Lucia Gualdo Rosa, Lapo da Castiglionchio il giovane

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ISTITUTO STORICO ITALIANO PER IL MEDIO EVO

NUOVI STUDI STORICI – 109

LUCIA GUALDO ROSA

LAPO DA CASTIGLIONCHIO IL GIOVANE E LA SUA VERSIONE DELLE PRIME TRE ORAZIONI DI ISOCRATE Con in appendice l’edizione critica dei testi

ROMA

nella sede del­l’istituto palazzo borromini

2018


Nuovi Studi Storici collana diretta da Massimo Miglio

Coordinatore scientifico: Isa Lori Sanfilippo, Antonella Dejure Redattore capo: Salvatore Sansone

ISSN 1593 - 5779 ISBN 978-88-98079-73-5 Stabilimento Tipografico « Pliniana » - V.le F. Nardi, 12 - 06016 Selci-Lama (Perugia) - 2018


Premessa L’edizione critica delle versioni isocratee di Lapo da Castiglionchio mi fu affidata, nel lontano 2005, dalla Commissione per l’edizione nazionale delle Traduzioni dal greco in età umanistica e rinascimentale; la commissione, presieduta da Mariarosa Cortesi, operava nel quadro del più vasto progetto sul Ritorno dei classici nell’umanesimo, promosso e diretto dal compiano professor Gianvito Resta. Il lavoro che ha portato a questa edizione è stato lungo e difficile, visto che le versioni di Lapo, con o senza dedica, si leggono in venticinque codici italiani e stranieri e che numerosissimi sono i manoscritti greci anteriori al 1436-1437 (anni in cui Lapo eseguì le sue traduzioni e le rivide per dedicarle ad altri committenti), contenenti le tre orazioni parenetiche di Isocrate, destinate, anche in area bizantina, all’insegnamento scolastico. La ricerca del manoscritto utilizzato da Lapo per le sue traduzioni era stata già condotta, nel 1970, da Antonio Carlini nelle biblioteche fiorentine, senza tuttavia approdare ad una precisa identificazione; altrettanto vana è stata la mia ricerca tra i numerosi codici isocratei della Biblioteca Vaticana, nelle altre biblioteche romane ed alla Biblioteca Nazionale di Napoli; e tuttavia essa è servita per delineare la tipologia del testo greco da lui seguito e mi ha consentito di esaminare, tra l’altro, una trascrizione delle orazioni di Isocrate, eseguita da Ermolao Barbaro a soli vent’anni nel 1430, che si conserva alla Biblioteca Casanatense. Contemporaneamente, per poter preparare l’edizione critica delle dediche e delle versioni latine, mi sono procurata la ristampa da microfilm sia dei codici che ho visto direttamente (a Londra, a Parigi, a Cambridge e a Oxford, nonché ovviamente a Firenze e a Roma) sia di quelli per i quali mi sono accontentata delle riproduzioni fotografiche e dei cataloghi. Per numerosi codici italiani, ho potuto utilizzare i microfilm che si conservano al Centro Nazionale per lo studio del manoscritto, presso la Biblioteca Nazionale di Roma; grazie alla collaborazione della dott. Alda Spotti, ho provveduto in tempi brevi a riprodurre le versioni di Lapo che vi si conservano. Per ricostruire un momento importante per la vita di Lapo e per la diffusione delle sue versioni isocratee ho studiato anche la sua


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Comparatio inter rem militarem et studia litterarum, da lui dedicata prima a Gregorio Correr e poi ad Humphrey, duca di Gloucester. In appendice do l’edizione critica delle due dediche messe fra loro a confronto. Ma assai più importante per indagare sulla complessa personalità del nostro umanista è il codice 4.4.6 della Biblioteca Comunale di Como, in cui si legge il suo epistolario segreto; per questo mi sono recata a Como, accompagnata dall’indimenticabile amico Luciano Gargan, procurandomi la riproduzione di quel prezioso epistolario, che si legge alle cc. 292-362v del manoscritto; da quell’epistolario privato ho pubblicato una lettera inedita a Biondo Flavio e – assai più importanti – tre lettere a Giovanni Bacci da Arezzo, la cui personalità di ricco ed intelligente committente non solo di manoscritti, ma anche di almeno uno dei capolavori di Piero della Francesca getta nuova luce sulla cerchia degli amici e dei protettori di Lapo. Nel 2011, quando il lavoro poteva finalmente dirsi concluso, due eventi ne resero assai problematica la pubblicazione. Il 30 gennaio di quell’anno, veniva improvvisamente a mancare il prof. Resta, che del progetto sul Ritorno dei classici era stato il massimo promotore; la sua morte coincideva con la crisi economica che, iniziata in America nel 2008, si era estesa a macchia d’olio anche in Europa. A questo punto le nostre commissioni rimasero prive di ogni contributo da parte del Ministero. Negli anni successivi, la prof. Cortesi ha cercato in ogni modo di procurarsi altri finanziamenti. Anche l’ultimo tentativo, del febbraio del 2014, andò tuttavia a vuoto. Nel giugno del 2014 raccontai a Massimo Miglio di quel mio lavoro, cui avevo dedicato tanti anni di studio e che rischiava di rimanere inedito. Debbo alla sua amicizia per me e alla sua antica conoscenza dell’opera di Lapo e della sua importanza nel nostro umanesimo, la fortuna di vederlo accolto nella collana dei Nuovi Studi Storici, da me più volte frequentata. Nell’estate del 2014 ho rivisto il mio testo per adattarlo alle norme tipografiche dell’Istituto. Un anno dopo, nel novembre del 2015, ricevevo finalmente i preziosi consigli dei due Referee, grazie ai quali ho potuto correggere alcune sviste e soprattutto riordinare le descrizioni dei codici, in modo da renderle più chiare e coerenti con le mie scelte editoriali; un ulteriore contributo a tal fine mi è venuto dalla paziente revisione della Redazione dell’Istituto, che ringrazio vivamente. Nella speranza di essere riuscita nell’impresa, affido il mio libellus all’indulgenza dei lettori. Lucia Gualdo Rosa


Introduzione


BAV BD BL BML BNCF BNCR BNF CNRS DBI IGI

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«IMU» ISIME PL PW

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«SIFC» ThlL

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Biblioteca Apostolica Vaticana Bodleian Library British Library Biblioteca Medicea Laurenziana Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze Biblioteca Nazionale Centrale di Roma Bibliothèque Nationale de France Centre National de la Recherche Scientifique; Dizionario Biografico degli Italiani; Indice Generale degli incunaboli delle biblioteche d’Italia, I-V, Roma 1943-1972 (Ministero della Pubblica Istruzione, Indici e Cataloghi, N.S., 1); «Italia medioevale e umanistica»; Istituto Storico Italiano per il Medioevo; Migne, Patrologia Latina; Pauly-Wissowa Real Encyclopädie der classischen Altertumswissenschaft; «Studi Italiani di Filologia Classica»; Thesaurus linguae Latinae


1. L’autore Lapo da Castiglionchio il giovane nacque a Firenze intorno al 1406 1, da Averardo, ultimogenito di Lapo il vecchio, famoso giurista e corrispondente del Petrarca 2. Appartenne dunque ad una famiglia di quell’aristocrazia magnatizia che perse gran parte delle sue ricchezze e del suo prestigio, in seguito ai rivolgimenti del 1378-80. I rovesci finanziari che avevano colpito la sua famiglia e insieme il rispetto che circondava la memoria del nonno, segnarono in maniera irreversibile il carattere di Lapo, che fu da un lato ombroso e malinconico – come è sottolineato anche dalla biografia di Vespasiano da Bisticci 3 – dall’altro dominato da un sordo rancore e da una perenne frustrazione, nei confronti di una società borghese e mercantile che lo costringeva a lavorare per vivere, mentre il suo rango e il suo ingegno avrebbero dovuto permettergli di dedicarsi tranquillamente ai suoi studi. A questi studi egli si dedicò prima privatamente, poi, in età abbastanza matura, sotto la guida di Francesco Filelfo. Il primo incontro col suo maestro dovette avvenire a Bologna, dove il fratello maggiore di Lapo, Francesco, lavorava “in societate Albertorum”; Lapo dovette raggiungerlo per lavorare nella stessa società degli Alberti

1 Così FUBINI, Lapo, p. 44; ma, se è esatto quanto si legge nel più antico foglio di guardia del ms. F (BNCF, Magliab. XXIII 126), codice in parte autografo: «Mori nela cita di Venegia anno MCCCCXXXVIII del mese d’otobre, d’eta dani XXXIII, di morbo»), dovrebbe essere nato nel 1405 (cfr. Tav. n. 2). Questa data sembra confermata dalla biografia di Vespasiano da Bisticci: «Lapo era già d’età d’anni venticinque, quando cominciò a dare opera alle lettere latine et le greche»; se Vespasiano faceva cominciare gli studi sistematici di Lapo nel 1429/30, primo anno dell’insegnamento fiorentino del Filelfo, egli sarebbe nato addirittura nel 1404 (cfr. VESPASIANO, Le vite, p. 581). Per le sue vicende biografiche, v. anche CELENZA, ‘De curiae Romanae commodis’, pp. 1-25; PADE, The Reception, I, pp. 269-272 e GUALDO ROSA, Lapo, pp. 505-521. 2 Cfr. PALMA, Castiglionchio Lapo, pp. 40-44. 3 Cfr. VESPASIANO, Le vite, p. 582: «Era di mediocre istatura, maninconico, di natura che rade volte rideva, se non per forza. Fu di laudabili costumi et fece assai, trovandosi puovero di sustance et sanza libri». La descrizione corrisponde al disegno tratteggiato dal copista alla c. IVv del codice F (cfr. qui, nota 1 e Tav. 2).


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nel 1427 4, mentre il Filelfo vi ottenne la cattedra di retorica nel 1428. Ma ad uno studio sistematico del latino e del greco egli poté dedicarsi soprattutto quando il Filelfo venne ad insegnare a Firenze dal 1429 al 1434. Grazie all’insegnamento del Filelfo egli divenne un abilissimo traduttore dal greco (come sottolinea Vespasiano nella sua biografia) ed acquisì anche una assoluta padronanza del latino classico, come si ricava dalla sua ortografia, nettamente più corretta rispetto a quella dei suoi contemporanei; ma da quel maestro ricavò anche un atteggiamento di sostanziale scetticismo nei confronti della religione e una concezione totalmente laica del potere pontificio. Quando, nell’ottobre del 1434, Cosimo de’ Medici tornò dall’esilio e si impadronì del potere a Firenze, la famiglia di Lapo, strettamente legata agli Albizi, subì un ulteriore tracollo 5, mentre il Filelfo era costretto a fuggire a Siena, dove ottenne una cattedra di eloquenza. Lapo lo seguì in quella città nel dicembre del 1434; lì si legò ad altri discepoli del Filelfo, tra cui Francesco Patrizi e Gaspare da Recanati. Questi gli fece conoscere suo figlio Angelo, segretario del ricco e generoso cardinale spagnolo Giovanni Casanova del titolo di S. Sisto 6. Nell’estate del 1435, grazie ai buoni uffici di Angelo, che divenne il suo migliore amico, anche Lapo entrò al servizio del cardinale, presso il quale rimase fino alla sua morte improvvisa, avvenuta il 1° marzo 1436. Fu quello forse il periodo più felice della vita di Lapo, il quale sperò anche, grazie alle raccomandazioni del cardinale, di entrare al servizio del papa Eugenio IV, che dal 23 giugno 1434, costretto a fuggire da Roma, aveva stabilito a Firenze la sua residenza 7. 4

Cfr. FUBINI, Lapo, p. 45. La notizia su Francesco si ricava da una lettera di Lapo al cardinale Prospero Colonna del 4 maggio 1436 (cfr. LUISO, Studi, pp. 216-217, ep. II 2). Le lettere familiari di Lapo furono in parte pubblicate, anche in forma di regesto, dal LUISO, Lapo, pp. 205-259; ma assai più utile, per comprenderne il carattere, è la lettura della raccolta che si conserva nel ms. della Biblioteca Comunale di Como 4.4.6, cc. 292362v, lettere utilizzate dal Fubini e da me nello studio citato alla nota 1. Per questo manoscritto, cfr. KRISTELLER, Iter, I, p. 47ab (e KRISTELLER, Un opuscolo, pp. 245 e 496 e tavv. III-IV; vedi inoltre la scheda descrittiva di LUCIANO GARGAN in GUALDO ROSA, Censimento, II, n. 24, pp. 30-31. 5 Cfr. lettera di Lapo ad Angelo da Recanati, del 16 giugno 1436, in LUISO, Lapo, pp. 223-227: «idem varie iactatus gravissimis et acerbissimis nostrae civitatis casibus, ne fortunarum quidem mearum statum incolumem retinere potui» (p. 225). 6 Per il Casanova, cfr. EUBEL, Hierarchia catholica, II, p. 7 nota 1; per la sua biografia e gli stretti rapporti con la dinastia aragonese, cfr. MOLS, Casanova Giovanni. Che Angelo sia figlio di Gaspare da Recanati, lo si ricava dall’unica lettera a lui indirizzata (cfr. LUISO, Lapo, ep. 23, p. 238), in cui Lapo lo chiama per due volte «Angelus tuus». 7 Cfr. PASTOR, Storia dei papi, I, pp. 290-362 e in particolare, per la fuga da Roma, pp. 299-301.


INTRODUZIONE

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In quel periodo – a partire dall’inizio del 1435 – comincia quell’attività frenetica di traduttore che doveva caratterizzare la sua breve esistenza 8. A Eugenio IV dedicò prima la versione latina di due opuscoli di Luciano, il De fletu e il De somnio 9 e poi quella della Vita Solonis di Plutarco 10. Per il cardinale Casanova egli aveva preparato la versione del Nicocles e dell’Ad Nicoclem di Isocrate, con relativa dedica; tale dedica ci rimane – come vedremo – in due redazioni: la più antica, che si legge nel solo codice V 11, appare indirizzata ad Antonio Panormita, mentre la seconda, che si conserva solo in tre manoscritti 12, è diretta al cardinale camerlengo Francesco Condulmer, nipote di Eugenio IV 13. Già il Carlini aveva notato come nella dedica al Panormita, le parti che si adattano più specificamente a lui, siano scritte su rasura su espressioni più adatte ad un prelato; aggiungendo che – per motivi cronologici – tale prelato non poteva essere identificato col Condulmer 14. Ora noi possiamo identificare con sicurezza nel cardinale Casanova il primo dedicatario delle due orazioni cipriote. Ne troviamo precisa conferma nell’unica lettera rimastaci indirizzata a lui da Lapo; in questa lettera pubblicata in parte dal Luiso, e che si legge integralmente nel manoscritto di Como, Lapo da un lato supplica il cardinale di presentare a suo nome le sue traduzioni al papa, dall’altro gli promette di mandargli quanto prima un lavoro che sta preparando per lui: «opus quoddam lucubratur a nobis cottidie tuo nomine, quod, ut spero, ad te propediem

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Nei tre anni che vanno dal 1435 al 1438 (anno della sua morte) Lapo compose ben ventiquattro traduzioni – come si ricava dall’elenco del LUISO, Studi, pp. 263-297 (escludendo dall’elenco la Vita Camilli, per la quale cfr. PADE, The Reception, I, p. 272) –, ognuna delle quali accompagnata da una lettera di dedica. Un’impresa faticosa e anche costosa, perché l’esemplare di dedica da offrire a persone di rango quasi sempre elevato doveva essere di elegante fattura. 9 Cfr. LUISO, Lapo, pp. 276-278. Nella dedica egli paragona la sua condizione di povero che tenta di raggiungere la gloria grazie agli studi umanistici a quella di Luciano, sottolineando tuttavia la nobiltà della sua famiglia, ridotta in miseria «gravissimis et acerbissimis nostrae civitatis casibus». 10 Cfr. LUISO, Lapo, p. 263 e PADE, The Reception, II, pp. 33-35. 11 V = Vat. lat. 3422, cc. 2-3. Il Panormita venne come ambasciatore a Firenze tra il marzo e l’aprile del 1436; in quest’occasione Lapo dovette offrirgli il codice, adattando la dedica al nuovo destinatario (cfr. LUISO, Lapo, pp. 288-290). 12 Cfr. mss. A (London, BL, Add. 11760, c. 114v-116), Pc (Pisa, Bibl. S. Caterina 37, cc. 41-47v, mutila della parte iniziale) e R (Rimini, Bibl. Civica Gambalunga, Sc. Ms. 47 <4.A.II.25>, cc. 32v-34). 13 Cfr. OLIVIERI, Condulmer Francesco. Al Condulmer Lapo fu presentato solo nella primavera del 1437. 14 Cfr. CARLINI, Appunti, pp. 303-306.


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transmittemus» 15. Del resto nella stessa lettera di dedica, nella redazione indirizzata al Condulmer, sono rimaste alcune espressioni che – come già osservava il Carlini – non si adattano affatto al cardinale camerlengo. Mi basterà citare quanto si legge al paragrafo 12: «ego pro tua summa in me humanitate et facilitate quibus abs te, vix visus nedum satis cognitus, apud summum pontificem adiutus et commendatus sum...». La morte improvvisa del Casanova costrinse Lapo a cercare altrove un protettore ed un mecenate. Pensò dapprima ad Alfonso d’Aragona cui dedicò la versione della Fabii Maximi vita di Plutarco 16. Profittando della venuta a Firenze (marzo-aprile 1436) di Antonio Panormita, segretario di Alfonso, riciclò per lui le versioni destinate al Casanova, adattando la lettera di dedica, nella speranza che il poeta potesse facilitare il suo ingresso alla corte itinerante del Magnanimo. Deluso sul versante aragonese, Lapo – che nel frattempo era entrato nella “famiglia” del cardinale Prospero Colonna – pensò bene di tradurre per lui anche l’Ad Demonicum pseudo-isocrateo, accompagnandolo con una lettera di dedica tanto interessante quanto inopportuna 17. Su questa dedica ritorneremo. Qui ci preme di sottolineare come in questa dedica Lapo abbia inserito non solo il prevedibile elogio del destinatario, ma anche quello dello zio Martino V, della sua politica e della sua famiglia; niente di più inopportuno per un giovane intellettuale, che dall’estate del 1435 aveva tentato in ogni modo di ottenere i favori di Eugenio IV, il quale, fin dall’inizio del suo pontificato, aveva giudicato assai negativamente il suo predecessore e che contro la famiglia Colonna combatteva una vera e propria guerra. La guerra sanguinosa e spietata

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Per questa lettera cfr. LUISO, Lapo, pp. 211-212; v. inoltre ms. Como, cc. 300v301: la citazione è tratta dal ms. di Como, c. 301; nello stesso codice un poco prima, a proposito del dono che Lapo promette al suo protettore si legge: «Ego ob huiusmodi meritum non tibi magnum aliquod donum aut preclarum polliceor auri atque argenti, quibus ipse habundas, ego penitus egeam», che è una esplicita citazione del primo paragrafo dell’A Nicocle. 16 Cfr. LUISO, Lapo, pp. 266-271 e PADE, The Reception, II, pp. 60-63. Nella dedica si parla con grande rimpianto della morte del cardinal Casanova, molto legato al sovrano aragonese, avvenuta «his diebus». 17 Per il Colonna, nipote di Martino V, cfr. PETRUCCI, Colonna Prospero. Allo stesso Colonna aveva dedicato anche la traduzione delle vite plutarchee di Teseo e di Romolo, per le quali cfr. LUISO, Lapo, pp. 266-274 e PADE, The Reception, II, pp. 17-20. Dalla dedica si deduce che questa traduzione è posteriore alla versione della Vita Solonis (dedicata a Eugenio IV), a quella di Publicola (dedicata al cardinale Giordano Orsini), a quella di Temistocle, dedicata a Cosimo de’ Medici e a quella di Fabio Massimo, dedicata ad Alfonso d’Aragona (ibid., II, p. 19).


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