Federico Robbe
Seveso 1976 Oltre la diossina Prefazione di Andrea Tornielli
Pubblicazione promossa dall’Associazione Don Mezzera Il centro culturale di Seveso, che continua l’attività del centro “La Bottega”, attivo negli anni caldi della diossina, è intitolato a don Giuseppe Mezzera. Parroco della città a fine Ottocento, favorì la creazione di opere educative e sociali ancora esistenti. Il logo è tratto da un’antica cartina (1580 circa) preparata per san Carlo Borromeo in occasione di una sua visita pastorale alla Pieve di Seveso.
L’Associazione Don Mezzera desidera ringraziare Lombardia Filtri srl e l’Acai (Associazione cristiana artigiani italiani) di Milano e di Monza e Brianza per il sostegno economico.
Federico Robbe Seveso 1976. Oltre la diossina Itaca, Castel Bolognese www.itacaedizioni.it/seveso-1976 Prima edizione: maggio 2016 © 2016 Itaca srl, Castel Bolognese Tutti i diritti riservati ISBN 978-88-526-0486-7 Le edizioni Itaca sono distribuite da: Itaca srl via dell’Industria, 249 48014 Castel Bolognese (RA) - Italy tel. +39 0546 656188 fax +39 0546 652098 e-mail: itaca@itacalibri.it on line: www.itacalibri.it in libreria: www.itacaedizioni.it/librerie Grafica di copertina: Andrea Cimatti Stampato nel mese di maggio 2016 da Modulgrafica Forlivese, Forlì (FC) In copertina In bici tra le camionette dell’esercito, agosto 1976. Foto © Archivio RCS.
Prefazione
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Quarant’anni fa c’era chi descriveva Seveso come il Vietnam bruciato dal napalm degli americani. Quello della diossina fuoriuscita dall’Icmesa nel luglio 1976 fu il primo disastro ambientale italiano vissuto nell’epoca della tv: tra gli allarmismi spesso esagerati (ma tuttavia comprensibili) e il negazionismo di quanti si nascondevano dietro il fatto che la diossina non aveva odore né colore, un gruppo di persone, a partire dalla loro esperienza di fede, si organizza per rispondere come può all’emergenza assistendo chi ha bisogno d’aiuto. Il libro di Federico Robbe racconta quei giorni, quando la cultura della salvaguardia ambientale era ancora in embrione e quando in Italia già infuriavano le polemiche sull’aborto. Anche la tragedia dell’Icmesa entrò a far parte di quel contesto. Quali sarebbero state le conseguenze per i bambini? Quali malattie avrebbe portato alle popolazioni più esposte e a quelle limitrofe? Colpisce vedere la prontezza della risposta di una Chiesa che sa veramente essere «ospedale da campo». Pochi giorni dopo l’incidente, l’arcivescovo Giovanni Colombo celebra messa a Seveso invitando a non rimanere inermi: servono risposte e soprattutto una speranza per continuare a vivere. Sacerdoti come monsignor Giovanni Battista Guzzetti, don Gervasio Gestori e don Dionigi Tettamanzi, s’impegnano per rispondere all’emergenza. La Diocesi raccoglie fondi e dà vita a un luogo attraverso il quale essere vicina alla popolazione colpita. È l’Ufficio decanale di assistenza e coordinamento (Udac), attivo presso il centro parrocchiale di Seveso. Si
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raccolgono e si offrono informazioni, si aiuta in ogni modo possibile chi è stato colpito dal disastro, ci si fa «prossimi» a chi vive nella difficoltà e magari si contribuisce anche a fare un po’ di sana controinformazione rispetto agli scenari apocalittici prospettati da certi mezzi di comunicazione. Anche papa Paolo vi, già arcivescovo di Milano, mostra il suo interesse e la sua vicinanza. Dalle pagine di questa storia ci viene restituita un’immagine di Chiesa e di mondo cattolico ancora capace di essere veramente vicino alla sofferenza delle persone. Capace di auto-organizzarsi, di rispondere a un bisogno, di rimboccarsi le maniche, di partire dalla realtà e non da disegni ideologici o da linguaggi astratti. Un mondo cattolico ancora intriso di alcuni positivi retaggi movimentisti dell’epoca sessantottina e ancora lontano dalle accattivanti sirene di un certo potere. Trentanove anni dopo quei fatti, un Successore di Pietro, metterà nero su bianco la prima enciclica sociale dedicata alla salvaguardia del creato, affermando che «Uno studio di impatto ambientale non dovrebbe essere successivo all’elaborazione di un progetto produttivo o di qualsiasi politica, piano o programma. Va inserito fin dall’inizio e dev’essere elaborato in modo interdisciplinare, trasparente e indipendente da ogni pressione economica o politica. Dev’essere connesso con l’analisi delle condizioni di lavoro e dei possibili effetti sulla salute fisica e mentale delle persone, sull’economia locale, sulla sicurezza. I risultati economici si potranno così prevedere in modo più realistico, tenendo conto degli scenari possibili ed eventualmente anticipando la necessità di un investimento maggiore per risolvere effetti indesiderati che possano essere corretti. È sempre necessario acquisire consenso tra i vari attori sociali, che possono apportare diverse prospettive, soluzioni e alternative. Ma nel dibattito devono avere un posto privilegiato gli abitanti del luogo, i quali si interrogano su ciò che vogliono per sé e per i propri figli, e possono tenere in considerazione le finalità che trascendono l’interesse economico immediato. Bisogna abbandonare l’idea di “interventi”
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sull’ambiente, per dar luogo a politiche pensate e dibattute da tutte le parti interessate. La partecipazione richiede che tutti siano adeguatamente informati sui diversi aspetti e sui vari rischi e possibilità, e non si riduce alla decisione iniziale su un progetto, ma implica anche azioni di controllo o monitoraggio costante» (Papa Francesco, Laudato si’, § 183). Andrea Tornielli
Pagine seguenti: L’arrivo dell’esercito a recintare l’area contaminata, 25 luglio 1976 (Archivio RCS).
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I. Prefazione
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Indice
Prefazione Andrea Tornielli
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1. 10 luglio 1976: il disastro e l’angoscia Quel sabato di luglio all’Icmesa I “giorni del silenzio” La notizia sui giornali di tutto il mondo
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2. Evacuare la zona Primi arresti e prime contromisure Arriva l’esercito, inizia l’evacuazione «Peggio che in Vietnam» Altre zone contaminate, altri divieti, altri sfollati
» 21 » 21 » 22 » 28 » 34
3. Nasce un “ospedale da campo”. E la vita continua Una presenza feconda «Coinvolti totalmente» L’Ufficio decanale di assistenza e coordinamento: un “ospedale da campo” La vita continua Il giornale «Solidarietà» «E tu cos’hai da fare?»
» 37 » 37 » 40
4. Il dilemma dell’aborto e quella «vitalità impensata Un problema nel problema: l’aborto Cancellare «ogni resistenza affettiva, ogni scrupolo morale o di natura religiosa» Prime interruzioni di gravidanza Dalle «sventure improvvise» fiorisce una «vitalità impensata» Paolo vi vicino alle «buone e operose comunità» colpite Agosto tormentato
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5. La risposta di un popolo Al lavoro in piena estate Il realismo di Rocca E la politica “alta”? I centri diurni «L’Osservatore Romano»: l’Ufficio decanale «esempio di generosità, di intelligenza e di entusiasmo» 12 settembre 1976: 5.000 fedeli stretti attorno alle popolazioni colpite Sviluppo industriale e custodia del creato Fine anno tra rabbia e speranza 6. 1977: i primi “figli della diossina” (sani), Madre Teresa, e il lento ritorno alla normalità Bilanciare i catastrofisti Madre Teresa di Calcutta per la giornata della vita e per Seveso Quale bonifica? L’Ufficio speciale Un anno dopo Estate 1977: volontari di nuovo all’opera Si torna a casa
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7. Questioni calde La giustizia fa il suo corso La violenza fa il suo corso Molotov all’Ufficio decanale Il professor Candiani: per gli aborti di Seveso «desolante tristezza»
» 115 » 115 » 117 » 121
8. Un’eredità preziosa La nuova zona A: dalla bonifica al Bosco delle Querce «Ci vuole una bella costanza» Sui tumori? Un effetto modesto, per ora La diossina tra allarmismo e realismo Salute, ambiente, educazione «Seveso? Una scintilla»
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Intervista a S.E. monsignor Gervasio Gestori sul disastro di Seveso
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Riferimenti archivistici e bibliografici
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Ringraziamenti
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L’irriducibile positività di cui parliamo non si rivela meccanicamente, bensì solo a chi accetta la sfida della realtà, a chi prende sul serio le sue domande, a chi non retrocede davanti alle urgenze del vivere. Julián Carrón
Pagine precedenti: Primi lavori per la messa in sicurezza dell’area inquinata, luglio-agosto 1976 (Archivio privato Simone Meroni).