ISTITUTO STORICO ITALIANO PER IL MEDIO EVO
— CENTRO DI STUDI ORSINIANI —
FONTI E STUDI PER GLI ORSINI DI TARANTO FONTI 6
2020
ISTITUTO STORICO ITALIANO PER IL MEDIO EVO — CENTRO DI STUDI ORSINIANI —
I documenti dei principi di Taranto del Balzo Orsini (1400-1465) a cura di R. Alaggio - E. Cuozzo
ROMA NELLA SEDE DELL’ISTITUTO Palazzo Borromini – Piazza dell’Orologio 2020
Fonti e studi per gli Orsini di Taranto collana diretta da Benedetto Vetere
Pubblicazione finanziata con i fondi di ricerca PRIN 2008, coord. naz. Prof. E. Cuozzo “Il Principato di Taranto (secc. XII-XV)” Unità di ricerca locali: Università Suor Orsola Benincasa (Napoli), Università degli Studi del Molise, CNR, Istituto di Studi sulle società del Mediterraneo
Comitato scientifico: Rosario Coluccia Isa Lori Sanfilippo Carmela Massaro Anna Maria Oliva Francesco Somaini Giancarlo Vallone Benedetto Vetere Centro di studi orsiniani - Lecce
Coordinatore scientifico: Redattore capo: Redazione:
Isa Lori Sanfilippo Salvatore Sansone Silvia Giuliano
ISBN 978-88-98079-91-9 Tutti i diritti riservati
errico Cuozzo
DALLe origini ALL’età AngioinA
1. Le origini guglielmo d’Altavilla, quartogenito di re ruggero ii, nacque tra il maggio 1120 ed il maggio 1121. nel 1140, a venti anni, ottenne come gli altri fratelli un appannaggio feudale, chiamato Principato di taranto, perché il suo territorio corrispondeva «with the Apulian dominion vindicated by boamund i of Antioch and his son (d. 1130)»1. egli è per la prima volta documentato come princeps in una carta del 10 maggio 11422. Lo stesso titolo lo accompagna in due carte del novembre 11433 e dell’ottobre 11444. Dopo la morte prematura dei fratelli Anfuso (10 ottobre 1144) e ruggero (2 maggio 1149) sommò, probabilmente, al possesso del suo Principato tarantino prima quello del Principato di Capua e del Ducato di napoli, poi il Ducato di Puglia. Certo è che guglielmo, divenuto anche titolare del Ducato di Puglia nel maggio 1149, lasciò il Principato di taranto: lo testimonia il fatto che nella primitiva redazione del cosiddetto Catalogus Baronum, da assegnare tra la fine del 1149 ed i primi mesi del 1150, il Principatus Tarenti era privo di un titolare ed era amministrato da un camerario. il Principato di taranto perdette la sua originaria fisionomia di appannaggio regio5. nella nuova organizzazione amministrativa 1 2 3 4 5
Catalogus Baronum, p. 3 nota 2. Rogerii II Regis diplomata latina, Appendice, p. 265 nota 3. Ibid., p. 166 nota 59. Additamentum ad diplomata latina Rogerii II, n. 64, p. 150. Houben, Le origini del Principato di Taranto. Lo stesso saggio è pubblicato anche in «Kronos», supplemento 4 (2008), pp. 75-88. Houben sostiene che re
Vi
erriCo Cuozzo
costituzionale, che aveva il feudo «in capite de domino rege» come pilastro della struttura feudale6, i suoi feudi in demanio ed in servitio furono strutturati come quelli delle contee. in particolare i feudi in servitio, situati nelle valli dei fiumi della Lucania, furono compresi all’interno della nuova Connestabilia di ruggero di tricarico ed affidati all’amministrazione di un camerario. i feudi in capite, invece, posti quasi tutti nella terra d’otranto e, prima in possesso, poi lasciati da guglielmo d’Altavilla, furono subito tutti assegnati a nuovi titolari, secondo un’abituale prassi della Curia palermitana. il testo tradito del Catalogus Baronum attesta che la nuova organizzazione dei feudi del Principato tarantino fu registrata in un apposito «quaternio Principatus tarenti», al quale fecero ricorso i camerari regi chiamati a stabilire la contribuzione dovuta dai suoi feudatari per la magna expeditio. Queste sono le conclusioni alle quali sono pervenuto ridiscutendo, anche alla luce della recentissima storiografia, la vexata quaestio sull’origine del Principato normanno di taranto e sulla sua natura politico-istituzionale7. 2. Simone d’Altavilla principe di taranto re ruggero ii d’Altavilla assegnò nel suo testamento il Principato di taranto a Simone, suo figlio illegittimo, nonostante l’opposizione del correggente guglielmo. Costui, dopo la morte del re, avvenuta tra il 26 ed il 27 febbraio 1154, «idem Symoni principatum tarenti contra patris testamentum abstulerat»8, apportando la motivazione che i figli illegittimi non potessero essere titolari né del Ducato di Puglia né dei Principati di taranto e di Capua, riservati ai figli legittimi, e che potessero essere ammessi soltanto alla titolarità delle contee e alle altre dignità del regno. Queste informazioni ven-
ruggero ii non concesse il principato di taranto a suo figlio tancredi, ma lo istituì e lo concesse intorno al 1140 a suo figlio guglielmo. 6 Cuozzo, La feudalità del “Regnum” nell’età di Ruggero II, pp. 153-166. 7 Cfr. Ancora sulle origini del Principato di Taranto, in «il re cominciò a conoscere che il principe era un altro re». Il Principato di Taranto e il contesto mediterraneo (secc. XII-XV), pp. 5-22. 8 De rebus circa Regni Siciliae, p. 136.
DALLe origini ALL’età AngioinA
Vii
gono fornite dallo pseudo Hugo Falcando nel suo De rebus circa Regni Siciliae Curiam gestis. È difficile stabilire fino a che punto siano precise, perché esse sono in rapporto con il preteso testamento di re ruggero in favore del conte di Conversano, assolutamente poco credibile, come già avvertì lo Chalandon: «il ne me paraît point que l’on doive tenir compte de ce que Falcand raconte à ce sujet»9. il Falcando, nemico acerrimo di re guglielmo i d’Altavilla, ne traccia una vera e propria caricatura, narrando che suo padre ritenne che potesse al massimo diventare principe di taranto. re ruggero lo avrebbe giudicato assolutamente inadatto agli affari di governo ed avrebbe per questo redatto un testamento segreto con il quale avrebbe stabilito che, nel caso in cui guglielmo si fosse mostrato incapace di governare, la corona sarebbe stata assegnata a roberto, conte di Conversano10. L’incertezza della testimonianza del Falcando sul testamento di re ruggero e sulle reazioni alle sue disposizioni da parte di re guglielmo, portò evelyn Jamison a privilegiare altre informazioni che lo stesso Falcando offre su Simone, principe di taranto. innanzitutto, quelle relative alla sua partecipazione alla congiura contro il re, capeggiata da Matteo bonello: Simone vi svolge un ruolo di primo piano insieme a tancredi, figlio illegittimo di ruggero, duca di Puglia, primogenito di re ruggero ii. nel 1161, fallita la rivolta, i due sono costretti all’esilio. in questa parte della narrazione le informazioni del Falcando su Simone sono molto precise. gli attribuisce il titolo di conte. Annota che gualtiero offamill gli dava il titolo di princeps e che così tutti lo appellavano: «principem appellabant». È vero che nessun documento attesta Simone come principe di taranto e titolare di una contea in Sicilia, ma vi è un passo della narrazione del Falcando che, a ragione della natura della sua testimonianza indiretta, lo conferma in modo sicuro. nella tarda estate del 1168 enrico di navarra, fratello della regina Margherita, ritenendosi insoddisfatto della Contea di Montescaglioso, chiese di avere il Principato di taranto o la contea siciliana di Simone d’Altavilla: «Comitatum Montis Caveosi sumptibus vel angustiis non posse sufficere, petiitque principatum tarenti vel comitatum quem in Sicilia Symon comes olim tenuerat sibi concedi»11. 9 CHALAnDon, Histoire, ii, p. 172. 10 De rebus cit., p. 58. 11 Ibid., pp. 136, 142, 144, 146, 154,
270; Symon potrebbe essere identificato
Viii
erriCo Cuozzo
Sulla base di questa parte della narrazione del Falcando evelyn Jamison ha sostenuto che Simone d’Altavilla divenne principe di taranto e ne conservò il possesso fino al 1161, quando fu costretto all’esilio. La Jamison era anche persuasa che il possesso del Principato di taranto da parte di Simone d’Altavilla12 fosse durato fino al suo esilio nel 1161, sulla base dell’analisi del testo tradito del Catalogus Baronum, che evidenzia tre fasi nella registrazione dei feudi del Principato di taranto: la prima nel 1150; la seconda, quando il Principato, tolto a Simone d’Altavilla, restò vacante; la terza nel 1167/1168. Anche le informazioni che abbiamo sull’esilio di Simone, principe di taranto, sono poco sicure. Condotto, insieme ad altri congiurati su di una nave del re a terracina13, si recò insieme al conte tancredi (di Lecce) a Costantinopoli. Secondo la testimonianza di giovanni Cinnamo avrebbe chiesto a Manuele Comneno di aiutarlo a diventare re di Sicilia. L’imperatore avrebbe rifiutato di appoggiarlo. Questo suo progetto, che non è ricordato in alcuna fonte latina, è molto probabile che non sia stato mai conosciuto dalla corte normanna di Palermo14. 3. il Principato nel Catalogus Baronum 3.1 La nota marginale: De Principatu tarenti La trasmissione del testo tradito del Catalogus Baronum, relativa al Principato di taranto, è molto complessa. Si fa riferimento per la prima volta al Principato di taranto all’inizio del paragrafo 100* con l’espressione De Principatu Tarenti. Si tratta di una nota inizialmente posta davanti al § 108 nell’ultima revisione del quaternus normanno, certamente dopo il tardo autunno del 1167. Vi è registrato il «magister comestabulus berengerius de giso», che nel tardo autunno del 1167 perdette il favore della Corte per la sua amicizia con il cancelliere Stefano de le Perche. Lasciò il suo incarico di connestabile e si ritirò, secondo la testimonianza dello pseudo ugo
con il Symeon comes Mitilene, che sottoscrive un diploma di re guglielmo nel 1157, cfr. Guillelmi I regis diplomata, p. 63, ricordato in Houben, Le origini cit., nota 35. 12 Catalogus Baronum, p. 18 nota 5. 13 CHALAnDon, Histoire, ii, p. 282. 14 Ibid., ii, p. 307.
DALLe origini ALL’età AngioinA
iX
Falcando, «trans Farum in terram quam ei Curia dederat»15, cioè nei feudi in capite di Sarconi (Pz) e Pertecara (Corleto Perticara, in provincia di Potenza)16, nella sub-connestabilia di roberto di Quaglietta. Subito dopo ebbe nel Principato di taranto il feudo di Viggiano, restato vacante dopo la morte, senza eredi, di guglielmo de Tivilla, tra il 1164 ed il 116617. il copista svevo, che trascrisse il documento molto probabilmente dopo che Federico ii aveva concesso il Principato di taranto a suo figlio Manfredi nel 1254, inserì erroneamente la nota marginale De Principatu Tarenti prima del capoverso relativo alla Contea di tricarico. Questo errore fu causato dal ricordo, ancora vivo nello scriba, dell’assegnazione del Principato di taranto, con la Contea di tricarico inter alia, a Manfredi. ecco la puntuale ricostruzione di evelyn Jamison: «the present head-line De Principatu Tarenti has all the appearance of a typical note and it was in all probability attached to § 108 to call attention to this isolated fief of the Principality. the question at once arises: how did this note to § 108 become the head-line of section. the only possible explanation seems to lie in the presumption that the norman quaternus was written in two columns A and b, with the further presumption that the section headed De Comestabilia Comitatus Tricarici began in column A on a fresh sheet or page and continued as far as § 107 at the bottom of the column. Column b would then begin with the inserted paragraph 108, so that this would be at the same level on the page as the heading De Comestabilia at the top of column A. Consequently the note: De Principatu Tarenti placed to the left of §108 would of necessity be equally to the right of the head-line, since it was in fact between the two columns. the Swabian clerks when they were confronted with this situation decided that the note belonged to the head-line and not to § 108 and transferred it to the position it has held ever since. they were no doubt influenced by the recent bequest of the Principality by Frederick ii to his son Manfred, together with the county of tricarico inter alia, so that the Principality and the county were in the same hands, although the one did not include the other
15 16
De rebus cit., p. 244. Per l’identificazione di questi due feudi tenuti «in capite de domino rege» da Berengarius, poi passati al figlio Peregrinus de Gisay, cfr. Catalogus Baronum, p. 91 note 6 e 7. 17Catalogus Baronum - Commentario, § 700.
X
erriCo Cuozzo
juridically. Whether or no the presumption is acceptable that the Swabian copyists had before them a norman MS. written in two columns, the rest of the evidence serves to support the contention that the head-line: De Principatu Tarenti originated in a note calling attention to a displaced paragraph recording a fief of the Principality. it leads inevitably to the corollary that the Principatus Tarenti never formed an administrative division of the regnum»18. 3.2 I feudi registrati come appartenenti al Principatus tarenti il capoverso del § 100 «De Principatu tarenti. De Comestabilia Comitatus tricarici» introduce nel testo tradito del Catalogus Baronum un compatto territorio che è registrato fino al § 267. nell’amministrazione del regno di Sicilia esso comprendeva la Connestabilia di ruggero di tricarico (§§ 100*-154) e la penisola salentina (§§ 155-267). La Connestabilia di ruggero di tricarico, istituita negli stessi mesi in cui fu avviata la leva straordinaria in difesa del regno nel 1150, corrispondeva al territorio dell’archidiocesi di Acerenza - Montepeloso19, con l’esclusione a nord di Francavilla, Forenza, Vitalba ed Armatiera e con il confine a sud-est segnato dal fiume bradano, che includeva Montescaglioso, ma escludeva Matera e ginosa. occupava anche il territorio delle diocesi suffraganee di Potenza e di tricarico, con una piccola porzione della diocesi di Marsico che includeva Viggiano e Marsico Vetere, ed una piccola porzione della diocesi di Anglona, dove v’erano tursi e S. Maria d’Anglona. La Connestabilia si estendeva su tutto il sistema fluviale dell’attuale basilicata: bradano, basento, Cavone e Agri con il suo affluente Sauro. Andava dalle coste del mare ionio fino ai monti, dove nascono l’Agri ed il bradano e comprendeva il territorio che una falsa documentazione di età ducale attribuisce al giustizierato fridericiano di basilicata20. La penisola Salentina, nella geografia amministrativa del regno di Sicilia del Xii secolo, era compresa nella Connestabilia tenuta prima da ruggero Guarannus21, poi da ruggero di Fleming22. i suoi confini erano segnati dai mari ionio e Adriatico e da una linea terre-
18 19 20 21 22
Jamison, Additional Work, pp. 54-55. tranne i luoghi intorno a ginosa e Laterza. AntonuCCi, Miscellanea diplomatica. Catalogus Baronum - Commentario, § 238. Ibid., § 253.
DALLe origini ALL’età AngioinA
Xi
stre, che dal mare ionio seguiva l’attuale confine provinciale tra Montescaglioso e ginosa, lasciando ad ovest Matera, per poi andare verso est, dopo aver raggiunto la via Appia antica, seguendo il confine settentrionale delle diocesi di Mottola, taranto e ostuni. raggiungeva il mare Adriatico a torre d’egnazia, poco più a sud di San Leonardo, che ha costituito per secoli il confine tra la terra di bari e la terra d’otranto. La Connestabilia di ruggero di Fleming comprendeva i territori delle diocesi di taranto, ostuni, Mottola, Castellaneta, oria, brindisi, Lecce, nardò, otranto, gallipoli, Castro, ugento, Leuca23. Le Connestabilie di ruggero di tricarico e di ruggero di Fleming, unitamente alla Connestabilia di Frangalio di bitritto e alla Connestabilia di Angot de Archis (diocesi di bari, bitonto, Monopoli, bitetto, gravina-Altamura, ruvo, terlizzi, Molfetta, bisceglie, trani, Canne, Andria, Minervino), coprivano un’area che aveva una notevole importanza storica, compresa tra il fiume ofanto a nord ed il fiume Sinni a sud, tra il mare Adriatico ad est e l’Appennino lucano ad ovest. «this territory corresponds very closely with the Theme of Langobardia after it was recovered by emperor basil ii on the withdrawal of the Saracen and german invaders and before it was extended over the region between Venosa and termoli. More immediately significant is its correspondence with the Apulian dominion vindicated by boamund i of Antioch and his son (d. 1130)»24. i paragrafi nei quali sono indicati i feudatari appartenenti in modo esplicito al Principatus Tarenti sono i §§125-134, 153-154. Si tratta di feudi in servitio del Principato tarantino, posti nelle valli dei fiumi dell’attuale basilicata, nella Connestabilia del conte di tricarico (tav. 1). i titolari erano chiamati a difendere la regione, insieme ad altri feudatari in servitio dei conti di Andria25, Conversano26, gravi-
23 24 25
Quali appaiono nelle Rationes Decimarum Italiae. Catalogus Baronum, p. 3 nota 2 e paragrafi 1-99. Catalogus Baronum - Commentario, § 72. La contea di Andria, nella prima redazione del Catalogus del 1150, era tenuta da riccardo (ii) de Lingèvres, che nel 1155 cadde combattendo sotto le mura di Andria contro l’esercito invasore di Manuele Comneno. Dopo la sua morte, la contea restò vacante. nel 1166 fu assegnata, dalla reggente regina Margherita, a Berteraymus, figlio di gilberto, conte di gravina, cugino della regina. Questo conte è registrato nel Catalogus. 26 Ibid., § 89*. La contea di Conversano, dopo la ribellione, nel 1155/1156, di roberto de Basunville, cognato di re ruggero, fu amministrata dai funzionari regi e non fu più assegnata fino a quando non rientrò in possesso del conte ribelle, ritornato dall’esilio nel 1169. Questa contea risulta vacante nel Catalogus.
Xii
erriCo Cuozzo
na27, Montescaglioso28e di quasi tutti quelli del conte di tricarico29. nella strategia difensiva del regno di Sicilia, così come nella sua struttura organizzativa e feudale, il Principato di taranto era pienamente assimilato a queste contee. tutti i suoi feudi, con i loro castelli, svolgevano la stessa funzione militare dei feudi delle contee, cioè quella di opporre la difesa nei confronti dei possibili invasori del regno provenienti dal mare ionio e decisamente favoriti dalla configurazione orografica della regione ad effettuare una veloce marcia di penetrazione, così come era avvenuto al tempo delle invasioni saracene. i feudi del conte di Andria arrivavano nella valle del Sinni (Colobraro, roccanova, Castronovo) e nella bassa valle dell’Agri (S. Arcangelo). il conte di gravina aveva Marsico Vetere nell’alta valle dell’Agri, Campomaggiore e tito nell’alta valle del basento. il conte di Conversano possedeva oliveto, nella valle della Salandrella, Pignola e gloriosa nell’alta valle del basento, Lagopesole. il conte di tricarico assunse la carica di connestabile, di comandante, cioè, di quella parte dell’esercito regio posta a difesa della regione in connessione con la leva della magna expeditio30. il suo importante compito fu sorretto dai conti che abbiamo ricordato. 27 Ibid., § 53. La contea di gravina fu istituita ex novo e fu affidata ad Albertus filius Bonifacii Marchionis. egli era un esponente del ramo pugliese degli Aleramici. il marchese bonifacio, figlio di bonifacio del Vasto, della stessa famiglia di Adelaide, madre di re ruggero, aveva già ottenuto nel 1133 la signoria di gravina e di Polignano. nel 1160 la contea fu data a gilberto, cugino della regina Margherita, un cavaliere spagnolo da poco arrivato in Sicilia. egli ne fu privato nella tarda primavera del 1168 ed espulso dal regno insieme a suo figlio Berteraymus, conte di Andria. il conte gilberto è presente nel Catalogus. 28 Ibid., § 149. La contea di Montescaglioso era appartenuta a goffredo, figlio di Accardo signore di Lecce ed ostuni, che aveva partecipato alla ribellione di roberto de Basunvilla. Dopo la vittoria di re guglielmo in Puglia alla fine del 1156, fu deportato in Sicilia e, su consiglio di Maione, fu accecato ed imprigionato. La contea restò vacante fino a quando non fu assegnata a enrico di navarra, cugino della regina Margherita. nella tarda primavera del 1168 egli chiese di avere un altro appannaggio feudale al posto di Montescaglioso. ebbe la contea di Principato e lasciò vacante quella di Montescaglioso, che fu amministrata dal camerario Rogerius Burdonis, figlio di enrico de Ollia e fratello di goffredo, conte di Lesina. Questa contea è vacante nel Catalogus. 29 Ibid. La contea di tricarico era infeudata a ruggero Sanseverino, figlio di roberto conte di Caserta, molto probabilmente fin dal 1150, quando egli ottenne anche la carica di connestabile. Le due cariche erano distinte tra loro e comportavano due diversi obblighi e responsabilità. ruggero lasciò la carica di connestabile molto prima di trasmettere la contea al figlio giacomo nel 1189, dopo la vittoria di re tancredi. Fattosi crociato, morì durante la terza Crociata. 30 Catalogus Baronum, Foreword.
DALLe origini ALL’età AngioinA
Xiii
Dopo la revisione del Catalogus nel 1168, risultano tenentes nel Principato di taranto, all’interno della Connestabilia di ruggero di tricarico, i seguenti feudatari: - Guiano (Girrano, Ginnano) Rubeus detiene i feudi di Aliano, Alianello, turri e guardia Perticara. Detiene, inoltre, il dotario della moglie di Riccardo filius Gyrohy, cognata di Rogerius filius Girohy, esponenti di quella che orderico Vitale chiamava la Geroniana progenies31. La consistenza dei suoi feudi in demanio è di dieci milites. offre alla magna expeditio venti milites e quaranta servientes. La registrazione che lo riguarda inizia in questo modo: «guiano rubeus sicut inventum est in quaternionibus Curie tenet in capite de Principatu tarenti in demanio Alianum Superiorem […]». non ci troviamo di fronte ad un feudatario «in capite de domino rege», ma ad uno «in capite de Principatu tarenti», cioè ad un feudatario che presta il giuramento di fedeltà al Principe di taranto, verso il quale è responsabile del proprio servizio militare. - Guillelmus de Celum è suffeudatario di Guiano per un feudo di un miles posto in Alianello, fraz. Aliano (Mt). - Guillemus de Massanello è suffeudatario di Guiano per il feudo di Missanello. nella stesura del 1150 del quaternus normanno guglielmo era suffeudatario di suo fratello Alessandro. - Alexander de Gallipolis è suffeudatario di Guiano per il feudo di gallicchio (Pz). - Guiano Rubeus offre complessivamente alla magna expeditio ventisei milites e cinquantadue servientes, con questa significativa postilla, che sembra fosse distintiva dei feudatari del Principato di taranto32: «et si necessitas fuerit in partibus illis super hoc ibunt quot quot habuerint». - Robbertus Petreperciate, «frater guillelmi de Petraperciata»33, detiene, «in balium de Principatu tarenti», il feudo di Pietrapertosa ed in balio i feudi di Campomaggiore (Pz) e di Trifogium34, nella contea di gravina35. roberto partecipa alla magna expeditio con quattro milites e sei servientes, cui aggiunge: «et si necesse fuerit in partibus illis quot quot habere poterit».
31 32 33 34 35
Catalogus Baronum - Commentario, § 49. Ibid., § 130; cfr. infra il caso di Robbertus Sperlingus (Persilingus). Catalogus Baronum - Commentario, §§ 100*, 139. Per l’identificazione di questo feudo cfr. Catalogus Baronum, p. 14 nota 2. Catalogus Baronum - Commentario, § 69, 131.
XiV
erriCo Cuozzo
- Carbonus de Bellomonte detiene «in capite de Principatu tarenti» il feudo di grottole (Mt). - Robbertus Corniti detiene «in capite de Principatu tarenti», come attestato dal fratello Carsidonius, i feudi di Corleto e guardia Perticara (Pz). - Margarita «et filius eius», possiedono «in capite de Principatu tarenti», il feudo di Altogianni36. È la vedova di Guillelmus Alti Johannis, presente, molto probabilmente, nella prima redazione del quaternus normanno. in conclusione, il Catalogus Baronum attesta che nel 1168 i feudi in servitio del Principato di taranto, tutti posti nella Connestabilia di ruggero di tricarico, erano i seguenti: Aliano (Mt), Alianello, fraz. di Aliano, turri37, guardia Perticara (Pz), Missanello (Pz), gallicchio (Pz), Pietrapertosa (Pz), grottole (Mt), Corleto (Pz), Altogianni38. Vi erano, poi, i due feudi di gioia del Colle (§153) e di Palagiano (§154), il primo compreso nella Connestabilia di Frangalius de Bitricto, il secondo nella Connestabilia di Rogerius Flamengus, che, già feudi del Principato di taranto, furono registrati nella contea di Montescaglioso dopo l’ultima revisione del Catalogus Baronum. 3.3 I feudi in servitio del Principato presenti nella prima stesura del Catalogus baronum, passati nelle contee di Tricarico e Montescaglioso Molti indizi fanno pensare che i feudi in servitio del Principato di taranto nella prima redazione del Catalogus (a. 1150) fossero più numerosi rispetto a quelli elencati nel testo tradito. Molto probabilmente alcuni di essi entrarono a fare parte delle contee di tricarico e di Montescaglioso, quando il Principato restò vacante dopo la rivolta del principe Simone e la sua partenza per l’esilio nel 116139. Questa ipotesi si basa sulla constatazione che nel testo tradito del Catalogus alcuni feudatari dei conti di tricarico e di Montescaglioso
36 37 38 39
Cfr. Catalogus Baronum, p. 24 nota 6. Ibid., p. 23 nota 3. Ibid., p. 24 nota 6. Se si accetta nella sua interezza la testimonianza dello pseudo Hugo Falcando, bisogna ipotizzare che la volontà testamentaria di re ruggero ii fu resa esecutiva e che alcuni feudi passarono a far parte delle contee di tricarico e di Montescaglioso dopo il 1154, quando re guglielmo privò il suo fratellastro del Principato tarantino.