IT La Gazzetta gennaio 2013

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MENSILE D’INFORMAZIONE DELLA COOPERATIVA SOCIALE ITACA ONLUS

FAB È DI NUOVO IN CORSA

Fino al 15 febbraio aspettiamo le vostre idee di impresa sociale

UNA SFIDA POSSIBILE

Genius Loci: stare nei luoghi, guardarsi negli occhi e muovere energie

TUTELA, PROTEZIONE E CURA DEI MINORI Riflessione aperta sui percorsi di collaborazione e condivisione e muovere energie

N°01/2013 www.itaca.coopsoc.it

SELEZIONI APERTE PER IL SECONDO CICLO DI FAB 01/2013 ∙ IT LaGazzetta ∙∙∙ 1


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editoriale di Leo Tomarchio Presidente

DON CHISCIOTTE [Don Chisciotte] Ho letto millanta storie di cavalieri erranti, di imprese e di vittorie dei giusti sui prepotenti per starmene ancora chiuso coi miei libri in questa stanza come un vigliacco ozioso, sordo ad ogni sofferenza. Nel mondo oggi più di ieri domina l'ingiustizia, ma di eroici cavalieri non abbiamo più notizia; proprio per questo, Sancho, c'è bisogno soprattutto d'uno slancio generoso, fosse anche un sogno matto: vammi a prendere la sella, che il mio impegno ardimentoso l'ho promesso alla mia bella, Dulcinea del Toboso, e a te Sancho io prometto che guadagnerai un castello, ma un rifiuto non l'accetto, forza sellami il cavallo! Tu sarai il mio scudiero, la mia ombra confortante e con questo cuore puro, col mio scudo e Ronzinante, colpirò con la mia lancia l'ingiustizia giorno e notte, com'è vero nella Mancha che mi chiamo Don Chisciotte... [Sancho Panza] Questo folle non sta bene, ha bisogno di un dottore, contraddirlo non conviene, non è mai di buon umore... E' la più triste figura che sia apparsa sulla Terra, cavalier senza paura di una solitaria guerra cominciata per amore di una donna conosciuta dentro a una locanda a ore dove fa la prostituta, ma credendo di aver visto una vera principessa, lui ha voluto ad ogni costo farle quella sua promessa. E così da giorni abbiamo solo calci nel sedere, non sappiamo dove siamo, senza pane e senza bere e questo pazzo scatenato che è il più ingenuo dei bambini proprio ieri si è stroncato fra le pale dei mulini... E' un testardo, un idealista, troppi sogni ha nel cervello: io che sono più realista mi accontento di un castello. Mi farà Governatore e avrò terre in abbondanza, quant'è vero che anch'io ho un cuore e che mi chiamo Sancho Panza... [Don Chisciotte] Salta in piedi, Sancho, è tardi, non vorrai dormire ancora, solo i cinici e i codardi non si svegliano all'aurora: per i primi è indifferenza e disprezzo dei valori e per gli altri è riluttanza nei confronti dei doveri! L'ingiustizia non è il solo male che divora il mondo, anche l'anima dell'uomo ha toccato spesso il fondo, ma dobbiamo fare presto perché più che il tempo passa il nemico si fa d'ombra e s'ingarbuglia la matassa...

[Sancho Panza] A proposito di questo farsi d'ombra delle cose, l'altro giorno quando ha visto quelle pecore indifese le ha attaccate come fossero un esercito di Mori, ma che alla fine ci mordessero oltre i cani anche i pastori era chiaro come il giorno, non è vero, mio Signore? Io sarò un codardo e dormo, ma non sono un traditore, credo solo in quel che vedo e la realtà per me rimane il solo metro che possiedo, com'è vero... che ora ho fame! [Don Chisciotte] Sancho ascoltami, ti prego, sono stato anch'io un realista, ma ormai oggi me ne frego e, anche se ho una buona vista, l'apparenza delle cose come vedi non m'inganna, preferisco le sorprese di quest'anima tiranna che trasforma coi suoi trucchi la realtà che hai lì davanti, ma ti apre nuovi occhi e ti accende i sentimenti. Prima d'oggi mi annoiavo e volevo anche morire, ma ora sono un uomo nuovo che non teme di soffrire... [Sancho Panza] Mio Signore, io purtroppo sono un povero ignorante e del suo discorso astratto ci ho capito poco o niente, ma anche ammesso che il coraggio mi cancelli la pigrizia, riusciremo noi da soli a riportare la giustizia? In un mondo dove il male è di casa e ha vinto sempre, dove regna il "capitale", oggi più spietatamente, riuscirà con questo brocco e questo inutile scudiero al "potere" dare scacco e salvare il mondo intero? [Don Chisciotte] Mi vuoi dire, caro Sancho, che dovrei tirarmi indietro perché il "male" ed il "potere" hanno un aspetto così tetro? Dovrei anche rinunciare ad un po' di dignità, farmi umile e accettare che sia questa la realtà? [Insieme] Il "potere" è l'immondizia della storia degli umani e, anche se siamo soltanto due romantici rottami, sputeremo il cuore in faccia all'ingiustizia giorno e notte: siamo i "Grandi della Mancha", Sancho Panza... e Don Chisciotte! Francesco Guccini, Stagioni (2000)

01/2013 ∙ IT LaGazzetta ∙∙∙ 3


Sommario

Primo piano

05∙UNA SFIDA POSSIBILE:

GENIUS LOCI

L’INTERVISTA DEL MESE

IN COPERTINA Immagine di Fabio Della Pietra

07∙A TU PER TU CON LE FABERS Le protagoniste di FAB si raccontano

SPECIALE FAB!

10∙FAB È DI NUOVO IN CORSA

Fino al 15 febbraio aspettiamo le vostre idee di impresa sociale

Attualità

RICERCA E SVILUPPO

30∙LE PAROLE DEL SOCIALE: SUSSIDIARIETÀ Excursus tra forme e contenuti, significanti e significati

INformazione

31∙I VALORI TRADOTTI IN PRASSI I coordinatori dei servizi riflettono sui comportamenti da adottare

INsicurezza

32∙CULTURA DELLA SALUTE E SICUREZZA A SCUOLA Bambini: mal di schiena già dalla scuola primaria

14∙TUTELA, PROTEZIONE E CURA DEI MINORI

Riflessione aperta sui percorsi di collaborazione e condivisione

16∙SALE IL RENDIMENTO DEL PRESTITO SOCIALE Sicurezza e vantaggi per i soci

17∙FESTA DI NATALE SENZA CONFINI

Il mondo della salute mentale si incontra a Udine

e20

23∙IL VALORE DEI RICORDI “Dare voce alla memoria per valorizzare il presente”

25∙IL “LABORATORIO CREATIVO” DI CASA CARLI Segnalibri, biglietti augurali, calamite decorative e…

28∙L’ULTIMA PAROLA

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UNA SFIDA POSSIBILE Stare nei luoghi, guardarsi negli occhi e muovere energie Laura Lionetti Pordenone

“Ma come si fa ad iniziare un progetto senza sapere se ci saranno i finanziamenti ?” Questa è la domanda che mi è stata posta dopo sei mesi dall’avvio del progetto Genius Loci. Dietro questa domanda c’era un mondo, di dubbi, di fatica, di richiesta di sicurezza. La mia risposta è stata: “Penso che una Cooperativa sociale debba avere il coraggio di perseguire un progetto quando risponde ad un bisogno, quando può far star meglio le persone, quando è sostenibile”. Da tutte le parti si sente parlare di comunità, di relazioni, di welfare sostenibile… e ogni volta che ascolto questi discorsi mi sorge sempre la stessa domanda “Sì, ma come?”. Abbiamo bisogno di vedere come potrebbe essere, di provare a farlo accadere, di sperimentare modi possibili.

Genius Loci è un possibile come I servizi che si occupano di salute, assistenza ed educazione sono consapevoli di quanto riduttive e solo relativamente efficaci siano oggi le risposte di tipo specialistico, qualora esse non riescano a coinvolgere il tessuto comunitario, che è all’orizzonte della vita dei singoli e delle famiglie. Questo significa che, davanti alle manifestazioni del disagio, si possono fornire prestazioni intelligenti ed efficaci, anche in termini di costi/benefici, solo occupandosi contemporaneamente della qualità della vita sociale di quella data area della città. In sostanza, le istituzioni devono prioritariamente porsi il problema di come contribuire alla creazione o alla buona “manutenzione” delle condizioni per cui i cittadini possano acquisire o incrementare le proprie risorse di ascolto, comprensione, solidarietà, nonché di “complicità” con le istituzioni stesse: in una parola, le proprie competenze sociali. In base a queste premesse, partendo dell’esperienza del seminario Realtà e le prospettive

del lavoro in rete promosso nel 2008 dall’Ass n.6 Friuli Occidentale in collaborazione con le istituzioni locali, ha dato avvio a Pordenone alla sperimentazione di un progetto di comunità. Il progetto Genius Loci ha esordito nei due quartieri urbani di Villanova e Borgomeduna a ottobre 2010 con il laboratorio di fotografia Anatomia di un quartiere, avviando poi assemblee di quartiere, gruppi di lavoro, iniziative di carattere informativo, aggregativo e di scambio. Nel 2012 il progetto si è esteso anche ai quartieri di Vallenoncello e San Gregorio, raggiungendo così l’intera Circoscrizione Sud. La Cooperativa sociale Itaca ha sostenuto con mezzi e risorse umane l’avvio e la continuazione del progetto, credendo fermamente che le realtà del Terzo settore possano e debbano apportare un contributo fattivo alla promozione di iniziative che si muovano dal basso e rispondono ai bisogni dei cittadini. Genius Loci è un’azione progettuale condivisa tra operatori dei servizi pubblici e del privato sociale, sperimentata da Itaca in sinergia con le Cooperative sociali Acli e Fai, il Comune di 01/2013 ∙ IT LaGazzetta ∙∙∙ 5


PRIMO PIANO Pordenone, la Provincia di Pordenone, l’Ass6, le Associazioni dei quartieri. La finalità da cui ha preso le mosse il progetto è stata la tutela, la valorizzazione ed eventuale implementazione delle competenze di comunità proprie di un certo quartiere, facendo dell’intergenerazionalità la risorsa prima dell’intervento. Il progetto si è rivelato uno strumento attivatore di sinergie che connette cittadini, associazioni e istituzioni al fine di far fronte agli effetti conseguenti alla crisi del legame comunitario nella nostra società (emarginazione, isolamento, mancanza di dialogo tra le generazioni, forme epidemiche di disagio psichico quali i disturbi borderline e dell’umore, gli attacchi di panico e le dipendenze). Il progetto di animazione nei quartieri, dunque, si basa su una metodologia che ha come elementi fondanti l’intergenerazionalità, lo sviluppo di comunità e il lavoro inter istituzionale, assegnando all’Educatore ruoli e funzioni specifiche. Come è stato sviluppato nel corso di formazione promosso nel 2012 dalle Cooperative Itaca e Fai in collaborazione con lo Ial Fvg e condotto dall’esperto Stefano Carbone, l’Educatore di comunità è molte cose: Operatore di collegamento – server di rete, segreteria, connettore; Antenna che intercetta, coglie il bisogno, il desiderio, i potenziali; Facilitatore della comunicazione – traduce linguaggi, media; Attivatore di processi animativi – avvia, sostiene; Supporto nel far chiarezza, organizzare, progettare insieme; Catalizzatore di processi fiduciari; Tutela e garanzia sulla qualità del prodotto. E fa molte cose: Valorizza l’esistente – riconoscere e partire da quello che c’è ottimizzare; Progetta in maniera condivisa – individuare insieme i temi sui quali lavorare; Connette e moltiplica le relazioni; Tiene a mente la sostenibilità e rispetta i temi, i tempi e le energie del quartiere; Si pone in ascolto, attiva potenziali, aumenta senso di possibilità e di responsabilità; Porta l’altro sulla scena pubblica ed esce dall’autocentratura; Ha cura del capitale sociale della qualità delle relazioni e della convivenza. Gli Educatori, coordinati dal dott. Francesco Stoppa, ora sono cinque: Chiara Buono, Gianluca Dal Cin, Ivana Foresto, Elisa Seriani, Valentina Zambon. Il progetto Genius Loci, nato “dal basso”, è cresciuto e si è arricchito grazie ad una progettualità comunitaria che ha portato alla realizzazione di iniziative e momenti di scambio collettivo, tesi a favorire la valorizzazione e l’identificazione col luogo di vita. Il risultato più importante è stato sicuramente quello di veder riunite persone di diversa età e di diversa provenienza che insieme hanno pen6 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 01/2013

sato a come rendere la vita del proprio quartiere più ricca nei termini dello scambio e dell’incontro. Non è stato facile arrivare a questo. Alla fine del 2010, quando parlare di Genius Loci nei territori era come nominare qualche pianta strana, le persone si avvicinavano al progetto in maniera sospettosa e diffidente. Proporre un tipo di intervento senza alcuno schema preconfezionato è stata la difficoltà maggiore. Chiedere alle persone di riflettere e costruire insieme un cammino da intraprendere non è cosa facile, né tantomeno assimilabile in maniera così spontanea. Con molta fatica le associazioni e i cittadini dei quartieri hanno iniziato a far propria l’idea di fondo di Genius Loci, investendo energia e coltivando aspettative, strutturando spazi di incontro, momenti di riflessione e proposte progettuali, con una partecipazione che ha richiesto costanti stimoli e sollecitazioni ma che si è rivelata costante e attiva durante tutto il periodo, rivelando la necessità e la volontà di possedere questo spazio comunitario nel lungo termine. Nei quartieri sono state avviate numerose iniziative, a carattere stabile, periodico ed occasionale.

• Esperienze di intercultura • Percorsi di inclusione sociale Progetto di integrazione delle attività di Genius loci e il Giardino educativo delle sorprese dell’A. S.S. 6, con la costituzione del Comitato Orto. • Iniziative di scambio e incontro

• Percorsi di ricerca azione • Due redazioni, per due Fogli di Quartiere, SpiazzaBorgo e Villanoviamoci

• Laboratori teatrali

La banca dei ricordi. Aperitivo tra vicini di casa con storie di ogni tempo con l’ Arlecchino Errante

E’ necessario stare nei luoghi per individuare problemi e questioni significative condivise, per ideare e progettare possibili risposte, per raccogliere le istanze dal basso, per negoziare con la funzione pubblica, per sperimentare che a stare insieme c’è un vantaggio, perché se le persone si guardano negli occhi muovono le energie. Penso che stare nei luoghi debba continuare ad essere la vocazione della Cooperazione sociale, nata proprio per chiudere non - luoghi e questo può essere fatto investendo, connettendo, resistendo. Alla fine il finanziamento del progetto è arrivato, dopo due anni di intenso lavoro sul campo da parte degli Educatori, con l’aggiudicazione della procedura negoziata per l’affidamento del servizio di animazione nei quartieri, indetta dal Dipartimento Servizi Condivisi, per conto dell’Ass6, nel cui Distretto Urbano si svolge il progetto, per 36 mesi di attività a partire da dicembre 2012. Da quell’ottobre 2010, in cui è sono partiti i due laboratori di fotografia di quartiere a Borgomeduna e Villanova, guidati da Chiara Buono e Ivana Foresto, sono dunque passati 26 mesi, più di due anni, prima di ottenere la copertura economica del progetto. Confido che la pazienza a volte possa essere rivoluzionaria.


l'INTERVISTA del mese

A TU PER TU CON LE FABERS Le protagoniste di FAB raccontano in presa diretta l’evoluzione della loro idea d’impresa in progetto Pordenone

Ingrid Prestopino

Elisa Delli Zotti e Federica Vaglio

Come ti sei avvicinata a FAB? Elisa: Mi è stato suggerito di leggere un articolo in un quotidiano locale dove si presentava l’iniziativa FAB e se ne annunciava la sua presentazione al pubblico. Così sono andata a sbirciare cosa stesse succedendo in centro città durante quell’occasione. Da lì il colloquio informativo, la email con allegato il mio progetto, e poi la selezione e l’incontro con Federica… Federica: Ho scoperto FAB da un volantino raccolto in mediateca a Pordenone, era l'ultima settimana prima della chiusura della prima call. Dopo aver letto attentamente il sito, ho fissato un appuntamento e incontrato Christian Gretter, coordinatore di FAB, il generatore d’impresa della Cooperativa sociale Itaca, che mi ha mostrato la sede e spiegato il percorso. Ho deciso di dare una possibilità a un progetto che avevo nel cassetto. Poi, qui in FAB, da una siamo diventate due e le idee si sono moltiplicate. Da quali fasi è scandita la vita quotidiana nel generatore d’impresa? Ci sono continui incontri di formazione personale, a volte il ritmo è davvero incalzante. Il percorso “The Village” e il lavoro di Dof Consulting sono davvero molto utili. Nel gruppo dei fabers,

soprattutto in questo periodo, sono giornate intense. Ci si allena a pensare a come possa essere, di qui a pochi mesi, la nostra impresa e, con la simulazione alla partecipazione a bandi internazionali, si affinano le strategie di comunicazione adeguate alla nostra idea di partenza. Tutto può essere una palestra! Come si sta sviluppando la tua idea imprenditoriale? Tra continui ostacoli e abbagli non è facile realizzare un progetto che sia open e che non abbia fini di lucro! Impossibile? ...forse! Che una buona idea non basti da sola, l’avevamo capito, bisogna renderla comprensibile anche alla nonna e quantificabile con numeri e business plan per potenziali investitori. Ma ai nostri occhi serve soprattutto una buona dose di cioccolata e chilometri e chilometri di spazio in “cloud” da condividere con le scrivanie vicine e lontane del nostro team, sparpagliato per la penisola e non solo. É un continuo creare e distruggere, cambiare prospettiva e lavorarci disperatamente e ironicamente. Sempre pronte a cambiare tutto il giorno successivo e ricominciare con un nuovo entusiasmo!

Come ti sei avvicinata a FAB? Su suggerimento di una conoscente, mi sono recata alla giornata di presentazione di FAB a Pordenone presso l’ex convento di San Francesco, dove sono venuta a conoscenza delle iniziative di Itaca e di Dof consulting relative alla proposta di una sorta di concorso di idee per un incubatore d’impresa. Una volta comprese le dinamiche del progetto, ho promosso l’opportunità presso i miei amici, tra cui il mio attuale socio Dante e, armata di carta e penna, mi sono decisa a presentare una mia idea. Così, dopo un mese, sono stata contattata inaspettatamente e sono stata catapultata in questa avventura. Da quali fasi è scandita la vita quotidiana nel generatore d’impresa? La giornata tipo all’interno dell’ufficio di FAB si svolge tra lezioni frontali dai ritmi molto serrati in cui impariamo a gestire le problematiche tipiche del lavoro di gruppo, della relazione con le istituzioni - e del nostro collocamento in esse - e riflessioni con i tutor sulle aspettative nei confronti di noi stesse e della società, che sarà l’obiettivo finale dei nostri progetti. Nel tempo libero, l’ufficio rimane a disposizione per mo01/2013 ∙ IT LaGazzetta ∙∙∙ 7


l'INTERVISTA del mese menti di conviviale collaborazione tra fabers e momenti di ricerca sul progetto. Come si sta sviluppando la tua idea imprenditoriale? L’idea sta incontrando non poche difficoltà per diventare vero e proprio progetto. Attraverso statistiche e dati, prende forma il contesto normativo in cui collocare e ipotizzare le varie declinazioni e le possibilità di realizzazione. Al momento stiamo cercando di aprirci un varco tra le fumose leggi che ospiteranno il nostro progetto, attraverso colloqui con vari professionisti dei settori di legislazione ambientale e contabilità. Il nostro “recyClab” ora è nella fase più critica poiché, oltre a dimostrare la sua sostenibilità economica, deve anche delineare una strategia d’azione aderente alle possibilità offerte dalla legislazione sul riuso. Se la supererà, sarà pronto per diventare una realtà concreta in grado di produrre un progresso in campo ambientale e un beneficio per la comunità che lo ospiterà. In linea con le attuali normative europee, entro il 2020 gli stati devono costantemente indirizzarsi verso un risparmio delle risorse: recyClab, quindi, diventa lo strumento con il quale attuare nuove strategie per migliorare la qualità della vita di tutti.

Julia Mammolo

Da quali fasi è scandita la vita quotidiana nel generatore d’impresa? All’interno di FAB seguiamo corsi specifici, un paio di volte alla settimana, tenuti da diversi professionisti su temi come la progettazione, il business & social plan, l’amministrazione generale, il sociale, coaching, problem solving relazionale, sviluppo personale e lavoro di gruppo, e tutto ciò che più in generale in questa fase ci servirà per avere un’ampia visione d’insieme, che ci permetta di rendere concreto il nostro progetto. Nelle giornate libere abbiamo a disposizione lo spazio di FAB con le attrezzature necessarie per il lavoro, uno spazio ricreativo per la pausa pranzo e l’ interazione con gli altri partecipanti, con i quali si è instaurato un bel rapporto di complicità e collaborazione. Come si sta sviluppando la tua idea imprenditoriale? Siamo partiti dal bisogno di crearci un lavoro stabile e l’abbiamo unito alla passione per l’ambiente che accomuna il nostro gruppo. Il nostro progetto di Parco rurale sinergico è a buon punto, da un’idea “grezza” ora siamo arrivati ai dettagli e stiamo ultimando il business and social plan. Stiamo anche allacciando relazioni con le realtà del territorio, ma non solo (cooperative, imprese, associazioni), indispensabili allo sviluppo della nostra futura rete sociale e commerciale. I professionisti che ci aiutano, e ci offrono le loro consulenze, sono utili per un confronto con le realtà imprenditoriali esistenti. Siamo prossimi alla registrazione di un video di presentazione della nostra idea imprenditoriale che sarà visibile al pubblico e, quindi, anche agli eventuali investitori e partner.

Federica Morsanuto

Come ti sei avvicinata a FAB? Informandoci sul mondo della cooperazione e consultando il sito della cooperativa sociale Itaca abbiamo trovato le informazioni su FAB e l’occasione per la creazione di nuove imprese. Abbiamo partecipato alla giornata di presentazione e all’Open Day per ricavare le notizie del caso. Successivamente, abbiamo presentato la nostra idea di progetto, che è stata valutata positivamente e che ci ha dato la possibilità di passare alla fase successiva dell’Academy. 8 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 01/2013

Come ti sei avvicinata a FAB? Mi sono avvicinata a FAB attraverso “Imprenderò”, un progetto volto al supporto della creazione d'impresa e alla promozione della cultura imprenditoriale nella regione Friuli Venezia Giulia. Da quali fasi è scandita la vita quotidiana nel generatore d’impresa? Le giornate sono molto variegate e sempre cariche di interessanti spunti e nuovi stimoli. Nella fase iniziale la formazione è stata l’elemento più rilevante. Abbiamo lavorato molto su noi stessi e sulle nostre risorse personali grazie al team di Dof Consulting, che ci ha spalancato le porte di “The Village”, il paese virtuale nel quale ognuno ha potuto incontrare e scegliere, attraverso delle carte illustrate, i personaggi che più gli assomigliavano e quelli di cui avrebbe avuto bisogno per realizzare il proprio progetto. Questo ci ha permesso di sviluppare al meglio le caratteristiche che ancora non avevamo o che possedevamo solo in parte per gestire in modo ottimale la nostra idea d’impresa. L’équipe della Cooperativa sociale Itaca, invece, ci ha introdotto alla progettazione e alla stesura del business plan, lasciandoci però grande libertà di ricerca e di azione. Nella fase attuale, le giornate di scambio e formazione collettiva si alternano a periodi di lavoro individuale, nello sforzo di concretizzare l’idea calandola nella realtà dei numeri e del mercato di riferimento, definendo dettagli e cercando informazioni e contatti utili. Molto importanti sono anche i momenti di pausa. Davanti a un caffè o durante il pranzo ci si confronta con i colleghi fabers: nascono così nuove idee, si scambiano consigli, indicazioni, punti di vista, si creano amicizie e collaborazioni. Come si sta sviluppando la tua idea d’impresa? La mia idea sta prendendo forma attraverso la stesura del progetto e la messa a punto del business plan, con il supporto dei possibili fornitori. Ero approdata in FAB molto determinata, ma adesso mi sento ancora più consapevole e decisa, perché ho cucito il mio progetto punto dopo punto per renderlo aderente alle necessità del territorio. Ma il vero motore del generatore FAB è, a mio avviso, l’attenzione rivolta alla motivazione personale, rafforzata da incontri individuali con il coach, che ci affianca nel pianificare le azioni da mettere in campo per raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissati. Credo che avere una persona di riferimento aiuti a non perdere di vista l’obiettivo di fronte alle inevitabili difficol-


l'INTERVISTA del mese tà che s’incontrano nella fase iniziale dell’avvio d’impresa. È importante sentirsi supportati non solo come futuri imprenditori ma anche come individui: questo FAB l’ha capito, a conferma della sua attenzione alla persona, prima cellula della società.

Tiziana Perin

mente o in gruppo ai nostri progetti, tra una risata, un pranzo riscaldato al microonde, un lavaggio di tazzine del caffè in bagno e qualche confidenza… C’è Christian Gretter, il coordinatore del progetto, il nostro funambolo tentacolare sempre ottimista, motivante, e rassicurante… buena onda. E poi c’è Fabio Della Pietra, dell’ufficio stampa di Itaca, che scrive, posta, fotografa, documenta e ci ripete sempre: “taggatevi!”. Come si sta sviluppando la tua idea imprenditoriale? La mia idea è l’apertura di una scuola dell’infanzia bilingue. Per concretizzarla, sto facendo un “bagno di legge”, cercando e studiando tutta la normativa di riferimento; sto facendo un’analisi della concorrenza, visitando e interrogando tutte le scuole bilingui presenti nel raggio di un centinaio di chilometri; sto facendo ricerche in internet per trovare possibilità di entrare in rete con altre scuole eccellenti; sto riflettendo come mamma su quello che voglio e quello che manca a Pordenone; sto usando un po’ di fantasia e visione per dare corpo all’idea e, infine, sto mettendo a frutto i miei studi di progettazione per scrivere al meglio la mia proposta.

Come ti sei avvicinata a FAB? Luglio 2012: “Ciao Tiz, l’altra sera sono stata ad un’inaugurazione della Cooperativa Itaca di “qualcosa” per cui se presenti l’idea per un progetto te la finanziano”. “Ma sei sicura?”. “No”. “Andiamo a leggere cosa dicono nel sito?”. “Sì” E così è stato, ci siamo fatte un’idea di cosa fosse e cosa offrisse FAB e poi ci siamo presentate all’Open Day. Da una chiacchierata a braccio con Massimo Tuzzato, area Ricerca e sviluppo di Itaca, è nata l’idea che poi abbiamo sviluppato e presentato alla selezione.

Gianna Vigorito

9.30, quando a turno una faber di buona volontà, o il tutor, apre la sede. Dopo, a seconda degli impegni giornalieri che si hanno, i fabers lavorano ai loro progetti fino alla pausa pranzo, solitamente fino alle 13. La pausa pranzo rappresenta un momento conviviale in cui, tra un boccone e l’altro, si scambiano opinioni e impressioni su argomenti disparati. In seguito, si ritorna al lavoro e, salvo impegni, si procede fino alle 18. Alcuni giorni a settimana, la routine lavorativa si arricchisce grazie all’Academy, una serie di incontri di formazione dai contenuti tecnici e non solo, che hanno lo scopo di sostenere i fabers nello sviluppo dell’impresa e nell’auto-sviluppo personale e professionale (o di gruppo). Come si sta sviluppando la tua idea imprenditoriale? Lo sviluppo della mia idea imprenditoriale si sta realizzando attraverso un percorso che finora ha previsto azioni precise. La prima azione del mio percorso in Academy è consistita nello scomporre l’idea e la sua riformulazione, attraverso l’ausilio del quadro logico e degli strumenti di progettazione propri del ciclo di progetto. La seconda si è concretizzata nella prima formulazione del budget e nelle indagini di mercato relative ai costi da sostenere (richiesta preventivi, visione siti per fornitura strumenti e materiali di lavoro, ecc.). La terza azione ha previsto la prima stesura del business plan con le rispettive indagini settoriali e di mercato. La quarta azione è l’ideazione e la creazione dello storyboard del video di presentazione dell’idea di impresa. Le azioni che prevedo di attuare e portare a termine per la fine di questa prima fase di FAB sono di revisione e controllo del business plan e del budget.

Fabio Della Pietra e Christian Gretter Da quali fasi è scandita la vita quotidiana nel generatore d’impresa? C’è un calendario di Academy (la parte formativa proposta da Itaca), che è in continua evoluzione e si modella sulle esigenze che emergono man mano, a seconda delle nostre competenze e dei nostri progetti. Intervengono membri della Cooperativa sociale Itaca ed esperti esterni di varie aree. Con i consulenti di comunicazione di Dof Consulting, oltre a fare formazione, portiamo anche avanti il progetto “The Village”, un modo interessante di individuare, analizzare e sviluppare le nostre competenze sociali. Ci siamo noi fabers, che lavoriamo individual-

Come ti sei avvicinata a FAB? Ho conosciuto FAB grazie a un amico che me ne ha parlato e mi ha dato tutte le informazioni utili (sito, brochure, ecc.) per saperne di più. Da quali fasi è scandita la vita quotidiana nel generatore d’impresa? La vita quotidiana nel generatore d’impresa è scandita da diversi momenti, di studio, di riflessione, di partecipazione, di pausa, di collaborazione e di creatività. La giornata tipo inizia alle 01/2013 ∙ IT LaGazzetta ∙∙∙ 9


Speciale FAB!

FAB È DI NUOVO IN CORSA Fino al 15 febbraio aspettiamo le vostre idee di impresa sociale Pordenone Il 29 giugno scorso, a Pordenone faceva un gran caldo. Noi di FAB, però, non ci ricorderemo di quel giorno per la temperatura già da piena estate, ma per le centinaia di persone che si sono riunite nel complesso dell’ex convento di San Francesco per festeggiare la nascita di un'esperienza nuova per Pordenone (e per l'Italia): una Cooperativa sociale come Itaca che decide di festeggiare il proprio compleanno creando uno spazio dove buone idee, in grado di accelerare lo sviluppo sociale di una comunità, vengono aiutate a diventare impresa. Creare innovazione sociale per il territorio partendo dal territorio stesso e dai suoi bisogni. Per noi, significa restituire alla comunità – sotto forma di esperienza, capacità e innovazione 10 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 01/2013

– ciò che abbiamo ricevuto nei nostri primi 20 anni di fortunata attività e dar vita a un modo nuovo di fare impresa, più attento alle persone, alle relazioni e agli ecosistemi. Puntiamo sulle persone e sulle loro idee. Perché riteniamo che sia giusto così. Perché solo le buone idee che vengono aiutate a crescere nel modo giusto possono mettere radici in un territorio, creare lavoro e far ripartire il motore dello sviluppo di cui hanno bisogno le nostre comunità e la nostra società. FAB si legge Faber Academy Box. FABER perché l'unica cosa che richiediamo a chi entra in FAB è di metterci l'impegno, la voglia di fare, la curiosità di ricercare soluzioni nuove, la forza di credere nel proprio sogno e di costruirlo. Con il nostro supporto, sì, ma in prima persona e da protagonista. Da parte


Speciale FAB! Hai un’idea d’impresa per far crescere e migliorare la tua città?

nostra, mettiamo a disposizione un network di supporto – fatto di soggetti istituzionali e privati, istituti bancari e fondazioni – che ha avuto 20 anni per crescere e consolidarsi. ACADEMY perché la vera qualità distintiva di FAB sono i 3 mesi che passano fra la prima e la seconda selezione. Mesi durante i quali l'idea viene analizzata, spogliata di ciò che non le serve, raffinata e preparata per giocarsela su un mercato “vero”. Mesi che servono ai faber per acquisire tutta una serie di strumenti e di competenze (anche sociali) che li aiuteranno a diventare imprenditori migliori e più consapevoli, di cosa possono fare la comunità e di cosa la comunità può fare per loro. Una Academy che non è una scuola, ma una “palestra di impresa”. BOX perché FAB è prima di ogni altra cosa uno spazio condiviso. Itaca ha scelto di investire sul futuro recuperando il suo passato, restaurando i locali della sua sede storica, in via San Francesco in centro a Pordenone, e trasformandoli in un contenitore che accoglie senza limitare i movimenti delle persone. Flessibile e rilassante, ma anche adatto a sviluppare quella creatività e collaborazione di cui ha bisogno l'impresa del futuro. Box come scatola “aperta” che può essere riempita di tante cose, esperienze e capacità diverse, ma da cui possono uscire idee nuove che vanno a contaminare, col loro carico di innovazione, anche ciò che sta attorno e fuori da FAB.

ci confrontiamo tutti i giorni con le difficoltà di una società sempre più in crisi, da cui però siamo convinti possano nascere nuove esperienze di innovazione sociale, modalità diverse e migliori di fare impresa e di vivere assieme. Abbiamo scelto, nel fare questo viaggio, di scommettere sul sapere e sulle potenzialità di persone che non hanno più un posto nel mercato del lavoro o ne hanno uno precario, provvisorio, instabile, ma sono ricche di talento e di passione. Ma anche su chi ha già un sogno di impresa ben chiaro in testa e avrebbe bisogno di una rete forte di relazioni e di collaborazioni per vederlo realizzato. Così il 15 dicembre 2012 è partita la seconda selezione. Avete tempo fino al 15 febbraio 2013 per tirare fuori dal cassetto quell'idea di impresa che covate da tanto ma che non avete mai avuto la possibilità di provare a realizzare o per raccontarci l'illuminazione che vi è venuta questa mattina guardandovi allo specchio, che a voi sembra tanto buona, ma non sapete da che parte cominciare per farla diventare realtà. Noi ci siamo. Se volete esserci anche voi, se avete voglia come noi di provarci cominciate col raccontarci la vostra idea. Anche i grandi viaggi iniziano da un piccolo passo.

FAB ti aiuta a realizzarla. FAB è destinato principalmente a persone disoccupate, con lavoro parziale e/o precario. Ideato dalla Cooperativa Itaca per celebrare il Ventennale di fondazione (1992-2012), FAB è il generatore d’impresa per lo sviluppo sociale che può sostenere chi ha l’idea giusta, offrendo l’occasione a costo zero per trasformarla in impresa. Tra le novità il recentissimo ingresso della Fondazione Crup tra i partner, la Fondazione finanzierà sei borse di studio per l’intera durata del progetto. FAB mette a disposizione un luogo fisico – la sede è in pieno centro a Pordenone in via San Francesco 1/C – collegato al mondo reale e virtuale, strumenti, la sua rete di relazioni con enti locali, finanziari, università. Per una Cooperativa sociale come Itaca, che nel 2011 ha sfiorato i 35 milioni di euro di fatturato segnando un + 7,8%, incrementando il numero degli occupati (oltre 1300, l’83% dei quali donne) e dei soci lavoratori (oltre 1000), lanciare un progetto come FAB significa anche altro. “Noi vogliamo proporre un nuovo modello di mondo e di comunità sociale – evidenzia il presidente di Itaca, Leo Tomarchio -, coerente con la mutevolezza del contesto economico. Inclusivo e aperto a chiunque, ma basato sulla valorizzazione delle caratteristiche che rendono unico ogni essere umano e mirato ad un effettivo progresso sociale”. Si potranno sviluppare idee imprenditoriali focalizzate su tre macro aree: uomo, ambiente, comunità. FAB! è un progetto della Cooperativa Itaca che gode della collaborazione di Dof Consulting e del supporto di diversi partner, fra cui l’Università degli Studi di Trento nella persona del prof. Luca Fazzi, di A.I.C.C.O.N. (Associazione Italiana per la promozione della Cultura della Cooperazione e del Nonprofit) nella persona del suo direttore Paolo Venturi, DMAV. Dalla maschera al volto – Social Art Ensemble, Provincia di Pordenone e Comune di Pordenone. Tra i partner recentemente si è aggiunta la Fondazione Crup che finanzierà sei borse di studio per l’intera durata del progetto. Ne potranno usufruire i progetti selezionati dall'Academy, il prezioso intervento della Fondazione farà in modo che i progetti che hanno superato la seconda fase di FAB possano concretizzarsi in impresa e/o rami d'impresa.

Cerchiamo idee speciali, ma anche persone speciali. Siamo abituati alle sfide perché 01/2013 ∙ IT LaGazzetta ∙∙∙ 11


Speciale FAB!

DARWIN E GLI IMPRENDITORI SOCIALI Co-operazione Innovazione managerialità Bologna “La selezione naturale, concetto introdotto da Charles Darwin nel 1859 nel libro L’origine delle specie, è il meccanismo con cui avviene l’evoluzione della specie e secondo cui si ha un progressivo (e cumulativo) aumento degli individui con caratteristiche ottimali (fitness) per l’ambiente di vita.” Questo processo “darwiniano” descrive bene la situazione in cui si trovano oggi gli imprenditori sociali. La crisi infatti è “l’ambiente ideale” per selezionare la specie “imprenditore” ossia colui che nella difficoltà coglie le opportunità… il vero imprenditore emerge in questi momenti per la capacità di vedere oltre la cortina di fumo e immaginarsi una prospettiva a partire dal presente. 12 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 01/2013

L’evidenza di tutto ciò emerge dalla VI edizione dell’Osservatorio sulle imprese Sociali di Isnet che ribadisce la correlazione fra sentiment positivo e imprenditorialità: ha una visione migliore sul futuro chi ha una propensione maggiore all’imprenditorialità e quindi un maggior orientamento al mercato. Un dato simile lo ritroviamo anche nell’Osservatorio di Ubi Comunità: migliori sono le prospettive e la propensione all’investimento delle cooperative sociali che scambiano beni e servizi sul mercato rispetto a quelle che si muovono unicamente nella direzione della pubblica amministrazione. La visione imprenditoriale quindi fa la differenza. Naturalmente non si chiede a tutti i cooperatori sociali di diventare imprenditori, pena l’estinzione, ma è decisivo capire che l’imprenditorialità (collettiva) è la miglior garanzia per alimentare una più effica-


Il Presidente Leo Tomarchio alla firma della lettera d'intenti

Speciale FAB!

A destra, Enzo Gasparutti Presidente di LegacoopFVG

ce e sostenibile prospettiva per l’inclusione sociale e per la costruzione di servizi utili alla comunità! Non confondiamo però l’imprenditorialità con la managerialità… sono due cose diverse. Per costruire una manager di qualità occorre formazione ed esperienza, mentre per far crescere un imprenditore questo non basta, occorre anche un’educazione. Mentre l’attività formativa è tesa ad istruire, ossia “mettere dentro delle competenze” , l’attività di educazione è tesa a “tirar fuori/far emergere/ valorizzare un tratto che già esiste” e che non è surrogabile o riproducibile da nessun percorso formativo. L’imprenditorialità è una vocazione e l’educazione all’imprenditorialità è il presupposto perché essa si manifesti. L’imprenditore sociale non è (solo) un costruttore ma, come ci

insegna Schumpeter, è un creatore e la differenza fra le due cose è molto grande come afferma K. Chesterton: «una cosa costruita si può amare solo dopo che è stata costruita, ma una cosa creata la si ama prima ancora di farla esistere». Paolo Venturi Direttore di Aiccon Tratto da: http://blog.vita.it/cooperare

A sinistra, Paolo Iabichino autore di Invertising

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ATTUALITà

TUTELA, PROTEZIONE E CURA DEI MINORI Riflessione aperta sui percorsi di collaborazione e condivisione Tavagnacco La Cooperativa Itaca in collaborazione con l’Ordine delle Assistenti sociali del Friuli Venezia Giulia, gli Ambiti di Pordenone, Azzano Decimo e Cividale, ha realizzato lo scorso 6 dicembre presso la sede della Cooperativa Hattiva a Tavagnacco il convegno “Percorsi di collaborazione e condivisione nei processi di tutela, protezione e cura dei soggetti minori di età” e la tavola rotonda su “Le progettualità innovative nell’ambito dei servizi educativi”. La giornata di studio è stata la parte finale di un percorso iniziato all’interno dell’Area Minori di Itaca, dove da circa tre anni sono state sviluppate cinque microaree di pensiero, ciascuna comprendente servizi affini per tipologia, omogenei per target d’età e per normativa di riferimento. L’obiettivo di ognuno di questi gruppi di lavoro è stato quello di condividere tra coordinatori afferenti a quella tipologia di servizi, una cornice teorica comune e un modello operativo di riferimento, oltre a strumenti progettuali rappresentativi la complessità dei diversi servizi. La microarea relativa ai Servizi territoriali rivolti ai minori, composta oltre che dai responsabili di settore (Christian Gretter prima e Samantha Marcon) ed alla sottoscritta, da Simone Ciprian, Cristina Bertossi, Chiara Nicoletti, Sabrina Bearzi e Barbara Comelli, si è sviluppata partendo da una ricognizione delle modalità operative utilizzate nei diversi servizi afferenti gli Ambiti di Pordenone, Carnia, Azzano Decimo, Latisana e Carnia, per poi arrivare a condividere un “modello operativo” utile a contestualizzare e definire le tipologie di servizi rientranti nell’area e gli strumenti di progettazione educativa che fossero funzionali al lavoro degli educatori. Successivamente, il percorso ha previsto un approfondimento sui riferimenti psico-pedagogici e questo ha portato all’elaborazione del documento “Modelli teorici di riferimento”. Nel contesto dei servizi dei minori sotto tutela, una parte importante è rappresentata dal14 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 01/2013

le fonti normative e per tale motivo si è ritenuto fondamentale, per i partecipanti al gruppo di microarea, poter aderire ad un percorso formativo che approfondisse tale tematica; la Cooperativa, così, ha promosso il corso “Le modalità operative di concertazione, condivisione e consolidamento di buone prassi di intervento nell’area socio-sanitaria e scolastica”, tenuto da Fabia Mellina Bares, esperta in diritto di famiglia, in istituzioni e tecniche di tutela dei diritti dei soggetti di minore età, oltre che docente, consulente e formatrice. I destinatari del corso sono stati, oltre a tutti i coordinatori del settore Minori, un numero nutrito di educatori coinvolti in servizi relativi alla tutela minori e che hanno avuto modo di reinquadrare il loro ruolo e le loro responsabilità come educatori, oltre che portare contributi preziosi alla discussione. Il percorso formativo ha prodotto due risultati importanti: l’elaborazione di un documento : “Manuale per educatori operanti in servizi rivolti a minori” e l’idea di condividere i temi trattati nel convegno sopra citato, oltre che poter presentare delle esperienze significative nella tavola rotonda. Il convegno ha visto coinvolta, per quanto riguarda le tematiche normative legate alla tutela dei minori, ma anche la corretta gestione documentale e progettuale dei casi, Miriam Totis, presidente dell’Ordine delle Assistenti sociali del Friuli Venezia Giulia, che ha proposto la visione del processo dal punto di vista del Servizio sociale e dei suoi legami con le reti del territorio. La parte relativa alla normativa ha avuto come finalità una riflessione sulle interazioni tra i diversi protagonisti che intervengono nei processi di tutela, protezione e cura dei soggetti minori di età in situazioni di svantaggio, ed un confronto in merito alle normative vigenti ed alle rispettive competenze e responsabilità, sia rispetto alla progettualità che al diritto di riservatezza. Totis ha centrato il suo intervento sul bisogno di cambiamento nell’ambito dei servizi, rispetto a modalità utilizzate finora e non più funzionali alle problematiche emerse negli ul-

timi anni. Il cambiamento comporta oltre che una modifica del sistema, primariamente il modo di pensare e di vedere, richiede creatività, l’adesione e la motivazione degli operatori; richiede un lavoro di equipe multidisciplinare, dove pubblico e privato riflettano insieme sulle esperienze, in un continuo scambio e nel riconoscimento delle capacità e risorse di ciascuna professionalità. Nella seconda parte della giornata si è sviluppata la tavola rotonda, sempre condotta dalla Totis, dove diverse realtà di Servizi a livello regionale hanno potuto presentare le loro esperienze più efficaci ed innovative. Chiara Nicoletti di Itaca e Sergio Gambino educatore del Set di Pordenone (in quanto Carlotta Galli, Responsabile per l’Ambito Urbano, era assente per motivi di lavoro) hanno presentato alcune esperienze innovative sul fronte del lavoro con adolescenti; in particolare è stato presentato un progetto che ha visto una forte sinergia tra equipe Minori dell’Ambito e Cooperativa Itaca e che prevede la creazione di uno spazio di incontro in centro a Pordenone condotto da due educatori e rivolto ad adolescenti; l’innovazione è stata il passaggio da laboratori proposti dagli educatori a laboratori proposti direttamente dai ragazzi. L’Ambito di Azzano Decimo, rappresentato da Gabriella Bortolussi e Daniela Bortolin della Cooperativa Itaca, ha presentato le esperienze nate da un lavoro di rete denominato “Risorse in Campo”, dove è stata fatta una mappatura di risorse materiali e spazi presenti sul territorio, oltre ad una ricognizione delle competenze dei 70 educatori della Cooperativa Itaca. Da ciò sono nati quattro progetti: Doposcuola con la Metodologia Feuerstein, progetti di gruppi con ragazzi adolescenti con difficoltà di tipo relazionale presso la Cooperativa Sociale “Il Ponte”, Laboratori di cucina con ragazzi disabili presso la sede dell’associazione “Sulla Soglia”, un progetto di avvicinamento allo sport con ragazzi disabili. L’Ambito Distrettuale di Cividale, rappresentato da Martina Campagnaro e Francesca di


ATTUALITà

Una meravigliosa avventura Pascoli, ha proposto un’esperienza innovativa sulle procedure di affido, partendo dal principio che i minori delle famiglie in difficoltà vanno sostenuti nella propria famiglia e nella propria comunità di appartenenza. Il progetto ha viste coinvolte le associazioni presenti nell’Ambito, in particolare con l’associazione “Focolare onlus” è stata stipulata una convenzione ed è stata attivata una campagna di promozione e sensibilizzazione sul significato dell’affidamento, cui è seguito un percorso formativo di sei serate tenuto dall’associazione, dove sono stati approfonditi temi come la presentazione dei Servizi, il ruolo dell’assistente sociale, il ruolo della famiglia affidataria, le reazioni emotive che l’esperienza di affido genera, come si concretizza l’affido, il distacco e il fine affidamento. Finito il percorso formativo, le famiglie interessate hanno iniziato un percorso individualizzato con il Consultorio e nel gruppo di auto-mutuo aiuto fra famiglie. Continuano inoltre gli incontri di sensibilizzazione rivolti alla comunità, il che ha implicato per tutto il percorso una corresponsabilità della comunità stessa ed una riattivazione della cittadinanza attiva nel ruolo dell’essere genitori. La giornata di studio si è conclusa con una buona partecipazione di operatori, sia del privato sociale che del pubblico, provenienti da diverse aree della regione, l’auspicio è che i temi trattati possano essere volano per nuove esperienze e nuovi spazi di confronto. Daniela Bortolin

I ragazzi di Esemon ci presentano un’attività esterna faticosa ma assolutamente divertente e piacevole Lo scorso mese di aprile abbiamo ripreso l’attività, interrotta nel periodo invernale, presso la fattoria didattica la “Pecora nera” situata in località Cludinico, nel comune di Ovaro. Questo ambiente rustico ed accogliente ci consente di imparare molte cose riguardanti la vita semplice a contatto con la natura. Ogni giovedì infatti riviviamo una meravigliosa avventura. All’arrivo veniamo accolti da Nevia e Alessandro, i proprietari, che ci offrono the e biscotti. Iniziamo poi le attività che variano secondo le giornate e il tempo: curiamo la pulizia del bosco e del prato, aiutiamo a dar da mangiare ai vari animali che qui vengono allevati, raccogliamo i fiori di sambuco, che, puliti e messi a macerare in acqua e zucchero, diventano un ottimo sciroppo, produciamo candele profumate di colore giallo, versando la cera fusa delle api in appositi stampi, ripariamo e riverniciamo le staccionate e le arnie, le casette delle api. Quando piove facciamo delle attività creative al coperto come decorare vasi o candele, preparare collane di arachidi da appendere agli alberi per il nutrimento degli uccellini durante la stagione fredda, eccetera. Questa attività esterna ci piace molto, perché ci ricorda quando aiutavamo le nostre mamme nei lavori agricoli, inoltre ci da la possibilità di incontrare gli amici dei Centri di Tolmezzo e Gemona. Peccato che questa attività si svolga soltanto una sola volta alla settimana, comunque come si suol dire: è bello ciò che dura poco! Se avete l’occasione, non mancate di visitare questo meraviglioso luogo fra i verdi boschi della Carnia.

Di Elisa Candotti e Gian Pietro Piazza Tratto da La Gazzetta della Chiocciola n.3 2012

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ATTUALITà

SALE IL RENDIMENTO DEL PRESTITO SOCIALE Sicurezza e vantaggi per i soci Pordenone Il prestito sociale è tecnicamente una forma di finanziamento, di solito a breve – medio periodo, che il socio concede alla Cooperativa dietro la remunerazione di un tasso di rendimento solitamente più alto di quello reperibile sul mercato per strumenti finanziari di pari rischio. L’assemblea dei soci ha recentemente stabilito che, dal primo gennaio 2013, il rendimento sia del 3,75% lordo, pari al 3,00% netto, dedotta la ritenuta fiscale sugli interessi del 20%. In pratica, come un libretto nominativo per depositare i propri risparmi nella propria Cooperativa.

I vantaggi per i soci

I vantaggi per i soci sono numerosi. A parità di rischio, il prestito sociale riconosce una remunerazione più alta rispetto ad altri strumenti finanziari. Il denaro è disponibile a vista, quindi non ha alcun vincolo temporale. Nulli i costi di gestione e di mantenimento del rapporto; i versamenti e i prelievi possono essere effettuati in tutti i modi attualmente disponibili (in parti-

colare bonifici e assegni). Nulli i costi indiretti che invece insistono su qualsiasi altra forma di risparmio (imposta di bollo sul c/c e sul c/ titoli, commissioni sui movimenti e sull’invio di rendicontazioni)

La sicurezza del prestito sociale

Il prestito sociale è regolato da uno schema normativo molto rigido a tutela del socio prestatore e che regola i limiti della raccolta e gli interessi massimi erogabili. In particolare, esiste un limite riferito all’ammontare del prestito sociale che non può superare il triplo del patrimonio (capitale più riserve) risultante dall’ultimo bilancio approvato (e siamo comunque ben lontani da questa soglia – considerata la buona patrimonializzazione della Cooperativa). Inoltre è vigente un apposito regolamento predisposto dal Consiglio di amministrazione e approvato dall’Assemblea dei soci. Il prestito sociale è destinato esclusivamente ai soci di Itaca da almeno 3 mesi, e l’importo massimo raggiungibile da ogni singolo socio è oggi di € 70.084,78.

Una tabella di raffronto con altre forme di risparmio Forma di risparmio

Rendimento lordo

Caratteristiche e riferimenti

BOT a 12 mesi

1,94%

http://www.soldionline.it/notizie/obbligazioniitalia/bot-annuali-rendimento-in-crescita-all-1-941

CTZ a 2 anni

3,06%

http://www.borsaforex.it/titoli-di-stato-2/domanda-e-rendimento-ctz-e-btpei-asta-28-agosto-2012.html

buoni postali fruttiferi a 3 anni

3,00%

http://www.poste.it/bancoposta/buonifruttiferipostali/BFP3x4.html

Prestito sociale Coop. Consumatori Nordest

1,50%

Per giacenze da 0 fino a € 17.000

2,50%

Solo per lo scaglione da € 17.000 a € 27.000

4,00%

Solo per lo scaglio superiore a € 27.000

3,50%

per i primi 12 mesi, successivamente 3% se vincolate fino a 12 mesi

conto arancio

Paolo Castagna

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Attualità

FESTA DI NATALE SENZA CONFINI Il mondo della salute mentale tra Loggia del Lionello, piazza San Giacomo e Palazzo Morpurgo Udine L'appuntamento era sotto la Loggia del Lionello, dalle 9.30 di giovedì 20 dicembre, per la festa di Natale organizzata dal Dipartimento di Salute Mentale, insieme con le Cooperative sociali Itaca e 2001 Agenzia Sociale, le comunità residenziali e i centri diurni, insomma tutti gli operatori e gli utenti dei servizi per la salute mentale, con la partecipazione e la collaborazione del Centro Balducci di Zugliano e di alcuni studenti delle scuole superiori di Udine. Un evento che ormai può dirsi tradizionale, iniziato come semplice incontro conviviale e di scambio di auguri, all'interno delle strutture del Dsm, anni fa, poi cresciuto fino a diventare momento

di incontro, scambio, affermazione di diritti di cittadinanza. Lo scorso anno la decisione di incontrarsi in piazza a Udine, con l'obiettivo di condividere con tutti i cittadini l'augurio per le feste, soprattutto per chi è costretto a viverle attraversando momenti di difficoltà. Quest'anno il tentativo è stato ancora più ambizioso: portare gli auguri in tre luoghi diversi del centro, per allargarli idealmente a tutta la città. Così un piccolo gruppo di persone si è spostato, a suon di musica, dalla Loggia a piazza San Giacomo, e da lì alla corte di Palazzo Morpurgo. In ognuno di questi luoghi la proposta, seria e giocosa allo stesso tempo, è stata studiata per fare in modo che ci si potesse guardare negli 01/2013 ∙ IT LaGazzetta ∙∙∙ 17


ATTUALITà

occhi, considerando ancora una volta che non ci sono confini o differenze tra le persone e che la difficoltà e il disagio sono una delle esperienze che ci possono rendere solidali, soprattutto in un momento in cui le difficoltà economiche stanno mettendo a nudo le debolezze relazionali della nostra società, e le differenze diventa18 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 01/2013

no sempre più occasione di esclusione sociale. Da lì il ritorno sotto la Loggia, intorno alle 12, per gli auguri istituzionali del Comune di Udine con il sindaco Furio Honsell, del Direttore del Dsm dott. Mauro Asquini, di Pierluigi Di Piazza del Centro Balducci, degli operatori, degli utenti, e di tutti coloro che tra i cittadini, sentendosi

parte del percorso proposto, hanno voluto partecipare. Davide Cicuttin


Attualità

SARCINELLI QUALITÀ AL TOP

La commissione regionale promuove a pieni voti la Casa anziani Cervignano del Friuli E’ proprio il caso di dire che la Sarcinelli ha superato l’esame a pieni voti. Il 26 ottobre scorso, una commissione regionale composta da esperti sanitari, il direttore del Distretto Est dell’Ass n. 5 Bassa Friulana ed un consulente regionale (dott. G. Simon), ha “passato al setaccio” la struttura per verificarne il livello di qualità. L’ottimo risultato raggiunto è senz’altro il frutto della sinergia negli interventi realizzati dai vari soggetti coinvolti nell’assistenza. Infatti, la struttura è un modello complesso a livello organizzativo, in cui ben si integrano dipendenti del Comune di Cervignano, infermieri dell’Azienda sanitaria e dipendenti della Cooperativa Itaca. La regia del sistema compete all’équipe multidisciplinare composta dal direttore, dipendente del Comune di Cervignano, da un coordinatore sanitario dipendente dell’Ass5 e da un coordinatore socio-assistenziale del Comune ed uno della Cooperativa Itaca. L’indagine è stata condotta utilizzando i 35 standard (livelli di qualità desiderati) definiti a livello regionale nel “Manuale per il miglioramento della qualità all’interno delle strutture residenziali” elaborato dalla Regione Friuli Venezia Giulia in collaborazione con i direttori dei Distretti sanitari. La commissione ha preliminarmente visitato la struttura, esaminato le procedure previste sia a livello teorico (attraverso la lettura delle procedure in uso) che a livello pratico (osservando i vari operatori all’opera ed interrogandoli). Quanto rilevato è stato confrontato con gli standard previsti per verificare gli eventuali scostamenti. E’ stato considerato pienamente soddisfacente quanto viene fatto per la gestione della fase dell’accoglienza, della valutazione multidimensionale e della progettazione degli interventi individuali. In quest’ultimo caso è stato previsto un miglioramento che prevede il coinvolgimento dei familiari dei nuovi ospiti attraverso la descrizione del Progetto di assistenza individualizzato (Pai). Ottima è stata giudicata la modalità posta in essere di gestione delle cadute, dell’alimentazione, dell’igiene degli ospiti, degli ausili (pannoloni, deambulatori, carrozzine, ecc.), delle persone in ossigenoterapia o con sistemi di alimentazione artificiale o portatore di catetere.

Anche sulla gestione delle lesioni da decubito non vi è stato molto da eccepire (come attesta la bassa percentuale di lesioni riscontrate, nessuna delle quali sorta in struttura). La gestione delle comunicazioni in caso di ricovero ospedaliero è stata considerata adeguata, ma migliorabile sotto il profilo documentale, con l’adozione di una nuova scheda per la trasmissione delle informazioni. La commissione è rimasta particolarmente colpita dal programma delle attività di animazione (sia di quello riferito alle attività di gruppo, che dei progetti individuali), dal programma delle uscite e più in generale dalla partecipazione dei familiari alla vita che si svolge in struttura. Infine, un plauso è stato fatto anche al coinvolgimento della comunità attraverso le varie forme di volontariato sia sottoforma di associazione, che di singoli individui, che rendono la struttura ben integrata con il tessuto sociale e non emarginata, come spesso avviene nelle case di riposo. Come accade sempre nei processi di Audit, coinvolgendo l’équipe della Casa di Riposo, è stato poi elaborato un piano di miglioramento che prevede lo studio e l’elaborazione di nuovi modelli per la gestione di alcune attività a carico del personale della struttura (come, ad esempio, l’elaborazione di una scheda riassuntiva da trasmettere in caso di ricoveri ospedalieri al posto della documentazione integrale; la ricerca di nuovi strumenti per la rilevazione del dolore in ospiti privi della capacità di comunicare; ecc.) ed altre che prevedono un maggiore coinvolgimento dei medici di base nella stesura della documentazione scritta (è prevista una nuova scheda contenente la sintesi clinica del medico). Infine, pur non essendo presenti ospiti che necessitano di tali interventi, è stato previsto anche un approfondimento per tutto il personale, attraverso la diffusione delle misure previste dall’Ass n. 5, delle misure palliative. Lenny Cruz

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ATTUALITà

IL NUMERO DI DUNBAR

I confini della nostra rete nell’era dei social network

Pordenone Quanto articolata è la rete delle nostre relazioni? Su quanti contatti significativi possiamo veramente contare? Quanto riusciamo a mantenere “viva” e attiva la comunicazione interna al nostro sistema di amici? Secondo l’antropologo inglese Robin Dunbar, esiste un limite teorico che definisce il numero di persone con cui un individuo è in grado di mantenere relazioni sociali durature, legami nei quali si conosce l'identità di ciascuna persona e come queste persone, a loro volta, si rapportano con ognuna delle altre. A quanto corrisponde questa soglia? Di questo numero non è stato proposto un valore preciso, ma un'approssimazione comunemente adoperata lo indica in 150: “questo limite è funzione diretta della dimensione relativa della neocorteccia, che a sua volta limita la dimensione del gruppo ... il limite imposto dalla capacità di elaborazione neocorticale riguarda il numero di individui con i quali può essere mantenuta una relazione interpersonale stabile", scrive. In poche parole, come per un computer la memoria e il processore determinano la capacità dei suoi calcoli, così per l’uomo tale limite sarebbe dato dalle dimensioni del cervello. Secondo l’autore di questa teoria – che sembra trovare conferma anche negli studi antropologici sul comportamento dei primati e nella composizione dei villaggi, nelle popolazioni primitive, e nelle organizzazioni –, un numero di persone superiore a tale cifra ne-

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cessita di principi e di precise leggi per mantenere il gruppo stabile e coeso: la comunità deve regolamentare il proprio comportamento. In gruppi più grandi infatti è maggiormente difficile riconoscere i membri e relazionarsi con efficacia con tutti allo stesso modo. Nei contesti aziendali è necessario strutturarsi in gerarchie e livelli di responsabilità. Dunbar cita – nell’articolo apparso su Nature e ripreso sul suo libro Di quanti amici abbiamo bisogno? – l’esempio dell’industriale americano, fondatore dell’azienda GoreTex, che avendo raggiunto nel suo stabilimento la soglia di centocinquanta dipendenti scelse di aprirne un altro – anziché ingrandirsi e organizzare la struttura per compartimenti – che rimanesse al di sotto di tale soglia. Forse, conclude l’autore, anche a questa scelta si lega il successo dell’azienda. Il numero di 150 individui è ovviamente da ritenere indicativo, ma abbastanza vicino alla realtà delle esperienze valutate. Siamo tutti coinvolti in una rete sociale, esistono da sempre, e, anche senza volerlo, ne facciamo sicuramente parte di una: basti pensare ai contesti di lavoro, alle squadre sportive, ai parenti, agli amici, alle comunità, ai quartieri, alle città… Siamo tutti, in qualche misura, coinvolti e connessi. Mantenere queste connessioni è quantificabile, in termini di impegno relazionale, forse anche faticoso a volte. Ma nell’epoca dei social network ha ancora senso questa teoria? E’ cambiato qualcosa? Una ricerca sembra aver dimostrato che il “punto di saturazione” del numero di contatti

con cui abbiamo scambi regolari si situa tra i 100 e i 200, esattamente in linea con le ipotesi di Dunbar. La neuroscienza ipotizza anche che, nel caso delle reti online, il costo cognitivo associato al mantenimento delle relazioni sia dovuto non tanto alla difficoltà di comunicare con qualcuno – costo quasi azzerato in Internet – quanto dallo sforzo mnemonico di ricordare ogni volta con chi si sta parlando, che lavoro svolge, perché lo conosciamo, quali informazioni ci siamo scambiati nel passato, ecc. Che conclusioni trarre da questo? Forse che i social network possono anche aver cambiato il modo di comunicare e interagire, ma non hanno sicuramente potenziato le nostre capacità cognitivo-sociali, cosa che invece alcuni studiosi immaginano possa accadere in futuro dato l’esponenziale accesso a risorse e connessioni che la rete ci consente oggi. Enrico Cappelletto


Attualità

PERCORSO LUDICO DEGLI SBILF DI MONAI Un fanciullo tra orchi, agane, lupi e volpi

Disegno di Giovanni Di Qual

Ravascletto Prosegue la pubblicazione dei racconti a cura di Gigi Fasolino e Sara Burba, operatori di Itaca, che hanno creato nove racconti legati al percorso nel bosco, già strutturato su nove postazioni con le statue lignee di altrettanti personaggi mitici, come richiesto dal Comune di Ravascletto.

L'Agana C'era un preciso punto nel percorso che unisce Cercivento a Monai, che avvertiva i viandanti della presenza di un essere maligno: dove la strada era interrotta dall'acqua. Ora c'è un ponte ad attraversarlo, ma una cascatella ripete a tutti coloro che lo valicano, lo stesso avvertimento. Quel ruscello, quella fonte talvolta ricca, talvolta secca, altro non era che la casa dell'Agana: un essere femmineo talvolta bellissimo, talvolta brutto da spavento, che abitava le acque correnti che le avevano conferito un potere magico incredibile. Prima di unirsi al But, il Rio Maggiore, attraversava, scivolando sui sassi, il bosco fittissimo che saliva fino a vedere il Coglians, al di là della valle. Giusto ai piedi di Monai, non fu difficile per lei sentire il frastuono della caduta dell'Orcolàt. Mentre quest'ultimo cadeva nella trappola, l'Agana stava stendendo le lenzuola al chiarore della luna piena. Dopo il violento boato che la fece sobbalzare insieme alla biancheria, scansò i sassi che rotolavano giù dai pendii. Pare ovvio pensare che la scelta di quei luoghi come casa, fosse data dall'assenza di un vicinato, gradevole o molesto che fosse. Dato questo, vi potrete immaginare quale fu la reazione dell'Agana: raccolse tutte le vesti e gli stracci, rendendoli un unico ammasso umido di stoffe, e si diresse a spron battuto verso l'abitato soprastante. Quando giunse all'ingresso del paese, si accorse che una coltre di silenzio l'aveva già riavvolto proteggendolo. Un'altro fatto notò, l'Agana: uno scavo sì largo e profondo da non averne

mai visto uno uguale. Come poteva essere che l'uomo avesse bucato la terra a quel modo? Come poteva avergli inferto una ferita così evidente? L'Agana soffriva con la terra, soprattutto se era l'uomo ad infierire su essa, così come, in passato, aveva infierito sull'Agana, prima di diventare il mostro che era diventato. In qualche modo doveva farla pagare a quegli uomini. Decise così, che quella voragine sarebbe dovuta diventare incantata come la sua casa, dove lei avrebbe potuto, di tanto in tanto, alloggiarsi per dare una sbirciatina. Ma aveva bisogno dell'acqua. Appena se ne rese conto, sentì muovere dei passi e si nascose dietro ad un enorme faggio. Pensava che gli uomini avessero avvertito la sua presenza e fossero lì per scacciarla; invece si trattava di un omino solo, tutto curvo su se stesso e con l'ombrello a coprirgli il capo. Non pioveva a Monai, ma una precipitazione tanto impetuosa quanto circoscritta, si stava abbattendo sulla testa di quel tapino. Era l'Omenut da Ploia, l'ennesimo abitante di quei boschi. L'Agana lo riconobbe subito e pensò che tutta l'acqua che cadeva addosso all'Omenut faceva proprio al caso suo. Quando riapparve dal faggio si era trasformata in una donna bellissima, avvolta da un canto soave e

da un'aurea di luce e che illuminò tutto, compreso quel malcapitato. Lui la vide, e ne fu come ipnotizzato: si paralizzò, abbassò il braccio con l'ombrello, e la sua bocca aperta per lo sgomento cominciò ad imbarcare le gocce di pioggia che scendevano incontrastate. Irretito in un istante, si sentì chiedere dalla meravigliosa fata che si era trovato davanti, di spostare la pioggia sul cratere nudo. Detto, fatto. Una volta colmata d’acqua la buca, l'Agana si mostrò per ciò che era veramente, spaventando l'Omenut. Non solo: con la voce stridula di chi non parla da anni, ma acuta da stordire, gli disse: “Avverti i tuoi amici uomini, che se sulle rive del lago non verrà costruito un parco giochi per far divertire i bambini, io rapirò tutti gli uomini e prosciugherò i ruscelli e la pioggia, fino a che i campi ed i prati saranno diventati aridi e sterili”. Il buio tornò, l'Agana era tornata a casa, a stendere i suoi panni. Sara Burba e Gigi Fasolino

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GENIUS LOCI BILANCIO DI 4 ANNI

Costruire reti per rilanciare il dialogo Pordenone Attivare reti e sinergie nei quartieri di Pordenone per prevenire emarginazione ed isolamento, mancanza di dialogo tra persone e tra generazioni, ma anche forme epidemiche di disagio psichico quali i disturbi borderline e dell’umore, gli attacchi di panico e le dipendenze. Il progetto Genius Loci ha tirato le somme del lavoro portato avanti negli ultimi quattro anni nella città sul Noncello in particolare nei quartieri di Borgomeduna e Villanova, più recentemente anche a Vallenoncello e San Gregorio. L’appuntamento era previsto il 15 novembre a partire dalle 8.30 nella sede dell'Arlecchino Errante in via Tiziano a Borgomeduna, all’interno del seminario “Quale lavoro di comunità – Idee a pratiche a confronto”. Conclusivo del percorso formativo per attivatore di comunità promosso dalle Cooperative sociali Itaca e Fai, dallo Ial Fvg e dalle realtà aderenti al progetto Genius Loci, il percorso ha coinvolto attivamente circa una ventina di operatori di diversi servizi tra cui il SerT dell’Ass 6 Friuli Occidentale, Comune di Pordenone, Polizia locale. “L’incontro del 15 novembre è stato un'occasione di confronto e di discussione circa gli obiettivi e le condizioni necessarie ad attivare un percorso di sviluppo di comunità – hanno spiegato gli organizzatori -, ma più in 22 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 01/2013

generale è stato una preziosa opportunità per chiarire quali siano ad oggi le aspettative lecite circa il lavoro con il territorio”. Il lavoro di comunità portato avanti da Genius Loci permette, in questo particolare momento storico, la “ricerca di risposte collettive a bisogni individuali, oltre che affiancare e sostenere (ma non sostituire) un welfare di servizio con un welfare comunitario”. La direzione del progetto è quella di “sperimentare nuove forme di cooperazione tra i vari attori della scena pubblica e privata, ma soprattutto creare rete, facilitare la relazione con l’altro ristabilendo valori quali il bene comune e il senso di comunità”. Genius Loci è un’azione progettuale condivisa tra operatori dei servizi pubblici e del privato sociale, sperimentata, a partire dal 2008 ad oggi, dalla Cooperativa Itaca in sinergia con Comune, la Provincia, Ass6, le associazioni dei quartieri di Borgomeduna e di Villanova e recentemente Vallenconcello e San Gregorio. La finalità da cui ha preso le mosse il progetto è stata la tutela, la valorizzazione ed eventuale implementazione delle competenze di comunità proprie di un certo quartiere, facendo dell’intergenerazionalità la risorsa prima dell’intervento. Il progetto ha rappresentato una modalità di lavoro dentro le comunità tramite cui l’istituzione pubblica, aprendosi all’ascolto delle esigenze dei cittadini, ha potuto rilanciare la sua voca-

zione di mediazione e integrazione delle forze culturali, assistenziali e sociali attive in un determinato territorio. Articolato il programma della mattinata che si è aperta alle 8.45 con “Cosa è lecito attendersi dallo sviluppo di comunità e dal lavoro con il territorio?”, riflessioni a cura dei partecipanti al corso per attivatori di comunità promosso dalle Cooperative sociali Fai e Itaca con il contributo di Ial Fvg e della rete dei soggetti partner di Genius Loci, interventi di Stefano Venuto e Chiara Buono, conduce Stefano Carbone, docente e responsabile scientifico del corso per attivatori di comunità. Dopo il coffee Break, alle 11 tavola rotonda tra istituzioni e territorio sul lavoro di comunità e sui temi emersi nella prima parte del seminario. Sono intervenuti Alessandro Ciriani, presidente della Provincia, Claudio Pedrotti, sindaco di Pordenone, Lucio Bomben direttore Distretto Ass6, Antonella Del Ben, presidente della Circoscrizione Sud di Pordenone, Benvenuto Sist e Vito Palmisano, cittadini attivi, Silvia Burelli, insegnante. Moderatore Francesco Vanin di Pnbox tv. Alle il 12 dibattito e le conclusioni a cura di Francesco Stoppa, coordinatore Genius Loci. Chiara Buono


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IL VALORE DEI RICORDI

“Dare voce alla memoria per valorizzare il presente” Sacile Il 21 dicembre scorso nella Casa di riposo di Sacile si è svolta la presentazione del libro “Dare voce alla memoria per valorizzare il presente”. Nato dalla collaborazione tra noi e il Centro ascolto “La Vela”, rappresenta una raccolta delle storie di vita dei nostri anziani nonché il risultato di mesi di interviste dirette che hanno coinvolto i nostri residenti. Come Casa anziani siamo orgogliosi e onorati della realizzazione di questo progetto, che ha permesso di dare spazio e rilevanza alla memoria di persone anziane troppo spesso dimenticate. Riteniamo che il valore dei ricordi di periodi passati e storicamente rilevanti, conosciuti da molte generazioni solo dai libri di testo, possa acquistare una valenza emotiva e arricchirci di una dovizia di particolari, che non solo stimolano delle riflessioni importanti permettendo di dare la giusta importanza a questi accadimenti, ma sottolineano anche il sano vivere di una volta, ricchezza oggi forse più importante. Aver permesso agli ospiti di raccontarsi e di liberare memorie ed emozioni li ha così valorizzati da un duplice punto di vista: dando loro uno spazio nel tempo di oggi, permettendo un ritorno al passato attraverso la memoria. Ciò ha dato loro la possibilità di ritrovare e ridare il giusto peso e significato alle loro esperienze, facendoli sentire importanti e riconosciuti per i loro vissuti. È stato certamente educativo per tutti poter vedere la pazienza e l’attenzione di chi, senza alcuna invasione forzata, ha raccolto le informazioni con tanto interesse e di chi, con fervore e fiducia, si è lasciato andare nel racconto. In questi mesi la struttura di Sacile è stata pervasa da un’atmosfera serena e di complicità tra tutti coloro che hanno partecipato a questo progetto ed è stato evidente come tra tutti si sia instaurato un rapporto di sincera confidenza e familiarità. Quello che non abbiamo mai sottovalutato è quanto, dando avvio ad un progetto di tale portata, non sarebbe stato semplice. Ascoltare l’anziano richiede un’empatia tale per cui non basta essere in possesso di due orecchie e un buon udito, la persona anziana si ascolta col cuore e questo è l’unico linguaggio possibile.

E’ stato un lungo viaggio, molte sono state le fermate e molti gli imprevisti. Il mondo degli anziani esige il rispetto di tempistiche che spesso si discostano dalle nostre, ma siamo arrivati a destinazione. Non credo di poter dire che ciò che ha procurato in noi grande gioia e spirito di condivisione sia stata la mera meta, entusiasmante e coinvolgente è stato il cammino vero e proprio e credo di poter asserire che il nostro percorso non ci abbia semplicemente portato a vedere le cose in modo diverso, ma ci abbia regalato nuovi occhi per leggerle. Questo libro trova un senso in funzione del fatto che rappresenta per noi il modo per trasmettere ai lettori ciò che di positivo e intenso abbiamo vissuto grazie a questa esperienza. Credo che raccogliere le storie di vita dei nostri predecessori sia un’occasione per conservare, tramandare esperienze e imparare dal nostro passato soprattutto in una società sempre più caotica, che vede il trionfare dell’istantaneità a scapito sia della progettualità che della tradizione. In una comunità in cui non si ha più tempo per ascoltare, il mio augurio è che si possa restituire agli anziani un ruolo attivo nella società in quanto persone che hanno fatto la storia.

“Non essere più ascoltati: questa è la cosa terribile quando si diventa vecchi” (Albert Camus, Il rovescio e il diritto, 1937). Eluana De Marco

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FESTA DELLA ZUCCA A PIERIS

Al Cisi di Begliano il premio per “impegno e simpatia” San Canzian d’Isonzo Il 22 ottobre 2012 la Comunità alloggio Cisi di Begliano è stata invitata dal Comune di San Canzian d'Isonzo a partecipare alla Festa della Zucca e al connesso “Concorso della zucca più bella”. L'iniziativa organizzata dal Comune stesso, con la fondamentale partecipazione della Pro loco e della Bcc di Fiumicello e Aiello, prevedeva una festa paesana della durata di due giorni. All'interno della festa uno spazio è stato dedicato all'esposizione delle zucche e, successivamente, c’è stata la premiazione della zucca più bella, oltre alla consegna di altri premi come quello dedicato al gruppo partecipante più numeroso. In aggiunta al graditissimo invito, l'assessore Marizza ha fatto recapitare due zucche agli ospiti della Comunità, i quali con enorme entusiasmo hanno iniziato a prepararle per l'esposizione, svuotandole, intagliandole e decorandole con materiali vari. Quest'ultimi, una volta ultimata la preparazione delle zucche, le hanno consegnate presso la Biblioteca comunale di Pieris, affinché venissero esposte. Durante la consegna gli ospiti hanno potuto visionare le altre opere in concorso e, prendendo spunto da queste, hanno cominciato a pensare a nuove

soluzioni decorative per le zucche del prossimo anno, implicitamente augurandosi che l'iniziativa si ripeta. Il giorno della premiazione, anch'esso caratterizzato, come purtroppo tutta la festa paesana, dal tempo meteorologico avverso, gli organizzatori sono stati costretti a dirottare tutta la manifestazione, che si sarebbe dovuta svolgere in origine nella piazza di Pieris, all'interno della Biblioteca comunale. Ed è qui che si è presentata una rappresentanza della Comunità che con grande sorpresa e altrettanta felicità si è aggiudicata il premio per l'impegno e la simpatia. La Comunità alloggio Cisi di Begliano vuole cogliere l'occasione per ringraziare il sindaco Caruso, l'assessore Marizza e la consigliera comunale Visintin, per aver reso possibile la partecipazione alla manifestazione, dando così visibilità alla presenza della comunità sul territorio, un grazie anche per aver accolto gli ospiti con grandissimo calore ed affetto. Va infine ringraziato il Comune di San Canzian d'Isonzo nella sua interezza che, nonostante le condizioni climatiche difficili, non si è rassegnato e ha spostato tutta la Festa all'interno degli spazi comunali coperti. Gli ospiti e il personale del Cisi

Il 25 settembre 2012 è arrivata Gaia! Chiara e gli amici della "trattoria Fontanute" festeggiano con mamma Michela Centazzo e papà Angelo. Benvenuta Gaia! Il 21 novembre 2012 alle 22.58 è nata Teresa. E’ una bella bambina di kg 3,640 e tanto lei, quanto la sua mamma, stanno bene. Congratulazioni a Massimo Tuzzato e ad Alessandra. Benvenuta Teresa! Gli operatori di Cjase Nestre annunciano l'arrivo di Giacomo, nato il 6 dicembre 2012 di 3,6 Kg. Congratulazioni alla mamma Maena e al papà Salvo. Benvenuto Giacomo! Il 17 dicembre, giusto in tempo per Natale, è nato Gabriele di Elisabetta. Auguri doppi quindi, a tutta la famiglia!

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IL “LABORATORIO CREATIVO” DI CASA CARLI Per creare segnalibri, bigliettini, chiudi-pacco e calamite decorative Maniago Il 25 novembre scorso Casa Carli – la comunità alloggio per persone disabili di Maniago - ha partecipato con le sue ultime produzioni, che inaugurano un nuovo corso per le attività del Laboratorio Creativo, al mercatino organizzato a Frisanco dalle associazioni Borgo Poffabro e Alimentarte. Presente nella struttura maniaghese fin dalla sua nascita, il Laboratorio Creativo ha visto diverse fasi, che hanno seguito ovviamente anche le storie degli ospiti. Rivolto in particolare, ma non solo, a coloro che non sono occupati in borse lavoro, il Laboratorio si apre anche alla frequentazione da parte di utenti del territorio. Oltre alla realizzazione di quadri collettivi e a percorsi più personali pensati insieme agli ospiti, la produzione vera e propria consiste nella creazione di segnalibri, bigliettini, chiudi-pacco e calamite decorative, che si possono trovare in alcuni negozi, librerie e pasticcerie di Maniago. In un’ottica di eco-sostenibilità e riciclo creativo, i manufatti sono realizzati principalmente

utilizzando materiali di scarto provenienti dalla struttura, come le latte, il tetrapak, le cassette di legno, la carta, che ospiti e operatori si impegnano a raccogliere, pulire, catalogare. La riorganizzazione delle attività mira a migliorare la produzione, realizzando oggetti di buona qualità e accattivanti, in un’esperienza di lavoro stimolante e gratificante per gli ospiti; vuole inoltre implementare la collaborazione e l’integrazione con varie realtà del territorio (come ad esempio l’associazione Liberamente, che ha offerto le stampe per il calendario realizzato dagli utenti), che ospitano e sostengono le iniziative di Casa Carli. Le attività del Laboratorio Creativo insomma rappresentano una risorsa, sotto molti punti di vista. Ilaria Bomben

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LE GIOVANI ANZIANE A BRUNICO Brunico Le coordinatrici dell’area Anziani Territoriale, come ogni mese, si sono riunite ma questa volta in quel di Brunico. Hanno sfidato le intemperie per condividere istruzioni operative, qualità e procedure tra neve, mercatini natalizi e pietanze tirolesi. Questi due giorni di trasferta hanno creato l’occasione per fondere lavoro e convivio. Non può mancare un ringraziamento speciale alla Rap Silvia Fabris, che ha dato la possibilità di partecipare in modo diverso a un incontro di lavoro, a Maria Unterstainer, coordinatrice del Sad di Brunico, per la sua calorosa accoglienza ed ospitalità, a Leopoldina Teston per essere stata presente in questa avventura. Area Anziani Territoriale

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RICORDI DI NATALE Festa con Santa Claus in Casa di riposo

Muggia La Festa di Natale in Casa di riposo è stata come sempre emozionante grazie anche alla spontaneità degli ospiti che si sono messi in gioco assieme alle operatrici. Il Babbo Natale altri non era che il gigante buono Edy, che per l’occasione si e lasciato crescere la barba, altre persone si sono esibite nel coro e qualcuna si e vestita da renna con le operatrici, per poi trainare la slitta su cui c’era l’anziano Edy alias “Babbo Natale” aiutato da due simpatici folletti, Tonino e Edda, che hanno distribuito i regali a tutti gli anziani della casa sotto gli occhi divertiti dei familiari. A seguire le voci di alcuni dei nostri ospiti.

L’ALBERO

L’albero non lo comprava nessun perché el iera caro. Un per de giorni prima de Nadal o anca ala vigilia el papà o el fradel più grando andava de

sconto in bosco per rubar un albero (se andava de scondon per non ciapar la multa). Po’ el ghe fazeva una crose de legno, ghe la inciodava sul tronco cussì l’albero stava in pìe. Alla vigilia noi fioi lo abbellivimo impicando naranze, nosi, castagne, pomi, pistaci, fighi sechi, carrube, tochi de mandorlato, pici zogatoli… insoma tute le robe che se trovava in giro noi le involtizavimo de carta stagnola, quela dele ciocolate, e le impicavimo sull’albero. Poi metevimo tochi de ovata per la neve, candele sui ciapini del sugar, e una bela stela in cima, quela se la comprava perché la doveva esser bela e se la salvava per l’anno dopo… Iera miseria no se butava via niente.

EL PRESEPIO

Se meteva el muschio verde soto l’albero per sconder el piedistallo cussì faceva più figura e pareva che sia cresudo nell’erba. Noi metevimo anche due speci tra el muschio per far sembrar un lago.

SSST... ASCOLTATE Le campane suonano, annunciano il Natale che arriva. Svelti prepariamo il presepe. Mettiamo il ciocco grande al focolare per scaldare l’arrivo in casa del Gesù Bambino. Facciamoci trovare il cuore e le mani colmi di doni. Riuniamoci in famiglia e invitiamo tutti a suonare e cantare sull’uscio di ogni casa le nenie antiche tanto care. Sollecitate e stimolate prepariamo i dolci per piccoli e grandi!

Fazevimo le statuine col fango e una volta sute le sembrava vere; gavevimo fato una busa drio la casa e spetavimo che vegni fora el fango, poi lo ingrumavimo e lo metevimo in una scatola pronto per usarlo.

LA NOTTE DI NATALE

Per la vigilia se magnava pesse, soprattutto bacalà in bianco o in brodetto e se preparava le frittole. Se andava a Messa a mezzanotte, a Plavie fazevimo una picia procession con i lumini accesi e rivavimo in chiesa tutti assieme. Dopo la Messa se coreva a casa per bater l’albero e far cascar le robe che gavevimo impicà... fazevimo festa magnando tuto! … mio nono buttava su per el camin delle nosi e cò le cascava el diseva: “ecco, ecco che riva Nadalin” e noi corevimo là pensando che fossi rivà babbo Natale... che rider un giro se gavemo perfin ribaltà dal tavolo! … Nadal iera la festa per i fioi.

Arriva Natale! Ma questo è tutto un sogno mio lontano. Le campane non suonano più al loro posto c’è un nastro registrato. Le nonne stanche e le mamme affaccendate non preparano più dolci tavolate. I bimbi, affascinati dalle luci delle strade, frastornati dal traffico e dai supermercati, guardano con avidità le vetrine colme di balocchi, di addobbi, di leccornie e non sanno più se credere che la nascita del Bambin Gesù sia un evento meraviglioso o una storia da video-game.

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L’ULTIMA PAROLA Così vicini da poter sentire i pensieri quando non riescono più ad essere detti, così vicini da scorrere nelle emozioni, cosi vicini da immaginare le paure e i ricordi per poter dare un senso. Lavorare con persone affette da demenza è stare così vicini da sentire tutto questo, con la fatica dello stare, con la paura del perdersi, con la densità di arrivare all’essenza. Accompagnatori in una parte di viaggio, Accompagnati nell’incontro. (Laura Lionetti)

Ho perso le parole. Di nuovo. Dannate, maledettissime parole. Mi metto le mani in tasca. Ma dove diavolo si saranno cacciate? Rivolto le tasche e spargo i fazzolettini usati sul pavimento. La ragazza carina, con le gambe lunghe, si piega sotto al tavolo e mi fa un sorriso. -Accidenti, ha il raffreddore, signora Paola? “No”, vorrei risponderle, “non ho il raffreddore, sto cercando le parole, le mie stramaledette parole”. Ho vissuto per anni in un mondo di parole, ho insegnato a ragazzi indolenti, ho parlato ai conferenzieri di… mah, di mezzo mondo, ho volato su quei cosi in cielo, insomma ne ho fatte di cose e poi, un bel giorno, un giorno che non ricordo, ho perso le parole, una dietro l’altra, come perle sfilate da una collana, sono rotolate via, lontano dalla mia bocca. Quando penso io le uso, le parole, non tutte, a volte qualcosa mi salta via, la abbandono lungo la strada, ma quando cerco di dire una frase, finisce che le perdo e, con loro, mi perdo anche io. La ragazza carina getta uno sguardo distratto all’affare che ha sul braccio, quello che serve a misurare il tempo. Si sta annoiando: per una come me, che non vive più nel mondo scolpito delle parole, sono gli occhi l’organo di comunicazione principale; la nostra ora di “esercizio” sta trascorrendo lenta: stamattina le parole si sono nascoste quasi tutte e sto facendo una figura pietosa. -Allora, signora Paola, come si chiama questo? Ci riprova, con un sorriso stanco.

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“Cane”, vorrei gridarle, “questo lo so che è un… un coso che scodinzola e fa bau… Ne avevamo uno uguale… Ma quando? E dove sarà finito? Kia? Si chiama Kia…”. Mi guardo intorno per cercare la mia cagnetta, mi chiedo dove possa essersi nascosta, alla ragazza carina potrebbe piacere, le farebbe un sacco di feste. -Non si preoccupi, suo marito è in cucina…Mi dice la ragazza, fraintendendo le mie occhiate di ricerca.

Mio marito?! Mio marito… Ci rifletto un secondo, un attimo appena. Vengo travolta da un’ondata di sensazioni. La ragazza fa per togliere l’immagine del cane dalla tavola ed io la trattengo con una stretta forse un po’ troppo violenta. Leggo lo stupore, condito con una punta di paura, nei suoi giovani occhi. “Aspetta”, vorrei gridarle, “aspetta, lo so, dammi il tempo, lasciami tentare, le parole, maledette, invisibili parole!”.


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-“Aaah…” -Articolo invece a fatica e mi stupisco del suono che esce dalla mia bocca. Ma che voce ho? Canto tutti i giorni quando ascolto la radio, non può essere mia quella cosa, stonata e storta, che mi è uscita al posto del vocabolo giusto. Cantavo, mi piace cantare; di colpo mi viene in mente che piace anche a… E, di nuovo, le parole si portano via il pensiero. -“Mi sa che oggi è una brutta giornata”…-. Dice la ragazza, rivolta alla porta a vetri accostata alle sue spalle e intanto rimette in borsa le figure colorate che ha sparso, durante quest’ora faticosa, di fronte ai miei occhi. Oggi è una brutta giornata… Ma che giorno è, oggi? Tutt’a un tratto mi viene un’ansia enorme, un panico terribile ed incontrollabile: non so che giorno sia, forse dovrei essere al lavoro e invece sono qui… Ma non riesco nemmeno a capire dove sia, qui. E questa ragazza, che cosa ci fa seduta al tavolo assieme a me? Mi si riempiono gli occhi di lacrime e le mani iniziano a tremarmi in maniera convulsa. Credo di non ricordare nemmeno il mio nome. -“Il dottore dice che è peggiorata, è uscita addirittura dal programma sperimentale per il nuovo farmaco contro l’Alzheimer, perché le sue capacità cognitive sono ormai troppo scadenti. La demenza è in fase avanzata…”. La voce, quella voce di sicuro mi può aiutare; chi ha parlato, chi ha questa voce? Non mi importa delle parole, quelle vagano nella mia testa senza lasciare traccia, come le onde sulla spiaggia del mio paese. Il mio paese! Profumo di mare, un mare azzurro come gli occhi di Antonio. Ha promesso di portarmi a vedere le conchiglie questo pomeriggio ma quasi sicuramente andremo a nasconderci dietro qualche barca per baciarci. Sorrido ed arrossisco, la mamma non mi ha ancora scoperta ed è un bene, altrimenti la nostra storia d’amore non avrebbe alcuna speranza. Ma perché diavolo sto piangendo, adesso? Faccio per alzarmi, sto seduta su una sedia troppo scomoda e bassa, ma mi sembra che le gambe non mi reggano. -“Faccia piano, vuole un bicchiere d’acqua?”. Faccio segno di no con la testa. Dove l’ho già vista, questa ragazza carina? Forse siamo

compagne di scuola. Mi massaggio distrattamente la fronte ed è allora che la vedo, la pelle avvizzita che pende dal mio braccio. Di chi è questo braccio? E’ entrata una strega cattiva che vuole portarmi via? Si è presa il mio corpo, per caso? -Mamma! – Grido terrorizzata, fissando allibita la ragazza e continuando ad agitare questo braccio estraneo, come un pezzo di carne che non mi appartiene, di fronte a me. –Mamma!Che cosa mi sta succedendo? La ragazza mi prende per mano, sento il suo tocco tiepido e gentile. -“Mi chiamo Maria Grazia, si ricorda?” No, non mi ricordo, non mi ricordo di niente, le vorrei gridare, non so chi sei o che cosa vuoi da me e sto morendo di paura! Ma la mia bocca rimane aperta e da essa non esce alcun suono. Ho perso le parole. Quante altre cose potrei aver perso? E perché, a volte, qualche cosa, invece, la ritrovo ma è messa all’incontrario, un frammento di una vita gettato in un grosso sacco marrone di juta. E’ come cerare, a caso, scavare in mezzo al ciarpame. A volte emerge qualche ricordo, ma è così sbiadito e lontano da non avere quasi più significato. -“Lo vede? Purtroppo a volte non riconosce più neppure me…”. Di nuovo, la voce, voce calda, protettiva, voce di salvezza, come potrei non riconoscere questa voce? So qual è il suo tono quando succede qualcosa di bello, conosco i singulti spezzati che seguono a qualcosa di brutto, riconosco il suo suono, quando ansima per il piacere, quando ride per la gioia.

mia vita, che lo voglio sposare, forse gliel’ho già detto o forse no, che voglio stare con lui e vivere con lui e morire con lui, che non mi importa se papà non acconsente, non voglio ridiventare muta, non voglio morire con le parole incastrate in gola, non so che ora sia e non mi importa affatto, ho la missione più importante della mia vita da compiere. -Blu!- Grido, andandogli incontro, finendogli tra le braccia: le braccia di un vecchio, il mento di un vecchio, vecchio come me, perché siamo sposati da anni, perché abbiamo condiviso una vita. Adesso lo so, per un attimo è di nuovo tutto chiaro, tutto torna al proprio posto ed il caleidoscopio della mia mente impazzita mi presenta i frammenti della mia esistenza finalmente nel giusto ordine. Lo guardo speranzosa. Il suo nome, il suo nome… Lo voglio gridare a tutto il mondo ma mi viene in mente solo “blu”. -Che c’è, tesoro mio? – Mi chiede, accarezzandomi una guancia. -Pensavo di averti perso…-Gli rispondo, sparendo tutta tra le sue braccia. -Lo pensavo anch’io…-Sussurra, sorridendomi. Eccola, la parola che cercavo, l’unica che non posso dimenticare, l’unica che nella mia mente continuerà a suonare, quando non riuscirò più a dire niente se non attraverso gli occhi. Amore. Annapaola Prestia

-Papà…-Dico. Ma non è quello che volevo dire; non conosco più il nome, la chiave, la parola magica. -Blu…- Mormoro. Blu, come il mare e come gli occhi, gli occhi che accompagnano quella voce. Oddio mi sta scoppiando il cuore nel petto; mi alzo tremando e rovescio la sedia dietro di me. La ragazza carina fa un balzo in avanti per lo spavento ma non me ne importa niente. Io devo raggiungere quella voce, devo raggiungere blu. Devo dirgli, prima che io perda di nuovo le parole, che lo amo più della

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RICERCA E SVILUPPO

LE PAROLE DEL SOCIALE: SUSSIDIARIETÀ Excursus tra forme e contenuti, significanti e significati Pordenone Tra i principi regolatori del vivere insieme solidarietà e sussidiarietà tendono entrambi descrivere il perseguimento del bene comune. La solidarietà presuppone che una società sostenga la persona e promuova le reti di collaborazione, allo scopo di favorire supporto e sviluppo del benessere. La sussidiarietà si fonda invece su un’idea di persona, e della comunità, responsabile del proprio sviluppo. In questo sarebbe quindi indispensabile valorizzare e sostenere la persona, singola o associata che sia, nel pieno rispetto, però, della sua Solidarietà, responsabilità e autonomia e della sua prossimità sono i concetti libertà. La differenza chiave della Cooperazione starebbe quindi nei diversi significati di supporto e promozione: aiuto e sostegno, nel caso della solidarietà, metodo e strategia, nel caso della sussidiarietà. Il termine sussidiarietà definisce la caratteristica di svolgere una funzione di complemento, d’integrazione. Il significato essenziale della sussidiarietà risiede nell'idea che una società, un'organizzazione o un'istituzione di ordine superiore a un'altra, non debba interferire nell'attività di quest'ultima, a essa inferiore, limitandola nelle sue competenze, ma debba piuttosto sostenerla in caso di necessità, e aiutarla a coordinare la sua azione con quella delle altre componenti sociali, in vista del bene comune. La regola teorica alla base di questo principio è detta della prossimità: “non intervenga l’apparato pubblico quando può intervenire la società, non intervenga il livello superiore quando può intervenire il livello inferiore”. Quello della sussidiarietà è un principio di filosofia politica da tempo presente nella tradizione di pensiero della dottrina sociale della Chiesa cattolica, di recente acquisizione nell'ambito dell'ordinamento comunitario e, non da ultimo, nel diritto interno italiano. Il principio di sussidiarietà si trova all'articolo 118 della Costituzione italiana, il quale prevede che "Stato, Regioni, Province, Città Metropolitane e Comuni favori30 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 01/2013

scono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio della sussidiarietà". Importante rilievo applicativo è sancito dalla legge 328/2000, – “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali” – in cui il ruolo dei soggetti privati viene ad essere riconosciuto espressamente non solo in fase operativa ma anche e soprattutto in fase di programmazione del piano interventi dei servizi sociali stessi. Nell’articolo 5 della stessa legge si afferma che le Istituzioni “per favorire l’attuazione del principio di sussidiarietà” devono promuovere azioni per il sostegno e la qualificazione di soggetti del Terzo Settore. Si distinguono rapporti di sussidiarietà verticale e orizzontale. Se, ad esempio, un ente pubblico (Stato, Regioni, Comuni) titolare di competenze politiche e al vertice di un coordinamento, crea linee guida e piani di sviluppo, suddividendo competenze e ruoli, e chiarendo così le responsabilità, si parla di sussidiarietà verticale: dall’alto verso il basso. Il principio di sussidiarietà orizzontale prevede e riconosce invece che i protagonisti istituzionali favoriscano l’iniziativa autonoma dei cittadini, come “singoli” o in forma associata. Il coinvolgimento del Terzo settore, e il sostegno all’iniziativa del privato sociale, nasceva anche dalla crisi del Welfare State. La Cooperazione sociale ha storicamente svolto un compito sussidiario per la comunità, sia rispetto ai membri che ne facevano parte, i “soci”, sia nei confronti della società nel suo insieme, attraverso la realizzazione di progetti innovativi a sostegno di alcune fasce di popolazione. Solidarietà, responsabilità e prossimità sono dunque concetti propri di un certo modo di intendere la cooperazione.


informazione

I VALORI TRADOTTI IN PRASSI I coordinatori dei servizi riflettono sui comportamenti da adottare Pordenone Come tradurre in comportamenti e prassi i valori della Cooperativa Itaca? Questo il tema delle giornate di riflessione che hanno coinvolto i coordinatori dei servizi di Itaca, a chiusura di un articolato percorso formativo sulla figura del coordinatore, che ha visto la collaborazione, oltre che di docenti interni, anche della sindacalista Dina Sovran, della Funzione pubblica Cgil di Pordenone e dell’avvocato giuslavorista Stefano Fruttarolo del Foro di Udine. Negli incontri del 4, 6 e 7 dicembre 2012, ancora una volta, attraverso l’utilizzo del metodo Pbl (Apprendimento basato sui problemi) associato a [The Village], di cui ha già scritto Maximilian Bremer sul numero di novembre di IT Gazzetta, i partecipanti hanno avuto modo di sperimentare un metodo di apprendimento cooperativo. Lo stimolo ad affrontare il problema proposto, a partire dalle esperienze personali e dalle conoscenze maturate nel contesto lavorativo, ha portato a confrontare linguaggi, condividere narrazioni, ipotizzare scenari che hanno avuto come tema fondante la definizione di strumenti e competenze trasversali, necessari a chi riveste il ruolo di coordinatore in Itaca, per essere testimone in prima persona di uno stile di lavoro inclusivo che tenga conto delle capacità, conoscenze ed abilità delle persone e dell’équipe. La complessità del ruolo, nel saper favorire l’accrescimento dell’autoefficacia, facilitare il monitoraggio e la maturazione dei percorsi professionali promuovendo un confronto trasparente e coerente tra il punto di vista dei singoli e quello dell’organizzazione, coniugandoli con le esigenze degli utenti e le richieste della committenza, richiede capacità di infondere al gruppo fiducia e motivazione, saper comunicare e interagire positivamente con gli altri, riuscendo a trovare soluzioni innovative ad eventi imprevisti attraverso uno stile assertivo ed empatico, orientato alla soluzione condivisa dei problemi. Sergio Della Valle

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insicurezza

CULTURA DELLA SALUTE E SICUREZZA A SCUOLA I bambini lamentano problemi legati al mal di schiena già nei primi anni della scuola primaria Pordenone Abbiamo pensato di fornire alcune indicazioni in merito al problema dell’ergonomia a scuola, segnalato già per i bambini della scuola primaria in numerose ricerche, pensando che possa essere utile per gli educatori che lavorano in servizi per l’infanzia e l’adolescenza. Ci sono diversi fattori che sostengono la necessità di inserire nei programmi scolastici lo studio dell’ergonomia. Tra questi, l’alta percentuale di infortuni che occorrono a personale al di sotto dei 34 anni, l’elevato numero di infortuni in ambito domestico, l’aumento della percentuale di bambini che lamentano il mal di schiena, il 23% nelle scuole primarie e il 33% tra gli studenti delle scuole medie (ricerca Mierau). Questi sono i motivi per cui nel Testo unico 81/2008 sulla sicurezza sul lavoro il legislatore ha indicato la facoltà per gli istituti scolastici di inserire nell’attività scolastica percorsi formativi ai fini della promozione e divulgazione della cultura della salute e sicurezza sul lavoro (art. 11 comma 4), contando sul fatto che i riflessi condizionati in materia di prevenzione si acquisiscono proprio durante l’infanzia. Molte ricerche condotte in diverse nazioni evidenziano come già nella prima infanzia le posture statiche prolungate, i movimenti quotidiani scorretti, i sollevamenti e gli spostamenti di carichi, possono danneggiare la colonna vertebrale in fase di sviluppo. I bambini che frequentano la scuola, a partire dalla primaria, potrebbero incorrere in disturbi muscolo scheletrici (ad esempio, mal di schiena, scoliosi, iperlordosi lombare, ecc.) derivanti da posture scorrette sul banco di scuola, dalla postazione al computer o dal peso della “cultura” (gli zainetti carichi di libri). Una ricerca effettuata nel 2008 dall’Albo degli optometristi e da Federottica, con la collaborazione dell’Università del Salento, riporta che in Italia il 95% dei bambini tra i 6 e i 10 anni assume atteggiamenti scorretti nella lettura, nella scrittura e nella postura, tenendo una distanza nella lettura e nella scrittura inadeguata già 32 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 01/2013

dalla prima classe della scuola primaria; inoltre 3 bambini su 4 che usano il computer soffrono di disagi visivi e posturali, facile immaginare che i disturbi aumenteranno con l’utilizzo dei tablet e dei giochi elettronici che, essendo portatili, possono essere utilizzati in qualsiasi posizione. Analizzando una giornata tipo di un bambino tra i 6 e i 7 anni, possiamo riscontrare che in media il bimbo riposa per 10 ore (sonno, riposo a letto), ne passa in posizione seduta circa 8-10 (scuola, pasti, computer, televisione e studio) e in posizione eretta il resto del tempo (6 ore circa). Educare alla salute e sicurezza significa aiutare i ragazzi a sviluppare la capacità di prendere decisioni consapevoli nei riguardi del proprio benessere, in difesa del proprio equilibrio fisico, psichico e sociale, promuovendo una corretta percezione dei rischi e l’adozione di comportamenti che diventino parte integrante dello stile di vita e quindi di lavoro. E’ disponibile sul sito dell’Inail la pubblicazione “Ergonomia a scuola - a scuola di ergonomia”, un volume che intende fornire agli insegnanti degli strumenti didattici semplici e coinvolgenti per sensibilizzare gli alunni alla prevenzione dei disturbi muscoloscheletrici. Chiara Stabile


inpersonale

IL SOCIO LAVORATORE DI COOPERATIVA CON CONTRATTO DI LAVORO SUBORDINATO Le coop virtuose applicano la mutualità Pordenone Definire la figura giuridica del socio lavoratore di cooperativa con rapporto di lavoro subordinato è operazione complessa. Riprendendo una metafora del prof. Zamagni, possiamo definire il socio di cooperativa come un Giano bifronte: da un lato un lavoratore subordinato e dall'altro un “imprenditore di se stesso". Nella figura del socio lavoratore di cooperativa trovano sintesi le disposizioni di legge inerenti il rapporto di lavoro e quelle riguardanti il diritto societario. Ma con quale equilibrio fra queste due opposte tensioni? A chi spetta il ruolo di regista nella gestione di tale complessità? Fino al 2001, questo ruolo di regia è praticamente mancato, favorendo quindi un regime di deregulation. La legge n. 142/01 "Revisione della legislazione in materie cooperativistiche, con particolare riferimento alla posizione del socio lavoratore" che avrebbe dovuto ridefinire il rapporto tra aspetti lavorativi e aspetti associativi, ha risposto solo in parte alle attese, favorendo pur tuttavia un’operazione di "moralizzazione e pulizia" all'interno del movimento cooperativo, nel tentativo di contenere l'odioso fenomeno della “falsa cooperazione” caratterizzata da una mutualità di pura facciata. La vera rivoluzione operata da questa legge è stato il superamento della logica del solo aspetto associativo e la conseguente previsione di due passaggi consecutivi: l'associazione alla cooperativa e la sottoscrizione, contestualmente o successivamente, di un rapporto di lavoro che può essere subordinato, autonomo o "in qualsiasi altra forma" prevista dal regolamento interno (ad esclusione del lavoro occasionale). Altro aspetto positivo introdotto dalla legge n. 142/2001 è stata la previsione dell’obbligo di adozione per le cooperative di un regolamento interno approvato dall'assemblea, ovvero di uno strumento che contribuisca a definire il contenuto della mutualità interna e favorisca la

chiarezza in merito alle norme organizzative e funzionali della cooperativa. Accanto a questi elementi positivi non possiamo non ricordare una questione che ha contribuito ad alimentare confusione e scarsa trasparenza in merito alla figura del socio: i numerosi rinvii della legge in merito al termine ultimo per l'adozione del regolamento interno da parte delle società. Questo continuo rinvio dell'obbligo di adozione della fonte primaria dell'autonomia delle cooperative, assieme allo statuto, non ha certo contribuito alla chiarificazione della materia che si era prefissato il legislatore nel 2001. In conclusione possiamo affermare che ancor oggi, anche all'interno del mondo cooperativo, si tende a far coincidere il rapporto di lavoro subordinato di un socio di cooperativa con il medesimo rapporto applicato ad un non socio, ovvero ad un “normale” rapporto di lavoro dipendente. Tale differenza appare sfumata, se non quasi inesistente, in quelle cooperative, non necessariamente di grandi dimensioni, il cui unico obiettivo è la riduzione dei costi, in quelle realtà il cui unico scopo è situarsi sul mercato con fenomeni di dumping contrattuale, sottopagando i propri lavoratori. In tali società il regolamento interno altro non è che la riproposizione di normative e di vincoli presenti nella legislazione e nei vari contratti collettivi che spesso rimangono sulla carta. Per le altre cooperative, le cosiddette “virtuose", ovvero quelle che coniugano il saper stare sul mercato in maniera competitiva con un concreto scambio mutualistico fatto di ristorni, maggiorazioni retributive, agevolazioni economiche e normative per i soci, l'attuale legislazione sta forse un po' stretta, quasi fosse un abito confezionato mettendo insieme pezzi diversi di abiti già esistenti e riciclati. Sarebbe auspicabile forse, da parte del legislatore, un maggiore sforzo al fine di creare un prodotto più conforme alle peculiarità del complesso fenomeno cooperativo. Emanuele Ceschin

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Culture

MU SI CA

ci ne ma E SE VIVESSIMO TUTTI INSIEME?

Soundgarden - King Animal

Il film “E se vivessimo tutti insieme?”, diretto dal regista Stéphane Robelin, mette in scena un tema di grande attualità: la convivenza tra anziani ultrasessantacinquenni, diciamo una sorta di “housing sociale”. La trama si sviluppa attorno a cinque persone anziane, amici di vecchia data, che si conoscono da una vita e si frequentano regolarmente: Jean, Annie, Albert, Jeanne e Claude, due coppie sposate e un single impenitente. Alcuni di loro soffrono di problemi di salute propri dell’invecchiamento (perdita della memoria, problemi cardiaci, ecc.) e temono per il proprio futuro: non vogliono essere un peso per i figli e, tantomeno, vogliono che i figli prendano delle decisioni che ledano la loro libertà di vivere in piena autonomia (come, ad esempio, entrare in una casa di riposo). Quindi, l’unico modo per aiutarsi e per prendersi cura l’uno dell’altro è proprio quello di vivere assieme. E’ così che decidono di trasferirsi nella casa di Annie, abbastanza grande e capiente per ospitare cinque persone e, allo stesso tempo, consentire a ciascuna di esse di usufruire dei propri spazi, mantenendo l’intimità domestica unitamente a dei momenti di vita comunitaria. In questo contesto entra in scena Dirk, giovane studente di Etnologia che decide di scrivere una tesi di laurea sulla condizione degli anziani in Europa. All’inizio Dirk viene assunto come dog-sitter per accudire il cane di Albert (troppo impegnativo da gestire), poi, su sollecitazione di Jane, sviluppa la tesi proprio su questo gruppo di anziani filmandoli in alcuni momenti di vita in comune. La pellicola “E se vivessimo tutti insieme?” mette in luce un fenomeno sociale legato al progressivo invecchiamento della popolazione che timidamente si sta indirizzando verso una politica di “convivenza comune”. L’intento del regista è di restituire dignità agli anziani, permettendo loro, in particolare a chi gode di buone condizioni di salute, di condurre una vita normale, di dire e fare delle cose (come il sesso) e di non abbandonarsi all’idea che ormai tutto è finito. La coabitazione tra persone anziane permette di migliorare e rafforzare la loro condizione di vita, favorendo la formazione di un contesto abitativo e sociale dignitoso all’interno del quale sia possibile non solo vivere in un alloggio adeguato, ma anche impostare delle relazioni umane ricche e significative. Una nota di merito va senz’altro agli attori, che hanno saputo interpretare con eleganza e semplicità un tema così delicato e ancora poco sviluppato. Il cast vanta, infatti, interpreti di grande calibro come Jane Fonda (75 anni) nel ruolo di Jeanne, Geraldine Chaplin (68 anni) nel ruolo di Annie, Guy Bedos (78 anni) nel ruolo di Jean, Claude Rich (83 anni) nel ruolo di Claude e, infine, Pierre Richard (78 anni) nel ruolo di Albert.

Quando nel 1997 la band di Seattle si sciolse, dando inizio alla carriera solista di Chris Cornell e poi al suo successivo ingresso negli "Audioslave" con i membri dei "Rage Against The Machine", non c'erano molte speranze per una reunion del gruppo. Ma le voci che quest'anno annunciavano l'uscita di un nuovo disco si sono concretizzate con la pubblicazione di "King Animal" a fine novembre. La prima delle tredici tracce di questo progetto, giunto a 16 anni di distanza dal precedente "Been Away Too Long" -, ci dice appunto che sono stati lontano troppo tempo e costituisce un vero e proprio manifesto dal carattere energico e ruvido ancorato al grunge degli anni '90 di cui il gruppo è stato protagonista assieme ai Nirvana e ai Pearl Jam. I suoni distorti e saturi delle chitarre intrecciano una trama che viene sciolta dal basso e dalla batteria in un approccio ritmico incalzante, ostinato e ossessivo, e a tratti sincopato. Nell'album oltre al grunge si sentono le pesanti influenze di altri generi come rock, stoner e hard-rock anni '70 (a tratti psicadelico), uniti tra loro con una naturale sinergia e fluidità. La voce di Chris Cornell sembra a tratti perdersi nelle sovraincisioni e nei riverberi per ritornare, rompersi e graffiare come un tempo come ad esempio in "Non-State Actor". In "By Crooked Steps" il gruppo incalza con un tempo in 5/4 dove la chitarre suonano all'unisono in molte parti con il basso, scuotendo l'attenzione e ogni equilibrio. Una meravigliosa citazione e tributo distinguibile al rock anni '70 dei Led Zeppelin. In "Taree" (la mia preferita dell'album) il gruppo sembra esser capace di fermare il tempo e incastonare con un mid-tempo in 14/4 una graffiante e emotivamente trascinante atmosfera, dove la voce culla l'ascoltatore in una spirale verso l'abisso. In "Bones of Birds", una rock-ballad dark in 7/4, la voce di Chris torna ad esser protagonista per raccontare la visione di un padre e delle sue preoccupazioni nel veder crescere i proprio figli e nel veder perdere la loro innocenza. In Worse Dreams un 15/4 tanto difficile da individuare, quanto incalzante e compulsivo, veniamo portati indietro nel tempo in un viaggio dove la colonna sonora è quella dei "Pearl Jam" e dei "Nirvana". Un album trascinante nel segno del rock e delle chitarre elettriche, dove si trova il tempo di risalire in superficie per respirare con una ballad come "Black Saturday" o "Rowing". Un album realizzato da una grande band e adatto a tutti per l’immediatezza del linguaggio diretto e senza filtro della musica proveniente dal genere rock-grunge. Paolo Frigo

Anna Bagnarol

INVIACI LA TUA RECENSIONE Dal 2001 hai visto un solo film ma ti ha fatto venire la pelle d’oca dall’emozione? Ti sforzi ma non riesci proprio a ricordare la data del concerto-evento di Bobby Solo al quale hai partecipato con tanto trasporto? Il tuo ultimo libro letto per intero giace da anni sotto una consistente coltre di polvere tanto da non distinguerne più i contorni? Non importa. Non fartene un problema. Se nei prossimi mesi ti capiterà di leggere un libro, assistere ad un concerto, vedere un film, una rappresentazione teatrale o una mostra, ascoltare un disco … bene! Raccontacelo! Inviaci una recensione e potrai trovarla pubblicata in Gazzetta! Perché non è mai troppo tardi f.dellapietra@itaca.coopsoc.it

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RICERCHIAMO Per

AREA TERRITORIALE ANZIANI Servizio di Assistenza Domiciliare Monfalcone (GO) Addetta/o all’assistenza Si richiede: Qualifica Operatore Socio Sanitario; esperienza nei servizi di assistenza anziani; patente B, auto propria. Si offre: contratto a tempo determinato; part time; applicazione completa del Contratto Nazionale delle Cooperative Sociali.

AREA DISABILITà

Comunità per Disabili Ragogna (UD) Infermieri professionali Si richiede: Laurea scienze infermieristiche o diploma infermiere professionale; iscrizione IPASVI; esperienza minima nei servizi con la disabilità; possesso di patente B, auto propria. Si offre: contratto a tempo determinato; part time; applicazione completa del Contratto Nazionale delle Cooperative Sociali.

AREA MINORI

Scuola per l’Infaniza Santo Stino di Livenza (VE) Comunità per Disabili Begliano Insegnante scuola per l’infanzia e Gorizia Si richiede: Laurea scienze della formazione Infermieri primaria indirizzo prima infanzia; diploma magiprofessionali Si richiede: Laurea scienze infermieristiche o diploma infermiere professionale; iscrizione IPASVI; esperienza minima nei servizi con la disabilità; possesso di patente B, auto propria. Si offre: contratto a tempo indeterminato; part time; applicazione completa del Contratto Nazionale delle Cooperative Sociali.

Zona Cervignano del Friuli (UD) Educatrice/ore Si richiede: Diploma settore socio assistenziale ed educativo, qualifica OSS; esperienza minima nei servizi educativi e assistenziali ai minori; patente B, auto propria. Si offre: contratto a tempo determinato; part time; applicazione completa del Contratto Nazionale delle Cooperative Sociali.

zona Pordenone Educatrice Si richiede: Laurea scienze dell’educazione o Psicologia; esperienza minima nei servizi educativi con minori con disabilità; patente B, auto propria. Si offre: contratto a tempo determinato; part time; applicazione completa del Contratto Nazionale delle Cooperative Sociali.

strale o liceo psicopedagogico conseguito entro l’a.s. 2001/2002; esperienza minima nelle scuole per l’infanzia; patente B, auto propria. Si offre: contratto a tempo determinato; part time; applicazione completa del Contratto Nazionale delle Cooperative Sociali. Le domande vanno inviate a uno dei seguenti recapiti: Cooperativa Itaca • Ufficio Risorse Umane Vicolo Selvatico 16 • 33170 Pordenone e-mail: ricerca.personale@itaca.coopsoc.it Tel. 0434-366064 • Fax 0434-253266

Redazione Fabio Della Pietra Caterina Boria Simone Ciprian Renato Esposito Laura Lionetti Enrichetta Zamò impaginazione La Collina - Società Cooperativa Sociale Onlus - Trieste STAMPA Hand Consorzio di comunicazione sociale - Udine Numero chiuso il 4 gennaio alle ore 16.00 e stampato in 1200 copie

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