Gesta di Federico I in Italia descritte in versi latini da anonimo contemporaneo

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PREMESSA PER UN CENTENARIO

Ernesto Monaci non è stato uno storico, ma pochi come lui hanno dato un contributo a questa disciplina: «il Monaci non fu uno storico nel vero senso della parola, né egli credette mai o pretese di essere uno storico», afferma Pietro Fedele, dopo aver precisato che «deve essere annoverato tra i più benemeriti degli studi istoriografici italiani»1. L’Archivio paleografico italiano, i Testi antichi provenzali, gli Aneddoti per la storia letteraria dei laudesi, il contributo Dei Disciplinati e dei Bianchi nel Medio Evo, la Crestomazia italiana dei primi secoli (e cito abbastanza a caso, stralciando) sono ben più che sussidi didattici o contributi all’evoluzione del genere drammatico. Il suo apporto alla fondazione e all’attività della Società romana di storia patria, della Società filologica romana, dell’Istituto storico italiano testimonia certo una coscienza civile e politica forte, ma prima di tutto un impegno culturale. Il caso dell’Istituto storico italiano è esemplare. Ricordato con precisione da Fedele è stato ora approfondito e dettagliato nella mostra realizzata nell’ambito delle manifestazioni previste per il centenario della morte e nel suo catalogo2. Monaci scrisse il testo del decreto per la fondazione dell’Istituto, che il ministro Baccelli emanò il 25 novembre 1883; rispose alle reazioni e alle diffidenze che la nuova istituzione provocò; definì l’organizzazione dell’Istituto; definì i criteri editoriali, il formato, i caratteri e il tipo di carta della nuova collana; pubblicò il primo volume delle “Fonti per la storia d’Italia”, ed è stato detto che «l’edizione del poema di Bergamo è l’opera di maggiore importanza che il Monaci abbia composto al servigio degli studi storici»3. 1 P. FEDELE, L’opera di Ernesto Monaci per gli studi storici, in Ernesto Monaci: l’uomo, il maestro, il filosofo, Roma 1920, pp. 55-187: 186, 158. 2 Ernesto Monaci e l’Istituto storico italiano, cur. M. AZZOLINI - A. DEJURE, coord. M. MIGLIO, Roma 2019, in corso di stampa. Per questa ragione non posso fare rinvii precisi, ma la lettura di alcuni capitoli sono fondamentali per quanto qui dico. 3 FEDELE, L’opera cit., p. 184.

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MASSIMO MIGLIO

Aveva scoperto i Gesta nel 1877 nel fondo Ottoboni della Biblioteca Apostolica Vaticana; nello stesso anno ne dava notizia nei Rendiconti dell’Accademia dei Lincei, l’anno successivo pubblicava qualcosa del poema nell’Archivio della Società romana di storia patria. La scelta in questo caso dei brani riguardanti Arnaldo da Brescia non era casuale, ma anzi «segnava l’inizio di un nuovo periodo degli studi arnaldiani»4; inizierà una linea storiografica qualificante della medievistica romana, da Pietro Fedele fino ad Arsenio Frugoni. Non ebbe seguito il suo tentativo di pubblicare l’opera tra 1878 e 1879 con la Società storica lombarda; con l’istituzione però dell’Istituto storico italiano nel 1883, per molti anni non solo la biografia intellettuale di Monaci e la storia dell’Istituto si annodarono insieme strettamente, ma anche le vicende della pubblicazione dei Gesta furono intimamente legate alle primissime vicende. Già nella prima riunione del 27 gennaio 1885 l’Istituto storico deliberò la pubblicazione della continuazione dell’opera principale di Ludovico Antonio Muratori e, contestualmente, l’edizione dei Gesta curati da Monaci. L’inserimento dell’opera sarebbe avvenuto per un desiderio espresso dal neoeletto presidente Cesare Correnti e, se così fosse, come tutto porta a credere, la decisione svela la volontà di Correnti di legare all’Istituto l’esperienza filologica e la vitalità organizzativa di Monaci. Da parte di quest’ultimo ci fu subito la consapevolezza dell’importanza della pubblicazione del primo volume della collana come modello, anche perché aveva ben presenti le tante difficoltà legate ai rapporti con Società e Deputazioni per l’edizione degli altri testi della nuova collana. Da parte di Correnti e della Giunta possiamo cogliere invece anche una particolare attenzione ai tempi e ai modi (27 luglio 1885), tanto da «sollecitare la stampa del Codice Vaticano contenente il Poema latino su Federico Barbarossa, commettendo all’illustratore Prof. Monaci la cura di determinare i limiti e l’estensione delle aggiunte e delle illustrazioni commentizie, e rimettendo ad una successiva pubblicazione le altre cronache e i poemi e le opere d’arte che svolgono la leggenda Federiciana»5. Correnti aggiungeva alle parole del verbale della Giunta un suo significativo commento: «Nel dare atto di ciò alla S.V. io crederei superflua qualsiasi parola per eccitarla a compiere interamente il mandato conferitole dagli onorevoli Colleghi,

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Ibid., p. 177. ISIME, Archivio storico, Fondo istituzionale, serie Pubblicazioni, sottoserie: Corrispondenza di Ernesto Monaci con gli autori, fasc. 21: Correnti Cesare.

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