Il desiderio e l’allodola. Etimologie: l'attrattiva delle parole (Roberto Filippetti)

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A don Luigi Giussani nel centenario della sua nascita e nel cinquantenario del mio incontro con la “com-pagnia” da lui generata

Nelle edizioni Itaca

Giorgio Paolucci

Cento ripartenze. Quando la vita ricomincia

Alessandro Grittini

Costellazione Kurt

Paul Glynn Maria del Villaggio delle formiche

Cristiano Guarneri Marta fuori dal guscio

Roberto Filippetti

Il desiderio e l’allodola. Etimologie: l’attrattiva delle parole www.itacaedizioni.it/desiderio-e-allodola

Prima edizione: novembre 2022

© 2022 Itaca srl, Castel Bolognese Tutti i diritti riservati

ISBN 978-88-526-0742-4

Stampato in Italia da Mediagraf, Noventa Padovana (PD)

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Il desiderio e l’allodola

Etimologie: l’attrattiva delle parole

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1. In limine

Era il 1980. In un dialogo con studenti universitari, poco più giovani di me allora ventisettenne, don Luigi Giussani disse: «Il sintomo della convenien za, il sintomo di un vero interesse è l’attrattiva. Le parole sono l’unica sorgente del vero pensiero (l’origine, l’etimologia delle parole), e ‘attrattiva’ significa: “Ti traggo a”, sei tirato fuori da te verso un altro, sei tu che vieni strappato da te ad altro».

In queste righe, che ho poi ritrovato nel volume Certi di alcune grandi cose1, c’è la definizione esatta di ciò che è accaduto a me mezzo secolo fa e che continua ad accadere oggi: la verificata esperienza dell’attrattiva, dell’‘inter-esse’, della ‘con-venienza’. E, messo lì tra parentesi, c’è un giudizio: scandagliare l’etimologia delle parole è andare all’uni ca sorgente del vero pensiero.

Così è iniziata per me la “caccia al tesoro” nascosto nelle etimologie, che poi disseminavo tra le pieghe delle lezioni su Leopardi o delle presenta 1. L. Giussani, Certi di alcune grandi cose (1979-1981), Bur, Milano 2007, p. 216.

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zioni sugli affreschi di Giotto. E tanti insistevano perché le raccogliessi in volume. Ma come fare? Che forma dare al lavoro? Erano centinaia e cen tinaia: su quali soffermarmi? Alla fine ne è venuto questo volume diviso in capitoli che sono grappoli di parole contigue, quelle che più spesso mi è accaduto di ripetere e di far cantare con il cuore lieto di una lodola.

Spero che a qualcuno, scoprendo l’origine di una parola, accada di sussultare, di esclamare: che bello! Sembra il sobbalzo ingenuo di un temperamento facile all’entusiasmo, ed è invece la strada al riconoscimento del vero, sulle orme di Tommaso d’Aquino. Continua don Giussani poche pagine più avanti nel citato volume: «Se la bellezza è lo splendore del vero, allora il gusto, l’estetica, il gusto esteti co, è la modalità con cui l’uomo percepisce il vero. […] L’uomo riconosce la verità di sé attraverso l’esperienza di bellezza, attraverso l’esperienza di gusto, attraverso l’esperienza di corrispondenza, attraverso l’esperienza di attrattiva che essa suscita». Giussani constata in molti giovani «una incapacità, una acerbità totale, al gusto della bellezza, al gusto estetico, ed è quindi una resistenza impressionante all’essere pervasi dalla gioia, dalla letizia, perciò dalla vivezza – dalla vivezza! –. Perché solo ciò che è bello, che ti appare bello, che ti fa vivo, cioè catalizza l’energia della tua vita, è la tua vita!». In tanti giovani tutto è reattività, dun que strumentalizzazione. «Lo stupore, il ricevere

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la bellezza è l’inverso: gli occhi sbarrati, gli occhi e la bocca spalancati ad ascoltare, a guardare, a ricevere. E uno è tutto fuori di sé: si chiama estasi, essere nell’altro (ekstasis in greco vuole dire essere fuori di sé; eksìstamai, stare fuori di sé). La vostra è una incapacità di estasi, ma diciamolo con un termine più banale: è una incapacità di affezione. Se qualcheduno […] svolgesse una dottrina dell’esperienza del movimento – ma dovrebbe essere uno capace di estasi –, la chiave di volta di quella dottrina sarebbe la parola “affezione”. Questo ricevere la bellezza, questo stupore della bellezza, questa gratitudine per ciò che si è intravisto […] è la capacità di affezione (affezione: “Aderire a”)»2 .

Il volumetto nasce con questo auspicio: un pugillaris direbbe Petrarca, un libretto “che sta in una mano”, o in tasca, pocket, o sul comodino, livre de chevet, sempre a portata di mano per chi voglia intus lègere, ovvero leggere ‘intelligente-mente’, leggere intus, guardare in profondità il reale e sapervi “co gliere dentro” l’intimo segreto. Concludo con l’etimologia del termine… etimologia: ἔτυμος, étymos significa “vero”. Il sinonimo più noto per dire Verità in greco è ἀλήθεια, alètheia: alfa priva tivo (α-) unito al verbo λανθάνω, lanthàno, ovvero “sto nascosto e dimenticato”. La verità è dunque la realtà non più nascosta ma svelata, manifestata e non destinata all’oblio. Scandagliare l’etimologia 2. Ivi, pp. 219-221.

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è rendere patente la verità che era latente al fondo della parola. Che bello!

Quando vedi da dove è nato un nome, più rapida mente comprendi la forza che quello stesso nome racchiude. Conoscendo l’etimologia, l’esame di ogni realtà diviene certamente più facile. Isidoro di Siviglia, Etymologiae, I, 29, 2

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2. Termini e parole

«Le parole sono importanti» urlava Nanni Moretti in quel vecchio film.

S’intitolava Palombella rossa.

Le parole sono palombelle nella pallanuoto.

Le parole sono pallonetti sopra la barriera. Vedi la palla salire a giro, due dita sopra la testa di quel lo spilungone che salta, ed entrare lì nell’angolino. Goal!

Le parole superano le barriere e fanno goal.

Un tempo le parole si distendevano in forma di parabole, parabolè. La gente andava in piazza –nell’agorà o nell’Areopago – a parabolare: a parlare.

Quando sono arrivate a Roma, hanno scoperto che il padrone di casa era il dio Termino, a guardia del confine. Cioè a fare barriera. Quei due lì, essendo stati allattati dalla lupa, si guardavano in cagnesco (si può dire in “lupesco”?). Un giorno uno ha scavalcato il solco di confine e l’altro l’ha ammazzato. Si chiamavano Romolo e Remo. Erano fratelli. Fratelli coltelli. Vietato scavalcare. Vietato superare la barriera. Solo termini e niente pallonetti. Solo fines: ‘con-fini’ ben ‘de-finiti’, ben ‘de-terminati’.

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Indice generale

1. In limine 5 2. Termini e parole 9 3. Parole, parabole e fiabe 12 4. Parole taglienti più della spada 15

5. Ape 23 6. Elogio del ri- 26 7. L’avventura dello sguardo 31 8. Desiderio e disastro 37 9. La grande occasione 44 10. Pecore e capri 50 11. Scuola 53 12. Educare 61 13. Cor 63 14. Allodola 66 15. C’è modo e modo 70 16. Il mandato e la rotta 77 17. Relazione e affetto 84 18. Salus 88 19. La «diritta via» e il «lato mancino» 91 20. Abitare in una casa da signori 97 21. Generoso, Eugenio 101 22. Ospite, ostile 106 23. Quadrati e cerchi 111
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24. Variazioni sul tema del rosso 116 25. Habitus e monaco 122 26. in- e per- 126 27. Protagonisti e mendicanti 132 28. Questa cara gioia 137 29. Verità e libertà 141 30. L’uomo, l’individuo e la persona 145 31. Comuni e frazioni 152 32. Parole d’amore 157
Ab ovo 161 Bibliografia essenziale 165 Indice delle etimologie 167

Le parole sono l’unica sorgente del vero pensiero (l’origine, l’etimologia delle parole).

De-siderio. De-sidera: mi sono allontanato dalle stelle, quelle stelle da cui provengo e a cui anelo.

Allodola. Ad-laudula: uccello del mattino che inizia la giornata cantando armoniosamente le lodi.

Le parole sono strumento essenziale del pensiero. La loro etimologia ci conduce alla sorgente della realtà, ce ne mostra tutta la sua attrattiva.

Un libro per chi voglia intus lègere, guardare in profondità il reale e coglierne l’intima bellezza.

Roberto Filippetti, studioso d’arte e letteratura, ha insegnato Lettere nelle scuole superiori e Iconologia e Iconografia cristiana presso l’Università Europea di Roma. Per Itaca ha curato diverse mostre itineranti e pubblicato circa venti volumi, fra cui Il Vangelo secondo Giotto , giunto alla settima ristampa.

itacaedizioni.it € 14,00

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