MENSILE D’INFORMAZIONE DELLA COOPERATIVA SOCIALE ITACA ONLUS
DAZED AND CONFUSED L’editoriale del presidente
WE FAB IT!
Presentate 17 proposte di progetto al Faber Academy Box
PALAZZO CONTEMPORANEO “Udine Prova a Immaginarsi Migliore” Ad aprile un mese di eventi
N°03/2013 www.itaca.coopsoc.it
NUOVA SEDE PER I RAGAZZI DELLA PANCHINA 03/2013 ∙ IT LaGazzetta ∙∙∙ 1
PER TUTTI I LAVORATORI DELLA COOPERATIVA
SERVIZI gratuiti DI BABY PARKING, BABYSITTING, SUPPORTO SCOLASTICO PER ADOLESCENTI
PER I SOCI DELLA COOPERATIVA
VOUCHER PER NIDI, SCUOLA INFANZIA, SCUOLA PRIMARIA, CENTRI ESTIVI, ATTIVITA’ POMERIDIANE, CENTRO DIURNO, BADANTE, STIRO E LAVANDERIA Domande entro il 31 marzo Info
conciliazione@itaca.coopsoc.it 0434 366064 (lun-gio 08.30-12.30) www.itaca.coopsoc.it Cooperativa sociale Itaca 2 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 03/2013
editoriale di Leo Tomarchio Presidente
DAZED AND CONFUSED Pordenone Sono confuso. Davvero c'è di che essere disorientati. Non solo per i risultati elettorali, che forse erano prevedibili, ma per la piega che sta prendendo il dibattito in questo Paese. Un dibattito che sembra non tener conto dei bisogni dei cittadini e della comunità in genere. Già non ha senso il distinguo tra fasce deboli e non. La comunità, e quindi il Paese, è un'unica fascia debole. La sensazione è quella di assistere, inermi, a un delirio (politico) generalizzato. Chi pensa ad alleanze assurde, chi tenta alleanze e corteggiamenti non corrisposti, e chi di alleanze non vuol farne in una logica di strategia dell'azzeramento totale dell'attuale classe politica. Una sorta di resa dei conti complessiva, senza vie di mezzo, senza compromessi, senza gradualità. Sarebbe come fare uno sciopero generale della sanità, senza garantire i servizi essenziali. Oppure, siglare un contratto di lavoro aumentando i salari del 200%, senza sentire le parti datoriali. Quali potrebbero essere gli effetti collaterali? Sono facilmente immaginabili. La consapevolezza di quello che potrebbe accadere, è chiara a tutti o lo è solo per coloro i quali tirano le fila di questo epocale braccio di ferro? Chi possiede un paracadute così resistente da potersi sentire al sicuro dagli effetti collaterali di un chirurgico sfascio generalizzato? I politici della vecchia generazione di sicuro sì, perderebbero il potere e qualche privilegio, ma di sicuro hanno già capitalizzato (chi più, chi meno) quanto necessario per uscirne senza danni, e con molte opportunità di dignitosa (solo economicamente in molti casi) sopravvivenza.
Ma gli altri? I cittadini comuni, siano essi occupati, disoccupati o imprenditori? Tutte quelle persone che sono andate a votare, inseguendo legittimamente il proprio ideale o interesse, saranno tutelate? E da chi? Da burattinai incappucciati che (dal bagnasciuga della loro villa al mare) non rilasciano interviste e non ne fanno rilasciare? E gli stessi che interviste non ne possono rilasciare, sono attori consapevoli di questo disegno distruttivo? Li abbiamo visti tutti, sono persone comuni, lavoratori, piccoli imprenditori, impiegati, studenti, professionisti, anche cooperatori. Brave persone, insomma. Ma sono in grado di essere protagonisti responsabili del cambiamento radicale che pare si stia delineando? Sia chiaro: io sono più che convinto che il cambiamento sia necessario! Ma la domanda che pongo come cittadino, come lavoratore e come dirigente di una impresa sociale (perché impresa siamo) è: siamo sicuri che il guru stia indicando la strada giusta? I giovani parlamentari neo eletti faranno solo da comparse in una sceneggiatura scritta a due mani, o vorranno provare a essere loro i protagonisti? Non intendo che si debbano far "comprare", come alcuni temono. Il loro ruolo può e deve essere quello di coloro che dettano le condizioni di un vero cambiamento. Devono fare squadra per vigilare che ciò davvero avvenga. Devono fare in modo che le mummie vengano messe all’angolo e pretendere che il prossimo governo lavori veramente per i cittadini. Io credo che lo possano e lo debbano fare. E' un'occasione unica. Il cambiamento è come un'impresa cooperativa. Non la può guidare un padrone, è una “cosa collettiva”. E' una “cosa di tutti”. Serve a tutti e tutti servono a lei.
03/2013 ∙ IT LaGazzetta ∙∙∙ 3
Sommario
Primo piano
05∙PIANI DI ZONA QUESTI
SCONOSCIUTI
L’INTERVISTA DEL MESE
IN COPERTINA Immagine di CipArt
07∙PERCHÉ IO CI METTO LA FACCIA!
A colloquio con la presidente della Circoscrizione Sud di Pordenone. Donna con lavoro a tempo pieno, famiglia e figli
SPECIALE FAB! 09∙WE FAB IT!
Presentate 17 proposte di progetto al Faber Academy Box
Attualità
12∙IL FIAMMIFERO È ACCESO
28∙FESTA DELLE IDEE A BORGOMEDUNA
Migliorare la qualità della vita nel quartiere, i cittadini dicono la loro
29∙DIRITTO ALLA CURA PER TUTTI
Cecilia Strada: “Dallo Stato italiano ci aspettiamo molto di più”
RICERCA E SVILUPPO
30∙LE PAROLE DEL SOCIALE:
BISOGNO
Excursus tra forme e contenuti, significanti e significati
INsicurezza
32∙I NUOVI RISCHI SUL LUOGO DI LAVORO
Hack/Di Piazza coraggiosamente insieme
Gli infortuni in un’ottica di genere in Friuli Venezia Giulia
14∙CONCILIAZIONE: DOMANDE E RIMBORSI
INpersonale
Servizi per i lavoratori e voucher per i soci
16∙AL FARFABRUCO
33∙JOB DESCRIPTION Definiamo e valorizziamo i ruoli
NASCE LA BIBLIOTECA Inaugurata l’8 marzo l’ultima “nata” al Nido d’infanzia
17∙PALAZZO CONTEMPORANEO
“Udine Prova a Immaginarsi Migliore”: ad aprile un mese di eventi
21∙NUOVA SEDE PER LA PANKA
“La nostra storia è patrimonio comune della nostra città”
e20
26∙LA STORIA DI SANDRO, UNA STORIA DI VITA
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PRIMO PIANO
PIANI DI ZONA QUESTI SCONOSCIUTI Foto di Sabina Capolo
Enrichetta Zamò Pordenone La programmazione sociale nella regione Friuli Venezia Giulia ha avuto nei piani sociali di zona, realizzati nella prima triennalità in un contesto dichiaratamente sperimentale, il fulcro centrale della sua architettura strutturale e organizzativa. In questi anni, i piani di zona hanno conosciuto diverse realizzazioni ed esperienze locali, con esiti a volte non totalmente soddisfacenti, ma che hanno fatto maturare la consapevolezza da parte delle Amministrazioni pubbliche che è essenziale avere sul territorio, rispetto alla pianificazione dei servizi sociali e socio-sanitari, un approccio integrato con quello delle altre politiche di
sviluppo dei luoghi dove vivono le comunità. In questo contesto, i piani di zona hanno rappresentato, e ancora oggi rappresentano, un indubbio punto saldo di riferimento, attorno a cui s’è andata rafforzando una politica di programmazione, attuazione e verifica delle azioni messe in campo, sostenuta da un concorso crescente di partecipazione, concertazione, integrazione tra attori istituzionali e non.
tivo con l’introduzione di nuovi elementi come la Legge 6/2006 e il Piano regionale Socio sanitario, risulta evidente come il sistema di promozione della salute e di protezione sociale necessitasse di una nuova fase di programmazione partecipata, che prevedesse il coinvolgimento della comunità locale, dimensione irrinunciabile proprio ed a maggior ragione in una fase di difficoltà socio economica.
Il primo triennio di sperimentazione ha evidenziato alcune criticità, in particolare legate alle modalità di esercizio del sistema associato di governo del sistema locale dei servizi, all’integrazione delle politiche sociosanitarie con quelle educative e del lavoro, ed alla partecipazione dei soggetti non istituzionali alla formazione degli stessi piani. Pur essendo mutato il contesto anche norma-
Il nuovo processo programmatorio è stato caratterizzato in primo luogo dall’individuazione di chiare priorità in un contesto di scarse risorse, attraverso un confronto fortemente orientato all’integrazione di tutte le politiche, alla costruzione di sinergie economiche, al reperimento di risorse possibili, alla realizzazione di sinergie tra ambito pubblico ed ambito privato (profit e non profit) con una connota03/2013 ∙ IT LaGazzetta ∙∙∙ 5
PRIMO PIANO zione dunque di pianificazione strategica. Ricordiamo alcuni passaggi determinanti per la nuova programmazione che si evincono dalle nuove linee guida e dal mutato contesto normativo. L’art. 24 della LR 6/2006 stabilisce che il piano di zona ha validità triennale e viene aggiornato annualmente. Le linee guida prevedono l’approvazione del piano di zona 2013-2015 e del programma attuativo annuale (Paa) che rappresenta la declinazione annuale degli obiettivi triennali della programmazione locale. Il programma attuativo annuale è lo strumento attraverso il quale si realizzano concretamente, per l’anno di riferimento, le previsioni contenute nel piano di zona, ove si definisce la spesa sociale complessiva per l’annualità di riferimento. Il programma attuativo annuale è lo strumento attraverso il quale si realizzano concretamente per l’annualità di riferimento le previsioni contenute nel piano di zona e si definisce la spesa sociale complessiva, sia quella riguardante i servizi e gli interventi consolidati, sia quella relativa alle nuove progettualità. L’art. 24 della LR 6/2006 stabilisce che il piano di zona costituisce il mezzo di partecipazione degli attori sociali al sistema integrato. Il piano di zona è lo strumento per la costruzione del welfare locale e di comunità. Le linee guida stabiliscono le diverse fasi della governance sociale. Concertazione: fase di condivisione di obiettivi e priorità tra i soggetti istituzionali e gli attori sociali; Consultazione: Fase di raccolta di conoscenze e competenze degli attori sociali del territorio; Coprogettazione: Fase di definizione della responsabilità e del concreto coinvolgimento degli attori sociali nella realizzazione di una politica o di un intervento. L’art. 24 della LR 6/2006 stabilisce che il piano di zona è approvato con accordo di programma sottoscritto dal presidente dell'Assemblea dei sindaci di Ambito distrettuale, dai sindaci dei Comuni dell'Ambito territoriale di pertinenza e, in materia di integrazione sociosanitaria, dal direttore generale dell'Azienda per i servizi sanitari. E' sottoscritto altresì dai presidenti delle Aziende pubbliche di servizi alla persona e delle Province, nonché dai soggetti di cui all'articolo 1, comma 4, della legge 328/2000, i quali partecipano alla conferen6 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 03/2013
za finalizzata alla stipulazione dell'accordo di programma e concorrono all'attuazione degli obiettivi del piano di zona con risorse proprie. Dal mese di febbraio 2013 gli Ambiti hanno convocato tutte le realtà territoriali per presentare il documento finale illustrativo di ciascun piano di zona, e aderire agli accordi di programma. Nel documento delle linee guida la Regione Friuli Venezia Giulia auspicava che nella definizione dei contenuti del documento costitutivo del piano di zona venissero attivati, nelle modalità e con le caratteristiche derivanti dalla diversità territoriale ed organizzativa, dei tavoli tematici di lavoro sulle tematiche esposte nel documento, con soggetti istituzionali e non, permettendo ad ognuno di apportare il proprio contributo. La libera scelta di organizzare la realizzazione e la conduzione dei tavoli ha portato alle più variegate modalità di coinvolgimento dei soggetti del Terzo settore. Alcuni Ambiti hanno convocato tramite un avviso pubblico, altri hanno organizzato convegni pubblici a partecipazione libera, altri ancora hanno invitato in forma diretta i soggetti che hanno ritenuto di dover coinvolgere. Giocoforza, le diverse modalità di avvio e di visione delle linee guida hanno portato ad una Cooperativa come Itaca, che opera in molteplici Ambiti territoriali, diverse forme di partecipazione e di coinvolgimento. In alcuni luoghi, l’esperienza portata dalla Cooperazione sociale è stata di fondamentale importanza, in quanto ha portato una lettura puntuale e concreta dei servizi e delle necessità, ed ha fatto in modo che le buone prassi contaminassero territori. Permane anche in questa nuova pianificazione l’aspetto più delicato, relativo alle modalità di coinvolgimento non solo di soggetti già collaboranti con i servizi (che garantiscano quindi impegno, risorse, prassi di lavoro comuni), ma anche di soggetti ancora “esterni”, superando rischi di autoreferenzialità del sistema. Si pone, tuttavia, il problema della rappresentatività dei partecipanti ai tavoli di lavoro rispetto alla propria organizzazione e/o al settore tematico delle associazioni. Si ravvisa disomogeneità di esperienze, formazioni, saperi e linguaggi tra i partecipanti al processo pianificatorio, e criticità nel confronto
e nella effettiva possibilità di comunicazione con i soggetti istituzionali. In alcuni luoghi, inoltre, è apparso molto chiaro quale fosse il ruolo della Cooperazione, in altri è risultato confuso o assimilato alle associazioni, soprattutto quando si arrivano a richiedere contributi e risorse per la firma degli accordi di programma. Come Cooperativa Itaca riteniamo che il nostro contributo - portato nei diversi momenti, sia nella concertazione come pure nella consultazione, come presenza a diversi tavoli e in molteplici Ambiti - sia stato e sarà molto importante sia quantitativamente che qualitativamente. Sui tavoli abbiamo posto l’esperienza quotidiana dei nostri servizi, dei bisogni delle persone che ogni giorno incontriamo, l’attenzione a rinnovarsi, a cogliere le nuove povertà, ad intercettare i bisogni emergenti assieme alla nostra capacità di integrare diversi soggetti e attivare la comunità. Abbiamo contribuito, dove possibile, alla definizione di obiettivi credibili e realizzabili, come pure con la nostra capacità di lavorare in rete. Con questa convinzione abbiamo aderito ai piani di zona e ci siamo impegnati, credendo che, in una situazione in cui il welfare viene sempre più messo in crisi, sia necessario che tutti siano partecipi delle azioni nelle e con le comunità (tutti i documenti relativi ai piano di zona e al programma attuativo annuale sono pubblicati nei siti dei diversi Ambiti).
l'INTERVISTA del mese
PERCHÉ IO CI METTO LA FACCIA! A colloquio con Antonella Del Ben, presidente della Circoscrizione Sud di Pordenone, eletta all’unanimità. Donna con un lavoro a tempo pieno e una famiglia con due figli. E allora abbiamo pensato che sarebbe stato stimolante farle un’intervista, per chiederle perché lo fa e come fa, a proposito di conciliazione, donna con un lavoro a tempo pieno e una famiglia con due figli.
Pordenone Antonella Del Ben, 45 anni, capelli corti, sguardo attento, è una donna capace di ascoltare e di connettere e dal 2011, eletta all’unanimità, unico caso in città, è la presidente della Circoscrizione Sud di Pordenone. L’abbiamo ascoltata durante il Seminario Quale lavoro di comunità? Idee e pratiche a confronto a Pordenone, tenutosi il 15 novembre 2012, conclusivo del percorso formativo per attivatori di comunità del progetto Genius Loci. La tavola rotonda, che ha animato la seconda parte dell’incontro, condotta dal giornalista Francesco Vanin di PNBox, aveva coinvolto il sindaco di Pordenone Claudio Pedrotti, il presidente della Provincia, Alessandro Ciriani, la presidente e il consigliere della Circoscrizione Sud, Antonella Del Ben e Vito Palmisano, il direttore del Dipartimento prevenzione dell’Ass 6 Friuli Occidentale, Lucio Bomben, l’insegnante della scuola elementare Rosmini di Villanova, Silvia Burelli, e Benvenuto Sist, abitante di Borgomeduna e autore di varie pubblicazioni sulla storia
Perché si è candidata?
del quartiere. Antonella Del Ben ha parlato per ultima, quando ormai erano state dette tutte le parole sul valore della comunità, sull’importanza dell’impegno, il valore del territorio… Ma Antonella ha trovato altre parole, ha raccontato la sua storia personale e la sua esperienza nella Circoscrizione, cittadina di Vallenoncello e fermamente convinta del valore dell’intergenerazionalità, del mettere assieme, stando nei luoghi e mettendoci la faccia.
Non so nemmeno io come mi sono trovata coinvolta. Sono sempre stata una persona attiva del quartiere, su vari fronti: con le associazioni, all'interno della scuola materna ed elementare come rappresentante di classe, impegnata nei gruppi parrocchiali, iscritta al gruppo Marciatori e gruppo Sportivo e Gli amici Alpini… insomma mi conoscono tutti nel quartiere di Vallenoncello. Era un po’ di tempo che gli amici mi dicevano “Potresti metterti, sei adatta a rappresentare il quartiere”, e io rispondevo “Non esiste, la politica è troppa lontana da me”. Alla fine diverse persone mi dicevano la stessa cosa ed Elio Rossetto, consigliere comunale, presente nella vita di quartiere, mi ha fatto la proposta di candidarmi per il Consiglio circoscri03/2013 ∙ IT LaGazzetta ∙∙∙ 7
l'INTERVISTA del mese zionale. Così ho iniziato a interrogarmi “Perché le persone mi chiedono di candidarmi? Se ho la stima di queste persone, forse loro vedono in me delle qualità che io non penso di avere”. Quindi ha prevalso il mio senso civico, ma soprattutto la necessità di fare urgentemente qualcosa per rendere dinamico il quartiere dove sono sempre vissuta. Ho chiesto consiglio della mia famiglia e allora ho deciso di buttarmi in quell’avventura. Non ho fatto campagna elettorale, ho fatto solo il biglietto di presentazione in cui ho scelto per presentarmi la frase Il mio tempo a servizio del mio quartiere. E alle elezioni comunali ho preso 288 voti. Ho cominciato a frequentare il partito Pd, a cui mi ero iscritta proprio per le elezioni. Quando poi si è trattato di scegliere il presidente di Circoscrizione, ho riflettuto sull’importanza di assumersi le responsabilità. Se le persone mi avevano dato quelle preferenze, non accettare la presidenza sarebbe stato tradire il loro voto. Ho parlato con gli altri consiglieri e ho avuto la fortuna di essere supportata da due in particolare; ma la sorpresa più grande è stata al momento delle elezioni, quando ho ottenuto i voti anche dell’opposizione. Abbiamo iniziato a lavorare e penso che il punto di forza di questo gruppo sia il dialogo a trecentossanta gradi, con momenti operativi e anche momenti conviviali. Emblematico il commento di un consigliere della Lega Nord che una sera ci ha detto “Mai avrei creduto di poter parlare di politica in maniera serena e amichevole”. E quando c’è stato il cambio di un consigliere, all’acclamazione della nuova incaricata, dell’opposizione, tutti hanno tenuto a precisare “Signora, si ricordi che noi qua siamo tutti con la presidente e lavoriamo in maniera serena”. Il Consiglio è basato su questo e sono stata chiara fin dall’inizio, spiegando che non avevo esperienza di politica e che a livello di circoscrizione la politica c’entra poco. Ho sottolineato da subito: “Noi siamo in dieci e siamo qui per affrontare i problemi che ci sono all’interno dei quartieri”. Il Consiglio sta lavorando in questo senso, anche perché è un organo che non ha potere, né decisionale né deliberativo. L’esperienza all’inizio è stata dura, perché per carattere non mi piace parlare in pubblico e mettermi in mostra, ma malgrado le difficoltà mi sono sentita supportata dal Consiglio e da chi aveva più esperienza di me. Come prima azione ho voluto conoscere tutte le realtà dei quartieri. Ho fatto una lettera di presentazione, che ho mandato alle scuole, alle associazioni e alle varie realtà, e successivamente sono andata a presentarmi, per farmi conoscere 8 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 03/2013
e iniziare a costruire un rapporto tra persone. Poi ho conosciuto il progetto Genius Loci, attivo a Borgomeduna e Villanova, e mi si è aperto un mondo, tanto che ho chiesto che fosse esteso anche agli altri quartieri della Circoscrizione. E’ un’opportunità che mi permette di andare nei vari quartieri, nelle assemblee di zona organizzate degli operatori di collegamento mensilmente, e mi consente di avere il sentore di come vanno le cose.
Si parla molto di conciliazione, pari opportunità e quote rosa. Lei come riesce a conciliare la sfera lavorativa e dell’impegno politico con la sfera familiare?
Non so nemmeno io come faccio, non è semplice, lavoro a tempo pieno. Sono però dell’opinione che se uno vuole trovare il tempo, lo trova. Sicuramente è possibile grazie al supporto della mia famiglia. Siamo abituati a dare tutti una mano in casa e se io non ci sono non muore nessuno. La mia famiglia di origine mi ha dato questo insegnamento e io l’ho trasmesso ai miei figli. Avendo i ragazzi già grandi è possibile, se fossero piccoli non ce la farei, anche perché ci sono anche gli altri impegni. Non ho voluto lasciare le attività che avevo prima… Diciotto anni fa, ad esempio, ho fondato un gruppo teatrale che, inizialmente, recitava per i bambini in occasione del Carnevale e attualmente siamo la compagnia Giovani Attrici e proponiamo degli spettacoli di teatro comico dialettale. Sempre di corsa, cerco di fare più che posso. Se mi prendo un impegno lo porto a termine.
Come funziona l’organo della Circoscrizione comunale?
Le Circoscrizioni sono un organo di decentramento del Comune, recentemente accorpate, per cui, ad esempio, a Pordenone dal 2011 la Circoscrizione Sud comprende i quartieri di Vallenoncello, Villanova, le Grazie e Borgomeduna. La Sud è la più grande delle Circoscrizioni di Pordenone, con 18 chilometri di estensione circa. Il Consiglio di circoscrizione è composto da dieci consiglieri che si incontrano mensilmente. Inoltre il sindaco di Pordenone, Claudio Pedrotti, si riunisce ogni due mesi con i quattro presidenti di Circoscrizione. Compito della Circoscrizione è di essere presenti nei quartieri e di portare in evidenza al Consiglio comunale le problematiche del territorio, sia logistiche che di carattere sociale. I consiglieri di Circoscrizione fanno un’interrogazione, che viene inserita all’interno del consiglio di Circoscri-
zione e, a seguito della discussione, viene dato mandato alla presidente della Circoscrizione di portare la tematica all’attenzione degli assessorati competenti. Le Circoscrizioni non hanno potere, sono solo un organo di consultazione. Se si va verso l’abolizione di questi organi, cosa di cui si sta parlando sempre più spesso, ritengo che vadano però sostituiti con altri dispositivi che facilitino il raccordo con i cittadini. La gente ha bisogno di essere ascoltata e ha bisogno di qualcuno che faccia da intermediario e metta in rete le realtà. Ad esempio, l’associazione Aifa, che ha sede a Borgomeduna, sta organizzando delle serate di presentazione della figura dell’amministratore di sostegno e per dare diffusione all’iniziativa l’abbiamo inserita nel foglio di quartiere (giornale mensile edito tra le attività coordinate dal progetto Genius Loci, ndr) e previsto di programmarla in altri quartieri per dare la massima diffusione. Vorrei dunque arrivare ad uno scambio continuo di competenze ed eventi tra i quartieri; mi piacerebbe che alla fine dei cinque anni di mandato di questo Consiglio sia attivo un sistema di scambio stabile.
Dal suo osservatorio, come pensa si evolverà la situazione nei quartieri?
Da quello che vedo e dai dati disponibili, non traggo una visione rassicurante. Nel quartiere di Vallenoncello ad esempio ci sono due condomini a gestione Ater, in cui sono presenti situazioni difficili. Penso però che sia anche un momento interessante per mettere in campo il volontariato, come scambio di competenze e per sperimentare che l’unione e la solidarietà hanno forza. E’ importante a mio avviso cercare di educare le persone a riappropriarsi delle tradizioni, della cura della cosa pubblica. Lo scorso anno, ad esempio, il Progetto giovani ha realizzato la Festa della catalpa, albero simbolo di Vallenoncello. L’idea di fondo è di tenere un collegamento con le tradizioni allargandole a chi è arrivato successivamente, raccogliere le storie delle persone e dei luoghi per tramandarle, affrontare con le risorse presenti nei quartieri le problematiche. Sono fiduciosa perché ad esempio dopo un anno di attività di Genius Loci, con il supporto della Circoscrizione, tutte le associazioni si parlano e si incontrano una volta al mese, cosa che prima non era mai accaduta. Sono processi lenti, che necessitano di tempo e di impegno. Laura Lionetti
Speciale FAB!
WE FAB IT! Presentate 17 proposte di progetto al Faber Academy Box Pordenone Sanità low cost, inclusione sociale, audio-video e terzo settore, agriturismo, educazione alimentare e ristorazione, cooperazione sociale, impresa culturale, architettura low cost per il risparmio energetico, canile integrato con il territorio, turismo e cultura italiana, fattoria sociale, laboratorio artistico di riuso e riutilizzo, bottega biologica, pannelli solari, educazione scolastica e laboratori. Sono le principali aree tematiche delle 17 idee progettuali pervenute per la 2^ chiamata di FAB, la cui valutazione è stata avviata il 27 febbraio - nella sede della Cooperativa Itaca a Pordenone - dalla Direzione strategica del Faber Academy Box. Lo staff di Itaca e Dof Consulting ha avuto modo di un primo confronto sulle 17 idee embrione che sono arrivate da Aviano, Casarsa,
Sacile, San Vito al Tagliamento, Valvasone, Pordenone (3), Codroipo, Latisana, Udine (3), Trieste (2), Caltanissetta. La provincia di Pordenone fa ancora la parte del leone con 9 idee, segue la provincia di Udine con 5, Trieste con 2, 1 progetto arriva da Caltanissetta. Su 20 progettisti o co-progettisti le quote in rosa sono 8, 12 al maschile. Questi sono i primi numeri diffusi dalla Cooperativa sociale Itaca a fronte della chiusura dei termini (15 febbraio 2013) per la presentazione dei progetti aspiranti all’ingresso in FAB!, il generatore d’impresa e innovazione sociale lanciato il 29 giugno 2012 dalla Coop friulana. “I prossimi passi sono già stati definiti – spiega Christian Gretter, coordinatore del progetto -: le 17 proposte di progetto pervenute saranno selezionate entro il 15 marzo da una apposita commissione, mentre l’inizio della seconda Vil-
lage Academy è previsto il 25 marzo”. FAB è un progetto della Cooperativa Itaca che gode della collaborazione di Dof Consulting e del supporto di diversi partner, fra cui l’Università degli Studi di Trento nella persona del prof. Luca Fazzi, di Aiccon (Associazione Italiana per la promozione della Cultura della Cooperazione e del Nonprofit) nella persona del suo direttore Paolo Venturi, DMav. Dalla maschera al volto – Social Art Ensemble, Provincia di Pordenone e Comune di Pordenone. Tra i partner recentemente si è aggiunta la Fondazione Crup che finanzierà sei borse di studio per l’intera durata del progetto. Un intervento prezioso quello della Fondazione, che farà in modo che i progetti possano concretizzarsi in impresa e/o rami d'impresa. Sul fronte degli eventi, archiviato il secondo Open Day di FAB tenutosi il 4 febbraio nella 03/2013 ∙ IT LaGazzetta ∙∙∙ 9
Speciale FAB!
sede dell’incubatore in via San Francesco a Pordenone, è da evidenziare il partenariato nato tra Ediciclo di Portogruaro, Itaca e FAB intrecciato su “Io credo. Dialogo tra un’atea e un prete”, edito da Nuovadimensione di Portogruaro. A cura della giornalista Marinella Chirico, “Io credo” è un libro a due voci, in cui Margherita Hack, scienziata di fama mondiale e già direttrice dell’Osservatorio astronomico di Trieste, e Pierluigi Di Piazza, prete di frontiera e fondatore del Centro di accoglienza per immigrati Ernesto Balducci di Zugliano, si confrontano senza pregiudizi, perché per costruire un mondo migliore è necessario partire proprio da lì, dall’incontro. “Io credo” è stato presentato con grandissimo successo di pubblico il 15 febbraio a Spilimbergo, oltre 500 le persone che hanno invaso il
10 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 03/2013
teatro Miotto per ascoltare la voce di Margherita Hack e Pierluigi Di Piazza, intervistati dai giornalisti Marinella Chirico e Fabio Della Pietra sui temi fondamentali del vivere quotidiano: il significato del progresso, il futuro dei giovani, le forme dell'amore, la vita e la morte, l'impegno civile e la politica, le questioni ambientali e sociali, il lavoro e la giustizia. Con sensibilità e rispetto per le reciproche posizioni Hack e Di Piazza affrontano nel libro argomenti delicati e controversi, come il testamento biologico, il degrado della politica, il potere della Chiesa, gli stili di vita, la sessualità, proponendo risposte che possono essere terreni di incontro e di scambio fecondo. “Io credo” ha così riunito attorno a sé a Spilimbergo – oltre a FAB, Itaca e Nuovadimensione
– associazione Folkgiornale di Spilimbergo, The Hub di Rovereto e associazione Il Caseificio sempre di Spilimbergo. La scelta da parte di FAB e Itaca di sostenere la filosofia del libro di Nuovadimensione è un riconoscere il ruolo di “Io credo” quale luogo dove i contatti divengono relazioni significative, generatrici d’innovazione sociale e culturale. Un luogo di concretizzazione dei valori universali dell’essere umano, dove si ri-mette al centro la persona, che diviene essa stessa il nuovo motore del cambiamento per costruire un nuovo mondo. Sono peraltro in via di definizione altre presentazioni a Tolmezzo, San Daniele del Friuli e Trento. Redazione FAB
03/2013 ∙ IT LaGazzetta ∙∙∙ 11
attualità
IL FIAMMIFERO È ACCESO Hack/Di Piazza coraggiosamente insieme Da sinistra: Margherita Hack, Marinella Chirico, Pierluigi Di Piazza, Fabio Della Pietra
© Ugo Agnoletto
Spilimbergo Acconsento volentieri alla richiesta di Fabio di comporre un articolo sull’incontro a Spilimbergo del 15 febbraio scorso relativo alla presentazione del libro “Io credo. Dialogo tra un’atea e un prete” di Margherita Hack e Pierluigi Di Piazza. Grata perché, non ponendomi condizioni di restituzione giornalistica, posso concentrarmi sulla narrazione della piacevolezza data dal confronto delicato dei due protagonisti che, davanti ad un pubblico impaziente di assaporare i duellanti in sfida, paiono accarezzarsi con la punta del fioretto con la preoccupazione di passare il colpo e di non ferire. Già all’entrata del teatro Miotto vedo Margherita in prima fila raggomitolata nella poltrona, quasi appesa al suo cellulare che - mi dicono – sia rimasto sempre attivo nel viaggio Trieste-Spilimbergo con pressanti richieste di opinioni anche dall’estero sul preoccupante sciame meteoritico degli Urali. Poi, qualcuno timidamente le si avvicina e lei solleva la testa e sorride rilasciando un autografo sul libro appena uscito. Arriva Pierluigi, solare ed energico come sempre, e si precipita a salutarla piegandosi verso di lei per impedirle di fare troppa fatica. Si comincia. Due parole di Christian Gretter per inserire l’appuntamento nel percorso virtuoso delle iniziative del Caseificio, Fab, Folkgiornale, Nuovadimensione, Cooperativa Itaca, e The Hub. Poi Fabio Della Pietra che, con sapiente 12 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 03/2013
fare giornalistico, snocciola citazioni del libro senza svelarne però l’autore e consente a chi ascolta di assaporare già i toni di questo dialogo che, pur su posizioni diverse, si anima della stessa passione, quella per l’uomo e per la vita. La giornalista Marinella Chirico, curatrice del libro e nume tutelare di Margherita, pone domande ai due protagonisti conducendo con mestiere l’intervista, calibrando tempi e modi e sempre con un occhio verso Margherita, attenta a contenere le trasgressioni emotive ed eventuali sforamenti nei tempi, che andrebbero ad aggravare le troppo evidenti fragilità di quella piccola e tenace donna di scienza. Gli argomenti sono i più vari, la Chiesa e il
prossimo papa, l’impegno politico e l’auspicio per il nuovo governo, l’amore e la sessualità, la condizione femminile. E in un tempo in cui assistiamo alla quiete lunare di tanti bunker allineati, al cui interno, sepolti vivi nelle proprie miserie, si aggirano uomini-larva incapaci di comunicare, Margherita e Pierluigi appaiono uniti nell’instancabile ricerca di ciò che unisce, nell’irresistibile vocazione dell’andare verso l’altro, della solidarietà. Lontani dalla frammentazione rivelata da particolarismi, personalismi, antagonismi, rivalità, settarismi, esclusivismi e profondamente vicini “a chi è più debole, più povero, più sofferente”. Sorprendono per un linguaggio semplice, non
attualità esibiscono un gergo da iniziati e il loro dire vibra di quella verità che libera la parola da ogni scoria di opacità, non la confina in una lontananza inaccessibile ma la rende vicina, intima, condivisibile. Si avverte in entrambi la tensione all’impegno civile, che ben riassume Margherita con parole che, forse dette da altri, suonerebbero generiche o semplificatorie: “libertà, giustizia e uguaglianza”. Si riconoscono in un attento ascolto del futuro, non in un procedere per improvvisazioni ed esaltazioni, ma nell’urgenza di scandagliare una domanda per progettare una risposta, seria, operosa ed efficace. Si uniscono nel grido accorato che chiama a uscire dall’inerzia, dalla passività, dalla pesantezza, dalla menzogna, dall’imitazione per partecipare alle grandi aspirazioni del mondo. Mi commuove l’attenzione di Pierluigi per la dimensione femminile che valorizza in ogni racconto, personale e professionale, ne ammira la complessità, la ricchezza e la sensibilità e vive come limite lo scarso riconoscimento e/o divieto in diversi ruoli anche ecclesiastici. Ugualmente mi intenerisce Margherita nel suo amore per gli animali e il suo impegno animalista che definisce “parte centrale della sua vita”, segno di un’attenzione e un rispetto verso ogni forma di vita. Passa veloce questo tempo, poche domande e poi Marinella, che si erge a custode del tempo, decreta la fine inappellabile dell’incontro. Non è stato un pomeriggio di racconti ma vere e proprie testimonianze, quelle che danno credito alla speranza, atti di fede nel domani, che danno spazio al futuro e alla progettualità. Chi per scienza e chi per fede, affermano entrambi che il mondo continuerà dopo di noi, nonostante i catastrofismi imperanti. Ripeto-
© Francesco Zanet
no con forza e con il coraggio dell’inedito, che la storia non si arresta e che possiamo ancora scrivere capitoli esaltanti. Anche il gesto più quotidiano di ascolto e tensione verso l’altro, legittima la speranza e autorizza l’attesa di un tempo migliore. Accendere un fiammifero vale infinitamente di
più che maledire l’oscurità. Grazie Margherita, grazie Pierluigi, anche grazie a voi… Io credo! Paola Ricchiuti
Vuoi contribuire a IT La Gazzetta di Itaca? Invia il tuo articolo, meglio se corredato da immagini in allegato jpg, a: f.dellapietra@itaca.coopsoc.it oppure al fax 0434 253266. Per informazioni ed eventuali proroghe chiama il 348 8721497. Il termine ultimo per il numero di aprile è venerdì 22 marzo ORE 9. Ricordo a tutti/e che le immagini a corredo dei vostri articoli NON vanno impaginate all’interno del file word, ma devono essere inviate in allegato jpg (via mail) o consegnate a mano.
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attualità
ITACA, UN’ISOLA DI CONCILIAZIONE
Domande frequenti (FAQ)
PER TUTTI I LAVORATORI DI ITACA
posto, oltre al richiedente stesso, lo stato di famiglia (parentela, nome e cognome, luogo e data di nascita). Come faccio a far conoscere l’educatore che svolgerà il servizio di babysitter on call (a chiamata) ai miei figli prima dell’erogazione del servizio? Gli educatori saranno presenti alle riunioni territoriali riportate nella tabella sottostante (durante le quali sarà organizzato un servizio di baby parking), in tal modo sarà possibile portare anche i bambini e farli conoscere reciprocamente. Inoltre, sarà organizzato un incontro tra i bambini i cui genitori sono interessati al servizio e gli educatori selezionati per erogarlo, eventualmente anche presso la casa del lavoratore che ha presentato domanda per il servizio.
Quanti servizi posso richiedere dei tre proposti e per quanti figli? Puoi chiedere più tipologie di servizi per il numero di figli che ne necessitano. Se hai due figli dai 3 agli 11 anni puoi far domanda, per entrambi, sia per il servizio di baby parking sia per quello di baby sitter on call. Se hai un figlio di 14 anni e uno di 11, puoi richiedere per entrambi il servizio di supporto scolastico ai teen agers (doposcuola), oppure per quello di 14 anni puoi richiedere quest’ultimo servizio e per il figlio di 11 anni quello di baby sitter on call o di baby parking.
Al posto dello stato di famiglia è sufficiente un’autodichiarazione? Sì, purché contenga tutte le informazioni necessarie. Ai sensi dell’art.76 del Dpr 28-12-2000, il soggetto (nome e cognome) deve dichiarare: data e luogo di nascita; cittadinanza; residenza; domicilio; stato (celibe o nubile o coniugato o separato o divorziato o vedovo); di che titolo di studio è in possesso; da quali persone è com-
dove
quando
Di quante ore posso disporre per il servizio di baby sitter on call? Una volta raccolte le domande sarà stilata una graduatoria e, ad ogni richiedente del servizio, a seconda del punteggio ottenuto, sarà assegnato un pacchetto di ore che starà poi al richiedente gestire.
Pordenone - Nido Farfabruco, viale Treviso 4
Venerdì 15/03/2013 ore 17.30
Latisana – sede Itaca, piazza Duomo 35
Lunedì 18/03/2013 ore 18.30
Udine – sede Itaca, via S. Osvaldo 330
Martedì 19/03/2013 ore 17.30
Tolmezzo – sede Itaca, via della Cooperativa 10
Martedì 19/03/2013 ore 17.30
Fiumicello – sede Itaca, via Libertà 23
Giovedì 21/03/2013 ore 17.30
“Genitore unico affidatario” cosa significa? Significa che la custodia del proprio figlio è affidata ad uno solo dei due genitori.
Al fine di presentare in dettaglio i servizi e le relative modalità di accesso, Itaca ha programmato cinque riunioni informative durante le quali sarà ancora possibile presentare domanda:
Sarà assicurato un servizio di baby sitting in tutte le riunioni. Per poterne usufruire è necessario prenotarsi inviando una e-mail all’indirizzo conciliazione@itaca.coopsoc.it, oppure telefonando al numero 0434 366064 dal lunedì al giovedì dalle 8.30 alle 12.30. (FAQ tratte dal Regolamento per la fruizione dei servizi “Itaca un’isola di conciliazione”)
RIMBORSO SERVIZI DI CONCILIAZIONE Domande frequenti (FAQ)
PER I SOCI DI ITACA (Nidi, scuola infanzia, scuola primaria, centri estivi,
attività pomeridiane, centro diurno per anziani, badante, stiro e lavanderia) Per quanti servizi posso richiedere il voucher? Solo per un servizio. Nella tabella apposita è richiesto di segnalare più servizi, in ordine decrescente rispetto alla preferenza, in modo che, se dovessero essere esauriti i voucher messi a disposizione per un tipo di servizio dai primi soci in graduatoria, sarà possibile comunque usufruire di quello successivo (ad esempio: il voucher per la scuo-
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la dell’infanzia è la possibilità 1; il voucher per il centro estivo è la possibilità 2; ecc.). Quando ottengo il rimborso in busta paga? Nella prima busta paga utile, a fronte del ricevimento, da parte dell’ufficio Amministrazione della Cooperativa Itaca, delle pezze giustificative, che devono avere un valore maggiore di quello del buono.
In che periodo devono essere stati fruiti i servizi per cui posso chiedere il voucher? Sono rimborsabili le pezze giustificative presentate all’ufficio Amministrazione della Cooperativa Itaca relative a servizi fruiti da gennaio 2013 a dicembre 2013. Per la scuola primaria e la scuola dell’infanzia quali spese sono rimborsabili? Quelle inerenti la retta scolastica, i buoni mensa, le spese per il pullmino, ed eventuali altre tipologie che vengano accettate dal Consiglio di amministrazione. (FAQ tratte dal Regolamento per il rimborso dei servizi di conciliazione dei tempi di lavoro e dei tempi della famiglia)
ATTUALITà
VOGLIO MANGIARE QUANDO HO FAME Contenzione: eliminarla si può, si deve Palmanova In seguito alla partecipazione al seminario Eliminare la contenzione meccanica, farmacologica ed ambientale.. si può, si deve, svoltosi venerdì 8 febbraio a Palmanova a cura di Cgil, Cisl e Uil segreterie regionali Friuli Venezia Giulia, insieme ai colleghi Stefano, Elisa e Lorena) ci siamo scambiati qualche impressione rspetto a quanto ascoltato, e abbiamo condiviso la percezione che, in tutti gli interessanti interventi, la parte relativa alla farmacologia sia stata eclissata a favore di una maggiore attenzione rivolta al contenimento fisico (corporeo e ambientale). Vedere una persona costretta a letto, legata ad una sedia, impedirne la continua circolazione nello spazio, soprattutto quello esterno, rappresenta qualcosa di evidente ed immediatamente percepibile come lesivo del diritto della persona di essere libera. Ma la dignità e l’integrità di un uomo vengono compromesse anche e forse ancora di più dalle terapie sedative, a volte necessarie ma spesso abusate. Anche se si lascia libera fisicamente una persona, infatti, non sottoponendola a costrizioni corporali, la si lega mentalmente e sul piano della consapevolezza. E’ necessario quindi sì opporsi concretamente alla contenzione meccanica con modifiche all’ambiente e con programmi riabilitativi, ma anche agire con una maggiore cautela nell’impiego di farmaci ponendo maggiore attenzione alle motivazioni che determinano le condizioni per le quali si crede inevitabile contenere un essere umano, sia esso con sofferenza mentale, anziano, disabile. Nel corso del seminario più volte si è parlato della sicurezza e del fatto che spesso la salvaguardia della stessa venga utilizzata come motivo per l’impiego della contenzione. Ma la neutralizzazione della pericolosità di una persona non può essere motivo per attuare una vera e propria costrizione dei corpi e un appiattimento dell’identità delle persone. Rendere tutto aderente a norme stabilite, e quindi più facilmente controllabile, non può determinare l’eliminazione delle differenze che ci rendono unici. Questo modo di procedere alla trasformazione delle “moltitudini confuse, inutili o pericolose in molteplicità ordinate” (M. Foucault) fa parte di un sistema generale che non funziona ma che continua ad esistere.
E’ necessario creare una nuova cultura, riflettere sul fatto che la contenzione rappresenta un problema etico, tecnico-giuridico e culturale nel quale si incontrano–scontrano diversi fattori: responsabilità, tutele, paure, insicurezze, consapevolezze e deve essere quindi affrontato a più livelli e da diversi punti di vista, quello del responsabile della struttura, del medico, dell’operatore, della famiglia ma soprattutto quello della persona sulla quale viene agita la limitazione e sulla quale la cura socio-sanitaria dovrebbe essere centrata. Un nuovo modo di pensare che necessita tuttavia anche di risorse materiali, che permettano di trovare nuove soluzioni e strumenti in grado di tutelare sia la persona che potrebbe nuocere a se stessa e\o agli altri, sia tutti gli attori che sono parte attiva nella sua presa in cura. Ma non solo, perché la sicurezza rappresenta solo uno degli aspetti e, forse, spesso una scusa per utilizzare la contenzione. Si tratta più in generale del rispetto dei diritti soggettivi di una persona. Come si può accettare che qualcuno ti privi della possibilità di muoverti e pensare liberamente? Di gestire il tempo, magari quel poco che ti rimane, sottostando a delle rigide regole che spesso non hanno motivo di essere, se non quello di rendere tutto più controllabile e lineare? Avrò il diritto di mangiare quando ho fame, di dormire quando ho sonno, di sedermi quando e dove voglio, di decidere se stare con gli altri o da solo, di respirare aria vera (anche inquinata ma aria) e di camminare sull’erba (o al massimo sull’asfalto)? Io trovo che questo tipo di organizzazione che caratterizza molte strutture de-individualizza un essere umano in quanto tale e costringe e lega tanto quanto una contenzione fisica e farmacologica, perché contiene la sua possibilità e volontà di esprimersi liberamente. E’ ovvio che in un ambiente dove si vive - o meglio dire si abita - con altre persone ci debbano essere regole che permettano una organizzazione generale dell’ambiente e del tempo, ma possibile che non si riesca a trovare il modo per rendere la convivenza meno rigida e spersonalizzante? Per far sentire le persone meno malate e/o vecchie e/o disabili e più uomini con un nome, una storia e una personalità che non può essere negata a favore della più sicura e rassicurante uniformità? Sarà anche utopico pensarlo ma impossibile non sperarlo. Cristina Mazzilis 03/2013 ∙ IT LaGazzetta ∙∙∙ 15
ATTUALITà
AL FARFABRUCO NASCE LA BIBLIOTECA Inaugurata l’8 marzo l’ultima “nata” al Nido d’infanzia Pordenone I libri rivolti alla prima infanzia non sono per tutte le tasche. Ma non è certo questo l’unico motivo che ha portato il Nido d’infanzia Farfabruco alla decisione di aprire una “Biblioteca” nella sede di viale Treviso a Pordenone. “Condivisione delle risorse”, è questa infatti la parola d’ordine, come ci spiega la responsabile del servizio Sabina Capolo. “E’ vero che i libri per i bambini hanno un costo impegnativo per molte famiglie – afferma la coordinatrice della Cooperativa sociale Itaca -, ma è anche vero che ciò che è mio può essere utile anche a qualcun altro. Questo guida molte delle nostre azioni. Cito, a titolo esemplificativo, il progetto “Se sei felice tu lo sai, condividi”, che da anni vede protagoniste le famiglie del Farfabruco nella raccolta di abiti usati per bambini da donare, di anno in anno, ad associazioni di volontariato vicine e lontane. Da qualche anno collaboriamo con l’associazione Mira di Pordenone quest’anno i vestiti usati sono stati raccolti per la Casa Madre bambino sempre di Pordenone”. “E in un’ottica di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro delle famiglie abbiamo scelto di presentare ‘La Biblioteca del Farfabruco’ proprio l’8 marzo con una lettura animata e una merenda per tutti, giornata che coincide sì con la festa della donna ma soprattutto con il compleanno della nostra struttura, che di anni ne festeggia 7”. Un servizio all’avanguardia il Farfabruco, riconosciuto come “eco-nido” anche dalla rivista Terranuova, mensile per l’ecologia della mente e la decrescita felice, che nel numero di luglioagosto 2012 aveva presentato il “Farfa” evidenziandone la filosofia di porre al centro il “rispetto dell’individualità del bambino, tenendo conto dei suoi aspetti cognitivi, psicomotori, affettivi e sociali”. Gli eco-nidi “realizzano ambienti naturali, privi di emissioni e a ridotto impatto energetico e ambientale. In questo modo garantiscono una crescita salutare e armonica, e contemporaneamente sensibilizzano fin da piccoli alle tematiche ecologiche e ambientali”. A dimostrazione dell’attenzione del Farfabruco a questi temi si può ricordare il progetto di orto sinergico lanciato circa tre anni fa per offrire al bambino l’occasione di sperimentarsi in vari aspetti, a partire dal prendersi cura delle pianti16 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 03/2013
ne, osservare l’evoluzione della natura, rispettare il tempo, utilizzare nuovi strumenti ed arnesi, manipolare la terra. un impianto fotovoltaico che ne fa il primo eco-nido in regione. O ancora l'impianto fotovoltaico da 6 kilowatt che in un anno può consentire di produrre 20 kilogrammi di anidride solforosa e un kilo di polveri in meno rispetto a un edificio alimentato con le forme di energia tradizionali. Tornando alla Biblioteca, il servizio prevede il prestito di libri (disciplinato tramite apposito regolamento) per bambini, genitori e educatori proprio in un discorso di benessere complessivo e di attenzione alle persone, comprese quelle impegnate all’interno del Nido di Itaca. Tre le sezioni: bambini da zero a tre anni, la fascia d’età dei piccoli accolti nella struttura, con albi e cartoncini; genitori (puericultura, ruolo genitoriale maschile e femminile, ricette di cucina, …); educatori (pedagogia, psicologia, …). Ma l’idea è anche un’altra, ovvero quella di “dare continuità alla relazione Nido-famiglia. Se, ad esempio, al bimbo è piaciuto un libro che ha visto al Nido – conclude Sabina Capolo -, potrà portarlo a casa e sfogliarlo con mamma e papà. Ma riteniamo che la Biblioteca potrà es-
sere un’occasione di approfondimento anche per i genitori, mentre per gli operatori si inserisce in una prospettiva di formazione continua". Fabio Della Pietra
ATTUALITà
“Udine Prova a Immaginarsi Migliore”: 1000 m2 di allestimenti per un mese di eventi ad aprile Udine Recuperare uno spazio abbandonato per proporre nuove forme di comunicazione culturale e artistica, a richiamare iniziative già in voga in molte capitali europee. Grazie al comitato "Udine Prova ad Immaginarsi Migliore" (Upim), un gruppo di giovani friulani rigorosamente under 35, ha deciso di offrire gratuitamente ad alcune associazioni e ad artisti del territorio uno spazio (grazie a Rizzani De Eccher) in cui proporre una visione personale di quello che potrà essere il futuro, in Friuli, fra 30 anni: "2043 qui" sarà infatti il tema di questa mostra straordinaria che aprirà in aprile e durerà soltanto un mese. Il Comitato Upim si propone di realizzare
l’iniziativa “Palazzo UPIM conTEMPORANEO”, manifestazione culturale all’interno degli spazi inutilizzati del Palazzo Upim – ex cinema Eden di Provino Valle – situato a Udine tra piazza Belloni, via Cavour e via Savorgnana. Il sito, attualmente di proprietà del gruppo Rizzani De Eccher, verrà ristrutturato nel 2013. In vista di tale cambiamento del panorama della città, il Comitato ha ottenuto dalla proprietà dell’immobile il permesso di accedere e sfruttare i locali al fine di renderlo un luogo in cui gli artisti della regione, i cittadini e i turisti possano riunirsi per una visione condivisa e partecipata degli spazi comuni, sperimentando nuovi linguaggi. L’iniziativa nasce dal basso e ha carattere culturale, artistico, ricreativo e sociale, nell’intenzione di valorizzare il territorio e le ri03/2013 ∙ IT LaGazzetta ∙∙∙ 17
ATTUALITà sorse umane presenti, promuovendo occasioni di partecipazione, sviluppo, aggregazione, coesione sociale e di solidarietà. Il progetto vuole dare spazio alle realtà che si stanno distinguendo per creatività e intraprendenza e che allo stesso tempo coltivano una progettualità concreta all’interno della realtà economica locale, cercando di trasformare le intuizioni in solide fondamenta per costruire il futuro delle nostre comunità. “Utilizzeremo una parte del secondo piano del Palazzo Upim – fanno sapere dal Comitato -, palazzo che verrà smantellato nell'estate 2013. Le sale dedicate per le associazioni sono 20. Inoltre vi è uno spazio “di passaggio” molto ampio per cui è previsto un intervento site specific. Gli spazi sono in disuso da oltre otto anni. Un’area dello spazio espositivo verrà dedicata alla sezione “off” dove verranno esposte le opere di giovani artisti selezionate tramite open call (cui ha già annunciato la propria partecipazione il gruppo artistico CipArt afferente alla Comunità Nove del Parco di Sant’Osvaldo, gestita dalla Cooperativa Itaca)”. L’apertura al pubblico è prevista nei week end, ma non si escludono aperture serali infrasettimanali. Negli spazi espositivi è possibile organizzare “performance”, piccoli eventi culturali. La direzione artistica è affidata ad Etrarte. L'iniziativa si svolgerà a Udine ad aprile 2013, nei 4 week-end che compongono il mese il palazzo sarà aperto gratuitamente al pubblico. Al di là della disponibilità che ricevuta da parte delle imprese, quando si è trattato di chiedere
delle prestazioni o dei beni, il Comitato Upim ha avuto l'idea di innovare anche le modalità di finanziamento del progetto. “Visto che per noi è imprescindibile l'ingresso gratuito all'esposizione, abbiamo pensato di chiedere poco a tanti ricorrendo al crowdfunding e alle donazioni. Il crowdfunding è una modalità di
CIP CIP
CipArt a Palazzo Contemporaneo Udine Under 35? CipArt non ha età e riesce ad intrufolarsi anche nelle aree riservate. Stiamo lavorando per partecipare a Upim, Palazzo Contemporaneo. Stiamo lavorando sodo. Al limite dello stordimento! Infatti abbiamo iniziato a produrre Arte per questa occasione ancor prima di venire selezionati! L'opera non si può ancora raccontare. Sarà una sorpresa, ma si baserà sempre sull'assemblage di numerosissimi disegni in bianco e nero giocati con la fotocopiatrice. Il tema sarà una metafora basata sulla disinvoltura con la quale stiamo seduti sulla pentola a pressione rappresentata dalla nostra attualità, fino ad allargarsi a spirale all'attualità mondiale a tout court. Non sarà possibile tenervi informati costantemente su come si svilupperà questa grande iniziativa, ma, per chi volesse, ci saranno costanti notizie sulla pagina Facebook di Etrarte, Palazzo Contemporaneo e su quella di CipArt nonché una serie di comunicati stampa sul Messaggero Veneto sulla pagina di cultura e spettacoli. Ok per il momento è tutto. Passiamo e chiudiamo. Buona Primavera a tutti! Cip Cip CipArt.
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finanziamento dal basso che sfrutta i social network per chiedere a chiunque sia interessato una piccola donazione, da un euro in poi, a sostegno di un progetto. Info e contatti: palazzocontemporaneo@gmail. com - palazzocontemporaneo.tumblr.com e l’omonima pagina Facebook.
Attualità
IO CREDO NELL’ INTERGENERAZIONALITÀ Le “Esistenze” di anziani e bambini a confronto Muggia Mettere a confronto due diversi periodi della vita, l'infanzia e la vecchiaia, due età con esigenze e bisogni differenti, la prima proiettata nel futuro, l'altra rivolta al passato. E’ il progetto “Esistenze”, rivolto alle scuole di Trieste e della provincia e che prevede altresì il coinvolgimento diretto di alcune Case anziani del territorio, fra cui quella di Muggia gestita dalla Cooperativa Itaca. Per l’edizione 2013, il progetto prende spunto da alcune considerazioni e riflessioni tratte dalla lettura del libro foto di Annamaria Castellan. Giunto alla terza edizione, “Esistenze” vuole proseguire il percorso avviato, approfondendolo e definendolo meglio alla luce dei risultati, per certi versi sorprendenti e insperati, conseguiti durante le prime edizioni.
Nell'edizione appena conclusa i bambini di 31 classi della Scuola primaria del Friuli Venezia Giulia hanno lavorato insieme agli anziani, accostandosi gli uni agli altri con semplicità e sincerità e questo ha fatto nascere tra loro emozioni e complicità. Tre sono stati gli eventi che hanno concluso i laboratori condotti durante tutto l'anno scolastico: la performance "Nino cavalluccio marino", il percorso itinerante in Città Vecchia e il grande evento finale in piazza Unità d'Italia a Trieste. Il progetto, proposto dal Cta con Il Piccolo come media partner, ha incontrato l'appoggio di tutti gli Enti locali più importanti ed è stato accolto con molto entusiasmo da tutti i partecipanti, insegnanti e bambini, e dal pubblico dei genitori. L'edizione di Esistenze 2013 vuole arricchire 03/2013 ∙ IT LaGazzetta ∙∙∙ 19
ATTUALITà
e perfezionare il momento della festa conclusiva in cui tutti i partecipanti si trovano a condividere una coreografia in piazza. Il “Grande Evento” è la fase conclusiva di tutti i laboratori ma è aperto anche a quanti non riescono,
per diversi motivi, a partecipare ai workshop ma vogliono non perdersi questa emozionante esperienza. Il laboratorio prevede alcuni incontri con gli esperti del Cta in cui i bambini e gli anziani impareranno una coreografia che
Il 6 gennaio è nata Agata, la figlia di Simone Ciprian. Ha visto la luce alle 23.55. A quel tempo misurava 51 cm e pesava 3.150 kg. "E’ – ancora – piena di capelli neri e si mantiene bella come la mamma Paola”. Benvenuta Agata!
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verrà poi rappresentata in piazza durante la grande festa conclusiva. Coordinatori e curatori del progetto sono Roberto Piaggio, regista teatrale e direttore artistico del Cta, ed Elisabetta Gustini, regista.
Attualità
NUOVA SEDE PER LA PANKA “Siamo parte viva del tessuto cittadino. La nostra storia è patrimonio comune della nostra città” Pordenone Il 2012 è stato per l’associazione I Ragazzi della Panchina un anno dai confini e dalle prospettive incerte, viziato dallo sfratto subito nel dicembre 2011. In 14 mesi di lavoro, svolto senza la possibilità di avere un luogo di accoglienza per i ragazzi in difficoltà, la Panka ha dovuto far fronte a difficoltà enormi, sia in termini di efficacia lavorativa, sia in termini di equilibri interni. Nonostante questa grave situazione, ci siamo sempre sforzati di mantenere i contatti con i ragazzi in strada, di mantenere alta l’attenzione verso un problema che non riguarda solo l’associazione, ma tutto il territorio della città e della provincia di Pordenone. La sopravvivenza è stata garantita dalla Cooperativa sociale Itaca, che ci ha dato la possibilità di poter usufruire gratuitamente di un ufficio
all’interno dei suoi locali in vicolo Selvatico, dal Dipartimento per le Dipendenze, che ha continuato e continua a sostenere il nostro operato progettando interventi sempre più condivisi, e dall’Ass 6 Friuli Occidentale che ci sorregge economicamente e che sta realizzando una struttura ex novo dove Panchina e Ser.T possano lavorare con rinnovata sinergia. Ora, grazie al Comune di Pordenone, abbiamo la possibilità di riaprire le porte della sede in via Selvatico n°26 a Pordenone, alle tantissime persone che riscoprono, grazie alla relazione ed alla cultura, il piacere del vivere, che siano consumatori o meno di sostanze. Abbiamo deciso di condividere tutti assieme la continuazione di una storia che a Pordenone esiste da 15 anni e che in Italia è modello a cui tendere. Con l’inaugurazione della nuova sede dei Ra03/2013 ∙ IT LaGazzetta ∙∙∙ 21
ATTUALITà gazzi della Panchina di venerdì 8 febbraio, si può dare l’ufficiale inizio della nuova storia dell’associazione. Non che con questo il passato resti nella nebbia del dimenticatoio, anzi… per un’esperienza di vita come la nostra, la storia resta elemento imprescindibile dal quale trarre sempre esempio e linfa vitale. Ma lo sguardo è proiettato al futuro ed a maggior ragione ora che dopo 14 mesi senza una sede, si riapre. Una nuova storia è essenziale però, perché in qualche misura il tempo trascorso ha modificato, limato, eliminato, rinnovato, delle traiettorie di lavoro e di obiettivi che senza una scossone come quello subito, difficilmente sarebbe stato possibile scardinare. Se si possiedono intelligenza e forza, da ogni momento di difficoltà, da ogni momento di necessaria o imposta ristrutturazione, si costruisce cambiamento positivo. L’associazione è arrivata alla sua evoluzione, dalle macerie di un crollo come quello derivato dalla sfratto repentino e feroce del dicembre 2011, ci siamo ricostruiti e ristrutturati, in meglio è un nostro pensiero, la realtà è fatta da milioni di passi in avanti che dobbiamo fare e sui quali si stabilirà l’effettiva bontà o meno del percorso. La realtà è fatta da questa sede nuova nel cuore di Pordenone. Il giorno dell’inaugurazione ci sono state circa 90 persone, provenienti da diversi settori del pubblico e del privato sociale, amici dell’associazione, vicini di casa, forze dell’ordine, rappresentanti delle maggiori realtà del territorio, noi, i ragazzi. La casa della Panka è stata rimessa a nuovo lustro, grattata, stuccata, dipinta, riempita, colorata, amata. Tutti i presenti sono rimasti colpiti dall’opera di ristrutturazione che abbiamo fatto con le nostre forze, tutti hanno dato voce alla soddisfazione verso questa ripartenza, tutti erano presenti perché spinti dalla voglia di esserci, perché si può arrivare alla Panka per sbaglio, ma si resta solo per scelta. La sede sta prendendo corpo, si sta piano piano “colorando” di suoni e parole per troppo tempo lasciate in lontananza, per troppo tempo messe in uno scatolone imballato ed impilato all’interno di un magazzino. Ora gli imballi si stanno sciogliendo e ne stanno uscendo le vite, la storia, i ricordi e tutto il vivere di questi tanti mesi stesi all’aria. Siamo ripartiti e siamo contenti, di esserci ancora e di poter dare ancora, di poter ricevere ancora, in vicinanza, con vicinanza. “Siamo parte viva del tessuto cittadino. La nostra storia è patrimonio comune della nostra città”. Questa è la frase, scritta in uno dei primi volantini prodotti dall’associazione, che abbiamo voluto riscrivere in un cartellone all’interno della sede nuova per ricordare a tutti, ed anche 22 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 03/2013
La presidente, Ada Moznich
a noi stessi, qual è il cuore dell’esperienza “Ragazzi della Panchina”. Il senso è quello di voler lavorare con le tossicodipendenze partendo dai luoghi del vivere, essendo parte dei luoghi in cui si vive. Le persone esistono prima di ogni dipendenza, continuano ad essere cittadini anche e nonostante qualsiasi dipendenza, la città è tale con le sue dipendenze, che devono essere capite ed affrontate con la volontà di modifi-
carle al meglio e mai, si punta al mai, etichettarle per nasconderle, etichettarle per sforzarsi di far finta che non esitano o esistano negli altri. I Ragazzi della Panchina
Attualità
SPAZIO PUBBLICO
L’Ippogrifo Dicembre 2012 Pordenone
Ci troviamo in un momento storico di grande difficoltà, che può però rivelarsi un’occasione per ripensare ai nostri modelli di sviluppo. In particolare a quanto, del nostro vivere civile, abbiamo sacrificato a logiche sostanzialmente privatistiche. Questo ci ha indotti a una riflessione sulla rigenerazione dello spazio pubblico, operazione destinata però a naufragare nel mare della più profonda frustrazione, qualora partissimo dai “piani alti”, dal momento che, allo stato attuale, la politica – quella che dovrebbe trarci d’impaccio – sembra invece aver abdicato all’economia. È il cuore stesso delle nostre città a essere occupato da attività private, commerciali, finanziarie. Gli spazi pubblici sono spesso relegati a eventi “da cartellone”: spettacoli, competizioni sportive, mostre, comunque e sempre occasioni di consumo. E cosa dire delle istituzioni pubbliche a rischio di privatizzazione, ma in realtà già “aziendalizzate”? Come si sostiene nel saggio di apertura, la rigenerazione dello spazio pubblico va di pari passo – sia a livello urbanistico che istituzionale – col risveglio civile delle nostre città, col rilancio di pratiche di comunità che oggi non possono che muoversi “dal basso”. Il tema, ovviamente, è smisuratamente ampio. Abbiamo suddiviso i contributi che ci sono arrivati in due sezioni, che delimitano, appunto, due dei possibili campi di intervento: la città e la più importante delle nostre istituzioni, la scuola. La stessa rubrica “Doveri di cittadinanza” è dedicata all’illustrazione di un progetto di comunità che vede coinvolti operatori dei servizi pubblici e della cooperazione sociale a fianco di associazioni, parrocchie, scuole e singoli cittadini. Era importante mostrare che la rigenerazione dello spazio pubblico non è una chimera, ma che, se solo lo vogliamo, mettendoci metodo, passione e pazienza, può farsi realtà. Francesco Stoppa
03/2013 ∙ IT LaGazzetta ∙∙∙ 23
ATTUALITà
PERCORSO LUDICO DEGLI SBILF DI MONAI Un fanciullo tra orchi, agane, lupi e volpi Disegno di Giovanni Di Qual
Ravascletto Prosegue la pubblicazione dei racconti a cura di Gigi Fasolino e Sara Burba, operatori di Itaca, che hanno creato nove racconti legati al percorso nel bosco, già strutturato su nove postazioni con le statue lignee di altrettanti personaggi mitici, come richiesto dal Comune di Ravascletto.
Il Gjani Tra tutti i folletti del bosco che facevano parte della grande famiglia degli sbilf, ce n'era uno che ne sarebbe potuto essere il padre: il Gjani. Il suo aspetto è quello del nonno che la sa lunga, con quella sua barba bianca consolante e uno sguardo sicuro e sempre pronto a rassicurare chiunque a lui si rivolgesse. Amava tutti i figli del bosco, ed era per questi un punto di riferimento insostituibile. Uno solo riusciva a fargli perdere la pazienza, ma forse, proprio per questo, a questi si era affezionato particolarmente: il dispettoso Maçaròt. Era l'unico a non ascoltare i consigli del Gjani, facendo sempre di testa propria. Il giorno del grande agguato, anche il Gjani si avvicinò al paese. Non era solito farsi vedere 24 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 03/2013
dagli uomini, perché era troppo importante per gli sbilf e non si voleva rischiare la sua incolumità a causa di qualche malinteso. Il tonfo che aveva sentito dal bosco, non l'aveva spaventato né irritato. Quasi si aspettasse quello che stava accadendo. Camminando tra l'erba medica alta abbastanza da nasconderlo tutto, incrociò, non senza qualche timore, il Bagàn, che aveva radunato il bestiame e si stava dirigendo verso Valsecca, come da accordi col Pavâr. I due si riconobbero una volta di fronte, e dopo un breve attimo di stupore si abbracciarono per la gioia d'incontrarsi. Il Bagàn raccontò i fatti, spiegando anche quale fosse il suo compito per la cattura dell'Orco. Il Gjani si disse disponibile per aiutare i suoi amici, purché non fossero presenti gli uomini. “Perché non tieni a bada il Maçaròt?” - disse il Bagàn. “Sicuramente sarà nei paraggi, con tutto sto baccano... Dobbiamo stare con le orecchie dritte e gli occhi ben aperti, perché i suoi scherzi potrebbero esserci d'ostacolo.” “Al Maçaròt ci penso io” - rispose il Gjani. “Quel furbetto mi manda su tutte le furie, ma sono sicuro che, sotto sotto, mi teme” “Se sarai così gentile a fermarlo, io ti donerò una forma di formaggio prima scelta, direttamente dal magazzino dell'uomo da cui vivo”. Il Bagàn, giusto fuori la stalla, si era ritrovato una dispensa talmente ricca da sfamare l'intero paese. Era solito regalare ai suoi amici i manicaretti degli uomini. “Prepara il formaggio, allora!” concluse il Gjani, sorridendo goloso. Si diresse verso il bosco, seguendo a debita distanza le mucche del Bagàn. Mentre queste si addentravano tra le ombre delle fronde, il Gjani vide il Maçaròt dirigersi correndo in maniera preoccupante. Infatti, non era nemmeno arrivato che era già troppo tardi per evitare la catastrofe: il Maçaròt stava ingannando le vacche spaventandole, con un gioco di luci ed ombre. Queste impazzirono per la paura cambiando percorso, ma mentre il Maçaròt rideva, il Gjani lo placò violentemente, senza fargli male. Lo stordì e se ne andò. La forma promessagli dal Bagàn, se l'era proprio meritata. Sara Burba e Gigi Fasolino
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ANZIANI PROTAGONISTI AL CARNEVALE DI MUGGIA “La musica da Oriente a Occidente” il tema del 2013
Muggia
Il Carnevale di Muggia sfida il maltempo
Il martedì grasso di Muggia avrebbe dovuto aprire il programma di “Argento Vivo 2013”, promosso dalla Provincia in collaborazione con Televita e la cooperativa triestina Amico. Le temperature rigide, tuttavia, non permetteranno agli anziani delle case di riposo del capoluogo di raggiungere piazza Marconi per assistere al “dietro le quinte” del sessantesimo Carnevale, come prevedeva il calendario degli eventi messo a punto per la terza edizione del progetto. La gita è rinviata a giornate più miti, ma neve e gelo non hanno frenato l’entusiasmo della casa di riposo muggesana, che nelle scorse settimane si è adoperata per realizzare un carro allegorico unico nel suo genere. La festa, svoltasi ieri in sede, ha avuto come tema dominante “la musica da Oriente ad Occidente”. Un evento che ha coinvolto tutti gli anziani ed è stato proposto come una sorta di viaggio globale alla scoperta dei ritmi di ogni angolo del pianeta, dalla Cina alla Russia e agli Stati Uniti, con un’orchestra dipinta, costumi tipici e alcuni veri interpreti. Gli operatori della residenza tenteranno di organizzarsi per esibire il carro all’esterno anche
in occasione del martedì grasso, quale testimonianza del contributo che gli anziani muggesani portano ogni anno nel rinnovamento di una tradizione lunghissima. Il progetto, sviluppato a partire dall’inizio dell’anno, si è reso possibile in virtù della sinergia con la cooperativa Itaca e l’associazione di volontariato Aida. Fonte: Il Piccolo di Trieste 12-02-13, 30 Nazionale
Carnevale con i suoni del mondo
«La musica da Oriente a Occidente». È stato questo il filo conduttore del Carnevale nella casa di riposo comunale di Muggia. Il progetto, che ha visto impegnati gli operatori della cooperativa Itaca di Pordenone, l’animatore, gli anziani, il laboratorio di sartoria, familiari, l’associazione Aida e i volontari Cri di Muggia, ha riscosso un ottimo successo nella struttura di salita Ubaldini. Durante la sfilata di Carnevale si è toccata la Cina con il suo drago portato in giro dagli anziani, a seguire poi si è sbarcati in Russia accolti dai cosacchi accompagnati dalle zarine. Successivamente è stata raggiunta (sempre con la fantasia) l'Austria, accolti da festose dame e con il mitico trittico Heidi- Peter-nonno
di Heidi. Poi è stata la volta della Francia con il Can Can per arrivare sempre a ritmo di musica in Spagna con il Flamenco e successivamente negli United States con altre musiche. «Dopo alcune riunioni con gli ospiti è stato scelto e condiviso questo tema», spiegano dallo staff della casa di riposo muggesana. «Nelle riunioni successive - raccontano gli operatori della cooperativa Itaca - ogni ospite ha scelto il vestito da indossare, in questa fase sono stati coinvolti anche gli operatori tanto da formarsi delle coppie operatore-anziano che hanno interagito in modo più che positivo». Particolarmente curate sono state la progettazione e la realizzazione degli abiti e delle coreografie per la manifestazione finale, per la cui riuscita determinante è stata la partecipazione attiva delle famiglie, nonché di tutti gli operatori della casa di riposo muggesana. I veri protagonisti però sono gli anziani, che con il loro impegno e il loro entusiasmo hanno offerto un ricco e variopinto spettacolo fatto di spontaneità, gioia e carico di significati culturali. «Lavorare in un clima sereno, in un ambiente di benessere non può che produrre effetti positivi su coloro che hanno dovuto ricorrere alla casa di riposo e quindi dobbiamo rendere l’anziano parte della propria vita e, del proprio vissuto», spiega lo staff della casa di riposo. Il primo carnevale in casa di riposo affonda le sue radici nel 2004. Una tradizione che quest'anno ha festeggiato il suo primo decennale e che sembra intenzionata a proseguire ancora a lungo. Riccardo Tosques Fonte: Il Piccolo di Trieste 16-02-13, 28 Nazionale
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LA STORIA DI SANDRO, UNA STORIA DI VITA
Caorle Sandro è l'utente più giovane del “Sad” di Caorle. La prima volta che le operatrici di assistenza domiciliare fanno visita a Sandro, vengono subito colpite dalla sua storia che, a prima vista, sembra comune a tante altre storie di utenti seguiti a domicilio. L'unica differenza è l'età: 47 anni, 17 dei quali passati seduti su una carrozzina. Sandro è un ragazzo semplice, simpatico, con una voglia di vivere non da tutti. Il suo viso la sa lunga, ma ciò che traspare dal suo sguardo, al primo impatto, sono la tenacia e una grande forza d'animo che mai l'hanno vinto. La sua vita viene segnata molto presto dalla morte del padre. Questa triste vicenda lo fa crescere in fretta, a soli sette anni deve fare i conti con la sofferenza che inevitabilmente lo segna nel profondo. Gli anni passano, Sandro cresce, accanto al fratello minore Dario e alla mamma Valeria, una donna tenace, combattiva. Lei riesce a 26 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 03/2013
mantenere la famiglia lavorando sodo, facendo da madre e da padre. Riesce a trasmettere ai figli la grinta per andare avanti nonostante l'enorme fatica, insegnando loro a non arrendersi mai. La vita non è stata dolce con Sandro. Nel 1995 è vittima di un grave incidente stradale mentre è alla guida del suo camion durante il lavoro. Perde l'uso della gamba e subisce numerosi interventi. La gravità delle sue condizioni lo costringe alla disabilità, impedendogli di essere autonomo come prima. La mamma Valeria non lo lascia mai, diventando per lui l'unica ancora di salvezza. Per lui le giornate passate nella spensieratezza e nell'autonomia si trasformano in un calvario. Abituato ad essere indipendente, deve fare i conti con la totale dipendenza agli altri per tutte le attività quotidiane. Essendo stato un uomo di grande ingegno, acquisisce la passione per il traforo che gli fa realizzare dei capolavori. Costruisce con le sue mani oggetti bellissimi, trattori, macchi-
ne, casette e molto altro ancora, custodendoli gelosamente. Sviluppa inoltre la passione del collezionismo di motociclette come la “Vespa”, calamite di ogni genere e modellini di automobili. Distrae la sua mente attraverso queste passioni. Dal 2002 subentra l'aggravamento, non solo a livello motorio, viene operato anche di un tumore intestinale che supera nonostante la grave disabilità. Viene ricoverato per due lunghi anni presso l'ospedale riabilitativo San Camillo di Venezia. I medici e gli infermieri vengono a sapere del suo talento innato per il traforo e gli propongono di realizzare una mostra dei suoi lavori. Nel 2004 viene allestita l’esposizione: è il primo paziente del San Camillo che la realizza. Da qualche tempo, a causa di molte clonie alle mani, non riesce più a lavorare con il traforo. Per poter mantenere le sue passioni, Sandro svolge le sue attività attraverso la manualità di qualcun altro. Tutti i giorni è presente a domicilio una educatrice molto brava, maestra
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d'arte, la quale ha instaurato con lui un bellissimo rapporto amicale e di collaborazione, molto importante per la vita di questo giovane uomo. L'educatrice Carla è diventata le mani di Sandro, e realizza lavori meravigliosi che lui stesso si inventa. Sandro usa la mente e l'intelligenza e Carla usa le mani e la passione per il fai da te. Decorano con la tecnica del decoupage tegole in terracotta, decorano e restaurano vecchi mobili, realizzano lavoretti utilizzando il das, maschere in cartapesta, il cernit, pittura su piatti, dipingono quadretti, taglieri di legno e ogni genere di oggetto che può essere trasformato. I lavori vengono eseguiti all'interno di una casetta in legno, costruita dentro il giardino di casa, riscaldata d'inverno e fresca d'estate, un ambiente idoneo alle esigenze di Sandro. In questo luogo meraviglioso, tranquillo e soprattutto fuori dalle mura domestiche, Sandro comunica con gli amici attraverso un computer speciale per mezzo di Facebook. A causa delle continue clonie, Sandro non può usare una comune tastiera da pc. E' stato ne-
cessario rivolgersi allo stato del Canada per l'invio di una tastiera speciale per disabili con tasti molto grandi e con mouse incorporato che in Italia non esiste. Durante la chiacchierata con Sandro mi è venuto spontaneo chiedergli: “Hai mai pensato di vendere i tuoi lavori?”. Sandro sorridendo mi ha risposto: “No, non voglio venderli. Loro rappresentano per me i figli che una madre ha. Venderli significa perderli. Questi lavori sono pezzi unici e irripetibili. A causa delle clonie alle mani non posso più riprodurli. Separarmi da uno di loro sarebbe molto doloroso”. Effettivamente Sandro ha ragione a conservarli gelosamente. Il servizio domiciliare di Caorle si è reso subito conto di come le cose possono funzionare nonostante la grave disabilità di questo ragazzo. L'esperienza di Sandro deve essere un esempio per tutte quelle persone che credono che essere disabili significhi la fine della vita. Sandro è molto stimolato ed è proprio attraverso questi stimoli che conduce una vita pressoché
normale. Sicuramente la mamma Valeria ha reso possibile tutto ciò. Amministrando i sostegni economici offerti in modo ottimale per il bene del figlio, lottando per avere, garantendogli così una migliore qualità della vita. Per questo motivo Valeria ha ottenuto il merito dalla Caritas, con tanto di attestato, come “Donna Bontà 2013”. Poi ci sono gli amici di Sandro che hanno organizzato partite di calcio tra giovani e anziani per la raccolta di fondi a favore del loro amico. Grazie anche a questi aiuti è stata acquistata un'auto che è stata adattata al trasporto di disabili. Attraverso gli spostamenti in compagnia dell'amica Carla, Sandro riesce ad avere una vita sociale all'esterno. Insieme fanno passeggiate all'aria aperta e si recano nei centri commerciali per l'acquisto di materiale da usare per i lavori manuali che scelgono insieme in modo accurato. Lo scopo di questo articolo è quello di trasmettere speranza a chi non riesce ad averne. Sandro nonostante la sofferenza fisica e psicologica riesce ad apprezzare quello che la vita gli offre quotidianamente. Questo ragazzo è circondato da persone positive che hanno reso la sua qualità della vita migliore, un esempio per tutti noi. Monia Bergamo
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FESTA DELLE IDEE A BORGOMEDUNA
Migliorare la qualità della vita nel quartiere, i cittadini dicono la loro
Immagine di Sergio Bagaggia
Pordenone Migliorare la qualità della vita all’interno del quartiere, i cittadini dicono la loro e lanciano alcune originali proposte. Sabato 2 marzo l’oratorio della Parrocchia di San Giuseppe di Borgomeduna ha ospitato a Pordenone “La Festa delle Idee – Dopo le interviste da dove cominciamo?”, un incontro aperto alla cittadinanza a conclusione del percorso di ricerca-azione avviato in quartiere, a partire dal mese di ottobre 2012, nell’ambito del progetto Genius Loci. L’obiettivo è stato quello di conoscere il punto di vista dei cittadini attorno al tema della qualità di vita in quartiere, verificando la presenza di temi sui quali le persone sarebbero disposte ad attivarsi insieme ad altri. Per fare questo, gli operatori del progetto insieme ad alcuni cittadini volontari hanno intervistato, con la modalità del “focus group”, una quindicina di gruppi (sia formali che informali) e hanno realizzato alcuni “pali d’ascolto” sul territorio (il primo esperimento in tal senso è stato condotto durante la tradizionale castagnata di quartiere nel mese di novembre, promossa dalla Scuola elementare De Amicis, in collaborazione con Avis, Circoscrizione Sud e Genius Loci). “A Borgomeduna abbiamo trovato decisamente terreno fertile: una ricca vita associativa fatta 28 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 03/2013
di persone affezionate al proprio luogo di vita, competenti e motivate – spiegano da Genius Loci -, interessate a ragionare su come interagire meglio sia per migliorare la qualità di vita del quartiere, sia per cominciare a riflettere sulle strategie più idonee per affrontare le questioni che la realtà d’oggi pone dinanzi a tutti, passando dalla sfera dell’”io” alla più ampia sfera del “noi””. I cittadini intervistati sono stati invitati a riflettere su questioni semplici, ma di fondamentale importanza nella loro vita quotidiana e, proprio a partire dalla sfera dei bisogni individuali, sono stati incoraggiati a proporre originali risposte su cui scommettere insieme. Le idee e le proposte sono state numerose, toccando aree tematiche importanti quali la conoscenza, l’accoglienza, il mutuo aiuto, la collaborazione e l’integrazione. Non sono mancate questioni di rilievo quali la ricerca del lavoro, la formazione professionale, ma anche la riqualificazione urbanistica e la viabilità, questioni che verranno sicuramente segnalate alle istituzioni competenti. Quella del 2 marzo è stata l’occasione in cui finalmente poter condividere tutto questo, con il chiaro obiettivo di poter individuare, in forma laboratoriale e partecipativa, alcune iniziative da realizzare insieme, costituendo appositi gruppi di lavoro dal prossimo mese. All’incontro, nel
ruolo di partecipi osservatori, sono stati presenti anche alcuni rappresentanti delle istituzioni e dei servizi che da sempre sostengono il Progetto Genius Loci (Comune e Provincia di Pordenone, Ass6 Friuli Occidentale, Cooperative sociali Acli, Itaca, Fai). Genius Loci è un progetto di sviluppo comunitario nato “dal basso”, dalla volontà e dalla sinergia di pensiero di alcuni operatori delle istituzioni pubbliche e della cooperazione sociale che da qualche anno, riflettono circa le modalità di intervento sul territorio in un momento in cui è evidente l’acuirsi delle situazioni di disagio e la conseguente insufficienza delle risposte specialistiche, riconoscendo ed evidenziando l’importanza del lavoro di squadra tra le varie realtà istituzionali e allo stesso tempo valorizzando le risorse e le competenze presenti nei quartieri urbani della città. Chiara Buono
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DIRITTO ALLA CURA PER TUTTI
Il poliambulatorio di Marghera
Cecilia Strada: “Dallo Stato italiano ci aspettiamo molto di più”
Pordenone Prendi un teatro, mettici Emergency, aggiungici la musica di De André. Il successo è assicurato. Non c’è da stupirsi di quanto accaduto sabato 23 febbraio. In molti sono accorsi al teatro Verdi di Pordenone per godersi una sana serata di impegno e divertimento. La generosità dei presenti ha poi permesso di raccogliere la somma di 2800 euro, devoluti interamente all’Ong: un’offerta pura e disinteressata, che ha segnato il successo dell’iniziativa a lungo inseguita e organizzata da Mauro Gremese, referente provinciale di Emergency. L’ospite più attesa, Cecilia Strada, figlia del grande Gino e presidente dell’associazione umanitaria da lui fondata assieme alla moglie Teresa Sarti. Trattenuta a Milano per gravi problemi familiari, Cecilia, che per esserci aveva addirittura declinato un invito alla notte degli Oscar, dove era stato candidato un documentario su Emergency, ha voluto comunque essere presente telefonicamente per un saluto e un commento. “Il diritto alla cura – ha dichiarato – è sempre più negato, anche nel nostro Paese, e oggi c’è davvero bisogno di parlarne. Noi lavoriamo sempre di più in tutti i Paesi in cui abbiamo delle strutture sanitarie. Lavoriamo sempre di più in Afghanistan, dove ogni anno battiamo il record
di feriti di guerra dell’anno precedente, in Sierra Leone, in Repubblica Centrafricana, in Sudan, in Iraq. Ma lavoriamo sempre di più anche in Italia, ahimè, perché sono sempre di più le persone straniere che si rivolgono a noi per avere cure a cui hanno diritto ma non hanno accesso, e sono sempre più anche gli italiani che si rivolgono a Emergency nelle strutture che abbiamo a Palermo e a Marghera, anche semplicemente per farsi pagare il ticket sanitario, perché non possono più permetterselo. È molto strano e pesante, per Emergency, trovarsi in questa situazione: siamo nati per curare le vittime di guerra e della povertà, abbiamo lavorato in sedici Paesi nel mondo, sotto le bombe, nei campi profughi; trovarsi in Italia davanti a persone che ci chiedono aiuto, di fronte a cittadini che magari due anni fa erano nostri sostenitori, e che oggi sono nostri pazienti, è una situazione veramente brutta”. Tante difficoltà, quindi, ma Emergency non getta minimamente la spugna: “Noi continuiamo a fare i salti mortali – ha continuato Cecilia – per offrire, a tutti quelli che ci chiedono aiuto, una mano e una risposta di qualità, gratis. Ci chiediamo come lo Stato si stia occupando delle priorità dei cittadini e del loro benessere, perché è chiaro che dallo Stato italiano ci aspettiamo molto di più che da uno in guerra o povero;
e mentre costruiamo le risposte, curiamo la gente. I bisogni sono qui e sono oggi: quello che non vogliamo fare, e che fino all’ultimo non faremo, è chiudere la porta a qualcuno, soprattutto in questi tempi di crisi”. A sostituire Cecilia è intervenuto il coordinatore d’area Emergency del Veneto, Mauro Boniolo, intervistato da Martina Milia assieme a don Pierluigi Di Piazza, amico pluriennale della sezione pordenonese dell’Ong, e il cui intervento è stato molto apprezzato e applaudito dal pubblico. Quindi la musica: ad Emfaber Band, gruppo nato a Pordenone ma ormai con dimensione triveneta, si sono alternati sul palco anche il Trio Elettroapolide e il fisarmonicista Paolo Forte. “Pordenone ha risposto egregiamente – ha commentato Mauro Gremese –, era un appuntamento atteso e siamo rimasti molto contenti, perché dopo cinque anni di lavoro come Emfaber Band e sedici come Emergency Pordenone, la cittadinanza ha risposto molto bene e c’è stato l’appoggio del Comune, che ha fortemente creduto in quest’iniziativa. Il lavoro di entrambe è stato riconosciuto, ed è dalla credibilità che ha assunto il progetto che deriva la soddisfazione più grande: in cinque anni abbiamo raccolto più di 18.000 euro, che abbiamo destinato ad Emergency e ad altre iniziative umanitarie, in particolare a favore di Haiti. È importante che queste iniziative vengano fatte, non soltanto per raccogliere fondi, ma anche per informare e diffondere una cultura di pace: in una realtà confusa, c’è bisogno di aggregazioni forti, e i nostri fedelissimi questo l’hanno capito. Il nostro – conclude Gremese – è autentico spirito di servizio: siamo divenuti una grande famiglia e sentiamo di poter allargare ancora questa esperienza”. Stefano Crocicchia
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RICERCA E SVILUPPO
LE PAROLE DEL SOCIALE: “BISOGNO” Excursus tra forme e contenuti, significanti e significati Pordenone Il bisogno è definibile come la manifestazione di uno squilibrio, uno stato di necessità in cui l'equilibrio ha subìto una rottura, si può intendere come la mancanza di qualcosa che se non viene colmata fa scaturire un problema o uno stato di disagio. Di solito i bisogni emergono dalle esigenze umane, dalle condizioni di necessità, dalla mancanza di benessere, dalla carenza di qualcosa. Il ritorno alla situazione di equilibrio guida l’azione, e/o la richiesta d’aiuto, per il soddisfacimento del bisogno. L'azione si esaurisce quando si è ristabilito l'equilibrio. Il problema rappresenta una situazione di disagio, in cui il soggetto non è capace di soddisfare autonomamente e indipendentemente un bisogno. Un bisogno non soddisfatto può far emergere più problematiche connesse. La conoscenza e la definizione di bisogno possono essere diverse a seconda che vengano condotte da un osservatore esterno oppure da colui che il bisogno lo percepisce, lo vive, lo sente, proprio perché il bisogno non esiste in astratto da chi ne è titolare. Se c'è un bisogno c'è una mancanza percepita e quindi una frustrazione con una conseguente reazione più o meno visibile, più o meno grave. In breve, il bisogno è la necessità di un bene o di un servizio che può esplicitarsi in forma di domanda oppure rimanere latente. I bisogni possono essere classificati secondo la loro importanza in primari, quelli legati alla sopravvivenza, e secondari, collegati allo sviluppo della persona. Ma anche individuali e collettivi, presenti e futuri. Maslow li ordina all’interno di una scala dove la realizzazione dei primi (bisogni fisiologici, di sicurezza) getta indispensabili basi per la concretizzazione dei successivi (bisogni di affetto, socialità, stima, autorealizzazione). Tra le caratteristiche del bisogno troviamo: la soggettività (alcuni bisogni possono essere avvertiti da alcuni e non da altri), la saziabilità (il bisogno diminuisce o scompare nel momento in cui viene soddisfatto), la ricorrenza (il bisogno ricompare a distanza di qualche periodo di tempo) e la variabilità (i bisogni mutano in relazione a più variabili). Scopo principale dell’analisi dei bisogni è quello di individuare problemi, carenze, aree di miglioramento, cause di disagio o disservizio, sprechi, elementi che possono pregiudicare il 30 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 03/2013
genuino sviluppo della capacità umane, ovvero quello di trovare opportunità possibili sulle quali intervenire successivamente attraverso azioni mirate, che possono assumere forma di servizio, prodotto, programma, progetto o politica: in sintesi “partire dal bisogno”. L’individuazione dei bisogni è – o dovrebbe essere – una azione preliminare di fondamentale importanza per la impostazione di ogni servizio, piano, progetto, programma o politica, punto di partenza nella costruzione di una relazione d’aiuto e “cura”. Identificare e accogliere i bisogni di una persona è già un’azione di aiuto e l’inizio di un’alleanza relazionale, in quanto riconosciamo la sua esistenza in quanto portatrice di domande. Si rende quindi necessaria un’attenta analisi dei bisogni, il cui scopo è quello di individuare problemi, carenze, aree di miglioramento, cause di disagio o disservizio, sprechi, elementi che possono pregiudicare il genuino sviluppo della capacità umane, ovvero quello di trovare opportunità possibili sulle quali intervenire successivamente attraverso azioni mirate che possono assumere forma di servizio, prodotto, programma, progetto o politica. L’analisi dei bisogni, il processo di conoscenza dei problemi sociali, l’interpretazione dei cambiamenti si declinano in modo diverso a seconda delle fasi del processo di programmazione e dei diversi livelli di intervento. La lettura dei bisogni sociali presenti in un dato territorio, richiama inevitabilmente la promozione del metodo della ricerca di accordo politico, programmatico e gestionale. L’analisi dei bisogni, il processo di conoscenza dei problemi sociali, l’interpretazione dei cambiamenti si declinano in modo diverso a seconda delle fasi del processo di programmazione e dei diversi livelli di intervento. La Legge 328/00 richiama l’adozione di una nuova metodologia di lavoro – che parte da una mappatura dei bisogni di preciso ambito territoriale – che a vario titolo interessa tutti i soggetti coinvolti e coinvolgibili nelle politiche sociali: la pianificazione. La capacità di porsi e di porre le giuste domande è fondamentale per individuare una via corretta ed adatta ad affrontare il problema complesso dei bisogni. Ovviamente soggetti diversi (Pubbliche amministrazioni, Servizi specialistici, Terzo settore, utenti/clienti, operatori) possono lecitamente porsi domande differenti. Quali sono i bisogni? Quanto sono diffusi? Quali sono prioritari ed urgenti? Chi riguardano? Come si sono evoluti nel tempo? Come potranno evolvere nel futuro prossimo?
informazione
FORMAZIONE E ACCORDO STATO REGIONI A che punto siamo? Pordenone “A che punto siamo?”. Questa la domanda di fondo che avrebbe dovuto animare, nelle intenzioni degli organizzatori, l’incontro “Attuazione Accordi Stato Regioni del 21 dicembre 2011 Formazione lavoratori dirigenti preposti Rspp” – Interpretazioni ed approfondimenti, tenutosi presso la sede di Legacoop Fvg di Udine il 27 febbraio scorso. In realtà, tracciare anche solo un primo bilancio sull’applicazione dell’accordo Stato Regioni, che tanto ha impegnato la Cooperativa Itaca nell’ultimo anno, soprattutto nell’individuazione di modalità efficienti ed efficaci per l’erogazione della formazione, non appare impresa facile se si pensa che le più marcate perplessità sul tema riguardano, secondo quanto sottolineato dagli stessi relatori intervenuti, non già l’applicazione dell’accordo ad oggi, quanto, ancor prima, l’effettiva applicabilità dello stesso. Diversi i profili problematici individuati dal Paolo Barbina, coordinatore del Comitato regionale Sicurezza e dirigente responsabile dell’Ass 2 “Isontina”, e determinati soprattutto dalla scarsa qualità redazionale del documento di riferimento, che, ad un’attenta lettura, svelerebbe le incongruenze logiche e sintattiche tipiche di un lavoro svolto a più mani. Alcuni esempi: un primo punto tutto da sviluppare riguarda “l’identikit” del docente in tema di salute e sicurezza, figura per la quale, senza nulla di più specificare, si richiede “esperienza triennale” (continuativa o meno, o di quante ore, non è dato sapere). Altro punto tutto da chiarire resta il meccanismo di accesso alla professione di docente, per il quale attualmente viene richiesta una pregressa esperienza triennale come formatore, sbarrando dunque la strada, con un’empasse logica sopraffina, all’accesso di nuove leve (non si riesce infatti ad immaginare come un neodocente possa, stanti i requisiti richiesti, maturare un’esperienza utile visto che, per entrare in classe, dovrebbe già avere almeno tre anni di esperienza). Un appello al buon senso ed all’uso dell’intelligenza applicativa delle norme è stato invece lanciato dal prof. Rocco Vitale, presidente
dell’Aifos, il quale ha sottolineato come, per vincere la battaglia della sicurezza sui luoghi di lavoro, occorra sottrarsi alla mentalità “formazione sulla sicurezza = adempimento di un obbligo di legge” e avere una visione più ampia, fondata su una nuova cultura dei diritti dei lavoratori (fra i primi quello alla sicurezza e alla salute sul posto di lavoro). Diverso invece il taglio scelto dall’avv. Fruttarolo, il quale ha aperto il suo intervento sottolineando un’incongruenza significativa fra le norme contenute nell’Accordo Stato Regioni ed il Testo Unico 81/08 per quanto concerne l’obbligo formativo in tema di sicurezza (presunto?) a carico del datore di lavoro: da adempiersi prima o al massimo contestualmente all’assunzione secondo il primo documento, successivamente per il secondo. Quid iuris, dunque? L’intervento si è chiuso con una corposa riflessione sulle responsabilità civili e penali dei dirigenti (D. Lgs. 231/2001) e con l’illustrazione dello strumento giuridico della delega di funzioni, che, se messa in atto, permette di puntualizzare maggiormente le responsabilità in capo ad un unico soggetto e spinge il delegato ad acquisire da subito una preparazione specifica con immediate ricadute sull’azienda. Per riprendere la domanda di apertura: a che punto siamo dunque?, molto è stato fatto e molto rimane ancora da fare, sperimentare, condividere… nella consapevolezza che, mai come in questo caso, nulla vi è di definitivo e l’impegno richiesto nel tempo sarà presumibilmente sempre maggiore. Renato Esposito
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insicurezza
I NUOVI RISCHI SUL LUOGO DI LAVORO
Gli infortuni in un’ottica di genere in Friuli Venezia Giulia Udine “La sicurezza non è un costo ma un ritorno di spesa”. La professoressa Roberta Nunin dell’Università di Trieste ha evidenziato il tema dei “nuovi rischi” all’interno del seminario di formazione tenutosi lo scorso 14 gennaio nella sede Ial di Udine. Nunin ha presentato i dati dell’andamento infortunistico in Friuli Venezia Giulia, sottolineando che c’è stata una diminuzione del 29%, degli infortuni dal 2007 al 2011, ma tra il 2009 e il 2011 la diminuzione è stata inferiore all’11,5%, con una crescita degli infortuni con i mezzi di trasporto del 6,8%. Nel 2011 l’86,9% degli infortuni è avvenuta in ambiente di lavoro ordinario, l’8,2% sono stati infortuni in itinere e il 4,9% infortuni con il coinvolgimento di mezzi di trasporto. Già dal 2008 il Fvg era la regione con maggior incidenza di infortuni occorsi ai lavoratori stranieri, con picchi massimi nella provincia di Pordenone, nel 2011 in regione il 22,7% di infortuni ha avuto vittime straniere, tale incidenza è superiore alla media nazionale (15,9%) e al dato del Nordest (21,5%). La Nunin ha evidenziato che anche per il 2011 la “maglia nera” spetta alla provincia di Pordenone con un’incidenza del 26,7% di infortunati tra gli stranieri. In Fvg dei 18 infortuni mortali del 2011 ben 4 erano lavoratori stranieri e 9 erano lavoratori del settore delle costruzioni. 9 infortuni mortali si sono avuti nella provincia di Pordenone (50%). La Nunin ha parlato anche degli infortuni in un’ottica di genere (provenienza, età, condizioni di lavoro, donne): in regione nel 2011 gli infortuni che coinvolgono le donne sono stati il 32,5% del totale degli infortuni denunciati, con un’incidenza maggiore nella provincia di Trieste (39,5%), dovuta alla maggior occupazione femminile. Tra le donne si registra una maggior incidenza degli infortuni in itinere, per questa tipologia l’incidenza è del 13,8%. Dei 18 morti del 2011, 2 erano donne vittime di infortunio in itinere. Per quanto attiene alle malattie professionali denunciate all’Inail, nel 2011 vi sono state in Fvg 1.400 nuove denunce con un aumento del 32 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 03/2013
12,3% rispetto al 2010. Rilievo importante sono le malattie osteoarticolari da sovraccarico biomeccanico (62,4% del totale) e vista l’attuale situazione pensionistica è prevedibile che le denunce di malattie professionali diventeranno strutturali con un aumento significativo. La docente ha quindi portato l’attenzione sui nuovi fattori di rischio collegati allo stress lavoro-correlato (secondo l’accordo quadro europeo dell’8/10/2004), alla differenza di genere, alla tipologia contrattuale; la valutazione di tali rischi doveva rientrare nel documento di valutazione entro il 31-12-12. La valutazione e l’individuazione dei problemi di stress lavorocorrelato può implicare un’analisi su fattori critici quali le condizioni di lavoro e ambientali (ad esempio, turni, orari), gestione dell’organizzazione e dei processi di lavoro, invecchiamento della forza lavoro, mancato turn-over, comunicazione, fattori soggettivi, squilibrio tra lavoro e vita privata. La responsabilità della valutazione del rischio stress è del datore di lavoro, i dirigenti e preposti debbono contribuire all’identificazione delle possibili fonti di rischio nell’ambito delle proprie competenze ed all’implementazione delle misure preventive per eliminarle o ridurle. La Nunin ha ribadito l’importanza della figura dello psicologo del lavoro per la lettura dei dati e per attivare le misure di prevenzione che possono essere: collettive, individuali o miste, specifiche e/o integrate, di formazione o di comunicazione. Le linee guida Inail sono di grande aiuto per tale valutazione attraverso il percorso metodologico implementato. Nadia Lorenzon
inpersonale
JOB DESCRIPTION Definiamo e valorizziamo i ruoli Pordenone Definire i dettagli di ogni singolo ruolo all’interno dello staff, una sorta di fotografia di quelle che sono le mansioni che ogni addetto di staff deve svolgere: questa è la “job description”, uno strumento utilizzato da qualche anno anche dalla Cooperativa Itaca, una specie di “scheda descrittiva” che permette all’ufficio Risorse umane di avere sempre con sé ed aggiornate le informazioni su ogni profilo. Sono notizie che in questo modo vengono raccolte e poi suddivise nelle diverse categorie riguardanti l’obiettivo di ogni singola posizione lavorativa, le competenze e le responsabilità, per avere una visione a 360° del ruolo ricoperto e aver chiaro su quanti e quali punti focalizzare l’attenzione durante un colloquio di selezione e nella valutazione del periodo di prova. Una job description è di solito sviluppata partendo da una preliminare “analisi della mansione”, volta a comprendere attività, responsabilità e scopo della posizione all’interno dell’organizzazione, insieme alle conoscenze e competenze necessarie per la copertura ideale del ruolo. All’interno, inoltre, possono trovare posto anche i dettagli delle attività previste in un possibile sviluppo di carriera. Le funzioni sono varie e possono spaziare da una fase preliminare di selezione del personale fino a momenti successivi di valutazione o formazione delle risorse. L’utilizzo di tale strumento implica una restituzione a cadenza annuale, che consiste in un colloquio dell’ad-
detto di staff con il proprio responsabile, finalizzato all’individuazione di eventuali punti di miglioramento. Fino ad oggi, Itaca ha sviluppato le job description per ogni ruolo all’interno degli uffici di staff e per i coordinatori dei diversi servizi. Nell’ottica di una qualità sempre maggiore del nostro operato, la Cooperativa ha provveduto alla stesura delle job description anche per gli operatori che quotidianamente esercitano all’interno dei servizi, concentrandosi sulle figure principali, quali addetti all’assistenza ed educatori, specificandone le caratteristiche a seconda dell’area e/o del servizio di appartenenza. L’idea di fondo è di consentire a chi opera ogni giorno nei servizi che eroghiamo di avere sempre chiare le mansioni da svolgere e le responsabilità da ricoprire. E’ nostro obiettivo fare in modo che l’operatore possa raggiungere una completa consapevolezza del proprio ruolo, in maniera tale che viva la sua esperienza in Itaca nell’ottica di un costante miglioramento e di una crescita personale, e ciò può certamente essere facilitato dall’avere un’ottica trasparente di tutto ciò che implica la propria mansione. Giulia Bottos
L’11 febbraio è nato Giulio, il bimbo di Manuela Boscardin e papà Luca. Congratulazioni a tutta la famiglia e anche al fratello maggiore Lorenzo. Benvenuto Giulio! Nella mattinata di domenica 17 febbraio è arrivata Gioia, per la gioia (appunto) di mamma Mariaelena Brovedan e papà Thomas Cimenti! Tanti Auguri! Benvenuta Gioia!
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Culture
MU SI CA
ci ne ma LA PARTE DEGLI ANGELI
The Lumineers - The Lumineers
Quattro ragazzi di Glasgow, accomunati da problemi con la giustizia, vengono obbligati dal tribunale a svolgere un percorso riabilitativo mediante lavori socialmente utili al fine di evitare il carcere. Ognuno di loro è coinvolto in una storia personale di disagio, dovuto principalmente all’assenza (o quasi) della famiglia d’origine, all’abuso di alcool e alla mancanza di un lavoro stabile. I giovani cercano una soluzione alternativa per poter uscire una volta per tutte da questa situazione di emarginazione, non ci stanno ad essere etichettati come degli ‘irrecuperabili’ e perdenti. Sembra difficile togliersi di dosso la macchia del disagio sociale, perché una volta entrati dentro un circuito pare impossibile uscirne, soprattutto per Robbie, ragazzo già recidivo con una storia di vita tormentata alle spalle e che sta per avere un figlio dalla giovane compagna. Proprio il fatto di diventare papà lo stimola a ricercare una via migliore, che gli possa dare finalmente benessere materiale e personale. Ma ecco che all’improvviso le cose cambiano. Rhino, responsabile del gruppo di lavoro dei ragazzi, ama partecipare alle degustazioni di whiskey e, accortosi che Robbie possiede una particolare sensibilità gustativa, pensa di introdurlo nell’ambiente. Robbie ne rimane affascinato e, da questa sua dote, cerca di trarne un vantaggio economico coinvolgendo anche i suoi compagni di lavoro. Il film è diretto da Ken Loach, registra inglese da sempre attento ai temi del disagio sociale. Cito, a titolo di esempio, il bellissimo “Raining stones” (Piovono pietre) del 1993, che tratta di disoccupazione e povertà e, anche in questo caso, della difficoltà del protagonista garantire una vita dignitosa alla propria famiglia. Loach, tramite il personaggio di Robbie, cerca il riscatto sociale affidandosi proprio al whiskey che, in contesti diversi, rappresenta una piaga per la società. Il film è assolutamente attuale e tocca argomenti che riguardano anche la nostra società (non solo quella scozzese). Da vedere!
La nuova onda del folk europeo spinta da Mumford and Sons, Of monsters and Men sembra portare di ritorno dal nord degli Stati Uniti una nuova ed interessante promessa: The Lumineers. Lo scorso anno questo trio é riuscito a bucare il mercato discografico con un album d'esordio semplice, senza fronzoli e diretto, ottenendo già prestigiose nomination a premi internazionali. In Italia sta ottenendo molta visibilità grazie ad una pubblicità e a numerosi passaggi radiofonici. Quello che più mi ha colpito fin dal primo ascolto è l'equilibrio e la leggerezza dei brani. Non ci sono complessi arrangiamenti, musica e testi si fondono in una trama sempre chiara con scelte che mirano alla sinergia e misura, senza fuochi d'artificio o effetti speciali. In undici tracce ed in una quarantina di minuti ci si sente trasportare distante dalla classica ricetta della musica folk, dove il cuore pulsante della ritmica è una scandita batteria accompagnata da un preciso strumming di chitarre acustiche sottolineate da violoncello, mandolini e a volte tastiere. "Flowers In Your Hair", "Dead Sea", "Ho Hey" e "Stubborn Love" sono le quattro tracce che colpiscono per il testo e che, senza accorgersi, si finisce per conoscere a memoria per semplicità ed effetto dopo un ascolto. È forse la sintesi che anima il folk fino alle radici, che non lascia indifferenti nemmeno le nuove generazioni che, grazie a questi nuovi gruppi, possono riscoprirne i pionieri ed apprezzarne la storia. D'altra parte, l'essenza e le atmosfere senza tempo, tipiche del genere, non sembrano cambiare mai anche se il carisma degli interpreti gioca sempre una parte fondamentale. Un disco che vi catturerà e vi sposterà la mente nel pieno della primavera, o magari vi farà sognare l'estate. Fatemi sapere che ne pensate. Paolo Frigo
Anna Bagnarol
INVIACI LA TUA RECENSIONE Dal 2001 hai visto un solo film ma ti ha fatto venire la pelle d’oca dall’emozione? Ti sforzi ma non riesci proprio a ricordare la data del concerto-evento di Bobby Solo al quale hai partecipato con tanto trasporto? Il tuo ultimo libro letto per intero giace da anni sotto una consistente coltre di polvere tanto da non distinguerne più i contorni? Non importa. Non fartene un problema. Se nei prossimi mesi ti capiterà di leggere un libro, assistere ad un concerto, vedere un film, una rappresentazione teatrale o una mostra, ascoltare un disco … bene! Raccontacelo! Inviaci una recensione e potrai trovarla pubblicata in Gazzetta! Perché non è mai troppo tardi f.dellapietra@itaca.coopsoc.it
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RICERCHIAMO Per
AREA DISABILITà
AREA SALUTE MENTALE
AREA MINORI
Comunità per Disabili San Canzian d’Isonzo (GO) Infermiere/i
Servizi Salute Mentale Pordenone Educatori
Servizi Educativi Territoriali Pordenone Educatrici/ori
Si richiede: Diploma o laurea scienze infermieristiche; iscrizione IPASVI; esperienza minima; patente B, auto propria. Si offre: contratto a tempo indeterminato; part time; applicazione completa del Contratto Nazionale delle Cooperative Sociali, incentivi non contemplati nel contratto nazionale.
Si richiede: Laurea Scienze dell’Educazione o Educatore Professionale; esperienza minima nei servizi educativi alla salute mentale; patente B, auto propria. Si offre: contratto a tempo determinato; part time; applicazione completa del Contratto Nazionale delle Cooperative Sociali.
Si richiede: Laurea Scienze dell’Educazione, Educatore Professionale, Psicologia; esperienza minima nei servizi educativi alla con la disabilità; patente B, auto propria. Si offre: contratto a tempo determinato; part time; applicazione completa del Contratto Nazionale delle Cooperative Sociali.
Servizi Salute Mentale zona Codroipo (UD) Addetta/o all’assistenza Si richiede: qualifica OSS; esperienza minima nei servizi con la salute mentale; patente B, auto propria. Si offre: contratto a tempo determinato; part time su turni; applicazione completa del Contratto Nazionale delle Cooperative Sociali.
CipArt per Palazzo Contemporaneo CipArt si sta preparando per l'eccezionale mostra collettiva di Arte Contemporanea che si svolgerà, per tutto il mese di aprile, nel palazzo che ospitava i magazzini dell'Upim a Udine (ex cinema Eden). Sarà un avvenimento straordinario, degno delle più grosse manifestazioni di arte contemporanea del mondo. L'inaugurazione si terrà nei primi giorni di aprile. La mostra sarà visitabile per tutto il mese nei fine settimana. Un evento senza precedenti, in cui installazioni, performances, mostre, street art, reading letterari e concerti trasformeranno un contenitore vuoto in un vero e proprio palazzo delle arti contemporanee.
Le domande vanno inviate a uno dei seguenti recapiti: Cooperativa Itaca • Ufficio Risorse Umane Vicolo Selvatico 16 • 33170 Pordenone e-mail: ricerca.personale@itaca.coopsoc.it Tel. 0434-366064 • Fax 0434-253266
Redazione Fabio Della Pietra Caterina Boria Simone Ciprian Renato Esposito Laura Lionetti Enrichetta Zamò impaginazione La Collina - Società Cooperativa Sociale Onlus - Trieste STAMPA Hand Consorzio di comunicazione sociale - Udine Numero chiuso il 7 marzo alle ore 16.30 e stampato in 1050 copie
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NUOVA SEDE PER LA PANKA
“Siamo parte viva del tessuto cittadino. La nostra storia è patrimonio comune della nostra città”