore, esattamente, la sintetica struttura teatrale della contemporaneità, rivelandosi, nella catarsi finale, inaspettata utilità per il progetto urbano.

Mario Ferrara Nasce a Caserta nel 1972. Laureato in architettura alla Federico II di Napoli. Master La rappresentazione fotografica dell’architettura e dell’ambiente, conseguito al La Sapienza di Roma. Insegna fotografia presso strutture pubbliche e private; al suo attivo numerose pubblicazioni. Ha insegnato Fotografia di Architettura all’Accademia di Belle Arti di Napoli ed al momento al DIARC della Federico II di Napoli, dove nel 2018 inizia il Dottorato di ricerca in Rappresentazione dell’architettura. Nel 2008 ha fotografato sette città italiane per la Deutsche Bank. Nel 2013 ha realizzato una campagna fotografica per la CEI, su undici chiese di architettura contemporanea italiane, con le immagini in mostra al museo MAXXI di Roma. Altre mostre: Museo MACRO (Roma 2014), Mediterraneo: Fotografie tra terra e mare (Venezia 2015), Seminario di Architettura e Cultura Urbana (Camerino 2015), Museo Foto Festival (Bari 2015), Rovinj Photodays (Rovigno, Croazia 2016), Tianjin Design Week (Tianjin, Cina 2019), Biennale di Pisa (Pisa 2019). www.marioferrara.it 16

Mario Ferrara - Wilhelminapier


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Le notti Quiete Antonio Armentano

Un centro storico immobile, le cui ferite rivelano il senso di chi lo vive più che l’incuria. Strade che sembrano mostrare la dolcezza del tempo che è passato ed un controllo imposto ai propri desideri. Messaggi segnati sui muri e sulle porte mostrano intransigenza ed inflessibilità nei confronti di sé stessi. Nella pace della notte, la quiete contemplazione con qualche pallida luce accesa, le strade che ostentano serenità destano in me triste emozione.

Antonio Armentano Vive e lavora a Cosenza, dove divide il suo tempo tra la diagnostica per immagini e le immagini come ricerca e comprensione. Autodidatta, fotografa dall’età di 14 anni quando ricevette in regalo la sua prima macchina fotografica. Ha sempre accostato la pratica fotografica agli studi, producendo ricerche fotografiche inerenti principalmente le personali interazioni con il paesaggio e la psicogeografia. Alla pratica fotografica abbina, da sempre, lo studio teorico del fotografico e della storia dell’arte più in generale. Ha pubblicato due libri fotografici: “Verso Dentro” e “Confini di Mare” ed un libro d’artista “Always Returning”. Dal 2013 è animatore culturale nel proprio territorio come Presidente de “L’impronta – culture fotografiche”, dove alterna attività didattica e di curatela. E’ componente della direzione artistica di “Confini”, rassegna della fotografia contemporanea Italiana. Ha esposto in mostre personali e collettive nel territorio nazionale, tra cui la VII edizione del “Festival Internazionale della Fotografia di Roma” nel 2008, la “Giornata del contemporaneo” nel 2009, “Fabriano Photofestival” nel 2010, la “Biennale Internazionale di Fotografia” nel 2013, “Corigliano Fotografia” nel 2011 e 2014.

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HIGH MILANO Francesco Viceconti

I confini urbani, per convenzione, sono sempre stati considerati il limite dell’orizzonte visivo. Cosa accade se alziamo il naso? Si rivela una città sempre più alta, che cerca di superare se stessa edificio dopo edificio. Qui gli spazi non si misurano metricamente ma attraverso la percezione che l’esploratore ha di essi e di ogni singolo fatto urbano. Durante tutto il secolo scorso Milano ha modificato la sua immagine restando, però, ancorata a se stessa cercando di non smarrire la propria identità fatta di storia, progresso e innovazione. Da Porta Venezia alle Torri Bianche del Gratosoglio, varcando l’antico limite di Porta Nuova fino ad arrivare in Corso Lodi, incrociando Torre Velasca, l’interlocutore è trasportato dal fascino della città antica, intravede la sua storia moderna per incontrare quella più recente che ne sta ridefinendo l’immagine.

Francesco Viceconti Laureatosi in Progettazione Architettonica presso il Politecnico di Milano, la Fotografia è stata una conseguenza del percorso intrapreso e, quindi, il suo naturale compimento. Nel marzo 2017 partecipa a un workshop architettonico/fotografico sulla città di Marrakech da cui nasce una ricerca, raccolta nel volume MARRAKI di cui un estratto è pubblicato nel volume Back to the Past dedicato alla fotografia argentica. Partecipa ad alcune mostre collettive oltre che al FFE (Festival della Fotografia Etica) di Lodi, circuito Off, con una serie di fotografie intitolata APPRODI e, in seguito, con il Collettivo Fra.Me, mentre nel Gennaio 2019, al concorso Giovanni Raspini Milano Mood Portrait, una sua fotografia è pubblicata nella selezione finale. Riceve, inoltre, tre menzioni al FIOF 2019 di Orvieto nella sezione Architettura.

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Francesco Viceconti - High Milano


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Barletta, una città sospesa Antonello Di Gennaro

Un nuovo lavoro di ricerca fotografica che si inserisce nella programmazione di una nuova pratica fotografica definita “Mobile photography”, la fotografia prodotta con lo “smartphone” ovvero l’utilizzo del telefono cellulare come strumento di ripresa fotografica. E’ il tentativo di sperimentare, trascrivendo il contemporaneo per trovare un linguaggio iconografico una nuova estetica, esprimendosi nella valutazione del suo potenziale rappresentativo, progettuale ed autoriale. Un linguaggio che influenza e pregiudizia un moderno linguaggio visivo che coinvolge e, forse, sconvolge il mercato della fotografia. Il progetto sulla città di Barletta è sintesi di un lavoro di ricerca del rapporto che intercorre tra la luce e l’arte rappresentata dalla fotografia di architettura e paesaggio. Definendo il significato di luce troviamo che è l’ente fisico cui è dovuta l’eccitazione nell’occhio delle sensazioni visive, cioè la possibilità di vedere gli oggetti. Se da una definizione tecnica ci si sposta ad una più articolata potremmo imbatterci nel pensiero di Michele De Lucchi per cui “la luce, come tutte le cose del mondo del resto, è fatta da tanti pezzetti diversi, ma la sua qualità la si percepisce nell’insieme”. “L’architettura senza luce non è architettura” recita Alberto Campo Baeza che ha fatto nei suoi lavori una costante ricerca della luce nella qualificazione dello spazio. Essa è materia e materiale dell’architetto: dalla luce solare che riveste un edificio, che modifica la percezione dello stesso e che viene catturata e propagata negli ambienti interni, all’uso di quella artificiale. Diventa l’elemento centrale della costruzione e della creazione dello spazio. Essa gioca una componente fondamentale per ogni artista. Dirigere l’emissione di luce sulla propria opera d’arte, plasma le sensazioni generate dai colori. Ogni fotografo deve capire le sue direzioni ed i versi in cui essa viaggia per modellare la fotografia perfetta. La luce può determinare il successo o il fallimento di qualsiasi creazione, esplora l’arte, architettura, design e fotografia che incontrano la luce.

Antonello Di Gennaro Antonello Di Gennaro (Matera ‘61), ha studiato filosofia presso l’Università degli studi di Bari e svolge la sua ricerca nel campo della fotografia professionale dal 1991 occupandosi di svariati ambiti di specializzazione che spaziano dal settore editoriale a quello aziendale, completando il percorso con il suo amore innato per il reportage demo-etnografico. Ha realizzato, oltre 60 volumi e cataloghi d’arte per conto di svariate case editrici: Federico Motta Editori Milano, Testo & Immagine Torino, La Cometa Roma, Antezza&Antezza edizioni Matera, Opera & Opera Spoleto, Altrimedia edizioni Roma, R&R edizioni Matera, Edizioni Giannatelli Matera, La Bautta Bari, Graficom edizioni Matera. Ha esposto i suoi lavori in Italia, Austria, Malta, Albania e Cina. Svolge la sua ricerca sociale, etnografica e demo-antropologica sulle minoranze etniche e religiose, le popolazioni nomadi e i migranti del Mediterraneo. Collabora con le riviste: Bell’Italia, Siti, Domus, 100 Bagni, Casa di una volta, Casantica, Made in Italy, L’Informatore Agrario, Origine, Il Giornale dell’Arte e Grazia. www.antonellodigennaro.com 46

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Because the night Alessandro Cirillo

La città è il luogo delle intersezioni. Ed è anche il luogo dei contrasti e dei conflitti in cerca di soluzione. Tutto qui si materializza in qualche tipo di segno permanente. Un labirinto anche quando la sua pianta è regolare, una traccia sonora in continuo divenire. Un luogo in cui lo sguardo può fermarsi o slittare inseguendo una sensazione o un istinto oppure può essere disciplinato da una visione più analitica nel tentativo di trovare un codice di decifrazione. Il mio lavoro si snoda intorno al continuo intrecciarsi di permanenze e di mutazioni che fanno di qualsiasi città un oggetto sempre inafferrabile. Di notte si svelano aspetti legati a dimensioni più letterarie, oniriche, sospese. Il ritmo cardiaco dello spazio urbano rallenta cosi come il respiro. La città allora si offre in modi più seducenti, svuotata del movimento frenetico del giorno. C’è un invito a lasciarsi guardare in un modo più intimo. C’è una sospensione che somiglia a una tregua.

Alessandro Cirillo Alessandro Cirillo, Bari, 1966. Fotografo indipendente la sua ricerca si muove sui temi delle mutazioni del territorio con riferimento alla gente che lo abita e sul concetto di identità e relazione. Collabora con agenzie, privati, enti pubblici. Tiene regolarmente corsi di fotografia, workshop e masterclass in scuole pubbliche e private, in Italia e all’estero, da oltre vent’anni. Ha esposto nelle maggiori città italiane, tra cui Milano, Roma, Venezia, Genova, Bari, Lecce ed anche all’estero, in Svizzera, Francia e Russia. Le sue fotografie fanno parte di prestigiose collezioni tra cui quelle della Fondazione Giacomo Costa di Genova e del Palazzo Vendemini (Savignano sul Rubicone) in Italia e quelle del Musée de l’Elysèe di Losanna in Svizzera e del Manege Central Exhibition Hall di San Pietroburgo in Russia. Ha vinto nel 1999 il Festival di Savignano sotto la direzione di Mario Cresci e, nel 2013, il premio Confini per la fotografia contem-

poranea. Un suo cortometraggio dal titolo “Una storia di Piero” ha vinto nel 2016 la prima edizione del The Next Generation Film Festival Triggiano (Bari) e nel 2017 il premio come Miglior Opera Cinematografica al Festival Luccica di Bari è presente come autore in diversi volumi tra cui “Territori del Cinema” curato da Francesco Moschini e Francesco Maggiore. Da qualche anno svolge l’attività di photo editor e book designer sempre in ambito fotografico e ha al suo attivo numerose pubblicazioni. è fondatore di Magma Fotografia Contemporanea.

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Alessandro Cirillo - Because the night


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Una Provincia Michele Vittori

Il progetto “Una Provincia” prende forma grazie ad un intenso vagare nei luoghi vicino casa, che mi ha consentito di osservare e riscoprire il territorio al nord della Capitale. Le immagini restituiscono tracce visive estrapolate dal paesaggio della campagna romana, dalle strade provinciali che si diramano dai bordi della città verso le aree periferiche, tra stabilimenti industriali inattivi ed impianti di carburanti dismessi. Le immagini catturano, ed in parte testimoniano, le trasformazioni urbane avvenute nel paesaggio provinciale nel corso degli ultimi anni, dove la cementificazione e lo sfruttamento del suolo e dello spazio in termini produttivi hanno alterato e modificato l’identità agricola con un profondo cambiamento sociale e culturale; l’intenzione del progetto è stata quella di spingere le immagini oltre l’approccio documentaristico, e per questo le fotografie della serie sono il risultato di una ricerca formale e visiva, dove l’ utilizzo del linguaggio documentario diventa un mezzo per trovare nel paesaggio forme ed elementi per definire nuove relazioni tra realtà e immaginario.

Michele Vittori Michele Vittori (Roma 1980), vive e lavora tra Roma e la provincia. Da sempre interessato alle arti visive si avvicina alla fotografia nel 2008 frequentando corsi e workshop alla scuola “Graffiti “ e “Officine Fotografiche” a Roma. Realizza progetti visivi a lungo termine sperimentando il linguaggio documentario e la ricerca d’archivio. Le sue serie si concentrano dalla città di Roma fino a diverse zone dell’Appennino Centrale italiano e nelle aree interne, con particolare attenzione al rapporto uomo-natura e alla relazione tra il passato e il mondo contemporaneo. Ha partecipato come autore al progetto/libro “Limine” curato da Massimo Siragusa ed è tra gli autori dell’osservatorio permanente di documentazione “Lo stato delle cose” curato da Antonio Di Giacomo, progetto di fotografia sociale e documentaria sull’Italia colpita dagli eventi sismici.

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Paesaggi in attesa Francesco Sammarco

Oggi le città sono il luogo del cambiamento imprevisto e non controllato dell’inarrestabile processo dialettico tra società e spazio. All’urbanistica sfugge la complessità della realtà delle città e del loro quotidiano farsi e disfarsi. La moltitudine di processi ciclici umani, naturali, economici e ambientali, che avvengono nei centri urbani, sfuggono alla pianificazione e ai progetti, tanto da non riuscire ad essere disegnati sulle mappe. La fotografia è un potente strumento in grado di rappresentare la contemporaneità e di supportare la prefigurazione del futuro dei nostri territori. Questo progetto è frutto di un lavoro iniziato nel 2013, durante il periodo di studi presso il DiARC dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, dove ho svolto attività di ricerca all’interno del Team di Ricerca PRIN Re-Cycle Napoli, il quale proponeva una diversa narrazione urbana della città, in grado di interpretare e rappresentare le dinamiche connesse al suo metabolismo, alla sua rigenerazione ecologica, alla riconfigurazione degli spazi pubblici e coesione sociale contemporanea. Il lavoro, che continua tutt’oggi indipendentemente dalla ricerca, si arricchisce di nuove indagini e catalogazioni, mettendo il focus sui paesaggi in attesa, non solo esplorando i luoghi della dismissione e dell’abbandono del territorio campano, ma anche i quartieri e le parti della città marginali e frammentate tra l’urbanizzazione compatta e quella diffusa che si mischia alla campagna, frutto del fallimento della pianificazione della seconda metà del ‘900. I paesaggi in attesa sono luoghi di conflitti e disuguaglianze accecanti ma anche di sogni e voglia di riscatto sociale.

Francesco Sammarco Francesco Sammarco (1988) è un urbanista e fotografo con base a Napoli. Laureato con lode in PTUPA (2016) presso il DiARC UNINA, ha partecipato attivamente a differenti ricerche e convenzioni come il PRIN Re-Cycle Italy (2013-2016), per la quale ne ha curato anche il reportage fotografico, e la Convenzione per le attività di supporto alla redazione del PUC di Poggiomarino, in cui è stato borsista come esperto GIS. Recentemente, ha curato il Corso a Crediti liberi DiARC UNINA “Corso introduttivo all’utilizzo di Photoshop e Illustrator”, ed è stato Tutor Accademico all’interno della Convenzione per lo svolgimento di una “Ricerca applicata” finalizzata alla “Implementazione e valorizzazione della connettività urbana del Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN)”. Collabora tuttora come libero professionista con diversi studi di architettura, partecipando alla redazione di Piani Urbanistici Comunali (PUC). Ha prodotto diverse pubblicazioni scientifiche su testi e riviste di settore, occupandosi anche della selezione fotografica, come il suo contributo pubblicato su “DROSSCITY: Metabolismo urbano, resilienza e progetto di riciclo dei drosscape” (2016) a cura di C. Gasparrini e di A. Terracciano. Può annoverare, inoltre, la realizzazione di diversi reportage a corredo di tesi di laurea come la Tesi di Laurea Magistrale in Architettura Arc5UE “Urban Re-Cycling” (2017), a cura di C. Costanzo e di M. Donatiello, e la Tesi di Laurea Magistrale in Pianificazione Territoriale PTUPA “La città dei contrasti” (2019), a cura di R. Monaco e di M. Tavormina.

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City(E)scapes Gianmatteo Cirillo

City(E)scapes è il progetto principale a cui mi sono dedicato negli ultimi 10 anni, in maniera trasversale ai miei altri lavori, realizzato per accumulazione di immagini, ed il cui obiettivo è la rappresentazione del paesaggio urbano connotato dalla totale assenza della figura umana. Il gioco di parole usato nel titolo vuole intenzionalmente chiarire, ancor prima delle immagini, che si tratta di città (apparentemente) disabitate, da cui sembrerebbe che tutti siano scappati. Questa fuga collettiva, realizzata con l’espediente fotografico, ha l’unico scopo di rafforzare ancor più l’evidenza dell’intervento umano nella realizzazione degli edifici, delle architetture e delle infrastrutture rappresentate. Negare per affermare. Una sorta di dissolvenza temporanea del principale artefice della scena per meglio poterla contemplare ed analizzare. Diverse fotografie sono state realizzate adottando tempi di esposizione molto lunghi. Come effetto collaterale è diventato evidente in esse l’aggiunta della dimensione temporale. Se normalmente la fotografia è riduzione nel piano di una realtà a tre dimensioni, l’esito in questo caso diventa la compressione di addirittura quattro variabili nello spazio bidimensionale. La compresenza nella scena di parti statiche e porzioni in movimento rende evidente questa situazione. Ancora una volta si tratta di significare, amplificare ed ispirare il momento della contemplazione, profonda ed assorta, in opposizione al momento decisivo che ha connotato, soprattutto in passato, un altro modo di guardare e rappresentare il mondo. Anche per questo le immagini delle città attraversate, metropoli ma anche centri minori, sono state nelle mie intenzioni “escapes”, fughe dalla percezione ordinaria del contesto urbano così come lo viviamo nella nostra esperienza quotidiana.

Gianmatteo Cirillo Gianmatteo Cirillo nasce a Genova nel 1964 ma ben presto si trasferisce nel luogo d’origine della famiglia, nella provincia di Napoli, dove studia ed inizia a occuparsi di fotografia da autodidatta. Dopo la laurea in chimica si sposta più volte per lavoro attraverso l’Italia. Negli anni ’90 partecipa in Puglia alla serie di workshop “Montedoro Fotografia” tenuti dai maestri riconosciuti della fotografia italiana. Tra essi risulteranno determinanti per la sua formazione i paesaggisti Olivo Barbieri e Gabriele Basilico. Continua a fotografare per anni conservando le foto nel cassetto. Dal 2009 inizia un percorso di ricerca più consapevole e maturo affiancando al digitale il grande formato 4x5 ed occupandosi sempre personalmente dello sviluppo dei negativi, dell’acquisizione digitale e della stampa inkjet su plotter.

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Bassa velocità Matteo Garzonio

Quando il treno ad alta velocità si immette sulla cintura ferroviaria milanese è costretto a rallentare e il finestrino diventa un punto di osservazione privilegiato. La visione è favorevole perché la massicciata, posta sopra un rilevato ferroviario, consente di esaminare il tessuto urbano da una posizione elevata che consente di allargare la prospettiva su di un paesaggio urbano periferico in cui funzioni logistiche e produttive si alternano a quelle residenziali e ricreative. Un breve e interessante viaggio attraverso la stratificazione edilizia dell’ultimo secolo in cui scopriamo una città anonima, senza monumenti e precisi punti di riferimento, una sorta di periferia archetipica della megalopoli padana, che spesso evoca i “nonluoghi” descritti da Marc Augé.

Matteo Garzonio Sono un fotografo onnivoro, pratico generi diversi con una predilezione per la fotografia di ricerca. In particolare le tematiche urbanistiche e architettoniche mi affascinano anche per via delle implicazioni sociologiche. Negli ultimi anni ho approfondito la ricerca di un linguaggio personale, una “visione intima” che mi consentisse di indagare il dato del reale e del visibile, attraverso un’interpretazione di tipo concettuale. Questa è la genesi e il significato della mia ricerca fotografica. Ho ricevuto diversi riconoscimenti in concorsi fotografici, anche attraverso pubblicazioni, e ho esposto le mie opere in mostre fotografiche. matteogarzonio.com

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Nuove cattedrali Marco Fogarolo

La città storicamente nasce e si sviluppa attorno a delle relazioni che possono essere umane, economiche, politiche o religiose. Oggi nelle nostre città possiamo trovare i segni, i simboli, i monumenti che ogni epoca ha lasciato di queste relazioni. E spesso questi simboli si trasformano nell’immagine della città, nella sua identità. Le nostre città contemporanee si sviluppano tutte attorno ad un centro, luogo dove sono insediati servizi, funzioni pubbliche e attività commerciali. Luoghi frequentati per necessità ma anche per piacere, per creare relazioni umane, per incontrare Negli ultimi 20 anni la massiccia diffusione di centri commerciali nel territorio, specialmente in una regione “ricca”come il Veneto ha cambiato radicalmente il rito dello shopping, spostandolo dai centri storici a zone periferiche, spesso all’interno di aree industriali. Aree pensate per la facilità di accesso in auto, per la velocità di acquistare, ma che spesso non si identificano con spazi “urbani”. Nuove cattedrali che sorgono in mezzo al nulla, erodono aree inedificate; ma sono questi i simboli che la nostra epoca sta lasciando nel territorio, i nuovi landmarks in cui si identifica la città?

Marco Fogarolo Marco Fogarolo nasce a Padova nel 1968. Fotografo e architetto utilizza la fotografia preferibilmente per indagare la percezione della città contemporanea. I temi preferiti sono certamente la fotografia architettonica e le geometrie della città e i suoi spazi urbani, ma spesso allarga la sua ricerca al reportage e alla fotografia paesaggistica, lasciandosi affascinare da nuove possibilità espressive. Dal 1999 al 2015 è socio del Gruppo Fotografico Antenore dell’università popolare di Padova e partecipa attivamente alle varie attività, coprendo dal 2004 al 2011 la carica di Vicepresidente. Secondo classificato al “Portfolio in rocca” a San Felice sul Panaro (MO) nel 2003, nel 2004 è stato selezionato per esporre alla manifestazione FoianoFotografia - Foiano della Chiana (AR) Nel 2013 importante menzione d’onore al secondo contest internazionale di fotografia di architettura, “Next landmak 2013”, organizzato dal portale floornature in collaborazione con la rivista Ottagono e le università IUAV e IUSVE. Nel 2014 riceve l’onorificenza AFI della fiaf. Nel 2015 partecipa al progetto e alla mostra: Next Stop Abano Terme, a cura del gruppo Mignon.

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LESINA, presenze invisibili Federico Galli

La demografia è “lo studio di carattere prevalentemente statistico dei fenomeni concernenti la popolazione, considerata sia sotto l’aspetto statico, cioè nella consistenza e nella struttura che presenta in un determinato istante, sia sotto l’aspetto dinamico, cioè nel processo di rinnovamento continuo cui essa è sottoposta per effetto delle nascite, delle morti e degli spostamenti territoriali e sociali” (cit. Treccani). La ricerca fotografica, dal titolo DEMOGRAFOTO, nasce dall’analisi dello “studio dei fenomeni concernenti la popolazione” attraverso i ritratti degli spazi urbani vissuti quotidianamente, ricreando una mappatura del territorio mediante le immagini di quei luoghi abitati dai loro abitanti. Ogni fotografia viene realizzata unicamente con lo smartphone, senza postproduzione e con la stessa modalità di ripresa frontale. DEMOGRAFOTO è in rete ed è in itinere (#demografoto). “LESINA presenze invisibili” è il primo lavoro fotografico con fotocamera ed ottica fissa sviluppato da questo percorso personale. La presenza degli abitanti di Lesina si percepisce nonostante la loro assenza dalla scena. Le tende, i panni stesi, le sedie, i rifiuti sono gli unici testimoni del loro “esserci”.

Federico Galli Nasco a Riccione nel 1971, dove tuttora vivo e lavoro. Sono un ingegnere edile. Inizio a fotografare il mare e la spiaggia alla fine degli anni 80 con la piccola Minolta automatica di mio babbo. Vengo attratto sin da subito dai colori e dal loro mutare al variare della luce, avvicinandomi ad immagini statiche e geometriche. A metà anni novanta mio babbo mi regala una reflex. Rimango affascinato immediatamente dalla profondità dello spazio, alternando l’utilizzo della pellicola a colori con quella in bianco e nero. Nel 2005 c’è il mio passaggio alla fotografia digitale. I paesaggi naturali, i dettagli e le composizioni astratte diventano la mia ricerca verso un primo linguaggio fotografico. Ma è in questi ultimi anni che l’approfondimento e lo sviluppo di una reale indagine fotografica è diventata una mia personale esigenza, che mi ha portato allo studio della storia della fotografia e dei suoi autori, e mi ha condotto all’incontro ed alla frequentazione del lavoro dei fotografi contemporanei, focalizzando il mio interesse. Oggi il mio sguardo è rivolto al ritratto del paesaggio urbano e del territorio. Oggi fotografo solo con ottica fissa, il 28mm. www.federicogalli.net

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Architetture effimere: I banchi della Fiera di Sant’Orso Franco Zanin

Ogni anno, il 30 e 31 gennaio, artisti e artigiani valdostani espongono con orgoglio i frutti del proprio lavoro alla fiera del legno di Sant’Orso, lungo le vie del centro storico di Aosta. Più di 100.000 visitatori affollano le strette strade cittadine e si aggirano tra i banchi degli oltre mille espositori, che propongono il meglio delle loro creazioni a mano, frutto del lavoro o di una personale passione manuale. In questa serie fotografica ho scelto di non ritrarre le persone o le singole opere (come fa la maggior parte dei visitatori), bensì proprio alcuni di questi banchi, architetture effimere, che si inseriscono nell’ambiente urbano per breve tempo e che, in qualche modo, rispecchiano la personalità degli artigiani, che li predispongono con passione e impegno, fin dalle prime ore dell’alba. Nelle immagini la presenza umana è volutamente evitata e ciò richiede un notevole impegno in fase di ripresa, in quanto il passaggio dei visitatori è continuo e intenso.

Franco Zanin Mi chiamo Franco Zanin e sono nato il 25 agosto 1958. Fin da quando ero piccolo, mi piaceva sfogliare gli album di famiglia insieme ai miei genitori e ascoltare i loro ricordi, generati dalla visione di queste immagini. Adolescente, ho iniziato anch’io a fotografare, inizialmente con la Kodak Instamatic, per poi passare alla mia prima reflex Canon. Da quel momento non ho più smesso di scattare, alternando momenti di maggiore produzione ad altri di attività più ridotta. Inizialmente ho praticato una “ fotografia del ricordo”, documentando i viaggi turistici o gli avvenimenti personali, ma ho avuto anche l’occasione di approfondire le tecniche di sviluppo e di stampa delle pellicole analogiche in bianco e nero. Più avanti, soprattutto al momento della comparsa della fotografia digitale, ho sentito l’esigenza di uscire dal recinto ristretto della fotografia occasionale, per sperimentare i diversi generi fotografici: il ritratto, la fotografia di strada e, soprattutto, quella paesaggistica e naturalistica. Infine in quest’ultimo decennio ho iniziato a riflettere maggiormente sull’atto stesso del fotografare e a ricercare una modalità espressiva più personale. Ho quindi cominciato a partecipare a laboratori di fotografia per confrontarmi con l’opera e l’insegnamento di fotografi professionisti e a frequentare le mostre e i festival (soprattutto quello di Arles), per entrare in contatto diretto con le opere che appartengono alla storia della fotografia e per conoscere le nuove tendenze e i nuovi autori. Attualmente sono ancora in ricerca. Amo fotografare, soprattutto durante i miei spostamenti a piedi, sia in ambiente urbano che naturale, talvolta seguendo dei progetti esplorativi già definiti in precedenza, ma il più delle volte del tutto casualmente. Accanto a questa pratica più meditativa, mi piace fotografare anche situazioni più coinvolgenti, come gli spettacoli di danza o quelli musicali, che offrono molteplici occasioni per cimentarsi con situazioni di ripresa più complesse. www.fieradisantorso.it / www.francozanin.it

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Franco Zanin - Architetture effimere: I banchi della Fiera di Sant’Orso


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Lo Spazio Teatrale Gianna Spirito

Gianna Spirito ha da tempo intrapreso un percorso che l’ha portata a intendere il senso dello spazio non solo come equilibrato esito di una composizione ma anche come punto di riferimento di un’inventiva immaginifica che sa andare oltre le apparenze per far emergere quanto si nasconde oltre le pieghe della realtà. La sua più recente ricerca “Lo spazio teatrale” è una ulteriore conferma di come sappia stabilire un dialogo fra ambiti apparentemente lontani trasformando il piano architettonico in quello di una teatralità contemporanea. Gli edifici, le strade, le piazze, private della presenza umana, sono tuttavia pronte ad accoglierla proprio come un palcoscenico. Da una parte ci si richiama alla scena teatrale rinascimentale ambientata fra edifici che si affacciavano sulla pubblica via, dall’altra ci si proietta verso la contemporaneità dove la “quarta parete” si apre al mondo conferendo a luoghi non specifici una inaspettata aurea teatrale. Roberto Mutti

Gianna Spirito Gianna Spirito nasce a Roma. Architetto di mestiere e d’ispirazione artistica, la sua passione per la fotografia è intessuta indissolubilmente con l’architettura. Viaggiatrice per necessità e per piacere, ha approfittato dei paesaggi e dei contesti urbani di tutto il mondo per portare a casa una fonte di ispirazione dei sui progetti. Questa passione documentale si è poi trasformata ed è diventata negli ultimi anni un impegno artistico a sé stante che ha già portato ottimi risultati. Le sue opere sono state esposte in Italia e all’estero in contesti museali e privati per mostre personali e collettive.

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Places for Life (Future World) Giuliana Di Giulio & Simone Giuntoli

Un luogo nel pianeta proiettato verso il futuro. Un grande cantiere, brulicante di mega costruzioni fantascientifiche insieme alle quali, anche lo stile di vita futuro è compreso nel prezzo di acquisto. Gli Emirati Arabi Uniti, in primis Dubai, anche grazie all’atteso Expo 2020, sono l’emblema di tutto questo. Elevato ad esempio mondiale al quale ispirarsi, questo “mondo”, dove futuro, ricchezza e felicità, per altro istituzionalizzata con la recente creazione del “Ministero della felicità”, sembrano tenersi per mano, si è guadagnato da tempo il titolo di “paradiso terrestre”. Un paradiso terrestre futuro. Si può con la fotografia rappresentare un mondo “futuro felice”? Proprio con la fotografia che per definizione, nell’attimo in cui nasce, appartiene già al passato?

Giuliana Di Giulio & Simone Giuntoli La passione per la fotografia nasce circa dodici anni fa, come strumento di analisi del nostro tempo. Da allora, non abbiamo più smesso di interpretare la contemporaneità attraverso un mirino e per farlo è stato imprescindibile studiare storia dell’arte, in particolare pittura e fotografia, visitare esposizioni, festival, mostre legate alla sfera delle arti figurative, partecipare a seminari, eventi, workshop e letture portfolio. Il nostro intento è quello di dotare le immagini di uno scopo e di un senso. Il traguardo è raggiunto quando, avendo qualcosa di interessante da dire, risultiamo capaci di esprimere un concetto attraverso la fotografia. E siccome il talento non esiste, l’impegno e la passione hanno fatto sì che i nostri progetti abbiano conseguito importanti riconoscimenti sia in Italia che all’estero. Alcune nostre stampe fanno parte di collezioni private. Alcune nostre foto sono state pubblicate da riviste italiane.

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Giuliana Di Giulio & Simone Giuntoli - Places for Life (Future World)


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Contemplare l’assenza Stefano Forti

La fotografia è, in prima istanza, una esperienza visiva, sensoriale, che successivamente matura nella “ricerca di un punto di equilibrio fra l’interiorità ed il mondo esterno”. Gli elementi del paesaggio urbano, le interazioni che si creano fra loro e ciò che resta del paesaggio naturale - limitatamente ai luoghi ove conduco le mie divagazioni fotografiche - sono l’oggetto della ricerca del mio personale punto di equilibrio. Le geometrie, le prospettive, i volumi, portano spesso in dote - nell’insieme - una precisa, anche se talvolta involontaria, prerogativa scenografica. Nel formato quadrato - che non consente di scegliere fra verticalità ed orizzontalità - cerco di realizzare un equilibrio di forme che forse riflette il bisogno di fare ordine nei pensieri, anche attraverso la pulizia dello sguardo. Con ogni probabilità si tratta di una necessità interiore di raziocinio, della volontà di mettere sotto controllo tutto ciò che rientra nel campo inquadrato, nel tentativo di eliminare, limitatamente al contenuto dei bordi del fotogramma, il caso. In definitiva non si tratta di altro che del “desiderio di dominare lo spazio con lo sguardo, di vederlo come un insieme ma anche in ogni suo dettaglio”.

Stefano Forti Sono nato a Modena nel 1966. Ho una laurea in scienze della terra e mi occupo di tutela ambientale. Sposato, due figli. La passione per la fotografia risale al 1989, quando in libreria mi capitò fra le mani (e davanti agli occhi) il volume di Luigi Ghirri “Il profilo delle nuvole”. Da alcuni anni scatto con una 6x6 mono-ottica a pellicola, montata su cavalletto.

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Stefano Forti - Contemplare l’assenza


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Tracce

Carola Casagrande La fotografia come esercizio di osservazione, come possibilità di ritornare nei luoghi di abituale frequentazione scoprendo ogni volta qualcosa di inaspettato con uno sguardo che cerca di non restare assuefatto. E’ questo il senso della serie “Tracce” che qui propongo: una mappa visiva di ciò che mi ha risuonato perché familiare, ma al tempo stesso capace di svelare e di rintracciare in modi sempre nuovi i percorsi urbani che fanno da scenografia alla mia quotidianità.

Carola Casagrande Torinese di adozione, classe 1974. Mi sono laureata in filosofia del linguaggio nel 1998. La mia formazione e i miei interessi sono stati prevalentemente legati, per lunghi anni, al linguaggio. Ho poi scoperto e amato il visivo quando mi sono avvicinata alla fotografia e ancora di più quando ho cominciato a leggere testi di cultura visuale (fondamentale, per me, fu la lettura di “Capire una fotografia” di Joh Berger) e seguire seminari di approfondimento sulla fotografia con Fulvio Bortolozzo. Fotografo perché ne ho bisogno, fotografo per capire meglio quel che mi circonda. A volte come esercizio di meditazione e di osservazione, altre come mezzo per esplorare ciò che mi meraviglia nell’ordinario.

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Carola Casagrande - Tracce


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La città sospesa Fabio Viscardi

La condizione della città moderna è quella della pressione dell’inquinamento e del sovraffollamento, che rendono difficile immaginare di raggiungere un equilibrio di vivibilità e di sostenibilità. Osservare quindi la “città vuota”, quasi sospesa nel tempo, ha un effetto “straniante” e a volte quasi surreale. Le immagini di questo progetto sono state riprese in diverse città famose e densamente abitate, ma che hanno offerto per l’attimo dello scatto: il vuoto, il silenzio di uno spazio nel quale il tempo sembra essersi fermato. Questo progetto fa parte del mio interesse per lo spazio urbano e per i suoi aspetti di continua mutazione, ridondanza e caos. Le immagini mostrano città estremamente fotografate, con l’obiettivo di evidenziare un’immagine della città che colga punti di contatto con la condizione ricorrente della città moderna ossia la presenza di luoghi anonimi e privi di identità, in cui i valori estetici si manifestano nella complessità del banale.

Fabio Viscardi Fabio Viscardi è nato a Roma nel 1955 e fotografa dal 1979. Architetto libero professionista, svolge la sua attività nella città dove è nato, presso lo studio CTV architetti associati di cui è socio fondatore. Professore a contratto presso l’Università di Roma “Sapienza” Facoltà di Architettura, ha svolto attività didattica e di ricerca fino al 2011. Fa parte degli artisti del “Gruppo 6” afferenti alla “GALLERIA Gallerati”, con sede in Via Apuania 55, 00162 Roma. www.fabioviscardi.it

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Fabio Viscardi - La città sospesa


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Una notte in città Gepe Cavallero

Non parla molto, New York. Frenetica e agitata di giorno, famelica e inquieta la notte, non ha tempo per le parole. Per essa parlano le immagini. Quelle che ho cercato di prendere nelle 24 ore di un soggiorno nella città. Gepe Cavallero Gepe Cavallero è nato, vive e lavora a Torino. Si interessa di fotografia da sempre, esclusivamente per passione e diletto.

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Gepe Cavallero - Una notte in città


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The little big town Beppe Castellani

Verona è la mia città di nascita e, pur avendo vissuto anche in altre, rimane pur sempre quella che conosco meglio. è una città ricca di storia e di bellezze artistiche universalmente riconosciute, ma anche di visibili contraddizioni, come spesso accade, del resto, nei tempi che stiamo vivendo o in quelli che appartengono già al passato. è una città austera, molto orgogliosa delle sue tradizioni, che costituiscono del resto il suo bagaglio culturale. Le mie fotografie vorrebbero essere soltanto un piccolo viaggio nel tempo, attraverso le immagini suggerite dalla mia sensibilità o dai miei ricordi. Scorci o panorami, persone o situazioni. Di oggi o di ieri. Il titolo, in inglese perché è la lingua universale della comunicazione, vuole un po’ sottintendere tutti questi aspetti: una piccola città se confrontata con le megalopoli di certe parti del mondo, ma non così piccola o provinciale se si considera il senso compiuto della parola metropoli nel significato più ampio del termine.

Beppe Castellani Beppe Castellani inizia la sua esperienza fotografica da ragazzo, attratto dalle possibilità espressive di questo mezzo. Gli studi umanistici e artistici lo hanno aiutato nel suo percorso con l’ approfondimento in prima istanza dell’immagine urbana, del suo tessuto umano e delle sue contraddizioni, operando prevalentemente in monocromatismo e mantenendo, anche con l’avvento del digitale, una non trascurabile fascia di produzione riservata all’analogico. Contestualmente è attratto dalla fotografia minimalista o simbolica, particolarmente in epoca più recente. Ha, inoltre, occasione di riprendere celebri musicisti come G. Mulligan, E. Pieranunzi, J. Mitchell, B. Harris, Lou Reed ed altri.

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