Il Quaternus del tesoriere di Lecce Giovanni Tarallo. 1473-1474

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ISTITUTO STORICO ITALIANO PER IL MEDIO EVO


CENTRO DI STUDI ORSINIANI

FONTI E STUDI PER GLI ORSINI DI TARANTO FONTI 5


ISTITUTO STORICO ITALIANO PER IL MEDIO EVO CENTRO DI STUDI ORSINIANI

IL QUATERNUS DEL TESORIERE DI LECCE GIOVANNI TARALLO 1473-1474 a cura di Benedetto Vetere

ROMA NELLA SEDE DELL’ISTITUTO Palazzo Borromini – Piazza dell’Orologio 2018


Fonti e studi per gli Orsini di Taranto collana diretta da Benedetto Vetere

Volume pubblicato con il contributo del Dipartimento di Beni Culturali - UniversitĂ del Salento

Comitato scientifico: Rosario Coluccia Isa Lori Sanfilippo Carmela Massaro Anna Maria Oliva Francesco Somaini Giancarlo Vallone Benedetto Vetere Centro di studi orsiniani - Lecce

Coordinatore scientifico: Isa Lori Sanfilippo Redazione scientifica: Antonella Dejure Redattore capo: Salvatore Sansone Redazione: Silvia Giuliano

ISBN 978-88-98079-71-1 Tutti i diritti riservati


INTRODUZIONE

1. Il contenuto Il Registro 255/I del fondo Diversi della Sommaria dell’Archivio di Stato di Napoli riguarda l’attività del tesoriere, ufficiale regio responsabile della tenuta dei conti relativi alle entrate e alle uscite della regia curia di Lecce, per l’anno 1473-1474. Questi, nel caso specifico, era Giovanni Tarallo appartenente ad “antica e nobile” famiglia di Brindisi, un ramo della quale migra a Lecce già agli inizi del sec. XIV, un altro nei decenni successivi trasmigrerà a Mesagne. Figura nota delle magistrature cittadine, nel 1464 è fra i ventiquattro eletti al consiglio dell’amministrazione civica, nel 1469 risulta fra i iudices annales, nel 1472 è sindaco e quindi responsabile, per il periodo 1473/1474, dell’officium thesauriatus (1). Come sarà detto più avanti, il quaternus (così il documento viene ripetutamente indicato) costituisce una fonte di indubbio interesse per la conoscenza delle competenze dell’ufficio di tesoreria. Sono tuttavia le vicende del decennio 1463-1473, di cui si trova eco e memoria, a giustificare il maggiore interesse per questo testo. Si tratta degli anni del recuperato controllo da parte della Corona, a seguito della morte di Giovanni Antonio Orsini del Balzo (14-15 novembre 1463), su un vasto territorio, quello del principato di Taranto, della contea di Lecce, della contea di Soleto. (1) A. FOSCARINI, Armerista e notiziario delle famiglie nobili, notabili e feudatarie di Terra d’Otranto, Lecce 1927 (rist. anast. Bologna 1971), p. 285. Cfr. C. MASSARO, Territorio, società e potere, in Storia di Lecce. Dai Bizantini agli Aragonesi, cur. B. VETERE, Roma-Bari 1993, p. 331, nota 210. In riferimento al rango sociale di alcune famiglie va tenuta presente l’appartenenza delle stesse alla “nobiltà di toga”, perché distintesi nelle professioni, che aprivano le porte alle magistrature cittadine. Si veda P.F. PALUMBO, Il monastero normanno di San Giovanni Evangelista, «Archivio Storico Pugliese», 5 (1952), pp. 124-161; G. ROHLFS, Dizionario storico dei cognomi salentini (Terra d’Otranto), Galatina 1982, voce Tarallo.


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BENEDETTO VETERE

Esso è un campione della documentazione relativa al prelievo di imposte di età post-orsiniana all’interno della distrettualità fiscale di competenza; nello stesso tempo emergono informazioni inedite riguardanti l’utilizzazione delle risorse così ottenute. Queste registrazioni rappresentano un tipo di fonte utile per osservare da vicino i tentativi operati dalla monarchia di indebolire una feudalità spesso riottosa, con una radicata presenza nel territorio, irrobustita dai privilegi concessi dagli stessi sovrani, spesso tali da consentire al feudatario di esercitare una costante pressione sulla dinastia regnante. La situazione si ripropone con varie signorie feudali di rilievo, come quella del principato di Altamura assegnato da Ferrante d’Aragona nel 1482, ad un ventennio dalla morte del principe di Taranto, unitamente alla carica di Gran Connestabile del Regno (1481), a Pirro del Balzo, duca d’Andria e conte di Montescaglioso. La cospicua assegnazione testimonia la persistenza di un modello di ordinamento, e conseguentemente di rapporti tra sovrano e feudatario, di remota derivazione e ancora non superato. Legami di parentela univano il nuovo principe di Altamura (prov. di Bari) con il principe di Taranto, secondo alcuni cronisti del tempo fatto sopprimere proprio dal sovrano, Ferrante d’Aragona (1458-1494), pronipote acquisito di Giovanni Antonio Orsini del Balzo, avendo sposato Isabella, figlia di Caterina Orsini, sorella di Giovanni Antonio, e Tristano Chiaromonte. La madre di Pirro del Balzo era Sancia Chiaromonte, sorella di Isabella. Pirro del Balzo, a sua volta, sposerà Maria Donata Orsini, figlia di Gabriele Orsini del Balzo, fratello dello stesso Giovanni Antonio. L’immediato intervento di Ferrante, giunto a Lecce pochi giorni dopo la morte del principe avvenuta in Altamura, con i figli Federico e Cesare, va messo in relazione con l’esigenza di riaffermare su tutto il territorio del Regno la sovranità regale, compromessa dalla debole posizione del re all’interno dell’ordinamento feudale. Brevi richiami ai rapporti di forza tra concedente (superior) e beneficiario del feudo, operanti ancora nel sec. XV, possono aiutare a capire la condizione dello stesso ordinamento feudale, che poggiava su un precario equilibrio tra la fedeltà richiesta dal re al feudatario e contestuale concessione di feudi. Questa situazione di potere del beneficiario favoriva il rischio di insubordinazione. La possibilità del signore di subinfeudare, è stato un argomento assai dibattuto ove si tenga conto dell’efficacia del licet da parte del sovrano. Intorno a tale discrezionalità si è discusso nel secolo scorso, e ancora


INTRODUZIONE

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recentemente, con risultati ormai, si può dire, definitivi basati sulla attenta rilettura della tradizione legislativa meridionale condotta trasversalmente nel tempo (2). Emerge un sistema reso debole dagli interessi, dalle rivalità, dai risentimenti dei singoli, privo, conseguentemente, di una salda coesione politica e territoriale. Ciò rende ragione della premura di Ferrante d’Aragona di rientrare immediatamente in possesso del principato e delle due contee alla morte del feudatario, lasciando a presidio i figli Cesare e Federico. A quest’ultimo fu affidata la carica di luogotenente generale per la Puglia (3). Nel 1485, per un breve periodo di tempo, Federico sarà a sua volta, principe

(2) Si rinvia agli studi di Giancarlo Vallone, che hanno rimesso in discussione, superandole, le posizioni di Gennaro Maria Monti (G.M. MONTI, La condizione giuridica del principato di Taranto, «Annali del Seminario Giuridico Economico della R. Università di Bari», 2/1 (1928), pp. 3-36; si veda G. ANTONUCCI, Sui principi di Taranto, «Rivista di Storia del Diritto Italiano», 4/1 (1931), pp. 155-172) riguardo ad una autonomia politica veramente difficile all’interno di una realtà istituzionale unitaria come il Regno. Forzature, ribellioni, tentativi mai smessi di accrescere le concessioni di privilegi, rimangono sempre azioni di natura assolutamente politica senza effetti sull’ordinamento, così come dimostrano le vicende tendenti ad indebolire la Corona, susseguitesi in questo scorcio di sec. XV per iniziativa dei principi di Taranto, Raimondo e Giovanni Antonio Orsini del Balzo, sostenendo ora gli Angiò, ora gli Aragona, e come fece, successivamente, il principe di Altamura, Pirro del Balzo, e poi, ancora, tutta l’aristocrazia nel 1485. Azioni eversive, dunque, che, se pur avessero mirato a realizzare alternative ai vertici del Regno, non avrebbero portato (come non portarono) a cambiamenti strutturali nell’ordinamento. Questo, infatti, non si disarticolerà in entità, che non fossero esclusivamente i distretti feudali. Territorio, contingente armato, disponibilità di risorse, erano gli elementi costitutivi della signoria feudale, la quale, con l’investitura, confermava la sua derivazione dal re. L’arroganza, le ribellioni erano atti di forza resi possibili da tale situazione e dalla debolezza di un ordinamento, mai messo in discussione, però, nell’alternarsi di dinastie. Di VALLONE, si veda soprattutto, dunque, Iurisdictio domini. Introduzione a Matteo d’Afflitto ed alla cultura giuridica meridionale tra Quattro e Cinquecento, Lecce 1985, pp. 90 ss. e Istituzioni feudali dell’Italia meridionale tra Medio Evo ed Antico Regime. L’area salentina, Roma 1999, pp. 9 ss. e pp. 129 ss. Su posizioni differenti Andreas Kiesewetter. Si veda, perciò, A. KIESEWETTER, «Princeps est imperator in principatu suo». «Intitulatio» e «datatio» nei diplomi dei principi di Taranto (1294-1373), in “Il re cominciò a conoscere che il principe era un altro re”. Il principato di Taranto e il contesto mediterraneo (secc. XII-XV), cur. G.T. COLASANTI, Roma 2014 (Fonti e Studi per gli Orsini di Taranto, Studi, 2), pp. 65-102. (3) Un riscontro delle funzioni di luogotenente svolte da Federico dalla sede di Lecce è fornito dalle copie riportate nel Reg. 253 (Napoli, Archivio di Stato [d’ora in poi A.S.N.], Diversi della Sommaria, II Numerazione, aa. 1463-1464, ms.) di mandati emessi appena un mese dopo la morte del principe Orsini per immediata disposizione del padre Ferrante, giunto subito a Lecce, undici giorni dopo – 26


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