Eugenio Dal Pane
ANNA SANGIORGI
Non è mai troppo tardi per andare oltre
Testimonianze integrative
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i fA mili AR i
Natascia, cognata di Anna
«Me lo ricordo come se fosse oggi, una data che si è impressa nella mente e nel cuore, domenica 10 dicembre 2017, fine settimana a San Marino, un ricordino per i suoceri e Otello che ci apre la porta: “Anna e Daniela sono al pronto soccorso: aveva male e non è riuscita a dormire, forse per quella caduta da cavallo…” Pomeriggio, Daniela rientra, appoggia la testa al tavolo e inizia a piangere.
Anna non era la malattia, Anna non si è mai lasciata sopraffare, Anna bruciava dall’ardente ribelle desiderio di vivere ogni istante.
Anna non voleva sentirsi chiamare “guerriera”, non amava le frasi fatte di circostanza, non voleva essere guardata con commiserazione e non poteva accettare di vedere piangere gli altri per lei.
Anna era una ragazzina quando iniziò tutto. Era una ragazzina quando vide il proprio corpo mutare, i capelli cadere, quando per una settimana mangiava un grissino, quando passò il primo natale in ospedale con i tortellini in brodo.
Ero con lei e Daniela quando tagliò i capelli, quando la parrucchiera le mostrò le parrucche e le cuffie: Daniela guardava il colore, l’aspetto, se erano somiglianti ai capelli dell’amata figlia e lei, si affidava. Il mio compito? Andare al di là di ciò che appariva, al di là del suo dolore e di vivere con lei quell’adolescenza, rubata? No, fuori dalle righe.
Per Anna non esisteva la privazione, ma adattare tutto al tempo e allo spazio dato. Possedeva la determinazione di raggiungere un obiettivo. Aveva la nobile silenziosa accettazione che qualcosa stava per cambiare.
Ho visto Anna piena di cerotti e fasciature dopo un pesante intervento, provare un abito per il matrimonio del fratello e ballare venti giorni dopo.
Ho visto Anna velare gli occhi per i suoi capelli, volersi fare fotografare solo con la parrucca e poi fregarsene, cantare a squarciagola Nera di Irama e mimare un bizzarro gesto di capelli sciolti al vento al verso “sciogli i tuoi capelli” mentre sceglieva la cuffia per uscire per non bruciarsi la testa.
Ho visto Anna non privarsi del gioco, del cavalluccio, delle pallate di neve per trascorrere il tempo con la sua nipote amata.
Ho visto Anna arrabbiata, sì arrabbiata, uscire a piedi da casa sua e correre da noi per un chilometro, e perché era arrabbiata? Per cosa sarà stata furiosa un’adolescente? Perché sua mamma piangeva per lei e non voleva vederla soffrire.
Anna era un’adolescente fuori dalle righe.
Ho visto Anna organizzare due ultimi dell’anno home made con noi: menù, decorazioni, trucco, scegliere il tema, pigiama party, cena di gala, e augurare ad ognuno un bene grande per l’anno successivo.
Il 18esimo, quel 18esimo che sapeva di matrimonio, ma così doveva essere: una grande festa, felice, giocosa, ma estremamente tenera. Qualcuno di noi in cuor suo già sapeva, ma non aveva il coraggio di dire.
Anna non ha mai temuto la sua malattia, fino a una settimana prima, fino al giorno del ricovero e con quel “Naty, ho paura”, iniziai a capire che ci saremmo dovute presto salutare.
Non ho mai visto la casualità in nulla, il 6 febbraio era la giornata per la vita e lei che ha tanto amato la vita non poteva salutarci in un giorno diverso. Lei sapeva voler bene in maniera totalizzante e chi l’ha conosciuta non può che sentire la mancanza di tutto questo, cercarlo e trasmetterlo agli altri.
Qualche settimana dopo preparai un album con Daniela per una persona molto cara alla nostra Annina, e in quell’album sentii il suo ultimo abbraccio e il suo ultimo regalo».
«Cara zia
Perché lascio parlare mamma? Perché sono troppo piccola, ma voglio raccontare di te.
Sapete cos’è l’amore?
L’amore era addormentarmi neonata tra le sue braccia.
L’amore era condividere lo stesso Lindor.
L’amore era la sicurezza, in una delle mie svariate quarantene, che zia si facesse sempre trovare sotto al balcone per vedermi.
L’amore era vedere zia soffrire per il mio semplice male al pancino.
L’amore era sentire urlare gioiosa dalla porta “Bibiiii”, ma credete che si fermi qui?
L’amore era accorgersi della sofferenza degli altri pur essendo più grande la sua.
L’amore era quelle incessante curiosità verso la Vita nel conoscerla e scoprirla.
L’amore era guardare l’altro e farne di quello il suo inno lodandone le virtù.
L’amore era chiacchierare con leggerezza, spettegolare, come diceva lei, ah sì… “Hai dei gossip nuovi?” E interessarsi di trucco e bellezza.
L’amore era quella venerazione verso la tenerina, la torta, perché voleva dire che sarebbe rientrata a casa dopo le terapie.
L’amore era volere con tutta se stessa essere sempre presente nelle tappe più importanti di ognuno, anche se pervasa dalla stanchezza.
L’amore era quello sguardo ricco che lei aveva: ribelle, testarda, schietta, dolce e innamorata della Vita, insomma lei era Amore incondizionato».
Giulia Villa
«Anna l’ho conosciuta che era ancora piccola e, come morosa di uno dei suoi fratelli, ho avuto modo di passare molto tempo con lei. La malattia ci ha dato modo di conoscerci meglio ed avvicinarci.
Siamo molto diverse caratterialmente, per cui la sintonia tra di noi non è stata scontata ma, durante il suo primo ricovero in ospedale, le barriere sono cadute. Lei ha iniziato a capire che io, nonostante il mio carattere un po’ scorbutico e a volte freddo, volevo bene a lei e alla sua famiglia e ho iniziato piano piano ad accettare la sua modalità di porsi più aperta ed espansiva della mia.
La sua malattia è stata forse uno dei primi eventi veramente traumatici della mia vita. Non che non conoscessi qualcuno che aveva avuto un tumore, fosse morto o soffrisse di una qualche patologia, ma è come se la vita prepotentemente mi avesse obbligata, insieme ai suoi famigliari, a stare di fronte all’esperienza del dolore e della morte da molto vicino.
Quello che mi ha colpito di lei è stata la sua obbedienza e docilità di fronte a quello che le stava capitando. Un tumore a quattordici anni non era di certo desiderabile ma lei fin da subito non si è lasciata schiacciare dalla malattia.
Dopo il funerale, parlando con Daniela, lei diceva, rispetto alla morte di Anna e alla mancanza del miracolo della guarigione: “Ma un Miracolo è accaduto! Non quello che speravamo noi ma è accaduto!”. L’abbiamo visto nel modo in cui è fiorita la sua vita e quella di chi le stava intorno.
Con Anna sono cresciuta tanto. Il suo modo di vivere la malattia mi ha fatto spesso domandare come era possibile per lei essere felice anche in quelle circostanze, mentre per me era complesso in cose molto più semplici.
Il modo in cui seguiva e stava con gli amici ha risvegliato anche in me il desiderio di amici con cui poter guardare tutto della vita e al tempo stesso il desiderio di essere io “compagnia” così per i miei stessi amici.
Lo stare con lei mi ha costretta a prendermi sul serio, a guardare alla vita anche nella sua drammaticità come una grande possibilità di felicità per me, se decido di accettare le fatiche e le domande che essa mi suscita.
Questo desiderio di far compagnia l’ho avuto anche il giorno in cui è morta. Uno dei fatti che mi ha commosso quando sono entrata nella sua stanza in ospedale è che mi sono scoperta io in primis accompagnata, guardata e abbracciata nel dolore che lei stava provando e che anche noi avevamo nel cuore. Solo dopo essermi sentita così “non sola” davanti a un fatto così duro, ho avuto anche io la libertà di far compagnia al mio moroso e a chi era lì, limitatamente, così come sono fatta.
Ciò che ho scoperto con Anna è che l’esperienza cristiana che lei ha vissuto, in cui è cresciuta e a cui anche io partecipo, ci permette di guardare tutta la realtà, di starci di fronte. Non per una capacità, non si è capaci di stare di fronte al dolore, o almeno non io; ma perché c’è la certezza di un destino buono e c’è Qualcuno a cui si può chiedere e gridare anche nel dolore.
Oggi la sua morte continua ad aprirmi tante domande. Mi ritrovo in lotta, a volte affaticata ma con una grande certezza, cioè che la vita di Anna non è finita con la sua morte e che quindi le domande che ho e il dolore non sono obiezioni ma la via per domandare a un Altro di mostrarsi nella mia vita e di accompagnarmi».
Chiara Gallo
«Anna per me è stata come una sorella, così descriverei il rapporto con lei. Non un rapporto di sorellanza inteso come amicizia ma proprio sorellanza di sangue, e lo sapevamo anche senza parlare, lo si percepiva.
Mai vorrò dimenticare la piccola quotidianità che ci ritagliavamo in casa, la scelta dei gadgets da comprare da Tiger durante le feste, le lasagne a Natale, l’agopuntura, un regalo da fare qualcuno, i suoi “Forza Chiarina che ci riuscirai”.
E sono stati proprio i suoi “Forza Chiarina” che io mi sono ritrovata a pensare in maniera diversa alla vita. Generalmente sono le persone più grandi a dispensare consigli su come affrontare la vita mentre in questo caso è stato il contrario, strano no?
Mai vorrò dimenticare il giorno in cui Anna ci ha lasciato, solitamente il dolore di una perdita si tende a nascondere, coprire, non se ne parla per paura di stare male. Ma paura di cosa, se lei è riuscita ad affrontare la paura più grande di tutte vivendo più di quanto non faccia qualsiasi altra persona?
E allora e lì che io penso a lei: nei momenti di paura, sconforto, disagio, quando sono arrabbiata, triste, quando voglio combattere uno stereotipo o un’ingiustizia. Ecco che il suo vissuto mi arriva ed ecco che arriva il coraggio di affrontare veramente tutto, arriva quella voglia di vivere esplosiva. Vivere Anna ha sbloccato quella parte sopita dalle regole, a volte troppo strette, che viviamo ogni giorno.
Ecco come porto Anna nella quotidianità: vivo al pieno delle mie possibilità ed energie, accogliendo come lei quel dono fantastico che ci è stato fatto e che molto spesso dimentichiamo di avere.
Lei non sarà mai passato ma un bellissimo presente».
Maria Cristina Ciuti, mamma di Natascia
«Ciao Amore, mi è stato chiesto di condividere ciò che tu sei per me, e ne sono profondamente felice, ma non riesco però a condividerlo se non direttamente con te perché tu sai che casino hai donato alla mia vita… tutta una vita spesa a cercare ciò che solo tu mi stai facendo conoscere.
Di tanto in tanto ci messaggiavamo, tu ti rivolgevi a me chiamandomi tesoro, sai questa cosa mi colpiva molto, tu una ragazzina che mi chiamavi tesoro. Guardavo sempre le tue foto i tuoi post le tue testimonianze, cavolo, ma da dove prendevi tanto coraggio. Tu avevi quel coraggio che a me era sempre mancato in varie circostanze della vita e che fino a quel momento mi aveva fatto meschinamente nascondere dietro agli altri.
Le domande incalzavano. Come facevi ad essere così.
Io che per molto meno mi lamentavo di tutto.
Ti ho seguito in questi 4 anni, nei social, nelle tue testimonianze, volevo avvicinarmi a te di più ma non andavo oltre a qualche messaggio, ero presa da un timore reverenziale…Tu possedevi qualcosa che non capivo e ciò mi turbava. Chi sei Annina!
Sai Amore, non ho mai accettato ciò che ti stava accadendo eri sempre con me, amo andare a fare pellegrinaggi e non facevo altro che chiedere la tua salvezza, la tua guarigione ti volevo qui con noi, ero certa che alla lunga nostro Padre ci avrebbe ascoltato. I tuoi occhi, la luce dei tuoi occhi, ero incantata da quella luce ma ad un certo punto quella luce mutò, non la vedevo solamente ma la sentivo, profonda, intensa, e colsi quella nuova luce nelle immagini del tuo diciottesimo compleanno. Fu in quel momento che sentii ciò che ora l’emozione non può farmi esprimere ma tu sai.
Da quel momento vissi la mia conversione che solo da
lì sentii e mi fece andare oltre la mia umanità che chiedeva una salvezza tutta visibilità e che ora mi insegnava una salvezza non come voglio io, ma sia fatta la Tua volontà.
Caspita io tutta regole e progetti, ero diventata tutta voluntas Tua fiat et vivo nunc, e da quel momento cerco di portare queste grandi verità ad ogni anima che incontro, senza temere i giudizi che inevitabilmente si generano, e quando sono in difficoltà dal profondo del mio cuore sento emergere la Luce dei tuoi occhi che mi parla e permea ogni distretto del mio corpo. Faccio fatica ad esprimere con parole sensazioni così intense e temo di poterle banalizzare, ma mi è molto difficile poter descrivere quale dimensione di vita vivo grazie a te, Annina.
Nel mio essere, nel mio quotidiano cominciai a sperimentare un modo diverso di vivere rendendomi conto che fino a quel momento avevo solo cercato di sopravvivere. Questo portò un grande turbamento, ero comunque responsabile di aver trasmesso questo mio vissuto a tante persone con le quali fino a quel momento mi ero relazionata e soprattutto alle cinque meravigliose creature che Dio mi ha donato. Da lì un dolore tremendo, avvertire questa grande responsabilità, per tanti anni, sentirmi responsabile anche di certe scelte che i miei cari avevano fatto.
Il giorno in cui tu ti accingevi a riunirti al Padre ero disperata, ho pianto come non ricordo di aver mai fatto, e ne ho ben passati di dolori, era come mi venisse strappata via una parte di me.
Volevo conoscerti di più, ma non c’era più tempo. Arrivai a chiedere al Padre con tutto il cuore che prendesse me e ti lasciasse qui, tu splendida creatura che stavi trasformando tanti.
Man mano che le ore passavano, la luce dei tuoi occhi era sempre più profonda e ad un certo punto mi trasmettesti una
tale serenità accompagnata dalla consapevolezza che Nostro Padre aveva bisogno di te, Lassù; la mia anima aveva ancora tanta strada da fare per poter aspirare ad una tale grazia. Poi, Annina, quello che ci siamo dette tu lo conosci bene.
Con il tuo ritorno a Casa il mio temperamento mutò profondamente: facevo presto ad accendermi davanti a situazioni che avvertivo ingiuste, ora riesco a calarmi nell’ingiustizia che quell’anima compie spesso inconsapevolmente e cerco di coglierne il messaggio che ha bisogno di esternare, per poterla aiutare a manifestarlo con altri canali che non siano quelli che alla fine provocano dolore.
Ora sono io a chiamare tesoro le anime che sento in difficoltà, ora sono io ad ascoltare le loro sofferenze, a piangere con loro, un pianto che spesso è celato all’interno del mio cuore, a portare il peso delle loro angosce, a non chiedere più nulla per me, ad attendere, ora non ho più timore di nessuno, ora so ascoltare l’altro e tacere, perché ho compreso che nel silenzio si genera l’Amore che tutto può, facendomi andare ben oltre questo mio cammino destinato comunque ad una meta ben più alta, e guardo te, Annina, Anima benedetta che hai scoperto questo e con la tua umile ma intensa testimonianza silenziosa hai trasmesso.
C’è una testimonianza bellissima che mi raccontò mia figlia Natascia, la tu cognatina. Addolorata e sofferente ma senza far trapelare questo, ti facesti accompagnare da Natascia Michele ed Isabella, per scusarti dei disagi che il tuo stato provocava loro… Non posso che inginocchiarmi davanti all’Amore che comunichi da sempre. Annina, sai bene che tutte le sere prima mi ritaglio pochi minuti per passare con te, nell’angolo preferito della mia casa, ti parlo del quotidiano, ti osservo e sento una grande carica per affrontare i problemi che sono parte indispensabile ed essenziale per la nostra salvezza, e così ogni sera ti porto
i miei pesi chiedendoti di intercedere presso il Padre Nostro. E che dire, non passa mai problema o peso che poi non venga risolto, e molto spesso non come vorrei io, ma con altra modalità che comunque genera in me soddisfazione e pace, che di riflesso porto agli altri.
Nella vita di tutti i miei figli sono successi eventi straordinari, forse neppure loro ne sono consapevoli ma per me mamma, nella mia umanità, li definisco veri e propri miracoli: tra questi il riavvicinamento tra di loro, l’accettazione l’uno dell’altro con la consapevolezza che ognuno di loro è diverso, imparando ad accettare questa diversità con amore (prima, purtroppo, alcuni non si frequentavano più); c’è chi ha affrontato con coraggio di dover ricominciare tutto daccapo, una decisione pesante… e tu Annina so che li hai sempre amati tutti e li ami sempre.
Ricordo, ancora, tra i tanti, quando ho dovuto affrontare due delicatissimi interventi agli occhi: entrai in sala operatoria, dal profondo del mio cuore il tuo sguardo e sorriso.
Proprio l’occhio per il quale mi avevano dato pochissime speranze. L’intervento andò benissimo e pure il decorso post operatorio; anche il secondo intervento tutto ok… fu meravigliato anche il chirurgo!
Poi il mio nuovo approccio con la mia patologia che mi affligge da oltre vent’anni, incurabile, invisibile ed incomprensibile (fibromialgia) e per quanto incurabile e invisibile, è dolorosissima, occupa ogni istante delle miei giornate, ora il mio piccolo mostro lo vivo diversamente perché ora so quanto il dolore sia uno strumento per la salvezza.
Annina, hai operato in me una metamorfosi dolorosa ma straordinaria. Dolorosa perché faccio ancora fatica a trovarmi una collocazione nel quotidiano… Annina parliamo molte volte col cuore, mi giungono suggerimenti su come affrontare situazioni imprevedibili e faticose e la cosa straor-
dinaria è che in quella soluzione al problema che emerge, io sento sprigionarsi la gioia nel cuore anche se il problema mi ha comunque turbato intensamente.
Io ora dove sono? E chi sono?
Spesso me lo chiedo e forse per mano con te sto sperimentando un piccolissimo anfratto del tuo Paradiso ben meritato. Tu anima luminosissima mi hai trasformata e benedico il giorno che il Signore ti ha posto sul mio cammino.
Vivo quotidianamente dei tuoi segni che sono tanti e grazie a questi ora veramente vivo.
Figli, marito, parenti, amici, colleghe vedono il mio mutamento, per me è il passo stringente della mia conversione, e spesso li avverto turbati, ma ci sta, prego intensamente che presto anche loro conoscano con i tempi e i modi che Dio ha stabilito, questa grande verità, l’unica vera verità, ed anche in questo chiedo la tua intercessione Annina, a te mi rivolgo chiamandoti Amore, perché tu con la tua testimonianza mi hai insegnato il senso di questa parola, tu che l’hai vissuto in tutta la pienezza che si possa vivere, ed io che ben altro senso vi avevo davo, un senso che ora avverto
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incompleto e per certi aspetti errato, ma l’amore a volte fa paura, questo filo invisibile che tutti ci unisce e ora so che ci unisce e so che il mio umile compito è quello di non spezzarlo mai ma di condividerlo a qualsiasi costo, perché questo è amore e dove c’è amore c’è Dio.
Ora Annina so chi sei tu: Annina tu sei amore. Grazie per tutto ciò che Dio ti permette di donarmi ogni giorno».
Maria Bisulli
«Di Anna mi colpivano sempre il suo sorriso e i suoi occhi “ridenti e fuggitivi” (come direbbe Leopardi) anche nei momenti più difficili, segno inequivocabile della letizia che si genera dicendo il proprio Sì a quello che il Signore chiede, e lei il suo Sì l’aveva detto».
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A miche e A mici piccO li e GRAN di
Giulia Locatelli
«L’amicizia con Anna è un grande regalo per me.
E quando penso a lei non posso non pensare all’amore e alla preferenza che aveva per i miei figli anche fino all’ultima ora.
E sono certa che per loro adesso in cielo c’è una grande protettrice a cui chiedo sempre di vegliare su di loro come faceva prima!»
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Flora S.
«Mi chiamo Flora. La prima volta in cui sono venuta a conoscenza della storia di Anna è stata in occasione di un incontro al teatro Duse di Bologna tra lei e alcuni attori della serie Braccialetti rossi.
Fin da subito sono rimasta colpita dalla sua storia per la
tenera età e per la tenacia che ha dimostrato. Dopo quell’incontro ci siamo perse di vista, poi l’arrivo di Isabella, la sua nipotina, di cui sono stata babysitter per un periodo, ci ha fatto reincontrare.
A fine Agosto dello scorso anno, tramite la mamma di Isabella, sono stata contattata da Daniela (mamma di Anna) per un aiuto in casa e ho avuto il piacere di conoscere Anna. I primi giorni in cui sono entrata in quella casa, non avendo molta confidenza, Anna rimaneva per lo più nella sua stanza con la porta chiusa perché non amava farsi vedere da tante persone.
Col passare del tempo, vedendo la mia disponibilità e discrezione, ha superato la soggezione iniziale e ha acquisito fiducia e stima nei miei confronti; infatti quando andavo la trovavo sul divano in salotto e questo mi ha permesso di conoscerla meglio, di instaurare un bel rapporto con lei e parlare di tante cose.
La sua mamma vedendo Anna serena e ben disposta nei miei confronti, cosa che non capitava con tutti perché lei ha sempre avuto un carattere particolarmente selettivo, me la affidava alcune ore e io le tenevo compagnia mentre lei usciva per delle commissioni.
Questo tempo insieme mi ha fatto capire che era stata chiamata ad affrontare una sfida impegnativa, ma che lei la portava avanti con pazienza, coraggio, serenità e positività senza mai chiedersi perché fosse toccata proprio a lei e non ha mai voluto parlare di questa sfida come di una malattia, ma ha sempre preferito definirla esperienza per le belle persone che ha incontrato durante il suo faticoso percorso.
Nel mio piccolo ho sempre cercato di aiutare gli altri e di essere disponibile nei confronti del prossimo con amorevolezza e sicuramente con lei, vivendola in prima persona, ho avuto modo di concretizzare maggiormente il coman-
damento “Ama il prossimo come te stesso” e di sviluppare un’umanità e un’empatia ancora maggiori visto il suo vissuto delicato con cui sono stata chiamata a confrontarmi.
Oggi che lei non c’è più continuo a farle visita al Cimitero e a portare avanti le nostre chiacchierate come facevamo sul divano di casa.
Curo le sue piante in modo che sia sempre tutto pulito, ordinato e colorato come piaceva a lei. Spesso vado a trovarla anche con la sua mamma, che mi considera un punto di riferimento importante, e continuo a mantenere il bel rapporto che si è creato con tutta la famiglia, che mi considera ormai una di loro e mi rende partecipe di alcuni momenti di festa e condivisione in ricordo di Anna con il gruppo “Anna forever”.
Sono stati pochi mesi, ma ricchi e significativi e hanno lasciato a me, e spero anche a lei, un bel ricordo di quanto abbiamo condiviso insieme».
Roberto Biagi
«Quando mi arrivò la notizia del ricovero di Anna in ospedale e della successiva scoperta di ciò che c’era sotto, fu come un pugno nello stomaco.
Altro che uomini all’altezza, il tentativo, pur buono, di cercare immediatamente di stare vicino ai nostri amici nasceva dall’impatto emotivo che lo scossone della circostanza aveva provocato in me.
Questo ha rivelato ben presto tutta la sua sterilità, tutto questo era diventato talmente pesante da provocare in me un costante tentativo di rifuggire e rimuoverlo dalla mia mente.
Poi un giorno ho avuto la possibilità di incontrare Anna
di persona e parlando con lei tutto il disagio che avevo, causato da uno sguardo sbagliato, cominciava a prendere un’altra ipotesi.
Forse questo stava proprio capitando perché io potessi fare una esperienza reale di Gesù presente, così da poter verificare la Sua capacità di salvarmi. Sì, perché quando lo riconosco sono già salvato, la realtà non è più nemica.
La memoria di Anna per me è solo una gratitudine eterna per il suo “Sì”.
Il suo “Sì” ha permesso a me, e probabilmente a molti di noi, di rivedere ancora una volta la vittoria di Cristo e di riprendere un cammino di sequela più adeguato.
L’esperienza di pienezza che lei ha vissuto, che non è altro che la manifestazione della vittoria di Cristo, è la cosa più desiderabile per la mia esistenza e per questo non mi manca niente occorre solo fare come Anna e dire il mio “Sì”».
Teresa Bettini
«Incontro, amore, significato. Sono queste tre parole che io mi porto dietro grazie ad Anna.
Perché lei mi testimonia che il nulla non può e non potrà mai vincere sulla nostra vita. Perché noi siamo di più di esso, perché siamo amati, non siamo soli, perché anche quando tutto sembra perduto, quando il mondo sembra andare in macerie, quando tu sei sdraiato in un letto del più freddo dei posti come la terapia intensiva, irrompe la presenza di Cristo a prenderti la mano e a guardarti fino al fondo della tua anima rianimando la tua vita per davvero con uno sguardo d’amore che va oltre, vince su ogni sofferenza.
È una promessa, una responsabilità e un impegno. Che la tua vita sia nella mia vita. Perché tu testimoni a noi il
vero, la travolgente bellezza della vita.
Sì, Anna, noi ti porteremo con noi, ovunque e comunque.
In nome dell’amicizia al Vero e della compagnia che siamo, certi che solo quell’Incontro può cambiare e ridestare la vita di ciascuno di noi per la bellezza che è chiamato ad essere, strappandoci di prepotenza dal nulla».
Simona Baldoni
NEL BLU DIPINTO DI BLU
«A sei mesi dalla tua nuova vita ero in Cadore, dove nei rifugi mi sorprendevo a pensarti più spesso e in qualche modo più intensamente. Non mi stupisco perché la montagna, come il mare, ha il sapore dell’infinito.
Nel ricordarti mi viene in mente quanto mi colpisse la tua assenza di difesa, il non voler vivere nella paura: del resto chi è molto difeso, non vive. Sopravvive, forse ma non vive e tu volevi vivere tutto quel che c’era.
Comprendo bene questo stato d’animo che poi si fa scelta e mi ha fatto scoprire una forza, un voler esserci, voler fare che dava sapore a ogni cosa, alle lezioni a computer, al video per il compleanno, alla condivisione di una canzone.
Qualsiasi gesto facessi era carico, voluto e mai triste così come non è triste il mio pensiero se ti viene a cercare; è pieno, è azzurro.
Allora sento che vuoti siamo se qualcuno non è venuto mai nella nostra vita, se lasciamo andare persone come te essa acquista il colore dei monti, del cielo del marre, il tuo blu, infinito.
Con amore».
Sara Barbieri
«Ciao Annina, purtroppo le brutte notizie mi hanno frenata dal mandarti prima questo messaggio e se non l’avessi fatto, chissà magari l’avresti anche letto.
Volevo ringraziarti per come mi sei stata vicina in questo periodo, come io non sono riuscita a fare per te. Devo dire che per quanto non ci sentissimo mai quei pochi momenti sono diventati dei bei ricordi da custodire nel cuore. Sei stata una grande presenza nella nostra vita tanto che ti sto scrivendo come se potessi ancora leggere.
Immagino tu stia molto meglio lì che qui con tutte le sofferenze che hai patito, mi dispiace solo non essere riuscita a salutarti e nemmeno ringraziarti. Veglia su di noi da là sopra perché tutto il gruppo di sveglia cuore e la mia famiglia ti tiene nel cuore. Ci mancherà il tuo nome nelle intenzioni perché ora non saremo più noi a pregare per te qui in mezzo a noi ma ti pregheremo per intercedere per noi.
Non so come salutarti nel modo giusto o migliore. Semplicemente sarai sempre con me e ammetto che mi mancherai. Ti mando un mega abbraccio e un bacione gigantesco che probabilmente il mandarteli serve più a me che a te.
Per quanto possa essere felice per te, del tuo compimento e per la fine della tua sofferenza non posso non rattristarmi e sentire una piccola crepina nel mio cuore.
Ti voglio bene Anna e con me tantissimi altri ».
Giovanni Corazza
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«Anna per me è il segno concreto ed evidente che anche nelle circostanze non volute, anche nelle più dolorose si può vivere e non sopravvivere, vivere ed essere contenti, senza
rinnegare sofferenza, fatica e tutto ciò che ne consegue. L’atteggiamento più ragionevole anche se difficile da comprendere ai miei occhi è domandare e seguire Anna in quanto ha intuito la presenza di qualcosa che vince anche il dolore, che anche nelle circostanze non scelte da noi, invettivali e faticose c’è qualcosa per noi, qualcosa di così grande che Anna non sarebbe mai voluta tornare in dietro, nonostante la malattia. Tutto questo è evidentemente l’accadere di un Mistero, di una Presenza inspiegabile che Anna ha incontrato, in amicizie, in volti concreti e nella malattia. Sarebbe irragionevole affermare che non sia accaduto qualcosa di straordinario (basti guardare come tutto il reparto sia cambiato con lei e Anna in primis) così straordinario che lei con la sua buona volontà non sarebbe stata capace di creare. Lei con la sua vita umana (quindi piena di limiti, fatiche e difetti) è stata segno dell’accadere di Cristo nella sua vita, il suo si a questo porta frutto anche a me, a te e al mondo intero. Tutto il mondo, io, i miei compagni di corso, mia nonna, tutto aspetta questa novità che può nascere solo nell’incontro con questo Mistero più grande di me e te. Tutto il mio cuore chiede una salvezza così, nulla di meno, per questo a me interessa Anna».
Stefano D’Errico
«Domenica 6 febbraio, sono le 19 e 10 minuti e sono abbastanza in ritardo. Ultimamente sono sempre più spesso in ritardo, sempre più sommerso da una serie di impegni, scadenze e altre 1.500 cose che si ripetono in un ciclo continuo fino a quando l’estate non porterà via, forse, tutte le preoccupazioni. Mi sono appena reso conto di aver accettato due impegni la stessa sera, mannaggia al mio cervello! Ma
come biasimarlo, chi mai ha impegni il lunedì sera?! Intanto pedalo, ormai senza più pensare al gesto. Pedalare è diventato come camminare o respirare, un’azione spontanea. Nella testa mi risuona la canzone di Blanco e Mahmood che ha appena vinto Sanremo. E proprio mentre sto canticchiando “e vorrei amarti ma sbaglio sempre” cercando di raggiungere il prima possibile il padiglione 5 del Sant’Orsola, mi pare di distinguere una figura famigliare. È don Paolo con la sua bicicletta da città che, come me, è un bel po’ in ritardo. Ci incamminiamo insieme verso la cappella del padiglione 5, intanto nella mia testa scorrono tutta la valanga di impegni che dovrei cercare di organizzare per questa nuova settimana, non sto assolutamente pensando a dove sto andando, e non lo capirò neanche una volta che me ne sarò andato. Arrivati! Ma la cappella è quella sbagliata, in realtà ci rendiamo conto di non aver letto attentamente il messaggio e di dover andare dall’altra parte del Sant’Orsola, padiglione 13, pediatria. Altro giro altro regalo, lasciamo le bici al 5 e ci incamminiamo svelti verso il 13 consapevoli che quando arriveremo ormai saremmo già alla fine, ma per qualche strana ragione non importa.
Svoltato un angolo veniamo sorpresi da questa piccola folla di ombre che circonda tutta la statua della Madonna fuori dal padiglione 13. Il silenzio soffuso della città regna in questa piccola valle tra queste montagne di cemento. Si sente solo una fioca voce che recita una preghiera. Arriviamo e ci inseriamo alla meglio. Intanto la mia testa continua a pensare ad altro, alla pazza corsa della vita. Che cosa stiamo facendo qua tutti? Lei se l’è sempre cavata in questi cinque anni di lotta in cui l'ho conosciuta. È sempre riuscita ad uscirne, perché preoccuparsi? Allora nella mia ingenua mente inizia sempre più a farsi strada l’idea che forse qualcosa questa volta è cambiato. Perché la Mary piange? Perché
l’Ele piange? Qualcosa è diverso.
Di botto tutto si ferma, quasi come se la parte del cervello addetta all’ansia e alle preoccupazioni sia stata messa a tacere da un qualcosa di bello grande, oserei dire enorme. Improvvisamente tutta la città si inginocchia davanti a venti ragazzi stretti tra di loro sotto il padiglione tredici con la testa fissa a guardare in alto verso una piccola finestra da cui l’unica cosa che esce è una luce fioca.
Ma questo eterno attimo di silenzio non dura per sempre, il tempo riprende subito a scorrere. Due infermiere ridono con le loro sigarette in mano davanti all’entrata dell’ambulanza, una macchina passa sgasando dopo aver ingranato male la marcia, forse distratta e incuriosita da quella strana folla. Anche per me tutto ciò non dura molto.
Tutto riprende a scorrere, infermabile.
Sono di nuovo in ritardo.
Devo andare a una cena e sono in ritardo! Le gambe pedalano cercando di raggiungere velocità da 50ino scassato, ovviamente non riuscendoci, e costringendomi a rallentare ogni tanto per riprendere fiato.
A cena incontro degli universitari che mi parlano di come hanno scelto il loro futuro e, mentre parliamo, la domanda arriva inevitabile: “e tu cosa vuoi fare?”
Anche la mia risposta arriva solida e sicura come la roccia: “Sono in terza, ho ancora tempo”.
Ho ancora tempo, bella questa.
Quale tempo? Quello di procrastinare ancora di un giorno l’inizio studio per la patente?
La serata si conclude abbastanza tranquilla con giochi e battute su quanto sia un patacca mio fratello che è in quinta e non sa ancora cosa vuole fare dopo il diploma. Tutto sembra andare bene, o quanto meno sembra essere normale. Arrivo a casa e cerco di fare un minimo di quella pila di com-
piti che dovevo fare durante il weekend e che giustamente, da bravo 16enne, avevo procrastinato fino alle 23.30 di domenica sera. Provo per dieci minuti consapevole del fatto che copierò tutto domani al bar davanti a scuola cinque minuti prima che inizi un’altra travolgente settimana.
Prima di morire sul letto penso alla Mary. Devo scrivere alla Mary, era troppo provata oggi. Le scrivo due sciocchezze per cercare di distrarla e mi lascio finalmente morire sul letto.
Lunedì 7 febbraio, sono le 6 e 55 e quel perfetto filo in cui si è tra sonno e veglia, dove i sogni sembrano diventare realtà, viene brutalmente tranciato dalla sveglia. Dopo aver speso 10 minuti a cercare di alzarmi dal letto mi vesto senza neanche pensarci. Controllo il telefono e vedo tre notifiche da “Mary”. Dentro di me penso: “le rispondo dopo, prima devo fare colazione”. Mi infilo in gola 3/4 biscotti e mi lavo i denti giusto per sport, per avere la coscienza a posto, sapendo che intanto mi mangerò tre frisk prima di uscire di casa risolvendo tutto. Mi infilo la giacca e decido di aprire il cell nel frattempo. Anna è morta.
Morta.
No.
Non è possibile. Che senso ha? No, non ha nessun senso. Intanto le lacrime che la sera prima avevano faticato a scendere, ora scendono, figlie di una brutale irrazionalità. Che senso ha tutto questo!
Che rabbia! Se ci sei tu Dio dietro a tutta questa storia, beh allora che razza di folle sei? Quale dio pazzo farebbe questo? Se sono vere tutte le cose (stronzate) che ci dicono sul fatto che Lui ci ha fatto a sua immagine lasciandoci la libertà, il libero arbitrio, allora che libertà aveva Anna davanti a tutto il suo male? E poi per favore basta con le risposte da preti: “ora è in un posto migliore” “ora è lassù che
ci guarda”. Lo so che così sarebbe la cosa migliore per tutti, così alla fine non sembrerebbe tutto così follemente (fottutamente) irrazionale, caotico. Ma io non me la bevo, non ce la faccio. Non fino in fondo. E anche se fosse che ora lei è in un posto migliore, nessuno pensa al fatto che qua senza di lei è un posto orribile (di merda)? Beh non mi sembra. Certo, questo mio punto di vista sembra da (stronzi) egoisti, ma non me ne frega nulla. Oggi ho incontrato la morte per la prima volta nella mia vita. Non una morte “giusta” che porta via gente che ha già vissuto ottanta e passa anni, ma una morte ingiusta, bastarda. Oggi ho letto sotto annunci funebri: “ANNA SANGIORGI di diciotto anni”.
Intanto tutto gira.
Diciotto anni, due anni in più di me, l’età di mio fratello.
Intanto tutto gira e non smette.
Quanto tempo ho? Poco. Troppo poco. Che cosa sto facendo della mia vita? Ho sedici anni e ancora non ne ho un’idea. C’è troppo poco tempo.
Intanto tutto gira e non smette di girare, e non vuole smettere: io vorrei soltanto un posto in cui smettesse tutto di girare, vorrei solamente che tutto si fermasse per un attimo.
Ma non si può, e io continuo a procrastinare, schiacciato da una cascata di merda che pian piano sta mandando a puttane tutto.
E intanto le voci soffuse di due infermiere risuonano nella notte più triste di Bologna. Ridono e scherzano.
Tutto gira e non vuole smettere».
7 febbraio 2022
Anna viva
Vorrei piangere ad ogni tramonto, come fosse oggi,
l’ultimo giorno di un’estate morente, che se ne va.
Vorrei che ogni giorno avesse lo stesso peso di oggi, la stessa bellezza, la stessa pienezza.
Vorrei andare in bici senza mani e sentire il vento dietro di me, tra le dita, che mi accoglie e avvolge.
Vorrei respirare a pieni polmoni
Vorrei mangiare una mela come fosse la cosa più buona del mondo, come fosse l’ultima esistente sulla faccia della terra.
Io.
Io voglio tutto questo
Io voglio vivere
Sempre, spero.
Odio che l’Anna non possa più volere queste cose.
Anna, manchi.
Manchi come presenza.
Manchi come tutto.
Come credere?
Come vivere così?
Nell’ombra di una maschera, nella vita di un altro.
Nella morte in vita.
Anna,
Tu che sei morta,
Sei più viva di me.
Settembre 2022
Ancora
Senti.
La primavera timida
torna a scioglierti il cuore ancora per un’altra estate. Un’altra estate ancora.
Quante estati ancora prima che il tuo cuore smetta di battere? Prima che neanche il caldo più torrido riuscirà a sciogliere il tuo cuore di ghiaccio?
“Forse è tutto qui: in questo tremito del “se fosse vero!”
Se (solo) davvero fosse vero…”
Cesare Pavese
6 febbraio 2024
Tommaso Domenicali
«Io ho conosciuto Anna a fine 2019 - inizio 2020 ed è iniziata come un’amicizia normalissima, come tutte le altre. Mi fa strano pensarci adesso perché mi accorgo di normale nel mio rapporto con Anna ora non c’è proprio nulla e per me è veramente una presenza straordinaria. Io l’ho conosciuta grazie ad una mia amica, la Mary Berna, e anche se non ci vedevamo spesso, ci scrivevamo per messaggio e mi sono sempre sentito molto voluto bene da lei, molto abbracciato. Mi ricordo bene che al suo diciottesimo compleanno, ho incontrato alcuni miei amici che mi hanno chiesto: “e tu cosa ci fai qui?” (Non sapevano che io conoscessi Anna),
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io ho risposto: “Mi ha invitato Anna, che è mia amica”. Io ancora lì non potevo dire di conoscerla bene, eppure potevo affermare che ero suo amico, e lei amica mia. Questa cosa mi è successa raramente, che conoscendo una persona cosi poco, potevo affermare così tanto sul rapporto: questo era già un indizio di un rapporto grande.
Per me la vera svolta è stata la messa che ogni mese viene celebrata per Anna. È bello celebrare, è bello fare memoria. È bello fare parte di una storia, farne parte attraverso i dialoghi con i miei amici, il rapporto con la Mary e l’Ele, gli incontri come quello che abbiamo fatto alla convivenza di GS quest’estate, dove la Dani e Otello sono venuti da noi per parlare di Anna. A un certo punto mi ricordo bene che Otello ha detto: “Non c’è niente di titanico in Anna, ma un sì a un’attrattiva vincente, un’attrattiva che ti chiede di non star troppo a misurare e che ti chiama a chiedere ogni giorno, ad affidarsi”. E io quell’attrattiva la sento bene, la sento perché Anna la rimanda a me, in un qualche modo che ancora bene non so spiegarmi è diventata una priorità nella mia vita, tanto che, quando la Mary mi ricorda della mes-
sa che celebriamo per l’Anna e mi rinvita (perché abbiamo bisogno di un invito costante, di essere sempre richiamati), io cancello tutti i miei impegni, perché l’attrattiva in quel caso è vincente, e io non posso dire di no, o meglio, potrei sempre dire di no, però quando ti accorgi di una bellezza cosi vuoi rimanerci attaccato».
Pietro Fabbri
Sorridere1
Vedo una ragazza
Sorridere
A un tavolo
L’animo mio s’incazza, “Che ha da sorridere
Cavolo?”
Serpenti sottili
S’insinuano ostili
Nel naso
Per caso
Sono bisce in realtà
Uscite da un lago di felicità?
1 Nell'estate 2021 Pietro, suo amico e vecchio compagno di scuola, incontrò Anna che da tempo non vedeva; lei lo salutò e gli sorrise, ma lui, impressionato dalla sedia a rotelle e dalla cannula dell’ossigeno, rimase bloccato e non riuscì ad avvicinarsi. La cosa però non finì lì: il sorriso solare di Anna, misteriosamente paradossale, divenne per lui una domanda potente, fino al punto da spingerlo a scrivere questa poesia.
Io non ci credo
Mi volto
Ignoro,
Ma dentro mi chiedo
Perché quel volto
Brilla più dell’oro?
Milioni di voci, urli di rabbia in coro.
Sussulto, un flauto, un suo assolo
Sussurra: “Forse è solo
Invidia”
Si insidia
Un pensiero, piango
Uno sprazzo di vero in un mondo di fango.
Vedo una ragazza
Sorridere
A un tavolo,
Ricordo che spazza
Via ogni paura, mi vien da sorridere
Cavolo?!
Mi vien da abbracciare
Il mondo, mi viene da amare.
Mi volto,
Ma il tuo volto
Ora resta muto
Questo è il saluto
Che non ti feci quel giorno.
Chiara Facchini
Ho conosciuto Anna attraverso altre amicizie e sarò sempre grata di questo perché ho incontrato una ragazza meravigliosa. La cosa che più mi colpiva di Anna era il suo sorriso, segno del fatto che, come diceva lei, la sua condizione non aveva il nome di malattia ma era una grazia. Una cosa impressionante tanto che ogni volta che ci penso mi vengono i brividi. Io ringrazio Anna perché mi ha fatto vedere un modo più profondo, bello e vero che desidero anche per me di vivere le circostanze in cui ci troviamo e che magari non abbiamo scelto. È anche questo il motivo per cui cerco di andare alla messa per Anna ogni mese, per rincontrare quel sorriso.
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Anna e Chiara, “le ragazze dalle porte aperte”
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il GR upp O del ROSAR i O
Lucia Berti
«Ciao carissima Anna, ci hai fatto scoprire la bellezza che una malattia può generare dei rapporti.
Quando al teatro ero spettatrice del tuo incontro con il cast dei Braccialetti rossi ho capito la bellezza dei rapporti creati con attori, registi, degenti come te.
Poi la sera che organizzai la tombola a casa mia per festeggiare i sessant’anni di tuo padre Otello anche lui era contento di donare il ricavato all’Associazione di Strippoli e questo nasceva dalla tua amicizia con la dottoressa Chiara Locatelli.
Avevi già la testa coperta segno del ciclo di chemioterapia. La pace che davi (come in questa foto che allego) ora cerco di trasmetterla parlando a persone amiche che devono affrontare queste cure e soprattutto pregando per loro.
Sei per noi come un angelo custode. Grazie per tutto, il passato e il presente!»
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Francesca
«Roberto ci ha raccontato di Anna e dell’iniziativa del Rosario.
È stato naturale per me aderire e chiedere assieme a voi il miracolo della guarigione.
Quando non c’è stato e ci ha lasciati, ho vissuto un gran sconforto… come di una sconfitta (come diceva anche Otello) che ha suscitato però una potentissima domanda e mi ha costretto a spostare lo sguardo.
Anna mi ha insegnato che si può vivere tutto, anche i momenti peggiori, se sai guardare, guardare dei volti che ti indicano qual è l’amore vero.
Perché è l’amore vero che ti salva, l’amore che Cristo ha per te diventa l’unica possibile salvezza “perfino i capelli del nostro capo sono contati”.
Speranza e certezza sono stati per Anna e lo sono per me.
Grazie Anna che continuamente mi porti a Lui. Il Rosario ne è una conseguenza, quando non posso collegarmi provo un dolore, una mancanza di Lui…
Pensa Anna quanto sei presente nelle nostre vite, nella mia vita.
In comunione».
Mirella
«Mi chiamo Mirella e abito a Milano.
La mia amica Donatella Discoli mi ha invitato a dire il Rosario insieme al vostro gruppo ed io ho iniziato, anche se all’inizio non conoscevo nessuno, ma avevo il desiderio di pregare per Anna per chiedere il miracolo della sua guarigione.
Quando Milena ci ha chiesto di interrogarci su come Anna sia entrata nelle nostre vite ed abbia cambiato il nostro modo di affrontare la realtà mi sono messa a pensare e ho avuto la conferma che la preghiera per Anna è stata proprio per lei, perché è stato grazie a lei che è successa questa novità nella mia vita.
Non ho mai conosciuto Anna, ma tramite lei ho conosciuto voi e questo è per me ‘miracolo’.
Alla sera sto attenta all’orario per collegarmi e quando per motivi vari non riesco a farlo, sono molto dispiaciuta».
Rita Anello
«Sono Rita, una donna di sessantasette anni, ho cominciato a seguire il Rosario delle 20 quotidianamente da marzo 2021 ed è attraverso questo gruppo che ho conosciuto Anna, mai incontrata personalmente.
Dalle testimonianze delle persone che invece la conoscevano mi è subito apparsa una ragazza con una grande fede, con una grande forza e coraggio nell’affrontare le difficoltà della sua vita.
Le foto del suo 18° compleanno mi hanno affascinato per la bellezza che trapelava dal suo sorriso.
Io ho tanto da imparare da Anna, ed uso il verbo al presente, perché sento la sua presenza anche se ormai è salita al Padre da quasi un anno.
Anche stasera (premetto che non sono molto capace di scrivere ed esprimere facilmente i miei sentimenti) prima di prendere carta e penna e poi il pc mi sono rivolta ad Anna dicendole: “Dai, andiamo a scrivere”. Ed eccomi a raccontare com’è cambiato il mio sguardo da questo incontro.
Io che sono mamma di un ragazzo di ventisei anni non
so se sarei stata capace di vivere così come hanno fatto e continuano a fare Otello e Daniela, i genitori di Anna, con tanta fede e sempre sostenendola con la loro presenza e preghiera. Per me loro sono un grande esempio.
È proprio vero che questo incontro mi ha cambiato lo sguardo nella mia vita, facendomi accettare maggiormente i miei limiti fisici ed interiori e soprattutto facendomi apprezzare quotidianamente tutti i doni che ricevo da nostgro Signore.
Grazie, Signore, in particolare di questo dono».
Tina e Rocco
«L’esperienza che continuiamo a fare per e con Anna ha decisamente cambiato la nostra vita.
Il richiamo che quotidianamente ci viene proposto è diventato per noi attesa dove liberamente aderiamo e ci sentiamo accolti, è una compagnia che si fa strada nella preghiera per Anna e per i tanti amici bisognosi.
Sperimentiamo così che il Mistero, che fa tutte le cose, si serve di ognuno di noi per potersi compiere e diventare carne.
Certo che non ci viene risparmiato nulla, nessuna sofferenza, ma impariamo che l’abbraccio del Padre ci sostiene ed è l’unica speranza che abbiamo.
La carnalità che si evince nella preghiera per Anna fa si che tutto il giorno mi sento “Marta” ma arrivata la sera sono lieta di scoprirmi “Maria” e vorrei essere capace di scegliere sempre di mettere Lui al primo posto.
L’affezione ad Anna mi ha fatto capire con chiarezza cosa è essenziale per me.
Grazie Anna per ciò che ci hai testimoniato».
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« e p O i dev’e SS e R e u NA fe StA »
9 febbraio 2022
Omelia di don Samuele Nannuzzi al funerale di Anna
Credi questo?
Cari fratelli e sorelle, Cristo è in una casa famigliare, tra persone che si vogliono bene e si stimano. Eppure una situazione dolorosa mette a Marta un dubbio umanissimo sulla sua fede e nella sua vita. Cristo le pone una domanda sulla sua fede. Marta risponde benissimo, da catechismo perfettamente imparato a memoria. Spesso accade anche a noi: è una risposta buona ma nel futuro. Cristo riprende la risposta, la amplia, la illumina ma nel presente. Così la aiuta a crescere. Con una domanda: credi a quello che hai detto? Credi a quello che vedi? Proviamo a seguire l’esperienza umana per aiutarci. Prima di cercare di capire la domanda, di risolvere il quesito, del ragionamento c’è una cosa da osservare: la domanda è posta da una presenza. Prima della risposta e della domanda, c’è una presenza. Le domande sono sempre più evidenti e pertinenti solo con una presenza. Si potrebbe dire che senza una presenza, un volto, una vita, non si riesce a focalizzare la domanda. Per questo è importante sottolineare questo metodo. Caro amico, se sei qui (con qualsiasi stato d’animo) è perché una presenza ti ha posto una domanda. Direttamente o non direttamente. Senza presenza la vita non si sviluppa. Avanza come routine
ma non cerca un di più. In molti siamo qui per un di più, che abbiamo sperimentato. Un di più che ha preso la nostra umanità. Anzi l’ha fatta emergere, sbalordire, ringraziare e, permettete un accenno personale, anche invidiare.
Credi a questa vita piena?
Marta aveva visto che con Cristo lei era cresciuta. Osava di più nella sua vita, fino a chiedere la resurrezione, fino a fargli notare tutto. Fino a non nascondere nulla nel suo cuore. E tu, caro amico, ti sei accorto che sei cresciuto? Ti sei accorto che sei più sensibile e più desideroso. Credi al tuo cuore che ha pulsato tanto, e non solo per l’emozione? Credi al tuo grido che ora è addolorato ma quando incontravi
Anna eri invaso dalla voglia di vita che vedevi. Credi a questa vita piena che è in te? Credi ancora che tu sei fatto per qualcosa di grande? Perché il miracolo è questa autocoscienza che fiorisce e cresce piano piano, giorno dopo giorno. Si stratifica con le gioie e i dolori dell’esistenza, si cementa con l’offerta, la grinta e il sacrificio di sempre. Ma perché cresca ha bisogno di un punto di partenza. Il riconoscimento di una pienezza. Ora.
Credi a questa umanità
Anna ha vissuto. Tutto, sempre, ogni cosa. Ha vissuto se stessa: una ragazza leader, decisa, che non la mandava a dire e che non mollava. Viveva quello che poteva. Senza idee fumose o astrattezze. Sembrava che la realtà, così dura e ingiusta per noi esterni, fosse la sua linfa dove c’era tutto per farla felice: cioè per essere piena e lieta. Questa le-
tizia le permetteva di vedere cose che altri non vedevano, le permetteva di stringere rapporti non banali e scontati. Le ha permesso anche di “dare lezione” ai tirocinanti. Ha empatizzato con amici di reparto, infermieri, dottori, super dottori e cardinali. Assieme ai suoi amici ha proposto cose nuove, felpe nuove, iniziative culturali nuove perché vedeva la realtà come occasione per vivere e amare se stessa. Così com’è.
Credi questo?
Credi a questa storia? Guardati attorno! Non sono le mie parole. Sono questi volti, di tante generazioni, di tanti posti, anche non romagnoli, talmente Anna era missionaria, cioè viva! Rischiamo anche noi di sapere la teoria come Marta del vangelo ma seguendo testimoni e maestri veniamo aiutati a guardare ora. A credere ora. A partire dalla stupenda famiglia che tanto ha fatto per Anna e tanto ha ricevuto. Poi amici, conoscenti e, come abbiamo sentito nel lungo elenco di San Paolo, attraverso i volti che rinascono in questo mondo. Credi a chi è rinato incontrando Anna? Il nostro credere non è una ripetizione da manuale, non è un’emozione o una vita parallela. È basato sui fatti della propria esistenza in questa realtà. Cristo è risorto e fa rinascere la fiducia e la speranza nei volti umani. Crediamo cioè affermiamo un punto che è entrato nella nostra pelle. Il credere è un giudizio affettivo, permesso dallo Spirito Santo, che coincide tra il tuo cuore e tutta la realtà.
Credi questo?
La Marta evangelica sapeva la verità ma era annebbiata nel vedere la carne presente. Si fa aiutare da Cristo per seguire e vivere una risposta nel presente. Non importa a che punto sei, caro amico, ma continua a credere al livello che sei, alla realtà che stai vivendo. Credi al tuo cuore, alle tue domande, alle tue fragilità, alle tue sensazioni, credi ai volti che ti colpiscono, ai volti che ti spiazzano, a chi ti propone la domanda. Credi a questo spettacolo umano, anticipo del Paradiso di Cristo! E se Dio vuole saprai anche tu riconoscere la Sua presenza, partendo dalle nostre piccole presenze. Non accontentarti, perché hai visto che è possibile godere del reale. Fino in fondo. La nostra gioia è già un presente. Per questo ti ringraziamo Anna. Per questo oggi si fa festa. Come volevi tu. Anzi, avresti voluto più caos sicuramente. Fallo dal cielo, tifa per noi, perché non ci blocchiamo nel cancellino di partenza ma accettiamo di seguire l’avventura della vita dove ci attende ciò che abbiamo creduto passo dopo passo: il volto del Padre, la luminosa comunione dei santi e la tua grinta contagiosa.
Così ho voluto predicare, così ho visto, così credo anche grazie a te!
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Il medaglione sulla tomba di Anna realizzato dallo scultore Marco Marchesini