Diaconi: il dono di servire Trent’anni di diaconato nella diocesi di Imola

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Comunità del diaconato

della Diocesi di Imola

DIACONI il dono di servire

Trent’anni di diaconato nella diocesi di Imola

Postfazione di Giorgio Sgubbi

Questo libro appartiene a ____________________________________

Comunità del diaconato della Diocesi di Imola

DIACONI: IL DONO DI SERVIRE

Trent’anni di diaconato nella diocesi di Imola

Postfazione di Mons. Giorgio Sgubbi

Pubblicare è dare alla luce.

Desideriamo mettere in luce parole che accompagnino le persone nella vita.

Questa è la responsabilità che abbiamo come editori.

Libri compagni di viaggio.

Nella collana De-Sidera

Benedetto XVI / Joseph Ratzinger

Fatti per l’Infinito

Giorgio Sgubbi

Il grande affare. La fede, la perla, il tesoro

Li amò fino alla fine. Le ultime parole di Gesù dalla croce

Il Logos è amore. Benedetto XVI custode della fede e della ragione

Henri de Lubac, Hans Urs von Balthasar

Conversazioni sulla Chiesa. Interviste di Angelo Scola

Traduzione e postfazione di Giorgio Sgubbi

Eugenio Dal Pane

Perché tu sia felice. Eucaristia, nutrimento della vita

Comunità del diaconato della Diocesi di Imola

Diaconi: il dono di servire. Trent’anni di diaconato nella diocesi di Imola www.itacaedizioni.it/diaconi-il-dono-di-servire

Prima edizione: febbraio 2025

© 2025 Itaca srl, Castel Bolognese

Tutti i diritti riservati

ISBN 978-88-526-0792-9

Stampato in Italia da Modulgrafica Forlivese, Forlì (FC)

Col nostro lavoro cerchiamo di rispettare l’ambiente in tutte le fasi di realizzazione, dalla produzione alla distribuzione. Utilizziamo inchiostri vegetali senza componenti derivati dal petrolio e stampiamo esclusivamente in Italia con fornitori di fiducia, riducendo così le distanze di trasporto.

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«Io sto in mezzo a voi come colui che serve» (Lc 22,27)

In ricordo dei diaconi

Marcello Neri, Giovanni Pompei, Floriano Franzoni, Antonio Zaniboni, Luciano Mongardi, Argeo Biasi, che ci hanno preceduto nell’esercizio del ministero diaconale, nella speranza di incontrarli nella domenica senza tramonto

diaconi: il dono di servire

Prefazione

Sono molto grato alla Comunità dei diaconi permanenti della diocesi di Imola per aver voluto offrire a tutti questo libro.

Una testimonianza frutto di una profonda riflessione sull’esperienza del ministero del diaconato, un cammino iniziato ormai da trent’anni nella nostra diocesi. Sono anche grato per il metodo scelto perché riflettere sull’esperienza è anzitutto accorgersi di ciò che fa crescere. L’esperienza è la strada dello sviluppo della persona. È lo strumento che abbiamo nelle nostre mani per la nostra maturazione, per la nostra crescita.

Però quello che caratterizza l’esperienza non è tanto il fare, “fare delle esperienze”, che è come dire “provare”. Riflettere sull’esperienza vuol dire capire una cosa, lo scoprirne il senso. L’esperienza quindi implica intelligenza del senso delle cose. E questo è molto importante perché ci si accorge della connessione con tutta la realtà e quindi scoprire come una determinata cosa serva per il mondo.

Leggendo queste pagine ci si accorge proprio che l’esperienza non è soltanto raccontare delle cose, dei fatti: l’esperienza connota l’accorgersi di crescere, di vedere l’incremento della maturità della persona, del suo rapporto con la realtà, della conoscenza di sé e delle cose, della capacità di adesione e di creatività.

Mi ha molto colpito che nel Documento finale della seconda sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (2-27 ottobre 2024) al n. 73 così si dice dei

diaconi: «Servi dei misteri di Dio e della Chiesa (cfr. LG 41), i diaconi sono ordinati “non per il sacerdozio, ma per il servizio” (LG 29). Lo esercitano nel servizio della carità, nell’annuncio e nella liturgia, mostrando in ogni contesto sociale ed ecclesiale in cui sono presenti la relazione tra Vangelo annunciato e vita vissuta nell’amore, e promuovendo nella Chiesa intera una coscienza e uno stile di servizio verso tutti, specialmente i più poveri. Le funzioni dei diaconi sono molteplici, come mostrano la Tradizione, la preghiera liturgica e la prassi pastorale. Esse andranno specificate in risposta ai bisogni di ogni Chiesa locale, in particolare per risvegliare e sostenere l’attenzione di tutti nei confronti dei più poveri, nel quadro di una Chiesa sinodale missionaria e misericordiosa.

Il ministero diaconale rimane ancora sconosciuto a molti cristiani, anche perché, pur essendo stato ripristinato dal Vaticano II nella Chiesa latina come grado proprio e permanente (cfr. LG 29), non è stato ancora accolto in tutte le aree geografiche. L’insegnamento del Concilio andrà ulteriormente approfondito, anche sulla base di una verifica delle molteplici esperienze in atto, ma offre già solide motivazioni alle Chiese locali per non tardare nel promuovere il diaconato permanente in modo più generoso, riconoscendo in questo ministero un prezioso fattore di maturazione di una Chiesa serva alla sequela del Signore Gesù che si è fatto servo di tutti. Questo approfondimento potrà aiutare anche a comprendere meglio il significato dell’ordinazione diaconale di coloro che diventeranno presbiteri».

Il documento sinodale auspica che nell’approfondimento dell’insegnamento del Concilio si possa fare una «verifica delle esperienze in atto» e credo che queste pagine, per quel che possono, aiutino questa verifica. Ma cosa vuol dire “verificare”?

Leggendo le testimonianze dei nostri amici diaconi noi possiamo rintracciare i fattori essenziali dell’esperienza cristiana. All’inizio della storia di ciascun uomo c’è la chiamata di Dio; Egli ci chiama all’esistenza e la vocazione è veramente la Sua

Opera che domanda la nostra collaborazione, il nostro sì. La prima grande vocazione è quella battesimale che è riandare a quello che è essenziale della nostra vita: il rapporto con Cristo.

Ogni giorno ci è dato per riscoprire la chiamata di Dio e accorgerci dei nuovi doni (matrimonio, ordine, consacrazione) che si innestano nella vita di ciascuno di noi per l’edificazione della Chiesa. Ci si accorge che tutto il cammino di questi anni è iniziato nel dire di sì a una situazione che richiamava ad accogliere una proposta, la Parola di un Altro e a farla propria, e questo ha mobilitato e incrementato la capacità di aderire, la capacità di amare.

Nella storia di ogni vocazione c’è sempre un incontro con un fatto oggettivo, con una comunità sensibilmente documentata così come è accaduto all’esperienza dei discepoli nell’incontro con Gesù: imbattersi della persona in una realtà umana diversa. Abbiamo proprio bisogno di vedere davanti a noi persone che nel loro porsi, nel modo di affrontare il reale, di reagire davanti alle provocazioni della vita introducono una luce, una chiarezza in mezzo alla confusione, nel modo in cui vivono gli affetti, il lavoro, le circostanze. Abbiamo bisogno di uomini che incarnino nella loro vita una possibilità reale di vivere oggi la vita umana da uomini. Quando ci troviamo davanti ad alcune di queste persone è come se questo smarrimento, questa confusione incominciasse a essere vinta: queste persone cominciano a farci compagnia anche se vivono lontane, diventano veramente una compagnia reale. Tutto l’inizio nuovo dell’esperienza cristiana allora non si genera quasi fosse un discorso che si applica alle cose, ma avviene sperimentalmente. L’inizio della fede non è qualcosa di astratto, ma qualcosa che viene prima: un avvenimento. Diceva Benedetto XVI all’inizio della Deus caritas est: «All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva». La fede è presa di coscienza di qualcosa che è accaduto e che accade, di una

vita che vediamo vivere davanti a noi, nella trama normale dell’esistenza. Il testimone ci mostra una reale possibilità più umana di vivere nelle circostanze cui siamo chiamati, e per questo ci colpisce; ma abbiamo bisogno di vedere nella nostra esperienza che la vita può essere vissuta in un altro modo, che la morte non è il destino di ogni circostanza.

Ma da soli non ce la facciamo, c’è bisogno della “grazia della fede” che è il dono della contemporaneità di Cristo ora. Egli ha la capacità di esaltare la mia capacità conoscitiva, allarga la ragione per adeguarla a quella eccezionalità che ho davanti e poter cogliere il significato di questa eccezionalità. Qui è il punto decisivo della verifica dell’esperienza della fede. Accorgersi della corrispondenza tra il significato di questa Presenza eccezionale che io incontro e le esigenze più profonde della nostra vita. Quanti incontri di Gesù nel Vangelo testimoniano la sorpresa di questa corrispondenza. Non si tratta solo di una impressione avuta oppure di una ripercussione sentimentale. In questa “verifica” nell’esperienza umana del mistero della iniziativa divina è valorizzata tutta la ragione dell’uomo e si dimostra l’umana libertà nella semplicità del nostro sì. Le pagine che seguono sono importanti proprio perché se ciò che scopriamo come valore attraverso la testimonianza di un altro non ci impegniamo a verificarlo, se non lo vediamo riaccadere in noi, a farne esperienza, prima o poi non susciterà più interesse. Come è importante che la vita diventi veramente un cammino e che tutto quanto serva per la certezza, per raggiungere sempre di più una certezza che faccia crescere la vita. Affinché la bellezza della vocazione diaconale e del ministero diventi esperienza viva, costante struggimento, significativa testimonianza, la chiave di volta di questo passaggio è il giudizio. Vuole dire paragonare quello che si fa con l’ideale riconosciuto. È investire quello che si fa dell’ideale, della coscienza ideale. Perché è il giudizio che rende esperienza una cosa che si fa. E questo avviene quando l’ideale è come una memoria viva, un gusto che uno ha dentro quando vede una

cosa bella o quando si piega davanti a un bisogno, quando torna a casa dopo una dura giornata di lavoro o quando mancano dieci giorni all’esame ed è tutto il giorno sul libro. Occorre seguire le persone vive. E persona viva è uno che, sapendolo o non sapendolo, coscientemente o non coscientemente, ha dentro questo gusto, questo sguardo, questa memoria viva di Colui che ci ha chiamato a servirlo.

Grazie allora per questo sguardo di verifica dell’esperienza della propria vocazione. Ne abbiamo veramente bisogno perché, come ripeteva sempre il Servo di Dio don Luigi Giussani guardando alla sua esperienza: «Mi ero profondamente persuaso che una fede che non potesse essere reperta e trovata nell’esperienza presente, confermata da essa, utile a rispondere alle sue esigenze, non sarebbe stata una fede in grado di resistere in un mondo dove tutto, tutto, diceva e dice l’opposto». Buon cammino!

✠ Giovanni Mosciatti Vescovo di Imola

Il diaconato è imitare Dio servendo gli altri.

Francesco

«All’inizio della storia di ciascun uomo c’è la chiamata di Dio; Egli ci chiama all’esistenza e la vocazione è veramente la Sua Opera che domanda la nostra collaborazione, il nostro sì.

Il cammino di questi anni è iniziato nel dire di sì a una situazione che richiamava ad accogliere una proposta, la Parola di un Altro e a farla propria, e questo ha mobilitato e incrementato la capacità di aderire, la capacità di amare».

Giovanni Mosciatti

«Elemento caratterizzante del diacono è il servizio.

Il diacono non è un semplice imitatore di Cristo, ma reale partecipazione alla forma diaconale dell’esistenza di Gesù che si compie come sacrificio e dono senza riserve di sé. Il diacono risveglia o suscita consapevolezza che la Chiesa non è per sé stessa, ma per gli uomini, che la Chiesa è nella sua essenza una comunità che “serve”».

Giorgio Sgubbi

€ 10,00

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