Vestire il sacro. Percorsi di conoscenza, restauro e tutela di Madonne, Bambini e Santi abbigliati

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11. La statua della Madonna con il Bambino a restauro

10. L'abito del Bambino dopo la pulitura, rimontato.

ultimato.

rammendi presenti sull'orlo. Sono stati eseguiti i test di stabilità dei colori e i test di stabilità dimensionale dei tessuti. Poiché tutti gli elementi componenti l'abito della Madonna e del Bambino sono in raso di seta, foderati in leggera tela di cotone color rosa, si è optato per una pulitura e smacchiatura locale delle macchie a tampone, utilizzando tetracloroetilene. È stata eseguita quindi la vaporizzazione. Sull'orlo della sottogonna lacerato è stata inserita una striscia in taffettà di seta, opportunamente tinta nel colore idoneo, con coloranti Ciba Geigy, sulla quale sono stati posizionati gli orditi e le trame e fermati a punto posato con ermesino di seta . L'abito è stato rimontato sulla statua ripetendo, in sequenza inversa, le fasi seguite per lo smontaggio dello stesso. Sono seguiti il reinserimento della statua del Bambino sul braccio destro della statua e il riposizionamento

del velo sul capo della Madonna e della coroncina in argento, sottoposta anch'essa a intervento di spolveratura e pulitura (figg. 10 e 11).

Intervento conservativo su due abiti di statue devozionali provenienti dall'Albergo dei Poveri di Genova 187


12-13. Fronte e retro della statua dell'Immacolata prima del restauro.

Nella pagina e a fianco foto Roberto Caccamo e Daria Vinco, Laboratorio fotografico della Soprintendenza Patrimonio Storico Artistico e Etnoantropologico della Liguria.

dall'inizio destinato a essere impreziosito da una veste ricamata, infatti la statua in legno, rivestito di cartapesta, presenta sotto le vesti un decoro a fiori azzurri su fondo bianco solo nella parte dello scollo, dei polsini e sotto alla gonna. Sopra la sottoveste, in cartapesta dipinta, la statua è vestita con gonna arricciata in vita e con un corpino allacciato dietro e da una sopraveste in raso azzurro, impreziosita da ricami in filo d'argento con corpino e maniche realizzati con lo stesso tessuto e con lo stesso decoro. Il prezioso abito in raso azzurro copre solo la parte anteriore della statua. L'andamento del ricamo con larghe volute da cui si alzano tralci di fiori riprende la moda femminile in voga attorno alla metà del Settecento.

STATUA VESTITA DELLA VERGINE IMMACOLATA, seconda metĂ secolo XVIII Legno, cartapesta e tela gessata con vesti sovrapposte in seta (schede OA 00083687 e 00083689) Corpetto: altezza cm 43 (dalla spalla alla punta del corpetto) x 66 larghezza seno, spalle cm 28; gonna anteriore: altezza cm 76 x larghezza 126; gonna in raso: altezza cm 70 x larghezza 206; maniche: lunghezza cm 76 x larghezza al gomito 32. La Vergine Immacolata schiaccia con il piede il serpente realizzato con tela gessata e dipinta. Il simulacro era fin

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Mariolina Rella

Stato di conservazione La statua indossa una gonna (arricciata in vita da una fettuccia), in raso di seta rigato in varie sfumature di rosa e beige, formata da quattro pannelli larghi cm 53. Del medesimo tessuto risulta essere il retro del corpetto. Nella parte anteriore del corpetto, sui fianchi, sono presenti frammenti di taffettĂ celesti sotto i quali si intravede un tessuto operato con piccoli bouquets di fiori in sete policrome. La parte anteriore del corpetto e la sopragonna anteriore (piega piatta centrale, tre pieghe speculari a destra e sinistra, formata da un pannello centrale largo 53 cm e due laterali larghi 35 cm) sono in raso di seta celeste, ricamato in argento filato, riccio e laminetta d'argento a punto steso e punto stuoia e paillettes. Corpino, gonna e maniche sono orlate da gallone in argento eseguito a fuselli, con decorazione a valve semplici alto due


15. Retro corpetto, particolare.

14. Particolare della manica destra.

centimetri. Gli abiti, in pessimo stato di conservazione, presentano i segni di una lunga permanenza in un luogo e in un clima non adatti: l'ambiente non protetto dalla polvere ha prodotto un effetto di appiattimento della tridimensionalità del ricamo, originariamente ricercata con l'utilizzo dei diversi punti di ricamo. L'escursione termica e l'umidità dell'ambiente, i depositi organici di insetti hanno contribuito a impregnare la seta di impurità, privandola di elasticità e lucentezza, rendendola secca e fragile, di consistenza simile a quella della carta, tale cioè che ogni piccolo movimento rischia di aprire nel tessuto nuovi tagli. I danni maggiori si riscontrano nella gonna anteriore, nel corpetto e nella manica destra e consistono in lacerazioni, tagli, profonde lacune e perdite di ordito (figg. 12, 13, 14 e15).

Nella manica sinistra il tessuto ricamato risulta sottoposto a un avanzato degrado chimico-fisico che ha portato alla disgregazione del tessuto, ormai privo di ogni tenuta meccanica, lasciando a vista la fodera in lino avorio, tranne un piccolo frammento di raso celeste ricamato, di circa dieci centimetri sul polsino. Tali danni sulla gonna sono stati inoltre causati dal ricamo in argento, eseguito direttamente sul raso, senza alcun supporto sottostante. L'eccessivo peso della decorazione in filato metallico ha contribuito ad accelerare il degrado del materiale serico. Sulla parte esterna delle maniche, dal polso al gomito, è cucita una lunga frangia dorata. I galloni, le frange e il ricamo sono ossidati e in molti punti risulta difficoltosa la lettura dei punti di ricamo; le fodere sono sporche e ingrigite dalla polvere, con macchie giallastre

Intervento conservativo su due abiti di statue devozionali provenienti dall'Albergo dei Poveri di Genova 189


16-17. Manica sinistra dell'abito distesa in piano e montata sulla statua.

Nella pagina e a fianco foto Roberto Caccamo e Daria Vinco, Laboratorio fotografico della Soprintendenza Patrimonio Storico Artistico e Etnoantropologico della Liguria.

dovute al naturale degrado del materiale cellulosico (figg. 16 e 17). Sul retro, interposto tra le fettucce che assicurano la chiusura del corpetto è presente un telo frammentario, molto lacerato e molto infragilito dal degrado, di taffettà beige panneggiante. Intervento di restauro In primo luogo è stata eseguita un'accurata documentazione fotografica. In considerazione della grande fragilità dell'abito e della forte presenza di impurità è stato necessario lo smontaggio dell'abito, con scuciture in punti determinati per poter distendere il tessuto per la pulitura meccanica e chimica e il successivo restauro. Questa operazione è stata compiuta annotando, approfondendo, disegnando e fotografando ogni dettaglio utile alla colloca-

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Mariolina Rella

18. Parte anteriore dell'abito, corpino e gonna dopo lo smontaggio, preparati per essere sottoposti a pulitura meccanica, 'spolveratura'.

zione storica e sartoriale dell'abito e alla sua ricomposizione sulla statua dopo il restauro. La statua, esposta durante il Festival della Scienza, svoltosi nei locali del Laboratorio di Restauro nel novembre 2004, è stata sottoposta a 'profilometria laser a scansione', grazie al contributo operativo del dottor Luciano Marras. Sono state slegate le fettucce che chiudono il corpetto sul retro. Il panneggio di taffettà è stato disteso su uno strato di tulle di nylon e preparato per la pulitura, cercando di distendere e posizionare i vari frammenti, quindi è stato posto su di esso un altro strato di tulle e cucito lungo il perimetro, a sandwich. Quindi è stato tolto il corpetto, staccando gli spilli con i quali erano ancorate le due maniche e la parte anteriore della gonna cucita sul davanti del corpetto, staccando gli spilli con i quali erano an-


19-20. A sinistra, sottocorpetto in tela di cotone avorio realizzato per potervi agganciare, tramite strisce di velcro, l'abito restaurato, a destra.

corate le due maniche e la parte anteriore della gonna, cucita sul davanti del corpetto, quest'ultimo è stato quindi disteso. La gonna in raso rigato è stata sfilata dall'alto, distendendo parzialmente la fettuccia che la arricciava in vita. Le maniche sono state anch'esse sfilate dopo aver sganciato i ganci in metallo posti all'interno dell'avambraccio. Si è proceduto alla scucitura dei galloni a fuselli e delle frange dei polsini, della scollatura e dell'orlo della gonna in raso celeste, che sono stati sottoposti a pulitura separatamente. Tutti i pezzi sono stati sottoposti a pulitura meccanica mediante microaspiratore a potenza variabile con supporto interinale di tulle di nylon e aiutandosi con pennelli a setole morbide e rigide per i fili metallici. Sono stati quindi eseguiti i test di stabilità dimensionale (fig. 18). Questo intervento non ha dato buoni risultati, soprattutto per quanto riguarda i filati in argento. La possibilità di procedere con una più radicale pulitura per abrasione di questi filati non è stata presa in considerazione, in quanto rischiosa per la fragilità del tessuto, inoltre avrebbe potuto provocare sia la spezzatura dei filati utilizzati per il ricamo che per i punti di fermatura in seta avorio. Si è deciso di sottoporre le parti dell'abito a una vera e propria pulitura in acqua, facendo precedere il lavaggio da una blanda pulitura chimica localizzata del filato metallico. Per ridurre al minimo i rischi, sia delle lamine metalliche che dei filati in seta, è stato necessario eseguire le due operazioni di seguito, in modo che il lavaggio rimuovesse sia i residui della pulitura del filato metallico che lo sporco particellato depositato sulle fibre. Tutti i pezzi sono sta-

ti quindi inseriti a sandwich tra due strati di tulle, fermato a cucito lungo il perimetro e preparati al lavaggio. La gonna anteriore in raso è stata staccata dal corpetto, già parzialmente scucito. Per poter procedere al lavaggio si è reso necessario staccare la fodera, in modo da avere accesso al rovescio, evitando il rischio di imprigionare sporco ed eventuali depositi tra il raso e la fodera e consentire successivamente l'applicazione del supporto totale a cucito. Infatti dopo un minuzioso esame si è notato che le due cuciture laterali erano recenti e lungo l'orlo la fodera era quasi del tutto scucita, così come il gallo-

intervento conservativo su due abiti di statue devozionali provenienti dall'Albergo dei Poveri di Genova

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ne. Le due parti staccate sono state quindi sottoposte nuovamente ad aspiratura sul fronte e sul retro. In vasca leggermente inclinata e a temperatura ambiente sono stati eseguiti i bagni preliminari con acqua deionizzata per asportare lo sporco superficiale e i residui della pulitura del filato metallico. È seguita l'applicazione a pennello in setole morbide della soluzione detergente. Il risciacquo è stato effettuato a pioggia continua, con acqua deionizzata, fino all'eliminazione totale della soluzione detergente. Una prima asciugatura dell'acqua in eccesso è stata effettuata con carta assorbente, cui è seguita l'asciugatura in piano di ogni singolo pezzo, ricomponendo la loro forma originaria, rispettando la direzione degli orditi e delle trame. La completa asciugatura è stata realizzata a temperatura ambiente, con l'ausilio di ventilazione a freddo. Il consolidamento della parte anteriore della gonna in raso celeste è stato effettuato con un supporto interno in taffettà di seta, tinto di colore idoneo con coloranti Ciba, stabili nel tempo, fermato a punto posato lungo le lacerazioni e le perdite di ordito. La protezione delle parti degradate è stata eseguita dal diritto con tulle maline, tinto nel colore idoneo, mediante cuciture a punto mosca disposto a raggiera lungo il perimetro dell'abito sottoposte a tale intervento ed eseguite in organzino di seta. Lo stesso procedimento è stato seguito per il panneggio posto sul retro dell'abito, mentre per la gonna in ra-

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so rigato sono stati inseriti dei supporti locali in taffettà. Per la manica sinistra, interessata dalla perdita totale del raso, per non creare un elemento disturbante nella lettura estetica dell'abito, si è deciso di inserire un supporto tinto nello stesso colore del raso, al quale è stato sovrapposto, dopo aver effettuato il rilievo del modulo del ricamo sull'altra manica, dell'organza di seta riproducente tale ricamo, rivestendolo di tulle e assicurandolo al supporto con piccoli punti perimetrali, dando in questo modo continuità visiva all'abito, ma evidenziando l'integrazione. Ripraducendo gli originali punti di cucitura e rispettando le vecchie tracce delle scuciture, si è proceduto alla riunione delle fodere e alla ricomposizione delle varie parti dell'abito con filo di seta. Prima di procedere alla rivestizione della statua, è stato realizzato un sottocorpetto, in tela di cotone avorio, preventivamente decatinata a 60°, con le stesse misure e tecnica sartoriale dell'abito, chiuso sulle spalle e sul dietro da velcro; strisce in velcro sono state applicate all'altezza delle spalle e lungo il giro manica, in modo da poter agganciare l'abito restaurato. Sulle stesse parti dell'abito è stata applicata una fettuccia, sulla quale precedentemente è stata cucita l'altra parte del velcro, per adattare in questa maniera l'abito al manichino ed evitare di concentrare una eccessiva tensione meccanica su piccole sezione dei tessuti. Per la chiusura della gonna in raso rigato, è stata riusata la fettuccia originale, così come per la chiusura del corpetto (figg. 19 e 20).


«... ad vestiendum imaginem ...», l'abito principesco di una Madonna pisana Moira Brunori

La veste, del tutto priva di documenti, arriva alle collezioni pubbliche dall'ex Museo Civico di Pisa e fa parte di un ristretto, prezioso, guardaroba proveniente dal convento di San Matteo: un insieme di tre abiti scalabili tra la metà del Cinquecento e i primi del XVII secolo, tutti destinati alla vestizione di una madonna lignea di grandi dimensioni (fig. 1).

La prima tranche dei lavori, protrattasi per circa due anni (1998-2000), si è essenzialmente incentrata sullo studio del manufatto, percorso di fondamentale importanza senza il quale non sarebbe stato possibile progettare la seconda fase dei lavori di restauro: l'intervento che ha consentito il recupero della veste nella sua foggia originale.

L'abito, in velluto di seta cremisi, è un esempio im-

Per confezionare la veste è stato impiegato un velluto ta-

peccabile della cinquecentesca foggia a//a spagnola nella sua caratteristica declinazione fiorentina: una silhoutte

gliato unito in seta rosso cremisi: riconducibile a una produzione di eccellenza della manifattura fiorentina di metà Cinquecento.

femminile dal busto rigido, che si stringe alla vita, allargandosi conicamente a terra. L'elemento che contribuisce ad accrescere l'interesse per questa veste, rendendola di fatto un documento unico, è dovuto alla presenza di entrambe le maniche, staccate e collegate al bustino da nastri in seta rossa. Il progetto conservativo, voluto e diretto da Mariagiulia Burresi, direttore del Museo Nazionale di Palazzo Reale in Pisa, ha potuto contare su uno studio prolungato del manufatto e sull'apporto di conoscenze specialistiche che han-

La presenza di cimose di colore verde recanti in ordito un filo dorato (detto oro di Cipri o di Cologno) attesta l'impiego della pregiatissima tintura in kermes, un rosso intenso e profondo di origine animale il cui uso viene regolamentato dalla normativa suntuaria emanata a Firenze da Cosimo I de' Medici nel 1562. È con questa legge che il duca di Toscana riserva l'uso del rosso di kermes alle vesti dei principi e del ceto nobiliare, istituendo ufficialmente il colore del potere della signoria medicea.

no orientato in maniera decisiva le modalità d'intervento. Il carattere interdisciplinare della ricerca ha costituito

L'abito, pervenuto trasformato e gravemente mutilato l'elemento fondante attorno al quale è stato possibile ela- nella parte posteriore (proprio perché adattato funzionalborare il progetto e procedere, nell'assenza totale di do- mente alla vestizione di una statua) risultava pressoché cumenti, alla verifica dei dati raccolti. integro sul davanti (fig.2). Lo stato di conservazione del Il restauro, articolato in due sezioni operative, ha visto velluto era ottimo, l'intreccio morbidissimo e compatto, il all'opera studiosi del costume e del tessile, storici, maestri colore brillante. tessitori e restauratori esperti nella conservazione del costume che hanno collaborato a tracciare le vicissitudini di questo prezioso documento della storia del costume.

A un primo esame obiettivo l'elemento che immediatamente saltava agli occhi erano due ampie falde di tessuto ripiegate sul dietro, all'interno del punto vita: por-

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1. Abito in velluto cremisi dopo il restauro.

194 Moira Brunori


2. Abito prima dell'intervento conservativo.

zioni di tessuto in eccesso, retaggi di un uso precedente, che evidentemente non si erano volute eliminare (fig. 3). La veste raccontava con segni eloquenti delle sue due vite trascorse tra il lussuoso guardaroba di una nobile dama toscana e la santa residenza della Vergine Annunciata. È così che, accanto alle abrasioni del pelo del velluto provocate in vita da una cintura gioiello alla moda, indossata dalla nobildonna, è stato possibile rilevare punti di cucitura grossolani, praticati dall'esterno per arrangiare la veste alle forme della statua (fig. 4). Anche sulle maniche erano visibili i segni inequivocabili dell'uso soprattutto in corrispondenza dei polsini ancora dotati del bottone sferico (un piccolo gioiello con decoro a stella) completo di asoletta in cordella di seta (fig. 5). Dai tagli decorativi delle maniche, perfettamente incisi e integri, si potevano intravedere frammenti di tulle bianco inseriti in maniera posticcia al fine di simulare la presenza di una preziosa camicia. La zona del giro manica, specialmente a destra, risultava particolarmente danneggiata e abrasa per l'uso; le spalline, strategicamente ritagliate e scavate per ottenere una maggiore aderenza, documentano una pratica ricorrente, ben visibile anche nella veste funebre di Eleonora di Toledo, veste con la quale l'abito pisano rivela forti analogie.

In questa prima fase le operazioni di consolidamento sono state minimali e di tipo conservativo. Gli interventi hanno interessato essenzialmente le zone fortemente usurate dove si è provveduto a riposizionare gli elementi delle passamanerie a ricamo, bloccando il tutto con rete matine fermata a cucito (fig. 6). A conclusione di questa tranche dei lavori l'abito ha dunque mantenuto la foggia di veste di statua, conservando l'apertura sul dietro e tutti gli elementi che la caratterizzavano nella sua funzione. Questa primaria 'messa in sicurezza' ha consentito di stabilizzare lo stato di conservazione dell'opera e di concentrare tutta l'attenzione sullo studio del manufatto. Le informazioni raccolte attraverso l'esame dei materiali e delle tecniche di confezione, il rilievo delle cuciture e la mappatura del modello hanno consentito di fare una valutazione piuttosto puntuale delle modifiche apportate alla veste. Gli approfondimenti filologici condotti da Thessy Schoenholzer Nichols hanno evidenziato, una dopo l'altra, le modifiche apportate al modello originale, rendendo possibile la ricostruzione virtuale dell'abito. Opportunamente interrogata la veste ha svelato finalmente la sua vera identità, rivelando la presenza di un sontuoso strascico abilmente dissimulato all'interno della gonna, nascondendo in vita il tessuto in eccesso.

«... ad vestiendum imaginem ...», l'abito principesco di una Madonna pisana

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5. Particolare del polsino destro completo di bottone e asoletta.

7. Gherone aperto per il corretto riposizionamento dei frammenti.

6. Particolare della bretellina destra prima e dopo il restauro.

8. La piega 'alla spagnola' ripristinata con il restauro.

in quanto il consolidamento, per quanto ben calibrato, non può essere sufficiente a garantire di per sÊ la sopravvivenza di opere tanto articolate e complesse.

L'importanza di una sottostruttura adeguata è talmente rilevante per la conservazione di un costume che, in molti casi, si potrebbe dire che da sola basterebbe a preservarlo.

ÂŤ... ad vestiendum imaginem ...Âť, l'abito principesco di una Madonna pisana

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9. Integrazione del bustino dietro con rifacimento degli occhielli circolari e delle cordelle passanti.

10. Integrazione delle porzioni dĂŹ tessuto mancanti sui fianchi.

A tale scopo si è approntato un manichino su misura con busto in carta pesta elaborato sino a ottenere dimensioni e postura adeguate (fig. 11a). Sulla struttura cosÏ ot-

tenuta è stato calzato e fissato un bustino portante in tela rigida, ricoperto in seta rosso cremisi nel colore adatto a integrare visivamente la parte mancante del bustino origina-

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Moira Brunori


Ila. Sequenza dell'assemblaggio del vestito sul busto portante.

12. Nastro velcro per l'assemblaggio della gonna al manichino.

11 b. Busto portante e parziale assemblaggio di maniche e gonna.

le (fig. 11b). Un nastro in velcro posizionato in corrispondenza del giro vita del bustino portante costituisce il punto di aggancio della gonna dotata del corrispondente nastro in velcro adatto a distribuire e sostenere uniformemente la forza di caduta dei panneggi in velluto (fig. 12). Piccoli punti in velcro sono serviti altresì a posizionare semplicemente il davanti del corpetto sul busto portante della sottostruttura. Anche le maniche sono state raccordate direttamente al busto portante con un sistema di nastri che simula la fermatura originale, senza coinvolgere minimamente le esili bretelline ricamate. Ultimato l'intervento conservativo, la foggia della sottana risulta recuperata in tutta la sua magnificenza, completa di un sontuoso strascico che colloca inequivocabilmente l'abito tra le vesti esclusive rappresentative dell'aristocrazia egemone toscana alla metà del XVI secolo.

Una veste tanto somigliante a quella registrata dai documenti della Guardaroba Medicea al 29 ottobre del 1547: una «sottana co la coda» realizzata per Eleonora di

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13. Bronzino, Ritratto di E/eonora di Toledo con il figlio, Pisa, Museo di Palazzo Reale.

14. Abito in velluto cremisi a restauro ultimato accanto al quadro del Bronzino.

Toledo, sposa di Cosimo I de' Medici, impiegando 18 braccia di velluto chermisi e tre braccia di raso chermisi, per le mostre, date a ricamare in oro ad Antonio Bachiacca, ricamatore di corte. Ancor piÚ stringente è il confronto tra l'abito pisano e

l'immagine di Eleonora ritratta da Bronzino nel 1549 insieme al figlio Francesco, dove la duchessa indossa una zimarra di raso e una sottana in velluto rosso cupo le cui decorazioni a ricamo, complete di bordino a cartoni, si ritrovano pressochĂŠ identiche nell'abito pisano (il ritratto fa

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15. Passamaneria in raso con decoro a ricamo in cordoncino.

parte delle collezioni del Museo di Palazzo Reale in Pisa) (figg. 13 e 15). Importanti infine sono le somiglianze riscontrabili con la veste ritrovata in dosso alle spoglie di Eleonora, coincidente con l'abito pisano per misure e proporzioni, oltre che per il particolare ritaglio delle spalline. La veste, certamente identificabile nell'ambito della corte fiorentina, è dunque appartenuta a una dama di altissimo rango, forse anche, perché no, alla stessa Signora di Firenze, Eleonora, che tanto amava intrattenersi a Pisa per soggiornare in quella residenza confinante con il convento di San Matteo, luogo di ritrovamento dell'abito e protettorato caro al duca Cosimo. Una pratica devozionale prò remedio animae, assai diffusa in Toscana già a partire dal XIV secolo, documenta l'usanza di donare per lascito testamentario le vesti più preziose «... ad vestiendum imaginem Mater Dei ...»; grazie a questa usanza l'abito si è conservato nella valenza di veste sacra sfuggendo, con molta probabilità, alla dispersione.

È così che è giunto sino a noi un documento unico, recuperato alla lettura attraverso un intervento conservativo ponderato e graduale che non si è esaurito nella messa in sicurezza dell'opera, ma che ha trovato la sua più profonda motivazione in quel percorso di conoscenza della materia indagata nella sua complessità storica, tecnica e formale (fig. 14).

Note bibliografiche MOIRA BRUNORI, in L'abito della granduchessa,

M. BRUNORI, Una veste da Duchessa, intervento

vesti di corte e di madonne nel Palazzo

al convegno Costume Colloquium - a tri-

Reale di Pisa, a cura di Mariagiuìia Burre-

bute to Janet Harnold, Firenze 2008 (la re-

si, Pontedera, Bandecchi & Vivaldi, 2000,

gistrazione dell'intervento è disponibile sul

p. 67.

sito www. Costume-textile.com).

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Studio e ricostruzione di un abito cinquecentesco Thessy Schoenholzer Nichols

Ero a Volterra per collaborare a un restauro tessile quando, invece di mostrarmi subito l'oggetto in questione, Moira Brunori mi ha messa davanti a un insolito abito di velluto rosso cremisi con bande di ricamo in oro. Quello che a prima vista poteva sembrare un abito teatrale 'stile Cinquecento', riprodotto in maniera filologica, si è rivelato, dopo un lungo studio, un autentico abito cinquecentesco, forse appartenuto a Eleonora di Toledo, prima granduchessa di Toscana, e successivamente adattato e riutilizzato per vestire una statua lignea come era consuetudine nelle chiese. Lascio i fatti storici a chi di competenza; mi soffermerò qui solo sullo studio e la ricostruzione dell'abito. L'abito si presentava composto da un corpino, maniche staccabili e un'ampia gonna arricciata in vita, dove era attaccata al corpino, con un piccolo strascico, in velluto di seta color cremisi. Il corpino anteriore, creato in un unico pezzo con una punta che finiva sul ventre, aveva uno scollo quadrato, bretelle e lati che proseguivano oltre i fianchi naturali, dove erano inserite otto asole tonde rifinite ad ago. L'interno era completamente foderato di lino. Il giromanica anteriore era stato ritagliato, allargando il giro e assottigliando le bretelle, dopo essere stato decorato, rimuovendo almeno una delle due bande del decoro. Lo stesso procedimento si è potuto osservare nel corpino dell'abito funebre di Eleonora di Toledo, conservato oggi a Palazzo Pitti. Il corpino posteriore in due pezzi era invece un rifacimento. Le maniche erano di un unico pezzo, ma sagomate.

con la cucitura lungo la linea del gomito, larghe all'altezza del bicipite, sfondate al gomito e strette al polso, provviste di uno spacco con asola e bottone. La pala era rifinita intorno con ricci di nastro decorativo e mostrava diversi nastri per poter essere allacciata alle bretelle. La manica non mostrava una vera pala, ma solo un rialzo a punta delle cuciture del gomito e quindi un allungamento in questo punto, il che permetteva un movimento adeguato. La gonna si presentava suddivisa in quattro pannelli, due anteriori, con cucitura centrale e con grandi gheroni lateralire due posteriori, anch'essi con grandi gheroni laterali per renderla ampia all'orlo. Sul retro la sottana era completamente aperta a differenza del corpino posteriore che aveva delle allacciature per stringerlo. Lungo le aperture era stato rifinito con lo stesso nastro decorativo presente su tutto l'abito (fig. 1). Grazie ai gheroni la gonna era assottigliata in vita dove era increspata e cucita al corpino. Segni delle aperture originali si trovavano in concomitanza con la separazione fra il corpino anteriore e quello posteriore, ma erano stati chiusi. L'elaborata decorazione era composta da bande ritagliate da un tessuto di raso color cremisi e ricamata con filo d'oro e seta posato, creando un motivo continuo vegetale. I tagli vivi lungo i bordi erano ricoperti da una sottilissima passamaneria, lavorata presumibilmente con due tavolette e otto orditi in seta cremisi e due trame alternate creando picot su un lato in oro filato e rosso cremisi (fig. 2). Questi bordi, di due tipi di altezza, erano disposti a righe doppie: quelle piĂš sottili, sul busto, singole lungo le

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1. Corpino con gonna e maniche.

maniche e nei ricci sulla pala, (fig. 3} a doppie righe, quelle piĂš larghe, nel centro davanti e nell'orlo anteriore della gonna. Sull'orlo dietro invece i bordi erano singoli, perchĂŠ il secondo bordo era stato usato per rifinire l'apertura posteriore della gonna. Il fatto che l'abito fosse aperto sul dietro era il segno

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Thessy Schoenholzer Nichols

piÚ evidente del suo riadattamento e evidenziava anche il riuso, teso a vestire facilmente una statua lignea con il sistema del grembiule. La parte posteriore della gonna era stata scucita al centro e sui lati e rialzata di cm 20 ca. per togliere lo strascico, eccessivo per il secondo uso. Il tessuto in eccesso non era stato tagliato ma calato all'interno della gonna (fig. 4). Tuttavia questa operazione avrebbe creato un affastellamento di tessuto al punto vita e un volume troppo grande e per evitarlo erano state tagliate via alcune strisce del tessuto laterale e quindi ricucite. IO conseguenza di questi cambiamenti, lungo l'orlo della gonna erano evidenti numerosi segni di spostamento di tessuto, di vecchie cuciture, di rimozione di bande decorative. Il rialzo dei pannelli posteriori aveva creato un vuoto nel basso dei gheroni e una punta in quelli centrali. Tagliando via queste punte si è potuto riempire le zone vuote per allineare l'orlo (figg. 5 e 6). L'orlo intero era stato rinforzato per alcuni centimetri con due tipi di panno di lana pesante: marrone dietro, con due pezzi rossi sovrapposti davanti e sui lati. Anche il davanti della gonna aveva subito dei lievi cambiamenti perchÊ, per i mutamenti subiti nella parte posteriore, era diventato necessario allungare l'orlo, scucendo i bordi decorati, applicandoli all'orlo estremo e rinforzandoli con le strisce di panno. Infine sembrava che tutto l'orlo necessitasse di aggiustamenti per renderlo uniforme, tagliando via il poco velluto in eccesso. Era sorprendente notare con quante attenzione e parsimonia le suore avevano eseguito i cambiamenti, salvando il massimo possibile del tessuto pregiato. Per rifinire


2. Ricamo, disegno e passamaneria a tavolette.

l'interno dell'apertura al centro della parte posteriore della gonna erano state applicate le originali rifiniture in raso dell'orlo della gonna che era quindi sprovvista di rifiniture, salvo le strisce di rinforzo in panno. Anche le maniche sembravano essere state ristrette nella parte superiore, dove la distanza dei bordi decorati non era ben bilanciata. Le cuciture (originali e rifatte) erano a punto indietro per le cuciture lunghe, mentre il corpino e la fodera erano riuniti con sopraggitti e le bande ricamate erano state cucite con lunghe filze, così come le passamanerie. Il prolungamento della gonna in basso era invece unito con sopraggitti. Per la ricostruzione si è proceduto dapprima con un lavoro virtuale su un cartamodello creato dopo aver preso tutte le misure dell'oggetto. L'abito funebre di Eleonora a Palazzo Pitti è stato sempre consultato per trovare coerenze nella forma e nel modello: infatti il corpino posteriore mancante è stato ripreso esattamente da quello della granduchessa, visto che quello anteriore era pressoché uguale. Per trovare la circonferenza del'orlo, che avrebbe aiutato anche per la ricostruzione della gonna intera, si è misurato esattamente il bordo ricamato a disposizione per l'orlo, aggiungendo la rifinitura posteriore dell'apertura della gonna. È stato possibile eseguire questa operazione perché le bande non erano state tagliate ed erano quindi continue. Un altro aspetto di grande importanza era rappresentato dalla piegatura in basso della gonna e dai vecchi segni sull'orlo delle cuciture delle bande. Allineando i vari pezzi del cartamodello, si è potuto trovare con preci-

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3. Sottana modificata e aperta dietro.

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4. Interno della gonna modificata.


5. Ricostruzione di come la gonna era stata modificata, alzando i pannelli posteriori, tagliando via le punte dell'orlo dietro e inserendole nell'orlo laterale.

sione la distanza mancante da integrare (figg. 7 e 8). Un ulteriore controllo è stato compiuto con tutti i pezzi della mostra interna dell'orlo della gonna in raso di seta, che sono invece stati tagliati. A seconda della loro usura, hanno potuto essere collocati esattamente come erano in origine (fig. 11). Avendo allineati i bordi all'orlo era possibile spostare i cartamodelli in modo tale che anche il punto vita potesse essere allineato. Questo ha determinato l'individuazione del tessuto mancante che doveva essere ritessuto e infine reinserito (fig. 9). Con queste nuove e corrette misure si è potuto procedere al posizionamento virtuale del cartamodello su

6. Particolare esterno e interno della modifica all'orlo laterale della gonna.

pannelli della stessa altezza del tessuto, in modo da non sprecare tessuto prezioso, confrontando il posizionamento con pubblicazioni dell'epoca1 (fig. 10). Solo dopo questi passi si è potuto procedere alla ricostruzione reale, scucendo la gonna posteriore, togliendo gli inserti dei gheroni, aggiungendoli allo strascico e scambiandoli di lato. Il tessuto nuovo è stato inserito lateralmente e infi-

1

JUAN DE ALCEGA, Libro de Geometria, pratica e tra^a, 1589 e FRANCISCO DE LA

ROCHA DE BURGUEN, Geometria y trac,a pertenedente a! oficio de sastres,

1618.

Studio e ricostruzione di un abito cinquecentesco

207


7. Gonna con strascico aperto in vita. 8. Spostamento in basso dei pannelli posteriori come in origine.

208

Thessy Schoenholzer Nichols

9. Gonna intera con strascico e parti nuove da inserire.

10. Uso del tessuto.


11. Usura delle mostre interne della gonna: davanti il bordo esterno tocca i! suolo, mentre lateralmente e nello strascico tutta la superficie viene abrasa. A destra la sottana originale e restaurata.

Studio e ricostruzione di un abito cinquecentesco 209


12. Pannelli della gonna dietro, pezzi scuciti aggiunti nella modifica.

13. Pannelli della gonna dietro, parti riposizionate per lo strascico originale.

14. Pannelli della gonna dietro, nella posizione originale con integrazioni di nuovo tessuto. 15. Ipotesi di ricostruzione del modello originale del corpino davanti e dietro, delle maniche e della gonna con strascico.

ne la gonna è stata riposizionata e cucita ai pannelli anteriori (figg. 12, 13 e 14). Avendo la misura del davanti era facile disporre con regolari pieghettature la stoffa della gonna per farla rientrare nelle misure del corpino. Per il corpino posteriore è stato usato il corpino dell'abito funebre di Eleonora di Toledo e quindi, anche in questo caso, la massa della stoffa della gonna posteriore è stata ridotta in piccole pieghettature per arrivare alla misura della vita posteriore. La parte del restauro, delle ricuciture e della ricostruzione dell'abito è illustrata nel saggio di Moira Brunori in questo stesso volume (fig. 15).

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Thessy Schoenholzer Nichols


Le vesti modellate e le vesti tessute: il restauro di una statua seicentesca tra forma e devozione Ivana Micheletti, Roberta Notari

La Madonna con Bambino di Saludecio fu 'scoperta' durante un sopralluogo al Museo d'Arte Sacra 'Beato Amato Ronconi', effettuato dai funzionar! dall'Istituto per i Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna. Le prime immagini scattate proprio in quella occasione ci mostrano la statua con le vesti sollevate e raccolte in grembo, che svelano come sotto il semplice abito di cotone rosa, ormai impallidito, ve ne fosse un altro, perfettamente modellato, in tela gessata di un colore rosa ancora intenso (fig. 1). Quelle prime suggestive immagini evidenziarono anche come la statua, realizzata in cartapesta e tela gessata, fosse in pessimo stato di conservazione; alla fine del 2004 quando l'IBC diede l'avvio ai lavori di restauro proprio la costituzione polimaterica dell'opera, oltre agli abiti, ha reso necessario l'intervento di due laboratori di restauro specializzati: R.T. Restauro Tessile di Albinea (RE) per le parti tessili e Roberta Notari di Reggio Emilia per le sculture. La statua venne così trasportata nel laboratorio di Albinea imballata in una apposita cassa e qui dopo una accurata spolveratura è stata svestita (con modalità particolari di cui si parlerà in seguito), avendo l'accortezza di documentare graficamente e con immagini ogni passaggio. La svestizione completa ha confermato, come solo in parte si era potuto intuire all'inizio, che le vesti tessute celavano alla nostra vista non un simulacro abbozzato, ma il bel modellato di una scultura con abiti completamente curati e finiti, databile alla fine del XVII secolo.

Le vesti e gli ornamenti Dopo il rilievo fotografico dello stato di fatto (figg. 2a-b), si è proceduto a una preliminare spolveratura della statua, comprese le parti tessili, mediante l'utilizzo di un pennello a setole morbide e di un aspiratore a velocità regolabile per rimuovere la polvere superficiale. Il nastro di seta posto in vita è stato subito protetto con velo matine per agevolare tutte le operazioni. Al momento della svestizione, a fronte dell'estrema secchezza delle fibre tessili si è scelto di vaporizzare gli abiti per aumentarne l'idratazione e non aggravare i danni durante la manipolazione. Le parti scultoree dipinte {il volto e le mani della Madonna e del Bambino), durante questa vaporizzazione diretta, sono state protette avvolgendole con carta di cellulosa morbida, posta a contatto con la superficie dipinta e sigillandole con pellicola trasparente (figg. 3a-b). Molta attenzione si è posta nel togliere i monili che decoravano la scultura nonché alcune parti degli stessi abiti che erano stati fissati con piccoli chiodi e spilli di ferro che nel tempo avevano subito un forte processo di corrosione, provocando anche danni al tessuto. Un brutto rammendo, posizionato tra spalla sinistra della Madonna e l'abito del Bambino, serviva a mantenere sollevato il braccio di quest'ultimo, infatti, una volta rimossi i chiodi che trattenevano la piccola veste al corpo della statua, si è verificato come l'arto fosse completamente staccato, inglobato nella manica e quindi sorretto dal tessuto stesso con il rinforzo di cuciture grossolane posizionate in modo strategico.

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1. Madonna con il Bambino prima del restauro con le vesti sollevate, Saludedo, Museo d'Arte Sacra 'Beato Amato Ronconi' (foto Costantino Ferlauto).

Aprendo infine i bottoni automatici posti sul fianco sinistro si è potuto procedere alla svestizione completa della statua, sfilando l'abito dalla sua unica manica, la destra. Una volta tolti gli abiti, sono apparsi evidenti tutti i problemi strutturali agli arti superiori delle due statue, il braccio destro della Madonna che appariva molto danneggiato e pericolante, anch'esso quasi interamente sostenuto dalla manica dell'abito, è stato puntellato, in attesa del restauro. Dopo queste operazioni preliminari le statue della Madonna e del Bambino sono quindi ripartite per il laboratorio di restauro Roberta Notari di Reggio Emilia, mentre gli abiti sono stati contemporaneamente sottoposti alle operazioni di recupero. La statua La Madonna, di belle proporzioni, regge il Bambino con estrema disinvoltura sul braccio sinistro, mentre il braccio destro è piegato con la mano rivolta verso l'interno. L'abito della Vergine in tela gessata ha un panneggio morbidamente disposto intorno al corpo, frazionato in numerose pieghe, cinto in vita da una fascia color ocra e il modellato del corpo sotto la veste fa intravedere i seni leggermente accennati (fig. 4). La veste ricade a terra lasciando scoperte le punte dei piedi che indossano dei cal-

212

Ivana M i che letti, Roberta Notari

zari di stile romano. Le maniche sono montate al punto spalla con piccole pieghe morbide, mentre un bordo dorato ai polsi e allo scollo impreziosisce la veste; inoltre la manica lascia intravvedere un polsino bianco che allude all'esistenza della camiciola. I capelli della Madonna, color castano rossiccio, sono spartiti al centro e morbidamente raccolti in una naturale coda stretta da un laccetto rosa. Il viso della Vergine è dolce e delicato con lo sguardo rivolto verso il basso e la bocca chiusa. II Bambino ha le braccia aperte ed è appoggiato con estrema naturalezza sul braccio della Vergine. Ha il busto nudo e un drappo bianco bordato d'oro che gli gira sulle gambe e intorno al braccio destro, i capelli sono biondi, la bocca chiusa e io sguardo rivolto verso il basso. La tecnica costruttiva è mista: il corpo sottostante è impagliato, con un legno centrale passante dal basamento ottagonale di misura proporzionata all'altezza della statua e sorregge tutta la struttura, che a sua volta si dirama in due altri legni che servono per posizionare i piedi (fig. 5). L'abito in tela gessata è stato realizzato disponendo sulla struttura dei teli di lino ammollati in colla forte calda. Mentre i teli si raffreddavano l'artista modellava le pieghe delle vesti e delle maniche. Il disporsi dei teli, ancora bagnati, faceva sì che essi assumessero cadenze naturali


2a-2b. Madonna vestita prima del restauro, davanti e dietro (foto Dario Lasagni).

Il Bambino è ben ancorato al fianco della Vergine, presenta anch'esso una struttura rigida, si tratta di un manichino costruito mediante una tecnica mista che impiega tela, gesso, stoffa e paglia all'interno. L'intera scultura è stata quindi dipinta con estrema cura e realismo cromatico con tecnica a tempera e colle animali.

che guidavano la mano dell'artista per modellare secondo forme eleganti. La testa, le mani e i piedi erano precedentemente realizzati in cartapesta e venivano collocati e solidamente trattenuti da spaghi e colle forti nelle loro sedi. La parte superiore del busto è rigida, con una armatura più resistente alla vestizione e al trasporto, mentre dalla vita in giù l'abito è costituito semplicemente da una tela gessata che rimane più mobile.

Stato di conservazione La scultura si presentava in uno stato di conservazione precario. Era ricoperta da uno spesso strato di sporco e polvere, le braccia del Bambino erano completamente staccate, gli mancavano tre dita nella mano destra e un restauro precedente aveva aggiunto del materiale non idoneo come riempitivo nelle braccia. La Madonna aveva la spalla destra staccata dal busto e la mano destra aveva le dita completamente rifatte con materiali diversi non coerenti, inoltre mancava la parte terminale della fascia color ocra che si appoggiava alla veste. Il piede destro della Vergine si era completamente ritirato verso l'interno dell'abito sicuramente per una manomissione fatta in precedenza. Numerose erano le lacune del gesso su tutto l'abito rosa dovute a incuria e umidità e le pieghe erano staccate fra di loro. Entrambi avevano sul capo della stoppa posticcia che era stata usata come riempitivo a un probabile trauma subito in precedenza, facendone perdere il modellato. L'intervento precedente aveva ridipinto in maniera grossolana alcune parti rosa dell'abito. Infine il basamento di legno d'abete di forma ottagonale aveva perso quasi completamente il gesso e la policromia originale.

Le vesti modellate e le vesti tessute: il restauro di una statua seicentesca tra forma e devozione 213


3a. Vaporizzazione tessuti per agevolare la svestizione (foto R.T. Restauro Tessile).

3b. Un momento della svestizione (foto R.T. Restauro Tessile).

Intervento di restauro La scultura è stata spolverata con pennelli morbidi, rimuovendo totalmente la polvere. Poi sono stati aperti dei tasselli per verificare l'originalità della policromia. Si è visto che l'abito rosa era stato ridipinto in alcune parti, mentre il resto della policromia era originale. Si è poi passati alla pulitura di tutta l'opera con acqua e ammoniaca al 10% (fig. 6). Una volta pulita sono state consolidate la tela e le lacune con iniezioni localizzate di Prima! al 10%; le numerose pieghe

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Ivana Micheletti, Roberta Notari

4. Statua della Madonna prima del restauro (foto Roberta Notari).

staccate dell'abito sono state fissate con colla forte al 20% e stabilizzato la struttura (spalle e piedi) con resina Araldite HV 427 (fig. 7). Una volta consolidata tutta la struttura in accordo con la Direzione lavori sono state ricostruite le dita mancanti della Madonna con perni interni per il posizionamento e riattaccato le dita staccate con l'ausilio di morsetti dolci e colla vinilica. Il piede destro della Madonna è stato riposizionato nella sua sede originale dove c'era ancora l'impronta. Anche il basamento ligneo è stato consolidato e sono state attaccate tutte le parti staccate e sono state lasciate a vi-


5. L'interno della scultura:

6. La scultura a metà pulitura.

Nella pagina foto Roberta Notari.

il manichino.

sta le placche metalliche che servivano per fissare la scultura. La scultura è stata sottoposta a intervento di disinfestazione, e a tal fine chiusa in un sacco a tenuta ermetica per eliminare eventuali insetti xilofagi per 15 giorni. Tutte le lacune del gesso sono state stuccate a gesso e colla animale, lisciate con bisturi e carta abrasiva fine e infine sono state ritoccate in maniera mimetica con i colori a vernice, poiché questi non si alterano nel tempo. Sull'intera scultura è stata data una vernice semilucida come protettivo (retouche). Gli abiti Gli abiti, una volta tolti dalla statua, sono stati posti su pannelli e preparati per la seconda spolveratura, avvenuta mediante reticelle di protezione e un aspiratore a velocità regolabile.

Quindi sono state eseguite, per entrambi, le prove di tenuta colore sia sulle superfici maggiormente degradate che sulle parti meglio conservate, ricorrendo anche all'osservazione al microscopio per controllare gli effetti sul tessuto del detergente neutro usato nel lavaggio (fig. 8). Poi si è proceduto al lavaggio in acqua addolcita e tinovelina, avendo cura di fissare a cucito, su tulle sintetico, le zone più lacerate. Tutti i pizzi sono stati smontati e lavati separatamente, applicando localmente acido ossalico per attenuare le macchie di ruggine. Il posizionamento successivo è awenuto con spilli entomologici su pannelli, ridando forma sia alle pieghe originali degli abiti che ai merletti. Gli abiti sono stati consolidati a cucito, applicando sot-

Le vesti modellate e le vesti tessute: il restauro di una statua seicentesca tra forma e devozione

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7. Riposizionamento e

8. Test di lavaggio seguito

9a. Particolare degli abiti prima

stuccatura delle pieghe

al microscopio (foto R.T. Restauro

del restauro (foto R.T. Restauro

il restauro (foto R.T. Restauro

dell'abito (foto Roberta Notari).

Tessile).

Tessile).

Tessile).

to le parti lacerate e lise dei supporti di cotone appositamente tinti, intervenendo sui tagli con una fermatura a punto posato e sottopunto. I supporti inseriti hanno gradazioni differenti per meglio adeguarsi alle diverse tonalitĂ che la forte scoloritura ha portato sul dritto del tessuto. Infatti dove le pieghe dell'abito nella sovrapposizione del tessuto non hanno permesso alla luce di produrre il degrado fotocromatico, abbiamo ancora il rosa acceso originale che ricorda il colore dato alla veste in tela gessata della statua. Per attenuare le forti macchie brune e uniformare per quanto possibile il colore degli abiti sul dritto, sono stati posti sul davanti, a parziale copertura delle zone piĂš compromesse, dei veli di crepe/ine, tinti appositamente in vari toni. Infine sono stati rimontati i pizzi sul collo e sui pol-

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Ivana Micheletti, Roberta Notari

9b. Particolare degli abiti dopo

sini e si è poi ricorso al vapore per la messa in forma finale delle vesti. Il gallone che funge da cintura dell'abito del bimbo è stato tamponato in acqua e alcool, per conferire nuovamente lucentezza ai filati metallici, il consolidamento è invece avvenuto a cucito con punto posato, su supporto di seta tinto in tono adeguato (figg. 9a-b). Nel corso dell'intervento sono emersi, come si diceva precedentemente, una serie di dati inequivocabili che hanno determinato il convincimento, sia da parte della dottoressa Armanda Pellicciar! della Soprintendenza ai Beni Storico Artistici di Bologna che della dottoressa Lidia Bortolotti, responsabile dell'intervento di restauro per parte dell'IBC, di non esporre il gruppo plastico rivestito con gli abiti ottocenteschi.


10a. La statua dopo il restauro.

10b. La statua vestita dopo il restauro. Nella pagina foto R.T. Restauro Tessile.

Storicamente si hanno numerosi casi di statue completamente scolpite che vengono vestite in particolari occasioni, citiamo unicamente il caso più emblematico: la statua bronzea di San Pietro in Vaticano, in occasione della festività dei santi Pietro e Paolo viene vestita con un mantello dorato che ne cambia simbolicamente l'aspetto. Per quanto riguarda i simulacri mariani si hanno notizie già dalla seconda metà del 1300 di madonne completamente scolpite e dipinte, che vengono abbigliate periodicamente a seconda delle feste (si vedano in proposito le pubblicazioni curate da Riccarda Pagnozzato, ampiamente citate in questo volume). Nel nostro caso però, la confezione degli abiti, avvenuta sicuramente in un secondo momento, è più verosimilmente da attribuire a un atto di devozione che, riproducendo in tela operata di cotone rosa, le stesse pieghe e drappeggi delle vesti modellate in tela gessata, ebbe l'intento evidente di coprire i segni del tempo e di restituire così dignità alla statua. Le vesti modellate e le vesti tessute sono uguali per il numero e la direzione delle pieghe e per come queste sono chiuse in vita con una fascia sotto la quale, nell'abito in cotone, si è preservato il colore originale del tessuto che riproduce quello scultoreo. L'intervento di restauro riporta quindi la Madonna con Bambino alla fruizione pubblica nel suo aspetto originario, evidenziandone la pregevole fattura. Gli indumenti, comunque recuperati, sono conservati in museo, per il loro aspetto devozionale e come testimonianza di culto (figg. 10a e 10b).

Scheda tecnica tessuti Abiti: tessuto operato di cotone rosaceo ad aspetto 'droghetto', realizzato a telai meccanici ordito e trama in cotone rosa. Fusciacca: taffetas a pelo strisciante, ordito di fondo in seta avorio, ordito di pelo in seta avorio, trame in lino chiaro. Cintura gallone: realizzato a telaio, ordito in lino bianco, trame in argento dorato lamellare e argento dorato trafilato. Pizzi: in cotone a fuselli.

Le vesti modellate e le vesti tessute: il restauro di una statua seicentesca tra forma e devozione 217



Il presepe della Pinacoteca Civica di Imperia: il restauro di un manufatto polimaterico* Marica Mercalli, Marisol Valenzuela, Claudia Kusch

La storia del presepe di Imperia Come hanno sottolineato tutti coloro che si sono occupati della produzione di statuine presepiali tra Sette e Ottocento, in ambito napoletano e genovese, è solo a partire dagli anni Cinquanta del secolo appena trascorso che il 'fenomeno presepe' è stato oggetto di studi e di ricerche scientificamente fondati sul reperimento di dati d'archivio.1 La storia del presepe è stata così sottratta alla genericità di una tradizione per lo più orale e il presepe è stato studiato, sia pure con la diversità e specificità dei suoi caratteri costitutivi, come una concreta e ben definita forma d'arte, emancipandolo dal ruolo di oggetto cui si erano rivolti quasi esclusivamente amatori e collezionisti, senza una salda preparazione storico-scientifica. Il riconoscimento della sua complessità e il riscatto da una valutazione riduttiva di prodotto puramente artigianale non solo hanno permesso di individuare personalità di rilievo tra gli esecutori delle statuine, anche attraverso il reperimento di documenti che attestano principalmente la loro attività presso le corti di Napoli e di Madrid, ma anche di comprendere la sua natura di manifestazione concreta di un 'fare artìstico' che offre un sorprendente spaccato, storico e sociologico, del periodo e del contesto in cui fu prodotto. D'altro canto, come è stato già evidenziato negli studi sul presepe ligure, non è facile né corretto analizzare la produzione di figurine presepiali in termini puramente attribuzionistici perché l'individuazione della eventuale paternità dei singoli pezzi non è così importante quando si sia compreso il valore del presepe come espressione di un

lavoro di gruppo, di bottega, al quale il caposcuola dava il suo contributo forse solo con l'esecuzione diretta di alcune parti, prevalentemente quelle che non erano poi coperte dagli abiti in tessuto. Più si studia il fenomeno presepe, più lo si comprende nella sua natura, più si analizzano, come è avvenuto nel nostro caso, le sue componenti tecniche e strutturali, sempre meno appare importante l'esatta individuazione del nome dell'esecutore, perché l'insieme nasce dal lavoro collettivo di una bottega, dall'affiatamento di abilissimi artisti e artigiani che sanno intagliare il legno, costruire gli snodi dei manichini, cucire i preziosi vestiti, purtroppo quasi mai pervenuti nella loro originaria fattura, eseguire i minuti particolari che rendono realistica la composizione nel suo complesso, allestire il contesto, riprodurre insomma quei 'quadretti di vita contemporanea' che si affiancano alla scena della nascita di Gesù tra Giuseppe e Maria.

' II testo che qui si pubblica rispecchia l'intervento fatto dalle autrici al Convegno di Ferrara sulle 'Madonne vestite' nel 2006. Successivamente il nostro studio è stato oggetto di una completa pubblicazione sulla storia e iì restauro del presepe di Imperia, curata in occasione del nuovo allestimento della Pinacoteca Civica di Imperia. A questo volume pertanto si rimanda per i successivi approfondimenti: MARIATERESA ANFOSSI, MARICA MERCALLI, // Presepe dì Imperia. Storia, ricerche e restauro, Milano, Silvana Editoriale, 2009. 1

Gli studi scientifici sul presepe, in quanto complesso fenomeno storico-arti-

stico, prendono le mosse dalla mostra organizzata nel 1950 da Bruno Molajoli in Palazzo Reale a Napoli- Si veda al riguardo BRUNO MOLAJOLI, La Scultura nel Presepe napoletano del '700, catalogo della mostra, Napoli, Stabilimento tipografico Montanino, 1950,

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Sintomatica al riguardo è la vicenda dell'iperattribuzionismo, se così si può definire, di figure presepiali liguri ad Anton Maria Maragliano, importante scultore attivo a Genova e ne Ponente ligure nel periodo a cavallo tra il Seicento e il Settecento, al quale veniva ascritto dalla tradizione storiografica, per lo più locale, il presepe oggi conservato nella Pinacoteca Civica di Imperia, oggetto del nostro intervento di restauro.2 Una delle fonti di poco posteriore alla sua morte, nella quale il Maragliano viene esplicitamente nominato come autore di un «Presepe con bellissime figurine di legno alte un palmo e più, vestite in ottimo gusto ...» è \'Avviso di vendita genovese, pubblicato nel 1783. La notizia è sicuramente attendibile, ma può essere interpretata anche come testimonianza del diffondersi di una fama, per la quale veniva attribuito allo scultore un gran numero di statuine da presepe, a prescindere dal suo intervento diretto nell'esecuzione. Anche l'indagine condotta sulle statuine del presepe d'Imperia, ha confermato la loro appartenenza a diversi gruppi, almeno tre, riuniti nell'attuale insieme di 113 pezzi, ascrivibili a diversi artefici e a diverse fasi esecutive, pur non escludendo per le figure di più raffinata resa stilistica l'intervento di artefici della bottega di Anton Maria Maragliano, a lui molto vicini, anche se non si può provare con certezza la diretta esecuzione del maestro (figg. 1, 2 e 3). All'intagliatore più abile della bottega, si devono sicuramente le parti più rilevanti, come i volti e le mani e il petto dei personaggi (fig. 4) spesso a vista per l'impiego di ampie scollature negli abiti femminili (secondo la moda del tempo) e di camicie aperte negli abiti maschili. La pra-

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Marica Mercalli, Marisol Valenzuela, Claudia Kusch

tica del lavoro di gruppo - all'interno del quale sono state riconosciute personalità di allievi come il figlio di Anton Maria Maragliano, Giovan Battista, e i suoi nipoti Giovanni Maragliano e Agostino Storace, Pietro Conforti, Pietro Galleano, Pasquale Navone e Bernardo De Scopft - è comunque attestata dal ripetersi delle tipologie somatiche dei personaggi che fanno riferimento, nei casi più rilevanti, agli esempi più alti della produzione del Maragliano per le complesse macchine lignee delle chiese liguri. La coralità di questa sacra rappresentazione che mutuava dal teatro l'apparato scenografico, gli effetti di luci e di suoni, la possibilità di muovere i personaggi cambiando le loro posizioni, grazie al fatto che i manichini sono snodabili, fa sì che nessun personaggio possa vivere autonomamente rispetto agli altri, anche se spesso la vicenda della dispersione dei nuclei storici dei presepi tra antiquari e collezionisti ha prodotto la loro frammentazione e la separazione delle statuine dall'insieme originano. La facile intercambiabilità delle figurine con la sostituzione di parti lignee, ma ancor più spesso degli abiti, per mutare la connotazione del personaggio, è all'origine molto spesso degli interventi di modifica e sostituzione che abbiamo riscontrato sulle statuine durante il loro restauro. A differenza del presepe napoletano, del quale è noto l'impianto scenografico, non esistono elementi certi per

1

Alla data del Convegno di Ferrara nei quale abbiamo presentato il lavoro di

restauro sul presepe di Imperia, non era stata realizzata ancora la sua esposizione. Oggi il presepe è interamente esposto al pubblico nella grande sala centrale della Pinacoteca Civica.


1. Re Mago moro.

2. Particolare del volto

3. San Giuseppe svestito.

del suonatore.

stabilire la configurazione del presepe genovese. Nulla purtroppo conosciamo degli originari allestimenti e delle scenografie che accompagnavano le statuine del presepe. Poco sappiamo anche dei luoghi d'esposizione. Ăˆ certo però che a partire dal Settecento la moda di allestire il presepe si diffonde presso le famiglie aristocratiche liguri che si facevano vanto di possederlo nelle proprie abitazioni private. Anche a Genova e nel Ponente ligure, come a Napoli, si sviluppa cosĂŹ un particolare tipo di presepe, quello che

Raffaello Causa, promotore degli studi moderni sull'arte del presepe napoletano, aveva definito 'cortese', in cui all'aspetto devozionale si accompagna, senza forse del tutto sovrapporsi, l'aspetto ludico, profano, unito a un desiderio di auto rappresentazione. 3 Ai personaggi del tradizionale contesto: pastori, popo-

3

RAFFAELLO CAUSA, // presepe cortese, in CiviltĂ del Settecento a Napoli 1734-

1799, catalogo della mostra, Firenze, Centro Di, 1980.

Il presepe della Pinacoteca Civica di Imperia: il restauro di un manufatto polimaterico

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4. Il pastore.

lani, infermi, si aggiungono allora i personaggi dell'aristocrazia: dignitari, paggi, armigeri, che vestono abiti secondo la moda settecentesca, oltre alle figure esotiche e orientaleggianti dalle vesti variopinte, che costituiscono spesso il corteggio dei Magi (figg. 5 e 6) e che mantengono un'eco delle diverse etnie presenti nei porti di Genova e di Napoli e sono un chiaro segnale del diffondersi dell'interesse, nella cultura di fine Settecento, per tutto ciò che proveniva dall'Oriente. Un mondo in miniatura nel quale si ritrovano le tipolo-

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Marica Mercalli, Marisol Valenzuela, Claudia Kusch

6. Il moro.

gie del mondo reale, con caratterizzazioni realistiche ma che si ripetono in modo abbastanza invariato e fanno sÏ che gli stessi personaggi - il popolano con il cappello nero a larga tesa, la giovane contadina, la donna anziana dalla mascella segnata, il mendicante zoppo - si ripresentino costantemente in quasi tutti i nuclei presepiali. Nel corso dell'Ottocento la dispersione dei grandi patrimoni appartenenti alle nobili famiglie liguri interessò anche i presepi, conservati nelle loro abitazioni, che appro-


darono sul mercato antiquario e confluirono nelle nuove collezioni appartenenti a ricchi borghesi. Questa trasmigrazione determina anche il formarsi dei primi nuclei museali, dovuti in alcuni casi a importanti donazioni, come quella di Antonio Samengo che nel 1887 legava al Comune di Genova alcuni oggetti delle sue raccolte tra i quali un gruppo di diciannove statuine «da comporre presepi» che verrà esposto al pubblico ne! 1892 a Palazzo Bianco, insieme a un altro importante nucleo già appartenente a Luigi Fessale.4 Da allora ad oggi l'accresciuto interesse per il presepe ha prodotto studi sempre più orientati a ricostruire la storia dei complessi oltre che a individuare le diverse personalità degli artefici. A questo orientamento degli studi si è conseguentemente accompagnata una doppia riflessione sul come conservare e tutelare i nuclei presepiali pervenuti nelle pubbliche collezioni e sul come esporli al pubblico. Troppo spesso infatti proprio per la sua natura di oggetto d'arte, legato alla tradizione delle festività natalizie, il presepe è stato sottoposto a continui interventi di manutenzione, riscontrati anche su quello d'Imperia, e documentati dalle notazioni di cronaca cittadina che è stato possibile rintracciare, affidati a persone non del tutto capaci di operare con le cautele che qualunque intervento di restauro o anche di semplice manutenzione richiede.5

collezioni, ci si chiese quale potesse essere l'interesse di un restauro su un manufatto di natura artigianale, di cui poco si conosceva, a partire dalla sua attribuzione, poiché era genericamente ascritto ad Antonio Maria Maragliano e bottega. All'epoca quasi tutte le statuine, ad eccezione di quelle solo lignee raffiguranti il Bambino Gesù e il San Giuseppe (solo il manichino), angeli in volo e animali, che erano state restaurate nel 1994 dalla ditta Nicola di Aramengo d'Asti, ed esposte in una sala al piano terreno della Pinacoteca, erano conservate nei depositi in condizioni veramente critiche. L'interesse del presepe fu subito evidente perché il suo restauro avrebbe offerto una occasione di riflessione e di studio su manufatti polimaterici, preziosa ai fini della didattica del nostro Istituto. La prima fase dell'intervento ha riguardato il restauro di cinque statuine e la definizione di un progetto, comprensivo sia delle indagini diagnostiche preliminari che di uno studio delle condizioni microclimatiche dell'ambiente espositivo, in cui il complesso presepiale sarebbe stato collocato a intervento concluso. Il restauro è poi proseguito negli anni successivi con una collaborazione tra l'ISCR, che ha restaurato in attività didattica altri 39 mani-

4

Quando nel maggio del 2002 l'Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro (già Istituto Centrale per il Restauro) fu chiamato dal Comune di Imperia per una consulenza sul complesso presepiale conservato nelle civiche

Per le notizie sulla formazione dei primi nuclei presepiali nelle collezioni liguri

si veda MARIA CLELIA GALASSI, Artefici e collezionisti dei presepi genovesi, in Venite Adoremus. Note su! presepe genovese, catalogo della mostra, Genova, Tormena Ed., 1993, pp. 38-57. s

Si veda al riguardo M. MERCALLI, // Presepe di imperia. La sua storia e il suo

restauro, in M. ANFOSSI, M. MERCALLI, // Presepe di Imperia cit, pp. 69-71.

Il presepe della Pinacoteca Civica di Imperia: il restauro di un manufatto polimaterico

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chini lignei, e una ditta privata, la Arackne di Claudia Kusch, che ha provveduto a restaurare tutti gli abiti e ulteriori 29 manichini lignei, con la direzione lavori dell'ISCR e, nella fase finale, della Soprintendenza per il Patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico della Liguria. L'ISCR ha poi curato una campagna di rilevazione delle condizioni microclimatiche degli ambienti della Pinacoteca di Imperia in cui era stato previsto il nuovo allestimento del presepe.6 Entro il 2007 è stato completato il restauro dell'intero complesso e nel 2008 è stato progettato e realizzato un nuovo allestimento dallo Studio Radaelli di Milano che ha pienamente rispettato le indicazioni che sono state date dai fisici, chimici e biologi dell'ISCR sulle condizioni ottimali di esposizione. Riguardo all'esecuzione e alla originaria committenza possiamo ritenere che il nucleo più antico sia identificabile con il presepe ricordato dalle fonti archivistiche come proprietà della famiglia Berio di Porto Maurizio, acquisito tra il 1724 e il 1741 e ritenuto opera del Maragliano «... era un bello presepio con i Magi, avendo i cavalli le staffe d'argento opera di Maragliano ...». Sulla sua originaria collocazione è convincente l'ipotesi, presentata da Gianni De Moro nel suo studio svolto in occasione della presentazione del restauro del primo nucleo di statuine (Imperia, maggio 2003), che dovesse trattarsi della cappella gentilizia dei Berio, annessa al loro palazzo di Porto Maurizio e dedicata a San Francesco di Paola. Al termine del restauro è stato possibile, attraverso il con-

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Marica Mercalli, Marisol Valenzuela, Claudia Kusch

fronto di tutte le statuine e grazie anche al riconoscimento delle specie lignee con le quali sono stati realizzati i manichini snodabili e all'osservazione di alcune particolarità tecniche di esecuzione, individuare diversi nuclei all'interno del complesso. Al nucleo più rilevante sotto il profilo stilistico appartengono - per citare qualche esempio - le figure dei re magi e dei mori del loro seguito, awicinabili ai bellissimi schiavi mori a torso nudo esposti nel Museo Luxoro di Genova (figg. 1 e 6). Altrettanto bella la figura del mendicante zoppo, ricorrente nei contesti presepiali non solo liguri ma anche napoletani, che si può considerare, come rilevato anche da altri studiosi, un 'tipo maraglianesco', sicuramente ascrivibile alla sua bottega (fig.7). La particolarità di questa figura sta nella sua posizione, non eretta nella quasi totalità degli altri esempi, ma bloccata in un instabile equilibrio con la gamba sinistra sostenuta all'altezza del ginocchio da una stampella. In questo caso un interessante riferimento iconografico è costituito dal disegno di Alessandro Magnasco, databile intorno al 1715, conservato nel Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, in cui si potrebbe rintracciare un indizio della collaborazione prestata dal pittore alle botteghe degli intagliatori, nella realizzazione di statuine presepiali, collaborazione di cui si può trovare un'eco anche nel dipinto raffigurante l'Adorazio-

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Tale rilevazione è successiva alla data del nostro intervento a Ferrara. I suoi

risultati, sulla base dei quali è stata progettata la vetrina espositiva all'interno della quale il presepe è stato collocato, sono pubblicati nell'intervento di ELISABETTA GIANI, ANNAWARIA GIOVAGNOLI, MARIA PIA NUGARI, Lo studio ambientale e gli interventi per la nuova esposizione del gruppo presepiale, in M. ANFOSSI, M. MERCALLI, // Presepe di imperia cit, pp. 115-121.


7. Il mendicante zoppo.

8. La vetrina espositiva con il presepe allestito. Imperia, Pinacoteca Civica.

ne dei Magi del Musée des Beaux Arts di Dunkerque, databile all'ultima fase dell'attività del Magnasco (1667-1749). La storia conservativa del presepe è molto travagliata per i continui passaggi di proprietà e custodia. Legato originariamente alla devozione della famiglia committente e poi a quella delle comunità religiose e civili che lo hanno ereditato, è stato oggetto di continui interventi di cui sono ancora oggi leggibili i segni. Sicuramente era completato da una accurata scenografia di cui nulla rimane.

Già alla fine del Settecento fu rimosso dalla prima collocazione e passò probabilmente al Comune di Porto Maurizio, all'atto del trasferimento a Genova dell'ultimo discendente della famiglia, l'abate Vincenzo Maria Berio. Per diversi anni fu allestito nella chiesa dei Padri Cappuccini e in anni non precisati giunse al convento delle Suore Carmelitane di Porto Maurizio, dove è rimasto fino al 1992, anche se gli inventar! del Comune dì Imperia ne attestano la proprietà a partire dal 1907. Nel 1939 è documentato dalla stampa locale un inter-

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9a-9b. Suonatore svestito e vestito, dopo il restauro, inv. 63H. Le calzamaglie non sono state smontate.

vento di manutenzione del falegname di Imperia Massabò «... che con lavoro paziente ... di lima e di sgorbia, rifece le mani e i piedi alle malconce fstatuine) per renderle ancora atte a figurare».7 Anche gli abiti furono rifatti negli interventi di manutenzione e continuo riallestimento in occasione delle festività natalizie, spesso sovrapponendo parti del nuovo abito a parti del vecchio, secondo una modalità consueta negli interventi sui manufatti tessili, come abiti e paramenti liturgici, che deriva dal loro essere stati sempre considerati principalmente oggetti d'uso. Viene infatti citato, nello stesso articolo sopra riportato, un dono di stoffe da parte di una signora americana trasferitasi a Porto Maurizio nei primi anni del Novecento «per aggiustare gli abiti delle donnette» ed

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Marica Mercalli, Marisol Valenzuela, Claudia Kusch

è ancora conservata presso la Pinacoteca di Imperia una scatola contenente ritagli di tessuti consegnata dalle Suore all'atto del passaggio del presepe nelle civiche collezioni che conferma il continuo rifacimento delle vesti dei personaggi. Ulteriore testimonianza locale è quella che riguarda l'ultimo allestimento del presepe nel 1984 presso un circolo culturale portorino, quando già le sue condizioni conservative erano molto critiche. Dalle foto pubblicate in quell'occasione si è avuta la prova dell'uso del muschio per coprire le basi delle statuine che, come sarà chiarito in seguito, ha sicuramente causato enormi danni e perdite. Infine, il riallestimento del presepe è stato un problema sul quale la riflessione da parte dei tecnici dell'ISCR e del Comune di Imperia è stata particolarmente accurata, sia per dare risposta alle sue esigenze conservative ma anche per valutare l'opportunità di scegliere un allestimento che, pur non riproponendo una scenografia di cui si era persa ogni traccia, garantisse l'esposizione unitaria del complesso, evocando una scena presepiale nella quale le figure sono esposte per gruppi tematici 8 (fig. 8). Marica Mercalli

Si tratta di G. Battista Massabò falegname di Porto Maurizio. Per molti anni si occupò delle manutenzione delle statuine del presepe di Imperia. Queste notizie, trasmesse oralmente dal signor Giovanni Bracco che conobbe il Massabò, si devono a Gianni De Moro, studioso imperiese che ha condotto importanti ricerche storiche sulla famiglia Berio e sul presepe. 8 Sulle scelte operate per l'allestimento del presepe si vedano i contributi di E. GIANI, A. GIOVAGNOLI, M.P. NUGARI, Lo studio ambientale e gli interventi cit, pp. 115-121 e di PAOLO RADAELLI, La cometa di cristallo, in M. ANFOSSI, M. MERCALLI, // Presepe di Imperia cit., pp. 33-37. 1


10a-10b. Particolare di un braccio fratturato e sostituito da uno nuovo, realizzato in tiglio.

L'intervento di restauro II presepe d'Imperia è un manufatto polimaterico costituito da manichini lignei snodabili, perfettamente intagliati e dipinti nei volti e nelle mani e appena sbozzati nel corpo in quanto quest'ultimo veniva rivestito e quindi nascosto dagli abiti realizzati in tessuto (figg. 9a-b). Nella realizzazione delle statuine sono impiegati anche altri materiali, oltre al legno e al tessuto: il vetro con cui sono fatti gli occhi e le perline utilizzate per alcune collane, i filati metallici delle decorazioni a merletto a fusello degli abiti, il cuoio con cui sono realizzate alcune calzature e capi di vestiario, le fibre organiche impiegate nella realizzazione di alcuni cestini e di una collana e la carta utilizzata come imbottitura di alcuni abiti e per le etichette delle diverse inventariazioni.9 L'eterogeneità dei materiali costitutivi e la loro fragilità, poiché si tratta in prevalenza di materiali di origine organica, hanno costituito lo spunto per una riflessione riguardo ai criteri guida e alle relative scelte metodologiche di questo restauro. Le scelte conservative L'intervento conservativo in sé sui singoli materiali presenti ripercorre di fatto una metodologia ben nota. L'interesse di questo restauro risiede piuttosto in quelle che sono state le scelte di impostazione fatte a monte e che hanno necessariamente tenuto conto sia delle priorità conservative di cui ci facevamo portavoce, sia delle esigenze della committenza relative all'uso che di questo manufatto si voleva fare. 10 È stato subito chiaro che le statuine, una

volta restaurate, sarebbero state tutte esposte nella Pinacoteca di Imperia11 e che ne avrebbero costituito il fulcro. Si è quindi posto da subito il problema del dove e come

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Gli inventari sono almeno due compilati dal Comune di Imperia negli anni

1934 e 1992. 10 Sulla gestazione e la dinamica della condivisione delle scelte conservative cfr. ROSALIA VAROLI-PIAZZA, È necessario un corso sui meccanismi delia condivi-

sione delle decisioni nel campo dei beni culturali?, e anche CLAUDIA KUSH, M. MERCALLI, MARISOL VALENZUELA, // Presepe della Pinacoteca Pubblica d'Imperia, in Sharing Conservation Decisions: un corso ICCROM: esperienze a confronto, a cura di R. Varali Piazza, www.iccrom.org/pdf/ICCROM_1B_SharingConservDecisions_it.pdf, 2007, pp. 31-33, 100-104. 11

Al momento del nostro coinvolgimento solo una piccola parte del presepe

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ricollocarle all'interno dello spazio espositivo, una volta restaurate. Ciò ha portato a un ulteriore coinvolgimento dell'ISCR che ha svolto un approfondita indagine ambientale, durata un anno, allo scopo di verificare l'idoneità dei parametri termoigrometrici e di quelli di illuminazione, controllare la qualità dell'aria dal punto di vista chimico e biologico ed eseguire un rilevamento della presenza di insetti biodeteriogeni.12 I risultati della campagna d'indagine hanno costituito la base necessaria alla progettazione di una grande vetrina in grado di contenere l'intero presepe (fig. 8) e al riallestimento di tutti gli ambienti posti al piano terreno, compreso l'ingresso al Museo, punto focale dello scambio con l'esterno, che è stato mitigato dal posizionamento di una bussola. Infatti il restauro del presepe ha poi comportato, grazie all'ottima sinergia con il Comune di Imperia,13 un nuovo allestimento dell'intero piano terra del Museo.14 Per quanto riguarda le statuine è stato presto chiaro che il restauro non avrebbe dovuto precluderne l'utilizzo in nuovi allestimenti.15 Questo ha motivato, ad esempio, la scelta di rimpiazzare i pezzi mancanti come braccia, gambe e piedi che oltretutto ricoprono anche la funzione di supporto degli abiti e di sostituire gli snodi originali danneggiati e non funzionanti16 con degli snodi nuovi allo scopo di rendere ancora possibile e ragionevolmente sicura l'articolazione dei manichini (figg. 10 e 12} e la loro movimentazione all'interno dei futuri allestimenti. Per gli abiti il problema più spinoso riguardava il vestito della Madonna. Figura centrale di qualsiasi allestimento, la statuina ci era pervenuta con indosso un abito rifatto malamente in tempi re-

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Marica Mercalli, Marisol Valenzuela, Claudia Kusch

centi, con tessuti sintetici di scarsa qualità e confezione (fig. 22). Dopo lunghe consultazioni si è optato per il rifacimento delle vesti con tessuti moderni, copiando la confezione da un modello antico coevo alle statuine (figg. 24a-b). Di queste operazioni si da ampio resoconto più avanti. Infine si è scelto di aggiungere a tutte le statuine restaurate una nuova base in policarbonato17 per garantir-

era esposta in una sala secondaria, su un struttura in acciaio con dei ripiani in vetro che non le proteggeva né dalia polvere, né dal rischio di danni vandalici. Il resto delle statuine, a causa del cattivo stato di conservazione che ne sconsigliava l'esposizione, era conservato nei depositi sotterranei del Museo. 12

Per un resoconto dettagliato relativo allo studio ambientale E. GIANI, A- Gio-

VAGNOLI, M.P. NUGARI, Lo studio ambientale e gli interventi cit., pp. 114-122. 13

Fin dall'inizio si è instaurata un ottima atmosfera di collaborazione, culmi-

nata nell'accoglimento sistematico da parte del Comune di Imperia di tutte le indicazioni metodologiche da noi fornite e nel reperimento non facile dei fondi necessari. Una collaborazione affiatata, esemplare, messa alla prova su un arco di otto anni. 14

Per il resoconto del progetto del nuovo allestimento e la realizzazione della

vetrina vedi R RADAELLI, La cometa di cristallo cit., pp. 32-37. 15

L'ipotesi di una collocazione di tipo museale dei vari pezzi, distribuiti in di-

verse vetrine con raggruppamenti di tipo tematico, è stata presto scartata a favore di un riallestimento scenografico del presepe. Il che comportava comunque delle difficoltà visto che delle parti architettoniche o di ambientazione non si era salvato nulla. Da parte del Comune si è anche ipotizzata la possibilità di ravvivare l'interesse per questo presepe con degli allestimenti annualmente rinnovati, curati da registi o scenografi di fama. 161

danni più frequenti che hanno comportato la sostituzione sono quelli re-

lativi alle fratturazioni e agli attacchi degli xilofagi, quando molto estesi. 17

La lastra sporge lungo il perimetro delle basi secondo le diverse necessità le-

gate alla stabilità delle singole statuine, ma si è sempre cercato di renderle il meno invasive possibile. I perni ricurvi, sempre in policarbonato, che le ancorano sono stati incollati sulla base nuova e mai su quella vecchia.


11a-11b. Statuina raffigurante

12a-12b. Figura femminile

un giovane pastore, svestita e prima del restauro. Sono visibili

svestita, prima e dopo il restauro, inv. 7A. Sono di rifacimento la

le fasce di supporto in cotone

coscia sinistra, i due polpacci

bianco. Schema costruttivo

e le scarpe, con queste aggiunte

dei manichini lignei.

si sono ristabilite le giuste proporzioni relative all'altezza.

ne la stabilità e soprattutto per rendere più facile la movimentazione delie stesse sia per la manutenzione ordinaria, sia in previsione dei futuri allestimenti. L'opera e la tecnica di esecuzione / manichini lignei I manichini snodabili hanno misure comprese tra i 22 e i 55 centimetri, sono realizzati mediamente in 11 parti di legno pieno lavorato a tutto tondo per lo più intorno al midollo centrale ed eseguite in legno di tiglio, legno particolarmente adatto all'intaglio. 18 A questi vanno aggiunti gli otto pezzi relativi agli snodi per un totale di 19 pezzi esclusi i cavicchi (fig.11b).

Il diametro contenuto dei fusti utilizzati e la bassa nervosità del tiglio hanno contribuito a impedire la formazione di fessurazioni longitudinali da ritiro nella maggior parte delle statuine. Nei rari casi in cui ciò è avvenuto, i pezzi non sono stati scartati, ma riparati in origine con inser-

18 Per un approfondimento sulla tecnica di esecuzione dei manichini cfr. M. VALENZUELA Tecniche costruttive e decorative delle sculture lignee, due casi em-

blematici affrontati presso L'I.C.R. Il complesso presepiate settecentesco di Imperia e una scultura isolata attribuita alla cerchia diArnolfo, in Scultura Lignea. Per una storia dei sistemi costruttivi e decorativi. Atti del convegno della SlStAL (Serra San Quirico e Pergola 13-15 dicembre 2007), a cura di GIOVANBATTISTA FIDANZA, M. VALENZUELA, in corso di pubblicazione.

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13a-13b. Interventi precedenti. Sostituzione di parti lignee con la stoffa, rifacimenti in cera e ridipinture. Sostituzione dei cavicchi e di uno snodo con del fil di ferro.

zione di piccole sverzature di legno prima della stesura della policromia. Le articolazioni degli arti sono costituite da perni a disco che ne consentono una movimentazione estremamente libera19 (figg. 11a-b). Questi perni, insieme ai cavicchi di connessione sono realizzati generalmente in legno di noce,20 legno più duro del tiglio e quindi più adatto alle sollecitazioni meccaniche di tali parti. In nessun caso è stata adoperata la colla per vincolare la parte dei perni a sezione circolare che risulta semplicemente inserita a pressione nel corrispondente foro. Questo accorgimento consente un'ulteriore mobilità dell'articolazione che può così ruotare su se stessa a 360°, consentendo un numero elevato di posizioni diverse del manichino, ma ne costituisce anche un punto di debolezza perché i pezzi possono sfilarsi. Questa caratteristica si manifesta in modo più evidente

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Marita Mercalli, Marisol Valenzuela, Claudia Kusch

col passare del tempo in quanto con l'uso si verifica uno schiacciamento delle fibre del legno e una conseguente riduzione della sezione del perno. La testa, lo sterno e parte del petto, insieme alle mani e

19 Si vedano i contributi precedentemente pubblicati GIULIA CALOTTA, M. VALENZUELA, Scultura lignea policroma e specie legnose: l'esperienza dell'Istituto Centrale per il Restauro, in GIOVAN BATTISTA FIDANZA, NICOLA MACCHIONI, Sfafue di legno Caratteristiche tecnologiche e formali delle specie legnose, Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato Libreria dello Stato, 2008, pp. 59-79; G. CALOTTA, L'impiego del legno nei manichini, in M.T. ANFOSSI, M. MERCALLI, II presepe di Imperia cit, pp. 85-101. 20 In alcuni casi abbiamo riscontrato l'uso dell'olmo, legno dalle caratteristiche simili a quelle del noce, e in alcuni casi sporadici anche l'uso di rametti di erica. Per la scelta delle specie cfr. G. CALOTTA, L'impiego del legno nei manichini cit., pp. 85-101.


agli avambracci, sono le uniche zone il cui modellato è realizzato accuratamente per mezzo dell'intaglio, mentre il resto del manichino risulta appena sbozzato in quanto parti nascoste dagli abiti in tessuto. Le parti perfettamente intagliate sono le uniche parti completate da una raffinata policromia. La resa illusionistica dei volti è completata dall'applicazione degli occhi, eseguiti in pasta vitrea, costituiti da piccole sfere in vetro bianco, opacizzato con stagno, sulle quali è stata fissata a caldo una piccola goccia di vetro marrone, intensamente colorato, per rendere l'iride. Gli occhi sono poi stati inseriti in una sede realizzata nel legno e vincolati grazie alla preparazione che li incastona, completando al contempo il modellato delle palpebre.21 Il sistema 'preparazione-pellicola pittorica', il cui legante in questo caso è l'olio,27 è estremamente sottile per non ottundere il modellato perfettamente intagliato.23 Le statuine vengono dipinte già montate, come dimostrano le estremità dei cavicchi e il perimetro dei dischi sporchi di colore, ma forse quando non sono ancora vincolate alle basi in quanto i piedi a volte sono rivestiti di tessuto o cuoio. La stratigrafia che abbiamo rilevato sulla policromia è costituita da una prima stesura a saturazione del legno, eseguita con olio siccativo, segue una stesura sottile di preparazione chiara eseguita a pennello, un imprimitura colorata come base per l'incarnato e la stesura finale di colore a olio.24 Una volta dipinte, le statuine venivano prontamente vestite con gli abiti, spesso abbiamo rilevato l'impronta del tessuto sulla pellicola pittorica ancora fresca. A questo punto la statuina veniva fissata alla base. Queste osservazioni ci confermano che si trattava di una

vera e propria organizzazione a 'catena di montaggio', che vedeva la bottega coinvolta nell'esecuzione della statuina lignea prima, nella realizzazione della policromia affidata a pittori diversi dagli scultori25 e infine l'intervento di sarti specializzati nell'esecuzione degli abitini su misura. 1 numerosi segni a penna, per lo più sigle o numeri, riscontrati sui manichini direttamente sul legno, in zone nascoste dagli abiti, probabilmente servivano come indicazioni al pittore e al sarto per completare la caratterizzazione del personaggio una volta scolpito (fig. 25). Marisol Valenzuela

È possibile che della colla li ancori al supporto ligneo per evitare gli spostamenti durante l'esecuzione delle palpebre in gesso e colla. Si tratta solo di un'ipotesi che non è stata verificata grazie all'ottimo stato di conservazione di tutti gli occhi da noi presi in esame. Per la descrizione della tecnica di esecuzione delle sfere di vetro si ringrazia la collega Roberta Bollati. 22 Per i risultati relativi all'identificazione degli elementi chimici presenti come componenti degli strati pittorici cfr. DOMENICO ARTIGLI, GIANCARLO SIDOTI, FABIO TALARICO, La diagnostica chimica, in M.T. ANFOSSI, M. MERCALLI, //presepe di Imperia. Metodologia di un restauro, Imperia, s.n.t., 2003, pp. 61, 62. 23 Sulla relazione tra spessore della preparazione e specie lignea adoperata cfr. G. CALOTTA, M. VALENZUELA, Scultura lignea policroma e specie legnose c\ì., p. 76. 24 È stato volutamente eseguito un numero molto esiguo di analisi chimico qualitative in quanto le piccole dimensioni delle statuine e i'ancor più limitata estensione degli strati pittorici sconsigliava l'esecuzione di prelievo distruttivi, si veda al riguardo la relazione dei laboratori di Chimica e prove sui materiali, D. ARTIGLI, G. SIDOTI, R TALARICO, La diagnostica chimica cit, pp. 57-62. n È noto che il Maragliano non dipingeva le sue opere, ma le affidava a dei pittori di fiducia. 1 numerosi segni a penna riscontrati sui manichini direttamente sul legno, in zone nascoste dagli abiti, probabilmente servivano come indicazioni al pittore e al sarto per completare la caratterizzazione del personaggio una volta scolpito. 21

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14a. Suonatore, dopo il restauro, inv. 122 bisQ.

Gli abiti in tessuto Abiti di confezione coeva alle statuine, purtroppo, non sono stati trovati, eccettuati, forse, il corpetto in tessuto laminato (drap d'ori] ritrovato sulla statuina di una anziana popolana e il gilet in damasco di seta verde, profilato con un gallone bianco, indossato da un mongolo al di sotto della giacca. Altri capi di abbigliamento realizzati con tessuti in seta {due lampassi e un raffinato chiné a la branche a motivi minuti), probabilmente ottocenteschi, sono tre gilet che vestono le statuine di un pastore, di un uomo con carnagione scura e di un giovane popolano. L'assetto originario delle statuine si può pertanto ipotizzare solo dal confronto con gli altri presepi liguri settecenteschi. Nelle attuali vesti non si riscontra un'omogeneità cronologica, un rivestire sistematico legato a un preciso momento storico, ma un lento e continuo rinnovamento e riadattamento attraverso interventi di manutenzione, riutilizzi, sovrapposizioni e parziali sostituzioni.26 Nel riadattamento o rifacimento degli abiti non si è stati fedeli al modello originale. Generalmente si può dire che gli abiti attuali sono di fattura piuttosto semplice, con un'attenzione soprattutto al risultato estetico e alle parti visibili. Confezionati con tessuti di varia tipologia, dalla più semplice tela di lino a rasatelli di cotone colorati, ai ritagli di tessuti operati e broccati, risultano spesso di qualità abbastanza modesta. Le decorazioni sono realizzate con profusione di paillettes, galloni, merletti, passamanerie varie, trine a fuselli in filati metallici forse di reimpiego. Svariati manti, cappottini, vestiti interi sono molto spesso cuciti a macchina; cuciture eseguite a mano si sono ri-

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Marica Mercalli, Marisol Valenzuela, Claudia Kusch

26

Sul «Giornale di Genova» del 23 dicembre 1939 si apprende di una donazio-

ne di ritagli di seta per «aggiustare gli abiti delle donnette» da parte di Miss Carow, cognata del presidente degli Stati Uniti Roosevelt, citato in M. ANFOSSI, M. MERCALLI II presepe di Imperia cit, p. 37.


14b. Dignitario svestito, inv. 27 D. Si notino i fori di sfarfallamento degli insetti silofagi in corrispondenza delle calze e la base eseguita con legni di recupero.

trovate soltanto in alcune sottovesti o camiciole in lino che forse potrebbero essere gli unici residui delle vesti originali, come dimostrerebbe il confronto con analoghi capi d'abbigliamento osservabili sulle statuine del Museo

Luxoro di Genova-Nervi. Alcuni capi come gambali, braghe, sottomaniche, camiciole e bustini sono stati direttamente cuciti addosso al manichino, usando delle fasce di supporto in tessuto di cotone bianco cucite sul busto del manichino (fig. 11a). Soprattutto queste cuciture risultano essere eseguite in modo molto sommario e frettoloso, così come spesso risultano sommarie le confezioni di capi d'abbigliamento che ne coprono altri in stato di conservazione troppo precario. Ciò indica che a un certo punto della storia del presepe l'esigenza di risparmiare tempo nella confezione degli abitini e consentire una più semplice e rapida vestizione dei manichini era prioritario. Una certa uniformità nei materiali impiegati e nei modelli sartoriali si può identificare soltanto in un gruppo di paggi e armigeri in cui coppie dalle fisionomie simili sono singolarmente abbigliate con lo stesso corredo d'abiti. Questi ultimi sono realizzati con tessuti in vivaci tinte unite, quali raso, rasatello di cotone, stoffe damascate, gli effetti decorativi sono spesso ottenuti con l'applicazione di nastri in colore contrastante. I modelli sartoriali sono articolati e propongono calze-braghe dai pantaloncini rigonfi, imbottiti e percorsi da tagli verticali, casacche con maniche dagli ampi sbuffi, oppure farsetti dai corti gonnellini, o corti cappottini abbinati a lunghi gilet (figg. 14a e 15a). Nonostante la commistione di elementi che si rifanno a fogge storiche che coprono l'arco di più di tre secoli, nel riadattamento o rifacimento degli abiti, di queste come delle altre statuine, non si è rimasti fedeli al modello originale. Ne sono testimonianza, per esempio, gli abiti accollati delle figure femminili che coprono scollature origi-

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15a-15b. Suonatore originariamente a cavallo, si noti la posizione del piede, il rialzo sotto la scarpa e li si confronti con l'immagine in bianco e nero del re Mago moro (Archivio fotografico del Servizio beni culturali del Comune di Genova).

nariamente più generose come suggeriscono le zone perfettamente dipinte in corrispondenza del seno e il confronto con altri presepi. Una volta terminata la vestizione la statuina veniva fissata alla base che originariamente simulava un terreno roccioso. Claudia Kusch Problematiche dell'intervento II restauro di un manufatto polimaterico pone sovente non pochi problemi sia al committente che al responsabile dell'intervento. Progettazione e coordinamento sono due dei principali aspetti che spesso rendono complesso questo tipo di restauro, assai più che il cattivo stato di conservazione dell'opera. L'eterogeneità dei materiali co-

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Marica Mercalli, Marisol Valenzuela, Claudia Kusch

stitutivi, decisamente troppi per la competenza di un singolo restauratore, ha comportato la necessità di rivolgersi a diverse professionalità per valutare, progettare ed eseguire poi il tipo di intervento giudicato più idoneo. In ragione delle esigenze della committenza e degli impegni dell'ICR, è stato chiaro che per rispettare le scadenze sarebbe stato necessario dividere il lavoro in lotti da eseguirsi sia all'interno dell'attività didattica durante i cantieri estivi dell'ICR, sia da affidare a ditte private. Su consiglio dell'ICR è stato suggerito al Comune di richiedere i preventivi a restauratori di tessuti, in quanto il problema conservativo prevalente riguardava questi materiali. Questi si sarebbero impegnati a coinvolgere per le parti lignee restauratori specializzati che avrebbero svolto la loro collaborazione nello stesso laboratorio, per evitare lo smembramento secondo i materiali costitutivi. Questa era, a nostro parere, una condido sine qua non. Il progetto ha comportato anche la definizione dei criteri e dei metodi della documentazione. Trattandosi di un tipo di manufatto nuovo, rispetto alla nostra esperienza, è stato subito chiaro che la documentazione in generale, e in particolare quella relativa alla tecnica di esecuzione dell'opera, aveva bisogno di una codificazione per la trascrizione dei dati significativi allo scopo di avere un livello di approfondimento omogeneo su tutti i manufatti, assieme a un'informazione esauriente, tenuto conto che il lavoro sarebbe proceduto a lotti. Il lavoro ha così coinvolto, specialmente all'inizio, sia per la progettazione che per la messa a punto dell'intervento, un numero elevato di specialisti per i quali è stata ne-


16. Figura femminile, prima del restauro, svestita, inv. 46 F.

cessarla una stretta collaborazione,27 che si è sviluppata nella realizzazione del restauro per quanto possibile intorno a 'un unico tavolo' per consentire di procedere affiancati e intervenire, di volta in volta, sul manufatto secondo le priorità che esso stesso ha dettato. Evitando lo smembramento presso i diversi restauratori, si è privilegiato il confronto costante tra i differenti operatori, la valutazione attenta e critica delle scelte, operate alla luce dei diversi punti di vista, che spesso ha prodotto un ripensamento e una variazione delle scelte già effettuate, in virtù di esigenze nuove che portavano a compromessi diversi ed inevitabilmente a una dilatazione dei normali tempi del restauro. Ad esempio si è ritornati sulla decisione di non svestire completamente alcune statuine quando lo stato di conservazione del legno sottostante ci ha fatto preferire il consolidamento del legno rispetto al desiderio di conservare alcune cuciture originali.28 In considerazione dello stato di conservazione precario sia della parte lignea che tessile, a monte dell'intervento c'è stata la decisione di svestire, quando possibile, le statuine. La svestizione, che non sempre è stata totale, in quanto si è cercato, ove possibile, di lasciare in situ gli abiti che sono stati confezionati direttamente sulle statuine, ad esempio le calzamaglie, i corpetti e le sottomaniche (figg. 9, 11 e 12), ha inoltre reso possibile lo studio approfondito delle statuine, la verifica puntuale dello stato di conservazione e delle tecniche di esecuzione sia delle vesti che del manichino. La collaborazione più stretta è stata quella tra i restauratori del Laboratorio di Scultura lignea policroma e quelli del Laboratorio dei Manufatti tessili, non tanto perché questi sono i materiali prevalenti, ma piuttosto perché il

In Istituto la collaborazione ha coinvolto il Laboratorio dei Manufatti tessili, il Laboratorio di Scultura lignea policroma, il Laboratorio Manufatti ceramici e vitrei, il Laboratorio Manufatti in cuoio, il Laboratorio Manufatti in carta e pergamena, il Laboratorio di fisica e controlli ambientali, il Laboratorio di chimica e prove sui materiali, il Laboratorio di indagini biologiche. 28 Gli abiti sono stati smontati quando il legno sottostante non costituiva più un sopporto valido al tessuto per via di localizzati ed estesi danni da insetti xilofagi, oppure quando un perno risultava spezzato. 27

Il presepe della Pinacoteca Civica di Imperia: il restauro di un manufatto polimaterico 235


momento della svestizione e il successivo rimontaggio a fine restauro sono le fasi determinanti e più delicate di tutto l'intervento. È stato interessante rilevare che, superata la fase iniziale di messa a punto dell'intervento, quella relativa al restauro di un primo lotto di cinque statuine svoltosi nel 2002,29 sia i restauratori del legno che quelli dei manufatti tessili erano in grado di intervenire anche su quelle parti realizzate in vetro, carta, cuoio, ecc. in quanto l'esperienza congiunta intorno al manufatto si era trasformata in un travaso di informazioni, un arricchimento professionale di ciascuno, trattandosi nello specifico di materiali in stato di conservazione relativamente buono, con una casistica dei danni limitata e ripetitiva. Gli interventi precedenti e lo stato di conservazione Gli interventi precedenti sono stati numerosi, alcuni documentati,30 altri più diffusi e non documentati, si ripetevano con cadenza annuale in occasione dell'allestimento natalizio del presepe che, specialmente negli anni in cui era stato affidato alle monache carmelitane, veniva montato, poi smontato e riposto fino all'anno successivo. // supporto ligneo Sono presenti diverse tipologie di rifacimenti e integrazioni: in legno, ad esempio le braccia realizzate con specie diverse come abete e noce, alcune dita in noce, tutte le basi, che sono di restauro, sono eseguite con legni di riutilizzo come vecchie tavolette ricavate da casse di imballaggio e quindi in legni come l'abete; in cera, alcune dita, per la verità eseguite sempre molto grossolanamente, ma anche in stoffa e

236

Marica Mercalli, Marisol Valenzuela, Claudia Kusch

filo, come alcuni avambracci lignei che sono stati sostituiti con stoffa (fig. 13a), così come alcuni snodi che sono stati sostituiti con del filo, perdendo in entrambi i casi la mobilità delle articolazioni; in filo di ferro, adoperato per riparare alcune articolazioni (fig.13b). Sono presenti attacchi antichi di insetti xilofagi, non più in atto, diffusi, ma di modesta entità, seppure con qualche eccezione. In alcuni casi il modellato risulta alterato a causa delle erosioni in corrispondenza dei fori di sfarfallamento, sulle punte dei nasi e/o delle dita. Le basi originali risultano tutte sostituite con delle tavolette realizzate senza alcuna attenzione per il risultato formale, per lo più con legni di recupero da vecchi imballaggi (figg. 14a-b). Spesso anche le gambe dei personaggi femminili, risultano sostituite da rozze bacchette forse perché facilmente mimetizzate dalle gonne, mentre le scarpe di queste figure risultano eliminate, con conseguente abbassamento della statura della figurina {figg. 12 e 16). Questi danni sono da mettere in relazione, assai probabilmente, con il tipo di allestimento che prevedeva un largo impiego di muschio a nascondere le basi e anche i piedi delle statuine, materiale che per la sua natura di trattenere l'uII restauro delle prime cinque statuine è documentato dalia pubblicazione di un catalogo, cfr. MARCA MERCALLI (a cura di), II presepe di Imperia metodologia di un restauro. Imperia 2002. 30 In particolare gli interventi del falegname G. Battista Massabò che si occupò per diversi anni della manutenzione del presepe, MARICA MERCALLI, II presepe di Imperia. Problemi attributivi e storia conservativa, in M. MERCALLI, // presepe di imperia cit., Imperia 2003, nota 28, p. 36. 29


17a-17b.Particolare di un circasso, prima e dopo il restauro, inv. 62H.

che, non essendo vincolate in modo fisso all'articolazione con il braccio, si sono sfilate e sono state riconnesse alle statuine in modo casuale. Sono presenti inoltre delle ridipinture relative alle parti rifatte che sbordano abbondantemente sull'originale. Si distinguono così interventi molto approssimativi, sicuramente dettati dall'urgenza dell'allestimento e che, in percentuale, sono la maggioranza, da altri più attenti e meditati. Sono inoltre presenti delle trasformazioni che rappresentano forse delle forzature in cui non si rawisa intenzionalità di modificazione quanto semmai un intervento dettato dall'urgenza di rimediare a un danno avvenuto. Ad esempio, i personaggi che originariamente erano a cavallo sono stati modificati nella posizione eretta, inchiodandoli a una base e inserendo un rialzo sotto i tacchi, perché la maggior parte dei cavalli da un certo momento in poi non sono stati più esposti a causa degli arti spezzati32 (fig. 15a). midità ha provocato un importante attacco biologico, causa del deterioramento di questi elementi.31 Spesso abbiamo rinvenuto degli arti scollegati dalle figurine e altri invece non pertinenti. Questo fatto è da imputare alla libertà del vincolo che, non essendo in alcun modo bloccato, favorisce lo svincolo degli arti. La preparazione e la pellicola pittorica Sono presenti in modo diffuso piccoli sollevamenti e cadute di colore. Sono presenti inoltre alcune ridipinture eseguite talora per occultare l'alterazione cromatica di ravvivanti e protettivi precedentemente stesi e alterati, ma più frequentemente per mascherare le dissonanze cromatiche risultanti dallo 'scambio' di quelle parti costituite, ad esempio, dalle mani

Gli occhi in vetro Sulle superfici sono state rilevate tracce di vernice ingiallita e depositi debolmente coerenti che ne opacizzano l'aspetto (figg. 17a-b). Mar/so/ Valenzuela L'impiego del muschio è attestato dai residui ritrovati tra le scarpe e le basi e dalle testimonianze dei più recenti allestimenti, documentati da numerose fotografie pubblicate in articoli comparsi sulla stampa in occasione dell'ultimo allestimento, L GARBEROGLIO, // grande momento in centosette statuine, «Provincia d'Imperia», 13, 1984- La forte umidità dovuta al muschio potrebbe essere responsabile anche del deterioramento dei tessuti e della loro sostituzione. 32 Durante il lavoro è stata effettuata una ricognizione di questi e altri casi analoghi allo scopo di poter procedere, a conclusione del restauro, a un riposizionamento corretto. Quest'ultima operazione non è stata a tutt'oggi eseguita. 31

Il presepe della Pinacoteca Civica di Imperia: il restauro di un manufatto polimaterico

237


18. Particolare del volto dopo il restauro, inv. 58 G. Le lacune di pellicola pittorica sono state stuccate e ritoccate ad acquarello con la tecnica del puntinato.

Gli abiti La quasi totale assenza di abiti originali può essere messa in relazione con le mancanze riguardanti le basi e spesso le scarpe. La causa ipotizzata è quella di un evento traumatico legato all'attacco biologico, causato dal tipo di allestimento precedentemente descritto. Lo stato di conservazione dei singoli capi d'abbigliamento varia molto: la tipologia dei danni risultava spesso più legata alla struttura e alla natura dei tessuti di cui erano composti, che non alla loro maggiore o minore antichità. Particolarmente precario era infatti lo stato di conservazione delle vesti confezionate in tessuto di seta che si presentavano molto fragili (fig. 20). Tracce evidenti dell'uso, di manipolazioni e immagazzinamento non corretti con consistenti depositi di polvere, formazione di pieghe, scuciture, strappi e lacerazioni sono presenti su tutte le vesti. I tessuti più a contatto con le superfici lignee danneggiate dall'attacco degli insetti silofagi risultavano bucati e pervasi dai frammenti fuoriusciti dai fori di sfarfallamento (fig. 14b). Gli elementi decorativi quali galloni, paillettes, frange e merletti dorati erano opachi e impolverati. Macchie di svariate origini, in alcuni casi identificate come tracce di colla o di vernice causate probabilmente da estemporanee ridipinture e riparazioni, si rilevavano sulle superfici esterne di numerosi vestiti. Alcuni indumenti presentavano ampie aree di colore migrato e anche denaturato per la errata esposizione alla luce, oltre ad aloni e ingiallimenti che interessavano soprattutto le camicie e le sottovesti in lino e cotone. Sostanzialmente ogni abito aveva perduto la sua forma originaria, a causa di un appiattimento dei volumi, congiunto alla persistenza di

238

Marica Mercalli, Marisol Valergliela, Claudia Kusch

pieghe rese tenaci dalla polvere e dal tempo: ciò risultava particolarmente evidente nelle gonne di quelle figure femminili cui erano state rimosse le scarpe. Tra gli altri tipi di danno si annoverano le brutali sforbiciate effettuate in precedenti vestizioni su alcuni esemplari della 'biancheria' delle


19. Particolare di una scarpa di figura femminile rifatta ex novo perché originariamente mancante. La reintegrazione cromatica è stata eseguita a puntinato.

statuine, dettate forse dalla necessità di ridarne il volume, per adattarle a personaggi di corporatura più minuta. Inoltre è stata constatata la caduta di alcune paillettes e bottoni e di piccole porzioni di galloni o merletti o nastri. Nei manufatti realizzati a maglia frequenti erano le smagliature, causate dalla cattiva o del tutto assente rifinitura. La carta, il cuoio e le fibre organiche Sono presenti piccole lacerazioni, lacune e depositi superficiali. Claudia Kusch L'intervento conservativo La prima operazione, propedeutica ai successivi trattamenti sui diversi materiali, è stata quella di sottoporli a disinfestazione in atmosfera modificata.

// manichino ligneo II fissaggio della pellicola pittorica, operazione preliminare alla svestizione, è proceduto di pari passo con la rimozione degli abiti, rallentando, e a volte differendo, l'operazione di svestizione. In alcuni casi si è ritornati su quelle porzioni d'abito il cui smontaggio era stato evitato per consentire interventi di tipo conservativo sul supporto ligneo o per verificare la tecnica di esecuzione. Per quanto possibile non si è intervenuti sulle modifiche e integrazioni awenute nel corso degli anni, ma sono stati rimossi tutti i rifacimenti in cera relativi alle dita, in quanto inaccettabili per qualità e perché nel punto di connessione con le parti originali ne ricoprivano ampie porzioni. La considerazione che le articolazioni presenti sui manichini non sono dovute alla necessità di movimentare la scultura per poter infilare gli abiti, ma all'esigenza di consentire ogni anno un nuovo allestimento, si è deciso di non pregiudicare questa caratteristica e di salvaguardare la dimensione dell'uso. Per far questo sono stati sostituiti gli snodi fratturati o lacunosi con altri eseguiti ex novo con del legno di noce come gli originali. Le parti a sezione circolare degli snodi sono state spessorate con delle sottili sfoglie di legno, ricavate dai trucioli di tiglio, quando necessario per ristabilire un vincolo allentato. In quei casi in cui mancava un braccio, una mano, una gamba o una scarpa si è deciso di rifarli in tiglio, considerando che queste parti, in realtà elementi di produzione seriale,33 completano sì il

33

Le tipologie delle mani sono limitate. Ritroviamo sempre le stesse posizioni,

con il pugno leggermente chiuso: tipologia che consente l'inserimento di piccoli oggetti (nel nostro caso quasi tutti scomparsi), con le dita della mano distese,

II presepe della Pinacoteca Civica di Imperia: il restauro di un manufatto polimaterico

239


20. Figura femminile, prima del restauro. La seta delle maniche è molto deteriorata.

21. Consolidamento a punto posato di una calza della statuina, inv. 104 O.

modellato, ma costituiscono allo stesso tempo supporto per gli abiti. Questo ha consentito, nei casi relativi alle scarpe mancanti delle figure femminili,34 di riproporre il rapporto proporzionale tra l'altezza dei manichini e la lunghezza delle gonne, che nella foggia rispecchiano la moda settecentesca che le voleva appena sopra la caviglia (fig. 12b). Sono state integrate le lacune di modellato relative a piccole mancanze come le dita delle mani o le punte dei nasi, questi rifacimenti sono stati realizzati in legno di tiglio. Si è così avviata una riflessione relativa alla possibilità di eseguire dei calchi delle mani originali per eseguire in resina, anziché in legno, i rifacimenti necessari. Questo perché, al di là delle difficoltà nell'intaglìare il legno,35 nei casi da noi affrontati ci siamo accorti che un elemento di gusto o d'inter-

240

Marica Mercalli, Marisol Valenzuela, Claudia Kusch

22. La Madonna, prima del restauro.

prefazione risultava presente, in modo più o meno palese, nelle mani rifatte da noi.36

con l'indice steso a indicare qualcosa e le restanti dita chiuse a pugno. La caratterizzazione è data dalla esecuzione di dita affusolate per le donne e i personaggi di rango e dalla colorazione dell'incarnato più chiaro o più scuro, sempre a seconda del rango del personaggio raffigurato. 34 Quasi certamente perché danneggiate. 35 Sono generalmente gli stessi restauratori che lavorano sui dipinti che intervengono sulle sculture policrome, giustamente per via della rilevanza che la policromia riveste in questi manufatti. 36 II rifacimento ex noi/o di tali parti ha riguardato due soli pezzi, mentre numerose sono le dita da noi rifatte. La sperimentazione relativa alla possibilità di eseguire in resina le parti mancanti per mezzo di calchi dall'originale è stata portata avanti dall'ICR e oggetto di una tesi di diploma discussa da Chiara Munzi e Cristina Ciocchetti nel 2006, Materiali e metodologie per la reintegrazione pla-


24a. La restituzione virtuale realizzata sovrapponendo le fotografie: a sinistra la Madonnina prima del restauro, al centro la Madonnina

mento di tono quando necessario. Sono così rimasti evidenti i fori spesso presenti ai quatto angoli delle tavolette, relativi agli ancoraggi delle statuette nei diversi allestimenti. Anche la verniciatura finale delle basi, volutamente impercettibile, ha tenuto conto di questa interpretazione ed è stata eseguita solo a scopo protettivo con Paraloid al 3%. Allo scopo di ripristinare la stabilità delle sculture, equilibrio che, in un passato recente, era garantito dall'inchiodare le basi al piano dell'allestimento, piuttosto che modificarle laddove necessario, abbiamo preferito aggiungere a tutte le sculture una base in policarbonato, di scarso impatto visivo, che ne consente inoltre la movimentazione in sicurezza, anche per tutte quelle operazioni collegate alla manutenzione dei pezzi come spolverature, spostamenti all'interno dell'allestimento, ecc. (figg. 12b, 14a e 15a). Marisol Valenzuela Gli abiti Anche per i manufatti tessili obiettivo dell'intervento era il ripristino della fruibilità estetica delle singole statuine, mantenendo inalterato l'assetto attuale delle vesti, secondo i consueti criteri e metodi usati per la corretta conservazione. Nonostante ciò, in alcuni singoli casi siamo stati messi di fronte a delle problematiche o delle scoperte inaspettate che ci hanno portato a compromessi che sconfinano dalle scelte iniziali: per esempio la scoperta di capi di abbigliamento più antichi e sottostanti a quelli attuali, sufficientemente integri e ricostruibili, ce ne ha suggerito il recupero (fig. 23). La svestizione delle statuine è avvenuta, come già detto, in collaborazione con i restauratori delle parti lignee. Duran-

242

Marita Mercalli, Marisol Valenzuela, Claudia Kusch

restaurata nelle parti lignee, il volto liberato dalle ridipinture, con indosso il vecchio abito, a destra la Madonnina con indosso l'abito del Museo Luxoro.

te questa operazione risultava quasi sempre necessario rimuoverne le braccia, sfilandole dalle maniche, previa apertura delle cuciture sui polsini delle camicie. Inoltre non era sempre agevole spogliare le statuine dei pantaloni, poiché spesso risultava impossibile svincolare le gambe e i piedi dalle basi cui erano solidamente inchiodati. In questi casi si è quindi preferito restaurare i pantaloni senza rimuoverli dal manichino. Per le statuine femminili, piuttosto complesso è risultato rimuovere gli aderenti corpetti, cuciti, contrariamente agli altri abiti, con punti fitti e precisi. In questi casi a essere rimosse erano le cuciture sulla spalla e lungo il fianco e il corpetto veniva poi sfilato dal braccio, dal lato con le cuciture integre. Quando il corpetto era provvisto di maniche, una di queste veniva scucita e sfilata dal braccio della statuina, l'altra, ancora attaccata al corpetto, veniva rimossa assieme a questo, sfilandola dall'altro braccio. Dopo la svestizione, documentata accuratamente strato


24b. La Madonnina a fine restauro.

per strato, si è proceduto con l'intervento conservativo di ogni singolo capo d'abito. Una prima accurata pulitura è stata eseguita su tutti i tessuti con aspiratore Museum Munz e poi, a seconda dello stato di conservazione, tipo di materiale ed esigenze, è stato eseguito un ulteriore intervento di pulitura ad acqua in immersione a freddo, in acqua demineralizzata e detergente neutro in bassissima concentrazione, per esempio sulle camiciole, o a tampone, come sui galloni. Importante è stata una corretta rimessa in forma: visto che gran parte degli abiti sono rimasti nella loro foggia tridimensionale (durante la vestizione sono state aperte il meno possibile le cuciture), sono state confezionate delle forme in domo pack e ovatta sintetica ad hoc sulle quali sono stati poi posizionati i diversi abiti e vaporizzati per ridonare loro la forma originaria. Si è avuta cura di distendere la pieghe causate da un errato immagazzinamento, conservando, e se necessario ricostituendo, quelle proprie della confezione sartoriale. Gli abiti che sono stati sottoposti a trattamento ad acqua sono stati posizionati direttamente per l'asciugatura sulle forme predisposte. Il consolidamento delle parti lacunose, lacerate e fragili è stato eseguito rigorosamente ad ago e con materiali appositamente tinti, con posizionamento su supporto del tessuto danneggiato e fermatura con punto posato, o fissaggio a sandwich tra due strati di crepeline, mantenendo forma, foggia e confezione originaria. Nel consolidare i merletti lacerati, al fine di preservarne la caratteristica trasparenza, per il sandwich è stato usato anche del maline in nylon (fig. 21). Claudia Kusch

II presepe della Pinacoteca Civica di Imperia: il restauro di un manufatto polimaterico 243


25. Particolare delle scritte a inchiostro trovate su numerose statuine al disotto degli abiti.

mativo con del raso rosa sintetico e decorato con gallonami dorati; il manto, anch'esso in raso sintetico di colore azzurro-viola, era bordato con un gallonano dorato cui si sovrapponeva un velo bianco a mantiglia38 (fig. 22). Preziosa era invece la sottogonna più antica, ornata di inserti di pizzi. Il quesito che ci siamo posti è stato se conservare l'abito così com'era, in linea con i criteri conservativi formulati all'inizio del percorso, o sostituirlo con un abito più consono per foggia e colori all'iconografia delle Madonnine liguri e in armonia con gli altri abiti del complesso presepiale. E in caso di sostituzione quale foggia in particolare e quale tipo dì tessuto scegliere? L'occasione offerta dal Convegno di Ferrara ci è sembrata la sede giusta per sollecitare un confronto che ha portato i suoi frutti.39 L'ipotesi che abbiaTerminato l'intervento conservativo della parte lignea e di mo poi deciso di sposare è stata quella di restituire la fogquella tessile per il rimontaggio e la vestizione del manichi- gia settecentesca mediata iconograficamente dalle altre no si è proceduto, necessariamente, ancora una volta con- Madonnine meglio conservate, presenti in altri nuclei pregiunti: le maniche di numerose vesti intere come cappottini, sepiali maraglianeschi. La decisione è stata supportata da camicie, vestiti sono state nuovamente infilate sugli arti una serie di prove preliminari di restituzioni fotografiche virsmontati e successivamente riconnessi al busto. tuali delle possibili soluzioni di cui si presenta un solo esempio emblematico40 (fig. 24a). L'abito della Madonna Una questione ancora aperta al momento del Convegno di Ferrara riguardava la veste della Madonna, simbolicamente 38 Nell'ultimo allestimento documentato (1984) la Madonna risulta vestita così. 39 In occasione degli scambi stimolati dall'intervento al Convegno, ci sono state la figura centrale del gruppo della natività. anche prese di posizione in contrasto, sia con quanto in parte già praticato riL'abito della Madonna risultava dì fattura decisamente spetto alle sostituzioni di parti lignee danneggiate, sia di fronte all'ipotesi della più recente anche rispetto alle vesti, peraltro rifatte, della sostituzione dell'abito della Madonna. 40 La realizzazione delle diverse prove virtuali è stata realizzata nel 2006 da Sanmaggioranza delle altre statuine. Questo vestito mal si acdro Rubino e Marisol Valenzuela nell'ambito di una sperimentazione, tutt'ora in cordava sia con la qualità della statuina stessa che con il re- corso, relativa alle possibili applicazioni di simulazioni virtuali a supporto delle sto delle fogge. L'abito era confezionato in modo approssi- scelte conservative o di presentazione delle sculture lignee.

244

Marica MercaEli, Marisol Valenzuela, Claudia Kusch


La sostituzione comportava diversi aspetti problematici da risolvere. Mentre la foggia poteva essere individuata con un discreto margine di sicurezza in quanto presso diverse raccolte pubbliche era possibile rintracciare delle sculture con ancora indosso gli abiti originali, era la scelta dei tessuti, a nostro parere, che doveva evidenziare la riconoscibilità dell'intervento allo scopo di evitare di proporre un falso, più o meno ben realizzato. Si è quindi deciso di prendere a modello l'abito presumibilmente originale di una Madonna conservata al Museo Luxoro di Genova-Nervi. Qui la Madonna indossa un abito arancio in velluto, composto da un corpetto dallo scollo orizzontale, con maniche strette e lunghe, e dalla gonna di forma quadrata dai cui fianchi, estesi come in una robe a panier doublé, partono due pieghe verticali che le danno morbidezza e volume. La veste è guarnita da pizzo sangallo in cotone bianco e dal raffinato ricamo in oro filato che profila la cornice della gonna, i polsini e la parte anteriore del corpetto (quasi un piece d'estomac). Completa l'abito il manto in taffetas di seta, color carta da zucchero, bordato da merletto a fuselli in oro filato. A par-

tire da questo modello sartoriale,41 si è quindi passati alla attenta valutazione della tipologia di tessuto e dei colori più adatti per la Madonna del presepe di Imperia, necessaria anche a causa della sua vicinanza alla statuina di San Giuseppe che indossa una veste viola, coperta da un vistoso manto di velluto rosso. Poiché l'uso di un uniforme taffetas non avrebbe reso giustizia al ruolo della statuina e all'importante modello dell'abito, si è optato per un leggero tessuto in un delicato rosa, di pura seta, ma operato con un minutissimo motivo a pois, intervallato da fiorellini polilobati, di produzione francese (fig. 24b). Per contrasto, il manto in taffetas di seta è stato tinto in un blu piuttosto scuro. L'abito è decorato da un merletto dorato e da un merletto chiacchierino in filo di seta rosa, realizzato a mano.42 Marisol Valenzueia, Claudia Kusch

La realizzazione dell'abito della Madonna è stata affidata a Chiara Marzano sotto la guida di Marica Mercalli vecchio abito della Madonna è stato spolverato e riconsegnato al Comu-

I presepe della Pinacoteca Civica di Imperia: il restauro di un manufatto polimaterico

245



Note sugli autori

Lidia Bortolotti, storica dell'arte e del

blematiche inerenti lo studio filologico del

teoria del restauro, storia dell'arte, storia

teatro, è funzionario dell'Istituto per i Be-

modello e la musealizzazione. Dal 2007 è

dei tessili antichi, storia delle arti applica-

ni Culturali della Regione Emilia-Romagna

incaricata dall'Università degli Studi di Fi-

te. Dal 1998 è docente a contratto di Teo-

(Servizio Musei e Beni Culturali). Nel cor-

renze come docente di Tecniche Avanzate

ria del Restauro e di Storia delle Tecniche

so della sua attività lavorativa ha collabo-

di Conservazione e Restauro; attualmente

Artistiche presso il corso in Conservazione

rato alla realizzazione di numerosi proget-

conduce per l'ateneo fiorentino l'insegna-

dei Beni Culturali dell'Università degli Stu-

ti volti alla conoscenza e valorizzazione

mento di Filologia del Costume. Segue

di di Siena (sede di Arezzo).

dei beni culturali della regione, in partico-

progetti di cooperazione internazionale,

lare in relazione alla cultura ebraica e ai

occupandosi della tutela dei patrimoni tes-

Marzia Cataldi Gallo, storica dell'arte,

teatri storici; per questi ultimi cura la ban-

sili nelle zone di guerra.

dal 1984 al 2008 ha lavorato come funzionario e Soprintendente Reggente (2003-

ca dati dedicata all'interno del nuovo catalogo multimediale dell'Istituto. Collabo-

Marco Ciatti, storico dell'arte, svolge la

2006) alla Soprintendenza per i Beni Arti-

ra inoltre all'individuazione dei progetti

sua attività all'Opificio delle Pietre Dure e

stici, Storici ed Etnoantropologici della Li-

relativi a interventi di conservazione e re-

Laboratori di Restauro (OPD) di Firenze, è

guria, sia progettando e dirigendo i restau-

stauro da finanziare con fondi regionali e

membro del Comitato di Gestione, diret-

ri delle Diocesi di Savona e poi di Genova,

alle successive iniziative di valorizzazione.

tore del Settore di restauro dei Dipinti su

sia come direttore dell'Ufficio Catalogo

È stata referente organizzativo per attività

tela e tavola, del Settore di restauro dei

(1986-2006). Da tempo si dedica a studi e

convegnistiche ed espositive ideate e rea-

Manufatti Tessili e docente di Storia e Teo-

ricerche sui tessuti antichi e sulla storia del

lizzate dall'IBC nell'ambito del Salone del

ria del Restauro presso la Scuola dell'Isti-

costume, ha pubblicato numerosi testi,

Restauro di Ferrara.

tuto. Ha diretto importanti restauri di ca-

partecipato a convegni nazionali e interna-

polavori di grandi maestri italiani, tra cui

zionali e organizzato mostre in Italia e al-

Moira Brunori si occupa da oltre 20 anni

Cimabue, Giovanni Pisano, Giotto, Genti-

l'estero (Belgio, Russia, Emirati Arabi,

di conservazione e restauro del tessile,

le da Fabriano, Angelico, Filippo Lippi,

Kuwait). È professore a contratto di Storia

operando all'interno di autorevoli labora-

Mantegna, Botticelli, Raffaello, Caravag-

del Costume presso l'Università di Genova

tori di restauro come il Centro per la tute-

gio e altri, curando anche pubblicazioni e

(DAMS - Imperia) dal 2005.

la del Tessile Antico di Volterra e il Centro

mostre collegate alle opere restaurate.

Restauri Tessili di Pisa (che attualmente di-

Autore di oltre 260 pubblicazioni, ha te-

Susanna Conti si occupa di restauro dei

rige). Restauratrice e storica dell'arte, ha

nuto corsi e conferenze presso numerose

tessili da più di 30 anni e, nel 1981, ha fon-

approfondito le tematiche relative alla con-

istituzioni culturali in Italia e all'estero su

dato come primo restauratore conservatore

servazione degli abiti, studiandone le pro-

tematiche di restauro dei dipinti, storia e

il settore Restauro dei Tessili presso l'Opifi-

Note sugli autori

247


di "Tecnico del restauro tessile" e succes-

Ivana Micheletti, dopo la maturità pro-

tre colleghe il Consorzio Tela di Penelope

sivamente il "Corso per la catalogazione

fessionale (sez. Abbigliamento), segue un

che dal 2003 opera all'interno del Labo-

ed analisi tecnico-storica

dei merletti"

percorso formativo organizzato dalla Re-

ratorio di restauro del Museo del Tessuto

presso il Museo Civico di Modena. Impe-

gione Emilia-Romagna per "Tecnico del re-

di Prato, svolgendo la propria attività per

gnata nel restauro dei materiali tessili, dal

stauro tessile"; membro C.I.S.S.T, parteci-

tessili; nel 2002 ha fondato assieme ad al-

le Soprintendenze, i musei e privati del

1984 è cofondatrice, con Ivana Michelet-

pa al gruppo di lavoro organizzato dalla se-

territorio italiano. Nel 2008 si laurea in

ti, del laboratorio R.T. Restauro Tessile di

zione Emilia che svolge ricerche sulla cata-

Tecnologia per la Conservazione e il Re-

Albinea - Reggio Emilia, con incarico di di-

logazione dei tessili e sulle leggi sontuarie

stauro dei Beni Culturali presso l'Univer-

rettore tecnico, e segue importanti re-

riferite al costume e alla storia tessile. Im-

sità degli Studi della Tuscia, Viterbo; ha al

stauri promossi da enti pubblici, ecclesia-

pegnata nel restauro dei tessili antichi dal

suo attivo pubblicazioni e docenze di re-

stici e collezionisti privati.

1984 è cofondatrice, con Angela Lusvar-

Marica Mercalli, storica dell'arte, dal

Albinea - Reggio Emilia e segue importan-

1986 funzionario nei ruoli del Ministero

ti restauri promossi da enti pubblici, eccle-

esperto del patrimonio artistico e storico

per i Beni e le Attività Culturali, ha dap-

siastici e collezionisti privati.

d'ambito ecclesiastico, tn particolare quel-

prima svolto la sua attività al Museo Na-

lo relativo ai tessili antichi, cui ha dedica-

zionale di Castel Sant'Angelo di Roma, di-

Roberta Notari, diplomata al Liceo Artisti-

to numerose pubblicazioni; ha lavorato a

rigendo restauri su opere mobili, curando-

co di Reggio Emilia, svolge la sua attività

ghi, del laboratorio R.T. Restauro Tessile di

stauro e conservazione tessile. Lorenzo Lorenzini, storico dell'arte,

lungo per le soprintendenze statali, occu-

ne il programma scientifico, l'organizza-

nell'ambito della conservazione e del re-

pandosi di schedature relative a tali beni

zione di numerose mostre e la didattica.

stauro di opere d'arte, in particolare è spe-

e, in tempi recenti, anche per la CEI, sia

Dal 2000 è all'Istituto Superiore per la

cializzata nel trattamento di sculture li-

come schedatore (Ferrara) che come re-

Conservazione e il Restauro di Roma, do-

gnee, in cartapesta, manufatti lignei lacca-

sponsabile scientifico (Chioggia e Bolo-

ve dirige interventi relativi a dipinti mura-

ti dorati e polimaterici. In oltre 20 anni di

gna); lavora attualmente presso il Museo

li, manufatti tessili e polimaterici, svolgen-

attività ha lavorato per enti pubblici. So-

dovi inoltre, presso la Scuola annessa, at-

printendenze, musei e collezionisti del ter-

tività di docente per la Storia dell'arte mo-

ritorio dell'Emilia-Romagna. Tra l'altro ha

Angela Lusvarghi, dopo la maturità arti-

derna; ha partecipato in qualità di relato-

collaborato alla mostra modenese 'Emo-

stica (sez. Arte Tessile) e una laurea in Psi-

re a convegni nazionali e internazionali e

zioni in terracotta', dedicata a G. Mazzoni

cologia, segue un percorso formativo or-

ha al suo attivo numerose pubblicazioni

e A. Begarelli, restaurando un crocefisso li-

ganizzato dalla Regione Emilia-Romagna

specialistiche e cataloghi di mostre.

gneo del XV secolo e, recentemente, 11

Civico d'Arte di Modena.

Note sugli autori

249


manichini lignei, in origine vestiti, apparte-

za come strumento d'indagine nel mondo

Beni e le Attività Culturali della Soprinten-

nenti a un presepe del XVIII secolo.

femminile in chiave magico-religiosa, te-

denza BAPSAE di Arezzo, ove è direttore

matica che trova poi sviluppo nei suoi vi-

coordinatore della Sezione Beni Storici,

Beatrice Orsini si laurea in Lettere classi-

deo. In Puglia, nei primi anni Sessanta, ini-

Artistici ed Etnoantropologici; dirige inol-

che con indirizzo archeologico; dal 2002 è

zia un appassionato percorso di ricerca e

tre il Museo Statale d'arte medievale e

contrattista presso l'Istituto per i Beni Cul-

studio sulle 'statue vestite' delle Madonne

moderna, la cappella Bacci in San France-

turali della Regione Emilia-Romagna (Servi-

che l'ha impegnata a lungo; l'interesse sca-

sco ad Arezzo e il Museo Statale di Palaz-

zio Musei e Beni Culturali) e in ruolo dal

turisce dall'osservazione delle singolari for-

zo Taglieschi ad Anghiari, in cui si conser-

2009, ha collaborato a iniziative promosse

me devozionali di un culto antico e dal rap-

vano immagini devozionali 'vestite', frut-

dall'Istituto volte alla conoscenza e valoriz-

porto di affettività delle vestitrici verso i si-

to della ricerca avviata dalla Soprinten-

zazione del patrimonio museale della regio-

mulacri; tale esperienza porta, nel 1993 e

denza nell'area di competenza nell'ultimo

ne e pubblicando saggi relativi alla storia

2003, a due importati pubblicazioni sul te-

decennio, i cui esiti sono stati presentati

della diffusione di mosaici, tessuti e buratti-

ma, da lei stessa curate.

ni nell'antichità; partecipa inoltre a proget-

nella mostra e relativo catalogo Madonnine agghindate. Ha al suo attivo numerosi

ti europei, approfondendo in particolare lo

Cinzia Petrarota, linguista e storica dell'ar-

studi, pubblicazioni e mostre; ha svolto

studio delle vestigia archeologiche presenti

te, studiosa ed esperta della cultura puglie-

attività didattica in materie storico-artisti-

sul territorio regionale; collabora alla banca

se con particolare riferimento all'ambito sa-

che e di legislazione dei beni culturali

dati 'Interventi di Restauro' del catalogo

cro e devozionale, svolge la sua attività in

presso vari atenei, tra cui 'La Sapienza' di

multimediale realizzato dall'IBC. Recente-

qualità di docente e ricercatrice presso l'U-

Roma e Siena (sede di Arezzo).

mente ha curato un libro sulle raccolte di

niversità degli Studi di Bari, coadiuvando

ambre nei musei regionali, approfondendo

Mimma Pasculli Ferrara; inoltre è socia e col-

Mariolina Rella svolge la propria attività

gli aspetti magici, mitologici e commerciali

laboratrice del Centro Ricerche di Storia Re-

in qualità di restauratrice di materiali tessi-

ligiosa in Puglia e del Centro Studi Previtali;

li presso il Laboratorio di restauro della So-

ha al suo attivo la partecipazione a numero-

printendenza per i Beni Artistici e Storici ed

dell'antica resina. Riccarda Pagnozzato, artista veneziana,

si convegni e la realizzazione di pubblicazio-

Etnoantropologici della Liguria. Conoscitri-

frequenta l'Accademia di Belle Arti, espri-

ni afferenti in particolare ai territori di Ruvo,

ce ed esperta di costumi e abiti d'epoca ha

mendosi dapprima attraverso gli strumenti

Trani e l'area garganica.

prestato la propria competenza anche per

propri della pittura e dell'incisione poi, dal-

la realizzazione e lo studio di abiti di scena.

la metà degli anni Settanta, intraprende lo

Paola Refice, storica dell'arte, dal 1979 è

studio dell'immagine fotografica che utiliz-

funzionario nei ruoli del Ministero per i

250

Note sugli autori

Guia RossignoM è restauratrice di tessili.


diplomata nel 2000 presso l'Opificio delle

ra di Toledo della Galleria del Costume, dei

campo delle tecniche esecutive dei manu-

Pietre Dure di Firenze in Conservazione e

della Rovere di Urbino, dei contadini di

fatti. Svolge diverse consulenze sul territo-

Restauro Tessile. Nel 2002 ha fondato as-

Monsampolo del Tronto e altri. È autrice di

rio nazionale per valutare i restauri esegui-

sieme ad alcune colleghe il Consorzio Tela

numerosi saggi su costumi e merletti; dal

ti dagli enti locali; numerosi gli articoli pro-

di Penelope che dal 2003 opera all'interno

1989 insegna Design e Filologia del Costu-

dotti e le partecipazioni a convegni e semi-

del laboratorio di restauro del Museo del

me al Polimoda e presso altre università.

nari nell'ambito delle sue competenze. Ha collaborato a progetti internazionali, for-

Tessuto di Prato, svolgendo la propria attività per Soprintendenze, musei e privati di

Elisabetta Silvestrini, demoetnoantropo-

mativi e didattici, in particolare con Cina

tutto il territorio italiano. Nel 2004 è stata

loga, già borsista CNR presso l'Università

ed Egitto come responsabile per la conser-

Iccrom Fellow e nel 2008 si è laureata in

'La Sapienza' di Roma, ha effettuato ricer-

vazione e il restauro dei manufatti lignei.

Tecnologie per la Conservazione e il Re-

che in area italiana relativamente alla cul-

Dal 2005 collabora alla stesura di un lessi-

stauro dei Beni Culturali presso l'Università

tura materiale, all'antropologia dell'abbi-

co multilingue tecnico scientifico di Con-

di Viterbo. Ha pubblicato numerosi articoli

gliamento e dell'immagine, e alla storia e

servazione e Restauro dei beni culturali

su riviste specializzate ed è autrice del vo-

cultura della "piazza"; svolge inoltre la sua

mobili (Progetto Europeo - Associazione

lume Cuoi d'oro. Corami da tappezzeria,

attività presso la Soprintendenza per i Beni

Secco Suardo).

palloni e cuscini del Museo Stefano Bardi-

Storici, Artistici ed Etnoantropologici del

ni {Firenze 2009).

Lazio, è membro dell'AISEA (Associazione

Elisa Zonta, restauratrice di materiali tessi-

Italiana Scienze Etnoantropologiche) e ha

li, diplomata presso la Scuola di Alta For-

Thessy Schoenholzer Nichols, restaura-

al suo attivo numerose pubblicazioni. È do-

mazione dell'Opificio delle Pietre Dure di

trice e studiosa, dal 1983 è a Firenze dove

cente a contratto presso l'Università Ca'

Firenze nel 2005, nel 2009 consegue la

collabora fino agli anni Novanta con la Gal-

Foscari di Venezia, nell'ambito della Laurea

laurea di primo livello in Scienze per i Beni

leria del Costume di Palazzo Pitti e lavora

Magistrale in Antropologia Culturale, Et-

Culturali presso la Facoltà di Lettere e Filo-

poi per altri musei italiani ed esteri. I suoi

nologia, Etnolinguistica della Facoltà di

sofia di Siena, sede di Arezzo. Attualmen-

molteplici interessi vertono sullo studio del

Lettere e Filosofìa.

te collabora con l'Opificio delle Pietre Dure e con il Consorzio Tela di Penelope (Museo

costume e della sua costruzione, nonché sulla ricerca tecnica e stilistica dei merletti.

Marisol Valenzuela, restauratrice, dirige il

del Tessuto di Prato). Le sue esperienze

Grazie alle sue specifiche competenze ha

Laboratorio di Scultura Lignea Policroma

professionali si sviluppano sia nel restauro

collaborato al restauro e alla ricostruzione

dell'ISCR di Roma (Istituto Superiore per la

di diversi manufatti tessili quali abiti, para-

di importanti costumi e di abiti funebri, tra

Conservazione e il Restauro). Si occupa di

menti sacri, arazzi e tappeti, che nel cam-

cui quelli dei Malatesta di Fano, di Eleono-

formazione e ricerca, in particolare nel

po dell'allestimento di mostre.

Note sugli autori

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Editrice Compositori via Stalingrado 97/2 - 40128 Bologna tei. 051 3540111 - f a x 051 327877 info@compositori.it - www.compositori.it

Redazione Francesca Di Palma Giovanna Pezzoli Studio grafico Elena Alberti Francesca Frenda Lisa Marzari Margherita Scardovi

Finito di stampare nell'anno 2011 da Compositori Industrie Grafiche, Bologna



Lidia Bortolotti, storica dell'arte e del teatro, è funzionario dell'Istituto per i Beni Culturali della Regione EmiliaRomagna (Servizio Musei e Beni Culturali). Collabora alla realizzazione di interventi finalizzati alla conoscenza e valorizzazione dei beni culturali del territorio regionale e all'individuazione dei progetti di conservazione e restauro finanziati con fondi regionali.

Madonna, del Bambino Gesù e di alcuni Santi - costituiscono l'esito affascinante di una complessa e sedimentata tradizione della religiosità popolare che si è sviluppata soprattutto nell'Europa cattolica e in America latina. Questi particolari tipi di statue sono modellati con cura nelle sole parti visibili - volto, mani e piedi - e costituiti per il resto da una armatura destinata a essere totalmente rivestita di abiti e accessori spesso molto preziosi. Nella cura ad essi riservata si esprime un intimo rapporto di comunicazione tra i fedeli e il sacro: non a caso sono stati storicamente oggetto di una coinvolgente devozione dalla profonda matrice arcaica. Oggi i simulacri vestiti rappresentano a tutti gli effetti un patrimonio culturale che è necessario conoscere e tutelare. Si tratta infatti di opere caratterizzate da una grande complessità tecnica e costruttiva che richiede interventi di restauro differenziati. Oltre agli aspetti più propriamente conservativi occorre infatti valutare attentamente modifiche, integrazioni e stratificazioni che nel tempo hanno caricato questi oggetti di culto dì specifici valori devozionali e taumaturgici oltre che estetici. Il volume affronta i molteplici aspetti - antropologici, storici, artistici e conservativi -che caratterizzano questa statuaria, attraverso i contributi di studiosi e specialisti di discipline diverse e ne offre una campionatura significativa che abbraccia tutto il territorio nazionale. ISBN 9 7 8 - 8 8 - 7 7 9 4 - 7 2 2 - 2

788877 947222


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